PS61_IL BACIO DELL'ANGELO

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Il bacio dell'angelo Eden Bradley

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Eden Bradley

Il bacio dell'angelo

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Fallen Angel HQN Books

© 2012 Eden Bradley Traduzione di Alessandra De Angelis

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony Passion luglio 2012

HARMONY PASSION

ISSN 1970 - 9951 Periodico mensile n. 61 del 27/07/2012

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 71 del 6/02/2007 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

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La nebbia velava la spiaggia, rendendo difficile distinguere dove si mettevano i piedi sulla sabbia compatta, cosparsa di ostacoli che rallentavano il passo. Ma a Declan Byrne pia-ceva fare la sua passeggiata mattutina lì quando era ancora quasi buio. Il sole era solo un lieve bagliore dorato all'orizzonte, che lambiva l'increspatura delle onde dell'oceano Pacifico, e Declan doveva procedere con circospezione su quel terreno accidentato, tra rocce scabre, pezzi di legno portati a riva dalla marea, matasse di alghe e detriti. Ma lo sciabordio ritmico della risacca lo calmava, riempiendolo di un senso di pace; il modo perfetto per cominciare la giornata. Liam, il suo gigantesco mastino nero, trotterellava al suo fianco. Il cane era l'unico che poteva accompagnarlo. A Declan piaceva la solitudine; quello era il motivo principa-le per cui era tornato lì sei anni prima. Aveva bisogno di quiete e isolamento per curare le ferite del suo animo stra-ziato. E forse non si erano ancora rimarginate. Abby... No, non poteva pensare a lei ora. Era meglio non pensare a lei, punto e basta. Per scacciare dalla mente quel nome doloroso si voltò verso la riva e osservò Liam che giocava con le onde che arrivavano sulla sabbia, le annusava e si ritraeva mentre l'acqua invadeva la battigia. Quella passeggiata all'alba era il loro rito mattutino, De-

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clan ne aveva bisogno per prepararsi a interagire con il prossimo, cosa che da qualche anno non gli riusciva affatto bene. Invece di affrontare la gente preferiva di gran lunga stare con il proprio cane a contemplare l'immensità dell'o-ceano, sulla costa frastagliata e solitaria di Mendocino. Il suo lavoro di guardia forestale, per fortuna, non com-portava contatti frequenti con le persone. Doveva perlustra-re le piste da trekking per assicurarsi che fossero sgombre e praticabili, mantenere l'ordine e assicurare il rispetto delle regole nelle aree di campeggio, dare indicazioni agli escur-sionisti che si erano persi e a volte addestrare qualche no-vellino, quando venivano assunte altre guardie forestali. Ma per la maggior parte del tempo passava le giornate da solo nella natura, tra i boschi, sulla spiaggia o lungo le sco-gliere che facevano parte della zona costiera del parco na-zionale. Forse era proprio per tale motivo che aveva scelto quell'impiego, oltre al fatto che anche suo padre aveva la-vorato come guardia forestale in quella zona per buona par-te della sua vita, finché non era andato in pensione un paio di anni prima. Insomma, Declan aveva seguito le sue orme, anche se non era in buoni rapporti con lui. Ma lì, su quella costa fra-stagliata, si sentiva a casa, e anche con il suo genitore taci-turno, nonostante non si parlassero quasi dopo la morte di sua madre. Meglio non pensare neanche a lei... Il sole si levava rapidamente in cielo e scaldava l'aria u-mida mentre Declan e Liam superavano le rocce che divi-devano la spiaggia dall'insenatura successiva. Quando si fu arrampicato sul punto più alto di quell'agglomerato di mas-si aguzzi, si fermò e guardò verso il mare, dove il globo in-fuocato illuminava le onde grigioverdi; poi respirò a pieni polmoni l'aria salmastra nell'unico momento di vera pace della giornata. Quello era l'istante che aspettava ogni giorno. Seguì con

