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ANNO PASTORALE 2017-2018 Lettera del Vescovo Enrico DIOCESI di PARMA Una nuova tappa di evangelizzazione per la Chiesa di Parma “QUELLO CHE ABBIAMO UDITO… LO ANNUNCIAMO A VOI”

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Anno PAstorAle 2017-2018lettera del Vescovo enrico

diocesidi PArmA

Una nuova tappa di evangelizzazioneper la chiesa di Parma

“Quello che abbiamo udito… lo annunciamo a voi”

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Introduzione

Un testo base a quattro sviluppi

“Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato dai morti e noi ne sia-mo testimoni” (At 2,32): l’annuncio di Pietro è la nostra fede e la nostra missione. “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù” (EG 1): la Chiesa di Parma vuole seguire l’invito di Papa Francesco1 e compiere “una nuova tappa evange-lizzatrice” su strade sperimentate e vie nuove. Proseguendo sui passaggi dell’anno giubilare, sulle ri-flessioni confluite nell’Assemblea pastorale del 22 aprile 2017, sui contributi emersi nella Tre sere di Formazione Comune del giugno 2016 e 2017, tenendo conto anche degli apporti ricevuti durante la Visita Pastorale, intendo presentare alcune note. Su questa base – volutamente parziale – si innestano quattro “sviluppi”. Sono scelte già individuate, ma che si presentano ora con una dinamicità nuova. Essi sono parte integrante della lettera pastorale.Sono: • “La povertà a Parma”, terzo rapporto Caritas, che

sarà presentato il 28 settembre alle ore 21 presso il Centro Pastorale Diocesano “Anna Truffelli”;

• “in VIAggio – in cammino con i giovani sulle orme del discepolo amato”: sussidi e iniziative per i giovani verso il Sinodo; sarà presentato il 2 ottobre alle ore 21 presso il Centro Pastorale Diocesano “Anna Truffelli”;

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• “Il Per-corso di formazione per formatori pastorali”, sarà presentato in tutte le parrocchie domenica 8 otto-bre;

• “Amoris Laetitia per le famiglie, la Chiesa, la città”. Ricezione dell’Esortazione Apostolica per la Diocesi di Parma. Sarà presentata il 30 novembre alle ore 21 presso il Centro Pastorale Diocesano “Anna Truffelli”.

La Lettera pastorale costituisce così una base comu-ne, che non intende essere esaustiva, ma indicare la via dell’evangelizzazione e della missione come prioritarie per la nostra Chiesa, evidenziando alcuni ambiti partico-larmente urgenti. Lascio agli Uffici Pastorali di proporre gli adeguati approfondimenti nel loro ambito e anche in-tegrare con altri temi.

Discepoli missionari

1. Siamo dentro alle conquiste e alle contraddizioni dell’oggi, nelle vette del bene conquistate dal fermenta-re del Vangelo nella coscienza collettiva, come nei bara-tri inenarrabili di male che vanno oltre l’immaginazione. Viviamo la storia condividendo, patendo, rallegrandoci. Sappiamo di portare la Gioia del Vangelo, che ci è data. È la nostra vita e la speranza di tutti. Possiamo perder-la, nasconderla per paura. Smarriamo così il senso di noi, tradendo le attese della gente e avvilendo il Signore. L’esperienza ci insegna l’umiltà: siamo fragili vasi, la cui

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forza sta nel Tesoro che portano. Siamo soggetti, dentro di noi, alla tentazione ed anche patiamo la persecuzio-ne da chi chiude gli occhi alla luce di Cristo e non vuole che esca a rischiarare i mondi del sociale e del politico. Anche noi perseguitati come lo è stato Gesù, come tanti oggi nel mondo. Ma il Signore è la nostra forza, ci rende lievito che fa crescere (Mt 13,33) e sale (Mt 5,13) che purifica ed esalta il gusto di cose buone che altrimenti ri-schierebbero di marcire. Vuole che portiamo una Novità che l’essere umano non può darsi da solo. Solo se Gli stiamo dietro (Mt 16,23), se accettiamo di scendere con Lui nella terra (Gv 12,24), potremo essere fermento, e, se necessario, ribelli a una cultura di morte, che scarta i poveri e teme solo i potenti. Una cultura sen-za Dio. Sì, anche ribelli, ribelli per amore2.La somma dei problemi, delle povertà e delle fragilità della nostra Chiesa di Parma – che a volte tendiamo ad enfatizzare, altre volte a mascherare, o a vederle riflesse solo negli altri – non è mai tale da impedirle di andare – come Gesù – sulle strade ad annunciare il Vangelo. Anzi, solo lì c’è la possibilità di salvezza per la stessa Chiesa: se si chiude e si lamenta, muore e delude il suo Signore. Vogliamo riconoscerla come l’ha pensata il Signore e non guardarla con un campo visivo ristretto. Una comunità, cioè, fatta di doni diversi e non solo di preti, suore e frati, ma di ogni credente. Anche di chi si sente incerto e debo-le, cui diciamo: “Sforzati di uscire, di annunciare il Vange-lo, ne trarrai forza e gioia!”. Anche di chi è ferito e vacilla.

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Tutti, ovunque andiamo e con chiunque ci incontriamo, possiamo essere le mani, i piedi, la voce di Dio.È il mandato di ogni cristiano, perché tutti nel Battesi-mo siamo stati innestati in Cristo, l’Inviato del Padre. La Chiesa è così realmente presente in ogni luogo dove c’è un cristiano. Presenza ancor più attesa e desiderata per chi è anziano e a rischio di solitudine perniciosa, per chi assiste persone ammalate o è nel bisogno perché man-ca dei beni essenziali, come la casa, il lavoro, i mezzi per curarsi, per la scuola e per l’educazione dei figli e poter vivere con dignità. Se non sei missionario non sei disce-polo! Non è un di più o un qualcosa di eccezionale, è sem-plicemente essere cristiani (EG 24).Ci accompagna e ci insegna la strada Maria Vergine, la prima discepola missionaria. Maria e la Chiesa sono l’una nell’altra (LG 63-65) e come la madre del Signore, an-dando da Elisabetta, porta con sé il Figlio dell’Altissimo, così la Chiesa, andando fra la gente, porta con sé il suo Signore.

