Quaderno 2003 - pag46-117

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STEFANO RODaTA FONDAZIONE ROMA I "'. tranq~ill~e?te, la classifica arancione per cui. ci saranno () plU seven e l ultima quella rossa, e il New York Tirmes commenta non è ~et~~ che passiate anzi forse è meglio che dliamate una a to. Quindi i problemi di una società della sorveglianza totale son blerni da prendere molto seriamente in consideraz::ione. l'IUlSJ>ETIIVE DI ROMA E DELL'ITALIA NELLA GLOBALIZZAZIONE I{ollla, Caffè Greco, 19 maggio 2003 di Adolfo Urso* I 1111'("1' l'invito a partecipare a questa serata e ringrazio voi ( 0111. diceva poco fa l'amico San Mauro il libro da me 111 I 1111 a riflessione che parte dall' esperienza di due anni di 111 11I1IlH.:no che tutti abbiamo davanti, la globalizzazione. Il 1011' .he conviene anche una serie di vicende personali l"IIt.II~I'1.110in questi due anni, nella mia esperienza di governo, I 1111 LIV del libro sia un giudizio positivo della globalizza- 111 Il [eruzione che non è altro che l'espansione naturale del- 111111'1'.1 l' mediterranea, se vogliamo della cultura romana, 1I110t.1'I.ioni che riguardano anche la nostra religione che 1111.1 Il'li zione universale, che si espande al di là dell'appar- I 1I11I,dl' () mica così come di converso lo è in qualche mi- '.1 Il confligge con essa la religione islamica che anche es- t 1011"universale che tende a convertire e che prescinde ap- 1111 .1() nazionale. La differenza è che la religione cattolica- I tI.11.1dove già esisteva un corpo sociale, l'impero romano e 11111111.\esare quel che è di Cesare, al di là delle contrad- 46 , /, .11/1/';/,) Produttive. 47

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Sezione del Quaderno annuale della Fondazione Roma Europea.

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STEFANO RODaTAFONDAZIONE ROMA I

"'. tranq~ill~e?te, la classifica arancione per cui. ci saranno ()plU seven e l ultima quella rossa, e il New York Tirmes commentanon è ~et~~ che passiate anzi forse è meglio che dliamate una ato. Quindi iproblemi di una società della sorveglianza totale sonblerni da prendere molto seriamente in consideraz::ione.

l'IUlSJ>ETIIVE DI ROMA E DELL'ITALIA

NELLA GLOBALIZZAZIONE

I{ollla, Caffè Greco, 19 maggio 2003di Adolfo Urso*

I 11111'("1'l'invito a partecipare a questa serata e ringrazio voi( 0111. diceva poco fa l'amico San Mauro il libro da me

111I 1111a riflessione che parte dall' esperienza di due anni di111 11I1IlH.:noche tutti abbiamo davanti, la globalizzazione.

Il 1011' .he conviene anche una serie di vicende personalil"IIt.II~I'1.110in questi due anni, nella mia esperienza di governo,

I 1111LIV • del libro sia un giudizio positivo della globalizza-111Il[eruzione che non è altro che l'espansione naturale del-

111111'1'.1l' mediterranea, se vogliamo della cultura romana,1I110t.1'I.ioniche riguardano anche la nostra religione che1111.1Il'li zione universale, che si espande al di là dell'appar-

I 1I11I,dl'() mica così come di converso lo è in qualche mi-'.1 Il confligge con essa la religione islamica che anche es-

t 1011"universale che tende a convertire e che prescinde ap-1111.1() nazionale. La differenza è che la religione cattolica-

ItI.11.1dove già esisteva un corpo sociale, l'impero romano e11111111.\esare quel che è di Cesare, al di là delle contrad-

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, /, .11/1/';/,) Produttive.

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dizioni storiche avvenute nel corso della nostra storia, mentre la reli-gione islamica nasce e forgia un popolo e una civiltà sulla base religio-sa non riuscendo mai a distinguere quello che è di Cesare a quello cheappartiene a Dio; anzi è nata per informare e creare se vogliamo Cesa-re sulla base di una scelta religiosa, di un precetto religioso.

Cosa c'entra questo con la globalizzazione, non è altro che l'espan-sione di questa cultura che nasce qui e il libro non a caso si intitola <CEu_ro Global" ed ha come sottotitolo tre concetti che sono i concetti dellalibertà, della identità e dell'integrazione. Concetti che sono fondamen-ta della globalizzazione, il principio della libertà è un diritto di tutti, unalibertà che nasce nel bacino meridionale dell'Europa e che arriva anchead altri popoli non europei, sino allontano Oriente, il principio delleidentità a differenza di quanto pensano i no global, ma globalizzazioneè espansione delle identità. Porto alcuni episodi, basta andare a Mosca evedere se non è rinata l'identità russa o la religione ortodossa, quandocadde il comunismo vi erano appena cinque chiese oggi sono molti i lo-cali occidentali, i Mc Donald's, e vi sono anche cinquecento chiese or-todosse. Quindi la rinascita delle identità delle nazioni e delle religioni èun fenomeno di integrazione, è il fenomeno di integrazione occidenta-le di questo processo di aggregazione tra continenti il cui esempio piùcalzante è appunto l'Unione Europea, e che è più avanti come passi diintegrazione a quello che avviene in altri continenti. Il secolo che si èchiuso aveva diviso i continenti, aveva diviso in due l'Europa tra occi-dentale e orientale, aveva diviso tutti i continenti. Per cominciare c'era ladivisione del continente americano, di Cuba tra due ideologie che lotta-vano tra loro. La divisione più emblematica è quella dell'Oriente" aveva-mo due Cine che abbiamo ancora, due Vietnam, abbiamo ancora dueCoree, la lacerazione in due di un confronto biblico tra due mondi incui poi uno ha prevalso. In ogni continente c'è un fenomeno di integra-

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1I11 PRIMA LE PROSPETTIVE DI ROMA E DELLITALIA NELLA GLOBALIZZAZIONE

IOIll', per cui se il secolo :xx è stato il secolo del bipolarismo che divi-I V.I i continenti, il secolo che si è aperto è dei continenti che si riaggre-

111<) c quello dell'Europa è l'esempio più significativo, pensiamo nel mo-1I1I1l1 stesso in cui alcune nazioni europee riscoprono la propria identi-I l ome la Repubblica Ceca e la Slovacchia, contemporaneamente en-u.mo in una identità più grande che è quella europea ed è un fenomenoh l uuto nuovo, ma anche gli altri continenti si aggregano in aree com-

1111'1 .iali, pensiamo all'ALCA, all'Unione Africana, e questo fenomenoIII vedremo da qui a qualche decennio, in questo contesto c'è l'Italia che

.d -cncro di questi processi, è al centro del processo di costituzione del-Il lnione Europea, di questa grande realtà sovranazionale a cui tutti par-li l ipiarno, è al centro di un processo mediterraneo che è la introduzio-111 dd libero scambio con quello che è la frontiera meridionale dell'Eu-IIII ),1, c al centro di un processo di globalizzazione che il nostro paese vi-I pill di altri, perché il nostro è un paese che è trasformatore, e quindiportatore e poi perché il nostro paese era a metà del continente, è sta-

111 111\ paese di frontiera per lungo tempo, un paese che per secoli dallal IIp .rta delle americhe è cresciuto ad Occide!lte e solo ad Occidente

,\11,111 lo per millenni era cresciuto ad Oriente. E cresciuto ad Occidented.d!.1 scoperta delle americhe e tanto più dall'Unità d'Italia che si è for-111,11.1 l'asse tirrenico delle capitali Torino, Firenze, Napoli, Palermo e Ro-111.1 t'clè cresciuta sempre ad Occidente lungo tutto il suo percorso uni-1.11 io, prima esportando mano d'opera sempre ad Occidente nelle mi-111\ 'l' • cl l Belgio, poi in Francia come in Gran Bretagna e poi nelle Ame-111 b " poi esportando made in Italy nel dopoguerra nella comunità eu-II'IIt'a soprattutto in Germania, in Francia, in Gran Bretagna nelle ame-111 be, improvvisamente dopo un secolo e 30 anni e più di percorso inIi.di.t c dopo qualche secolo dalla scoperta dell'America il paese non ere-I l' più ad Occidente ma cresce ad Oriente e cresce solo verso Oriente,

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cresce ad Oriente nei confronti della Russia un incremento significativoe sostenuto e cresce ad Oriente nei confronti della Cina, noi siamo di-ventati in pochi mesi il secondo partner commerciale europeo della Ci-na con il massimo incremento in percentuale delle nostre esportazioni,cresciamo ad Oriente perché ad Oriente è caduto il muro di Berlino equei mercati sono aperti, cresciamo ad Oriente perché fino a pochi an-ni fa esisteva un sistema economico e culturale che era il contrario dellacultura italiana, un sistema che puntava alla omologazione. Faccio dueesempi. Il primo è quello delle divise, l'altro quello delle donne russe. Ba-sta ricordare l'immagine che avevamo della donna russa fino a vent'an-ni fa, e se pensiamo all'improvvisa apparizione della moglie di Gorba-ciov e se pensiamo a quello che oggi i nostri imprenditori pensano delledonne russe, in questa evoluzione dell'immagine della donna russa c'è lanuova rivoluzione che è in atto che è una evoluzione culturale straordi-naria, che è esattamente il contrario di quello che accadeva nel 1968 inquesto paese, in tutto l'Oriente e in tutto l'Occidente: oggi c'è la rivolu-zione della qualità, il '68 è stato rappresentato come una rivoluzione del-la quantità delle masse, delle ideologie, delle divise, improvvisamente adOriente un fenomeno del tutto nuovo si riscopre. La qualità e il bello,ecco perché noi cresciamo ad Oriente, e c'è la riscoperta di ciò che l'uo-mo cerca per sé ed intorno a sé, e noi siamo sempre stati produttori delbello. rUNESCO ci dice che il 630/0 dei prodotti culturali dell'umani-tà risiede in Italia, se andiamo a conteggiare quello che è stato prodottodagli italiani fuori dall'Italia negli acquedotti, o nei viadotti, o a San Pie-troburgo dagli architetti o a Praga, il risorgimento dal punto di vista ar-chitettonico o pittorico, noi scopriamo che almeno i 2/3 di quello chedi artistico l'uomo ha prodotto è stato realizzato dagli italiani, che han-no fatto della qualità la loro precipua caratteristica formata nella storia:

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I 1111' PRIMA LE PROSPETTNE DI ROMA E OELLITALIA NELU\ GLOBALIZZAZIONE

Il!li non abbiamo materie prime, non abbiamo proprietà se non una pro-jllll'là specifica che è la proprietà intellettuale, di cui siamo sicuramenteI('11i, infatti noi produciamo ed esportiamo quasi sempre prodotti di qua-III.ì,aumentano le nostre esportazioni in valore e non in volume, il cheIH Ildire che aumenta sempre la qualità delle nostre esportazioni, e l'em-

hk-ma di quello che sta accadendo e che in parte è accaduto per la no-Il.1produzione noi possiamo semplificare per quello che è accaduto per

1.1produzione del nostro vino italiano. 20 anni fa il vino italiano era un1110di taglio per i vini francesi, poi accadde lo scandalo al metanolo che, IO'CÒ produttori e consumatori e nessuno chiese più il vino della casa,

( Il ssuno comprò più vino conveniente al supermercato, ma tutti cer-1,IV.1110il vino imbottigliato, la marca il vino di qualità con rapporto co-llI. La rivoluzione del vino è la rivoluzione della qualità italiana, ed è an-

I lu: tra le direttrici di una rivoluzione industriale che deve portarci sem-1" . più a produrre prodotti di qualità, anche perché il segmento di qua-111.nel mondo cresce ogni giorno di più. Esistono circa 100 milioni di, Illl'si che sono in condizione di acquistare prodotti italiani, 70 milioni.Il indiani, circa 35 milioni di russi: c'è un segmento di qualità nel mon-,111 che si rivolge sempre di più alla nostra produzione, e su questo noi1IIIIlbiamolavorare. E al livello internazionale dobbiamo lavorare sul ri-, ouoscimento del diritto di proprietà intellettuale. Quando a Doha ci1.1I1l0impegnati perché fosse riconosciuto il diritto di proprietà intel-

Il1IIIaiedelle indicazioni geografiche, abbiamo fatto due cose. La primaI vr.ua difendere l'interesse specifico dei produttori italiani. Le indica-

roni geografiche sono soprattutto indicazioni italiane, dai vini agli al-\llli i, al prosciutto di Parma, al Parmigiano reggiano, noi abbiamo il111.11' iior numero di prodotti doc nel mondo, secondi sono i francesi.luohrc abbiamo inserito nelle regole del WTO un diritto che prima non

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esisteva fino ad oggi. Tra i diritti regolati dal WTO esisteva il diritto diproprietà individuale dello scienziato del brevetto che registra la sua pro-prietà intellettuale, il suo marchio o il suo brevetto. Abbiamo inserito undiritto del tutto diverso che non appartiene all'individuo, ma appartie-ne al popolo, non appartiene ad uno che fa una scoperta ma appartienealla storia lungo la quale è stato costruito, l'indicazione geografica nonappartiene a nessuno, appartiene ad uno specifico popolo che l'ha crea-to in un territorio nell' arco di un periodo. A Doha abbiamo inventatoun diritto di proprietà che appartiene al popolo, e su questo dobbiamolavorare perché man mano che si aprono i mercati, man mano che cala-no le dogane e le frontiere (e questo fenomeno ci sarà sempre più an-corché vi siano poi delle aggregazioni continentali come quelle che sistanno formando e che rispecchiano regole diverse), man mano che que-sto mercato e questo mondo è sempre più globalizzato noi dobbiamoovviamente dare delle regole che permettono di difendere i diritti di cia-scuno. È un po' come accade nelle democrazie: man mano che ci sonole libertà ci devono essere dei diritti, delle leggi che tutelano le libertà diciascuno rispetto a quelle degli altri. Questo accade anche nelle regoledel libero mercato della globalizzazione, e noi siamo dell' avviso che manmano che si aprono i mercati e si riducono i dazi industriali, vadano ri-conosciuti i diritti e diritti di proprietà intellettuali, siano essi per la lot-ta contro la contraffazione o per riconoscere i prodotti di origine con-trollata. Dico sempre più in Cina perché è lì il mercato del futuro, an-che per questo ho compiuto circa 64 missioni internazionali, l'ultima inSlovacchia cercando di creare un sistema paese, e la più grande soddisfa-zione che ho avuto è stato quando la regione più grande del paese' nellapersona del suo Presidente Formigoni ci ha chiesto di partecipare ad unanostra missione in Senegal ~he si terrà in settembre, questo significa che

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I Il l'I~UM~A~ -2:L::!::E..!:.PR~O~S~PE::..TT!..'-IV~E::...:D~1~R~OMA~::..E ~DE~'L~L'I~TAL=IA~N.:::E:::::LLA~G:::::LO~B::.:.AL:::::IZ=ZA~Z=I.::.:ON:..:.::E

1111 \() riusciti a comporre un quadro di insieme istituzionale nazionale eI p,!lmale, cosa importantissima per un paese come il nostro, e in ogniI Il sione con il supporto del ministero degli Affari Esteri cerchiamo di

Illtnpagnare e supportare il nostro sistema imprenditoriale. Nelle va-li mis ioni che ho fatto credo di aver accompagnato circa 7000 impre-

Il,1piccole, medie e grandi, di averle ascoltate, difese e rappresentate.l'III'I)orrante per un paese come il nostro che è fatto di micro imprese

111 in un era di globalizzazione potrebbero disperdersi, l'importante è1111,.sentire partecipi di un progetto nazionale, la prossima missione è in

111,1per far capire alle nostre imprese, sono circa 200 le imprese italia-1\ ,I Il 'chino, che in quel continente bisogna restare. Perché il timore che

I 1.\ diffondendo nel Paese e che non si avverte in altri paesi è che nonI PII( restare in Cina, e invece per noi è un mercato fondamentale: nelO() I I esportazioni italiane in Cina sono cresciute del 37,4%, nel 2002

Il p 'tLO al 2001 sono cresciute del 28%, nei primi tre mesi di quest'ari-1IIIIlrimache si diffondesse il timore della SARS sono cresciute del 43,1%;1,111110scorso abbiamo scavalcato Gran Bretagna e Francia, come part-Il' I d '\la Cina, e siamo al secondo posto a ridosso della Germania, noi1,11110i secondi partner dell'intero Oriente, siamo secondi partner della

