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Questo libro è di

Alla magnolia che profuma le mie notti

© 2012 Giunti Editore S.p.A.Via Bolognese, 165 - 50139 Firenze, Italia

Via Dante, 4 - 20121 Milano, Italia

Prima edizione: ottobre 2012

Ristampa Anno

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Stampato presso Giunti Industrie Grafiche S.p.A.Stabilimento di Prato, azienda certificata PEFC™

Illustrazioni: Mattia OttoliniProgetto grafico: Simonetta Zuddas

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Moony Witcher

Nina e il Numero Aureo

La cosa più lontana dalla nostra esperienza è ciò che è misterioso. È l’emozione fondamentale accanto alla culla della vera arte e della vera scienza.Chi non lo conosce e non è più in grado di meravigliarsi, e non prova più stupore, è come morto, una candela spenta da un soffio.

Albert Einstein

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Capitolo primo

“Pulvis Umbrae”

Una fitta pioggia scrosciava dal cielo scuro della notte. Si udiva soltanto il rumore delle gocce schizzate sugli antichi palazzi veneziani pregni di angoscianti presagi. Piazza San Marco, il campanile e le cupole dorate dell’imponente Basilica erano lucide d’acqua così come i corpi pietrificati dei malefici nemici dell’Alchimia della Luce, che si ergevano davanti a Palazzo Ducale. Quattro statue e un vaso marmorizzato se ne stavano immobili sotto le intemperie di metà settembre: apparentemente innocue, da oltre due mesi simboleggiavano la fine della diabolica Magia del Buio.

L’alba era ancora lontana e due figure di oscuri personaggi, uno alto, snello e di età avanzata, l’altro molto più giovane, basso e mingherlino, attraversarono la piazza approfittando del silenzio umido e desertico che abbracciava Venezia. Co-perti da mantelli inzuppati si fermarono a dieci passi dai corpi di pietra, s’inchinarono in segno di rispetto e poi, alzando le braccia verso l’alto, pronunciarono al vento due parole insi-diose:

“Pulvis Umbrae”

A quel punto mossero le mani in avanti e con rapidi gesti fecero esplodere nell’aria una sottilissima polvere argentea che scintillò tra le minuscole gocce di pioggia.

NINA e il Numero Aureo8

I granelli magici volteggiarono fino a raggiungere gli aloni di luce emanati dai lampioni rosa che illuminavano la piazza. La polvere si depositò sulle statue del Male penetrando nei pori della pietra fino a raggiungere i corpi freddi e assopiti da un sonno eterno, simile alla morte.

Lo straordinario fenomeno avvenne davanti agli occhi ge-lidi e inermi della statua più famosa che imperava lassù, sulla colonna di marmo: il Leone Alato. Il felino, mito e simbolo di Venezia, protagonista di altre avventure alchemiche, non aveva più linfa vitale.

La potente magia praticata dai due misteriosi personaggi aveva beffato in pochi secondi il destino dettato dal Bene.

Un’insana sventura si stava dunque per compiere. I pensieri dei bambini e la libertà di Xorax, la Sesta Luna,

il pianeta salvato dalla giovane alchimista Nina De Nobili e dai suoi quattro fedelissimi amici, sarebbero stati minacciati nuovamente.

In quell’istante, mentre la polvere argentea si scioglieva con la pioggia sulle odiose statue, dall’altra parte del canale, nell’Isola della Giudecca, precisamente a Villa Espasia, il son-no della bambina della Sesta Luna s’interruppe bruscamente.

Un brivido scosse la schiena di Nina che si svegliò di so-prassalto. Spalancò gli occhi azzurri fissando i tendaggi tur-chesi del letto a baldacchino illuminato dalla lampada rimasta accesa sul tavolo della sua cameretta.

Una risata satanica le echeggiò nelle orecchie facendola fremere come una foglia. Ma non c’era nessuno davanti a lei!

La risata svanì in un attimo, lasciando solo il rumore della pioggia che picchiava sui vetri della grande finestra bizantina.

Nina alzò il capo dal cuscino mettendosi seduta, scosse la testa e i lunghi capelli castani le sferzarono il volto assonnato. Platone, il suo amatissimo gatto rosso, rotolò giù da letto per

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lo scossone finendo davanti al muso di Adone che se ne stava spaparanzato sul morbido tappeto persiano. Il grosso alano sollevò le palpebre infastidito, sbadigliò emettendo un lieve guaíto e con la solita aria paziente diede un’occhiata al gatto grattandosi le orecchie.

«Le tre! Sono le tre di notte!» esclamò Nina guardando la sveglia che ticchettava sul comodino accanto alla sfera di cristallo.

Incredula per essersi svegliata in malo modo proprio a quell’ora, riprese il grosso libro di storia dell’alchimia che aveva appoggiato tra le lenzuola prima di prender sonno. Su-bito notò una cosa inquietante: la voglia di fragola a forma di stella sul palmo della sua mano destra si era scolorita. Non era diventata nera, e dunque non c’era alcun pericolo. Però quella stella rossa, ereditata dall’adorato nonno di origine rus-sa, professor Misha, e segno di appartenenza alchemica, era ora rosa pallido.

“Per tutte le cioccolate del mondo! Che succede? Come mai la mia stella sta cambiando? Forse quella risata satanica che mi ha svegliato era di…” non terminò il pensiero perché il cuore incominciò a battere forte dentro il suo petto.

Un nome, uno soltanto le venne da pronunciare sottovoce: Conte Karkon Ca’ D’Oro.

«Impossibile! Quel verme è pietrificato! Così come Viscio-lo, il suo servo gobbo e guercio. No, nessuno di loro può tor-nare a infangare il mondo. Neppure i due maledetti bambini androidi, Alvise e Barbessa hanno più vita, oramai sono statue innocue. Per non parlare del perfido monaco senza ombra e senza volto: la Voce della Persuasione che tanto mi ha fatto dannare nei sogni è rinchiusa in un vaso anch’esso pietrificato in Piazza San Marco. Ho solo avuto un incubo…sarà colpa della torta al cioccolato che mi ha preparato Ljuba. Ieri a cena

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ne ho mangiate ben tre fette!» disse sfregando la stella che rimaneva rosa pallido.

