quaderno - istituto.ingv.itistituto.ingv.it/images/collane-editoriali/quaderni-di-geofisica/... ·...

77

Transcript of quaderno - istituto.ingv.itistituto.ingv.it/images/collane-editoriali/quaderni-di-geofisica/... ·...

METEOROLOGIA. CLIMATOLOGIA.

CAMBIAMENTI DI CLIMA. STORIA DELLA METEOROLOGIA

NEL SEC. XX IN TRE SAGGI

Vittorio Cantù

già al Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare Italiana

3

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

Ringraziamenti

Il formarsi nella mia mente di questo tentativo di sintesi è dovuto in primo luogo al gen. prof.Ezio ROSINI, il quale nel 1964 mi incaricò di rispondere alle inchieste dell’Organizzazione meteoro-logica mondiale sulle lunghe serie di osservazioni meteorologiche, al dottor Eugenio DE ROSA, oggititolare della casa editrice Eclectica, il quale mi chiese numerosi contributi per la “EST” (Enciclopediadella Scienza e Tecnica “Mondadori”) e per la “EST biografica”, al prof. Pietro DOMINICI, che miaffidò tutta la parte meteorologica della IV appendice dell’Enciclopedia italiana “Treccani”.

L’indispensabile aiuto ed agevolazioni nelle ricerche mi sono venuti principalmente dallaBiblioteca (attualmente disgregata) del Servizio meteorologico dell’Aeronautica, dalla Bibliotecanazionale Vittorio Emanuele finché ebbe sede al Collegio Romano, sempre dalle bibliotechedell’Ufficio centrale di Ecologia agraria, dell’Osservatorio Ximeniano e Marucelliana di Firenze,“Panizzi” di Reggio Emilia e comunale di Montecatini Terme.

Quanto alle persone sento una particolare gratitudine per il m.llo Pierino NARDUCCI, per lasignora Alina SPENUSO RESCH, per il dottor Guido CARRARA e per il dottor Luigi IAFRATE, iquali mi hanno aiutato con piena comprensione del problema.

Al solito sono stato aiutato da altre istituzioni e persone, il cui nome è difficile ricordare nel casodi un’elaborazione quarantennale come la presente.

Vittorio Cantù

Indice

Invito alla Storia della Meteorologia 9

1. Riflessioni generali 9

2. Bibliografia tradizionale 102.1 Storie generali della meteorologia 102.2 Opere, trattati particolari, periodici e particolari settori 102.3 Opere utili soprattutto per la storia della Meteorologia in Italia 122.4 Scritti per anniversari e altre simili occasioni 12

3. Temi proposti agli Storici della Scienza 13

Parte I METEOROLOGIA

La Meteorologia fino al 1938 17

1. Significato del termine come si è storicamente determinato 17

2. La Meteorologia all’alba del secolo 17

3. Il principale filone di sviluppo: la scuola di Bergen 18

4. La Climatologia dinamica 19

5. Il problema dell’origine delle precipitazioni e la teoria dei germi di ghiaccio 19

6. Sviluppi teorici rilevanti 20

7. Teoria della diffusione 20

8. La radiosonda 21

9. La Meteorologia in Italia fino al 1938 21

La Meteorologia dopo il 1938 24

10. La rivoluzione apportata da C.G. ROSSBY 24

11. Le previsioni numeriche 24

12. La previsione oggettiva 25

13. Il radar in Meteorologia 25

14. La Micrometeorologia 26

15. La stimolazione delle precipitazioni e la lotta contro la grandine 26

16. L’Anno geofisico internazionale 26

17. I satelliti artificiali e la Meteorologia 26

18. La nuova posizione della meteorologia nel mondo scientifico e nella Società 27

5

Indice

19. La VMM e il GARP 27

20. Il Centro europeo di Previsione a media scadenza 28

21. Prospettive per il prossimo futuro 29

22. La Meteorologia in Italia dopo il 1938 29

Parte II CLIMATOLOGIA

1. I diversi modi di concepirla 35

2. I conseguimenti 392.1 Le prime opere moderne di Climatologia 392.2 La classificazione dei climi 392.3 La Climatologia dinamica 412.4 La Climatologia medica 432.5 La Microclimatologia 432.6 La Topoclimatologia 442.7 Il World Survey of Climatology 452.8 Conclusioni e prospettive 45

3. Gli studi climatologici in Italia 463.1 Prima dell’Unità 463.2 Le iniziative dell’Italia unitaria 463.3 Clima d’Italia in generale 473.4 Altre attività ed iniziative 47

Parte III CAMBIAMENTI DI CLIMA

1. Introduzione 51

2. Storia degli studi sui cambiamenti climatici 542.1 I prodromi 542.2 Europa centrale di cultura tedesca 552.2.1 La Climatologia storica 552.2.2 La Palinologia 57

2.3 Paesi nordici 572.3.1 L’effetto serra 572.3.2 Le varve 582.3.3 Palinologia 582.3.4 La Paleoglaciologia 58

2.4 Stati Uniti d’America 592.4.1 La dendrocronologia 592.4.2 Paleoglaciologia 60

2.5 Jugoslavia 612.6 Francia 622.7 Gran Bretagna 622.8 Sviluppi a carattere paneuropeo 632.9 I convegni più importanti 632.10 Il difficile momento attuale 642.11 Perplessità 65

6

Indice

2.12 Conclusione 65

3. Gli studi sui cambiamenti climatici in Italia 663.1 Precursori toscani 663.2 Prodromi in Lombardia 663.3 La scuola di SCHIAPARELLI, CELORIA e DE MARCHI 663.4 L’analisi periodale 703.5 Dendrocronologia 713.6 Palinologia 713.7 Attività del Servizio meteorologico dell’Aeronautica 713.8 L’affermarsi della Climatologia storica 723.9 Modellisti del Clima 723.10 Conclusioni e prospettive 72

7

Indice

Invito alla Storia della Meteorologia

1. Riflessioni generali

L’ambiente nel quale ho trascorso granparte della mia vita – un servizio meteorologico– nel complesso considerava la Storia dellaMeteorologia come passatempo accademico ocome ornamento di ricorrenze celebrative.Quest’opinione è del tutto accettabile fintanto-ché ci si riferisce al raccogliere notizie secondola mentalità dell’erudito nel senso più ristrettodel termine, insomma alla Cronistoria pura esemplice.

Lo è già meno quando la Storia dellaMeteorologia s’impegna a mettere in valore latradizione della comunità cui si appartiene. InItalia la Fisica generale non ha di questi proble-mi: le grandi scuole da GALILEO a FERMI,sono state valorizzate tempestivamente ecomunque sono grandi in misura eccezionale. Ilcaso della meteorologia è alquanto diverso. Lepoche figure che hanno veramente influito sullosviluppo di tale scienza – come FERDINANDOII de’ Medici, Angelo SECCHI e Luigi DEMARCHI – sono misconosciute ed i meteorolo-gi italiani non hanno la psicologia di chi si sentein obbligo di conservare il livello di una tradi-zione illustre.

Non lo è affatto quando la Storiografiadella Scienza attinge il suo pieno significato, èintesa cioè a chiarire i condizionamenti storicidell’operare contemporaneo. Allora le si puòattribuire una concreta utilità manifestantasi tral’altro nel mettere in luce gli indirizzi trascuratio abbandonati. Si spiegano così certe lacune ececità delle varie discipline come sono concre-tamente strutturate e si colgono spunti per defi-nire la metodologia più adatta a soddisfare lenuove esigenze che la società viene manifestan-do. Nel caso della Meteorologia, priva dicoscienza del proprio definirsi attraverso la sto-ria, fare della Storiografia è addirittura dovere.Questo ci pare il significato per chi è impegnatoin un’attività scientifica delle notissime affer-mazioni di B. CROCE che la storia è semprestoria contemporanea e la storia è sempre mossada un’esigenza pratica.

Ai miei occhi di Meteorologo pratico

appassionato alla Storia della propria disciplina,lo Storico della Scienza professionista, apparecome una personalità dotata della vocazione,delle conoscenze e dell’esperienza atte a spiega-re il passato di una scienza come un insieme dieventi che si sono influenzati l’un l’altro e amettere in luce la logica nascosta che essiseguono.

Lo storico della Scienza professionista hanaturalmente interessi più vasti e un punto divista più generale. In particolare è sempre ancheun Filosofo della Scienza e si interessa almenoall’epistemologia, intesa come criterio di scien-tificità, delle varie discipline. Poiché egli è piùfrequentemente di formazione umanistica, nellafase iniziale della storia di una disciplina – e taleritengo sia il caso della meteorologia – talvoltaequivoca nell’interpretare l’effettiva atmosferapsicologica degli ambienti che la praticano edanche il carattere di talune personalità1.

Ritengo di dover auspicare che gli Storicidella Scienza esaminino quanto i Meteorologihanno scritto sulla storia della loro disciplina.Ne emergeranno problemi propriamente storiciche i meteorologi non hanno saputo affrontare erisolvere, temi di Storia della Scienza compara-ta e relazioni tra quella disciplina e la societàegualmente non affrontati dalla gente delmestiere.

Nella speranza di propiziare i saggi ini-ziali per valutare fin a che punto valga la pena didedicare energia all’argomento, elenco qui diseguito le opere di Storia della Meteorologiacomunemente conosciute.

9

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

1 Quest'affermazione irrispettosa poggia su alcuni casi specifici che un esame condotto in comune potrebbe chiarire.

2. Bibliografia tradizionale

2.1 Storie generali della Meteorologia

2.1.1 N. SHAW, Meteorology in history,Cambridge, University Press, 1926; XII+339pp. Apprezziamo questo primo volume del Manualof Meteorology per la comprensione – ai nostriocchi perfetta – della realtà meteorologica in cuivisse il mondo classico.

2.1.2 K. SCHNEIDER-CARIUS, Wetterkunde.Wetterforschung. Geschichte ihrer Problemeund Erkentnisse in Dokumenten aus dreiJahrtausenden, Friburgo, Alber, 1955;XVI+423 pp. Più esauriente di 1.1, più ricco di bibliografia e dicitazioni testuali, è impostato molto logicamenteper settori; si arresta anch’esso al primo dopo-guerra.

2.1.3 A. H. KHRGIAN, Meteorology. A histori-cal survey, Gerusalemme, Israel Program forscientific Translations, 1970, IV+387 pp.,tradotto dalla II ed. (LeningradoGidrometeoizdat, 1959) degli Ocerki razviti-ja meteorologii (I ed. 1948).Particolarmente attento alle origini dellaMeteorologia moderna ed alle prime reti di misu-ra, nonché ai filoni perdenti (p. es. a R. FITZ-ROY) e ai precursori ( ha fatto conoscere a tuttoil mondo che L. DE MARCHI, poco dopo il1880, aveva esaminato sistematicamente le appli-cazioni in Meteorologia del concetto di vorticità).

2.1.4 F. AFFRONTI, Atmosfera e Meteorologia.Sommario storico scientifico. Dai miti delpassato alle prospettive del futuro, ModenaS.T.E.M., 1976; 320 pp. Ne esiste un’edizione per l’Ufficio Storicodell’Aeronautica militare, con altri sottotitoli(Ieri, oggi, domani. Evoluzione storico-tecnico-scientifica) e datata Roma 1976. Caratterizzata dall’interesse di tipo umanisticoper tutte le grandi avventure dello spirito, ha ilgrande pregio di far conoscere il quadro culturalenel quale si iscrivono i vari eventi di caratterespecificatamente meteorologico. L’opera è accu-ratissima e in gran parte di prima mano. Qualchecaso di contrasto con AA. prestigiosi mi ha indot-to ad eseguire riscontri sempre risoltisi a favoredell’AFFRONTI.

2.1.5 R. M. FRIEDMAN, Appropriating theweather, Cornell University Press, Ithaca,1989; XX+251 pp. La tesi fondamentale del FRIEDMAN, che V.

BJERKNES, constatata l’impossibilità di affer-marsi sul piano mondiale nella fisica di base,scelse di impadronirsi della Meteorologia perraggiungere altrimenti quello scopo e vi riuscì, cilascia alquanto perplessi. Il libro però segueminutamente lo sviluppo delle attività di V. B.fino al momento in cui abbandonò la Scuola diBergen ed è una miniera di particolari interessan-ti.Può sorprendere che collochi un’opera così parti-colare tra la storia generale della Meteorologia.Ma V. B. ha determinato il corso dellaMeteorologia per l’intero sec. XX e i documentiricercati con cura e tenacia dall’A. mettono inluce particolari interessantissimi, almeno per ilMeteorologo.

2.1.6 A. FIERRO, Histoire de la météorologie,Denoël, Paris, 1991, 314 pp.Forse l’unica delle opere menzionate organica etuttavia leggibile per un lettore generico.Contiene singole notizie utili allo storico dellaMeteorologia, ma non si può considerare una sto-ria della Meteorologia come scienza.

2.1.7 F. NEBEKER, Calculating the Weather.Meteorology in the 20th Century, AcademicPress, San Diego, 1995; VII+251 pp. Opera di uno studioso di storia dell’elettrotecnicae dell’elettronica, è ricco di riflessioni epistemo-logiche, anche se ai nostri occhi unilaterale per-ché vede tutto in funzione delle previsioni nume-riche. Inoltre ci sembra di aver colto qualcheimprecisione nel citare dati di fatto.

2.1.8 J. L. FLEMING, Historical essays onMeteorology. 1919-1995, Boston, AmericanMeteorological Society, 1996; XVIII+617pp.Contiene una ventina di eccellenti saggi su singo-li settori della meteorologia che hanno trionfatoed anche una rassegna di opere recenti interes-santi la Storia della Meteorologia.

2.2 Opere trattanti particolari periodi o par-ticolari settori della Meteorologia

2.2.1 H. HILDEBRAND-HILDEBRANDS-SON e L. TEISSERENC-DE-BORT, Lesbases de la Météorologie dynamique.Historique-État de nos connaissances, TomeI, Paris, Gauthier-Villars, 1907, ca 250 pp. Il libro – ingiustamente criticato perché non con-tiene neppure un’equazione – vuole essere unarassegna di fatti accertati su cui costruire unaMeteorologia dinamica, nella convinzione che

10

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

molte volte il progresso è sorto dal riconsiderarei medesimi fatti con una mentalità scientifica piùprogredita. La composizione tipografica del fron-tespizio tratta HILDEBRAND come cognome,però il connazionale T. BERGERON nella biblio-grafia di 2.3 scrive HILDEBRANDSSON, H.H.

2.2.2 B. NEIS, Fortschritte in der meteorologi-sche Forschung seit 1900, Francoforte,Akademische Verlagsgesellschaft, 1956;XVIII+238 pp. Dopo riflessioni sulle scienze fisiche e sulla posi-zione della Meteorologia nel loro ambito, esami-na con cura l’applicazione alla Meteorologia deiprogressi nei vari settori della Fisica. Forse puòfornire ancor oggi spunti per ricerche secondoindirizzi non sviluppati a fondo.È opera di un Fisico generico dedicatosi allaMeteorologia in età matura. Ne consegue che imeteorologi sentono il suo lavoro un po’ estraneoalla loro concreta esperienza.

2.2.3 T. BERGERON, Methods in scientificweather analysis and forecasting. An outlinein the history of ideas and hints at a pro-gram. In: B. BOLIN, The atmosphere andthe sea in motion. Scientific contributions tothe Rossby memorial volume, Nuova York,Rockefeller Institute Press, 1959, p. 440-474. Storia delle idee in meteorologia a partire dal1820 circa. Esamina i vari filoni di pensiero,segnalando quelli vincenti e quelli bloccati. Mettein rilievo l’importanza e la difficoltà del «contat-to tra teoria ed empiria», difficoltà ch’egli ebbe ildono di superare. La rapida affermazione dellaScuola di Bergen nei più svariati ambienti e nellacultura di tutti si deve alla sua capacità di tradur-ne i risultati in termini descrittivi sintetici.

2.2.4 H. G. CANNEGIETER, The history of theInternational Meteorological Organisation,1872-1951, «Annalen der Meteorologie.Neue Folge. Nr. 1», Offenbach a. M.,Deutsches Wetterdienst, 1963; 280 pp.Importante perché forse il maggior successo deimeteorologi sta proprio nell’aver realizzato pertempo una standardizzazione quasi perfetta eindiscussa.

2.2.5 W. E. K. MIDDLETON, The history of thebarometer, Baltimora, Johns Hopkins Press,1964; XX+480 pp.

2.2.6 Id. A history of the theories of rain,Londra, Oldbourne History of ScienceLibrary, 1965; VIII+ 223 pp. Distribuito daElsevier.

2.2.7 Id. A history of the thermometer and itsuse in meteorology, Baltimora, JohnsHopkins Press, 1966.

2.2.8 Id. Invention of the meteorological instru-ments, Baltimora, Johns Hopkins Press,1969; XIV+362 pp.

2.2.9 Id. The experimenters. A study of theAccademia del Cimento, Baltimora-Londra,Johns Hopkins Press, 1971. Crediamo che il MIDDLETON (nei riferimentibibliografici – anche nel vol. 3 degli Annali dellaStoria d’Italia Einaudi – spesso citato comeKNOWLES-MIDDLETON) in origine fosse unospecialista di strumenti meteorologici. Dopoessersi interessato alla storia del termometro,divenne essenzialmente uno storico della stru-mentazione meteorologica e da ultimo dell’am-biente scientifico fiorentino del Seicento.

2.2.10 [H. DANIEL] One hundred years ofinternational co-operation in meteorology,Ginevra, Organizzaz. Meteorol. Mondiale,1973; pp. 53+4 non num. Pubbl. WMO No.345.

2.2.11 H.H. FRISINGER, The history ofMeteorology to 1800, Nuova York, ScienceHistory Publication, 1977; 148 pp.; distribui-to dall’American meteorological Society.Opera informata ed accurata, sebbene di carattereespositivo. Per fare un esempio, accenna agliscritti meteorologici di G. CARDANO in manie-ra più precisa e più documentata di qualunqueopera precedente.

2.2.12 Gisela KUTZBACH, The thermal theoryof Cyclones. A history of meteorologicalthought in the nineteenth century, Boston,Am. met Soc., 1979; XIV+255 pp. Rappresenta un effettivo progresso nella cono-scenza del pensiero meteorologico ottocentesco.Illumina sufficientemente le relazioni tra i varistudiosi ed indirizzi e non trascura i filoni per-denti.

2.2.13 S. PALMIERI et al, Il mistero del tempoe del clima. La storia, lo sviluppo, il futuro,Napoli, CUEN, 2000, 214 pp. Altri AA.: F.AFFRONTI, L. IAFRATE, A. PAOLELLA,M. PAGLIARI, Anna Maria SIANI.Il capitolo del PALMIERI, Il ‘900: la simulazio-ne numerica della dinamica dell’atmosfera, è ilpiù attuale e quello che più si presta ad un’utiliz-zazione immediata. Gli altri contengono precisa-zioni e notizie inedite utili per studi monograficie una storia minuta della Meteorologia.

11

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

Il PALMIERI quando occupava posizioni adattenell’organizzazione meteorologica internazionaleriuscì con successo a promuovere un programmache consentì di creare nell’Università italiana ungruppetto di specialisti della ciclogenesi sotto-vento alle Alpi. Questo volume è uno sforzo perpromuovere una scuola italiana di Storia dellaMeteorologia.

2.3 Opere utili soprattutto per la storia dellaMeteorologia in Italia

2.3.1 F. DENZA, La meteorologia in Italia,«Studi in Italia», a. VI, v. I, p. 405-449;1883. Stampato anche a parte presso latipogr. Befani di Roma nello stesso 1883 erist. nel 1885.Meno organico e completo dei due lavori citati diseguito, contiene qualche notizia (p. es. che iprimi scritti di climatologia dell’Italia furonopubblicati dal danese J. SCHOUW) difficilmentereperibile altrove.

2.3.2 L. PALAZZO, Meteorologia e geodinami-ca, In: ACCAD. LINCEI, Cinquant’anni distoria italiana, Milano, Hoepli, 1941; 51 pp.

2.3.3 F. EREDIA, L’organizzazione del serviziodei presagi del tempo in Italia, “Rivistameteorico-agraria”, a. XXXV, n. 29, p. 1001-1048; 1914.Questo lavoro e il precedente si segnalano perorganicità e compiutezza.

2.3.4 G. CRESTANI, La meteorologia dai pri-mordi al secolo XVIII. La Meteorologia neisecoli XIX e XX, In: G. CRESTANI et al,L’atmosfera, Milano, F. Vallardi, 1939; p.33-58 e 59-82.Più generico dei due precedenti.

2.3.5 SERVIZIO METEOROLOGICO DEL-L’AERONAUTICA, Origini ed evoluzionedel Servizio meteorologico dell’Aeronautica,Vol. primo: Dalle origini al maggio 1940,“Riv. aeron.”, 1973, n. 4, p. 116-130; n. 5, p.37-53; n. 6, p. 93-120; n. 10/11, p. 163-199;1974, n. 1/2, p. 119-152, n. 3/4, p. 135-164;n, 7/8, p. 151-192; n. 9/10, p. 165-182; 1975,n. 1/2, p. 163-200; racc. in vol. nello stesso1975. Vol. secondo: Il secondo conflittomondiale, il dopo guerra, la ricostruzione,Roma, 1981, VIII+126 pp. AA.: F.AFFRONTI, D.MASTRONARDI, M.MONTALTO, G. PETTA, A. SERRA, I.VISCONTI. Opera ricchissima di notizie sul Servizio che l’ha

pubblicata.

2.4 Scritti per anniversari ed altre similioccasioni

2.4.1 SERVIÇO METEOROLÓGICO NACIO-NAL, Symposium on “the meteorologicalservices facing the progress in the field ofmeteorology. Present situation and prospectsfor the decade 1971-1980”, Lisbona, s.d.[1971 o 1972], 229 pp.Si segnalano per ricchezza di notizie sulla storiadella meteorologia i contributi di B. J. MASON(The evolution of meteorology as a science and atechnology) e di J. PINTO PEIXOTO (The placeof meteorology in the general panorama of scien-ce) e per sensibilità storica il contributo di L.DUFOUR (Quelques considérationns sur l’orga-nisation des services météorologiques tirée del’histoire de la météorologie).

2.4.2 D. P. Mc INTYRE, Meteorological chal-lenges. A history, Ottawa, InformationCanada, 1972; pp. 337+5 non num. Tutti i contributi hanno carattere storico, appaio-no condotti di prima mano e forniscono moltenotizie interessanti. L’ultimo e più breve (Windsof change di R.M. WHITE) pone con lucido rea-lismo i problemi connessi alla ricerca e alla poli-tica ambientali.

2.4.3 L. GARCÍA DE PEDRAZA e J. M.GIMÉNEZ DE LA CUADRA, Notas para laHistoria de la Meteorologia en España,Madrid, Ministerio de Transportes, Turismoy Comunicaciones, 1985; 144 pp.Narra un’esperienza simile all’italiana e oppostaa quella trattata nell’opera seguente.

2.4.4 J. F. DE LISLE. Sails to Satellites. Ahistory of meteorology in New Zealand,Wellington, New Zealand MeteorologicalService, 1986, [VIII]+186 pp. Descrive un’esperienza sensibilmente diversadalle europee, direttamente centrata sulle esigen-ze pratiche, molto attenta ai costi e ai rendimenti.

Sebbene io rimanga convinto che la primaredazione della storia di una disciplina debbaessere fatta da chi l’ha praticata, l’inserimentonel complesso della Storia della Scienza deveessere opera di specialisti di quest’ultima.Menzionerò quindi alcuni problemi che la miapreparazione e la mia capacità non sanno chiari-re.

3. Temi proposti agli Storici della Scienza

12

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

3.1 Ferdinando II de’ Medici creò una rete distazioni meteorologiche, mettendo l’accentosulle misure di temperatura. La «Rete medi-cea» funzionò per almeno sedici anni, madalle osservazioni non fu tratta alcuna con-clusione. A mio parere ciò dipende dal carat-tere molto prudente e insicuro del Granducae segna la differenza tra la sua iniziativadella rete meteorologica e l’Accademia delCimento, intrapresa del fratello, caratterizza-ta da un «eccesso di empirismo, tra goliardi-co e signorile»2. Ferdinando II ha dato, unavolta per tutte un’impostazione quantitativaalla Meteorologia, che non si è mai sviluppa-ta come scienza naturale, al punto che anco-ra oggi manca una caratterizzazione meteo-rologica del territorio.

3.2 Tra il 1860 e il 1880 i meteorologi si lascia-rono affascinare dal «metodo sinottico»,consistente nel riportare sulle carte i dati rile-vati su tutta la Terra al medesimo istante econ strumenti e procedure standardizzati.Probabilmente ciò fu la causa del divorziodalla Fisica di prima linea, che si può direnon sia stato completamente superato finchéle scoperte di E.N. LORENZ non diederoorigine allo sviluppo della Fisica non lineare.

3.3 L’Università di Padova continuò per moltotempo a presentare il corso di Meteorologiacome spiegazione e commento di Aristotele,ma di fatto sembra aver accettato rapidamen-te le nuove idee.

3.4 La scienza obiettivamente più vicina allaMeteorologia è l’Oceanografia, ma la primanel XVII sec. assunse un indirizzo quantita-tivo e la seconda persistette in un indirizzodescrittivo.

3.5 Diversi pionieri della Statistica si occuparo-no anche di Meteorologia, ma non pareabbiano applicato la prima alla seconda.

Ovviamente sono a disposizione degli eventualiinteressati per comunicare loro gli elementiche mi hanno indotto ad avanzare queste ipo-tesi.

13

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

2 F. DIAZ, Il Granducato di Toscana. I Medici, Torino, UTET, 1976, cfr. p. 453.

Parte I

METEOROLOGIA

La Meteorologia fino al 1938

1. Significato del termine come si è storica-mente determinato

In pratica la Meteorologia comprende ogniforma di studio dell’Atmosfera. Da decenni iFisici l’identificano con la Fisica dell’Atmosfera,ma non hanno mai contestato il diritto di chia-marsi Meteorologo a chi muove da una mentalitàgeografica; piuttosto i cultori di unaMeteorologia rigorosamente matematica hannosporadicamente designato se stessi comeAtmosferisti. La Meteorologia come disciplinaunitaria e come professione è nata alla metàdell’Ottocento dall’esigenza prognostica, che ladomina tuttora, non senza provocare qualchesquilibrio. Chi va oltre la fluido e termodinamicae le quote certamente influenzanti i fenomeni alsuolo rimane un po’ a parte; ciò vale più che altroper gli Ionosferisti, ma anche per gli studiosi diAeronomia e persino dell’Elettricità e dell’Otticaatmosferica. Di fatto si tende a designare comeMeteorologia le ricerche, anche molto astratte,finalizzate alla previsione del tempo, ma la defi-nizione della Meteorologia come studiodell’Atmosfera in generale non è mai stata messain discussione. Viceversa il concetto tradizionaledi Climatologia è stato oggetto di continui dibat-titi, segno che vi si nasconde qualcosa di insoddi-sfacente (Cfr. CLIMATOLOGIA 1).

Probabilmente si è concepita laClimatologia come una sorta di provincia auto-noma della Meteorologia perché ne costituiscel’unica parte che si sia sviluppata da concetti tra-dizionali e perché manca la piena coscienza chel’atmosfera si studia con mentalità diversa aseconda degli interessi dai quali si è mossi.Questa distinzione è stata posta con chiarezzasoltanto nel 1958, da E. T. STRINGER, il qualericonosce una Meteorologia matematica, una fisi-ca e una geografica.1 La prima è la Meteorologiadei modelli di calcolo cui si debbono i clamorosisuccessi degli ultimi decenni, la seconda affrontaparticolari fenomeni riproducendoli in laborato-rio o esaminandoli accuratamente in naturasecondo la concezione tradizionale della Fisica,la terza si sforza di fornire le nozioni meteorolo-giche desiderate dalla società per l’uso del terri-torio, supplendo alle carenze dei dati di misura

sistematici con brevi campagne strumentali o conl’osservazione diretta. Molti dei dibattiti suaccen-nati si possono interpretare come tentativi dimascherare la Meteorologia geografica daMeteorologia matematica.

Al concetto tradizionale di Climatologia -che negli scorsi decenni è andato perdendo disignificato fino al punto di far prevedere che iltermine sarebbe scomparso - se n’è oggi sostitui-to uno nuovo, che si potrebbe definire comescienza delle proprietà statistiche degli stati diequilibrio dell’atmosfera e delle condizioni delpassaggio dall’uno all’altro di essi. Sintomo diqueste vicende è il fatto che la commissione perla Climatologia dell’OMM negli anni sessanta apoco a poco perde il suo inizialmente grandissi-mo prestigio, nel 1971 si trasforma inCommissione per le applicazioni speciali dellaMeteorologia e della Climatologia e tra il 1982 eil 1984 ridiventa Commissione di Climatologia.

2. La Meteorologia all’alba del XX secolo

I principali conseguimenti dellaMeteorologia dell’Ottocento consistono nell’averrealizzato un coordinamento internazionaleincredibilmente avanzato e sentito e nell’averscoperto e sfruttato la relazione tra bassa pressio-ne e tempo cattivo. Questa scoperta aveva pro-dotto da una parte concetti fondamentali e fecon-di come quelli di “anticiclone” (F. GALTON1863)2 e di “centro di azione” (L. TEISSERENCDE BORT 1880-81) 3 e dall’altra il tentativo (chesi può considerare esaurito già con i Principidella previsione mediante carte del tempo di R.ABERCROMBY,4 del 1885, ma scomparirà dallamanualistica soltanto nel secondo dopoguerra) difar corrispondere determinate condizioni deltempo alle forme isobariche intermedie. La geo-metria delle isobare magnetizza almeno duegenerazioni di Meteorologi professionisti, inerti epoco critici.

In particolare è inevitabile domandarsicome mai nessuno avesse pensato a sfruttare lateoria della correlazione sviluppata organicamen-te (peraltro a scopi di Biometria ) a partire dal1886 dallo stesso GALTON e dal suo grande con-tinuatore K. PEARSON, il quale nel 1897 l’ave-va applicata a studiare le proprietà statistiche del-l’insieme delle misure di pressione eseguite indiverse stazioni. Si può forse ipotizzare una rilut-

17

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

1 Geographical Meteorology, “Weather”, v. XIII, n.11, p. 377-384, nov. 1958.2 A development of the Theory of Cyclones, “Proc. r. Soc. ”, v. 12, p. 385-386.3 Études sur les causes qui determinent la circulation de l’atmosphère. Sur les grands centres d’action de l’atmosphère. ASSOCIAT. FRANÇ. AVANCEM. SCI.

Congrès de Reíms e d’Alger. Parigi, 1880 e 1881.4 Principles of forecating by means of weather-chartes. Met. Office Publ. n. 40.

tanza a correlare grandezze fisiche percepitecome di natura diversa?

Gli eventi così delineati attendono ancorachi li studi a fondo e con ogni probabilità vannocollegati alla perdita di interesse per laMeteorologia che dopo il 1870 si manifesta tra gliscienziati di primo piano e nella società tutta.

Sono già disponibili e in gran parte appli-cati a problemi particolari gli storicamente piùimportanti modelli matematici di tipo determini-stico, che reggeranno l’evoluzione dellaMeteorologia almeno fino all’ottavo decennio delNovecento in cui incomincerà a manifestarsi l’in-tervento profondamente innovatore di E. N.LORENZ (cfr. 18). Le teorie fondamentali eranostate create tra il1858 e il 1889 dal genio univer-sale di H. HELMOLTZ. Altrettanto fondamentalisono risultate anche alcune loro immediate elabo-razioni: gli studi di L. DE MARCHI Sullacostanza della rotazione totale in un sistema diventi (1886)5 e il teorema della circolazioneenunciato da V. BJERKNES nel 18976.

Da un ventennio sono state gettate le basiteoriche e sperimentali della teoria delle precipi-tazioni: nel 1870 W. THOMSON (dal 1892 LordKELVIN) aveva dimostrato che perché una goc-cia non evapori la tensione di vapore nell’ariacircostante deve essere tanto maggiore quantominore è il raggio della goccia, mentre J. AIT-KEN nel 1881 aveva messo in luce l’importanzadelle particelle solide come nuclei di condensa-zione nell’atmosfera e nel 1888 aveva realizzatouno strumento per contarli.

A partire dal 1892 si è sviluppata l’esplo-razione della “libera atmosfera” (l’atmosfera al disopra dello strato dove sono importanti gli effettidell’attrito col suolo). Ne nasce un settore dellaMeteorologia piuttosto unitario, conosciuto colnome di Aerologia proposto da W. KÖPPEN (cfr.CLIMATOLOGIA ) nel 1906, dotato di proprisviluppi tecnici e teorici e coordinato sin dal 1896da una commissione dell’Organizzazione meteo-rologica internazionale (poi mondiale), che ini-zialmente si chiamava “pour l’Aérostation scien-tifique” (donde lo strano termine italiano “aero-stazione” usato accanto ad “aeronautica”, “aero-navigazione” e “navigazione aerea”), ed oggi sichiama “per le Scienze dell’Atmosfera”.

Anche la tecnica degli strumenti meteoro-logici alla fine dell’Ottocento è ormai matura e iprimi ottant’anni del Novecento non la rivoluzio-

neranno.Infine il secolo XIX aveva intensamente

studiato la meteorologia delle singole località edaveva sostanzialmente risolto il problema di clas-sificare i climi; lo schema che W. KÖPPENaveva proposto nel 1884 e poi perfezionerà sinverso il 1940 è ancora oggi il più diffuso.

3. Il principale filone di sviluppo: la Scuola diBergen

Ai lavori della Commissione perl’Aeronavigazione scientifica partecipa attiva-mente dal 1903 anche V. BJERKNES (1862-1951). Con quali intenti si desume dal titolo delsuo primo intervento Impiego delle osservazioniaerologiche nella teoria7 e dal fatto che nel 1904imposta in maniera così limpida e convincente ilproblema di prevedere deterministicamente lostato dell’atmosfera da ottenere subito il sostegnofinanziario della Fondazione Carnegie8, sostegnoche sarà mantenuto fino al 1941. Negli anni suc-cessivi, pur passando dall’università diStoccolma, dove insegnava dal 1895, a quella diOslo (1907) e poi a quella di Lipsia (1913) eglisviluppa sistematicamente il suo programma diMeteorologia dinamica. Nel 1910 e nel 1911pubblica con la collaborazione di J. M.SANDSTRÖM, O. DEVIK e Th. HESSEL-BERG le prime due parti (Statica e Cinematica)di una grande opera intitolata Meteorologia eIdrologia dinamiche. Al posto della terza parte(Dinamica) vedrà la luce nel 1933l’Idrodinamica fisica, con altri collaboratori.Nel 1917 egli ritorna in patria come professoreall’Istituto di Geofisica di Bergen, di recentefondato dall’oceanografo B. HELLAND -HANSEN. Lo accompagnano i due assistentistipendiati dalla Fondazione Carnegie; il figlioJakob e H. SOLBERG. Ai primi del 1918 ildibattito sulla possibilità che la Meteorologia siad’aiuto all’economia nazionale lo induce a ten-tare la prognostica pratica. Appena è stata otte-nuta una maggiore densità della rete di osserva-zione al suolo J. BJERKNES concepisce conuna rapidità che ha dell’incredibile il ben notomodello di ciclone con i fronti caldo e freddo.