I Il,sia dopo la Germania. Non possiamo uscire oggi come partner eu-IlIpl'O dal mercato della Cina, non possiamo ripetere i rischi che abbia-1111)t'orso 20 anni fa con l'energia nucleare dopo il disastro di Chernobyl:Iti 1\11disastro che riguardò un sistema dell' energia nucleare come quel-111,ovi tico, non quello occidentale, allora l'Italia era la terza potenza diI Ill'I'gianucleare nel mondo e ci apprestavamo ad arrivare all'autonomiaI IlI'l'gxica. Poi arrivò quel disastro, si fece un referendum che cancellò lal,Id ,l nucleare in questo paese, gli altri paesi europei l'hanno imbocca-

l,I, t'i hanno raggiunti, ci hanno superati e noi importiamo il 18% del-

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l'energia che ci serve in Italia dalle centrali francesi e da quelle sloveneche la producono a 20 km dalle nostre frontiere. Per cui noi importia-mo energia nucleare prodotta vicino alle nostre frontiere, così che se do-vesse accadere un disastro, sarebbe certo che ci ritroveremmo gli effettinefasti in casa: ma contestualmente noi, per aver chiuso quella via nu-cleare, chiediamo alle nostre imprese per pagare l'energia il 30% in piùdi quanto la pagano le imprese francesi, un handicap notevolissimo allanostra cornpetitività del sistema paese. Temo nei confronti della Cina ac-cada quello che accaduto con l'energia nucleare, noi stiamo rischiandodi uscire da quel mercato mentre francesi e inglesi, meno preoccupati daldiffondersi di questa malattia, mantengono le posizioni magari accre-scendole. Per questo ripeto che in Cina si deve restare, naturalmente conaccorgimenti sanitari, e si deve far capire al governo cinese che si trova inenorme difficoltà che c'è un partner affidabile come l'Italia che vuole in-traprendere un percorso importante con la Cina anche perché il feno-meno della globalizzazione è la cucitura tra l'Oriente e l'Occidente. "LO-riente si era staccato pian piano a cominciare dalla scoperta dell'Ameri-ca, da noi l'Impero Romano cresceva verso Oriente, dall' altra parte do-po la Spagna c'era il mare e non c'era nulla, poi ci siamo divisi in due im-peri - quello occidentale e quello orientale-ma il mondo era quelloorientale e quello islamico che entra in crisi quando viene scoperta l'A-merica perché prima i grandi traffici passavano dal Golfo Persico: oggitorna a crescere l'Oriente e a noi è molto più vicino di quanto pensia-mo. Le uniche due civiltà storiche che esistevano 2000 anni fa erano laciviltà romana e quella cinese, che si conoscevano ma che non dialoga-vano tra loro, erano civiltà in cui ciascuno poteva diventare imperatoreanche appartenendo ad altre etnie, o ad altri popoli, sono popoli che han-no precorso la globalizzazione anzi realizzavano la globalizzazione di al-

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1111 l'RIMALE PROSPETTIVE DI ROMA E DEU]TALIA NELLA GLOBAUZZAZIONE

111 .r, uesti popoli non a caso oggi possono ritrovarsi europei ed asia-IIl i iIl un percorso diverso, che è il percorso dei prossimi anni ..~red~111'questo possa essere portato come riflessione culturale, politica edI nllomica ad un paese come l'Italia che finalmente sta riacquistando

1111ruolo in Europa. Quando noi realizziamo un prodotto mal riuscì-In, c on il nostro linguaggio comune quell'azione la definiamo "all'ira-Il,111/ noi stessi giudichiamo in quel modo un azione mal riuscita de-1IIll'IIdola"all'italiana", a differenza dei francesi che hanno una perce-

111m' di loro stessi di gran lunga superiore a quello che ovunque gli ri-uuoscono nel mondo. Se ci guardiamo nel mondo noi vediamo che

Il I m ndo hanno una concezione diversa del prodotto italiano, del-I ,lhilO di uno stilista, di un occhiale, del prodotto di design italiano,Il lilla macchina, nel mondo per definire una cosa bella si definisce "al-l'u.ilinna". Se noi alla fine di questa legislatura riuscissimo a modifica-Il I., percezione che noi abbiamo di noi stessi, se noi stessi per prim~1,lllIissimo una azione ben fatta come la definiscono i giapponesi, glIuucri ani o i cinesi, "all'italiana". avremo riacquistato quella coscien-I Il:I'I,ionaleche ci è mancata e che ci permette di competere meglio

1111mondo globale.

INTERVENTI DEI CONVENUTI:

( :esare San Mauro:( 'osa possiamo fare per evitare che si alimenti la paura?

Atlolfo Urso:( ,hi è stato negli Stati Uniti e li conosce vede la differenza abissale

Ili l .mpi dell' economia tra oggi e due anni e mezzo fa, basta andare

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in un aeroporto americano per rendersi conto di quanto tutte questmisure di sicurezza imposte rallentino i processi commerciali, ed ab-biano un costo in termini di sicurezza e in termini di economia in unmondo che invece pensava di essere un mondo aperto in continuaespansione, credo che sia un fenomeno di lunga durata perché il fon-damentalismo islamico e il terrorismo che ne consegue prescinde da-gli stati e dalle nazioni, ma è una minaccia globale che può colpireovunque utilizzando armi di distruzione di massa. Tutto il secondo do-poguerra è stato una guerra di ideologie, ma essendo il sistema comu-nista coniugato con una nazione, avendo vinto Stalin e avendo persoTrotsky, alla fine non è mai scoppiata una guerra nucleare per motividi deterrenza. Il fenomeno fondamentalista invece non si coniuga conuna nazione ma è una cosa che si diffonde nel mondo. Una cosa chemi ha colpito nei giorni prima dell' attacco all'Afghanistan è che si ri-unirono i gruppi dei talebani per decidere se consegnare Bin Laden omeno: se avessero consegnato Bin Laden avrebbero preservato lo sta-to, avendo scelto la strada di Bin Laden hanno cancellato il proprio sta-to e ha prevalso la logica della rivoluzione permanente. È un problemapreoccupante perché potrebbero appropriarsi di armi di distruzione dimassa, e certamente utilizzarle, quindi è un fenomeno molto compli-cato, credo che abbiano sbagliato coloro che non hanno capito comeper gli Stati Uniti questa sia un situazione diversa rispetto a quelle pas-sate. Gli Stati Uniti si considerano in guerra finché non riusciranno adebellare tutte le centrali terroristiche e gli stati che appoggiano il ter-rorismo, e credo che abbiano sbagliato i nostri amici alleati francesi etedeschi a non comprendere lo stato d'animo degli americani che han-no visto colpiti i loro simboli del potere economico come le due Torrie il Pentagono simbolo del potere militare, e che quindi non possono

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I Il Pll~IM~A~ ~L:::E~P~RO~S~·PE~·TT~IV.'::.E~D~I R~O:::.MA~E::.c·D~E::::LL:::..:'Ic:.:TA..:.::L::::lA:...:.N..:.::E::::LLA=-=G:..::LO::.:B::.:..A=Ll=ZZ="(A.:::Z-,IO,-,--"NE

11111l' 'agire cercando di vincere in questa guerra. Il fenomeno che ab-Il 1I1\()davanti è un fenomeno complicato che noi dobbiamo cono-

111'l' ponsabilmente per quello che esso è e affrontarlo, e credo cheIh,di;t l'abbia affrontato meglio di altra nazioni in questa logica anche1\ 111'relazioni internazionali, è stata più consapevole di altri partnerIIllIp ie non per vantarmi del nostro governo ma due anni fa la mag-1111parte dei giornalisti italiani ed internazionali pensavano che l'Ira-

I "j sarebbe isolata nel mondo con il governo di Berlusconi e del cen-tlll ti 'stra, mentre invece è successo esattamente il contrario: oggi si èIl ,110un rapporto transatlantico molto forte che deriva certamente da1"1\1(\evoluzione storica, deriva anche dal quello che ha cambiato la1111uru degli Stati Uniti che oggi non sono solo una potenza anglosas-11111,'quindi non hanno un alleanza solo con la Gran Bretagna, so-1111una potenza in cui all'interno prevale la natura latina, è un'asse al-1IIIIl'rno che vede insieme gli anglosassoni e i latini e in termini inter-1I1/101laliavere un' asse che lega insieme Gran Bretagna, Spagna e Ira-Il I ,,,~IiStati Uniti. Affronteremo questo fenomeno e sono sicuro che1111il' .mo a farlo anche perché abbiamo un Papa che ha una grandeI 11111. strategica: il fatto stesso che Papa Woytila abbia avuto l'intelli-111/.1,che deriva anche dalla natura millenaria della Chiesa Cattolica,Il rifiutare di approvare in toto l'intervento militare ha tolto un'arma111111I lamentalismo islamico, che non ha potuto individuare nella Chie-I ( :llltolica un nemico da combattere e quindi in qualche misura haILIlOche l'intervento in Iraq potesse apparire come un intervento

111111'0l'Islam, perché questa è una guerra che va combattuta all'inter-1111ddl'Islam così come la guerra al totalitarismo si è combattuta al-1IIIInno dell'Europa, perché nacque in Europa. Il fondamentalismoII l . nell'Islam dal rifiuto della separazione dei poteri, dalla rivolu-

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zione che ancora non c'è stata nel mondo islamico, che va combattu-ta e vinta alI'interno dall'Islam.

Federico Grazioli:

Parlando di vino, ed essendo io un agricoltore: è l'unico settore o ilprimo dove gli agricoltori hanno monopolizzato tutto il settore, ossiagli agricoltori lo producono, lo trasformano e lo vendono. Tutti sap-piamo che produrre è facile, trasformare è difficile e vendere è diffici-lissimo. Lei ha parlato del sistema Italia: tutte le nostre imprese che la-vorano sull'estero soffrono in maniera particolare proprio questo, le no-stre imprese sul!' estero hanno un ritorno del 50% dei fondi che l'Italiapaga per sostenere il mondo della cooperazione, noi abbiamo bisognodi una forte presenza delle nostre rappresentanze diplomatiche in mo-do che siano vicine al mondo delle imprese, sappiamo che il mondofrancese e tedesco sono molto presenti alle imprese, non è così sconta-to che le gare nazionali si vincono con dei progetti fatti bene.

Adolfo Urso:

Il sistema di cooperazione viene gestito alla cieca, nel senso che nonviene gestito con una ricaduta effettiva nel sistema delle imprese, su que-sto sta lavorando il Ministero degli Affari Esteri e questo peraltro si ac-compagna con il fatto che le nostre imprese non hanno avuto alcuna ri-caduta di tutto quello che lo Stato ha fatto come sforzo anche finanzia-rio. Qualcosa si sta facendo: infatti, se analizziamo i dati della Banca Eu-ropea di Ricostruzione e Sviluppo, l'anno scorso per la prima volta leimprese italiane hanno ottenuto più di quanto lo Stato Italiano abbiaversato come azionista della BERS, hanno ottenuto il 10,7% dei fì-nanziarnenti della BERS per imprese private quando noi siamo azioni-

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J /Ilh PRIMA LE PROSPETTIVE DI ROMA E DELLITALIA NELLA GLOBALIZZAZIONE

Il ,ti 9%. La media degli anni precedenti era circa il 4%, qualcosa si staI .uperando ma sicuramente c'è un problema di sistema e lo avverto-1111I LI tre le imprese che vanno al!'estero perché effettivamente francesi,Illb hi, inglesi, spagnoli quando vanno alI'estero sono abituati ad agi-li •on una logica di sistema con rutto il loro armamentario a volte an-1111'i loro militari. In Italia il ritardo in questo senso è dovuto dal fatto1111'l'Italia ha attraversato un lungo periodo di transizione che ha debi-111,110la classe politica, iniziata quando cadeva il muro di Berlino: quan-dll iniziava la fase di globalizzazione tutti i cittadini, tutte le imprese po-li V,I110competere nel mondo, l'Italia è stata privata del suo sistema isti-ur/ionale politico, ed ognuno è andato per conto suo.

Andrea Gumina:I. ,i ha parlato di asse ovest-est, questo mi sembra il leit motive del-

1.1poi itica economica verso l'estero che si sta facendo per promuovere1'.lIi.nda Italia, però c'è un altro asse che probabilmente i recenti acca-d1111.nti internazionali hanno messo in disparte ossia nord-sud. Il ruo-IIIdi Roma come capitale mediterranea nei confronti del Mediterraneo,.Il I Maghreb e dei paesi del Sud: vorrei sapere, in un' ottica di riequili-11110'uropeo, quali sono le politiche economiche che il governo vuoleun-nere in atto per promuovere questo asse importante.

dolfo Urso:Il rapporto nord sud è un rapporto fondamentale: noi vi investire-

IIIIl molto nel nostro semestre di Presidenza Italiana, personalmente hoI IIII'SlOdi convocare il vertice dei Ministri del Commercio con l'Esteroil (I di luglio a Palermo, seguito dal vertice Euro Mediterraneo con 35dl'll'gazioni di governo, 25 dell'Unione Europea e lO della sponda sud

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del Mediterraneo, perché noi crediamo in questo processo di liberscambio in cui vorrei che partecipassero la Siria, che deve firmare an-cora l'accordo, e la Libia che chiede di essere accompagnata nel suo in-gresso nella comunità internazionale, come accordo di partenariato conl'Unione Europea. È un processo difficile anche perché negli ultimi an-ni i paesi sulla sponda sud del Mediterraneo hanno rallentato sulla viadello sviluppo anziché accelerare, e l'accelerazione l'hanno avuta i pae-si dell'Europa centrale ed orientale. Si potrebbe innescare un fenome-no come è accaduto ad est con la caduta del muro di Berlino, se si rea-lizza un fenomeno di crescita e sviluppo e di democratizzazione in quel-l'area che può divenire un fenomeno di traino per il resto dell' area me-dio orientale e comunque islamica e sappiamo che l'Italia su questo de-ve puntare abbiamo il dovere di riequilibrare l'Europa verso sud. LEu-ropa si sta aggregando verso l'asse continentale Parigi, Berlino, Varsa-via, Mosca, e anche i paesi candidati sono tutti all'interno di questa fa-scia, ed i paesi mediterranei entrati in questa prima fase come Cipro eMalta sono molto piccoli. Noi dobbiamo necessariamente far entrarenella seconda fascia Croazia, Bulgaria, Romania, poi spostare l'asse ver-so il sud-est balcanico e creare un rapporto di associazione con la spon-da sud del Mediterraneo, un rapporto diverso almeno per adesione maassai significativo se vogliamo consentire al nostro paese di tornare adessere il ponte tra il continente più ricco, l'Unione Europea, e il conti-nente che si popola di più nella sponda sud del Mediterraneo. Sappia-mo che il nostro futuro è questo, non a caso il governo ha puntato sindall'inizio sulle infrastrutture, perché il rischio maggiore che corre il no-stro paese è di essere isolato dai grandi traffici che si stanno innescandonuovamente ad Oriente ed a sud, dobbiamo completare un processo dimodernizzazione delle nostre infrastrutture per permettere ai nostri por-

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tll I l'I~UM~A~ .-!L~E~P~RO~S:!.'!I'E~TT..!..!N~E~D~I.!'R~O~MA~E~D~EL~èI~T~AL~IA~N~E:,:::LLA~G~LO~B~A~LI::::ZZAZ=Ic:::.0:..:..::NE

111t'ridionali, che sono quelli più vicini a Pechino e Nuova Dheli, e11I1"1Iihe cresceranno di più di cogliere l'espansione ad Orient~ dei mer-111,ulrrimenti i porti che ne avranno benessere saranno Salonicco, Bar-

11011'1,Marsiglia e l'Italia sarà scavalcata.

I iccardo Capecchi:lci ha citato la Lombardia come regione che ha portato a rappre-

uture in una delegazione italiana all'estero. Ecco, in questo momento111\li viviamo da alcuni anni una costante attenzione all'autonomia re-h tllale con la riforma del titolo V fatta nella scorsa legislatura, e con la

nuova riforma del titolo V che verrà fatta, con una fortissima propen-h tiIl' delle regioni a voler assumere un ruolo autonomo con i paesi con-

[in.nui o comunque con la quale hanno dei rapporti, in una situazione11111' quella, per esempio, degli imprenditori della regione Veneto o in

l' Il t i .olare della provincia di Treviso, che organizza~o ~nmanier,a .mas-h I ia attività di investimento autonomo nella proVInCla: quale e 11 filo

III 'IO he può essere costruito a livello di governo centrale per poter ga-I 111t it'cuna unità di approccio alla presenza estera delle imprese italianel'' I non lasciare poi all'autonomia regionale un'azione che molto pro-h.lhilmente è un potere importante da governare a livello centrale?