Lo stupore e l’annuncio

2. “…Quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita… noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in co-munione con noi“ (1Gv 1,1…3). L’esperienza dell’incontro con Dio, che si è fatto carne e ha piantato la sua tenda in

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mezzo all’umanità, prende tutti i sensi: l’ascolto che apre alla fede; la vista, privilegio di una beatitudine singolare (Gv 20,20); il cuore che contempla; perfino il toccare… Si crea uno stupore che esplode nell’annuncio, perché la gioia e la certezza della vita eterna, nella comunione con il Padre e il Figlio, è per tutti. Queste parole iniziali della Prima lettera di san Giovanni apostolo focalizzano la nostra attenzione, o meglio, il no-stro cuore sul mandato missionario della Chiesa che, già nelle prime righe, è ben sintetizzato. L’esperienza di Gio-vanni e degli apostoli è anche la nostra: dalla loro espe-rienza straordinaria del Cristo, dalla loro testimonianza, è nata anche la nostra esperienza. È vero, noi per un certo verso non potremmo parlare come loro, testimoni diret-ti di quell’evento straordinario che accadde nella storia dell’umanità, l’incarnazione del Figlio di Dio. Eppure, a chi crede è dato di entrare nella stessa esperienza: di udire le parole di Gesù, di vederlo e contemplarlo nei molteplici segni della sua presenza, di toccarlo nell’incontro con l’Eu-caristia e con i fratelli e sorelle, in particolare con i poveri… e di desiderare con tutto il cuore di condividere la grande notizia: “la vita si è manifestata” (1Gv 1,2), “il Verbo di Dio si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).

La meraviglia di una venuta

3. L’incarnazione non è solo movimento dall’alto al basso, ma anche piena assunzione dell’umanità e della storia da

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parte di Dio. È rivelazione, epifania del divino che si fa presente nella carne e nei gesti di Gesù, come pure, per sua grazia, nei nostri. “Il Verbo di Dio, ciò di cui tutto con-siste, si è fatto carne, perciò la bellezza si è fatta carne, la giustizia si è fatta carne, l’amore, la vita, la verità, si è fatta carne; l’essere non sta in un iperuranio platonico, si è fatto carne, è uno di noi”3. Paradosso – la gloria nella debolezza della carne – che genera stupore, sorpresa, ma provoca anche scandalo, ieri come oggi4.È un evento adombrato dai profeti (cfr. Is. 7,14; 9,5; 11,1ss), che fa da spartiacque nella storia dell’umanità, come nella nostra. San Giovanni ha visto il Dio fatto car-ne, l’ha toccato, ne ha fatto un’esperienza tale che nasce in lui il desiderio incontenibile di annunciarlo. E lo rac-conta, lo tramanda, con un obiettivo: la comunione dei credenti, fondata sulla comunione5 con il Padre e il Figlio; due direzioni che si inverano reciprocamente. E tutto ciò è gioia, gioia piena. Questa Parola è per noi oggi. Siamo invitati, personalmente e come comunità, a ritrovare lo stesso stupore, a rinnovare o scoprire l’incanto di un incontro che non può che essere esplosivo, invitante e contagioso. L’annuncio del Vangelo attrae e crea meraviglia in noi e in chi lo assapora tramite noi, e ci rinnova rinvigorendo la gioia e la conoscenza gu-stata del suo messaggio. Lo Spirito Santo in noi ci conduce a questo incontro sempre nuovo con Gesù e il suo Vangelo, ridà vita alla nostra fede stanca, trasforma il nostro torpore in fervore gioioso e alimenta la nostra carità.

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Per la via della luce e dell’amore

Una luce che rischiara

4. “Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che noi vi annunciamo: Dio è luce” (1Gv 1,5). “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,8) proclama Giovanni nel suo Vangelo. Anche oggi questa Luce ci raggiunge, diradando le tenebre, apren-doci orizzonti infiniti e mostrandoci la via della pienezza di vita. Abbiamo, però, la tragica libertà di chiudere gli occhi alla Luce e commettere così il radicale peccato dal quale derivano tutti gli altri. Ma non siamo mai abbando-nati perché “se riconosciamo i nostri peccati egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa” (1Gv 1,8). Luce data per noi e per tutti. Siamo come un prisma ri-frangente che investito dalla Luce la comunica. Così fece il Battista: “Venne un uomo mandato da Dio, il suo nome era Giovanni, venne come testimone per dare testimo-nianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui” (Gv 1,7). Fragili e attratti da tante mete senza sbocco, rischiamo di diventare opachi e non comunicare nulla o solo noi stessi. Non siamo noi luce, ma la luce è Cristo (LG 1). Alla Chie-sa è chiesto come di accendere una piccola torcia da un grande fuoco. E la luce da persona a persona passa – come nella veglia di Pasqua – e diventa lume ai passi

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dell’uomo (Sal 119,25), lampada per le case e riverbera la Chiesa stessa, come una città posta su un colle6.

Amore via della Luce

5. L’amore è la via della Luce che pervade la vita delle persone e delle comunità e si comunica nella lingua dell’a-more che tutti possono parlare e comprendere. “Amore” non è un termine evanescente, ma un “comandamento” chiaro e si identifica nel Signore. Un comandamento an-tico e nuovo. Secondo la tradizione7, San Giovanni lo ri-badì fino alla noia, rintracciando nell’amore l’essenza del messaggio del Signore. Anzi lo stesso Signore! “Se camminiamo nella luce siamo in comunione gli uni con gli altri e il sangue di Cristo ci purifica da ogni pec-cato” (1Gv 1,7). Volersi bene, stimarsi a vicenda, colla-borare, accogliersi, perdonarsi… nella comunità cristiana sono segno che si cammina nella luce. Rivelano un modo di vivere oggi particolarmente ricercato e atteso, in una società che soffre di un grande individualismo. Tanti si af-facciano alla Chiesa per cercare questo amore fraterno e fattivo e sono raggiunti dalla Luce se lo trovano, mentre se ne allontanano nel buio, delusi e arrabbiati, se non lo riscontrano; allora vagano alla sua ricerca da altre parti o, disillusi, non cercano più niente. Ma del loro vuoto vaga-re il Signore chiederà conto a noi8.

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A tu per tu

6. Solo se parla il linguaggio dell’amore, della misericor-dia, la Chiesa di Parma si fa comprendere e annuncia. E si fa capire ancor meglio se riesce a parlare a tu per tu dove la gente vive (EG 169). Essa testimonia così la Luce che “illumina ogni uomo”, Luce che diventa tangibile nell’amore che, in concreto, si manifesta nel vivere i “suoi comandamenti”. Se li viviamo significa che veramente co-nosciamo il Signore (1Gv 2,3), comportandoci come Lui si è comportato (1Gv 2,6).La Chiesa evangelizza, è missionaria, soltanto se vive questa relazione essenziale di luce – conoscenza – carità. È resa forte e duttile al punto che la sua rete (Gv 21,6) si allarga ad accogliere tutti i popoli del mondo e non si rompe, e la pesca diventa feconda e salutare per la siner-gia delle barche (Lc 5,1-11)9, che gettano ancora le reti, anche in direzioni nuove, sulla parola del Signore. Vivere i comandamenti, che trovano nel comandamento della carità la loro unione perfetta (1Gv 2,7-11), signifi-ca illuminare con la Luce di Cristo persone e situazioni che, beneficate, possono conoscerlo, o anche soltanto, iniziare a intuirne la Presenza nella loro vita. Fare espe-rienza dell’amore, imparare a viverlo, andare a “scuola di misericordia”10 – soprattutto per i giovani e per chi è in ricerca – è già camminare nella Luce, aprire gli occhi a quell’incontro che crea stupore per renderne partecipi gli uomini e le donne del nostro tempo, soprattutto

