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PSICOLOGIA SOCIALE lez. 11 Paola Magnano [email protected] UNIVERSITÀ KORE DI ENNA UNIVERSITÀ KORE DI ENNA LA PERFORMANCE DI GRUPPO È SEMPRE MIGLIORE DI QUELLA INDIVIDUALE?

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PSICOLOGIA SOCIALE

lez. 11

Paola Magnano

[email protected]

UNIVERSITÀ KORE DI ENNA UNIVERSITÀ KORE DI ENNA

LA PERFORMANCE DI GRUPPO È SEMPRE MIGLIORE DI QUELLA

INDIVIDUALE?

tipologie fondamentali di compiti

additivi: la prestazione del gruppo è la somma delle performance individuali dei membri; aumenta in maniera lineare all’aumentare del gruppo (compiti di massimizzazione, conta la quantità)

disgiuntivi: il gruppo deve scegliere tra diverse opzioni e possibilità; la prestazione potenziale è data dalla prestazione del membro migliore (compiti di ottimizzazione, conta la qualità) e aumenta all’aumentare del gruppo, ma in maniera diversa secondo le dimensioni del gruppo

congiunti: richiedono l’apporto di tutti i membri; il potenziale del gruppo è dato dalla prestazione del membro peggiore e diminuisce all’aumentare del gruppo

performance effettiva ≠ potenziale di gruppo perdite dovute alla coordinazione: i membri non riescono ad esercitare il massimo dal loro sforzo in maniera congiunta (blocco di produzione nel brainstorming)

perdite dovute alla motivazione: gli individui lavorano meno duramente perché contano sugli altri

inerzia sociale: i membri riducono il loro sforzo perché il contributo individuale al lavoro di gruppo non è identificabile

effetto della non essenzialità: i membri si impegnano meno perché il loro contributo individuale sembra essere poco rilevante per la performance

effetto sfruttamento: i membri percepiscono che gli altri stanno riducendo il loro impegno

PERDITE DOVUTE ALLA MOTIVAZIONE

compiti additivi: tutti e tre gli effetti

compiti disgiuntivi: i membri deboli sanno che, anche impegnandosi molto, le loro idee non verranno scelte dal gruppo (non essenzialità); i membri forti sono consapevoli delle aspettative nei loro confronti (sfruttamento)

compiti congiunti: i membri più forti anche impegnandosi non riusciranno a compensare le prestazioni dei più deboli (non essenzialità)

GUADAGNI DOVUTI ALLA MOTIVAZIONE

competizione sociale: se i contributi sono identificabili, i membri sono più motivati nelle performance comuni rispetto a quelle individuali

compensazione sociale: i membri forti si impegnano di più per compensare le performance non ottimali dei compagni più deboli

effetto Köhler: i membri più deboli, per evitare di essere considerati responsabili di un risultato scadente, lavorano di più di quanto non farebbero da soli

GUADAGNI DOVUTI ALLA MOTIVAZIONE

compiti additivi

compiti disgiuntivi

compiti congiunti

compensazione sociale

competizione sociale

effetto Köhlercompetizione sociale

COS’È LA LEADERSHIP? ESISTONO DELLE CARATTERISTICHE

PER ESSERE LEADER? SE SI, QUALI SONO LE “QUALITÀ” DEL

LEADER?

LEADERSHIP

lo status, il comportamento o l’insieme di tratti che caratterizzano la persona che assicura la conduzione di un gruppo

il leader è una persona che esercita influenza sugli altri membri del gruppo in misura maggiore rispetto a quanto è da essi influenzata (Brown, 1989)

gioca il ruolo più importante nel dirigere le attività di gruppo, nel mantenimento delle sue tradizioni e costumi, nell’assicurare il raggiungimento dei suoi obiettivi (Turner, 1991)

POTERE E LEADERSHIP (Hollander, 1985)

è un processo di influenza fra leader e

membri per raggiungere gli scopi

del gruppo

produce persuasione

implica aspetti di coercizione e

controllo

produce compiacenza e acquiescenza

LEADERSHIP

è un processo (non una persona) che implica

l’interazione fra leader, seguaci e situazioni

è un fenomeno complesso che si trova

nell’intersezione tra situazione (struttura sociale,

tipo di compito), leader (competenze, motivazioni,

caratteristiche personali) e membri del gruppo

(competenze, mot ivazioni , caratter ist iche

personali) (Hollander, 1985)