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lo sguardo un gabbiano solitario che si librava sull'acqua. Sì, era in pace. Ma non voleva soffermarsi a pensare al motivo per cui aveva un bisogno così disperato di quiete. A un tratto udì un tonfo sordo alle proprie spalle, così forte da scuotere quasi il terreno accidentato. Si girò di scatto, con il cuore in gola, mentre Liam si slanciava in a-vanti abbaiando furiosamente. C'era una donna distesa sulla sabbia. Per poco non in-ciampò nel suo corpo, alla luce incerta dell'alba che rende-va difficile distinguere i particolari del paesaggio. Vacillò e dovette piantare i talloni nella sabbia umida per mantenersi in equilibrio. L'eco della risacca svanì in lontananza men-tre, sbigottito, Declan cercava di dare un senso alla scena che gli si parava davanti agli occhi. Liam aveva smesso di abbaiare e annusava il corpo immobile. Declan lo prese per il collare. «Via, Liam, via!» Ma che diavolo le era successo? Da dove veniva? La donna era nuda e sanguinante. Aveva una gamba pie-gata in un'angolazione innaturale. Con il cuore in gola, al-larmato, Declan si chinò su di lei. Alzò lo sguardo verso la sommità della scogliera ma non vide nessuno e non notò niente di strano. «Cristo...!» borbottò, sconvolto, prendendo il cellulare per comporre il numero del pronto intervento. Mentre aspettava che qualcuno gli rispondesse, scrutava il corpo nudo cercando di valutarne le condizioni alla luce soffusa e dolce dell'alba. La donna aveva lunghissimi ca-pelli biondi e leggermente mossi, ma quello che attirò l'at-tenzione di Declan fu il fatto che aveva degli strani simboli dipinti sul ventre, sulle cosce e sui seni. Non poté fare a meno di notare che questi ultimi erano sodi e colmi, e si rimproverò per quel vago pensiero lascivo. Santo cielo, la donna era mezza morta e lui le sbirciava le tette? Si chinò più vicino per cercare di sentirne il respiro, ma evitò accuratamente di toccarla, perché non osava.

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Forse perché desiderava troppo sfiorarla? Grazie a Dio, udì un flebile respiro roco. Al telefono, finalmente un centralinista rispose, e Declan gli spiegò rapidamente chi fosse e dove si trovasse. Chiuse la comunicazione e, apprestandosi ad attendere l'arrivo dei soccorsi, si azzardò infine a toccarla e posò le dita sul polso per cercare il battito. Aveva un'ossatura fra-gile e delicata, come un uccellino. Era viva e respirava, seppure a fatica. C'era sangue dap-pertutto, Declan ne sentiva l'odore metallico. La ragazza a-veva un viso angelico. Era difficile individuarne con esat-tezza l'età. Forse aveva passato da poco la ventina. Scrutan-dola con maggiore attenzione, vide che aveva dei ramoscel-li e degli ossicini intrecciati ai capelli e dei pentacoli dipin-ti in rosso sui palmi. Chi aveva fatto una cosa del genere a quella poveretta? Liam sorvegliava la ragazza, guardandola come se anche il cane cercasse di raccapezzarsi in quel mistero. Declan non aveva mai visto una tale brutalità, e soprat-tutto così tanto sangue. L'orrore gli chiudeva la gola. Si tolse il giubbotto per coprirla, perché in spiaggia c'era parecchia umidità anche se era primavera e non faceva troppo freddo; inoltre quel semplice gesto gli dava l'im-pressione di aver fatto qualcosa per proteggere quel corpo martoriato. Attese, con le pulsazioni affrettate, le mascelle serrate per la tensione. Per quanto si sforzasse di resistere, delle immagini che non avrebbe mai dimenticato tornarono a ri-affiorare alla superficie della memoria. Il caldo soffocante del Bahrain, l'odore acre, inconfondi-bile della sabbia del deserto. Odiava quell'odore, odiava il Medio Oriente. Però era il suo lavoro, e doveva restare lì. Il suo lavoro nel Bahrain era stato di proteggere le per-sone, ma aveva fallito. Una donna, la sua donna, era morta perché non era riuscito a difenderla e lui sarebbe stato tor-

