Projects arc vision19

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29 Il problema non può esser risolto cercando semplice- mente di sovrapporre le tecnologie energetiche sulla costruzione o, ancor peggio, di mascherarlo all’inter- no delle strutture dell’edificio. Occorre piuttosto esaltarne le potenzialità formali e tecnologiche, ponendo addirittura la componente energetica alla base del linguaggio progettuale. Da qui l’esigenza di uno strettissimo connubio tra tecnologia ed edificio. Sono convinto che tale componente possa apporta- re interessanti valenze architettoniche da aggiunge- re a quelle energetiche. Il problema consiste proprio nell’“inventare” un nuovo linguaggio architettonico di riferimento per l’integrazione delle tecnologie energetiche negli elementi che appartengono alle nostre città come gli edifici, le infrastrutture e l’arre- do urbano. Entro breve ritengo possibile che, per esempio, il modulo fotovoltaico possa trasformarsi, opportunamente integrato, in elemento espressivo e caratterizzante per l’architettura come, in periodi diversi, lo sono stati l’acciaio, il cemento, il vetro e l’alluminio. La situazione energetica mondiale fa sì che questa “rivoluzione” edilizia sia, in tempi brevi, inevitabile. Con essa dovranno confrontarsi, diretta- mente o indirettamente, tutti i progettisti e l’indu- stria edile, ma anche i politici e le amministrazioni pubbliche. Si tratta di un cambiamento che inciderà profondamente su tutti i livelli del processo produtti- vo edile. Forse la trasformazione più evidente è quel- la generata dall’avvento del solare attivo, fotovoltai- co e termico. Dal punto di vista più strettamente progettuale, infatti, l’integrazione del fotovoltaico presuppone, rispetto alla semplice sovrapposizione dei moduli sugli edifici, uno studio più approfondito dei dettagli costruttivi e una maggiore attenzione esecutiva e di montaggio dei singoli componenti. In questi ultimi, infatti, coesistono requisiti strutturali ed elettrici che non devono reciprocamente ostacolarsi. Una volta garantiti i requisiti tecnici, l’integrazione fotovoltaica consente all’architetto la massima libertà di espres- sione progettuale: la componente fotovoltaica potrà essere esaltata o nascosta aprendo, come abbiamo già accennato, nuove opportunità di linguaggio architettonico e tecnologico. La ricerca sistematica sull’applicazione di nuove tec- nologie, materiali e processi operativi sta trasfor- mando la costruzione edile in un procedimento tipi- co della produzione industriale. Gli edifici che sono stati maggiormente oggetto di questa ricerca sono quelli legati al terziario, ai sistemi di trasporto, alle nuove funzioni urbane. Si pensi agli edifici multipia- no, alle stazioni ferroviarie e agli aeroporti, alle ampie strutture destinate alle esposizioni o a quelle per la grande distribuzione commerciale. Questa nuova identità di edificio tecnologico pre- ENERGIA ENERGY Projects F inalmente, dopo almeno due decenni di ina- scoltati appelli provenienti da sparute nicchie di “esperti” e ricercatori, anche nel Bel Paese si è acquisita la convinzione che l’edificio partecipa atti- vamente al nefasto fenomeno del cambiamento cli- matico. Anzi la partecipazione del comparto edilizio, in tutte le sue fasi di vita, è tutt’altro che secondaria parteci- pando per più del 40% alle emissioni globali. Si trat- ta di una conquista “sociale” molto recente e comunque in rilevante ritardo rispetto a buona parte dei paesi della Ue storica. Ma il nostro è un paese straordinario e, grazie prima di tutto a direttive europee che ci hanno “imposto” qualche ravvedi- mento, a leggi nazionali di ancora improbabile applicazione per l’assenza dei decreti attuativi, e a una schiera di norme regionali, provinciali e regola- menti edilizi comunali, oggi abbiamo improvvisa- mente scoperto quanto è delicato il rapporto tra energia ed edificio e che da questo deriva buona parte del futuro del nostro pianeta e della qualità della vita dei nostri figli. Grazie, infatti, a questa accelerazione, fenomeno a noi italiani particolar- mente congeniale, prendiamo atto che oggi il “risparmio energetico degli edifici” è l’argomento nodale di piattaforme politiche, impegni di Amministratori, forum su quotidiani e palinsesti tele- visivi. Meglio tardi che mai, si potrebbe commenta- re. Ma non è oro tutto quel che luccica. A fronte di questa ben augurata corsa all’efficienza energetica dobbiamo rilevare due aspetti critici, for- se meno conosciuti perché raramente trattati dalla kermesse mediatica, ma sui quali riteniamo indi- spensabile un’attenta riflessione. Il primo è la mancanza di una politica unitaria e nazionale di riferimento. In questa fase di grande confusione, in cui, per esempio, l’obbligo della certi- ficazione energetica è “tamponato” da un fumoso “obbligo” di attestato energetico, in cui l’assenza dei decreti attuativi (Dlgs 192 e 311) offre spazio a comprensibili iniziative autonome delle Regioni che hanno facoltà di “recepire” direttamente la direttiva europea con il risultato, però, che presto avremo 20 normative diverse sul territorio nazionale. È un pote- re che le Regioni hanno e sembra che, una dopo l’altra, lo vogliano esercitare. E lo possono fare. Una sorta di federalismo energetico che potrebbe portar- ci a un ulteriore caos e rallentamento nello sviluppo di un settore che, per altro, già è caratterizzato da innumerevoli problemi. E questo l’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili, lo sa bene e lo sta denunciando da mesi ai massimi livelli politici. Ma il Ministero per le Attività Produttive, che ha competenza a riguardo, appare un muro di gom- ma e continua a sciorinare rinvii alle scadenze, più Sostenibilità e qualità architettonica Sustainability and Architectural Quality Mauro Spagnolo * Il risparmio energetico degli edifici è un argomento nodale che coinvolge tutti i settori del costruire, soprattutto il mondo del progetto, che s’interroga su come impostare il rapporto fra risparmio energetico e qualità architettonica. La stessa identità dell’edificio, rispetto ai canoni convenzionali che lo associano alla sua destinazione d’uso, risulta superata. Sempre più l’involucro architettonico deve confrontarsi con problematiche che richiedono un lavoro specialistico svolto da gruppi interdisciplinari. In tale contesto, l’architetto diviene, oltre che progettista, anche organizzatore di una polifonia certamente suggestiva, ma ancora tutta da codificare nella prassi metodologica. Energy saving in buildings is a key issue involving every sector of the construction industry, particularly the world of design, which is busy pondering over how to relate energy saving to architectural quality. Conventional guidelines associating a building’s identity exclusively with its practical purpose are now outdated and superseded. The architectural shell must increasingly come to terms with issues requiring specialist intervention by interdisciplinary teams. This means that in addition to being designers, architects must also be capable of coordinating a highly striking but as of yet still un- coded array of methodological skills. 28 volte annunciate, degli attesissimi decreti attuativi. L’altro aspetto critico è costituito dalla mancanza di indicazioni certe sulla necessità di integrare nell’in- volucro edilizio le nuove tecnologie su cui l’efficien- tazione energetica si basa. Questo approccio potrebbe generare delle creature edilizie completa- mente sgraziate e poco sensibili alle esigenze lingui- stiche del contesto in cui si vanno ad inserire. Si tratta di un problema solitamente poco approfon- dito in quanto spesso – forse in modo comprensibile – le attenzioni delle politiche ambientali e delle amministrazioni sono quasi totalmente rivolte allo sviluppo quantitativo degli impianti e, più raramen- te, a quello qualitativo. A fronte infatti di un’indub- bia e tanto auspicata diffusione di queste tecnologie nelle applicazioni edilizie e urbane, esiste il notevole rischio, per ciò che attiene l’involucro, di un’indiscri- minata applicazione senza regole certe, regole che stabiliscano, in termini di qualità urbana, i vincoli sul linguaggio architettonico. Quindi la grande scommessa del risparmio e dell’ef- ficientazione energetica nell’edilizia può esser vinta, ma solo attraverso la capacità di ricorrere, in modo integrato e spesso interattivo, all’insieme delle tec- nologie e delle metodiche progettuali che costitui- scono la sconfinata sfera del costruire sostenibile. Stiamo parlando, ad esempio, della tecnologia che ci consente di sfruttare la differenza di temperatura tra l’atmosfera e il sottosuolo – detta geotermia – consentendo di riscaldare o raffrescare a seconda delle esigenze e delle stagioni; della straordinaria tecnologia della co- e tri-generazione che, recupe- rando semplicemente l’energia termica diversamen- te dissipata da una caldaia, produce caldo o freddo; oppure dei numerosi dispositivi bioclimatici inseriti nell’involucro, come le schermature solari, le pareti o i tetti ventilati, i sistemi di coibentazione di serra- menti e vetri ad altissima resistenza termica; della domotica e degli utilizzatori ad alta efficienza ener- getica, fino ad arrivare alle avveniristiche applicazioni edili della cella a combustibile. In realtà il concetto di integrazione architettonica, in particolar modo per il fotovoltaico, è contemplato ormai in quasi tutte le norme nazionali, regionali e nei regolamenti edilizi comunali con relativi incentivi economici e premi in cubature. Ma in nessuna di queste norme esistono “indicazioni certe” e indiscu- tibili su ciò che si intende per “impianto qualitativa- mente integrato”, una linea di confine precisa a prova di polemiche e “furbetti”. In questo senso il rischio è costituito, a fronte di una salutare limitazione della quota dei gas climalteranti, dalla possibilità di fare il pieno di ulteriori brutture per le nostre città, rischiando di potenziare, ancora una volta, elementi di “discontinuità urbana”. suppone, da un punto di vista progettuale, due ele- menti basilari. Da una parte la costruzione edile si trasforma in un’operazione di vera e propria indu- strializzazione. Dalle prime esperienze della seconda metà dell’Ottocento, infatti, quando la standardizza- zione presupponeva la semplice ripetizione dei sin- goli componenti edili, si è passati alla realizzazione di sistemi più complessi con veri e propri componen- ti prefabbricati, fino ad arrivare a sistemi industriali integrati che presuppongono un alto contenuto tec- nologico. Dall’altra il progetto si basa su una meto- dologia sistematica che sintetizza tutte le compo- nenti tecnologiche dell’intervento. In tal modo tutti i problemi legati all’organizzazione dello spazio, le prestazioni strutturali e le esigenze impiantistiche debbono essere affrontati in modo simultaneo e nell’ambito di ogni fase progettuale. Ciò sta rivolu- zionando radicalmente la logica della progettazione convenzionale attraverso la ricerca di una nuova metodologia di progettazione che, basandosi sulla conoscenza delle singole discipline settoriali, consen- ta di affrontare, in modo interattivo e approfondito, l’intero iter progettuale. La diffusione dell’informa- tizzazione e, più recentemente, dell’automazione, ha fatto sì che le prestazioni richieste a un edificio siano sempre più specifiche e avanzate. La stessa identità dell’edificio, rispetto ai canoni convenzionali che lo associano esclusivamente alla sua destinazio- ne d’uso, risulta superata. Rispetto agli altri prodotti industriali, l’involucro architettonico deve confron- tarsi inoltre con problematiche più ampie come quelle energetiche e ambientali. Tutto ciò attual- mente ha portato, almeno nei casi di edifici con importanti valenze architettoniche, a un lavoro mol- to specialistico di gruppi interdisciplinari che realizza- no fasi progettuali con livelli di complessità organiz- zativa e di efficienza tali da consentire il confronto tra l’edificio e i prodotti di pura tecnologia avanzata. Un elemento significativo per la comprensione della nuova filosofia progettuale è confermato dalla piani- ficazione della sua vita “economica”: essendo l’edi- ficio divenuto un prodotto industriale, paragonabile a un’automobile o a un frigorifero, anche per esso sarà pianificata la demolizione e il riciclo, laddove possibile, dei suoi materiali. La strada che abbiamo iniziato a percorrere è indub- biamente quella giusta, ma in ripida salita. Appare sempre più urgente, quindi, la definizione di stru- menti, unici e a scala nazionale, che definiscano, attraverso una metodica comparativa, i numerosi parametri che concorrono a determinare il livello di sostenibilità dell’edificio e della sua integrazione nel contesto urbano. Un percorso indispensabile per regalare alle future generazioni, oltre a un’aria più pulita, città più vivibili. E noi questo ci auguriamo. *Mauro Spagnolo, architetto e giornali- sta pubblicista, è nato a Roma nel 1957. Progettista di architetture legate al rispar- mio energetico e all’utilizzo di energia da fonte rinnovabile, dal 1983 collabora con periodici e riviste di architettura, pubbli- cando numerosi articoli scientifici. Suoi i libri: L’integrazione dei sistemi fotovoltai- ci nell’edilizia e nelle infrastrutture urba- ne edito nel 1999 da ENEA-Ministero dell’Ambiente e Ministero dell’Industria, il Sole nella città edito nel 2002 da Franco Muzzio Editore, ed Efficienza energetica nella progettazione edito da Dei nell’ot- tobre 2007. Nel 2001 ha vinto il concor- so per “l’alta valenza architettonica per edifici fotovoltaici” indetto dal Ministero dell’Ambiente con la copertura solare delle tribune dello stadio di Trevignano Romano. È coordinatore scientifico di vari corsi di formazione nell’ambito di ISES Italia, è stato docente di “Impianti e com- patibilità ambientale” presso la facoltà di Architettura Valle Giulia dell’Università “La Sapienza” di Roma ed è docente in master di 2° livello presso numerose facoltà di Architettura e di Ingegneria. È il coordinatore scientifico del Corso di Alta Formazione in Efficienza Energetica negli Edifici presso il Dipartimento di Meccanica e Aeronautica della facoltà di Ingegneria a La Sapienza. Attualmente è il direttore responsabile del quotidiano telematico rinnovabili.it.