Adolfo Urso:1\ problema delle regione e del titolo V è un problema, reale, e a ~e

nlpl quando in una delle mie prime missioni ad Osaka, In ~na, ~~l-I t .rzione delle ultime di Italia Giappone, c'erano 150 espositon italia-\Il l' ·'crano anche con me 12 regioni italiane, .con un numero di parte-I Ip,lnti tra assessori e componenti delle delegazioni che superava il nu-1I1l'I'Odegli espositori. Il problema delle regioni è un problema reale, ba~

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sta andare a Bruxelles e visitare le sedi delle regioni per rendersene con-to, noi dobbiamo valorizzare questa forza, senza disperderli nel mondo.A volte faccio il paragone con i distretti industriali italiani, che sono laforza del nostro sistema imprenditoriale, nascono nell'Italia dei comu-ni intorno alle cooperative, alle banche locali, alle Università, nasconodalla storia dei Comuni Italiani, che è una storia di realtà locale, ma nel-la realtà del distretto industriale italiano si crea un elemento di forzadi cooperazione e noi dobbiamo sfruttare questa peculiarità italiana fat-ta di 8000 comuni, di piccole e medio imprese, di distretti, di reti diCamere di Commercio: una stratifìcazione sociale storica come quellaitaliana che il mondo ci invidia non ce l'ha nessuno. Nel contempo,dobbiamo permettere a questi soggetti di partecipare ad un processo na-zionale: molto spesso la storia dei Comuni è stata una storia locale e nonuna storia nazionale, se riusciamo in questo processo di rimettere insie-me le regioni avremmo svolto il nostro compito, e ci può aiutare la lo-gica dei distretti. Noi dobbiamo mettere a sistema quello che è lo spon-taneismo realizzando una filiera industriale che veda le nostre impresediventare delle piccole multinazionali che restino in Italia ma nel con-tempo delocalizzino parte della propria filiera produttiva o delocalizzi-no i prodotti di quantità che vogliono realizzare in altri mercati, co-struendo una filiera industriale che li faccia competitivi: e possibilmen-te dobbiamo realizzare tutto questo all'interno della logica di distretto,Abbiamo fatto dei progetti con il governo rumeno per la realizzazionedi altri quattro distretti, un progetto con il governo russo per altri di-stretti, inoltre distretti in Tunisia, in Croazia, in Marocco, stiamo cer-cando di realizzare un fenomeno industriale che a noi piacerebbe chia-mare "glocalismo" industriale, cioè la realtà di mantenere forti le radicilocali con la capacità di andare ovunque nel mondo. Le regioni ci pos-

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1111PRIMA LE PROSPETTIVE DI ROMA E DELèITALIA NELLA GLOBALIZZAZIONE

11110 aiutare, perché il nostro modello è quello che poi siano le regioni111 lilla sorte di gemellaggio tra aree regionali. In questo gemellaggio traI 1(' rioni può essere anche un modo per mantenere il tessuto produr-IIVI) di una regione di un distretto, clonarlo o affiliarlo all'estero e man-I III'rc quella realtà produttiva per renderla più competitiva.

l.ivio Barnabò:A livello internazionale le nostre imprese aspettano ancora un velo-

I riordino degli strumenti, quali sono le vere tappe di questo riordino?

dolfo Urso:la riforma di sistema. Devo dire, dopo due anni di esperienza, che

uu ro ta qualche sforzo perché questo accorpamento è stato una grave1111 ma, almeno per il commercio con l'estero, ed io utilizzo il mio tern-1"' per rimuovere gli ostacoli, far apporre un firma, superare gli intralci11\ Ilo ratici italiani. In termini costruttivi, di cose che si fanno in posi-'I 11.1'80% delle mio lavoro è con il Ministro degli Affari Esteri. Forse111 .rltri paesi non sarà così, ma in Italia è così e 1'80% del mio tempo111 rlivzato in senso positivo è con gli ambasciatori degli affari esteri, gliI ututi di Cultura e così via. Se guardo invece al tempo che devo utiliz-

111' p r rimuovere gli ostacoli ovviamente ho a che fare con le Attivitàl'uuluttive. La differenza qual è? Si sono messi insieme due corpi: uno

111' in Italia - in altri paesi non sarà così - erano le Partecipazioni Sta-I tll, .on i tempi delle tipici delle partecipazioni statali, con un Ministe-III l lic in Italia era il Commercio con l'Estero e insieme al Ministero de-Il fTariEsteri era il Ministero che doveva confrontarsi con il mondo,

Il l'0ndere in tempo reale al partner europeo, al rapporto bilaterale, al-Il lui ne Europea, per poter incidere sulla decisione. Invece, oggi lo

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dobbiamo fare con una struttura ministeriale che inevitabilmente htempi diversi, ha i tempi dell'autarchia economica nazionale fatta dpartecipazioni statali e non so quando e come si potrà semplificare lprocedura, per realizzare quegli "sportelli Italia" che erano in progetto.lo ho proposto al Consiglio dei ministri la legge sugli "sportelli Italia" il22 novembre del 2001 ed è stata approvata, ci ho messo quattro m iper farla passare alla Conferenza Stato-Regioni ed è stata approvata inmarzo 2002, è passato un altro anno e attendo che sia riportata al Con-siglio dei Ministri. È un processo un po' lungo, ed ho l'impressione ehse continua così ho fatto una bella esperienza ma non necessariamentvorrei restare a questo dicastero: come sempre in questi casi saper usci-re è la cosa più difficile, ma bisogna saper uscire al momento giusto.

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LA CENTRALITÀ DELLE TELECOMUNICAZIONI

PER UN'ITALIA EUROPEA

Roma, Caffè Greco, 9 giugno 2003di Enzo Cheli*

ingrazio la Fondazione Roma Europea e l'avvocato San Mau-ro per questo invito che mi consente di entrare in contatto conun'istituzione di cui ho sentito molto parlare, e la cosa mi fa

,110piacere anche per la bellezza del luogo in cui si svolgono questi

uum.Mi stato chiesto di parlare dell'Autorità per le garanzie nelle co-

111111'azioni, un'istituzione che nel marzo di quest'anno ha compiutoIquinto anno di vita, e che forse proprio in ragione della sua giovaneI 11I)J1ancora abbastanza nota all'opinione pubblica. Per illustrare in111110più rapido e più semplice le caratteristiche di questa istituzione,1III'i .crcare di rispondere a tre domande, che cosa è?A cosa serve? Co-l.ur, cosa state facendo?1'1'1'()mi sembra che prima di tutto bisogna riflettere sul motivo per

I '1".d . è nata questa Autorità, questo organismo, quali sono i fattori,I 1.II',ionidi ordine economico di ordine sociale, politico che hanno por-

111.ill'istituzione di questo organismo. Sapete che la base di questo or-1111III in una legge del 1997, la n. 249 la legge Maccanico dal nome

1\, "rll'/l'e Autorità per LeGaranzie nelle Comunicazioni.

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ENZO CHEU FONDAZIONE ROMA EUROP

del ministro che la propose. Una legge che rappresentò nel momentin cui venne approvata lo stralcio di un disegno normativo più ampiche voleva essere già allora una legge di sistema sull'intero impianto della comunicazione, comunicazione da soggetto a soggetto, comunicazione in senso oggettiva che si identifica nell' area delle telecomunicazioni della telefonia in particolare e comunicazione di massa, la radiotelevisione.

Questo disegno più ampio falli per strada e si ripiegò su una legpiù circoscritta che fu la legge 249, che ebbe come oggetto principall'istituzione di questa Autorità che era l'obiettivo politico più urgentche in quel momento si poneva, legato al processo di liberalizzaziondelle telecomunicazioni che doveva avviarsi il primo gennaio del 1998pochi mesi dopo l'approvazione delle legge. Anche per capire il sensoquesta legge e la sua novità, perché si tratta di una legge nuova anchnel panorama europeo, bisogna ricordare quelli che sono stati i percorsi dell'innovazione tecnologica che ha investito il mondo della comunicazione e dell' informazione nell' arco degli ultimi lO anni, la leggespiega in questo panorama. Ricordo lo sviluppo di internet, lo sviluppo della telefonia mobile di prima e seconda generazione, sembrano tueti fenomeni lontanissimi ma hanno appena dieci anni, e poi negli annpiù recenti i tre percorsi fondamentali dell'innovazione tecnologica lgata al mondo della comunicazione, lo sviluppo della banda larga nelle reti fisse, lo sviluppo della telefonia mobile di terza generazione nelle reti mobili, e poi nelle reti televisive il passaggio dalla tecnologia analogica che è quella che caratterizza il sistema radio televisivo che stiarnusando alla tecnologia digitale che caratterizzerà gli anni a venire.

Questi processi sono ancora tutti in pieno svolgimento e i risultaeconomici, sociali, politici li vedremo solo nei prossimi anni, sono tutti processi che si legano a quella nozione di sintesi che è stata usata n

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l'Il PRIMA LA CENTRALITA DELLE TELECOMUNICAZIONI PER UN'ITALIA EUROPEA

I I!\Ogiornalistico che è la di nozione di rivoluzione digitale, cioè que-Il sorta di rivoluzione del mondo della tecnologia che è scaturita dallaIIl'.ilalizzazione delle reti e che deve essere lo strumento della per la co-uuvione di una società dell'informazione e della conoscenza di cui siIlI/i;\I1oa vedere i primi segnali. Questa digitalizzazione delle reti ha

IlIlIdotto tre effetti fondamentali. Il primo è dato dal potenziamentoh 11.1qualità e della quantità degli strumenti della comunicazione: un111Ilrhimento del sistema delle reti e la compressione del segnale lega-Ii .dla digitalizzazione comportano una moltiplicazione delle reti uti-111I.lhilisulla stessa frequenza. Il secondo effetto, anche questo di gran-Il i1110rilievo soprattutto sul piano sociale, l'interattività delle reti: la1ll',il:dizzazione porta a favorire la comunicazione interattiva rispetto al-

Il'llll1unicazione passiva di massa, e questo porta un avvicinamento traI Il di telecomunicazione tipicamente interattive e reti televisive tipica-111III . a ricezione passiva; chi riceve il messaggio sempre più può inte-I Il',11l' on chi dà il messaggio, vedi la pay tv, sono i segnali di questoI I .1 gio legata alla rivoluzione digitale. Il terzo e più importante ef-I 110:la convergenza tecnologica, cioè il fatto che sulla stessa rete indi-I IId -nternente dal fatto che si tratti di una rete di telecomunicazione,li 1I11.lrete radio televisiva, di una rete informatica possono passare mes-'l'I ',i in voce, in immagini, in dati, allora neutralità delle reti le reti ser-1111)alla trasmissione di qualunque messaggio e convergenza, e questol', Il' 'ltO più rilevante. Basta solo enunciare questi tre effetti per capi-,!1I.dipossono essere le conseguenze economiche, sociali e politiche

111111processo di questo genere, conseguenze che ancora si stanno ap-I Il.1delineando all'orizzonte e hanno risvolti positivi e negativi anco-Il ddlì ile fare un bilancio, ci sono gli ottimisti che vedono in questo1"lIl'~SO tutto il bene e niente di male, ci sono i pessimisti che vedono1111'Il'StOprocesso più male che bene. lo credo che non si possano an-

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ENZO CHELI FONDAZIONE ROMA EURoP I l'llIMA~ ~LA~C~E~N~TRAL~Ic::TÀ~D~E:=::L~LE~T~EL~E~CO~M~UN=IC:::.:AZ~1c:::.0:..:.:NI~P~ER::....U:::.:N.:....:'I:..:.:TA:.::::L=-IA:....::E:..::U::.:RO::.:P-=.:EA

ticipare giudizi su un percorso che è appena iniziato: ci sono profili psitivi e profili negativi. Sul terreno economico il profilo positivo è ehla nascita di un' economia della conoscenza significa arricchimento dpotenziale conoscitivo dell'uomo, nuovi processi produttivi, mercati piampi; senza indugiare sull'utopia della new economy, che ormai abbimo lasciato alle spalle, questo significa che qualcosa di profondo nmondo dell' economia si sta modificando. I profili negativi sono dati clfatto che l'allargamento dei mercati porta a processi concentrativi spranazionali che si sottraggono al controllo dei soggetti da parte dellAutorità nazionali, e questo porta alcuni inconvenienti proprio nella rgolazione dei mercati. Rapporti sociali: qui gioca in modo particolal'interattività, che cambia il rapporto tra uomo e spazio. Il telelavoro, ltelemedicina, la tele didattica, sono tutte forme nuove che danno modall'individuo di risparmiare tempo ed energie, quindi cambia il rappoto con lo spazio e questo è un fatto molto innovativo e molto positivd'altronde, il profilo negativo è che le nuove tecnologie e l'interattiviaumentano lo spazio e le distanze generazionali e creano nuove divaricazioni tra i giovani che sanno usare questi strumenti e le generaziomeno giovani che trovano difficoltà. Ecco l'analfabetismo elettroni cche è uno dei profili negativi di questo percorso. Sul piano politicoaspetti positivi sono stati individuati in quella che negli anni passatichiamava la democrazia elettronica: il cittadino che può entrare in contatto con le reti della pubblica amministrazione, avere direttamenteimmediatamente informazioni, i soggetti pubblici che possono interogare quotidianamente i cittadini per capirne gli orientamenti; gli aspeti negativi sono costituiti dagli strumenti che possono portare alla manipolazione dell' opinione pubblica e possono anche determinare influenze improprie. Vedete che è un quadro molto mosso, difficile da va

l" nella sintesi, ma un quadro che richiede regole forti: se l'obietti-!clla politica di fronte a questa novità è valorizzare i vantaggi e in-

urv.rrc i profili positivi e contenere i rischi, occorrono regole forti eIl Il ,l modo più appropriato. In questo scenario tra il 1996 e il 1997'l'Il in Italia il dibattito su questa legge sotto la spinta di due erner-111": bi ognava attuare le direttive comunitarie che avevano previsto1IIII'I'alizzazionedel mercato delle telecomunicazioni con la partenza

PoI unaio 1998 e la privatizzazione dell' operatore monopolista delleI \.nnunicazioni, e per fare questo bisognava fare una legge di recepi-

1110 I lle direttive, e bisognava costituire un'Autorità di regolazione11111'1' ato perché le direttive comunitarie collegavano la liberalizza-111' .illa presenza di un arbitro neutrale per vigilare su questo nuovoI IIISOdi liberalizzazione. La seconda emergenza era la riforma del si-111,1 rndiotelevisivo alla luce della giurisprudenza della Corte Costiru-III,dt', he con una sentenza del 1994 n. 420 aveva abbattuto una nor-

d"lIa legge Mammì, che consentiva una concentrazione di frequen-111 mano privata pari al 25%. La Corte ritenne che questa concen-

11111 ' di risorsa tecnologica frequenziale pari al 25% potesse ledere ill" .rlISI110e la abbatté senza indicare la misura giusta, "ridando la pal-

1111'I'i latore per indicarne una, ma il legislatore doveva cambiare la1111,1 t h la Corte aveva dichiarato in costituzionale per violazione del-I I lella Costituzione riguardante il principio del pluralismo. Pernuu.irc queste due emergenze che il legislatore si trovò davanti all'i-111 .lclla scorsa legislatura si potevano fare due leggi distinte, una perI 1.1 int .levisione e una per le direttive per la liberalizzazione, ma quiIl IV.I in gioco la convergenza. Erano accaduti tanti fatti, e quando si

111 .1 discutere su questi due problemi si cominciò a maturare l'ideaI 11111\' era un po' vecchio affrontare questi problemi in un'ottica se-

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parata perché oramai lo sviluppo di questa rivoluzione digitale avrebbportato a questo intreccio tra le reti di telecomunicazione, le reti radiotelevisive e le reti informatiche. Allora il legislatore affrontò questa sfìda nuova nel quadro europeo, non con due leggi distinte: oramai telcomunicazione e radio televisione convergevano, si fece il tentativostabilire una disciplina convergente che tenesse conto di questa novitancora nel 1997 allo stato nascente. Questa scelta fu molto innovative proiettata in avanti, e portava come conseguenza immediata l'istituzione di un'unica Autorità, per tutti i settori della comunicazione. N1995, quando nacque l'Autorità per l'energia e il gas, la legge 481 chla prevedeva ne prevedeva anche una per le telecomunicazioni. Si erancora nell' ottica preconvergenza: dopo due anni l'Autorità delle tele-comunicazioni non era nata, non sarebbe più nata e fu sostituita coquesta legge del 1997 dall'Autorità per le Comunicazioni a cui si affi.•dò il compito di vigilare, regolare le telecomunicazioni, la radiotelevi ..sione, l'editoria e anche la pubblicità, perciò un campo molto vastociò si spiega in quanto l'evoluzione tecnologica spinge oramai all'unifì ..cazione delle reti e dei terminali. Alla fine di questo percorso, si dice, latelevisione e il computer ed il telefono saranno accessibili da un unicoterminale, e noi già vediamo in queste settimane con i primi apparec·chi che questa è una realtà che si sta verificando sotto i nostri occhi. Nel1997 questa scelta fu molto coraggiosa e fu guardata con molto sospet·to dagli altri paesi europei, dove si trovavano due Autorità distinte unaper le telecomunicazioni e una o più di una per la radiotelevisioni. LI·tali a fu la prima a tentare questo esperimento, fu criticata inizialmentea livello europeo ma la scelta fu certamente preveggente e la riprova èstata data dalle vicende di questi anni: dal 1997 sono passati cinque an-ni, il Regno Unito che fu il primo ad affrontare il tema delle telecornu-

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I " PI~UM~A~ __ ~LA~C~E:!:!N.!..!TI~<A~Ll~TÀ~D':'.!E~L:=:LE,-,T~EL~E~CO::::M~U::,:N~lCA~ZI~O:.::NI:..:P~ER~U:::.N.:...:'I~TA~L:::..IA:..:E:.::.U.:.::RO::.:P.=..::EA

I .rzioni e della liberalizzazione ha abbandonato il modello della sepa-,ione delle Autorità dall'ufficio delle telecomunicazioni è passato al-

1IIIIìcio delle comunicazioni, ha adottato il modello convergente cheIIentrando in questi mesi a regime; l'Austria ha fatto lo stesso, la Spa-li I I i sta lavorando, la Francia - che ha fatto maggiore resistenza - vie-

iIl Italia a studiare la nostra esperienza per vedere come poterla adat-", alla realtà francese. Se questo è lo sfondo di questa legge allora cheI ,I . questa Autorità per le Comunicazioni? È un'Autorità ammini-

Il,11 iva indipendente, l'ultima in ordine cronologico delle Autorità am-uunistrative indipendenti del nostro paese. Indipendente da che cosa?l, Autorità amministrative indipendenti si sono sviluppate negli anni