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mentato dai sensi di colpa per il resto della sua vita. E ora questa ragazza... Stese la mano tremante e le sfiorò la guancia gelida, poi ritrasse subito il braccio, vergognandosi di averla toccata, sentendosi quasi un pervertito. Però non era riuscito a trat-tenersi. Lei non si era mossa affatto e Declan temeva che potesse morire. Chi sarebbe sopravvissuto a una caduta del genere? La scogliera era alta quindici, venti metri; la ragaz-za doveva aver riportato delle lesioni interne. Al solo pensiero di quello che aveva subito, Declan av-vertì una fitta di rabbia. Chi era? Cosa le era successo? Qualcuno l'aveva spinta di sotto e, a giudicare dalle sue condizioni, si era divertito a torturarla prima di buttarla dalla scogliera. Ma dove diavolo erano i soccorsi? Declan fece un respiro profondo nel tentativo di calmarsi e guardò il viso della ragazza, mentre Liam guaiva penosa-mente. Si strofinò la guancia, e le sue dita cercarono auto-maticamente il contorno della vecchia cicatrice sulla ma-scella. Non avrebbe voluto trovarsi in quella situazione pe-nosa. La vittima emise un rantolo sommesso. Declan non riu-sciva a staccarle gli occhi di dosso. Aveva un viso incredi-bilmente bello e privo d'imperfezioni. Se non fosse stato per il sangue rappreso sui capelli e i tagli che le deturpava-no la pelle dappertutto, sarebbe sembrato semplicemente che dormisse. Incapace di contenersi, Declan le sfiorò di nuovo la guancia vellutata. Ma cosa stava facendo? Si costrinse a cancellare tutti i pensieri, li affidò alle on-de dell'oceano affinché li trascinassero via con la corrente, e attese. Dolore, dolore e ancora dolore. Non riusciva a respirare. Stava cadendo nell'oscurità. Era sola. Il vento le fischiava

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intorno, sbattendole i capelli contro le guance e pungendole la pelle. Stava cadendo, non volando. Ma non poteva sop-portare l'idea di essere sola. E lui dov'era? «Asmodeus!» Le rispose solo il silenzio, interrotto unicamente dall'ulu-lato del vento e dai battiti debolissimi del suo cuore. Con le lacrime agli occhi, si chiese se avesse fallito di nuovo. La Nonna sarebbe stata tanto delusa! Aveva vissuto in attesa di quel momento, ed era il suo quarto tentativo, la sua ulti-ma possibilità. Le martellava il cuore in petto per il panico. L'idea di es-sere completamente sola era insopportabile, anche se aveva vissuto sempre senza frequentare nessuno tranne la Nonna. E ovviamente lui. Ci riprovò. «Asmodeus!» Avvertì la sua presenza ancora prima di vederlo. Eccolo, finalmente era con lei. Il calore irradiava da lui come uno scudo. Era bellissimo, risplendeva nell'oscurità come se fosse fatto di luce. Aveva i capelli chiarissimi, come fili di seta quasi trasparente, e la carnagione dorata e luminosa. Aveva un corpo perfetto e occhi neri e profondi, lucenti co-me carboni ardenti, così scuri da sembrare di non avere pu-pille, impenetrabili. Lei ne sentiva il calore sulla pelle nu-da. Asmodeus, il suo mentore, il suo amante... il suo nemico. Illuminato da bagliori accecanti, lui la fissava con un sorriso ineffabile che incurvava le sue belle labbra. Era un'espressione di scherno la sua? Con Asmodeus era im-possibile dirlo; il suo volto era imperscrutabile. Lei si sentì invadere dal desiderio, dalla stessa passione che l'aveva in-vasa la prima volta in cui aveva posato lo sguardo su di lui. Quanto tempo era passato da allora? Aveva appena rag-giunto la pubertà quando la Nonna le aveva mostrato A-smodeus, e lei l'aveva amato e temuto; da allora anelava al-le sue carezze, a sentire il timbro profondo della sua voce.

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Una luce squarciò le tenebre e Asmodeus svanì; la fiam-ma che era la sua presenza, la sua essenza, si affievolì. Lei cercò di aprire gli occhi che le bruciavano e vide dei deboli raggi di sole, un'ombra che incombeva su di lei. Cercò di mettere a fuoco la sagoma e vide un'enorme te-sta di animale, il manto nero lucente, gli occhi scuri e scin-tillanti, intelligenti, che però avevano un'espressione tene-ra, e questo non se l'aspettava. Avrebbe voluto stendere il braccio e chiedere di essere ammessa, ma il braccio non rispondeva allo stimolo del cervello. Sto fallendo di nuovo. La testa si avvicinò ancora. In lontananza udì il rumore della risacca e avvertì l'aria salmastra. Era vicina al mare. Sentiva tanto freddo! Chiuse gli occhi e piombò di nuovo nell'oscurità. «Asmodeus!» Il buio fu illuminato dal suo corpo dorato. Era nudo co-me lei; il suo corpo perfetto era quello di un dio, di un an-gelo caduto all'inferno. Quando stavano insieme erano sem-pre nudi e lei avvertì il desiderio pulsare in lei anche attra-verso la nebbia del dolore che l'avvolgeva. «Mia bella» le rispose lui con voce profonda quanto una grotta sottomarina. Stese la mano verso di lei ma non la sfiorò. Non la tocca-va mai. Invece, dopo un istante, fece scorrere le dita su tutta la lunghezza del proprio membro, sempre eretto, sospirò vo-luttuosamente, poi si leccò le belle labbra. Ma lei non protese le braccia verso di lui; il desiderio, per quanto intenso, non riuscì a superare la paura e la di-sperazione. Era così stanca e dolorante! «Credevo di avercela fatta» gli disse con voce tremante. «Sono sicura di aver visto Cerbero alle porte.» «No» disse lui, cupo.