Eppure il cuore le continuava a tamburellare e il respiro si faceva sempre più ansioso. Quella risata satanica rappresen-tava un segnale da non sottovalutare. Nina scese dal letto e, accucciandosi sul tappeto accanto ad Adone e Platone, cercò di calmarsi. Ripensò alle vittorie contro Karkon e al faticoso ritrovamento dei quattro Arcani. Aveva vissuto tantissime av-venture assieme al suo coraggioso Cesco, che era più di un amico e per il quale provava un sincero sentimento.

Sorrise accarezzando il pelo fulvo del gatto che già ronfava a pancia all’aria. Poi, con un gesto istintivo, afferrò il suo inse-parabile Taldom Lux, lo scettro d’oro con la testa del Gughi, il magico uccello della Sesta Luna. Sentì la forza alchemica salirle fino alle tempie. Accarezzò gli occhi rosa di Goasil del Gughi e un tumulto di pensieri le si sprigionarono in testa.

Come in un flash rivide i volti di Fiore, Roxy e Dodo. Amici veri che avevano rischiato la vita per portare a termine la difficoltosa conquista della libertà dei pensieri dei bambini. Xorax era salva anche grazie a loro, che adesso erano a tutti gli effetti giovani alchimisti.

Eppure la felicità che fino a pochi minuti prima rendeva i suoi sonni sereni adesso sembrava svanita. Sebbene la stella non fosse diventata nera, Nina avvertiva il pericolo incom-bente: un’insidia stava arrivando, come una falce mortale. La giovane alchimista fu tentata di correre nella camera dei suoi genitori per farsi abbracciare, ma rimase accucciata strin-gendo il Taldom. Riguardò la mano: la voglia di fragola era sempre scolorita.

«Non posso temere ciò che non c’è più. Karkon è finito!» ripeté con convinzione. Ma il dubbio le rodeva l’anima, per cui si alzò in piedi, prese la sfera di cristallo che era accanto

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alla sveglia, la mise nella tasca del pigiama, poi infilando le ciabattine azzurre uscì dalla camera lasciando cane e gatto, già addormentati.

Camminò in punta di piedi, non voleva certo svegliare i suoi genitori e neppure Ljuba, detta Meringa per via delle sue forme abbondanti. La buona tata russa infatti ronfava beata al piano di sotto.

«Dolce Meringa, non è stata la tua torta a farmi venire gli incubi. E scoprirò la verità» sussurrò scendendo la grande scala a chiocciola di marmo blu che portava al lussuoso atrio di Villa Espasia. Il maestoso lampadario era ovviamente spen-to e l’ampio ingresso era illuminato soltanto da un grande candelabro d’argento che brillava su un antico mobile indiano.

Al suo passaggio le candele si mossero come in una danza e la sua ombra si stagliò morbidamente sulla porta semichiu-sa della Sala del Doge. Con una lieve spinta Nina fu dentro e accese la lampada verde sulla scrivania. Si guardò intorno respirando l’odore antico dei libri che riempivano le pareti fino al soffitto affrescato. Con decisione si diresse verso l’in-gresso del laboratorio alchemico, incastrò la sfera di cristallo dentro la piccola conca sopra la porta ed entrò senza indugi.

Il profumo speziato delle sostanze alchemiche l’accolse come in un abbraccio mentre il fuoco del caminetto scoppiet-tava allegro e nel pentolone bolliva, come sempre, la polvere di zaffiro e oro. L’orologio con quattro quadranti segnava le 3, 15 minuti e 8 secondi del 16 settembre.

Nina spostò una bacinella colma di Crocotio Particularis, una speciale miscellanea di piume di pappagallo e calce, met-tendola accanto alla Piramide Dragon: «Devo assolutamente ricordarmi di dire a Cesco di portarla via, oramai il Crocotio Particularis è pronto e gli servirà per restaurare i mattoni sgretolati di Palazzo Ca’ D’Oro» disse spazientita.

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Poi girò lo sguardo, non vedeva l’ora di interpellare il Sy-stema Magicum Universi, il grosso libro magico appoggiato sul lungo tavolo degli esperimenti.

Con ansia sollevò la pesante copertina dorata e immerse la mano con la stella sul foglio liquido:

«Libro, ho avuto un incubo e la mia stella è diventata rosa. Sento un pericolo ma non capisco cosa sta succedendo. Mi aiuti?».

Il Systema Magicum Universi rispose scricchiolando, le parole apparvero luminose e galleggianti sulla pagina fatta d’acqua alchemica.

Grande è la preoccupazione,non sarà facile la soluzione.Con calma devi agireper poter intervenire.L’aiuto ti daròma di futuro non parlerò.Rosa la stella è diventataper un’oscura magia non ancora svelataI quattro Arcani funzionano perfettamenteperò il Male è tornato improvvisamente.

Il Libro si chiuse esalando una piccola nuvola bianca.Nina rimase immobile. Sentì il sangue gelare.«Allora è vero! Il Male è tornato! Ma come è successo? Chi

può minacciare l’Alchimia della Luce se Karkon è pietrificato da più di due mesi?» sbottò girandosi verso gli scaffali colmi di ampolle e alambicchi. Riprese tra le mani il Taccuino Nero del nonno per riguardare gli appunti e le formule che cono-sceva già a memoria. Sebbene il Systema Magicum Universi le

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avesse detto che gli Arcani erano intatti, le venne da piangere al solo pensiero che l’Atanor (il fuoco eterno), l’Hauà (l’aria), l’Humus (la terra) e la Shandà (l’acqua) fossero stati rubati di nuovo da qualche maledetto alchimista del Buio spuntato da chissà dove.

«No… non posso neppure immaginare che le rondini non portino più su Xorax i pensieri dei bambini della Terra! Sareb-be una tragedia! Una vera apocalisse!» disse stringendo i denti.

Il crepitio del fuoco attirò la sua attenzione, le fiamme del caminetto aumentarono di colpo e dal pentolone schizzò fuori una lettera incandescente. Il foglio, annerito e contornato da faville, rimase sospeso davanti al naso della ragazzina.

