Progetto Pergola n. 4 / maggio 2013

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Distribuzione gratuita nel Comune di Pergola (PU) Editoriale di Giuseppe Milito V ent’anni dopo la lotta decisiva per la salvezza dell’ospeda- le (all’interno troverete una rievocazione di quei fatti che risalgono ai primi mesi del 1993) il Santa Colomba continua ad es- sere oggetto di feroci polemiche. L’ultima in ordine di tempo riguarda l’accusa, ri- volta dalla destra pergolese, all’assesso- re Mezzolani e al PD di Pergola, di pren- dere in giro i cittadini con false promesse. Il centro sinistra respinge le accuse e sostiene che ancora una volta la destra pergolese, con la solita arroganza già di- mostrata in passato, sta stravolgendo i fatti in tema di sanità, cercando di carpire la buona fede dei cittadini con specula- zioni politiche tipiche di chi è interessato solo alla propria carriera politica piutto- sto che al funzionamento dell’ospedale. Lo dimostra il fatto che quando il governo Berlusconi ha tagliato i fondi alla sanità regionale e ha redatto il piano sanitario nazionale che prevedeva la chiusura dei piccoli ospedali, non una voce si è leva- ta da parte del centro destra pergolese. Lo stesso è successo quando il PdL ha votato il decreto Balduzzi e la spending review che tagliava ulteriormente i fondi alla sanità, i posti letto e i primariati. È vero che l’assessore Mezzolani non è riuscito a mantenere tutti gli impegni (so- prattutto a causa dei vari provvedimenti nazionali) ma sicuramente sta realizzan- do quello più grande: il mantenimento di Pergola come ospedale per acuti. Ricor- diamo che l’ultimo piano sanitario vara- to dalla Regione Marche ha riconvertito o chiuso 13 ospedali di polo su 15 e ha salvato gli ospedali di Pergola e Aman- dola, mantenendo in esso le Unità Ope- rative Complesse esistenti. Poi ci sono state delle modifiche, ma non hanno ri- guardato Pergola. Pertanto, quello che aveva promesso l’assessore regionale Mezzolani è stato mantenuto (Posti letto per Acuti e U. C. O). Questo smentisce chi due anni fa sosteneva che l’ospedale di Pergola sarebbe stato chiuso. E’ vero che non tutti i problemi sono ri- solti e non tutte le promesse fatte dall’As- sessore Mezzolani sono state mantenute, ad iniziare dalla carenza di personale e dalla mancanza dei primari (che sono stati rimpiazzati dai facenti funzione), ma si tratta di un problema generale della sanità pubblica, come ha ben illustrato il Dottor Piazzai, attuale responsabile del reparto di Chirurgia. Di tutti questi argomenti si parla in modo più approfondito nelle pagine seguenti e non vengono certo negati i problemi. Ma non è con l’odio, le divisioni e le specu- lazioni politiche fomentati dall’ammini- strazione comunale che si risolveranno. Tante volte, parlando di sanità, si parla soprattutto di politica e si dimentica la funzione dell’ospedale di Pergola dal punto di vista del malato per la gestione delle emergenze, e dal punto di vista eco- nomico, visto che da lavoro a decine di persone. Proprio queste persone vanno ringraziate per i sacrifici che fanno per tenere in piedi la struttura. A nome della comunità pergolese va un grande ringra- ziamento a tutto il personale del nostro ospedale. anno 3 n° 4 maggio 2013 periodico pergolese di informazione e approfondimento PROGETTO P ERGOLA OSPEDALE aperto nonostante tutto L’ETERNO ritorno del POPULISMO in Italia Giovanni Gaggia intervista UNA PALESTRA incalpestabile PERGOLA e i suoi studenti universitari La PRIMAVERA PERGOLESE È la Pergola che va il VINO

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Secondo numero della pubblicazione della locale Associazione marchigiana.

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Editorialedi Giuseppe Milito

Vent’anni dopo la lotta decisiva per la salvezza dell’ospeda-le (all’interno troverete una rievocazione di quei fatti che risalgono ai primi mesi del

1993) il Santa Colomba continua ad es-sere oggetto di feroci polemiche. L’ultima in ordine di tempo riguarda l’accusa, ri-volta dalla destra pergolese, all’assesso-re Mezzolani e al PD di Pergola, di pren-dere in giro i cittadini con false promesse. Il centro sinistra respinge le accuse e sostiene che ancora una volta la destra pergolese, con la solita arroganza già di-mostrata in passato, sta stravolgendo i fatti in tema di sanità, cercando di carpire la buona fede dei cittadini con specula-zioni politiche tipiche di chi è interessato solo alla propria carriera politica piutto-sto che al funzionamento dell’ospedale. Lo dimostra il fatto che quando il governo Berlusconi ha tagliato i fondi alla sanità regionale e ha redatto il piano sanitario nazionale che prevedeva la chiusura dei piccoli ospedali, non una voce si è leva-ta da parte del centro destra pergolese. Lo stesso è successo quando il PdL ha votato il decreto Balduzzi e la spending review che tagliava ulteriormente i fondi alla sanità, i posti letto e i primariati.È vero che l’assessore Mezzolani non è riuscito a mantenere tutti gli impegni (so-prattutto a causa dei vari provvedimenti nazionali) ma sicuramente sta realizzan-do quello più grande: il mantenimento di Pergola come ospedale per acuti. Ricor-diamo che l’ultimo piano sanitario vara-to dalla Regione Marche ha riconvertito o chiuso 13 ospedali di polo su 15 e ha

salvato gli ospedali di Pergola e Aman-dola, mantenendo in esso le Unità Ope-rative Complesse esistenti. Poi ci sono state delle modifiche, ma non hanno ri-guardato Pergola. Pertanto, quello che aveva promesso l’assessore regionale Mezzolani è stato mantenuto (Posti letto per Acuti e U. C. O). Questo smentisce chi due anni fa sosteneva che l’ospedale di Pergola sarebbe stato chiuso. E’ vero che non tutti i problemi sono ri-solti e non tutte le promesse fatte dall’As-sessore Mezzolani sono state mantenute, ad iniziare dalla carenza di personale e dalla mancanza dei primari (che sono stati rimpiazzati dai facenti funzione), ma si tratta di un problema generale della sanità pubblica, come ha ben illustrato il Dottor Piazzai, attuale responsabile del reparto di Chirurgia. Di tutti questi argomenti si parla in modo più approfondito nelle pagine seguenti e non vengono certo negati i problemi. Ma non è con l’odio, le divisioni e le specu-lazioni politiche fomentati dall’ammini-strazione comunale che si risolveranno. Tante volte, parlando di sanità, si parla soprattutto di politica e si dimentica la funzione dell’ospedale di Pergola dal punto di vista del malato per la gestione delle emergenze, e dal punto di vista eco-nomico, visto che da lavoro a decine di persone. Proprio queste persone vanno ringraziate per i sacrifici che fanno per tenere in piedi la struttura. A nome della comunità pergolese va un grande ringra-ziamento a tutto il personale del nostro ospedale.

anno 3 n° 4 maggio 2013

periodico pergolese di informazione e approfondimento

PROGETTOPERGOLA

OSPEDALEaperto nonostante tutto

L’ETERNO ritornodel POPULISMO in Italia

Giovanni Gaggiaintervista

UNA PALESTRAincalpestabile

PERGOLAe i suoi studenti universitari

La PRIMAVERAPERGOLESE

È la Pergola che vail VINO

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OSPEDALEaperto

a cura della Redazione

nonostante tutto

Negli ultimi cinque anni i governi Berlusconi e Monti hanno applicato dei gravissimi tagli ai fon-di sanitari delle Regioni. Tagli lineari che non hanno tenuto conto delle Regioni virtuose (come le Marche e la Lombardia) che hanno chiuso in

pareggio i costi della sanità. Solo per il 2013 i tagli del gover-no nazionale incideranno per 188 milioni di euro che la Regio-ne è costretta a recuperare per evitare il commissariamento. Nelle Regioni commissariate tutti i piccoli ospedali (compresi quelli montani) sono stati chiusi. Una situazione causata dai tagli decisi dal governo Berlusconi (che nel piano sanitario nazionale 2011 proponeva alle Regioni la chiusura di tutti gli ospedali con meno di 120 posti letto) e dal decreto Balduz-zi (che solo nella Regione Marche ha tagliato circa 500 posti letto per acuti e il 25% delle Unità Complesse Operative con i relativi primariati) che hanno costretto le regioni a prendere decisioni drastiche. Pergola (che rimane ospedale per acuti) è una rarità nell’attuale panorama nazionale.La proposta di riforma sanitaria della Regione Marche cam-bia poco o nulla per Pergola sul piano formale. Sono infatti previsti: 1) il mantenimento della funzione di chirurgia per acuti con 10 posti letto ordinari e 8 posti letto di day-surgery;2) il mantenimento della funzione di riabilitazione intensiva con 20 posti letto;3) le funzioni di Medicina e pre-acuzie per complessivi 30 posti letto;4) la presenza del punto prelievo;5) la presenza del punto di primo intervento;6) la presenza del mezzo di soccorso avanzato H24;7) il medico di continuità assistenziale;8) la presenza dei seguenti ambulatori e attività: chirurgia, endoscopia, diabetologia, medicina, ostetricia, ginecologia, diagnostica per immagini, cardiologia, dermatologia, neurolo-gia, riabilitazione, ortopedia, oncologia, urologia, pneumolo-gia, otorino, odontoiatria, oculistica e immuno-trasfusionale.