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Lei avvertì una stretta al cuore e, di nuovo, un'intensa fitta di dolore. «Ci ho provato, lo giuro» si difese. Lui scosse la testa. Lei sapeva che aveva ragione a essere deluso. «E ora co-sa sarà di me?» gli chiese. «Era il mio ultimo turno. Se so-no stata rifiutata nuovamente, che mi succederà?» «Non mi interessa» replicò lui, duro e sprezzante. «Io a-vevo la mia funzione e tu la tua.» «Quindi resterò qui per sempre, con te?» L'idea era in-quietante, però almeno c'era lui, un essere familiare, il suo demone, il suo amante. E lei lo desiderava, come sempre. «Io ti terrei con me per l'eternità, ma sta a te decidere se restare con me o andare.» «Andare? Ma non ti rivedrei più! È così? Tu sei tutto ciò che ho. Io ti amo.» «Anch'io ti amo, a modo mio. Mi comprendi?» «Comprendo che sei grande, importante, e che il tuo a-more è prezioso.» «Sì, ma tu non sei stata creata per me né addestrata per servirmi. Io non sono servito ad altro che a fare da cataliz-zatore.» «Tu sei la cosa più importante della mia vita, oltre alla Nonna. Non tornerò da lei, vero?» Ricordava la pungente fragranza di erbe messe a seccare nella cucina della Nonna, l'aria dolce dell'orto circondato da un alto muro che rappresentava il suo unico rifugio. Ri-cordava la presenza silenziosa della Nonna, il suo volto di pietra quando passavano le serate accanto al fuoco, a legge-re o a cucire. Il suo viso segnato da rughe profonde, antico e stanco, i lucenti occhi grigi, freddi e penetranti come una lama e altrettanto spietati, eppure familiari. Le mani della Nonna sapevano essere dure e crudeli come la sua voce e il suo sguardo, eppure adesso lei era triste al solo pensiero di non rivederla mai più. Sapeva già quale sarebbe stata la ri-sposta di Asmodeus.

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«No, ha finito con te.» «E anche tu, quindi? Come faccio a scegliere se non so cosa mi aspetta?» «Ogni scelta comporta un rischio.» «Ti prego, Asmodeus, spiegati meglio. Dimmi cosa fa-re.» Lui esitò. «Scegli» disse infine. Il suo viso divenne duro e gelido. Lei sentì il sangue pul-sarle nelle vene, il cuore battere forte per la paura, per il desiderio... e anche, semplicemente, perché era viva. E così scelse. Declan non avrebbe saputo dire per quanto tempo fosse rimasto a fissarla, inginocchiato sulla sabbia umida che gli sporcava i jeans e gli raffreddava le gambe. Poi Liam partì a razzo e lui alzò lo sguardo. Vide arrivare la squadra di soccorso che scendeva lungo il sentiero scosceso che porta-va a un'estremità della spiaggia. Vide le sagome correre verso di lui e avvertì un'assurda stretta al cuore al pensiero di consegnare la ragazza ai paramedici. Compose un numero al cellulare mentre le mettevano il collare e una maschera a ossigeno, poi la caricavano su una barella. Suo padre rispose al primo squillo. «Oran Byrne» disse con voce precisa, tagliente, perfetta-mente sveglio anche se erano solo le sei di mattina. «Papà, mi serve un favore.» «Okay.» Declan gli fu grato perché non gli fece notare che erano passati anni dall'ultima volta in cui gli aveva chiesto qual-cosa. «Dovresti venire a prendere Liam.» «Cos'è successo? Dove sei?» «Alla spiaggia sotto Gualala Point. È accaduta una cosa strana. Ho trovato una donna sulla spiaggia e devo accom-pagnarla in ospedale. Puoi venire a prendere Liam?»