Poche righe scritte in rosso solcarono il foglio rovente:

Xorax - Mirabilis Fantasio Sala Azzurra dei Gran Consulti

Moja Ninotchka,ti scrivo con urgenza per comunicarti che l’esimio Filo Morgante e la saggia Joliaarriveranno a Villa Espasia in serata.Accoglili con onore.Saprai presto il perché della loro presenza.Non posso dirti null’altro.È in corso un importante consiglio nella Sala dei

Gran Consulti e la riunione durerà a lungo.Un grave allarme preoccupa Eterea e tutti noi.Non temere nulla. Ti voglio bene e qualsiasi cosa

succeda io sarò sempre accanto a te.

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Il foglio svanì in un’unica fiammata violacea.Era la prima volta che il professor Michajl Mesinskij spedi-

va una lettera in quel modo e Nina ne rimase sorpresa. Sapere che tutti i maghi e gli alchimisti della Sesta Luna erano riuniti nel Mirabilis Fantasio la turbò ancor di più.

Si sedette sullo sgabello accanto al tavolo e ripeté un paio di volte i nomi scritti dal nonno: «Filo Morgante e Jolia. Li ho già sentiti nominare ma non ricordo chi sono e cosa hanno fatto! Ma soprattutto sono curiosa di sapere perché vengono qui da me».

Assorta nei suoi pensieri riguardò la stella, che era ancora rosa.

“Se Eterea, la Grande Madre Alchimista, è preoccupata significa che la situazione è grave. Gravissima!” pensò sfio-rando il Taldom Lux.

«Xorax mi manca. Ho nostalgia della bellezza di quel pia-neta così bello, ricco di armonia e pace. Mi mancano i suoi magici animali: il Gughi, lo Sbacchio, Ondula, Tintinno e Qua-schio. Ci andrò molto presto. Lo sento. Lo so!» mormorò spa-lancando gli occhi che brillarono come le stelle dell’Universo Alchemico.

Per un attimo fu tentata di aprire la botola e scendere giù, nel segretissimo laboratorio sotto la laguna: l’Acqueo Pro-fundis era un luogo magico dove sentirsi sicuri, il posto da cui partire e volare sulla Sesta Luna. Ma non era il momento giusto per affrontare quel viaggio visto che il nonno, Eterea e tutti gli altri maghi erano riuniti nel Mirabilis Fantasio. Cor-rugò la fronte immaginando che nell’Acqueo Profundis Max 10-p1 e Andora stavano dormendo beati: ignoravano che ben presto sarebbero stati coinvolti in una nuova sfida contro il Male. Il simpatico robot dalle orecchie a campana, avuto in eredità da nonno Misha, e la calva androide, clone di zia An-

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dora, si sarebbero spaventati a morte vedendola arrivare nel cuore della notte.

Nina avrebbe dovuto informarli di ciò che stava succeden-do, però decise di lasciarli in pace, almeno per un po’. Di loro si fidava ciecamente, sebbene l’androide Andora fosse stata per un lungo periodo una feroce alleata di Karkon.

«Max mi aiuterà, ne sono certa, e Andora lo stesso. Sono innamoratissimi e lei non potrà certo diventare nuovamente mia nemica. No, no… non voglio pensare che Karkon ritorni a comandare sul Male e riporti l’odio che è stato cancellato con tanta fatica. È impossibile!» esclamò alzando la voce.

La rabbia e la paura la agitarono a tal punto che le gote le diventarono rosse come il fuoco. Fece per rialzarsi dallo sga-bello quando, con la coda dell’occhio, vide muoversi qualcosa in fondo al tavolo degli esperimenti.

«In piena notte vieni qui, e mi svegli facendo un gran fra-casso!» borbottò Sallia Nana sgranchendosi le quattro fragili zampette. La ciotola, miracolosamente sopravvissuta alle mil-le peripezie del Quarto Arcano, si avvicinò a Nina attendendo una risposta. D’altra parte le faceva piacere parlare con qual-cuno perché i suoi amici, gli oggetti parlanti Vintabro Verde, Quandomio Flurissante e Tarto Giallo, erano stati distrutti durante le avventure vissute ad Atlantide.

«Sallia, mi spiace averti svegliato. Ma sta accadendo qual-cosa di grave e io non so ancora come devo agire» rispose Nina accarezzando la ciotola.

«Siamo in pericolo? Allora non c’è tempo da perdere, bi-sogna scappare… scappare…» urlò Sallia, già spaventata al solo pensiero di dover affrontare nuovi guai.

Nina sospirò guardando le pareti del laboratorio coperte da disegni, numeri e scritte che il nonno Michajl Mesinskij le aveva lasciato. Rilesse per l’ennesima volta le parole che da

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sempre guidavano le sue azioni alchemiche: “Il tempo serve ma non esiste”.

«Mia cara ciotola, non si può fermare la vita che scorre. Se il Male è tornato lo affronterò. Anzi, lo affronteremo tutti insieme. Il tempo non conta. Non c’è. Esiste solo il sempre che s’intreccia di Bene e Male. Capisci?» la bambina della Sesta Luna guardò Sallia con tenerezza.

«Non capisco nulla di quello che dici. Ma mi fido… so che non vorresti mai farmi correre dei rischi inutili» rispose la ciotola dondolando sulle zampette.

L’orologio segnava oramai le 4, 55 minuti e 3 secondi.Nina sbadigliò vistosamente: «Con l’ansia che ho non riu-

scirei proprio a dormire, vado a prepararmi qualcosa di caldo. Torno subito» salutò la ciotola parlante.

Appena fu uscita dal laboratorio, si accorse che a destra, nel primo scaffale della libreria della Sala del Doge, una luce bluastra avvolgeva un piccolo libro dalla copertina azzurra. Si avvicinò e lo prese. Il libro continuò a brillare come se fosse fatto di luce. Girò la copertina e vide che era… vuoto! Non c’e-rano pagine: sembrava una scatola senza fondo. Solo il bagliore azzurro che emanava la copertina continuò ad illuminare i suoi grandi occhi mentre un sottile filo di fumo si levava verso il soffitto. Una voce profonda e calma si sparse nella stanza:

«Quieta il tuo cuore. Stiamo per giungere. Noi siamo ‘umbrae’ e saremo al tuo fianco per portar aiuto e sapienza. Sappiamo che hai amici coraggiosi, giovani alchimisti dall’animo puro. Insieme, con la luce che illumina il Bene, sfideremo chi vuol cancellar l’armonia e la pace«.