Esso in realtà riproduce un quadro che inpassato era stato descritto numerose volte. Lagrande novità consiste nel promuoverlo a caso

18

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

5 “Ann. Uff. Centr. Met. Ital.”, s. II, v. VI, parte I, 1884 (ma 1886). 6 Prima a lezione, poi alla Società di Fisica di Stoccolma e negli Scritti editi dalla Società scientifica di Christiania. Primo scritto largamente diffuso Uber einen

hydrodynamischen Fundamentalsatz und seíne Anwendung besonders auf die Mechanik der Atmosphäre und des Welteltmeeres Kungl. Vetenskapsakad.Handling, n. s., a. 31, n. 4, 1898/99.

7 Atti COMMISS. AÉROSTAT. SCI., 9me Réunion (1909), p. 73-84.8 “Met. Ztschr.”, genn. 1904, p. 1-7.

normale superando il blocco psicologico adaccettare discontinuità nette come quelle contem-plate dalla teoria dell’HELMOLTZ9, teoria dellacui fecondità V. BJERKNES, che l’ha elaborataprofondamente, è ormai convinto. La richiesta diuna più densa rete di stazioni si può interpretarecome un esperimento per verificare quella con-vinzione.

Nel 1919 T. BERGERON, che da pochimesi si è trasferito a Bergen, scopre l’occlusionee nel 1920 il SOLBERG introduce il concetto di“famiglia di cicloni” e dimostra l’utilità di sup-porre un “fronte polare” continuo in ciascun emi-sfero. A questo punto la scuola norvegese ha pro-posto un modello interpretativo dei fenomeniatmosferici a scala planetaria che resisterà incre-dibilmente bene all’usura del tempo.

Il segreto del successo sta nel coraggio daparte di V. BJERKNES, la cui mentalità autenti-ca è quella del fisico matematico, di passare dopouna ventennale elaborazione rigorosamente teori-ca, che ha condotto a riconoscere quel che ci sirifiutava di vedere, a un vivace e imprevisto svi-luppo a base naturalistica. Per qualche anno eglirimane nella scuola che ha creato, difendendoladai primi critici e cercando di elaborare una giu-stificazione teorica delle scoperte empiriche, poinel 1926 l’abbandona andando a dirigere il grup-po di Fisica teorica dell’università di Oslo.

A partire dal 1979 le peculiarità dellaScuola di Bergen hanno sollevato l’interessedegli storici della Scienza e si attendono concuriosità i risultati di R. JEWELL, che da qualcheanno è incaricato di studiarla “a tempo pieno” eper ora ha pubblicato un breve, ma convincenteed utile articolo (“Bull. Am. Meteorol. Soc.”, v.62, n. 6, p. 824-830; 1981). Mentre lascia qualcheperplessità un libro di R. M. FRIEDMAN(Appropriating the Weather. Ithaca, CornellUniversity Press, 1989; XVII+251 pp.) secondola cui tesi centrale – peraltro presentata con qual-che esitazione e attenuazione – V. BJERKNES,con cinica lucidità riconobbe nella Meteorologial’unico settore della fisica che gli avrebbe per-messo di affermarsi a livello mondiale e manovròcon fredda determinazione per impadronirsene.

Dopo le prime scoperte, la scuola diBergen fiorisce per un ventennio. Subito accorro-no dai paesi scandinavi giovani di primissimoordine: nel 1918 S. ROSSELAND, nel 1919 T.BERGERON, E. BJÖRKDAL e C. G. ROSSBY;negli anni successivi E. PALMÉN e S. PETTER-

SEN. Più tardi verranno da più lontano altri stu-diosi per un periodo di formazione.

I modelli iniziali vengono completati emodificati man mano che proviene nuova infor-mazione, specie dalla libera atmosfera (la cuiosservazione è insistentemente promossa dallaScuola), ma non perdono mai la loro fisionomiafondamentale. Essi comportano che il ciclonenasca come ondulazione instabile della superficiedi discontinuità. Una lunghezza d’onda adeguatanon è trattabile con lo schema di HELMOLTZ esi rivela difficile da giustificare teoricamente. Siriesce dopo parecchi anni, escogitando vari sche-mi e combinandoli (SOLBERG 1928)10. Il risul-tato appare alquanto forzato e viene il dubbio ditrovarsi davanti a un insieme di fenomeni piùfecondamente rappresentabili dalle qualità sinte-tiche del concretamente percepibile. La sensazio-ne di aderenza alla realtà che pervade quantifanno esperienza dei metodi norvegesi fa sì chenel giro di quattro lustri questi si affermino nelmondo intero.

4. La Climatologia dinamica

La scuola di Bergen sottrae la climatologiaall’analiticità astratta che la caratterizzava all’in-circa dal 1880. I Lineamenti di Climatologiadinamica di T. BERGERON (“Meteorol.Ztschr.”, a. 47, n. 7, p. 246-262; 1930. Cfr. CLI-MATOLOGIA 2.2) introducono un termine chesi affermerà e insegnano a ragionare su comples-si organici e reali, quali le masse d’aria e i tipi ditempo e di circolazione. In fondo anche qui ilpasso essenziale consiste nell’accettare l’esisten-za di discontinuità: in ciascuna località il temporesta più o meno lo stesso per qualche giorno epoi trapassa rapidamente in un altro tipo, in cia-scun istante sulla carta sinottica si riconosconovaste aree aventi un tipo di tempo e al di là di unfronte aree altrettanto vaste che ne hanno un altro.

5. Il problema dell’origine delle precipitazionie la teoria dei germi di ghiaccio

Al BERGERON - e precisamente alla feli-cissima e tempestiva comunicazione che eglitiene nel 1933 all’assemblea di Lisbonadell’Unione geofisica e geodetica internazionale -si deve anche l’affermarsi della prima soddisfa-

19

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

9 Questa nostra interpretazione, nata da una quindicina di anni fa – col carattere di un’intuizione – è stata poi corroborata dalla lettura dall’articolo Über die fort-bewegung der Konvergenz=und Divergenzlinien (”Met. Ztschr”, ott-nov 1917, p.345-349) e dalla p.847 dell’Hydrographie physique di V. BIERKNES (Parigi1934).

10 Integrationen der atmosphärischen Störungsgleichungen “Geophys.Publ.”, v. V, n. 9.

20

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

cente teoria delle precipitazioni, detta “dei germidi ghiaccio” o “di BERGERON – FINDEISEN”:quando l’aria umida si raffredda oltre un certolimite, il vapore condensa in minutissime goccio-line che presentano una velocità di caduta trascu-rabile e quindi non danno luogo a pioggia. Seperò sono compresenti cristallini (“germi”) dighiaccio e goccioline, queste incominciano adevaporare a beneficio di quelli, che si ingrossanofino ad acquistare una velocità di caduta non piùtrascurabile. Se poi - come avviene normalmentealle nostre latitudini - nel cadere attraversano perun tempo sufficientemente lungo porzioni diatmosfera a temperatura positiva, i fiocchi dineve giungono al suolo come gocce di pioggia. Aspiegare come mai in mezzo alle goccioline sitrovano i cristallini di ghiaccio provvede tra il1937 e il 1939 con un imponente serie di lavorisperimentali e teorici W. FINDEISEN, dimo-strando che nell’atmosfera sono presenti particel-le solide piccolissime, ma sempre abbastanzagrandi perché del vapore sovrasaturo a tempera-ture molto basse (condizioni che si verificano allequote ove si formano le nubi apportatrici di pre-cipitazioni) vada a congelare su di essi.

La teoria si trova in embrione nellaTermodinamica dell’Atmosfera di A. WEGENER(1911) ed è già esposta in forma abbastanza com-piuta nell’Analisi tridimensionale delle condizio-ni del tempo del BERGERON (1928)11. Più tardisarà perfezionata con sottili distinzioni (cheperaltro non ne intaccano il nucleo, il quale tro-verà conferma anche nei risultati degli esperi-menti di stimolazione artificiale delle precipita-zioni) e con un’importante aggiunta: nelle regio-ni più calde piove da nubi interamente a tempera-tura positiva. Qui il compito di raccogliere l’ac-qua distribuita in goccioline minute è affidato agocce più grosse che si formano intorno a nucleidi condensazione igroscopici.

6. Sviluppi teorici rilevanti

Nel 1911 L. F. RICHARDSON (1881-1953; mente eclettica e geniale) concepisce ilprogetto di applicare alla previsione del tempo imetodi per la soluzione approssimata di equa-zioni differenziali che egli da poco ha incomin-ciato a sviluppare. Nel 1916 l’elaborazionemetodologica è pronta, ma egli sente la necessi-

tà di aggiungere l’applicazione a un caso con-creto. Nel 1919 anche questa è compiuta. I risul-tati non sono brillanti, ma egli non esita a pre-sentare il tutto per la pubblicazione, che si tra-scina sino al 1922.12 Il programma di sviluppodelle previsioni numeriche che nell’ottavodecennio porterà al successo incomincerà versoil 1960 con un riesame critico della sua opera.

Pure nel 1922 è pubblicata la classifica-zione dei venti di H. JEFFREYS,13 che avrà unafortuna sproporzionata alla sua utilità pratica. Ineffetti - anche se nel presentarla di solito non sidice - essa ha un grande valore teoretico. Offreun sistema organico di equazioni del ventosecondo le ipotesi più opportune per i vari indi-rizzi di studi e fa toccare con mano che le sche-matizzazioni matematiche sono sempre relativea esigenze determinate.

7. Teoria della diffusione

La prima teoria della diffusione nell’at-mosfera è concepita da G. I. TAYLOR nel1913, quando a bordo dello “Scotia” inviato arilevare gli iceberg dopo la catastrofe del“Titanic” sente il bisogno di chiarire come siforma nebbia in aria calda trasportata su marefreddo. In un articolo del 1915 propone qualco-sa di simile alla diffusione molecolare, concoefficienti di viscosità, diffusione e condutti-vità turbolenta.14 Sostanzialmente la stessaimpostazione si trova nel primo lavoro in mate-ria (1917) dell’austriaco W. SCHMIDT,15

mosso ad affrontare il problema da un interesseper le particolarità meteorologiche dei luoghi euna curiosità per tutti i fenomeni e processi chesi possono isolare nell’atmosfera. Le primemisure condotte dai due studiosi danno risultaticompatibili.

L’uso dei gas asfissianti durante laGrande Guerra rende il problema di vivo inte-resse pratico e nel 1921 il governo britannicofonda a Porton, nella pianura di Salisbury, unistituto per studiarlo. Dai primi esperimenti icoefficienti risultano maggiori di almeno unordine di grandezza rispetto alle prime determi-nazioni e per di più crescenti con la distanzadalla sorgente dei traccianti. Il TAYLOR siindirizza allora a studiare la correlazione tra ilmoto di una particella in due istanti successivi

11 Uber die dreidimensional verknüpfende Wetteranlyse. “Geofys. Publ.”, v. V, n. 6.12 Weather Prediction by numerical Process. Londra, Cambridge University Press. 13 On the dynamics of wind. “Q. J. r. Met. Soc.» v. 48, p. 29-47.14 Eddy motion in the atmosphere. “Philos. Trans.”, s. A, v. 215, p. 1-26. 15 Der Massenaustausch bei der ungeordneten Strömung in freien Luft und seine Folgen. “Sitzungsber. Akad. Wiss. Wien. Math.-naturwiss. Kl., Abt. II a.“, v. 126,

p. 757-804.

(Sulla diffusione mediante moti continui.1922).16

Nel frattempo gli sforzi per impostare laprevisione numerica avevano condotto anche ilRICHARDSON a tentare una teoria della diffu-sione. Un percorso non dissimile a quello delTAYLOR, nel corso del quale introduce quelloche oggi è conosciuto come numero diRICHARDSON, lo conduce a considerare lavelocità alla quale due molecole si allontanano:essa risulta crescere insieme con la distanza.17

Nel 1935 L. PRANDTL, uno dei padridell’Aerodinamica, fa un grande passo in avan-ti, con una nuova teoria che si basa sul percorsodi mescolanza (concetto che si trova già neiprimi lavori di TAYLOR) e suppone che essovari secondo certe leggi da un punto all’altrodella corrente.18

L’ulteriore sviluppo delle teorie della dif-fusione e la messa in luce di altri interessantissi-mi aspetti dell’Atmosfera sono dovuti a discipli-ne non specificamente meteorologiche(Idrodinamica, Aerodinamica, Meccanica eTermodinamica statistiche), nelle quali sonoconfluiti anche contributi di Meteorologi.

8. La radiosonda

Nel 1927 R. BUREAU e P. IDRAC rea-lizzano e descrivono in una comunicazionescientifica19 il primo modello soddisfacente diquella che sarà battezzata “radiosonda” (da lorostessi nel 1931 o da H. HERGESELL): unaminuscola radiotrasmittente da sospendere a unpallone libero e capace di modulare istante peristante le sue emissioni secondo la pressione, latemperatura e l’umidità dell’aria in cui si trova.Il nuovo ritrovato offre finalmente la concretapossibilità di seguire gli eventi nella liberaatmosfera. Ciò si fa mediante diagrammi termo-dinamici e “carte in quota”. Queste, introdottenella pratica quotidiana dal tedesco R. SCHER-HAG verso il 1934, sono generalmente topogra-fie di superfici isobariche con l’indicazionedella temperatura, della temperatura di rugiada edel vento. I dati anemologici provengono neiprimi tempi tutti e poi per molti anni in granparte da misure eseguite con “palloni piloti”,inseguiti mediante teodoliti. La localizzazionesistematica delle radiosonde mediante radiogo-niometri è avviata dai Francesi nel 1935 e il loro

inseguimento mediante radioteodoliti dagliInglesi nel 1939, ma il passo decisivo sarà com-piuto soltanto nel dopoguerra, quando si aggiun-gerà la possibilità di seguire col radar le sonderese opportunamente riflettenti .

9. La Meteorologia in Italia fino al 1938

Nell’anno 1900 domina la scena l’Ufficiocentrale di Meteorologia e Geodinamica, il cuiprimo direttore P. TACCHINI20 ha da pochimesi lasciato la carica tenuta dal 1879 ed è sosti-tuito da L. PALAZZO.

Gli altri principali centri di attività sonoOsservatori, in massima parte astronomici ogeofisici, e in minima puramente meteorologici.Tra di essi emergono Modena, Milano, Firenzee Catania. Si fa quasi esclusivamente dellaMeteorologia geografica, sforzandosi prima ditutto di raccogliere, elaborare e pubblicare datidi quanti più possibile punti di misura perdescrivere le caratteristiche meteorologiche delterritorio nazionale. L’U.C.M. si impegna afondo anche nel campo della Meteorologia agra-ria. La “Rivista meteorica-agraria”, che da11879 esce ogni decade e durerà fino al 1916,pubblica puntualmente notizie sull’andamentostagionale e delle colture ed anche qualche arti-colo di carattere generale.

Saggi di maggiore impegno appaiononegli Annali dello stesso Ufficio. Completa ilquadro dei periodici specializzati italiani losmilzo Bollettino della Società Meteorologicaitaliana.

Nel 1902 la collaborazione dell’U.C.M. edella Brigata Specialisti del Genio riesce adavviare l’esplorazione sistematica della liberaatmosfera. Ad alcuni voli con palloni montatiseguono a Roma e a Castelfranco Veneto lancidi palloni sonda recanti strumenti registratori epoi prende piede la più facile misura del ventomediante palloni piloti.

L’attività aerologica regolare ha inizio nel1904 presso l’Osservatorio di Pavia e diventaparticolarmente intensa quando accordi tra ilComitato talassografico italiano e il Ministerodella Guerra, sfociati in una convenzione, isti-tuiscono il Servizio aerologico italiano e comesede della direzione è scelta la “Stazione aerolo-gica principale” di Vigna di Valle, sorta nel 1910come “Osservatorio aeronautico” per assistere i

21

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

16 “Proc. London math. Soc.”, v. 43, p. 241-268.17 Atmospheric diffusion shewn on a distance-neighbour graph. “Proc. R. Soc.”. s. A, v. 110, p. 709-737.18 The mechanics of viscous fluids. In: F. DURAND, Aerodynamic Theory, v. III, sez. G, p. 34-208. Berlino, Springer.19 “C. R. Acad. Sci.”, 14, 13 marzo 1927, 10 giugno 1927, 19 gennaio 1931.20 Cfr. M.U. LUGLI, Astronomi modenesi tra Seicento e Novecento. Pietro Tacchini. 269 pp., Modena, Il Fiorino, 2001.

primi dirigibili militari italiani. Il suo direttore,il capitano del Genio G. A. FERRARI, riesce afar comandare all’osservatorio alcuni professoridi scuole medie, di spiccato ingegno, i quali dalperiodo ivi trascorso prenderanno le mosse pernotevoli carriere: tra gli altri R. GIACOMELLI,M. TENANI, G. CRESTANI e C. FABRIS.

Durante la Grande Guerra l’Ufficio tecni-co del Comando supremo studia con cura lecaratteristiche meteorologiche dei teatri di ope-razioni effettivi e ipotetici e a scopo prognosticoapplica alla pressione atmosferica 1’ ”analisiperiodale” che F. VERCELLI ha incominciato asviluppare verso il 1914, ottenendo risultatiapparentemente buoni. Questa tecnica per met-tere in evidenza una periodicità preventivamen-te scelta (cfr. CAMBIAMENTI DI CLIMA 3.4)rappresenta uno dei pochi sviluppi autonomi ita-liani nel campo degli studi meteorologici, frutte-rà un analizzatore meccanico delle curve oscil-lanti che è un esempio abbastanza precoce dimacchina da calcolo e sarà coltivata nelle nostreuniversità fino oltre il 1960. A tutt’oggi nel com-plesso non è stata molto feconda, ma le elabora-zioni compiute nell’applicarla forse potrebberoessere ancora valorizzate, ad esempio da chivolesse riesaminare l’affermazione fatta da C.G. ROSSBY per l’atmosfera e da G. PICCAR-DI per i “fenomeni fluttuanti” che molte perio-dicità durano pochi cicli e confrontarne i risulta-ti con gli sviluppi dovuti a E. N. LORENZ (cfr.18).

Nel periodo bellico sotto lo stimolo del-l’aumentato interesse per le utilizzazioni idroe-lettriche prende forma il Servizio idrograficoitaliano del Ministero dei Lavori pubblici. Primadella guerra soltanto il Magistrato alle Acque diVenezia e l’Ufficio per gli Studi sul Bacino delPo avevano “Sezioni idrografiche” costituite nel1907 e 1912. Nel 1919 è sanzionato il servizionazionale, diretto da Giulio DE MARCHI, figliodi Luigi. Esso gestisce e gestirà quasi esclusiva-mente stazioni pluviometriche e termopluvio-metriche. I dati sono e saranno elaborati e pub-blicati secondo l’indirizzo di Meteorologia geo-grafica del consulente del servizio F. EREDIA,che in quegli anni si va affermando come la per-sonalità dominante della Meteorologia italiana erimarrà tale per un quarto di secolo.

Nel 1920 il benedettino B. PAOLONI fauscire il bimestrale La Meteorologia pratica,che resisterà sino al 1943. La rivista pubblica

sistematicamente articoli di Meteorologia appli-cata specie sanitaria e agraria oltre che diMeteorologia generale (non esclusa la dinami-ca), segue con puntiglio la vita meteorologicaitaliana e cura molto la parte bibliografica, stam-pando tra l’altro a puntate tra il 1923 e il 1940 lamonumentale Bibliografia meteorologica italia-na del barnabita G. BOFFITO fino alla vocePietro MORO. Inoltre nel 1927 assorbe ilBollettino della Società meteorologica italianae dà vita nel giugno 1928 al Servizio radioatmo-sferico italiano e nel maggio 1930 al Serviziometeorico sanitario. L’opera concorde della rivi-sta e dell’EREDIA frutta un periodo, non piùripetutosi, di pieno coordinamento tra i cultoriitaliani dei vari aspetti della Meteorologia.

Nel 1925 la Sezione Presagi dell’U.C.M.è trasferita al neocostituito Ministerodell’Aeronautica e si fonde col Servizio aerolo-gico per dar vita all’Ufficio Presagi, sotto laguida dell’EREDIA.Per effetto di un concorsobandito senza indugio, nel 1927 entra in organi-co una decina di nuovi geofisici, in buona partedonne. È un avvenimento importante perché lamaggior parte dei vincitori hanno personalitàfuori dall’ordinario e perché prima d’allora inpratica l’Italia aveva un solo Meteorologo pre-visore.

Il nuovo servizio assiste con passione leimprese aviatorie compiute dagli Italiani tra il1926 e il 1932, poi in una serie di dieci riunionidel suo personale con la presenza di studiosiesterni tra il febbraio del 1934 e il dicembre del1935 esamina tutti i principali problemi scienti-fici e tecnici, ma più che altro quello delle teo-rie norvegesi. 21

Al loro apparire probabilmente due solistudiosi italiani sono preparati a capirle a fondo:il DE MARCHI e il FABRIS, suo discepolo. Ilprimo incarica il secondo di elaborarne unampio esame critico e l’altra sua allieva LuciaVENTURELLI di comparare con lo schemanorvegese i più recenti dati aerologici omogeneipubblicati, che sono quelli di 154 giorni com-presi tra il 6 luglio 1905 e il 6 luglio 1912. I duelavori sono editi nel 1931 22 e nel 1933 23rispet-tivamente. Il FABRIS riconosce la feconditàdelle nuove teorie e accetta lo spericolato pas-saggio da una dottrina rigorosamente dinamica auna descrizione sostanzialmente empirica. LaVENTURELLI conclude che l’esistenza dellemasse d’aria e delle discontinuità è fuori discus-

22

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

21 “Met. Prat.“: 1934 , n. 3, p. 156-160; n. 4, p. 189-204; n. 5, p. 248-264. 1935, n. 1, p. 21-52, n. 3. p.141-145. 1936, n. 2, p. 34-43.22 Teorie moderne su l’origine e su la struttura dei cicloni. Pisa, R. Scuola di Ingegneria, Pubbl. Comit. naz. ital. Geodes. Geofis., . 2. Versione più ampia: IST.

LOMB. SCI. LETT. ARTI. Atti. t. XC, parte II.23 Contatti di masse d’aria calda e aria fredda nell’atmosfera in relazione alla situazione barica. In: SOC. ITAL. PROGR. SCI. Atti XXI riunione (Roma, ott.

1922), v. V, 17 pp. Versione più ampia IST. LOMB SCI. LETT. ARTI. Atti. t. XC, parte II.

sione, mentre è difficile affermare che gli even-ti presso i fronti seguano da vicino gli schemidella scuola di Bergen. Il DE MARCHI rimanescettico – quasi ostile – fino alla morte (1936).Tutti e tre sono invitati ad una delle riunioni suc-citate ma interviene la sola VENTURELLI.

Gli altri Italiani rivolgono abbastanza sol-lecitamente l’attenzione alle idee norvegesi ededicano loro articoli almeno a partire dal 1926,ma senza elaborarle. Al più tardi nel 1927l’EREDIA prende a proporre con tenacia diinviare qualcuno a Bergen, ma deve insistere perun decennio prima che la cosa si realizzi.Finalmente dal febbraio all’aprile 1937 R.BILANCINI, F. CASTRIOTA e D. MONTA-NARI sono inviati non in Norvegia, ma inGermania dove G. SCHINZE ha sviluppato, unmetodo (lüftmassenmässige Arbeitsweise) checoncentra l’attenzione sulle masse d’aria anzi-ché sul ciclone e il suo evolversi. Si tratta diidentificare le masse d’aria ed i loro confini, chepossono a tratti ondularsi e dar vita a un sistemafrontale e a tratti avere carattere di “limite dimassa”, cioè di una discontinuità poco attiva nelprodurre nubi e precipitazioni. La scelta è ragio-nevolissima perché l’impostazione della scuolatedesca è più adatta al Mediterraneo. Gli Italianiapplicano intensamente e proficuamente ilnuovo indirizzo, ma forse lo abbandonanoprima di averne esaurito le possibilità, comedimostrerebbe il successo della breve ripresanegli anni sessanta ad opera di I. VISCONTInella scia del Progetto sulla Ciclogenesi sotto-vento. 24

23

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

24 Un esempio di analisi particolareggiata nel caso di una ciclogenesi sull’Italia settentrionale. In: ASSOC. GEOF. ITAL., Atti XIII Congresso annu., Roma[1964]. Cfr. anche “Riv. Met. Aer.”,1968, n. 2, p. 18-36; 1969, n. 1, p. 25-48; 1971, n. 2, p. 139-155.

La Meteorologia dopo il 1938

10. La rivoluzione apportata da C. B.ROSSBY

Tocca in sorte al ROSSBY, il quale dal1926 si è trasferito negli Stati Uniti, di trarre undeciso rinnovamento della Meteorologia dallepossibilità che offrono i radiosondaggi e le cartein quota. Egli crea una nuova visione dell’atmo-sfera, semplice e grandiosa: tutte le vicendeatmosferiche si lasciano riassumere da quelledella circolazione troposferica poco oltre i 5 kmdi quota, a sua volta schematizzabile nella suc-cessione di 3-7 onde di una grande correnteoccidentale (dette “planetarie” o “di ROSSBY”)che hanno lunghezze di qualche migliaio di chi-lometri e corrispondono ciascuna a una famigliadi cicloni della bassa troposfera. Esse si lascia-no trattare con un’equazione (che si dirà appun-to “di ROSSBY”) nella quale intervengono sol-tanto la velocità della corrente occidentale, lalunghezza d’onda e la vorticità. Assume cosigrande rilevanza pratica la grandezza il cuisignificato era stato tenacemente esplorato dalDE MARCHI cinquant’anni prima. Il ROSSBYpotrebbe avere avuto notizia dei suoi studi tra-mite il Trattato di meteorologia (Lehrbuch derMeteorologie) di A. SPRUNG. (1a ed. 1885) o laBibliography of Meteorology edita aWaschington nel 1889-91 dal Signal Office (checomprendeva il Servizio meteorologico) eristampata presso la Diane Publishing Companydi Upland a cura di J. R. FLEMING, primo pre-sidente della Commissione internazionale diStoria della Meteorologia, istituita nel luglio2001 dall’Associazione internazionale di Storiae Filosofia della Scienza del Consiglio interna-zionale delle Unioni scientifiche.

Nel 1947 il ROSSBY dimostra che le cor-renti occidentali devono essere particolarmenteveloci in una ristretta fascia (quella oggi cono-sciuta come “corrente a getto”) fornendo così labase teorica per comprendere le osservazioni diventi in quota incredibilmente intensi fatte apartire dall’inizio del secolo.

Il passo compiuto dal ROSSBY stimolaricerche di tipo nuovo. Da una parte si trova ilcoraggio di congegnare modelli matematici disingoli processi senza preoccuparsi dell’impos-sibilità di trattare in maniera omogenea tutto ilcomplesso di fenomeni nel cui ambito hannosignificato, dall’altra ci si dedica a distinguereed ordinare sistematicamente le varie scale dimoto ed i loro mutui rapporti. Nel quadro rien-tra il “Thunderstorm Project” (“Progetto

Temporale”), importante programma di ricercasperimentale realizzato negli Stati Uniti tra il1946 e il 1950 sotto la guida di H. R. BYERS.Esso fornisce il primo modello soddisfacente ditemporale.

Questi sviluppi presentano analogie conla Teoria generale dei Sistemi presentata aChicago da L. von BERTALANFFY nel 1937 econ le teorie della turbolenza proposte nel 1941dal matematico russo A. N. KOLMOGOROV enel 1948 dai fisici teorici W. HEISENBERG eC. F. von WEISZÄCKER, ma non sono noteinfluenze dirette.

Inoltre il ROSSBY a partire dal 1927 hadato a più riprese contributi allo studio degliscambi energetici tra oceano ed atmosfera e allateoria della diffusione e della turbolenza nell’u-no e nell’altra, tra il 1923 e il 1928 ha imposta-to ed organizzato l’assistenza meteorologica alvolo negli Stati Uniti, nel 1937 ha iniziato lapratica utilizzazione dell’analisi isentropica,negli anni quaranta rinnova l’impostazione dellaMeteorologia tropicale, riorganizza 1’Americanmeteorological Society e promuove il sorgeredella Meteorologia applicata, dopo la guerraavvia lo studio a scala continentale della distri-buzione e circolazione delle sostanze chimichedisperse nell’Atmosfera.

11. Le previsioni numeriche

Alla semplificatrice visione rossbiana sideve anche il precoce fiorire delle previsioninumeriche. Agli inizi del 1946 il cibernetico J.von NEUMANN dell’Institute for AdvancedStudy avvia l’utilizzazione a tale fine del primocalcolatore elettronico della storia, funzionantedal dicembre precedente. Il gruppo di meteoro-logi incaricato di adattare le teoriedell’Idrodinamica dell’Atmosfera alle esigenzedel calcolo numerico - gruppo nel quale emergeJ. CHARNEY - si basa sull’equazione diROSSBY, la quale ha oltretutto il merito di esse-re molto “filtrata”, cioè di escludere le onde gra-vitazionali e sonore. Infatti per le esigenze pra-tiche, le più veloci delle prime e tutte le secon-de sono disturbi. Il primo esperimento di calco-lo (marzo-apri1e 1950) ha un esito “sorprenden-temente buono”. Malgrado il grande valore pra-tico (esce benissimo dal confronto con i primimodelli baroclini) questo modello è condannatoa vita breve dalle numerose limitazioni. Essonon può descrivere il formarsi, 1’approfondirsie il colmarsi delle depressioni e si fonda sunumerose ipotesi poco realistiche; che l’atmo-sfera sia incompressibile e “barotropa” (cioètale che le superficie di egual temperatura siano

24

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

anche superficie di egual densità); che sulla ver-ticale di ciascun luogo il vento sia costante attra-verso tutta la troposfera, che le linee di correntecoincidano con le isobare. Per qualche anno sibatte la strada di complicare il modello per ren-derlo capace di seguire gli aspetti della realtàfisica che più interessano. Il primo passo in que-sto senso è compiuto aggiungendo la teoriadello sviluppo baroclino elaborata dall’ingleseG. SUTCLIFFE tra il 1939 e il 1947. Ben prestoil CHARNEY si convince che ormai convieneriprendere il modello - del tutto generale perun’atmosfera concepita come sistema chiuso -proposto da V. BJERKNES nel famoso articolodel 1904, utilizzato dal RICHARDSON, dettodelle “equazioni primitive” e costituito dalle treequazioni del moto idrodinamico, dall’equazio-ne della continuità, dall’equazione di stato, dalprimo e secondo principio della termodinamica.Da un esame critico dell’opera del RICHARD-SON emerge che le principali cause del cata-strofico esito delle sue previsioni ormai silasciano padroneggiare: occorre alterare i campiiniziali del vento e della pressione in modo daeliminare la divergenza iniziale in essi implicita,escludere le onde sonore imponendo l’equilibrioidrostatico e in base a un criterio di stabilitàfatto conoscere nel 1928 da R. COURANT, K.O. FRIEDRICHS e H. LEWY scegliere unintervallo di integrazione più piccolo del tempoimpiegato dalle onde più veloci a percorrere unlato della rete ai cui nodi si definiscono i valoriiniziali e si riferiscono i valori previsti dellevariabili considerate. Il nuovo indirizzo si affer-ma rapidamente e agli inizi del settimo decenniosi cessa di sviluppare modelli per aggiunta all’e-quazione di ROSSBY. Il progresso è così veloceche a partire dal 1963 circa si possono perfezio-nare i modelli introducendovi le interazioni conla superficie terrestre e con lo spazio. I nuovimodelli, se sono abbastanza perfetti, sonomodelli della circolazione generale dell’atmo-sfera in quanto riescono a descriverla partendoda uno stato di quiete, prevedono i valori dellegrandezze fondamentali nei nodi della reteanche per scadenze di parecchi giorni (ben supe-riori alle 24 ore della vecchia prognostica) e for-niscono anche per un futuro più lontano le pro-prietà statistiche del sistema atmosferico, cioè ilclima. Il trapasso dai modelli deterministici aquelli dinamico-probabilistici avviene con natu-ralezza attraverso la trattazione necessariamentestatistica della turbolenza.

12. La previsione oggettiva

La concreta utilizzazione prognosticadella teoria della correlazione debutta con lanota Sulle cause e la previsione della nebbia inCalifornia (1936), che espone i risultati degliesperimenti fatti da S. PETTERSEN durante unsoggiorno colà nel 1935. La nuova tecnica con-siste nel ricercare grandezze che presentino unacorrelazione elevata con fenomeni che si verifi-cano qualche ora più tardi 25, prende in conside-razione elementi legati da una relazione fisicaconosciuta e si rivela un successo. Nel mondoanglosassone si afferma rapidamente; nel 1944la Royal Meteorological Society le dedica unesauriente dibattito pubblicato col titoloUn’indagine sulle possibilità e i limiti della pre-visione statistica. 26 Il termine, poi affermatosi,di “previsione oggettiva” deve essere statoconiato verso il 1945 all’Università di NuovaYork, che crediamo abbia particolarmente con-tribuito a diffondere il procedimento.

13. Il radar in Meteorologia

I radar per l’avvistamento aereo entrati inuso durante la guerra rilevano le nubi a goccepiù grosse e questa loro proprietà è sfruttata consistematicità, ma il primo radar progettato perscopi meteorologici è del 1951. Il nuovo appa-rato si afferma subito nelle aree sprovviste diun’adeguata rete di stazioni meteorologiche e sirivela come lo strumento specifico per seguirelo spostamento e l’evoluzione dei cicloni tropi-cali. Gli ulteriori progressi permettono di stima-re la quantità di precipitazioni ricevuta dallaregione esplorata e di misurare il moto dellegoccioline, dei fiocchi di neve e dei chicchi digrandine. Mentre su altre tecniche si è insistitooltre i limiti del ragionevole le possibilità dellaprevisione oggettiva e del radar non sono sfrut-tate a fondo. Il loro impiego sistematico potreb-be migliorare grandemente già intorno al 1950le previsioni locali a scadenza molto breve (daqualche minuto a qualche ora) All’epoca essonon si realizza - specie in Europa - forse perchéquelle tecniche non appaiono concettualmenteelevate, forse perché non si è psicologicamentepreparati a una simile prognostica “spicciola”,che invece è accettata a partire dal 1976 circaper esigenze aeronautiche ed attualmente incon-tra un notevole successo col nome di “nowca-sting”. A una rete di radar meteorologici che

25

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

25 “J. aeron. Sci.”, lug. 1936. 26 “Q. J. r. met. Soc.”, lug. 1944.

copra l’intero territorio italiano ed europeo si èpensato seriamente soltanto nel nono decenniodel XX secolo e mentre scriviamo le due inizia-tive sono ancora da completare. L’applicazionesistematica della previsione oggettiva è final-mente realizzata alla fine dello stesso decennio(in Italia nel 1988) dai programmi più avanzatidi post elaborazione statistica delle previsioninumeriche.

