Pronto Soccorso in Barca

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1 Dott. Alberto Albani Direttore Struttura Complessa di Medicina e Chirurgia d'Accettazione e Urgenza Presidio Ospedaliero Spirito Santo Pescara APPUNTI DI PRIMO SOCCORSO IN BARCA

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una guida breve e utile

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Dott. Alberto Albani Direttore

Struttura Complessa di Medicina e Chirurgia d'Accettazione e Urgenza Presidio Ospedaliero Spirito Santo Pescara

APPUNTI DI PRIMO SOCCORSO

IN BARCA

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Introduzione Le vacanze in barca possono non essere immuni da contrattempi.

Può capitare a tutti di trovarsi in una situazione di emergenza in cui un semplice

intervento può evitare guai più grossi.

Questo opuscolo ha lo scopo di fornire ai naviganti alcuni elementari principi di

Pronto Soccorso per aiutarli ad affrontare tutti gli spiacevoli inconvenienti che potrebbero

verificarsi durante il viaggio.

Vengono date informazioni su che cosa fare e, soprattutto, cosa NON fare

nell’attesa che giunga un soccorso sanitario.

All’interno sono descritte le principali patologie che possono, più frequentemente,

presentarsi durante una vacanza in barca. Per ognuna sono fornite indicazioni

terapeutiche con il nome commerciale dei farmaci da utilizzare: naturalmente queste

pagine vogliono essere solo un suggerimento, infatti, ci sono moltissime medicine per lo

stesso scopo e ogni medico consiglia in base alla sua esperienza personale ed alla scuola

di appartenenza.

Sono poi riportate alcune nozioni base sulla rianimazione cardio polmonare,

rimandando a corsi specifici di BLS (Basic Life Support) l’approfondimento su questa

tematica così importante.

Alla fine sono fornite informazioni sull’allestimento di una cassetta di pronto

soccorso che sia la più completa possibile.

Un ringraziamento particolare, poi, all’amico Marco Bovani, direttore del Circolo

Velico La Scuffia che, quotidianamente, si adopera per diffondere l’amore e la cultura per il

mare e la vela.

Buon Vento

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Assistenza Medica in Mare In caso si sospetti una grave patologia, rivolgersi sollecitamente al CIRM.

Le richieste di assistenza, che pervengono al C.I.R.M. sono ricevute da medici, in servizio 24 ore su 24, presso la sede del centro.

I sanitari, avvalendosi in caso di bisogno dell’ausilio di consulenti specialisti, prescrivono le opportune cure e si mantengono in contatto con la nave e/o imbarcazione che ha richiesto assistenza, seguendo il paziente fino alla guarigione o allo sbarco.

COME CONTATTARE IL C.I.R.M.

Centralino: +39-6-54 22 30 45

Cellulare GSM: +39-348-39 84 229

E-mail: [email protected]

VHF

INDICAZIONI DA FORNIRE IN UNA RICHIESTA DI ASSISTENZA MEDICA INDIRIZZATA AL CIRM:

��Nome della Nave / Imbarcazione e nominativo radio

��Posizione della nave, porto di partenza e di destinazione

��Tempo stimato di arrivo, rotta e velocità

��Età del paziente, nazionalità

��Sintomatologia, localizzazione e tipo dei dolori

��Tutte le opportune notizie relative alla malattia, luogo e modalità dell’incidente

��Respirazione, polso, temperatura e, se possibile, pressione arteriosa

��Precedenti clinici del paziente

��Medicinali disponibili a bordo

��Medicinali eventualmente già somministrati

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INDICE Mal di mare …………………………….....…………………………………………………….…… 5 Attacchi di panico …….……………………...………………………………….…………………. 7 Pesci velenosi – Ricci di mare – Meduse ……………......…………………………………..... 8 Tracina (pesce ragno) ………………………...…………….………….………….…..…… 8 Medusa …………………………………………………..…...……………………...….……. 8 Ricci ………………………………………………..……….………………………….…..….. 9 Aragosta ……………………………………..………...……………………………….…….. 10 Scorfano ……………………………………….....………………………………..……...….. 10 Murena ………………………….…………………….………………………..………...……. 10 Polpo …………………………….………………..…………………………….………...…… 10 Anemoni di mare ……………………...…………..…………………………….…….…….. 10 Punture d’insetto ……………………………………..…..…………………………….………….. 11 Api – Vespe – Calabroni ……………………..…………………………………………..... 11 Zanzare …………………………………….……………...…………………………….……. 12 Ragni – Scorpioni – Malmignatta …………………..…………………...……………….. 13 Disturbi della termoregolazione ……………………..………………………………….…….… 14 Scottature Solari ………………………………………...….…………………….………… 15 Congelamento ………………………………….……………..…………………..………… 15 Ustioni ……………………………..…………...………………………...……………..………….. 17 Infezioni cutanee batteriche: Ascesso – Impetigine ……………………………………… 19 Corpi estranei …………………………...………………………………………….…...…………. 20 Schegge - Corpi estranei nel naso ………………..……...……………………...….…… 20 nell’orecchio ………..…….…..……………...………………. 21 oculari ……………………..………..…………….…………… 21 Ingestione ………………………….………………………...………………………………. 23 Inalazione …………………...……………………………..…………………………………. 23 Crampi – Stiramenti – Strappi muscolari …………..……....…………………..…….……….. 25 Lesioni osteoarticolari ……………………………………….……..……………………………. 27 Contusione – Distorsione – Lussazione ………………..…..………………….………. 27 Frattura ………………………………………………...……..………………………………. 28 Arti superiori …………………………..…………..……………………...……….. 29 Arti inferiori ………………………...……...…………………………….………… 31 Trauma cranico …………………………..………………..…………………………...………….. 33 Ferite ……………………………………...….………..……………………………………….……. 34 Emorragie ……………………………...……………….………………………………...…….…… 37 Febbre alta ……………………………..…………………..……………………………………….. 39 Congiuntivite ……………………………..………...……………………………………..……….. 40 Mal d’orecchio (otalgia) ……………….……………………………………………………..…... 42 Fuoriuscita di sangue dal naso (epistassi) ……………..…………..………………………… 43 Mal di denti ……………………………………………………....…………………………………. 44 Perdita di un dente ……………………………………...……..……………………..…………… 44 Diarrea ………………………………………………...…………………………………..….……... 45 Shock anafilattico …………………………………………….………………………..………….. 47 Annegamento …………………………….……………….……………………………………….. 49 Posizione laterale di sicurezza ………………..………………………………………………… 51 Rianimazione Cardio Polmonare ………………………...………………………………..……. 52 Cassetta del Pronto Soccorso ...........…….……….................................…….........…........... 61

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Mal di mare: come difendersi La causa di questo malessere dipende da una alterazione dei centri nervosi che regolano l'equilibrio e avviene quando il nostro occhio non è in sintonia con quello che registra il nostro orecchio. La conseguenza è un senso di nausea cui spesso si accompagna il vomito. I movimenti non usuali della barca sono recepiti dal nostro orecchio che invia al cervello il messaggio che qualche cosa non va. Bisogna ricordare che il problema del mal di mare è assai comune. Certamente chi soffre di mal di mare, registrerà un malessere maggiore sulla barca a vela piuttosto che su quella a motore ma, in ogni caso, è bene seguire alcuni accorgimenti per vivere piacevolmente la gita in mare:

��anche se il mare è calmo non "affrontarlo" mai a stomaco vuoto; partire a stomaco pieno, ma non dopo un pasto pesante e durante il viaggio mangiare di tanto in tanto un grissino o un cracker o un pezzo di pane, evitando di bere;

��non suggestionarsi, ma cercare di pensare ad altro; ��coprirsi sempre molto bene, anche nei mesi estivi può fare freddo, soprattutto la

sera; ��ricordarsi di mangiare un'ora prima di salire in barca cibi salati e secchi. Evitare

salse e intingoli; ��bandire le brioche e i cappuccini, la colazione deve essere "asciutta", va bene

anche mangiare durante la navigazione; se è già sopraggiunto il mal di mare ingerire solo pane asciutto con molta mollica e non bere nulla, quando il disagio sarà passato bere tè caldo;

��è consigliabile limitare tutti i movimenti della testa e del corpo (la posizione seduta è quella migliore); evitare di fissare le onde del mare o altri punti dotati di movimento proprio;

��non restare a lungo in silenzio, poiché si tende a focalizzare il pensiero sulla paura di star male;

��non scendere mai sotto coperta perché il rollio della barca è più evidente e anche l'odore di nafta;

��se è sopraggiunta un po' di nausea, ci si distende "a pancia in su", all'aria, nel punto più basso della coperta ad occhi chiusi, cercando di assecondare i movimenti della barca con il corpo, mai irrigidirsi ma farsi cullare dal movimento;

��va bene anche guardare l'orizzonte se si è vicino alla costa, che essendo un punto di riferimento fisso, metterà pace tra i vostri occhi e i centri dell'equilibrio;

��i pescatori, quando soffrono il mal di mare, mangiano le alici. Un rimedio che va bene per chi se la sente.

Che cosa si avverte: si può cominciare con uno stato di malessere generale, accompagnato da pallore, sudorazione fredda, ansia. In genere di seguito vengono anche la nausea e il vomito. In qualche caso, per fortuna non molto frequente, si può arrivare anche ad un certo abbassamento della pressione sanguigna con tachicardia (aumento della frequenza cardiaca) compensatoria. Quando prevenire non basta: come sempre accade, gli accorgimenti preventivi possono non essere efficaci per tutti e, spesso, l'esperienza diretta insegna piccoli espedienti

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soggettivi. Se tutti questi accorgimenti non bastano, si può ricorrere a farmaci e cerotti acquistabili in farmacia. Tuttavia, i farmaci utili presentano, in modo più o meno evidente, controindicazioni, ma possono ugualmente essere assunti con certe cautele. Sfortunatamente il mal di mare, una volta iniziato, può difficilmente essere interrotto. Il farmaco deve quindi, di norma, essere assunto prima di salire in barca: infatti, a prescindere dal tipo di farmaco utilizzato, le medicine contro il mal di mare sono generalmente più efficaci se assunte prima del manifestarsi dei sintomi. Per la prevenzione ed il trattamento del mal di mare si possono usare farmaci a base di scopolamina. E’ utilizzata per i suoi effetti anti-nausea e antivomito, ha un'attività antispastica sulla muscolatura liscia gastrointestinale e anche un'attività a livello del sistema nervoso centrale. La scopolamina è utilizzata sotto forma di cerotto transdermico (Transcop) che va applicato dietro l'orecchio 2 ore prima di imbarcarsi e, all’occorrenza, può essere applicato anche con il vomito in atto. Un cerotto resta efficace fino a 72 ore e, in caso di necessità, trascorso tale intervallo, è possibile applicare un nuovo cerotto in sostituzione di quello esaurito. I possibili effetti collaterali sono rappresentati da sonnolenza e confusione mentale, anche se generalmente non molto evidenti. La scopolamina non è indicata per i soggetti che soffrono di glaucoma e/o d'ipertrofia prostatica. Può causare qualche effetto collaterale come secchezza della bocca, dilatazione della pupilla con conseguenti disturbi alla vista (più frequenti dopo le 24 ore di applicazione), sonnolenza; tutti disturbi che possono protrarsi anche dopo la rimozione del cerotto. E' importante evitare l'assunzione di bevande alcoliche o di altri farmaci insieme con il cerotto. Infine, chi maneggia il cerotto, deve lavarsi bene le mani poiché parte della sostanza rilasciata se non ben rimossa può essere molto nociva, per esempio se si strofina sugli occhi. Un'altra categoria di farmaci utilizzata per prevenire il mal di mare è rappresentata dagli antistaminici (Xamamina). Questi farmaci bloccano la nausea ed il vomito riducendo lo stimolo a livello dell'orecchio interno e sono disponibili sia in forma di compresse o supposte che di gomme da masticare. Le supposte sono indicate nel caso sia difficile l’assunzione per via orale. L’ efficacia è paragonabile a quella della scopolamina, ma in caso di viaggi prolungati è opportuno ripetere la somministrazione ad intervalli di 4-6 ore. Vanno presi almeno 30 minuti prima della partenza. Possono dare molta sonnolenza (prestare attenzione se si devono guidare veicoli subito dopo l'arrivo), secchezza alla bocca, disturbi alla vista, stitichezza, ritenzione urinaria, soprattutto in persone con disturbi alla prostata. E anche in questo caso è importante evitare l'assunzione contemporanea di altri farmaci con effetti sedativi sul sistema nervoso, per esempio quelli per trattare i sintomi del raffreddore e quelli per l'insonnia. Per la stessa ragione vanno evitate le bevande alcoliche. L'ultimo tra i rimedi “medicali” alternativi, che si acquista in farmacia, pur non essendo un farmaco, è il braccialetto anti-vomito che, sebbene la commercializzazione in Italia sia abbastanza recente, si basa su di un principio antico. E', infatti, una modalità terapeutica che viene dall'antichissima medicina cinese (agopuntura/digitopressione). Il bracciale va applicato nel punto P6 dell'agopuntura che é posto " 2 pollici cinesi" sopra la linea distale del polso. Con la pressione di questo punto, si ottiene una riduzione della nausea. Questo metodo si è mostrato più gradito ed efficace per i bambini; al termine del viaggio il bracciale si toglie senza alcuna conseguenza particolare.

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Occorre ricordare una particolare forma di ansia che può colpire le persone che non hanno molta dimestichezza con una barca e con le varie situazioni metereologiche che si possono incontrare durante una navigazione. ATTACCHI DI PANICO L’Attacco di Panico (DAP) é un disturbo che colpisce improvvisamente soggetti apparentemente sani e non necessariamente in situazioni di stress. I sintomi psichici sono rappresentati da un’improvvisa paura o terrore, da una sensazione di morte improvvisa o di perdita del controllo delle proprie idee e azioni. A livello generale si associano sintomi che contribuiscono a preoccupare il soggetto, in particolare tachicardia, dispnea, vertigini, vampate di calore, brividi di freddo, tremori, sudorazione. Negli attacchi più gravi il soggetto può perdere il contatto con la realtà (derealizzazione) con la sensazione di vivere in una realtà nuova o la sensazione di essere una persona diversa, di non riconoscersi più (depersonalizzazione). La sintomatologia acuta dura da 15 a 30 minuti. Attacchi di panico sporadici e di lieve entità o pseudo-attacchi, in condizioni di stress particolari, colpiscono il 30-35% della popolazione, prevalentemente giovanile. I veri attacchi di panico di interesse clinico colpiscono il 2-3% della popolazione con una particolare prevalenza nei giovani dai 25 ai 30 anni, di sesso femminile. All’insorgere della sintomatologia somministrare immediatamente Tavor oro sublinguale che ha effetto immediato; eventualmente ripetere la somministrazione dopo 30 minuti.

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Pesci velenosi - Ricci di mare - Meduse Fortunatamente, nelle zone mediterranee, non esistono animali acquatici particolarmente pericolosi. Molto diversa è la situazione nei paesi tropicali dove, sia nei fiumi, sia nei laghi, sia in mare, non è raro incontrare pesci o molluschi, magari dall'aspetto innocuo e sgargiante e dalle dimensioni apparentemente inoffensive, che possono rivelarsi invece aggressivi e pericolosi, se non mortali. Limitandoci alle aree del Mediterraneo, l'unica prevenzione possibile nei confronti di animali acquatici pericolosi è il conoscerli bene e, in qualche caso, adottare accorgimenti per ridurre i rischi di essere colpiti.

I più diffusi animali acquatici da cui occorre guardarsi sono:

Tracina (pesce ragno): la puntura più frequente, nei litorali a fondo sabbioso, è quella del pesce ragno che dà un dolore locale talora violentissimo. Si tratta di un pesciolino grigiastro color sabbia che, appunto per questo, si mimetizza sul fondo, facendo sporgere solo gli occhi. Ha una taglia che va da circa 15 cm (Tachinus Vipera) a circa 45 cm (Trachinus Drago) e vive numeroso nei nostri mari. E’ munito di un apparato pungente costituito da due spine opercolari e da 5-8 spine dorsali attraverso le quali inocula il veleno secreto da ghiandole situate alla base dei raggi spinosi. Ha una forma piatta e vive semisepolto o comunque appoggiato sui fondali sabbiosi tra i due ed i cento metri dalla riva. Il pericolo maggiore è posare il piede sulla sua pinna dorsale velenosa, che contiene una sostanza in grado di provocare dolori molto forti, tumefazione locale e talvolta gravi fenomeni di intossicazione. Per questo motivo bisogna evitare di toccarla. La puntura della Tracina è dolorosissima, il dolore dura intenso alcune ore irradiandosi all’intero arto. Il veleno può far gonfiare il piede. Qualche volta possono comparire nausea, vomito e talora febbre. Se si è stati punti, si deve far uscire al più presto il veleno iniettato, spremendo la zona della puntura. Inoltre bisogna legare l’arto colpito sopra la ferita (circa 10 cm sopra), per evitare che il veleno si spanda rapidamente. In seguito bisogna applicare degli impacchi molto caldi sulla zona colpita: le molecole di veleno sono inattivate dal calore (più di 56 °C). La cura migliore, infatti, è quella di immergere l’arto o comunque la parte colpita nell’acqua più calda che si può sopportare. Il calore distrugge il veleno che è costituito da una tossina termolabile. Dopo pochi minuti di immersione in acqua calda il dolore si attenua e scompare. Funzionano anche ciotoli e sabbia resi molto caldi dal sole. Poi disinfettare e applicare sulla parte dolente una pomata antistaminica (es. Fargan). Medusa: corpo a coppa rovesciata di colore opalescente, da cui si dipartono lunghi filamenti, dotati di numerose vescicole contenenti sostanze urticanti che possono provocare disturbi cutanei anche molto dolorosi. La si può incontrare anche vicinissima alla riva, o addirittura sulla spiaggia e in ogni caso, anche se sembra priva di vita, non bisogna mai toccarla. Le lesioni iniziali appaiono come piccole eruzioni papulari in una o più linee discontinue (i segni del tentacolo), a volte circondate da un’area eritematosa. Le papule crescono rapidamente e l’area diventa rossa. Il dolore è di tipo urente (simile ad una ustione) ed è accompagnato da gonfiore. Persiste alcune ore.