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«Certo.» «Grazie.» «Quando arriverò mi racconterai com'è andata, o devo chiedere informazioni allo sceriffo?» Con una smorfia, Declan accusò il colpo per quella frec-ciatina. Doveva ammettere che lui e suo padre non comuni-cavano, e non era tutta colpa del vecchio. Ma non era il momento di pensare ai loro dissapori. «Ti dirò tutto, stai tranquillo. Ci vediamo all'ospedale.» Declan chiuse la comunicazione e seguì i paramedici, i quali risalirono il ripido sentiero che dalla spiaggia portava alla sommità della scogliera. Pensò che la ragazza avrebbe avuto bisogno di essere portata in ospedale in elicottero, anche se era impossibile che un elicottero potesse atterrare su quella stretta lingua di sabbia. Anche se l'avessero man-dato, probabilmente non avrebbe fatto alcuna differenza e lei sarebbe morta in ogni caso prima di arrivare al pronto soccorso. Perché a quel pensiero avvertiva una fitta di dolore che gli trapassava il cuore? Non la conosceva affatto. Tuttavia non riusciva a togliersi dalla mente il suo bellissimo volto angelico. Mentre la caricavano sull'ambulanza, arrivò lo sceriffo, Tim Bullock. Aveva l'aria stropicciata, e Declan capì che era stato buttato giù dal letto. «L'hai trovata tu?» gli chiese senza preamboli. Declan annuì. «Per la precisione, è stata lei a trovare me. È caduta ai miei piedi.» «Scendiamo alla spiaggia, strada facendo mi racconterai tutto, okay?» «Tim, io la accompagno in ospedale.» «Ehi, non puoi. Abbiamo un'indagine in corso e tu sei il nostro unico testimone.» Infastidito, Declan serrò le mascelle per un istante. «Mentre passeggiavo lungo la spiaggia lei è caduta dalla

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scogliera come se fosse stata lanciata con una catapulta. Non ho visto nessuno e non ho sentito niente. Dopo che l'a-vremo portata in ospedale, se vuoi, potrai farmi tutte le do-mande che ritieni opportune.» «Ci penseranno i paramedici a occuparsi di lei, Declan. Ma che diavolo ti prende?» Già, cosa diavolo gli era preso? «Ci vediamo in ospedale, Tim.» Si mise al posto di guida e fece un fischio a Liam che balzò a bordo del pickup, mentre lo sceriffo si strofinava gli occhi stanchi con aria assonnata. «E va bene, ma solo perché sei tu» borbottò. Declan mise in moto e si accodò all'ambulanza che per-correva la litoranea mentre il cielo si andava schiarendo. Imprecò sottovoce per tutto il tragitto fino all'ospedale, per fingere di non accorgersi che dentro di sé pregava che la ra-gazza sopravvivesse. Parcheggiò davanti al pronto soccorso mentre scaricava-no la barella e lasciò leggermente abbassato il finestrino, affinché nell'abitacolo circolasse aria fresca per Liam; poi seguì i paramedici, ma era appena entrato in astanteria quando fu bloccato dal medico responsabile del pronto soc-corso, Stephen Kane, che conosceva sin dai tempi delle su-periori. «Aspetta qui, Declan.» «L'ho trovata io, Stephen. Voglio assicurarmi che ce la faccia.» «Ti terrò informato» insistette il medico, mettendogli una mano sulla spalla e respingendolo con delicata fermez-za. Declan gli lanciò un'occhiata ostile, ma finì per arrender-si, rendendosi conto che lì non sarebbe stato di alcun aiuto. «E va bene, ma prendetevi cura di lei. Fate tutto il possibi-le.» Tenendosi in disparte, con lo sguardo seguì da dietro i

