PSICOLOGIA SOCIALE

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PSICOLOGIA SOCIALE di Aronson, Wilson e Akert 1. INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA SOCIALE: La psicologia sociale studia le emozioni e i pensieri degli esseri umani che a loro volta sono influenzati dagli altri. Tale fenomeno prende il nome di influenza sociale. La psicologia sociale si occupa dello studio delle modalità secondo cui i nostri pensieri e i nostri comportamenti vengono modellati dall’ambiente sociale. Psicologia e saggezza popolare: affidarci alla saggezza secolare, al buon senso per spiegare certi fenomeni, ma ci sono contrasti tra le fonti ed è difficile individuare la più corretta; psicologia sociale e filosofia: ci sono affinità per le intuizioni sulla natura umana, ma lo psicologo sociale di pone le stesse domande del filosofo ma scientificamente e crea situazioni artificiali in cui dimostrare la validità delle stesse. La psicologia sociale condivide l’interesse per il comportamento sociale con altre discipline quali la sociologia (ciò che produce la società nell’individuo; invece lo scopo della psic.soc. è identificare le proprietà della natura umana che ci rendono sensibili all’influenza sociale), l’economia e le scienze politiche. La psicologia sociale pone in rilievo i processi psicologi che hanno luogo nella mente degli individui e nel loro cuore. Il suo scopo è identificare le proprietà universali della natura umana che rende ciascuno di noi sensibile all’influenza sociale. La sociologia tende ad inquadrare la società nel suo complesso e ne fornisce teorie. La psicologia della personalità studia le caratteristiche che rendono gli individui unici e diversi dagli altri. Lo psicologo sociale quando cerca di studiare il nostro comportamento è influenzato dall’ambiente sociale; tiene conto della situazione (impatto sul modo in cui gli esseri umani intrattengonorelazioni). 1

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PSICOLOGIA SOCIALE

di Aronson, Wilson e Akert

1. INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA SOCIALE:La psicologia sociale studia le emozioni e i pensieri degli esseri umani che a loro volta sono influenzati dagli altri. Tale fenomeno prende il nome di influenza sociale.

La psicologia sociale si occupa dello studio delle modalità secondo cui i nostri pensieri e i nostri comportamenti vengono modellati dall’ambiente sociale. Psicologia e saggezza popolare: affidarci alla saggezza secolare, al buon senso per spiegare certi fenomeni, ma ci sono contrasti tra le fonti ed è difficile individuare la più corretta; psicologia sociale e filosofia: ci sono affinità per le intuizioni sulla natura umana, ma lo psicologo sociale di pone le stesse domande del filosofo ma scientificamente e crea situazioni artificiali in cui dimostrare la validità delle stesse.

La psicologia sociale condivide l’interesse per il comportamento sociale con altre discipline quali la sociologia (ciò che produce la società nell’individuo; invece lo scopo della psic.soc. è identificare le proprietà della natura umana che ci rendono sensibili all’influenza sociale), l’economia e le scienze politiche.

La psicologia sociale pone in rilievo i processi psicologi che hanno luogo nella mente degli individui e nel loro cuore. Il suo scopo è identificare le proprietà universali della natura umana che rende ciascuno di noi sensibile all’influenza sociale.

La sociologia tende ad inquadrare la società nel suo complesso e ne fornisce teorie.

La psicologia della personalità studia le caratteristiche che rendono gli individui unici e diversi dagli altri.

Lo psicologo sociale quando cerca di studiare il nostro comportamento è influenzato dall’ambiente sociale; tiene conto della situazione (impatto sul modo in cui gli esseri umani intrattengonorelazioni).

La psic soc condivide con la sociologia l’influenza situazionale e sociale sul comportamento, e con la psic. della personalità il rilievo alla psic dell’individuo.

Per questo non bisogna sottostimare il potere dell’influenza sociale che talvolta può risultare talmente potente da produrre effetti vistosi sulla quasi totalità delle persone: la situazione sociale spesso produce effetti profondi sul comportamento umano.

Una delle scuole di pensiero che si è occupata dell’influenza sociale è stata quella del comportamentismo: cercava di dimostrare che ogni apprendimento si verifica mediante il rinforzo ossia eventi positivi o negativi dell’ambiente si associano a comportamenti specifici (p.e. condizionamento cani a seguito del rinforzo positivo). Watson e Skinner ipotizzarono che il comportamento umano è spiegato attraverso ricompense e punizioni riservate dall’ambiente al soggetto.

I comportamentisti non usavano i termini: cognizione, pensiero e sentimento. L’approccio comportamentista è semplicistico.

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Le persone costruiscono il mondo che le circonda, ma non costruire oggettivamente; è l’interpretazione che gli esseri umani danno di ciò che esiste.

Altra scuola è la Gestalt che studia il modo soggettivo in cui un oggetto appare alla mente delle persone. Essa si avvale della percezione ossia sul modo in cui un oggetto si presenta alle persone.

L’intero è diverso dalla somma delle sue parti, bisogna concentrarsi sul modo in cui un oggetto si presenta alle persone.

Lewin applicò i principi della Gestalt alla psicologia sociale, al modo in cui le persone percepiscono gli altri e ai loro comportamenti. Importanza delle situazioni soggettive e su come vengono costruite dalle persone.

Durante tutti questi anni gli psicologi sociali hanno scoperto che solo due motivazioni umane godono di importanza fondamentale:

- il bisogno di essere accurati;

- giustificare i nostri pensieri e le nostre azioni per poterci sentire a posto con la coscienza.

Il bisogno di autostima può essere in contrasto con l’accuratezza; le due motivazioni possono essere applicate secondo diversi livelli di intensità.

Ognuno ha, infatti, bisogno di star bene con se stesso, di conservare in altre parole un alto senso di autostima.

Gli esseri umani pur di non soffrire giustificano sempre il proprio comportamento seppur questo risulti errato perché è difficile confessare le proprie mancanze. Questo pur di mantenere una visione positiva di se stessi mediante la giustificazione del comportamento assunto.

L’ uomo ha bisogno di soffrire e autogiustificarsi (esperimenti:confraternite con rituale d’ingresso più spiacevole risultavano più attraenti); la giustifica serve ad avere un’immagine positiva e si preferiscono le persone per le quali si è sofferto.

Gli psicologi sociali all’atto di formulare le loro teorie sul comportamento sociale esaminano prima il modo con cui gli esseri umani concepiscono il mondo: social cognition; tutte le persone formulano una visione del mondo più accurata possibile; capita di non conoscere tutti gli elementi necessari per delineare il giudizio più accurato possibile ed ogni giorno prendiamo infinite decisioni.

Le aspettative sul mondo sociale:possono frapporsi alla percezione accurata e ne modificano la natura; profezia che si autoadempie di Rosenthal e Jacobson (test fasulli, finti geni -> comportamenti dei maestri offuscati).

Istinti biologici: a un livello più psicologico possono essere motivati dalla paura, da una promessa d’amore di favori.

Altra motivazione per sentirsi a posto con se stessi è il bisogno di controllo ossia quando le persone avvertono una perdita di controllo fino a credere di avere scarsa o nessuna influenza sul verificarsi di fatti positivi o negativi per loro.

La psicologia sociale può, quindi, definirsi come lo studio scientifico dell’influenza sociale che può essere compresa mediante l’esame delle motivazioni umane che producono le visioni soggettive dell’ambiente.

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Gli psicologi sociali intendono dare un contributo alla soluzione dei problemi della realtà.

1- METODOLOGIA

il punto iniziale della ricerca è un’ipotesi che il ricercatore vuole verificare; le ipotesi possono venir fuori dall’osservazione della vita quotidiana. La psicologia sociale è una scienza empirica che ha sviluppato una serie di metodi suddivisibili in tre tipi:

- il metodo dell’osservazione;

- il metodo correlazionale;

- il metodo sperimentale.

Festinger formulò la “teoria della dissonanza” secondo cui l’individuo nella vita sociale tende a mantenere armonica e coerente la propria visione della realtà. Convinzioni, atteggiamenti, comportamenti sono dettati da questa spinta all’organizzazione cognitiva. L’individuo è un razionalizzatore e si muove alla ricerca dell’armonia mentale.

Il metodo osservativo descrive il comportamento sociale, come dice la parola stessa osserva le persone e vede le loro azioni. Spesso l’osservazione può avvenire mediante una videocamera.

L’osservazione può essere:

- sistematica (i ricercatori cercano di rispondere a domande su un particolare fenomeno sociale

da osservare e codificare in base a criteri predefiniti);l’osservatore è fuori dalla scena;

- partecipante (il ricercatore interagisce con le persone che sta esaminando senza alterare al

situazione);

- analisi di archivio (i ricercatori si avvalgono di ricerche precedentemente verificate e dunque

esaminano come il comportamento è cambiato nel tempo e attraverso le diverse culture);

- analisi d’archivio e pornografia (Smith: stereotipo dell’uomo bianco e celibe, caratteristiche della donna dettagliate, aggressione contro le donne; Dietz e Evans sui giornaletti porno attività sessuale femminile e schiavitù). L’analisi d’archivio ci dice molto sulle credenze e sui valori della società.

Il metodo osservativo è adatto se l’obiettivo del ricercatore è quello di spiegare il comportamento sociale ma può presentare degli inconvenienti poiché alcuni tipi di comportamento sono difficili da osservare e spesso riguardano la sfera privata delle persone; il metodo osservativo è limitato ad una stretta cerchia di persone.

Gli psicologi generalmente inseguono scopi più ambiziosi di una semplice descrizione del comportamento sociale.

Un obiettivo della psicologia sociale è quello di comprendere le relazioni tra le variabili e di essere in grado di prevedere quando si verificano comportamenti sociali di diverso tipo.

Il metodo correlazionale richiede la misura sistematica di due o più variabili e la verifica della loro relazione. Testare le ipotesi su quando e perché si verificano certi comportamenti; può usare più ricerche osservative e metterle in relazione.

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La correlazione può essere positiva ossia al crescere del valore di una variabile è associato l’innalzamento del valore dell’altra variabile (p.e. il peso è correlato all’altezza di una persona). O negativa ossia al crescere del valore di una variabile decresce quello di un’altra.

La correlazione è espressa da numeri che vanno da –1 a +1.