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Possono anche manifestarsi debolezza, nausea, cefalea, dolori muscolari, spasmi, lacrimazione, aumento della traspirazione e della velocità del polso. Se si entra in contatto con una medusa, bisogna lavare abbondantemente la zona interessata con acqua di mare, per eliminare ogni traccia di veleno. Se i tentacoli restano attaccati, rimuoverli delicatamente con una spugna o un guanto. Nei casi più lievi è utile l'applicazione immediata di sabbia calda seguita dalla detersione con acqua non fredda e dall'applicazione di garze imbevute di aceto al 50% con acqua. Un rimedio alternativo semplice ed efficace è quello di applicare sulla parte ”ustionata” della pasta di dentifricio. Il trattamento locale deve essere continuato per alcuni giorni con pomate di corticosteroidi (Ecoval 70) e antistaminici (es. Fargan).

Una medusa: un essere affascinante, ma pericoloso. Ricci di mare: ben noti a tutti, non devono essere mai toccati. Gli aculei non sono velenosi, ma penetrano con molta facilità nella pelle e si spezzano rimanendovi conficcati. Se si è punti, lavare la parte colpita con acqua di mare o disinfettante e togliere la spina dall’epidermide con una pinzetta sterile. La pinzetta o lo spillo utilizzati per l’operazione di rimozione devono tassativamente essere disinfettati o sterilizzati a fiamma. Applicare ripetuti impacchi di aceto, che sciolgono la spina. Prestate attenzione: gli aculei, come detto, sono fragili e si spezzano facilmente. Assicurarsi che la spina, o una sua parte, sia completamente eliminata dalla pelle. Altrimenti la spina può “spostarsi” verso l’interno e provocare infiammazioni della cute o anche lesioni dei tessuti nervosi. Se la puntura è al piede, per prevenire infezioni, evitate assolutamente di camminare a piedi nudi. Disinfettate accuratamente. L’aceto discioglie la maggior parte delle spine superficiali; può essere sufficiente bagnare la ferita con aceto varie volte al giorno e applicare un impacco sempre a base di aceto. In alternativa all’aceto, si può tenere un fazzoletto imbevuto di olio applicato sulla zona colpita per un’intera notte per facilitare l’estrazione. Nel caso in cui si dovesse costatare la formazione di eventuale pus, è bene ricorrere all’impiego di antibiotici locali (Gentalyn). Raramente, va praticata una piccola incisione per estrarre la spina; una spina che sia migrata nei tessuti più profondi può richiedere la rimozione chirurgica.

I ricci: buoni da mangiare ma …pungenti

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Aragosta: molte persone inesperte, attratte dalla squisitezza della sua carne, possono arrischiarsi a catturarla. Bisogna ricordare però che questo animale si dimostra particolarmente pericoloso a livello della coda, che si muove a scatti ed è tagliente. Occorre, caso mai, prenderla per la testa, facendo uso di appositi guanti. Scorfano: pesce che si mimetizza sul fondo e fra gli scogli. È dotato di lunghi aculei sul dorso e sulle pinne laterali, che sono velenosi e possono provocare disturbi simili a quelli provocati dalla tracina, febbre e vomito. Murena: simile ad un'anguilla, è pericolosa soprattutto per il suo morso, che può provocare lacerazioni anche gravi. Polpo: se lasciato stare, quello dei nostri mari è innocuo, ma può reagire se attaccato, avvinghiandosi ad un braccio o una gamba con le sue ventose, causando lesioni cutanee. Anemoni di mare: è meglio non toccarli; alcune specie possiedono proprietà urticanti molto dolorose (vedi meduse).

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Punture d’insetto L'umidità, il calore e l'odore della nostra pelle, o l'anidride carbonica che espiriamo, sono tutti fattori che attraggono fastidiosi insetti e zanzare. Questi sono capaci di percepire la nostra presenza attraverso i loro organi di senso presenti sulle antenne. Molti prodotti repellenti (Autan) agiscono proprio bloccando questi organi ed impedendone quindi la ricezione degli odori. Perché questi siano efficaci, tutta la pelle deve essere ricoperta di prodotto: le zanzare sono capaci di trovare la parte di pelle esposta senza protezione e di pungerla. Alcuni semplici accorgimenti per proteggersi dagli insetti sono dunque:

• portare vestiti di colore chiaro, poiché i colori scuri ed accesi attirano gli insetti. È meglio che i vestiti abbiano maniche e pantaloni lunghi, per coprire la maggior parte del corpo; utilizzare prodotti che allontanano gli insetti, da applicare sulle parti della pelle esposte all'aria o anche direttamente sui vestiti. Questi prodotti sono generalmente a base della pianta piretro la cui polvere, ottenuta dai fiori, è insetticida. Il prodotto non deve essere respirato, ingerito, messo a contatto con gli occhi o applicato su parti di pelle irritata o graffiata. Se la pelle prude o si infiamma dopo l'applicazione, va subito lavata abbondantemente con acqua;

• usare zanzariere davanti alle finestre o sopra il letto, ricordandosi di controllarne l'assenza di buchi e di non lasciare nessun insetto all'interno.

È importante ricordare che alcuni comuni profumi possono attirare gli insetti e che alcuni prodotti repellenti possono provocare effetti indesiderati, soprattutto nei bambini piccoli. Molti insetti, pungendo, possono causare delle piccole lesioni della pelle: in questo modo sono in grado di iniettare sostanze tossiche o trasmettere malattie. Le punture in genere provocano solo irritazione, prurito e gonfiore; la risposta individuale a questo stimolo è molto varia. Se avviene il contatto, per ridurre il dolore o il prurito che accompagna la puntura, possiamo lavare le parti colpite con acqua e sapone e applicarvi sopra dei cubetti di ghiaccio. Le punture d’insetto nella gran parte dei casi non sono rischiose per la salute, possono esserlo solo se colpiscono particolari zone del corpo (occhi, labbra e in generale il viso, lingua e gola), oppure se ad essere punto è un bambino molto piccolo o se la persona soffre di forme allergiche. In quest'ultimo caso esiste il rischio del cosiddetto "shock anafilattico" (VEDI). Punture di api, vespe, calabroni: questi insetti iniettano con un pungiglione una

sostanza tossica che causa dolore, arrossamento e prurito. Fra gli insetti che pungono, quelli più temuti sono le api e le vespe. Le api pungono solo se provocate, mentre le vespe pungono anche quando sono semplicemente disturbate. Questi insetti hanno un pungiglione uncinato all’estremità dell’addome collegato ad una saccula interna contenente il veleno. Il pungiglione delle api è ben uncinato e resta, dopo la

puntura, agganciato alla pelle provocando al suo distacco lo strappo di tutto l’apparato addominale e quindi la morte dell’ape. Il pungiglione della vespa invece è poco uncinato è può essere facilmente estratto per pungere di nuovo.

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Il veleno contiene delle sostanze irritanti che sono responsabili dell’arrossamento, del gonfiore, del dolore e prurito locale.Questi sintomi sono più fastidiosi che importanti, durano qualche ora poi scompaiono. L’insetto se ancora presente va tolto tempestivamente, l’aculeo va estratto, la zona colpita va disinfettata con amuchina. Importante: la cautela deve essere notevole in quanto, schiacciando il pungiglione, si può involontariamente iniettare altro veleno in esso contenuto. Per tale motivo, cercate di estrarre l’aculeo servendovi di una lama di coltello: la rimozione con le pinze provocherebbe una pressione sul sacco velenifero e la totale inoculazione del veleno. Successivamente, dopo aver disinfettato la puntura con acqua ossigenata, passate sopra un batuffolo con ammoniaca (disattiva il veleno) e poi applicate un cubetto di ghiaccio (rallenta l'assorbimento). Se la persona è stata punta in bocca è necessario farle fare dei gargarismi con acqua fredda salata (due cucchiaini di sale fino per bicchiere d'acqua). Per attenuare il dolore giova mettere in bocca un cubetto di ghiaccio. Per attenuare il prurito si possono applicare creme cortisoniche (Ecoval 70). Possono comparire, anche se raramente, manifestazione di natura allergica (sudorazione, orticaria, pallore, difficoltà respiratorie, ipotensione e shock anafilattico (VEDI).

L’ape è un insetto poco aggressivo, eccezion fatta se si trova nelle vicinanze dell'alveare. Il suo pungiglione è seghettato e viene trattenuto nella ferita con la sacca contenente il veleno ed il tratto terminale dell'intestino: così mutilato, l'insetto è destinato a morire rapidamente.

La vespa, dopo la puntura, è in grado di estrarre il pungiglione e di colpire nuovamente.

Anche il calabrone, di dimensioni doppie rispetto alla vespa, è in grado di estrarre il pungiglione dopo la puntura e di colpire nuovamente.

Punture di zanzare: fra gli insetti che pungono per nutrirsi, quelli più comuni nei nostri climi sono le zanzare ed i tafani. Le zanzare pungono prevalentemente al tramonto, fanno eccezione le zanzare tigre, più piccole e con caratteristiche righe sull’addome, che pungono anche di giorno. E’ la zanzara femmina che punge per succhiare il sangue che le serve per la maturazione delle uova. Il maschio della zanzara è fitofago e non punge.

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Dopo aver succhiato il sangue, la zanzara rigurgita un po’ di saliva che è irritante e provoca arrossamento e prurito localizzati che si risolvono in breve tempo senza nessuna conseguenza. La zanzara più comune è la Culex, ma è ormai certa la presenza nel nostro territorio della zanzara tigre. La zanzara tigre è più piccola di quella comune, punge nelle ore diurne e non emette ronzio. Si riconosce per il suo colore nero brillante sul quale spiccano evidenti striature bianche. Vola preferibilmente all’altezza del suolo, è molto aggressiva e punge preferibilmente le gambe e le caviglie. La sua puntura provoca bolle o gonfiore pruriginoso: tali manifestazioni possono durare alcuni giorni. In Italia non comporta alcun rischio concreto di trasmissione di malattie infettive. Il primo provvedimento da adottare è quello di applicare un cubetto di ghiaccio sulla zona colpita. Nella maggior parte dei casi è in grado di alleviare il dolore. Per il prurito si deve ricorrere ad una crema a base di cortisone (Ecoval 70). Le creme antiistaminiche non servono, anzi possono dare dermatiti da contatto. E’ tradizione usare l’ammoniaca, ma non è dimostrato che sia efficace. Applicare insettorepellenti nelle zone cutanee scoperte, rinnovandoli più volte specie se si suda o ci si bagna. Chi dorme con le finestre aperte e non utilizza le zanzariere, può ricorrere agli elettroemanatori: per essere efficaci devono essere accesi ½ ora prima di coricarsi. Se si rimane all’aperto è utile ricorrere allo Zampirone, che brucia lentamente emettendo del fumo contenente piretro, che le tiene lontane. Ragni e scorpioni: i ragni sono quasi tutti velenosi, ma soltanto alcune specie possiedono aculei capaci di penetrare la pelle dell’uomo. In Italia il ragno più velenoso è la tarantola, che si ritrova in luoghi caldi e secchi (Salento); il morso della tarantola provoca reazioni locali particolarmente fastidiose e rari gravi effetti generali. Gli scorpioni possono iniettare veleno che può irritare e provocare manifestazioni dolorose accompagnate da gonfiore; la gravità della reazione dipende dalla specie e dalla sensibilità del soggetto colpito. La zona colpita va lavata abbondantemente; si può applicare localmente una crema cortisonica (Ecoval 70). Malmignatta: si tratta di un piccolo ragno (7/15mm) nero lucente, con addome sferico punteggiato da 13 piccole macchie rosse. La puntura procura una piccola macchia rossastra il cui diametro tende ad allargarsi. Si ha dolore e ingrossamento delle linfoghiandole regionali, dopo 10-60 minuti dalla puntura. Quindi, dopo qualche ora, compare una zona pallida di circa 5 cm di diametro, delimitata da un colore rosso-bluastro intorno. Successivamente, si può manifestare un eritema pruriginoso, più o meno generalizzato. Possono essere presenti ipotensione, tachicardia e crampi muscolari. Va effettuata un’immediata disinfezione locale e poi procedere all’applicazione di pomate cortisoniche (Ecoval 70) e, nei casi più gravi, all’assunzione per bocca di antistaminici (Zirtec) e corticosteroidi (Deltacortene). Solo alcune persone particolarmente sensibili, le persone allergiche o con familiari allergici, reagiscono in modo violento alle punture d’insetto, con reazioni allergiche o con shock anafilattico (VEDI).

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Disturbi della termoregolazione Una temperatura ambientale elevata può causare disturbi dalla termoregolazione corporea. Secondo la gravità si riconoscono: il Colpo di Calore e il Collasso da Calore.

Il colpo di calore è il più severo disturbo causato da una temperatura troppo alta, associata ad un elevato tasso di umidità e alla mancanza di ventilazione, a cui l'organismo non riesce ad adattarsi. Può manifestarsi anche in un ambiente chiuso, oppure in un luogo dove non batte direttamente il sole. Inizia con un senso di irrequietezza, mal di testa, ronzii agli orecchi. In un breve tempo la temperatura del corpo raggiunge e supera i 38,5 gradi. La pelle è calda al tatto e appare congestionata. Il viso diventa bluastro, il respiro è accelerato, il cuore batte disordinatamente e la pupilla appare dilatata. Non c'è sudorazione, la coscienza è spesso obnubilata e la pressione si abbassa a tal punto da portare allo svenimento. Il collasso da calore è meno grave del precedente ed è più frequente nei nostri climi. Il soggetto accusa spossatezza, la pelle è fredda ed appiccicosa, la sudorazione è abbondante, vi è ipotensione arteriosa e vertigini. Possono esserne affetti anche soggetti giovani, in piena salute, dopo un’esposizione a temperature troppo elevate. Nei disturbi della termoregolazione, la terapia deve essere modulata secondo la gravità del quadro clinico. La prima cosa da fare è portare la persona colpita in un luogo fresco, ombroso e ventilato e farla sdraiare a terra a pancia in su, tenendole le gambe sollevate rispetto al resto del corpo. La reidratazione per via orale può essere fatta con acqua o preparati contenenti glucosio e sali minerali (es: Gatorade). Eventualmente, immergere un lenzuolo o un grande asciugamano in acqua fredda e poi avvolgervi la persona per farle sentire un immediato benessere. Consigliabile anche una borsa di ghiaccio sulla testa: tutti i provvedimenti hanno lo scopo di far abbassare la temperatura del corpo. Se dopo circa mezz'ora di "trattamento refrigerante" la temperatura non scende, è assolutamente necessario trasportare il più rapidamente possibile il paziente al più vicino Pronto Soccorso.

Precauzioni da adottare in una giornata particolarmente afosa

• Bere una maggiore quantità di liquidi non alcolici, senza aspettare di sentirsi assetati;

• Non bere liquidi che contengono alcol, caffeina o molto zuccherati; • Non bere bevande molto fredde, possono causare crampi addominali; • L'uso dei ventilatori elettrici può essere utile;

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• Fare spesso un bagno o una doccia; • Indossare abiti leggeri e di colore chiaro, con tessuti che non ostacolano la

traspirazione;

Controllare con maggior frequenza le persone a rischio (soprattutto i bambini e gli anziani) e accertarsi che assumano giornalmente una quantità idonea di liquidi. SCOTTATURE SOLARI I sintomi e i segni delle scottature solari compaiono da 1 a 24 ore dopo l’esposizione e variano in funzione dell’intensità dell’esposizione e del tipo di pelle del paziente. Le lesioni cutanee vanno da un leggero eritema (arrossamento), che va incontro a desquamazione, fino a dolore, tumefazione, sensibilità della pelle e vesciche. Possono essere presenti anche sintomi sistemici (febbre, brividi, debolezza), se è colpita una regione estesa del corpo. Dopo la desquamazione la pelle può essere ipervulnerabile alla luce solare per una o più settimane. Se la pelle è arrossata, ma senza vesciche, usate una crema emolliente ed idratante. Se si sono formate vesciche, o si tratta di estese scottature, proteggetele con una medicazione sterile inumidita con una leggera soluzione di bicarbonato di sodio (due cucchiai da minestra per ogni litro d’acqua). Non usate pomate grasse. Non esponete al sole le zone scottate finché non sono completamente guarite. CONGELAMENTO Il congelamento avviene quando una parte del corpo (in genere sono più facili al problema le dita delle mani e dei piedi, il naso e le orecchie) si raffredda fino a tal punto che i liquidi contenuti si ghiacciano. Inizialmente il congelamento si manifesta con un rossore intenso della pelle accompagnato da un dolore acuto, simile ad una puntura di spillo. In breve tempo la pelle da rossa diventa bianco-giallastra, fredda e priva di sensibilità. In alcuni casi sulla parte interessata si formano delle vescicole. Nello stadio avanzato il dolore scompare, in quanto il congelamento provoca la scomparsa della sensibilità della zona colpita. É proprio questo il motivo per cui alcune persone non si rendono conto del problema, se non è loro segnalato da qualcuno che si accorge del mutato aspetto di una determinata zona del corpo. Come trattamento immediato è importante coprire le parti congelate con indumenti caldi, possibilmente di lana. Se si tratta delle dita delle mani, si può tentare di riscaldarle il più possibile ponendole sotto le ascelle. Le parti colpite non devono in nessun modo essere sfregate o strofinate. La persona deve immediatamente recarsi in un ambiente chiuso e ben riscaldato. Le parti congelate devono essere immerse in acqua moderatamente calda (intorno ai 37-38 gradi, in pratica come la temperatura del corpo). L'acqua bollente, invece, fa peggiorare la situazione. Vietato anche esporre la parte colpita a fonti di calore diretto quali stufe, caloriferi: non bisogna infatti dimenticare che la persona non ha più la sensibilità della parte e quindi potrebbe ustionarsi senza rendersene conto. I bagni in acqua calda devono proseguire fino a quando la pelle non avrà recuperato il suo colorito rosato e una certa sensibilità. Contemporaneamente, è bene porgere alla persona una bevanda calda (tè, caffè) non alcolica. Le parti congelate non devono essere nuovamente esposte al freddo per qualche tempo: se la persona dovesse uscire, è necessario che le copra bene con più indumenti sovrapposti. Nei casi più seri, il congelamento porta alla morte dei tessuti colpiti: in questa circostanza la parte interessata assume un colorito nerastro. Se così fosse è

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indispensabile coprire bene la persona e trasportarla il più rapidamente possibile al Pronto Soccorso.

