QUELLO CHE SI SA MA NON SI DICE PER FAR TACERE LA ... · Padre Giovanni è saviglianese di nascita,...

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Giovedì 14 gennaio 2010 3 COPERTINA sulla salita, si spegne e comincia una corsa in retromarcia, senza freni! Finisce rovinosamente, rovesciandosi. Panico. Per fortuna nessun ferito grave. Si im- provvisa un pronto soccorso di fortuna con a- spirine e zucchero per calmare lo shock. Qual- che contusione, qualche graffio. Per fortuna è notte, i bambini non sono quindi intorno al ca- mion a saltellare di gioia come avrebbero fatto sicuramente durante il giorno. Si evita una tra- gedia… Ma come si fa a non avere i freni? Padre Giovanni è saviglianese di nascita, (ha vissuto anche per alcuni anni a Saluzzo, dove la famiglia gestiva una locanda) vive in Africa dal 1971, una vita. Ha portato molte migliorie: ha canalizzato l’acqua, ha messo delle micro- centrali nel villaggio così ci sono le fontane e la gente non deve percorrere chilometri per un secchio d’acqua. Di conseguenza, la luce: non in tutte le capan- ne, certo, ma sulle strade. Ed elettricità per i mulini, per poter evitare di macinare a mano la manioca e quindi per avere più farina e più ve- locemente. A Muhanga c’è una meccanica, c’è un atelier di cucito, ultimamente grazie ad odontoiatri ed odontotecnici di Smile Mission volontari c’è addirittura uno studio dentistico. C’è il dispen- sario per un primo soccorso sanitario, special- mente un’assistenza diretta alle mamme. Con- cetta, ostetrica siciliana, in Congo dal 1975, ha dato la vita per quella gente,ed ha formato un valido gruppo di infermiere specializzate. A Muhanga c’è il salone polivalente, serve co- me luogo di culto, ma soprattutto come luogo di incontro dove la gente si trova per parlare dei problemi della comunità e dove si può rifu- giare quando c’è pericolo. A Muhanga c’è la scuola, sei aule per la prima- ria. E una cucina per la buille. La buille, zuppa di sorgo, mais e soja (e zucchero quando c’è… ma non c’è mai) viene cucinata e distribuita o- gni giorno a tutti i bambini con un buonissimo risultato in fatto di crescita, perché a Muhanga sì c’è la guerra, ma un altro grandissimo pro- blema è la malnutrizione infantile. Muhanga si trova nella regione Nord Kivu, circa 350 famiglie raggruppate in un villaggio a 2000 mt di altezza in mezzo alla foresta equa- toriale. Popolazione di agricoltori, quella dei Wanande, cerca di sopravvivere con il proprio raccolto di manioca, banane, sombe. Il paese, grande quanto un quarto dell’Europa, ha un sottosuolo ricchissimo di o- ro, diamanti, coltan (minera- le utilizzato nella telefonia cellulare e nelle componenti informatiche), petrolio, le- gno pregiato, molto attratti- vo, dunque, agli occhi dell’occidente. Ed è proprio l’occidente che porta via senza render conto a nessuno e senza lasciare troppe briciole sul posto. E proprio per questo che a Muhanga, nel Kivu c’è guerra e guerriglia, da oltre 15 anni. Ho visto ancor altro: gli organismi, le Ong di cui tutti