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se vivono in condizioni delicate, dolorose, o sono nel bisogno. Dove si aiuta e si educa

7. Questa è la logica che fonda e anima ogni realtà della nostra Chiesa, in particolare quelle che operano nell’e-ducazione e nell’assistenza: le Scuole cattoliche, gli Ora-tori, le Case di riposo e di recupero... e i loro gestori, cioè Parrocchie, Congregazioni Religiose, aggregazioni e, nella nostra diocesi, in specifico, il “Progetto Oratori”, l’Opera Diocesana S. Bernardo degli Uberti... La nascita di questi servizi è da ascriversi all’amore per le persone. È il “secondo comandamento che è simile al primo” (Mt 22,39). Amare il prossimo è espressione e via dell’annun-cio pieno del Vangelo che raggiunge la persona nella sua integrità. Il Vangelo è pertanto al centro di queste realtà che lo comunicano, innanzi tutto, nel farsi prossimo. Le forme sono molteplici, a seconda dei destinatari, ma l’an-nuncio resta lo stesso, e resta essenziale perché, vivendo la comunione con la Chiesa, sono chiamate, tramite ser-vizi diversi, ad offrire la “gioia piena” (1Gv 1,4). Questo avviene con lo stile evangelico di chi vi opera, unitamente alla parola palese e franca del Vangelo e con proposte adeguate all’indole della struttura. Proprio l’ispirazione cristiana e, in alcuni casi, l’appartenenza ecclesiale di queste opere, le apre a tutti, sullo stile del Signore che non fa differenza di persone.

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Con cuore e stile evangelico

8. Nell’animo di chi promuove e gestisce queste opere, come nella persona degli operatori, volontari o assunti, questa dinamica sarà sempre presente, almeno come tensione, e come tema essenziale degli itinerari formati-vi. È fondamentale mantenere vivo lo spirito del Vangelo – spirito di carità, fraternità, solidarietà, misericordia… – con una continua formazione umano-spirituale per tutti, anche per i responsabili di tali servizi. Tale spirito resterà il criterio di discernimento nelle situazioni difficili, nello sti-lare collaborazioni o convenzioni con enti pubblici, come nella decisione di esternalizzare dei servizi o nell’affidarsi a cooperative esterne. Così pure nella gestione del per-sonale. È sempre presente il rischio di un progressivo scadimento di un’opera ecclesiale in un generico servizio di assistenza o di animazione, facendone perdere le fina-lità e rendendo insipido il sale. Allora l’opera – come nella parabola evangelica (Mt 5,13) – non serve più. Vogliamo invece rilanciare, essere nuovi e creativi, anche rischiare vie mai percorse (EG 33). Non abbiamo, pertanto, falsi pudori ad esporre il segno del nostro credo, a promuo-vere, con la dovuta sapienza, proposte esplicite di fede, di preghiera, consapevoli che l’identità cristiana espone ad una responsabilità molto forte. Possiamo, purtroppo, diventare segni non credibili se il nostro agire non è coe- rente, mentre vogliamo essere un lume che la Luce del Signore tiene acceso.

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Con chi è nel bisogno

Carità a partire dai presbiteri

9. La carità è il primo Vangelo e tante sono le sue sfaccet-tature e sfumature e il Vangelo è sostanza e vigore della carità (ETC 10). La vita della Chiesa, in particolare della Nuova Parrocchia, diventa attrattiva solo se incarna e tie-ne uniti, nella reciprocità, il Vangelo e la carità. I presbite-ri con il Vescovo e le persone consacrate debbono esse-re i primi a crederci e a testimoniarlo. Un grande stimolo viene dai laici, dalle famiglie, spesso profeti silenziosi di una sofferta via caritatis. La fraternità e la concordia dei presbiteri, ancor più se sono una comunità religiosa, la stima tra le diverse vocazioni e il desiderio di unità, par-lano da soli del Signore. Così come l’umiltà, che mette i morsi all’ego smodato e apre alla sinergia sinodale. E, questo clima di concreta carità, tutti lo avvertono. Si tra-duce in tanti modi: nel parlare creando stima, nel tacere rispettando chi è assente, nel lavorare insieme rifiutando di “fare tutto da soli”. Uno stile da formare in chi chiede di diventare prete. Dev’essere condizione per iniziare il discernimento e criterio permanente di verifica verso l’Ordinazione, perché animi le relazioni e la pastorale, in particolare nel servizio verso i poveri.

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Chiesa casa aperta

10. La nostra Chiesa vuole essere casa aperta a chi è nel bisogno: uomini e donne, dai bambini agli anziani, fami-glie. Gente di Parma o venuta ad abitarvi, in tempi recenti o lontani, profughi, rifugiati (EG 198). A volte si ha l’im-pressione di un certo imbarazzo o che siano scomodi. Non sono stati al centro dei programmi elettorali – se si escludono i dibattiti polemici – o dei grandi progetti che si proponevano la rinascita della nostra città. Spesso le persone e le famiglie che sono nel bisogno restano sol-tanto destinatari di interventi sociali con le dichiarate poche risorse (EG 188). Invece hanno molto da dirci. Mi ha fatto impressione il commento di un anziano: “Forse da noi i poveri sono come il ‘rudo’ che si mette sotto un bel tappeto che, a volte, qualcuno alza per ricavarci qual-cosa”. Sono membra deboli, rese fragili, delle nostre co-munità, e pietre viventi dell’edificio che è la Chiesa (EG 198). La loro stessa presenza parla alla comunità di per-corsi difficili, relativizza una visione solo materiale dell’e-sistenza, invita ad una solidarietà possibile e creativa. I poveri debbono essere nel bilancio, anche risicato, delle persone, delle famiglie, delle comunità, dei giovani, e re-stare come criterio di scelta.

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Caritas

11. La comunità cristiana – parroci, Caritas, case religiosi, aggregazioni... – è sul fronte della povertà. All’offerta di aiuti è importante unire forme di progettualità (EG 199). La Caritas Parmense si mette al servizio per sostenere questo sforzo. Essa è espressione della Chiesa per l’ani-mazione della Carità, si pone come una diaconia di ascol-to, individua bisogni, gestisce anche servizi ormai asse-stati11 e nuovi. Ora è urgente l’opera di coordinamento con le Nuove parrocchie e le Caritas parrocchiali per accompagnarle, a seconda delle necessità, nei percorsi di prossimità. Si sviluppa così un’opera di coordinamen-to, di consulenza e di sostegno. Alla Caritas parmense, in particolare, ci si deve riferire per redigere accordi o convenzioni, creare sinergie significative tra le Nuove Parrocchie e l’ente pubblico. A fronte di emergenze nuove siamo, così, sollecitati a risposte nuove. Diverse Nuove Parrocchie accolgono fa-miglie disagiate in locali propri con affitti calmierati o sim-bolici o gratuitamente. Ci sono forme di solidarietà tra parrocchie ed enti ecclesiali che si sono rivelate molto efficaci. Ogni Nuova Parrocchia è chiamata a porsi – in co-scienza – la domanda su come stia rispondendo ai poveri, cosa abbia in atto tra le Opere di Misericordia, cosa fare di più nel prossimo anno pastorale. All’inizio dell’anno il Consiglio Pastorale della Nuova Parrocchia deve por-si questa domanda. È ormai tempo che chi si occupa di