ALCUNI CONCETTI SIMILI Novara e Sarchielli, 1996)

potere: capacità di influenzare o vincere le resistenze degli altri, assicurandosi dei comportamenti di acquiescenza

autorità: legittimità nell’esercizio del potere, che è circoscritto ad un certo ambito di attività

controllo: modalità con cui viene valutato il conseguimento degli obiettivi predefiniti

leadership: forma di influenza, caratterizzata dalla capacità di determinare un consenso volontario, un’accettazione soggettiva e motivata nelle persone rispetto a certi obiettivi del gruppo o dell’organizzazione

LE TEORIE DEL “GRANDE UOMO” O APPROCCIO DEI TRATTI

intelligenza

vigilanza

intuizione

responsabilità

iniziativa

pertinacia

fiducia in sé

socievolezza

“Leader si nasce, non si diventa”esistono nelle persone delle propensioni naturali all’esercizio del comando

Stogdill,

1948

(rassegna di

studi tra il

1904 e il

1947)

propensione alla responsabilità

propensione al conseguimento del compito

forza e tenacia nel perseguimento degli obiettivi

originalità nel problem solving

tendenza a prendere iniziative nelle situazioni sociali

fiducia in sé e sentimento di identità personale

Stogdill,

1974

(rassegna

di studi

tra il

1948 e il

1970)

LE TEORIE DEL “GRANDE UOMO” O APPROCCIO DEI TRATTI

leadership come strategia identitariaBodiou, 1996

permette all’individuo di soddisfare alcuni bisogni:

il rinforzo dell’immagine di sé

la valorizzazione di sé

il desiderio di contare agli occhi degli altri

permette al gruppo di soddisfare alcuni bisogni identitari (sicurezza, stabilità)

è un processo dinamico ed evolutivo, risultato di strategie individuali, interpersonali e di gruppo

APPROCCIO DEI TRATTI: LE DEBOLEZZE

prende in considerazione solo un elemento del processo di leadership, il leader, tralasciando gli altri elementi del processo, cioè i componenti del gruppo e le situazioni

la lista dei tratti che potrebbe essere redatta è quasi infinita ed esistono scarse somiglianze tra una ricerca e l’altra

un elenco descrittivo di caratteristiche non ci dice nulla su come tali qualità influenzino i membri del gruppo, la loro produttività e il loro livello di soddisfazione

poiché i tratti sono considerato caratteristiche psicologiche relativamente stabili, in questo approccio non c’è un grande spazio per l’apprendimento e per lo sviluppo

AUTOCRATICO

organizza e dirige ogni attività, tende ad inibire le comunicazioni tra i membri del gruppo, non rende partecipi i p a r t e c i p a n t i a l l e decisioni

I COMPORTAMENTI DEL LEADER

Lewin, Lippitt e White, 1939TRE STILI DI LEADERSHIP

DEMOCRATICO

discute con il gruppo ogn i d ec i s i o ne e attività, è amichevole e disponibile, rende partecipativi i membri del gruppo, facilita i contatti nel gruppo

PERMISSIVO

interviene pochissimo n e l l e a t t i v i t à d e l gruppo, che viene lasciato libero di agire

L. AUTOCRATICA

TRE STILI DI LEADERSHIP: QUAL È IL “MIGLIORE”?

CLIMApositivo

conflittuale

PRODUTTIVITÀ

elevatabassa

buona produttività clima di aggressività

dipendenza dal conduttore

L. DEMOCRATICA

discreto livello produttivo capacità di autogestione clima sereno con ampi scambi comunicativi

L. LAISSEZ FAIREbasso livello produttivo

“perdita di tempo” clima caotico

L. LAISSEZ FAIREbasso livello produttivo

“perdita di tempo” clima di gioco

INTER

ES

SE P

ER

LE P

ER

SO

NE

INTERESSE PER LA PRODUZIONE

minimo sforzo per far eseguire il

lavoro evitare i problemi

interesse medio per il compito e per la relazione

gruppo di amici atmosfera

confortevole ritmo di lavoro

rilassato

si ottengono buoni risultati in un clima contrassegnato da soddisfazione e

fiducia

raggiungere gli scopi nel minor tempo possibile

CINQUE STILI DI LEADERSHIP (Blake e Mouton, 1964)