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vetri i medici e le infermiere che davano alla ragazza le pri-me cure. Tutti si muovevano in fretta. Stephen gridava or-dini, le infermiere infilavano sonde, tubi, aghi. L'odore di disinfettante era fortissimo, nauseante. Declan abbassò lo sguardo e si accorse che aveva una grossa macchia di sangue sulla gamba dei pantaloni. Ab-bassò la testa e si massaggiò la nuca, poi si passò una mano fra i capelli, colpito da un'improvvisa vertigine. Barcollò, ma una mano forte sul braccio lo sostenne, e Declan vide con sorpresa che era suo padre. «Ciao, papà...» Oran Byrne era più basso di Declan, ma aveva ugual-mente un aspetto autoritario. Il tempo gli aveva segnato il volto e ingrigito i capelli che però erano ancora folti. De-clan notò che avrebbe avuto bisogno di un buon taglio di capelli; a sua madre non sarebbe piaciuto vederli così lun-ghi e trasandati. Come sempre, pensare a sua madre, morta di cancro da più di dieci anni, gli provocò una stretta alla bocca dello stomaco. «Che succede, Dec?» «Facevo una passeggiata con Liam, come ogni mattina, e ho trovato questa ragazza. Qualcuno l'ha buttata dalla sco-gliera.» «Cristo...! Ed è viva?» «Per un pelo. Ma c'è qualcosa di strano.» «Venire gettata da una scogliera non mi sembra tanto normale.» «È vero, ma guardala.» Anche con tutte le persone che si accalcavano intorno a lei, si vedevano gli strani segni che aveva sul corpo. «Accidenti!» esclamò suo padre, guardandola da dietro il vetro. C'era sangue dappertutto, sui camici di medici e infer-miere, sui guanti di lattice, persino per terra. Per Declan era uno spettacolo insopportabile. Gli ricordava Abby, il fiotto

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di sangue che le sgorgava dal collo come un fiume in piena, mentre il bastardo lo fissava ghignando prima di scappare con la sua borsetta insieme a tutta la banda. Non avrebbe mai potuto dimenticare il calore del suo sangue, mentre premeva la mano sulla ferita che le passava il collo da parte a parte. L'emorragia era inarrestabile, tuttavia lei era ancora viva e lo fissava con occhi imploranti. No, non morire! Ma era troppo tardi, troppo tardi, e lui non era riuscito a impedirlo... «Dec, tutto bene?» Si riscosse e cercò di cancellare quelle immagini ango-sciose dalla mente. Si accorse che stava tremando e sudava. Non avrebbe voluto farsi vedere così da lui. Si scrollò di dosso la mano di suo padre. «Sì, sto bene, sto bene.» Fece un passo indietro per allontanarsi dal suo vecchio che sollevò le mani come per difendersi dalla sua rabbia. Declan cercò di riprendere fiato e fece un paio di respiri profondi mentre tornava a guardare la ragazza distesa. I lunghissimi capelli biondi toccavano quasi terra. Non vole-va che morisse. Avrebbe voluto salvarla, avrebbe voluto sa-pere chi fosse. Probabilmente non l'avrebbe mai saputo. Il tracciato del monitor cardiaco divenne piatto. Con il batticuore per l'agitazione, Declan osservò i medici affan-narsi. Non riusciva quasi a respirare. Non poteva guardarla morire, ma non riusciva a distogliere lo sguardo. Era troppo tardi. Stava succedendo di nuovo... Declan si strofinò gli occhi stanchi e doloranti. Gli sem-brava impossibile che fosse sopravvissuta, invece ce l'ave-va fatta. Guardò l'orologio. Erano le sette. La sera prima l'avevano trasferita dal pronto soccorso in reparto, dove ora era ricoverata. Non stava neanche in tera-pia intensiva. Com'era riuscita a cavarsela dopo una caduta

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del genere? Declan aveva tutti i muscoli indolenziti per a-ver trascorso la notte intera seduto sulla durissima sedia di plastica blu, in corridoio. Suo padre aveva cercato di con-vincerlo a tornare a casa per riposare, ma avevano finito per litigare. Non c'era da stupirsi. Si erano presentati due agenti, due novellini che gli ave-vano fatto ripetere più volte quello che era successo alla spiaggia, e se n'erano andati quando avevano capito che non avrebbe potuto dare loro altri elementi utili per le in-dagini, dicendo che sarebbero tornati quando la ragazza si fosse svegliata. Se si fosse svegliata. Declan si passò una mano sul velo di barba che gli om-breggiava il volto. Avrebbe dovuto radersi e fare la doccia per togliersi dalla pelle il tanfo di ospedale, ma soprattutto aveva un bisogno disperato di un caffè. Però non voleva muoversi finché non fosse riuscito a parlare con un medico. Dovette aspettare un'altra ora, ma alla fine fu lieto di vedere che era Stephen. Quando il medico gli andò incontro, Declan si alzò e bat-té più volte le palpebre, stordito dalla stanchezza. «Ciao, Stephen. Come sta?» «Piuttosto bene, tutto sommato, considerate le sue condi-zioni.» «E quali sarebbero le sue condizioni? Voglio sapere tutto per filo e per segno. Ieri nessuno ha voluto dirmi niente.» «Eravamo troppo impegnati a curarla.» «Bene, allora dimmi tutto adesso» insistette Declan con impazienza. «Aveva una brutta frattura a una gamba, come probabil-mente avrai notato, e sarà sottoposta a intervento in giorna-ta. Aveva la spalla destra lussata, che è stata sistemata sen-za difficoltà, oltre al polso slogato, parecchi tagli ed esco-riazioni, e un trauma cranico, che è ciò che mi preoccupa