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Ustioni L’'ustione è una lesione della cute e dei tessuti provocata dal calore. Può essere causata da un contatto diretto con fuoco, con liquidi bollenti, con sostanze chimiche, ma anche da un'eccessiva esposizione al sole o da una folgorazione. L'ustionato, per contatto con fuoco, liquidi bollenti o sostanze chimiche, soprattutto se l'estensione è notevole, presenta dei dolori e dei bruciori violentissimi, spesso è trovato urlante e incapace di esprimere quanto gli è successo. Le parti ustionate si possono presentare fortemente arrossate, con evidente lacerazione dei tessuti e della cute, talvolta possono anche essere carbonizzate. Davanti ad un'ustione bisogna per prima cosa interrompere tempestivamente l'azione lesiva: spegnere l'ustione con acqua fredda sulla parte e sulle zone limitrofe. Se la fonte di calore è ancora attiva al momento del soccorso, è bene eliminare gli abiti, ma non quelli a contatto con l'ustione: si rischia di staccare insieme agli abiti anche l'epidermide e aggravare la situazione. Bisogna sempre cercare di operare in ambiente il più possibile sterile: le ustioni sono molto soggette alle infezioni. Bisogna perciò coprire la parte ustionata con appositi teli sterili. Le ustioni si possono classificare in tre gradi secondo gli strati di pelle che interessano e dell'estensione della zona ustionata: 1° grado, solo arrossamento della pelle; 2° grado, arrossamento, vescicole e lacerazioni; 3° grado, distruzione di tutti gli strati della pelle. 1° Nei casi di ustioni leggere, cioè quando la pelle si arrossa senza la presenza di vescicole, mettere la parte interessata sotto l'acqua corrente fredda per alcuni minuti, lavare l'ustione con acqua e sapone e applicare un comune unguento (Sofargen crema). Se non è disponibile acqua, usate qualsiasi liquido freddo innocuo, come latte o birra. 2° Nei casi di ustioni più gravi, con presenza di vesciole e lacerazioni della pelle, ancora acqua fredda o ghiacciata, poi mettere sulla parte interessata una garza sterile. Agendo tempestivamente, si possono evitare le successive formazioni di bolle. Se queste si manifestano, non vanno mai bucate, a contatto con l'aria la parte lesa rischia di infettarsi. Nel caso le bolle si buchino spontaneamente, bisogna disinfettarle accuratamente e ricoprirle con apposite garze sterili. Ricordarsi di usare sempre la garza, mai il cotone. Se non avete a disposizione materiale sterile per la medicazione, potete usare la pellicola trasparente per alimenti che si trova in ogni cucina.

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3° Per le ustioni ancora più gravi, non applicare nulla sulla pelle. Se i soccorsi tardano ad arrivare, avvolgere l'infortunato con cura in un lenzuolo bagnato e portarlo all'ospedale. Non strappare mai i pezzi di abiti che aderiscono alla pelle ustionata. Se l’infortunato è in sè, sciogliete mezzo cucchiaino di bicarbonato di sodio e un cucchiaino di sale in un litro d’acqua. Fate bere al paziente mezzo bicchiere di questa soluzione ogni 10 minuti circa, per reintegrare i liquidi corporei perduti attraverso la pelle ustionata. Se il paziente vomita, non insistete a farlo bere. ATTENZIONE: Non applicate mai cerotti, alcool, oli o grassi sull’ustione, non forate le vescicole, non asportate i lembi di pelle e non intervenite in alcun modo sull’ustione. Togliete delicatamente anelli, braccialetti, orologi, cinture, scarpe o abiti intorno alla parte ustionata prima che incominci a gonfiarsi. Ricoprite zona con tessuto pulito, che non perda peli, possibilmente sterile: infatti le ustioni sono facilmente soggette alle infezioni.

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Infezioni cutanee batteriche ASCESSO L'ascesso è una raccolta di materiale infetto, quindi batteri e cellule di difesa in sfaldamento, che si può formare ovunque si creino condizioni ideali per dare inizio ad un'infezione localizzata e circoscritta. Di solito l'ascesso inizia con una fase infiammatoria, laddove il germe, superate le barriere difensive naturali, come la pelle o le mucose, richiama le cellule di difesa. Se il processo non si arresta, inizia la fase suppurativa, con la formazione di pus. Gli ascessi, nella maggior parte dei casi, sono dovuti a penetrazione accidentale di germi dall'esterno, come succede per esempio per piccole ferite non ben disinfettate, o in seguito ad un piccolo trauma (la classica scheggia di legno o l'asportazione traumatica di una pellicina periungueale), oppure per diffusione da una infezione contigua. La suppurazione circoscritta è normalmente preceduta da una fase infiammatoria caratterizzata da:

• calore irradiante, intenso, con o senza bruciore • dolore, in genere lancinante continuo che aumenta al minimo contatto, talvolta

pulsante • rossore dei tessuti circostanti che sono tesi, brillanti, lucenti • tumefazione, gonfiore.

In seguito compare una lesione emisferica, di colore rossastro, dolente, quindi il pus si raccoglie al centro rendendo la parte centrale della lesione fluttuante. Può colpire qualsiasi area cutanea, a tutte le età. Il trattamento si basa su antibioticoterapia: locale (Gentalyn crema) e sistemica (Klacid). In alcuni casi è necessario praticare un’ incisione seguita da drenaggio. IMPETIGINE Sovrainfezione batterica di piccole lesioni della cute. E’ caratterizzata da piccole vescicole o pustole superficiali transitorie o vescicole contenenti un liquido giallo chiaro. La rottura delle vescicole esita in una crosta giallo-oro. La localizzazione può colpire volto, braccia, gambe glutei. Nell’impetigine bollosa: volto, mani, tronco, pieghe cutanee. La terapia si basa sull’assunzione di antibiotici (Klacid).

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Corpi estranei SCHEGGE I corpi estranei (una scheggia di legno, un ago, una spina), se penetrati nella pelle, devono essere rimossi con molta prudenza, disinfettando con alcool prima e dopo. La rimozione di questi minuscoli corpi estranei deve essere fatta da un profano soltanto nel caso si tratti di schegge che sporgano molto dalla cute e che quindi risultino facilmente estraibili. Nel caso in cui non sia possibile reperire un medico, applicare un impacco caldo alla parte interessata in modo tale da provocare, con il calore, lo spostamento della scheggia verso la superficie esterna della pelle, rendendone possibile la rimozione con l'ausilio di una pinzetta. Nel caso particolare di ami da pesca: 1- Se l'amo è penetrato nella pelle solo con la punta della testa, effettuare l'estrazione a ritroso. 2- Altrimenti spingere l'amo al fine di far uscire la testa da un'altra parte con un tragitto il più breve possibile - Tagliare la testa con delle pinze - Estrarre a ritroso la restante parte dell'amo - Lavare la ferita con acqua e sapone e ricoprirla con garza - Verificare l'efficacia della vaccinazione antitetanica. CORPI ESTRANEI NEL NASO In seguito all’introduzione accidentale di corpi estranei si avverte dolore alle narici, al naso e alla parte anteriore del volto. I corpi estranei provocano l’ostruzione delle fosse nasali e, successivamente, l’infezione delle stesse con comparsa di abbondanti secrezioni e, a volte, la presenza di pus. Le secrezioni possono avere odore sgradevole; in alcuni casi può comparire febbre più o meno elevata e la faccia può presentarsi alquanto gonfia intorno alla zona infetta. Accadde spesso che i bambini, particolarmente attratti dal volto e dai suoi orifizi durante l’esplorazione manuale del proprio corpo, introducano nel naso oggetti d’ogni genere; possono essere granelli di sabbia, terriccio, chicchi di grano o riso, perline di plastica o vetro: la loro varietà è limitata solo dalla dimensione delle narici. Questi corpi provocano l’ostruzione delle fosse nasali, infiammano la mucosa e la rendono più aggredibile dai germi: da ciò la secrezione di muco, pus e l’eventuale comparsa di febbre. E’ opportuno, prima di tutto, sapere quali sintomi possono far sospettare la presenza di corpi estranei nel naso: quando da una sola narice del bambino si verifica una secrezione di muco o pus è probabile che lo stato infiammatorio sia dovuto proprio a questo motivo. Con un accurato controllo si potrà accertare la presenza di materiali estranei e provvedere alla loro rimozione. Non sempre è facile trovare ed estrarre i corpi estranei, perché spesso sono mascherati dall’edema (il gonfiore) della mucosa e dalla suppurazione. Il corpo estraneo deve essere espulso provocando un eccesso di starnuti, utilizzando un pizzico di pepe. Non tentare di estrarre il corpo estraneo con strumenti improvvisati, perché si rischia di farlo penetrare ulteriormente e di farlo inalare nelle vie aeree inferiori. Soltanto se il corpo estraneo è superficiale, si cercherà di trarlo fuori, prudentemente, con una pinzetta pulita.

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CORPI ESTRANEI NELL’ORECCHIO Può accadere, specie nei bambini, che siano introdotti nell’orecchio volontariamente, o incidentalmente, piccoli oggetti; questi, fermandosi nel condotto uditivo, causano fastidiosi disturbi. Altre volte piccoli insetti (zanzare e mosche, ecc.), attraverso l’apertura esterna dell’orecchio, entrano e si “bloccano” al suo interno. Più spesso, ciò succede con la sabbia, al mare. In alcune situazioni l’evento passa inosservato, in altre può insorgere dolore con comparsa di ronzii e di una leggera sordità. Se il corpo estraneo non è asportato in fretta, può causare secrezione di materiale liquido, giallastro, di origine infiammatoria. La sabbia, gli insetti, i bottoni, i sassolini, i fagioli o piselli, ecc. causano infiammazioni del condotto uditivo, secrezione di liquido infiammatorio e insorgenza di dolore. Una misura immediata può essere l’istillazione nell’orecchio di un po’ d’olio d’oliva intiepidito, che in genere provoca la fuoriuscita del corpo estraneo: curvando la testa l’olio fuoriesce, trascinando con sé il pulviscolo o l’insetto. E’ del tutto inutile, in caso di presenza di un insetto, il lavaggio del condotto uditivo con acqua: infatti le ali e il corpo sono idrorepellenti, solamente l’olio è in grado di bloccarne i movimenti. E’ consigliabile astenersi dal tentativo di rimuovere da sé un corpo estraneo: si rischia di ferire il timpano. E’ sconsigliato l’uso di bastoncini cotonati che rischierebbe di spingere ancor più in profondità il corpo estraneo se non addirittura di procurare danni al timpano. Il tentativo di rimozione può essere infatti compiuto soltanto se il corpuscolo è facilmente individuabile. Si possono utilizzare pinzette sottili, ma sempre con molta cautela.

non tentate assolutamente di estrarre il corpo estraneo da soli o con l'aiuto di

strumenti inadatti, poiché rischiereste di peggiorare la situazione;

piegate la testa dal lato del corpo estraneo: talvolta questa manovra è sufficiente a farlo scivolare fuori;

se si tratta di un insetto, potete affogarlo con una goccia d'olio e farlo uscire dall'orecchio

piegando la testa di lato;

CORPI ESTRANEI OCULARI Può capitare che un detrito di polvere, o di altra natura, si insedi nell’occhio. Non sempre è facile identificarlo, sia perché potrebbe “conficcarsi” nella mucosa congiuntivale (il tessuto a contatto con il bulbo oculare che riveste anche la superficie interna delle palpebre), sia perché la forte irritazione da esso prodotta determina un’intensa lacrimazione e un fastidio insopportabile. Non strofinate l'occhio e fate in modo che la persona stia per alcuni minuti ad occhi chiusi, in modo che le lacrime espellano l'oggetto. Dopo esservi lavati le mani, con un contagocce a pompetta, lavate l'occhio con acqua o soluzione salina sterile, facendo poi aprire e chiudere le palpebre. Se tale operazione non ottiene risultato alcuno, esaminate l'occhio rovesciando verso l'alto la palpebra superiore e tirando verso il basso quella inferiore: se il corpo estraneo si trova su di una palpebra, rimuovetelo con l'angolo inumidito di una garza sterile o di un bastoncino cotonato. Nell'eventualità che il vostro intervento non risolva la

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situazione, al fine di evitare che la congiuntiva sia graffiata o lacerata dai movimenti oculari, coprite entrambi gli occhi con una medicazione sterile. Nell'eventualità che le dimensioni del corpo estraneo non consentano la chiusura della palpebra, proteggete entrambi gli occhi con due bicchieri di carta fissati con del cerotto. Il soccorritore dovrà prestare attenzione, soprattutto, a non procurare lesioni all'occhio con manovre sbagliate o utilizzando, nel tentativo di rimuovere il corpo estraneo, oggetti inappropriati. Che cosa fare:

- provate a togliere il corpo estraneo con una garza, se si tratta di un granello di polvere, di un piccolo insetto o di una ciglia;

- se l'operazione non riesce, provate con un lavaggio delicato dell'occhio: versate lentamente dell'acqua nell'angolo interno dell'occhio colpito, invitando l'infortunato a sbattere più volte le palpebre;

- se il corpo estraneo è sotto la palpebra superiore, potete cercare di allontanarlo sollevando leggermente la palpebra e tirandola in basso fino a sovrapporla a quella inferiore, che la ripulirà;

- un'operazione più complessa, da tentare solo se si è certi della propria abilità, è rovesciare la palpebra superiore usando uno stecchino appoggiato di piatto.

- asporterete con una garza il corpo estraneo: non cercate di asportare il corpo estraneo utilizzando oggetti duri e fate immediatamente ricorso all'oculista quando l'operazione si presenti difficoltosa.

Terapia: Exocin pomata oftalmica tre volte al giorno per 3 – 5 giorni + bendaggio dell’occhio.

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INGESTIONE La maggior parte dei casi di ingestione di corpi estranei avviene nei bambini. I maggiori problemi li causano oggetti taglienti od appuntiti (spille, aghi, chiodi, etc.) che possono danneggiare la mucosa intestinale. In questi casi il bambino dovrà essere tenuto in osservazione per eventuali perdite di sangue dalla bocca o con le feci. E’ prudente il ricovero in ospedale. Negli altri casi (oggetti lisci e tondi), in assenza di dolori addominali, si può attendere la fuoriuscita dell’oggetto con le feci senza particolari preoccupazioni. Non bisogna mai usare purganti o lassativi perché possono peggiorare la situazione. INALAZIONE E' più difficile che l'oggetto arrivi nelle vie aeree, ma quando succede può essere molto più grave della semplice ingestione. Gli oggetti più grandi si possono fermare nelle alte vie respiratorie bloccando completamente il passaggio dell'aria, ma in genere sono più facilmente rimuovibili con la tosse che è stimolata dalla loro stessa presenza. Se però l'oggetto rimane bloccato, le conseguenze sono molto più gravi e la situazione precipita rapidamente: l'aria entra con fatica (stridore inspiratorio) o non entra per niente, il bambino diventa rapidamente blu (cianosi) e perde la coscienza. ����������������������� ����������������������������������������������������������� �� ���� ������� ��������������� ���������� ��� ��������� ���������������� ���������������� ���������������������������������������������������������������������������

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Quando l'oggetto è più piccolo, esso può raggiungere le vie aeree profonde senza potere essere espulso con la tosse. In questo caso può non esserci un'ostruzione importante o completa al passaggio dell'aria nella fase inspiratoria e come sintomo prevale una tosse stizzosa con un fischio espiratorio tipo asma. Questi sintomi tendono a peggiorare nel tempo per l'irritazione e l'edema dei bronchi. Se gli oggetti sono molto piccoli (spesso frammenti alimentari) può non esserci la tosse e la presenza del corpo estraneo si manifesta solo con broncopolmoniti ricorrenti. In tutti questi casi bisogna raggiungere rapidamente un Pronto Soccorso per la rimozione del corpo estraneo.

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Crampi, Stiramenti e Strappi Muscolari CRAMPO Consiste in improvvise contrazioni dolorose di un muscolo che sopraggiungono mentre viene eseguito un esercizio fisico oppure a letto, quando si cambia posizione o anche in assoluto riposo. E’ causato da alterazioni del flusso di sangue che passa nei muscoli (principalmente quelli di piedi, cosce e polpacci); si riconosce dall’indurimento del muscolo che risulta dolorante e privo della possibilità di muoversi. Cosa fare:

• Porre il muscolo interessato in posizione allungata ed indurre alternativamente stiramenti e rilassamenti

• Quando il muscolo è in stiramento massaggiarlo, evitando di eseguire massaggi troppo forti in quanto si potrebbe provocare la rottura delle fibre muscolari e il distacco dei tendini

• Riscaldare la parte con un bagno tiepido o una borsa d'acqua calda

Come comportarsi in caso di crampi:

• Piede: afferrare le dita del piede, quindi tenderle e rilassarle alternativamente. • Dita del piede: alternare un movimento di estensione (spingendole verso la gamba)

e di flessione (piegarle) • Mano: afferrare il dito interessato, tenderlo e poi fletterlo verso il dorso della mano. • Coscia: far sedere la persona, con una mano sollevare la gamba interessata, con

l'altra fletterla premendo sul ginocchio; massaggiare la coscia. • Polpaccio: far sedere la persona, afferrare la gamba e flettere il piede verso il

ginocchio.

STIRAMENTO Lo stiramento è una lesione che riguarda solo poche fibre di un determinato muscolo. Si presenta spesso con un dolore che aumenta con il movimento. Può essere causato dal freddo, dall’umidità, dall’affaticamento ma anche semplicemente dalla mancanza di allenamento. In presenza di uno stiramento bisogna applicare ghiaccio, o comunque altri impacchi freddi, e procedere all’immobilizzazione per far riposare la parte dolorante. STRAPPO Lo strappo è solamente uno stiramento di intensità maggiore. È, infatti, una rottura delle fibre di un muscolo che è “a corto” di energia, causata molto spesso da un eccessivo sforzo muscolare, ma anche da affaticamento, umidità, freddo o anche mancanza di allenamento. E’ in genere caratteristico dei fasci muscolari, specialmente di quelli lunghi (gamba). Il sintomo più evidente è un dolore che diventa sempre più intenso man mano che il muscolo si raffredda e può diventare insopportabile ad ogni minimo movimento. Talvolta, lo strappo si accompagna a gonfiore ed ematoma, secondo la gravità. Il trattamento dello strappo si basa fondamentalmente su impacchi di ghiaccio e sulla somministrazione di antinfiammatori (vedi cassetta di pronto soccorso).

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1. Sollevare l'articolazione colpita da strappo ad un livello più alto del resto del corpo, in modo da diminuire il flusso di sangue.