parlano, ma che si dovrebbero anche vedere sul terreno. Certo qualcosa fanno an- che. Ma fanno anche questo: le ho viste le mac- chine di Medici senza fron- tiere, Save of the children, far belle sfilate nelle strade prin- cipali senza però arrivare do- ve il loro passaggio poteva essere veramente fondamen- tale, perché qualcuno, come per esempio la Monuc (Mis- sion Onu Congolaise), le a- veva classificate zone rosse. Ma non è proprio nelle zone rosse che dovrebbero anda- re? Muhanga è zona rossa, insieme a Luofu, Bunyatenge e li difficilmen- te sono riuscita a vedere qualche aiuto concre- tizzarsi. Quei bei banchetti che si allestiscono nelle no- stre piazze, prendiamo Unicef ad esempio, se tutto quel rumore che fanno si concretizza in un sacchetto di plastica e una “fetta” di quader- no di carta riciclata, io mi sento un po’confusa. Per non parlare delle organizzazioni che si oc- cupano di aiuti alimentari… Com’è che poi quegli aiuti umanitari li ho visti vendere nei mercati? Ho visto ragazzini europei, con un bel manda- to pluriennale in queste organizzazioni non governative, spostarsi su macchine conforte- voli con tanto di autista ed interprete. Li ho vi- sti fare assolutamente nulla, ma hanno un buon stipendio e dopo tale esperienza, un curricu- lum invidiabile in grado di aprir loro qualun- que porta. E di tutto questo, cosa si legge sui nostri gior- nali? Cosa si vede nelle nostre televisioni? Assolutamente nulla! Troppo compromettente mettere in ballo certi discorsi. Si toccherebbero argomentazioni bollenti che è meglio mantenere nell’oblio. Ma come si può non vedere cosa succede nel mondo? REPORTAGE QUELLO CHE SI SA MA NON SI DICE PER FAR TACERE LA COSCIENZA mia Una saluzzese nell’inferno del Congo A FRICA di GERMANA BORGHINO In Congo mancano cose primarie… Mancano le strade: otto ore di jeep per percorrere 43 km! Un giorno intero per arrivare in foresta, facen- do attenzione a non viaggiare di notte per il pe- ricolo di imboscate. La terra è argillosa, il clima infligge piogge quotidiane che provocano grandi buche, tal- volta vere e proprie voragini. Ogni giorno un buon gruppetto di persone con zappe e mortai si portano sulla strada per cercare di tappare queste buche, rigorosamente a mano. Un lavoro certosino, che va distrutto al primo passaggio di un camion che trasporta legname illegalmente per l’Inghilterra. Ma costa troppo pavimentare quella strada, 600 dollari a metro. E quel legname, che qui strapaghiamo, costa appena un dollaro ad asse. Con i soldi raccolti da padre Giovanni Piuma- ti nella sua ultima visita in Italia, circa 6 mila euro, abbiamo comprato 18 tonnellate di roba: facendo un giro nel villaggio abbiamo visto quali fossero le cose più importanti da compra- re: jambe (zappe), farina, olio, sale, sapone, petit pois, zucchero,coperte. Il problema dopo l’acquisto era portare il rifornimento al campo, in missione. Contattiamo Handicap Interna- tional, una Ong che si occupa di fornire mezzi per trasportare aiuti, abbiamo così conosciuto un francesino che ci