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RICORDO DI MICHELE SAGLIA (1938-1993) Eco dei Barnabiti 1/2018 40 L Angelica Paola Antonia Ne- gri, “madre maestra” della prima generazione paoli- na, che abbracciava religiosi, religio- se e laici, rincuorava quanti non rac- coglievano successi immediati nella loro azione apostolica, dicendo che alle volte si semina in un dato am- biente e se ne colgono i frutti in un altro… Mi sovviene questo pensiero ricordando un antico aspirante bar- nabita, che avrebbe compiuto que- st’anno l’ottantesimo di una vita stron- cata da un infarto 25 anni or sono: Michele Saglia. Originario di Piobesi d’Alba (CN), trascorse infatti medie e ginnasio nella nostra Casa Missiona- ria di Genova, segnalandosi come uno dei migliori sotto ogni profilo. Arrivato il giorno fatidico dell’ingres- so in Noviziato – siamo nell’autunno del 1954 –, Michele mancò all’ap- puntamento, lasciando non poco sor- preso lo sparuto gruppo dei “super- stiti”, che in ogni caso si sarebbe ul- teriormente assottigliato, così che da giungere soltanto in due agli ordini sacri: Antonio Gentili e Antonio Ros- si. Ma la storia successiva del nostro avrebbe dato ragione alla Negri… Ed è a questo titolo che ne vogliamo ri- cordare la figura, attingendo alla cor- rispondenza che intrattenne con l’an- tico compagno genovese. un insieme di sentimenti confusi e nostalgici Procediamo con ordine. Un anno e mezzo dall’inatteso commiato, Miche- le rompe il silenzio, con una lettera del 23/1/1956 ad Antonio Gentili, stu- dente a Lodi: «Sfogliando “Note inti- me” di Gennaio-Febbraio, la mia at- tenzione si è fermata particolarmente su un breve articolo contrassegnato dalla vostra firma… Un insieme di sen- timenti confusi e nostalgici mi ha assa- lito. Sono ritornato nel 1954 quando eravamo compagni di scuola, di gioco, di preghiera… Eravamo affiatati allora per un unico ideale… Poi è venuta la bufera finale, quella che mi ha sbarra- to il passo, che mi ha rigettato nel mondo. Furono giorni tremendi; poi a poco a poco la vita riprese con norma- lità e oggi, 23 gennaio 1956, sono uno dei tanti studenti di Ragioneria a Bra. Questo è lo scopo della mia vita, pur- troppo piccino ed egoista: farmi una posizione. Il sogno di bambino era molto più alto, più sublime. Diventare missionario… Bei tempi! Ora però non sono continuamente triste. Sono invece sempre sereno, perché mi sen- to il cuore e il pensiero puro. Attingo nella preghiera quell’aiuto che è indi- spensabile per il trionfo del bene. At- tendo ancora… un’altra chiamata. Se questo dovesse avvenire fra 12 anni, quando io sarò libero dalle mie obbli- gazioni verso i miei genitori, ritornere- mo a essere i compagni di vita, gli amici di un tempo». Michele Saglia era figlio secondoge- nito di una famiglia di Piobesi d’Alba. Fin da ragazzo si dimostrò profonda- mente praticante, non solo, ma anche fortemente motivato a concretizzare nel quotidiano gli insegnamenti della fede, divenendo l’animatore delle atti- vità giovanili di Azione cattolica. Rife- rendosi a quel grande modello di spi- ritualità e servizio fra i giovani che era stato Piergiorgio Frassati, lasciò un diario spirituale dove parla di un idea- le di vita tutta dedita all’apostolato, coniugando preghiera, azione e sacri- ficio. Nella stesura del diario annota di aver pensato al sacerdozio inteso come vita più perfetta, come impegno più diretto e incisivo, non solo, ma con la fantasia sognava pure terre di missione dove portare aiuto umanita- rio insieme alla diffusione del Vangelo. QUANDO SEMINAGIONE E RACCOLTO CONOSCONO TEMPI E LUOGHI DIVERSI L’esperienza religiosa e umana di Michele Saglia (1938-1993) Il profilo di un antico aspirante barnabita che pur nei complessi ruoli direttivi all’interno di una nota azienda italiana, ha vissuto una profonda esperienza religiosa e umana. Michele Saglia

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RICORDO DI MICHELE SAGLIA (1938-1993)