14. La Micrometeorologia

L’impulso a distinguere con chiarezza levarie scale di moto e il rinnovato interesse per ladiffusione e la turbolenza nell’atmosfera fannosentire vivamente nel sesto e nel settimo decen-nio l’unità dello studio dei moti a piccola scala,tanto da considerarlo come una disciplina auto-noma: la Micrometeorologia.

Il problema di maggiore interesse praticoè la diffusione da una sorgente isolata (esplosio-ne nucleare, rilascio accidentale di radioattività,industria inquinante). Lo risolvono efficace-mente gli Inglesi utilizzando teorie più empiri-che di quelle citate nel capitolo precedente.

O. G. SUTTON, formatosi a Porton, puòessere considerato il sistematore dellaMicrometeorologia come disciplina unitaria:oltre gli studi indicati, essa comprende quellirelativi alla turbolenza nella libera atmosfera(che da quando diventano un tema fondamentaledella Meteorologia aeronautica non sono piùeffettivamente sentiti come Micrometeorologia).

Nella Micrometeorologia confluisconoanche gli sviluppi della trattazione fisica siste-matica dei fenomeni negli strati atmosfericivicini o prossimi al suolo, presentata per laprima volta da Rudolf GEIGER (fratellodell’Hans inventore del celebre contatore di par-ticelle ionizzanti) col nome di Microclimatologia(v. CLIMATOLOGIA).

15. La stimolazione delle precipitazioni e lalotta contro la grandine

Dalla teoria di BERGERON e FINDEI-SEN discende la possibilità di far precipitarel’acqua contenuta da nubi in condizioni appro-priate fornendo loro adatti nuclei di condensa-zione. Il primo esperimento compiuto nel 1946da I. LANGMUIR e V. SCHAFER ha sostan-zialmente successo e suona conferma alla teoria.Da allora si succedono incessantemente i tenta-tivi di applicazione pratica per incrementare leprecipitazioni e per ottenere che le nubi grandi-nigene si risolvano in pioggia prima di formare

i chicchi. Il valutare quello che si sarebbe veri-ficato se non si fossero inseminate le nubi è pos-sibile soltanto per via statistica e veramente dif-ficile. Dopo il primo ventennio di esperimenti siconclude che gli intervenuti ben condotti incre-mentano di almeno un decimo la quantità delleprecipitazioni. Non sembra che le energie suc-cessivamente profuse abbiano prodotto risultatimolto più importanti e conclusioni molto piùdefinite.

16. L’Anno geofisico internazionale

L’AGI è un programma di cooperazioneinternazionale che si rifà agli Anni Polari 1882-83 e 1932-33.

Riesce però molto più ampio ed unitario,dimostra che i nuovi organismi internazionalisono efficaci coordinatori ed organizzatori e siprotrae nella Cooperazione geofisica internazio-nale. Elementi tutti che in una prospettiva stori-ca fanno apparire l’iniziativa importante più chealtro come precedente del GARP (cfr.19).

17. I satelliti artificiali e la Meteorologia

L’utilità diretta dei satelliti si manifestaattraverso le immagini dell’atmosfera vista dal-l’esterno. Nella banda del visibile si localizzanocentri di bassa e alta pressione, vortici, ciclonitropicali, fronti, correnti a getto, nubi d’onda edi addensamento orografico (“Stau”), nebbie, siriconoscono le masse di aria dal carattere dellenubi, si apprezzano la distribuzione e l’intensitàdelle precipitazioni sul mare, si ricavano notiziesul vento seguendo lo spostamento di ammassinuvolosi e di piattaforme mobili, ad esempiopalloni equilibrati. Le misure radiometricheacquistano sempre maggiore importanza: simisurano ai limiti dell’atmosfera l’energia irra-diata dal Sole e dalla Terra, la temperatura dellasommità delle nubi (dalla quale se ne deduce laquota) o in loro assenza la temperatura dellasuperficie terrestre, si realizzano profili vertica-li della temperatura e dell’umidità equivalenti asondaggi termodinamici. Tra i vantaggi indirettisono da annoverare il grande progresso delletelecomunicazioni e l’aver attirato l’attenzionesui problemi spaziali e sulle scienze ad essi col-legate, attenzione che forse è stata presuppostoindispensabile per realizzare il GARP.

In particolare, da recenti esperimentirisulterebbe che piove quando la sommità dellenubi raggiunge una temperatura intorno ai -30°C con variazioni di qualche grado per diver-se regioni e stagioni. Si affaccia così la possibi-

26

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

lità di preannunciare l’inizio della pioggia connotevole sicurezza, pur se con un piccolo antici-po.

18. La nuova posizione della Meteorologia nelmondo scientifico e nella Società

L’interesse per la Meteorologia degliscienziati di primissimo piano (chenell’Ottocento era stato molto vivo: sono ancoroggi fondamentali impostazioni teoriche dovuteall’H. ELMOLTZ, al KELVIN e a H. HERTZ)era cessato verso il 1890. Forse il primo segnodi ripresa si trova nel cibernetico N. WIENER,del Massachusetts Institute of Technology, ilquale negli anni 40 si interessa allaMeteorologia, conclude che essa dovrà svilup-pare metodi analoghi a quelli della Meccanicastatistica e divulga questa conclusione.

Lo sviluppo ch’egli preconizza avvienead opera di E. N. LORENZ della stessa univer-sità. A partire dal 1950 questi si dedica ai model-li di circolazione generale dell’atmosfera e par-tecipa con visione particolarmente profonda allaloro evoluzione verso modelli di clima. Creainfatti una matematica veramente appropriata alproblema e ottiene risultati decisamente innova-tori di grande risonanza anche al di fuori delleScienze dell’Atmosfera. Gli articoli da lui pub-blicati a partire dal 1963 gettano le basi di quel-le che oggi sono conosciute come teorie “delcaos” e degli “attrattori strani”, sono certamentesignificative per tutta la Fisica e suscitano uninteresse sempre più vivo. Se si aggiunge che B.MANDELBROT, creatore della Matematica deiFrattali, riconosce largamente il RICHARD-SON come proprio precursore, appare evidenteche per la prima volta nella storia laMeteorologia assume un ruolo traente per tuttala Scienza.

Un’importante iniziativa in materia diMeteorologia da parte di un governo si era avutasoltanto nel 1854, quando il Ministro dellaGuerra di Napoleone III aveva invitato U.LEVERRIER a studiare la tempesta che avevacolpito la flotta franco-inglese nel Mar Nero. Daquell’iniziativa era nata la collaborazione inter-nazionale nel campo della Meteorologia.L’Organizzazione meteorologica internazionalecostituita nel 1873 si era però sforzata di essereil meno ufficiale possibile per sottrarsi agli

impacci derivanti dalle pregiudiziali politiche.Dopo la guerra non si può persistere in

quell’indirizzo, sul quale del resto a partire dal1935 avevano incominciato a sorgere perplessi-tà, e il 23 marzo 1951 l’OMI si trasforma inagenzia specializzata delle Nazioni unite colnome di Organizzazione meteorologica mondia-le (OMM, WMO).

Nel 1960 lo specialista di radiocomunica-zioni e di radiazioni J. WIESNER, consiglieredel presidente J. F. KENNEDY, avanza il sug-gerimento, accolto, di organizzare un program-ma scientifico ove si possa collaborare senzariserve con l’Unione Sovietica. La proposta halo scopo di avere un ambito per scambi infor-mali di vedute e si rivelerà realistica quando, siapure nell’ambito di un’altra iniziativa di colla-borazione culturale, il meteorologo E. K.FEDOROV (1910-1981) 27 avrà una parte note-vole nei preliminari dell’accordo che risolve la“crisi di Cuba”.

Accolto il suggerimento, il WIESNERchiede quale disciplina è più adatta a realizzareil suo progetto a B. ROSSI, che indica laMeteorologia e lo mette in contatto col CHAR-NEY, del Massuchasetts Institute of Technologycome i due precedenti. Questi con la collabora-zione di altri meteorologi prepara con grandesollecitudine un rapporto per il Presidente, ilquale inserisce la proposta nel messaggio sulloStato dell’Unione (maggio 1961), nell’agendadei colloqui di Vienna con N. KRUSCEV (giu-gno) e nel messaggio alla XVI Assemblea gene-rale delle Nazioni Unite (settembre). In ottobrel’Assemblea approva la risoluzione 1721, cheinvita “a preparare progetti per far progredire lascienza e la tecnologia dell’atmosfera in mododa incrementare la conoscenza dei fattori fisicifondamentali del clima e le possibilità di modi-ficare artificialmente il tempo su larga scala; persviluppare le possibilità di prevedere il tempo edi aiutare gli stati membri a realizzare tali possi-bilità”. Ormai può partire il delicato lavoro indi-spensabile per organizzare un’impresa cosìvasta.

19. La VMM e il GARP

I due successi decisivi si conseguonoquando il Segretario generale dell’OMM D.A.DAVIES tra la fine del 1961 e l’inizio del 1962

27

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

27 Figura molto interessante, il cui spirito di collaborazione fu notato dagli Americani durante la guerra. Dal 1962 al 1974 capo del Servizio idrometeorologicosovietico (“Boll. OMM”, v. 30, n. 4, p. 276-289 ; v. 31, n. 3, p. 318-319. I. FULLER, Thor’s Legions. Weather support to the U.S. Air Force and Army, 1937-1987. Boston, Am. met. Soc., 1990. G. ZIZOLA, Giovanni XXIII. La fede e la politica, Roma-Bari, Laterza, 1988. Cfr. pp. 185, 281, 291-292). O. M. ASH-FORD, The launching of GARP. “Weather”, v. 37, n. 9, p. 265-272, set. 1982.

ottiene che i servizi sovietico e statunitenseinviino a Ginevra due personalità di primo pianoper il periodo non determinabile a priori neces-sario a portare l’iniziativa sul piano del concre-to (il che si può dire conseguito già in maggio)e quando nel 1967, sempre a Ginevra incomin-ciano a funzionare il Comitato organizzativomisto (JOC) e il Gruppo misto diProgrammazione nati da un accordo tra 1’OMMe il Consiglio internazionale delle Unioni scien-tifiche, organismo non ufficiale. che rappresentala scienza pura. È stato più facile realizzareun’intesa tra i servizi delle due massime antago-niste sulla scena mondiale che tra i Meteorologidei servizi e i loro colleghi delle università! 28

Nel 1964 1’OMM avvia sotto il nome diVigilanza meteorologica mondiale (VMM,WWW) proposto nel 1962 da H. WEXLER unprogramma, che prosegue tuttora, per incremen-tare, rendere più omogenee e sviluppare tecnica-mente le osservazioni meteorologiche. I dueconsessi di cui sopra organizzano un program-ma di ricerche, cui attribuiscono il nome diProgramma di ricerca sull’atmosfera globale(GARP), proposto nell’aprile 1966 da W. O.ROBERTS. Il CHARNEY ottiene che essoabbia come scopo fondamentale il formulare unmodello matematico in grado di descrivere lacircolazione di tutta l’atmosfera. Tale scelta svi-luppa nella maniera più naturale il filone piùimportante delle Scienze dell’atmosfera, masecondo testimonianze è stata fatta anche pernon involgere troppe competenze estranee allaMeteorologia.

Il GARP, descritto con una certa ampiez-za alla voce Meteorologia della IV Appendicedell’Enciclopedia Italiana, si articola in nume-rosi sottoprogrammi destinati, ad accrescere lanostra conoscenza degli eventi atmosferici suimari e sulle terre poco popolate e poco evolutenonché alle scale minori, a sviluppare le tecni-che per tener conto nel modello dei fenomeni aqueste scale e delle interazioni con la topografia.I sottoprogrammi (chiamati “esperienze” anchese li descrive meglio il termine “campagna diosservazione”) sono realizzate tra il 1969(BOMEX) e il 1982 (ALPEX). La preparazionee le prime fasi del GARP suscitano grande entu-siasmo, che si manifesta in una ricca pubblici-stica, talora venata di toni propagandistici dinorma involontari.

Alla conclusione del GARP il mondometeorologico è assai meno esultante. Par dicogliere, una sottile vena di delusione, ma non èfacile spiegarla. Magari erano inconsciamente

attesi risultati clamorosi, che difficilmenteavrebbero potuto prodursi, mancando ipotesinuove da verificare: forse non si è puntato abba-stanza a fondo sulla visione innovatrice delLORENZ, che ha apportato nell’intero camposcientifico la rivoluzione della “Fisica nonlineare”.

Possono aver influito anche le nuoveamarezze generate dalle difficoltà nella collabo-razione tra i Servizi e gli scienziati puri, colla-borazione che peraltro prosegue, giacché in basead un nuovo accordo tra l’OMM e il CIUS dalmarzo 1980 un Comitato scientifico misto hasostituito il Comitato organizzativo misto egestisce l’ultima parte del GARP, il Programmaclimatologico mondiale (CLIMATOLOGIA19). Non è impossibile che la crisi psicologica sisia verificata verso il 1978.

La parte operativa del GARP è riuscitaveramente bene: la collaborazione internaziona-le non si è incrinata in nessuna occasione, quasimai si è rimasti molto al disotto dello spiega-mento di mezzi d’osservazione previsto e qual-che volta lo si è superato, le misure eseguitedurante il programma nelle aree meno favoritesono incomparabilmente più numerose di quelleche si riuscivano a mettere insieme in preceden-za, fenomeni conosciuti da tempo, ma di fattorimasti ignorati, sono entrati nella coscienza delmondo scientifico, (ne è un esempio la constata-zione che molti uragani dei Caraibi derivano dagruppi di nubi convettive che si formanosull’Africa ed attraversano l’Atlantico), si è sco-perto che l’unificazione dei metodi e strumentidi osservazione non è così progredita come sipensava (era sufficiente finché si trattavano iso-latamente la fascia intertropicale e le due grandicalotte a N e a S di essa).

20. Il Centro europeo di Previsioni a mediascadenza

Nell’ottobre del 1967 - anno critico per lacollaborazione tra gli stati membri – il Consigliodei Ministri delle Comunità europee decide didar vita a un vigoroso programma comune diricerca, che prende in considerazione anche laMeteorologia. I Meteorologi sono solleciti nelpresentare proposte e la principale – che con-templa anche un Centro comune di Calcolo eRicerca – si avvia verso la realizzazione senzaindugi. Nell’ottobre 1973 è firmata la conven-zione per quello che ormai porta il nome diCentro europeo per le Previsioni meteorologi-

28

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

28 Per i difficili rapporti col CIUS si è letta persino la parola “litiges” (”Boll. OMM”, v. 41, n.2, apr. 1992, p. 147).

che a media Scadenza essendosi nel frattempoconcluso che più che altro interessa la progno-stica a 4-10 giorni. Il Centro (CEPMMT perchéall’italiano “scadenza” corrisponde in francese“terme”) si costituisce ufficialmente appena èdepositato un numero minimo di ratifiche(autunno 1975) e ai primi del 1976 dà il via allacostruzione della sede, già dalla convenzioneprevista a Shinfield Park presso Reading inInghilterra. Prende possesso del nuovo edificionel 1979 e nel settembre dello stesso anno inco-mincia a diffondere previsioni operative. Ilmodello utilizzato è aggiornato più volte. In par-ticolare nel 1983 si passa a un modello spettra-le. Invece di procedere per integrazioni a inter-valli finiti che a ogni passo danno dei valori rife-riti a ogni nodo della rete scelta si sviluppano inserie le equazioni e si calcola come i coefficien-ti dei singoli termini variano con il tempo.

L’iniziativa si può considerare un grandesuccesso. Il Centro produce forse le previsionimigliori del mondo, consente ai servizi naziona-li di dedicarsi ad adattarle alle caratteristiche delproprio territorio e utilizzando a turno personaledi quei servizi contribuisce ad aggiornarlo e adamalgamarlo.

21. Prospettive per il prossimo futuro

La crescente ansia sociale per le possibiliconseguenze di alterazioni degli equilibri atmo-sferici ad opera dell’Uomo obbligano a prende-re in considerazione l’ipotesi che laMeteorologia si concentri su questo problema.Poiché finora è stato considerato parte dellaClimatologia e degli studi sui cambiamenti diclima lo trattiamo in tali capitoli .

22. La Meteorologia in Italia dopo il 1938

A differenza della prima, la seconda guerramondiale non suscita iniziative.

L’Ufficio centrale di Meteorologia, dal 1°luglio 1940 al 1946 diretto da G. AZZI (1885-1969), creatore dell’Ecologia agraria, concentra lasua attenzione su questa disciplina e col decreto489 del 29 maggio 1941 assume il nome di Ufficiocentrale di Meteorologia ed Ecologia agraria.Una quindicina di anni più tardi, verosimilmentein base ai poteri concessi dalla legge per la rifor-ma burocratica, si ha un ulteriore cambiamento inUfficio centrale di Ecologia agraria e per la dife-sa delle piante coltivate dalle avversità atmosferi-

che nel gennaio 1957 (Decreto del Presidentedella Repubblica n. 3, artt. 318-321). Di fattorimane un ente essenzialmente meteorologico,centro di una rete di stazioni aventi interessi diver-si dalla previsione del tempo e dall’Idrologia.Conserva e aggiorna la preziosa biblioteca e il nonmeno prezioso archivio e opera per valorizzarli,con la collaborazione di altri organismi, in parti-colare dell’ENEA, che dal 1983 al 1987 cura latrascrizione dei dati su supporto magnetico, poiproseguita dall’UCEA stesso. Nel 1989 ci si pro-pone di utilizzare l’UCEA come consulente tecni-co del Ministro e di affidare l’assistenza direttaagli agricoltori ai servizi regionali e al “sistemainformativo agricolo nazionale”, gestito dallasocietà Agrisiel, a capitale pubblico, alla quale nel1990 è affidata anche la realizzazione e l’eserciziodi una rete di stazioni automatiche, la Rete agro-meteorologica nazionale (RAN).

L’UCEA attraversa due fasi di rilancio, laprima con la direzione di E. ROSINI dal 1970 al1979, il cui maggiore successo – anche a causa dieventi sfavorevoli, come la morte di F. MATTEI(1915-1976) – attualmente appare l’aver reclutatoil personale che oggi rappresenta il nerbo dell’isti-tuto, la seconda con la direzione di D. VENTO, apartire dal 1988.

Negli anni successivi l’UCEA dimostrauna capacità di iniziativa sempre crescente nellosviluppo di programmi di ricerca in collaborazio-ne, dal 1993 pubblica mensilmente un “Bollettinoagrometeorologico nazionale” giunto ormai aldecimo anno, promuove lo sviluppo di un model-lo prognostico ad area limitata (DALAM). Dapochissimo tempo è parte dell’Istituto per la ricer-ca nel Settore agricolo ed alimentare (previsto dalDecreto legislativo 454 del 29 ottobre 1999) ilquale ha assorbito tutti gli Istituti sperimentalidipendenti dal Ministero dell’Agricoltura.

Il Servizio idrografico dei Lavori pubbliciconserva 1’orientamento iniziale e stampa svaria-te pubblicazioni importantissime per la conoscen-za meteorologica del territorio. Quando il GenioCivile è trasferito alle Regioni, va incontro a unacrisi dalla quale non si è ancora ripreso. Il passag-gio - nel 1989 (Legge 183 del 18 maggio) - alledipendenze della Presidenza del Consiglio deiMinistri col nome di Servizio idrografico emareografico nazionale ha già avuto conseguenzebenefiche ed è ragionevole attendersi che quelbenemerito Servizio ben presto ritorni all’anticavitalità.

Nel 1939 con una lettera del 30 marzoalla Presidenza del Consiglio dei Ministri 29

l’Aeronautica propone di unificare le attività

29

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

29 “Riv. Aeron.”, 1975, n. 1-2, p. 198-200.

meteorologiche dello Stato assorbendole nellapropria. Forse nessuno dei numerosi tentativi direalizzare una struttura unitaria è stato più vici-no al successo. Comunque fino al settimodecennio del XX secolo la parte viva dell’attivi-tà meteorologica italiana può dirsi concentratanel Servizio di quella Forza armata. Sin dall’im-mediato dopoguerra esso si impegna nellaMeteorologia matematica, che è la struttura por-tante dell’intera disciplina e in Italia è trascura-ta almeno dal 1890. Quarant’anni di tenaceimpegno riportano l’Italia nel novero dei paesiall’avanguardia in quel settore: il sistema Argodi postelaborazione statistica delle previsionifornite dal Centro europeo di Previsioni a mediascadenza - del 1988 - è frutto di un’elaborazio-ne originale ed è il più avanzato in Europa. Essoconclude una serie di studi avviati nel 1960 daL. LA VALLE, proseguiti da C. FINIZIO e por-tati a compimento da C. DE SIMONE. Una ver-sione perfezionata prende il nome di Afrodite.

E. ROSINI (Parma 1914 - Roma 2002) epoi C. TODARO, pienamenti partecipi di quel-l’impegno, ne sviluppano la parte statistica.Notevoli contributi in svariate direzioni dannopersonalità geniali e multiformi, come G. FEA(1911-1990) e O. VITTORI-ANTISARI (1920-1993).

In particolare, il secondo conduce unadelle rare ricerche di Meteorologia fisica. Perquasi un secolo si è favoleggiato di una azionedegli spari sulla grandine. Verso il 1959 eglidecide di affrontare il problema. Osserva chequalche decina di secondi dopo il lancio deirazzi esplodenti giunge al suolo “grandinemolle”, costituita da chicchi disgregati.Raccoglie allora chicchi di grandine in recipien-ti isotermici e li esamina in camera fredda, rico-noscendo che contengono inclusioni di acqua evapore, e gli è relativamente facile ipotizzareche nel fenomeno osservato intervenga la cavi-tazione. Dopo una conferma teorica, per la qualedeve estendere al campo di grandezze in gioconel caso specifico le teorie fin allora sviluppate,passa alla sperimentazione con chicchi conte-nenti inclusioni, i quali a differenza delle pallineomogenee di ghiaccio preparate in frigorifero,danno risultato positivo.

Naturalmente l’effetto delle esplosioni èlocale e istantaneo e quindi sostanzialmenteprivo di significato pratico. 30

Il quadro della Meteorologia italianaincomincia a cambiare allorché nel 1961 ilConsiglio Nazionale delle Ricerche istituisceper iniziativa di M. GIORGI e secondo l’impo-stazione del ROSINI e del FEA il Centro nazio-nale per la Fisica dell’Atmosfera e laMeteorologia. Nella prima fase della sua attivi-tà esso punta più che altro a utilizzare l’espe-rienza dei Meteorologi sinottici e ad approfon-dirne e aggiornarne le cognizioni teoriche e con-duce sulla ciclogenesi sottovento una ricercaeccezionale per organicità e completezza rispet-to alle abitudini italiane. Nel 1968 il Centro sitrasforma in Istituto per la Fisica dell’Atmosfera(IFA) e allenta i suoi legami con la Meteorologiamilitante. Dopo il GIORGI lo dirigono il FEA,G. FIOCCO, M. COLACINO, A. MUGNAI e F.VIVONA.

Nel 1963 il VITTORI, allora direttoredell’Osservatorio di Monte Cimonedell’Aeronautica Militare, ottiene di istituire aBologna un laboratorio la cui attività si incentrasulla microfisica delle nubi e la chimica atmo-sferica, nel 1968 diviene Sezione di Bolognadell’IFA e nel 1976 laboratorio autonomo delCNR col nome di Laboratorio per la Fisica del-l’alta e bassa Troposfera (FISBAT) ed è direttofino al 1985 dal VITTORI e poi da F. PRODI eC. TOMASI. Il FISBAT a sua volta istituisce unlaboratorio a Monte Cimone.

Nel 1999 il FISBAT e l’Istituto per loStudio delle Metodologie geofisiche e ambien-tali (IMGA), fondato da R. GUZZI, con sede aModena e poi a Bologna, confluiscononell’Istituto per la Fisica dell’Atmosfera edell’Oceano diretto da F. TAMPIERI.

Col 1° gennaio 2002 l’IFA, l’ISAO,l’Istituto di Metodologie ambientali eAgrometeorologia di Lecce – fondato da L.RUGGIERO e diretto da F. ZUANNI – , laSezione geofisica dell’Istituto di Cosmogeofisicadi Torino e il gruppo specializzato inClimatologia storica e Conservazione dei BeniCulturali – creato da D. CAMUFFO a Padova –si riuniscono nell’Istituto per le Scienzedell’Atmosfera e del Clima (ISAC), diretto da F.PRODI.

Alla fine del 1985, dopo un’accurata pre-parazione, inizia ufficialmente l’attività ilServizio agrometeorologico dell’Emilia -Romagna che è il più avanzato dei servizi regio-

30

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

30 O. VITTORI ANTISARI, Preliminary note on the effect of pressure waves on hailstones, “Nubila”, a. 3, n. 1; 1960. I primi risultati furono presentati il 20novembre 1959 al IX convegno annuale dell’Associazione geofisica italiana col titolo Sugli effetti che le onde sonore possono avere sui chicchi di grandine.La comunicazione del VITTORI, non riportata per esteso negli Atti del Convegno, suscitò incontenibili polemiche che fecero protrarre ad oltre le 21 il termi-ne della seduta, previsto per le ore 18,30. Nelle tre righe di riassunto della comunicazione probabilmente si legge “artificiali” anziché “naturali” per errore. Leconclusioni del VITTORI furono bene accolte dalla comunità scientifica internazionale, in particolare da H. DESSENS dell’Observatoire du Puy de Dôme,allora considerato la massima autorità in materia. Egli ne scrisse sul “Bulletin” dell’Osservatorio stesso tra il 1960 e il 1962.

nali e in certo senso fa parte della “scuola” cheabbiamo delineato: il direttore F. NUCCIOTTI(1934-1996) e diversi suoi collaboratori proven-gono dal FISBAT, mentre i principali consulen-ti sono ancora una volta il FEA e il ROSINI.Con il loro intervento il Servizio organizza otti-mi corsi per formare personale meteorologico,con buoni testi d’insegnamento. Pubblica ancheimportanti lavori di Meteorologia geografica. AlNUCCIOTTI è succeduto S. TIBALDI.

Fisici delle Università sviluppano inizia-tive in vari settori delle Scienze dell’Atmosferae curano la presenza italiana nel mondo scienti-fico internazionale. L’ultimo sottoprogrammadel GARP è stato voluto (prevalentemente perl’impegno di S. PALMIERI) anche per svilup-pare una scuola meteorologica nelle universitàitaliane e non ha mancato l’obiettivo, quantomeno a Bologna. Tra gli studiosi di questa cittàsi segnalano A. SPERANZA e il TIBALDI, iquali muovendo da posizioni molto teoriche eastratte danno segni di una comprensione sem-pre più profonda e realistica del problema dellaMeteorologia. Nel gennaio 1983 si costituisceun Gruppo nazionale di Fisica dell’atmosfera edell’Oceano che la cui opera di coordinamento eaggiornamento non riesce ad imporsi primadella sua soppressione.

Il decreto legislativo 12 del 31 marzo1998 prevede un Servizio meteorologico nazio-nale distribuito, costituito dagli organi statalicompetenti in materia e dalle regioni e che sarà“articolato, per ogni regione, da [sic!] un servi-zio meteorologico operativo coadiuvato da unente tecnico centrale”. Si tratta di una delle nonpoche originalità del nostro paese. Le confede-razioni di antica esperienza, come gli Stati Unitid’America e la Svizzera, hanno un serviziometeorologico federale senz’ombra di servizimeteorologici dei singoli stati. In Isvizzeraperaltro il Servizio federale ha convenzioni, adesempio con l’Università di Basilea, perché entilocali gestiscano stazioni secondo le normedell’Organizzazione Meteorologica Mondiale eforniscano le osservazioni da esse stabilite. Lascommessa propostasi dagli autori del decreto èstimolante, ma piuttosto ardita. In particolareappare molto difficile vincerla senza un entetecnico-scientifico centrale con vasti poteri.

L’Italia incominciò ad avere un buon ser-vizio meteorologico quando nel 1879 TACCHI-NI fu nominato direttore dell’Osservatorioastronomico del Collegio Romano, nonchédirettore dei servizi meteorologici dei ministeridella Pubblica istruzione, dei Lavori pubblici,

della Marina e dell’Agricoltura e Commercio. 31

Dare delle indicazioni sul futuro perl’Italia è reso più difficile dall’instabilità delquadro istituzionale. All’inizio del 2003 sem-brerebbe che il Servizio dell’Aeronautica siadestinato a provvedere ancora alle previsionigenerali e a buona parte degli sviluppi scientifi-ci ad esse collegata e in misura maggiore chenegli scorsi decenni a previsioni operative.

Il problema del cosiddetto “effetto serra”è sostanzialmente affidato all’ENEA.

La Meteorologia agraria appare in fortesviluppo, anche perché G. MARACCHI hasaputo creare a Firenze un attivo gruppo di stu-diosi nel quale Università e Consiglio Nazionaledelle Ricerche collaborano strettamente.

L’interesse delle Università continuerà acrescere al ritmo piuttosto deludente manifesta-to fino ad oggi.

31

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

31 “Ann. Uff. Centr. Met. ital.“, a. I, 1879 [ma 1880]; cfr. p. XIV.

Parte II

CLIMATOLOGIA

1. I diversi modi di concepirla

La Climatologia può vantare una tradizio-ne antichissima, ben definita e mai interrotta ebeneficia dell’aver sempre posseduto un filoneprincipale riconosciuto internazionalmente. Diuna tradizione non può invece giovarsi il pre-sente articolo: malgrado un interesse almenoventennale al problema e accurate ricerche nonabbiamo trovato alcuna Storia dellaClimatologia. Ciò che scriviamo quindi è inevi-tabilmente molto influenzato dalle nostre con-vinzioni, che appaiono a noi stessi semplicisti-che e grossolane, ma sembrano averci feconda-mente orientato nell’attività pratica: laGeografia deve fornire al consorzio umano informa utilizzabile, cioè comprensibile dai più, lenotizie sull’ambiente delle quali esso sente osentirà prossimamente il bisogno e laClimatologia non è altro che la Meteorologiageografica (cfr. METEOROLOGIA 1). Unadistinzione tra il concetto di Meteorologia equello di Climatologia non si può fare. L’usaredue termini diversi ingenera confusione anzichéchiarezza. Immaginare che la Climatologiaabbia un metodo suo proprio è assurdo e perico-loso; è semmai lo scopo a caratterizzarla.

La parola “clima”, che in origine valeva“inclinazione“, già nel V sec . a. C. attraverso ilconcetto di “inclinazione dei raggi solari” inco-minciò ad evolvere verso l’accezione che qui ciinteressa. Pare ormai assodato che il passo deci-sivo fu compiuto da PARMENIDE, attivo nellaprima metà del V sec. a. C., il quale sulla base diconcetti puramente astronomici individuò cin-que “climi”: le classiche zone torrida, tempera-te e glaciali separate dai tropici e dai circolipolari. Da allora nelle lingue diverse dal greco“clima” ebbe il significato oggi comune oppurequello di regione, che in qualche periodo rischiòdi prevalere, tanto che l’inglese per definire ilprimo senza ambiguità usò climature. La dottri-na dei climi fu sviluppata sino a numerarne ven-tiquattro e in molti autori classici si possono leg-gere annotazioni più articolate: ERODOTO(484-430 a.C. circa) e IPPOCRATE (460-375a.C. circa) sapevano benissimo che a parità dilatitudine le regioni elevate sono più fredde e ilsecondo conosce l’importanza dell’esposizione.Tuttavia fu nella sua forma originale che la dot-trina dei climi attraversò più di due millennisenza perdere pregnanza; meraviglia la parteci-pazione emotiva con la quale ancora nel 1843 R.

DE COSA, nel diario del primo viaggio alBrasile di una formazione navale napoletanascrive «La sera degli 11 novembre oltrepassam-mo il Tropico del Cancro, per cui nella zonatemperata si navigava». 1 Ciò testimonia l’im-portanza psicologica di uno schema, anchemolto astratto, che aiuti a inquadrare e compara-re e giustifica altre astrattezze che più avantisaremo tratti a criticare se non altro implicita-mente. Il Medioevo e il Rinascimento non fannosegnare alcun sostanziale progresso, anche sel’esame accurato da parte di un Meteorologodelle opere di ALBERTO MAGNO (1193 c.-1280), G. CARDANO (1501-1576) e F. BACO-NE (1561-1626) potrebbe apportare qualchesorpresa. Nel seicento la nascita della scienzamoderna con il suo rigoroso interesse sia per larealtà sperimentale che per la matematizzazionedelle scienze naturali si riflette puntualmentenell’ambito della Climatologia. Tutte le storiedella Meteorologia danno rilievo alla parte cli-matologica della Geographia generalis di B.VARENIUS (1622-1650) apparsa nell’annodella sua morte. Essa ripete sostanzialmente laclimatologia solare degli antichi, ma contienespunti di progresso. VARENIUS si accorge cheregioni alla stessa latitudine hanno climi diversi;riconosce che le caratteristiche meteorologichedelle singole località dipendono dai venti, dallanatura del suolo, della prossimità di montagneinnevate, descrive i grandi sistemi di venti e lafascia piovosa equatoriale dell’intero globo, sache questa si sposta col sole e che i cicloni tro-picali sono vortici. Molti trascurano invece diricordare che E. HALLEY (1656-1742; gli sideve anche la prima carta dei venti nella zonatorrida, contenuta in uno scritto che di quei ventispiega il meccanismo e perciò si trova menzio-nato nella parte dedicata alla Meteorologia dina-mica) nel 1693, tentò di calcolare in unità relati-ve l’afflusso di calore solare agli equinozi e aisolstizi per latitudini crescenti di 10 in 10 gradi.(On the proportional heat of the sun in all lati-tudes, with the method of calculating the same.”Philos. Trans.”, XVII, p. 878-885). Dell’ HAL-LEY si trova citato da vari AA, senza riferimen-ti bibliografici anche un Discourse on the distri-bution of solar heat at all latitudes, pure del1693. Quando si passa al Settecento le storiedella meteorologia cambiano prospettiva.Attribuiscono molta importanza al progressodegli studi sul “clima solare” (termine quest’ul-timo usato dall’HUMBOLDT in opposizione a

35

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

1 R. RADOGNA. Storia della Marina Militare delle Due Sicilie. Milano, Mursia, 1978. Cfr. p. 218. Raffaele DE COSA (1778-1856), allora Commodoro e dopopochi anni Ammiraglio, insieme a Luigi CHRETIEN, direttore dell’osservatorio della Marina borbonica, pubblicò un volumetto intitolato Corsi di osservazio-ni meteorologiche nella zona torrida (Appendice agli Atti Acc. Sci. Napoli. 1884)

quello di “clima reale” e forse coniato da luistesso) dovuta a P. BOUGUER (1698-1758), T.MAYER (1723 -1762) e J. H. LAMBERT(1728-1777). Il primo si può dire il creatoredella fotometria e della teoria dell’assorbimentodella luce da parte dell’atmosfera. Il secondosostiene che se la temperatura è m all’Equatoree n al Polo, alle latitudini intermedie essa è m-nsinφ

II terzo fa notevolmente progredire lafotometria e nella Pyrometrie calcola l’energiaradiante che la superficie terrestre riceve dalSole e riemette verso lo spazio. Non sa però cheanche i corpi trasparenti come l’aria irradiano.