“Una situazione causata dai tagli decisi dal governo Berlusconi che nel piano sanitario nazionale 2011 proponeva alle Regioni la chiusura di tutti gli ospedali con meno di 120 posti letto”

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Purtroppo (non è mai una buona notizia quando degli ospedali chiudono) altre lo-calità perderanno il proprio ospedale.La proposta iniziale della Regione Mar-che prevedeva la chiusura, tra gli altri, degli ospedali di Cagli e Fossombrone, che avrebbero perso i posti letto di chi-rurgia e di medicina, il punto di primo intervento e alcuni ambulatori e attività. Cagli e Fossombrone sarebbero diven-tati a tutti gli effetti case della salute e sarebbero paragonabili agli ambulatori medici. Successivamente è riformulata una nuova proposta da discutere nella commissione sanità del consiglio regio-nale. Questa proposta riassegna a Cagli e Fossombrone qualche letto di day-surge-ry, riabilitazione e lungodegenza con un sostanziale riequilibrio dei posti letto tra le varie provincie, anche se non del tutto sufficienti a soddisfare le esigenze della

nostra provincia.Aver mantenuto a Pergola l’ospedale per acuti è un grande risultato, ma c’è ancora molto da lavorare. C’è carenza di perso-nale, mancano i primari, l’anestesista c’è solo 5 giorni su 7. Non intendiamo certo negare questi problemi e chiediamo con forza alla Regione Marche che venga-no risolti. La situazione dei primari è la seguente: il primario di Medicina dottor Latella è andato in pensione ed è stato nominato il facente funzione dottor To-massetti; il primario di chirurgia dottor Verzelli ha vinto il concorso (al quale ha partecipato di sua volontà) per diventare primario a Fabriano ed è stato nomina-to il facente funzione dottor Piazzai; l’iter per la nomina del sostituto primario di chirurgia non può essere avviato prima di sei mesi, visto che il dottor Verzelli ha chiesto l’aspettativa; per il reparto di ri-

abilitazione è stato nominato il facente funzione dottor Maurizi.Riguardo agli anestesisti, sono diventa-ti figure professionali abbastanza rare mentre c’è una vasta richiesta da par-te delle strutture ospedaliere. Di con-seguenza gli anestesisti hanno ampia possibilità di scelta di dove svolgere la propria attività lavorativa e Pergola, da questo punto di vista, è penalizzata. Per il momento a Pergola è garantita la pre-senza dell’anestesista dal lunedì al ve-nerdì, mentre sarebbe necessaria la pre-senza costante in modo che sia garantita pienamente la gestione delle emergenze.Le carenze di personale sono comuni a tutti gli ospedali e Pergola non fa eccezio-ne. Un caloroso ringraziamento va quin-di rivolto a tutti gli operatori sanitari del nostro ospedale che con il loro impegno riescono a garantirne la piena efficienza.

copia dell’articolo pubblicato su “Il Resto del Carlino” del 22 marzo 2013

TAGLI NAZIONALI 2012-2015 PER LA SANITÀ DELLA REGIONE MARCHE

anno 2012 2013 2014 2015importi ridotti - 100 - 188 - 279 - 282

Gli importi sono espressi in milioni di Euro - fonte Regione Marche

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“Non è un caso quindi se tutti i populismi, giunti nelle stanze dei bottoni, hanno rivelato la costante vuotezza dei loro programmi, stracarichi di promesse irrealizzabili”

Malgrado l’uso inflattivo cui è stato sempre destinato, il termine “populismo”, nelle sue varie declinazio-ni, ritorna sempre al cen-

tro dell’agone politico come categoria oramai centrale per la comprensione di un panorama politico turbolento, qual è sempre stato quello italiano. Dopo il fascismo e il qualunquismo, per alcuni anni è sembrato che l’Italia repubblicana fosse riuscita a superare le manifesta-zioni politiche più isteriche e demagogi-che, ma poi sono arrivati gli anni ottanta e soprattutto i primi anni novanta. Siamo nel 2013, e nulla rispetto a quello scena-rio sembra essere cambiato: crisi delle istituzioni politiche, crisi della rappre-sentanza democratica, un conflitto so-ciale che va acuendosi ogni giorno di più, e una devastante crisi economica che per molti anni a venire segnerà le politiche e le possibilità del nostro Paese.Il populismo non è un’ideologia, non è né di destra né di sinistra. Si tratta bensì di un metodo strategico, discorsivo e reto-rico col quale viene rovesciato il rapporto classico intercorrente tra l’organizzazio-ne politica (il partito) e la cittadinanza

l’eterno ritorno del populismo in Italiadi Federico Vegliò (l’elettorato); in sostanza, non è più il

partito a fornire gli strumenti cognitivi all’elettore, indirizzandone l’interpre-tazione in maniera pedagogica, ma il contrario: le istanze e le richieste pro-venienti dal basso vengono intercettate sotto l’egida di un leader carismatico depositario di una sincretica verità as-soluta, per poi venire sistematizzate in programmi elettorali magnificenti e contraddittori, che promettono una pronta e rapida soluzione ad ogni sorta di problema (tutti elementi che, guarda caso, si ritrovano nella figura del Mus-solini sansepolcrista).Non è un caso quindi se tutti i populi-smi, giunti nelle stanze dei bottoni, han-no rivelato la costante vuotezza dei loro programmi, stracarichi di promesse irrealizzabili e di progetti megalomani che seducono le folle proprio perché in-sistono sull’approccio ingenuo che ha la maggior parte di noi comuni cittadini di fronte alle complessità di un mondo ca-otico e spesso incomprensibile. È stato questo il caso del Partito della Libertà austriaco ai tempi di Jorg Haider, e del-la Lijst Pim Fortuyn in Olanda: predi-cando la morte delle vecchie distinzioni politiche ed intercettando richieste det-tate dall’insicurezza, dall’ansia sociale e dal malcontento diffuso, i populisti

riescono spesso a creare delle massicce basi di consenso, che però devono fare i conti con un eclettismo ideologico ine-vitabilmente carico di contraddizioni. In definitiva, al successo in fase propagan-distica raramente succede il manteni-mento delle promesse fatte, ragion per cui le costruzioni populiste spesso crol-lano sotto il peso di un conto che non può essere saldato.Uno dei cavalli di battaglia del populismo è senz’altro una concezione orizzontale della democrazia, e quindi un costante richiamo al popolo, fonte prima ed unica della legittimazione politica, che perciò sarebbe autorizzato a pretendere la pie-na ed incondizionata esplicazione della sua volontà.

L’immagine è tratta dalla copertina del disco degli Shneeflock “Spotlesslies”

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“Se oggi le istituzioni della rappresentanza democratica soffrono un profondo discredito, ciò è stato causato dall’incompetenza, dall’affarismo, dalla corruzione”

Se democrazia significa, letteralmente, “potere del popolo”, parrebbe logico ritenere che qualunque locazione del potere che non sia “nel popolo” debba essere intesa come una per-versione (da qui viene lo spregio per le istituzioni democratiche da parte dei leader populisti). Ma la democrazia non è questo: il demos non eserciterà mai un potere pieno ed indiscusso come vogliono i populisti, poiché le istituzioni create dal pensiero li-beral-democratico negli ultimi tre secoli sono state congeniate proprio al fine di limitare gli eccessi di tutte le parti in gioco, una delle quali è appunto il popolo (o meglio: la cittadinanza). Ne è un esempio immediato l’architettura costituzionale adottata dall’Italia dopo il ventennio fascista: il tanto bistrattato bicame-ralismo perfetto è da intendersi appunto come un elemento di quei “pesi e contrappesi”, imposti all’epoca dal vivo terrore che un altro totalitarismo potesse abbattersi sull’Italia. Se oggi le istituzioni della rappresentanza democratica soffrono un pro-fondo discredito, ciò è stato causato dall’incompetenza, dall’af-farismo, dalla corruzione e da ogni genere di scandalo che ha investito la classe politica negli ultimi anni. Il fatto è che non ci si può abbandonare agli impulsi generati dal disgusto e dal-la rabbia, seppure legittimi e comprensibili. Ciò che sarebbe in realtà necessario è una radicale ristrutturazione valoriale e culturale che impedisca il ripetersi delle condizioni a causa del medioevo che stiamo vivendo. La domanda è: ne siamo capa-ci? Oppure vogliamo delegare (ancora una volta) le rivoluzioni a qualcun altro? Invece di agitare i forconi, i cappi e le scope, per trovare i responsabili dell’abisso in cui siamo caduti, qualcu-no dovrebbe provare a guardarsi allo specchio, a cominciare da molti di noi comuni cittadini.

In conclusione, il grande successo riscosso dai populismi nei momenti di crisi è una costante che deve allarmare chiunque conservi un minimo di memoria storica: l’esempio più tragico a cui possiamo guardare è il periodo compreso tra le due guerre mondiali, quando il mondo intero fu scosso dalla grande crisi del 1929, allora come oggi proveniente dagli Stati Uniti e causa-ta dalla folle corsa al profitto imposta da un liberismo sfrenato che ancora oggi continua a mietere vittime. Alla fine degli anni quaranta, e dopo una guerra che aveva rischiato di trascinare nel baratro l’umanità intera, il compito principale dei governan-ti fu sì quello di impedire che riapparisse un nuovo Hitler (che, almeno fino all’instaurazione della dittatura, può essere con-siderato un leader populista), ma soprattutto di impedire che si ricreassero le condizioni materiali, e quindi anche economi-che, che avevano favorito l’ascesa del nazifascismo. La maggior parte degli storici sono infatti concordi nel ritenere che senza la grande depressione, non ci sarebbe stato nessun Hitler, e quindi nessuna guerra. Ora, il parallelo non è certo tra Grillo e Berlusconi da una parte e un mostro come Adolf Hitler dall’al-tra, ma evidentemente tra i contesti che generano e favoriscono l’affermarsi di un pericoloso modo di intendere l’azione politica; e tuttavia, è bene tenere a mente che quando la storia si ripete, non sempre lo fa nelle medesime forme. Fino a che esisterà il connubio tra democrazia liberale e capitalismo, esisterà sem-pre, necessariamente, il populismo. L’importante è riconoscer-lo, diffidarne ed insistere sulla sacralità dello Stato di diritto e delle istituzioni democratiche che ci difendono tutti, perché, come disse Winston Churchill, la democrazia è la peggiore for-ma di governo, eccezion fatta per tutte le altre.

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GIOVANNIGAGGIAla vita dedicata all’Artedi Daniela Eusepi

Giovanni Gaggia, chi è e cosa fa costui?Domanda che, posta da me che lo conosco da quando avevamo 15 anni, fa

sorridere, ma in veste di intervistatrice è d’obbligo.