2. Fasciare la parte infortunata con bende elastiche ed evitare che l'infortunato faccia inutili sforzi.

3. Applicare una borsa di ghiaccio. Il freddo aiuta ad alleviare il dolore e a ridurre il gonfiore. Appena possibile, fare una radiografia della zona infortunata per accertarsi che non vi siano fratture.

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Lesioni osteoarticolari CONTUSIONE Sono causate da una violenta forza contro le strutture muscolocutanee (per urti, cadute, ecc…) con conseguente formazione di raccolte di sangue sotto la cute (ematomi) o travaso di sangue da vasi cutanei o sottocutanei (ecchimosi). Si manifestano con rigonfiamenti, dolori, difficoltà di movimento. Applicare impacchi freddi, bende elastiche, specie nelle contusioni alle gambe. Mettere a riposo la parte colpita. DISTORSIONE Consiste in lesione traumatica di articolazione dovuta ad un allontanamento momentaneo delle due ossa che la costituiscono, con stiramento dei legamenti. Tutte le articolazioni dell’organismo umano possono essere vittime di episodi distorsivi, particolarmente frequenti sono le distorsioni a carico delle caviglie e delle ginocchia, ma non sono rare anche quelle a carico dei polsi, del gomito o della spalla. Poiché tendini e legamenti in un soggetto che pratica attività sportiva o in un sedentario hanno gradi di resistenza e possibilità di estensione diversa, le distorsioni sono più frequenti proprio tra questi ultimi, quando si dedicano ad attività sportive senza adeguato allenamento. In caso di distorsione è consigliabile tenere l'articolazione il più possibile a riposo perché sollecitare ulteriormente la parte aumenta l'infiammazione in corso. Altrettanto consigliabile è applicare sulla parte interessata una borsa con il ghiaccio, soprattutto quando la distorsione è stata forte e causa gonfiore. Dal momento che la distorsione provoca un'infiammazione, è utile l'applicazione locale di prodotti (pomate, creme, unguenti) a base di antinfiammatori non steroidei, i FANS (Aulin, Tora-Dol, Oki , Brufen, Voltaren,), i quali saranno anche in grado di calmare il dolore. Qualora quest'ultimo sintomo fosse particolarmente spiccato, può anche essere utilizzato, per brevi periodi di tempo, per via orale, lo stesso tipo di farmaci in automedicazione. Le conseguenze delle distorsioni durano pochi giorni ed i sintomi diminuiscono progressivamente. Se così non fosse, e il gonfiore articolare tendesse ad aumentare, è consigliabile consultare il medico. A volte, infatti, gli infortuni possono essere solo apparentemente banali. LUSSAZIONE E’ lo spostamento permanente di un capo osseo dell’articolazione dalla sua sede naturale. Nelle lussazioni le superfici di contatto delle articolazioni (superfici articolari), a causa del trauma subito, sono allontanate tra loro in maniera permanente ed è necessario l'intervento medico per poterle ridurre. Si riconosce per l’impossibilità al movimento, per la deformazione dell’arto e per i dolori. L'articolazione interessata ha perduto il suo normale profilo; le parti coinvolte assumono posizioni spesso innaturali. I movimenti sono interdetti ed il dolore è molto forte, soprattutto se contemporaneamente si sono verificate delle lesioni ai tessuti molli (capsula, legamenti, muscoli, tendini). Una lussazione va curata e rimessa a posto nel più breve tempo possibile da persona esperta. I primi soccorsi devono far assumere alla persona interessata una posizione

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normale, senza provocarle eccessivi dolori, o aggravare il danno subito. Applicare ghiaccio al fine di prevenire il gonfiore. La persona va accompagnata al pronto soccorso cercando di immobilizzare la parte interessata al fine di evitare che le vibrazioni del trasporto aumentino il dolore. ATTENZIONE: Non si deve mai cercare di ridurre la lussazione. FRATTURA E’ la rottura di un segmento osseo con o senza lo spostamento delle due parti. Può essere chiusa, cioè senza lesioni della cute, oppure esposta, cioè con una ferita cutanea e fuoriuscita del moncone osseo, spesso associata ad emorragia. Può interessare varie parti del corpo. L'immobilizzazione di un arto fratturato deve essere eseguita prima che la persona ferita sia spostata, al fine di evitare il rischio di danni ai tessuti vicini e l’aumento del dolore.

L'immobilizzazione dovrebbe avvenire con apposite stecche metalliche o di legno o con speciali involucri di plastica. Non disponendo di questo materiale va bene qualunque supporto che consenta di raggiungere l'obiettivo di tenere assolutamente fermo l'arto: giornali, coperte arrotolate attorno all'arto, manici di scopa, ombrelli, bastoni vari, rami d'albero, etc. Queste "stecche d'emergenza" devono essere più lunghe dell'arto interessato. In assenza anche di questi supporti, immobilizzare l'articolazione su di un'altra parte del corpo (il torace per l'arto superiore, la gamba sana per l'arto inferiore etc.). Una volta applicate le stecche, vanno fissate con bende, garze, cinghie ecc; in loro assenza con qualunque materiale a disposizione (cravatte, strisce di tela, corde etc.). Prima di provvedere alla steccatura è opportuno appoggiare sulla parte fratturata un'imbottitura realizzata con qualsiasi materiale morbido (pezze di stoffa, coperte, asciugamani etc.).

ATTENZIONE: • in caso di gravi fratture il soggetto non deve essere mosso a meno che non sia

indispensabile, • le stecche servono esclusivamente per immobilizzare la frattura: lasciatene la

riduzione al medico, • l’arto fratturato deve essere steccato, immobilizzando le articolazioni sopra e sono

la frattura, • nel fissare la steccatura è opportuno valutare che essa non impedisca, perchè

troppo stretta, la circolazione del sangue. Se le dita diventano pallide o bluastre o se l'infortunato sente formicolii all'arto coinvolto è bene sospettare che la steccatura sia troppo stretta. In questo caso allentarla. Se necessario le scarpe vanno tolte e si deve allentare i vestiti; applicate una borsa di ghiaccio sulla zona dolente.

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Esempi di lussazioni e fratture (cosa fare)

Sono riportati esempi di trattamento e immobilizzazione di fratture, distorsioni e lussazioni delle varie parti del corpo. I suggerimenti di seguito esposti, ovviamente, si riferiscono a condizioni di emergenza, quando gli incidenti si verificano in assenza di persone esperte e i presenti occasionali debbono prestare la prima assistenza.

ARTI SUPERIORI Consigli per l’esecuzione di una corretta fasciatura al collo: 1 - Appoggiare sul petto della persona una fascia triangolare come ad esempio un fazzoletto da testa, una camicia etc. 2 - Steccare il braccio o la parte lesa. 3 - Sistemare il braccio piegato quasi ad angolo retto, sul torace (la mano deve essere circa 10 cm sopra il gomito). 4 - Portare l’angolo superiore della fascia attorno al collo, sollevare l’angolo inferiore e legarlo a quello superiore, possibilmente in posizione laterale al fine di evitare che dia noia al collo. 5 - L’angolo laterale va piegato sopra il gomito e fissato con una spilla o annodato (vedi figura). Mano Numerosi sono i traumi a carico delle parti della mano. Essi possono interessare il palmo, il dorso, il pollice, le articolazioni delle dita, etc. Come norma porre subito del ghiaccio. Per il trasporto dell'infortunato, sostenere l'avambraccio con un fazzoletto attorno al collo e, se necessario, bloccare la mano incidentata con il palmo fissato ad un sostegno. Come immobilizzare la mano in presenza o sospettando delle fratture Posizionare l'avambraccio in modo che formi quasi un angolo retto con il braccio e con la mano leggermente più alta del gomito. Il palmo della mano piatto sul sostegno verso il basso. Fasciare la mano ed il braccio con una imbottitura. Steccare la mano assieme all'avambraccio. Legare il braccio attorno al collo della persona. Polso Il meccanismo traumatico avviene molto spesso per caduta sul palmo della mano. Osservare se esistono deformità o tumefazioni: in questo caso si può sospettare la presenza di fratture ed ogni movimento è inopportuno. In loro assenza, eseguire una serie di movimenti a mano libera e facendo opporre resistenza. In assenza di dolore fasciare e porre del ghiaccio. Come immobilizzare il polso in presenza o sospettando delle fratture Posizionare l'avambraccio in modo che formi un angolo retto con il braccio. La mano deve essere leggermente più alta del gomito. Il palmo rivolto verso il torace con il pollice verso l'alto Fasciare l'avambraccio con una imbottitura e steccarlo. Legare il braccio attorno al collo della persona.

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Avambraccio

E’ composto dalle ossa ulna e radio (il radio è dalla parte del pollice). In caso di frattura dell'avambraccio occorre applicare due stecche ai lati dell'avambraccio, dal gomito alla mano, in modo da immobilizzare l'arto. Sostenerlo con un fazzoletto attorno al collo e, se necessario, bloccare il braccio attorno al torace con un secondo fazzoletto.

Gomito Il gomito è un'articolazione continuamente sollecitata da movimenti ed è sede frequente di distorsioni, lussazioni e fratture. In caso di lussazione si può osservare come l'avambraccio sporga oltre l'angolo retto formato con il braccio. In caso di necessità di trasferimento della persona traumatizzata, bloccare braccio e/o avambraccio lasciando l'articolazione nella posizione assunta dopo il trauma. E' molto importante controllare il polso (numero di pulsazioni e consistenza). Se il gomito è flesso E' sufficiente farlo sostenere da una fascia attorno al collo e tenerlo accostato al torace per mezzo di una seconda fascia. Se il gomito è disteso Ripiegare un asciugamano e metterlo sotto l'ascella in modo da fare uno spessore di alcuni centimetri che lo tenga separato dal corpo. Steccare il braccio lasciando il gomito steso; alternativamente avvolgere un cuscino attorno al braccio bloccandolo con spille, cerotti o fasce. Braccio Cenni di anatomia: è composto da un solo osso l'OMERO che si articola con l'ulna ed il radio (a livello del gomito) e con la scapola (a livello della spalla). Come immobilizzare Ripiegare un asciugamano e posizionarlo sotto il cavo ascellare. Appoggiare il braccio contro la parete toracica, posizionando l'avambraccio in modo da formare un angolo retto con il braccio. Steccare il braccio nella parte esterna (con un giornale, un legno, ecc.) tenendolo legato con due legature poste una sopra ed una sotto la sospetta frattura. Sostenere il braccio al collo con una piccola fasciatura. Con una seconda fascia fermare il braccio vicino al torace. Spalla Sulla spalla si scaricano tutte le sollecitazioni del braccio ed in parte del torace e pertanto sono frequenti le distorsioni, le lussazioni e le fratture. In caso di grave lussazione o di frattura, se è necessario provvedere al trasporto della persona traumatizzata, cercare di immobilizzare l'arto nella posizione in cui si viene a trovare dopo il trauma. Qualora sia necessario tenere sollevata la spalla (come ad esempio nel caso della frattura della clavicola) mettere sotto l'ascella qualche cosa di morbido (un cuscino, del cotone, un indumento arrotolato ecc). Il braccio va immobilizzato (per mezzo di un fazzoletto) in posizione verticale (come nelle figure riportate in precedenza) e l'avambraccio deve formare un angolo retto.

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ARTI INFERIORI Piede e caviglia La diagnosi fra una brutta distorsione e una frattura in questa sede può essere difficile. In ogni caso, poiché anche alla presenza di una distorsione è controindicato camminare, i primi aiuti sono uguali per entrambi. Sdraiare la persona e sfilare la scarpa. Appoggiare la gamba, dall'incavo del ginocchio sino al tallone, su di un supporto morbido come ad esempio una coperta ripiegata o un cuscino. Ripiegare i lembi della coperta o del cuscino sopra la gamba in modo che essa ne sia avvolta. Fissare questo supporto con dei lacci o bende. Il piede va tenuto possibilmente sollevato al fine di diminuire il gonfiore (è utile applicare del ghiaccio). Gamba E' composta da due ossa: la tibia ed il perone che in alto si articolano con la rotula, ed il femore per formare il ginocchio; in basso con le ossa del piede per formare la caviglia. Una diagnosi di frattura delle due ossa che compongono la gamba (tibia e perone) è spesso facilitata dal fatto che la gamba assume una posizione non naturale (ad esempio guardando l'infortunato disteso si può vedere come il piede interessato non è in linea con il ginocchio). Come immobilizzare in presenza o sospettando delle fratture Sdraiare la persona e sfilare la scarpa. La gamba, dall'incavo del ginocchio sino al tallone, va appoggiata su di un supporto morbido come ad esempio una coperta ripiegata od un cuscino. Ripiegare i lembi della coperta o del cuscino sopra la gamba in modo che essa ne sia avvolta. Fissare questo supporto con dei lacci o bende. La gamba va steccata ai due lati partendo dalla coscia. Si consiglia di usare tre stecche: una posta sotto il polpaccio e le altre due ai lati. In assenza di stecche usare una coperta, legando la gamba sana a quella fratturata. N.B. Poiché lo stinco (la parte anteriore della gamba) è coperto solo da un sottile strato di tessuti molli, è possibile che le fratture in questa sede siano aperte e quindi si possano vedere i monconi dell'osso fratturato. Controllare periodicamente la presenza e la regolarità delle pulsazioni della caviglia fratturata, il colore delle dita e l'eventuale formicolio denunciato dalla persona traumatizzata. Se necessario allentare le legature. Nel caso che la gamba fratturata sia legata a quella sana è bene controllare le pulsazioni alla caviglia anche di quest'ultima. Ginocchio Costituisce l'articolazione tra la tibia e perone della gamba, il femore della coscia ed un piccolo osso, la rotula. La frattura può coinvolgere la rotula o le altre ossa che partecipano alla formazione del ginocchio. In caso di frattura della rotula, la gamba assume spesso una posizione non naturale. Prima di steccare una gamba con la rotula fratturata cercare di raddrizzare la gamba con molta delicatezza e senza toccare il ginocchio. Se questa manovra provoca dolore lasciare il ginocchio piegato. Come immobilizzare un ginocchio piegato La persona infortunata deve rimanere distesa sulla schiena o sul lato sano. Farle piegare il ginocchio sano parallelamente a quello infortunato.

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Sistemare tra i polpacci e le cosce una imbottitura (le ginocchia devono rimanere libere e distanti). Legare tra loro le due gambe a metà del polpaccio e della coscia. Applicare del ghiaccio sul ginocchio al fine di ridurre il gonfiore. Controllare il polso di entrambe le caviglie e l'intorpidimento delle dita dei piedi. Come immobilizzare un ginocchio disteso Avvolgere un asse di circa 10 cm con un'imbottitura lunga tutta la gamba, fino al calcagno. Riempire gli incavi sotto le caviglie e il ginocchio. Legare l'asse alla gamba all'altezza della caviglia, sopra e sotto il ginocchio e nella parte alta della coscia. Applicare del ghiaccio sul ginocchio. Controllare le pulsazioni a livello della caviglia, l'intorpidimento delle dita: allentare i nodi se necessario. Anca e coscia La coscia è formata dal femore; quest'osso si articola con l'ileo, osso che contribuisce a formare il bacino. L'anca corrisponde ad una zona composta dall'articolazione del femore e dalla parte di bacino corrispondente. Nei traumi che coinvolgono anca e coscia, generalmente, la gamba interessata appare più corta dell'altra ed il piede è piegato verso l'esterno. In caso di lussazione, ossia di fuoriuscita del femore dall'articolazione, la coscia è ruotata verso l'interno. In caso di frattura del femore, se la persona traumatizzata è un giovane, il dolore avvertito al momento della frattura è acuto; al contrario nelle persone anziane il dolore avvertito può anche essere leggero. Immobilizzazione della coscia Lussazione e frattura vanno trattate allo stesso modo. La persona deve restare distesa, se la gamba è ripiegata cercare di distenderla con molta attenzione e delicatezza, se questa manovra provoca dolore, far ripiegare la gamba sana parallelamente a quella traumatizzata. Sono necessarie due stecche: una deve essere lunga almeno dal bacino al calcagno; l'altra dall'inguine al calcagno. Avvolgerle con materiale morbido (coperte). Far passare sotto la gamba traumatizzata alcune strisce di stoffa, almeno 7, (non muovere la gamba ma spingerle sotto con un bastoncino) di lunghezza sufficiente a legare le due stecche una volta posizionate. Disporle lungo l'intera lunghezza della gamba (caviglia, ginocchio, sopra il ginocchio etc.) comunque non sopra la zona fratturata. Appoggiare le stecche (quella più lunga al fianco; quella più corta all'interno). Legarle saldamente evitando che facciano male in corrispondenza della zona fratturata, controllando le pulsazioni alle caviglie. Se non si dispone di stecche, ripiegare una coperta e porla tra le gambe. Legare assieme le gambe.