Il vantaggio è il campionamento di porzioni rappresentative di popolazione; la selezione causale in cui le risposte sono simili a quelle dell’intera popolazione. Con i sondaggi non si tiene conto di tutta la gente, è considerata solo una fetta sociale della popolazione; altro problema è l’accuratezza delle risposte.

In questa ricerca il comportamento e gli atteggiamenti delle persone possono essere misurati in diversi modi: p.e. usando tale metodo i ricercatori possono testare la relazione fra il comportamento aggressivo dei bambini e la quantità di televisione violenta vista (causa-effetto).

Ma correlazione e casualità non sono la stessa cosa, la correlazione spesso non implica causalità (inganno della correlazione;non è detto che l’apertura del garage comporti il terremoto a Los Angeles). Solo il metodo sperimentale permette di trarre conclusioni circa le relazioni di causa ed effetto.

Sia il metodo osservativo sia quello correlazionale usano i sondaggi d’opinioni: i ricercatori ricorrono ai sondaggi intervistando le persone sulle loro credenze, i loro atteggiamenti e i loro comportamenti.

Un problema dei sondaggi sta nell’accuratezza delle risposte date: le domande semplici sono relativamente facili ma in quelle più complesse in cui è richiesta l’opinione del soggetto è un po’ come invitarli ad essere inesatti. Inoltre lo sperimentatore deve stare ben attento a non influenzare il modo di porre le domande.

Il metodo sperimentale richiede sempre un intervento diretto da parte del ricercatore; cambiando una variabile si riesce a verificare se quella è la causa del comportamento in questione. Questo metodo comporta difficoltà pratiche ed etiche (esperimento di Latanè e Darley sugli studenti in 5 stanze separate con l’interfono, uno dei 5 ha un attacco epilettico, solo il 31% esce per cercare il soggetto in crisi)

La variabile viene controllata in modo che alcuni soggetti dello studio vengono sottoposti ad un tipo di esperimento e altri ad un secondo tipo.

La variabile può essere:

- indipendente ( esercita un effetto su quella dipendente);

- dipendente( è ciò che lo sperimentatore vuole misurare per veder se si verifica qualche effetto).

Quando alcune variabili indipendenti hanno particolari effetti sul comportamento ce n’è bisogno di una terza. Tale è il disegno fattoriale in cui:

- c’è più di una variabile dipendente;

- ogni variabile indipendente ha più livelli;

- tutte le combinazioni di livelli si verificano in un esperimento.

Affinché un esperimento sia valido bisogna stabilire una validità interna ossia tutte le procedure sono le stesse nelle diverse condizioni dello studio fatta eccezione per la variabile indipendente.

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Una tecnica che permette allo sperimentatore di escludere influenza la possibilità che i risultati siano dovuti alle differenze tra i partecipanti è l’assegnazione casuale alla condizione.

Le analisi statistiche vengono formulate, infatti, con un livello di probabilità (valore p) in cui i risultati osservati si verificano per caso e non a causa delle variabili indipendenti.

Modi per aumentare la validità esterna: generalizzabilità ad altre situazioni: realismo mondano(il grado in cui i risultati di un esperimento riflettono situazione della vita reale); realismo psicologico (colti bene i processi psicologici); generalizzabilità alla popolazione;le repliche degli esperimenti: il test finale della validità esterna è la replica ossia la capacità che l’esperimento venga ripetuto più volte facendo variare i soggetti e non i contesti.

Negli ultimi anni si sono sviluppate le ricerche interculturali. Esse hanno due obiettivi:

- cercare di dimostrare che un particolare processo psicologico è universale ossia che opera nella stessa maniera in tutti gli esseri umani;

- esplorare le differenze fra gli esseri umani esaminando come la cultura influenza i processi psicosociali di base.

L’esperimento perfetto è sul campo, con campione causale e con alta validità esterna.

Esistono,infine, due tipi di ricerca :

- ricerca di base (scopre le ragioni del comportamento umano per pura curiosità intellettuale);

- ricerca applicata (risolve un determinato problema o trova il modo per alleviare questioni sociali).

Il dilemma di ricercatori è quello di ottenere il consenso informato dei soggetti prima della loro partecipazione. Quando viene utilizzato l’inganno è necessario che si svolga un’intervista dopo l’esperimento chiamata debrifing che ha un alto valore educativo poiché se i soggetti hanno provato disagio durante l’esperimento esso viene alleviato dai ricercatori.

2. LA COGNIZIONE SOCIALE

Nella nostra vita quotidiana formuliamo teorie su noi stessi e sul mondo che ci circonda. Tali teorie o schemi influenzano le informazioni che registriamo su cui riflettiamo e che ricordiamo. Gli schemi sono strutture cognitive che organizzano le informazioni su determinati argomenti, che racchiudono le nostre conoscenze o impressioni fondamentali.

Gli schemi agiscono da filtri, rifiutando le informazioni che sono incoerenti rispetto al tema prevalente.

Inoltre, essi si rafforzano e diventano più difficili da alterare nel tempo.

La memoria umana è ricostruttiva, noi non ricordiamo con esattezza cosa accade in un determinato contesto ma solo di alcune informazioni, ciò che il nostro schema ci induce a notare.

Perché esistono gli schemi?:gli schemi riducono l’ambiguità che a volte incontriamo con informazioni discordanti fra loro, le persone, spesso, vedono il mondo in maniera tale da far sembrare di aver invocato lo schema giusto anche quando ciò non è vero.

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Il grande valore degli schemi, dunque, è quello di aiutarci a ricordare le cose che riteniamo importanti.

Gli schemi hanno determinanti culturali cioè variano da cultura a cultura.

Gli schemi distorcono ciò che vediamo e che ricordiamo:a causa dell’influenza che gli schemi esercitano sul nostro modo di veder abbiamo la tendenza a vedere il mondo in termini assoluti cioè il bene è dalla nostra parte mentre il male è dall’altra. Vallone, Ross e Lepper hanno dimostrato

l’esistenza del fenomeno dell’ostilità dei media in cui gruppi di opposti schieramenti percepiscono ugualmente delle presentazioni neutrali ed equilibrate fatte dai media come ostili alla loro parte in quanto danno voce a quell’impostazione unilaterale che entrambi ritengono essere la verità;le persone interpretano il mondo in modo coerente col proprio senso di autostima.

Vi sono delle situazioni, comunque, in cui le persone interpretano i fatti in coerenza con i propri schemi o aspettative anche quando non hanno fatto alcun “investimento”. Tale è l’effetto precedenza o primacy ossia le prime impressioni influenzano l’interpretazione delle informazioni successive.

In alcuni casi si verificano degli effetti decenza o recency ossia le informazioni ricevute per ultime producono l’impatto maggiore.

Un altro effetto importante è l’effetto persistenza ossia le credenze dei soggetti persistono anche dopo che è stata confutata la prova inizialmente data per sostenerle: persino dopo aver appreso che il feedback era falso i soggetti conservavano nella loro mente pensieri che li inducevano a credere di essere portati o negati a quel compito.

Spesso agiamo sui nostri schemi e riusciamo in parte a modificarli. Alcuni schemi possono opporre resistenza al cambiamento proprio perché rinveniamo una quantità di prove false a loro conferma (la profezia che si autoadempie).

Essi, inoltre, ci aiutano a ridurre le informazioni di cui abbiamo bisogno e a interpretarne le ambiguità.

Spesso utilizziamo delle strategie e scorciatoie mentali che facilitano le nostre decisioni e le rendono più veloci. Ma talvolta esse inducono all’errore e allora si fa ricorso alle euristiche che risultano essere altamente funzionali.

L’euristica del giudizio si riferisce all’uso di schemi precedenti in situazioni completamente nuove

L’euristica della disponibilità si riferisce ai giudizi fondati sulla facilità con cui riconduciamo esempi alla mente: le utilizziamo per formulare giudizi su se stessi e sugli altri. Un problema è che ciò che viene ricondotto alla memoria non è caratteristico del quadro generale e ci conduce a conclusioni errate.

La facilità con cui riusciamo a pensare ad esempi del nostro comportamento è capace di influenzare la percezione di noi stessi.

Le persone spesso s’impegnano nel pensiero controfattuale ovvero nel ragionamento su cosa sarebbe potuto succedere se le cose fossero andate diversamente; l’aspetto più interessante di questo pensiero è che alcuni esiti sembrano facili da evitare, non perché lo siano realmente, ma per la facilità con cui possiamo farlo mentalmente.

Altra scorciatoia mentale è l’euristica della rappresentatività ovvero classifichiamo le cose in base alla loro somiglianza con il caso tipico. La categorizzazione delle cose a seconda della 6

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rappresentatività appare spesso ragionevole. Si verificano diversi problemi a causa di questa euristica ad esempio i sintomi delle malattie.

Una scorciatoia mentale con cui le persone utilizzano un numero o un valore come punto di partenza e precisano la loro risposta rispetto ad esso è l’euristica dell’ancoraggio e dell’accomodamento; le persone si attengono ai numeri iniziali quando essi sono del tutto arbitrari e non hanno pertinenza col giudizio che si sta formulando(esempio del ristorante lodato da tutti ma a noi capita un cameriere scortese ci basiamo su come siamo stati trattati quella sola volta).

Quando, invece, generalizziamo partendo da un campione di informazioni per arrivare alla sua totalità siamo nel processo chiamato campionamento tendenzioso ossia le nostre stesse esperienze fungono da ancoraggio per le nostre generalizzazioni e il nostro accomodamento rimane inadeguato perfino quando sappiamo che le nostre esperienze sono atipiche o tendenziose.

Una volta appresa una determinata abilità, pensarci intensamente, potrebbe renderla difficile da eseguire. Il nostro modo di pensare può diventare automatico proprio come le nostre azioni. Tale è l’elaborazione automatica.

Numerose ricerche hanno dimostrato che le persone sono dei pensatori sociali flessibili: quando la posta in gioco è insignificante possono mostrare avarizia nel senso che si affidano a scorciatoie mentali, quando, però, affrontano decisioni più importanti adottano strategie diverse, più efficaci.

Gran parte del nostro pensiero sul mondo sociale avviene automaticamente.

Ma vi è anche l’elaborazione controllata ossia caratterizzata dal pensiero consapevole, intenzionale e volontario. Uno dei suoi scopi è bloccare l’elaborazione automatica.

Il pensiero controllato richiede motivazione e impegno.

Il tentativo di evitare di pensare a qualcosa come un amore finito che vorremmo dimenticare immediatamente.