Si, è così, ci conosciamo da 15 anni ed in fin dei conti le cose sono cambiate bene poco: ci ritroviamo ora come allora a dia-logar di sogni. Chi sono non lo so nem-meno io, sono un ibrido votato alla causa dell’arte con una qual devozione mona-stica. Disegno da sempre ed il mio segno è diventato il mio mestiere, non racconto storie, ma incido sulla carta emozioni, in primis le mie, con l’intento di averne in cambio dall’osservatore. Le questio-ni trattate ruotano sempre attorno alle problematiche dell’umano esistere e del corpo ad esse connesso. Uno studio che, come tu ben sai (visto che nel finire de-gli anni ‘90 eri con me quando visitam-mo il Museo della Scienza della Specola di Firenze) coltivo da più di un decennio, che mi ha portato ad integrare il segno con l’azione: la performance, a cerca-re un contatto diretto ed immediato con l’osservatore. Ora quindi, ricapitolando, disegno sempre a matita con l’aggiunta dell’organico: il sangue. Performo quan-do me la sento e ultimamente ricamo: mi aiuta a pensare. Da cinque anni ho fonda-to Sponge ArteContemporanea.

Casa Sponge: una realtà nata dalla pas-sione per l’arte di un gruppo di persone che hanno deciso di dedicare la loro vita alla cultura. Come nasce e cos’è Sponge?

Sponge è un’associazione culturale no profit votata alla ricerca artistica che, pri-ma della débacle economica, si è posta alcune domande proprio sull’economia in relazione con le arti. La logica del denaro, fondamentale per vivere e per reggere un sistema, è stata troppo spesso la sola re-gola; ci siamo accorti che qualcosa inizia-va a puzzare. Abbiamo deciso, in barba al sistema, di ripensarci ed abbiamo aperto le porte di una casa, la mia, agli artisti ed ai curatori, per discutere, per creare una sorta di piattaforma libera volta alla reazione: la formula vincente per noi è questa.Casa Sponge è fisicamente la mia resi-denza in Via Mezzanotte, 84 a Pergola ed è la sede di Sponge ArteContemporanea; ha partnership con molte strutture in Italia dalla Sicilia alla Lombardia: asso-ciazioni culturali, gallerie, riviste d’arte e piattaforme di ricerca.

Come nasce Casa Sponge?

In parte l’ho già raccontato, ma c’è stato un evento scatenante: stavamo rientran-do da una visita ad una mostra a Peru-gia, si chiacchierava un po’ dell’arte e del futuro, ci sembrava che il sistema pro-vinciale d’arte contemporanea della pro-vincia di Pesaro e Urbino (SPAC) fosse ar-rivato con tutti i suoi musei (escluso uno, il solo con direzione artistica tecnica) al capolinea. Così decidemmo di riversare le nostre competenze ed i nostri contatti in un unico contenitore: Casa Sponge per l’appunto. Mi piace aggiungere che prima di girar la chiave abbiamo studiato una forma di comunicazione mirata: abbiamo

creato una pin, una piccola spilla fucsia con la quale abbiamo tappezzato le vesti degli operatori dell’arte nazionale di fiera in fiera, successivamente siamo passati online ed infine al reale. Sponge non sono solo io... Io non mollo mai, tengo il morso sempre e qualcuno mi aiuta nel farlo. Del direttivo, di cui io sono Presidente, fanno parte: Federica Mariani, tesoriere, Ste-fano Verri, segretario, Susanna Ferretti, vicepresidente, Milena Becci, Daniele Vi-mini, Domenico Buzzetti e Paolo Angelo-santo.Un CdA allargato ed estremamente tec-nico che mi riempie di gioia!

Oggi fare cultura nel nostro paese, a maggior ragione occupandosi di arte contemporanea, comporta sacrifici e grande determinazione. Come vive Sponge?

Oggi fare cultura nel nostro paese è una mera follia, sappiamo bene ed oramai è conclamato che dire cultura equivale a bestemmiare. E’ quindi una vera e pro-pria missione, la devi avere nelle viscere altrimenti è giusto che cerchi di investire il tuo tempo in qualcosa di più concreto. Io non ho mai i piedi a terra, non mi interes-sa averli, per me equivarrebbe ad avere un macigno lì legato. Dobbiamo fare un salto insieme, istituzioni e tecnici, capire che non tutti possono fare cultura e la fru-izione non deve esser facile. Ad operare in senso contrario ci ha pensato la televi-sione, lasciamo a lei il compito della leg-gerezza e dell’improvvisazione. Nei musei ci vogliono i tecnici: questo è un consiglio che su livelli diversi rivolgo al centro de-

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Ph. © Cristian Iotti

stra ed al centro sinistra.Sponge è sempre sopravvissuta e lo fa tutt’ora con l’autofinan-ziamento del direttivo: i nostri pochi guadagni son finiti nella cassa dell’associazione.

La vostra determinazione ha portato un’Associazione che af-fonda le sue radici a Pergola ad avere un forte aggancio a li-vello nazionale e internazionale...

Si, da Pergola nel mondo, dalla Cina con Arthub alla Lettonia, alla Sicilia con Clang, Matera, Bologna, Milano, Roma... Siamo già oggetto della terza tesi di Laurea: due alla Ca’ Foscari di Venezia ed una ad Urbino, per non dimenticare lo studio della Fondazione Ratti di Como. A volte non mi capacito, mi fermo a pensare quando passeggio nel mio giardino e guardo oltre, per-ché, per fortuna, attorno ho le montagne e sopra una volta cele-ste: come è possibile che dal buco del culo del mondo, dove per raggiungerci si perde anche il TomTom e la strada è ancora, per grazia ricevuta, sterrata, abbiamo varcato così tante frontiere?

Cosa c’è in mostra oggi a Casa Sponge e qual è la programma-zione futura?

Siamo alla quinta mostra di quest’anno, il nostro anno segue quello accademico, quindi da settembre a giugno; ora abbiamo la personale di Francesca Romana Pinzari, Soul Preservation a cura di Francesco Paolo Del Re in collaborazione con la galleria OltreDimore di Bologna. Tu che l’hai vista racconta ai nostri let-tori cosa si prova, io sono di parte...

La nostra vita sul filo della memoria partendo dai feticci di una storia d’amore passando all’inorganico del feticcio per eccel-lenza: i capelli che si fanno segno e legano il sentire di ciascu-no in una condivisione di emozioni e ricordi... fino al video “I am not”. A me ha lasciato un senso d’appartenenza all’umano sentire ed all’umana ricerca di senso e identità.

Il prossimo futuro vedrà a Sponge due personali: Diego Cin-quegrana di Como e a seguire Lidia Tropea di Catania; come ogni stagione la grande chiusura con Perfect Number 9 artisti in 9 stanze con 9 curatori. Avremo degli ospiti speciali a spot che verrano a raccontarsi a e raccontare, ci collegheremo con Taranto via Skype e presenteremo il video ILVA creato da tre giovanissimi performer Filippo Riniolo, Enrico Ticconi e Ginevra Panzetti, avremo inoltre Antonio Arèvalo, intellettuale e cura-tore internazionale tra cui, per diverse edizioni, del Padiglione Cileno alla Biennale di Venezia e, infine, Francesco Sala di Art-Tribune.

Una programmazione veramente interessante cui si aggiun-gono anche momenti più “ludici” come le cene Sponge...

Si, le cene sono un progetto di Daniele Vimini: sono per gli amici di Sponge, una ventina per ogni serata, e lo chef crea una se-rie di pietanze, in genere 9 come il numero delle stanze a casa Sponge, e strettamente dedicate agli allestimenti presenti; è un vero e proprio progetto di FoodArt.

Sciogliamo quello che per molti è ancora un enigma: l’ingres-so è libero e si può visitare Casa Sponge previa prenotazio-ne (per non trovarti in pigiama, dato che è la tua residenza). I contatti?

L’ingresso non è libero si può varcare la soglia solo dopo un piccola prova da superare che decide il direttivo, abbiamo un libro mastro con tutte le prove. Te ne dico un paio, poi tanto le cambiamo: saltellare su una gamba sola almeno per 100 volte, giocare con 3 noci per due minuti senza mai farle cadere... Ba-sta chiamare il 339 4918011 o scrivere a [email protected], rispondiamo sempre e ci accordiamo, in genere offriamo anche un caffè!

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Enrico Veschi Pergolese dell’anno

Domenica 24 marzo 2013, presso la sala dell’Abbondanza, si è svolta la premiazione del “Pergolese dell’anno”. Il riconosci-mento è stato assegnato a Enrico Veschi, Direttore Generale delle Poste e Telecomunicazioni dal 1990 al 1993.Ricordiamo che l’iniziativa, giunta alla seconda edizione, è stata promossa dall’Associazione Pergola Nostra, Lions Club Pergola Valcesano, Pro Loco, Banca di Credito Cooperativo di Pergola, Rivista Eco del Cesano, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale, con questo obiettivo: individuare un personaggio che si sia particolarmente distinto “per l’impegno costante dimo-strato nei confronti di Pergola, le opere svolte per la sua valo-rizzazione e il lustro dato alla città”.Il comitato organizzatore del premio, come ha ricordato il presi-dente dell’Associazione Pergola Nostra, Ritaldo Abbondanzieri, ha voluto premiare Enrico Veschi per l’opera di valorizzazione della nostra città che ha svolto negli anni, e per aver divulgato ovunque il nome di Pergola: ricordiamo ad esempio l’emissione dei franco-bolli celebrativi dei Bronzi che sono presenti in tutte le collezioni filateliche del mondo. Dei legami affettivi con Pergola, della parte intima e familiare dell’illustre “Pergolese dell’anno” ci ha invece raccontato l’avv. Loretta Lancia nella sua bellissima laudatio.Particolarmente commovente è stato il suo ritratto del dott. Ve-schi, per l’inevitabile intreccio della sua narrazione con i ricordi legati al padre, l’imprenditore Giuseppe Lancia, alla cui memo-ria era stato assegnato il premio Pergolese dell’anno 2012, e che era unito a Veschi da una lunga amicizia. Loretta Lancia ci ha raccontato dell’umanità e umiltà del personaggio privato, della sua schietta generosità. Cito fra tutti un episodio parti-colarmente illuminante: il giorno stesso che venne nominato a Roma Direttore Generale delle Poste Italiane tornò a Pergo-la per festeggiare insieme agli amici di sempre. Dalla lauda-tio dell’avv. Lancia abbiamo appreso molte notizie biografiche, umane e professionali sulla figura di Enrico Veschi, che qui, al-meno in parte, vorrei riportare.Enrico Veschi nasce ad Arcevia, ma grazie alla moglie Edda ben presto erige Pergola a “città del cuore”. Qui fin dagli anni ses-santa costruisce la sua casa, trascorre periodi più o meno lun-ghi insieme alla sua famiglia - pur risiedendo a Roma - e coltiva le sue amicizie più durature e profonde.La carriera di Enrico Veschi nell’amministrazione delle Poste ita-liane ha inizio nell’anno 1951 e termina nell’anno 1997; egli stesso afferma che con il suo lavoro ha seguito le Poste “dall’avvento del-lo statalismo più spinto all’avvio della liberalizzazione più ampia“.Enrico Veschi svolge il suo primo incarico all’Ufficio Postale di Forlì con la qualifica di Ispettore Amministrativo. E’ lì che in-contra la signora Edda, che all’epoca è applicata all’Ufficio Te-legrafico, e stringe con lei un legame che dura da quasi 60 anni.Nel 1954 Veschi viene trasferito a Genova con la qualifica di Diret-tore di Turno. Nel 1958 assume le funzioni di Capo della Sezione I della Direzione Centrale, e si trasferisce insieme alla famiglia a Roma. Nel 1965, dopo un viaggio in Germania, Enrico Veschi inizia a lavorare ad un progetto che segnerà un cambiamento epocale nel servizio postale: il Codice di avviamento Postale, ufficialmente adottato nell’anno 1968, che favorirà, in prospet-tiva, l’introduzione di sistemi meccanizzati, e che nell’imme-diato migliorò nettamente la ripartizione della corrispondenza