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Il problema non può esser risolto cercando semplice-mente di sovrapporre le tecnologie energetiche sullacostruzione o, ancor peggio, di mascherarlo all’inter-no delle strutture dell’edificio. Occorre piuttostoesaltarne le potenzialità formali e tecnologiche,ponendo addirittura la componente energetica allabase del linguaggio progettuale. Da qui l’esigenza diuno strettissimo connubio tra tecnologia ed edificio.Sono convinto che tale componente possa apporta-re interessanti valenze architettoniche da aggiunge-re a quelle energetiche. Il problema consiste proprionell’“inventare” un nuovo linguaggio architettonicodi riferimento per l’integrazione delle tecnologieenergetiche negli elementi che appartengono allenostre città come gli edifici, le infrastrutture e l’arre-do urbano. Entro breve ritengo possibile che, peresempio, il modulo fotovoltaico possa trasformarsi,opportunamente integrato, in elemento espressivo ecaratterizzante per l’architettura come, in periodidiversi, lo sono stati l’acciaio, il cemento, il vetro el’alluminio. La situazione energetica mondiale fa sìche questa “rivoluzione” edilizia sia, in tempi brevi,inevitabile. Con essa dovranno confrontarsi, diretta-mente o indirettamente, tutti i progettisti e l’indu-stria edile, ma anche i politici e le amministrazionipubbliche. Si tratta di un cambiamento che incideràprofondamente su tutti i livelli del processo produtti-vo edile. Forse la trasformazione più evidente è quel-la generata dall’avvento del solare attivo, fotovoltai-co e termico. Dal punto di vista più strettamente progettuale,infatti, l’integrazione del fotovoltaico presuppone,rispetto alla semplice sovrapposizione dei modulisugli edifici, uno studio più approfondito dei dettaglicostruttivi e una maggiore attenzione esecutiva e dimontaggio dei singoli componenti. In questi ultimi,infatti, coesistono requisiti strutturali ed elettrici chenon devono reciprocamente ostacolarsi. Una voltagarantiti i requisiti tecnici, l’integrazione fotovoltaicaconsente all’architetto la massima libertà di espres-sione progettuale: la componente fotovoltaica potràessere esaltata o nascosta aprendo, come abbiamogià accennato, nuove opportunità di linguaggioarchitettonico e tecnologico. La ricerca sistematica sull’applicazione di nuove tec-nologie, materiali e processi operativi sta trasfor-mando la costruzione edile in un procedimento tipi-co della produzione industriale. Gli edifici che sonostati maggiormente oggetto di questa ricerca sonoquelli legati al terziario, ai sistemi di trasporto, allenuove funzioni urbane. Si pensi agli edifici multipia-no, alle stazioni ferroviarie e agli aeroporti, alleampie strutture destinate alle esposizioni o a quelleper la grande distribuzione commerciale.Questa nuova identità di edificio tecnologico pre-

ENERGIA ENERGY

Pro

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sFinalmente, dopo almeno due decenni di ina-

scoltati appelli provenienti da sparute nicchie di“esperti” e ricercatori, anche nel Bel Paese si è

acquisita la convinzione che l’edificio partecipa atti-vamente al nefasto fenomeno del cambiamento cli-matico. Anzi la partecipazione del comparto edilizio, in tuttele sue fasi di vita, è tutt’altro che secondaria parteci-pando per più del 40% alle emissioni globali. Si trat-ta di una conquista “sociale” molto recente ecomunque in rilevante ritardo rispetto a buona partedei paesi della Ue storica. Ma il nostro è un paesestraordinario e, grazie prima di tutto a direttiveeuropee che ci hanno “imposto” qualche ravvedi-mento, a leggi nazionali di ancora improbabileapplicazione per l’assenza dei decreti attuativi, e auna schiera di norme regionali, provinciali e regola-menti edilizi comunali, oggi abbiamo improvvisa-mente scoperto quanto è delicato il rapporto traenergia ed edificio e che da questo deriva buonaparte del futuro del nostro pianeta e della qualitàdella vita dei nostri figli. Grazie, infatti, a questaaccelerazione, fenomeno a noi italiani particolar-mente congeniale, prendiamo atto che oggi il“risparmio energetico degli edifici” è l’argomentonodale di piattaforme politiche, impegni diAmministratori, forum su quotidiani e palinsesti tele-visivi. Meglio tardi che mai, si potrebbe commenta-re. Ma non è oro tutto quel che luccica. A fronte di questa ben augurata corsa all’efficienzaenergetica dobbiamo rilevare due aspetti critici, for-se meno conosciuti perché raramente trattati dallakermesse mediatica, ma sui quali riteniamo indi-spensabile un’attenta riflessione. Il primo è la mancanza di una politica unitaria enazionale di riferimento. In questa fase di grandeconfusione, in cui, per esempio, l’obbligo della certi-ficazione energetica è “tamponato” da un fumoso“obbligo” di attestato energetico, in cui l’assenzadei decreti attuativi (Dlgs 192 e 311) offre spazio acomprensibili iniziative autonome delle Regioni chehanno facoltà di “recepire” direttamente la direttivaeuropea con il risultato, però, che presto avremo 20normative diverse sul territorio nazionale. È un pote-re che le Regioni hanno e sembra che, una dopol’altra, lo vogliano esercitare. E lo possono fare. Unasorta di federalismo energetico che potrebbe portar-ci a un ulteriore caos e rallentamento nello sviluppodi un settore che, per altro, già è caratterizzato dainnumerevoli problemi. E questo l’Ance,l’Associazione nazionale dei costruttori edili, lo sabene e lo sta denunciando da mesi ai massimi livellipolitici. Ma il Ministero per le Attività Produttive, cheha competenza a riguardo, appare un muro di gom-ma e continua a sciorinare rinvii alle scadenze, più

Sostenibilità e qualitàarchitettonicaSustainability and Architectural Quality

Mauro Spagnolo *

Il risparmio energetico degliedifici è un argomento nodaleche coinvolge tutti i settori delcostruire, soprattutto il mondo

del progetto, che s’interroga sucome impostare il rapporto frarisparmio energetico e qualità

architettonica. La stessa identità dell’edificio,

rispetto ai canoni convenzionaliche lo associano alla sua

destinazione d’uso, risultasuperata. Sempre più l’involucroarchitettonico deve confrontarsi

con problematiche cherichiedono un lavoro

specialistico svolto da gruppiinterdisciplinari. In tale contesto,

l’architetto diviene, oltre cheprogettista, anche organizzatore

di una polifonia certamentesuggestiva, ma ancora tutta da

codificare nella prassimetodologica.

Energy saving in buildings is a keyissue involving every sector of theconstruction industry, particularly

the world of design, which is busy pondering over how

to relate energy saving to architectural quality.

Conventional guidelines associatinga building’s identity exclusively with

its practical purpose are nowoutdated and superseded.

The architectural shell mustincreasingly come to terms with

issues requiring specialistintervention by interdisciplinary

teams. This means that in additionto being designers, architects must

also be capable of coordinating ahighly striking but as of yet still un-

coded array of methodological skills.