Le stesse storie ignorano invece una cli-matologia più feconda dal punto di vista pratico.Ne conosciamo finora un solo rappresentante:G. TARGIONI - TOZZETTI (1712-1783), chesi potrebbe dire addirittura “postmoderno”, nelsenso che impiega i metodi raccomandati dalriesame critico della Climatologia delle medie 2.Il fondatore riconosciuto della Climatologiamoderna è A. v. HUMBOLDT (1769-1859). Disolito ci si limita a ricordare che nel 1817 egliintroduce il concetto di isoterma (la seconda iso-linea della storia dopo quelle di ugual declina-zione magnetica dette “linee di HALLEY” dalnome di chi le introdusse nel 1701) e a riportareuna sua poetica definizione: “La parola clima …abbraccia tutte le modificazioni dell’atmosferaesercitanti azioni di qualche rilievo sui nostriorgani come la temperatura, l’umidità, le varia-zioni della pressione atmosferica, le calme e glieffetti degli opposti venti, la carica e la tensioneelettrica, la purezza dell’atmosfera o la sua con-taminazione con emanazioni più o meno insalu-bri, infine il grado di trasparenza dell’aria, que-sta serenità del cielo così importante non soltan-to perché influenza l’irraggiamento del suolo, losviluppo dei tessuti vegetali e la maturazione deifrutti, ma altresì per l’insieme delle sensazionipsichiche che l’uomo prova nelle varie zone”.Conviene aggiungere che egli ricerca e di fattoavvia la matematizzazione della Climatologia,ma muove sempre dall’osservazione diretta e alcaso non esita a fondarsi su questa soltanto. Ècosì che scopre la cintura equatoriale di bassepressioni ed i venti in quota che corrispondonoai contralisei postulati dallo HALLEY e delineala CIimatografia dell’intero globo (cfr. infra).

Per oltre mezzo secolo questa concezionesostanzialmente geografica deve essere stataaccettata senza discussioni (delle quali non ci èriuscito di trovare traccia) e travasata nei libri ditesto. Ad esempio il Trattato elementare di

Fisica del francese A. GANOT (che probabil-mente fu scritto nel 1863, tradotto in italiano nel1875 e molto diffuso nei nostri Licei e conservòprestigio sino agli inizi del scorso secolo, tantoche verso il 1915 fu donato a Emilio SEGRÉ dauno zio illustre geologo) definisce il clima: “...l’insieme delle variazioni atmosferiche checaratterizzano una contrada”, quindi in termininon diversi da quelli adoperati da L. DE MAR-CHI nella Climatologia del 1890 e mantenuti intutte le successive edizioni: “Per clima di unpaese intendiamo il complesso di condizioniatmosferiche che rendono quel paese più omeno atto ad essere abitato dall’uomo e a for-nirgli tutti gli elementi necessari per l’esistenzasua e per quella degli animali e delle piante chegli servono”.

Nel 1883 in una collana di manuali geo-grafici diretta dal creatore della Geografia antro-pica F. RATZEL (1844-1904) apparve ilHandbuch der Klimatologie di J. HANN (1839-1921 ), che inizia con queste parole: “Per climaintendiamo l’insieme dei fenomeni meteorologi-ci, che caratterizzano lo stato medio dell’atmo-sfera in un punto qualunque della superficie ter-restre ... Quel che chiamiamo situazione meteo-rologica è soltanto una fase, un singolo attonella successione dei fenomeni il cui andamen-to più o meno simile di anno in anno costituisceil clima di un luogo. Il clima di un certo periodoè l’insieme delle situazioni meteorologichecome esse mediamente sogliono presentarsi inquella parte dell’anno ... La Climatologia è persua natura più descrittiva e il suo compito con-siste nel fornire l’immagine più viva possibiledell’effetto complessivo di tutti i fenomenimeteorologici in una località”.

Di tale definizione fu diffusa - oseremmodire propagandata - soltanto la prima proposi-zione, in modo da identificare la Climatologiacon la Meteorologia statistica ed anzi col calco-lo delle medie. In certo senso fu una mistifica-zione (od automistificazione) per effetto dellaquale il vedersi riconosciuta una posizione diprovincia autonoma della Meteorologia e attri-buito un metodo rigoroso fece dimenticare allaClimatologia che il suo compito originario eradi caratterizzare meteorologicamente il territo-rio e che avrebbe potuto – e anzi dovuto – ricor-rere all’osservazione diretta ogniqualvolta lemisure mancano o sono insufficienti o inadatte.Il lato ambiguo e propriamente mistificatoriodell’operazione è che di fatto essa comportò unatacita soppressione di questo tipo diMeteorologia. Sarebbe risultata limpidissima e

36

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

2 Alimurgia. Firenze, Moücke, 1767; cfr. p. VII.

feconda se fosse stata completata dalla dichiara-zione che i Meteorologi se ne sarebbero disinte-ressati e invitavano altri a provvedervi.Ricercare le origini storiche e le ragioni pratichedi un evento così fondamentale è doveroso eilluminante.

In primo luogo esistette per molti decenniun mito della media sorto forse dalla sua capa-cità così suggestiva di estrarre il “valore vero”da una congerie di misure affette da errore. Essoappare già nei precursori del Positivismo, ad es.nei §§ 6, 226 e 229 del Preliminary Discourse ofthe Study of Natural Philosophy (1830) di J.HERSCHEL. Per molto tempo si procedettecome se 1a Climatologia avesse soltanto il com-pito di determinare le medie annue delle gran-dezze meteorologiche e le misure eseguite nellevarie ore del giorno e nei vari mesi dell’annofossero misure della media annua affette soltan-to da errori casuali. Ancora agli inizi delNovecento si poteva leggere in un’enciclopediadi un certo prestigio che “isoterma” valeva “iso-terma media annua”. Soltanto quando ci si reseconto con orrore che la medesima isoterma col-lega Pechino con le spiagge della Bretagna sitrovò il coraggio di calcolare separatamente lemedie dei due semestri, battezzandole peròIsochimene e Isotere.

In secondo luogo c’erano ancora da supe-rare resistenze alla matematizzazione dellescienze naturali e l’abitudine a trattazionidescrittive prive di spirito critico, si sentiva l’ur-genza di realizzare uno schema comparativo delclima di tutta la Terra e nell’opinione di moltil’applicazione all’atmosfera di leggi fisiche dalcui progresso ci si attendeva una soddisfacenteMeteorologia dinamica si sarebbe fatta sullemedie. In terzo luogo rispetto agli altri indicistatistici la media è meno difficile e meno fati-cosa da calcolare richiedendo in sostanza unasemplice addizione; probabilmente la capacitàdi calcolo era troppo ridotta per adottare siste-maticamente elaborazioni che richiedono di sta-bilire per prima cosa tabelle di frequenza.Inoltre la media è particolarmente maneggevoleper chi voglia elaborare ulteriormente i dati,applicando ad esempio la teoria della correla-zione.

L’identificazione della Climatologia conla Meteorologia statistica fu rapidamenteintroiettata da tutti e per quasi sette decenni lasistemazione così conseguita non fu messa incausa. Il disagio derivante dall’aver trascuratol’aspetto geografico si manifestò attraverso unbisogno ossessivo di ridefinire la Climatologia,mentre nessuno ebbe i sonni turbati da un’ana-loga esigenza nei confronti della Meteorologia.

Delle praticamente innumerevoli defini-

zioni del clima citeremo alcune di quelle che sisforzano di superare quel disagio. L’HANN,verso il 1900: “ ... l’insieme dei fenomenimeteorologici caratterizzanti lo stato medio del-l’atmosfera nelle diverse parti del globo ... Ilrisultato da conseguire utilizzando le osserva-zioni condotte a lungo in uno stesso luogo èdefinire per quel luogo uno stato medio dellecondizioni meteorologiche che permetta di dareun’idea dei fenomeni normali o anormali in qua-lunque epoca dell’anno. Per ottenere questorisultato si impiegano metodi statistici e grafici,l’analisi armonica, la teoria della probabilità”.W. KÖPPEN nel Grundriss der Klimakunde del1913: “ ... lo stato medio e l’andamento abitua-le delle condizioni meteorologiche di un datoluogo. Il clima è ciò che rimane costante nelcontinuo variare delle condizioni meteorologi-che. La Climatologia è una branca dellaMeteorologia che come questa si basa sullaFisica e sulla Geografia. In essa però il momen-to geografico prevale su quello fisico”.

V. CONRAD (1936): “... lo stato mediodell’atmosfera su un dato luogo, riferito a undeterminato intervallo di tempo, accompagnatodalla considerazione dei valori medi e estremidelle variazioni cui sono soggetti gli stati del-l’atmosfera definiti nel tempo e nello spazio”.

F. EREDIA (1942): “Clima di una locali-tà è l’insieme delle condizioni atmosferiche nor-mali o anormali che caratterizzano la localitàstessa”.

E. ROSINI (1955 c.): “Abitudini e tradi-zioni del tempo”.

E. S. RUBINSTEIN e O. A. DROSDOW(1956): “ ... media su lunghi anni dei tipi ditempo che caratterizzano un dato luogo, deter-minata dalla radiazione solare incidente, dalleparticolarità del terreno e dalla circolazioneatmosferica loro connessa”.

C. L. GODSKE (1963): “Distribuzione diprobabilità delle condizioni del tempo, cioè lasintesi delle distribuzioni di probabilità di tuttigli elementi meteorologici”.

J. BLÜTHGEN (1964): “Riassunto ...mediante la distribuzione dei valori più frequen-ti, medi ed estremi ... degli stati e processimeteorologici prossimi al suolo o influenzanti lasuperficie terrestre”.

Noi stessi (1978): “ … probabilità checerte condizioni meteorologiche si verifichinoin un determinato luogo”.

W. J. GIBBS (1987): “Probabilità statisti-ca del verificarsi di diversi stati dell’atmosferain un certo luogo o regione nel corso di un certoperiodo civile. Per descrivere adeguatamente ilclima occorre una rappresentazione precisadella distribuzione delle frequenze di una scelta

37

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

di elementi meteorologici oltreché notizie sullerelazioni significative tra tali elementi e suicaratteri significativi delle loro cronache”.

Varrà la pena di osservare che a partiredalla definizione del GODSKE si è realizzato unsostanziale accordo. Permane peraltro la diffe-renza tra la mentalità matematica generalizzatri-ce, uniformatrice e astratta e la tradizione geo-grafica attenta agli elementi significativi di casoin caso. Sul problema è recentemente ritornato ilbelga R. SNEYERS, uno dei meteorologi piùpreparati in Statistica e noto per le sue messe apunto in materia durante numerosi congressi (Laclimatologie, science ou litérature?“Meteorologie”, s. 8°, n. 36, p. 54-61; feb. 2002).

Il giogo psicologico che si era venuto sta-bilendo apparve scosso quando nell’ultimo dopo-guerra fu eletto a presidente della Commissionedi Climatologia dell’Organizzazione meteorolo-gica mondiale (OMM) il geografo C.W.THORNTHWAITE, che non era un funzionariodi servizio meteorologico.

Il suo discorso d’insediamento è ricco diaffermazioni dirompenti.Il predecessore H. V.FICKER considerava la Climatologia scienzaausiliaria delle più svariate discipline ma ritennesuo dovere guidarla ad essere più che altroancella della Meteorologia dinamica; “Egli nonriconosceva alla Climatologia il diritto a un’esi-stenza indipendente ... non posso accettare ladefinizione secondo la quale la Climatologia èuna Meteorologia statistica, pur ritenendo che lostudio statistico dei dati meteorologici possa farparte della Climatologia, … sono ancora piùcontrario all’opinione che la Climatologia è unabranca della Statistica … il clima è l’integrazio-ne … dei fattori la cui combinazione dà a unaregione i suoi caratteri e la sua individualità …esaminando il mandato della Commissione sipotrebbe pensare che l’unico compito delClimatologo consista nel raccogliere le osserva-zioni delle quali il Meteorologo non ha più biso-gno, conservarle, elaborarle e metterle a dispo-sizione di altri studiosi … non credo chedovremmo avere le stesse inibizioni cui è anda-ta soggetta la precedente Commissione”.

Questo sforzo passò quasi senza conse-guenze; tutt’al più può aver dato un certo impul-so alla Topoclimatologia (cfr. 2.6).

Il grosso dei Meteorologi (e anche deglialtri studiosi interessati alla Climatologia, adesempio i Geografi) non si liberò dalle inibizio-ni cui accennava il THORNTWAITE e in parti-colare da quella ad accettare anche in via teori-ca una Climatologia che esorbiti dalla Statistica.Continuarono così ad arrovellarsi intorno alladefinizione di quella disciplina.

In effetti fin oltre la metà del secolo scor-

so la Climatologia continuò ad essere identifica-ta col calcolo di medie impostosi dopo il 1880,il cui scarso significato divenne evidente, tantoda far prevedere che quella disciplina ed il suostesso nome sarebbero scomparsi.

Da almeno un decennio però comeClimatologia si intende la scienza delle relazio-ni interne al sistema climatico.

Si tratta di una disciplina che richiede unapreparazione matematica piuttosto elevata (anzinei suoi sviluppi più d’avanguardia che si occu-pano degli stati di “assestamento” o di equilibrioin senso lato del sistema e delle condizioni dipassaggio dall’uno all’altro di essi, così elevatada poter sospettare che taluni preferiscano nonaffrontarli e dedicarsi a modelli meno rivoluzio-nari).

Questa nuova Climatologia suscita grandientusiasmi, tanto che - cosa mai vista - si è inco-minciato a pubblicare riviste intitolate allaClimatologia, come il “Journal of Climatology”(dal 1981) e “Climate Dynamics” (dal 1987).Nessuno attribuisce loro il compito di caratteriz-zare meteorologicamente il territorio e invano sicercherebbe nelle riviste menzionate un articolocol classico titolo “II clima di …”.

Sintomo di queste vicende è il fatto che laCommissione di Climatologia dell’OMM neglianni ’60 a poco a poco perdette il suo inizial-mente grandissimo prestigio, poi si trasformò in“Commissione per le applicazioni speciali dellaMeteorologia e della Climatologia” (1971) e piùtardi “per la Climatologia e le applicazioni dellaMeteorologia” (1979) e finalmente ritornò adessere “Commissione per la Climatologia”(1983 circa).

Converrà aggiungere qualche notizia chespiega alcuni termini sporadici nella letteraturaclimatologica e conferma l’identificazione dellaClimatologia con l’indirizzo rientrante nellaMeteorologia matematica.

Il HANN credeva che l’osservazionediretta fosse utile e la descrizione verbale delclima particolarmente efficace (cfr. 1). Perciò leparti del Handbuch der Klimatologie dedicate aiclimi regionali mettono in pratica tale opinione,citando persino brani di chi ha viaggiato attra-verso i territori descritti, e portano il nome spe-cifico di Climatografia. Il termine visse peralcuni lustri poi scomparve e ne fu dimenticatoil significato.

Un’altra distinzione che non si è afferma-ta fu proposta nel 1971 da H. LETTAU: chia-mare Climatonomia lo studio fisico-matematicodel sistema climatico.

38

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

2. I conseguimenti

2.1 Le prime opere moderne di Climatologia

Alla metà dell’Ottocento erano già dispo-nibili svariate opere climatologiche che si pos-sono considerare moderne e in parte lo sonomolto più di quel che oggi è dato immaginare.Sarebbe interessantissimo riesaminarle minuta-mente, ma l’operazione è resa difficile dallecautele - forse eccessive - dei possessori di libricosì antichi, che peraltro in generale non sonorari.

Fondamentale è The climate of Londondeduced from meteorological observationsmade in the Metropolis and at various placesaround it del farmacista quacchero L.HOWARD (1772-1864), cui si deve la classifi-cazione delle nubi tuttora in uso. Alla prima edi-zione in due volumi del l8l8-l820, nel 1833 neseguì una seconda in tre. Un trattato diMeteorologia generale, particolarmente attentoai problemi degli strumenti e metodi di misura,precede la vera e propria descrizione del climadi Londra. Al HOWARD non erano sfuggitemolte particolarità d’abitudine trascurate daiClimatologi posteriori. Già nel 1812 egli avevamesso in evidenza che due pluviometri vicinipossono ricevere quantità diverse di pioggia pereffetto della turbolenza e sa che le grandi cittàalterano la distribuzione delle grandezze meteo-rologiche e che nelle medesime col passaredegli anni la temperatura fa segnare un lentissi-mo aumento rispetto alle stazioni circostanti.

Per la Climatologia regionale sono altret-tanto fondamentali le opere del Geobotanico eClimatologo danese J. SCHOUW (1789-1852),il quale trascorse in Italia tre anni (1817-1819circa). In particolare i Lineamenti di una geo-grafia generale delle piante (Grundtraek til enalmindelig plantegeographie, Copenhagen1822; Grundzüge einer allgemeinenPflanzengeographie, Berlino 1823), i Contributialla Climatologia comparata (Beiträge zur ver-gleichenden Klimatologie, Copenhagen, 1827;Specimen geographiae physicae comparativae,Copenhagen, 1828), il Quadro della vegetazio-ne e del clima dell’Italia (Tableau du climat etde la végétation de l’Italie). Copenhagen 1839).Quest’ultimo è corredato di un atlante e mette aprofitto le osservazioni in buona parte quantita-tive, che Giuseppe TOALDO (1719-1797)aveva raccolto a Padova da oltre 60 corrispon-denti in tutta Italia.

Al 1839 risale anche il progenitore degliatlanti climatici. Il primo atlante fisico - edito daH. W. BERGHAUS - comprende carte della

distribuzione della pressione sugli OceaniAtlantico e Indiano curate dal HUMBOLDT einserite per suo incitamento. Vi compare per laprima volta il termine di isobara.

Varie altre opere sono da ricordare perl’uno o l’altro motivo, talvolta semplicemente inquanto precorritrici.

W. JASTREBOWSKI pubblicò unaCarte météorologique de la capitale duRoyaume de Pologne (1828) e poi una Carte cli-matologique de Varsovie comme point centralde l’Europe (1841).Intervallati di dieci anni(1847 e 1857) seguirono due importanti lavorirussi Sul clima di Mosca (O klimate Moskvy) diM. F. SPASSKII (1809-1859) e Sul clima dellaRussia di K. S. VESELOVSKII (1819-1901).

Particolare interesse è da attribuire a trevolumi di A. QUÉTELET, che le storie dellaStatistica indicano come uno dei padri di quellascienza nelle sue applicazioni demografiche esociologiche: i due Sur le climat de la Belgique(Bruxelles, Hayez; v. I, 1849, 358 pp.; v. II,1857, 285 pp.) e l’altro Météorologie de laBelgique comparée a celle du Globe (ibid.,1867, 505 pp.). Nel 1864 E. RENOU (1815-1902) pubblicò per la prima volta carte delleisobare medie di una regione e precisamentedella Francia e di parte del Mediterraneo e nel1869 A. BUCHAN (1829-1907) carte con ladistribuzione della pressione e del vento sull’in-tera superficie terrestre.

L’ultimo quindicennio dell’Ottocento e iprimi lustri del nuovo secolo videro una fioritu-ra di atlanti climatici veri e propri. Incominciò ilHANN con l’Atlas der Meteorologie (Gotha,1887), che fa parte di un’ulteriore edizione delPhysikalisher Atlas del BERGHAUS.Seguirono nel 1899 il III volume curato dalBUCHAN di un’altra opera celeberrima, ilBartholomews physical Atlas, nel 1900 l’Atlasclimatologique de l’Empire de Russie e nel 1906il Climatological Atlas of India diretto da J.ELIOT.

In certo senso chiuse quella fioritura diopere fondamentali e celebri il Klima-Atlas vonDeutschland dell’HELLMANN (Cfr. CAM-BIAMENTI DI CLIMA 2.2.1) stampato aBerlino nel 1921.

2.2 La classificazione dei climi

Le cinque zone di Parmenide erano radi-cate tanto profondamente nella psiche umana(cfr. 1) che quando nel 1879 A. SUPAN(Innichen, oggi San Candido 1847 – Breslavia1920) propose una classificazione dei climi piùmoderna in un primo tempo pensò di mantener-

39

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

le, indicando le isoterme medie annue di 20° e di0°C come confini tra la zona torrida e le duetemperate e tra queste e le zone frigide (DieTemperaturzonen der Erde. “Petermanns geogr.Mitt.” v. 25, p. 349-358, 1879). Il risultatoapparve ben presto avulso dalla realtà geografi-ca e indusse il SUPAN a cambiare radicalmentecriterio: dalla prima edizione dei Lineamenti diGeografia fisica (Grundzüge der physischenErdkunde, Lipsia, 1884) egli propose 35 provin-ce climatiche definite con molta aderenza allarealtà, ma con i criteri empirici e soggettivi delnaturalista, i quali evidentemente non soddisfa-no il bisogno di certezza ed oggettività insitonella nostra psiche.

Nel classificare i climi ottenne i risultatipiù felici W. KÖPPEN (1846-1940), personalitàfuori dell’ordinario: nato a Pietroburgo in unafamiglia tedesca da due generazioni al serviziodel governo zarista, studiò in Russia fino alsecondo anno di università, poi passò adAidelberga (dic. 1866) e finalmente a Lipsia,dove nel 1870 si diplomò con la dissertazioneCalore e crescita delle piante. Da studentemanifestò prevalentemente interessi di tiponaturalistico, ma - spinto anche da una tradizio-ne geografico-statistica familiare – elaboròmisure meteorologiche sin dal 1865 e seguì ilcorso di fisica dell’illustre G. K. KIRCHHOFF(1824-1877). L’argomento della dissertazione fuscelto per influenza della Carta geobotanicadella Terra pubblicata nel 1867 sulle“Petermanns Mitteilungen” da A. GRISEBACH(1814-1879). Ritornato in Russia il KÖPPENlavorò per due anni all’Osservatorio meteorolo-gico centrale. Nel 1875 si trasferì in Germania eper altri 65 anni fu attivo, sempre dimostrandooriginalità e genialità, in quasi tutti i settori dellaMeteorologia. Nel 1884 egli abbozzò una classi-ficazione dei climi, basandosi sulla constatazio-ne (della quale fece uso proficuo il TARGIONI-TOZZETTI; cfr. 1) che lo sviluppo e la stessasopravvivenza delle piante sono legate alladurata dei periodi in cui la temperatura si man-tiene al disopra o al disotto di certe soglie (Lezone termiche della Terra, considerate dalpunto di vista della durata dei periodi caldi,temperati e freddi e degli effetti del calore sulmondo vivente. Die Wärmezonen der Erde nachder Dauer der heissen, gemässigten und kaltenZeit und der Wirkung der Wärme auf die orga-nische Welt. “Met. Ztschr.“, v. 1, p. 225-226).Nel 1900 seguì un Tentativo di classificazionedei climi, prevalentemente fondato sulle lororelazioni col mondo vegetale. (Versuch einerKlimaklassifikation vorzugsweise nach ihreBeziehungen zur Pflanzenwelt, “Geogr. Ztschr.”,v. 6, pp. 593-611 e 657-679) dove è tenuto conto

anche dei totali delle precipitazioni nei periodiconsiderati.

L’elaborazione del problema si può consi-derare ormai matura nel 1918 con l’articoloClassificazione dei climi in funzione della tem-peratura, delle precipitazioni e dell’andamentoannuale (Klassifikation der Klimate nachTemperatur, Niederschlag und Jahreslauf,Petermanns geogr. Mitt.“, v. 64, pp. 193-203 e243-248). Questo lavoro è più libero dalle radi-ci fitogeografiche e quasi puramente climatolo-gico, abbandona una certa precedente tendenzaa forzare le analogie tra i vari continenti e con-tiene la carta e le formule climatiche che diver-ranno classiche. La nuova classificazione fu dif-fusa dal volume I climi della Terra. Fondamentidi climatologia (Die Klimate der Erde.Grundriss der Klimakunde, Berlino, 1923; nellaseconda edizione del 1931 è riprodotta la cartadel 1918), dalla parte I C Das geographischeSystem der klimate (Berlino, Borntraeger,1930,19362) del grandioso Handbuch derKlimatologie, coordinato dal KÖPPEN e da R.GEIGER (cfr.2.5) e da una grande carta muralealta un metro e mezzo Wandkarte der Klimateder Erde (Gotha, Perthes, 1928; con la collabo-razione del GEIGER). Le numerose altre classi-ficazioni proposte sono in gran parte perfezio-namenti di quella del KÖPPEN, che peraltrorimane la più adatta a un’utilizzazione generica.Di solito esse tendono ad esprimere meglio lacruciale relazione tra temperatura e precipitazio-ni (la quale per gli effetti sul mondo vegetale vaespressa in termini di bilancio idrico delle pian-te), ricorrendo anche a nuove grandezze, in pas-sato malamente stimabili, come 1’evapotraspi-razione.

Ovviamente si è fatta sentire l’esigenza diuna classificazione puramente oggettiva, mani-festatasi nell’articolo Le concept du climatabsolu et la classifìcation des climats(“Meteorol.”, p.161-166; 1955) dell’italiano G.AZZI (1885-1962), creatore dell’Ecologia agra-ria. Egli distribuisce in opportune classi le tem-perature medie e le precipitazioni totali annue ecalcola le percentuali della superficie terrestreattribuibili alle singole classi. Su un diagrammacartesiano avente come coordinate le percentua-li della superficie terrestre caratterizzate da pre-cipitazioni e temperatura inferiori a un valoredato riporta i punti corrispondenti alle localitàprese in considerazione e come riferimento ivalori medi delle due grandezze calcolati perl’intera superficie terrestre. I progressi della sta-tistica e dei metodi di calcolo rendono oggi pos-sibili classificazioni totalmente fisiche e ogget-tive. Dovrebb’essere soprattutto istruttivo con-frontare quelle ottenute in basi a diversi criteri.

40

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

Riguardo alla classificazione oggettivadei climi, basterà citare tre scritti italiani:

I. TONTI, Le regioni climatiche in Italia(“Riv. ital. Econ., Demogr., Statist.”, v. XIII, n.314, p. 485-486; 1959) basata sulla varianzadelle precipitazioni e della temperatura;

E. ROSINI, M. MENENTI e V. TREVI-SAN, Concetti e metodi della mesoclimatologiaper un contributo alla conoscenza ambientale(“Ìnformat. botan. ital.”, v. VI, n. 2, p. 163-170;1974) illustrante il concetto di distanza climati-ca (cfr. Encicl. ital., IV Append., v. I, p. 474);

H. CARNIEL, M. CESCHIA e S.MICHELETTI, Precipitation distribution inFriuli-Venezia Giulia: average amounts andcluster analysis. (In: 21. Internationale Tagungfür alpine Meteorologie, 17-21 Sept.1990.Tagunsbericht, 1. Teil, p. 402-405.Pubblicazioni Centr. meteorol. svizz., n. 48).

In questo filone si può far rientrare ancheil Profilo climatico dell’Italia di S. PETRARCAet. al. edito dall’ENEA (8 voll.; 1999). L’operaprende le mosse da una definizione puramentetermica dei mesi in molto freddi, freddi, confor-tevoli, caldi e molto caldi e riconosce nel nostroterritorio 11 aree climatiche caratterizzate dalnumero dei mesi freddi o molto freddi oppure daquello dei mesi caldi o molto caldi.

Un altro aspetto che riteniamo attuale èuna classificazione che si fondi sulle reazionidell’uomo contemporaneo. Studi, in veritàmolto parziali, di singole località e regionisecondo i criteri suaccennati sono già stati pub-blicati. Questi indirizzi non hanno suscitatomolta attenzione sicché non sono stati elaboratiper l’intera superficie terrestre e neppure sonostate diffuse rassegne esaurienti del pubblicato.

L’analisi di come le condizioni climaticheinfluenzano l’Uomo ha avuto inizio con lo stu-dio del disagio apportato dal caldo-umido avvia-to nel 1941 dall’articolo Afa e agio come gran-dezze climatiche di K. SCHARLAU (Schwüleund Behagligkeit als Klimagrössen. “Hyg.infekt. Krankh.”, v. 128, p. 511-530; 1941). Nelnostro paese hanno condotto studi del genere E.ROSINI (a partire dall’S. P. No 5 del CENFAMUn indice di disagio climatico in regioni calde.Roma, 1964, 19 pp.+ 4 tabb.) e A. SERRA e lasua scuola, i quali li hanno estesi al freddoumido (J. SANNA, A. SERRA e A. SOLLAI,Sugli indici di disagio climatico per l’organi-smo umano in varie zone della Sardegna.Determinazione dell’indice di disagio climaticoper l’organismo umano nella penisola italiana ele isole maggiori in condizioni di caldo umido(“Riv. Met. aer.”, a. XXXVII, n. 2, p. 113-130,1977; a. XXXVIII, n. 2, p. 117-123; 1978; G.PIBIRI, A. SERRA e A. SOLLAI,

Determinazione dell’indice di disagio climaticoper l’organismo umano nella penisola italiana ele isole maggiori in condizioni di freddo umido(ibid., a. XLII, n. 1, p. 19-27, 1982).

Successivamente hanno preso le mosse lericerche sul clima ideale per i turisti, sviluppatesoprattutto da francesi, a partire da un articolopubblicato nel 1955 da R. CLAUSSE e C.GUÉROULT, La durée des precipitations, indi-ce climatique ou élément de climatologie touri-stique? (“Météorol.”, n. 37, p. 1-9; 1955). Tra ilavori successivi ci limiteremo a segnalare A.DAUPHINÉ e Nicole GHIRARDI, Essai debioclimatologie touristique: la Cote d’Azur(“Mediterranée”, 1976, n. 3, p. 3-15).

Sembra che l’influenza del climasull’Uomo nelle condizioni per lui naturali siastata presa in considerazione più tardi.Crediamo di dover segnalare un precorritorelavoro di F. LAUSCHER, Sulla climatologiadelle condizioni di lavoro all’aperto nell’am-biente alpino (Zur Klimatologie derArbeitsbedingungen im Freien in alpinenLandschaften. In: 5. Internationale Tagung füralpine Meteorologie, 14-16 Sept. 1958, p. 54-70. “Ber. dtsch. Wetterdienst.”, Nr. 54; 1959),l’esauriente rassegna Indici di benessere termi-co e limiti di accettabilità pubblicata da C. M.AVIO negli “Ann. Sanità maritt.” (a. LXXXII,fasc. IV, p. 627-650; 1977) la comunicazioneper quel che sappiamo rimasta senza seguito diC. IANNUCCI, che calcola l’incremento delcosto della vita per una famiglia che si trasferi-sca in una località a clima più rigido (Le infor-mazioni meteorologiche nella pianificazione delterritorio, In: Atti del primo Convegno diMeteorologia appenninica, Reggio Emilia,Amministraz. provinc., 1982. Cfr. p. 71-75).L’ultima introduce un importante elementooggettivo nella vexata questio delle zone sala-riali e potrebbe concorrere a liberarla dagliaspetti quasi razzisti che essa comporta nellaformulazione usuale. La penultima può costitui-re un’ottima base per raccordare l’attività deiMeteorologi con quella dei Medici.

Infine una soddisfacente presa in conside-razione del clima urbano nel suo insieme cisembra essere stata raggiunta per la prima voltacon la monografia Le climat et la ville di GisèleESCOURROU ( [Parigi ?], Nathan, 1991; 190pp.).

2.3 La Climatologia dinamica

Uno dei pochi scritti di Climatologia chehanno avuto grande eco e profonda influenzasono i Lineamenti di una Climatologia dinami-

41

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

ca (Richtlinien einer dynamischenKlimatologie, “Met. Ztschr.“, v. 47, fasc. 7, p.246-262; 1930) di T. BERGERON i quali intro-ducono i nuovi concetti sviluppati dalla scuolanorvegese delle discontinuità (per l’uno e l’altracfr. METEOROLOGIA 3.4). Il BERGERONpropone di inserire le grandezze misurate e ifenomeni osservati in un quadro sufficientemen-te organico e tipico nel cui ambito si possa pro-cedere a ragionamenti dinamici e termodinami-ci come già si faceva con risultati convincentinelle aree a regime monsonico e là dove il con-dizionamento orografico è molto marcato sicchési può parlare di regime di Föhn, di Scirocco, diBora e via dicendo. I quadri di riferimento checosì si ottengono hanno avuto grande successo eman mano che le idee evolvevano si sono chia-mati situazioni meteorologiche, tempo in gran-de, tipi di tempo, tipi di circolazione. In veritàgià dall’Ottocento si era tentato qualcosa disimile mediante lo studio dei tipi isobarici, cheperò erano rimasti astratti e infecondi in parteper l’inibizione a pensare naturalisticamente emolto perché mancavano le teorie matematicheche generano nuovi schemi mentali anche in chiama ragionare in quella maniera. Ragionamentidi questo tipo condotti con senso critico da per-sonalità dotate di profonda preparazione fisico-matematica hanno prodotto i concetti fonda-mentali della Climatologia dinamica che hannopermesso di tradurre ef-ficacemente in pratica laproposta bergeroniana: quelli di massa d’aria,limite di massa e fronte troposferico.

Le masse d’aria sono porzioni di atmosfe-ra che per aver stazionato più giorni in un’areaanticiclonica si sono messe in equilibrio col ter-reno sottostante e si sono così caratterizzate ter-modinamicamente. Quando poi si mettono inmovimento quell’equilibrio non sussiste più edesse interagiscono col suolo assumendo nuovecaratteristiche termodinamiche che danno luogoa particolari meteore ed a particolari proprietàpercepibili dai nostri sensi. Le masse d’ariehanno limiti netti, che in opportune condizionidi moto relativo tra di esse divengono fronti,cioè fasce di tempo perturbato con fenomeniparticolarmente vistosi e piuttosto persistenti.Secondo questa impostazione la situazionemeteorologica ad un dato istante si può descri-vere come un mosaico di masse d’aria con irelativi limiti e fronti. Ciascuna località rimanein media per qualche giorno nell’ambito dellastessa massa d’aria e si viene cosi a realizzarequanto proposto dal HANN nella parte dimenti-cata (o, meglio “rimossa” nel senso psicoanaliti-co della parola) della sua definizione. Le pagineseguenti - redatte da E. ROSINI nell’immediatodopoguerra - sono un esempio di come il nuovo

tipo di climatologia sia efficace già nelle sueprime elaborazioni e nelle più elementari espo-sizioni a scopo didattico.