Secondo Wegner un’efficace soppressione del pensiero dipende dall’interazione fra due processi, il primo automatico, il secondo controllato.

Quello automatico si avvale del processo di monitoraggio e cerca delle prove che il pensiero indesiderato stia per intromettersi nella nostra coscienza. Una volta individuato questo pensiero entra in gioco il processo operativo controllato.

Ma come insegnare le abilità di ragionamento? Un possibile approccio è costringere le persone a considerare con maggiore modestia le loro capacità di ragionamento. Il tentativo di migliorare le nostre inferenze si scontra con quello che è stato chiamato l’ostacolo della fiducia eccessiva. Secondo questo approccio si può tentare di indurre le persone a prendere in esame la possibilità di essersi sbagliate su una determinata questione.

3. LA PERCEZIONE SOCIALE: come riusciamo a comprendere gli altri: la percezione sociale è lo studio del modo in cui creiamo impressioni e formuliamo giudizi riguardo agli altri.

Un importante fonte di informazioni che utilizziamo è il comportamento non verbale (espressioni del volto, movimenti del corpo, tono di voce).

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I nostri giudizi, infatti, sono influenzati dai tratti fisici quali la bellezza o i tratti del viso, le posizioni e i movimenti del corpo, lo sguardo: comunicazione non verbale.

Secondo Argyle gli usi fondamentali del comportamento non verbale sono:

- esprimere emozioni (ad es. la rabbia);

- comunicare atteggiamenti (rivolgersi sorridendo a chi ci piace);

- comunicare i propri tratti di personalità (se siamo cordiali facciamo ampi gesti);

- facilitare la comunicazione verbale(abbassiamo la voce e volgiamo lo sguardo altrove per comunicare che abbiamo finito di parlare).

Secondo Darwin le emozioni sono universali e vengono trasmesse mediante il volto allo stesso mondo

in ogni parte del mondo (codifica) e tutti gli esseri umani possono interpretarle (decodifica) con uguale precisione.

Le principali forme di emozioni secondo Ekman sono sei:

- rabbia:

- felicità;

- sorpresa;

- paura;

- disgusto;

- tristezza.

Le regole di esibizione con cui manifestare le proprie emozioni sono proprie di ciascuna cultura e regolano quali generi di espressione vadano mostrati.

Altra forma di comunicazione non verbale è il modo in cui le persone impiegano lo spazio personale o muovono le braccia e le mani. Questi ultimi prendono il nome di emblemi.

Ogni cultura crea i propri emblemi che possono essere non necessariamente comprensibili ad altre culture.

Alcune prove hanno dimostrato che le persone estroverse riescono meglio a decodificare gli indizi non verbali in un compito rispetto alle persone introverse.

Secondo Eagly e la teoria del ruolo sociale la divisione del lavoro avviene per differenze sessuali e ciò produce aspettative spesso errate sulle abilità delle donne o dei maschi.

Se sappiamo che una persona è gentile ricorriamo ad un fondamentale tipo di schema chiamato teoria implicita di personalità: se quella persona è gentile sarà anche generosa. Questo in veste di economizzatori di risorse.

Tale teoria può, però, influenzare il genere di impressioni che ci creiamo sugli altri poiché il comportamento delle persone può risultare spesso ambiguo.

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Alcuni recenti studi hanno dimostrato che la nostra impressione su un determinato individuo può essere influenzata dall’accessibilità delle categorie dei tratti ossia dal grado di immediatezza con cui i pensieri, le idee si presentano alla nostra mente nel momento in cui operiamo dei giudizi sul mondo sociale. Si verifica conseguentemente l’effetto priming.

Dunque i pensieri devono essere accessibili e applicabili affinché possano agire da innescatori influenzando le nostre impressioni del mondo sociale.

Anche se il comportamento non verbale a volte sembra interpretabile con facilità esso non cancella l’ambiguità riconducibile al vero significato del comportamento altrui.

Talvolta le impressioni sono sbagliate a causa del cattivo uso che facciamo degli schemi.

La teoria dell’attribuzione si concentra sul nostro modo di rispondere a domande sul perché un individuo si comporti in un determinato modo.

La nostra impressione cambia a seconda del tipo di attribuzione che compiamo: se essa è interna ne dedurremo un’impressione negativa, se è esterna avviene il contrario.

Heider osservò che noi tendiamo a ritenere che le cause del comportamento di una persona risiedano in essa mentre trascuriamo la situazione in cui essa si trova che spesso è difficile da osservare e descrivere.

Secondo la teoria dell’inferenza corrispondente formulata da Davis e Jones descriviamo il processo con cui giungiamo ad un’attribuzione interna (inferenza) partendo dai corrispondenti comportamenti e azioni che osserviamo negli altri.

Secondo Jones c’è un altro tipo di informazione che le persone tengono in considerazione quando compiono delle attribuzioni.

Entrano così in gioco le aspettative: esse si dividono in :

- aspettative basate sulla categoria (aspettative delle persone basate sui loro gruppi di appartenenza);

- aspettative basate sul bersaglio (modo con cui ci aspettiamo che si comporti una determinata persona in base alle sue precedenti azioni).

Le persone compiono con maggiore probabilità un’attribuzione interna quando il consenso e la specificità dell’atto sono scarsi (un datore di lavoro si comporta male solo con una determinata persona)

L’attribuzione esterna viene compiuta quando vi è un alto grado di coerenza e consenso (tutti vengono rimproverati).

Quando non possiamo fare una chiara attribuzione esterna o interna ricorriamo alla attribuzione situazionale mediante cui ipotizziamo che si sta verificando qualcosa di insolito solo in quella particolare circostanza.

La tassonomia delle attribuzioni di successo e di fallimento sviluppata da Weiner prende in esame tutti i tipi di attribuzioni che possiamo compiere utilizzando le informazioni di coerenza, consenso per decidere sulla fattibilità di una causa interna od esterna.

La stabilità si riferisce al grado in cui la causa del comportamento appare stabile o instabile e condiziona la percezione delle prestazioni future.

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La controllabilità indica se la causa del comportamento può essere controllata o meno dall’individuo: se la causa è incontrollabile avvertiamo dispiacere.

Non bisogna, però, etichettare le persone in un dato modo solo perché appartengono a un determinato genere di individui. Bisogna tener conto della situazione in cui si trovano. Tale è l’errore fondamentale di attribuzione: indica che le persone tendono a sottostimare influenze esterne all’atto di spiegare il comportamento altrui (anche quando è l’ambiente a rendere l’individuo tale le persone continuano a compiere attribuzioni esterne).

La salienza percettiva, ovvero il nostro punto visivo di osservazione ci aiuta a spiegare perché l’errore di attribuzione sia così diffuso: quando cerchiamo di spiegare il comportamento umano concentriamo la nostra attenzione più sugli individui che sulla situazione a causa dell’influenza che questa esercita.

Inoltre tendiamo a notare la situazione in cui noi siamo e non prestiamo attenzione a noi stessi in quanto persone: differenza attore-osservatore.

Nella comunicazione tendiamo a descrivere noi stessi e a porre in risalto alcuni comportamenti lasciando ai nostri ascoltatori il compito di giudicare e interpretare le informazioni: quando parliamo di noi stessi tendiamo ad enfatizzare la nostra persona.

Quando la nostra autostima è minacciata si compiono delle attribuzioni a proprio favore ossia abbiamo la tendenza a prenderci il merito dei successi mediante attribuzioni interne e a dare la colpa agli altri per i fallimenti.

Tendiamo dunque a difenderci per preservare la nostra incolumità: attribuzioni difensive.

Una forma di attribuzione difensiva è l’ottimismo irrealistico ossia le nostre aspettative talvolta non fattibili riguardo al proprio futuro.

4. LA COMPRENSIONE DI SÉ: COME ARRIVIAMO A COMPRENDERE NOI STESSI

Come arriviamo a capire noi stessi: il concetto di sé sta ad indicare la nostra consapevolezza o coscienza.

Perché il senso di sé possa svilupparsi è necessario comprendere che siamo individui che conoscono e che esiste qualcosa da conoscere.

Il nostro concetto di sé si forma nell’infanzia e si modifica via via sino all’età adulta.

In molte culture occidentali le persone hanno una visione di sé indipendente che ne esalta l’individualismo, gli asiatici e gli orientali, invece, hanno una visione di sé interdipendente in cui viene valorizzata l’interdipendenza e l’associazione tra le persone (l’indipendenza è disapprovata).

Collegata al sé vi è l’introspezione che consiste nel guardarsi dentro ed esaminare le informazioni interne circa i nostri pensieri, le nostre emozioni.

Secondo la teoria della consapevolezza di sé quando ci focalizziamo su noi stessi valutiamo e confrontiamo il nostro comportamento rispetto ai valori e alle regole interne.

Vedere se stessi aiuta a prendere coscienza delle disparità fra il proprio comportamento e le regole morali sociali.

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Spesso cambiamo il nostro comportamento per adattarlo ai principi morali.

Il suicidio è la maniera definitiva per terminare l’esame di sé, scappando da se stessi.

Il concentrarsi su di sé può essere un modo per tenerci fuori dai guai poiché ci ricorda cosa sia giusto o sbagliato per noi.

La coscienza di sé è negativa quando ricorda alle persone le proprie manchevolezze ma ci rende anche più consci dei nostri valori e delle nostre regole morali.

4.2.2 Giudicare il perché ci sentiamo come ci sentiamo e dire di più di quanto sappiamo

L’essere innamorati di solito ci fa sentire spensierati, euforici e per capire perché accade questo abbiamo bisogno di un’introspezione che ci conduce alle vere cause dei nostri sentimenti e comportamenti.

Molti dei nostri processi mentali di base avviene al di fuori della coscienza siamo coscienti solo dei risultati finali dei nostri processi mentali.

NISBETT e WILSON hanno studiato il fenomeno dell’introspezione che ci conduce verso l’individuazione di false cause del comportamento (ricerca su studenti che tenevano un diario essi attribuivano erroneamente il buon umore al buon sonno notturno; generavano pertanto teorie dall’aspetto logico ma in realtà non applicabili. Avevano pertanto fatto ricorso alle teorie causali che le persone usano per spiegare il proprio comportamento. Altra ricerca degli autori: esposizione ad un documentario con rumori di fondo l’ipotesi causale si rivelò falsa. Il rumore non influenzava il giudizio sul film ma anche i partecipanti ritenevano teoricamente che era una causa di giudizio inferiore.