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volte annunciate, degli attesissimi decreti attuativi.L’altro aspetto critico è costituito dalla mancanza diindicazioni certe sulla necessità di integrare nell’in-volucro edilizio le nuove tecnologie su cui l’efficien-tazione energetica si basa. Questo approcciopotrebbe generare delle creature edilizie completa-mente sgraziate e poco sensibili alle esigenze lingui-stiche del contesto in cui si vanno ad inserire. Si tratta di un problema solitamente poco approfon-dito in quanto spesso – forse in modo comprensibile– le attenzioni delle politiche ambientali e delleamministrazioni sono quasi totalmente rivolte allosviluppo quantitativo degli impianti e, più raramen-te, a quello qualitativo. A fronte infatti di un’indub-bia e tanto auspicata diffusione di queste tecnologienelle applicazioni edilizie e urbane, esiste il notevolerischio, per ciò che attiene l’involucro, di un’indiscri-minata applicazione senza regole certe, regole chestabiliscano, in termini di qualità urbana, i vincoli sullinguaggio architettonico. Quindi la grande scommessa del risparmio e dell’ef-ficientazione energetica nell’edilizia può esser vinta,ma solo attraverso la capacità di ricorrere, in modointegrato e spesso interattivo, all’insieme delle tec-nologie e delle metodiche progettuali che costitui-scono la sconfinata sfera del costruire sostenibile.Stiamo parlando, ad esempio, della tecnologia checi consente di sfruttare la differenza di temperaturatra l’atmosfera e il sottosuolo – detta geotermia –consentendo di riscaldare o raffrescare a secondadelle esigenze e delle stagioni; della straordinariatecnologia della co- e tri-generazione che, recupe-rando semplicemente l’energia termica diversamen-te dissipata da una caldaia, produce caldo o freddo;oppure dei numerosi dispositivi bioclimatici inseritinell’involucro, come le schermature solari, le pareti oi tetti ventilati, i sistemi di coibentazione di serra-menti e vetri ad altissima resistenza termica; delladomotica e degli utilizzatori ad alta efficienza ener-getica, fino ad arrivare alle avveniristiche applicazioniedili della cella a combustibile. In realtà il concetto di integrazione architettonica, inparticolar modo per il fotovoltaico, è contemplatoormai in quasi tutte le norme nazionali, regionali enei regolamenti edilizi comunali con relativi incentivieconomici e premi in cubature. Ma in nessuna diqueste norme esistono “indicazioni certe” e indiscu-tibili su ciò che si intende per “impianto qualitativa-mente integrato”, una linea di confine precisa aprova di polemiche e “furbetti”. In questo senso il rischio è costituito, a fronte di unasalutare limitazione della quota dei gas climalteranti,dalla possibilità di fare il pieno di ulteriori bruttureper le nostre città, rischiando di potenziare, ancorauna volta, elementi di “discontinuità urbana”.

suppone, da un punto di vista progettuale, due ele-menti basilari. Da una parte la costruzione edile sitrasforma in un’operazione di vera e propria indu-strializzazione. Dalle prime esperienze della secondametà dell’Ottocento, infatti, quando la standardizza-zione presupponeva la semplice ripetizione dei sin-goli componenti edili, si è passati alla realizzazionedi sistemi più complessi con veri e propri componen-ti prefabbricati, fino ad arrivare a sistemi industrialiintegrati che presuppongono un alto contenuto tec-nologico. Dall’altra il progetto si basa su una meto-dologia sistematica che sintetizza tutte le compo-nenti tecnologiche dell’intervento. In tal modo tutti iproblemi legati all’organizzazione dello spazio, leprestazioni strutturali e le esigenze impiantistichedebbono essere affrontati in modo simultaneo enell’ambito di ogni fase progettuale. Ciò sta rivolu-zionando radicalmente la logica della progettazioneconvenzionale attraverso la ricerca di una nuovametodologia di progettazione che, basandosi sullaconoscenza delle singole discipline settoriali, consen-ta di affrontare, in modo interattivo e approfondito,l’intero iter progettuale. La diffusione dell’informa-tizzazione e, più recentemente, dell’automazione,ha fatto sì che le prestazioni richieste a un edificiosiano sempre più specifiche e avanzate. La stessaidentità dell’edificio, rispetto ai canoni convenzionaliche lo associano esclusivamente alla sua destinazio-ne d’uso, risulta superata. Rispetto agli altri prodottiindustriali, l’involucro architettonico deve confron-tarsi inoltre con problematiche più ampie comequelle energetiche e ambientali. Tutto ciò attual-mente ha portato, almeno nei casi di edifici conimportanti valenze architettoniche, a un lavoro mol-to specialistico di gruppi interdisciplinari che realizza-no fasi progettuali con livelli di complessità organiz-zativa e di efficienza tali da consentire il confrontotra l’edificio e i prodotti di pura tecnologia avanzata.Un elemento significativo per la comprensione dellanuova filosofia progettuale è confermato dalla piani-ficazione della sua vita “economica”: essendo l’edi-ficio divenuto un prodotto industriale, paragonabilea un’automobile o a un frigorifero, anche per essosarà pianificata la demolizione e il riciclo, laddovepossibile, dei suoi materiali. La strada che abbiamo iniziato a percorrere è indub-biamente quella giusta, ma in ripida salita. Apparesempre più urgente, quindi, la definizione di stru-menti, unici e a scala nazionale, che definiscano,attraverso una metodica comparativa, i numerosiparametri che concorrono a determinare il livello disostenibilità dell’edificio e della sua integrazione nelcontesto urbano. Un percorso indispensabile perregalare alle future generazioni, oltre a un’aria piùpulita, città più vivibili. E noi questo ci auguriamo.

*Mauro Spagnolo, architetto e giornali-sta pubblicista, è nato a Roma nel 1957.Progettista di architetture legate al rispar-mio energetico e all’utilizzo di energia dafonte rinnovabile, dal 1983 collabora conperiodici e riviste di architettura, pubbli-cando numerosi articoli scientifici. Suoi ilibri: L’integrazione dei sistemi fotovoltai-ci nell’edilizia e nelle infrastrutture urba-ne edito nel 1999 da ENEA-Ministerodell’Ambiente e Ministero dell’Industria, ilSole nella città edito nel 2002 da FrancoMuzzio Editore, ed Efficienza energeticanella progettazione edito da Dei nell’ot-tobre 2007. Nel 2001 ha vinto il concor-so per “l’alta valenza architettonica peredifici fotovoltaici” indetto dal Ministerodell’Ambiente con la copertura solaredelle tribune dello stadio di TrevignanoRomano. È coordinatore scientifico di varicorsi di formazione nell’ambito di ISESItalia, è stato docente di “Impianti e com-patibilità ambientale” presso la facoltà diArchitettura Valle Giulia dell’Università“La Sapienza” di Roma ed è docente inmaster di 2° livello presso numerosefacoltà di Architettura e di Ingegneria. È ilcoordinatore scientifico del Corso di AltaFormazione in Efficienza Energetica negliEdifici presso il Dipartimento diMeccanica e Aeronautica della facoltà diIngegneria a La Sapienza. Attualmente èil direttore responsabile del quotidianotelematico rinnovabili.it.

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At last, after two decades of unheard appealsfrom scanty niches of “experts” and researchers,even Italy now believes that buildings play a

part in the woeful phenomenon of climate change. Indeed the building industry, during all the variousphases in its lifecycle, has anything but a negligible roleto play accounting for at least 40% of global emissions.This new found “social” awareness has come aboutquite some time after most other historical EU coun-tries. But Italy is an extraordinary country and, thanksabove all to European Directives which have “imposed”some changes, National Laws (although unlikely to beenforced in the short term due to a lack ofImplementary Decrees), and a hoard of Regional andProvincial Regulations and Municipal Building Rules, wehave suddenly discovered there is a very delicate bal-ance between energy and building and that much ofour planet’s future and the quality of life of our chil-dren depends on it. Thanks to this sudden accelerationin the whole issue, something very congenial to usItalians, we now realize that “energy saving in build-ings” is key topic for political platforms, pledges byPublic Authorities, newspaper forums and TV programs.Better late than never, it might be said. But not all thatglitters is gold. In light of this eagerly awaited speeding up in the racefor energy efficiency, two critical issues need to bepointed out, perhaps less familiar because they arerarely mentioned in the media, but which in our opin-ion must be given very careful consideration. The first is the lack of any unitary national policy torefer to. During this period of great confusion, duringwhich, for instance, the need for Energy Certification is“buffered” by an extremely vague certification “require-ment”, whose absence from implementary decrees(Legislative Decree nos. 192 and 311) provides room forunderstandable autonomous initiatives on the part ofRegional Councils, which have the option of directlyimplementing the European Directive, with the result,however, that we will soon have twenty different setsof regulations around Italy. Regional Councils have thispower and it would appear that, one after the other,they intend to exercise it. And they are entitled to doso. A kind of energy federalism which might lead toeven more chaos and slow down the development ofan industry, which, moreover, is already hampered bynumerous problems. And the ANCE, NationalAssociation of Building Constructors, is well aware ofthis and has been pointing it out to the highest politicalauthorities for months now. But despite its authority inthis field, the Ministry for Economic Development keepson putting up a rubber wall and postponing the dead-lines frequently being set by the eagerly awaited imple-mentary decrees. The other critical issue concerns thelack of firm guidelines concerning the need to intro-duce new technology into the building industry, whichlies at the very foundations of energy efficiency. This

approach might result in the creation of ugly buildingcreations quite insensitive to the linguistic requirementsof the context in which they are to be located. This issue is not usually examined in any great depthbecause—perhaps understandably—environmentalpolicies and the policies of public authorities are almostentirely directed at the quantitative (and not qualitative)development of new plants and systems. Faced withthe inevitable and much desired diffusion of this kind oftechnology in the building industry, there is a genuinerisk that it might be applied indiscriminately withoutany definite rules or regulations determining, in termsof urban quality, any constraints on architectural lan-guage. This means that the great gamble on energysaving and efficiency in building will only be a success ifthere is an integrated and often interactive resorting tothe range of technology and design methods formingthe boundless realm of sustainable building. We aretalking, for example, about the kind of technology,which allows us to exploit the temperature differencebetween the atmosphere and subsoil—so called geot-hermal power—allowing heating or cooling dependingon requirements and the time of year; about extraordi-nary co- and tri-generation technology, which by simplyrecovering the heat energy given off in various ways bya boiler can generate heat or cold; about all thosenumerous bio-climatic devices incorporated in buildingshells, such as sun-screening, ventilated walls or roofs,insulation systems, high performance heat resistantglass or fixtures; about domotics and high energy effi-ciency utilizers or even futuristic combustible cell build-ing applications. In actual fact the idea of architectural integration, par-ticularly as regards photovoltaic technology, is now tak-en into account in almost all national, regional andmunicipal building regulations, incorporating bothfinancial incentives and bonuses in terms of cubage.But none of these regulations contain “definite” andindisputable guidelines about what is meant by a “highquality integrated system”, a very definite boundarywhich cannot be called into question or sidestepped by“little rogues”. In the face of healthy constraints on the amount ofemissions of climate-altering gases, the risk here lies inthe possibility of a mass of ugly new constructionsappearing in our cities, which once again are likely tofoster even more “urban discontinuity”. The problem cannot be solved by simply attempting tosuperimpose energy-related technology on buildings or,worse still, concealing it away inside building structures.What we actually need to do is bring out all their inher-ent stylistic and technological potential, even by basingdesign languages around energy. Hence the need forvery close bonds between technology and building. I am convinced that this could result in some interest-ing architectural features to supplement energy fac-tors. The problem lies in “inventing” a new architectur-