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Trauma cranico Dopo un colpo al cranio, la persona puo’perdere completamente conoscenza, presentare una diminuzione del tono muscolare con pallore, pulsazioni cardiache molto rallentate, respiro superficiale. In casi particolarmente gravi sopravviene vomito, c’è perdita di feci e di urina per contratture muscolari involontarie (si parla allora di commozione cerebrale). E quando l’individuo si riprende, possono subentrare disturbi psichici con disorientamento e fasi alterne di depressione ed euforia: la persona, generalmente, non ricorda quello che è accaduto. Questi sono i disturbi più gravi, quelli cioè che si riscontrano a seguito di grossi traumi cranici; in altri casi la perdita di conoscenza è puramente transitoria e l’individuo ritorna poi completamente alla normalità, pur non ricordando quanto è successo. Il trauma può anche non causare alcuna perdita di coscienza, limitandosi a produrre lesioni alla cute e alle ossa craniche. In casi particolari la perdita di coscienza (coma) insorge a distanza di ore o di giorni dal trauma. Un trauma cranico può determinare, oltre a lesioni superficiali (ferite, escoriazioni, lacerazioni del cuoio capelluto), la frattura delle ossa con alterazioni gravi del cervello, tali da provocare edema cerebrale con perdita di coscienza e disturbi del respiro. In casi particolari, senza rottura della teca cranica, si può ledere il cervello per il contraccolpo. Se il trauma è stato molto importante, andrà il prima possibile consultato un medico; nell’attesa, il paziente andrà tenuto in ambiente tranquillo, sul suo capo sarà opportuno porre del ghiaccio. Il riposo deve essere assoluto e prolungato, anche dopo la ripresa della conoscenza. Indispensabile lo stretto controllo, in quanto i sintomi potrebbe manifestarsi nuovamente e/o a distanza anche in maniera più grave. Per tale motivo, si raccomanda un’attenta osservazione del paziente nelle successive 48 ore. Si consiglia durante tale periodo l’assunzione di cibi leggeri in modiche quantità e bevande tiepide. Il Paziente dovrà essere condotto immediatamente presso un Servizio di Pronto Soccorso in caso si verificassero una o più delle seguenti condizioni:

��CEFALEA INGRAVESCENTE (mal di testa che diventa più forte) ��CONFUSIONE MENTALE (senso di stordimento) ��VOMITO ��RIDUZIONE O MARCATO INCREMENTO DELLA FREQUENZA DEL POLSO ��TENDENZA AD ADDORMENTARSI (durante le ore diurne) ��DIFFICOLTÀ A RISVEGLIARSI (durante le ore notturne): si consiglia di svegliare il

paziente ogni 2-3 ore ��CONVULSIONI ��FEBBRE ELEVATA ��FUORIUSCITA DI LIQUIDO CHIARO E/O SANGUE DAL NASO E ORECCHIE ��MANCANZA DI FORZA (stanchezza dei muscoli della faccia o di un braccio o di una

gamba) E/O RIDUZIONE DELLA SENSIBILITÀ IN UNA PARTE QUALSIASI DEL CORPO

��MANIFESTAZIONI OCULARI (strabismo, pupille di diametro diverso)

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Ferite Chiamiamo ferita la rottura della pelle provocata da un trauma. Le ferite possono essere più o meno estese, superficiali oppure profonde, a seconda che interessino la sola cute o anche le strutture anatomiche sottostanti, come i tendini e i muscoli. Le ferite del capo, del torace e dell'addome possono essere talmente profonde da coinvolgere nella rottura anche gli organi contenuti rispettivamente nel cranio, nella gabbia toracica e nella cavità addominale; in questo caso sono dette ferite penetranti. Secondo il tipo di agente vulnerante che la produce si distinguono in: ferita da taglio (agente tagliente), da punta (penetrazione di un oggetto appuntito), da taglio e punta. Le ferite da punta, da punta-taglio sono le più pericolose perché possono penetrare nelle zone profonde del corpo e ledere organi vitali, grossi vasi sanguigni, visceri, provocando rapidamente la morte o, comunque, gravi emorragie e gravi infezioni. Abrasioni Le abrasioni sono semplici lacerazioni della pelle che però, se trascurate, potrebbero talvolta dare luogo ad un’infezione. Vanno perciò trattate con acqua ossigenata e asciugate con acqua sterile o del buon disinfettante. Per maggior prudenza, poi, si coprono con garza sterile e si fasciano leggermente. Vesciche La pelle intatta che copre una vescica è la migliore protezione dalle infezioni. Tuttavia, se vi sembra che una vescica stia per rompersi, lavate con acqua e sapone la vescica stessa e la pelle circostante, quindi disinfettate. Pungete la vescica vicino al margine con un ago sterile (la manovra è indolore) e premete leggermente per far fuoriuscire il liquido. Se la vescica si è già aperta, usate un disinfettante leggero, non allontanate la pelle e coprite con una medicazione sterile. I pericoli connessi alle ferite L'immediato pericolo di una ferita è costituito dalla perdita di sangue che essa comporta, per la rottura di vasi sanguigni (emorragia). Nella maggior parte dei casi si tratta di vasi di piccolo calibro che in pochi minuti cessano spontaneamente di sanguinare ( avviene cioè un'emostasi spontanea). Quando la rottura interessa vasi di calibro più grosso, l'emostasi spontanea può richiedere più tempo o, eccezionalmente, non avvenire affatto, con il grave pericolo di un'eccessiva perdita di sangue e conseguente alterazione della funzione cardiocircolatoria (ricordiamo che nell'adulto sono normalmente presenti circa 5 litri di sangue circolante). Se la lacerazione interessa grosse arterie, l'emorragia sarà rapida ed imponente e solo un tempestivo soccorso potrà salvare la vita del paziente. Le emorragie superficiali, esterne, sono facilmente individuabili, mentre le ferite penetranti possono causare emorragie interne non visibili, ma che rapidamente compromettono la funzione cardiocircolatoria, provocando nel paziente alterazioni del polso sempre più

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accentuate e uno stato di generale malessere sempre più intenso, con spossatezza, sudorazione e pallore (stato di shock). Un secondo pericolo connesso alle ferite è quello delle infezioni. Le infezioni sono malattie causate da microbi penetrati attraverso la breccia aperta dalla ferita; alcuni di questi microbi sono in grado di provocare malattie molto gravi all'organismo, anche mortali. Tra le tante, ricordiamo in particolare il tetano, una malattia contro la quale non esiste tuttora una cura efficace che possa combatterlo una volta presente. I nostri sforzi sono concentrati allora nella prevenzione della malattia stessa, cosa possibile con la somministrazione di un vaccino e di un siero specifici.

ATTENZIONE: ACCERTARSI CHE LA VACCINAZIONE ANTITETANICA SIA ANCORA VALIDA

Il primo soccorso nelle ferite Consideriamo le diverse circostanze: Ferite non emorragiche. Per prima cosa vanno indossati i guanti monouso, che comunque devono essere sempre indossati in ogni manovra di soccorso, soprattutto alla presenza di liquidi biologici (sangue). E’ necessario lavare prima la cute intorno alla ferita con acqua e sapone; la ferita va lavata con soluzione fisiologica e poi disinfettata (per esempio: acqua ossigenata), cercando di allontanare i corpi estranei visibili, ma non quelli infissi. La ferita va poi coperta con garza sterile e, in presenza di emorragia, si deve fare una lieve compressione. Qualora ci si trovi in condizione di emergenza e non si abbia il necessario per la cura della ferita, bisogna utilizzare materiale più pulito possibile e, preferibilmente, chiaro per le fasciature e le medicazioni al fine di verificare se esiste una emorragia. Talvolta il taglio è causato da un corpo estraneo che, dopo aver causato la ferita, è rimasto all'interno. Dobbiamo, ovviamente, limitarci ad estrarre soltanto i corpi estranei superficiali, che sporgono dalla cute e che siano quindi facili da afferrare. Le schegge sono il tipico esempio di incidente comune: possono essere eliminate quando non sono troppo profonde e sono integre, cioè non sono spezzettate. Con impacchi caldi continuati per alcuni giorni, si può ottenere lo spostamento della scheggia verso la superficie esterna, rendendo così possibile la rimozione con l'ausilio di una pinzetta. Nelle ferite al capo, utilizzare bende autoaderenti o garze arrotolate intorno alla testa. Ferite emorragiche Se, al momento del soccorso l'emorragia è ancora presente, comprimere la ferita per alcuni minuti con compresse sterili o pulite, tenendo sollevato l'arto eventualmente interessato; ciò è quasi sempre sufficiente ad accelerare la spontanea cessazione del sanguinamento; una volta cessata l'emorragia medicare la ferita, detergere la cute circostante con acqua, acqua e sapone o acqua ossigenata, disinfettare la cute circostante, ricoprire con compresse sterili o pulite e fasciare; ciò costituirà una prima barriera contro l'ulteriore penetrazione di microbi e darà sollievo alla persona; se l'emorragia non si arresta spontaneamente, praticare allora un bendaggio compressivo che possa sostituire la compressione manuale prima esercitata;

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di fronte ad una emorragia imponente, non controllabile con un bendaggio compressivo, mantenere la compressione manuale o, se la ferita interessa un arto, applicare sempre

un laccio emostatico a monte della ferita, mai però sotto il gomito o sotto il ginocchio; infatti per essere efficace il laccio deve essere applicato tra la spalla e il gomito o tra l'inguine e il ginocchio. �

Un laccio efficace si ottiene annodando una striscia di stoffa arrotolata attorno al braccio o alla coscia, mantenendola larga, senza stringere; al di sotto si introduce poi un bastoncino rigido e si comincia ad attorcigliare l'anello di stoffa, stringendolo sempre di più, finché non vediamo cessare l'emorragia; si termina fissando il bastoncino all'arto, con un cerotto o un cordone, affinché, mollandolo, non si srotoli il laccio; è bene ricorrere al laccio solo in casi estremi; quando si è costretti a farlo, ricordarsi di segnare sempre l'ora in cui lo si è applicato, in modo chiaro e ben visibile, sul paziente stesso; se i tempi di soccorso si prolungano, allentare il laccio ogni ora per 5 o 6 minuti, durante i quali andrà ripresa la compressione manuale della ferita; la rimozione definitiva del laccio dovrà esser fatta solo da un medico. Nel caso di ferite da punta al capo, al torace o all'addome, senza un'apparente emorragia esterna, dovranno essere attentamente sorvegliate le funzioni vitali. ATTENZIONE: Non si devono togliere corpi estranei ritenuti; se nella ferita vi sono corpi estranei, non fasciare, ma appoggiare soltanto le garze provvedendo ad una protezione molto morbida. Non utilizzare cotone per la detersione e disinfezione, tanto meno alcool denaturato. Non cercare di liberare e pulire la superficie di una lesione che appare grave al cuoio capelluto, perché si potrebbe causare ulteriore sanguinamento e danni se vi sono fratture. Non sollevate la testa d una persona incosciente.

Casi particolari

Ferite con lembo cutaneo staccato: il lembo non deve mai essere staccato completamente

Ferita ad un occhio: fare medicazione protettiva, senza disinfettare, su entrambi gli occhi per prevenirne i movimenti, poiché gli occhi si muovono contemporaneamente

Ferita addominale con fuoriuscita di anse intestinali: le anse non devono mai essere fatte rientrare nella cavità addominale, ma coperte con garze sterili imbevute di soluzione fisiologica.

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Emorragie Per emorragie si intende la fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni (vene e arterie) e si possono così classificare: Esterne: causate di solito da eventi traumatici, possono essere venose (sangue rosso scuro che esce in modo fluido e continuo) e arteriose (sangue rosso vivo che esce a getto). Interne: il sangue si raccoglie in cavità chiuse come cranio, addome, torace ecc. e possono essere causate da un trauma o da una malattia. Interne esteriorizzate: il sangue fuoriesce da orifizi naturali (naso, bocca, orecchio ecc.) dopo essersi raccolte in una cavità naturale. Ematomi: sangue fuoriuscito dai vasi, solitamente dovuto a traumi, che si raccoglie tra i tessuti senza uscire all’esterno.

Trattamento Un’emorragia, in base alla quantità e alla sede, può costituire una minaccia per la vita. Bisogna quindi provvedere subito ad arrestarla o a rallentarla. Le emorragie interne possono essere trattate solo in ospedale, nel primo intervento si può solo cercare di prevenire lo Shock mettendo il paziente in posizione anti-Shock, allentando cinture, pantaloni ecc. - Indossare i guanti di protezione - Controllare le funzioni vitali - Non dare da bere Compressione emostatica diretta (che prevede prima l’arresto completo dell’emorragia con compressione manuale, poi l’applicazione di una medicazione compressiva):

1. Mettere sulla ferita una o più garze sterili ripiegate a cuscinetto che concentrino la pressione

2. Con le dita o con la mano premere con forza progressiva sulla ferita, sino a fermare il sanguinamento

3. Se la garza si sporca bisogna sovrapporne delle altre 4. Le garze a contatto con la ferita non devono mai essere

tolte 5. Dopo 5’ lasciare la pressione: se l’emorragia riprende

continuare la pressione per altri 5’

Quando l’emorragia si arresta, effettuare una medicazione compressiva: è necessario fasciare comprimendo il punto dell’emorragia in modo selettivo con garze piegate o una benda arrotolata e fasciando con moderata tensione. Terminata la fasciatura, bisogna controllare che la circolazione a valle non si sia arrestata e la parte non gonfi e/o diventi più dolente di prima. Se la garza esterna si macchia di sangue bisogna riprendere l’intera procedura.

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Sistema dei punti di compressione (se non si riesce ad arrestare un’emorragia con la compressione diretta si tratta, generalmente, di una lesione ad un’arteria che costituisce una grave emergenza). Bisogna quindi interrompere il flusso di sangue comprimendo l’arteria a monte. Applicare sempre un laccio emostatico a monte della ferita, mai però sotto il gomito o sotto il ginocchio: infatti, per essere efficace, il laccio deve essere applicato tra la spalla e il gomito o tra l'inguine e il ginocchio.

Punti di compressione Ascellare (emorragie della spalla o del tratto vicino al braccio) Si deve stringere la spalla con entrambe le mani spingendo i pollici nel cavo ascellare. Omerale (emorragie dell’arto superiore) Stringere il braccio con due mani comprimendo con le dita il solco tra bicipite e tricipite. Femorale (emorragie dell’arto inferiore) Con il pugno si deve spingere con forza sull’inguine del paziente che deve essere supino su una superficie dura.

Applicazione del laccio emostatico: lo stesso deve essere applicato solo se non si può mantenere la compressione e la medicazione compressiva è insufficiente perché arresta completamente la circolazione a valle con il rischio di gravi danni neurologici e vascolari. La pressione deve essere graduale, ma può essere anche necessario usare una certa forza e deve essere seguita dalla compressione emostatica diretta. Un laccio efficace si ottiene annodando una striscia di stoffa arrotolata attorno al braccio o alla coscia, mantenendola larga, senza stringere; al di sotto si introduce poi un bastoncino rigido e si comincia ad attorcigliare l'anello di stoffa, stringendolo sempre di più, finché non vediamo cessare l'emorragia; si termina fissando il bastoncino all'arto, con un cerotto o un cordone, affinché, mollandolo, non si srotoli il laccio; è bene ricorrere al laccio solo in casi estremi; quando si è costretti a farlo, ricordarsi di segnare sempre l'ora in cui lo si è applicato, in modo chiaro e ben visibile, sul paziente stesso; se i tempi di soccorso si prolungano, allentare il laccio ogni ora per 5 o 6 minuti, durante i quali andrà ripresa la compressione manuale della ferita; la rimozione definitiva del laccio dovrà esser fatta solo da un medico.

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Febbre alta Si parla di febbre quando la temperatura esterna (misurata all'inguine o sotto l'ascella), supera i 37°C. Una temperatura esterna fino a 38° C è considerata "BASSA"; se è tra i 38° e i 39° C è detta "MEDIA"; se supera i 39° C la febbre è considerata "ALTA". Per misurare la temperatura esterna bisogna asciugare l’ eventuale sudore all'ascella, posizionare il termometro e mantenerlo per circa 5 minuti. La febbre è un sintomo, NON UNA MALATTIA.��La febbre è dovuta all’alterazione dei meccanismi di regolazione termica dei centri nervosi e alla dissociazione tra la produzione del calore e la sua dispersione. La febbre è un meccanismo di difesa verso le cause dell'aumento della temperatura stessa (germi, caldo eccessivo). Essa rappresenta un utile rimedio che l'organismo ha escogitato nel corso dell'evoluzione per fronteggiare la maggior parte delle malattie infettive; è utile pertanto mantenere il corpo ad una certa temperatura (38.0° - 38.5° C) in modo che i germi muoiano più rapidamente. Non esiste una proporzione diretta tra grado di temperatura e gravità della malattia in atto. La febbre come tale non rappresenta un pericolo, purché il soggetto che ne è affetto sia adeguatamente idratato (cioè deve bere più del solito). La febbre rappresenta un sintomo tipico di alcune malattie, perciò il suo abbassamento forzato, mediante farmaci antipiretici, può determinare, a volte, una errata diagnosi della malattia stessa e quindi una errata terapia. Nel caso sia stata iniziata una terapia antibiotica, non ci si deve preoccupare se la febbre non scende subito dopo le prime somministrazioni. L’andamento febbrile va seguito con cura e la temperatura va sempre misurata con lo stesso metodo (orale, ascellare) e durante le stesse ore della giornata. L’aumento rapido della temperatura avviene in tre fasi: Prima fase Iniziano i brividi, il malato batte i denti e a volte contrae i muscoli. Bisogna misurare la febbre, riscaldare con coperte, borse dell’acqua calda, tè caldo. Seconda fase Sopraggiunge malessere diffuso, aumenta la temperatura. Bisogna effettuare spugnature fredde e far bere molto. Terza fase La temperatura scende ed è accompagnata da sudorazione e spossatezza. Bisogna evitare che la persona si raffreddi nelle lenzuola bagnate di sudore, opportuno sostituirle. Particolarmente sensibili a questa sintomatologia sono i bambini piccoli, il cui cervello non tollera gli stati febbrili, è opportuno quindi agire velocemente per evitare che la temperatura salga molto. In caso di febbre elevata:

• non bisogna assolutamente coprire abbondantemente il paziente • eseguire spugnature, mediante un asciugamano bagnato con acqua tiepido-fredda

e appena strizzato, su polsi, caviglie, fronte, ascelle, gomiti, inguine e ginocchia, cambiandolo periodicamente fino a quando la temperatura non si sia stabilizzata (38.5° C o meno).

Attenzione: non pretendere di mantenere la temperatura sotto i 37° C ad ogni costo e ricordare che l' antibiotico non abbassa la temperatura.

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Congiuntivite Le infiammazioni agli occhi, nonostante presentino sintomi molto simili fra loro, quali arrossamento, sensazione di corpo estraneo, lacrimazione e secrezione di muco, affliggono parti differenti dell'occhio e possono avere intensità e gravità molto diverse. La congiuntivite, per esempio, è la più comune fra le infiammazioni e colpisce la congiuntiva, quel tessuto trasparente che riveste la parte anteriore del bulbo oculare e la superficie interna delle palpebre.

L'arrossamento, insieme alla sensazione di corpo estraneo, è il più diffuso sintomo delle congiuntiviti

La malattia è molto comune, assai fastidiosa ma raramente pericolosa: in particolare, non provoca danni alla vista. Trattandosi spesso di una malattia contagiosa, deve essere diagnosticata e trattata tempestivamente, soprattutto nei bambini più piccoli che sono facilmente colpiti da congiuntiviti virali o batteriche.

I TIPI Le caratteristiche dell'infiammazione e le sue cause fanno sì che le congiuntiviti siano classificate in tre fondamentali tipi. Congiuntivite infettiva. È provocata da batteri o da virus. Spesso entrambi gli occhi ne sono colpiti, anche perché è contagiosa ed è facile toccarsi inavvertitamente, trasportando l'agente patogeno da quello malato a quello sano. La sintomatogia è caratterizzata da:

• occhi arrossati; • occhi “appiccicosi” al mattino; • lacrimazione; • sensazione di corpo estraneo o di "sabbia" negli occhi; • fastidio alla vista e ipersensibilità alla luce; • secrezione di muco pus di colore giallastro.