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maggiormente. La cosa più strana sono i due tagli sulla schiena, lunghi una quindicina di centimetri, proprio sul bordo delle scapole, come se fossero stati incisi di proposi-to.» «È per questo che c'era così tanto sangue?» «Sì, e anche per la ferita alla testa. Ma le incisioni sono proprio inquietanti. Se fossero state leggermente più pro-fonde sarebbero stati recisi i tendini.» «Cristo...! C'è dell'altro?» «Gli esami tossicologici hanno evidenziato una notevole quantità di allucinogeni in circolo. Peyote, belladonna, altre sostanze ancora non identificate e tranquillanti. Era imbot-tita di farmaci e mi sorprende che non sia morta solo per quelli.» Declan si passò una mano fra i capelli. Era davvero sor-prendente che fosse ancora viva. «Puoi prevedere se ripor-terà dei danni quando si risveglierà?» «Se si risveglierà» precisò il medico. «È troppo presto per dirlo. Le faremo una risonanza prima dell'intervento e vedremo. C'è dell'attività cerebrale, ma non saprei dirti se la sua mente sarà intatta quando si riprenderà. Mi piacereb-be proprio sapere cosa le è successo. È vero che siamo in una piccola città, in cui non capitano troppe stranezze, co-munque non avevo mai visto niente del genere. Ah, a pro-posito, hai presente i disegni sui palmi delle mani? Quando li abbiamo lavati, abbiamo scoperto che sotto la vernice c'erano gli stessi segni tatuati in inchiostro rosso. Sembra che siano stati fatti anni fa.» «Può essersi fatta tutto questo da sola?» «Non so cosa pensare, francamente» sospirò Stephen. «Forse fa parte di una setta, chissà. Ma una cosa è certa, non può essersi incisa da sola le scapole. Se non dovesse svegliarsi non sapremo mai chi è stato a torturarla così.» Declan annuì, distratto. Stava pensando che avrebbe vo-luto parlare con lo sceriffo per accertarsi se la polizia aves-

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se scoperto elementi utili perlustrando la spiaggia e le sco-gliere, o se fossero stati denunciati rapimenti o scomparse nella zona che corrispondessero ai connotati della ragazza. Sapeva che Tim avrebbe fatto il possibile, perché era una persona scrupolosa, ma voleva partecipare alle indagini. Un caso così sinistro poteva essere troppo impegnativo per la polizia di una piccola città e per uno sceriffo che disponeva di mezzi limitati. Per quanto gli desse fastidio ammetterlo, sapeva che suo padre avrebbe potuto essere d'aiuto. Oran a-veva delle conoscenze nelle alte sfere delle forze dell'ordi-ne che lui non aveva. «E ora scusami ma devo andare a ordinare le analisi pre-operatorie» disse Stephen dandogli una pacca sulla spalla. Declan sussultò e si irrigidì. Non gli piaceva essere toccato. «Vai, vai, scusa tu per averti trattenuto» si affrettò a ri-spondere. «E grazie per avermi informato.» Quando Stephen si allontanò, Declan si avvicinò alla porta della stanza in cui era ricoverata la ragazza. Non ave-va il coraggio di entrare. Meglio osservarla da lontano, te-nersi a distanza. Non si fidava della propria reazione alla sua vicinanza. Il suo corpo rispondeva autonomamente alla sua incredibile bellezza. Aveva un viso stupendo, e Declan non riusciva a togliersi dalla testa l'immagine dei suoi seni nudi, sodi e colmi come meloni, chiarissimi alla luce rosata del mattino. Sei un malato, si disse. Sì, magari era perverso provare desiderio per una ragaz-za ridotta in quel modo, ma chiunque al posto suo avrebbe trovato affascinante una donna con quel corpo e quel viso. La sua bellezza era pura, il suo volto innocente; era una creatura eterea, sembrava un angelo caduto dal cielo. Improvvisamente Declan si accorse che i bip dei monitor si erano fatti più frequenti. Le pulsazioni e la respirazione erano accelerate. Involontariamente entrò nella stanza, quasi sperando che