APPROCCIO SITUAZIONISTA

cerca di definire cosa sia richiesto ad un leader nella situazione in cui si trova

il leader ha bisogno di ricoprire funzioni diverse in situazioni che contemplano compiti diversi

il focus si sposta sulle circostanze ambientali, sulle situazioni in cui si svolge il processo di leadership

APPROCCIO SITUAZIONISTA

FATTORI SITUAZIONALI

natura del compito (Hemphill, 1949)

clima affettivo (Hollander, 1985)

tipo di relazioni interne al gruppo (es. competitive o cooperative)

ampiezza del gruppo

stadio di sviluppo del gruppo (Tuckman, 1965)

STADI DI SVILUPPO DEL GRUPPO (Tuckman, 1965)

forming (formazione): comprende dipendenza e orientamento; i membri sono ansiosi sulla loro appartenenza al gruppo; il loro comportamento è circospetto

storming (conflitto): implica conflitti e aspetti emozionali; i membri sono più assertivi e cercano di modificare il gruppo secondo i propri bisogni; si generano ostilità e risentimenti

norming (normativo): comporta coesione e scambio; i membri cercano di risolvere i conflitti precedenti e si impegnano nella negoziazione di regole di comportamento

performing (prestazione): implica role taking e problem solving; ogni

partecipante lavora cooperativamente con gli altri per raggiungere scopi comuni

adjourning (sospensione): ciascuno comincia gradualmente a ritirarsi sia dalle attività socioemozionale che da quelle centrate sul compito

l’enfasi sulla nozione di situazione ha portato a trascurare il peso che hanno le qualità del leader

il termine “situazione” è ambiguo perché si riferisce sia a fattori interni al gruppo che ad elementi relativi al contesto

il leader è un elemento della situazione come gli altri

APPROCCIO SITUAZIONISTA: LE DEBOLEZZE

prendono in considerazione l’interazione tra lo stile di leadership e la situazione

viene superata l’idea semplicistica che esiste una leadership ottimale o ideale

l’efficacia della leadership è legata a contingenze, situazioni particolari che il leader efficace deve saper correttamente diagnosticare

I MODELLI DELLA CONTINGENZA

lo stile del leader e la situazione del gruppo sono variabili in relazione reciproca

l’orientamento del leader può essere più o meno efficace a partire da tre fattori che determinano il grado di favorevolezza della situazione per il leader:

qualità delle relazioni leader-membri (fiducia, lealtà, clima positivo)

grado di strutturazione del compito (scopo chiaro, indicazioni precise, risultato definito)

potere legato alla posizione del leader (potere si ricompensa o sanzione, competenza nel compito)

IL MODELLO DI FIEDLER (1965, 1978)

IL MODELLO DI FIEDLER (adattato da Lussier, Achua, 2001)

la relazione tra leader e collaboratori è

positiva o negativa?

positiva

negativa

il compito è strutturato o non

strutturato?

strutturato

nonstrutturato

strutturato

nonstrutturato

il potere del leader è forte o debole?

forte

debole

forte

debole

forte

debole

forte

debole

situazione

1

2

3

4

5

6

7

8

stile di leadership

appropriato alla situazione

compito

compito

compito

compito

relazioni

relazioni

relazioni

relazioni

la relazione leader-membri non è sempre categorizzabile come “buona” o “povera”: è legata a fattori dinamici interni al gruppo, alle dimensioni del gruppo e al clima

i compiti non sono semplicemente strutturati o no: la complessità e semplicità del compito può influire sul grado di strutturazione

anche il potere gioca un ruolo molto importante, poco considerato da Fiedler

CRITICHE AL MODELLO DI FIEDLER

identifica stili di leadership nella presa di decisioni, diversificandoli a seconda delle situazioni

a partire da una specifica situazione si può identificare quale stile sia più adatto per giungere ad una soluzione efficace

IL MODELLO DI VROOM E YETTON (1973) o normative model of decision making

5 stili decisionali collocati su un continuum

1. autocratico: il leader prende le decisioni da solo senza consultare i membri del gruppo, utilizzando le informazioni di cui dispone