Versanti tirreniciLa regione è limitata a N dal 44° paralle-

lo e ad E dalla linea spartiacque degliAppennini. La parte settentrionale della regionecomprende una vasta area di colline con nume-rosi corsi d’acqua e bacini lacustri. La catena deimonti che delimita ad E la regione è più alta, inmedia, di quella ligure ed è interrotta dalla val-lata del Tevere e dell’Arno.

La regione più a S è costituita da unafascia costiera pianeggiante della profonditàmedia di 50 km circa e dalla catena degliAppennini, a forti gradienti altimetrici. Questacatena costituisce una barriera ad orientamentoNW-SE per le correnti a componente occidenta-le.

Essa è intersecata dall’ampia vallata delNera e da quella più frastagliata ed irregolaredel Volturno. Entrambe queste aperture posseg-gono un orientamento N-S.

Tre tipici climi caratterizzano la regione:quello marittimo lungo la fascia costiera; quellotemperato con inverno più marcato nelle vallatedel Tevere e del Volturno nonché lungo i ver-santi occidentali dei rilievi al disotto dei 500 m;clima di collina o di montagna al disopra dei500 m.

La particolare e complessa distribuzionedella orografia caratterizzata da fenditure e val-loni irregolari contribuisce alla grande variabili-tà del clima in funzione del luogo. Si rilevi infi-ne che la parte settentrionale della regione sub-isce un notevole effetto di protezione da partedella Corsica.

Inverno. In inverno sono importanti tretipi di tempo: “correnti da est”, “pressioni livel-late” e le “depressioni sottovento”.

Le “correnti da est” danno nella regionecieli sereni e non di rado temperature particolar-mente basse. Le “pressioni livellate” sonoaccompagnate dal tempo buono, con nebbiasparsa nelle vallate. Le depressioni “sottovento”nell’inverno tendono a muoversi direttamenteattraverso la Toscana e l’Umbria, dando luogo aperiodi piovosi con correnti da S-SE cui fannoseguito correnti più fredde da NW. Nella partesettentrionale della regione (tra il 44° e il 41°parallelo) l’effetto protettivo della Corsica è piùmarcato ...

Una particolare situazione che in questimesi dà luogo a precipitazioni persistenti peralcuni giorni è quella caratterizzata da una sac-catura in quota sul Tirreno e una depressione alsuolo nel golfo di Genova che determinano tra

42

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

la Sardegna e la Penisola un’attiva convergenzae frontogenesi.

Primavera. In questa stagione le traietto-rie delle depressioni interessano più frequente-mente la parte settentrionale della regione. Iltipo di tempo da E invernale decresce in fre-quenza mentre si verificano più spesso il tipoanticiclonico estivo ed i periodi piovosi conventi meridionali. Prevalgono le nuvolosità irre-golari spesso cumuliformi ed è frequente lapioggia collegata a fenomeni di instabilità, spe-cialmente sui rilievi.

Estate. In estate il tipo sinottico piùimportante è quello delle pressioni livellate […]e lungo la regione costiera l’andamento diurnodel vento è determinato dalle brezze. I tempora-li estivi (5-7 per stagione) risultano in generemeno frequenti che in Liguria (8-10 per stagio-ne), tuttavia questa è la stagione di massima fre-quenza di temporali per le località interne.

Autunno. In questa stagione le pressionilivellate costituiscono ancora il tempo più fre-quente. Tuttavia le depressioni “sottovento” equelle “mediterranee” pur non essendo accom-pagnate da forti gradienti di vento e di pressio-ne, interessano la regione per lo più con tempodi settore caldo. La pioggia è abbondante specienella parte settentrionale, poiché le perturbazio-ni in questa stagione seguono più frequentemen-te la traiettoria che va dal Mar Ligure alla valledel Po. L’autunno è per le località costiere la sta-gione di massima frequenza dei temporali. Iltipo di tempo invernale con correnti da E e cielisereni si fa più frequente in ottobre e novem-bre.”

L’interesse del BERGERON era concen-trato sui moti verticali all’interno delle singolemasse ed ai fenomeni da essi prodotti. Dopo larivalutazione del concetto di vorticità operata daC. G. ROSSBY a partire dal 1939 (cfr.METEOROLOGIA 10) si è sempre più svilup-pato l’interesse per le modulazioni dei motiorizzontali all’interno delle singole masse,modulazioni che hanno per conseguenze motiverticali.

2.4 La Climatologia medica

La Climatologia medica è mossa dal desi-derio di comprendere se e perché il soggiorno incerte località ha effetti salutari. Non per niente ètradizionalmente abbinata all’Idrologia medica,che ha la stessa funzione dei confronti delle

acque cui si attribuiscono effetti terapeutici.Com’è detto piuttosto esplicitamente nella pre-fazione al Traité de Climatologie biologique etmédicale diretto da M. PIÉRY, il disinteresse deiMeteorologi per la Climatologia locale ha spin-to i Medici ad occuparsene direttamente. Spessoi risultati da loro ottenuti hanno le caratteristicheche si compendiano nella parola surrogato, mal’insieme della loro opera e le loro iniziativeeditoriali hanno fruttato conoscenze dellaClimatologia regionale non altrimenti disponibi-li oltreché favorito lo sviluppo dellaBiometeorologia e il confronto tra studiosi didiversa formazione.

Crediamo di dover ricordare due opereche hanno avuto una vasta diffusione interna-zionale e rispecchiano i caratteri delle duenazioni in cui sono state realizzate: il summen-zionato trattato del PIERY edito nel 1934 aParigi da Masson, in tre tomi per un totale dicirca 2620 pagine, e il Trattato di medicina ter-male e climatoterapia (Lehrbuch derBader=und Klimaheilkunde) diretto da H. G.VOGT e pubblicato a Berlino da Springer nel1940, in due tomi per circa 1270 pagine.

II primo è costituito da oltre 150 contri-buti (in parte usciti dalla penna di Meteorologi,Bioclimatologi e Geografi famosi quali A.BALDIT, V. CONRAD e W. MÖRIKOFER; M.van der ELST; E. BÉNÉVENT, E. DE MAR-TONNE e M. SORRE) ed offre un gran numerodi spunti poco convenzionali. Il secondo com-prende un numero non elevato di capitoli stilatida pochi autori probabilmente tutti medici ed èpiù organico, rigoroso e critico, nonché aggior-nato alle più recenti teorie meteorologiche. Essodimostra che è possibile una Climatologia medi-ca su solida base fisica, avendo come unicapecca le statistiche condotte su un numero trop-po limitato di casi (difetto proverbiale dei medi-ci) 3 quantunque le stazioni climatiche e termalirendano particolarmente agevole operare sugrosse “popolazioni”. Per di più analizza l’in-quinamento ambientale - e non soltanto quellochimico - con una precisione che diventa comu-ne soltanto trent’anni più tardi.

2.5 La Micrometeorologia

Un filone di grande importanza è rappre-sentato dall’interesse per le minute particolaritàmeteorologiche del territorio, che sfuggono allestazioni scelte secondo la convenzione della

43

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

3 M. AGENO, Esercizi e problemi di Fisica, II ed., Roma, Veschi, s. d. [1949]. Cfr. p. 21.

rappresentatività (v. CAMBIAMENTI CLIMA-TICI 1) e misurano la temperatura all’altezza di1,5–2 m sul suolo. Il fisico finlandese Th.HOMÉN (1858-1923) a partire dall’agosto 1893eseguì misure di temperatura su diversi tipi disuolo e nel 1897 pubblicò a Lipsia il volumeDer tägliche Wärmeumsatz im Boden und dieWärmestrahlung zwischen Himmel und Erde (IIbilancio termico giornaliero del suolo e gliscambi radiativi fra Cielo e Terra). Il libro Ilsuolo e il clima negli spazi minimi (Boden undKlima an kleinsten Raum) che il botanico diWürzburg G. KRAUS (1841-1915) pubblicò nel1911 (Jena , Fischer) rappresenta l’inizio di unamaniera di ragionare propriamente microclima-tologica.

Le Storie della Meteorologia di solitoinducono a considerare creatore dellaMicrometeorologia R. GEIGER (cfr. METEO-ROLOGIA 14); e pongono in secondo piano leattività nel settore di A. SCHMAUSS (1877-1954)e W. SCHMIDT (1882-1936). Ricordano ilprimo per gli studi sull’atmosfera come colloidee il secondo per la sua teoria della turbolenza.Noi stessi credevamo che i loro lavori con titoliapertamente microclimatologici fossero statisuscitati dall’opera fondamentale del GEIGER IIclima dello strato atmosferico prossimo al suolo.Un trattato di Microclimatologia. (Das Klimader bodennahen Luftschicht. Ein Lehrbuch derMikroklimatologie. Braunschweig, Vieweg,1927). Ma quel libro si apre con le parole“Nell’ambito della Microclimatologia mi haintrodotto il prof. A. SCHMAUSS” e pochepagine più oltre l’A. cita lo SCHMIDT comel’altro immediato suo precursore. In effetti loSCHMAUSS lascia testimonianza del suo inte-resse per i fenomeni a piccola scala in articolicome Seewinde ohne See (Brezze di lago senzacorpo idrico. “Met. Ztschr.” v. 37, p. 154-155;1920), Eine Miniatur Polarfront (Ibid., v. 42;1925). Luftlawinen in Alpentälern (”Dtsch.Meteorol. Jahrb, f. Bayern”, 1926; tratta dell’ir-ruzione di piccoli volumi d’aria fredda).Sembrerebbe che gli interessi microclimatologi-ci dello SCHMIDT fossero derivati dalla tradi-zionale attenzione al comportamento termicodel suolo e dall’osservazione del trasporto dellapolvere e di inquinanti durante le sue ricerchesulla turbolenza, il che finì per interessarlo allaBioclimatologia (Rapporti tra il tempo meteoro-logico e e il benessere dell’Uomo risultanti darilevamenti statistici. Über Beziehungen zwi-schen der Witterung und dem Befinden denMenschen, auf Grund statisticher Erhebungen”Arch. Hygiene“, a. 90, p. 83-97; 1921; con E.BREZINA).

Il GEIGER (nato nel 1894 e fratello di

Hans, cui si deve il celebre contatore di particel-le ionizzanti) ci appare come un fisico generali-sta approdato forse per motivi pratici allaresponsabilità della parte meteorologicadell’Istituto sperimentale forestale di Monaco.Riconosciuta l’importanza in quell’ambito deitemi delle temperature presso il suolo e delclima di esposizione, li affrontò con grandecapacità creatrice e generalizzatrice, fondandouna disciplina organica e matura, cui diede ilnome di Microclimatologia. Essa ha molti puntidi contatto con la Topoclimatologia ( 2.6): nedifferisce per un più marcato carattere fisico-matematico e per la scarsa sensibilità verso lacaratterizzazione di un paesaggio nel suo insie-me. Ricerche come i “Rilevamenti microclima-tologici” mediante un’automobile attrezzata permisurare la temperatura condotti dalloSCHMIDT (Kleinklimatische Aufnahmen durchTemperaturfahrten. “Met .Ztschr.”, 1930, p. 92-106) meglio si definirebbero topoclimatologici.

Da una quarantina d’anni a questa parte,il termine Microclimatologia indica lo studio dalpunto di vista della Meteorologia geografica diambiti molto piccoli che una transizione bruscadistingue dall’ambiente in cui sono inseriti.Oggi il trattato del GEIGER si direbbe diMicrometeorologia piuttosto che diMicroclimatologia (cfr. METEOROLOGIA 13).

2.6 La Topoclimatologia

II termine fu coniato dal THORNTWAI-TE nella primavera del 1953. Non ne diede unadefinizione formale, ma possiamo dire che egliintese qualcosa di assai generale: in sostanzaquella che noi abbiamo chiamato Meteorologiageografica e il cui bisogno non fu rimosso deltutto dall’identificazione della Climatologia conuna Statistica meteorologica piuttosto generica.I lavori di Meteorologia geografica pura sonoscarsissimi, in compenso generalmente rivelanoun finissimo spirito naturalistico e un’eccezio-nale capacità di comunicare come si vive laMeteorologia del territorio trattato.

Crediamo di doverne menzionare cinque:la parte meteorologica della celebre monografialimnologica Le Léman di F. A. FOREL(Losanna 1892), Die lokalen Winde amZürichsee di H. FREY (“Neujahrsblatt dernaturforschenden Gesellschaft in Zürich auf dasJahr 1926”; 39 pp.), la Météorologie du Réliefterrestre di A. BALDIT (Parigi, 1929), iLineamenti di una Climatologia del paesaggiotedesco (Grundriss einer Klimakunde des deut-schen Landschaft. Lipsia, Teubner, 1966) di M.HENDL, Climat et météorologie de la Suisse

44

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

romande, Losanna, Payot, 1972-1985) di A.BOUËT. Quest’ultima opera fa spicco perchél’A. possedeva una esperienza teorica completae contribuì a tradurre in francese l’Hydrodynamique physique di V. BJERKNES(cfr. METEOROLOGIA 3).

A talune esigenze pratiche - in particolarea quelle agricole e forestali - si doveva dare unarisposta al di là delle convenzioni sui metodipropriamente scientifici. Serie di pubblicazioniabbastanza nutrite videro la luce tra il 1915 e il1938 negli Stati Uniti e tra il 1942 e il 1951 inArgentina e in Uruguay, dove si manifestò unindirizzo estremista tendente a fare il minimouso possibile di strumenti.

Da cinquant’anni a questa parte fioriscein Germania una vera e propria scuola - cheopera a caratterizzare meteorologicamente il ter-ritorio in vista delle scelte non soltanto agricolee forestali, ma anche della pianificazione territo-riale - e si è attribuita il nome diGeländeklimatologie che volentieri traduciamoin Climatologia del territorio per distinguerladalla Topoclimatologia teorica, che menzionere-mo più avanti e che preferiremmo chiamareTopoclimatologia senza aggettivi. Come fonda-tore possiamo indicare K. KNOCH, come espo-nenti principali F. SCHNELLE, H. AICHELE,H. G. KOCH (che condusse studi topoclimato-logici nel nostro paese durante il periodo piùdifficile dell’ultima guerra), W. BOER (che fuuno dei primi e più concreti specialisti diMeteorologia applicata all’industria e ai traspor-ti, da lui battezzata Meteorologia tecnica), H.AULITZKY, H. JUNGHANS, H. SCHIRMER,W. KREUZ. Anche la scuola tedesca ebbe un’a-la estremista che tendeva a una Meteorologiageografica programmaticamente naturalisticafondata sulla Geobotanica e la Fenologia ed èrappresentata da H. ELLENBERG e K. F.SCHREIBER. Essa trovò un’accoglienza aper-ta, anche se critica, in Svizzera, dove potè tenta-re un esperimento, che pare sostanzialmenteriuscito, di zonizzazione termica su base fenolo-gica.

Di recente è sorto un indirizzo assai piùortodosso, quello per il quale preferiremmoriservare il termine Topoclimatologia. Essa miraad esprimere matematicamente l’influenza del-l’andamento del terreno sui fenomeni meteoro-logici . Riteniamo che la Topoclimatologia siastata volutamente tenuta in sordina, forse perscelta dei suoi stessi “adepti”, in considerazionedel rifiuto che la comunità scientifica da cin-quant’anni a questa parte oppone ad ogni con-clusione non derivante da un’elaborazionematematica. Comunque, non proclamò i suoiprincipi come aveva fatto pochi anni prima la

Climatologia dinamica e in pratica gli orienta-menti e le reazioni generali non ne tenneroconto. E per questo ne parliamo trattando dellerealizzazioni pratiche piuttosto che del dibattitoconcettuale. Ci appare anche sintomatico chel’unica rassegna atta a farla conoscere allamassa dei Meteorologi (la nota tecnica 133dell’Organizzazione meteorologica mondiale,del 1974, redatta da L. B. Mac HATTIE ed F.SCHNELLE, non produsse quell’effetto, proba-bilmente a causa del titolo Agrotopoclimatologyche a noi appare volutamente riduttivo.

2.7 Il World Survey of Climatology

Verso il I960 un gruppo di eminenti cli-matologi concepì quest’opera come una rasse-gna dello stato attuale della Climatologia nelmondo, che nel corso dei lavori si volle trasfor-mare in una sorta di Climatografia mondiale.Dai 12 volumi del progetto si passò a 16. I 10volumi dedicati alle varie regioni del globorisultarono alquanto ibridi, con capitoli più vici-ni alla prima ed altri più vicini alla secondaimpostazione. Sono preziosi come base per ulte-riori elaborazioni, ma non hanno realizzato inpieno l’intento di chi propose la trasformazione.Dato l’abbandono della Meteorologia geografi-ca, quell’intento non era conseguibile e sarebbestato meglio mantenere l’indirizzo iniziale. Iquattro volumi di Climatologia generale (1969-1985) sono una fondamentale enciclopedia cli-matologica che non dimentica neppure gli indi-rizzi trascurati come meno scientifici. I volumisui climi della libera atmosfera (1969) e deglioceani (1984) costituiscono per quel che sappia-mo le uniche sintesi moderne in materia edovrebbero essere presenti in ogni ufficiometeorologico e nella libreria privata di moltistudiosi. Purtroppo all’opera è mancata un’ade-guata diffusione, forse a causa della politica del-l’editore (Elsevier di Amsterdam), il quale siaccontenta di vendere un piccolo numero dicopie molto decorose e costose a grosse istitu-zioni.

2.8 Conclusioni e prospettive

Il World Survey of Climatology si puòconsiderare la summa della Climatologia tradi-zionale, che era mossa dall’esigenza di caratte-rizzare meteorologicamente il territorio, ma nonha realizzato appieno il suo intento perché le èstato imposto di limitarsi ad elaborare misure distazioni impiantate per altri scopi. Ormai essanon può più essere una branca concettualmente

45

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

rilevante della Meteorologia. Quello che oggi sichiama Climatologia è in realtà la naturale evo-luzione della Meteorologia dinamica, fa partedella Meteorologia matematica e la trattiamo nelcapitolo METEOROLOGIA.

L’esigenza di caratterizzare meteorologi-camente il territorio rimarrà e un giorno o l’altrosarà soddisfatta, probabilmente sotto l’etichettadella Topoclimatologia. Si potrà far uso di quat-tro metodi: l’osservazione diretta in loco, il tele-rilevamento, l’elaborazione di misure di stazio-ni e la modellistica numerica.

Ritenevamo che ci si sarebbe serviti piùche altro del telerilevamento, ma la modellisticanumerica progredisce con grande rapidità eanche se l’interesse di chi vi si dedica è concen-trato sullo sviluppo della tecnica matematica enon sulla messa in luce delle caratteristichemeteorologiche del territorio finirà col fornireuna microzonazione del territorio, che peraltropotrebbe rimanere un archivio di dati a disposi-zione di singole esigenze tecniche senza esseresintetizzata in una descrizione generale del terri-torio.

3. Gli studi climatologici in Italia

3.1 Prima dell’Unità

Fino alla metà dell’Ottocento gli studi diuna certa consistenza sul clima dell’Italia si deb-bono a stranieri: lo SCHOUW oltre le operecitate in 2.1 scrisse delle Observations météoro-logiques sur le Mont Etna (“Bibliothèque uni-verselle”, 1819) e una memoria sul comporta-mento della pioggia in Italia (On ItaliensRegenforhold (“Danske Vidensk, Seisk,Afhadl.”, a. II, 1826), M. DUREAU DE LAMALLE una Climatologie comparée de l’Italieet de l’Andalusie anciennes et modernes.(Parigi, 1849).

AA. italiani provvidero a raccolte dati piùnumerose di quanto si potrebbe credere e apochi lavori di sintesi, che attendono di esserevalutati in base a criteri moderni. Ricorderemo:G. FILIASI, Memorie delle procelle che annual-mente sogliono regnare nelle maremme venezia-ne. (Venezia, Zatta, 1794, 88 pp.) e Osservazionisopra le vicende annuali atmosferiche diVenezia e paesi circonvicini (Venezia, Andreola,1828).

F. M. MARCOLINI, Del clima di Udine e

della di lui influenza sulla economia animalede’ suoi abitanti, (Venezia, Picotti, 1816, 110pp.).

C. GEMELLARO, Saggio sopra il climadi Catania abbozzato dietro un decennio diosservazioni meteorologiche, (“Atti Acc.Gioenia”, v. V. p. 153-segg.; 1832.

G. GIROLAMI, Considerazioni sopra ilclima di Civitavecchia e alcune principali oendemiche malattie che vi dominano, (Firenze,Le Monnier, 72 pp.; 1842).

3.2 Le iniziative dell’Italia unitaria

Uno sforzo per avviare uno studio siste-matico del clima d’Italia si ebbe soltanto conCarlo MATTEUCCI (1811-1868) cui si deveanche l’istituzione del primo servizio meteoro-logico nazionale il 9 aprile 1865. Egli ottenneche il 27 dello stesso mese fosse costituita unacommissione da lui presieduta e avente comealtri membri G. CACCIATORE, G. CANTONI,A. DE GASPARIS, G.B.DONATI e G. V.SCHIAPARELLI, col compito di pubblicare“un libro sul clima d’Italia composto da mono-grafie sui climi locali”. La commissione produs-se un Programma delle ricerche e calcoli dainstituirsi per la formazione del libro sul climad’Italia redatto dallo SCHIAPARELLI e ampia-mente diffuso insieme con una lettera dellaquale l’Archivio storico dell’Osservatorio diBrera conserva diverse copie senza indirizzo nédata, ma con la firma autografa del MATTEUC-CI.

Malgrado la campagna per stimolarechiunque disponesse di dati meteorologici fossedavvero capillare ed insistente ed i raccoglitorifossero numerosissimi (persino G. GARIBAL-DI a Caprera “Annotò … di suo pugno, giornoper giorno: la temperatura esterna, quella dellastanza, i gradi dell’igrometro, i fiori che fioriva-no”) 4 vide la luce soltanto il volume Sul climadi Vigevano (Milano, Vallardi, 1868) elaboratoappunto dallo SCHIAPARELLI ed importanteanche dal punto di vista meteorologico perchétraduce piuttosto convincentemente stime sog-gettive in termini quantitativi.

Comunque non tardò a manifestarsi unanotevole fioritura di studi, più che altro locali,che fu proseguita con notevole entusiasmo sinoalla prima guerra mondiale. Sono da ricordaregli scritti che C. DE GIORGI dedicò a Lecceed alla sua provincia a partire dal 1872, quelli

46

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

4 G. E. CURATULO, Garibaldi e le donne, Roma, Imprimerie Polyglotte, 1913. Cfr. p. 34.

sul clima di Roma di G. S. FERRARI (1878) eP. TACCHINI (1882), la nutrita serie dedicataa Napoli (V. CANINO 1887; E. PASSARO,1889, 1893 e 1895; V. ALBERTI 1901 segg.).

3.3 Clima d’Italia in generale

Sul clima dell’Italia nel suo insieme a unprimo scritto di D. RAGONA nell’ “Annuariostatistico italiano” del 1870 ne seguì uno piùampio di P. CANTONI pubblicato a puntate nel1881 sull’ “Italia agricola” e poi raccolto involume. Nel 1896 vide la luce la prima climato-grafia moderna del nostro paese: il cap.VIII Ilclima d’Italia, curato da L. DE MARCHI, del v.IV dell’opera La Terra diretta da G. MARI-NELLI.

Nel 1908 il medico igienista fiorentino G.ROSTER pubblicò una Climatologia dell’Italianelle sue attinenze con l’igiene e l’agricolturache rimane tuttora la più comprensiva opera delgenere. Nel 1931 fu edita come XVII vol. delTrattato italiano d’Igiene diretto da O. CASA-GRANDI (Torino, UTET) una Climatologia diG. CRESTANI assai più sommaria della prece-dente. Il CRESTANI manifestò meglio le suenotevoli qualità di climatologo nella partemeteorologica (vol. I, parte II, t. III; Venezia,Ferrari 1933) della grande monografia La lagu-na di Venezia. Da allora la sola opera paragona-bile alle precedenti ma assai meno comprensivaed elaborata sono i tre volumi di C. MENNEL-LA Il clima d’Italia nelle sue caratteristiche evarietà e quale fattore dinamico del paesaggio(1°: Napoli, EDART, 1967, pp. 718+5 nonnum.; 2°e 3°, Napoli, Conte 1972 e 1973, pp.803+4 non num. e 832+5 non num.). Tutte que-ste opere vanno confrontate per quanto riguardala corrispondenza alla percezione che del climaha l’uomo comune con i paragrafi sui Carattericlimatici e meteorologici del paese (v. I, p. 74-97) e la Carta bioclimatica d’Italia di R.TOMASELLI, A. BALDUZZI e S. FILIPELLO(v. 4, tav. 103) contenuti nella Prima relazionesulla situazione ambientale del Paese edita nel1974 a cura della Tecneco. L’Italia manca di unvero e proprio atlante climatico, che fino al 2000esisterà soltanto per la Sardegna, realizzato nel1971 da R. PRACCHI, Angela TERROSUASOLE, e M. PICCARDI. Lo suppliscono letavole dedicate al clima di due atlanti delTouring Club Italiano: il fisico-economico(1940) e il tematico (1990).

In anni recenti sono stati pubblicati gliAtlanti climatici della Sicilia (Regione siciliana.Assessorato Agricoltura e Foreste. Palermo,2000; preceduto nel 1998 da una Climatologia

della Sicilia) e della Valle d’ Aosta (G.MERCALLI et al.Torino , Soc. meteorol. subalp.,416pp., 2003).

Se la mancanza dell’Atlante climaticonon sembra sia stata o sia molto sentita , ci sipreoccupò invece di raccogliere risultati dimisure meteorologiche per tutto il territorionazionale e con criteri aggiornati, attività nellaquale si distinse particolarmente F. EREDIA.Egli non solo curò gran parte dei volumi editidall’Ufficio centrale di Meteorologia, maimpiantò la serie di pubblicazioni del Servizioidrografico del Ministero dei Lavori pubblici.L’impulso da lui impresso agì fino alla crisi diquel Servizio conseguente all’istituzione delleRegioni.

L’Istituto centrale di Statistica s’interessòsempre ai dati meteorologici, ma soltanto dal1959 stampa un Annuario loro dedicato. Hainoltre costituito un archivio su supportomagnetico al quale si può attingere. Il Serviziometeorologico dell’Aeronautica militare graziealla capacità organizzatrice e allo spirito precur-sore del ROSINI (cfr. 2.2) avviò un “Recuperodella Climatologia italiana” e incominciò a pub-blicare Frequenze e medie quinquennali delleproprie stazioni verso il 1955 e più o meno allastessa epoca trasferì su supporto meccanografi-co e poi magnetico il proprio archivio di osser-vazioni, che tuttavia si potè considerare comple-to e facile a consultarsi e ad essere elaborato sol-tanto verso il 1975. Sono seguite numerose ini-ziative per costituire banche di dati: tra questeuna del Progetto finalizzato del CNR “Qualitàdell’ambiente” affidata all’Istituto nazionale perle Applicazioni del Calcolo e una congiuntadell’ENEA e dell’Ufficio centrale di Ecologiaagraria, che altro non è se non l’antico ufficiocentrale di Meteorologia. (cfr. METEOROLO-GIA 9).

3.4 Altre attività ed iniziative

Gli studi di climatologia locale non sonocerto stati abbandonati, ma per varie circostanzenon sono più in primo piano come nella secon-da metà dell’Ottocento. Sono particolarmenteinteressanti alcune piccole reti, generalmenteprovinciali (Cuneo, Perugia, Macerata, Bari).Nel 1970-71 la Commissione per la Geografiafisica e la Geomorfologia del ConsiglioNazionale delle Ricerche tentò un rilancio dellaClimatologia geografica, ma non si videro con-sistenti risultati. Più di recente varie iniziativedello stesso CNR sono state dedicate a temi cli-matologici, con notevole impegno finanziario,ma esulano dalla Climatologia nel senso tradi-

47

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

zionale, che è il vero oggetto di questo articolo.

48

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

Parte III

CAMBIAMENTI DEL CLIMA

1. Introduzione

Con ogni probabilità il presente articolo èil primo tentativo di delineare una storia deglistudi sui cambiamenti di clima. Pazienti ricer-che bibliografiche non hanno permesso di repe-rire nulla di simile.

Mentre quasi tutte le altre attività meteo-rologiche sono state condotte secondo un indi-rizzo unitario su scala mondiale, ciò non si puòdire degli studi in oggetto, forse proprio perchéad essi non si sono dedicati prevalentementeMeteorologi. Date queste premesse, abbiamoritenuto nostro compito esaminare i singoli filo-ni, in gran parte nazionali, e provvedere a cor-reggere le lacune che appaiono evidenti nellabibliografia delle maggiori opere in argomento.Di qui il carattere squilibrato, ma in realtà com-plementare, di queste pagine.

In mancanza di una tradizione affermata,assumono inevitabilmente maggior peso le con-vinzioni dell’estensore dell’articolo e pertantoesponiamo per sommi capi le nostre. La stradamaestra è certamente rappresentata dai modellinumerici di clima. Abbiamo tale fiducia in quel-li che si ottengono arricchendo i modelli di cir-colazione generale dell’atmosfera quanto occor-re e senza mire di utilizzazione immediata cheriteniamo sufficiente verificarli sui dati contem-poranei, a differenza dei modelli molto sempli-ficati (come sono ancora i più complessi con-cretamente impiegati per previsioni sull’ “effet-to serra” imputato all’anidride carbonica) chedebbono essere confrontati con l’andamento delclima in un periodo piuttosto lungo.

D’altro canto appare dimostrato che perun futuro che si estenda oltre qualche settimanai modelli potranno dare soltanto le proprietà sta-tistiche, riferite a un periodo abbastanza lungo,delle grandezze determinanti lo stato dell’atmo-sfera.

Anche i modelli impiegati per la previsio-ne a breve scadenza non colgono i fenomeni apiccola scala. Essi, si possono considerare rife-riti alle stazioni della rete sinottica 1, che effet-tuano misure in superficie e in quota e sonoancora disposte secondo l’originario Réglementtechnique dell’OMM (2a ed. 1959, p. 10), cioè a“intervalles” di 150 e 300 km rispettivamente.

Sui mari e nei deserti le stazioni mancano, matecniche ingegnosissime permettono di racco-gliere una vasta messe di dati. Comunque le sta-zioni della rete sinottica sono scelte in modo daessere “rappresentative”, cioè che vi si misurinole condizioni medie dell’area circostante, men-tre non si può dimenticare il confronto - citatodal GEIGER (cfr. CLIMATOLOGIA 2.2 e 2.5)nella sua celebre opera Il clima nello strato del-l’atmosfera prossimo al suolo. Un trattato diMicroclimatologia (Das Lehrbuch derMikroklimatologie, Braunschweig, Wieweg,1961, 4a ed.) - tra i risultati delle 88 stazioniordinarie dell’Ohio e quelli delle 109 stazioniinstallate in una piccola valle di quello stato:temperatura massima annuale da 36 a 39°Cnelle prime, da 24 a 45 nelle seconde, data in cuisi è verificata dal 17 al 19 luglio e dal 25 aprileal 19 settembre, minima annuale da -21 a -29 eda -10 a -32, periodo senza gelo da 138 a 197giorni e da 174 a 276. Il mondo vivente reagisceappunto a queste condizioni locali e istantanee equindi ci parrebbe doveroso concentrare lericerche di Climatologia storica (cfr. 2.2.1) sugliultimi tre secoli per i quali esistono misuremeteorologiche allo scopo di mettere in lucequel che concretamente si esperiva quando ivalori medi di certe grandezze erano diversidagli attuali.

Ci spieghiamo con un esempio: uno stu-dio sommario condotto con l’aiuto di F.GALLINI.Nei quinquenni dal 1961-65 al 1976-80 la mediadelle temperature massime giornaliere (la menoinfluenzata dalle attività antropiche) a Roma èstata di 20, 6; 20, 2; 19, 8; 19, 4°C. Un control-lo sommario compiuto sui dati delle stazioni delServizio meteorologico dell’Aeronautica utiliz-zabili senza particolari problemi ci induce adammettere la realtà di quei cambiamenti (fig. 1).Quando abbiamo voluto tradurre questa diffe-renza in termini legati all’esperienza individua-le nell’ipotesi che a medie annue diverse corri-spondano annate con un andamento diverso, peril mese di gennaio ci siamo trovati di fronte allafig. 2. I cenni a un indebolimento delle tramon-tane colti in numerosi scritti, concordanti con lanostra personale esperienza, ci hanno indotto adesaminare più da vicino tale ipotesi. Per la costaadriatica battuta dalla Bora essa si può accettare

51

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

1 Tali erano effettivamente in origine mentre sin dalle prime applicazioni pratiche se ne sono ampiamente svincolati, ma nel complesso danno ancora delle indi-cazioni medie. Oggi le equazioni che li costituiscono sono sviluppi in serie, dove le grandezze fisiche effettive sono tradotte in coefficienti dei termini dellosviluppo stesso.Recenti modelli specializzati riferiti a particolari aree hanno raggiunto risultati che ancora nel 1990 sarebbero apparsi poco meno che miracolosi. Tuttavia essicosì non sono ancora arrivati a prevedere i risultati che interessano la vita quotidiana, come esemplifica un dibattito pubblicato nel n. 34, 8a serie della“Météorologie”. I risultati dei modelli a sviluppo in serie sono caratterizzati da una T seguita da un numero. Quest’abbreviazione denota la troncatura, cioèl'ultimo termine preso in considerazione. Dalla troncatura si può ricavare la risoluzione orizzontale del modello. La minima lunghezza d’onda trattata si ottie-ne dividendo per T la lunghezza della circonferenza terrestre. La risoluzione spaziale o lunghezza del lato della maglia equivalente si considera pari alla metàdella lunghezza d’onda. La troncatura T 400, alla quale si è prossimi, darebbe 40.000:400=100 km e quindi una risoluzione di 50 km.

con una certa facilità: si sa che a pari latitudinequel litorale è più freddo del tirrenico e che ladifferenza di temperatura e la frequenza dellaBora presentano andamenti paralleli. Per le pen-dici orientali del1’Appennino mancano elabora-zioni analoghe a quelle testé utilizzate. PeraltroA. MURRI ha segnalato che le precipitazioni visono diminuite e tanto più quanto è maggiore laquota, fatto anche questo spiegabile con l’ipote-si che la tramontana si sia indebolita. Il lieve raf-freddamento delle pendici occidentali battutedalla tramontana è spiegabile col fatto che essavi giunge föhnizzata ed inoltre apporta le condi-zioni di massima trasparenza dell’atmosfera, ilcui effetto sorprende per il tepore percepibile

nei luoghi ridossati. La tramontana non ha effet-ti molto diversi sulla costa tirrenica, ma in suaassenza questa talvolta riceve calore dal mare,talché il suo comportamento intermedio traquello delle stazioni battute della Bora-Tramontana e quello delle altre appare compati-bile con l’ipotesi. La ricerca non proseguì oltreperché non interessa chi dispone degli uomini edei mezzi necessari.