al language to provide a benchmark for incorporatingenergy-related technology in the various features ofour cities, such as buildings, infrastructures and urbanfurbishing. For example, I believe that photovoltaictechnology could soon be transformed, if suitably inte-grated, into a stylistic feature capable of enhancingarchitecture, just as steel, concrete, glass and aluminumdid at various times in the past. The world energy situa-tion means that this building “revolution” will, veryshortly, be inevitable. All architectural designers and theentire building industry will have to either directly orindirectly face up to this state of affairs, as will ourpoliticians and public administrations. This is a changewhich will deeply affect every level of the buildingprocess. Perhaps the most obvious transformation willcome from the advent of active, photovoltaic and ther-mal solar power. From a more strictly design viewpoint, incorporatingphotovoltaic technology requires, compared to merelyplacing modules on buildings, a more in-depth studyinto construction details and greater attention to con-structing and assembling the individual components. Inactual fact, the latter entail a combination of structuraland electrical requirements which must not be allowedto get in each other’s way. Once the technical require-ments have been guaranteed, photovoltaic integrationwill allow architects maximum stylistic freedom in theirdesign work: the photovoltaic components may beeither made to stand out or concealed, providing, aswe have already said, new opportunities in terms ofarchitectural and technological languages. Systematic research into the application of new tech-nology, materials and operating processes is turningbuilding construction into a standardized industrialmanufacturing process. The buildings most frequentlyinvolved in this kind of research are those connectedwith the services sector, transport systems and newurban functions. Examples include multi-story buildings,railway stations and airports, as well as big structuresdesigned for hosting exhibitions or those catering formajor retail distribution.This new identity for building technology assumes twobasic considerations from a design viewpoint. On onehand, building construction turns into a genuineprocess of industrialization. From the initial experimentsin the latter half of the 19th century, when standardiza-tion assumed the simple repetition of individual build-ing components, we have moved on to the construc-tion of more complex systems involving authentic pre-fabricated components and now have even developedintegrated industrial systems calling for a high degreeof technology. On the other hand, design is based on asystematic method incorporating all the various techno-logical components of a project. In this way all theproblems connected with spatial organization, structur-al efficiency and plant-engineering demands must betackled simultaneously at every stage in the design

process. This is radically revolutionizing the very logic ofconventional design through research into new designmethods, which, based on the know-how involved inthe various individual disciplines in this sector, enablesthe entire design process to be tackled on an interactiveand in-depth basis. The spread of computer technology and, more recently,of automation means that buildings are now expectedto serve increasingly specific, cutting edge purposes.Conventional guidelines associating a building’s identityexclusively with its practical purpose are now outdatedand superseded. Compared to other industrial prod-ucts, an architectural shell must also come to termswith much broader issues, such as energy and the envi-ronment. At least in the case of buildings of notablearchitectural worth, this is currently resulting in muchmore specialist work carried out by interdisciplinaryteams working on various design processes which areso organizationally complex and efficient that buildingsmay now even be compared to the products of purecutting-edge technology. An important factor in under-standing this new philosophy of design is the way itseconomic life is planned for: since a building is now anindustrial product comparable to a car or fridge, itsdemolition and the recycling of its materials must alsobe provided for where possible. We are unquestionably on the right path, but it is avery steep climb. There is seemingly an increasinglyurgent demand for the development of unique, nation-al scale tools for drawing up (based on a comparativemethod) all the various parameters combining to deter-mine the level of sustainability of a building and how itis integrated in its urban context. This is the only waywe will be able to provide future generations with notjust cleaner air but also more livable cities. And this iswhat we are certainly hoping for.

* Mauro Spagnolo, an architect and publicist-journalist, was born inRome in 1957. He has designed works of architecture connectedwith energy-saving and the use of renewable energy sources and hasbeen working with architecture magazines and journals, publishingplenty of scientific articles, since 1983. He has also written the fol-lowing books: L’integrazione dei sistemi fotovoltaici nell’edilizia enelle infrastrutture urbane published in 1999 by ENEA-ItalianMinistry of the Environment and Ministry of Industry, and Sole nellacittà published in 2002 by Franco Muzzio Publishing House, andEfficienza energetica nella progettazione published by Dei in October2007. In 2001 he won the competition “for high architectural valuesin photovoltaic buildings” organized by the Italian Ministry of theEnvironment with his solar roof for covering the stands ofTrevignano Romano stadium. He is the scientific coordinator of vari-ous training courses run by ISES Italia; he used to teach “Systems andEnvironmental Compatibil ity” in the Valle Giulia Faculty ofArchitecture at “La Sapienza” University in Rome and is currently aProfessor at various advanced Postgraduate Schools of Architectureand Engineering. He is the Scientific Coordinator of the PostgraduateVocational Training Course in Energy Efficient Buildings at theDepartment of Mechanics and Aeronautics at “La Sapienza” Facultyof Engineering. He is also the chief editor of the on-line daily papercalled rinnovabili.it.

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Una crescita verticaleA Vertical Growth

Kuala Lumpur, Business & Advanced Technology Center – Singapore, Editt Tower – Londra, Bishopsgate Towers – Francoforte, MAX TowerKuala Lumpur, Business & Advanced Technology Center –Singapore, Editt Tower – London, Bishopsgate Towers – Frankfurt, MAX Tower

Progetti di T.R. Hamzah & Yeang InternationalProjects by T.R. Hamzah & Yeang International

Il grattacielo, una sorta di città nella città, rappresenta latipologia architettonica più interessata alle problemati-che legate alla gestione responsabile dell’energia. Lo svi-

luppo in altezza, pone in primo piano il rapporto con il cli-ma: la diversificazione delle quote presuppone diversegestioni della temperatura in ogni ambiente. In tal senso,la progettazione deve necessariamente partire da un’at-tenta analisi degli aspetti bioclimatici. Strutture estrema-mente complesse come le grandi torri urbane sono quindimacchine che dovrebbero interagire con l’ambiente attra-verso bassi consumi per non gravare sulla quantità ener-getica disponibile. La ricerca progettuale sviluppata dallo studio T.R. Hamzah& Yeang vede tra le sperimentazioni più eclatanti l’EdittTower, esempio di una città verticale in grado di prevede-re tutti gli aspetti della salvaguardia dell’ambiente e dellagestione eco-sostenibile delle risorse energetiche. Destinata ad accogliere attività terziarie, l’Editt Tower è untipo di progettazione integrata non solo per la presenza didispositivi di riduzione dei consumi, ma anche per l’indivi-duazione delle qualità ambientali preposte a riequilibrareil rapporto fra ambiente naturale e spazi urbani fortemen-te caratterizzati da un’altissima densità abitativa. Altro progetto ideato dallo studio il BATC – Business &Advanced Technology Center – un complesso che inte-gra più funzioni, costituito da una torre alta sessanta pianicon accanto cinque torri composte di trenta piani ciascu-na. Il complesso edilizio è connesso a piazze, percorsi

pedonali e a strade destinate al traffico motorizzato e nelsottosuolo c’è anche una metropolitana. Nell’area fuori-terra sono inoltre previsti giardini, terrazze riccamentepiantumate e corti aperte. La qualità degli spazi interni èassicurata da un sofisticato sistema computerizzato. Infine, il progetto delle Bishopsgate Towers che puntasulla completa autonomia del nuovo insediamento. Sitratta di una vera e propria città verticale attuata attra-verso una serie di funzionali collegamenti fra gli elementicostituenti il complesso urbano. La nuova unità è compo-sta da tre torri a uso polifunzionale di cui due alte ses-santacinque piani e una alta cinquanta piani. Le torridispongono di sistemi attivi e passivi per il controllo del-l’energia. Il tutto è inserito in spazi caratterizzati da giar-dini pensili e corti interne. Le Bishopsgate Towers sonoun riuscito esempio di architettura sostenibile, poichécomposta da materiali potenzialmente riutilizzabili o rici-clabili. L’insufficiente presenza di verde urbano che caratterizzala zona destinata alla MAX Tower ha indotto i progettistia prevedere la presenza di alcuni giardini pensili. Alta cin-quanta piani, la torre occupa una superficie di circanovantamila metri quadrati e comprende una sorta dispirale vegetale che inizia dal piano strada e arriva finoalla sommità del complesso, creando così una sorta dieco-sistema permanente che, coadiuvato da griglie fran-gisole e vetrate speciali, permette la gestione ottimaledelle condizioni climatiche degli spazi interni.

Business & AdvancedTechnology Center,Kuala Lumpur.Complesso formato dauna torre principale alta60 piani e da cinque torridi 30 piani ciascuna.Pagina a fianco,particolare di una torre.

Business & AdvancedTechnology Center,Kuala Lumpur. Complexcomposed of a main 60-story tower and five30-story towers.Opposite page, detail of a tower.

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T he skyscraper, a sort of city within the city, isthe kind of architectural design most carefullygeared to issues related to the responsible man-

agement of energy. Vertical elevation focuses on rela-tions with the climate: different heights call for differ-ent means of handling temperature at the various lev-els. In this sense, design must necessarily begin with acareful study of bio-climatic factors. Extremely intri-cate structures like big urban towers are machineswhich ought to interact with the environmentthrough low consumption levels, so as not to depletethe available energy resources. Of the various projectsdesigned by T.R. Hamzah & Yeang, Editt Tower is per-haps the most striking example of a vertical city capa-ble of handling every single aspect of safeguardingthe environment and managing energy resources inan eco-sustainable way.This makes Editt Tower an example of design which isintegrated not just through the presence of devices toreduce consumption, but also by incorporating environ-mental features designed to balance out relationsbetween the natural environment and urban spaceswith extremely high population densities.Another project designed by the firm is the BATC—Business & Advanced Technology Center—a complexincorporating various functions, composed of a 60-storytower with five 30-story towers along side it. The build-ing complex is connected to squares, pedestrian pathsand roads for much of vehicles, and there is even anunderground line running through the basement. Theaboveground area is also planned to be furbished withgardens, richly landscaped terraces and open court-yards. The quality of the interiors is guaranteed by asophisticated computerized system. Finally, the Bishopsgate Towers project focuses onbeing totally autonomous and self-contained. This is anauthentic vertical city composed of a set of functionallinks between the urban complex’s constituent ele-ments. The new unit is composed of three multipur-pose towers, two of which are 65 stories tall and theother 50 stories high. The towers are fitted with activeand passive energy-control systems. Everything is incor-porated in spaces featuring hanging gardens and inter-nal courtyards. Bishopsgate Towers are a successfulexample of sustainable architecture, since they are builtout of potentially reusable or recyclable materials.The lack of inner-city landscaping in the area whereMAX Tower is planned to be built encouraged thearchitects to introduce some terraced gardens. Fifty sto-ries high, the tower covers an area of approximately90.000 m2 and encompasses a sort of vegetable spiral,which starts at street level and rises up to the very topof the complex, thereby creating a sort of permanentecosystem, which, with the aid of sunscreens and spe-cial glass panels, allows optimum management of theclimatic conditions inside the interior spaces.

In queste pagine, la EdittTower di Singapore,progettata per l’area traWaterloo Road e VictoriaStreet.

These pages, EdittTower, Singapore,designed for the areabetween Waterloo Roadand Victoria Street.