Altre ricerche hanno dimostrato che fattori che non sembrano importanti spesso influenzano il giudizio (posizione dei collant a destra piuttosto che altre caratteristiche differenzianti)

4.2.3 Le conseguenze negative del riflettere sulle ragioni

Quando ci troviamo ad interagire con qualcuno facciamo una lista degli svantaggi e dei vantaggi dell’individuo in questione: atteggiamenti generati dalle ragioni, mediante cui i soggetti cambiano atteggiamenti verso i loro interlocutori o partner.

Tende a verificarsi un cambiamento di atteggiamento generato dalle ragioni . Queste sono spesso solo quelle più facili da esprimere o più accessibili nella memoria. Wilson e colleghi sostengono che non bisogna essere troppo fiduciosi degli atteggiamenti mostrati dopo l’analisi delle ragioni poiché le ragioni dei sentimenti che sono difficili da esprimere sono poi quelle che veramente modellano e modelleranno i nostri sentimenti futuri.

4.3 CONOSCERE SE STESSI ATTRAVERSO L’OSSERVAZIONE DEI NOSTRI COMPORTAMENTI

La teoria dell’”auto percezione” di Bem (1972) afferma che quando i nostri comportamenti e sentimenti sono ambigui o incerti, li inferiamo osservando in nostro comportamento e la situazione in cui ci troviamo.

Tutte le osservazioni sono un’importante fonte di conoscenza di sé. Le persone inferiscono osservando il loro comportamento e pensando alle ragioni per cui si sono comportate in quel modo.

Gli individui utilizzano gli stessi principi di attribuzione, usati con gli altri, per inferire i loro stessi comportamenti.

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4.3.1 La motivazione intrinseca vs. motivazione estrinseca

I programmi di rinforzo della motivazione tramite ricompense possono essere anche pericolosi in quanto può avvenire che alla fine del programma la motivazione tende a diminuire rispetto a quella iniziale (lettura libro per due dollari alla fine si perde la voglia di leggere in quanto da piacere si trasforma in lavoro)

Quando un individuo si sente portato a realizzare un’attività per il piacere o la voglia di farla si parla di motivazione intrinseca.

Quando il compito viene eseguito sotto lo stimolo di una ricompensa vi è la motivazione estrinseca.

Quando le persone sovra-giustificano il loro comportamento concentrandosi sulle cause esterne come delle ricompense e sottostimano il loro interesse intrinseco per il comportamento si parla di effetto di sovra-giustificazione.

Occorre pertanto riuscire a preservare le motivazioni intrinseche, le ricerche hanno individuato in quali condizioni si ha un effetto di sovra giustificazione.

Innanzitutto quando manca un interesse iniziale lo stesso non può essere danneggiato dalla ricompensa anzi può essere lo stimolo iniziale alla realizzazione

In secondo luogo è il tipo di ricompensa a fare la differenza

Le ricompense possono essere legate:

- contingenti al compito (indipendentemente dalla validità della loro prestazione);

- contingenti alla prestazione (dipendono dalla bravura con cui il compito è stato eseguito). Una simile ricompensa ha meno probabilità di diminuire l’interesse per un compito anzi può addirittura aumentarlo, anche questo tipo di ricompense tuttavia possono incorrere in alcuni pericoli derivanti dal poco gradimento che le persone hanno della tensione e apprensione dell’essere valutati.

4.3.2 Comprendere le nostre emozioni: la teoria bi fattoriale delle emozioni

Comprendere le emozioni non è così semplice come sembra.

Secondo la teoria bi fattoriale delle emozioni di Schachter la comprensione dei nostri stati emotivi viene inferita anche essa da comportamento e richiede due stadi:

- eccitazione fisiologica;

- spiegazione con cui etichettare tale eccitazione.

Esperimento famoso di SCHACTER e SINGER (1962) (persone eccitate con epinefrina e complici che esprimono rabbia o divertimento) dimostra che le emozioni possono essere il risultato di un processo di percezione di sé mediante il quale le persone ricercano una spiegazione plausibile per l’eccitazione che avvertono.

Spesso esse possono anche provare un’emozione sbagliata: attribuzione errata di eccitazione mediante cui le persone compiono inferenze circa la causa delle sensazioni che provano affidandosi agli indizi offerti dal contesto/situazione..

4.3.3 Trovare la causa sbagliata : attribuzione errata di eccitazione

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Teoria dei due fattori di SCHACTER viene confermata dall’esperimento di DUTTON e ARON (1974)( maggiore eccitazione provata per una donna sopra un ponte di corde quando i soggetti erano eccitati dal pericolo rispetto a dopo l’attraversamento del ponte durante un periodo di riposo)

4.3.4 Interpretazione del mondo sociale: le teorie delle emozioni come valutazioni cognitive

Secondo la teoria delle emozioni come valutazioni cognitive la nostra emozione dipende dal modo in cui interpretiamo e valutiamo il fatto prima che insorga dell’eccitazione. Vi sono due tipi di valutazione:

- il modo con cui valutiamo se il fatto ha implicazioni positive o negative per noi;

- il modo con cui valutiamo le sue cause.

Ogni fatto può essere interpretato in diversi modi: la nostra reazione emotiva dipenderà dal fatto di assistere ad una spinta positiva o negativa all’evento.

Le teorie delle valutazioni cognitive ipotizzano che l’eccitazione non abbia luogo per prima essendo esse stesse causa delle reazioni emotive.

Entrambe le teorie concordano nel ritenere che per comprendere meglio noi stessi ci creiamo degli schemi che si fondano sulle nostre esperienze precedenti e ci aiutano a prevedere il nostro comportamento.

4.4 USARE LE PERSONE PER CONOSCERE SE STESSIIl contatto sociale è fondamentale per lo sviluppo del concetto di Se. GOLDON GALLUP ha confrontato i risultati degli esperimenti allo specchio e la macchia rossa con quelli ottenuti con scimmie che vivevano isolate; le reazioni erano diverse non si riconoscevano come se non avessero sviluppato il concetto di se.

Gli schemi di sé aiutano a organizzare il nostro passato influenzando ciò che ricordiamo, ovvero i nostri ricordi autobiografici e spesso possono anche cambiare il nostro attuale atteggiamento.

Spesso i ricordi recuperati possono risultare immaginari: sindrome del falso ricordo questo accade se il ricordo è suggerito da un’altra persona p.e. lo psicoterapeuta.

Le persone, dunque, apprendono a conoscersi tramite l’introspezione, l’osservazione del proprio comportamento, l’organizzazione degli schemi di sé.

Ma molto di quanto apprendiamo può essere in realtà influenzato dalle altre persone.

Quando basiamo il nostro concetto di sé sul modo con cui appariamo agli altri usiamo il Sé allo Specchio, la capacità di guardare noi stessi con gli occhi degli altri è fondamentale per la costruzione del senso di sé in quanto ci permette di comprendere che noi interpretiamo il mondo in maniera diversa dagli altri.

4.4.1 Conoscere noi stessi attraverso il confronto sociale

Secondo la teoria del confronto sociale, proposta da Festinger (1954) le persone nutrono il bisogno di giudicare le proprie opinioni e capacità per potersi misurare e avere un’immagine accurata di se stessi.

Tale teoria verte su due importanti questioni:

- quando procediamo al confronto sociale,

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- con chi scegliamo di farlo.

La scelta di chi usare per confrontarci dipende dalla natura dei nostri scopi: se richiediamo una valutazione precisa delle nostre capacità e opinioni ci confrontiamo con persone simili a noi.La ricerca ha inoltre dimostrato che le persone procedono al confronto sociale verso l’alto, con individui più dotati di loro, solo per determinare quale sia il criterio di eccellenza migliore.

Mentre quando si tende ad innalzare il proprio sé si procede, invece, col confronto sociale verso il basso.

4.4.2 Conoscere noi stessi attraverso gli occhi degli altri

Molti studi hanno confrontato le previsioni sul comportamento futuro realizzati dalla persona e dagli amici spesso le previsioni degli amici risultano più accurate. Pertanto potrebbe essere utile alle volte osservarci con gli occhi degli altri.

4.5 LA GESTIONE DELLE IMPRESSIONIUn aspetto fondamentale della nostra esistenza sociale è la presentazione di sé mediante cui ci presentiamo per quello che siamo o che vogliamo apparire. È allora che procediamo alla gestione delle impressioni ovvero l’orchestrazione consapevole di una presentazione accurata di sé destinata a dare una determinata impressione in accordo con i nostri scopi.

Diverse strategie:

- l’ingraziamento, cioè la lusinga per renderci graditi agli altri, spesso superiori.

-il “self-handicapping” ossia la giustificazione in caso da presentare in caso di fallimento, la creazione di ostacoli ad hoc e le scuse preconfezionate, come si suole dire.

Il desiderio di gestire la propria immagine è forte in ogni cultura anche se il tipo di immagine dipende dalla cultura di riferimento (giapponesi che affittano personale per far vedere che hanno parenti e amici durante le cerimonie)

5. IL BISOGNO DI GIUSTIFICARE LE NOSTRE AZIONI

5.1 MANTENERE UN’IMMAGINE DI SE STABILE E POSITIVA

5.1.1 La teoria della dissonanza cognitiva

La dissonanza cognitiva si verifica ogni volta che compiamo un’azione che tende a sfornirci una sensazione di assurdità o immoralità riguardo a noi stessi.

La dissonanza spinge l’individuo a cercare di attenuare il malessere che una determinata situazione ha creato. Ogni individuo dispone di tre modi per ridurre la dissonanza:

- cambiare il comportamento in modo da accordarlo con la cognizione dissonante;

- cercare di giustificare il proprio comportamento modificando una delle cognizioni in modo da renderlo meno dissonante;

- cercare di giustificare il comportamento mediante l’aggiunta di nuove cognizioni.

Per sfuggire alla dissonanza le persone ricorrono a processi di razionalizzazione.

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Ogni volta che prendiamo una decisione importante e che eventualmente potrebbe provocare danno ad un’altra persona proveremo della dissonanza: dissonanza post-decisionale.

Il modo più facile per ridurla è fare “proseliti”, modificare le proprie sensazioni per potersi così sentire a posto con la scelta operata.