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Nina rimase con il libro lucente in mano e con il naso all’insù cercò di capire se nella stanza ci fosse davvero qual-cuno o se la voce fosse un effetto magico. Era una voce anti-ca, che parlava in modo elegante e con un tono assai desue-to. Quando sentì un particolare calore alle sue mani, Nina riguardò il libro e vide che lentamente si stava trasformando: immerso nel fumo e in una luce azzurrina divenne uno stelo d’oro lungo circa venti centimetri, con alla base due riccioli d’argento. Nina, incredula, se lo ritrovò tra le mani, mentre un scintillio di brillantini blu si spargeva per tutta la Sala del Doge, prima di lasciarla nuovamente nella penombra. La luce della sola lampada verde della scrivania rischiarò le altissime librerie e gli occhi stupefatti della bambina della Sesta Luna.

«Chi sono le Umbrae? E cos’è questo oggetto?» sbiascicò sconvolta.

Girò e rigirò tra le mani lo stelo d’oro con i riccioli senza ca-pire a cosa servisse. Si sentiva spaesata: in poco più di un’ora erano accaduti troppi eventi misteriosi. Tenace, orgogliosa e con la rabbia che le rodeva l’anima, decise di cercare il libro che potesse spiegarle il significato di quella strana parola, “umbrae”. Magari avrebbe trovato anche un disegno che le chiarisse l’uso dell’oggetto misterioso.

«Ci vorrebbe Fiore, lei sa sempre trovare la giusta soluzio-ne. Mi sa che ‘umbrae’ è latino… e io non lo conosco molto bene. Ma lo stelo con i riccioli proprio non so a cosa serva…» mormorò confusa.

Guardò con voracità le migliaia di volumi che riempivano le pareti e ricordò che nel secondo scaffale il nonno teneva alcuni dizionari. E infatti… ecco quello di latino; sfogliandolo potè finalmente capire:

«Fantasmi!» esclamò spaventata. «‘Umbrae’ significa pro-prio fantasmi! Ma allora…»

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Nina ripose il dizionario e rimase immobile: la voce pro-veniente dal libro azzurro annunciava l’arrivo di due spettri!

«Il nonno mi ha detto che Jolia e Filo Morgante arrivano stasera e dunque… saranno loro i due fantasmi?» si chiese perplessa.

Seduta accanto alla scrivania, rimase a fissare l’oggetto sconosciuto.

«Certo! Nel libro degli Alchidisegni che mi diede quel tra-ditore di José troverò la soluzione» esclamò ripensando all’in-segnante spagnolo, che aveva preferito la magia oscura di Karkon alla saggezza dell’Alchimia della Luce. «La tua morte mi ha lacerato il cuore. Mi spiace averti perso… potevi essere ancora accanto a me» mormorò ripensando all’atroce fine di José. La rabbia però prese il sopravvento.

Nina non poteva pensare al passato. Ora voleva assolu-tamente capire cosa stava accadendo e soprattutto a cosa servisse quell’oggetto con i riccioli d’argento. «Sì, sì, nel li-bro degli Alchidisegni troverò la risposta alla mia domanda» ripeté convinta.

La felice intuizione non bastò a rasserenarla: il palmo della mano destra era sempre rosa, la stella sbiadita annunciava davvero un cambio del destino. L’Alchimia della Luce era di nuovo in pericolo e mai come in quel momento sentì di onora-re il Giuramento imposto da Eterea. Si ricordava molto bene il punto 9: ‘Lottare sempre contro il male e l’Alchimia del Buio’.

“Gli alchimisti di Xorax sono tutti buoni e saggi. Filo Mor-gante e Jolia vengono per aiutarmi. Il fatto che siano fantasmi non significa che sono cattivi e certo il nonno non mi mande-rebbe mai esseri malvagi!” pensò, mentre le si socchiudevano gli occhi per la stanchezza.

Cercava con tutte le forze di ricordare chi fossero quei due nomi, ma l’unica cosa che le venne in mente fu l’Alma Magna,

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la voluminosa enciclopedia di Xorax, dove erano citati tutti gli alchimisti che nei secoli avevano portato il Bene sulla Terra.

«Sì, adesso rammento» sussurrò alzandosi in piedi e impu-gnando il Taldom. «Nell’Alma Magna sono citate anche le vite e le avventure di Filo Morgante e Jolia. Ne sono sicurissima! Però esiste solo una copia dell’enciclopedia e si trova nel Mi-rabilis Fantasio, dove io non posso entrare! Solo gli alchimisti che hanno abbandonato la vita qui su la Terra hanno accesso a quel meraviglioso palazzo di luce!»

Disorientata, ma con il coraggio che le esplodeva nel cuo-re, la bambina della Sesta Luna non aveva intenzione di ar-rendersi alla minaccia del Male e capì che bisognava aspet-tare l’arrivo dei due fantasmi per sapere cosa stava davvero accadendo. La risata satanica che l’aveva svegliata e la lettera del nonno dovevano pur avere una spiegazione! Era pronta a entrare nel laboratorio per prendere il libro degli Alchidisegni e cercare l’uso dello stelo con i riccioli d’argento, quando si accorse che qualcuno aveva acceso la luce del grande lam-padario dell’ingresso. Mise nella tasca dei pantaloni lo strano oggetto, controllò di avere anche la sfera di cristallo e tenne in mano solo il Taldom. Uscì dalla Sala del Doge e vide Ljuba con i bigodini in testa, avvolta nella sua vestaglia giallina.

«Moja djevocka, mia cara ragazza, che fai alzata a quest’o-ra? Sono appena le sei del mattino!» esordì la dolce Meringa sbadigliando.

Nina sorrise e per non turbarla disse: «Ho voglia di un latte caldo».

La tata russa scosse la testa facendo dondolare i bigodini: «Te lo preparo subito. D’altra parte ho un bel da fare in cucina oggi, ci sono una ventina di pentole in rame da lucidare, per questo mi sono svegliata all’alba. Ricordi vero che giorno è oggi?» e così dicendo se ne andò ciabattando verso i fornelli.