IO; la prima fu la CONSOB del 1974, poi le altre sono venute negliIIl1i'90, l'Autorità delle comunicazioni è l'ultima in ordine tempora-

I 111 [ipendente dal potere politico e indipendente dal potere econo-IIlho, la connotazione di questi soggetti amministrativi, che sono estra-\l,l,dia tradizione storica italiana e continentale francese e tedesca, è1"' lln di creare degli enti che hanno tutte le connotazioni. ~egli orgar:i

nuuinistrativi però sono staccati dal governo. Nella tradizione conn-I I1I nle le amministrazioni sono i bracci operativi dei governi, sono le-Ili t' dipendono dal potere politico: questi soggetti invece devono es-l" indipendenti. Perché devono essere indipendenti a differenza delle

tllIl Ilinistrazioni tradizionali dai governi dal potere politico e dal pote-I l't'onomico? Perché sono Autorità di garanzia. Lindipendenza è lahuvc per garantire, così come succede nella magistratura. GarantireIl ,I? aranti re le imprese che entrano in un mercato fino a quel mo-

\111 IlLO monopolista che viene liberalizzato, e l'impresa privata che en-I I in un mercato ex monopolista ha bisogno di regole neutrali e par-I di tecnicamente adeguate e ha bisogno che non ci sia l'intrusione del-

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ENZO CHELI FONDAZIONE ROMA EUROLA CENTRALITA DELLE TELECOMUNICAZIONI PER UN'ITALIA EUROPEA

la politica in queste regole: quindi è l'impresa che vuole la garanzia pla liberalizzazione del mercato. Ma anche garanzia per gli utenti, pcittadini nel campo della privacy; la garanzia del cittadino è l'elemendominante rispetto alla regola della concorrenza nel campo dell'Autrità delle comunicazioni, la garanzia del cittadino si lega alla libertàcomunicazione, alla libertà di informazione, al diritto all'informazion

Le Autorità amministrative indipendenti con connotazione di effitiva indipendenza sono sei/sette, ci sono incertezze nella dottrina sl'estensione di questa categoria. Indipendenza e garanzia sono due elmenti strettamente connessi: si è indipendenti in quanto si deve gartire, si garantisce in quanto si è indipendenti. Ora, rispetto all'ampiza di questo campo che la legge ha affidato in questa visione un po' utpistica degli anni '90 a questa Autorità, voi trovate le telecomunicazini, la radio televisione, l'informatica, l'editoria e la pubblicità. La coplessità di queste funzioni, che investono un campo così ampio, si rlflette nella complessità della struttura: questa Autorità rispetto alle altAutorità amministrative indipendenti è la più complessa, soprattuttper il numero dei componenti, nove, il tetto più alto. Le altre Autorivanno da tre a cinque componenti; mentre tutte le Autorità hanno uorgano collegiale unico e un presidente, questa ha tre organi collegie un presidente, tre organi collegiali perché mentre c'è un collegio ehha le competenze fondamentali c'è poi una distribuzione delle funzioni in due commissioni che rispecchia la logica delle convergenze: la commissione delle infrastrutture e reti che si occupa di tutti le reti indipendenternente dai contenuti trasmessi telecomunicazione, radiotelevisione, informatica; e una commissione prodotti e servizi che si occupa dgli aspetti contenutistici della comunicazione, e questo rispecchia in pino la filosofia della convergenza che porta a distinguere reti da prodot

crvìzi. Questa è l'Autorità, complessa non sono a livello struttura-111.1anche per le funzioni, che sono funzione di regolazione paranor-uivi, paralegislative, funzioni di vigilanza e di controllo e funzioni di1I111',.ionedelle controversie arbitrali e paragiurisdizionali.

l' questo è il quadro, cosa ha fatto in questi cinque anni l'Autorità

Il ,I sta facendo oggi?Nel settore delle telecomunicazione l'impegno fondamentale su cuimorirà nasceva era il processo di liberalizzazione. LAutorità doveva

IlIl' l regole fondamentali della liberalizzazione e nasceva nel mo-I 1I1!)in cui la liberalizzazione da qualche mese era avviata, quindi il111110empito era regolare, guidare, controllare e vigilare la liberaliz-1IIIIIIedelle telecomunicazioni. Per fare questo l'Autorità ha seguitoIl lince fondamentali di indirizzo politico amministrativo. La prima

1111.1t" rata quella dell' apertura della rete dell' operatore dominante. Per1IIII.dizzare un mercato di telecomunicazione che è nato e si è svilup-I 111I rome un mercato monopolista, bisogna dare la possibilità ai nuo-I I1I1 oratori di allacciarsi alla rete dell' ex monopolista, perché la costru-IIIIH.lella rete è un impegno di generazioni, la rete dell'operatore do-1I1I.IIHeè il risultato di una storia complessa e di investimenti che han-I 1',1avaro su tutta la collettività, ecco allora che non solo in Italia ma

Il 11111i i paesi il primo passaggio della liberalizzazione è aprire la reteI Il'l'x monopolista ai nuovi entranti. Ci sono stati tanti interventi: laIII iplina della tariffa sull'accesso alla rete; la disciplina del unbundling,

l,I accesso disaggregato alla rete locale; la disciplina delle possibilità111 i nuovi operatori possano offrire i loro servizi con un prefisso di-1I1l1',lIcndodalla rete dell'operatore dominante; la number portal abi-

lu \', ovvero la possibilità di cambiare operatore conservando il proprio1111111·ro. Tutte queste regole fondamentali della liberalizzazione, legate

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all'apertura della rete e alla possibilità che nuovi operatori possano usre la rete dell'ex monopolista, sono state il primo obiettivo che l'Autorità ha perseguito. Il secondo obiettivo, per tutelare un mercato liberalizzato che funzioni uscendo da una situazione di monopolio pubblicoè quello di fare in modo che i prezzi del mercato siano prezzi reali allineati ai costi. In condizione di monopolio il monopolista non fa przi allineati ai costi, in certe situazioni ha convenienza a fare prezzi sottcosto per acquisire clientela, in altre situazioni può tenere i prezzi, iquanto monopolista, sopra i costi. Passaggio fondamentale, una poli tica dei prezzi che avvicina i prezzi - all'inizio sono tariffe, poi diventanprezzi - ai costi, che significa analisi dei costi, analisi della contabilitdell' operatore dominante, e poi tutta una politica tariffaria che ha portato l'Autorità a fare una serie di manovre nella telefonia fissa, nel fissmobile. Le manovre sono state già cinque/sei, e gradualmente hanncercato di orientare il mercato verso questo obiettivo dell' allineamentdei prezzi, prima delle tariffe e poi dei prezzi nel '99. A ciò si è aggiunta la distribuzione delle risorse scarse, il piano di numerazione: i numeri della telefonia sono una risorsa scarsa, il piano di numerazione è sta.•to un modo per razionalizzare la distribuzione di questa risorsa.

Radiotelevisione: qui il problema che la legge ha affidato a questaAu ..torità è stato quello di creare un distribuzione equilibrata delle risorse tee..nologiche, delle frequenze e delle risorse economiche, della pubblicitànel caso della RAl del canone. Per fare questo l'Autorità è stata investirdi una serie di competenze che ha esercitato in questi cinque anni: i pia..ni delle frequenze, il piano analogico che non è stato attuato perché su..perato dal!' evoluzione della tecnologia, il piano digitale che è stato ap"provato all'inizio di quest'anno e che guiderà lo sviluppo del digitale, l'a..nalisi delle posizioni dominanti. LAutorità ha elaborato una prima de..

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Il PRIMA LA CENTRALITÀ DELLE TELECOMUNICAZIONI PER UN'ITALIA EUROPFA

\I( l,I nel 2000, ora sta chiudendo un'istruttoria relativa agli anni più re-IIIi l' lativa alla distribuzione della pubblicità televisiva. Inoltre abbia-1I1,Ivviatoil controllo sui contenuti che la legge affida all'Autorità e cheIilcriscono a quattro aree. La prima area è la tutela dei minori, ossia la

1111"\,\ nei messaggi radio televisivi di quei valori che ad esempio la legge.unrnì e altre leggi pongono alla difesa delle posizioni minorili, e allo-

I.livicro di certi programmi in certe fasce orarie, divieto di programmi111 crti contenuti in tutte le fasce orarie. La seconda area è data dagli af-

lnll.uncnti pubblicitari, per cui l'Autorità deve controllare che nella di-Il ti Ilrzione dei messaggi pubblicitari le varie emittenti pubblichee pri-\h , nazionali e locali non superino certi tetti che la legge ha dato, so-

II,Il t urto la legge Mammì - i tetti variano a secondo del servizio pub-1111 Il radio televisivo RAl e dell' emittenza privata, e a seconda dell' ernit-

11/,1 nazionale o locale, naturalmente per vigilare su questi tetti occor-I Iln'azione di monitoraggio continua che non è affatto semplice, e que-I I l' una delle attività più complesse che la legge ha affidato all'Autori-I III terzo luogo c'è il rispetto delle quote di produzione europea, per-111Ivdirettive comunitarie impongono alle televisioni nazionali e loca-

Ii .\1 dedicare una quota della propria programmazione a opere europeeIIIIIICdi difendere lo spazio culturale europeo e difendere la produzio-Il «rropea. e anche qui l'Autorità opera un'azione di vigilanza. Infine laIIIII/ione più recente, il rispetto della par condicio nelle campagne elet-11I1.di:la legge 28 del 2000 ha stabilito delle regole per la cornunicazio-111politica, per i messaggi autogestiti nelle campagne elettorali, ed il com-1'"11di vigilare, regolare e intervenire quando queste regole vengono vio-Ilh t' stato affidato alla Autorità; anche questo è un compito piuttostoI lu.uo dove l'Autorità si è molto impegnata e anche con l'aiuto dei cor-1111l, ' la legge gli ha affidato della Guardia di Finanza, la Polizia delle Te-

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ENZO CHELl

lecomunicazioni ha potuto svolgere una sufficiente azione di monitraggio e di intervento di emergenza.

Come giudicare questo percorso? lo darei tre valutazioni.Sulle telecomunicazioni non vorrei né fare difese d'ufficio né au

celebrazioni, ma parlare per dati oggettivi: sulle telecomunicazionigiudizio è stato dato dall'Unione Europea, che ogni anno fa un raporto a fine anno in cui esamina lo stato di attuazione del processoliberalizzazione delle telecomunicazioni. Nel rapporto del 2001 e cl2002 l'Italia è stata promossa, nel senso che l'Unione Europea ha ritnuto che il processo di liberalizzazione delle telecomunicazioni in Itlia ha funzionato, perché il mercato si è aperto, gli operatori in cocorrenza sono stati tanti e nonostante le difficoltà che questo mercaha registrato negli ultimi due anni la concorrenza è stata effettiva,prezzi si sono ridotti (in cinque anni è stata calcolata una riduzione cl30% medio dell'insieme delle tariffe telefoniche), i servizi sono migliorati in qualità e aumentati in quantità, gli effetti della liberalizzzione si sono prodotti, e l'Unione Europea riconosce che l'Italia, chera partita tra gli ultimi paesi perché era entrata tardi in questo pecorso, su questo terreno ha recuperato in velocità e si è collocata in buna posizione. Naturalmente questo non deve portare a dare giudizi integralmente positivi, questo mercato che oggi c'è, esiste ed è veramente concorrenziale, è un mercato che ha ancora molti squilibri, e anchriceve molte lamentele dai consumatori e utenti che riconoscono chla concorrenza c'è, gli effetti benefici si vedono, ma ancora ne lamentano la scarsa trasparenza, cioè evidenziano la difficoltà di compararle offerte che tra loro gli operatori fanno: un buon mercato che funziona deve consentire al consumatore di comparare le offerte e questnon è facile. La liberalizzazione è avvenuta in modo impetuoso e for

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I Il PII~UMA~ !=:LA~C~E~N..:.:TRA~L1~TA~D~E::=.'L:::LE:...!.T~EL':ò:E~CO~M~U:::N~ICAZ~I:::.-ON:.:.:J~P::=:.ER.:..:U:::.:N.:..:>I:.::TA~L:.::.:IA:..::E::::.U:.:.:RO::.:.P-=..:EA

Il,1 dato effetti fondamentali ma ancora ci sono zone d'ombra su cui. .

I I irrc interverure.Ibdiotelevisione, qui il discorso è più difficile perché il mezzo te-i-ivo è fortemente condizionato dalla politica. Un'Autorità indi-Ild .nte sganciata dalla politica ha margini di manovra più limitati

Il qllelli che può avere nel settore delle telecomunicazioni, di conse-ucnza i giudizi che vengono dati dall'esterno sono più valutazioni111 i 'he che valutazioni positive, ma c'è in questi giudizi una carica

p"liti a militante. Quello che vorrei dire è che l'Autorità sul settorele11.\ radiotelevisione si è mossa con più lentezza, per due motivi: per-111' aveva delle urgenze minori, non c'era l'urgenza europea della li-

\.11 .rl izzazione del mercato, e perché ha trovato più ostacoli e più Ire-111 n .lle resistenze del sistema politico parlamentare e del sistema po-1111 '() in genere. Tuttavia, l'Autorità ha avviato un percorso che riten-Il virtuoso, ha cominciato a costruire una razionalizzazione nella di-uihuzione delle risorse frequenziali, si è occupata dei piani delle fre-l'II'n'le,ha cominciato ad analizzare la costruzione e la distribuzioneIl Ik risorse nel mercato pubblicitario: c'è un lavoro che è stato fatto,IltIIIancora molto evidente, dall'opinione pubblica ma che diverràI Illpre più evidente, e attraversa l'attivazione di un impianto di mo-Illloraggio, questo è stato l'aspetto più difficile e devo riconoscere piùliti ompleto. Abbiamo ha cominciato a fare una vigilanza effettiva sul

ti ore della pubblicità e sul settore della tutela dei minori e sul set-11111' della par condicio nelle campagne elettorali. C'è un terzo aspet-111 .hc è quello che connota le caratteristiche di questa Autorità come

uiorità della convergenza: se l'Autorità avesse fatto politiche distin-It l nn effetti distinti nelle telecomunicazioni e radiotelevisione in fon-IltI si sarebbe tornati al punto di partenza, non avrebbe valorizzato il

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E zo CHELIFONDAZIONE ROMA EUROP LA CENTRALITA DELLE TELECOMUNICAZIONI PER UN'ITALIA EUROPEA

suo potenziale di novità di essere un'Autorità convergente. Allora l'Autorità si è molto applicata in una terza area che è quella dei percord'innovazione tecnologica; della telefonia mobile di terza generazione l'Italia è stato un dei paesi arrivato prima ad apporre le regole dell'UMTS; nel digitale terrestre, ossia dal passaggio dalla televisione analogica alla televisione digitale, l'Italia è stata il paese che ha posto pprimo un regolamento organico di questa materia e affrontato conuna legge del 2001, la legge 66, le caratteristiche di questo passaggiche trasformerà radicalmente il futuro della televisione non solo inItalia, ma in Europa e nel mondo. Su questi terreni dell'innovaziontecnologica, della banda larga, del digitale terrestre, dell'UMTS, l'Autorità ha potuto sfruttare di essereun organismo unico che poteva avre una visione a 360 gradi di tutto il mondo della telecomunicazionper intervenire con un certo anticipo rispetto alle linee di interventdegli altri paesi europei, e quando ci ritroviamo nelle sedi europee ancora distinti nelle riunioni delle telecomunicazioni, perché ancora Autorità convergenti non ve ne sono abbastanza per fare riunioni di Autorità convergenti si vede che l'esperienza italiana su questo terrenha potuto utilizzare questa novità, questa intuizione della legge Mec-canico, facendo interventi che sono stati da guida per gli altri paesiper le direttive che la Commissione ha dato, come le cinque nuove di-rettive varate un anno fa sulla comunicazione elettronica, che sosti-tuiscono le vecchie direttive sulle telecomunicazioni. Queste diretti-ve vengono recepite ora da tutti i paesi entro luglio, è un'operazionche esattamente ha ripercorso la filosofia che in Italia era stata esegui-ta dalla legge Maccanico, perché non si parla più in queste direttivdi telecomunicazioni ma si parla di telecomunicazione, radiotelevi-sione e nuovi strumenti dell'informazione, e tutte queste categori

IIgono raggruppate sotto la nozione di comunicazione elettronica,IIr t una categoria molto più ampia delle telecomunicazioni: e allo-I i .apisce che su questo terreno l'Italia, in virtù di un intuizione del

Ip,lslatore, ha potuto ottenere risultati di anticipo.Prospettive. Questo percorso che vi ho riassunto ha una prospettiva

Il uccessopieno o di fallimento, è un'utopia che le vicende del merca-I ti 'lia comunicazione stanno negando: non stiamo più nell'euforiaI IL, neweconomy, eppure c'è qualcosa in questo che spinge ad essereuunisti. Naturalmente la risposta a quale direzione deriverà da questo

Ilvio dipende dal modo in cui i mercati delle comunicazioni riusciran-111./ r cuperare terreno acquistando il gradimento degli utenti sui nuo-I \1 rurnenti della comunicazione: dipende da quanto si diffonderà

Il JMTS, da quale sarà il grado di gradimento di questi nuovi strumenti111 .ambiano il senso della comunicazione. Dal punto di vista dell'e-l'I I i .nza stretta della nostra Autorità, io credo che il successo di unamorirà amministrativa indipendente del tipo della nostra è legato a

1111' Iatrori. Il primo fattore è che per avere successo un'Autorità devel'I" indipendente, altrimenti si è destinati all'insuccesso perché que-

ti organismi, nascendo da una tradizione anglosassone che non è pro-1111.1 della nostra storia nazionale ed entrando nella nostra cultura attra-

I () la normativa comunitaria, hanno un senso se hanno una funzio-111 positiva, se possono essere condivisi dal!'opinione pubblica e soste-11111 i in quanto indipendenti. Perciò la prima chiave di forza di un'Au-I 1111;\ indipendente è la misura della sua indipendenza. Il secondo ele-liti Il! , che ci riguarda in modo particolare ma che tocca tutte le Auto-111.1 indipendenti, è che questi organismi sono un anello di congiun-

11111 ' del diritto comunitario con il diritto interno, e allora la secondahi.rve di successo è il conservare un forte raccordo con il quadro della

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ENZO CHELl FONDAZIONE ROMA EUROP I 1'llI~MA~ __ ~LA~C~EN.::.'T~RA~L~IT:!:.À~D~E~LL=:E--'.T~EL=:E~CO~M:.:.:UN=ICAZ=:..:::IO::..:N~IP~E:.:.:.R-.:::U.:..:N'-=-IT:..:.:A=LIA:.:-=.EU:::..:R..:..::0c:..P=..;EA

INTERVENTI DEI CONVENUTI:

Il' utorità, in modo particolare per quanto riguarda la distribuzioneIl,' risorse tecnologiche ossia i piani delle frequenze.