Eco dei Barnabiti 1/201840

L ’ Angelica Paola Antonia Ne-gri, “madre maestra” dellaprima generazione paoli-

na, che abbracciava religiosi, religio-se e laici, rincuorava quanti non rac-coglievano successi immediati nellaloro azione apostolica, dicendo chealle volte si semina in un dato am-biente e se ne colgono i frutti in unaltro… Mi sovviene questo pensieroricordando un antico aspirante bar-nabita, che avrebbe compiuto que-st’anno l’ottantesimo di una vita stron-cata da un infarto 25 anni or sono:Michele Saglia. Originario di Piobesid’Alba (CN), trascorse infatti medie eginnasio nella nostra Casa Missiona-ria di Genova, segnalandosi comeuno dei migliori sotto ogni profilo.Arrivato il giorno fatidico dell’ingres-so in Noviziato – siamo nell’autunnodel 1954 –, Michele mancò all’ap-puntamento, lasciando non poco sor-preso lo sparuto gruppo dei “super-stiti”, che in ogni caso si sarebbe ul-teriormente assottigliato, così che dagiungere soltanto in due agli ordinisacri: Antonio Gentili e Antonio Ros-si. Ma la storia successiva del nostroavrebbe dato ragione alla Negri… Edè a questo titolo che ne vogliamo ri-cordare la figura, attingendo alla cor-rispondenza che intrattenne con l’an-tico compagno genovese.

un insieme di sentimenti confusie nostalgici

Procediamo con ordine. Un anno emezzo dall’inatteso commiato, Miche-le rompe il silenzio, con una lettera

del 23/1/1956 ad Antonio Gentili, stu-dente a Lodi: «Sfogliando “Note inti-me” di Gennaio-Febbraio, la mia at-tenzione si è fermata particolarmentesu un breve articolo contrassegnatodalla vostra firma… Un insieme di sen-timenti confusi e nostalgici mi ha assa-lito. Sono ritornato nel 1954 quandoeravamo compagni di scuola, di gioco,di preghiera… Eravamo affiatati alloraper un unico ideale… Poi è venuta labufera finale, quella che mi ha sbarra-to il passo, che mi ha rigettato nel

mondo. Furono giorni tremendi; poi apoco a poco la vita riprese con norma-lità e oggi, 23 gennaio 1956, sono unodei tanti studenti di Ragioneria a Bra.Questo è lo scopo della mia vita, pur-troppo piccino ed egoista: farmi unaposizione. Il sogno di bambino eramolto più alto, più sublime. Diventaremissionario… Bei tempi! Ora perònon sono continuamente triste. Sonoinvece sempre sereno, perché mi sen-to il cuore e il pensiero puro. Attingonella preghiera quell’aiuto che è indi-spensabile per il trionfo del bene. At-tendo ancora… un’altra chiamata. Sequesto dovesse avvenire fra 12 anni,quando io sarò libero dalle mie obbli-gazioni verso i miei genitori, ritornere-mo a essere i compagni di vita, gliamici di un tempo».Michele Saglia era figlio secondoge-

nito di una famiglia di Piobesi d’Alba.Fin da ragazzo si dimostrò profonda-mente praticante, non solo, ma anchefortemente motivato a concretizzarenel quotidiano gli insegnamenti dellafede, divenendo l’animatore delle atti-vità giovanili di Azione cattolica. Rife-rendosi a quel grande modello di spi-ritualità e servizio fra i giovani che erastato Piergiorgio Frassati, lasciò undiario spirituale dove parla di un idea-le di vita tutta dedita all’apostolato,coniugando preghiera, azione e sacri-ficio. Nella stesura del diario annotadi aver pensato al sacerdozio intesocome vita più perfetta, come impegnopiù diretto e incisivo, non solo, macon la fantasia sognava pure terre dimissione dove portare aiuto umanita-rio insieme alla diffusione del Vangelo.

QUANDO SEMINAGIONEE RACCOLTO CONOSCONO TEMPI

E LUOGHI DIVERSIL’esperienza religiosa e umana di Michele Saglia

(1938-1993)Il profilo di un antico aspirante barnabita che pur nei complessi ruoli direttivi all’interno di unanota azienda italiana, ha vissuto una profonda esperienza religiosa e umana.