La terapia si basa su Exocin collirio 2 gocce tre volte al giorno per 7 – 15 giorni. Se non vi è miglioramento, dopo due giorni di terapia con Exocin, sostituire con Betabioptal collirio sempre 2 gocce tre volte al giorno per 7 giorni.

In tutti questi casi di congiuntivite è necessario prendere delle semplici precauzioni per far sì che il contagio non si diffonda: evitare di toccarsi gli occhi con frequenza; lavarsi le mani dopo aver toccato gli occhi; tenere separati gli asciugamani; se

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si ha un'infiammazione in atto, non truccarsi finché non sia del tutto guarita; non prestare e non farsi prestare prodotti per il trucco o colliri.

Congiuntivite allergica. Molte sostanze, come pollini, peli di animali domestici, cosmetici e perfino cibi, possono causare reazioni allergiche. Naturalmente questa forma non è infettiva ed è solitamente accompagnata da altre manifestazioni allergiche, come frequenti starnuti, prurito e naso che gocciola. Si scatena più di frequente in primavera, periodo dell'anno nel quale i pollini sono molto più diffusi nell'aria. La sintomatogia è caratterizzata da:

• occhi arrossati; • prurito; • lacrimazione; • ipersensibilità alla luce;

La terapia si basa su Prenacid collirio 2 gocce tre volte al giorno per 7 giorni + Relestat collirio 2 gocce mattino e sera per 20 giorni. Congiuntivite tossica È conseguente all'esposizione a sostanze chimiche irritanti o tossiche presenti nell'aria oppure a prolungata esposizione al sole. Anche il cloro contenuto nell'acqua delle piscine può causare una congiuntivite tossica; se, dopo una nuotata, gli occhi si arrossano e rimangono irritati a lungo è bene usare gli occhialini. I sintomi sono analoghi a quelli della congiuntivite allergica e anche questa forma non è contagiosa. Si consiglia: Systane (lacrime artificiali) collirio ATTENZIONE: in tutte le forme di congiuntiviti è controindicato il bendaggio oculare.

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Mal d'orecchio (Otalgia) �

Definizione e cause L'otalgia è un dolore localizzato nell'area del padiglione auricolare. Essa può presentarsi come dolore sordo, continuo o come dolore intermittente, pulsante; talora può irradiarsi anche alla nuca ed al collo. Può essere dovuta ad un'infiammazione dell'orecchio esterno, medio o interno (rispettivamente otite esterna, media e interna) o essere sintomo di affezioni di organi contigui (lingua, denti, faringe). Dal classico colpo d'aria all'infezione vera e propria, l'otalgia è espressione di una varietà di possibili e differenti condizioni. Manifestazioni L'otalgia si presenta come dolore acuto e insistente, che si accentua con la deglutizione, la masticazione, i movimenti del capo e la posizione sdraiata. Un dato importante è la presenza di fischi illusori ma fastidiosi e/o di vertigini. Provvedimenti Il mal d'orecchio può essere curato mediante preparati analgesici o anestetici locali (gocce) oppure mediante antinfiammatori per bocca come il paracetamolo (Tachipirina). Qualora si verifichi emissione abbondante di muco e pus o sangue dal canale uditivo, segno di possibile sopravvenuta perforazione del timpano, i prodotti ad instillazione locale nel canale uditivo non andranno impiegati, e in tal caso si ricorrerà ad antinfiammatori ed antidolorifici per bocca. Il suo andamento, l'intensità e la risposta ai farmaci di automedicazione sono indizi importanti per capire in che misura esso può essere considerato un disturbo temporaneo o, al contrario, sintomo di una malattia più seria dell'orecchio, meritevole di visita medica. In ogni caso si deve tener presente che l’otite acuta si risolve spontaneamente entro 3 giorni dall'inizio dei sintomi nell'80 per cento dei casi. Qualora si voglia ricorrere all’uso di antibiotici utile l’Augmentin compresse. Tappo di cerume: il cerume è normalmente prodotto da alcune ghiandole presenti nel condotto uditivo esterno e viene eliminato perché le cellule che rivestono la parete del condotto effettuano con le loro ciglia un movimento di scorrimento dall'interno verso l'esterno, spingendo così il cerume all'esterno dell'orecchio. Quando, mediante l'utilizzo di bastoncini cotonati, il cerume viene spinto all'interno del condotto uditivo, si contrasta il movimento verso l'esterno del condotto e il cerume si accumula; è così che si forma il "tappo di cerume". Se poi il cerume si bagna o si inumidisce (per es. soggiornando in ambiente umido o con il bagno), esso si rigonfia, provocando dolore e/o riduzione dell'udito, con sensazione di "orecchio tappato". La terapia del tappo di cerume consiste nella sua asportazione. L'estrazione può avvenire mediante il lavaggio auricolare utilizzando acqua con temperatura attorno ai 37°C. Se il cerume è particolarmente duro, va sciolto con acqua ossigenata al 4% ed aspirato, oppure si instilla per alcuni giorni il prodotto Cerumenex gocce, quindi si aspira, o si lava il condotto. Foruncolo del condotto uditivo esterno: la formazione di un foruncolo in questa sede, e cioè l'infezione di un follicolo pilo-sebaceo, provoca intenso dolore in quanto è una regione ricca di terminazioni nervose. Alla presenza di un foruncolo, disinfettare con alcune gocce di acqua ossigenata il condotto uditivo esterno.

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Fuoriuscita di sangue dal naso (Epistassi) Si definisce epistassi o rinorragia un’emorragia di tipo arterioso o venoso proveniente dalle fosse nasali. L'epistassi puo’verificarsi in assenza di uno stato patologico apparente, ed in questo caso è denominata essenziale. Si osserva in tutte le età e la causa più frequente è la presenza di varici, dilatazioni venose ed arteriose facilmente traumatizzabili, riscontrabili specialmente in soggetti giovani. L'insorgenza puo’essere spontanea o favorita, per esempio, da un raffreddore, dall’esposizione al sole, da uno starnuto e soprattutto dal grattamento; l'emorragia puo’essere molto abbondante, ma in genere si arresta rapidamente, anche se presenta una particolare tendenza a recidivare. L'epistassi secondaria piu' frequentemente riscontrabile è causata da ipertensione arteriosa. Spesso scatenata da un eccesso alimentare, è preceduta generalmente da mal di testa; l'emorragia è notevole. In corso di epistassi è necessario pertanto chiedere sempre al soggetto se è iperteso. Una epistassi di lieve entita' puo’essere facilmente dominata mediante compressione digitale dell'ala del naso contro il setto per una decina di minuti esatti, controllati con l’orologio, dopo aver invitato il paziente ad espellere i coaguli, che potrebbero ostacolare i normali processi di emostasi, soffiando delicatamente il naso. Puo' essere utile anche eseguire la medesima manovra previa introduzione nella fossa nasale sanguinante di un tamponcino di cotone imbevuto di soluzione coagulante. Inoltre, il paziente va fatto sedere con il capo chino in avanti e in basso, in modo da evitare che ingerisca sangue. Questo potrebbe causare vomito e facilitare, per lo sforzo, la ripresa dell’epistassi. Inutile, invece, porsi in una posizione con il capo più basso rispetto ai piedi. Utile, ma non necessaria, può essere una borsa di ghiaccio alla radice del naso. Nelle epistassi di media entita', qualora le misure terapeutiche precedenti non abbiano avuto successo, è indicato il tamponamento nasale. Il tamponamento anteriore si esegue introducendo nella fossa nasale strisce di garza (che secondo i casi puo’essere orlata e vaselinata, iodoformica, imbevuta di coagulanti o semplice) facendole scivolare sul pavimento e disponendole a palizzata dal basso verso l'alto, in modo da riempire completamente la cavita'. Il tamponamento puo’essere monolaterale o bilaterale, secondo la necessità, e va eseguito sotto il controllo diretto della vista, allo scopo di evitare l'esecuzione di manovre errate, dolore inutile al paziente ed ulcerazione delle mucose. I tamponi sono lasciati da 48 a 72 ore, secondo la gravita' dell'emorragia, ed in questo lasso di tempo il paziente puo’accusare modica cefalea, prevalentemente frontale, ed un lieve rialzo febbrile.

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Denti MAL DI DENTI Il mal di denti compare quando la carie giunge ad interessare anche la polpa, un tessuto connettivo lasso che si rigonfia e viene compresso contro le pareti rigide del dente. Per effetto di questa congestione, i nervi sono compressi e provocano dolore. Questo meccanismo spiega perchè il mal di denti si intensifica tutte le volte che il paziente si corica: in posizione sdraiata l'afflusso di sangue alla testa, e quindi ai denti, aumenta, e aggrava la congestione della polpa dentaria. La comparsa del mal di denti indica che il dente è stato irrimediabilmente compromesso dal processo carioso: la fase successiva della malattia è la morte del dente, e la formazione di un granuloma all'apice delle sue radici. Il processo infettivo cronico costituito dal granuloma può successivamente diventare acuto, e portare alla formazione di un ascesso. Il mal di denti è, quindi, un segnale di allarme che richiede cure immediate. Non sempre, però, il dentista è immediatamente disponibile: nell’attesa del suo intervento, può essere utile conoscere qualche rimedio per alleviare dolore. Il primo consiglio è quello di non sdraiarsi per dormire, ma cercare di dormire in posizione seduta, o almeno sollevare il capo con due o tre cuscini: in questo modo si riduce l'afflusso di sangue alla testa. Lo stesso risultato si ottiene facendo un pediluvio ben caldo: in questo modo, il sangue tende a ristagnare nei vasi sanguigni delle estremità inferiori, dilatati dal calore. Sono invece da evitare gli impacchi caldi sulla guancia, che possono aggravare notevolmente l'infiammazione, provocando una tumefazione di tutta la guancia e della regione orbitale. L’assunzione di un analgesico (vedi cassetta di pronto soccorso) può dare momentaneo sollievo. In caso di ascesso iniziare antibiotica con Augmentin.

PERDITA DI UN DENTE

In caso di perdita di un dente in un trauma può essere utile: • fermare il sanguinamento della gengiva applicando un fazzoletto o un tampone di

garza e premendo; • recuperare il dente il più presto possibile ed immergerlo in un bicchiere di latte

freddo senza lavarlo con acqua (se il reimpianto avviene entro 90 minuti c'è il 50% di possibilità di successo);

• recarsi immediatamente da un dentista o al Pronto Soccorso con il dente recuperato.

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Diarrea La diarrea è l'emissione di feci non formate o liquide con frequenza superiore alla norma secondaria a contrazioni dell’'intestino più frequenti del normale. Le condizioni che possono determinare la comparsa di diarrea durante una vacanza sono molteplici: ingestione di cibi avariati, intolleranze alimentari, diarrea estiva, enterocolite, parassitosi intestinali, colpo d'aria fredda, assunzione di alcuni farmaci (per esempio gli antibiotici). Schematicamente le cause più frequenti di diarrea acuta possono essere dovute a:

• Infezioni virali. Contratte prevalentemente per ingestione di cibi e liquidi infetti, sono probabilmente la causa più frequente. I virus danneggiano "fisicamente" la mucosa dell'intestino, alterandone soprattutto la capacità di assorbire l'acqua. Queste diarree virali nei Paesi occidentali sono solitamente benigne, durano pochi giorni e si risolvono spontaneamente.

• Infezioni batteriche. Le tossine dei batteri contenuti in cibi o bevande inquinati (da qui il nome di tossinfezioni alimentari) non solo possono ridurre la capacità della mucosa intestinale di assorbire acqua, ma possono anche stimolare la secrezione di acqua e sali da parte della stessa mucosa (diarrea secretoria). Come per le diarree da causa virale anche queste da causa batterica nei nostri Paesi tendono a risolversi spontaneamente in pochi giorni. Ben diversa è la situazione nei Paesi sottosviluppati. L'esempio più eclatante è certamente il colera.

• Stress importanti. Uno stress oggettivamente importante, o soggettivamente percepito come tale, può causare diarrea.

• Assunzione di antibiotici. Anche se non spesso, tutti gli antibiotici possono essere causa di diarrea. Antibiotici piuttosto comuni sono rintracciabili in quasi il 90 per cento dei pazienti che dopo terapia antibiotica vanno incontro a diarrea. Il disturbo si manifesta solitamente dopo una settimana dall'inizio della terapia, ma nel 30 per cento dei soggetti la diarrea può anche manifestarsi dopo la cessazione del trattamento. Nella prima evenienza, la semplice sospensione della terapia risolverà la diarrea in un paio di settimane, ma quando i disturbi nascono dopo la sospensione dell'antibiotico, o se l'antibiotico incriminato non è sospeso, la gravità può essere decisamente maggiore. Motivo di questa diarrea non è l'antibiotico in sé ma quasi sempre lo sviluppo di un germe (il Clostridium difficile) che produce una tossina capace di danneggiare la mucosa del colon.

• Bevande fredde, bagno in acque fredde. L'introito abnorme di bevande ghiacciate, di gelati o anche un eccessivo e prolungato raffreddamento dell'addome (per esempio un bagno nell'acqua troppo fredda di una piscina) può essere causa di diarrea acuta.

La principale complicazione della diarrea è la disidratazione, causata dall’eccessiva perdita di liquidi. Normalmente, gli attacchi di diarrea passano da soli: l'unica precauzione da adottare è restare a digiuno e assumere molti liquidi, così da mantenere idratato l'organismo: per 24 ore dieta idrica ( tè, bevande zuccherate, acqua di riso). Quando sono trascorse 18 ore dall'ultima scarica, il paziente può ricominciare ad alimentarsi con pasti frequenti e leggeri a base di pane tostato, riso in bianco molto cotto, brodo, evitando vegetali, frutta, latticini, alcool e caffè.

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Non si devono assumere antidiarroici se si sospetta che la diarrea sia di origine infettiva, cosa molto probabile, per esempio, se si sono mangiati frutti di mare oppure se si beve acqua potabile sospetta e così via. In questi casi la diarrea è una risposta difensiva dell'organismo, che cerca di espellere il più rapidamente possibile le sostanze irritanti e/o tossiche. Bisogna tenere presente, infatti, che le scariche eliminano i microrganismi nocivi, quindi non va ostacolata l’eliminazione delle feci, anche se liquide, in attesa della formazione degli anticorpi. Gli antidiarroici agiscono in modo diverso per ridurre i sintomi, ma non intervengono sulle cause del disturbo: in linea di massima andrebbero evitati, limitandosi alla sola dieta. Ne esistono di due tipi: antispastici e rigonfianti o adsorbenti. Gli antipropulsivi come Imodium e Dissenten riducono le contrazioni dell'intestino, così il passaggio delle feci risulta rallentato e quindi può essere assorbita una maggiore quantità d'acqua. Le sostanze rigonfianti o adsorbenti (carbone attivo) hanno invece la funzione di assorbire l'acqua presente nell'intestino e, si sostiene, anche le sostanze irritanti che provocano la diarrea. Non si devono associare due antidiarroici diversi (antipropulsivo e una sostanza rigonfiante) perché gli effetti delle due sostanze si sommano e possono provocare un'ostruzione dell'intestino. Anche gli antibiotici non sono di solito necessari nelle gastroenteriti semplici, anche quando è sospettata una causa batterica, poiché il disturbo si risolve in genere in modo rapido senza nessun trattamento. Il Ciproxin è talvolta utilizzato per la prevenzione della diarrea del viaggiatore, ma il suo uso routinario non è indicato.

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Shock Anafilattico Lo shock anafilattico è la forma più grave tra le reazioni allergiche che, senza un immediato intervento curativo, può portare anche alla morte. Si determina quando un individuo sviluppa una particolare ipersensibilità verso un determinato allergene. Gli allergeni possono essere di varia natura: alimenti, veleni d'insetti, sostanze inalate o assorbite, farmaci. Come conseguenza dell'esposizione dell'organismo all'allergene, si può determinare una brusca e improvvisa caduta della pressione arteriosa a causa di una massiva vasodilatazione; a livello delle vie respiratorie, inoltre, si può determinare un rigonfiamento delle mucose che le rivestono con possibilità d'impedimento del passaggio dell'aria. È in sostanza impossibile prevedere l'evoluzione di uno shock anafilattico. Infatti una reazione allergica all'apparenza molto lieve può, nel giro di pochissimi minuti, trasformarsi in una situazione di massima gravità. I segni e i sintomi di uno shock anafilattico possono comprendere: alterazioni dello stato comportamentale, difficoltà nella respirazione, ipotensione, cute arrossata con bolle evidenti come nell'orticaria, gonfiore alle caviglie e ai polsi, prurito, bruciore, vertigini, cefalea, vomito. Trattandosi di un'emergenza molto grave, bisogna mettere in atto tutte le misure di rianimazione di base. Per fortuna le allergie arrivano di rado a manifestazioni così gravi come lo shock anafilattico; asma e rinite allergica sono le più comuni, per quanto riguarda l'apparato respiratorio, mentre molte forme allergiche interessano la dermatologia. Può essere provocato nei casi più gravi dalle punture d’insetti, ma può essere causato anche da alimenti (in particolar modo latte e suoi derivati, pesce e crostacei) e da farmaci a cui si è allergici. Occorre tenere presente che lo shock anafilattico non compare mai come prima reazione, ma si manifesta sempre su chi già ha dimostrato altre manifestazioni allergiche verso una determinata sostanza. Anche nel caso delle punture d’insetti ci deve essere stata un’importante reazione ad una puntura precedente. Lo shock anafilattico non è quasi mai immediato. E’ preceduto da arrossamento di zone del corpo, orticaria, edema e rossore del volto. Possono poi intervenire insufficienza respiratoria e quindi collasso. Coloro che hanno già avuto risposte allergiche importanti, come prurito diffuso, gonfiore del volto, di un labbro e così via, devono essere consapevoli che potrebbero, in determinate circostanze andare incontro a shock anafilattico. L’adrenalina rappresenta il farmaco salvavita e deve avere un ruolo centrale nel trattamento acuto dello shock anafilattico; quando è indicata, nei casi a rischio (gravi allergie alimentari o punture d’insetto) può essere somministrata a tutti, a qualsiasi età. Tale farmaco deve far parte assolutamente della farmacia di bordo e non si deve esitare ad utilizzarlo se compaiono sintomi minacciosi. Sono disponibili fiale preconfezionate con adrenalina predosata e resa resistente al calore (questi preparati sono stabili per 18 mesi a temperatura ambiente). La siringa va premuta sulla faccia esterna della coscia e dopo il caratteristico “click” di apertura va tenuta in sede per almeno 10 secondi, per permettere la penetrazione del farmaco. Può essere ripetuta dopo 15’ se non c’è miglioramento. Bisogna somministrare l’adrenalina, con l’apposito autoiniettore, al primo segno di reazione allergica, senza aspettare sintomi gravi. La somministrazione può avvenire anche attraverso gli indumenti.