111 apporto con l'Antitrust è un rapporto che ha un alto grado di ela-Il.ì: i sono materie dove l'iniziativa è dell'Antitrust e la nostra Au-

11.\ interviene con un parere, e materie dove l'iniziativa è nostra e l'An-111 I là il parere. Molto è affidato al buon senso di questi rapporti e

Il dire che finora il buon senso ha funzionato. Ci sono, certo, mate-111 'ui chi arriva prima gioca la prima carta e allora si potrebbero an-

, .urenare delle concorrenze, mi riferisco al caso stream e tele-: ci1111 'late incertezze su chi dovesse fare la prima mossa, poi la primaI .1 stata fatta a Bruxelles e il nodo è stato sciolto, ma effettivamente

I 1.1materia della distribuzione delle competenze è una materia de-Il.1su cui un intervento ulteriore del legislatore sarebbe opportuno,i liuora conflitti gravi tra Autorità delle comunicazioni, Autorità An-111\1 c Ministero non ci sono stati per il buon senso con cui che si èIl .110 di volta in volta di trovare un punto d'equilibrio, ricorrendo conI IIl'I'io facendo il percorso inverso.

quali fondi attinge l'Autorità: l'Autorità è abbastanza povera per-I, Iispetto alla complessità e alla quantità di competenze ha un con-

1111110 dello stato fisso, che quest' anno è stato ridotto, di cinquanta IIÙ-

Idl li vecchie lire, e poi ha la possibilità di dare un imposizione finoIl I pcr mille sui bilanci delle imprese di telecomunicazione e radiote-

I IVO. Noi sfruttiamo questo margine fino all'0,37% e questo com-Il,1 un'altra entrata di un po' meno del 50% del contributo dello sta-

1"'1' iò complessivamente le risorse che l'Autorità ha potuto utilizza-111 questi anni sono nell' ordine tra i 70 e gli 80 miliardi di vecchie li-ill'anno. Adesso è in discussione una legge di sistema che da all'Au-

111, nuove funzioni, in special modo nei confronti del servizio pub-

normazione comunitaria Questi sono i punti su cui l'Autorità si è pi. ., . ... . '.Impegnata e su CUIvorra ImpegnarSI per 1prOSSImIanni.

Gianpiero Gamaleri:Le vostre competenze sono distribuite in connessione con altri du

organismi. Uno è il Ministero delle comunicazioni - proprio su televisione e minori il contratto viene siglato tra RAI e ministero, e credo ehsu questo venga ascoltata anche l'Autorità, però poi è l'Autorità a dverlo interpretare quindi la mia domanda è sul come si articola questtriangolazione. Laltro punto di riferimento è l'Autorità per la concorenza, perché evidentemente ci possono essere delle materie miste. Puna curiosità personale: lei ha ricordato che avete avuto un abbattirnentdei prezzi di circa il 30% sulle telecomunicazioni, quindi l'Autorità prduce, ha prodotto un risparmio nel paese, come si sostiene l'Autori tper se stessa, a quali fonti economiche attinge?

Enzo Cheli:Ha toccato un punto delicato, uno di quei rapporti annuali dell'U

nione Europea investe proprio l'aspetto della distribuzione delle competenza tra Ministero e Autorità, su questo sta per essere varato al Consiglio dei Ministri un decreto delegato, che recepisce alcune nuove direttive dove questa distribuzione delle competenze viene rimodellatamentre altri passi in avanti dovrebbero essere assicurati dalla prossimla legge di sistema: in effetti oggi c'è una sovrapposizione tra alcune sfre delle competenze del Ministero e tra alcune sfere delle competenz

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ENZO CHELI Il PR~IMA~ __ ~LA~C::.'::EN::'..T~RA~L~IT~À:...':D~E::::LL::.'::E...:.:TE':':.:L~EC~O~M~U:::N:.::JCAZ~-::::IO:::::.N.:.:.J.:.cPE:;:::'R~u::..:N~'IT:..:.-A~LlA~EU:::.:R~O:.:..:PEA:::..:

blico; è in discussione una legge sul conflitto d'interessi che dà all'Ali:torità insieme all'Antitrust un controllo su queste ipotesi di conflittointeresse, e tutto questo porta ad una riflessione sulle risorse, perché'conflitto di interessi fa prevedere una assegnazione di trenta nuove pesone con una copertura finanziaria assolutamente insufficiente. Finoil problema è stato affrontato così, ma se dovessero aumentare le funzioni che il legislatore ha l'esigenza di una adeguamento delle risorseinevitabile.

1111() per i quattro anni successivi alla fine della sua presidenza, e que-Il vale anche per l'Autorità per energia elettrica e per il gas. Questo è1\ .ispctto, poi l'indipendenza è garantita dall'autonomia amministra-

I (' dall'autonomia contabile, però lei dice "è sempre il potere politi-Il hc vi sceglie", questa è la domanda. lo rispondo che anche i giudi-della Corte Costituzionale sono scelti, alcuni dalla magistratura mauquc dal parlamento e non sono meno indipendenti degli altri colle-111,t'allora quale è il meccanismo quando la derivazione dell' organo, uico indipendente è l'istituzione politica, dove è la chiave d'indi-n.lenza? Sono le maggioranze, quando si stabilisce una maggioranza

\11110elevata, come nel caso dell' elezione dei giudici, e si stabilisconoquisiti di professionalità su cui c'è il controllo dell' opinione pubblicaIl hé si sa quali sono i curriculum delle persone che sono votate e pos-

1111). sere messe in discussione, evidentemente sommando il requisi-I Iliofessionale che la legge impone con la particolare maggioranza na-, 1111incrocio dove la matrice è sempre la matrice politica ma non è

111.1matrice politica che non può e non deve combinarsi anche con al-" l.urori. È difficile ipotizzare meccanismi diversi da questi perché for-

1.1rosa che assomiglia di più all'Autorità indipendente è la Corte Co-11111/i nale, quando siamo al vertice il potere politico ed il Parlamento11111il punto di riferimento, e allora se vogliamo spoliticizzare bisogna111110puntare sui requisiti soggettivi delle persone chiamate non solo

Il .udine morale ma anche di ordine professionale, sui curricula, e pun-1\1xu maggioranze qualificate o su voti limitati. Nel caso dell'Autori-

,Iell ' garanzie delle comunicazioni si parla di voto limitato perché cia-1111parlamentare vota due persone, una per la commissione reti una

I \1.\commissione servizi ma le persone sono quattro, due vanno alla1I1.II',gioranzae due vanno all'opposizione, questo comporta quelle for-

Fabio Verna:Presidente, ha puntato il dito su un aspetto fondamentale che lei s

ricoprendo con grande autorevolezza, ossia l'indipendenza. lo sono li

neofita. Su quali forze si basa la sua indipendenza, l'indipendenza dsuo staff di cui lei è a capo, perché noi industriali per investire in li

nuovo settore dobbiamo renderei conto di come veniamo tutelati, allora è facile - e mi perdoni la sfacciataggine - dire siamo indipendentiperò sicuramente l'Autorità è stata fondata per una legge dello statosicuramente la nomina del suo successore porterà la firma di una autorevole membro del governo, come fa poi ad essere svincolato e autonomo? Questa è la mia domanda brutale, e me ne perdoni.

Enzo Cheli:Come si fa a garantire l'indipendenza? Bella domanda!!! Prima di tu

to è il legislatore che ha garantito la nostra indipendenza, magari anchcon qualche misura sgradevole per chi esercita questa funzione, quinil legislatore ha dato un mandato molto lungo e questo è una garanzidi indipendenza, poi ha vietato la rielezione, poi ha fatto qualche cosdi più ai limiti della Costituzione: chi esercita questo mandato è fuor'

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ENZO CHELl FONDAZIONE ROMA EUROP

me di compensazione che sono le stesse che portano ad attenuare la pliticizzazione dei giudici costituzionali. Perciò direi l'indipendenza èfìdata alla coscienza di chi esercita questa funzione e se proprio uno nè indipendente è perché non vuole esserlo, perché se uno vuole esseriha tutti gli strumenti per esserlo, perché la legge gli garantisce anche uretribuzione adeguata per essere indipendente, gli vieta di essere rielto perciò tutti gli elementi di indipendenza ci sono.

Maurizio Mancianti:La sede principale è nata a Napoli, ultimamente si è letto che c'è un

contro tendenza e c'è un rientro su Roma, è solo un problema di mo c'è qualcos'altro?

Enzo Cheli:La sede di Napoli è stata una scelta di quella particolare congiuntu

ra politica in cui nacque l'energia e il gas Milano e le comunicazioniNapoli, è una scelta che a mio giudizio questa legislatura non mette idiscussione, noi l'abbiamo riconfermata anche nel rapporto con i sindacati: la sede centrale rimane Napoli, le strutture fondamentali sonoNapoli, i corpi della guardia di finanza e di polizia operano nella seddi Napoli. La prassi di questi anni ha fatto emergere qualche inconvniente operativo, perché molte delle funzioni che noi svolgiamo speciquelle che attengono al settore dell'audiovisivo hanno un referente diretto in Roma, ci sono rapporti quotidiani con l'Antitrust, rapporti quasi quotidiani con l'Autorità per la tutela della privacy, con il Ministerdelle comunicazioni, rapporti con la RAI, con Telecom Italia, c'è la buona volontà da parte di tutti di venire a Napoli: però molte volte, soprattutto quando ci troviamo a decisioni caratterizzate da urgenza, l

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III PRIMA LA CENTRALlTÀ DELLE TELECOMUNICAZIONI PER UN'ITALIA EUROPEA

dI' di Napoli crea dei problemi. Allora la linea che abbiamo seguito eui.rrno è che alcune funzioni, quelle più strettamente collegate ai rap-

11111 i relazionali con le istituzioni politiche e imprenditoriali centraliz-Ill' hanno una struttura molto limitata a Roma, finora erano 30 per-IlIll' adesso si raddoppierà, però il nucleo centrale delle funzioni ope-IIIIV' regolamentazione e di vigilanza rimarrà Napoli. Nella futura le-I l.uura non so se confermeranno questa linea, e per il momento miI uibra che sia una linea non messa in discussione né per noi ne perI III rità per l'energia e il gas.

( csare San Mauro:(: sa manca a Roma per diventare Europea?

I~nzo Cheli:Ma per me Roma è già una grande capitale Europea, ha delle carat-

111 istiche ambientali. Se andiamo a Madrid a Parigi a Londra, troviamoIl llc caratteristiche che sono legate alla storia di quei paesi ma ciò non

1III',Iic che siano già delle grandi capitali europee. Roma appartiene allaIl iria europea, alle spalle ha qualcosa di diverso naturalmente perché haI '1110 una capacità di attrazione più sul Mediterraneo, mentre l'Euro-

1'.1 l' nata più sull'asse nord che sull'asse Mediterraneo, però oggi mi pa-Ii t he tutto questo appartiene al passato ed io non sarei portato a dire1111' 'i sono degli impedimenti ad una europeizzazione di Roma, tanto1'111 he nella costruzione di questa Europa l'Italia è sempre all'avan-

l'II,lrdia oramai da quarant'anni.

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LE RADICI STORICO-POLITICHE DELL'EuROPA UNITA

Roma, Caffè Greco, 29 settembre 2003

di Emilio Colombo"

( : 'sare San Mauro:Il Presidente Colombo fu eletto deputato nel 1946 all'Assemblea Co-

ruu .nte e, poi, nel '48 alla Camera dei Deputati. È stato un testimo-111 !ill1damentale nella storia politica di questo paese e, tra le numero-I \i me funzioni, è stato Presidente del Consiglio dei Ministri, Ministro

1"1 gli Affari Esteri, Presidente del Parlamento Europeo. Nessuno piùdi [ui che, in questi 55 anni, è stato protagonista di questa realtà, può",Il larci di Roma e dell'Europa.

lrnilio Colombo:"Sono molto grato di questo invito. rho accettato per la ragione per

111, quando ho chiesto dove, come e quando, ho capito che dovevo par-1111' ad un numero ristretto di persone e, quindi non potevo e dovevouhirc la tentazione di fare grandi i discorsi che pure ho fatto. Oggi, inIl ilà, la discussione politica, in genere, è molto difficile. E, direi anche

IIrllinguaggio è resa più difficile, ecco, parlare in un ambiente ristrettoin un clima come questo mi induce ad essere essenziale.

cuutore a vita.

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EMILIO COLOMBO FONDAZIONE ROMA EUROI'

Quando 15,20,30,40 giovani italiani si metteranno insieme e prenderanno coscienza dell'Italia, di ciò che è e di ciò che potrà essere dmani? Noi abbiamo avuto questa grande fortuna, ed io ringrazio la Providenza di avermi dato dei maestri che mi hanno dato degli ideali grandi che poi sono diventati obiettivi della politica. Poi, ognuno fa benesbaglia ma questa è la vicenda umana. Limportante è che le ragioni ple quali si combatte sono ragioni conosciute, di cui si è convinti e per lquali è degno lo scontro, la discussione, la lotta. Ringrazio il GeneralBellini e il Vice Capo della Polizia; ringrazio tutti voi.

C'è chi ha sorriso quando ha sentito che io sono stato eletto la prima volta nel 1946.

Questa sera dobbiamo parlare di una delle cose più serie ed impegnative che ci hanno coinvolto e ci coinvolgono. La nostra classe politica hdue alternative: può essere eliminata per il crimine o essere eliminata dall'oblio. E, quante vittime fa l'oblio, la dimenticanza. Per parlare dell'Europa non devo andare a consultare nessun libro di storia. La vicenda eurpea e dell'Italia nell'Europa l'ho vissuta dall' inizio ,e non come spettator •

C'è o non c'è l'Europa? Questo è un momento difficile. Giorni f:ho trovato un incoraggiamento a credere, più fortemente, in questo ideale e considerarlo un. realtà.

Posso dirvi per incoraggiarvi che, nonostante tutte le discussioni unpo' confuse, sia sul piano culturale sia sul piano politico, non è assolu-tamente cedere alla retorica se noi affermiamo che l'Europa è, indub-biamente, una delle più grandi costruzioni a cui si sia applicata l'uma-nità. Traendo energia dal dolore, dallo strazio, dalla guerra, dai contra-sti, dalle distruzioni.

Ha realizzato, nonostante che qualche volta non ne siamo convin-ti, degli obiettivi straordinari. Vorrei farvi due premesse di carattere po-

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LE RADICI STORICO-POLITICHE DELCEuROPA UNITA

11111 () he sono intenzionali, non sono frutto di un'impostazione di unIl t orso. LIralia è stata al centro di questo processo europeo come pro-pnnista e giammai in posizione subordinata. E, siccome se ne è par-

11111 in questi giorni, non è vero che la costruzione europea sia stata do-nunata e guidata dall'asse franco-tedesco. Lasse franco-tedesco e l'a-lli, izia che io auspico ancora, è stato un elemento importante per laIlI'sione europea. Potrei dire per vita vissuta che c'è stato un asse ita-

111 Il' [esco; qualche volta, più raramente, un asse iralo-francese. Ma non1II,Iistato questo asse che ha caratterizzato la costruzione europea.Iknedetto Croce ci ha insegnato che per fare la storia bisogna che

I I ,i un tempo sufficiente perché chi la scrive possa scriverla non ani-111,110 dalle passioni, dalla passione politica o da altri tipi di passione, marurdando i fatti e giudicandoli. Penso ad un avvenimento che non co-

1111'l ' nessuno, e cioè ad una discussione nel famoso Chateau de la Muet-Il dove risiede l'OCSE, dopo che si era costituita la Comunità Euro-1",1, per iniziativa del Cancelliere dello Scacchiere inglese Maudling. Gli1111'.' 'si non avevano voluto partecipare ancora, né alla Comunità Car-1111 siderurgica, né alla Comunità europea. Il Cancelliere dello Scacchiere1111111 i 17 paesi che facevano capo all'OCSE per diluire o distruggere le

uuueristiche politiche ed economiche della Comunità, in cui il suol' Il'\ ' non voleva entrare, per trasformarla in una zona di libero scam-1111. Allora i francesi e gli italiani, insieme, fecero fallire la Conferenza.l'll,diano ero io, il francese era Codeborville, un ambasciatore di intel-

1ll',"llza straordinaria.I ci sei, ognuno parlava per conto proprio: c'erano i mondialisti e i

11111unitari. I mondialisti, naturalmente, sostenevano l'Inghilterra. lo11110 arrivato alla Conferenza e ho detto: "Ma gli europei dove sono" e,

111 icrne con Codeborville, abbiamo stabilito che nessun paese europeo

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EMILIO COLOMBOFONDAZIONE ROMA EUROI'

potesse parlare da solo ma che dovessero prima decidere l'atteggiameto da tenere e poi avere un portavoce.