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Carità nella Chiesa si presenti in modo coordinato, non solo per una maggiore efficacia e perspicacia, ma pro-prio per testimoniare la fraternità, rendere manifesta la comune ispirazione cristiana e tendere al medesimo fine. A tal fine è nata la “Consulta delle realtà caritative” alla quale aderiscono i soggetti caritativi che si riconoscono nella Chiesa locale come da statuto e da prassi. Visto il permanere dell’emergenza abitativa e la domanda di la-voro a Parma e provincia, lanciamo un appello accorato a persone, famiglie, imprenditori perché rendano disponi-bili alloggi, case, posti di lavoro. Si possono ideare insie-me soluzioni importanti, con la garanzia di una progettua-lità oculata e di un accompagnamento continuo.

Dove vive la gente

Evangelizzare la Cultura

12. Vivere la carità è dare forza all’altro, riconoscerlo sempre nel suo essere, anche se gravato da situazioni difficili e di necessità. Abbiamo bisogno di innestare il bene del Vangelo nel pensare, progettare, sperare la vita. “Uscire” significa proporre il Vangelo come capace di un messaggio rinnovatore che accolga il valore dell’u-mano in tutte le sue dimensioni. Anche denunziando i li-miti di certe sue realizzazioni, per rinnovare la speranza in mete che riaffermino il valore della persona, del cre-ato, del bene. È chiarire le ragioni della fede e trovarle

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conformi e conformanti al sentire profondo di uomini e donne. Di fatto, mi sembra che non siamo riusciti a “fare cultura” sulla vita, sulla persona umana, nella sua visione armonica e integrale. Spesso anche noi ci siamo limitati a tratteggiare porzioni dell’esistere senza ricondurle a uni-tà, a volte con critiche, anche autolesionistiche e sterili. Abbiamo, sovente, provato a dialogare senza pensare a “chi siamo”, pertanto senza offrire quel contributo che parte da noi e dal Dono che gratuitamente abbiamo rice-vuto. Le ragioni della fede così rischiano di affievolirsi in noi e di non essere trasmesse, in forma garbata e chiara, all’interesse della ragione. Non serve la condanna come è inutile il buonismo. Il Signore ci manda a dare ragione della nostra fede, a proclamarla sui tetti di un areopago forse un po’ piatto, e che noi non dobbiamo appiattire ancora. Evangelizzare la cultura, per amore e con amore, è parte integrante dell’essere Chiesa missionaria. Un ap-pello ai cristiani che vivono questi mondi a non nascon-dersi, a offrire il loro apporto, a “uscire” per annunciare il Vangelo.

Passare tra la gente

13. La Chiesa segue il suo Signore che passa dove le persone vivono. Le trova indaffarate, nelle occupazioni quotidiane, nel lavoro o mentre si arano i solchi del dolo-re sul vivo della loro carne. Il Signore non schiva i cortei dei funerali (Lc 7,11-17), e l’eco della lotta per portare a

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casa il pane (Mt 20,1-16); le vite travagliate di povertà e dolore sono davanti ai suoi occhi, lo muovono a compas-sione e diventano occasioni per testimoniare e annuncia-re la misericordia sorprendente di Dio. Gesù è capace di cambiare programma per incrociare esistenze che han-no bisogno di ricominciare, di verità, di acqua pura (Gv 4,1ss). Si identifica con loro e chiede di essere amato in loro (Mt 25,31ss).La Chiesa è discepola fedele se cammina sulle vie dell’u-manità. Se va incontro, se sta accanto. Così comunica il Vangelo che, da nostra, deve diventare Luce per tutti. “Evangelizzare significa – in ogni situazione e con diffe-renti modalità – portare una notizia nuova, gratuita, oltre le attese dell’uomo, e al tempo stesso talmente umana che quando la incontri fa impallidire ciò che prima cer-cavi. Se anche per ipotesi, tutti i valori essenziali per la convivenza fossero già riconosciuti, e se anche le reli-gioni fossero in grado di soddisfare i bisogni religiosi dei loro fedeli, ebbene, anche allora il Vangelo conservereb-be intatta la sua sorprendente novità e la missione la sua urgenza. Infatti resterebbe sempre da dire l’essenziale, che cioè Gesù è il Cristo , il Figlio di Dio che si è fatto uomo per noi, condividendo in tutto la nostra condizio-ne”12. Con stupore, allora, si trova il nesso profondo tra l’annuncio e tutte le cose, perché Dio si è fatto Carne. Gli ambienti di vita sono le strade da percorrere.

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Per diventare Chiesa missionaria

Nuovo Assetto della Diocesi

14. La Chiesa di Parma ancora oggi segue il suo Signore. La fedeltà si misura sull’annuncio integrale, non parziale, e al contempo commisurato al cammino di ciascuno (EN 24), come su dinamiche nuove che lo Spirito Santo ispira. Fare quello che si è sempre fatto non è sinonimo di fedel-tà, come non lo è agire d’impulso, senza preghiera e da soli. Siamo nella ricerca sinodale di vie giuste, vecchie e nuove, per annunciare e vivere il Vangelo in tutto il nostro territorio. Dalla montagna disabitata che patisce gli esiti di un lungo abbandono e di una non sollecita reazione ai cambiamen-ti, alla Bassa con i suoi grossi centri e le piccole comunità, alla città dove è presente metà della popolazione della Diocesi, alla fascia che a sud e a nord la circonda e che tende in gran parte ad essa. Vogliamo seguire il Signore che indica percorsi nuovi, anche tortuosi, per l’annuncio del Vangelo. A questo si ispira il Nuovo Assetto della Diocesi (NAD), via discussa e condivisa e che ora va verso la program-mata verifica. La Visita pastorale mi ha testimoniato l’im-pegno della maggioranza delle parrocchie a recepirlo. Ormai non è più possibile né accettabile rimanere fermi, attuarlo senza coglierne lo spirito o, ancor peggio, non avervi posto mano. Avverto come, dove si è lavorato, si

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siano risolti, con le immancabili difficoltà, tanti problemi, che restano e si aggravano laddove ci si è attardati nella ricezione di questo progetto voluto dalla nostra Chiesa. Alla fine della Visita pastorale, ma già dobbiamo prepa-rarci, faremo la verifica di questo percorso che resta, nel-la sostanza, via necessaria per il futuro della nostra dio-cesi, come del resto vediamo, in forme similari, in tante parti d’Italia.