Michele Saglia

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In una successiva lettera, del15/9/1957, scrive: «Sono più di treanni ormai che non viviamo più lastessa vita di preghiera, di studio, digiuoco. In questi tre anni dopo qual-che tentennamento iniziale mi sonoreso conto che cosa sia il mondo eche cosa sappia dare; ho compresoche la vera gioia deriva dall’apostola-to attivo, dalla dedizione generosa al-le anime. Sono da qualche mese De-legato aspiranti nella mia parrocchiae mi entusiasmo ai problemi di Azio-ne cattolica, desideroso di contribui-re in qualche modo all’avvento delRegno di Dio».Nel frattempo Michele attende con

profitto ai suoi studi, rammaricando-si, come si è visto, che “farsi una po-sizione” sia divenuto lo scopo imme-diato della sua vita. Egli sottovalutavail fatto che ciascuno di noi, per pote-re essere utile agli altri, deve per pri-ma cosa, come già sosteneva Ippia diElide, bastare a se stesso, deve “farsiuna posizione”; quanto più questa èsolida tanto maggiormente si puògiovare agli altri, invece che essernedi peso. Diventare un buon ragionie-re e, domani, un alto dirigente, l’atti-vità di impiegato gli sembrava un tra-guardo meschino, anziché un tram-polino di lancio per meglio giovareal prossimo. La sua vicenda testimo-nia che tra carriera lavorativa e zelocristiano non c’è contrasto, come delresto riconosce egli stesso, quandoafferma che il suo programma gior-naliero comportava “preghiera, stu-dio, lavoro”.Con questo l’antico legame con i

barnabiti non si era spento. Scrive il15/1/1958: «Ho guardato con atten-zione, e cercato ansiosamente, di tro-vare la numerosa schiera di compagnie amici affezionati di Genova: benpochi continuano decisi e sereni lascalata alla grande vetta! Troppo po-chi! Purtroppo anch’io sono tra queipochi genovesi che hanno disertato…Vi assicuro però che, tolto il primoperiodo di sbandamento e di diso-rientamento, ho cercato di dare un si-gnificato e un valore alla mia vita.Ora lavoro con ardore ed entusiasmonell’Azione cattolica e sono deciso adarmi tutto a Gesù, tutto alla salvezzadelle anime. Sono stato nel passato, eforse anche adesso, troppo indolentenella donazione al Signore, ma possoancora rifarmi. … Circa il mio contri-buto al movimento d’Azione cattolica

cerco di renderlo il più integrale econvinto possibile. … In campi diver-si, sotto forma e con sistema diversi,lavoreremo per Gesù e saremo anco-ra uniti da un comune ideale, da unameta comune da raggiungere: la san-tità. Continueremo il nostro camminoaffratellati da un identico impulso in-teriore. Per questo preghiamo e soste-niamoci vicendevolmente. Io partico-larmente ho bisogno del vostro aiuto:il mondo, le passioni, i sensi sono tan-ti principi e situazioni di battaglia».

Il sogno di un tempo si sarebbe pe-rò ripresentato. Così ne scriveva il24/5/1959: «Ho ricevuto con tantagioia il vostro scritto che mi ha datola sensazione di esservi ancora com-pagno di ascesa verso la vetta del Sa-cerdozio… Terminata la lettura, sonoperò ritornato alla realtà: non piùcompagni per il Sacerdozio, ma perla santità sì! Proprio poco tempo faho chiesto al mio Direttore spiritualeun consiglio sul mio avvenire, sullamia vocazione, su un eventuale ritor-

RICORDO DI MICHELE SAGLIA (1938-1993)

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a Genova, nella Scuola apostolica, ai piedi del grande albero, con alcunicondiscepoli - Michele è il primo a destra

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no alla vita religiosa ed egli mi ha ri-sposto: “Avresti potuto essere Sacer-dote, ma ora sei nel mondo e devisantificarti in esso attraverso ad altreforme di Apostolato!” E io cerco diessere fedele a questo nuovo invitodel Signore, rispondendogli con ge-nerosità ed entusiasmo».