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«Oggi? È il 16 settembre… e allora?» domandò curiosa.«È l’anniversario di matrimonio dei tuoi genitori. Vera e

Giacomo si sono sposati 13 anni fa! E io voglio preparare un pranzo con i fiocchi!» la voce squillante di Meringa echeggiò per tutta la casa.

«Per tutte le cioccolate del mondo! Anniversario? Non me lo ricordavo affatto!» Nina fu presa alla sprovvista.

Dalla scala a chiocciola scesero abbaiando e miagolando Adone e Platone, già pronti per una succulenta colazione. Il baccano provocato dai due animali svegliò anche i genitori di Nina, che uscirono dalla camera da letto e si affacciarono sulla scala. «Che succede?» chiese Giacomo stropicciandosi gli occhi.

«Nulla babbo, io e Ljuba andiamo in cucina. Abbiamo mol-to da fare e voi sapete benissimo perché… Tornate a dormi-re» rispose sorridendo la ragazzina.

«Mia cara, ma ti sei alzata per questo?» chiese Vera, inte-nerita dal comportamento della figlia.

«Certo! È il vostro anniversario di matrimonio! Ve lo sie-te dimenticati?» ripeté Nina che non voleva deludere i suoi genitori.

Giacomo e Vera si abbracciarono emozionati: «Abbiamo proprio una cucciola affettuosa».

Lo squillo del campanello rimbombò d’improvviso.«Chi sarà a quest’ora?» Nina corse ad aprire. Pensò potes-

sero essere Morgante e Jolia, anche se il nonno aveva scritto che sarebbero arrivati in serata. Infatti era il postino, anche lui assonnato: «Telegramma urgente Per i signori Vera e Gia-como De Nobili».

Nina vide dal timbro che arrivava dalla Spagna, precisa-mente da Madrid:

«È per voi, sicuramente è di zia Andora e zia Carmen»

21CAP. 1 - “Pulvis Umbrae”

gridò ai genitori, che scesero le scale in fretta, temendo brutte notizie.

«Lo leggo io?» si offrì la bambina della Sesta Luna, che fremeva per conoscere il contenuto di quel telegramma mat-tutino.

«No, meglio di no. Ci penso io» rispose Giacomo prenden-doglielo dalle mani.

Il volto di Vera si fece scuro, ma quando vide gli occhi di Giacomo illuminarsi di una luce gioiosa si quietò.

«Crociera!» esclamò il padre di Nina.«Ma cosa dici?» disse allibita la moglie.Giacomo mostrò il telegramma:

Due biglietti per fantas

tica

crociera all’Agenzia di

viaggi

“Marco Polo” di Venezia.

STOP!

Festeggiate anniversario

. STOP!

Un mese di vacanza merit

ato. STOP!

Buon anniversario. STOP!

Zia Carmen e zia Andora

NINA e il Numero Aureo22

«Che magnifico regalo!» esultò Nina.Vera rimase a bocca aperta: «Una crociera tutta per noi?

Ma… è pazzesco!».«Sì, è la prima volta che ci possiamo concedere un viag-

gio così lungo. Un mese di vacanza!» aggiunse Giacomo con euforia.

Ma Vera guardò subito Nina: «No… no… un mese lontani da te! Ti avevamo promesso che non saremmo più andati via lasciandoti sola. Siamo stati a Mosca per troppo tempo e…».

La ragazzina abbassò lo sguardo: «Quando eravate a Mo-sca, a lavorare al Ferk, sapevo che mi eravate vicini lo stesso. Io sono felice per voi. Vi meritate un periodo di relax. Non potete certo rinunciare ad un’occasione del genere! E poi è brutto se rifiutate il regalo delle zie. Vi pare?».

Giacomo s’incupì: «Ma non è giusto lasciarti qui, anche se non dovrebbero più esserci pericoli. Vero?».

Nina si morse le labbra: non poteva svelare i suoi timori. Raccontare che aveva sentito una risata satanica e che le aveva ricordato il maledetto Karkon significava far rimanere a casa i suoi genitori e mandare all’aria la bella crociera.

«Sì… sì, sono tranquillissima. Adesso è tutto calmo. Con i miei amici dobbiamo portare a termine un sacco di lavori: Palazzo Ca’ D’Oro, la sistemazione dell’Isola Clemente… Cre-detemi, potete partire senza angosciarvi. Io starò benissimo con Ljuba» rispose abbracciando la mamma.

Vera si accorse che dalla tasca del pigiama della figlia spuntava un ricciolo d’argento: «Cos’è?» chiese sospettosa.

Nina si tese come una corda di violino e, mostrando il Taldom, rispose con fermezza: «Che domande fai, mamma! Sai bene che uso oggetti particolari. E non posso svelare nulla… Lo sapete tutti e due. Anche voi avete dei segreti: le ricerche sulla vita extraterrestre che facevate al Ferk, per

23CAP. 1 - “Pulvis Umbrae”

esempio. Vi prego, non chiedetemi niente, abbiate fiducia in me».

Giacomo diventò serissimo e, accarezzando i capelli della figlia, disse: «Certo, capiamo. Così come tuo nonno mantene-va i suoi misteri, tu fai lo stesso. Ma sei ancora una bambina. Hai appena 11 anni e…».

Nina indietreggiò: «Non fatemi questo. Vi prego. Non pos-so davvero parlare di certe cose. È per il bene di tutti. Non angustiatevi. Sono serena» e spingendo dentro la tasca il ric-ciolo d’argento se ne andò in cucina da Ljuba.

I genitori si guardarono preoccupati: partire significava lasciare Nina in balia di chissà quali eventi.

«Caro, dobbiamo rinunciare alla vacanza. Telefonerò alle zie e le ringrazierò spiegando i motivi del nostro rifiuto» Vera parlò con tristezza.

Giacomo si chiuse la cintura della vestaglia e prendendo le mani della moglie scosse la testa: «Hai ragione, anche se dobbiamo renderci conto che nostra figlia è come tuo padre. Per la tutta la vita ci troveremo davanti a scelte difficili. O vuoi forse impedire a Nina di proseguire nel suo cammino?».