Più importante è la decisione maggiore è la dissonanza: l’irrevocabilità di una decisione aumenta la dissonanza così come le motivazioni per ridurla. In tali casi si usa la tecnica del colpo basso: p.e. un venditore d’auto cerca di vendere il proprio prodotto al prezzo che è conforme con quello dell’acquirente, quest’ultimo stacca un assegno ma dopo alcuni istanti il venditore con una scusante riferisce all’0acquirenter che il prezzo dell’auto è maggiore.

L’acquirente che ha già staccato l’assegno si trova in una situazione di irrevocabilità e per non venir meno al suo impegno decide di acquistare ugualmente l’auto.

È normale che la maggior parte di noi dedichi numerosi sforzi per ottenere ciò che desidera.

Ma spesso quando si è ottenuto ciò che volevamo non ci sembra più così importante e cerchiamo di giustificare le nostre “fatiche” e dunque il nostro comportamento.

Vi sono, poi, situazioni in cui la maggior parte di noi ritiene che vi siano buone ragioni per non dover essere sinceri, spesso mentire serve proprio a essere gentili.

Il non voler arrecare dolore agli altri ci fornisce una giustificazione esterna per la nostra innocua menzogna: “counterattitudinal advocacy”, processo che induce gli individui a dichiarare un’opinione che è in contraddizione con se stessi.

Ogni membro della società si trova continuamente in situazioni i cui è minacciato di essere punito dai custodi dell’ordine e della legge se non rispetta le loro regole. La pena c’insegna ad evitare di essere presi. Se la minaccia risulta poco pesante minore è la giustificazione esterna, se è minore la giustificazione esterna maggiore è il bisogno di una giustificazione interna.

Tanto le ricompense quanto le minacce esagerate osteggiano la dissonanza e impediscono la modificazione dell’atteggiamento.

È ovvio che quando vogliamo bene alle persone parliamo loro con gentilezza e facciamo loro favori, cosa che non accade con individui del tutto estranei.

Ciò che scatena il cambiamento dell’atteggiamento è il bisogno di preservare il ritratto di noi stessi.

La teoria della discrepanza del sé prevede che a causa di un colpo alla nostra autostima insorgerà un disagio psicologico in cui ci impegniamo a ridurre la dissonanza stabilendo l’armonia tra le credenze su noi stessi ossia tra il nostro sé reale e i nostri criteri personali.

Una volta ottenuto il completamento del sé esso permette agli individui di ridurre la dissonanza cognitiva: teoria del mantenimento del sé.

Mediante l’attività di simbolizzazione del sé diventiamo capaci di ridurre la dissonanza derivante dalla minaccia ai nostri concetti di sé.

Le persone avvertono dissonanza ogni volta che il loro concetto di sé viene minacciato o ogni volta che seguono un comportamento sciocco o immorale. Spesso quelli con bassa autostima non prestano particolare attenzione a recuperare il proprio concetto di sé.

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Triandis ha scoperto che in società meno individualistiche il comportamento per ridurre la dissonanza è secondario rispetto a quello che favorisce l’armonia del gruppo in luogo della coerenza personale.

6. GLI ATTEGGIAMENTI E IL LORO CAMBIAMENTO: Un atteggiamento è un giudizio permanente nel tempo positiva o negativa riguardo a persone, oggetti e idee. (Fazio 2000, Chaiken 1998)

Gli atteggiamenti sono formati da tre componenti che insieme costituiscono la nostra valutazione dell’oggetto dell’atteggiamento:

- una componente affettiva- una componente cognitiva- una componente comportamentale

Gli atteggiamenti comprendono pertanto una componente affettiva che consiste nelle nostre reazioni emotive all’oggetto dell’atteggiamento.

Quando si tratta di valutare un oggetto si parla di atteggiamento a base cognitiva, quando è fondato più sui pensieri e le credenze valori si parla di atteggiamento a base emotiva (spesso può essere il risultato di una reazione sensoriale).

Gli atteggiamenti possono derivare dai valori delle persone ovvero dalle loro credenze religiose o morali o formarsi da un condizionamento: tale può essere il condizionamento classico in cui un certo stimolo che provoca una reazione emotiva può essere avvertito ripetutamente insieme ad uno stimolo neutro che non provoca alcuna reazione finchè quest’ultima non assume le proprietà emotive del primo stimolo.

Gli atteggiamenti possono anche essere a base comportamentale (le persone non sanno quali siano le emozioni finchè non vedono come si comportano).

Spesso cambiare un atteggiamento è parecchio difficile.

Quando un atteggiamento è a base comportamentale ogni sensazione diviene accessibile e l’atteggiamento stesso è resistente al cambiamento.

Gli atteggiamenti sono modificabili in risposta a un’influenza sociale (azioni e parole altrui).

La counterattitudinal advocacy è un mezzo potente per modificare gli atteggiamenti.

La comunicazione persuasiva, p.e. quella dei mass media riesce a cambiare gli atteggiamenti in una persona.

Vi sono due importanti teorie della comunicazione persuasiva:

- modello della persuasione euristico-sistematica;

- modello della probabilità di elaborazione.

Entrambe affermano che in determinate condizioni le persone prestano attenzione ai fatti inerenti una comunicazione e che verranno persuase quanto più questi fatti possiedono una forza logica.

Spesso gli individui trasformano ciò che ascoltano rielaborando il contenuto della comunicazione: via centrale della persuasione.

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Quando invece gli individui vengono guidati da aspetti periferici e non dal contenuto del messaggio si parla di via periferica della persuasione.

Un fattore che motiva le persone a far attenzione a una comunicazione è la rilevanza personale dell’argomento.

Talvolta non riusciamo a mostrare attenzione a un discorso nonostante l’attenzione che vi prestiamo

Le ragioni possono essere la stanchezza, la distrazione provocata dai rumori o la complessità dell’argomento.

Un modo per superare tale ostacolo consiste nel distrarre il pubblico con dei rumori di sottofondo in modo da avere l’attenzione del pubblico.

Le persone che fondano i loro atteggiamenti su un’analisi accurata dei ragionamenti hanno maggiori probabilità di conservarli nel tempo e di comportarsi in coerenza con essi.

Le nostre emozioni influenzano il percorso della persuasione: si è scoperto che quando le persone sono di buonumore desiderano continuare ad esserlo e questo favorisce la via periferica della persuasione (ossia esse si lasciano convincere da un ipotetico venditore o da un ipotetico messaggio pubblicitario).

Inoltre le comunicazioni che inducono paura funzionano realmente, p.e. la pubblicità sui danni che arreca il fumo. Tale paura modifica l’atteggiamento delle persone mediante la via centrale. Ma tale paura può produrre anche un effetto boomerang, ossia le persone provano un aumento di interesse per il comportamento proibito oltre che una sensazione di rabbia e aggressività contro chi l’ha vietato.

Questo per non poter perdere il loro senso di libertà e di scelta personale.

Secondo il modello della persuasione euristico - sistematica quando le persone adottano la via periferica della persuasione impiegano una forma euristica. Un’euristica può essere considerata una regola semplice che le persone impiegano per decider quale sia il loro atteggiamento senza perdere tempo ad analizzare ogni dettaglio dell’argomento.

Ma da dove provengono le nostre emozioni? L’atteggiamento delle persone tende spesso a basarsi sulla valutazione degli aspetti pratici ed è pertanto a base cognitiva ma gli atteggiamenti riguardo alla propria identità sociale sono a base essenzialmente emotiva.

SHAVITT scoprì che le persone hanno diversi tipi di atteggiamenti verso differenti generi di prodotti.

Nelle varie culture le persone mostrano delle differenze del concetto di sé.

In alcuni casi seguiamo un comportamento spontaneo senza pensarci troppo in anticipo a ciò che stiamo per compiere: ciò dipende dalla qualità dell’atteggiamento che abbiamo incontrato e, dunque, dalla sua accessibilità ossia dalla forza con cui un oggetto viene associato al nostro atteggiamento al riguardo.

Le persone si comportano in accordo coi loro comportamenti solo se questi vengono evocati rapidamente al momento della scelta; quando gli atteggiamenti non sono accessibili le persone vengono maggiormente influenzate da variabili della situazione.

Secondo la teoria dell’azione ragionata di FISHBEIN il modo migliore per prevedere il comportamento da adottare è pianificare le proprie azioni (tempo permettendo).

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Due cose sono necessarie per conoscere le intenzioni di un’altra persona:

- il suo atteggiamento;

- le nostre credenze rispetto a quella situazione.

Oltre al compito di misurare gli atteggiamenti verso un comportamento dobbiamo anche valutare le norme soggettive delle persone ovvero le credenze su come le persone giudicheranno un certo comportamento.

La pubblicità funziona perché convince le persone con problemi personali che essi possono essere risolti dal prodotto reclamizzato.

L’uso di messaggi subliminali (parole e immagini) possono influenzare il giudizio delle persone a livello inconscio ma resta, comunque, improbabile che essi siano più forti dei messaggi prodotti da una pubblicità più evidente e percepita consciamente.

7. IL CONFORMISMO E L’INFLUENZA DEL COMPORTAMENTO: il conformismo è un cambiamento di comportamento dovuto ad un’influenza reale o immaginata dagli altri.

Le informazioni sono uno dei prodotti fondamentali della nostra interazione con gli altri.

Quando ci comportiamo come tutti gli altri scegliamo il conformismo perché il comportamento altrui è fonte di informazioni: influenza sociale informazionale.

Quando un individuo si confronta con una situazione potenzialmente pericolosa in cui mette a repentaglio la propria sicurezza diventa pressante il bisogno di informazioni e il comportamento altrui diventa carico di informazioni.

Un esempio di influenza sociale è la malattia psicogena di massa ovvero l’insorgere di sintomi fisici simili in un gruppo di persone privi di una vera causa. Questo tipo di contagio inizia con una persona per poi diffondersi nel gruppo. Più siamo incerti più faremo affidamento sugli altri.

Ma anche le persone che imitiamo possono essere spaventate e agire in maniera irrazionale.

È importante ricordare che è possibile resistere a forze imprecise di influenza sociale informazionale.

Dobbiamo sempre chiederci se gli altri hanno più conoscenze di noi e se le loro azioni sembrano ragionevoli.

Quando vogliamo essere accettai da un gruppo ci conformiamo pure alle loro norme che talvolta possono essere anche implicite. Tale conformismo ci porta a restare nel gruppo e a trarne benefici dell’appartenenza secondo il principio dell’influenza sociale normativa.

Ma il conformismo può essere anche sintomo di debolezza e mancanza di polso e produrre conseguenze negative nell’individuo.