2. autocratico con richiesta di informazioni ai collaboratori: il leader decide da solo, anche se i subordinati sono coinvolti in minima parte, chiedendo loro informazioni, a volte senza specificarne l’uso che ne verrà fatto

3. consultivo individuale: il leader consulta individualmente i collaboratori e prende da solo le decisioni

4. consultivo di gruppo: il leader consulta il gruppo collettivamente, anche se prende la decisione da solo, tenendo conto o meno dei suggerimenti dei subordinati

5. partecipativo: il leader condivide il problema con il gruppo, valuta insieme ad esso la situazione per arrivare ad una soluzione consensuale

IL MODELLO DI VROOM E YETTON (1973)

STILI

questi stili decisionali determinano decisioni “diversamente efficaci” secondo tre criteri:

1. qualità delle decisioni: hanno alta qualità le decisioni che hanno un forte impatto sul lavoro del gruppo

2. tempo richiesto per giungere alla decisione

3.accettazione della decisione da parte dei subordinati: è un criterio che determina il successo o il fallimento della decisione

IL MODELLO DI VROOM E YETTON (1973)

EFFICACIA

per un’efficace presa di decisione il leader deve considerare 8 condizioni:

1. importanza della qualità decisionale

2. quantità di informazioni che il leader possiede

3. quantità di informazioni che i subordinati possiedono

4. chiarezza con cui è strutturato il problema

5. grado di accettazione dei subordinati necessario per implementare la decisione

6. probabilità che una decisione presa dal leader sia accettata dai subordinati

7. livello di motivazione dei subordinati rispetto alla soluzione del problema

8. livello di disaccordo dei subordinati riguardo alle soluzioni preferite

IL MODELLO DI VROOM E YETTON (1973)

FATTORI SITUAZIONALI

non è facile stabilire la qualità della di una decisione perché questa può emergere dopo tempi molto prolungati

ha consentito di uscire dalla classica dicotomia leader centrato sul compito vs. leader centrato sulle relazioni

ha mostrato che vi possono essere vari stili di leadership nessuno dei quali valido in assoluto, ma efficaci secondo le richieste situazioni

CRITICHE AL MODELLO DI VROOM E YETTON

individua alcuni moderatori situazionali della relazione tra leadership orientata al compito e leadership orientata alle relazioni

cerca si spiegare come il comportamento del leader possa influenzare la prestazione e la soddisfazione dei subordinati

il leader fa ricorso allo stile maggiormente indicato per una specifica situazione, scegliendo tra 4 stili principali

è possibile innalzare la motivazione dei collaboratori attraverso la chiarezza sui riconoscimenti connessi al raggiungimento degli obiettivi

PATH-GOAL THEORY (Evans, 1970; House, 1971; House e Mitchell, 1974)

collaboratori:

grado in cui i collaboratori hanno bisogno di essere guidati nel realizzare il lavoro

locus of control

abilità dei collaboratori nel portare a termine le attività necessarie al raggiungimento degli obiettivi

contesto:

struttura del compito (es. ripetitività, complessità)

autorità formale del leader

gruppo di lavoro

PATH-GOAL THEORY FATTORI SITUAZIONALI

4 stili decisionali, tra cui scegliere il più adeguato

1. direttivo:

1.1.quando i subordinati richiedono una leadership autoritaria, il loro LoC è esterno e la loro abilità bassa;

1.2.quando il compito è complicato e ambiguo

2. di sostegno:

2.1.quando i subordinati hanno LoC interno e sono competenti ed esperti

2.2.quando il compito è semplice, l’autorità formale è bassa, ma il gruppo di lavoro non fornisce adeguato supporto per il lavoro

PATH-GOAL THEORY STILI

3. partecipativo:

3.1.i subordinati vogliono essere coinvolti, hanno LoC interno, sono competenti; vengono coinvolti nel processo di decision making

3.2.quando il compito è complesso

4. realizzativo:

4.1.i subordinati sono aperti ad una leadership autocratica, hanno LoC interno, elevate abilità

4.2.il compito è semplice e il leader ha elevata autorità (il leader è sia direttivo che di sostegno)