Gli occhi di Vera si riempirono di lacrime: «Sì, sì, capisco. Però non riesco a lasciarla sola ancora una volta. Lo è stata per tanti anni e ora che siamo finalmente riuniti voglio vederla ogni minuto e starle vicino».

«Nostra figlia è più forte di quanto pensiamo. E lo ha di-mostrato tantissime volte» cercò di persuaderla Giacomo, con un bacio. Insieme andarono a sedersi nelle comode poltrone della Sala degli Aranci, la preferita della principessa spagnola Espasia, compianta sorella di Carmen e Andora nonché nonna adorata di Nina.

Un leggero profumo di violetta emanato da tessuti e arazzi accolse il loro ingresso. Vera guardò il quadro che ritraeva

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sua madre: «Era bellissima e Nina le assomiglia molto. Ha ereditato il suo fascino spagnolo e la saggezza russa di mio padre Misha. È giusto che segua il destino e spero che abbia una vita luminosa» disse asciugandosi le lacrime.

Ljuba arrivò con un vassoio colmo di biscotti e caffè: «Co-lazione pronta per gli sposi in festa!».

Dietro di lei Nina portava una grande torta di crema e me-le: «Iniziamo la mattinata con dolcezza. Voglio vedervi felici. È il vostro anniversario!».

Vera e Giacomo si quietarono nel vederla così allegra e cac-ciarono i mille dubbi che agitavano i loro cuori. Nina recitava benissimo la parte della ragazzina spensierata, ma dentro di lei si muovevano venti e fulmini.

Presto sarebbe tornata nel suo laboratorio alchemico per scoprire la natura di quell’oggetto con i riccioli d’argento. Se da un lato era dispiaciuta per la partenza dei suoi genitori, dall’altro nulla le avrebbe impedito di colpire ancora il Male che si stava svelando in tutto il suo mistero.

Alle 8 in punto i genitori erano già pronti per andare all’A-genzia di viaggio “Marco Polo” e ritirare i biglietti. Prima di uscire, Vera volle telefonare alle zie a Madrid, le quali, nono-stante l’insistenza, non svelarono la meta della crociera.

«È una sorpresa! Visiterete posti incantevoli» cinguettò Carmen con la sua solita allegria.

Anche Andora non spiegò alcun dettaglio della vacanza, ma chiese di parlare con Nina.

«Mia muñeca, non combinare guai e stai attenta. E ma-gari io e Carmen potremmo decidere di farti un’improvvisata! Così in assenza dei tuoi genitori ti consoleresti almeno con i nostri manicaretti spagnoli» disse la zia, che tanto aveva sofferto a causa di Karkon e della sua copia, il clone Andora.

25CAP. 1 - “Pulvis Umbrae”

Quella storia era oramai sepolta e nella memoria della zia c’era spazio solo a nuovi ricordi.

«Non farò nulla di male. E smettetela di preoccuparvi per me. Sto bene e non sarò sola. C’è Ljuba e i miei amici sapran-no coccolarmi. Capito?» rispose Nina in tono scherzoso, ma con risolutezza.

I genitori, terminata la telefonata, uscirono dicendo che sarebbero rientrati entro mezzogiorno.

Nina si vestì in un baleno, infilò una t-shirt arancione e la sua salopette preferita dalle mille tasche. Seguita da Adone e Platone, schizzò nel laboratorio lasciando Meringa indaffarata tra piatti e pentole.

Appena fu davanti al tavolo degli esperimenti appoggiò lo stelo d’oro con i riccioli d’argento e, preso dagli scaffali il libro Alchidisegni, lo sfogliò con calma.

Sallia Nana zampettò verso di lei: «Allora, che fai? Cos’é questo oggetto?» chiese sempre più curiosa.

«Ancora non lo so. Ora stai buona, devo concentrarmi» rispose chinando la testa sul libro. «Dunque, a pagina 20 c’è la figura di un bastone con teste di drago, invece a pagina 50 ci sono una sfilza di formule con piccoli disegni di ciondoli e anelli, ma… ecco, a pagina 123 c’è un disegno che assomiglia molto a questo oggetto» borbottò concentrata.

La figura era tracciata a china color seppia e di fianco una sola parola era scritta con l’alfabeto della Sesta Luna:

Nina riguardò l’oggetto e il disegno mentre Sallia Nana si avvicinava zampettando: «Cosa stai guardando?» chiese la ciotola.

NINA e il Numero Aureo26

Nina le diede una carezza, non rispose e decise di inter-pellare il Systema Magicum Universi.

Pose la mano con la stella sul foglio liquido e fece la sua domanda: «Libro, cosa significa Clavis Musivum?».

Un piccolo fulmine scaturì dalla pagina acquosa colpendo il soffitto e rimbalzando sull’orologio che segnava le 8, 10 minuti e 6 secondi. Il Libro diede la sua secca risposta:

È nel lontano passatoil suo significato.Solo Eterea può spiegareil segreto da svelare.Ma una cosa ti consiglio:immergi l’oggetto nel Bomiglio.

«Bomiglio? E cos’è?» chiese sorpresa.Il Systema Magicum Universi subito intervenne:

Un tubo troverai tra le ampolledi vetro, leggero e molle.Quello è il Bomiglio,di color vermiglio.Maneggialo con curaaltrimenti la magia non duraVersa otto gocce di Spatrachinae due granelli di Ropina.A quel punto immergi l’oggettoe solo allora sarà perfetto.Eterea poi ti diràtutta la sacra verità.

27CAP. 1 - “Pulvis Umbrae”

Il Libro si chiuse e Nina rimase a rimirare l’oggetto, pro-vando a immaginare a cosa servisse e come mai fosse così misterioso il suo uso.

Sallia Nana indietreggiò per paura che fosse pericoloso e, intimorita, rimase accanto a una candela spenta. La bambina della Sesta Luna guardò le mensole e, tra alambicchi e ampol-le, effettivamente trovò un tubicino di vetro rosso vermiglio con una sola estremità aperta: era il Bomiglio. Appena lo af-ferrò si rese conto che era molle, si storceva e si piegava solo sfiorandolo. In qualche modo riuscì a tenerlo diritto e con destrezza prese la bottiglietta di Spatrachina, un liquido ver-dastro composto da rame sciolto e saliva di rospo. Ne versò su-bito otto gocce e il tubo diventò più solido e il vetro vermiglio apparve rigido. A quel punto aprì la scatola ovale contenente i granelli gialli di Ropina, un vero concentrato di zolfo.