Un modo di osservare il potere delle pressioni sociali normative è vedere cosa succede quando gli individui riescono a resistervi.

La probabilità con cui rispondiamo all’influenza sociale proveniente dagli altri dipende da tre variabili:

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- il grado di importanza che il gruppo ha per noi;

- il grado di vicinanza nel tempo e nello spazio che il gruppo ha nei nostri confronti;

- quante persone si trovano nel gruppo.

Tale è la teoria dell’impatto sociale che sostiene che più cresce la dimensione del gruppo minore è l’influenza da essa prodotto.

L’influenza normativa è più forte quando ogni membro del gruppo dice o crede nella stessa cosa.

Ma non sempre l’influenza sociale normativa risulta utile e adeguata. La consapevolezza di tale influenza è il primo passo verso l’azione poi segue l’azione.

Il conformismo ci permette in un determinato futuro di deviare dal gruppo senza che ciò ci crei problemi eccessivi.

Moscovici sostiene che l’individuo o una minoranza può indurre un cambiamento nella maggioranza: influenza della minoranza.

Le minoranze esercitano influenza sul gruppo tramite l’influenza sociale informazionale.

Obbedienza è, invece, un cambiamento di comportamento dovuto a una richiesta diretta proveniente da un’altra persona.

Quando le persone seguono norme automaticamente si parla di conformismo insensato (si inserisce il pilota automatico). Il conformismo insensato ha un grande vantaggio poiché le persone mostrano accondiscendenza nelle richieste altrui e non hanno il tempo di pensare a cosa stanno facendo.

La tecnica della porta in faccia riesce ottimamente a convincere le persone ad accondiscendere ad una data richiesta.

Perché tale tecnica ha successo? La risposta risiede nella norma della reciprocità secondo cui dobbiamo ricambiare le azioni gentili fatte dagli altri.

Uno svantaggio, però, è che essa ha breve durata, se vogliamo che duri di più dobbiamo utilizzare la tecnica del piede nella porta, ossia si comincia con una richiesta contenuta per poi giungere ad una maggiore a cui la persona non potrà dir di no: è difficile dir di no a qualcuno specie se ci costringe (p.e. l’autorità).

L’influenza sociale informazionale è potente quando la situazione è ambigua, sconfina nella crisi e quando gli altri sono in un certo modo degli esperti.

Ogni volta che si prende una decisione si produce dissonanza e un modo per ridurla è giustificarla.

8. PROCESSI DI GRUPPO: INFLUENZA NEI GRUPPI SOCIALI:un gruppo è l’unione di due o tre persone che si trovano in uno stesso posto nello stesso momento.

Vi è, poi, il gruppo non sociale in cui si è circondati da altri con cui non si interagisce.

I gruppi sociali sono, invece, un insieme di più persone che interagiscono reciprocamente e sono interdipendenti, ossia si influenzano l’un l’altro.

Spesso la semplice presenza degli altri condiziona le prestazioni degli individui e dà più forza :

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facilitazione sociale, l’eccitazione provocata dalla presenza di altri in un individuo sicuro di sé migliora la sua prestazione, in un individuo con bassa autostima accade il contrario. Inoltre l’eccitazione ci porta ad essere più attenti poiché sono presenti altre persone.

Numerosi studi hanno dimostrato che di fronte a un compito difficile gli esseri umani hanno prestazioni peggiori in presenza di altri ma tutto dipende da quanto un’azione risulti o meno nuova per noi.

Mescolarci con gli altri ci rilassa poiché l’attenzione non è concentrata solo su di noi: nessuno può giudicare le nostre prestazioni: tale è l’inerzia sociale.

Rendersi anonimi può, però, avere altre conseguenze: può generare deindividuazione e portare alla perdita della consapevolezza di sé.

Quando ci troviamo in un gruppo non ci limitiamo a osservarci reciprocamente in modo passivo ma al contrario socializziamo, ci mischiamo e discutiamo.

La maggior parte dei gruppi tende ad avere non più di venti membri tutti simili tra loro negli atteggiamenti e nelle opinioni.Quando tali membri violano una delle norme del gruppo vengono indotti ad abbandonarlo.

Un gruppo ha un leader, ossia una persona giusta al momento giusto che prende le decisioni al suo interno.

Secondo la teoria della contingenza di Friedler esistono due generi di leader:

- leader orientato al compito (si concentra sulle cose che vengono fatte);

- leader orientato alle relazioni (si concentra sui sentimenti e le relazioni fra i membri).

Le donne riescono meglio come leader nel campo dell’istruzione, gli uomini in quello militare.

Una delle funzioni principali dei gruppi è quella di risolvere i problemi e di prendere decisioni.

Un gruppo può lavorare o a un compito divisibile o a un compito unitario; quando invece tutti svolgono uno stesso compito si parla di compito aggiuntivo. Inoltre vi sono il compito congiunto (la prestazione viene definita dalle capacità del membro meno capace del gruppo) e il compito disgiunto (la prestazione viene definita dal membro più capace).

I gruppi compiono prestazioni migliori se sono in grado di svolgere il lavoro come un compito disgiunto in cui possono fare affidamento sulla persona con conoscenze maggiori.

Viene definita perdita di processo un qualsiasi aspetto di un’interazione di gruppo che impedisce la corretta soluzione di un problema. La perdita di processo può verificarsi perché i gruppi non si accaniscono a trovare quale sia il loro membro con maggior competenza perché nessuno lo prende sul serio.

Spesso nei gruppi le persone non si ascoltano a vicenda e spesso alcuni restano in silenzio o vi è disaccordo.

Un modo per ovviare questo è assicurarsi che le persone siano consapevoli che i membri diversi del gruppo sono responsabili di generi diversi di informazioni.

Janis a tale proposito sviluppò la teoria dei processi decisionali di gruppo a cui diede il nome di groupthink: genere di pensiero in cui il mantenimento della coesione e della solidarietà ha maggiore

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importanza della considerazione realistica dei fatti. Il groupthink si verifica quando il gruppo mostra accordo e coesione nelle decisioni (molte teste per una sola mente).

Quando vi è disaccordo a livello personale nelle decisioni si parla di conflitto intrapersonale, quando vi è tensione fra più individui si parla, invece, di conflitto interpersonale.

Nel conflitto a somma zero la vittoria di una parte implica la sconfitta dell’altra.

I conflitti possono essere a motivazione mista (entrambe le parti possono guadagnare qualcosa sia tramite la cooperazione sia tramite la competizione).

Una scelta migliore risulta essere la strategia del dente per dente ovvero il tit-for-tat: si comincia con la cooperazione per poi giungere alla competizione.

Spesso quando ci troviamo in conflitto usiamo le minacce per costringere l’altra parte a cedere ai nostri desideri.

Ma la comunicazione risulta utile solo quando le persone imparano a usarla in modo da stabilire fiducia.

Le persone giungono ad un accordo mediante il dialogo: negoziazione. Quando si negozia è importante ricordarsi che spesso sono possibili delle soluzioni integrative: occorre cercare la fiducia degli altri anche se non vi è tra gli individui particolare amicizia.

9. L’ATTRAZIONE INTERPERSONALE: è quel processo mediante il quale due persone che si incontrano per le prima volta prendono a gradirsi reciprocamente per giungere ad un’amicizia che poi si svilupperà in una relazione intima.

I ricercatori hanno scoperto che la maggior parte delle persone sposa il compagno di banco, che vive nello stesso quartiere o lavora nel medesimo ufficio.

Il semplice incontro ha un forte effetto sull’attrazione e la familiarizzazione ne aumenta l’effetto.

L’aspetto fisico poi costituisce un potente stereotipo: le persone molto attraenti sembrano avere relazioni sociali più soddisfacenti di quelle che non lo sono. La bellezza non solo influisce sul comportamento delle persone ma è presente anche nel ricordo spontaneo che le persone hanno delle loro esperienze reali di attrazione.

I fattori che determinano l’attrazione fanno riferimento a :

- aspetti situazionale (prossimità);

- attributi individuali (bellezza);

- comportamento dell’individuo ( trasmettere gradimento).

Più conosciamo gli altri più entrano in gioco diversi fattori quali la somiglianza attraverso la condivisione di atteggiamenti e valori.

Le persone che ci somigliano convalidano le nostre opinioni facendoci sentire così più sicuri.

Wagner ha scoperto che le personalità opposte si attraggono mentre gli altri ricercatori sostengono che la somiglianza sta alla base dello sviluppo delle relazioni. 21

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Si parte dalla somiglianza per poi giungere alla complementarità

Quando crediamo di piacere a qualcuno aumentiamo la possibilità di essere graditi da chi ci circonda.

Le persone con stima moderata di sé rispondono all’attrazione reciproca mentre quelle che hanno una bassa autostima rispondono in maniera diversa: se pensiamo di non valere nulla il comportamento degli altri ci sembrerà ingiustificato spingendoci a non rispondere.

Chi ha un concetto positivo di sé ha molta fiducia nel proprio partner, chi ha una bassa autostima è meno gentile e ha poca fiducia nell’altro.

Secondo l’effetto guadagno-perdita siamo maggiormente attratti dalle persone se sentiamo di averle conquistate, mentre le rifiutiamo se pensiamo di aver perso la loro stima.

La teoria dello scambio sociale sostiene che il modo in cui le persone percepiscono la relazione (positivamente o negativamente) dipende dalla valutazione dei profitti e dei costi, dalla percezione del tipo di relazione.

La soddisfazione provata verso una relazione dipende anche dal livello di confronto ovvero il guadagno che ci si aspetta in termini di costi e profitti (una relazione che non soddisfa potrebbe portare a infelicità).

La soddisfazione dipende anche dalla percezione che abbiamo della possibilità di sostituirla con una migliore ovvero dal livello di confronto per le alternative. Le persone che hanno un alto livello di confronto per le alternative magari perché credono che il mondo sia pieno di persone favolose fanno sempre nuove amicizie.

Quelle che hanno un basso livello di confronto hanno maggiori possibilità di rimanere in una relazione costosa poiché pensano di non poter trovar altro migliore.

Secondo la teoria dell’equità le persone in una relazione non solo cercano i massimi profitti e benefici a costi bassi ma anche equità: io dò tu mi dai.

Esistono diverse definizioni di amore:

- compassione (sentimento di intimità che si prova verso qualcuno senza che vi sia passione o eccitazione psicologica);

- amore passionale (intenso desiderio nei confronti dell’altra persona).