ha aiutati. Ci ha dato un camion in grado di trasportare 6 tonnellate. Ci ha messo 7 giorni quel camion a percorrere 80 km! Quattordici dei nostri sulla strada a spala- re fanghiglia e a spingere ogni volta che rima- neva impantanato. Lunedì notte, intorno all’una, la notizia che fi- nalmente sta arrivando sulla collina di Muhan- ga. Io e Gabri aspettiamo per dar loro un piatto caldo dopo una settimana di accampamenti. Ma il camion, a pochi metri dalla missione, Germana Borghino, 27 anni, revelle- se, vive a Saluzzo, dove lavora come impiegata presso una compagnia di assicurazioni. Il suo primo viaggio in Congo è stato un regalo delle sorelle per i suoi 18 anni... «Visto l’effetto sortito – osserva Germana - hanno poi cominciato a regalarmi pigiami...» Da allora “soffre” di mal d’Africa. Una “patologia” che l’anno scorso l’ha portata a trascorrere tre mesi in Con- go, a diretto contatto con le proble- matiche della parte più povera del Paese. «Ho affrontato il viaggio con altri occhi, e con qualche anno in più - dice Germana - ed è stata in assoluto un’esperienza incredi- bile. Mi auguro che diventi un appuntamento annuale con i miei amici africani». Il reportage che ha scritto per la “Gazzetta” fotografa la situazione così come le è apparsa, in piena libertà di opinione. Una testimonianza non condizionata, ma possibilmente condizionante per la migliore comprensio- ne delle dinamiche del “villaggio globale”, di cui tutti, compresi i saluzzesi, fanno parte. GERMANA BORGHINO, UNA VOCE LIBERA NEL TERZO MONDO MUHANGA Che fine fanno gli aiuti umanitari? Dove sono e cosa fanno i volontari degli enti non governativi? E LA COLDIRETTI CUNEESE SCENDE IN CAMPO PER DARE UNA MANO In collaborazione con le suore Giuseppine di Cuneo, che nella Repubblica Democratica del Congo lavorano dal 1951 con alcuni centri che ospitano ragazzi disabili in si- tuazioni disagiate, la Coldiretti provinciale ha deciso di promuovere un progetto strutturato e iniziative di soste- gno per favorire lo sviluppo della locale imprenditoria a- gricola, in primis attraverso la raccolta fondi per la realiz- zazione di un pozzo. In un secondo momento, l’obiettivo sarà quello di attivare momenti didattico-formativo a carattere agricolo, all’interno della struttura messa a disposizione delle suore. Il gruppo di ragazzi, individuato nell’ambito della comunità di Selembao, sarà seguito da un docente in loco, formato a distanza dal nostro paese. La coltivazione dell’orto e l’allevamento degli animali garantirà, in un primo tempo, la sus- sistenza degli studenti, in un secondo momento parte della produzione sarà commercializ- zata, al fine di autofinanziare l’acquisto, o per lo meno, l’affitto, del terreno, concretizzan- do pertanto il concetto del microcredito. Chi desiderasse sostenere la raccolta fondi “Sviluppo dell’agricoltura in Congo” può versa- re un’offerta presso i box di solidarietà presenti in tutti gli uffici zona Coldiretti. La Il camion degli aiuti rovesciato a pochi metri dalla destinazione Germana Borghino