«Ne metto solo due» disse con estrema attenzione.I granelli si sciolsero come zucchero e il liquido diventò di

un colore tra il rosso e l’arancio. Nina afferrò lo stelo e lo immerse nel tubo di vetro colmo

di Spatrachina e Ropina.“Ecco fatto! Ora la Clavis Musivum è dentro il Bomiglio!”

pensò soddisfatta.Ma l’oggetto non subì nessun cambiamento, tant’è che Ni-

na pensò di aver sbagliato le dosi della formula. Eppure aveva seguito alla perfezione le indicazioni del Libro!

Il trillo del cellulare la distrasse.«Pronto, Nina, sei sveglia?» la voce squillante di Cesco

quasi l’assordò.«Sono sveglia dalle 3! È successo qualcosa di grave. Avvisa

anche Fiore, Dodo e Roxy. Venite da me, sono nel laboratorio alchemico» rispose serissima e chiuse la comunicazione senza lasciare il tempo a Cesco di dire altro.

NINA e il Numero Aureo28

Si sedette sullo sgabello fissando lo strano oggetto che luccicava nella sostanza rossastra. Ricordò la risata satanica e la minaccia che annunciava l’onda nera del Male. Si mordic-chiò le labbra: “Karkon non può tornare! Eterea mi spiegherà cosa sta accadendo”.

Sallia Nana si fece risentire: «Non essere triste. Ora arrive-ranno i tuoi amici e vedrai che tutto si sistemerà. Mi prometti una cosa?».

«Dimmi» Nina allungò la mano destra e accarezzò la pic-cola ciotola affettuosa.

«Giura che mi proteggerai sempre» disse Sallia Nana don-dolando sulle zampette.

«Certo. Sempre. Come potrei stare senza di te?» la confor-tò la bambina della Sesta Luna accennando un sorriso.

La ciotola si diede una scossa come per farsi coraggio: «Sai… quell’oggetto strano che hai messo dentro il tubo di vetro non l’ho mai visto prima, però il suo nome, Clavis Mu-sivum, mi dice qualcosa…».

Nina alzò la testa sbigottita: «In che senso? E da chi l’hai sentito?».

«Non vorrei sbagliare ma una volta ho sentito il grande serpente parlare proprio di Clavis Musivum con il Conte Kar-kon Ca’ D’Oro».

Nina era sconvolta:«Vuoi dire che Loris Sibilo Loredan, il precedente sindaco

di Venezia, quel farabutto che si trasformava in Serpente Piu-mato conosceva questo oggetto?» domandò avvicinandosi alla ciotola, che timidamente dondolò ancora una volta.

«Sì… eravamo nell’Isola Clemente, nella casa di onice ne-ra, e Sibilo Loredan parlava con il Conte, ma non ricordo altro» la vocina di Sallia si fece sottile.

Nina si alzò dallo sgabello, il solo pensiero del defunto

29CAP. 1 - “Pulvis Umbrae”

e malefico ex sindaco di Venezia, il Serpente Piumato ami-co indefesso di Karkon, la fece rabbrividire. Se la ciotola diceva la verità allora lo stelo d’oro aveva a che fare con il Conte! Eppure negli Appunti di Karkon Ca’ D’Oro non ce n’era traccia, nemmeno il nome! Improvvisamente sentì bussare alla porta. In fretta incastrò la sfera nella conca e aprì.

«Che c’è di tanto urgente?» Cesco entrò spavaldamente seguito da Roxy, Fiore e Dodo. I ragazzini avevano i vestiti bagnati dalla pioggia che scendeva ancora copiosa.

Nina aprì la mano destra e la mostrò: «È rosa, vedete? La mia stella è rosa e non rossa! Anche se non è diventata nera vuole dire che sta accadendo qualcosa di gravissimo. Il Male è tornato tra noi. Credetemi!» spiegò con voce spezzata dall’emozione.

Tutti la guardavano allibiti, ma nessuno ebbe il coraggio di parlare.

«Se vi dicessi che la Sesta Luna è nuovamente in perico-lo come reagireste?» continuò guardando dritto negli occhi Cesco.

«Ancora?» esclamarono increduli in coro gli altri, appog-giati al tavolo degli esperimenti.

Fiore mise l’ombrello a cuori rossi accanto alla piramide Dragon e attese di sapere la verità, mentre Dodo stringeva il suo Taldom pregando che non accadesse nulla, Roxy masti-cava un chewing-gum nervosamente e Cesco si lamentava del temporale, asciugandosi gli occhiali con un lembo della felpa.

Nina tirò un sospiro e raccontò cosa era successo durante la notte e della sua paura che Karkon fosse in qualche modo ancora vivo e attivo.

«Karkon! Il Conte è tornato?» gridarono allarmati i quattro giovani alchimisti.

NINA e il Numero Aureo30

«Non ne sono sicura, ma lasciate che vi spieghi» continuò Nina accarezzando Platone. Al gatto si arricciarono i baffi al solo sentire il nome del mago del Male!

Quando la bambina della Sesta Luna annunciò l’arrivo di Filo Morgante e Jolia, Fiore strabuzzò gli occhi: «Due fantasmi alchimisti? E vengono da Xorax?».

«Esatto, ed è un fatto straordinario perché nessuno de-gli alchimisti della Sesta Luna può più tornare sulla Terra. Quando muoiono gridano la Frase Finale, diventano di luce e si trasferiscono su Xorax. Per sempre» Nina era davvero preoccupata.

«Non sapevo che potessero diventare fantasmi!» aggiunse Roxy, con una strana espressione sul volto.

«Già, nemmeno io. Mio nonno non ha spiegato molto nella lettera. Sta di fatto che verranno qui» sottolineò Nina.

«E che vengono a fare?» esclamò Cesco.«Spero che ci aiuteranno. Ma di loro so ben poco. Inoltre

dobbiamo scoprire a cosa serve questo!» Nina mostrò lo stelo nel tubo di vetro colmo di liquido aranciato.