Parrocchie che collaborano

15. La scelta della diocesi è di non ritirarsi per concen-trare le forze nelle zone più popolose, pettinando le pecore rimaste dentro il recinto, ma di incontrare tutti, favorendo ogni comunità cristiana, in particolare valoriz-zando le parrocchie che in Diocesi sono ben trecento-otto. Ma in modo nuovo, cioè come “Nuove Parrocchie”, operando la scelta di collaborare insieme e, nello stesso tempo, rimanendo con una propria identità che può co-stituire una grande risorsa, perché apporta il contributo specifico di una lunga storia, anche se presta il fianco ad un comprensibile, quanto anacronistico, campanilismo. Potremmo definirlo anche non evangelico, quando sem-brano più importanti le proprie abitudini che Gesù il Si-gnore. Le parrocchie mantengono il proprio significato se restano vive e missionarie. Alla fine non preoccupa la loro realtà istituzionale, canonica, che potrà anche cam-biare, ma che siano comunità vive. Capaci, anche oggi, in

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un mondo che cambia, non solo di celebrare i sacramen-ti, ma di comunicare il Vangelo, fare catechesi, sostenere i giovani con esperienze appropriate, procedere con le famiglie, visitare gli ammalati, gli anziani, accompagnare verso l’incontro con il Signore, fare esperienze di carità. Non tutto può avvenire nelle singole parrocchie, ma ad ognuna di esse non può mancare lo zelo missionario per la comunicazione della fede. Succede che – per ragioni ambientali, logistiche, di tradizione – una parrocchia sia più pronta nel realizzare una di queste dimensioni, che si debbono ritrovare comunque nell’insieme della Nuova Parrocchia. Così pure si può scegliere di collocare un’at-tività pastorale in una parrocchia perché ritenuta più ido-nea e adeguata. Il “Piano Pastorale Comune della Nuova Parrocchia”13

deve annoverare – tra le altre indicazioni – proprio queste scelte. La riproposta della “Nuova Parrocchia” non signi-fica trascurare gli ambienti di vita. Al contrario, la Chie-sa, che vive tra le case, vuole essere laddove si lavora, si soffre, si educa, si gioca… Per questo è fondamentale l’impegno degli Uffici Pastorali e delle Aggregazioni laica-li nate al fine di evangelizzare gli ambienti di vita, grazie, in particolare, alla testimonianza dei laici che vi operano (AA 7). Costituisce una ricchezza della nostra Chiesa il rinnovato impegno per la pastorale d’ambiente e il suo coordinamento tramite la Consulta delle Aggregazioni Laicali (EG 102).

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Associazioni e movimenti

16. Associazioni e movimenti crescono sull’humus della Chiesa e portano frutti per il Vangelo. Procedono spes-so da una particolare angolatura dalla quale scorgere il Signore, per poi accettare che Lui si riveli nella pienezza possibile ad una creatura, e si rivolgono a destinatari spe-cifici (giovani, ammalati, sportivi…), che si sentono parti-colarmente attratti da quel particolare profilo. A volte corrispondono ad una condizione o fase particolare della vita o sono attrattivi per la fraternità che si prova al loro interno o per la loro specifica finalità. Sono come affluen-ti che, muovendo da regioni diverse, confluiscono in un unico alveo che porta – ricco delle acque di tutti - verso l’unica foce che è il Signore. È bello riscontrare stili e me-todi, linguaggi e leadership, sovente stimolanti per l’inte-ra Chiesa. Sono una grande opportunità di annuncio del Vangelo se al Signore fanno continuamente riferimento e respirano l’aria dello Spirito che anima l’intera comunità cristiana. Non deve accadere che le specificità prevari-chino sulla comunione ecclesiale e l’autoreferenzialità impedisca di ascoltare14, come pure che gli altri membri della Chiesa diventino sospettosi e giudicanti. La Chiesa ne ricaverebbe un volto deformato. Non più sacramento di Cristo (LG 1), ma un condominio, se non addirittura un pianerottolo sul quale litigare. Quando succede così, siamo tutti nel peccato, perché chiudiamo gli occhi alla Luce e impediamo ad altri di incontrarla. Non possiamo

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correre questo rischio. Non possiamo più andare avanti così!15 Siamo tutti chiamati al cambiamento per tessere le trame di una comunione nuova che annunci il Vangelo. Movimenti e associazioni, infatti, costituiscono vie privi-legiate capaci di raggiungere persone che altrimenti non incontrerebbero il Signore. Responsabili, animatori, capi e assistenti spirituali, insieme al Vescovo, giocano qui una forte responsabilità.

Con doni e ministeri nuovi

Vino nuovo in otri nuovi

17. Affinché le parrocchie e le Nuove Parrocchie corri-spondano al loro fine, è essenziale la comunione vera in Cristo, che genera la sinergia pastorale. Essa si realizza nel fattivo convergere dei doni dello Spirito – è l’identità del “Servizio Ministeriale” –, nel discernere le scelte e le azioni pastorali da fare insieme – è il fine del “Progetto pastorale comune della Nuova Parrocchia”16 – e nel for-mare persone laiche e consacrate per adempiere ai mi-nisteri essenziali alla missione della Chiesa: il Vangelo, la Carità, la Liturgia. Senza di loro la parrocchia muore. La via della comunione per la missione non è facile, ma chi la percorre ha visto superati tanti problemi e profilar-si spazi immensi per la Chiesa. È una via di autenticità più radicale che apre ad una rinnovata fecondità, ricca di tut-te le vocazioni che il Signore ancora manda alla Chiesa di

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Parma. “Ci mandi un parroco…”, mi sento dire o intimare. La mia risposta dolorante è: “qual è l’ultimo prete nato in questa parrocchia?” e “quanto seminaristi avete?”. Potrei aggiungere: “quanti matrimoni ci sono stati?”; “da quando non avete una suora, un frate nativo di qui?”. Il Signore ci chiama ad una maggiore radicalità nel vivere il Vangelo, ad andare al cuore dell’annuncio per attuarlo come fan-no spesso le persone semplici, segnate dalla sofferenza, che mostrano un’intelligenza acuta della fede e danno una grande testimonianza. Le mani tremanti che cercano la mia croce pettorale per baciarla, il lavoro lasciato per servire un ammalato, il servizio silenzioso ad una parroc-chia, sono punte di una vita di fede che ancora oggi so-stengono la nostra Chiesa. Quella è certamente feconda. Anche noi dobbiamo “uscire” e riconoscerle, e capire che queste persone, anche senza saperlo, da sempre sono “uscite” in missione.