un’invidiabile carriera

Nel frattempo (1958) Michele si di-ploma in modo brillante come ragio-niere e, nel giro di poche settimane(cosa incredibile per i diplomati delgiorno d’oggi che trovano subito po-sto... nella statistica dei disoccupati),viene assunto presso la Ferrero di Al-ba, ben nota per la Nutella, di recenteomaggiata da un francobollo com-memorativo, addirittura! Si diceva chein prima media non si insegnava piùla declinazione svenevole, ancorchéprofumata rosa-rosae, ma la più com-prensibile e ghiotta Nutella-Nutellae,associando le declinazioni all’acquoli-na in bocca; ma il latino fu più dolce.A quell’epoca Michele, preso il di-

ploma, manifesta l’intenzione di conti-nuare gli studi iscrivendosi a Econo-mia e Commercio. La corrispondenzacon l’antico compagno si fa quindi piùrada, ma in ogni lettera compare sem-pre il grande affetto che lo lega ai vec-chi compagni e ai padri di Genova, inun commovente abbandono elegiaco.Finché, siamo nel 1965, scocca l’amo-re: «...Sto preparandomi per il matri-monio – scrive –. La data è lunedì 20settembre». Insieme alla novella spo-sa, Anna Maria Michiardi, la nuova fa-miglia si stabilisce a Corneliano, nonlontano da Piobesi d’Alba. In un’ulti-ma lettera datata 13/2/1966, Micheleinvia al suo vecchio corrispondente,divenuto sacerdote tre anni prima, al-cune fotografie del matrimonio; glichiede gli indirizzi dei vecchi compa-gni e dei vecchi padri genovesi e an-nuncia la felice prossima nascita dellaprimogenita: Maria Chiara. Da questofausto matrimonio nacquero successi-vamente Elisa e Agnese a coronamen-to di una vita dedita alla famiglia, allavoro, a Dio e al prossimo.«Ti scriverò di nuovo io e più a lun-

go…»; ma ciò non avvenne e la cor-rispondenza non ebbe più seguito.Ci si perse vicendevolmente di vista,entrambi impegnati nella propriamissione. I doveri famigliari e lavora-tivi, uniti alla sua instancabile attività

RICORDO DI MICHELE SAGLIA (1938-1993)

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«L’ordine stabilito da Dio»Michele Saglia (15.7.1938-6.11.1993) entrò undicenne nella Casa Mis-

sionaria dei Barnabiti (Genova) sorretto dall’ideale di «farsi buono e amaretanto Gesù». Il biografo che ne ha raccolto le memorie scrive: «In questoprogramma di vita interiore, coltivato e messo in pratica nei cinque anni delsuo tirocinio genovese (1949-1954), con l’aiuto di buone guide spirituali,riconosciamo le basi dell’uomo-Michele, del suo stile di vita». E noi aggiun-giamo: del suo ideale, espresso in quell’«ordine stabilito da Dio» che neisuoi scritti ricorre con il termine di “santità”, che è poi l’equivalente di unavita spirituale vissuta in profondità.Saglia ci ha lasciato un Diario dal settembre 1955, vale a dire un anno

esatto dopo il suo rientro in famiglia: aveva 17 anni, fino al giugno del1958, quando si diplomò come ragioniere. Il pensiero dell’antico idealenon lo aveva abbandonato. Scrive all’inizio del 1958: «A volte ripenso alSacerdozio, a una vita più perfetta, a un apostolato più fecondo e piùattivo… In questa indecisione di ideali da seguire (matrimonio-sacerdozio)mi rifugio in Gesù: a lui offro la mia giovinezza desideroso di vivere uni-camente per la santità. Da lui invoco aiuto e luce per intravedere chiara-mente la mia strada… per ora quindi devo farmi santo: al resto penserà ilSignore». «Vorrei progredire tanto nella santità», ribadisce (maggio 1957),e aggiunge la frase programmatica del prossimo “venerabile” Luigi Raineri(19.11.1895-24.11.1918), il chierico barnabita morto cent’anni fa in zonadi guerra, le cui spoglie sono custodite dal 4.11.1953 – Saglia fu tra coloroche le accolsero! – nella chiesa di Gesù Adolescente annessa alla CasaMissionaria: «O Signore, fammi santo, presto santo e grande santo». Allafine del 1957 Saglia annota: «Desidero fare della mia vita un camminoverso la santità». Passando all’anno successivo, quando avrebbe compiutovent’anni, scrive: «Cerco di aumentare in me la spiritualità e un piùspiccato desiderio e una più ferma decisione di santità». E ancora: «Tuttoquanto è intorno a me, la natura, le cose belle, Anna Maria stessa – la futurasposa – sono anch’esse creature di Dio e per questo devono servirmi allasantificazione». «Corollario alla santità» considerava la vita coniugale,l’apostolato e l’esercizio della professione. I mezzi di cui si serviva eranoquelli consueti: confessione settimanale, messa e comunione anche quo-tidiane, rosario quotidiano alle volte completo, meditazione (portavasempre con sé la Corona e l’Imitazione di Cristo), mezzi finalizzati alla«realizzazione di una vita cristiana viva e sincera». Aveva fatto suo il pro-gramma dell’Azione Cattolica: preghiera, azione e sacrificio.«In cerca di una fanciulla ideale», dal gennaio del 1956 «mise gli occhi»