«Si chiama Clavis Musivum. L’ho immerso nel Bomiglio e…» Nina fu interrotta bruscamente da Roxy, che si tolse l’impermeabile e mise le mani ai fianchi.

«Nessun problema. Scopriremo a cosa serve e risolveremo tutto come sempre. Ora anche noi abbiamo il Taldom Lux. Siamo alchimisti e non ci fa paura affrontare nuovamente l’oscura Alchimia del Buio» precisò l’amica.

Spavalda, coraggiosa e peperina, l’amica dai riccioli biondi sembrava non aver alcun timore.

Chi invece iniziò a tremare fu Dodo: «Ve…ve…veramente io ho pa..pa…pa..ura anche se ho il Tal..dom» farfugliò finen-do a pochi centimetri dal pentolone che bolliva.

«Non fare il fifone! I fantasmi ci fanno un baffo!» esclamò

31CAP. 1 - “Pulvis Umbrae”

Cesco, che voleva fare il super coraggioso anche se in fondo aveva anche lui un po’ di paura.

«Clavis Musivum…» ripeté Fiore facendosi pensierosa «ma… significa Chiave del Mosaico. È latino!».

«Ecco, brava! Così come è latino ‘umbrae’! Fantasmi! Era scritto nel biglietto fuoriuscito dal libro di luce azzurra» esor-dì Nina.

Cesco si grattò in testa: «Dunque, facciamo un po’ d’ordi-ne: tu sei stata svegliata da una risata satanica che ti ricorda quella di Karkon» cominciò indicando Nina. «Poi hai ricevuto la lettera del professor Misha, il messaggio dei due alchimisti fantasmi, e infine è spuntata la Chiave del Mosaico. Non ci capisco nulla… bisogna contattare subito Eterea. È impos-sibile che Karkon e i suoi seguaci siano ancora in grado di nuocere!».

«Impossibile!» ripeterono tutti e cinque.Dal fondo del tavolo si levò una vocina: «No… non è im-

possibile. Anche il Systema Magicum Universi ha detto che il Male è tornato» precisò la timida Sallia Nana. Platone miagolò rizzando il pelo e Adone ringhiò come se avesse visto il diavolo!

Solo la Grande Madre Alchimista avrebbe potuto scioglie-re ogni nodo e ogni dubbio. Nina concordava con Cesco, ma per poter chiamare Eterea era necessario che l’importante riunione in corso al Mirabilis Fantasio terminasse.

«Sallia Nana dice di aver già sentito parlare di quest’ogget-to. E indovinate da chi?» Nina storse la bocca in una smorfia di disgusto.

«Karkon?» provò Cesco.«Sì. Da Karkon e LSL! Capite? Insomma, qui le cose non

quadrano. Loris Sibilo Loredan è morto sepolto, il Conte e i suoi adepti sono pietrificati, eppure sembra che l’Alchimia del Buio sia tornata a torturarci!» la bambina della Sesta Luna

NINA e il Numero Aureo32

picchiò un pugno sul tavolo degli esperimenti facendo trabal-lare la povera ciotola parlante.

Dodo alzò timidamente il Taldom: «Scu..scusate ma per-ché non an..an..andiamo a vedere le sta..sta..tue dei nostri ne-mici? Solo così ca…ca…capi…remo se Karkon è vi..vi..vivo».

«Bravo Dodo! Hai ragione!» Cesco gli diede una pacca sulla spalla complimentandosi.

Nina si girò verso il Libro parlante: «Prima devo scoprire a cosa serve la Chiave del Mosaico. Potrebbe esserci utile».

Roxy si rimise l’impermeabile: «Allora tu resta qui nel la-boratorio, mentre io e Fiore andiamo in piazza San Marco a verificare le condizioni delle statue».

«E noi?» chiesero Cesco e Dodo.«Credo sia opportuno che andiate a Palazzo Ca’ D’Oro. Se

davvero Karkon, Visciolo, Alvise e Barbessa e la perfida Voce della Persuasione sono riusciti a liberarsi, forse sono tornati nel loro rifugio. E dato che state restaurando il palazzo po-tete aver maggior occhio per notare se è cambiato qualcosa da ieri».

Nina annuì e indicò la bacinella colma di Crocotio Particu-laris perché i due ragazzi la portassero a palazzo: serviva ad aggiustare i mattoni sgretolati. Cesco e Dodo la coprirono con del nylon cercando di non rovesciare la preziosa sostanza al-chemica. Roxy aveva avuto un’ottima idea e tutti erano pron-ti ad affrontare qualsiasi evenienza malefica: «State attenti. Usate il Taldom in caso di necessità. Non possiamo allarmare i veneziani con magie e lotte alchemiche. La prudenza è im-portante» raccomandò Nina seria.

I quattro amici fecero per uscire. Solo Cesco si rivolse verso Nina, che stava per interpellare il Systema Magicum Universi: «Ce la faremo anche questa volta» le disse. «Non voglio che tu corra dei rischi» e terminò lanciandole uno sguardo dolcissimo.

33CAP. 1 - “Pulvis Umbrae”

La bambina della Sesta Luna si girò di spalle e sul suo volto apparve un rossore: «Anch’io ci tengo a te. Lo sai».

Cesco le accarezzò i capelli: «Ti voglio bene, io ti…» non riuscì a dire altro, tossì e, tenendo la bacinella di Crocotio Particularis, se ne andò con il cuore che batteva come un tamburo.

La pioggia cadeva copiosa e i quattro giovani alchimisti attraversarono il parco di Villa Espasia tra raffiche di vento e polvere. Uscirono dal cancello, salirono sul piccolo ponte in ferro che attraversava il canale e raggiunsero Calle della Croce. Passarono accanto alla fontanella che spuzzava acqua a scatti. Nessuno di loro si preoccupò per la presenza di due figure intabarrate, impettite sotto una tettoia, al riparo dalla pioggia. Una alta e l’altra più bassa, i loro volti erano celati dai cappucci attaccati ai mantelli inzuppati che li avvolgevano sino ai piedi. Cesco e Roxy diedero un’occhiata veloce, ma non si soffermarono a guardare quei due sconosciuti. Troppe ansie si agitavano nella loro mente: l’idea che il Conte Karkon fosse tornato offuscava ogni altro pensiero.