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Viaggio al centro della TerraJourney to the Center of the Earth

Saint-Ours-les Roches, Vulcania, parco europeo del vulcanismoSaint-Ours-les Roches, Vulcania, European Volcano ParkProgetto di Hans HolleinProject by Hans Hollein

Emerso con forza e autonomia poetica sulla scenadell’architettura internazionale durante la stagioneposmodernista, Hans Hollein con questo importan-

te lavoro conferma la sua visione “magico-classicista”dell’architettura.Nella sua accezione simbolica, Vulcania è il simulacro diuna straordinaria fabbrica del fuoco, evocatrice di ener-gia geotermica, dunque energia pulita (a costo contenu-to) e soprattutto rinnovabile. Vulcania più assimilabile almito latino di Vulcano piuttosto che a quello greco diEfesto, divinità metallurgica dell’Olimpo: gli antichiRomani solevano, infatti, riunirsi nel tempio dedicato aVulcano per prendere importanti decisioni relative aidestini della Repubblica. Un atteggiamento “politico” incui il mito sconfina nel sociale. Non lontano da Clermond-Ferrand, Vulcania sorge sullacatena dei Puys, territorio collinare dell’Alvernia di origi-ne vulcanica. Felice sintesi fra attrazione turistica e luogodi conoscenza delle scienze della Terra, il complessonasce da un’idea dell’ex presidente francese ValéryGiscard d’Estaing. L’iniziativa trovò sostegno politico efinanziamenti da parte di varie istituzioni come ilConsiglio regionale dell’Alvernia, il Governo francese el’Unione europea. Cullato da oltre dieci anni il desiderio di confrontarsicon un progetto ipogeo, Vulcania è stato per Holleinla realizzazione di un sogno, rimasto in sospeso quan-do non andò in porto la sua proposta di creare sotto il

livello del suolo il Museo Guggenheim di Salisburgo. L’intervento è frutto di un progetto multidisciplinare:oltre a Hans Hollein, vi hanno lavorato l’architetto pae-saggista Gilles Clément, Atelier 4 e lo scenografoRainer Verbizh. Il linguaggio di Hollein punta sull’emozione, sulla teatra-lità dell’evento architettonico, sull’enfatizzazione forma-le. In questo caso, il vulcano diviene il suo proprio arche-tipo geometrico attraverso un grande e affusolato conodi oltre venti metri, rivestito di pietra basaltica. Al suointerno un rivestimento di metallo dorato trasmette versoil basso la luce diurna mentre nelle ore notturne un sug-gestivo fascio di luce prodotta artificialmente penetranella profondità dello scavo. Insomma, fra la Natura e l’architettura lo scambio è piùche evidente. Hollein ha inoltre realizzato alcune struttu-re, per esempio la lunga rampa che conduce in quota,impiegando il materiale di scavo. Il viaggio al centro dellaTerra che il visitatore è invitato a intraprendere ha il suopunto di maggiore emozione allorquando attraversa lazona dove intravede la massa magmatica incandescente,ovviamente simulata per ragioni di sicurezza. Un effettospeciale che evidenzia la matrice “barocca” di un archi-tetto contemporaneo che, in un qualche modo, si ispiraai grandi maestri del passato per rinverdire antiche sug-gestioni e raccontare all’uomo del presente l’affascinantemistero dei fenomeni legati all’esistenza e ai processi diformazione della Terra.

ENERGIA ENERGY

Dettaglio prospettico del complesso e, paginaa fianco, atrio centraledove la luce diurnapenetra dal cratere fuori terra.

Perspective detail of the complex and,opposite page, thecentral lobby wheredaytime light flows in through the craterabove ground level.

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Hans Hollein, who emerged with great forceand stylistic autonomy on the internationalarchitectural scene during the postmodernist

period, confirms his “magical-classicist” vision withthis significant work of architecture. Viewed symbolically, Vulcania is a simulacrum of anincredible factory of fire, evoking geothermal energyand hence clean and, above all, renewable energy (ata reasonable price). Vulcania calls to mind the Latinmyth of Vulcan or the Greek metallurgical godHephaestus. Indeed, the ancient Romans used tocongregate in the temple devoted to Vulcan to makeimportant decisions concerning the fate of theRepublic. A “political” approach in which myth bor-ders on social issues. Not far from Clermond-Ferrand, Vulcania standsalong the Chaîne des Puys in the hilly region ofAuvergne of volcanic origin. A successful combina-tion of tourist attraction and geoscientific investiga-tions, the complex was the pet project of the formerFrench President, Valéry Giscard d’Estaing. The pro-ject found political support and financial backingfrom various institutions, such as the AuvergneRegional Council, the French Government and theEuropean Union. After toying for over 10 years with the idea of takingon an underground project, Vulcania is Hollein’sdream come true, a dream that remained unfulfilledwhen his idea to create the Salzburg GuggenheimMuseum underground was never carried out. The design is the result of a multidisciplinary project:Hans Hollein worked with the landscape architectGilles Clément, Atelier 4 and the scenographerRainer Verbizh. Hollein’s design idiom focuses on emotion, the the-atrical nature of an architectural event, and stylisticemphasis. In this case, the volcano turns into its owngeometric archetype through a large tapering coneover twenty meters in size, covered with basaltstone. A gilt metal coating on the inside conveysdaytime light downwards, while at night-time a strik-ing beam of artificial light penetrates down into thedepths of the excavation. Nature and architecture interact in a most evidentway. Hollein has also designed some structures, forexample the long upward ramp, using excavationmaterial. The journey to the center of the Earthwhich visitors are invited to undertake has its mostemotional point when you cross the section provid-ing glimpses of an incandescent mass of magma(simulated for obvious safety reasons). A special effecthighlighting the “baroque” matrix of a modern-dayarchitect, who, in some way, is inspired by the greatmasters of the past, so as to bring ancient ideas backto life and tell modern-day people about the fascinat-ing mystery of phenomena linked with the existenceof the Earth and its formation process.

Veduta dal bassodell’interno del cratere.

A view from below ofthe inside of the crater.

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Pianta e dettaglio dellaparete del cratere.

Plan and detail of thecrater wall.

Dall’alto, spaccatoprospettico, vistadell’ingresso, pianta del piano terra e alcuniparticolari degli spaziinterni.

From top, perspectivecutaway, view of theentrance, plan of theground floor, and detailsof the interiors.

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Dettagli degli spazi ipogeie viste della grande serra.

Details of theunderground spaces and views of the largeglasshouse.

Alcuni particolari cherivelano la complessaconfigurazionealtimetrica dell’insieme.

Features revealing theintricate altimetric layoutof the entire structure.

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La giustizia ha il vento in poppaJustice Has the Wind in Its Sails

Anversa, Palazzo di GiustiziaAntwerp, Law CourtsProgetto di Richard Rogers Partnership – VK StudioProject by Richard Rogers Partnership – VK Studio

Sin dalla scoperta del vetro, l’architettura ha pun-tato sulla trasparenza quale elemento di moder-nità. L’evoluzione tecnologica nata con le istanze

del Razionalismo ha permesso, sin dagli anni Venti, larealizzazione di grandi superfici vetrate. Ora gli edificipotrebbero essere quasi interamente costruiti in vetro.Il progetto per il nuovo Palazzo di Giustizia di Anversapunta su due obiettivi: grandi superfici trasparenticome significato simbolico di una giustizia che si vor-rebbe cristallina verso i cittadini e una straordinariaforma quale valore aggiunto in uno spazio urbanocome scenario di importanti eventi architettonici.Situata sulla riva destra del fiume Schelda, a circanovanta chilometri dal mare, Anversa, città belga ubi-cata nella regione delle Fiandre, grazie al suo impor-tante porto fluviale è città di antiche tradizioni mari-nare. Le grandi vele della copertura non sono peròsolo facile trasfigurazione simbolica dedicata alla nau-tica bensì soluzione destinata a favorire risparmioenergetico e sostenibilità ambientale. L’accentuataverticalità e l’inclinazione delle vele permette maggio-re sfruttamento dei raggi solari, sia per l’illuminazionediurna sia per climatizzare naturalmente gli ambienti.

Nel periodo estivo, le prestazioni di controllo solaredelle vetrate (prodotte in uno speciale vetro stratifica-to), contribuiscono in modo efficace all’azione di con-dizionamento degli spazi interni, mentre d’inverno ilvetro “basso-emissivo” garantisce un soddisfacenteisolamento termico. La copertura è stata costruita con tecnologia navale,all’interno di un cantiere posto nelle vicinanze delloSchelda. Una volta ultimati, tutti gli elementi sonostati trasportati in loco per mezzo di una grandenave. Le “vele” non sono tutte grandi uguali, quellepiù alte, di ventiquattro metri, corrispondono alle seiampie aule di udienza; quelle minori, alte undicimetri, sono invece in corrispondenza di ventisei pic-cole aule destinate alle procedure veloci. Il comples-so, composto di un piano interrato più cinque pianifuori terra, ha una superficie totale di circa 78 metriquadrati. Di particolare pregio compositivo, la struttu-ra d’acciaio e legno crea all’interno degli ambientiuna trama reticolare che ritaglia il cielo, dividendoloin tanti spicchi dando al tutto un ordine geometrico,simbolo di una giustizia cristallina a garanzia diequità e giustizia. Il Palazzo di Giustizia come luogooltre la sua funzione istituzionale: ampio come unapiazza coperta, offre spazi d’aggregazione e ristoroattraverso percorsi pubblici, una caffetteria e un luo-go di particolare suggestione come la “Salle des PasPerdus”, grande hall rivestita di vetro da cui s’irradial’intradosso della copertura.

ENERGIA ENERGY

Schizzo di progettoe schema dell’angolod’incidenza dei raggi solari. Pagina a fianco, dettagliodelle “vele” dellacopertura.

Project sketches and diagram of solarincidence angles. Opposite page, detail of the roof “sails”.

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E ver since the discovery of glass, architecture hasfocused on transparency as a vehicle of moder-nity. Ever since the 1920s, technological devel-

opments deriving from the demands of Rationalismhave allowed the construction of wide glass surfaces.Nowadays buildings could be made almost entirelyout of glass. The project for new Law Courts inAntwerp has two main targets: wide glass surfaces tosymbolize the kind of clear-cut justice people deserve,and a striking form as that something extra in anurban space hosting major architectural events.Situated along the right bank of the River Scheldt,about 90 km from the sea, Antwerp, a Belgian city inthe Flanders region, has a long maritime tradition dueto its important river port. The large sails forming theroof are not just a rather facile symbolic transfigura-tion of the sailing world, but a design solution to helpsave energy and guarantee environmental sustainabili-ty. The accentuated verticality and sloping angle ofthe sails allows sunlight to be exploited more effec-tively, both for daytime lighting and for a naturalclimatization of all premises. During summer the effectiveness of the glass windows(made of a special stratified glass) in controlling sunlight

provides an invaluable contribution to air-conditioningthe interiors, while in winter the “low-emission” glassguarantees satisfactory heat insulation. The roof was constructed using shipbuilding technolo-gy at a yard nearby the River Scheldt. Once completed,all the various elements were transported to the site ona large ship. The “sails” are not all the same size, thetaller ones measuring twenty-four meters correspondto the six spacious court rooms; the smaller ones,eleven meters high, correspond to the twenty-six smallchambers used for fast procedures. The complex, com-posed of an underground level plus five levels aboveground, covers a total surface area of approximately78 m2. The steel and wood structure of the interiorsfeatures a striking design characterized by a reticularpattern framing the sky in fragmented segments toinstill an overall sense of geometric order, thus symbol-izing clear-cut justice as a guarantee of fair treatmentfor all. The Law Courts as more than just a piece ofinstitutional machinery: as spacious as a covered plaza,they provide social and recreational spaces along thepublic pathways, including a cafeteria and a strikingplace like the “Salle des Pas Perdus”, a large glass-coatedhall from which the roof’s intrados spreads out.