Doni dello Spirito da riconoscere e condividere

18. Tutti i doni dello Spirito concorrono a fare missiona-ria la Chiesa. Dobbiamo riconoscere e valorizzare i doni vecchi e nuovi che lo Spirito Santo continua a effondere nella Chiesa. Sono spesso dati ai fedeli nella loro condi-zione laicale, dentro alla vita di tutti i giorni, o alle perso-ne consacrate, specificando e arricchendo i loro carismi, o creandone di nuovi. Sono pure i ministri istituiti e i dia-coni, che speriamo siano presto presenti in ogni Nuova

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Parrocchia. Certo è che tutti debbono essere per il bene comune ed è di inciampo, di scandalo all’annuncio, il non invocarli, il non riconoscerli senza creare, così, sinergie nuove e necessarie. Non si può più stare fuori a criticare o rimanere chiusi nelle proprie comunità soltanto presi dai propri problemi. Neanche bearsi perché si è trovato il gruppo o il presbitero che asseconda i propri bisogni spirituali, senza sporcarsi le mani nell’evangelizzazione, senza mettere a disposizione quanto si è ricevuto. Nello stesso tempo i presbiteri abbiano la corretta prudenza di favorire questo “andare” delle persone, a loro più vicine, sentendosi presbiteri di tutta la Chiesa e non solo della loro parrocchia, del loro movimento, del loro gruppo. Anch’essi sono chiamati ad “uscire”, quando il discerni-mento del Vescovo li invia e il Signore indica loro nuove comunità da servire. Anche quando il servizio diventa offerta e preghiera ricostruendo, nelle fasi della vecchia-ia, legami di prossimità e convivenza con altri sacerdoti anziani. Allora la testimonianza diventa luminosa, per-ché segna la strada verso l’Incontro decisivo con l’Unico Grande Sacerdote che li ha voluti da sempre preti.

Supporti pastorali

19. Ci sono realtà che aiutano e convergono per rendere Missionaria la nostra Chiesa. Tra queste indico la Curia, il Centro Diocesano Pastorale “Anna Truffelli”, il percorso per formare i formatori. Un impegno che non può essere

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più procrastinato è la riforma della Curia, per renderla più adeguata al passaggio che la nostra Diocesi ora af-fronta. È chiesta una conversione pastorale per mettersi in ascolto delle esigenze, ma anche di quanto fermenta nel popolo di Dio, per farne una lettura umile e intelligen-te e per sostenere l’impegno evangelizzante della Chiesa, corrispondendo a domande inedite e traguardando oltre i bisogni immediati. È necessario superare una stretta di-stinzione di settori e operare insieme in ambiti più ampi, parlandosi, confrontandosi. Non solo per evitare disper-sione di forze e doppioni, ma per testimoniare, nel modo e nella sostanza, la comunione per la missione. Anche qui la collaborazione, che sembra l’anello più debole, deve diventare il più forte!17

Non può mancare un’organizzazione più snella e una co-municazione chiara, sia interna che esterna. Il Sito Dio-cesano e “Vita Nuova” assolvono questo compito se trovano una diffusione maggiore. Anche il settore tecni-co-amministrativo della Curia necessita di una similare conversione, cercando – in forma sussidiaria – di venire incontro alle esigenze delle Nuove Parrocchie, facendo anche supplenza, ma ancor più favorendo la crescita dei Consigli degli Affari Economici e sostenendo la retta con-duzione dei beni della Chiesa. Ma su tutto sia preminen-te la carità comprensiva ed operosa, che rifiuta il lamento e le chiacchiere e, serenamente, come può, si fa carico delle esigenze degli altri18. Il Centro Pastorale Diocesano “Anna Truffelli” si pone in tale prospettiva volendo essere

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una comunità permanente di formazione, oltre che luogo fruibile per gli incontri e per reperire materiali19.

Formare i Formatori

20. Annunciare e donare il Signore: è la missione di tutti i battezzati, laici, persone consacrate, preti, diaconi, ve-scovo. Ognuno con il suo dono, al suo posto, insieme alla sua gente. Su questa base comune, nata dal Battesimo, si innestano ministeri nuovi, essi stessi essenziali alla mis-sione della Chiesa. Per tener viva una comunità cristiana, aperta una parrocchia, tanti sono i servizi che vanno of-ferti nella catechesi, nella liturgia, nella carità e per l’an-nuncio del Vangelo verso tutti e verso destinatari speci-fici, come i giovani e le famiglie e le persone che soffrono o che sono nel bisogno. Penso ancora alla Visita Pastora-le e prendo l’esempio dalla nostra splendida montagna. Una chiesa ben tenuta – sono commosso quando vi entro e dico grazie di cuore – è espressione di fede, è segno identitario per comunità che vanno riducendosi. Questa è una base necessaria, ma non sufficiente, per essere missionari, anche se l’abnegazione di un parroco assicura la celebrazione eucaristica. Ci vuole – in primis nelle case – l’annuncio del Vangelo, la cura dei giovani e delle fami-glie, l’impianto di alcuni organismi che facciano crescere la comunione e la pastorale. Per questo è fondamenta-le continuare e ravvivare – sollecitati dalle esigenze dei tempi nuovi – la sinergia del parroco, con persone diver-

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se che si formino per assicurare la vita e la vitalità della Nuova Parrocchia. Vale per tutta la diocesi: dal Po al cri-nale dei monti. Saranno loro, in futuro, come riferimenti della comunità cristiana o di un ambito della pastorale, a sostenere la trasmissione della fede. Una formazione che abbia una comune base biblico-teologica, per poi specificarsi nei vari ambiti pastorali. Questo è l’impegno che ci prendiamo quest’anno: iniziare il “Per-corso di for-mazione per Formatori Pastorali” da tempo richiesto. È una delle scelte sulle quali scommettiamo e che diven-terà sempre più necessaria nella nostra Chiesa. Non mi dilungo su questo e rimando allo sviluppo apposito. Il “Per-corso di formazione per formatori Pastorali” si con-figura quasi come un “seminario”. Non sostituisce la for-mazione che è propria di ogni cristiano e che avviene in famiglia e in parrocchia, ma, rafforzandola, l’arricchisce di una specifica formazione pastorale.

Il Seminario Diocesano

21. La formazione, che in modi diversificati è rivolta a tut-ti, è un impegno fondamentale della Chiesa verso chi è chiamato al Presbiterato. È l’opera del Seminario Dioce-sano che si rinnova, innestando su una lunga tradizione, i dettami voluti da Papa Francesco20. Esso ora si artico-la come una comunità a più stadi. Accoglie persone che hanno un sincero desiderio di mettersi a disposizione del Signore e della Chiesa di Parma per verificare la vocazio-

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ne al Sacerdozio. È un’accoglienza larga che li pone nel primo stadio della Propedeutica al Seminario che può durare uno o due anni o, addirittura, in una fase prece-dente alla Propedeutica stessa. Poi c’è il percorso semi-naristico vero e proprio di sei anni con la vita comune, gli studi di teologia, ancora presso lo Studio Teologico sito a Reggio Emilia, le esperienze pastorali. Nel Seminario, pertanto, sussistono comunità diverse, anche dislocate in punti differenti dello stabile, che hanno percorsi di-versificati, momenti di vita comuni e differenziati21. Non fa problema la provenienza o la fase della vita in un per-corso così articolato, spaventerebbe l’indisponibilità e la rigidità a non mettersi in discussione che impedirebbero di iniziare il discernimento. Così come spaventerebbe la non conoscenza e la non simpatia verso il nostro Semina-rio da parte del presbiterio e della diocesi. Ma questo è un atteggiamento che non esiste nel cuore di molti, che sono invece preoccupati per i presbiteri e amano il Se-minario, anche sovvenendo alle sue necessità. Nel Semi-nario, accanto ai presbiteri, rendono un prezioso servizio persone esperte, operatori e una comunità di suore. A tutti: grazie! Stimiamo il nostro Seminario, con il suo nuo-vo progetto, approfittiamo delle iniziative pastorali che propone, e guardiamo con simpatia i nostri Propedeuti e Seminaristi.