PATH-GOAL THEORY STILI

si focalizza sulla corrispondenza tra stile della leadership e caratteristiche dei membri

per essere efficace il leader deve adattare il suo stile al livello di maturità (capacità di porsi mete alte ma raggiungibili, di assumersi responsabilità) dei membri del gruppo

gli stili di leadership sono 4 e nascono dalla combinazione di due comportamenti: quello di sostegno (centrato sulle relazioni) e quello direttivo (centrato sul compito)

MODELLO DI HERSEY E BLANCHARD (1982) Situational Leadership Theory

TELLING stile prescrittivo

molta guida e poco sostegno

comunicazioni ad una via gruppi con bassa maturita ’

PART ICIPAT ING stile partecipativo

poca guida e molto sostegno centratura sulle relazioni

gruppi con maturita ’ medio-alta

persone con buon livello di capacita ’ professionale

SELLING molta guida e molto sostegno

comunicazione a due vie gruppi con maturita ’ medio-

bassa persone con buona volonta’ ma

poco esperte nel compito

DELEGAT ING poca guida e poco sostegno

il gruppo organizza il lavoro da sé gruppi con maturita ’ alta

persone esperte nel compito e con elevata responsabilita ’ e

motivazione

si basano sull’idea che le relazione fra il leader e i membri di un gruppo si sviluppano e si mantengono attraverso un

reciproco scambio di risorse significative

viene dato più spazio ai followers, che assumono un

ruolo attivo e contribuiscono in modo rilevante al processo di leadership

il termine transazione definisce lo scambio sociale che avviene tra il leader e i seguaci sulla base del quale il leader può apportare innovazioni al gruppo

LE TEORIE TRANSAZIONALI E DELLO SCAMBIO

il credito idiosincratico è la credibilità personale che il leader conquista presso i followers e riguarda 4 punti:

conformismo iniziale: il leader deve inizialmente conformarsi alle norme del gruppo per acquistare l’influenza necessaria per poi modificarle

competenza: il leader deve dare prova di contribuire al principale compito del

gruppo con le competenze di cui dispone

legittimità: è importante per guadagnare autorità. Può deriva da designazione esterna (il leader viene assegnato ad un gruppo) o dall’emergere di un leader (ad es. tramite elezione il leader viene scelto dal gruppo)

identificazione con il gruppo: lealtà verso gli scopi e la natura del gruppo, rispondenza alle attese, percezione della responsabilità

MODELLO DEL CREDITO IDIOSINCRATICO (Hollander, 1958, 1964)

i rapporti fra il leader e i followers non sono considerati tutti allo stesso livello: ogni seguace costruisce un rapporto specifico con il capo (diadi):

MODELLO DEI LEGAMI DIADICI VERTICALI (Dansereau, Graen, Haga, 1975)

INGROUP OUTGROUP

cerchio più o meno prossimo di seguaci cerchio più distante di seguaci

ricevono più informazioni, interesse e confidenza da parte del leader

hanno rapporti più formali e le comunicazioni riguardano i compiti

ricevono richieste più alte di prestazione il fallimento di persone dell’ingroup

coinvolge anche il leaderricevono poche richieste personali

hanno relazioni qualità con i capi e maggiori responsabilità

sono membri con basso status nel gruppo

il leader può sviluppare scambi di alta qualità con tutti i membri del gruppo; la costruzione della leadership avviene in tre fasi:

fase sconosciuta: le interazioni tra leader e follower sono limitate dalle norme

esistenti e suggerite dai rapporti contrattuali; il processo di influenza è unidirezionale, i followers ubbidiscono al leader per ottenerne le ricompense

fase di conoscenza: iniziano gli scambi e una fase di valutazione da parte di entrambi:

il leader deve decidere se il sottoposto può assumere maggiori resonsabilità e modificare il suo ruolo; il sottoposto deve valutare se il leader è disposto a fornire nuove opportunità ai seguaci; l’influenza nelle diadi è mista, gli scambi sono di media

qualità e si sviluppa un maggiore interesse per gli scopi e gli obiettivi di gruppo

fase matura di associazione: scambi di alta qualità, alto grado di reciprocità tra leader

e followers, maggiore interdipendenza

MODELLO DI COSTRUZIONE DELLA LEADERSHIP (Graen, Uhl-Bien, 1991)