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Giovedì 14 gennaio 2010 3COPERTINA

sulla salita, si spegne e comincia una corsa inretromarcia, senza freni!Finisce rovinosamente, rovesciandosi.Panico. Per fortuna nessun ferito grave. Si im-provvisa un pronto soccorso di fortuna con a-spirine e zucchero per calmare lo shock. Qual-che contusione, qualche graffio. Per fortuna ènotte, i bambini non sono quindi intorno al ca-mion a saltellare di gioia come avrebbero fattosicuramente durante il giorno. Si evita una tra-gedia… Ma come si fa a non avere i freni?Padre Giovanni è saviglianese di nascita, (havissuto anche per alcuni anni a Saluzzo, dovela famiglia gestiva una locanda) vive in Africadal 1971, una vita. Ha portato molte migliorie:ha canalizzato l’acqua, ha messo delle micro-centrali nel villaggio così ci sono le fontane e lagente non deve percorrere chilometri per unsecchio d’acqua.Di conseguenza, la luce: non in tutte le capan-ne, certo, ma sulle strade. Ed elettricità per imulini, per poter evitare di macinare a mano la

manioca e quindi per avere più farina e più ve-locemente.A Muhanga c’è una meccanica, c’è un atelierdi cucito, ultimamente grazie ad odontoiatri edodontotecnici di Smile Mission volontari c’èaddirittura uno studio dentistico. C’è il dispen-sario per un primo soccorso sanitario, special-mente un’assistenza diretta alle mamme. Con-cetta, ostetrica siciliana, in Congo dal 1975, hadato la vita per quella gente,ed ha formato unvalido gruppo di infermiere specializzate.AMuhanga c’è il salone polivalente, serve co-me luogo di culto, ma soprattutto come luogodi incontro dove la gente si trova per parlaredei problemi della comunità e dove si può rifu-giare quando c’è pericolo.AMuhanga c’è la scuola, sei aule per la prima-ria. E una cucina per la buille. La buille, zuppadi sorgo, mais e soja (e zucchero quando c’è…ma non c’è mai) viene cucinata e distribuita o-gni giorno a tutti i bambini con un buonissimorisultato in fatto di crescita, perché a Muhangasì c’è la guerra, ma un altro grandissimo pro-blema è la malnutrizione infantile.Muhanga si trova nella regione Nord Kivu,circa 350 famiglie raggruppate in un villaggioa 2000 mt di altezza in mezzo alla foresta equa-toriale.Popolazione di agricoltori,quella dei Wanande, cerca disopravvivere con il proprioraccolto di manioca, banane,sombe.Il paese, grande quanto unquarto dell’Europa, ha unsottosuolo ricchissimo di o-ro, diamanti, coltan (minera-le utilizzato nella telefoniacellulare e nelle componentiinformatiche), petrolio, le-gno pregiato, molto attratti-vo, dunque, agli occhi dell’occidente.Ed è proprio l’occidente che porta via senzarender conto a nessuno e senza lasciare troppebriciole sul posto. E proprio per questo che aMuhanga, nel Kivu c’è guerra e guerriglia, da

oltre 15 anni.Ho visto ancor altro: gli organismi, le Ong dicui tutti parlano, ma che si dovrebbero anchevedere sul terreno. Certo qualcosa fanno an-che. Ma fanno anche questo: le ho viste le mac-

chine di Medici senza fron-tiere, Save of the children, farbelle sfilate nelle strade prin-cipali senza però arrivare do-ve il loro passaggio potevaessere veramente fondamen-tale, perché qualcuno, comeper esempio la Monuc (Mis-sion Onu Congolaise), le a-veva classificate zone rosse.Ma non è proprio nelle zonerosse che dovrebbero anda-re? Muhanga è zona rossa,

insieme a Luofu, Bunyatenge e li difficilmen-te sono riuscita a vedere qualche aiuto concre-tizzarsi.Quei bei banchetti che si allestiscono nelle no-stre piazze, prendiamo Unicef ad esempio, se

tutto quel rumore che fanno si concretizza inun sacchetto di plastica e una “fetta” di quader-no di carta riciclata, io mi sento un po’confusa.Per non parlare delle organizzazioni che si oc-cupano di aiuti alimentari… Com’è che poiquegli aiuti umanitari li ho visti vendere neimercati?Ho visto ragazzini europei, con un bel manda-to pluriennale in queste organizzazioni nongovernative, spostarsi su macchine conforte-voli con tanto di autista ed interprete. Li ho vi-sti fare assolutamente nulla, ma hanno un buonstipendio e dopo tale esperienza, un curricu-lum invidiabile in grado di aprir loro qualun-que porta.E di tutto questo, cosa si legge sui nostri gior-nali? Cosa si vede nelle nostre televisioni?Assolutamente nulla!Troppo compromettente mettere in ballo certidiscorsi. Si toccherebbero argomentazionibollenti che è meglio mantenere nell’oblio.Ma come si può non vedere cosa succede nelmondo?