attraverso l’ausilio di un codice numerico, decretando l’inizio di un grande processo di modernizzazione delle Poste Italiane. Non possiamo fare a meno di ricordare che Veschi, nelle pre-sentazioni del suo progetto, utilizza per i suoi superiori e per i dipendenti l’ esempio “ Pergola - 61045 e Pantana …” Vengono stampati venti milioni di opuscoli con il CAP che sono distribuiti a tutte le aziende e a tutte le famiglie italiane, riportanti l’esem-pio di Pergola. Nel giro di poco tempo tutta l’Italia scopre che nelle Marche c’è una città di nome Pergola, con una frazione di nome Pantana.Nel 1973 Enrico Veschi entra alla Direzione Generale di Poste Italiane con la qualifica di Dirigente Superiore; nel 1975 si occu-pa anche di Filatelia ed organizza la “Mondiale di Filatelia Italia 76”. Nel marzo del 1980 Enrico assume la Direzione Centrale dei Servizi Postali, che ha assorbito anche i servizi della Mo-torizzazione (già della Direzione omonima) e delle Corrispon-denze e Pacchi (che si occupa della normativa del settore). Nel 1985 organizza a Roma la “Mondiale di Filatelia Italia 85”.Nel 1987 Veschi partecipa alla nascita di Postel, il primo servi-zio di “posta elettronica”, ed al servizio di postacelere urbano per il recapito entro dodici ore di corrispondenza celere ordina-ria nell’ambito di una stessa città. Nell’aprile del 1990 il Dott. Veschi è nominato Direttore Generale e svolge la sua funzione fino al dicembre 1993, quando l’Amministrazione Postale è tra-sformata in Ente Pubblico Economico. Nel 1992 è Presidente e Commissario generale della Mondiale di Filatelia, ed in occasio-ne del quinto centenario della scoperta dell’America organizza con grande successo la manifestazione filatelica.Enrico Veschi, oltre a portare grande lustro alla nostra città, ha sempre sostenuto Pergola con il suo peso pubblico nelle lotte più importanti, come la permanenza dei Bronzi Dorati e l’Ospedale. A lui si deve l’ iniziativa dell’emissione e annullo postale del fran-cobollo dedicato ai Bronzi Dorati, evento che nel 1988 ha portato a Pergola numerosissimi turisti e appassionati di filatelia.Inoltre Veschi è stato tra gli artefici della manifestazione del Millenario di Fonte Avellana con la visita del Papa e con l’emis-sione del francobollo celebrativo.Infine ricordiamo che nella lontana Cina già dall’anno 1990 è in circolazione un francobollo che riproduce i Bronzi di Pergola: nel novembre del 90 a Pechino, per sigillare la collaborazione del Ministero delle Poste italiane con la China Nazional Stamp Corporation all’interno degli scambi economici e culturali ita-lo-cinesi è stato emesso un francobollo in cui sono riprodotti i Bronzi Dorati di Pergola insieme all’Esercito di terracotta, una delle maggiori scoperte archeologiche al mondo.

di Loredana Conti

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Una palestra

INCALPESTABILEdi Massimo Albertini

Dopo 50 anni di onorato servizio, la palestra della scuola media “Graziani” necessitava assolutamente di un buon restilyng. L’attuale amministrazione ha eseguito i lavori (usufruendo di un contributo regio-nale) ma non tutto è stato eseguito a regola d’arte.

Il primo intervento è stato di natura infrastrutturale. Sono stati sostituiti gli infissi, finalmente messi a norma delle vigenti leg-gi sulla sicurezza negli ambienti di lavoro, con apertura verso l’esterno, maniglioni antipanico e vetri antisfondamento. Una ditta locale ha svolto alla perfezione il lavoro, felice di poter porre a dimora questi materiali che aveva acquistato a proprie spese da almeno due anni e che languivano nei suoi depositi. Posso immaginare i pensieri che attraversavano la mente del titolare ogni volta che se li ritrovava davanti agli occhi…

Poi è stata la volta del tetto: un povero colabrodo che ha cono-sciuto solo rattoppi estemporanei e nel quale è stata effettuata una parziale revisione con la sostituzione delle tegole più vec-chie e malridotte.Ma il vero capolavoro è stato il rifacimento del fondo della pavimentazione.Il vecchio pavimento, dopo mezzo secolo di onorato servizio, denunciava decisamente i segni del tempo e dell’usura, ma riu-sciva lo stesso a supportare le molteplici attività richieste.La prima funzione di una palestra è quella di ospitare grup-pi numerosi di persone, cui consentire attività fisica a seconda della specificità di chi richiede ed utilizza la struttura. Poiché l’“utilizzatore iniziale” è la scuola, andrebbero prese in esame segnalazioni e richieste dell’ente che programma e definisce i propri obiettivi.E’ successo esattamente il contrario.Il nuovo pavimento è bello, lucido, persino a suo modo elegante, ma ha un piccolo difetto: non può essere calpestato!Infatti, se non indossi un paio di scarpe sportive nuove, pulite, intonse, non puoi calpestarlo perchè rischi di danneggiarlo ir-reparabilmente e per farlo tornare splendente il lavoro sarebbe enorme e tecnicamente complesso. Ma già ora che si seguo-no attentamente le procedure, il povero “manto “ è ricoperto di segnacci già dopo la prima ora di educazione fisica. Inoltre il vecchio fondo concepito per le necessità di mezzo secolo fa conteneva errori nella definizione dei limiti dei campi da gioco della pallavolo, ma soprattutto della pallacanestro. Tale situa-zione era stata fatta notare ai competenti uffici per tentare di porvi rimedio, ma era anche stata richiesta una differente im-postazione per le nuove esigenze di attività sportive moderne come il badminton.Risultato: il pavimento è stato nuovamente segnato per i campi preesistenti con la ripetizione degli stessi errori (dalla

Dopo 50 anni di onorato servizio, la palestra della scuola media “Graziani” necessitava assolutamente di un buon restilyng. L’attuale amministrazione ha eseguito i lavori (usufruendo di un contributo regionale) ma non tutto è stato eseguito a regola d’arte.

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foto di apertura del servizio si può notare che il canestro è posizionato al di fuori del campo competente, in barba a tutte le regole internazionali).Sarebbero bastate un po’ di disponibilità e di umiltà per sopperire a tali errori, ma questa “merce” è rara nel Palazzo. E ancora: la scuola necessita di ampi spazi a portata di mano per necessità di vario genere come conferenze, assemblee, incontri con esperti, rappresentazioni teatrali, festicciole natalizie e/o carnevalesche. La palestra è sempre stata un ambito ideale per tali manifestazioni.Mi viene da ridere se penso a quando dovrò chiedere alla gente di portarsi le

ciabatte se vuole entrare…Ma, come nella migliore tradizione dell’attuale amministrazione, quello che conta è la patina dorata che ricopre le cose! Quindi l’ingresso della palestra, po-chi metri quadri, è stato rapidamente im-biancato per accelerare l’inaugurazione, in un momento in cui non c’erano altre notizie da “sbrodolare” sulla stampa di regime. Quello che c’è sotto non si vede e non si deve vedere, pertanto lo stato degli spogliatoi maschili, dove le infiltrazioni d’acqua e l’umidità scrostano e macchia-no i muri, va sottaciuto. La mobilia d’acco-glienza che non c’è e le docce impraticabi-li perché non funzionanti adeguatamente,

sono problemi inesistenti perché “tutto va ben madama la marchesa”.Al culmine di tale efficientismo è giunto il giorno della cerimonia di inaugurazione. Il sindaco è riuscito a tediare i presenti con il solito trito elenco delle mirabolanti imprese della sua amministrazione e non ha perso l’occasione di scagliare anate-mi contro chi si permette di criticarne l’operato. A quel punto gli è stato corte-semente fatto notare che in Italia esiste il diritto di critica e di espressione libe-ra delle idee, sancito dalla Costituzione. Quindi chi vuole gli onori, deve accollarsi pure gli oneri. Del resto, a scuola si viene per imparare.