Riuniti i Sei e mantenuta questa posizione, la Conferenza è falliMa non per questo, in Italia, mi hanno applaudito per il risultato pché, in quel momento, essendo andato al Governo De Gaulle, c'era iItalia il ;!mo~e che la s~a presenza con la sua nuova Costituzione signfic~sse 1msenmento di un elemento autoritario nella politica europPOI le cose andarono diversamente.

Ecco, un'altra volta la sedia vuota, sei ministri. Allora tutta la Prsidenza italiana comincia la seduta; arriva il Ministro francese e dic"Noi dichiariamo che da questo momento noi non parteciperemo pialle sedute della Comunità". Quindi eravamo cinque, non sei. lo disi: "Continuiamo, ma poi dovremo rappezzare". Fu uno dei momenti di co!laborazione italo-francese. Dove abbiamo rappezzato? Intornalla scnvania di Quintino Sella, cioè al Ministero del Tesoro. E il Ministro Codeborville era delegato francese alla chiusura del Concilio Vaticano IL lo stavo pure là. Ci mandammo dei bigliettini per fissare qusto appuntamento. Credevamo che nessuno sapesse niente; in realtpoi ,tutto è saputo. E, in quella stanza, abbiamo stabilito le premesdell accordo futuro. De Gaulle ce l'aveva con il Presidente della Commissione perché aveva troppi poteri e quindi si considerava come usovrano; poi c'era il voto maggioritario che stava per entrare nelle pro-c.edur~ secondo i Tr~ttati e i fran~esi non volevano il voto rnaggiorita-no. Cl mettemmo d accordo: nOI non cedemmo alla cancellazione d lvoto maggioritario e loro accettarono alcune modalità relative all'ap-plicazione del voto.

Con i tedeschi noi abbiamo avuto sempre una certa affinità riguar-dante una delle questioni più importanti: la concezione dell'Europa co-

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LE RADICI STORICO-POLITICHE DELlEuROPA UNITA

I 1111 punto d'arrivo in cui anche la sovranità dei singoli paesi potesseI l' . messa in gioco. I tedeschi erano più favorevoli che non i francesi.III realtà era una delle tante Costituzioni europee che sono state far-

prima che si arrivasse a questa.P:tLtaquesta premessa, dal punto di vista politico, questo processo

111' l'osa ha significato? .lo ono uno di quei giovani che, avendo finito la scuola ufficiale ilhlglio, giorno di caduta del Fascismo, ed essendo si avviato, in quel

111111 ,verso l'Italia meridionale (non ricordo più con che mezzo) hoI IO l'Italia distrutta e poi occupata e mi sono chiesto se c'era un avve-

11111' per l'Europa. E ne ho anche dubitato.S mpre questo ciclo italiano dell'unità e della divisione. Ebbene, que-

lli curopeisrno è stato il punto in cui si sono scontrate due tendenze.t /11.1 di unificazione con il metodo della collaborazione o cooperazione".1 gli Stati nazionali, conservando ciascuno la propria sovranità, la pro-1'11,1 quota di sovranità; l'altra, invece corrente, la più difficile, è stata'1"l'lla che ha pensato che l'evoluzione europea dovesse andare sotto la1I'IIa o la linea di una concezione federale. Vi dico, affinché voi possia-

li sorridere, che "quando parlavamo di questo con la Signora Thatcher111'1 fargliele accettare non dicevamo mai "federale" ma "su base federa-l." spressione che è un po' più annacquata ma, insomma, il concettoIl, inseriva. Queste diverse tendenze si sono alternate anche nell' ambì-III (I i coloro che credevano nella concezione federalista. E, infatti, se vuoif'lI.ll'date il primo Trattato, quello della Comunità Europea del Carbo-Il!' . dell'Acciaio, e poi tutti gli altri, vi trovate elementi di federalismoIIl d menti di cooperazione internazionale. Due classificazioni che ap-p.ll'lcngono al diritto internazionale ma comprensibili alla pratica. Poi,,111 un certo momento, si capisce (e questo avviene nel 1953) che l'Eu-

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EMILIO COLOMBO FONDAZIONE ROMA EUROI' LE RADICI STORICO-POLITICHE DELL'EuROPA UNITA

ropa tra il confine che divideva da una parte i tedeschi e, dall'altra pte le dittature di destra (Spagna, Portogallo) aveva bisogno di qualcodi più che un legame su singoli problemi e vennero le proposte di crattere generale. La Comunità del Carbone e dell'Acciaio, un accordfatto su di un tema specifico, importante il carbone e l'acciaio della Sanei rapporti tra la Germania e la Francia.

Però si cominciò a pensare alla CED, Comunità Europea di DifesE De Gasperi fece inserire l'art. 38 di questo Trattato, in cui si dava all'Assemblea parlamentare della CED l'incarico di fare una Costituzine europea. Quindi, il problema della Costituzione non è un problemche nasce adesso, ma allora. Perché? Per capire questo e, per capire l'Europa dobbiamo vedere cosa c'era dietro la Comunità Europea del Cabone e dell'Acciaio? Cosa c'era dietro la CED?

Dietro la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio c'era, prima di tutto, il riconoscimento del fallimento degli Stati nazionali. Dico così ma se volessi potrei dire anche nazionalisti. C'era la questiondel rapporto Francia-Germania, essenziale per la pace. Sono stati forchiamati dei giovani europei ad andare a combattere per una guerra dterminata dagli europei? Da allora abbiamo questo in pace. Poi vi eun altro problema: il tema della Germania. La Germania era divisametà: da una parte vi erano i comunisti, dall'altra la democrazia coAdenauer.

Questi saggi, Schumann, De Gasperi, Adenauer capirono che se lGermania democratica non fosse stata legata da un patto, non economico, ma politico con le altre democrazie europee, essendo una grandnazione con uno spirito nazionalistico, il nazionalismo tedesco avrebbpotuto avere prevalenza; e però, per unire quelli dell' est e quelli dell' ovest bisognava fare una zona neutrale nel centro dell'Europa. Il che avreb

il'nificato modificare i rapporti già scalcagnati che erano nati dalIIt.110di Yalta e al Trattato di Potsdam.E la proposta fu fatta. Ci fu un polacco (i polacchi ogni tanto, in

Il tllhc caso intervengono) che propose di fare una striscia neutrale alruro dell'Europa in modo da consentire che la Germania dell'Est e

\t1'1I.ldell'Ovest si potessero riunire. Non so cosa sarebbe successo. Al-1.1poteva succedere anche la guerra perché gli Stati Uniti non avreb-ItI .onsentito che si alterasse questo discutibile equilibrio di Yalta.I .1premessa di tutto quello che sto dicendo è che voi avete sentito

,,1.11"del Carbone e dell'Acciaio, poi della Comunità europea, e del-.11ni, e del grano, ecc., tutte cose vere ma il filo che regge, giustifica,

1'111\'\ questo procedimento è un filo di natura politica ed un obiettivo1III.Ilura politica. E là non si può scherzare. Non so se voi ricordate laI ia di Giusti quando racconta che in una chiesa di Milano ci sono i,Id.lti austriaci. Ad un certo momento con una frase, che mi ha fattoIIlpre impressione, dice che i soldati puzzavano di sego. Ma come, unIlLI! Poi ho imparato che noi dovevamo difendere il nostro olio d' 0-

I ,I dal grasso che i tedeschi egli austriaci estraggono dalle zampe deiI ,vini e che è un grasso utilizzato nella cucina tedesca.

liuto questo era importante, ma l'importanza maggiore era l'ele-111110politico che stava sotto De Gasperi. Perché prima di morire daIl,1eliVal Sugana il Ministro degli Esteri italiano spingeva e diceva fa-1.11ificare, fate ratificare? Perché? Perché De Gasperi sapeva che ogni

1 urdo economico aveva un significato meta-economico, cioè arriva-I .rll.t politica; e, conosceva la difficile situazione della democrazia ira-

Il111.1.he aveva a sinistra, allora, l'accordo comunisti e socialisti di ob-I dil'nza sovietica e, dall'altra parte i residui, ovvero i seguaci della rno-1111hia che il referendum aveva eliminato e i seguaci del fascismo. De

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Gasperi voleva che ci fosse un assetto istituzionale europeo che poteentrare in funzione nel caso in cui le maggioranze democratiche, in lelia, fossero soffocate.

Questa l'Europa prima del Carbone e dell'Acciaio e prima di tuele altre questioni.

Lart. 38 di De Gasperi decadde, non fu accettato e si seguì il cosidetto funzionalismo: cioè, volta per volta, di mano in mano che si vleva fare un accordo su di una singola cosa ci si metteva d'accordo evedeva come le Istituzioni europee dovevano modellarsi per poter atuare questo accordo. Però, si sentiva che non bastava e che ci volequalcosa di piu',

Già fare quello era difficile se la Francia aveva creato la sedia vuoper il passaggio al maggioritario sulle questioni comunitarie (bovini, cvoli).

Malgrado tutto si capiva che ci voleva qualcosa di più. Laveva capirDe Gasperi con l'art. 38; ma anche Spinelli che portò nel ParlameneEuropeo un progetto di sostituzione. Fu una bellissima prova di coerenza con le sue origini di Ventotene. Però fu approvato dal Parlamento ehnon aveva una funzione costituente e, quindi, non passò mai ai Governi, perché il sistema era quello della negoziazione e, quindi, dei Trattati

Poi facemmo questo atto. Come avvenne? Avvenne perché eravamstufi di parlare di questioni economiche, di litigare con l'Inghilterra pi contributi alla Comunità. Una volta sono stato dalle tre del pomeriggio fino alle dieci del mattino successivo a presiedere una riunione pcomporre questo dissidio con l'Inghilterra. Ma potevamo sempre parlare di soldi mentre noi eravamo stati abituati all'idea dell'Europa politica come un elemento fondante un ordine internazionale stabile. E, iandai a Firenze e feci un discorso di questo tipo: "Non basta",

Ma anche noi non potevamo presentarlo come Trattato. Chi avreb-.ivuto mai il voto della Signora Thatcher e di Mitterrand. Anche

111 .rrand, europeista. Però la facemmo approvare come un Atto (ciI lilla discussione su come si doveva chiamare). Tutto ciò cosa voleva

IIII? Voleva dire fare approvare politicamente dai Capi di Stato e di«wcrno, dopo la sanzione dei Ministri degli Esteri, alcuni principi fraI1I 'ora, per citarne uno, l'unione monetaria, la politica estera comu-I l' via dicendo. E questo fu il presupposto dell'Atto unico da cui nac-1"1 l' "uropa.

Ma era proprio necessario fare l'Europa? Fare la moneta unica? La111' i domanda; crede che .sia come una specie di desiderio di avere

111 simbolo. In realtà i problemi sono due. Il primo problema è che non111 .rcato unico, anche se sono eliminate tutte le restrizioni, se non si

/',nlano i corsi delle monete. Noi avevamo fatto tanti tentativi che, an-IH per colpa nostra, erano andati all'aria. Lunica moneta, la moneta

11111,1 era ciò che poteva sancire che le cose si pagavano con la stessa mo-111.1 in tutta l'Europa. E, poi era un segno di unità: cioè quando dal Po-lli ,dia Sicilia tutti gli europei si troveranno la stessa moneta, allora pen-

1,111110 europeo e sentiranno di essere europei.Anche in quella fase difficile si è cercato di fare politica estera. E non

I I :ISO che venga ricordato da un giornale italiano: nel 1980, a Vene-II, il Ministro degli Esteri, cioè chi vi parla, e il Presidente del Consi-1111 :ossiga proposero e fecero accettare dagli altri 9 membri (poi eraurv.ita anche l'Inghilterra) una dichiarazione sul Medio Oriente, per

l, 1',1 ., nel Medio Oriente. Fu l'inizio delle trattative che ha avuto unaluuzione importantissima. lo sono stato, una volta, 3 ore a Tunisi nel

IIVCI di Arafat a parlare di queste cose. Gli chiesi: "Perché non ricono-I Israele?" e lui mi disse: "Lei è una persona intelligente e capisce che

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quella è l'unica arma che ho per negoziare. Se lo riconosco non ho pun'arma con cui negoziare perché questa è la politica".

Allora, voglio dire, oggi siamo alla Costituzione Europea. Anche qsto che cos'è? È volersi vestire di un vestito elegante per partecipareuna cerimonia mondana o è un patto essenziale per la vita internazinale? Quando è caduto il muro di Berlino ed i paesi europei, tra cui ltalia, si sono presentati alla Porta di Brandeburgo, tutti come paesi clmocratici, allora si è detto che bisognava costituire un nuovo ordine iternazionale. Quindi bisognava fare l'Europa; e, l'Europa collegata aStati Uniti.

Lo sforzo che si fa adesso è dato dal lavoro della Convenzione. Èfatto positivo. In Europa ogni volta che si fa un passo avanti, data latica che si fa, bisogna avere il coraggio di farlo. Per me questo Trattaquando dico che sono particolarmente esperto di queste cose, è un pl'ultimo atto del funzionalismo, una specie di revisione e di semplifizione delle procedure usate fin ora e l'allargamento verso una visiocostituzionale.

C'è d'importante che l'Europa metta, finalmente, tra i suoi finiquestioni delle difesa che poi sono più importanti dei cavoli e delle prate per esercitare una funzione.

Non è tutto perfetto. Se a me dicessero che è impossibile modificla, allora accettiamo questa; è un cammino molto difficile, ogni volche si va avanti è meglio accettare e mettere in atto quello che ci fadare avanti perché questo è un processo che dovrà continuare.

lo non sono d'accordo che la si chiami Costituzione. Meglio Trattacostituzionale, sia perché si fa attraverso la negoziazione, nonostante la Covenzione che abbia trattato questi argomenti, e sia perché dire Costituzine vuol dire essere arrivato al termine ultimo, dire Trattato costituzion

Il dire che siamo arrivati alla visione generale politica, economica, ecc.ll'uuità europea ma abbiamo ancora un cammino da fare.()\li c'è un grosso problema che io accenno soltanto. È doloroso cheI Ii .uropei non riconoscano le loro origini e non vogliano dare un' a-111,1alla loro Costituzione. Mi è capitato ieri un giornale, La Stampa,

l' ho visto che è uscito un libro che adesso andrò a comperare "Ciu-Il' radici cristiane nella Costituzione europea", ma non è di un eri-

11110,bensì di un professore, importantissimo ma ebreo, il quale dice,[urnto, con le parole di Peguy, questo grande scrittore francese mor-ulluMarna combattendo, che diceva: "L ideologia più nefasta è il lai-

1110".È qui prevale illaicismo, perché ci può anche essere il ricordo111'Il sere origini fatto in modo laico, ma l'idea di ricordare le radici

huportante. Poi c'è la parte un pochino più complicata che forse non1111,11110capito a sufficienza.

111Italia si dice e, lo dico anch'io, che la cosa più importante è ap-uv.rr ' la Costituzione. Se ne fa come l'obiettivo della Presidenza ira-Il,1:benissimo, se riuscite. Ma credete che sia veramente l'obiettivo

I minente farlo un mese prima o un mese dopo?( )lIando si parla di Costituzione si parla della veste giuridica che co-

I l'us etto di una società come essa è e nel senso in cui vuole evolver-( )lIi questa società si è spaccata. È questo è un problema che dob-11110capire. Lunilateralismo americano è una cosa che potrebbe equi-

11IIl' all'isolazionismo americano; soltanto che ha un altro significato.I111significa assentarsi ma intervenire da soli nell' ordinamento inter-"ionale, superando tutte le organizzazioni internazionali come permpio l'ONU.II1mi domando se non l'abbiamo provocato pure noi. E se avessi-

In .rc .ettato la CED a suo tempo? E, se a suo tempo avessimo accet-

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tato la politica di difesa e la politica estera? Cioè se avessimo dato,me diceva Kissinger, il numero di telefono a cui gli Stati Uniti pvano telefonare nel momento in cui avevano bisogno di chiarire i pblerni con l'Europa. Perché non si va avanti senza collegamento teStati Uniti e l'Europa, rapporto interatlantico. Due volte ho paricon Kennedy sul rapporto paritario Stati Uniti-Europa, l'Alleanzateratlantica.

In questo ultimo periodo per chi conosce la storia dell'Europa svenuti fuori come degli spiritelli, come se dei miti, che sembravscomparsi, invece si fossero risvegliati.