Ci si applica invece molto a trarre inge-gnosissime deduzioni da notizie storiche e datestimoni fisici quali il rapporto 18O/16O, chepermettono di risalire indietro di centinaia dimigliaia di anni. Tutto ciò peraltro rispetto alproblema più vivo e concreto, che interessa

52

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

Figura 1 Media delle temperature massime giornaliere del quinquennio 1976-80 meno la stessa mediacalcolata per il quinquennio 1966-70.

anche organismi internazionali a carattere nonpropriamente scientifico come la ComunitàEuropea ed è quello dei possibili cambiamenticlimatici nei prossimi decenni, ci sembra un po’accademia. Siamo convinti che gioverebbe con-centrare gran parte degli sforzi in un centrointernazionale avente pochi e ben definiti scopi,analogo a quello europeo per le previsioni amedia scadenza. A nostro avviso tali scopidovrebbero essere non più di tre: lo sviluppo diun modello di clima, lo studio del variare dellecondizioni locali, il recupero degli antichi diarimeteorologici e delle antiche serie di misure e laloro omogeneizzazione. Queste ultime fontisono state praticamente abbandonate, senza

spiegare perché, dopo che generazioni di studio-si avevano dedicato loro molte energie. Lenostre convinzioni sembrano coincidere conquelle manifestate tra il 1967 e il 1980dall’Organizzazione meteorologica mondiale, laquale ha insistito con tenacia perché si recuperi-no e si omogeneizzino le lunghe serie di dati. Lanota sua tecnica 79 Climatic change, del 1966,dedica parecchie pagine alle tecniche di omoge-neizzazione e propone anche una terminologiaunificata, che ci sembra opportuno riportare persommi capi. Cambiamento climatico è il termi-ne più generale; Fluttuazione ogni cambiamentocon qualche carattere di sistematicità compren-dente almeno un minimo tra due massimi o un

53

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

Figura 2 Media del mese di gennaio delle temperature massime giornaliere del quinquennio 1976-80meno la stessa media calcolata per il quinquennio 1966-70.

massimo tra due minimi; Variazione un cambia-mento a scala temporale abbastanza grande dacomportare medie diverse per trentenni succes-sivi; Tendenza una variazione monotona con unminimo a un estremo dell’intervallo consideratoe un massimo all’altro; Ritmo è una periodicitàgrossolana. Nell’Oscillazione la variabile simuove tra massimi e minimi successivi; nellaVacillazione i valori della variabile per un perio-do di tempo si raggruppano intorno ad unamedia (o altro indice di media) poi dopo unatransizione piuttosto rapida si soffermano intor-no ad una nuova media e cosi via, non esclu-dendo il ritorno alla media primitiva e una certaregolarità nel “saltare” da una media all’altra.

2. Storia degli studi sui cambiamenti climatici

2.1 I prodromi

La prima rete sinottica della storia, dallaquale nasce la Meteorologia moderna, con ogniprobabilità fu un tentativo di studiare i cambia-menti climatici. Verso la metà del Seicento inseguito al raffreddamento che aveva avuto ini-zio alla fine del secolo precedente “si facevastrada la consapevolezza di un cambiamento cli-matico” ed erano ormai a punto gli strumenti permisurare le più importanti grandezze meteorolo-giche: il termometro e il barometro. Gli scien-ziati puri provavano maggiore interesse per ilsecondo: PASCAL e CARTESIO eseguironoesperimenti e raccolsero serie di misure, A.BORELLI elucubrava ipotesi sulle relazioni tral’andamento della pressione e le condizioni deltempo. Nel 1654 in Toscana il febbraio fu fred-dissimo, tanto che gelò la laguna di Orbetello 2.Nei mesi successivi FERDINANDO II DE’ME-DICI fece costruire 50 termometri uguali everso la fine dell’anno diede il via alla primarete sinottica. A Parigi il febbraio 1658 fu il piùfreddo della storia. Il 25 maggio con termometririchiesti a Firenze furono iniziate le osservazio-ni. Studiosi tedeschi danno per pacifico che l’o-rigine delle più antiche serie di misure meteoro-logiche nel loro paese sia quella or ora ipotizza-ta.

Giovanni TARGIONI-TOZZETTI (1712-1783. Cfr. CLIMATOLOGIA 2.1) che si sentivaintensamente erede della grande fioritura scien-tifica del secolo precedente a Firenze, dedica100 pagine della sua Alimurgia a notizie sulclima passato in Toscana. Il botanico e climato-

logo danese J. F. SCHOUW (1789-1852; cfr.CLIMATOLOGIA 2.1) raccolse molti elementida cui trarre giudizi sugli ipotizzati cambiamen-ti di clima e non soltanto nello scritto On thesupposed changes in the meteorological consti-tution on the Earth, “Journal of Sciences ofEdinburgh for 1827”; 1828). Molte delle notizieda lui raccolte furono utilizzate da F. ARAGO(1786-1852), una delle grandi figure del primoOttocento francese: matematico, geodeta, astro-nomo, fisico, politico democratico, segretariodel Bureau des Longitudes, i cui annali per oltrequarant’anni furono scritti prevalentemente dalui, direttore dell’Osservatorio astronomico diParigi. Le ricerche originali cui si dedicò riguar-darono l’ottica fino al 1820 poi l’elettromagne-tismo. L’interesse per i cambiamenti climaticipotrebbe essere stato risvegliato in lui daglistudi di Ottica atmosferica oppure dal sodaliziocon A. HUMBOLDT (nel 1809-1811 i duescienziati condivisero l’alloggio). Nel 1816l’ARAGO pregò J. L. GAY-LUSSAC di instal-lare un termometro di grande precisione nei sot-terranei dell’Osservatorio, a 28 m di profondità,dove si erano fatte misure di temperatura a par-tire da quella di E. MARIOTTE, il 3 dicembre1670. Il significato di queste misure si compren-de meglio se si riflette che agli inizidell’Ottocento si tendeva a sovrastimare il flus-so di calore dall’interno della Terra perché sisottostimava la capacità di trasporto della circo-lazione atmosferica. Nell’“Annuaire du Bureaudes Longitudes pour l’an 1834” (Parigi 1833)egli pubblicò una lunga nota scientifica, appa-rentemente sollecitata da un cittadino, Sur l’étatthermométrique du globe terrestre (p. 171-240).Anche i più accurati studiosi moderni l’hannoletta nelle Opere dell’ARAGO edite con qual-che rimaneggiamento da J. A. BARRAL nel1855-62, considerano saggi separati i suoi capi-toli e li attribuiscono a quegli anni. A quella notasembrava di poter fare risalire la tradizione tantodei ragionamenti puramente fisici in materia(l’A. argomenta che se fosse variata la tempera-tura media della Terra ne sarebbe variato il dia-metro e quindi la velocità di rotazione) quantodell’utilizzazione delle date delle vendemmiecome indice dell’andamento stagionale. L’A-RAGO cita anche la sommaria comparazionedelle temperature misurate a Firenze nel dicias-settennio 1654-1670 e dopo il 1820 pubblicatada G. LIBRI, nel t. XLV (1830; p. 354-361)dagli Annales de Physique et de Chemie cheavevano come editori l’ARAGO e il GAY-LUS-SAC, ma non appare molto interessato a questo

54

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

2 A. CAVOLI, L’Argentario, Roma, Multigrafica, 1988. Cfr. p. 160.

modo di procedere. Invece A. ANGOT (1848-1924), meteo-

rologo di professione, si preoccupò di raccoglie-re l’uno e l’altro genere di informazionì (Étudesur les vendanges en France, “Ann. Bur. centr.météor. France pour 1883“, Premier cataloguedes observations météoroloqiques faites enFrance dépuis l’origine jusqu’ en 1850, ibid.1895).

J. R. FLEMING (Historical Perspectiveson Climate Change, Nuova York, Oxford Univ.Press, 1998) ha messo in luce trattazioni ancheprecedenti più generali e più teoriche, quali leRemarques générales sur les températures duglobe terrestre et des espaces planetaíres di J.FOURIER, pubblicate nel 1824 dagli “Annales”citati (t. XXVIII, p. 136-167). Viceversa il FLE-MING non menziona gli studiosi nominatidinanzi e neppure quelli menzionati in 2.6, salvoil LE ROY LADURIE.

La scoperta delle ere glaciali ebbe un’im-portanza eccezionale per gli studi dei quali stia-mo parlando. Non soltanto diede loro un grandeimpulso, ma li tolse dalla dimensione cronisticaper proiettarli su orizzonti incomparabilmentepiù vasti e suggestivi, anche se da un certo puntodi vista più astratti. Lo svizzero L. AGASSIZ(1807-1873), poi trasmigrato in America, coidue volumi di Études sur les glaciers del 1840-41 convinse il mondo scientifico che le glacia-zioni erano state una realtà. Sulle loro causefurono in un breve volger d’anni proposte quasitutte le ipotesi che si prendono in considerazio-ne ancor oggi. Particolare eco ebbe la tesi astro-nomica fondata essenzialmente sulle variazionidi eccentricità dell’orbita terrestre che J.CROLLpropose per la prima volta nel 1864 nel“Phi1osophical Magazine” (s. 4, n. 28, p. 121-137) e poi sviluppò in un grosso volume del1875: Climate and time in their geological rela-tions. A theory of secular changes of the Earth’sclimate. Difficoltà che ancora mentre scriviamorichiedono grossi sforzi d’ingegno per esseresuperate fecero cadere in discredito l’ipotesi,sebbene del problema fossero proposte soluzio-ni simili alle moderne, e si finì per pensare piut-tosto a variazioni di trasparenza dell’atmosfera.

2.2 Europa centrale di cultura tedesca

2.2.1 La Climatologia storicaLo studio dei cambiamenti climatici

divenne un tema canonico della Scienza con l’o-pera di A. PENCK (1858-1945) e di A.

BRÜCKNER (1862-1927). D’abitudine li siconsidera come Geologi puri e si ritiene che laloro influenza si sia manifestata dopo il consoli-darsi della teoria delle quattro glaciazioni e lapubblicazione tra il 1901 e il 1909 dei tre cele-bri volumi Le Alpi nell’epoca glaciale (DieAlpen in Eiszeitalter).

In realtà il PENCK nel 1882 aveva pub-blicato una importante opera Sulle glaciazioninelle Alpi tedesche, le loro cause, la loro perio-dica ricorrenza e la loro influenza sulla geo-morfologia (Die Vergletscherung der deutschenAlpen, ihre Ursachen, periodische Wiederkehrund ihr Einfluss auf dieBodengestaltung, Lipsia;483 pp.). Il BRÜCKNER, suo allievo, dopo latesi sull’età glaciale si poteva considerare unMeteorologo: era vicedirettore della“Meteorologische Zeitschrift” e nel 1890 avevatrattato in un lungo articolo 3 le oscillazioni delclima a partire dal 1700 alla maniera deiClimatologi storici, di coloro cioè che si premu-rano di raccogliere lunghe serie di misuremeteorologiche e dati d’archivio.

Il tipico rappresentante di questo indiriz-zo è G. HELLMANN (1854-1939). Gli si deveun grandioso e coerente impegno per raccoglie-re e ristampare elementi utili allo studio deicambiamenti climatici, da trasmettere comemateriali da costruzione (Bausteine) alle genera-zioni successive secondo lo spirito tipico dellasua epoca. Quell’indirizzo diede grande risultatinelle scienze storiche dove ogni ricerca inco-mincia con un accurato esame della bibliografia,meno negli ambiti dominati dai fisici poco incli-ni (a vero dire per ragioni obiettive) a quell’e-sercizio di pazienza e di umiltà. Ci sembra dove-roso menzionare le sue principali pubblicazioniche stranamente ed ingiustamente appaionodimenticate:• Repertorium der deutschen Meteorologie,

Lipsia, 1883.• Gli inizi delle osservazioni e strumenti

meteorologici (Die Anfänge der meteorologi-schen Beobachtungen und Instrumente,“Himmel u. Erde“, a. II; 1890).

• Sulle caratteristiche degli inverni miti (ZurCharakteristik milder Winter, “Metztschr.,feb. 1899, p. 58-62).

• Lo sviluppo delle osservazioni meteorologi-che sino a tutto il XVII secolo. (DieEntwickelung der meteorologischenBeobachtungen bis zum Ende des XVIIJahrhundert. Ibid., apr. 1901, p. 145-157).

• Ristampe di scritti e carte relativi allaMeteorologia e al Magnetismo terrestre.

55

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

3 “Geogr. Abh.”, v. 4, p. 155-484.

(Neudrücke von Schriften und Karten überMeteorologie und Erdmagnetismus, Berlino,Asher, 1901).

• L’alba della meteorologia (The dawn ofMeteorology, “Quart. J. R. meteorol. Soc.”,v. XXIV, n. 149, p. 221-232).

• Sugli inverni rigidi (Ueber strenge Winter),“S. B. K. preuss. Akad. Wiss.”, v. LII, p. 739-759; 1912).

• Lo sviluppo delle osservazioni meteorologi-che in Germania dai primi inizi all’istituzio-ne di reti di osservazione statali (DieEntwicklung der meteorologischenBeobachtungen in Deutschland von denersten Anfängen bis zur Einrichtung staatli-cher Beobachtungsnetze, “Abh, preuss Akad.Wiss. phys. math. Kl., a. 1926, n. 1, 25 pp.).

• Die Entwicklung der meteorologischenBeobachtungen bis zum Ende des XVIIIJahrhunderts. Ibid., a. 1927, n. 1, 46 pp.

I suoi continuatori nostri contemporaneisono piuttosto numerosi e si possono dividere intre gruppi: prosecutori in senso stretto, studiosiche si dedicano ad omogeneizzare le serie dimisure, climatologi storici che operano secondoun’impostazione più larga, ma non hannodimenticato i valori insiti nella sua visione.

Nel primo gruppo emerge F. KLEMM, ilquale ha esposto lo sviluppo delle osservazionimeteorologiche fino al 1700 in Franconia e inBaviera, nella Germania settentrionale e centra-le (quest’ultima nell’uso corrente italiano dal1945 al 1990 conosciuta come Germania orien-tale), nella Germania sudoccidentale e inSvizzera nei nn. 8, 10 e 13 degli “Annalen derMeteorologie“ (1973, 1976 e 1979) e nel“Vierteljahrschrift der naturforschendenGesellschaft in Zürich” (a. 119, n . 4; 1974 ).

Le principali pubblicazioni del secondo,imperniato sullo Svizzero M. SCHÜEPP, sono:• M. BIDER, M. SCHÜEPP, H. RUDLOFF,

Die Reduktion der 200-jährigen BaslerTemperaturreihe, “Arch. Met. Geophys.Biokl.“, s. B, v. 9, p. 360 - 412, 1959;

• Luftdruckreihen der Letzten zweiJahrhunderte von Basel und Genf. Ibid., v.11, n. 1, 1961.

• A.BEHRENS, La serie barometrica biseco-lare di Milano (Die zweihundertjärigeLuftdruckreihe von Mailand, 1763-1962,Zurigo, 1965, 91 pp. Dissertazione di dotto-rato che collega la serie di Milano con quel-le di Basilea e di Udine.).

• M. SCHÜEPP, Methoden und Probleme derBearbeitung langjährigenBeobachtungsreihen. In: H. OESCHGER etal. Das Klima. Analysen und Modelle.

Geschichte und Zukunft, Berlino , Springer,1980, p. 191-206.

• H. TEUTSCH, Dìe Reduktion der 200-jähri-gen Innsbrucker Temperaturreihe 1777-1976, 118 + 99 pp. Innsbruck 1978.Dissertazione di dottorato.

Può rappresentare il terzo gruppo H.FLOHN (cfr. Encicl. Ital., IV app., v. I, p.823),il quale in certo senso riassume la scuola tede-sca. Sono probabilmente da collegare alla suainiziale formazione di geografo l’abitudine adun esame completo della letteratura e la capaci-tà di trarne una sintesi equilibrata nonché la ten-denza a collegare sempre i fatti geofisici a quel-li sociali. Dal 1935 si è dedicato soltanto allaMeteorologia, intervenendo con originalità dipensiero in quasi tutti i settori di questa discipli-na. Il suo interesse per i cambiamenti climaticiin un primo momento ha riguardato le glacia-zioni quaternarie, poi si è esteso alle influenzeantropogene sul clima (dal 1941), alla climato-logia storica (dal 1949), ai mutamenti della cir-colazione atmosferica come cause immediatedei cambiamenti climatici (dal 1952), al proble-ma dell’intransitività del sistema climaticosostenuta da E. N. LORENZ (dal 1973; cfr.METEOROLOGIA, 2.18).

Poiché nella fondamentale e conosciutis-sima opera Variazione e oscillazioni del climadall’inizio delle osservazioni strumentali siste-matiche (Die Schwankungen und Pendelungendes Klimas seit dem Beginn der regelmässigenInstrumenten-Beobachtungen, “Braunschweig,Vieweg, 1967) H. RUDLOFF affida ad altro A.soltanto il capitolo Variazioni climatiche in etàstorica e quell’A. è il FLOHN, avevamo ipotiz-zato che questi fosse un discepolo direttodell’HELLMANN, ma oggi crediamo di poterdire che a stimolare il suo interesse furono scrit-ti di studiosi più giovani: World climate duringQuaternary period (“Q. J. r. meteorol. Soc.”, v.59, p. 425-471; 1934) di G. C. SIMPSON e Theartificial production of carbon dioxide and itsinfluence on temperature (ibid., v. 64, p. 223-237; 1938) di G. S. CALLENDAR. Le sue qua-lità risultano particolarmente evidenti nel libroIl problema dei cambiamenti climatici nel pas-sato e nel futuro (Das Problem derKlimaänderungen in Vergangenheit undZukunft, Darmstadt, WissenschaftlicheBuchgesellschaft, 1985; 19882).

Inoltre ha contribuito forse più d’ognialtro a determinare 1’indirizzo delle attività chela Commissione delle Comunità europee haintrapreso nel campo degli studi sui cambia-menti di clima (cfr. 2.8).

Va infine ricordata un’opera apprezzata

56

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

dagli Storici studiosi del clima passato, ma pra-ticamente ignorata dai Meteorologi: C. WEI-KINN, Fonti per la storia delle condizionimeteorologiche in Europa dall’inizio dell’eracristiana al 1850 (Quellentexte zurWitterunsgeschichte Europas von derZeitalterwende bis zum 1850, Berlino 1958-67).

2.2.2 La Palinologia (cfr. 2.3.3)Lo studio della distribuzione dei pollini

fossili per riconoscere il clima dell’epoca in cuifurono prodotti è conosciuto col non felicissimonome di Palinologia coniato nel 1943 da HYDEe WILLIAMS prendendo spunto dal verbogreco παλυνω che vale “spargo”. Diversi AA.ne hanno proposti altri: Sporologia, Statisticapollinica, Analisi pollinica.

Un’interesse non episodico per i pollinifossili ritrovati nelle torbiere incominciò amanifestarsi nel nono decennio dell’Ottocento.Il geologo dell’Università di Rostock E. GEI-NITZ (1854-1925) ne intravvide l’utilità per lastratigrafia e la cronologia e stimolò altri studio-si ad occuparsene. Dei lavori derivanti dal suoimpulso i più notevoli sono Contributi criticialla conoscenza della torba (Kritische Beiträgezur Kenntnis des Torfes, “Jahrb, k. k. geol.Reichsanstalt”, v. XXXV, 1885) dello svizzeroJ. FRÜH e Torf=und Wiesenkalk -Ablagerungen in Rederang und Moorsee -Becken. Ein Beitrag zur Geschichte der Müritzdi U.STEUSLOFF (“Arch. Ver. Freund.Naturgesch. Mecklemburg”, v. 59, 1910). Dal1895 fece analisi polliniche anche il massimobotanico e stratigrafo della torba, C.A.WEBER.Nel 1896 egli calcolava il rapporto tra i pollinidi diversa specie e nel 1910 le frequenze per-centuali di ciascun polline rispetto al totale. InSvezia il geologo N. O. HOLST (1846-1918)ebbe una funzione analoga a quella del GEI-NITZ e indusse a specializzarsi G. LAGER-HEIM (1860-1926), professore di Botanica aStoccolma. Le sue analisi polliniche furonosempre pubblicate come parti di lavori diretti daaltri. Quella contenuta in un’opera di WITTEdel 1905 è la prima ad esprimere la presenza deivari pollini in termini di percentuali sul totale. IlLAGERHEIM formò come Palinologo il geolo-go L. von POST il quale portò la Palinologia adessere una tecnica matura, convincente ed auto-noma, in particolare introducendo i diagrammipollinici.

Dopo l’affermarsi del von POST l’areaculturale centroeuropea produce ancora lavorinotevoli. Tra questi ricorderemo: I risultati degli

studi sull’analisi dei pollini in riferimento allastoria della vegetazione e del clima in Europa(Die Ergebnisse der pollenanalytischenForschung in Bezug auf die Geschichte derVegetation und des Klimas von Europa “Z.Gletscherk.“, a. 15, p. 161-190; 1927) diH.G.GAMS; Lo studio palinologico sistematicodella Svizzera (Die pollenanalytischenDurchforschung der Schweiz) di P.STARK (“Z.Botan.“, v. 21, p. 296-323; 1929); Ricerche pali-nologiche, stratigrafiche e geocronologichenella torbiera del Faulensee presso Spiez (Pollenanalytische, stratigraphische und geoch-ronologische Untersuchungen aus demFaulenseemoos bei Spiez) di M. WELTEN(Zürich, Geobotanisches Institut Rubel, 1944;201 pp.).

2.3 Paesi Nordici

Si caratterizzano per aver apportato inno-vazioni molto creative che hanno avuto solleci-ta eco nel mondo intero.

2.3.1 L’ “effetto serra”Nel 1896 Svante ARRHENIUS (1859-

1927; è universalmente conosciuto come uno deipadri della Chimica-Fisica, ma dal 1883 scrisseanche di Meteorologia, talora in collaborazionecon N. ECKOLM, e fu uno dei principali soste-nitori di V. BJERKNES; cfr. METEOROLOGIA2 e 3), in una seduta dell’Accademia svedesedelle Scienze espose quel che oggi chiamiamo1’“effetto serra” dell’anidride carbonica.Pubblicò subito le sue considerazioni nel Bihangn. 22 agli Atti dell’Accademia col titoloL’incremento dell’anidride carbonica e la suainfluenza sulla temperatura al suolo (Ueber derEinfluss des atmospherischenKohlensaüregehalts auf die Temperatur derErdoberflache) e nello stesso 1896 nel “LondonEdinburgh and Dublin philosoph. Mag. and J.Science”4 s. V, n. 41, p. 237-276) col titolo, Onthe influence of carbonic acid in the air upon thetemperature of the ground. Insistette nel 1899(Les oscillations séculaires de la température àla surface du globe terrestre “Rev. gén. Sci.”, p.337-342), nel 1901 (Ueber Wärmeabsorptiondurch Kohlensaüre, “Ofversight af k.Vetenskapakad. Handling.”, a. 22, n. 5 e“Drudes Annalen”, v. 4, p. 689-705) e nel 1906(Die vermütliche Ursache derKlimaschwankungen, “ Medd. k.Vetenskapakademiens Nobelinstitut”, a. 1, n. 2).

57

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

4 Periodico scientifico spesso citato accorciando indebitamente il titolo.

In realtà la sua segnalazione ebbe immediatarisonanza e l’argomento non fu più abbandona-to dalla Scienza.

2.3.2 Le varveNei laghi proglaciali (che si costituiscono

alla fronte di un ghiacciaio) in primavera sideposita materiale a grana grossa e in autunno-inverno materiale a grana fina. Si chiama varva(dallo svedese varvig = ciclo) la coppia di stratidi ciascuna annata. Il termine è poi stato estesoa ogni sedimento annuale riconoscibile.

Le varve sono particolarmenti evidenti inSvezia dove nel 1896 le scoprì G. J. DE GEER(1858-1943) di eminente famiglia svedese origi-naria del Belgio. Ne scrisse - sembra - dal 1905,ma le fece conoscere con la comunicazione(stampata nel 1912) Una geocronologia degliultimi 12.000 anni (A geochronology of the last12.000 years) al Congresso geologico interna-zionale di Stoccolma del 1910. Mediante levarve egli e la sua scuola poterono seguire suun’estensione di un migliaio di chilometri il riti-ro della calotte glaciali.

Varve della stessa o di altra origine sonostate ritrovate anche altrove, peraltro fuori dallaScandinavia non si conoscono serie così nette eprolungate. L’utilizzazione delle varve offrì ilprimo esempio di geocronologia assoluta.Suscitò notevoli entusiasmi in molti ambientiscientifici ed anche tra l’opinione pubblica e sipuò congetturare che una tecnica così chiara econvincente abbia aperto la strada ad altri meto-di come la Dendrocronologia, la quale del restopresenta numerosi punti di somiglianza. Lasumma dell’opera del DE GEER è rappresenta-ta dal volume Geochronologica suecica, del1940 (“Kungl. svenska Vetenskapakad.Handling.”, s. 3a, n. 18).

2.3.3 Palinologia (cfr, 2.2.2)La nuova disciplina si diffuse rapidamen-

te dopo che nel 1916 il von POST ne parlò a unariunione di naturalisti svedesi (Pollini di chiomeforestali nella sequenza di sfagno-muschi dellatorba della Svezia meridionale. Skogsträdpolleni sysvenska torfmosselagerföljder inForhandlingar ved 16. Skand.Naturforskermøte; 1918). Le bibliografie suicambiamenti di clima curate da Meteorologinon citano altri scritti che documentino l’attivi-tà del fondatore o dei suoi discepoli scandinavifino a un articolo del 1946: von POST, The pro-spect of pollen analysis in the study of theEarth’s climatic history, “New Phytol.”, n. 45,p. 193-217.

Dagli scarni cenni storici premessi adalcuni trattati della materia risulta però che

G.ERDTMAN si preoccupò di far conoscere laPalinologia prima con un articolo del 1921 suuna rivista e in una lingua più diffusa delle scan-dinave (Pollenanalytische Untersuchungen vonTorfmooren und marinen Sedimenten inSüdwest-Schweden. “Ark. Botan.”, v. 17) e poicon una bibliografia annuale pubblicata dal1926 al 1954 in “Geologiska Förenningens iStockholm Forhandlingar” e infine con alcunifondamentali trattati: An introduction to PollenAnalysis, Nuova York, Ronald, 1945. Pollenand Spore Morphology.Plant Taxonomy, NuovaYork, Hafner (v. I Angiospermae, 1952, 553 pp.;v. II Gymnospermae, Pteridophyta, Briophyta,1957, 151 pp.; v. III Gymnospermae, Briophyta,1965, 191 pp.).

2.3.4 La PaleoglaciologiaNel settimo decennio W. DANSGAARD

dell’Università di Copenhagen si affermò comeil maestro della Paleoglaciologia e fece acquisi-re alla disciplina una posizione di primo pianonegli studi sul clima passato.

Nell’immediato dopoguerra lo scopritoredel deuterio, il premio Nobel americano H. C.UREY (1893-1981) osservò che il rapporto traossigeno pesante e ossigeno normale subisceun’alterazione quando l’elemento passa da uncomposto ad un altro o i composti che lo con-tengono cambiano di fase. L’alterazione del rap-porto dipende dalla temperatura, sicché adesempio misurando il valore 18O/16O negli sche-letri di animali calcarei si può determinare latemperatura alla quale essi si sono formati pur-ché si possa supporre costante il rapporto18O/16O nell’oceano oppure se ne conoscano levariazioni. (The thermodynamic properties ofisotopic substances, “J. chem. Soc.”, v. 152,p.190-219; 1947).

Nel vapore tale rapporto è inferiore inmisura dipendente dalla temperatura a quellodell’acqua da cui proviene. Quando il vaporesublima in particelle di ghiaccio o condensa ingoccioline di pioggia, dopo il cambiamento difase il rapporto è maggiore, sempre in misuradipendente della temperatura. Nei ghiacciai essoè inferiore a quello dell’oceano, sicché in que-st’ultimo cresce all’aumentare della massa d’ac-qua “sequestrata” dai ghiacci.

C. EMILIANI - geologo nato a Bolognanel 1922 e ivi laureatosi nel 1945, passatoall’Università di Chicago dopo un biennio diattività professionale all’AGIP ebbe il coraggiodi puntare decisamente sull’interpretazione diquel rapporto negli scheletri fossili di organismivissuti nell’oceano come indice della temperatu-ra dell’acqua. Dopo alcune comunicazioni preli-minari (tra l’altro sul numero 3103 di “Science”,

58

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

del 1954) e il fondamentale articolo Pleistocenetemperatures (“J. Geol.”, v. 63, n. 6, p. 538-578;1955) egli propose una ricostruzione dell’anda-mento della temperatura del mar dei Caraibinegli ultimi 425.000 anni (Palaeotemperatureanalysis of Caribbean cores P. 6304-8 andP6304-9 and generalized temperature curve forthe past 425.000 years) “J. Geol”, v. 74, n. 2, p.109-126, 1966). La sua posizione apparve suf-fragata da indagini sulla diversa proporzionedelle strutture destrogira e levogira nelle popo-lazioni di Foraminiferi (D. B. ERICSON eG.J.WOLLIN, Coiling direction of Globorotaliatruncatulinoides in deep sea cores, “Deep SeaRes.”, v. 2 p . 152-158 ; 1954 ). L’EMILIANIsuscitò grandi entusiasmi in svariate cerchiescientifiche, ma non tra i Meteorologi. Adesempio la Annotated Bibliography on climaticchanges pubblicata nel n.11del 1964 dal presti-gioso “Meteorological Abstracts andBibliography” lo ignora. Inoltre N . J . SHAC-KLETON, che aveva lavorato insiemeall’UREY, sostenne che la variazione del rap-porto 18O/16O doveva essere interpretata essen-zialmente come misura della frazione dell’acquabloccata nei ghiacciai. (Oxygen isotope analysesand Pleistocene temperatures reassessed).”Nature”, v. 215, 1° lug. 1967, p.15-17).

Successivamente rinvigorirono la fiducianelle possibilità di de terminarePaleotemperature attraverso il rapporto 18O/16Onegli scheletri di fossili nuovi lavori, in partico-lare quello di J. IMBRIE e N. G. KIPP cheseguendo un procedimento analogo a quellodella Palinologia esamina l’abbondanza relativadi diverse specie di Foraminiferi la cui attualereazione alla temperatura è nota e fu presentataad un convegno sulle epoche glaciali del tardocenozoico tenuto all’Università di Yale neldicembre 1969 (A new micropalaeontologicalmethod for quantitative Palaeoclimatology allepp. 71-181 di K. K. TUREKIAN. The lateCenozoic glacial ages. New Haven, 1971).

Le possibilità di queste tecniche furonostudiate ed esposte con molto metodo dal DAN-SGAARD, anche attraverso comparazioni traghiacci recenti e i parametri meteorologici con-temporanei alla loro formazione. Egli ottenne ilprimo risultato clamoroso quando gli fu affidatauna metà della carota estratta dal Genio milita-re degli Stati Uniti a Camp Century in un ghiac-ciaio groenlandese spesso 1400 m i cui stratiinferiori si erano formati circa 150.000 anni fa.Dimostrò non soltanto che si può ricostruire lastoria termica del ghiaccio per tutto il suo spes-sore, ma anche che fino alla profondità di unmigliaio di metri (corrispondenti nel caso parti-colare a circa 8300 anni) se ne possono indivi-

duare le varve, ottenendo una cronologia assolu-ta; in teoria sussiste il pericolo che una stagionetroppo secca sfugga o che un prolungato perio-do mite nel corso di un inverno sia interpretatocome un’estate in più, ma finora non è risultatoche ciò avvenga. Nel ghiaccio degli ultimi ventianni il DANSGAARD poté seguire l’andamen-to delle singole stagioni. Il successo diede il viaa una collaborazione tra gli Stati Uniti, laDanimarca e la Svizzera che produsse l’estra-zione e l’esame di numerose carote dai ghiacciaigroenlandesi, fino alla profondità di 2083 metri.

Nell’Antartide si sono raggiunte profon-dità maggiori: nella stazione russa di Vostok3.400 m corrispondenti a 400.000 anni e 2.864m corrispondenti a 550.000 anni in quella dell’Unione Europea del Dome C (“Corr. Sera”,24.3.2002, p. 26).

Di particolare interesse teoretico sono irisultati di R. B. ALLEY, il quale ha riscontratoche circa 11.650 anni fa il clima passò più volteda uno stadio freddo a uno caldo in appena 3anni (“Boll. am. met. Soc.”, v. 83, n. 2, feb.2002, p. 241).

2.4 Stati Uniti d’America

Allo spirito di iniziativa e alla non con-venzionalità di questo grande Paese si debbonol’affermarsi della Dendrocronologia e talunegrandiose e stimolanti ipotesi sui meccanismidei cambiamenti climatici.

2.4.1 La DendrocronologiaLa Dendrocronologia fu diffusa

dall’Astronomo A. E. DOUGLASS (1865-1962), il quale prese ad occuparsene con tenacianel 1904, mosso - almeno inizialmente - dallasperanza di trovare tracce del ciclo undecennaledelle macchie solari e fondò il Tree RingLaboratory dell’Università dell’Arizona, aTucson. Pubblicò risultati già nella “MonthlyWeather Review” del 1909 e già a partire dal1919 il geografo storico E. HUNTINGTONmise a profitto la nuova tecnica nelle sue opere,che comprendono una delle prime sintesi deiproblemi qui affrontati: Climatic Changes pub-blicata nel 1922 con S. S. WISHER e ampia-mente apprezzata.

A far conoscere la nuova disciplina intutto il mondo furono soprattutto tre volumi delDOUGLASS aventi il titolo comune Climaticcycles and tree growth. A study of the annualrings of trees in relation to climate and solaractivity, editi dalla Carnegie Instìtution nel1919, 1928 e 1936.

59

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

2.4.2 PaleoglaciologiaNell’ottavo decennio G. H. DENTON,

laureatesi a Yale nel 1965 e oggi professore diGeologia all’università del Maine dopo unperiodo di attività in Svezia, è divenuto ilPaleoglaciologo più noto e influente, grazie allasua intensissima attività (alla fine del 1989 pote-va vantarsi di aver “ trascorso 36 stagioni sulcampo, 22 delle quali nell’emisfero australe”) ealle suggestive teorie che le sue scoperte hannoevocato o ch’egli stesso ha proposto.