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Facendo passi insieme con cuore aperto

Noi tutti siamo la Chiesa di Parma

22. Nelle Nuove Parrocchie vivono cattolici venuti a Parma da lontano. Se ne segnalano da centotrentaquat-tro paesi. Sono con noi la Chiesa di Parma22. Dobbiamo offrire l’opportunità di sentirsi a casa nell’esprimere la fede, attraverso forme loro proprie come la celebrazio-ne in lingue e il ritrovarsi insieme, ma anche favorire la loro partecipazione alle celebrazioni delle parrocchie e la possibilità di dare il proprio contributo negli organismi ecclesiali, nelle associazioni e nelle iniziative giovanili. Ci sono esperienze molto belle, come anche un tempo perduto da riguadagnare. Dobbiamo maturare una sen-sibilità ecclesiale nuova. Non possiamo più concepire la Chiesa senza di loro. Insieme pensiamo forme nuove di coinvolgimento. Ad esempio, vorrei tanto vedere i gio-vani di altri Paesi ai Martedì del Vescovo, coinvolti nella preparazione e attivi nell’attuazione. È un obiettivo che ci prendiamo nell’anno che va verso il Sinodo dei Giovani.

Ecumenismo

23. Diversi sono i membri di altre confessioni cristiane e con loro vogliamo continuare il fecondo dialogo ecume-nico che da tempo caratterizza la nostra Chiesa23. È bello ritrovarsi nella comunione dell’unico Battesimo, nell’e-

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sprimere la fede in Dio Uno e Trino e nel cercare modi nuovi di chiarificazione e di dialogo. Debbono definitiva-mente cadere astiosità e durezze, come anche accuse anacronistiche. La via della preghiera e della carità, che tende all’unico Signore, porta all’unità insieme alla stima reciproca, sia pur riconoscendo che ancora permangono diversità che, dal versante dogmatico, sembrano spostar-si su quello esistenziale e morale. Ma è sempre più quan-to unisce che quanto può dividere! Un comune impegno è urgente verso l’insorgere delle sette che rischiano di portare molte sorelle e fratelli su espressioni parziali se non, addirittura, devianti dalla fede nell’unico Signore.

Altre religioni

24. Nella nostra città e nel nostro territorio ci sono per-sone che professano altre religioni. Noi diciamo loro la nostra gioia di essere discepoli del Signore Gesù e pro-prio per questo contenti di un dialogo interreligioso che, sul comune riconoscimento della natura religiosa della persona umana, esalta la dignità dell’uomo e della don-na creature dell’Unico Dio. Dignità sostenuta, in primis, dall’aiuto che vede la Chiesa cattolica impegnata – tra-mite la Caritas e non solo – verso tante sorelle e fratelli di altre religioni. Vogliamo lavorare insieme per la libertà religiosa in tutti i Paesi del mondo e trovare le forme giu-ste perché ogni persona possa esprimere e celebrare la propria fede.

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Lo slancio missionario ad gentes

25. Lo Spirito Santo ha voluto arricchire la nostra Chie-sa della santità di uomini e donne che le hanno dato un forte slancio missionario ad gentes, cioè verso tutti i po-poli. Parma, negli anni dopo il Concilio Vaticano I, ha vi-sto camminare per le sue strade santi e beati e tutta la comunità ha goduto delle loro intuizioni e opere. Forte è stato lo spirito missionario che li ha animati. Pensiamo per tutti a San Guido Maria Conforti. Anche dalla Dioce-si, dal nostro stesso Seminario, sono partiti – pure recen-temente – missionari e missionarie, spesso membri delle Congregazioni religiose nate a Parma. La nostra Chiesa si è impegnata negli anni successivi al Concilio Vaticano II, al pari di altre diocesi, nello scambio con Chiese sorelle, in particolare del Brasile, dove abbiamo ancora un pre-sbitero e due fedeli laici, e alcuni giovani volontari. Come altri laici sono in diverse zone del mondo (Africa, Ame-rica del Sud). In seguito sono sorte altre ulteriori espe-rienze missionarie ed iniziative di sostegno rivolte in par-ticolare all’infanzia. Alcune Nuove Parrocchie tengono rapporti continuativi con le Missioni. Siamo richiesti di un passaggio come Chiesa. Esperienze belle, feconde che necessitano di lievitare e di maturare un maggior senso di Chiesa missionaria, meta che non si raggiungerà, se restano a livello di gruppo o lasciate all’intuito di una per-sona. Domandiamoci se il Signore non chieda alla nostra Chiesa una nuova coscienza e un nuovo slancio verso chi

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non lo conosce e verso le giovani Chiese in altri Paesi. Interroghiamoci per conoscere la sua volontà. Non pos-siamo terminare queste note senza ricordare l’apporto dei presbiteri fidei donum alla nostra Chiesa: ascoltiamo maggiormente le loro sensibilità ed esperienze, come loro fanno tesoro della nostra storia. E ricordiamo il caris-simo Daniele Ghillani, giovane volontario in servizio civile internazionale in Brasile, dove ha incontrato una tragica morte.

“Usciamo” nel Nome del Signore

Annunciare Colui che di Sé ci nutre…

26. “Ma se il sale perdesse il sapore…”: non possiamo diventare insipidi. Il rischio c’è e per primo lo patisce il Vescovo, che vuole stare in basso per servire, e stende la sua persona come uno zerbino, sul quale si può scuote-re e togliere quel sale che ha perso sapore e che è stato buttato per colmare le buche delle vie sconnesse. Prego perché il sapore e la luce di Cristo siano portate da ogni cristiana, da ogni cristiano. Penso con simpatia alle sedu-te della politica, dell’amministrazione e dei luoghi di cul-tura, come alle fabbriche e al lavoro. Alle case e ai luoghi di cura… Un laico insipido non dice niente, un consacra-to senza sapore dà scandalo. Vescovo compreso! Allora “avanti”24, Chiesa di Parma. Fermiamoci di più davanti al Signore, alla sua Parola, all’Eucaristia, così Quello che ci

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ha toccato lo annunceremo. Dal tabernacolo prendere-mo il catino della diaconia e il piviale sarà anche il grem-biule dell’impegno. Sogno il silenzio delle Chiese abitato da persone che pregano, celebrazioni che parlino del Si-gnore e che inquietino finché non si annunci Colui che, di Sé, ci ha nutrito. “Usciamo” in Nomine Domini, nel Nome del Signore.