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quelli fossero i segnali della sua ripresa imminente. Da vicino era ancora più bella. La sua pelle era come se-ta color avorio. Avrebbe voluto sfiorarla ma si trattenne. Abbassò lo sguardo sulla mano, che era voltata con il pal-mo verso l'alto sulla coperta celeste, e vide il pentacolo ros-so tatuato. Avvertì una stretta al cuore nel vedere quei se-gni violenti, il polso bendato, le escoriazioni, i lividi... e nell'immaginare le torture che aveva subito, il dolore im-menso della caduta. Non riuscì più a resistere e sollevò una mano, poi le toc-cò con un polpastrello una guancia vellutata. Immediata-mente fu invaso da un immenso calore e avvertì un fremito al bassoventre. Dio, era proprio diventato un pervertito! Udì un forte bip da uno dei macchinari a cui era attaccata la ragazza e, trasalendo, staccò la mano di scatto. Vide che lei stava aprendo gli occhi e trattenne il fiato, in attesa. Le sue palpebre si mossero lievi come se una farfalla stesse sbattendo le ali, poi si sollevarono e Declan si trovò a fissa-re due occhi incredibili. Le sue iridi erano limpide e intense come un terso cielo estivo, innocenti, pure, stupende. Lei lo fissò e il cuore di Declan parve fermarsi per un i-stante. La ragazza mosse le belle labbra tumide, color corallo, ma per qualche istante boccheggiò senza emettere alcun suono. «Salvami» bisbigliò infine. Con il cuore che gli percuoteva il petto come un tambu-ro, lui si chinò su di lei e la guardò negli occhi. «Qualsiasi cosa. Farò qualsiasi cosa per te» sussurrò, spaventato nel rendersi conto che diceva sul serio, perché lei era la prima persona dopo sei anni che gli provocasse un'emozione. «Chi sei?» aggiunse sottovoce. Ma lei aveva richiuso gli occhi. Declan non fu sicuro che avesse invocato il suo aiuto. Forse era così stanco che ave-va avuto un'allucinazione, anche se era vero che lei lo tur-

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bava, e per lui rappresentava una sensazione nuova. Era sorpreso di provare qualcosa che non fosse solo rabbia o ri-sentimento. No, sotto l'ira che ormai era la sua compagna abituale, ri-conobbe anche altri sentimenti. Soprattutto avvertiva il bi-sogno profondo di proteggere quella ragazza e di vendicar-la, benché fosse solo un'estranea. E avrebbe trovato chi l'aveva martoriata in quel modo, a qualunque costo.

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Seduzione e vendetta di Simona Liubicich

Scappata dal barone di Torrebruna che vuole sposarla per porre le mani sul suo patrimonio, la marchesa Costanza Balbi si rifugia a Roma. Lungo la strada incontra il colonnello Simone Aldobradini Colonna, arrogante romano dal fascino tenebroso, e per la prima volta Costanza avverte i brividi di un'eccitazione sconosciuta...

Tocco proibito di Beth Kery

La sensuale Genny è vedova di un affascinante imprenditore, Max, che percorreva il mondo con il passo del padrone e manovrava tutti come pedine. Era stato proprio lui a notare per primo l'attrazione che si era sviluppata tra Genny e il suo aitante braccio destro, Sean, fino a proporre a entrambi una torbida trasgressione...

Travolgente piacere di Portia Da Costa

L'alta società londinese di fine Ottocento è scossa da uno scandalo che vede protagonista Beatrice Weatherly, una sensuale fanciulla dagli occhi di smeraldo e dai capelli fulvi, che ha posato nuda per delle foto lascive. Sono proprio quelle immagini licenziose ad at-trarre l'attenzione del torbido libertino Edmund Ritchie...

Il bacio dell'angelo di Eden Bradley

Una guardia forestale, l'affascinante Declan, trova sulla spiaggia una bellissima fanciulla nuda e priva di sensi, con il corpo coperto di strani segni rituali. Declan la prende sotto la sua ala protettrice mentre lo sceriffo indaga per cercare di svelare il mistero che av-volge il suo passato. Quando tra loro nasce una passione sfrenata...

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