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Questa sostanza agisce direttamente, nel giro di un minuto o due, sull’apparato circolatorio e respiratorio, aumentando la pressione e riducendo il broncospasmo. Superata l’emergenza che si risolve nella quasi totalità dei casi, grazie all’adrenalina, l’uso dei cortisonici (Bentelan fiale 4 mg) risulterà molto utile. Il Paziente va tenuto in osservazione per almeno 6 ore perché, anche se la crisi anafilattica è stata di entità modesta, può verificarsi una reazione tardiva che si istaura qualche ora dopo la prima reazione. Teniamo comunque presente che, sebbene le allergie siano aumentate negli ultimi anni, lo shock anafilattico rimane sempre una reazione allergica molto rara.

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Annegamento L’annegamento è la morte per soffocamento conseguente ad immersione in un liquido. Il semiannegamento, più frequente, è lo stadio immediatamente precedente l’annegamento, che si ha quando la vittima viene tratta in salvo prima che smetta di respirare. La fase iniziale dell’annegamento comincia quando una persona lotta per mantenersi a galla e si fa prendere dal panico. Inizia poi l’affaticamento e la fame d’aria, per cui il riflesso dell’inspirazione prevale sullo sforzo di trattenere il respiro. La vittima allora inghiottisce ed aspira acqua che, attraversando l’epiglottide, genera uno spasmo della laringe. Questo laringospasmo occlude completamente le vie aeree provocando ipossiemia e quindi perdita di coscienza. Circa il 10% delle persone muoiono per asfissia (annegamento secco), mentre negli altri casi la vittima compie gli ultimi atti respiratori provocando l’entrata di acqua nei polmoni (annegamento umido). L’annegamento può avvenire in acqua dolce o in acqua salata. L’acqua dolce, penetrata nei polmoni, neutralizza quella sostanza chimica (surfactante) presente sulla superficie degli alveoli necessaria per conservare la elasticità del polmone. Gli alveoli collabiti rendono impossibile lo scambio di ossigeno. L’acqua dolce inoltre passa facilmente nel sangue e determina anemia per distruzione dei globuli rossi. Si aggrava cosi l’ipossiemia. L’acqua salata, invece, provoca diffusione di liquidi dal sangue negli alveoli causando edema polmonare. Negli alveoli innondati di liquidi è impossibile lo scambio gassoso. Il salvataggio di un individuo in procinto di annegare non è cosa facile ed è meglio che sia eseguito da esperti, soprattutto se deve avvenire a nuoto. Chi sta per annegare si aggrappa istintivamente a qualunque cosa e spesso trascina sott'acqua il soccorritore. Una volta tratto in salvo si possono verificare due possibilità: il paziente è ancora cosciente oppure ha perduto conoscenza. Se l'asfissia è stata di breve durata, l'infortunato tratto in salvo di solito mostra un'attività respiratoria spontanea valida e, in tali casi, di solito egli riesce a risolvere naturalmente la situazione d'asfissia. In ogni caso metterlo in posizione semiseduta per facilitare la respirazione e aiutarlo ad espellere il liquido presente nelle vie aeree con dei colpi sulla schiena. Effettuare dei movimenti circolari delle braccia che aiutano ad espandere la gabbia toracica e facilitare la respirazione.

Se invece il periodo d'asfissia è stato più lungo, la situazione può essere quella dell'arresto respiratorio o anche cardiaco: il paziente è incosciente, con movimenti respiratori rari o assenti. Pur avendo perso conoscenza, presenterà ancora movimenti respiratori, il polso e i battiti cardiaci saranno ancora apprezzabili, anche se frequenti e poco intensi. L’annegamento impedisce all’apparato respiratorio, intasato dall’acqua oppure ostacolato da spasmi delle corde vocali o della laringe, di ossigenare il sangue, potendo danneggiare i centri nervosi vitali e organi importanti come cuore e reni.

• se respira e se vi è polso metterlo in posizione laterale di sicurezza (VEDI). • se non respira iniziare immediatamente la respirazione artificiale e il massaggio

cardiaco esterno (rianimazione cardiopolmonare) (VEDI).

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Liberate immediatamente la bocca da tutto ciò che la ostruisce, poi verificare che le vie aeree non siano ostruite dall'ingestione del liquido. Per far ciò è bene rovesciare l'annegato a pancia in giù, disporsi in piedi a gambe larghe sopra il suo bacino, afferrarlo per le anche o i fianchi e sollevarlo in modo da far defluire l'acqua. Appena questa è defluita si può stendere l'annegato a pancia in su e se non è presente respiro valido, iniziate subito la respirazione artificiale (VEDI) e, nel caso di battito assente, il massaggio cardiaco (VEDI);

• non perdete tempo a far "uscire acqua dai polmoni" con complicate manovre o particolari posizionamenti dell'infortunato; anche la posizione prona, invece di supina, non si è dimostrata più efficace a questo riguardo;

• concentratevi invece sul trattamento rianimatorio badando alla sua efficacia, dandovi il cambio frequentemente, senza interromperlo neppure pochi secondi. La rianimazione cardiopolmonare va proseguita per molto tempo, fino a che il paziente riprende a respirare o nell’attesa di soccorsi qualificati.

Ricordare che l'annegato è spesso anche un assiderato, perché, in un clima invernale, possono bastare pochi minuti d'immersione per raffreddare pericolosamente l'organismo. Tenete presente anche questo aspetto, spesso dimenticato, nel primo soccorso di un annegato (vedi anche congelamento).

ATTENZIONE: nel caso di tuffi in acque basse, per esempio in piscina o in presenza di scogli, l'annegamento potrebbe essere stato provocato da un trauma. In questo caso bisogna avere molta cautela: l'infortunato potrebbe avere delle fratture, per esempio alla colonna vertebrale, il che comporta una grande attenzione nel rimuoverlo.

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Posizione laterale di sicurezza Se dovete assistere un individuo incosciente o parzialmente cosciente, fategli assumere la posizione laterale di sicurezza. Assicuratevi, però, che il respiro e il battito del cuore siano presenti e regolari e che non ci sia il sospetto di fratture.

La posizione su un fianco, con la testa in estensione, permette al paziente di respirare senza correre il pericolo di un’ostruzione dovuta al rilasciamento della lingua o al vomito. Deve essere raggiunta senza provocare torsioni del capo sull’asse longitudinale della colonna.

Inginocchiatevi a fianco dell’infortunato e slacciategli gli indumenti. Liberategli la bocca da qualsiasi cosa vi sia contenuta: protesi dentaria, materiali organici, ecc.

Estendete la testa. Mettete l’arto superiore del vostro stesso lato lungo il corpo. Piegate il gomito dell’arto superiore opposto in modo tale che avambraccio e mano risultino appoggiati sul torace del paziente. Piegate il ginocchio dell’arto inferiore del vostro stesso lato. Afferrate contemporaneamente la spalla e il bacino dal lato opposto al vostro e ruotate l’infortunato in avanti.

Se potete essere aiutati da un altro soccorritore, fategli tenere la testa durante la rotazione, per evitare movimenti inopportuni sul collo.

Quindi, il braccio a contatto con il terreno può restare allungato sotto il corpo; il braccio piegato al gomito presenta la mano a contatto con il terreno e sotto la testa. Mettete sotto la testa dell’infortunato un indumento, stoffa, carta, plastica o qualsiasi materiale flessibile a disposizione in modo tale da poter allontanare facilmente il materiale organico eventualmente defluito dalla bocca.

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Rianimazione cardio-polmonare: massaggio cardiaco + respirazione artificiale L'arresto del cuore e della respirazione (arresto cardio-respiratorio) è un’evenienza drammatica, improvvisa ed inaspettata che può capitare, per svariati motivi, anche a soggetti sani e richiede un intervento immediato e specifico che da solo salva la vita del paziente. L'arresto cardiorespiratorio si verifica nella maggior parte dei casi al di fuori delle strutture ospedaliere, per cui è indispensabile che tutti conoscano almeno i principi di base della Rianimazione Cardio-Respiratoria. La Rianimazione Cardio-Respiratoria consiste nel fare riprendere a battere il cuore e nel fare arrivare ossigeno ai polmoni: queste 2 sole e semplici cose salvano la vita al paziente. Si esegue in tutti i casi di arresto cardiaco e respiratorio con paziente privo di coscienza e senza polso. Dopo 3 o 4 minuti dall'arresto cardiaco i neuroni, molto sensibili alla mancanza di ossigeno, cominciano una irreversibile distruzione. Alla presenza di un arresto cardiaco, perciò, bisogna intervenire immediatamente con il massaggio cardiaco e la respirazione artificiale: operazioni che servono a ripristinare artificialmente l'attività cardiaca e respiratoria. Attraverso il massaggio cardiaco il cuore pompa il sangue soltanto al 20% - 40% del normale, ma è sufficiente per tenere in vita l'infortunato sino al suo arrivo in un Pronto Soccorso. Allo stesso modo, la respirazione bocca a bocca, serve per ossigenare il sangue che viene pompato in modo meccanico attraverso il massaggio cardiaco. Anche se l'aria che insuffliamo è ricca di anidride carbonica, la quantità di ossigeno immessa è comunque sufficiente all'ossigenazione. Il soccorritore, esercitando una pressione sulla gabbia toracica, comprime il cuore tra lo sterno e la colonna vertebrale e in questo modo si sostituisce meccanicamente all'attività cardiaca. Grazie all'elasticità della gabbia toracica, quando cessa la compressione, il torace si espande e il cuore si dilata, per poi restringersi alla successiva compressione.

�Individuare respirazione e polso

Se un infortunato è incosciente, bisogna immediatamente verificare la presenza delle funzioni vitali: respirazione e polso.

Per prima cosa si deve verificare la respirazione: per far ciò è sufficiente appoggiare una mano sul torace e una sull'addome dell'infortunato per percepire sollevamenti e, contemporaneamente, si può avvicinare l'orecchio alla bocca per avvertire il passaggio dell'aria. In alternativa si può posizionare vicino al naso e alla bocca dell'infortunato uno specchietto o un vetro per vedere se si appanna. Passando dai consigli generali alle tecniche più precise, il protocollo di interevento dei soccorritori

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prevede in questo caso la cosiddetta manovra di G.A.S. (Guardo, Ascolto, Sento). Il soccorritore si pone ai lati della testa del paziente e, avvicinando l'orecchio alla bocca ed al naso del paziente, contemporaneamente osserva l'espansione del torace: Guarda l'espansione del torace, Ascolta eventuali sibili dovuti alla respirazione, Sente il calore dell'aria espirata sulle proprie guance.

Subito dopo si deve verificare la circolazione: le pulsazioni del cuore si possono percepire facilmente sul petto o sul collo. Appoggiando una mano sul torace, sotto la metà dello sterno, o meglio ancora appoggiando l'orecchio, il battito cardiaco si percepisce chiaramente. Un altro sistema è quello di porre indice, medio e anulare sul collo, esattamente sotto la mandibola, premendo un po' nel muscolo di fianco alla carotide. Qui è possibile percepire l'arteria carotidea, molto evidente. Per esercitarsi a trovare l'arteria carotidea il soccorritore deve cominciare a prendere il polso carotideo a se

stesso. Individuato il punto, sarà poi facile trovarlo anche negli altri. Va detto che il polso carotideo, tra gli altri, è il più sicuro ed evidente da trovare, ed è perciò il più indicato soprattutto nei casi in cui c'è da capire rapidamente se un infortunato incosciente è o no in arresto cardiaco. Il polso radiale è più difficile da trovare. Anche in questo caso il soccorritore deve prima esercitarsi su se stesso. Il punto da palpare, con le tre dita lunghe, è sull'esterno del polso, sotto la mano, dalla parte del pollice. ATTENZIONE: il polso si deve percepire sempre con le dita indice, medio e anulare, mai con il pollice. Qui, infatti, passa un arteria abbastanza importante e, spesso, non è possibile sapere se la pulsazione che il soccorritore sente è la sua o quella dell'infortunato!

Come si valuta la presenza di un'attivita' di pompa cardiaca efficace ?

La presenza di un’attivita' efficace si evidenzia con la palpazione del polso carotideo

Localizzato il laringe (pomo di Adamo nel maschio) con i polpastrelli dell'indice e del medio, a piatto, ci si sposta lateralmente verso il margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo, dal lato ove si trova il soccorritore. Ricordare: è necessario esercitare una pressione leggera ma costante per 5 - 10 secondi, onde evitare la compressione dell'arteria o confondere una grave bradicardia con l'assenza di circolo. Se l'infortunato è incosciente con respiro e battito cardiaco assente, bisogna immediatamente procedere alla rianimazione cardio-respiratoria.

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Respirazione artificiale

La respirazione artificiale serve per ossigenare artificialmente un infortunato che ha un arresto respiratorio. In queste condizioni, dopo pochi minuti, anche l'attività del cuore si blocca. E' perciò necessario agire tempestivamente per ossigenare il sangue in modo artificiale.

La respirazione artificiale andrebbe praticata attraverso strumenti medicali come il pallone ambu o, in mancanza, tramite la ventilazione bocca a bocca. Sebbene la ventilazione bocca-bocca abbia il pregio di non richiedere alcun strumento, può risultare sgradevole, soprattutto se la vittima è sconosciuta. Per offrire una soluzione a questo problema sono oggi disponibili semplici strumenti che evitano il contatto diretto: un dispositivo ampiamente utilizzato è la maschera tascabile, che permette di eseguire la ventilazione bocca-maschera. E’ dotata di una valvola unidirezionale così da dirigere l’aria espirata dal paziente lontano dal soccorritore, isolando in tal modo le due vie aeree. Ventilazione bocca-maschera Si pratica per mezzo di una maschera tascabile (pocket mask). La tecnica prevede che il soccorritore:

• si posizioni dietro la testa della vittima

• appoggi la maschera sul viso della vittima

• sollevi la mandibola della vittima estendendone la testa con entrambe le mani

• mantenga aderente la maschera al volto della vittima con pollice ed indice di entrambe le mani

• insuffli nel boccaglio della maschera. In caso si decidesse di praticare la respirazione bocca-bocca si procede come segue. Distendere l'infortunato a pancia in su e procedere con il controllo della pervietà delle vie aeree e, se l'infortunato non ha traumi, iperestendere la testa appoggiando una mano sotto la nuca e spingendo verso l'alto mentre, contemporaneamente, con l'altra mano si può esercitare una pressione sulla fronte verso il basso. Chiudere con due dita il naso dell'infortunato per evitare che l'aria insufflata fuoriesca. Dopo avere inspirato profondamente, far aderire le proprie labbra con quelle dell'infortunato (meglio dopo aver apposto un fazzoletto) e insufflare con forza. Quindi sollevare la testa e controllare che il torace si sollevi per poi abbassarsi immediatamente dopo. Ripetere l'operazione, con un ritmo di 15-20 atti al minuto, fino a quando l'infortunato non riprende la respirazione autonoma o sino all'arrivo dei soccorsi. Controllare periodicamente che l'infortunato non vada in arresto cardiaco.

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Respirazione bocca-naso. Se l'infortunato presenta delle fratture alla mandibola o alla mascella, si può procedere come nel caso della respirazione bocca a bocca con la differenza che la bocca viene tenuta chiusa per evitare che fuoriesca l'aria insufflata, e le insufflazioni vanno fatte attraverso il naso. Respirazione bocca-bocca naso. Nel caso l'infortunato sia un bambino piccolo, il soccorritore può aderire le proprie labbra sul viso del bambino, effettuando le insufflazioni contemporaneamente attraverso la bocca e il naso dell'infortunato. In questo caso la quantità di aria insufflata e la forza dell'insufflazione devono essere ridotte. �

����������������� Durante il massaggio cardiaco, il cuore è compresso tra due strutture rigide, la colonna vertebrale e lo sterno, e il sangue in esso contenuto è spinto nelle arterie come accade per effetto della contrazione sistolica. Nell'istante in cui cessa la compressione dello sterno si ha la riespansione elastica del torace e del cuore, che ha l'effetto di risucchiare il sangue dalle vene al cuore, come nel normale rilasciamento diastolico. Una volta iniziata la rianimazione cardiopolmonare non dovrete interromperla per più di sette secondi. Come procedere: - localizzate il sito di compressione per il massaggio cardiaco esterno. Utilizzate l'indice e il medio per localizzare il margine inferiore della gabbia toracica, dal lato del torace più vicino a voi. Fate scorrere le dita fino ad incontrare lo sterno

- tenendo fermo il dito medio con accanto l'indice, affiancate il palmo dell'altra mano fino ad incontrare le due dita

- Questo è il punto di compressione

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- effettuate le compressioni con una frequenza di 80-100 al minuto. Sovrapponete le mani con il palmo verso il basso sopra il punto di compressione

- Qui è illustrata la corretta posizione delle mani

- Irrigidite braccia e gomiti; lo sterno si deve abbassare di circa 4 o 5 centimetri.

- Le spalle devono essere perpendicolari al torace del paziente

Comprimete verso il basso fino ad abbassare il torace di 4-5 centimetri. Rilasciate il torace senza sollevare le mani dallo sterno. Il tempo dedicato alla compressione deve avere la stessa durata del tempo dedicato al rilascio.

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ATTENZIONE:

- non poggiate l'intero palmo della mano sullo sterno, ma soltanto la base

- non piegate i gomiti mentre effettuate le compressioni - non staccate completamente la mano dallo sterno alla fine della compressione, perdereste il punto; - non impedite al torace, tenendo le mani poggiate pesantemente su di esso alla fine della compressione, di sollevarsi completamente. Nella rianimazione con un soccorritore: il rapporto tra compressioni e ventilazioni deve essere di 15 a 2 (l'operazione va ripetuta 15 volte, le compressioni vanno fatte a distanza di circa un secondo l'una dall'altra. Dopo 15 compressioni, spostarsi velocemente vicino alla testa dell'infortunato ed effettuare altre due insufflazioni. Continuare così, alternando 15 massaggi e 2 insufflazioni).