Piante del livello dellahall “Salles des PasPerdus” e del livellodelle aule di udienza.Pagina a fianco, schizzodi progetto e vedutacomplessiva del Palazzodi Giustizia.

Plans of the “Salles desPas Perdus” hall leveland court rooms level. Opposite page, projectsketch and overall viewof the Law Courts.

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In queste pagine, studiostrutturale dellacomplessa membranadella copertura erapporto fra contestourbano e nuovoinsediamento.

These pages, structuralstudy of the intricate roofmembrane and the newsettlement in its urbansetting.

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Intradosso dellacopertura a “vele” e prospetto principale. Pagina a fianco, dettaglidella configurazione dellacopertura e dello spaziointerno caratterizzatodalle strutture in acciaiocon diverse colorazionidestinate a delimitare le varie aree funzionalidel Palazzo di Giustizia.

Intrados of the “sails”roof and main elevation. Opposite page, details ofthe large roof layout andinteriors featuringdifferent-colored steelstructures designed to mark the variousfunctional areas of the Law Courts.

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M’illumino di bianca luceLit with Whiteness

Bergamo, ITC Lab ItalcementiBergamo, ITC Lab ItalcementiProgetto di Richard Meier & Partners ArchitectsProject by Richard Meier & Partners Architects

ITC Lab, un “cuore di cristallo” che batte nel corpodel Kilometro Rosso, Parco Scientifico Tecnologicosull’autostrada Venezia-Milano. ITC Lab è realizzato

in cemento bianco TX Aria® a base di TX Active®, prin-cipio fotocatalitico brevettato da Italcementi. È unasostanza per prodotti cementizi in grado di abbatteregli inquinanti organici e inorganici presenti nell’aria.TX Active® è un prodotto già utilizzato da RichardMeier in occasione della realizzazione della chiesaDives in Misericordia, costruita a Roma nel 2003. ITC Lab vuole essere la coerente risposta di ItalcementiGroup alle problematiche della tutela dell’ambiente. Ilnuovo edificio accoglie laboratori di ricerca, uffici, unabiblioteca scientifica. Nell’ala est sono presenti inoltreuna caffetteria e spazi di aggregazione. La struttura, su una superficie di undicimila metriquadrati, di cui settemilacinquecento dedicati ai labo-ratori di ricerca, accoglie circa tremila persone distri-buite secondo gruppi multidisciplinari di società priva-te ed enti pubblici. Una sorta di network attraverso ilquale Italcementi Group avrà l’opportunità di con-frontarsi con realtà internazionali rappresentate daimportanti centri di ricerca e istituti universitari fran-cesi, americani e anche, prossimamente, indiani, concui ha già intrecciato rapporti attraverso il CTG

Centro Tecnico di Gruppo. Il complesso progettato daMeier è – pur mantenendo una sua cristallina autono-mia formale rispetto al Kilometro Rosso progettato daJean Nouvel – in sintonia con la filosofia on the roadvoluta dall’architetto francese. Si tratta di un’operapiuttosto inedita rispetto all’immaginario meieriano,architetto americano eccellente continuatore dellapoetica lecorbusieriana di “quando le cattedrali eranobianche”.Planimetricamente configurata a “V”, la pianta dell’e-dificio scandisce con forza la sua vettorialità, in sinto-nia con la barriera del Kilometro Rosso concepita comeformalizzazione di un’ideale scia rossa, un effetto“retinico” di indubbia suggestione. Sul piano eco-sostenibile, ITC Lab (acronimo di: Innovation andTechnology Central Laboratory) è una “macchina” cheproduce buona parte dell’energia che consuma graziea una serie di collaudati sistemi come i pannelli foto-voltaici, fissati sulla copertura che, convertendo l’irrag-giamento solare, producono energia elettrica. Vi sonoinoltre alcuni pannelli solari per alimentare l’impiantodi riscaldamento. Un ulteriore contributo al risparmioenergetico è assicurato dalla presenza di un dispositivogeotermico che sfrutta l’energia solare accumulata nelsuolo e negli strati profondi del terreno.

ENERGIA ENERGY

Rendering dell’ITC Lab,una struttura che occupacirca 11.000 mq.Il complesso è in grado di accogliere circa 3.000persone in gruppi distudio multidisciplinari. Pagina a fianco,il plastico.

Rendering of the ITC Lab,a structure coveringapproximately 11,000 m2.The complex canaccommodateapproximately 3,000people formingmultidisciplinary study groups.Opposite page, project model.

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5958 I TC Lab, a “heart of glass” in the body of theKilometro Rosso, a Science & Technology Parkalong the Venice-Milan freeway. ITC Lab is built in

TX Aria® white cement, based on Italcementi’spatented TX Active® photocatalytic principle. Thismaterial, applied to cement-based products, canreduce organic and inorganic pollutants that are pre-sent in the air. TX Active® has already been used byRichard Meier to build the Dives in Misericordiachurch in Rome in 2003. ITC Lab wants to be the Italcementi Group’s consis-tent response to environmental issues. The newbuilding houses research laboratories, offices and ascience library. The east wing also contains a cafete-ria and congregation spaces. The facility, covering asurface of around 11,000 m2 (7,500 of which usedfor research laboratories), accommodates approxi-mately 3,000 people divided into multidisciplinaryteams from private companies and public bodies. The ITC Lab will provide the Italcementi Group anexcellent opportunity to develop contacts and net-work with international enterprises, such as French,American and, in the near future, also Indianresearch centers and university institutes, with whichit has already set up close working relationshipsthrough the CTG Group Technical Center. The com-plex designed by Meier is—despite being stylisticallycompletely separate from the Kilometro Rossodesigned by Jean Nouvel—in perfect synch with theon-the-road philosophy which inspired the Frencharchitect. In many ways this design is quite different from therest of the work by this American architect, who hasbeen a wonderful continuer of Le Corbusier’s poeticsof “when cathedrals were white”. Shaped like a “V”, the building plan powerfully pro-jects its vectorial lines in tune with the barrier of theKilometro Rosso which is designed to be a stylisticrepresentation of an ideal red track, a “retinal” effectof striking force. On an eco-sustainability level, ITC Lab (an acronymfor: Innovation and Technology Central Laboratory) isa “machine” generating most of the energy it usesfrom a set of well-tested systems, such as the photo-voltaic panels, fitted on the roof, which produceelectricity from solar radiation. It is also equippedwith a number of solar panels to supply the heatingdemands of the building. A further contribution to energy-saving comes fromthe use of a geothermal device exploiting the solarenergy accumulating in the ground and in the deep-est layers of the soil.

Studi di fattibilità e dettagli del plastico.Planimetricamenteconfigurata a “V”, la pianta dell’edificioscandisce con forza la sua vettorialità.

Feasibility studies anddetails of the projectmodel. The V-shapedbuilding base sets out its vector force with great power.

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L’atomo nella sua formaThe Atom in Its Form

Saclay, Commissione per l’energia atomica (CEA)Saclay, Atomic Energy Commission (CEA)Progetto di Claude VasconiProject by Claude Vasconi

La nuova sede CEA sorge a Saclay, comune di circatremila abitanti, situato nel dipartimentodell’Essonne, nella regione dell’Île-de-France. La

CEA, attiva nei settori dell’energia, delle tecnologieinformatiche e mediche, e della sicurezza e difesanazionale, è presente su tutto il territorio francese connove grandi centri di ricerca. Il complesso di Saclay è unpolo scientifico e tecnologico di eccellenza tra i piùimportanti di Francia. Ospita numerosi laboratori diricerca tra cui il centro di ricerche in neurodiagnosticaNeuroSpin (Direzione delle Scienze del Vivente dellaCEA) progettato dallo stesso Claude Vasconi e inaugu-rato di recente. Linee semplici, volumetria elementarema non priva di quell’eleganza formale presente in tut-te le opere di Claude Vasconi. Sul piano compositivo, ilcomplesso è suddiviso in due blocchi formanti un insie-me modulato su un impianto planimetrico semicurvili-neo. Probabilmente, nelle sue intenzioni progettuali,Vasconi intendeva comporre un puzzle formato diframmenti di grandi figure geometriche, idealmentesezionate e ricomposte secondo uno schema diversodall’originario. Una sorta di microcittà della scienza,generata da un gioco di segmenti tangenti. Punto forte dell’intera composizione, la grande facciatavetrata, risolta con un’adeguata tecnologia in grado di

ottenere un alto livello di trasparenza grazie all’uso limi-tato di strutture portanti reggenti il considerevole pesodelle vetrate. Grazie alle ampie superfici trasparenti, ilCEA risulta di minimo impatto sull’ambiente circostante.Il paesaggio entra negli ambienti e gli spazi interni inte-ragiscono con l’intorno. Un intorno formato da zoneverdi elegantemente piantumate con alberi ad altofusto. La presenza del verde si percepisce ovunque attra-verso una sapiente regia che ha il suo punto di forza nelpatio alberato che caratterizza gli spazi al primo e alsecondo piano dell’edificio che accoglie gli uffici. Si trat-ta dunque di un contesto fortemente orientato a resti-tuire un’immagine di felice connubio fra natura ed ener-gia nucleare. Energia considerata “amica” per alcuni e“nemica” per chi invece sostiene la potenziale pericolo-sità di possibili fuoriuscite di sostanze radioattive. In talsenso, ovvero per restringere al massimo la possibilità didisastri nucleari, si muove la ricerca all’interno dellaCEA. Vi sono, infatti, circa cinquecento ricercatori riunitiin una grande equipe pluridisciplinare per studiare stra-tegie di ottimizzazione e interventi per rendere sicuro ilfunzionamento delle centrali nucleari. Ma a Saclay nonci si preoccupa solo di sicurezza ma anche di strategieper rendere sempre più competitiva la produzione dienergia ricavata dalla fusione dell’atomo.

ENERGIA ENERGY

Facciata nord e, pagina afianco, particolaredell’intradosso diattraversamento chetaglia longitudinalmenteil complesso lasciandofiltrare la luce naturale.