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Pergola e i suoistudenti universitari

“[…] Sempre devi avere in mente Itaca -raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vec-chiometta piede sull’isola, tu, riccodei tesori accumulati per stradasenza aspettarti ricchezze da Itaca. Itaca ti ha dato il bel viaggio, senza di lei mai ti saresti messosulla strada: che cos’altro ti aspetti? […]”ItacaKostantin Kavafis

Marco GuiducciVivo a Milano da più di tre anni e la mag-gior parte delle persone con cui ho un rapporto che va oltre il semplice “ciao” forse non ricorda che sono marchigiano e probabilmente ignora completamente che vengo dalla provincia di Pesaro e Ur-bino (il pesarese più famoso, uno discre-tamente bravo nel guidare le moto, ha un accento parecchio diverso). Ma tutti sanno senza ombra di dubbio che sono di Pergola.Ecco, già questo mi sembra abbastanza esplicativo del rapporto che ho con Per-gola. Un rapporto di innamoramento a distanza, in cui la lontananza non fa al-tro che rafforzare questo legame e la cui principale manifestazione esteriore è un profondo orgoglio delle proprie origi-ni e del proprio paese natale. Ogni volta che parlo di Pergola, pergolesi o vicende pergolesi, lo faccio con un tale entusia-smo e passione che ormai la nostra città nell’hinterland milanese ha assunto con-

notazioni mitologiche. Ascoltando i miei racconti, Pergola passa praticamente per la Terra Promessa.E devo ammettere che comunque, dopo tante esaltazioni, il confronto con la re-altà non ha deluso troppo le aspettative dei miei amici che ho ospitato. Da tre anni in occasione della Festa del vino (a mio modesto avviso l’evento principe del-la nostra estate) porto nella nostra città siciliani, aretini, umbri e parmigiani. Tut-ti sono rimasti stupefatti dalle bellezze pergolesi: c’è chi ha apprezzato di più le meraviglie paesaggistiche, chi quelle storico-culturali (immancabile la visita al museo), un po’ tutti quelle enogastrono-miche e vado abbastanza fiero del fatto che ormai l’inizio dell’estate è sancito uf-ficialmente dalla “gita pergolese”.C’è poi da raccontare di come per tre anni ho preparato i miei esami nella bi-blioteca di un collegio milanese davanti ad un’opera di Walter Valentini o di quel-la volta che, in fila alla posta, un signore ha elogiato per un quarto d’ora i Bronzi dorati. Episodi della vita quotidiana mila-nese che non fanno altro che accrescere il mio già non modesto orgoglio di essere pergolese.Mi permetto di lanciare infine un appello ai concittadini che vivono nella Pergoletta Santa: tenetela da conto! È vero, io sono scappato, la mia fuga può sembrare una forma di disinteresse e apatia (e dopo tut-te queste belle parole anche di incoeren-za) e quindi qualcuno mi potrebbe rispon-dere “Sicuramente la terremo meglio da conto di te che stai a Milano!”. È inutile che vi parli delle poche opportunità che offre il nostro territorio ad un giovane con qualche ambizione, non è questo l’argo-mento dell’articolo e sono discorsi che conoscono tutti. Ma sappiate che sono scappato con il desiderio e la vera spe-ranza di tornare prima o poi!

a cura della Redazione

Il nostro giornale vuole parlare di Pergola, del suo futuro, dei problemi ma anche delle opportunità. Abbiamo chiesto a tre studenti universitari di parlare del loro rapporto con Pergola ed in particolare cosa manca loro della nostra città; cosa dà di diverso la città in cui studiano rispetto alla nostra; cosa vorrebbero da Pergola per avere una vita più ricca, più bella, più stimolante e cosa stanno ricevendo in termini di arricchimento personale.

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Michel Goitom TuccuMi presento: mi chiamo Michel Goitom Tuccu, ho 21 anni e sono uno studen-te universitario. Ho iniziato l’università 2 anni fa, dopo aver concluso gli studi presso la scuola professionale A. Volta di Fano; sono iscritto alla facoltà di Infor-matica di Bologna. Vivo a Pergola da 12 anni, e vi conservo i miei ricordi più belli: ho giocato in quelle strade e vi ho passato tutta la mia infanzia. Quando sono a Bo-logna sento sempre la mancanza di quel clima di confidenza tipico di un paese di provincia a cui ero abituato, mi mancano gli amici e la famiglia (ma riesco ad atte-nuare questa mancanza mediante mezzi telematici); un’ altra mancanza che non riesco a colmare a Bologna è la cucina di mio padre, che include ogni prelibatezza del mio paese di origine ogni qualvolta ritorno a casa.Ho iniziato gli studi insieme al mio amico e coinquilino Andrea Mazzocchi, anche lui originario di Pergola ed iscritto al mio stesso corso di laurea. Nei primi periodi in cui frequentavo l’università ero spae-sato dalle dimensioni di Bologna (vista la mia abitudine ad una città piccola), ma dopo un paio di settimane di permanenza e grazie al mio coinquilino, ho capito che Bologna è una città a misura di uno stu-dente e che offre adeguate strutture sia per lo studio che per lo svago, stimolanti

Maria Elena BompaniVivo a Milano da quasi tre anni, e dopo es-sere stata “di un paesino in provincia di Pesaro e Urbino”, e a volte direttamente “di Urbino” per i primi periodi, ormai tutti quelli che mi conoscono almeno un po’ sanno che sono “di Pergola”, luogo che per motivi a me ignoti stimola in loro una certa curiosità, e che immaginano come una sorta di luogo mitologico.Probabilmente contribuisco ad alimen-tare questa idea parlandone spesso, nel bene e nel male, perché a Pergola sono affezionata, come a un amico che anche se è pieno di difetti gli vuoi bene lo stesso. Milano a me piace, nonostante i limiti che credo abbia.A Milano la prima domanda che la gente

ti fa è “Che lavoro fai? Che cosa studi?” come se la cosa che per prima ti identi-fica, quella imprescindibile per iniziare a capire chi sei, fosse che cosa fai.Penso che poter vivere in un posto in cui è normale parlare quotidianamente del proprio lavoro, dei propri successi e in-successi, dei propri progetti e obiettivi, che in sostanza sono i propri sogni, sia bellissimo, e per niente scontato. >

“Sento sempre la mancanza di quel clima di confidenza tipico di un paese di provincia”

dal punto di vista culturale e sportivo. Benché la differenza tra le due città sia scontata in ogni aspetto, Pergola non dovrebbe giustificare le sue mancanze con il fatto di essere un piccolo paese: le capacità e la voglia di fare dei giova-ni possono fare molto, ma solo se que-sti vengono cresciuti e accompagnati in un ambiente che possa offrire ma anche chiedere molto.A parer mio, perché Pergola possa offrire una vita più stimolante, sarebbe opportu-no che, nonostante le esigue dimensioni, facesse fronte all’inadeguatezza delle strutture orientate al gioco e alla cultura.

“Ci sono mille opportunità, per vedere, conoscere, imparare. Vivere a Milano ti fa sentire al centro del mondo e delle cose che accadono.”

Studiare in una città come Milano è sti-molante, da molti punti di vista.Si impara a conoscere, a relazionarsi e a lavorare con persone completamente di-verse tra loro e da te, e questo ti dà tutta un’altra prospettiva. Ci sono mille oppor-tunità, per vedere, conoscere, imparare. Vivere a Milano ti fa sentire al centro del mondo e delle cose che accadono.Però a volte Pergola mi manca, mi manca casa, con tutto quello che la parola signi-fica: le abitudini, le persone, i luoghi che conosci e non devi guardare sulla mappa e le parole che puoi dire senza chiederti se siano in italiano o se le capisci solo te.Il camino acceso d’inverno, i castagnoli e la crescia di Pasqua, la Festa del vino e la processione il Venerdì Santo.Pergola ha tanto di bello, forse andrebbe solo un po’ valorizzata. Potere andare a teatro, al cinema, vedere una mostra. Incentivare le iniziative più vere, che fanno parte della sua storia, della sua tradizione. Non snaturarla.Insomma mi piacerebbe poterla vivere di più, per poter apprezzare e far apprezza-re un posto che, a mio avviso, può essere davvero speciale.

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laPRIMAVERA Pergolese

Vent’anni fa l’ospedale di Pergola era ridotto ai minimi termini e destinato alla chiusura. L’assessore regionale alla sanità Aldo Tesei era più che mai deciso a chiudere Pergola e, contemporaneamente, l’USL numero 7 stava togliendo tutto il possibile all’ospedale pergolese a vantaggio di quello di Cagli. Nell’inverno 1993 tutto sembrava perduto, ma avvenne una specie di miracolo. Un giovane musicista, Luigi Faggi, e uno studente di agraria, Tiziano Fiorelli, presero l’iniziativa di mobilitare un nutrito gruppo di persone per occupare pacificamente la sala consiliare.

Tutto era iniziato poco dopo le festività natalizie: aveva nevicato abbondantemente e il traffico era andato in tilt. Una sera Silvia Faggi, sorella di Luigi, venne colta da un attacco di appendicite e il fratello, poiché la chiururgia di Pergola era stata disattivata, fu costretto a portarla nell’ospedale di Cagli in auto, rischiando di non arrivarci mai a causa della neve. Fu la scintilla che fece scoppiare l’incendio. Era il 12 gennaio1993, quando, nella tarda serata, avvenne l’occupazione della sala consiliare per prote-stare contro la politica regionale, che voleva chiudere l’ospe-dale di Pergola, e la USL numero 7, che lo stava smantellando. Una iniziativa che risvegliò i pergolesi, li convinse a riprendere la lotta per la salvezza dell’ospedale e diede un contributo de-cisivo per evitarne la chiusura. Furono mesi molto intensi, ca-ratterizzati da una serie di avvenimenti straordinari, che culmi-narono con la visita a Pergola del ministro della sanità Raffaele Costa, il 5 aprile 1993.In occasione del ventesimo anniversario rievochiamo quei gior-ni, sicuramente indimenticabili per chi li ha vissuti.