Il DENTON è andato a ristudiarsi buonaparte della storia dei ghiacciai in Alaska e inSvezia oltre a quella dei ghiacciai antartici,preoccupandosi in special modo di controllare laplausibilità della teoria delle ondate di ghiaccio”(N. CALDER La macchina del tempo,Meteorologia e glaciazioni, Bologna,Zanichelli, 1977; cfr. p. 119). La teoria era stataproposta nel 1964 da A. J. WILSON in“Nature”(Origin of ice ages: an ice shelf theoryfor Pleistocene glaciation, p. 147-149) . Egliipotizzò che durante gli interglaciali talunighiacciai antartici si carichino fino al punto daraggiungere alla base il punto di fusione e sci-volare in mare. Si formerebbe così fino al 50°parallelo una banchisa che farebbe passaredall’8 all’80 % l’albedo di quella vasta superfi-cie e diminuire del 4 % la radiazione solareassorbita dalla Terra. Ne conseguirebbe un raf-freddamento generale che provocherebbe la for-mazione dei grandi ghiacciai sui continenti set-tentrionali. Poi l’enorme banchisa fonderebbe apoco a poco e ci si avvierebbe a un nuovo inter-glaciale.

In effetti DENTON analizzando i caro-taggi del fondo marino diede le prove che iltavolato del mare di Ross era avanzato almenoquattro volte. Le sue scoperte per qualche temporilanciarono la teoria del WILSON. W. FRA-KES nel suo Climates throughout geologicaltime (che tra il 1979 e il 1980 ebbe due edizionipresso Elsevier di Amsterdam) potè scrivere “Inun periodo non ben datato verso la fine delMiocene o il principio del Pliocene il tavolatodel mare di Ross fu soggetto a un’enormeespansione. Il ghiaccio raggiunse il fondo delMare di Ross, erodendolo, si estese almeno 150km oltre la sua fronte attuale e raggiunse l’orlodella piattaforma continentale ... Il limite setten-trionale dei sedimenti a diatomee si ritirò bru-scamente di circa 300 km e in Nuova Zelanda siebbe un accentuato raffreddamento rivelatodalla fauna dei sedimenti costieri ... Sembra chela crescita miocenica dei centri di ghiaccioantartico abbia preceduto la formazione deighiacciai continentali nell’emisfero boreale”(ed. 1980, p. 225). Non ci risulta però che il

DENTON abbia appoggiato questo rilancio.Egli concluse che il ghiaccio franato nel mare neavrebbe innalzato il livello senza provocare unaglaciazione e che le glaciazioni sono in praticacontemporanee su tutta la Terra e comandatedall’emisfero boreale. Degli scritti in cui sonoconsegnate le predette scoperte e riflessionisono citati come più importanti:Miocene–Pliocene glaciations in southernAlaska (con R. L. ARMSTRONG) “Amer.Sci.”, n. 267, p.1121-1142; 1969); due contribu-ti al già citato convegno di Yale: The lateCenezoic glacial history of Antarctic, con R. L.ARMSTRONG e M. STUIVER, e Holoceneglacier fluctuations and their possible cause(con W. KARLEN, “Quatern. Res.”, v. 3, p.155-205; 1973); The last great ice shield (con T.HUGHES, Nuova York, Wiley, 1987).

Più tardi la similitudine tra l’andamentodel volume dei ghiacci e quello dell’insolazioneestiva alle alte latitudini boreali lo convinse chela causa ultima va cercata nelle particolarità delmoto del nostro pianeta e s’impegnò a superarele difficoltà che si incontrano ad accettare pie-namente questa tesi, in particolare la circostanzache le glaciazioni risultano contemporanee sututta la Terra e comandate dall’insolazione esti-va nell’emisfero boreale. Collegò alcune recentiscoperte in uno schema davvero affascinante.D’inverno nell’Atlantico settentrionale vienerichiamata alla superficie dalla profondità dicirca 800 m acqua molto salata che si raffreddae diventa così densa da scendere al fondo. Nelraffreddarsi libera una quantità di calore pari acirca un terzo di quella ricevuta dall’Atlanticosettentrionale come radiazione solare. L’“acquaprofonda nordatlantica” così formatasi dà origi-ne a una corrente salata profonda che passa a Sdell’Africa e dell’India e volge verso N nelPacifico centrale. E. BOYLE dell’MIT scoprìche nei loro gusci calcarei i Foraminiferi insie-me al calcio incorporano cadmio il cui ione hacarica e dimensioni uguali a quello del calcio.La distribuzione del cadmio segue quella deinitrati e fosfati il cui tenore aumenta man manoche l’acqua profonda invecchia. Questa inge-gnosa tecnica ha permesso di concludere chedurante le glaciazioni la circolazione descrittamancava. Nell’esporre i risultati della sua ulti-ma attività DENTON ha anche divulgato con-clusioni più precise di quelle con riguardo a duefatti di estrema importanza. Il tenore di anidridecarbonica nell’atmosfera è regolato dall’equili-brio con gli strati superficiali dell’oceano, ilquale nel complesso contiene una massa di CO2pari a circa 60 volte quella contenuta nell’atmo-sfera. La sua distribuzione dipende dalle com-ponenti verticali del moto delle acque (e quindi

60

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

l’arrestarsi di una circolazione come quelladescritta la altererebbe gravemente), ma inbuona parte dall’attività biologica (gli organismila sintetizzano in carbonato di calcio e in cloro-filla che finiscono col precipitare verso ilfondo). Il ghiaccio delle epoche glaciali presen-ta un contenuto di polvere pari a circa trentavolte quello del ghiaccio attuale (W. S.BROECKER e G. H. DENTON. The role ofOcean - Atmosphere organisations in glacialcycles, “Geochim. cosmochim. Acta”, a. 53, n.10, ott. 1989. I fattori di controllo dei cicli gla-ciali, “Scienze”, n. 250, mar. 1990, p. 37-45).

A tale circolazione termoalina(Thermohaline circulation THC) è stata attribui-ta un’importanza sempre crescente.) Nel 1997(“Nature”, ago 1997, p. 862-865 e feb 2002, p.863-869) gli svizzeri T. F. STOCKER e A.SCHMITTER calcolarono che un rapido rad-doppiarsi della concentrazione di anidride car-bonica bloccherebbe quella circolazione colrisultato che la temperatura dell’Atlantico set-tentrionale si abbasserebbe di 8 gradi, i ghiacciconseguentemente formatisi innalzerebberol’albedo5 media della superficie terrestre epotrebbe innescarsi un’era glaciale (2.3.3). Èinteressante leggere anche Global climaticimpacts of a collapse of the Atlanic Thermoalinecirculation di M. VELLINGA e R. A. WOOD(“Climate Change”, v. 54, p. 251-267; 2002): gliAA. giungono alle stesse conclusioni, purammettendo una lenta ripresa della THC.Questa teoria è ormai abbastanza diffusamenteconosciuta, tanto da ispirare scritti di fantascien-za (p. es. Violette LE.-QUÉRÉ.-CADY et al.L’affaire Mikado, Parigi, ed. INRA, 2003)

2.5 Jugoslavia

La Jugoslavia ha dato una grande figurache non sapremmo inserire in una scuola:M.MILANKOVIC, nato nel 1879 a Delj inSlavonia e morto a Belgrado nel 1958. Nel 1905si addottorò a Vienna con una tesi sulle travi incemento armato e per tutta la vita si occupò diScienza delle Costruzioni. Ottenuta nel 1909una cattedra di Matematica applicata aBelgrado, riuscì a trasformarla in Istituto diMeccanica celeste e di Astronomia. Ben prestoaffrontò l’argomento che doveva impegnarloper tutta la vita e dargli la celebrità: lo studio delclima.

In una prima fase seguì un indirizzo che

diremmo di Meccanica razionale e di Fisica tec-nica, muovendo dalla teoria meccanica dellamigrazione dei poli (Contributo alla teoriamatematica del clima, Beitrag zur Theorie desmathematischen Klimas. “Ber. königl. serb.Akad.”, v. 87, 1912. Applicazione della teoriamatematica della conduzione del calore a pro-blemi di Fisica cosmica Anwendung der mathe-matischen Theorie der Wärmeleitung auf pro-bleme der Kosmischen Physik, Arb. sudslav.Akad. Wissensch. Künste, n. 200; 1913. Teorieastronomiche delle epoche glaciali ibid. n. 204,1914. Teoria dell’assorbimento delle radiazionida parte dell’atmosfera Theorie derStrahlenabsorption in der AtmosphereRiduzione dell’emissione di calore per effettodell’atmosfera sul pianeta Marte Verpingerungder Wärmeabgabe durch die Mars Atmosphäre,“Ann. Phys.”, nn. 43 e 44, 16 e 12 pp., 1914.Problemi della conduzione del calore e loroapplicazione alla teoria del clima solare,Probleme der Wärmeleitung und dessenAnwendung auf der Theorie des solaren Klimas“ Z. Math. Phys.”, v. 62, 1913-14, Ricerche sulclima del pianeta Marte Arb. südslav. Akad.Wissens. Künste, n. 213, 1916).

Quando passò al problema dei cambia-menti di clima, con un’impostazione del tuttocoerente con la mentalità tecnica e rigorosa giàmanifestata si concentrò sul calcolo di comevaria la radiazione solare ricevuta dalla Terra.

Un’ elaborazione così intensa produssedue sintesi mature e convincenti, alle quali fudata grande risonanza e si deve il recente ritor-no alla teoria astronomica per spiegare i cam-biamenti del clima: il volume Théorie mathéma-tique des phénomènes thermiques produits parla radiation solaire (Parigi Gauthier Villars,1920, 336 pp.) e la parte A del I vol. (Teoriamatematica del clima e teoria astronomica delleoscillazioni climatiche (MathematischeKlimalehre und astronomische Theorie derKlimaschwankungen, 1930) del prestigiosoHandbuch der Klimatologie, diretto da W.KÖPPEN e R. GEIGER (cfr. CLIMATOLOGIA2.2 e 2.5). Si possono considerare come suomassimo risultato le Tavole della radiazionesulla terra e loro applicazione al problema delleere glaciali (Kanon der Erdbestrahlung undseine Anwendüng auf der Eiszeitproblem,Belgrado, r. Acad. serbe, éditions spéciales, n.133; 20+633 pp.; 1941). Nel dopoguerra la fidu-cia nella sua opera soffrì di una prolungata eclis-si: la sua morte nel 1958 non destò una grande

61

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

5 Albedo (parola latina che significa “bianchezza”) è il rapporto tra la radiazione elettromagnetica totale riflessa e ricevuta da un corpo. Per le singole lunghezzed’ombra si usa riflettività.

eco e il suo nome non figura nella Bibliographiede l’OMM sur les fluctuations climatiques del1961 e neppure nel Dictionary of ScientificBiography.

2.6 Francia

Ha esercitato un’influenza principalmen-te attraverso la tradizione da ricavare indizi sulclima da notizie storiche e in particolare - ciòche è “bien Français”- dalle date delle vendem-mie. L’inizio di quella tradizione è segnata dallalunga nota dell’ARAGO citata in 2.1. Non ci èancora stato possibile ricostruire 1’ipotizzabilecontinuità con una serie di lavori analoghiapparsi a partire dal 1876 e citati daM.E.CLOUZOT nell’articolo Histoire etMeteorologie (“Bull. hist. Philol.“, a. 1906, p.117 -135; Parigi, 1907). Sembra tuttavia emer-gere per lo sforzo prolungato e tenaceH.DUCHASSOY.

Nel 1955 l’articolo Contributions de laPhénologie à l’étude des variations climatiquesdi M.GARNIER (“Météorologie”, ott. dic.1955, p. 291) richiamò l’attenzione del giovanestorico LE ROY LADURIE (n. 1929), il quale siappassionò all’argomento. Dopo essersi messoin luce al colloquio di Aspen (1962; cfr. 2.9)quando ritenne di aver sufficientemente elabora-to la questione pubblicò nel 1967 la fondamen-tale Histoire du climat depuis 1’an mil. Il libroebbe rapidamente un successo finora inegua-gliato da ogni altro di argomento simile: l’ap-partenenza dell’A. alla mitica scuola delle“Annales” e la sua effettiva capacità di inseriregli eventi nella realtà sociale esercitarono unastraordinaria attrazione sugli storici e sui geo-grafi, inducendone molti ad impegnarsi in quelfilone di studi, e persino sul grosso pubblico.Forse i meteorologi non ne percepirono subitotutto il significato, ma lo presero subito in con-siderazione: per fare un esempio il “Bollettinodell’OMM”, che pare aver ignorato la conferen-za di Aspen, lo recensì nel gennaio del 1968. Sipuò tranquillamente affermare, anche per espli-cito riconoscimento di altri studiosi, che il LEROY LADURIE fu per qualche anno (diremmofino alla pubblicazione nel 1972-77 di Climate,Present Past and Future di H. H. LAMB) consi-derato alla testa degli studi di Climatologia sto-rica.

2.7 Gran Bretagna

Ha assunto un’efficace posizione di pre-minenza e di guida proprio con l’opera del

LAMB, ma può contare su diversi notevoli pre-cursori la cui attività ebbe un’eco immeritata-mente ridotta. I principali sono forse C. E.BROOKS (1888-1957) e G. MANLEY. IlBROOKS da iniziali studi di Geologia si feceMeteorologo e più precisamente Climatologo(fu per decenni il Chief Climatologist delServizio britannico) e Bibliografo dellaMeteorologia. Fu un pioniere, con connotati diapostolo, degli studi sui cambiamenti climatici.Dei suoi principali libri The evolution of clima-te (Londra, Benn, 1922, 173 pp; 1925) espone icambiamenti climatici noti sull’intera superficieterrestre, Climate through the ages: a study ofthe climatic factors and their variation (Londra,Benn, 1926, 439 pp., 2a ed. New York, McGrawHill; 1949) studia i fattori del clima e le lorovariazioni, concludendo che la teoria geograficabasta a spiegare i cambiamenti intervenuti edescrive quelli posteriori al 5000 a.C..

Il MANLEY si segnala per l’accurataricostruzione di serie di temperature, condottaappoggiandosi il più possibile a risultati dimisure:• The Durham meteorological record 1847-

1940, (“Q. J. meteorol. Soc.”, a. 67, p. 363-380; 1941) che è appunto un esame moltoaccurato di quella serie.

• Some recent contribution to the study of cli-matic change (ibid. v.70, p.197-219, 1944;

• Temperature trend in Lancashire 1753-1945(ibid., v.72, p. 131; 1946) dove si arriva a unastima attendibile delle medie mensili dal1781 al 1946.

• Late and post glacial climatic Fluctuationsand their relationship to those shown by theinstrumental records of the past 300 years,in: NEW YORK ACAD. SCI., “Annals”, v.95, n. l, p. 162-172; 1961.

• Central England temperatures monthlymeans 1659 to 1973 (Q. J . r. meteorol. Soc.,v.100, p. 389-405) che è il suo scritto piùconosciuto ed apprezzato.

H.H.LAMB dopo un’esperienza dimeteorologo pratico negli anni ’50 incomincia alavorare sul problema dei cambiamenti climati-ci, con un’impostazione molto concreta: (On thefrequency of gales in the Arctic and Antarctic,“Geogr. J.”, v. 123, n. 3, p. 287-297; 1957).Climatic variations and observed changes ingeneral circulation “Geografiske Annaler”, v.41, n. 2-3, p. 94-134; 1959 e v. 43, n. 3-4, p.363-400; 1961; Climatic change within histori-cal time as seen in circulation maps and dia-grams, in NEW YORK ACAD. SCI., “Annals”,v. 95, n. l, p. 124-161; 1961.

Verso il 1970 fu nominato capo della

62

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

Climate Research Unit della School of environ-mental Sciences dell’università dell’EastAnglia, a Norwich, e rapidamente produsse lavasta sintesi che abbiamo ricordato alla fine delparagrafo precedente (Londra, Methuen, l° v.,1972, XXI + 613 pp., 2° v., 1977, XXX + 835pp.) e che lo fece riconoscere come il più emi-nente studioso della disciplina qui trattata.

2.8 Sviluppi a carattere paneuropeo

Non si può ancora dire che la ClimaticResearch Unit (passata sotto la guida di T.WIGLEY allorché il LAMB compì 70 anni)abbia perduto la preminenza. Una notevole atti-vità svolta da A. BERGER dell’Università diLouvain La-neuve e dalla Direzione generaleXII della Commissione per le Comunità europee- principalmente dal fiorentino R. FANTECHI eda A. GHAZI con l’assistenza del FLOHN-fanno pensare al sorgere su suolo belga di unascuola che ben si potrebbe dire europea.Significativo in questo senso ci appare il volumeThe climate of Europe: Past, Present andFuture. Natural and man-induced climaticchanges: a European perspective. (Dordrecht,Reidel, 1984) curato dal FLOHN e dal FANTE-CHI con contributi del BERGER, di A. BOUR-KE, del DAANSGARD, di J. DUPLESSY, delLAMB, del ROSINI (cfr. CLIMATOLOGIA2.2) di C. SCHUURMANS.

2.9 I convegni più importanti

Probabilmente il primo tentativo di discu-tere a scala veramente mondiale il problema deicambiamenti di clima fu compiuto per iniziativadi L. DE MARCHI (cfr. 3.3 e CLIMATOLO-GIA 3.2) al Congresso geografico internaziona-le di Varsavia (1934).

Col progredire del tempo gli incontri sisono fatti più frequenti, ma molti di essi - comequello stesso di Varsavia - non hanno prodottoeffetti importanti almeno nell’ambiente deiMeteorologi. Ci limiteremo quindi a menziona-re quelli che a nostra conoscenza li hanno pro-dotti.

Una proposta avanzata nel 1958 aTeheran dal Comitato consultivo dell’UNESCOper lo studio della zona arida si concretò in uncolloquio UNESCO/OMM sui cambiamenti diclima svoltosi a Roma dal 2 al 7 ottobre 1961.Fu preceduto da un’inchiesta dell’OMM suglistudi in materia e sulle lunghe serie di misuremeteorologiche conservate nei paesi membriche produsse la Bibliographie de l’OMM sur les

Fluctuations climatiques (Ginevra 1961) e arric-chì notevolmente il secondo volume delCatalogue des données meteorologiques desti-nées à la recherche (Ginevra, OMM 1970; ilritardo nella stampa conseguì a una secondainchiesta condotta nel 1966 per perfezionare irisultati della prima). Il colloquio ebbe il meritodi coinvolgere i servizi meteorologici nazionalie di inserire nell’elenco delle loro attività cano-niche degli studi che in precedenza essi consi-deravano poco più di una curiosità erudita.

In quell’occasione fu proposto un collo-quio concentrato sui secoli XI e XVI, che si rite-nevano il più caldo e il più freddo della piena etàstorica. La proposta trovò realizzazione adAspen (Colorado) nei giorni 16-24 giugno 1962,principalmente per impulso del Comitato per laPaleoclimatologia della National Academy ofSciences e del National Research Council. Ilcolloquio fu il primo tentativo di coordinare glistudi sul nostro argomento e come primo passoscelse di rappresentare su diagrammi omogeneil’informazione raccolta da vari studiosi operan-ti in campi diversi (Geologi, Glaciologi,Meteorologi, Dendrocronologi e Storici).Furono realizzati 22 diagrammi per il secolo XIe 34 per il XVI. Essi godono (e ancor più hannogoduto) di una certa notorietà con il nome di“diagrammi di Aspen”, ma ci sembra che il loroprincipale risultato sia consistito nel fugare uncerto timore sotterraneo che i risultati ottenutida diversi studiosi risultassero inconciliabili.Probabilmente il colloquio di Aspen avendomesso in luce la personalità del LE ROY-LADURIE diede un contributo importante, senon addirittura essenziale, all’affermarsi del suoindirizzo di ricerca.

Nel 1967 per iniziativa di M.I.BUDYKOla Commissione di Climatologia dell’OMMpropose una conferenza sulla Climatologia fisi-ca e dinamica. Essa ebbe luogo a Leningradonell’agosto 1971 e fu formalmente organizzatadall’OMM e dall’Associazione internazionale diMeteorologica e Fisica dell’Atmosfera. Gli attifurono pubblicati a Leningrado dalGidrometeoizdat nel 1974 col titolo Physicaland dynamical Climatology. La conferenzaservì soprattutto a lanciare la nuovaClimatologia concepita come scienza del siste-ma climatico. Comprese, anche una sezione inti-tolata “Fluttuazioni e modificazioni climatiche”dove comunicazioni che trattavano il problemasecondo le nuove vedute si alternarono ad altredi impostazione più tradizionale. Una partico-larmente importante del LAMB, non ancora acapo della Climatic Research Unit, può esserestata alla base del suo affermarsi negli anni suc-cessivi. È poi divertente osservare che in quel

63

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

tempo come conseguenza degli interventidell’Uomo si pensava più a un raffreddamentoche a un riscaldamento dell’atmosfera ...

2.10 Il difficile momento attuale

Nel 1977 il Comitato esecutivodell’OMM decise di organizzare per il febbraio1979 una Conferenza climatologica mondialeper esaminare i cambiamenti climatici e le pos-sibili previsioni in merito. Fra i partecipanti v’e-rano Geografi, Agronomi e Forestali, mentrePaleoglaciologi, Palinologi e Dendrocronologipraticamente non erano rappresentati.Mancavano le stesse figure più eminenti dellaClimatologia storica e della Paleoglaciologiaquali il LE ROY-LADURIE e il LAMB, ilDANSGAARD e il DENTON e soprattutto ilpiù capace e promettente teorico del sistema cli-matico, E. N. LORENZ (cfr. METEOROLO-GIA 2 e 16). Ci sembra di dover ipotizzare chela conferenza sia stata indetta per rispondere alleinquietudini che si erano diffuse nella società econdotta con consumata abilità, in modo chenon sfuggisse al controllo dei Meteorologi (cfr.METEOROLOGIA 16). Nel luglio dello stesso1979 la Climatic Research Unit organizzò aNorwich un altro convegno, intitolato “Clima estoria”, cui parteciparono alcuni dei “grandiassenti” di Ginevra.

L’OMM si impegnò sempre più in pro-grammi strettamente collegati al problema deicambiamenti climatici e a pubblicarne i risulta-ti nei 1.100 “Documenti tecnici” elencati nelCatalogo 2001-2002: 67 (redatti tra il 1992 e il2001) riguardano il Sistema mondiale diOsservazione del Clima SMOCI (GlobalClimate Observing System GCOS), 47 (1966-2001) il Programma Mondiale dei Dati climato-logici, dal maggio 1991 Programma mondialedei Dati climatologici e di Sorveglianza delClima PMDSC (World Climate Data andMonitoring Programme WCDMP), 53 (1986-2001) il Programma mondiale delleApplicazioni del clima, dal maggio 1991Programma mondiale delle Applicazioni e deiServizi climatologici PMASC (World ClimateApplication and Services ProgrammeWCASP), 115 (1986-2001) il Programma mon-diale di Ricerche sul Clima PMRC (WorldClimate Research Programme WCRP), 143(1986-2001) la Vigilanza sull’Atmosfera globa-le VAG (Global atmospheric Watch GAW), 44(1977-1999) la Ricerca e la Sorveglianza glo-bali dell’Ozono, 16 (1985-2000) il Gruppo diLavoro sulla Sperimentazione Numerica(Working Group on numerical Experimentation

WGNE), 23 le attività di Ricerca sullaModellizzazione dell’Atmosfera e dell’Oceano(Research Activities in atmospheric and ocea-nic Modelling RAAOM).

La quarantesima sessione (7-16 giugno1988) del Comitato esecutivodell’Organizzazione meteorologica mondialedecise di indire una seconda Conferenza meteo-rologica mondiale nei giorni seguenti la propria42a riunione. La notizia fu data senza particola-re rilievo nella cronaca di quella sessione dainumeri del successivo ottobre dei bollettinidella stessa organizzazione e della Societàmeteorologica americana. Il secondo indicavauna data precisa (25 giugno - 3 luglio 1990), ilprimo no. Negli elenchi delle prossime riunionia un certo momento la conferenza scomparveper poi riapparire con la data 12-22 novembre(“Boll. OMM”, apr. 1990, p.153), cambiataall’ultimo istante in 29 ottobre-7 novembre(Ibid, lug. 1990, p. 217). Inoltre l’OMM chesvolge una ricca, tempestiva e accurate attivitàeditoriale (il catalogo 2000-2001, aggiornatodal Supplemento 2002, elenca 941 titoli dellaserie Pubblicazioni dell’OMM e 1100 dellaserie Documenti tecnici) non pubblica gli attidella conferenza. I bollettini dell’ottobre 1990 edel gennaio 1991 non ne parlano, quello dell’a-prile 1991 le dedica 5 pp. (139-143) senzaaccennare alla pubblicazione degli atti. Chequesta sia avvenuta si apprende nel Bollettinodel gennaio 1992 da una pagina di pubblicitàdell’editore (Cambridge University Press), seb-bene il copywright sia dell’OMM. L’opera -edita nel 1991e costituita da una parte “tecnico-scientifìca” e una “ministeriale” - non figura traquelle recensite dai bollettini del 1991, 1992 e1993.

Riesce naturale interpretare queste incer-tezze e reticenze come segno di un divorzio psi-cologico tra i Meteorologi (i quali pure hannosempre fatto della scienza applicata, finalizzataalla previsione) e vasti circoli politici, nonescluse le Nazioni Unite (delle quali l’OMM èun’ “agenzia specializzata” dal 1951; per qua-rant’anni i Meteorologi non sentirono il minimodisagio da questa dipendenza politica). Taledivorzio ha un precedente: intorno al 1875 iMeteorologi costituirono una loro organizza-zione internazionale e la vollero non governati-va ([H. DANIEL], One hundred years of inter-national co-operation in Meteorology, Ginevra,OMM, 1973. Pubbl. 345. Cfr. pp.7 e 11).

La sgradevole circostanza fu superatacon eccezionale abilità istituendo già nel 1988con un accordo tra l’OMM e il Programma dellaNazioni Unite sull’Ambiente (PNUE - UNEP)un comitato intergovernativo di Esperti sull’e-

64

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

voluzione del Clima GIEC (in ingleseIntergouvernmental Panel on Climate ChangeIPCC) allo scopo di raccogliere gli elementi utiliad economisti e politici per assumere le decisio-ni che loro competono6.

2.11 Perplessità

Per il meteorologo i modelli del sistemaclimatico costituiscono forse il settore di lavoropiù appassionante (cfr. METEOROLOGIA 11).Il loro impiego per valutare l’ “effetto serra” hacondotto a rivedere e articolare molti luoghicomuni (ad esempio circa l’effetto riflettentedelle nubi e delle polveri) ed a sviluppi ricchi difascino: studiando il sistema climatico nell’am-bito dell’impostazione sviluppato dal LORENZ,Catherine e G. NICOLIS in Belgio e K. FRAE-DRIC in Germania hanno trovato un attrattorecon dimensioni frattali comprese fra tre e quat-tro. Ciò significa che il sistema climatico sareb-be determinato soltanto da tre o quattro gran-dezze, che comunque rimangono da determina-re. Non è peraltro eliminato il dubbio che inrealtà quello sia l’attrattore di un sottosistema.Uno dei cardini delle teorie del LORENZ è peròla conclusione che il sistema climatico non puòessere previsto deterministicamente per periodiche vadano oltre qualche settimana. Moltimeteorologi sono evidentemente infastiditi dallesue affermazioni e tendono ad ignorarle senzaperaltro confutarle, mentre gli altri fisici ingenerale ne sono entusiasti e le trovano feconde.Non si può quindi evitare l’atroce dubbio chel’utilizzazione dei modelli di clima per prevede-re con precisioni dell’ordine di 1°C le tempera-ture tra qualche decennio e la loro distribuzionesulla superficie terrestre sia opera vana. Persinoi praticamente ufficiali rapporti dell’IPCC(Climate Change 1990, id. 1992. id. 2001, 2voll. Cambridge University Press, 1990, 1992,2001) ignorano la questione.

Non mancano considerazioni fisiche erisultati sperimentali a sostegno delle conclusio-

ni del LORENZ, comunque mai contestate. Laprima contestazione teorica dalla notizia appar-sa sul n. 34, s. 8a della ”Météorologie” (2001) èl’articolo L’effêt papillon n’existe plus! di R.RUBERT (”Pour la science”, n. 283, mag.2001). D’altro canto la prima segnalazione algrosso pubblico da noi colta della possibilità chel’effetto serra conduca a un’era glaciale si trovanel “Sole-24 ore” del 18 ago. 2002 (SilvieCOYAUD, Sprofonderemo o pattineremo sulPo?).

2.12 Conclusioni

I negatori del riscaldamento sono pratica-mente scomparsi e i negatori della sua correla-zione con l’incremento dell’anidride carbonicasono ridotti a una sparuta schiera. Il GIEC sem-bra ignorare il problema della quasi intransitivi-tà, in parte con buone ragioni scientifiche perchéi modelli che esso ha utilizzato non ne hannodato segni nell’arco di tempo per il quale sonostati utilizzati, in parte forse con una punta dimalafede per presentare ai decisori politici con-clusioni univoche e ragionevolmente definite 7.

Di fronte alla possibilità che la quasiintransitività comporti rapidi trapassi da unclima temperato a uno glaciale e viceversa, ilbuonsenso (elevato a dignità scientifica colnome di principio di precauzione 8; cfr. P.ROSSI. Meglio primitivi che riscaldati dai gasdi serra? “Il Sole-24 ore”, 30 dic. 2001, p. 37)suggerisce che decisioni radicali per ridurre leemissioni di anidride carbonica sono ancor piùnecessarie 9 L’attuale incremento dell’anidridecarbonica - il quale, come non si stanca di ricor-dare A. NAVARRA (3.9), è di gran lunga il piùrapido nella storia geologica della Terra - appa-re adattissimo a produrre il trapasso da uno statodel clima a un altro (cfr. 2.3.3, e The physicalbasis of climate and climate modelling, Ginevra,1975. GARP Publications Series, n. 16).

Non è neppure lecito dimenticare che finoa un paio di generazioni or sono l’umanità ha

65

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

6 Il Boll. OMM ha sepolto la notizia nel paragrafo ”Programme climatologique mondial” del resoconto (ott. 1988, p. 315) della XL sessione del suo Comitatoesecutivo, il termine “experts” vi figura esplicitamente.

7 Avevamo già scritta questa parola quando l’antico collega (a vero dire superiore, e non solo gerarchicamente) O.M.ASHFORD ci ha inviato un estratto del suoscritto Change of political Climate (“Weather”, gen. 2002). Lo scritto comincia così « I politici non prenderanno alcun provvedimento relativamente a cam-biamento di clima finché i meteorologi non diranno loro quel che accadrà anziché quello che potrebbe accadere ». Tale era il consiglio dato nel 1977 da unoscienziato e politico [che noi sospettiamo sia R.M.WHITE] in una riunione informale convocata dall’OMM nel corso della preparazione della PrimaConferenza climatica mondiale.

8 Il principio di precauzione è anche il titolo di un libro dei notissimi ambientalisti (nel linguaggio politico conosciuti come “Verdi”) Grazia FRANCESCATO eA. PECORARO-SCANIO (Milano, Jaca Book, mag. 2002).

9 Per quanto è a nostra conoscenza la prima decisione razionale riguardante le sorti dell’umanità è stata la rinuncia alla guerra nucleare. Il Club di Roma non èriuscito a imporre la coscienza che il mondo è finito e lo sviluppo non può essere illimitata, (Donella H. MEADOWS et al. I limiti dello sviluppo, Milano, EST,Mondadori. 1972; anche in “Scienza e Tecnica 72”, A. PECCEI, Quale futuro, Ibid 1974, anche in “Successo” feb. 1970–dic. 1973). Il suo fallimento–in partedovuto a ritrovamenti di materie prime e progressi tecnici imprevisti–ha certamente influito sugli atteggiamenti verso il problema del cambiamento del clima.Il Club di Roma è stato così poco capito che è stato sbeffeggiato e insultato, attribuendogli secondi fini (P. BRAILLARD, L’impostura del Club di Roma, Bari,Dedalo.

vissuto nell’Abbandono alla ProvvidenzaDivina 10. Questo comportamento non è peròstato esplicitamente proposto da nessuno, nep-pure dai circoli religiosi più mistici che sarebbe-ro gli unici autorizzati a farlo.

3. Gli studi sui cambiamenti climatici inItalia

Il nostro paese ha dato importanti precur-sori e assunto iniziative precoci, delle quali unaha persistito eccezionalmente a lungo, ma non èmai venuto in primo piano.

3.1 Precursori toscani

Di Ferdinando II e del TARGIONI-TOZ-ZETTI abbiamo parlato già in 2.1. Nel 1830 ilLIBRI (1803-1869) presentò all’Accademiadelle Scienze di Parigi un Mémoire sur la deter-mination de l’échelle du thérmomètre del’Académie del Cimento, subito pubblicato negli“Annales de Chimie et de Physique” (t. XLV,p.354 segg.; 1830; cfr. 2.1) dove compara anchei dati del 1654-1670 rilevati al Convento degliAngeli con quelli degli anni successivi al 1820dell’Osservatorio Ximeniano e conclude chenon appaiono cambiamenti. Altri suoi scritti inargomento furono pubblicati negli stessi“Annales” nell’apr. 1833 e nel “Memorial ency-clopédique” (ago 1831, p.182 segg.)

Nel 1873 F. MEUCCI confrontò i dati sei-centeschi con quelli del periodo 1832-1871 edescluse ancora una volta cambiamenti degni dinota.

In proposito ricorderemo che alcuni indi-zi fanno pensare che i cambiamenti climaticidegli ultimi secoli in Italia siano prodotti daintensificazioni e indebolimenti dell’azionedegli scirocchi e delle tramontane. La Toscana sitrova in una posizione neutra rispetto a talivariazioni (cfr. 1).

3.2 Prodromi in Lombardia

L’onegliese attivo a Milano C. AMO-RETTI (1741-1816), erudito e poligrafo che nelcorso della vita si dedicò sempre più allaScienza ed alla Tecnica avendone riconosciutola crescente importanza, scrisse Sul cambiamen-to del clima avvenuto in Italia e specialmente in

Lombardia. Il saggio è compreso nel t. XIX (p.405 segg.; 1796) degli Opuscoli scelti sullescienze e sulle arti, ma ne ignoriamo la data dicomposizione.

Nel 1834 il monzese Angelo BELLANI(1776-1852; valente e conosciuto come costrut-tore e giudice di strumenti, ma mente teoricanon molto forte) pubblicò il saggio Sul cambia-mento del clima (apparso prima nel fasc. di lug.-sett. 1834 degli “Ann. univ. Agricolt.” poi in unopuscolo di 26 pp.) che si dimostra aggiornatoin punto di bibliografia ma poco concludente.