Angelus

27. Preghiamo l’Angelus. “Il Verbo di Dio si è fatto Carne e abitò in noi”. Non lo possiamo tacere! (At 4,20)

AngelusL’Angelo del Signore portò l’annunzio a Maria. Ed ella concepì per opera dello Spirito Santo. Ave Maria...Eccomi, sono la serva del Signore. Si compia in me la tua parola. Ave Maria...E il Verbo si fece carne. E venne ad abitare in mezzo a noi. Ave Maria...Prega per noi, santa Madre di Dio. Perché siamo resi degni delle promesse di Cristo.Preghiamo.Infondi nel nostro spirito la Tua grazia, o Padre; Tu, che

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nell’annunzio dell’angelo ci hai rivelato l’incarnazione del Tuo Figlio, per la Sua passione e la Sua croce guidaci alla gloria della risurrezione. Per Cristo nostro Signore.Amen.

Parma 23 settembre 2017Celebrazione per la Dedicazione della Cattedrale

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1 PAPA FRANCESCO, Discorso al Convegno Eccliesiame di Firenze, Firenze, 10 novembre 2015.

2 Il beato Teresio Olivelli è l’autore de “La preghiera del ribelle”, op. R.AGAZZO, D.AGAZZO, Il difensore dei deboli, Cinisello Balsamo 2016, pp. 131ss.

3 Don Gaetano Conti, citato in G. BIFFI, Memorie e digressioni di un italiano cardinale, Siena 2007, p. 97.

4 PAPA FRANCESCO, Meditazione mattutina nella cappella della Domus Sanctae Marthae, 1 giugno 2013.

5 In tanti modi Giovanni esprime la realtà della comunione: rimanere, dimorare, abitare… cfr. B.MAGGIONI, La prima lettera di Giovan-ni, Cittadella, Assisi 2011. Cfr. anche Y.SIMOENS, Le tre lettere di Giovanni, EDB, Bologna 2011.

6 La luce di Cristo riflette in noi per tutti. Nasce un mandato perso-nale e comunitario, ben espresso da Giovanni dal “noi”, dal verbo declinato alla prima personale plurale (ibidem).

7 Girolamo, Commento alla lettera ai Galati, III, 6, 10, PL 26, c. 433. “Il beato Giovanni Evangelista, dimorando in Efeso fino alla più tarda vecchiaia, e non potendo essere condotto in chiesa se non tra le brac-cia dei discepoli, né potendo più fare lunghi discorsi, in ogni adunanza non faceva che ripetere questo: Figlioli, amatevi scambievolmente. Alla fine i discepoli e i fratelli presenti, annoiati di sentire sempre la stessa cosa, gli dissero: Maestro, perché fai sempre la stessa racco-mandazione?. Allora egli diede questa risposta degna di Giovanni: Per-ché è il precetto del Signore; e se questo solo sarà osservato, basta”.

8 PAPA FRANCESCO, Omelia nella parrocchia di Casal Bernocchi, 21 maggio 2017.

9 Sulla tua parola, Lettera Pastorale del Vescovo Enrico 2012-2015, p. 5, 23.

10 La “Scuola di Misericordia” è anche il nome di un’iniziativa della Ca-ritas Diocesana insieme a numerose realtà caritative.

11 Tra i servizi della Caritas Parmense: mensa, dormitorio maschile e femminile, docce, distribuzione abiti, punto sanitario, ecc.

12 B.MAGGIONI, op. cit., p. 161.13 Prendi il largo, Chiesa di Parma, Lettera Pastorale, 4 dicembre

2014, Linee guida n. 3.14 Cfr. il Magistero di Papa Francesco su movimenti e associazioni in

w2.vatican.va.

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15 Omelia del Vescovo Enrico per il Giubileo delle associazioni e dei movimenti, 7 ottobre 2016.

16 Prendi il largo… Linee guida n. 1 e 3. 17 Omelia del Vescovo Enrico alla Curia, 5 aprile 2017.18 Anche il Consiglio Presbiterale e il nuovo Consiglio Pastorale Dio-

cesano sono chiamati ad un rinnovamento per meglio corrisponde-re alla nuova fase che sta passando la nostra Chiesa.

19 Cfr. Discorso del Vescovo Enrico, 14 maggio 2016.20 CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Ratio fundamentalis istitutio-

nis sacerdotalis, Roma 8 dicembre 2016. Per conoscere il nostro Seminario è necessario seguire l’Eco del Seminario pubblicato con Vita Nuova e anche a visitarlo di persona.

21 Omelia del Vescovo Enrico per la Giornata del Seminario 2017. “Oggi è anche il giorno del Seminario che ama la Parola, proprio perché è convocato dalla Parola: vi farò pescatori di uomini. Indica un futuro nel quale prepararsi ad essere preti, seguendo il Signo-re, nel rimarcare la risposta per divenire sempre più suoi discepoli (61ss. Ratio ’16). È il primo approccio alla vita presbiterale che vede giovani e adulti parmigiani e anche provenienti da altri paesi (24-26 Ratio 16), poi l’innestarsi – su questo – della preparazione più con-figurante alla vita presbiterale con gli studi teologici 8 (68ss. Ratio ’16), fino alla fase penultima che è l’esperienza pastorale- diaconale (Ratio ’16 74ss.) verso la quale si avviano Marco e Giacomo. Penul-tima, perché poi per tutti i preti e i vescovi si apre la formazione continua, (Ratio ’16-80) che è dovere dei presbiterio e diritto della comunità cristiana, perché un prete che non sta con gli altri preti per formarsi, per continuare a crescere a tutte le età, si isterilisce, diventa chiuso in se stesso e, ben che vada, non capace di collabo-razione e comunione. E questo non fa crescere la comunità. Viven-do questa formazione permanente il presbiterio e tutta la Chiesa colgono le novità presenti nel Seminario che è nato per aiutare a divenire discepoli del Signore e configurarsi al suo essere Pastore Buono, nella creatività e novità che i segni dei tempi richiedono”.

22 Omelia del Vescovo Enrico, 6 gennaio 2014.23 A Parma è attivo da tempo il Consiglio delle chiese. 24 Motto di don Onesto Costa a Primavera do Leste (Brasile), ancora

oggi ricordato.

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Finito di stampare a Parma, nel mese di settembre 2017.

Supplemento a Vita Nuova n. 31-2017 – Poste Italiane S.p.a.Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB PARMA.

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Ciò Che era fin da prinCipio, Ciò Che noi abbiamo udito, Ciò Che noi abbiamo veduto Con i nostri oCChi, Ciò Che noi abbiamo Contemplato e Ciò Che le nostre mani hanno toCCato, ossia il verbo della vita (poiChé la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di Ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, Che era presso il padre e si è resa visibile a noi), quello Che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anChe a voi, perChé anChe voi siate in Comunione Con noi. la nostra Comunione è Col padre e Col figlio suo gesù Cristo. sappiamo anChe Che il figlio di dio è venuto e Ci ha dato l’intelligenza per ConosCere il vero dio. e noi siamo nel vero dio e nel figlio suo gesù Cristo: egli è il vero dio e la vita eterna. figlioli, guardatevi dai falsi dei! (1 giovanni, 1-3; 5.20-21)