Dopo l’occupazione pacifica della sala consiliare, venne procla-mata l’assemblea permanente e i giovani occupanti raccolsero subito l’adesione di tutti i pergolesi. Pochi giorni dopo presso l’ospedale venne costituito il presidio permanente dei volontari. Poi iniziò la serie delle assemblee, sempre affollatissime, con la presenza via via dei vertici della Usl e dei rappresentanti re-gionali e provinciali di tutti i partiti. L’assemblea più movimen-tata fu quella con l’assessore Tesei, che si tenne la sera del 27 gennaio. Qualche giorno prima una delegazione del comitato aveva partecipato a Fabriano a un incontro con lo stesso Tesei e lo aveva affrontato direttamente, chiedendogli se si rendeva conto che chiudendo l’ospedale di Pergola avrebbe privato tut-ta la valle del Cesano di una struttura sanitaria fondamentale per i cittadini. Quando Tesei prese posto nella sala consiliare gli venne fatta ascoltare la registrazione del movimentato incon-tro-scontro di Fabriano. Fu il preludio di un’assemblea caotica, aperta poco dopo le 21 dalla lettura di una lettera di don Lino Ricci (assente per motivi di salute) in difesa dell’ospedale di Pergola e conclusa alle due di notte con la caccia all’assessore.La discussione non riguardò solo la lotta per evitare la chiusu-ra dell’ospedale, ma anche l’opposizione dell’amministrazione

comunale e del comitato alla proposta di farne una struttura privata di cardiochirurgia. Una proposta che aveva dei sosteni-tori, ma che venne bocciata senza se e senza ma dal comitato e dall’amministrazione comunale. Tesei era arrivato insieme al presidente della commissione sanità Iacucci, al segretario regionale del PSI Caporossi e ai consiglieri regionali Cristina Cecchini (PDS), Berionni (Rifondazione Comunista), Fatica (DC) e Marucci (MSI). La contestazione si scatenò appena Tesei e Fatica tentarono di parlare della cardiochirurgia. Il consigliere della DC si era recato a Marsiglia per contattare i privati senza alcun mandato da parte dell’amministrazione comunale e ven-ne sommerso dai fischi. Tesei si esibì in irritanti giri di parole e raramente rispose in modo esauriente alle tante domande... Sarebbe troppo lungo riportare tutti gli interventi, ma uno di questi va citato, perchè emblematico: verso le due di notte in-tervenne il dottor Carbone per illustrare a Tesei i problemi cau-sati dall’iniqua distribuzione del personale tra Pergola e Cagli e l’assessore rispose con uno sconcertante “va bene, buonase-ra”. Fu la goccia che fece traboccare il vaso, tutti i partecipanti all’assemblea insorsero al grido di “buffone” e Tesei riuscì a stento a raggiungere la macchina e ad andarsene incolume. L’assessore era stato abbandonato da Iacucci (che aveva dichia-rato il proprio sostegno a Pergola) e da Caporossi. Il segretario regionale del PSI si schierò apertamente contro Tesei e parlò di una delibera che avrebbe salvato la medicina e la chirurgia e, come conseguenza, avrebbe potuto mettere in discussione l’alleanza DC-PSI in Regione. Caporossi annunciò che la pro-posta sarebbe stata illustrata dall’assessore regionale Costa-magna nel corso di una assemblea in programma il 29 gennaio. Questa proposta suscitò reazioni contrastanti. Per alcuni era la soluzione del problema, altri manifestarono forti perples-sità. A complicare le cose si fecero più forti i contrasti tra chi sosteneva i progetti dei privati (soprattutto la cardiochirurgia) e chi non voleva nemmeno sentirne parlare. Il clima divenne incandescente quando la Regione rese note a tutte le USL le di-rettive in materia sanitaria che prevedevano la riconversione di 8 ospedali, compreso l’ospedale di Pergola. La delibera venne illustrata al comitato dal consigliere regionale del PDS Cristi-na Cecchini che parlò chiaro: quel provvedimento significava la chiusura dell’ospedale di Pergola e l’unica speranza era riposta

di Giuseppe Milito

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nei socialisti. Se avessero messo in crisi la maggioranza regio-nale tutto sarebbe tornato in discussione. Il 18 febbraio venne organizzata la serrata dei negozi in coinci-denza con un avvenimento eccezionale: la diretta dall’ospedale di Pergola su Rai 2 nel corso della trasmissione “Il coraggio di vivere”. Il sindaco Dario Conti disse che i pergolesi formavano un corpo unico che lottava per l’ospedale. E quel corpo unico si unì ad altri 7 per una grande manifestazione di protesta che si tenne il 25 febbraio in Ancona, davanti alla sede della Regione. Parteciparono i cittadini delle località che lottavano per evitare la chiusura dei propri ospedali: Pergola, Cingoli, Matelica, Sas-soferrato, Montegranaro, Treia, Montegiorgio e Porto S.Giorgio. La sede del consiglio regionale venne assediata per ore da mi-gliaia di manifestanti che chiedevano il ritiro della delibera di riconversione degli 8 ospedali. La giunta regionale rischiò se-riamente di cadere e si salvò solo con l’approvazione di un docu-mento presentato dai socialisti che definiva il ritiro della delibe-ra un atto dovuto e rimandava tutto all’approvazione del secondo piano sanitario. Dopo una giornata ad altissima tensione, la de-libera venne ritirata. Per i tanti pergolesi presenti in Ancona fu una giornata infernale, ma il peggio doveva ancora venire.Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, il comitato lanciò un drammatico allarme: “Pergolesi, stanno tentando con un blitz di chiudere il nostro ospedale!”Non va dimenticato che la lotta dei pergolesi per salvare l’ospe-dale andava combattuta su due fronti: la Regione e la USL nu-mero 7. Se la battaglia contro la giunta regionale poteva dirsi parzialmente vinta dopo la manifestazione in Ancona, con la USL si rischiò la disfatta. Infatti l’allarme era stato causato

dall’invio a Pergola, da parte della USL, di una delibera di disat-tivazione della medicina e del pronto soccorso. Poiché la chi-rurgia era già chiusa, il provvedimento significava la chiusura dell’ospedale. Subito dopo l’allarme migliaia di pergolesi decisi a tutto si radunarono presso l’ospedale, che venne salvato dalla mobilitazione dei cittadini e dall’azione del comitato e dell’am-ministrazione comunale.Infatti, dopo un pomeriggio di altissi-ma tensione in cui successe di tutto, la delibera venne ritirata. Ma in quella occasione emersero anche i primi contrasti e le prime divisioni che nelle settimane successive avrebbero por-tato a una vera e propria guerra tra l’amministrazione e il co-mitato, che accusava il sindaco e i suoi colleghi di un atteggia-mento troppo morbido e pauroso nei confronti della USL e della Regione. La visita del ministro della sanità stabilì una tregua e fu l’ultimo grande evento della primavera pergolese.Il ministro Costa arrivò insieme a Vittorio Sgarbi ed entrambi ebbero una accoglienza trionfale. Fu un lungo pomeriggio che iniziò con la visita all’ospedale, il discorso sul piazzale del Santa Colomba e l’incontro con il comitato e il consiglio comunale nella sala consiliare. Costa, pur ribadendo che la competenza in materia sanitaria spettava alla Regione, prese l’impegno di chiedere al presidente della giunta regionale di organizzare un incontro tra la stessa Regione e l’amministrazione comunale. Molto altro successe dopo quel 5 aprile 1993, ma la rievocazione si ferma qui. Lo scopo non era quello di fare una cronistoria delle vicen-de riguardanti l’ospedale, ma di ricordare, vent’anni dopo, quel gruppo di ragazzi e ragazze che, quando tutto sembrava perdu-to, hanno contribuito a salvarlo.

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C’era una volta un paese dove le favole erano la cosa più importante. In quel paese non c’erano mai proble-mi, tutti erano felici e soddisfatti e nulla era irrepara-bile… proprio come nelle favole. Il paese era governato da un Borgomastro, un certo

Balthus, che si faceva in quattro affinchè tutto andasse per il meglio e nessuno potesse lamentarsi per alcun motivo. Il Bor-gomatro Balthus si alzava alle prime luci dell’alba e faceva il giro dei pollai per chiudere dentro i galli in modo che non cantassero e non svegliassero troppo presto i concittadini. Non amava che ci fosse confusione fino a quando non avesse stabilito il program-ma della giornata… ma neanche dopo.

il paese delle favole

Quando il paese si risvegliava trovava tutto in perfetto ordine. Ogni mattina Balthus si gustava lo stupore sui volti dei concitta-dini affacciato al balcone del Palazzo del Podestà, dove erano si-tuati i suoi uffici nei quali risolveva le controversie cittadine. Non si può dire che il Borgomastro non fosse ammirato, ma egli vole-va che l’ammirazione fosse sconfinata. Voleva che i concittadini pensassero di non poter fare a meno di lui. Per questo era sem-pre attento a tutto quello che succedeva e pronto ad intervenire. Quando scoppiava un incendio era sempre il primo ad arrivare e iniziava ad eseguire le procedure di intervento. Così, all’arrivo dei pompieri, era lui a dare gli ordini e a coordinare le operazioni. Oppure quando le assi di legno del vecchio ponte scricchiolavano rischiando di cedere sotto il peso dei carri che portavano pietre e materiale da costruzione, Balthus arrivava al galoppo, seguito