Nella rianimazione con due soccorritori il rapporto deve essere di 5 a 1.

Importante: l'infortunato deve essere sdraiato a pancia in su, disteso su un piano rigido o al suolo, MAI effettuare un massaggio cardiaco su un letto o un materasso ! Nel caso di bambini le compressioni devono essere meno energiche e la compressione deve essere fatta con due dita anziché con i palmi delle mani. Inoltre il ritmo del massaggio deve essere un po' più veloce.

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RIEPILOGANDO:

Come si coordinano il massaggio cardiaco e le ventilazioni ?

SEI SOLO ?

Alterna 15 compressioni cardiache a 2 insufflazioni (ricorda che 4 cicli completi di compressione/insufflazione occupano circa un minuto di RCP)

SIETE IN DUE ? Due soccorritori alternano 5 compressioni cardiache con 1 insufflazione (10 cicli corrispondono a circa un minuto di RCP)

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Riepilogo delle fasi della Rianimazione Cardio-Polmonare

1) VALUTA LO STATO DI COSCIENZA

Se la vittima non risponde: - posiziona il paziente

- allinea il corpo

- scopri il torace

2) PERVIETA’ DELLE VIE AEREE:

- solleva il mento estendendo la testa

- esplora la bocca per togliere eventuali corpi estranei

3) VALUTA PER 10” LA PRESENZA DI ATTIVITA’ RESPIRATORIA:

- Guarda se torace espande

- Ascolta se senti respirare

- Senti se esce aria dalla bocca

Se il respiro è assente: esegui 2 insufflazioni

4) VALUTA PER 10 “ LA PRESENZA DI POLSO CAROTIDEO

Se il polso è presente: prosegui con la ventilazione (12 al minuto)

Se il polso è assente: - trova il punto di compressione

- alterna 15 compressioni a 2 insufflazioni

5) DOPO IL 1° MINUTO VALUTA SE RICOMPARE IL POLSO CAROTIDEO

Se il polso è assente: - ricomincia con 2 insufflazioni poi alterna 15 compressioni a 2 insufflazioni

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6) OGNI 3-4 MINUTI ESEGUI LA RIVALUTAZIONE

7) SE RICOMPARE IL POLSO RIPERCORRI LA SEQUENZA AL CONTRARIO SE NON RICOMPARE CONTINUA LA RIANIMAZIONE CARDIOPOLMONARE

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Cassetta del Pronto Soccorso Come è noto, già da alcuni anni le imbarcazioni e le navi da diporto abilitate alla navigazione senza alcun limite hanno l'obbligo di tenere a bordo materiale sanitario secondo quanto stabilito dal decreto 25/5/1988, attualmente vigente. Alla cassetta del pronto soccorso, proprio perché obbligatoria per legge, non si dedica in genere grande attenzione; è consigliabile invece prepararsi da soli la cassetta acquistando il materiale prescritto direttamente in farmacia. Prima di tutto ciò consente di conoscere bene cosa contiene; si è poi certi della scadenza delle confezioni e della qualità dei prodotti, mentre non di rado il materiale presente nelle cassette preconfezionate è di scarsa qualità (le forbici sono di plastica, il laccio emostatico può essere di gomma fragile, le stecche possono essere di dimensioni inadeguate ecc.). Inoltre, a parte il vantaggio di poter affrontare con maggiore serenità alcuni eventi morbosi, non si deve dimenticare che la maggior parte dei sintomi minori più comuni sono totalmente risolvibili con qualche farmaco, mentre dover interrompere una navigazione d'altura solo per procurarsi un antidolorifico può risultare un'esperienza molto frustrante! Per tale motivo conviene acquistare una cassetta già confezionata, di poco prezzo, da tenere solo per eventuali ispezioni relative alle dotazioni di sicurezza e prepararsi da soli il materiale occorrente, personalizzandolo. Ad ogni buon conto ecco quanto prescrive la normativa vigente: la cassetta di pronto soccorso deve avere le seguenti caratteristiche:

• contenitore: di materiale rigido, a chiusura stagna, facilmente asportabile e galleggiante;

• medicinali per uso esterno: disinfettante a base di ammonio quaternario (un flacone da 250 cc);

• materiale per medicazione: ammoniaca (un flacone di vetro scuro), bende di cambric (5 confezioni di varie misure), cerotto adesivo (una confezione), cerotto medicato (una confezione), cotone idrofilo (un pacco da 250 gr), una forbice comune, garza idrofila compresse (una confezione di varia misura), garza vaselinata compresse (una confezione), un laccio emostatico, una stecca per fratture.

La cassetta del pronto soccorso non dovrebbe essere da meno della cassetta attrezzi e il suo contenuto sicuramente dipende dal viaggio che si intende svolgere. Va tenuta in un luogo fresco, asciutto, al di fuori della portata dei bambini e non chiusa a chiave: sprecare tempo nella ricerca delle chiavi potrebbe essere controproducente. Va controllata periodicamente la data di scadenza del materiale che contiene e a ogni cambio di stagione è opportuno ricontrollare il

contenuto della cassetta perché, per quanto stagni e impermeabili siano i contenitori, l'umidità sempre in agguato ne può alterare il contenuto, dato che i cerotti, il cotone e le confezioni di garze sterili sono particolarmente sensibili ad essa.

I requisiti fondamentali per la cassetta sono:

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• poco ingombro e facilità d'utilizzo: per questo è ottima una borsa per pc portatile, sufficientemente ampia a contenere tutto e con diversi scomparti per dividere il materiale in modo specifico.

• farmaci dalla facile assunzione, quindi privilegiate le formulazioni orali. Le fiale dovrebbero essere limitate al solo uso intramuscolo, se ne siete capaci.

• Per alcuni farmaci sarebbe necessaria la conservazione a basse temperature, quindi sarebbe opportuna la presenza di buste termiche.

Dare un consiglio sui farmaci necessari non è semplice, soprattutto in considerazione delle conoscenze farmacologiche dei singoli individui; inoltre, per ogni molecola esistono diversi nomi commerciali; per tale motivo, di seguito si consiglieranno alcune medicine fornendo il solo nome commerciale ed il loro utilizzo.

ADRENALINA Soluzione iniettabile intramuscolare per auto-somministrazione 0,3 mg ANTIBIOTICI Servono a combattere le infezioni batteriche. Quando compare un'infezione è luogo comune pensare che ci sia anche la febbre: non è sempre vero, ma è un buon campanello d'allarme. L'ideale sarebbe un antibiotico che andrebbe bene un po' per tutto. Dalla ferita profonda, alla frattura esposta, per bronchiti, faringiti, cistiti, diarrea del viaggiatore, otiti. Non esiste un solo antibiotico da assumersi per via orale che vada bene per tutto, per questo una soluzione potrebbe essere un antibiotico per gruppo:

Ferite:

Augmentin compresse 1gr. esiste in compresse, bustine, sospensione orale. Posologia: 1 gr due volte al dì (ogni 12 h) per 8 gg per ferite e tagli importanti 1 gr 3 volte al dì se fratture esposte, fino al ricovero ospedaliero. Può essere usato anche nei bambini, da preferire la sospensione orale da somministrare secondo il peso.

Bronchiti, Faringiti, Otiti:

Klacid compresse da 250 mg o 500 mg, bustine, sospensione orale per bimbi (125/250 mg). Posologia: per dolori all'orecchio, tosse protratta con muco o secca, tonsille grosse e rosse, magari tempestate da placche biancastre 250mg due volte al giorno (ogni 12 h) per 10 gg se infezione grave apparato respiratorio 500 mg due volte di (per bimbi secondo il peso) Utile anche il Ciproxin (vedi sotto)

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Ascesso dentario

Augmentin compresse 1gr. esiste in compresse, bustine, sospensione orale. Posologia: 1gr 3 volte al giorno Può essere usato anche nei bambini, da preferire la sospensione orale da somministrare secondo il peso.

Cistiti, Infezioni Vie Urinarie:

Ciproxin compresse da 250 mg, 500 mg posologia: 500 mg due volte al die per 7-10 gg. Se si urina spesso, talvolta con bruciore (ma non sempre), ci possono anche essere tracce di sangue (cistite emorragica) ed urine maleodoranti, molto probabilmente vi è un’infezione delle vie urinarie o della vescica: oltre che bere molto, è utile l'antibiotico. Ricordare che talvolta le cistiti sono asintomatiche. Non somministrare ai bimbi nessuno dei due ma per infezioni apparato urinario: Monuril ped g. Posologia: una sola somministrazione al giorno

Diarrea

Rifacol compresse da 200 mg, flacone sospensione orale per bimbi. Posologia: 1cp ogni 6 ore se oltre 12anni, da 6 a 12 anni 1/2 cp ogni 6 ore, inferiore 12 anni 1 misurino di sospensione ogni 6 ore. Bimixin compresse 1 compresse tre volte al giorno Antibiotici per uso locale Gentalyn crema Cicatrene crema Aureomicina crema Sofargen crema Profilassi e trattamento di infezioni delle piaghe da ustione

ANTINFIAMMATORI, ANTIDOLORIFICI, ANTIPIRETICI Tre categorie di farmaci con tre scopi diversi e uno in comune, sono tutti antidolorifici, mentre l'effetto antipiretico è variabile. Utile un farmaco per ogni classe, da somministrare nel caso più appropriato.

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Antipiretici puri per la febbre: Tachipirina, Efferalgan compresse effervescenti di 1 grammo Posologia: 500 mg 3-4 volte, utile anche come antidolorifico, per adulti almeno 1 g tre volte al dì. Non hanno effetto antinfiammatorio. Antinfiammatori: sono i cosiddetti FANS da usare associati all'antibiotico per le infezioni come otiti, bronchiti, faringiti, sindromi similinfluenzali e da raffreddamento, per dolori muscoloscheletrici. Esistono diverse specialità. Vi sono formulazioni che possono essere assunte sublinguali per avere una pronta efficacia. Sono tutti antidolorifici ma non con uguale efficacia, da assumersi a stomaco pieno: Tora-Dol, Oki, Brufen, Voltaren, Aulin Antidolorifici puri: per dolore severo/grave, frattura, grave distorsione non sono antinfiammatori. Novalgina compresse, gocce, sospensione utilissima negli stati dolorosi acuti (esempio: mal di denti). Posologia: 20-40 gocce per adulti e 15 gocce per bambini 5-15 anni 3 volte al giorno. Contramal compresse, fiale e gocce, queste ultime sono molto utili e facili da dosare Posologia: di solito 20 gocce 3 volte al di Coefferalgan, Tachidol compresse, bustine Posologia: 1cp o bustina 4 volte al die, si può associare un antinfiammatorio. CORTISONICI Deltacortene compresse da 25 mg e 5 mg Bentelan fl 4 mg Posologia: 1 - 2 compresse o 1 – 2 fiale intramuscolo al giorno. Continuare la cura con le compresse sino alla risoluzione del quadro, poi scalare il dosaggio gradualmente. Le pomate cortisoniche (ECOVAL 70) sono utili per punture d'insetti, stati pruriginosi della pelle. ANTISTAMINICI Sono farmaci da somministrare quando sussiste uno stato allergico. Anche per questi farmaci esistono diverse formulazioni, l'utilità è limitata. Possono essere utilizzati in caso di crisi allergiche, come l'asma, o di lesioni urticanti. Zirtec compresse da 10 mg Posologia: 1 compressa al giorno Utile potrebbe essere una pomata antistaminica tipo Fargan o Polaramin crema per gli stati pruriginosi, eritemi solari, ecc.

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APPARATO GASTROENTERICO - anticinetosici Utili in caso di mal di mare, efficaci soprattutto se assunti prima di salpare, possono indurre sonnolenza; tra i più diffusi gli antistaminici (per es. Xamamina compresse da 50 mg) e i sistemi a cerotto a base di scopolamina (per es. Transcop cerotto retroauriculare); - Antiemetici (anti vomito) Plasil e Zofran sono da usarsi come antivomito e antinausea, anche in questo caso esistono diverse formulazioni, comprese le fiale intramuscolo e le supposte. Sono farmaci sintomatici, cioè curano il sintomo e non la causa, per questo domandatevi il perché è presente vomito. - Antiacidi orali utili in caso di acidità di stomaco; Maalox plus compresse/sospensione, Gastrogel da usarsi in caso di iperacidità, esofagite da reflusso, gastrite da uso di antinfiammatori (FANS) - Lattobacilli lacteol forte utile per la prevenzione e il trattamento della diarrea del viaggiatore - Antiemorroidari Daflon 500 mg compresse Posologia: 1 copressa 3 volte al giorno Proctolyn disponibile sia in crema con apposito applicatore, o in supposte - Antidiarroici Imodium, Dissenten compresse 2 mg Posologia: 2 cp in unica soluzione, quindi 1 ad ogni attacco. Attenzione: farmaci pericolosi perché possono favorire l’assorbimento di tossine - Antispastici Sono farmaci da usarsi quando compaiono coliche, sia renali sia addominali Buscopan, Rilaten: disponibili in compresse, supposte e fiale. Per gli stati acuti e particolarmente dolorosi, utile la somministrazione sublinguale della fiala. Attenzione: possono mascherare una patologia che necessita di trattamento chirurgico urgente. GOCCE OTOLOGICHE Si usano in caso di otite, da associare all'antibiotico per via orale Anauran gocce Posologia: 4-5 gocce 3 volte al die per adulti e 2-3 gocce per bimbi per 3 volte al giorno Tobral oto Posologia:

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4 gocce per 3 volte al die per 5 gg. COLLIRI Contenente antibiotico, da usarsi n caso di infezione localizzata Exocin Posologia: 2 gocce 3 volte al giorno in caso di infezioni oculari esterne Exocin pomata oftalmica Voltaren Ofta coll Posologia: 2 gocce tre volte al giorno negli stati infiammatori della congiuntiva caratterizzati da bruciore, iperlacrimazione, fotofobia, iperemia Systane (lacrime artificiali) collirio Posologia: al bisogno In caso di rossore oculare o disturbi da esposizione prolungata al sole ANSIOLITICI Tavor oro compresse 1 mg In caso di attacco di panico 1 compressa sub linguale DISINFETTANTI LOCALI Betadine per applicazioni locali su ferite, disinfettare i margini della ferita, lasciare agire almeno per 30 secondi, quindi rimuovere il disinfettante con altra garza sterile, coprire la ferita. Acqua Ossigenata, Tintura di iodio

VARIE

CONFEZIONI DESCRIZIONE 2 paia di guanti monouso in vinile o in lattice 2 pinze sterili monouso in plastica 2 garza idrofila di 5 cm x 5 m 1 garze sterili 10 x 10 cm per pulire e coprire le ferite 1 bende di 5 cm di altezza per fasciare le ferite 1 benda elastica di 10 cm di altezza 1 garza vaselinata compresse 1 scatola di cerotti di dimensioni assortite 1 rotolo di cerotto di 2,5 cm di altezza 1 cotone idrofilo 1 bottiglia di 1/2 litro di soluzione fisiologica (o di soluzione salina sterile

ottenuta versando 1 cucchiaino raso di sale in 1/2 litro di acqua bollente) 1 flacone di disinfettante non alcolico 1 flacone di soluzione per lavaggio oculare 1 flacone di acqua ossigenata F.U. 10 volumi 1 flacone di alcool denaturato 3 fiale da 2cc di alcool iodato 1% 2 fiale da 2cc di ammoniaca

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1 tubetto di sapone in polvere 1 siringhe sterili da 2,5-5,10 ml

1 lacci emostatici (2) 1 forbici 1 pinzette 1 confezione di aghi 1 spille di sicurezza (3) 1 termometro 1 confezione di sacchetti monouso per la raccolta dei rifiuti sanitari 1 torcia elettrica alimentata con pile

• maschera tascabile (pocket mask) • utile un piccolo set chirurgico, magari sterile da usar per pulire le ferite, per

rimuovere materiale sporco dalle ferite: pinzette, forbici, lame, bisturi • soluzione fisiologica sterile in fiale, sempre utile per lavare le ferite a getto con

siringa • punti per sutura sterill stripp disponibili in diverse misure • Sofargen crema (argento solfadiazina micronizzato) tubo crema da 30, 50 g. utile in

caso di ustione • tamponi nasali • ghiaccio istantaneo (4 confezioni) • stecche ortopediche: ne esistono di diverso tipo che si utilizzano per la

immobilizzazione delle fratture degli arti. È utile averne una di dimensioni adeguate anche per lo steccaggio di un arto inferiore.

• rete elastica, diverse misure • compresse (bende) oculari • talco mentolato un barattolo (per pruriti ed irritazioni cutanee)

In neretto i presidi che assolutamente non devono mancare

Consigli per un uso corretto dei presidi sanitari

a. il soccorritore deve lavarsi bene le mani con acqua e sapone prima di toccare qualunque ferita o il materiale di medicazione

b. in caso di mancanza d’acqua, deve pulirsi le mani con del cotone idrofilo disinfettato c. in generale il primo intervento in caso di ferite, incidente agli occhi, ustioni, si attua

ponendo la parte lesa sotto l’acqua corrente fredda.

Guanti monouso in vinile I guanti vanno indossati dal soccorritore dopo la detersione delle mani e prima di qualsiasi medicazione in cui può venire a contatto con il sangue dell’infortunato. Acqua ossigenata Questo prodotto è utilizzato per la detersione meccanica delle parti sporche di terriccio, ruggine o altro Disinfettante Questo prodotto è utilizzato per disinfettare ferite, abrasioni, punture di insetto, escoriazioni. Compresse di garza sterile

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Sono utilizzate per la pulizia e la disinfezione delle abrasioni e delle ferite, per coprire e medicare qualsiasi tipo di lesione. Per questi presidi va mantenuta la sterilita’, quindi per la loro manipolazione e’ bene usare le pinze sterili monouso. Pinze sterili monouso Vanno utilizzate ogni qualvolta si deve operare con materiale sterile. Per mantenere la sterilita’ della pinza occorre prestare molta attenzione all’apertura della confezione, aprendola dalla parte in cui la pinza è saldata. La parte che si puo’ toccare con le mani è quella centrale o sagomata. Cotone idrofilo Il cotone va utilizzato solo come materiale assorbente in caso di perdita abbondante di sangue, unitamente alla garza. E’ importante non usarlo direttamente sulle ferite perché puo’ lasciare residui di filamento di cotone. Rete elastica Va applicata agli arti, al capo, al torace, per fissare e mantenere la medicazione.