Ma mica si apprezzano a sufficienza il valore, il valore negativo. Qle? Blair sta passando i guai suoi al Congresso laburista. È una persintelligente, io spero che lo superi, però al momento in cui gli Stati Uti hanno preso in considerazione di in tervenire in Iraq, è come risonell'animo inglese il legame speciale con gli Stati Uniti che era la ragine per cui noi avevamo favorito, per cercare di omologare l'Inghiltcon noi, l'ingresso degli inglesi nella CEE. Quindi ha prevalso nellaazione il legame atlantico speciale rispetto al legame continentale, cirispetto all'appartenenza all'Europa.

Secondo problema: in queste discussioni è comparso un altro spitello che aleggia sempre sull'Europa. Quale? La posizione francese. Lropa non si fa senza la Francia e bisogna intrattenere dei rapporti ptari.

Una volta Monnet disse a Giscard d'Estaing, quando era Presidedella 'Repubblica: "Se Lei non ha capito che la Francia non può iterpretare una politica continentale, allora non ha capito niente. Seha capito, allora, siamo completamente d'accordo". Capita che t

volta, come accadde all' epoca di De Gaulle che, poi, in realtà fu

I r.u re europeo, contrariamente a quello che crediamo noi, si ri-~',Ii.1quest'anima francese. Quando Blair ha fatto la lista degli Ot-Irl' hanno aderito per loro conto alla coalizione che ha appoggia-

p,liStati Uniti, con l'Italia dentro che avrebbe dovuto essere tra al-1111's .ttirnane alla Presidenza dell'Unione europea, ha diviso l'Euro-

• I", creato una spaccatura. E, l'Italia si è trovata lì: secondo me èIIClIIn errore. Perché agli Usa non si offre questo o quel paese euro-Il, si offre l'unità degli europei. E gli Usa lo capiscono. lo ho un ri-1IIIl,un quadro di un Ministro degli Esteri degli Stati Uniti che è

11111un grande Segretario di Stato: Schultz. E, mi era amico perchéIl vuuo Ministro del Tesoro; mi disse: "You are my friend and myIl licr". Questo perché quando misero le sanzioni in Afghanistan e

111Ilropei si dividevano sulle sanzioni, io ho preso l'aereo e sono an-IIClda Schultz che si insediava come Segretario di Stato e gli ho der-I "Il tuo Presidente vuole fare all'Unione Sovietica il regalo che stan-Cl.rvpcttando da 40 anni e, cioè la divisione degli europei attraverso

1" ~l . sanzioni?". E, lui mi disse: "Allora bisogna parlarne al Presi-1111-", Il giorno dopo siamo andati a parlarne al Presidente e la cosa

LI l :t posta all'ordine del giorno. Agli americani si può parlare ma siI ,','parlare con dignità e con jl senso della verità. E non si può of-1111l'alleanza alla carta come è stato detto. Bisogna offrire l'alleanza

li uuri gli europei.Non solo le armi fanno la politica ma la cultura, il pensiero, il col-

1lIl'lio, il dialogo, l'economia. E la democrazia si può imporre conle ar-111,vincendo, ma non si dà un fondamento alla democrazia con le ar-111,l': questo noi europei l'abbiamo imparato bene prima, perché gliI ,I l i hanno liberato dalla dittatura e, poi, perché abbiamo passato tut-

III gllai che abbiamo passato.

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Mi scuso se sono stato troppo lungo ma avevo la scrupolo di non far-vi uno di quei trattatelli retorici sull'Europa unita: no, cerchiamo di an-dare al punto delle cose, di capire bene e di operare con coscienza.

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LE SFIDE DELLA BIOETICA

Roma, Caffè Greco, 27 ottobre 2003

di Francesco D'Agostino*

Grazie di questo invito e grazie della pazienza che avrete sen-tendo un discorso che inevitabilmente sarà slabbrato perchédi bio etica si può parlare in tanti modi e se ne può parlare in

modo assolutamente caotico, dato che non c'è giorno che sui giornalinon compaiano notizie su tematiche di fecondazione artificiale, di eu-tanasia, di sperimentazioni, di manipolazioni genetiche e via dicendo.Ma se ne può parlare anche, naturalmente, considerando che sulla bioe-tica si manifestano scontri ideologici particolarmente interessanti per-hé trasversali rispetto agli schieramenti politici e di pensiero a cui sia-

mo comunemente abituati.Basti pensare che nell' attuale discussione in Senato sul disegno di leg-

ge sulla fecondazione assistita, che è già stato approvato alla Camera deiDeputati, sono state presentate due relazioni di minoranza; una dell' op-posizione ma anche una della maggioranza. E sappiamo benissimo come,se davvero questa legge arriverà al voto in aula, e c'è qualcuno che pensache forse non ci arriverà, dicevo se la legge arriverà al voto in aula, sap-piamo benissimo che un consistente numero di senatori dell'Ulivo vote-

• Presidente del Comitato Nazione di Bioetica.

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rà a favore della legge e un consistente numero di senatori, soprattutto diForza Italia e qualcuno di Alleanza Nazionale voteranno contro.

Questo per dire che quando si parla di bioetica si penetra in un ter-reno obiettivamente scivoloso e questo evidentemente richiederebbtantissime messe a punto di un discorso che volesse essere ben costrui-to, che volesse essere costruito correttamente e armonicamente.

Però dato che questo è impossibile farlo e, sarebbe irragionevole far-lo, io invece vorrei affrontare la riflessione sulla bioetica, non per elu-dere la questione a cui mi invitava Dante Giarnieri di intervenire, ossiala fecondazione artificiale sulla quale voglio dire e dirò qualcosa al ri-guardo; ma prima di arrivare a questo penso che potrebbe essere utilragionare con voi su una situazione che si sta un po' determinando indiversi ambiti culturali, non solo in Europa ma anche negli Stati Unitie che, a prima vista, può apparire paradossale.

A quale paradosso mi voglio riferire? Al fatto che da una parte, sicu-ramente, la bioetica attira interesse, attira interesse a livello massmedia-tico, questo è un fatto plateale, attira interesse a livello saggistico, in tut-te le librerie un pochino specializzate è facile trovare il palchetto dedi-cato alla bioetica, e sicuramente la produzione di libri in materia è in-cessante con la soddisfazione degli editori che li pubblicano. E direi, an-che, che la bio etica si rivela attraente se si considera che sta entrando inmaniera rilevante nelle scuole. È una delle tematiche che con maggio-re facilità i presidi decidono di attivare all'interno degli spazi di auto-nomia che sono loro concessi perché sanno che se inducono i ragazzi adiscutere di bioetica i ragazzi ci stanno, mentre se cercano di attivare te-matiche di altra natura i ragazzi tagliano la corda.

Quindi sicuramente la bioetica attira interesse. Però altrettanto si-curamente possiamo notare delle tensioni in senso contrario. Non più

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PARTE PRIMALE SFIDE DELLA BIOETICA

li due anni fa un grosso e importante studioso americano, Jonsen, au-(ore, tra l'altro, di una bellissima storia della bioetica, ha pubblicato unarticolo su una prestigiosa rivista americana dal titolo volutamente pro-vocatorio. Il titolo era più o meno questo: "Perché la bio etica è diven-rata così noiosa". E nel corso di questo articolo Jonsen diceva proprioquesto: "Confessiamolo, la bioetica è noiosa".

Sappiamo tutti, oramai, come i grandi dibattiti bioetici vengano por-lati avanti; e possiamo, più o meno, tutti prevedere come si cristallizze-ranno le opinioni in materia. Effettivamente, tranne qualche tema che'. veramente di frontiera, ormai intuitivamente sappiamo tutti comepossono essere condivise o avversate le grandi e tradizionali questionihioetiche. Credo che sulla fecondazione artificiale ciascuno di noi si siaratto un' opinione consolidata. Credo che ciascuno di noi abbia ragio-nato sui trapianti di organi, si sarà posto la domanda "mi farebbe pia-'ere o mi turberebbe troppo dichiararmi, in ipotesi, in linea di princi-pio, donatore di organi", E, sicuramente, per quanto sia tragicissimo ilr ma dell' eutanasia, talmente tragico che credo che la maggior parte dinoi cerca di rimuoverlo, penso che anche su una tematica come questal:difficile dire "non ho idee, mi devo ancora fare un'ideà'. Altra cosa na-turalmenre è dire, credo che lo diciamo tutti, che nessuna idea deve es-sere assunta in modo dogmatico e rigido. Un'idea deve sempre esseremessa alla prova e dobbiamo essere pronti a rivedere le nostre idee.

Ma effettivamente Jonsen ha ragione: la bioetica è noiosa o corre ilrischio di diventare noiosa perché riguarda un dibattito in larga misuraoramai prevedibile. Voi sapete che gli studiosi della teoria dei giochi,quando si pongono la questione se un gioco sia interessante o meno, ri-spondono: "un gioco è interessante quando la vittoria è incerta fino al-l'ultimo minuto". Se, invece, la sproporzione di forza è tale che fin dal-

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1'inizio si capisce chi vince e si capisce chi perde, il gioco diventa nsissimo. Ecco, qualcosa del genere si potrebbe dire per la bioetica. È mto difficile aprire un dibattito di bio etica senza sapere a priori comschiereranno i contendenti. Questi lo sanno benissimo quelli che O

nizzano dibattiti televisivi quando trattando queste ternatiche illideale è, da una parte avere un prelato, un vescovo che si intende di bitica, dall' altra parte un rappresentante del partito radicale, e allora sno benissimo che ognuno farà la sua parte, rappresenterà il ruolotutti ci aspettiamo che egli sia chiamato a rappresentare e che, in bna fede, egli vuole rappresentare.

Ecco c'è qualcosa da dire al riguardo. Perché la bioetica è noiotende a diventare noiosa. Perché la bio etica tende a cristallizzarsi in on~oni preconcette, prccosriruire o comunque rigide. Credo che qudipenda dal fatto che, in un modo o nell'altro, siamo oramai sottopsto a due dinamiche culturali molto forti di cui non sempre siamo plnamente consapevoli ma che condizionato in profondità il mondocui viviamo e le questioni bioetiche in particolare.

Da una parte sentiamo tutti con enorme forza la pressione del pen iro scientifico: la scienza è il paradigma dominante della modernità;piaccia o non ci piaccia siamo tutti condizionati dal primato del paradima della scienza, anche coloro che non fanno come professione gli sciziari, Questo significa che la scienza intimidisce, la scienza pone in sozio ne, la scienza di pone e si propone come forma di pensiero autorreriziara, dominata da un principio fondamentale: quello della libertà.prima cosa che lo scienziato rivendica ragionevolmente è la libertà dellacerca; e, naturalmente nel nome della libertà della ricerca (che peraltranche un valore costituzionale), anche le scienze di frontiera esigono e ptendono una sorta di autolegittimazione. Questo fa sì che, quando si

11('sull'etica della scienza, molte posizioni in materia sono condizionatel'Il'condizionate dall'idea che bisogna lasciar fare agli scienziati. Gli scien-111sanno che cosa è bene, gli scienziati sanno che cosa è male. Gli scien-Ili meritano la nostra gratitudine, bisogna lasciarli lavorare.( )uesto porta con sé tutta una serie di conseguenze impressionanti su

111.\i potrebbe discutere a lungo. Per esempio, porta con sé l'idea chelelll solo il sapere scientifico come sapere oggettivo è sempre intrinseca-11111'buono, ma che sia intrinsecamente buona anche la tecnologia per-111·(fettivamente nel paradigma della modernità sapere scientifico e sa-I Il' tecnologico si co-appartengono costitutivamente. Non è più possi-Ilh', ome magari si poteva fare nel '600, distinguere un sapere di base,uuoscenze di base e loro applicazioni tecniche. Almeno per due motivi[r r ui siamo tutti consapevoli; oggi la ricerca scientifica progredisce at-I M'I' o la strumentazione tecnica di cui gli scienziati hanno bisogno per

1'IIIIareavanti i loro esperimenti. In questo senso oggi si può dire dellaIl'Ilza che abbia bisogno di tre cose, riprendendo la facezia di von Klau-\ itz: "La guerra ha bisogno di tre cose: denaro, denaro, denaro". La

" \sa cosa di può dire della scienza. La scienza ha bisogno di tre cose: de-n.uo, denaro e denaro, perché il denaro serve ad acquisire quegli stru-1III'IHitecnologici che sono indispensabili per il progresso della scienza.

l,:, soprattutto serve ad acquisire quegli strumenti tecnologici che ser-11110a controllare la fondatezza delle ipotesi scientifiche. Allora se que-lli l' vero, come è vero, la distinzione tra scienza di base, la scienza pu-I I l' la tecnologia è una distinzione, oramai, assolutamente astratta. E,Illll' 'a di eticità intrinseca che la scienza porta con sé si dilata inevita-1IIIIl1cntealla tecnologia.

Il risultato qual è? Molte pratiche scientifiche o tecnologiche estre-Illi \ banalmente pensiamo appunto alla fecondazione artificiale o an-

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che alle manipolazioni genetiche, vengono da gran parte dell' opiniopubblica e, comunque da gran parte dei bioeticisti, ritenute intrinsemente buone.

Quindi ogni dibattito in materia diventa, in qualche modo, un dibtito sterile nel senso che si troverà sempre, quando si discute di fecondzione assistita o di manipolazioni genetiche o di banche dati genetici otrapianti, colui che dirà: "Perché non provare, perché non avere il corgio di mettere alla prova queste nuove possibilità scientifico-tecnologichnon dobbiamo essere rnisoneisti, non dobbiamo cristallizzarci in visiodel mondo passatiste, dobbiamo avere il coraggio del futuro. Diciamosi alla scienza perché la modernità e la scienza sono la stessa cosa".

In questa prospettiva tante voci preoccupate che emergono in biotica sembrano destinate alla marginalizzazione e alla sconfitta. Galibeni una volta ha detto che molto spesso la bioetica sembra l'implozione agli scienziati di non fare quello che essi, comunque, sono detminatissimi a fare. E c'è del vero in questa battuta. Il bioeticista appaun individuo il piu' delle volte querulo, pessimista e lagnoso che supplica lo scienziato di fermarsi. E se non si riesce a fermare, lo supplidi accettare moratorie.

In questi mesi si sta discutendo, appunto, di un moratoria. LUE stdiscutendo se utilizzare i fondi dell'Unione per la ricerca su cellule stminali embrionali, di provenienza embrionale.

Sono già alcuni anni, almeno due o tre, che l'UE ha posto una mratoria su ricerche scientifiche di questo tipo; la moratoria scade alla fine dell' anno; alcuni paesi, che però non sono piccoli perché c'è la Germania, la Spagna, l'Italia, l'Austria (anche se non sono attualmente lmaggioranza tra i quindici), alcuni paesi vorrebbero prolungare la moratoria.

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LE SFIDE DELLA BIOETICA

Non riescono o non hanno il coraggio di chiedere qualche cosa di1111:non hanno il coraggio di dire agli scienziati basta, smett~tela. li m~-1I1l0a cui aspirano è di poter guadagnare un altro anno di sospenSlO-

111 di queste ricerche. Ecco, implorare gli scienziati a non fare ciò chei sono determinatissimi a fare. E, oltreturto, arriva sempre colui che

111l': "Guardate se noi poniamo la moratoria nell'UE ci saranno sicu-11111me laboratori al di fuori dell'Unione che faranno le stesse cose che"Ili ierchiamo di proibire, guadagnando tempo, guadagnando il know-

ItIlW.( uesto è un aspetto del problema. Però non è la totalità del proble-

111,1perché il problema, se lo riduciamo a questi termini, lo banalizzia-11111,non deve essere banalizzato per una semplice ragione: perché a111111le di questa prospettiva, in definitiva molto ottimistica, secondo lapl,de lasciamo fare agli scienziati ciò che sanno fare perché loro ne san-1111più di noi, dicevo, a fronte di questa prospettiva ne sta crescendoun'altra che in Italia è ancora poco percepita ma che in altri paesi, so-11I.lllutto negli USA, ha raggiunto una vivacità veramente notevole.

Secondo quest'altra prospettiva la scienza è pericolosa e, per quantoIl cienza possa essere benefica, la pericolosità della scienza, oggi, met-

Il in ombra la sua «beneficialità».Allora, la scienza è pericolosa: e qui possiamo fare un unico esempio

Il,1i mille. Prendete gli organismi geneticamente modificati. In Italia è"HO fatto un sondaggio di recente, pubblicato dai maggiori quotidia-

111,secondo cui soltanto il 13% degli italiani sono disposti a mangiareIIIganismi vegetali geneticamente modificati. Quindi, sicuramente laII 1'0 porzione di forze in campo è impressionante. Ma tutta l'UE, da pa~

Illlhi mesi, ha aperto una battaglia commerciale violentissima con ghI J~,I perché l'Unione europea dice di no agli OGM nonostante negli

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IIII l'RIMA LE SFIDE DELLA BIOETICAFRANCESCO D'AGOSTINO

Usa cerchino in tutti i modi di convincerla ad aprire le frontierecommercializzazione di questi prodotti.