Secondo la teoria triangolare dell’amore esso è composto da tre ingredienti:

- intimità;

- passione;

- impegno.

Henrick ha identificato sei stilki di amore:

- Eros (amore appassionato);

- Ludus (amore giocoso);

- Storge (amore che cresce lentamente);

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- Pragma (amore concreto e realistico);

- Mania ( amore emotivo);

- Agape (amore altruistico e generoso).

I giapponesi descrivono con il nome amae uno stato emotivo estremamente positivo in cui il partner è totalmente dedito e si prende cura dell’altro, una sorta di dipendenza in termini assoluti.

Dion ha ipotizzato che l’amore romantico è importante all’interno delle società individualistiche mentre ha un valore meno importante in quelle collettivistiche.

Per prevedere se le persone manterranno una relazione intima duratura è necessario conoscere:

- il livello di soddisfazione;

- le alternative;

- il grado di investimento nella relazione.

Tale è il modello dell’investimento di Rusbult.

Un altro stile di attaccamento è quello con cui i bambini formano primi legami con chi si prende cura di loro quando sono piccoli.

Tali legami influenzeranno le loro relazioni da adulti (un esempio è la Strange Situation).

Quando, invece, le relazioni intime sono caratterizzate dalle tensione tra forze opposte ma interrelate quali autonomia-legame, apertura-chiusura si parla di dialettiche relazionali.

Nelle relazioni intime vi è anche la gelosia, si pensa che le persone gelose abbiano poca fiducia in se stesse e temano la perdita dell’amato a causa di un rivale.

La fine di una relazione è una delle cose più dolorose della vita. Quando ai soggetti viene chiesto di descrivere come hanno troncato una relazione emergono cinque risposte:

- tono positivo ( gli voglio ancora bene ma…….);

- ridimensionamento verbale (dire al partner di non essere più innamorati);

- ridimensionamento comportamentale ( evitare contato con il partner);

- manipolazione identità negativa (dire al partner di voler frequentare altre persone);

- giustificazione (dire al partner che non si è soddisfatti della relazione).

I soggetti che alla rottura di una relazione hanno lasciato passano le settimane seguenti in maniera meno triste rispetto a quelli che sono stati lasciati.

Akert ha scoperto che gli uomini lasciati o che hanno lasciato non sono molto interessati a restare

amici con l’ex. Se la decisione è stata presa insieme vi è più interesse a mantenere l’amicizia in futuro.

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10. IL COMPORTAMENTO PROSOCIALE: perché le persone aiutano: qualsiasi azione commessa allo scopo di arrecare beneficio a un’altra persona. Un comportamento sociale è l’altruismo ovvero il tentativo di aiutare gli altri senza tenere conto della propria sicurezza o del proprio interesse.

Secondo i sociobiologi l’evoluzione ha favorito questi comportamenti sociali rispetto ad altri cosicché essi ora sono stabili nel nostro patrimonio genetico.

Una teoria fondamentale della psicologia sociale è la teoria dello scambio sociale che sostiene che gran parte delle nostre azioni sono provocate dal desiderio di massimizzare i guadagni e minimizzare i costi.

Essa presuppone che nelle relazioni sociali noi teniamo implicitamente il conto dei guadagni e dei costi.

Aiutare qualcuno può essere remunerativo in molti modi : p.e. alleviando il dolore delle persone che soffrono si allevia il proprio dolore e contribuiamo far crescere la nostra autostima.

L’altruismo entra in gioco anche quando avvertiamo empatia per la persona bisognosa di aiuto ossia quando sentiamo parte del suo dolore e della sua sofferenza come nostro.

Se per qualsiasi ragione non avvertiamo empatia entrano in gioco le preoccupazioni dello scambio sociale. Se non si ottiene alcun vantaggio dall’aiuto prestato si prosegue per la propria strada senza fermarsi.

Secondo l’ipotesi dell’empatia-altruismo i soggetti dovrebbero essere motivati da un genuino interesse per l’altruismo cioè aiutare gli altri nonostante i costi se l’empatia è alta.

Abbiamo, quindi tre motivazioni che sottostanno al comportamento prosociale:

- l’idea che dare aiuto sia una reazione istintiva che promuove il benessere di coloro che sono

simili a noi geneticamente;

- le ricompense superano i costi trasformandolo in un interesse personale;

- empatia e compassione per la vittima stimolano il dare disinteressato.

Gli psicologi hanno scoperto che il comportamento prosociale si forma già dai primi anni di vita: bambini di 18 mesi aiutano i propri genitori nelle faccende domestiche o alleviano il pianto di altri bambini.

Pensare di aiutare qualcun altro allo scopo di ottenere ricompense diminuisce la visione di sé come persone altruiste e non egoiste. Ricompense molto alte possono, però, abbassare l’interesse delle persone verso il soggetto da aiutare perché credono di mettere in atto un comportamento solo per ottenere la ricompensa.

I bambini in questo imitano gli adulti e dunque i genitori dovrebbero influenzare il livello di altruismo nei proprio figli ma non intermini di guadagni o ricompense.

Le pressioni ambientali influenzano il comportamento umano e per prevedere l’altruismo di un individuo bisogna possedere numerose conoscenze sulla sua personalità e sulla situazione nella quale si trova..

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È stato provato che il buon umore migliora l’atteggiamento altruistico: sentirsi bene e agire bene è un ottimo modo per prolungare il nostro buon umore.

Un tipo di cattivo umore accresce l’altruismo: il senso di colpa. Le persone spesso agiscono con l’idea che le buone azioni cancellino quelle negative, quando facciamo qualcosa di sbagliato aiutare un’altra persona bilancia le cose e riduce il sentimento di consapevolezza.

Secondo l’ipotesi del sollievo dello stato negativo di Cialdini le persone aiutano qualcun altro allo

scopo di aiutare se stesse, ovvero di alleviare la propria tristezza e depressione: se il nostro amico è depresso, anche noi ci sentiremo un po’ depressi. A seconda dell’ambiente il cui si vive il nostro comportamento prosociale si verifica in modo differente.

Secondo l’ipotesi del sovraccarico urbano le persone che vivono in città sono bombardate costantemente da stimoli col risultato che pensano a se stesse in modo da evitare di esserne sovraccaricate. Tale riluttanza deriva dall’ambiente urbano e non dall’educazione che le persone ricevono.

La fretta e la confusione delle città, spesso, possono essere così opprimenti che anche persone altruistiche e attente pensano a se stesse e rispondono meno ai bisogni degli altri.

In città secondo il fenomeno dell’effetto testimone maggiore è il numero di testimoni che assistono ad un’emergenza, meno è probabile che qualcuno di essi aiuti la vittima.

Se le persone ritengono che tutto proceda bene quando si verifica una situazione di emergenza è ovvio che non aiuteranno.

Quando non siamo certi di cosa stia accadendo una delle prime cose che facciamo è quella di guardarci intorno per vedere come reagiscono gli altri.

Questo stato di ignoranza collettiva, nel quale i testimoni si confondono reciprocamente a causa delle loro risposte assenti porta a credere che non vi sia alcun pericolo poiché nessuno sembra essere preso dal panico.

Quando ci sono molti testimoni si verifica la diffusione di responsabilità: poiché sono presenti altri nessuno percepisce un forte senso di responsabilità di agire per non mettere a repentaglio la propria vita.

La persona, inoltre, deve in, situazioni di emergenza, decidere quale forma di aiuto utilizzare. Da una parte possiamo essere non qualificati per prestare il giusto aiuto, dall’altra temiamo di fare qualcosa di sbagliato o di metterci in una situazione di pericolo per cercare di prestare aiuto.

Nelle relazioni di scambio l’aiuto sembra essere guidato da regole e norme diverse da quelle che regolano le relazioni di condivisione (amorose) poiché le persone sono più interessate a chi prende cosa e se la situazione appare sbilanciata da una parte.

Spesso le persone non sempre vogliono essere aiutate, ricevere aiuto può farci avvertire un senso di ineguatezza e dipendenza. Le persone non vogliono apparire incompetenti e decidono di soffrire in silenzio.

Per cui non dobbiamo imporre l’aiuto a chiunque incontriamo, anche perché ricevere aiuto può essere dannoso per la stima di sé.

L’obiettivo è quello di dare un sostegno mediante l’aiuto cercando di sottolineare il nostro interesse nei confronti della persona e non utilizzando l’aiuto per dar mostra della nostra superiorità.

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11. L’AGGRESSIVITA’:si definisce il comportamento volto a provocare un dolore fisico o psicologico.

L’aggressività può essere:

- ostile (scopo è infliggere dolore o un danno);

- strumentale ((l’intenzione di far del male ha scopi diversi).

L’aggressività è innata e se viene repressa finirà col produrre qualche sorta di esplosione (teoria idraulica di Freud). L’aggressività aumenta quando vi è frustrazione o deprivazione di qualcosa.

Ma il comportamento aggressivo può essere modificato.

Scoperte biochimiche hanno affermato che l’amigdala sembra in grado di controllare l’aggressività nell’uomo così come negli animali. Quando l’amigdala riceve degli stimoli gli organismi docili diventano violenti: il risultano opposto si ha quando se ne blocca l’attività neurale.

Si è scoperto che l’aumento di testosterone produce un aumento di aggressività negli animali.

L’alcol tende ad abbassare le nostre inibizioni contro comportamenti vietati dalla società quali l’aggressività: dopo l’ingestione di alcol le persone che sono soggette alla pressione sociale verso l’aggressività o che sono frustrate avvertono minori restrizioni o inibizioni a commettere atti violenti.

Inoltre, forme di malessere fisico quali il caldo, l’umidità, l’inquinamento possono abbassare la soglia del comportamento aggressivo.

Un’ovvia ragione dell’aggressività viene dal bisogno di rispondere a una provocazione rappresentata dal comportamento aggressivo di un’altra persona ma non sempre rispondiamo aggressivamente.

Tutto avviene in conseguenza a quello che noi chiamiamo priming che ci porta poi ad agire in un determinato modo. Spesso la maggior parte degli individui disumanizzano la vittima per poter commettere un atto estremo di aggressività.

Una causa fondamentale dell’aggressività è l’apprendimento sociale. Bandura e Ross dimostrarono l’efficacia di tale teoria: il semplice atto di vedere un’altra persona comportarsi aggressivamente serve ad aggravare il comportamento aggressivo nei bambini.