North facade and,opposite page, detail of the intrados cuttingthrough the complex,letting natural lightflow inside.

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T he new CEA headquarters are located in Saclay, atown with a population of about three thousandin the Essonne department in the Ile-de-France

region. The CEA is active in three main fields—energy,information and health technologies, defense andnational security—and is based in nine research cen-ters in France. The complex in Saclay is one of themost important cutting-edge science and technologycenters in France. It hosts a number of research facili-ties, among which the NeuroSpin neuro-imagingresearch center (CEA’s Life Science Division) againdesigned by Claude Vasconi and inaugurated recent-ly. All Claude Vasconi’s works have simple lines and avery basic structural form with its own distinctive styl-istic elegance. Stylistically speaking, the center isdivided into two blocks forming a whole, built on asemi-curved base plan. Vasconi’s underlying designidea was probably to create a puzzle composed offragments of large geometric figures, ideally sec-tioned and put back together based on a differentscheme than the original plan. A sort of micro-city ofscience generated from an interplay of tangentialsegments. The strong part of the entire composition is the largeglass facade designed using the kind of technologyrequired to create a high level of transparency, thanks

to the limited use of bearing structures to support theconsiderable weight of the glass windows. Thanks tothe wide transparent glass surfaces, the CEA has verylittle visual impact on the outside area. The landscapeactually enters inside the premises, and the interiorsinteract with their surroundings which are elegantlydesigned with carefully planted tall-trunked trees. Thepresence of greenery clearly emerges through theclever design, whose most distinctive feature is thetree-lined patio characterizing the spaces on the firstand second floors of the office block. The setting isvery skillfully geared to create an image of a happycombination of nature and nuclear energy. Energy,which is a “friend” to some and an “enemy” to thoseworried about the potential dangers of radioactivesubstances escaping. The research work being carriedout inside the CEA is partly focused on attempting tolimit the possibility of nuclear disasters to a minimum.There are actual ly approximately f ive-hundredresearchers working in one single multidisciplinaryteam studying strategies to optimize industrial pro-duction and make nuclear power centers as safe aspossible. But security is not the only concern atSaclay, where attention is also being focused ondeveloping strategies to make energy generated fromatomic fusion increasingly competitive.

In queste pagine, piantee veduta zenitale delmodello di progetto.

These pages, plans andaerial view of the model.

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Atrio d’ingresso cheporta ai vari uffici.

Entrance lobby leading to the various offices.

Il complesso in rapportocon un intorno non urbano.

The complex in its non-urban settings.

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“Non finito” eco-efficienteEco-Efficient “Unfinished” Work

Pechino, SIEEB – Centro di ricerca italo-cinese per la tutela dell’ambiente e la conservazione dell’energia Beijing, SIEEB – Sino-Italian Ecological and Energy efficient BuildingProgetto di Mario Cucinella ArchitectsProject by Mario Cucinella Architects

Sostenibilità, consumi sotto controllo ed energie rin-novabili sono parte integrante delle problematichedell’architettura contemporanea. Non bisogna

però sottostimare il pericolo dell’omologazione. In altreparole: se da una parte il basso consumo energetico sta-bilisce prassi progettuali comuni, dall’altra è necessariosalvaguardare l’elemento creativo che distingue l’operaarchitettonica dalla banalizzazione del manufatto edili-zio. Il SIEEB dimostra che bisogna osare, puntare non sulcompromesso, ma sull’innovazione tecnologica e sunuovi percorsi di linguaggio.Il “non finito” è una modalità frequente nell’arte, mapoco praticata nell’architettura. Il suo misterioso fasci-no sta nella forma “aperta”, ovvero nel prevedere piùopzioni e soprattutto fare interagire chi osserva l’operaaffinché possa immaginare possibili soluzioni secondola propria sensibilità e cultura. Il SIEEB è un “non fini-to” che attinge all’immaginario del cantiere attraversoun’inedita lettura delle possibilità espressive del pon-teggio. È interessante osservare come Mario Cucinellasia arrivato a ricreare l’effetto ponteggio integrandoperfettamente forma e funzione. Ovvero lavorandosull’uso appropriato della tecnologia fotovoltaica. Legriglie orizzontali che ricreano l’atmosfera del cantieresono anche supporto per i pannelli fotovoltaici.L’edificio sorge all’interno del campus universitario del-la Tsinghua University di Pechino ed è frutto di un pro-

gramma attuato con la cooperazione tra Ministero ita-liano dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e ilMinistero cinese della Scienza e della Tecnologia nel-l’ambito degli accordi di Kyoto per la riduzione delleemissioni di CO2 e di un articolato programma sui pro-blemi dell’ambiente. Un’opera, il SIEEB, che potremmo definire “collettiva”poiché se il progetto architettonico è pienamente attri-buibile a Mario Cucinella Architects, gli aspetti scientificisono stati curati dal Politecnico di Milano. Il complesso,una vera e propria macchina pensata per offrire il massi-mo di prestazioni con il minimo costo energetico, vive,anzi, vegeta grazie a un metabolismo assimilabile a unvegetale: si comporta, infatti, come una foglia che utiliz-za e trasforma la luce solare in energia elettrica. Ciò gra-zie soprattutto alla presenza di grandi giardini pensiliesposti a sud e agli oltre 1.000 metri quadrati di pannellifotovoltaici, in grado di produrre la maggiore quantità dienergia richiesta. Il SIEEB è uno dei primi edifici cosid-detti “eco-efficienti” finora realizzati in Cina e rappre-senta un’inversione di tendenza in un paese i cui consu-mi di energia sono destinati ad aumentare significativa-mente, considerato che la Cina ha una previsione di cre-scita pari al doppio di quella attuale entro il 2015.Dunque un’operazione che apre la strada verso unaarchitettura più consapevole del suo ruolo di punto sen-sibile nell’economia energetica del pianeta.

ENERGIA ENERGY

Particolare della facciatache esibiscel’accoppiamento fra diversi materiali. Pagina a fianco,particolare dei pannellifotovoltaici integrati nel sistema frangisole.

Detail of the facadeshowing the combinationof different materials. Opposite page, detail of the photovoltaicpanels incorporated inthe sunscreen system.

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S ustainability, controlled consumption andrenewable energy are an integral part of themain issues in modern-day architecture.

Nevertheless, the danger of standardization should notbe underestimated. In other words: while, on onehand, low energy consumption results in shared designprocedures, on the other we need to hold on to cre-ativity, which distinguishes a work of architecture froma bland building. SIEEB shows that you need to bebold, focusing on technological innovation and newlanguages rather than just settling for compromise.“Unfinished” work is common in art, but little used inarchitecture. Its mysterious charm lies in its “open”form or, in other words, in the way it caters for a num-ber of options and, above all, makes onlookers interactwith the work, so that they can imagine different solu-tions according to their own sensibility and culture.SIEEB is an “unfinished” construction, which draws onbuilding-site connotations through an unusualapproach to the stylistic possibilities of scaffolding. It isinteresting to note how Mario Cucinella has managedto re-create the scaffolding effect by perfectly integrat-ing form and function. This has been achieved byfocusing on the proper use of photovoltaic technology.The horizontal grids re-creating a building site atmos-phere also help support the photovoltaic panels. Thebuilding stands on the campus of Tsinghua Universityin Beijing and is the result of a project carried out inconjunction with the Ital ian Ministry for theEnvironment and Territory and the Chinese Ministry ofScience and Technology, as part of the Kyoto agree-ments to reduce CO2 emissions and an elaborate pro-gram drawn up to tackle environmental issues. TheSIEEB project is what we might call a “joint-venture”,since, although the architectural design is entirely thework of Mario Cucinella Architects, the scientificaspects have been handled by Milan Polytechnic. Thecomplex, an authentic machine designed to offer maxi-mum performance at a minimum cost in terms of ener-gy consumption, lives (or rather vegetates) thanks to itsplant-like metabolism: it actually behaves like a leaf,using and turning sunlight into electricity. This is mainlythanks to the presence of large hanging gardensexposed to the south and to over 1,000 m2 of photo-voltaic panels, capable of generating as much energyas is required. SIEEB is one of the first so-called “eco-efficient” buildings to be constructed in China and rep-resents a reversal of trend in a country whose energyconsumption is expected to grow significantly, sinceChina plans to grow at twice its current rate by theyear 2015. This means that this project opens up theway toward a type of architecture which is more awareof its cutting-edge role in the world’s energy economy.

Pianta del complesso e,pagina a fianco, vedutadi scorcio dell’edificio. La particolareconfigurazione delle partiaccessorie rende l’edificioin perenne stato di cantiere, creando cosìun’architettura inusuale e linguisticamenteinnovativa.

Site plan and, oppositepage, partial view of thebuilding. The peculiararrangement of theaccessory elementsmakes the building looklike a permanentconstruction site, thuscreating an unusual andlinguistically innovativework of architecture.

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Sezione generale e,in basso, schema degliimpianti usati perottenere particolariprestazioni di risparmioenergetico. Pagina a fianco, alcunischemi per il migliorcontrollo dei raggi solarie dettaglio costruttivodella facciata vetrata.

Main section and,bottom, a scheme of theenergy-saving devices. Opposite page, screensfor a better sunlightcontrol and constructiondetail of the glass facade.

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In queste pagine,il complesso relazionatocon il contesto urbano.

These pages, the complex in its urban context.