REPORTAGEQUELLO CHE SI SAMA NON SI DICEPER FAR TACERELA COSCIENZA

miaUna saluzzese nell’inferno del Congo

AFRICAdi GERMANA BORGHINO

In Congo mancano cose primarie… Mancanole strade: otto ore di jeep per percorrere 43 km!Un giorno intero per arrivare in foresta, facen-do attenzione a non viaggiare di notte per il pe-ricolo di imboscate.La terra è argillosa, il clima infligge pioggequotidiane che provocano grandi buche, tal-volta vere e proprie voragini. Ogni giorno unbuon gruppetto di persone con zappe e mortaisi portano sulla strada per cercare di tapparequeste buche, rigorosamente a mano.Un lavoro certosino, che va distrutto al primopassaggio di un camion che trasporta legnameillegalmente per l’Inghilterra. Ma costa troppopavimentare quella strada, 600 dollari a metro.E quel legname, che qui strapaghiamo, costaappena un dollaro ad asse.Con i soldi raccolti da padre Giovanni Piuma-ti nella sua ultima visita in Italia, circa 6 milaeuro, abbiamo comprato 18 tonnellate di roba:facendo un giro nel villaggio abbiamo vistoquali fossero le cose più importanti da compra-re: jambe (zappe), farina, olio, sale, sapone,petit pois, zucchero,coperte. Il problema dopol’acquisto era portare il rifornimento al campo,in missione. Contattiamo Handicap Interna-tional, una Ong che si occupa di fornire mezziper trasportare aiuti, abbiamo così conosciutoun francesino che ci ha aiutati. Ci ha dato uncamion in grado di trasportare 6 tonnellate. Ciha messo 7 giorni quel camion a percorrere 80km! Quattordici dei nostri sulla strada a spala-re fanghiglia e a spingere ogni volta che rima-neva impantanato.Lunedì notte, intorno all’una, la notizia che fi-nalmente sta arrivando sulla collina di Muhan-ga. Io e Gabri aspettiamo per dar loro un piattocaldo dopo una settimana di accampamenti.Ma il camion, a pochi metri dalla missione,

Germana Borghino, 27 anni, revelle-se, vive a Saluzzo, dove lavora comeimpiegata presso una compagnia diassicurazioni. Il suo primo viaggio inCongo è stato un regalo delle sorelleper i suoi 18 anni... «Visto l’effettosortito – osserva Germana - hanno poicominciato a regalarmi pigiami...»Da allora “soffre”di mal d’Africa.Una“patologia” che l’anno scorso l’haportata a trascorrere tre mesi in Con-go, a diretto contatto con le proble-matiche della parte più povera delPaese. «Ho affrontato il viaggio con

altri occhi, e con qualche anno in più - dice Germana - ed è stata in assoluto un’esperienza incredi-bile.Mi auguro che diventi un appuntamento annuale con i miei amici africani». Il reportage che hascritto per la “Gazzetta” fotografa la situazione così come le è apparsa, in piena libertà di opinione.Una testimonianza non condizionata,ma possibilmente condizionante per la migliore comprensio-ne delle dinamiche del “villaggio globale”, di cui tutti, compresi i saluzzesi, fanno parte.

GERMANA BORGHINO, UNA VOCE LIBERA NEL TERZO MONDO

MUHANGAChe fine fanno

gli aiuti umanitari?Dove sono e cosa fanno

i volontari degli entinon governativi?

E LA COLDIRETTI CUNEESESCENDE IN CAMPO PER DARE UNA MANOIn collaborazione con le suore Giuseppine di Cuneo, chenella Repubblica Democratica del Congo lavorano dal1951 con alcuni centri che ospitano ragazzi disabili in si-tuazioni disagiate, la Coldiretti provinciale ha deciso dipromuovere un progetto strutturato e iniziative di soste-gno per favorire lo sviluppo della locale imprenditoria a-gricola, in primis attraverso la raccolta fondi per la realiz-zazione di un pozzo. In un secondo momento, l’obiettivo sarà quello di attivare momenti didattico-formativo acarattere agricolo, all’interno della struttura messa a disposizione delle suore. Il gruppo diragazzi, individuato nell’ambito della comunità di Selembao, sarà seguito da un docente inloco, formato a distanza dal nostro paese. La coltivazione dell’orto e l’allevamento degli animali garantirà, in un primo tempo, la sus-sistenza degli studenti, in un secondo momento parte della produzione sarà commercializ-zata, al fine di autofinanziare l’acquisto, o per lo meno, l’affitto, del terreno, concretizzan-do pertanto il concetto del microcredito.Chi desiderasse sostenere la raccolta fondi “Sviluppo dell’agricoltura in Congo” può versa-re un’offerta presso i box di solidarietà presenti in tutti gli uffici zona Coldiretti.

La Il camion degli aiuti rovesciato a pochi metri dalla destinazione

Germana Borghino