dai suoi trafelati assistenti, per fermare il transito e sostituire le assi più malridotte con delle nuove che, casualmente, erano am-mucchiate tra l’erba ai lati della strada. Dopo la riparazione del ponte, il Borgomastro si precipitava a soccorrere una povera vec-china, caduta davanti alla porta della sua casupola sotto il peso della legna che era andata a raccogliere nel bosco. La sera, nelle osterie, circolavano racconti sulle imprese di Balthus e qualcuno ricordava che la casa dell’incendio era sempre la stessa bicocca disabitata e isolata che bruciava una volta l’anno. Secondo qualcun altro le assi del vecchio ponte si usuravano rapidamente perché troppo sottili ed anche quelle sostituite dal Borgomastro aveva-no lo stesso difetto, perciò a primavera sarebbero state di nuovo pericolose e ci sarebbe stato un nuovo spettacolare intervento di Balthus. La moglie dell’oste ricordava che la vecchina cadeva tutti gli anni ed era una zia del Borgomastro.Il paese delle favole era rinomato anche per la presenza del mi-glior narratore di favole che mai si fosse conosciuto in quella con-trada. Era un uomo dall’età indefinibile, alto, magro con barba e capelli bianchi e lunghissimi. Aveva l’aspetto di un mago delle fa-vole e sapeva affascinare con i suoi racconti i bambini, che nelle sere d’inverno, venivano radunati in una grande sala.Ma un giorno il contafavole venne trovato stecchito davanti al cami-no della sala. Aveva il capo curiosamente rivolto di traverso con la bocca semiaperta,come se stesse rivolgendosi a qualcuno.La perfida moglie dell’oste raccontava di aver udito grida provenire dalla sala e le voci sembravano quelle di Balthus e dell’anziano contafavole. Dopo il tempo della curiosità e del cordoglio, restò da risolvere il problema dei bambini, che, senza il loro passatempo preferito, si annoiavano e diventavano pericolosi destabilizzatori dell’ordine pubblico. Balthus, amante dell’ordine rigoroso, non po-teva tollerare quella confusione che rischiava di risvegliare il son-nolento e permissivo paesino: doveva trovare una soluzione!Ci pensò un po’ e poi concluse: ho dimostrato ai miei concittadini di essere il migliore in qualsiasi attività, non sarà difficile raccontare favole per tenere tranquilli quei mocciosi!Sul far della sera, annunciato dalle note festose della banda mu-sicale, comunicò alla cittadinanza la ripresa del racconto delle favole. Tutti i bambini dovevano accorre nella sala dove alle 19 il Borgomastro in persona avrebbe ripreso la consuetudine della narrazione serale. Balthus raccontò di un re anziano che allon-tanava dal suo regno i giovani maschi per tenersi accanto tutte le ragazze giovani e belle e che si circondava di maghi e stregoni che dovevano farlo restare sempre forte, prestante e invincibile. E alla fine il suo popolo gli donava tutte le proprie ricchezze.I bambini non gradirono e subissarono il racconto di urla di dis-senso. Il Borgomastro rimase spiazzato e tentò con un nuovo ar-gomento. Raccontò di un drago che aveva incenerito tutti i cavalieri che lo avevano affrontato e, preso dall’euforia, aveva arrostito pure la principessa che aveva rapito. Fu un disastro. I bambini delusi in-veirono contro Balthus, poi gli tirarono contro di tutto ed iniziarono feroci scorribande all’interno del palazzo e per le vie del paese. Balthus, chiuso nel suo ufficio, era in totale confusione e non sape-va che pesci pigliare, quando in lontananza sentì una dolce melodia prendere il sopravvento sulle voci dei bambini e calmarle a poco a poco. Era un giovane guitto girovago, saltimbanco e musicista, che aveva ipnotizzato i bambini con la magia dei suoi giochi e dei suoi scherzi. Balthus, da grande opportunista, ne cercò subito l’allean-za, ma il ragazzo gli disse: “Le tue favole non possono funzionare perché vincono sempre i cattivi, i potenti e i prevaricatori. Mentre nelle favole i cattivi devono essere sconfitti. Tu non capisci che ai bambini devono essere raccontate “favole vere” e non le tue “vere favole”. E poi non hai nemmeno un teatro, posto magico e ideale per il racconto”…

Il mio racconto finisce qui, ma potrebbe continuare. Se qualcuno volesse dare una conclusione alternativa, può inviarci una e-mail o qualche messaggio più tradizionale. Saremo felici di pubblicarlo.

Concludo con le parole di un vero scrittore:“Le fiabe non dicono ai bambini che esistono i draghi. I bambini già sanno che esistono. Le fiabe dicono ai bambini che i draghi posso-no essere sconfitti”[G.K. Chesterton]

di Massimo Albertini

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Nel mese di aprile si sono svolte importanti inizia-tive, a testimonianza della vivacità culturale della nostra comunità, nonostante la crisi economica e morale che sta coinvolgendo l’Italia. Il 5 apri-le presso la Sala dell’Abbondanza si è tenuto un

convegno sul tema “Rallentare per riappropriarsi del senso dei luoghi”, promosso dall’Associazione pro distretto Culturale dell’Appennino umbro- marchigiano che ha sede a Fabriano ma che annovera fra i soci anche dei cittadini pergolesi. L’intento di questa Associazione è quello di promuovere un progetto in rete per un turismo di qualità che privilegi l’idea di itinerari “slow”, cioè dal ritmo lento, che possano dare il tempo al visitatore di apprezzare i luoghi storici e religiosi, l’ambiente naturale e l’ar-

Rallentare per riappropriarsi del senso dei luoghitigianato ancora vivo del nostro Appennino, di quei Comuni e piccoli centri collinari e montani che per tradizioni e geografia ne fanno idealmente parte. Il Convegno, che ha visto la partecipazione dell’Amministrazio-ne comunale, dell’Associazione Culturale Pergola Nostra, del Lions Club Pergola Valcesano, del GAL Flaminia-Cesano, è sta-to un momento di studio e di confronto, durante il quale è stato delineato un progetto in rete che dovrebbe essere promosso da enti pubblici e privati della nostra città e che potrebbe arrecare un notevole impulso e vantaggio economico per la realizzazione di nuovi e validi “pacchetti” turistici. Giunti a questo punto è fon-damentale che l’Amministrazione comunale non perda anche questo “treno”, poiché è ormai ampiamente dimostrato che le manifestazioni sporadiche ed improvvisate non portano ad un aumento considerevole del flusso di visitatori. M.P.F.

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di M.P.F.

A partire dal settembre 2012 l’Amministrazione Baldelli ha af-fidato la gestione del Museo dei Bronzi Dorati e della Città di Pergola all’Associazione di categoria “Confcommercio”; la Con-venzione stipulata tra le due parti è stata criticata ampiamente in numerose occasioni dall’opposizione di Centrosinistra per-ché si è trattato di un affidamento diretto senza l’attivazione di un bando pubblico che avrebbe rispettato i criteri della traspa-renza. Le forti perplessità rimangono poiché non sono visibili sino ad oggi iniziative particolari realizzate per la promozione dei Bronzi Dorati. I turisti che hanno visionato il gruppo equestre non sono aumentati: nel 2012 si sono registrate 8753 presenze e nel gennaio 2013 i visitatori sono stati addirittura 117 contro i 143 del gennaio 2012. A Pergola quindi non c’è stato il boom di turisti proclamato a gran voce dal Sindaco Baldelli: se si torna indietro nel tempo e più precisamente alla giunta Borri, nell’anno 2006 le presenze al museo erano state 9266 e nel 2008, anno in cui i bronzi dorati nel mese di gennaio e febbraio erano stati posti nel Museo di Montréal, in Canada, i visitatori erano stati 8734. E’ lecito quindi chiedersi dove siano andati a finire i famosi 40.000 turisti che a detta di Baldelli, in una sola domenica du-rante la Fiera del Tartufo 2012, sono venuti a Pergola!

di Maria Pia Fratini

Finalmente il palazzo (edifico dell’Irab) situato in via Godio e restaurato dopo il terremoto del 1997 è stato restituito alla città di Pergola come residenza socio- sanitaria e riabilitativa. Ciò è stato possibile grazie ad una Convenzione stipulata tra la precedente Amministrazione del sindaco Borri e l’Associazione Libera.mente Onlus che ha sede a Fano. Nei primi anni del Duemila lo stesso edificio aveva ospitato per alcuni anni tre classi del Liceo Scientifico di Pergola, perché l’istituto scolastico necessitava della ristrutturazione temporanea di alcune aule. Conclusa questa esperienza, il palazzo aveva rischiato di essere restituito all’oblio ed all’incuria. Grazie alla felice intuizione della precedente Amministrazione e dell’Assessore regionale alla Sanità Almerino Mezzolani, si è delineata la possibilità di dare alla struttura una nuova identità: oggi, attraverso fondi pubblici e privati, Casa Godio offre servizi di accoglienza, riabilitazione, animazione e promozione a persone e famiglie locali e di provenienza più vasta con problemi di salute mentale. La struttura è operativa da alcuni mesi e gli ospiti ed il personale educativo sono divenuti volti familiari ai pergolesi che abitano nel centro storico. Ma, oltre a rappresentare uno dei servizi più avanzati rispetto alla salute mentale per l’intera Regione Marche, questa residenza socio- sanitaria intende divenire un motore di attività progettuali che, oltre a promuovere l’utilizzo della struttura anche da parte delle Associazioni culturali e di volontariato pergolesi, abbiano una ricaduta complessiva sulla qualità della vita dell’intera comunità. Per questo il responsabile di Libera.mente Onlus, Vito Inserra, sta programmando alcuni eventi per i mesi estivi, quali la presentazione di libri e la realizzazione di alcuni concerti all’interno dello spazio verde di CasaGodio.

Casa Godiouna struttura restituita alla città

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ilVINOÈ la Pergola che va

La nostra gloria locale, in termini di vino, è la vernaccia, che dall’11 luglio 2005 ha ottenuto la DOC con il nome di Pergola Rosso. Nel disciplinare, modificato nel 2011, si leggono alcune curiosità: “La vite giunse nel territorio in quanto portata da un nobile eugubino a Grifoleto, località inclusa nel territorio delimitato, nell’anno 1200. Nel 1500 un discendente della proprietà di cui

sopra, agricoltore, curò la diffusione del vitigno, intuendone pregi e qualità, e ne curò la sua diffusione nell’areale. … Nel 1875 ”l’Esposizione agraria regionale” svoltasi in Ferrara, vede la partecipazione di viticoltori con bottiglie di “Vernaccia”, sia pura che tagliata, con la dicitura “vino di lusso”. …Ai nostri tempi, nel XX secolo a memoria d’uomo, si parla di un vino locale chiamato “Vernaccia di Pergola” che i documenti storici riportano al 1520”.La Denominazione d’Origine Controllata è stata ottenuta grazie produttori locali, che da sempre hanno creduto nella potenzialità della vernaccia, e per la determinazione dell’Assessore del tempo Armando Roia. Presentiamo due cantine storiche di Pergola: Villa Ligi (famiglia Tonelli) e Cantina Massaioli.

di Franco Bompani

VILLA LIGI

La famiglia Tonelli ha una tradizione vi-tivinicola che risale al 1912, quando An-tonio, nonno di Francesco, iniziò a vinifi-care da filari di viti che aveva impiantato in località Valrea. L’attività fu poi seguita dai figli Cesare (il padre di Francesco) e Marino che, divennero anche commer-cianti di vino, oltre che produttori. Oggi la tradizione di famiglia è portata avanti da Francesco, che cura la vigna, e dal figlio Stefano, enologo, che segue la cantina. La cantina si avvale inoltre da alcuni anni della consulenza dell’enologo Marco Gozzi