Quindi secondo quest' altra prospettiva la scienza è pericolosa. Ecome chi percepisce un pericolo e vuole evitarlo si sente sempre momente giustificato" ne viene fuori che le pretese di porre sotto contrlo la scienza non solo si moltiplicano, ma si moltiplicano con un parlveramente rilevante. Cioè, c'è una sorta di moralizzazione, indebitmio parere, di questo dibattito, in cui chi chiede di controllare la sciza assume il ruolo dell' eroe morale e gli scienziati vengono messi sul bco degli imputati. Ilrisultato qual è? Il risultato è che si moltiplicanoistanze di controllo sulla scienza. Non semplicemente di controllole applicazioni tecn ologiche della scienza, perché se è vero quello checevo prima, ossia che non possiamo fare più distinzione tra scienztecnologia, queste istanze di controllo sono obiettivamente sulla sciza, anche se si possono presentare nell'immediato come controlli sullsue applicazioni op erative e tecnologiche.

Qual è l'unico modo ragionevole di operare un controllo sulla sciza? Qualcuno potrebbe dire che l'unico modo ragionevole di contr Ilare uno scienziato è quello di farlo controllare da un altro scienziatMa così si entra in un ricorso all'infinito da cui non usciamo più.

Lideologia che si sta determinando come vincente è di elaborare ucontrollo democratico sulla scienza. Deve o dovrebbe essere illegislatre ad intervenire democraticamente per sindacare il sapere scientifTorno a ripetere, perché questo è il cuore del problema, non per sindcare le applicazioni del pensiero scientifico ma il pensiero scientifico iquanto tale. Qui si aprirebbe un lungo discorso, che dobbiamo lascire da parte, sul fatto che gli stessi scienziati hanno in qualche modo oferto il fianco a questa operazione che, obiettivamente, li danneggia

I ',I per loro i maggiori incubi immaginabili, quando hanno elaboratopi'lcmologie deboli della scienza, come tutte le epistemologie nove-lli ' che. Ma questo è un discorso a parte.Il risultato è comunque questo: la pretesa che ci sia, da parte del pote-

I pubblico democraticamente fondato, la possibilità di dire cosa è scien-I l' 'osa non lo è, o di scegliere paradigmi scientifici democraticamenteu euabili. Vi faccio subito un esempio perché il discorso non appaia cam-

p.1I0per aria. In alcuni Stati degli Usa, il primo è stato il New]ersey, inoldine allo spinosissimo problema dell'accertamento della morte (sapete11111'come ai fini del trapianto di organi si sia dato un ragionevole spazioIl r o iddetto criterio di accertamento della morte celebrale), il legislatoreh.1tolto ai medici il diritto di stabilire il criterio scientifico ottimale per" rcrtare la morte di una persona e lo ha, invece, demandato alla liberaI I lra del cittadino. In altre parole, è il cittadino che ha il diritto di pro-

111111iarsi, se vuole, sul paradigrna dell'accertamento della morte che egliIl Iadino ritiene da condividere. La cosa è interessante perché l'accerta-

mento della morte o lo pensiamo come un accertamento rigorosamenteI icntifico, secondo quello che si è sempre pensato (poi naturalmente al-

l'rnrcrno del paradigma della rigorosa scientificità dell'accertamento del-1.1morte avremo diverse metodiche, e sicuramente l'accertamento dellamorte cardiaca è più rudimentale dell'accertamento della morte celebra-Il: ma siamo sempre all'interno di paradigmi scientifici). Invece, la leggedI,I New]ersey ha capovolto il meccanismo. È il cittadino che deve direIl'mle paradigma ritiene di dover condividere. Questo significa anche un' a-1"'I'lura di cui appena adesso cominciamo a prevedere le conseguenze neiI 1111 fronti delle medicine alternative perché, a questo punto, sarà il citta-.lino a scegliere il paradigma scientifico a cui egli vuole dar credito. PuòI ,s 're la medicina tradizionale occidentale, può essere l'omeopatia, può

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essere la medicina aiurvedica, può essere 1'agopuntura, ecc. È, in qualmodo, nel potere democratico del cittadino accreditare un modello scitifico o non accreditarlo. Le conseguenze poi sono a catena perché conderando le immense esigenze che ha la scienza, "denaro, denaro, denarnon è la stessa cosa poter rivendicare finariziamenti esibendo le propragioni scientifiche o poter rivendicare finanziamenti esigendo il consso popolare. Noi siamo abituati all'idea che merita di essere finanziato unscienziato che dice: "Guardate io vi offro le mie credenziali; sono unscienziato serio, il mio progetto di ricerca è serio datemi i mezzi per pterlo realizzare".

Chi va a valutare questa richiesta la deve valutare con criteri di strta scie~tificità.

Ma se il paradigma è il primato della democrazia sull' epistemologiscientifica il discorso cambia completamente. Saranno i cittadini, dmocraticamente, a dire che si fidano di pi ù di certe metodiche o si fldano di più di altre metodiche.

Non so se avete letto sui giornali una piccola notizia ma incredibilmente rivoluzionaria. Lordine dei medici, la Federazione nazionale d l1'ordine dei medici, ha creato il proprio interno un albo per i mediomeopati. In qualche modo 1'omeopatia ha ottenuto un riconoscimentistituzionale cosa di cui gli omeopari andavano alla ricerca da decennie che, sicuramente, è dipesa dal fatto che il peso politico della medicina omeopatica sta diventando enorme. Quando si legge che sono milioni i cittadini che si fidano della medicina omeopatica e diffidano della medicina scientifica, ne viene di conseguenza la legittimazione dmocratica di questo orientamento epistemologico.

Quindi ci troviamo di fronte a due alternative. Lalternativa scienrista, di cui parlavo prima, secondo la quale la medicina scientifica si au

11l'!,ittimaeticamente e chiede fiducia; poi ci troviamo di fronte a que-In IlUOVO paradigma secondo il quale è la democrazia che avvalora la\I .licina, la scienza ma qualunque paradigma medico e scientifico che

I mocraticamenre si voglia avvalorare.Capite bene che anche qui si sclerotizzano delle posizioni e dei di~

[uniti. Pensate a tante polemiche che oggi vengono fatte da parte degliuimalisti sui diritti degli animali e sui limiti che la cul tuta animalista

1'1111 ' alla metodologia scientifico-sperimentale che ha bisogno degli ani-nuli per fare certe ricerche e capite bene come si stanno drasticamente

!''l'rando certi paradigmi.In questa situazione che cosa può fare la bio etica? In questa situ~-

umc la bioetica si può frantumare, il che è, in parte, già successo, in11Il' filoni. Ci può esser la hioetica scientista che si assume come com-11110 quello di fare da mediatore culturale tra una scienza autoreferen-ul . e la pubblica opinione. Molti anglosassoni effettivamente lavora-

III! in questa direzione; cioè molti che fanno bioetica nel mondo an-p.lnsa sone ritengono che, alla fin fine, compito della bioetica sia quel-III Ii minimizzare lo shock culturale indotto dal progresso del saperel icntifico. Ci sono tecniche di manipolazione genetica di frontiera oIl"pianti di organo da animali a uomo (sapete bene che, allo stato at-uulc, il maiale è considerato il miglior potenziale donatore di organi al-l'essere umano perché è sicuramente 1'animale più compatibile rispettoIIlOi), ebbene, molti dicono che il compito della bioetica è quello di farIl t' .ttare all'opinione pubblica queste nuove frontiere che potrebberou-are uno shock culturale indebito. In qualche modo una bio etica giu-

!in ativa.l all'altro campo abbiamo, invece, una bioetica politica, una bio-pc-

I" i 'a che, secondo le linee che vi ho esposto, si muove proprio in que-

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sta direzione cercando di umiliare la scienza, cioè di ricondurre il pote-re scientifico sotto il potere prevalente della logica democratica.

La mia posizione personale non si identifica con nessuna di questedue. lo credo fondamentalmente che la bioetica non debba essere un' an-cella del sapere scientifico né vada confusa con la bio-politica. lo credoprofondamente al carattere etico della bio etica. Cioè credo profonda-mente che il primo compito della bioetica è quello di attivare una con-sapevolezza riguardo a scelte morali, non di rado tragiche, che la mo-derna bio-medicina rende sempre più articolate e complesse. E capia-mo tutti benissimo quando di fronte ad un problema di sterilità co-niugale, nei confronti del quale, fino a qualche decennio fa, ad un cer-to punto si allargavano le braccia e si diceva "non c'è più niente da fa-re", oggi, invece, ci troviamo di fronte ad incredibili possibilità tecnichedi intervento con un'ampia scelta tra diverse modalità di fecondazioneartificiale, il soggetto che si trova di fronte a questi orizzonti assoluta-mente inediti si sente smarrito e tende, in qualche modo, non dico adabdicare dalla sua responsabilità morale, ma dare fiducia o, al sistemasociale prevalente in cui si trova calato, o peggio, o alle voghe ideologi-che che lo avviluppano.

Ciò va contro il primo precetto fondamentale della morale che èquello che chiede ad ognuno di noi di essere responsabile delle propriescelte fondamentali e di sapersene assumere, fino in fondo, la respon-sabilità. La de-responsabilizzazione che si ha nel campo della bio-me-dicina nel mondo contemporaneo è vistosa. Anche questo è un proble-ma molto complesso perché in alcuni ambiti culturali questa de-re-sponsabilizzazione è più vivace che in altri. Faccio un esempio banale e,ovviamente scottante. In Italia il problema dell' aborto è stato vistosa-mente rimosso a livello culturale nel senso che c'è la legge 194; tutti so-

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Il d'accordo nel non toccarla e, addirittura, nel non discuterla. Quan-do Giuliano Amato, qualche anno fa, da laico quale egli è, mosse alcu-ne osservazioni su questa legge in vista di una possibile riforma, fu at-

taccato da tutte le parti.Voi sapete meglio di me che, in Italia, il tema aborto non sta ~l' ordi:

ne del giorno di nessuno dei due poli. Se andiamo a vedere negli Usa, enotizia di pochissimi giorni fa, il Senato degli Usa ha proibito u?a tec-nica abortiva particolarmente crudele, il cosiddetto aborto a nascita par-ziale. E, questo a seguito di un dibattito sull' aborto che, diversamente daquello che avviene in Europa, negli Usa non si è mai pl~ca~~ da q~andouna famosa sentenza della Corte suprema fece rientrare il diritto di abor-IO nella privacy e, quindi, addirittura gli diede un rango costituzionale.

Questo è un esempio tra i tanti della preoccupazione che vi volevo

. ternare.La preoccupazione che i temi della bioetica vengano rimossi, venga-

no in qualche modo messi da parte e che le grandi scelte bioetic~e ven-ano in questo modo banalizzate e, quindi, perdano carattere etico ..Un. empio concreto e, qui finalmente arrivo alla legge ~ulla fecon~azlOneartificiale in discussione al Senato, e la cui sorte non nesco a capue qua-le possa essere perché ogni giorno mi arrivano notizie. diverse. Qualcu-no dice che passerà sicuramente prima di natale, altri affermano che è

impossibile che passi. . .Sapete che questo disegno di legge in discu~sione al.Se~at~, pr~l?~-

sce la fecondazione eterologa, cioè la fecondazlOne, nel casi plU tipICI,di una donna fertile, unita o sposata che ha come partner un uomo nonfertile. Quindi, la fecondazione di una donna fertile con il s~me di u~lonatore. Questa metodica, detta fecondazione eterologa, VIene espli-itamente proibita dal disegno di legge che, quindi, salva esclusivamente

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la fecondazione omologa, ossia quella che utilizza i gameti dei partnersche però senza questo aiuto tecnologico non riescono a procreare.

Il problema da un punto di vista statistico è meno grave di come po-trebbe sembrare perché effettivamente il progresso della tecnologia, nelcampo della fecondazione assistita, moltiplica le possibilità di successodella fecondazione omologa. E, qualcuno dice che basta aspettare po-chi anni per cui, tranne casi rarissimi, tutti gli uomini ipofertili (il pro-blema è, infatti, che il più delle volte l'assenza di figli non dipende daassoluta infertilità del maschio ma semplicemente da una sua ipoferti-lirà), possano minimizzare il danno derivante dalla proibizione della fe-condazione eterologa. Ma lo dico da non scienziato.

Il problema è che nel dibattito ideologico e politico in materia l'ar-gomento che stato maggiormente sollevato al riguardo è quello che con-cerne il divieto, presente in questa legge, del congelamento degli em-brioni a fini procreativi.

lo ho sentito in larga misura come voci maggioritarie voci critichenei confronti di questo divieto. Il che è più che legittimo. Ma le moti-vazioni di questa critica mi hanno colpito. Ho sentito dire e ripetere damolte parti il divieto di congelare gli embrioni va contro il dettato del-la scienza perché fa parte delle buone tecniche di fecondazione assistitain vitro: quella, appunto, di procedere al congelamento degli embrioniper poterli poi trasferire in utero secondo le diverse metodiche previste.Invece non è così. .

Il problema prima ancora che tecnico è un problema etico. E, nei li-miti in cui si avalla il congelamento degli embrioni si dà per acquisitoche verranno create vite umane embrionali alle quali, inevitabilmente,non sarà possibile l'impianto in utero e, quindi, non avranno possibili-tà di vita ulteriore e di sviluppo.

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PARTE PRIMALE SFIDE DELLA BIOETICA

In questo senso il problema è prioritariamente etico e, solo in unaseconda battuta, lo si può anche studiare come problema tecnico. Lamancata percezione del carattere etico del congelamento degli embrio-ni è quello che dà da pensare perché ci fa capire che, da una parte è an-cora enormemente forte il paradigma scientifico (ossia, la scienza si au-lO legittima: poiché questa tecnica funziona vuol dire che è una tecni-ca buona), ma dall'altra parte è anche forte la tentazione di dire non cene importa nulla delle tecniche, è il Parlamento che decide. Se il Parla-mento proibisce il congelamento degli embrioni, ecco il primato dellademocrazia s~ll'epistemologia e dobbiamo accettare la volontà sovranadel Parlamento.

È ovvio che dobbiamo accettare la volontà sovrana del Parlamento;è anche ovvio che dobbiamo rispettare gli scienziati e le metodicheche essi ci indicano, ma dal mio punto di vista è ancora più impor-tante cercare di mantenere aperta la riflessione etica sul senso uma-no di certe metodiche. Ecco quelle che chiamiamo comunemente lebanche degli embrioni, cioè luoghi deputati ad accogliere in pro-vetta numerose vite umane congelate, e di cui solo in minima par-te si può pensare che avranno un futuro sviluppo: questo è vera-mente uno dei problemi etici più caratteristici del tempo in cui vi-viamo. Non a caso l'Inghilterra che ci precede di parecchi anni inquesta direzione, sia pure in maniera confusa e, se volete, anche ar-bitraria, ha sentito a tal punto sulla propria pelle il problema dellebanche degli embrioni che, con una legge, ha disposto che dopo cin-que anni di congelamento gli embrioni devono essere distrutti. Co-me se la presenza di questi embrioni in provetta congelati in questebanche sia troppo inquietante per andare avanti, a tempo indeter-minato, con la loro custodia.

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. Ca?ite che il problema non è un problema materiale perché lo spa-ZlO fisico che occupano questi embrioni congelati è minimo; è un pro-blema di psicologia fondamentale e siccome non siamo ancora in gra-do, a livello etico, almeno a livello etico condiviso, di darei una rispo-sta su che cosa davvero sia questa vita ernbrionale, sospesa attraverso ilcongelamento, ecco che l'Inghilterra ha preferito con una legge di chiu-dere la questione dando ordine di distruzione sistematica allo scaderedel quinquennio.. Ebb~ne tutto questo è segno del disagio bioetico in cui siamo tuttiimmersr.

Quando viviamo una situazione di disagio la tentazione più imme-diata è quella di superare il disagio rimuovendone la causa mentre la so-luzione autentica sarebbe quella di affrontare il disagio a viso aperto ecercare di farci una ragione del perché una situazione ci mette a disagio.

~cco, ordinare la distruzione degli embrioni è una soluzione prag-manca, non una soluzione etica. Non significa nulla da un punto di vi-sta scientifico, ma non significa nulla nemmeno da un punto di vistapolitico, che in un laboratorio si riceva l'ordine, accompagnato dalla mi-naccia di vistose sanzioni, di procedere e di documentare questa distru-zione quinquennale.

C'è un disagio al fondo di tutto questo, che è lo spazio in cui si giu-stifica la presenza di una riflessione bio etica, cioè di una riflessione chenon si appiattisca né sulla scienza, da una parte, né sulla politica, dal-l'altra: quindi, di una riflessione che obiettivamente ha dalla sua soltantola buona volontà di quelli che la portano avanti. Perché voi capite che,tra scienza e politica, l'etica è il classico vaso di coccio tra vasi di ferro.Però, nonostante tutto, questo vaso di coccio ha una sua buona salutee attiva un qualche rispetto. Nonostante, la sua fragilità intrinseca vie-

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PARTE PRIMALE SFIDE DELLA BIOETICA

ne ascoltata e si è conquistata, addirittura, uno spazio istituzionale, co-me dimostra la curiosissima esperienza di questi comitati nazionali dibioetica che oramai sono presenti in tutto il mondo occidentale e an-che in gran parte del mondo non occidentale.

Siamo in mezzo ad un guado, stiamo vivendo una situazione dina-mica; forse la bioetica è diventata noiosa soltanto per coloro che, per pi-grizia mentale, la amano perché si cristallizzi o amano ripetere posizio-

ni cristallizzate.Se ci tiriamo fuori da questa cristallizzazione credo che la hioetica

rappresenti, ancora oggi, uno degli spazi di riflessione e di impegno più

affascinanti che ci siano.Grazie.

li?