3.3 La grande scuola di SCHIAPARELLI,CELORIA e DE MARCHI

Una tradizione di studi rigorosi sui cam-biamenti climatici, che si perpetuò con direttacontinuità fin quasi ai giorni nostri, nacque nelnel settimo decennio dell’Ottocentoall’Osservatorio milanese di Brera per opera didue grandi astronomi: G. V. SCHIAPARELLI(1835-1910) e G. CELORIA (l842-1920).

Essa prese le mosse dall’esame dellevarie periodicità dei fenomeni meteorologici. Ilprof. F.CARLINI e l’ab. G.CAPELLI scrisseroa lungo sulla variazione diurna della pressione edella temperatura (nelle “Effemeridi astronomi-che di Milano” per gli anni 1844, l855, 1856,1862, 1866 e nel v. VI (1859) degli “Jahrbücherder k. k. Central-Anstalt für Meteorologie undMagnetismus” di Vienna. Il CARLINI inoltrenelle “Effemeridi astronomiche di Milano”(1859, p. 3-32) pubblicò delle Considerazionisulle vicissitudini della quantità annuale dellepiogge osservate nella Specola Astronomica diMilano, stimolato da analoghi studi di V. CHI-MINELLO (174l-1813), A. DE CESARIS(1749-1832) e Giuseppe BIANCHI (1791-1866). Se ammettere che i primi due ebberomentalità arcaiche non è molto arrischiato, lafigura del terzo meriterebbe di essere meglioilluminata.

Lo SCHIAPARELLI e il CELORIA sen-tirono il bisogno di rivedere criticamente ilmetodo seguito (G.V. SCHIAPARELLI e G.CELORIA, Sulle variazioni periodiche delbarometro nel clima di Milano, “Meteorologiaitaliana”, v. III, 1868) e poi di affrontare diretta-mente lo studio delle ciclicità, giungendo in pro-posito a conclusioni sostanzialmente negative:G. CELORIA, Se nella media temperaturaannua e se nella quantità di pioggia che cade

66

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

10 Titolo di uno scritto del gesuita settecentesco J. P. DE CAUSSADE ristampato più volte in anni recenti da circoli misticheggianti, ortodossi e no, a partire dall’ed. Astrolabio (Roma, 1951).

esista un periodo sincrono a quello delle mac-chie solari, “Rendic. Ist. lomb. Sci. Lett. Arti”,n. s., v. VI, fasc. II, p.41-48; 1873. Sulle varia-zioni periodiche e non periodiche della tempe-ratura nel clima di Milano, Pubbl. r. Oss. Brera,n. IV, 1874; 86 pp.

In seguito, forse anche per l’influenza delgeologo Torquato TARAMELLI (1845-1922),essi subirono un’evoluzione verso uno studiopiù storico e naturalistico dei cambiamenti cli-matici, evoluzione il cui principio ci sembrasegnato dalla nota del CELORIA Temperatureestreme osservate in Milano dall’anno 1763(“Rendic. Ist. lomb. Sci. Lett. Arti”, n. s., v. VII,p. 168-174; 86 pp.).

Il 12 gennaio 1888 1’Istituto lombardobandì un concorso con scadenza al 30 aprile1889 sul tema “Fare una completa esposizionestorica e critica delle ricerche sino ad oggi ese-guite per mettere in luce la natura e l’intensitàdelle variazioni che i climi e le temperature ter-restri hanno subito durante il corso delle etàgeologiche. Discutere il grado di probabilitàdelle diverse ipotesi che sono state immaginateper render conto di quelle variazioni”. La com-missione, che aveva per relatore lo SCHIAPA-RELLI ed era inoltre composta dal CELORIA,dal TARAMELLI e dall’altro noto geologoAntonio STOPPANI (1824-1891), decise all’u-nanimità di non concedere il premio all’unicolavoro presentato, il quale non rispondeva allarichiesta di un’esposizione completa ed erainvece incentrato su una teoria astronomicapiuttosto fantasiosa e giudicava ogni altro scrit-to nella base dell’affinità con l’ipotesi proposta.Il nome dell’autore non venne reso noto, comedi regola avveniva per i non premiati. Nel 1894fu bandito un nuovo premio per “uno studio sulclima terrestre durante l’epoca glaciale e quater-naria e sulle cause che hanno contribuito amodificarli”. La Commissione - identica allaprecedente, salvo lo STOPPANI - fu veramentesoddisfatta dell’unico lavoro presentato e asse-gnò il premio. Quel lavoro, stampato nel 1895 aPavia sotto forma di volume di 246 pagine eraopera di Luigi DE MARCHI (1857-1936), forsela figura più completa ed eminente nella storiadella Meteorologia italiana.

Nel 1898 l’Istituto bandì un ulteriore con-corso sul tema “Formare un catalogo... di tuttigli avvenimenti meteorologici per qualunqueriguardo notevoli”. La commissione era costi-tuita dal CELORIA, dallo SCHIAPARELLI, edal DE MARCHI, relatore. I partecipanti furonoquattro, ciascuno contraddistinto da un motto, larelazione pubblicata l’11 gennaio 1900. Il “n. 1”ebbe un giudizio poco favorevole e non si rive-lò, almeno ufficialmente. Il premio di 1.200 lire

fu ripartito tra gli altri tre: P. CANTONI, profes-sore di fisica al liceo Beccaria, il tedesco R.HENNIG, il cui lavoro era redatto in latino, e ilbarnabita G. BOFFITO, dal gennaio 1898 diret-tore dell’Osservatorio del Collegio diMoncalieri, reso illustre dal suo fondatore padreFrancesco DENZA. Il BOFFITO (dal 1895bibliotecario della Società meteorologica italia-na, creatura del DENZA con sede a Moncalieri)dimostra in particolare attraverso i due volumidell’ “Annuario storico meteorologico italiano”(1899 e 1900) che la sua vera vocazione eranogli studi bibliografici ed eruditi. Nell’agosto1900 fu trasferito a Roma e nel novembre 1901al Collegio fiorentino alla Querce, donde non simosse più.

Nella Premessa, stilata certo posterior-mente al 1931, alle Notizie meteorologiche e cli-matologiche della Regione Giulia (cfr. più avan-ti) il DE MARCHI soggiunse: “L’HENNIGpubblicò il suo lavoro nelle Memoriedell’Istituto meteorologico prussiano di Berlinodel 1904; il CANTONI morì dopo breve tempoe la sua memoria, lasciata dagli eredi al prof. G.V. SCHIAPARELLI, fu da questi consegnata alPadre BOFFITO, perché se ne valesse, unita-mente a quella dell’HENNIG, a completamentodella propria. Il padre BOFFITO continuò anchenegli anni successivi la sua paziente raccolta, econtava di pubblicarla, e già ne aveva stampato,come saggio, il primo foglio col titoloChronicon meteorologicum bibliographicum abUrbe condita ma l’impresa si arenò per man-canza di mezzi…Auguriamo che questo impedi-mento possa essere rimosso, nell’interesse dellascienza e a giusta soddisfazione del benemeritoraccoglitore”.

Quel “primo foglio” fu pubblicato nella“Bibliofilia” (a. XXV, disp. 10-11, p. 289-296,gen. 1924) e come n. 32 delle Pubblicazioni delCollegio alla Querce (serie in 4°).Nell’introduzione al testo vero e proprio, lo stu-dioso barnabita confessa che dopo il concorsoegli se n’è occupato non più che a tratti e chesoltanto per invito di F. EREDIA « … ha riesu-mato il materiale raccolto » e poco oltre scrive «… ed eccolo nella sua interezza ». Seguono intutto 53 notizie senza l’indicazione “continua”mentre la relazione del 1901 afferma che ilmanoscritto presentato al concorso ne conteneva3400. Nostre insistenti ricerche dei manoscrittidel Chronicon, della Bibliografia dell’Aria,(pubblicata dalla “Bibliofilia” tra il 1913 e il1918 e interrotta con la voce BARBIERI U.),della Bibliografia meteorologica italiana(apparsa a puntate sulla “Meteorologia pratica”tra il 1923 e il 1940 e stampata sino alla voceMORO, Pietro) sono rimaste senza esito.

67

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

Eppure i confratelli hanno conservato gelosa-mente tutto il materiale lasciato dal BOFFITO.Non è peraltro escluso che i manoscritti piùimportanti siano stati ceduti ad altre istituzioni.

Nel DE MARCHI l’interesse per i cam-biamenti climatici dovette mantenersi semprevivo, anche se noi oggi lo possiamo documenta-re soltanto a tratti, attraverso gli scritti.

Ai primi dei famosi articoli con i quali1’ARRHENIUS (che vi cita le sue Cause del-l’era glaciale) segnalò quello che oggi chiamia-mo “effetto serra” egli replicò criticamentesenza indugio nel “Boll. mens. Osserv.Moncalieri” (s. II, v. IV, n. 4-6, giugno 1896) enei “Rendic. r. Ist. lomb. Sci. Lett.“ (s.II, v.XXXI, 1898). Trattò delle nuove teorie alla IVriunione della Società italiana per il Progressodelle Scienze (p. 217-233 degli “Atti”, 1911, e“Scientia”, 1911, p. 186-206). Nel 1922 scrissescrisse sulla Variazione del livello dell’Adriaticoin corrispondenza colle espansioni glaciali,(“Atti Acc. ven.-trent.-istr.”, v.XII-XIII, 13 pp.).

Nel frattempo F.EREDIA aveva presenta-to al X Congresso internazionale di Geografiauna sostanziosa comunicazione sulle Variazionidel clima in Italia, (Roma, 1915). Il dopo guer-ra vide un prolungato sforzo dei due studiosi perrilanciare le ricerche sui cambiamenti di clima.È logico considerarlo uno sforzo comune giac-ché dalla fondazione (1920) del Comitato nazio-nale italiano geofisico e geodetico il DE MAR-CHI presiedeva la Sezione di Meteorologia everso il 1923 l’ EREDIA ne divenne segretario.In tale veste questi pubblicò sulla “Meteorologiapratica” due appelli Per una raccolta di notiziemeteorologiche antiche e Per un inventario dipubblicazioni meteorologiche italiane datatirispettivamente “novembre 1922” e “marzo1923”.

L’esito degli appelli fu lusinghiero. Oltrea stimolare il BOFFITO a riprendere ilChronicon e ad incominciare a stampare laBibliografia meteorologica, suscitò un certonumero di comunicazioni apparse nella stessarivista: • [B. PAOLONI ?], Inverni eccezionali (a. IV,

n. l, p. 47-48; 1923). • F. E. [REDIA], Un’antica cronaca meteori-

co-agraria della città di Jesi (a. IV, n.3,p.145).

• G. DE CRISTO, Di alcuni temporali memo-rabili occorsi in Calabria (a. IV, n. 5, p. 197-202). Notizie riferentisi agli anni 1191-1881tratte da opere storiche sulla regione, speciedalla Calabria illustrata di G. FIORE, editanel 1691. Riferimento esplicito all’ “appellolanciato dall’illustre prof. EREDIA”.

• [B. PAOLONI], Due secoli di osservazioni

meteorologiche a Padova (a. VII, n. 1, p. 57-58).

• Ester DE MAIO, Sulle variazioni a lungoperiodo nella quantità e nella frequenzaannuale della pioggia a Roma e Sulle varia-zioni di lungo periodo della frequenzaannuale della pioggia a Padova e a Bologna(a. VIII, n. 5, pp. 205-208 e 209-213).

• La serie di note illustrante gli osservatori ita-liani e le loro pubblicazioni (a. IV, n. 2:Moncalieri, Capri, Terracina, Piedimented’Alife, Riposto; a. IV, n. 4, Taranto; a. V., n.l: Monte Rosa; a. V, n. 4: Venezia).

L’EREDIA pubblicò inoltre studi sugliinverni rigidi nell’epoca romana nel “Bollettinodella Società geografica italiana” (n. 7, 1930) enella rivista “Roma” (marzo 1931).

Un’attività diretta del DE MARCHI nonè documentata prima del 1928, anno in cuiassunse la presidenza del Comitato geofisico egeodetico allora detto “del CNR” e non più“nazionale italiano” e della Commissione per levariazioni climatiche dell’Unione geograficainternazionale. Tenne la prima sino al 1931e laseconda fino alla morte. Nello stesso 1928 peropera di D. COSTANTINI la Società geograficaitaliana costituì un Comitato paleogeograficoitaliano, il quale fece tradurre dal botanico fio-rentino G. NEGRI un’importante rassegna delGAMS (cfr. 2.2.2) Risultati dello studio dei pol-lini fossili in rapporto alla storia della vegeta-zione del clima d’Europa. Comitato paleogeo-grafico italiano. Ricerche sul pliopleistocene.Serie climatologia, n. 1, Firenze 1929). Subitodopo il NEGRI raccolse per la XVIII riunionedella Società italiana per il Progresso delleScienze (Atti, p. 628-640) interessanti conside-razioni circa la vegetazione e le oscillazioni delclima nel più recente passato geologico.

In questo quadro il DE MARCHI svilup-pò un’intensa attività organizzatrice, testimonia-ta da diversi scritti:• Sulla variazione dei climi. Relazione illu-

strativa delle proposte presentate dal Com.geogr. naz. ital. al Congr. geogr. internaz. diCambridge, Firenze, Ist. geogr. milit., 1928;7 pp. (con G. NEGRI).

• Projet d’une étude à la collaboration inter-nationale sur les variations des climats, in:INTERNATIONAL GEOGRAPHICALCONGRESS, Report of the Proceedings,Cambridge, 1930, p. 200-203.

• Per la organizzazione di una raccolta didocumenti riguardanti le variazioni dei climiitaliani. Comunicazione al Congr. Int. diGeografia di Parigi, settembre 1931.Firenze, Ist. geogr. milit., 1931, 5 pp.; poi in

68

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

Comptes Rendus du Congrès internationalde Géographie, Paris, 1931, t. II, p . 223-227.

• Commission internationale pour l’étude desvariations de climat en époque historique,in: Comptes Rendus du Congres internatio-nal de Géographie (Varsovie 1934), t. II, p.633-635, Varsavia 1936.

Dopo il concorso dell’Istituto lombardoegli si era convinto che « L’Italia ... offre unatale molteplicità e varietà di fonti storiche, dallequali si possono desumere notizie riferentesi[sic!] direttamente o indirettamente al climadelle sue varie regioni che uno spoglio sinteticodi così vasto materiale difficilmente può essereassunto da uno solo », (Premessa cit.). Egli deveaver atteso finché non si sono profilate condi-zioni organizzative favorevoli, che indicherem-mo soprattutto nell’imminente costituzione delConsiglio nazionale delle Ricerche. Poiché suc-cessivamente non abbiamo trovato tracce di atti-vità della Commissione per le variazioni clima-tiche dell’Unione geografica internazionale,crediamo si debbano attribuire all’impulso delDE MARCHI due pubblicazioni di A. H. ARK-TOWSKI, non facili a reperire 11: Conférenceconcernant l’étude des variations climatiques(Lwow. Universytet Inst. Geofiz.” Meteorol.,Komunikaty”, No. 8 (94), p. 17-93; 1936) e ABibliography of scientific papers on climaticvariations (Lwow, 1938; 254 pp. policopiate). Idue scritti appaiono propedeutici a una progetta-ta conferenza.

Pure in qualche modo riferibile alla scuo-la del DE MARCHI è la pubbl. 137 delMagistrato alle Acque: G. CRESTANI, F.RAMPONI e Lucia VENTURELLI, Le precipi-tazioni atmosferiche a Padova. Studio storicocritico e ricerche statistiche (Padova 1935). IlCRESTANI che era membro della sezione diMeteorologia ricordata poco più sopra ed avevaconseguito a Padova la libera docenza inMeteorologia, era certamente vicino al DEMARCHI e la VENTURELLI l’assistente cuiegli aveva confidato l’incarico, sfociato in unapubblicazione del 1934, di confrontare la realtàaerologica con le teorie norvegesi (cfr. METEO-ROLOGIA 3).

I più tardi contributi di studio personalidel DE MARCHI furono lo scritto Variazioni dispiaggia in corrispondenza a variazioni diclima (“Memorie Ist. Geol. Univ. Padova”, v.VIII, 1930 e “Geografia”, a. XVII, 1931), l’ulti-ma lezione universitaria (Padova 25 maggio1932) e l’ultima pubblicazione (Controversie

glaciali, “Scientia”, 1936).Come inducono a credere anche le pre-

messe dei singoli volumi, furono presumibil-mente da lui promosse due fondamentali serie dipubblicazioni del Comitato nazionale per laGeografia: I Ricerche sulle variazioni dellespiagge italiane. II Ricerche sulle variazionistoriche del clima italiano.

Della prima serie sono stati editi:

1. Dina ALBANI, Indagine preventiva sullerecenti variazioni della linea di spiaggiadelle coste italiane e A. R. TONIOLO,Guida questionario per le ricerche locali,Pisa, 1933, 96 pp.

2. A. D’ARRIGO, Ricerche sul regime dei lito-rali nel Mediterraneo con Prefazione di A.R. TONIOLO, Pisa, 1936; 172 pp.

3. M. ASCARI, L. BACCINO e G. SANGUI-NETI, Le spiagge della Riviera Ligure.Bologna, 1937, 330 pp.

4. M. VISENTINI e G. BORGHI, Le spiaggepadane, Bologna, 1940, 155 pp.

5. Dina ALBANI, Angiolina GRISELLI e A.MORI, Le spiagge toscane, Bologna, 1940,155 pp.

6. M. ORTOLANI e U. BULI, Le spiagge mar-chigiane, Bologna, 1947, 150 pp.

7. B. SPANO e M. PINNA, Le spiagge dellaSardegna, Bologna 1956, 252 pp.

Della seconda:

1. G. BRAUN, Notizie meteorologiche e clima-tologiche della Venezia Giulia, (Trieste,Istria e Friuli Orientale), Roma, CNR, 1934,80 pp.

2. U. MONTERIN, Il clima sulle Alpi ha muta-to in epoca storica? Bologna, [Ist. Geogr.Univ.], 1937; 56 pp.

3. M. VISENTINI, Le variazioni del regime delPo, come indice di variazione di clima,Bologna, [Ist. Geogr. Univ.], 1939, 10 pp.

4. G. ALGRANATI MASTROCINQUE,Notizie meteorologiche e climatologichedella Campania, Bologna, [Ist. Geogr.Univ.], 1938; 178 pp.

5. C. FABRIS e A. MELICCHIA, Contributoallo studio di variazioni della pressioneatmosferica dal 1881 al 1930, Bologna, [Ist.Geogr. Univ.], 1938, 92 pp., diagg. tabb.

6. Anna CAPRA, Variazioni periodiche dellatemperatura media a Bologna dal 1814 al1933, Bologna, [Ist. Geogr. Univ.], 1939; 15pp .

69

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

11 Ne dispone comunque la Biblioteca del Congresso a Washington.

7. A. MELICCHIA, Variazioni climatiche nellapianura Padana e loro rapporti col regimedel Po. Bologna, [Ist. Geogr. Univ.], 1940,142 pp., diagg. tavv.

8. A. MELICCHIA, Variazioni climatiche evariazioni interdiurne della pressione aVenezia (1881-1930), Bologna, [Ist. Geogr.Univ.], 1940, 27 pp., tabb. tavv.

9. A. MELICCHIA, Variazioni climatichenell’Italia Centrale e loro rapporto col regi-me del Tevere, Bologna, [Ist. Geogr. Univ.],1942, 200 pp., tabb. figg.

10.U. BULI, Ricerche climatiche sulle pinete diRavenna, Bologna [Ist. Geogr. Univ.], 1949;80 pp., figg.

11.Anna CAPRA, Andamento delle precipita-zioni a Bologna dal 1813 al 1942, Bologna,[Ist. Geogr. Univ.], 1952, 24 pp., tabb. grafi-ci,

12.M. BIANCHINI, Il clima di Foggia,Bologna, [Ist. Geogr. Univ.], 1954, 84 pp.,tabb. grafici.

13.C. MENNELLA, L’andamento annuo dellapioggia in Italia nelle osservazioni ultrase-colari, Bologna, [Ist. Geogr. Univ.], 1956,248 pp., figg. grafici.

L’importante studio del Botanico eForestale A. GIACOBBE, Le variazioni dellatemperatura atmosferica in Italia negli ultimisessant’anni, (“Riv. geogr. ital.”, a. LXVIII, n.4, p. 352-366, 1961) si può considerare l’ultimodovuto all’impulso dato dal DE MARCHI.

Dopo la scomparsa del DE MARCHIdiresse le due collane sopra citate A. R. TONIO-LO, professore prima a Pisa e poi a Bologna,formatosi alla scuola del DE MARCHI, cometestimonia nel volume del 1952 in onore delproprio maestro l’allieva del TONIOLO DinaALBANI.

3.4 L’Analisi periodale

Nella seconda delle serie appena citateinterviene a partire dalla pubblicazione 5 (del1938) l’Analisi periodale o Cimanalisi che nor-malmente è interpretata come tecnica per laricerca delle periodicità, ma dal suo creatore F.VERCELLI nella Guida per l’Analisi delleperiodicità nei diagrammi oscillanti (Venezia,Com. Talassogr. ital. Mem. CCLXXXV, 1940,54 pp.) è presentata piuttosto come un metodo diprevisione obbiettiva (cfr. METEOROLOGIA9), in fondo analogo a quello esposto da F. DELTRONO nel Supplemento 1969 alla “Riv.Meteorol. aeron.”. Di fatto fu impiegata perricercare cicli con periodo di qualche anno e

fiorì più in Italia che altrove. Sebbene sia stataconcepita e divulgata a partire dal 1915 (F.VERCELLI, Analisi armonica dei barogrammie previsione della pressione barometrica,“Rendic. Acc. Lincei”, s.V., v. XXIV, n. 11,1915. Oscillazioni periodiche e previsione dellapressione barometrica, “Mem. Ist. lomb. Sci.Lett”, v. XXXI, n. 9, 1916. Nuovi esperimenti diprevisioni barometriche, “Riv. maritt.”, 1923.Neue Versuche über meteorologischeVoraussagen, “Wetter“, n. 10, 1924. Cimanalisie applicazioni, in: SOC. ITAL. PROGR. SCI.,Atti XV Riunione, 1926. Metodo generale perl’analisi della periodicità nei diagrammi stati-stici e sperimentali, “Rendic. Acc. Lincei”, s.VI, vv. XI e XII, 1930. Analisi delle periodicitànelle curve statistiche e sperimentali, “Atti Ist.naz. Assicuraz.”, v.III, 1931. Metodi pratici perl’analisi delle curve oscillanti, “Ric. scientif.”,a. V, v. 7, 1934. Schemi di ca lcolo per l’analisidei diagrammi oscillanti, “Ric. scientif.”, v. 11-12, 1937. Analizzatore meccanico delle curveoscillanti, in PONTIF. ACCAD. SCIENTIA-RUM, “Coment.”, s. III, n. 19, 1939) e abbiadato la sensazione di riuscire di utilità praticasoprattutto durante la prima guerra mondiale (F.VERCELLI, Presagi meteorici in rapporto alleoperazioni di guerra, Comando 3a Armata,1918) l’Analisi periodale prese piede soltantoverso il 1940. Ne nacque un imponente numerodi lavori. Molti di essi contengono notizie utilianche agli studiosi delle variazioni tout court: • S. POLLI, Analisi periodale di due serie cli-

matiche centennali (Trieste 1841-1940),“Archiv. Oceanogr. Sismol.”, v. II, n. 2-3, p.107-115, 1942. Ristampato come: COMITA-TO TALASSOGRAFICO ITALIANO,Mem. CCXCVIII.

• S. POLLI, Analisi periodale di una serie plu-viometrica bisecolare (Padova 1727-1940),“Riv. Met. aer.”, v. VIII, n. 1, p. 19-23, 1943.

• S. POLLI, Analisi periodale delle serie plu-viometrica di Mantova, “Geofis. pura appl.”,v. VIII, n. 1-4, p. 16-22, 1945.

• L. BRAMANTI , Analisi di una serie pluvio-metrica (Firenze), “Geofis. pura appl.”, v.VIII, p. 167-179, 1946.

• L. BORETTI e V. DE AMICIS, Analisiperiodale della serie pluviometrica diGenova, “Geofis. pura appl.“, v. XII, n. 5-6,p. 261-285, 1948.

• S. POLLI, Criteri di realtà fisica per un cicloclimatico, “Geofis. Meteor.”, v. II, n. 3, p.33-36, 1954.

• S. POLLI, Analisi periodale di tre serie cli-matiche centennali (Milano 1851-1950),“Geofis. Meteor.”, v. III, n. 3, p. 64-69, 1955.

• L. BARBANTI-SILVA e C. DEPIETRI, La

70

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

temperatura media diurna a Modena. Valorinormali ed analisi statistica, “Atti Mem.Soc. Sci. Lett. Arti Modena”, s. V, v. XII,1954, 18 pp.

• C. DEPIETRI, Analisi periodale di 60 annidi misure eliofanometriche, “Atti Semin.mat. fis. Univ. Modena”, v. VII, p. 17-21,1954.

• L. BARBANTI-SILVA e C. DE PIETRI,Aspetti statistici dell’andamento della pres-sione atmosferica a Modena, “Atti Mem.Acc. Sci. Lett. Arti Modena”, s. V, v. XIII,1955, 18 pp.

• C. DEPIETRI, Analisi periodale della seriepluviometrica di Modena, 1830-1954,“Geofis. Meteor”, v. III, n. 6, p. 140-143,1955.

• Id. Periodicità delle precipitazioni in Italia,“Atti Soc. Mat. Nat. Modena“, v. LXXXIX-XC, 1958, 19 pp.

• C. DEPIETRI e G. SALTINI, La radiazioneglobale a Modena, “Atti Soc. Nat. Mat.Modena”, v. XCVII, p. 17-21, 1966.

3.5 Dendrocronologia

Il primo italiano ad esplorare le possibili-tà della nuova tecnica, tra il 1926 e il 1929, ful’ingegnere G. DEL VALLE del Servizio idro-grafico del Ministero dei Lavori pubblici.Seguirono come abbiamo visto, con una menta-lità molto simile a quella originale del DOU-GLASS, il VERCELLI e il BULI.

Nell’ambito dei Botanici e dei Forestali laDendrocronologia fu introdotta da Albina MES-SERI, che pubblicò a partire dal 1948. Nel 1958apparvero i primi studi di E. CORONA, che sipuò considerare quasi l’apostolo di quella disci-plina nel nostro paese e il primo a stabilire unascuola. Nel 1983 riuscì anche a fondare l’Istitutoitaliano di Dendrocronologia e la rivista“Dendrocronologia” aventi entrambi sede aVerona presso il Civico Museo di Storia natura-le.

3.6 Palinologia

Come abbiamo visto, il primo a compren-dere l’importanza di questa tecnica ed a sforzar-si di farla conoscere fu il NEGRI. Ben presto G.DALLA FIOR produsse alcuni pregevoli lavori(Sui primi risultati ottenuti nell’analisi di polli-ni fossili di due torbiere trentine, “N. Giorn. bot.ital.”, n. s., a. 38, p. 361-362; 1931) e quattroarticoli apparsi a partire dal 1932 nelle “Mem.Mus. St. nat. Venezia trident.”, v. l, n. 3-4, p.

139-166 e n. 5, p. 235-249 e p. 251-261; v. 3, n.l, p. 65-86 e v. 5, n. l, p. 122-176). Peraltro l’ef-fettiva diffusione della Palinologia nel nostropaese si deve prima all’opera di A. CHIARUGI(Cicli forestali postglaciali nell’AppenninoEtrusco attraverso l’analisi pollinica di torbe edepositi lacustri presso l’Alpe delle tre Potenzee il Monte Rondinaio, “N. Giorn. bot. ital.”, n.s., v. V, 43, p. 1-41, 1936. La vegetazionedell’Appennino nei suoi aspetti d’ambiente e distoria del popolamento montano, SOC. ITAL.PROGR. SCI. “Atti XXVII Riunione”, p. 1-37,1939. Le epoche glaciali dal punto di vista bota-nico, in: R. FABIANI et al., Le epoche glaciali,Roma, Acc. Lincei, Problemi attuali di Scienzee di Cultura, quad. 16, 1950; p. 55-109) e poialla scuola di Daria BERTOLANI MARCHET-TI, la quale ha pubblicato alcune utili rassegnedell’attività in materia ed ha coordinato un’otti-ma bibliografia palinologica italiana, di 1201schede, compilata da R. CARAMELLO, C.SINISCALCO e V. POLINI (“Webbia”, a. 45, n.2, p. 241-301).

3.7 Attività del Servizio meteorologicodell’Aeronautica

Nel primo venticinquennio di questodopoguerra l’attenzione dei Meteorologi suicambiamenti di clima fu tenuta viva soprattuttoda un costante interesse nell’ambito del Serviziodell’Aeronautica, indipendente dall’iniziativaper il recupero della climatologia italiana (cfr.CLIMATOLOGIA 3.2) e dalle inchiestedell’OMM per le variazioni climatiche, peraltropiuttosto a livello di curiosità o di desiderio diapplicare e sviluppare nuove tecniche statisti-che. Gli scritti più vicini al nostro indirizzo diricerca ci sono sembrati i seguenti: • F. CASTRIOTA, Gli inverni molto freddi. Le

estati molto calde. Gli inverni caldi. La tem-peratura della Terra aumenta, “Riv. Meteor.Aeron.”, a. VIII, n. 1, p. 66-67, n. 2, p. 63-64,n. 3, p. 44-45 e p. 52-53, 1948.

• R. BILANCINI, L’aumento della temperatu-ra della Terra, “Riv. Meteor. aeron.”, a. X, n.4, p. 3-16, 1950.

• C. TODARO, Analisi statistica delle tempe-rature medie a Milano di 118 anni, inASSOCIAZ. GEOFIS. ITAL. Atti del XIIconvegno annuale, Roma, 1963, p. 343-348,e “Riv. met. aer.”, a. XXIII, n. 3, p. 28-32,1963. Sull’andamento delle temperaturemedie estive a Milano, in: ASSOCIAZ.GEOFIS. ITAL. Atti del XIII convegnoannuale, 1963, p. 243-245, e “Riv. Meteor.aer.”, a. XXIV, n. 2, p. 50-51, 1964 (Una

71

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi

delle ventiquattro “previsioni climatiche afondamento scientifico” recensite da H. H.LAMB nel suo classico Climate: present,past and future (cfr. 2.7) dove a p. 703 del v.2 l’autore è indicato come J. COSIMO).Probabilità e ricorrenza media delle tempe-rature massime annuali a Milano, “Riv. Met.aer.”, a. XXV, n. 1, p. 36-42, 1965, e inASSOC. GEOFIS. ITAL, Atti XVI convegnoannuale, Roma, 1966, p. 257-261.Contributo alla previsione statistica dellatemperatura media estiva a Milano, “Riv.Meteor. aer.”, a. XXVIII, n. 1, p. 51-55,1968.

• A. GAZZOLA, Osservazioni sull’evoluzionedel clima negli ultimi decenni, “Riv. Met.aer.”, a. XXVIII, n. 3, p.62-83, 1968.

Il lavoro per rispondere alle inchiestedell’OMM suscitò altri due articoli pure apparsisulla “Riv. Meteor. Aeron.” (a. XVII, n. 2, p. 71-73, 1967 e a. XXI, n.3, p. 289-296, 1971): V.CANTÙ e P. NARDUCCI, Lunghe serie diosservazioni meteorologiche e V. CANTÙ(Periodicità e variazioni climatiche. Il punto divista di un meteorologo).

3.8 L’affermarsi della Climatologia storica

A imporre la Climatologia storica all’at-tenzione della cultura nazionale è stato MarioPINNA (Oristano 1923 – Pisa 2001)dell’Università di Pisa con una sintesi vasta edequilibrata del 1969. Le variazioni del clima inepoca storica e i loro effetti sulla vita e sulleattività umane , “Boll. Soc. geogr. ital.”, s. IX, v.X, p. 198-275, 1969) cui seguì nel 1984 La sto-ria del clima. Variazioni climatiche e rapportoclima-uomo in età postglaciale, (Roma, “Mem.Soc. geogr. ital.”, v. XXXVI, 264 pp.). Egli èstato stimolato dai convegni di Roma e di Aspene -supponiamo- dall’opera del LE ROY-LADU-RIE al pari di altri italiani come C. TRASSEL-LI (Studi sul clima e La siccità in Sicilia nel XVIsecolo, “Riv. St. Agricoli.”, 1968 e 1970) e A.PLACANICA, (Uomini, strutture, economia inCalabria nei secoli XVI-XVIII, Parte II. Clima,produzione, rapporti sociali, Chiaravalle,Catanzaro, 1975).

Importanti lavori più recenti condotti daambienti che precedentemente erano lontanissi-mi dalla Climatologia storica sembrano doversiad esempi stranieri, principalmente ancora aquello del LE ROY-LADURIE e a quello delLAMB.

3.9 Modellisti del Clima

Tra i primi ad impegnarsi nella costruzio-ne di modelli di clima è stato G. VISCONTI,dell’Università dell’Aquila, il quale ha pienacoscienza di tutte le insufficienze e le incertezzeche ancora affliggono tali modelli e che direcente l’ha manifestata pubblicamente.

Oltre gli Istituti riuniti nell’ISAC(Meteorologia, 21) se ne occupano intensamen-te l’UCEA, il Servizio Agrometeorologicodell’Emilia-Romagna e l’Osservatorio di Brera.A. NAVARRA, proveniente dall’IMGA(Meteorologia, 21), ha costituito - non senzasuscitare qualche malumore - un proprio centrodi ricerca nell’ambito dell’Istituto Nazionale diGeofìsica, centro specialmente orientato allosviluppo dei modelli previsionistici.

3.10 Conclusioni e prospettive

Seguire l’attività recente e contempora-nea con la relativa accuratezza raggiunta pertempi più lontani è praticamente impossibileperché dal 1967 non si pubblica più una biblio-grafia meteorologica italiana e la bibliografiamondiale non è più stampata ed è praticamenteinaccessibile.

L’Italia manifesta oggi un’attività piutto-sto intensa nel settore della Climatologia stori-ca. Temiamo tuttavia che essa per la massimaparte nasca dal risveglio di un interesse umani-stico latente in molti Fisici e dal desiderio di svi-luppare le tecniche statistiche per trattare leserie storiche in altri. Circa il futuro stentiamoad immaginare un’evoluzione marcatamente piùprobabile di altre. Ci sembra peraltro verosimileche l’attuale operosità possa seguire la sortedell’Analisi periodale e risulti alla fine deluden-te. Siamo convinti che sarebbe più fecondodedicarsi agli sviluppi teorici che hanno datoorigine alla Teoria del Caos oppure allaMeteorologia geografica del nostro paese e allesue variazioni nel tempo.

72

Vittorio Cantù: Meteorologia. Climatologia. Cambiamenti di clima. Storia della Meteorologia nel sec. XX in tre saggi