su una sua coetanea di Bra, Anna Maria Micchiardi (sorella di mons.Pier Giorgio Micchiardi che da poco ha lasciato la diocesi di AcquiTerme), ragazza che sarebbe diventata sua sposa dieci anni dopo, nel1965, e alla quale indirizzò una serie di lettere alla fidanzata dal 1958al ’65. Scriveva di lei: «Sento che è l’ideale di ragazza più puro e altoche io possa pensare… il cui pensiero mi è di aiuto e di spinta versol’alto». Nei confronti della futura sposa – che considera «aiuto e con-forto nella scalata alla santità» – dichiara di essere «desideroso di felici-tà, di santità: due nomi diversi, ma tanto simili; direi quasi sinonimi».L’affetto vicendevole è considerato «il mezzo voluto dal Signore» per lareciproca santificazione e il fidanzamento il periodo in cui «spiritualiz-zare sempre di più» un rapporto che diventerà sacro. Interessantequanto le chiede, alla vigilia del matrimonio (22.6.1965), di «pensareseriamente: Tu non troverai in Michele quello che sogni e viceversa ioin te. Sarà una scoperta un po’ dolorosa quando verrà fatta, ma sappiamoche la realtà è questa. Prepariamoci, con sano e amorevole realismo,ad affrontare la vita a due: lo stesso entusiasmo di ora, per andare in-contro a una persona diversa da quella sognata. L’amore, comunque,che è solo dono, renderà bella ugualmente la vita, purché improntatasecondo l’ordine stabilito da Dio».

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religiosa, probabilmente non lascia-rono più a Michele il tempo per lacorrispondenza. Si può comunqueseguire la sua successiva vicenda la-vorativa. Nello stesso anno in cui siera diplomato ragioniere, come si èvisto, era stato assunto dalla ditta Fer-rero e dopo un breve tirocinio ebbela nomina a ispettore amministrativodelle Filiali con sede in Italia.Nel 1971 venne chiamato negli uf-

fici direzionali di Pino Torinese e, nel1977, lo troviamo dirigente del nuo-vo stabilimento di Quito in Ecuador:nel lontano e difficile Paese del SudAmerica. Michele Saglia portò laggiùanche la sua famiglia.Nel 1980, dopo appena tre anni,

fu chiamato a seguire i lavori di co-struzione dello stabilimento di Balva-no, in provincia di Potenza, di cuiassunse, poi, la direzione fino al tra-sferimento presso la sede centrale diAlba, quando purtroppo, improvvisa-mente, concluse la sua breve ma in-tensa vita terrena, stroncato come siè detto da un infarto.Morì a 55 anni, nell’ospedale di Vo-

ghera dove venne ricoverato d’urgen-za, nel ventottesimo anno del suo feli-ce matrimonio e quando la primogeni-ta aveva 27 anni e le altre due sorellepoco di meno, in una età comunqueche ha loro consentito la grande ven-tura di conoscere un uomo, un genito-re, un cristiano, così eccezionali.Dobbiamo a don Eugenio Fornasa-

ri la pubblicazione di un prezioso

volume biografico: La gioia di esserecristiano. Testimonianze a MicheleSaglia, Edizioni San Paolo, CiniselloB. MI 2001. L’autore si avvale deidiari tenuti da Michele, nonché dicontributi di colleghi e di amici. Ri-porta infine un lapidario pensiero diMichele, in cui ringrazia Dio per tremotivi: «Aver avuto la fede e sapereche Dio mi ama, avere una moglie ele figlie che ho, aver avuto un am-biente di lavoro fatto di amici per cuinon sono mai stato solo». Egli hatrafficato bene i talenti che la genero-sa natura gli ha elargito: certo, nel fa-tale momento dell’esame di una vita,non si sarà presentato a mani vuote.E la sua memoria rimane in benedi-zione per tutti coloro che lo hannoconosciuto, frequentato e amato.

Antonio e Giovanni Gentili

RICORDO DI MICHELE SAGLIA (1938-1993)

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Michele e Anna Maria nel giorno del matrimonio

in vacanza a Montaldo Torinese