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Rullaggio in progressTaxiing in progress

Bangkok, aeroporto internazionale Suvarnabhumi Bangkok, Suvarnabhumi International AirportProgetto di Murphy/JahnProject by Murphy/Jahn

Il progetto di un grande aeroporto, con tutta la comples-sità che ne sottende la funzione, potrebbe mettere incrisi la componente creativa insita nell’architettura? Nel

caso dell’aeroporto internazionale Suvarnabhumi l’inter-rogativo è più che mai legittimo. Si trattava, infatti, diorganizzare una sorta di città in grado di accogliere, a pie-no regime, un flusso di circa cento milioni di passeggeriper anno. Una moltitudine stratosferica di persone cui sidevono assicurare servizi adeguati, benessere ambientale,facilità di movimento e quant’altro può offrire una strut-tura dedicata ai grandi viaggi intercontinentali. Il proble-ma si pone sul rapporto fra qualità estetica, funzionalitàe, naturalmente, investimento economico. Non va inoltredimenticato che infrastrutture così mastodontiche presup-pongono programmi realizzativi distribuiti in tempi diversi,a volte decine di anni. L’aeroporto di Bangkok inizia la suagestazione nei primi anni Settanta del secolo scorso conl’acquisto dell’area. L’apertura del cantiere risale al 2002.La prima fase si conclude nel 2006. Un grande aeroportoè una specie di fabbrica infinita, un’impresa in progresscon continue addizioni destinate ad accogliere più pas-seggeri e migliorare i servizi. Situato a circa 30 chilometri dalla capitale tailandese, ilSuvarnabhumi sorge su un’area denominata “Palude delCobra” e occupa una superficie di circa 324 chilometriquadrati. Suvarnabhumi, nome di buon auspicio scelto daSua Maestà Bhumipol Adulyadej re della Thailandia, vuol

dire “Terra d’Oro” con riferimento a un’età dell’oro dipace e prosperità che fa parte della tradizione storica eculturale del paese.La soluzione progettuale scelta da Murphy/Jahn ha punta-to sulla massima efficienza energetica (attraverso unacopertura a tre strati che permette ventilazione e raffred-damento naturali) e su forme archetipiche di alcunecostruzioni locali come la pergola. Insomma, quasi unomaggio al baldacchino regale rivisto in chiave tecnologi-ca attraverso l’uso del metallo e del vetro. In sintesi, sitratta di strutture sostanzialmente composte di travi reti-colari di varia forma e grandezza che sorreggono mem-brane tese. Il tutto completato con elementi in vetro eacciaio. In tale contesto, fra il tecnologico e il tradizionale, nonpoteva mancare l’introduzione del colore locale. Sceltaevidentemente irrinunciabile per un paese che fonda sulturismo di massa gran parte del suo fatturato. Palme, sta-tue votive e decorazioni etniche contribuiscono a consoli-dare un inconfondibile genius loci asiatico. L’aeroporto èper sua natura luogo visto anche dall’aereo in volo. La suaconfigurazione planimetrica è quindi in buona percentua-le la componente identitaria che lo distingue. Tra i segnidi maggior impatto: la doppia croce dei percorsi coperti,la geometrica teoria di spicchi delle coperture e la fittatrama di travi reticolari, leggere ma resistentissime comele canne di bambù.

ENERGIA ENERGY

Sezione e piantedel piano partenze.Pagina a fianco, l’internodel terminal con vetratealte circa 35 m pergarantire un volumein grado di produrreun microclima controllatonaturalmente.

Section and plans of the departures level.Opposite page, the insideof the terminal showingthe approximately 35 meter-high glasspartitions designed toensure the micro-climatecan be controllednaturally.

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C ould a project for a major airport, with all thecomplexity that this kind of facility entails, callinto question the creative side of architecture?

In the case of Suvarnabhumi International Airport, thisis a more than legitimate question. The idea was, infact, to organize a sort of city capable, when fullyoperational, of handling a flow of approximately 100million passengers a year. A stratospheric multitude ofpeople who must be provided with the services theyrequire, a pleasant environment, ease of movementand everything else expected of a facility designed tocater for intercontinental travel. The issue hinges onhow aesthetic quality, functionality and, of course,financial investments are brought together. Moreover,it must not be forgotten that such massive infrastruc-tures call for development and implementation pro-grams spread over periods of up to even decades. Theproject for Bangkok airport began to take shape in theearly 1970s, when the site was purchased. Buildingwork first began in 2002. The first phase was complet-ed in 2006. So a major airport is an endless buildingproject, an enterprise in progress featuring constantadditions designed to accommodate more and morepassengers and improve the services it provides.Situated approximately 30 km from the Thai capital,Suvarnabhumi is built on a piece of marshland knownas “Cobra Swamp” and extends over approximately324 km2. His Majesty King Bhumipol Adulyadej chose a namesupposed to bring good luck, Suvarnabhumi, whichmeans “Land of Gold” and is reminiscent of a goldenera of peace and prosperity that’s part of the culturaland historical legacy of Thailand. Murphy/Jahn’s design focused on maximum energyefficiency (through a triple-layered roof allowing natur-al ventilation and cooling) and archetypical forms bor-rowed from certain local constructions such as the per-gola. In other words, almost a tribute to the royal bal-dachin re-worked in a technological key through theuse of metal and glass. In brief, the structures are basi-cally composed of reticular beams of various shapesand sizes which support tensile membranes. The entireconstruction is completed by steel and glass elements. Local color was inevitably introduced into this combi-nation of technology and tradition. Rather inevitable ina nation whose main income is mass tourism. Palmtrees, devotional statues and ethnic decorations allcombine to reinforce the unmistakable Asian geniusloci. An airport is, by its very nature, also somewhereseen from inside a plane. This means a good percent-age of its distinctive identity comes from the design ofits site plan. Its most striking features include: the dou-ble cross of its covered pathways, the geometric pat-tern of segments forming the roofs and the tightly knitweb of lightweight but highly resistant reticular beamslike bamboo canes.

Veduta a volo d’uccellodell’aeroporto che, apieno regime, accoglieun movimento annuo dicirca 45 milioni dipasseggeri.

Bird’s-eye view of the airport which, when fully operational,accommodates about 45million passengers per year.

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In queste pagine, alcunidettagli e, nella fotogrande, il cortile internoconfigurato come un giardino pubblico.

These pages, details.Main photo, the internalcourtyard laid out like a public garden.

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Il sistema strutturale atravi reticolari assicuragrande solidità esuggestive immaginicreate dalla luce prodottadurante le ore notturne.

The structural system ofreticular beams ensuresreal solidity and strikingnight-time light images.

L’uso di travi reticolarievidenzia l’obiettivo dicreare una grandeinfrastruttura con ilminimo impatto sulterritorio.

The use of reticularbeams highlights the aimof creating a giantinfrastructure withminimum impact on the surroundingenvironment.

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Sole a geometria variabileThe Sun in Varying Forms

Bussolengo, nuova sede PelliniBussolengo, new Pellini headquartersProgetto di Barbi Arca StudioProject by Barbi Arca Studio

Bussolengo, cittadina in provincia di Verona, fa partedi quel territorio che, negli ultimi decenni, ha cono-sciuto un notevole sviluppo industriale. Territorio di

fabbriche e “fabbrichette”, alcune anche a conduzionefamiliare, passata la prima fase dei capannoni tirati subadando alla minima spesa in cambio della massimamancanza di qualità architettonica, ora pensa di migliora-re la situazione attraverso una decisa inversione di ten-denza. Una committenza di terza o quarta generazione,figli e nipoti di artigiani trasformati nel tempo in piccoli emedi industriali, ora punta sulla modernità, individuandonella qualità architettonica il primario simbolo del succes-so commerciale acquisito. Pellini Caffè, azienda nata negli anni Venti e che “maci-na” un fatturato di circa cinquantasette milioni di eurol’anno, ha realizzato un edificio fuori dagli schemi, indivi-duando nella forma ondivaga della facciata una sottileallusione alle profumate volute sprigionate da una tazzinadi buon caffè. Dunque, una sorta di traslato simbolico dalprodotto alla forma architettonica, un gioco di formedove il brand diviene l’elemento ordinatore dell’immagineaziendale e di ogni operazione dove sia fondamentaleevocare un segno identitario che diffonda un’idea di qua-lità globale. La macrodimensione del frangisole oltre ad assicurare

adeguata protezione dall’irraggiamento solare, una formadi risparmio passivo che limita consumi energetici legati alcondizionamento dei locali, ha un forte impatto sull’intor-no, un segno certamente destinato nel tempo a suggerirenuove strade agli altri potenziali committenti di complessiaziendali. La hall d’ingresso stupisce per la doppia altezza,uno spazio di ampio respiro simile a un moderno centrocongressi: uno spazio pensato anche come luogo di even-ti per la comunicazione del prodotto caffè. Strutturato in due blocchi principali, l’edificio accoglie duepoli funzionali formati da una struttura compatta destina-ta ai servizi e uffici amministrativi e da un volume più arti-colato in cui sono sistemate funzioni specificatamenteproduttive. L’articolato schema planimetrico, grazie allapresenza del sistema frangisole che unifica il tutto in ununico linguaggio, si presenta meno confuso in alzato,guadagnandone così in compattezza volumetrica. Talesistema, dotato di inclinazione variabile attraverso unmotore elettrico, può cambiare di assetto. La variabilità diapertura presenta più configurazioni che danno all’insie-me effetti sempre diversificati, sia di riflessione sia diproiezione della luce degli ambienti verso l’esterno.Insomma, prospetti a geometria variabile per una archi-tettura che vuole essere segno di quel dinamismo checaratterizza il nostro tempo.

ENERGIA ENERGY

Il complesso accoglieimpianti produttivi e uffici direzionali dellaPellini Caffè. Pagina a fianco, scorcio della facciata con il sistema frangisole.

The complex holds PelliniCaffè’s production plantsand management offices.Opposite page, partialview of the facadeshowing the sunscreensystem.

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Bussolengo, a small town in the province ofVerona, is part of an area, which has under-gone notable industrial growth over the last

few decades. An area full of factories and smallworkshops, even some family-run businesses, thathas currently abandoned the idea of building ware-houses as cheaply as possible to the detriment ofarchitectural quality and is planning to improve thesituation by completely inverting the trend. Third orfourth generation clients, the children and grandchil-dren of craftsmen who have gradually turned them-selves into small or medium size industrialists arenow keen to focus on modernity, finding in architec-tural design an effective means of symbolizing thebusiness success they have attained. Pellini Caffé, a company first established in the 1920swhich now “grinds out” a turnover of approximately57 million euro a year, has constructed an unconven-tional building, whose wave-shaped facade design isa subtle allusion to the delicious aroma of a good cupof coffee. This is a sort of metaphorical translation ofthe product into an architectural form, an interplay offorms through which the brand becomes the tool forconveying corporate image and all operations inwhich utmost importance is given to evoking an iden-tifying sign to project a sense of total quality. In addition to ensuring adequate protection againstsunlight—a sort of passive energy-saving reducingenergy consumption from air-conditioning—the hugesunscreens also have a striking impact on their sur-roundings, creating a long-lasting sign to suggest oth-er potential clients to take a new approach to industri-al architecture. The entrance hall is a prominent dou-ble height space of the same scope as a modern con-ference center, a space also designed to host promo-tional events to promote the coffee product. Structured into two main blocks, the building holdstwo functional centers consisting of a compact struc-ture to accommodate services and administrationoffices and a more complex structure for specificmanufacturing purposes. The elaborate building lay-out, thanks to the sunscreen system combiningeverything into one single idiom, looks less confusingin the elevation, thereby gaining in structural com-pactness. This system, which has an electric engineto adjust its angle of inclination, can change its ownset-up and its variable aperture comes in various con-figurations to create all kinds of different effects,both in terms of reflection and of projecting lightfrom the inside out. So what we have are elevationsof varying geometric form creating a work of archi-tecture designed to epitomize the dynamism of theage in which we live.

In queste pagine,assonometrie, dettaglicostruttivi e veduta discorcio del complesso.

These pages,axonometries,construction details andpartial view of the complex.

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Due diversi punti di vistadell’edificio e, pagina a fianco, il blocco uffici e prospetto e sezionidella facciata.

Two different views of the building and,opposite page, the officeblock and elevation andsections of the facade.

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In queste pagine, alcunidettagli degli spaziinterni i cui piani sonocollegati da unascensore idraulico.

These pages, details of the interior spaces,whose various levels are connected by a hydraulic lift.