Anche la televisione ha effetti negativi sui bambini: maggiore è la quantità di violenza che gli individui vedono in televisione da bambini maggiore è la violenza che mostreranno da adulti. L’esposizione costante alla violenza televisiva infonde nelle persone anche maggiore tolleranza verso la violenza reale.

Alcune persone influenzate spesso presentano risultati tragici.

Punire l’aggressività riduce il comportamento aggressivo? Da un lato potrebbe ridurne la frequenza, dall’altro una punizione severa potrebbe indurre la persona all’imitazione.

La punizione deve essere veloce e certa ossia seguire immediatamente il perpetrarsi dell’atto violento.

Se la cosa migliore è esprimere la nostra rabbia a qualcuno che ne è la causa possiamo trarne beneficio nel condividerla.

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Gli effetti positivi “dell’aprirsi” non sono dovuti semplicemente allo sfogare i sentimenti ma alla consapevolezza di sé che accompagna questa apertura.

Un modo efficace di ridurre l’aggressività provata da un’altra persona è intraprendere qualche azione volta a diminuire la rabbia e la frustrazione: p.e. costringere la persona che ne è stata la causa ad assumersi le proprie responsabilità e a chiedere scusa.

12 Il PREGIUDIZIO: CAUSE E RIMEDIil pregiudizio può intercorrere dal gruppo minoritario alla maggioranza e viceversa.

L’identità etnica e razziale è uno dei più importanti punti degli atteggiamenti preconcetti. Altri aspetti suscettibili al pregiudizio sono il genere, le preferenze sessuali, la religione, l’aspetto fisico, le malattie ecc.

Un pregiudizio nei confronti di un soggetto può abbassare notevolmente la stima di sé della vittima(Clark e Clark:bambini afroamericani a 3 anni si sentivano diversi per il colore della pelle;Goldberg:le donne della nostra cultura si consideravano intellettualmente inferiori rispetto agli uomini, le studentesse ritenevano più importante un articolo scritto da un uomo piuttosto che da una donna;esempi di 50 o 30 anni fa, la psicologia sociale con le sue ricerche ha contribuito alla comprensione dei fenomeni che causano il pregiudizio e ha incominciato a delineare soluzioni).

Il pregiudizio è anche pericoloso poiché la semplice antipatia nei confronti di un gruppo può diventare spietata e condurre alla svalutazione degli altri come esseri umani, alla tortura, alla morte.

Il pregiudizio è un atteggiamento costituito da 3 aspetti:

- componente affettiva o emozionale (sia il tipo di emozione collegato all’atteggiamento, sia l’estremità dell’atteggiamento);

- componente cognitiva (credenze e pensieri che compongono l’atteggiamento);

- componente comportamentale (le azioni dell’individuo).

Il pregiudizio è un atteggiamento ostile basato sul priming che si divide in :

- positivo (all’interno di un gruppo);

- negativo (nei confronti di un gruppo estraneo).

Noi tendiamo a categorizzare in base al nostro bagaglio culturale: lo stereotipo è una generalizzazione condotta su un gruppo di persone in cui caratteristiche identiche vengono attribuite a tutti i membri del gruppo senza tener conto delle differenze tra essi. Gli stereotipi sono resistenti al cambiamento anche quando sopraggiungono nuove informazioni.

Gli stereotipi riflettono le credenze culturali: in ogni società esistono delle descrizioni facilmente riconoscibili che riguardano i membri di un particolare gruppo.

Il mondo ci fornisce così tante informazioni che dobbiamo necessariamente agire come “economizzatori di risorse” per cercare di capire gli altri (Allport: la stereotipizzazione come la legge del minimo sforzo).

Stereotipo e genere, lo studio di Deaux ed Emsweiler, in cui i membri del gruppo stereotipato riproducono lo stereotipo stesso (i test svolti bene da un ragazzo erano frutto della sua abilità; test

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svolti bene da ragazze, invece, solo colpi di fortuna). La società è severa nei confronti degli uomini che falliscono e poco generosa nei confronti delle donne di successo.

La discriminazione come azione ingiustificata, negativa o dannosa nei confronti di un gruppo (studio di Bond, DiCandia e McKinnon su pazienti psichiatrici neri e bianchi; usata più violenza nei confronti dei neri).

Le cause del pregiudizio: sociobiologi d’accordo nell’affermare che gli organismi sono più favorevoli nei confronti dei pari; psicologi e sociologi affermano che il pregiudizio si acquisisce precocemente e può generarsi anche da differenze insignificanti.

La categorizzazione sociale: noi vs. loro: come tema sottostante della cognizione sociale umana, raggruppare in base alle somiglianze e metterli in contrasto in base alle differenze.

L’ingroup bias, cioè il mostrare sentimenti positivi per gli appartementi al nostro ingroup, è prodotto, secondo Tajfel, dalla stima di sé, i soggetti aumentano la stima di sé identificandosi in un gruppo sociale preciso; ciò veniva fuori dall’esperimento dei gruppi minimi dello stesso Tajfel.

Oltre all’ingroup bias c’è la percezione dell’omogeneità dell’outgroup; i membri dell’ingroup ritengono quelli dell’outgroup più omogenei di quanto siano in realtà e più di quanto siano i membri dell’ingroup.

Il fallimento della logica: la componente affettiva dell’atteggiamento rende la persona con pregiudizio resistente al ragionamento, le spiegazioni logiche non hanno effetti sulle emozioni(“La natura del pregiudizio” di Allport); si fa più attenzione all’informazione coerente con le nostre opinioni, la richiameremo più spesso alla mente. A causa di questi aspetti, lo stereotipo diventa ancor più resistente.

Un altro modo in cui viene perpetuato il pensiero stereotipino è attraverso il fenomeno della correlazione illusoria ovvero il caso in cui aspettandoci che due cose siano collegate inganniamo noi stessi fino a credere che di fatto lo siano. Per esempio vi è una credenza a credere che coppie sterili dopo l’adozione di un figlio abbiano più possibilità di concepirne uno loro.

Secondo Webber e Crocker è possibile modificare le proprie credenze stereotipiche: tutto dipende da come vengono presentate le informazioni che smentiscono lo stereotipo. Gli autori propongono tre modelli possibili:

- modello di contabilità (ogni informazione che contraddice lo stereotipo porterebbe allasua modificazione);

- modello di conversione (lo stereotipo cambia grazie ad un’informazione forte e saliente);

- modello di sottotipizzazione (si crea un nuovo sottotipo di stereotipi che si adattano all’informazione discordante).

Le credenze stereotipate combinate con una reazione emotiva negativa si traducono in un comportamento scorretto o violento chiamato discriminazione. Essa è definita come un’azione ingiustificata negativa o dannosa verso i membri di un gruppo semplicemente a causa dell’appartenenza a quel determinato gruppo.

Il pregiudizio è una conseguenza del modo in cui elaboriamo e organizziamo l’informazione.

Il primo gradino del pregiudizio riguarda la creazione dei gruppi ossia la categorizzazione di alcune persone basata su certe caratteristiche. Ordiniamo, infatti, il nostro gruppo secondo determinate caratteristiche

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Le persone che solo occasionalmente sono state oggetto di pregiudizi trovano difficile capire cosa significhi essere un bersaglio continuo del pregiudizio.

Molto spesso i membri del gruppo dominante possono cadere nella trappola di “biasimare la vittima” per la sua condizione .

Una delle cause più ovvie di conflitto e di pregiudizio è la competizione per risorse limitate, per il potere politico, per lo status sociale.

La teoria del conflitto realistico sostiene che quando le risorse sono limitate esiste un reale conflitto fra gruppi. La competizione si genera dai sentimenti negativi sviluppati nei confronti del gruppo contro cui si compete.

I pregiudizi aumentano quando vi sono tensioni e si sviluppa un conflitto su obiettivi che si escludono reciprocamente come per esempio il conflitto fra arabi e israeliani per i territori occupati(ruolo del capro espiatorio;gli individui infelici tendono a mostrare aggressività nei confronti dei gruppi che sono non graditi, visibili e privi di potere,gli ebrei ad esempio).

Il pregiudizio, inoltre, si forma e viene mantenuto da molte forze del mondo sociale: un comportamento innocuo come il conformismo può diventare pericoloso quando entra il gioco il pregiudizio.

Se viviamo in una società in cui le informazioni stereotipiche abbondano il comportamento discriminatorio è la “regola”. In questo caso parliamo di razzismo istituzionalizzato e sessismo istituzionalizzato.

Un modo per determinare il ruolo del conformismo normativo è quello di vedere i cambiamenti del pregiudizio e della discriminazione nel tempo. Il cambiamento delle norme sociali provoca infatti una modificazione dei pregiudizi e dei comportamenti discriminatori.

Quando le persone si comportano apparentemente senza pregiudizi ma dentro di sé mantengono degli stereotipi si parla di razzismo moderno: i pregiudizi della gente si manifestano in maniera nascosta e indiretta poiché ha imparato a celare il pregiudizio in casi in cui potrebbe essere accusata di razzismo. Jones e Sigall hanno creato un congegno, il bogus pipeline, che misura gli atteggiamenti concreti, non quelli desiderabili, dei soggetti di una ricerca.

Quando la situazione è sicura i pregiudizi possono essere liberamente manifestati.

Dunque quando sono soddisfatte queste sei condizioni i gruppi ostili ridurranno i propri stereotipi, i pregiudizi e i comportamenti discriminatori (Sherif esperimento del campo estivo, pregiudizi e stereotipi creati istigando il conflitto e la competizione):

- l’interdipendenza reciproca (in situazione di cooperazione per un’emergenza);

- lo scopo comune (hanno bisogno l’uno dell’altro per raggiungere un obiettivo);

- lo status uguale;

- il contatto interpersonale amichevole e informale;

- i contatti molteplici con l’outgoup per rendersi conto che le credenze dell’ingroup sono sbagliate;

- le norme sociali di uguaglianza.

Alcuni esperimenti hanno infine dimostrato che nelle condizioni adeguate il contatto è uno strumento maneggevole ed efficace da usare nella battaglia contro il pregiudizio. 29

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La jiggsaw classroom( Aronson), in cui minoranze e maggioranze etniche collaborano per uno scopo comune, ognuno possiede delle informazioni e per raggiungere lo scopo devono unire tutte le informazioni così aumenta l’autostima e i risultati sono migliori.

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