Proseguiamo il nostro viaggio tra le realtà del territorio che “tirano”. Dopo aver parlato di Noctis e del farro di Luzi, in questo numero parliamo di vino.Come tutti sanno Pergola e il vino sono sempre andati d’accordo. Quando nel 1234 fu fondata la nostra città, il nome prescelto fu “Castrum Collis Pergulae”, con un chiaro riferimento alla vite ed al pergolato presente nel luogo dell’edificazione. Scrive infatti Luigi Nicoletti nel suo monumentale lavoro “Di Pergola e dei suoi dintorni” che “il Colle della Pergola avrebbe avuto tale nome perché dinanzi la chiesa di S.Maria di Piazza, che preesisteva al castello, era una vite a pergola, tantoché la chiesa istessa si diceva S. Maria della pergola”.

di Modena con esperienze maturate in Au-stralia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Califor-nia e Germania, e appassionato della spu-mantizzazione.Il rilancio dell’attività avvenne nel 1985 quando Francesco decise di abbandona-re il lavoro di insegnante e di dedicarsi completamente al vino, recuperando le rare e vecchie viti di Vernaccia Rossa. E’ del 1985 la prima produzione di Vernaccia imbottigliata da Tonelli. Nella retro eti-chetta si legge: “La Vernaccia di Pergola, derivante dall’omonimo vitigno, è tipica ed esclusiva del territorio di Pergola dove è conosciuta sin dal lontano 1520”. Oggi

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ilVINO

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Fattoria

CANTINA MASSAIOLI

“L’azienda Massaioli vanta una tradizione secolare nella produzione della “vernaccia rossa di Pergola” e nella “Visciolata” o vino di visciole, nella sua storica cantina inter-rata del centro storico rievoca sapori e tradizioni ormai sopite”. E questo che leggia-mo nella pagina facebook della Cantina Massaioli. Le parole utilizzate rendono molto bene l’idea e le sensazioni che si provano quando si entra nella Cantina del palazzo di famiglia in piazza Leopardi.Massaioli, conosciutissima a Pergola, è un’antica famiglia originaria di Rimini, di cui si hanno notizie fin dal 1300, e poi trasferita ad Urbino e in altre città, come Sassocor-varo e Acqualagna.Un ramo della famiglia si spostò a Pergola con Napoleone Massaioli, marito di Mar-gherita Biancalana di Fano. Il figlio Benedetto (il “Sor Bino”) sposò Maddalena Ginevri Blasi ed ebbe tre figli: Lombarda, Napoleone (Leo) medico e docente universitario a Torino, e Luigi, a lungo professore nel nostro Liceo Scientifico.Luigi ha unito la passione per l’insegnamento con quella per il vino. E’ del 1976 il primo vigneto impiantato, che resta ancora quello principale. Luigi ha svolto un lungo lavoro di ricerca sulla Vernaccia con l’individuazione dei ceppi genetici dai contadini della zona. Un impegno che ha portato, insieme a quello di Franco Tonelli, alla Doc Pergola Rosso. Ricordiamo che la DOC abbraccia il comune di Pergola, ma anche San Lorenzo in Campo, Fratte Rosa, Serra Sant’Abbondio e Frontone. Il Consorzio Pergo-la Rosso DOC comprende oltre Massaioli e Villa Ligi anche Terracruda (Avenanti) di Fratte Rosa, Angelini e Pandolfi Orsini di San Lorenzo e la Cantina Sociale Morciola. Altri produttori sono Rovelli, Valentini e Corrado Tonelli per il Visner (vino di visciole).Luigi ha avuto da Anna 4 figli, tre femmine ed un maschio, Michele, che ha raccolto la passione paterna per la vigna e la cantina. I vigneti coprono 4 ettari, di cui 3 in fase produttiva. I vini realizzati comprendono il Pergola Rosso DOC, con il marchio Ver-nacolo e la celebre etichetta con lo stemma di famiglia. Abbiamo poi il Re Moro, un sangiovese a grana grossa realizzato in purezza e passato in barrique; il Santa Colomba (uva verdicchio e biancame); il Santo, un vino passito; la Visciolata; ed infine anche una grappa di visciola.Una parte della produzione viene esportata addirittura in Francia, la patria del vino insieme all’Italia, e questo, come pergolesi, ci riempie di orgoglio. Particolare suc-cesso è ottenuto dalla Visciolata, uno dei pochissimi vini, insieme al Barolo Chinato ed al francese Banyuls, in grado di abbinarsi con il cioccolato. Michele Massaioli ci ha raccontato che in Francia la Visciolata viene abbinata addirittura con il foie gras.Il Vernacolo ha avuto il premio come “Migliore abbinamento di un vino alla coppa delle Marche” alla festa del Nino.

Sappiamo che il vino, sinonimo di piacevolezza, di convivialità e di cultura, è uno dei prodotti italiano che” tirano” di più. Nel 2012 l’esportazione ha avuto un incremento del 6,6%, in un settore che vale 8 miliardi di euro, di cui 4,7 di export.Siamo orgogliosi delle nostre cantine e dei vini pergolesi. E ci fa particolarmente pia-cere che due ragazzi come Michele Massaioli e Stefano Tonelli credano ancora nella potenzialità delle nostre zone e mettano impegno, passione e professionalità nella loro attività.

Francesco è affiancato dal figlio Stefano che dopo essersi laureato in Scienza e Tecnologie Alimentari ed in Viticoltura ed Enologia, ha avuto una bella esperienza professionale di 5 mesi in Australia, che è una delle terre di frontiera per il vino. Oggi lavora nell’azienda di famiglia: 23 ettari tra proprietà e affitto con una pro-duzione di vino sia sfuso che imbottiglia-to (circa 35.000 bottiglie). Oltre al Per-gola Rosso con il marchio Vernaculum e Grifoglietto, vengono prodotti “La mia visciola”, bevanda aromatizzata a base di Vino e Visciole, Abbiamo poi il Levante, un Bianchello del Metauro Doc; il Ponente, Colli Pesaresi Sangiovese Doc; Settecolli Brut, spumante; Ricordi, Marche Bianco Igt; Fiori, Marche Rosato Igt; Parlengo e Rubicondo, Marche Rosso Igt; Celeste, Mosto di uve parzialmente fermentato; Ambrato e Gocce di Vernaculum, Vini Passiti, e l’MG 09, un metodo classico fir-mato da Marco Gozzi.Collabora all’attività anche la moglie di Francesco, Maria Ida Ligi. Biologa, at-tualmente insegnante di Scienze Mate-matiche presso la scuola Media di Pergo-la, partecipa nel tempo libero alle attività aziendali. In suo onore è stato dato il nome all’Azienda vitivinicola.La Cantina Villa Ligi ha avuto parecchi ri-conoscimenti tra i quali la presenza dei propri vini in guide prestigiose come As-sociazione Italiana Sommelier, Veronelli, Gambero Rosso, Slowfood, ecc. Altri pre-mi sono stati ottenuti al XXV Concorso Na-zionale Vini - Bollino dell’Enohobby: Pre-miato con 3° posto: Fiori Marche Rosato IGT 2006 e, Premiato con distinzione, il Vernaculum Pergola Rosso DOC 2006, alla II° Rassegna Internazionale dei Vini Pas-siti, Bazzano (BO) 2008: Diploma di Gran Menzione con punteggio di 89,5/100 al passito dolce Ambrato di Grifoglietto 2001.E infine il premio ottenuto nel 2010 dalla confraternita del brodetto di Fano, come miglior vino da brodetto.

Il nuovo logo della Fattoria Villa Ligi sarà su tutte le etichette della prossima produzione Il tradizionale stemma della cantina Massaioli

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Liceo diPergola,cinquant’anni portati bene!

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La Pergolese ha festeggiato nel modo migliore i 90 anni (è stata fondata nel 1923) con il ritorno in “Promozione” dopo la vittoria nel girone A del campionato di Pri-

ma Categoria, sicuramente il più competitivo dei quattro gironi. La squadra ha dovuto affrontare una agguerrita concorrenza e ha dovuto aspettare l’ultima giornata per avere la certezza matematica del primo posto. Al presidente Chiarucci, all’allenatore Guiducci e a tutti i calciatori e i dirigenti vanno le felicitazioni della redazione di “Pro-getto Pergola”.

Complimenti anche alla squadra di pallavolo femminile “BCC Pergola Lancia srl” che ha ottenuto la promozione in serie D. Il sestetto ha dominato il campionato di

Prima Divisione e ha conquistato la promozione diretta. Congratulazioni all’allenatore Olivanti, alle ragazze e a tutta la dirigenza.

Dopo un lungo restauro è stata riaperta la chiesa della frazione di Monterolo. Il lavoro di recupero è stato finanziato dalla Regione Marche grazie all’interessa-

mento del vescovo della diocesi di Fano, Fossombrone, Cagli e Pergola, Monsignor Armando Trasarti. La chiesa, dedicata a Santa Felicita, è stata riaperta nel corso di una cerimonia che si è tenuta il 14 aprile a cura dell’associazione culturale “Castrum Montis Roli 1349”.

Notizie meno positive per la chiesa delle Tinte, probabilmente la più bella di Pergo-la, che, oltre a rimanere chiusa per buona parte dell’anno, subisce anche episodi

di inciviltà e di vandalismo. E’ stato infatti segnalato il furto di fiori all’esterno della chiesa. I fiori erano stati collocati a decoro della zona circostante.

Nel mese di aprile si è tenuto l’ormai tradizionale appuntamento “Una città, un libro” dedicato alla lettura di un libro, seguita da un ciclo di incontri organizzati

da Cristina Galli, Andrea Piscopo, Sergio Belardinelli e Anna Bucarelli. Il libro scelto è stato “La società letteraria di Guernsey” di Mary Ann Shaffer. Un plauso particolare a una iniziativa che riscuote sempre molto interesse e partecipazione.

Il Liceo Scientifico Statale di Pergola ha compiuto cinquant’anni! Ancora un evento che gratifica la comunità di Pergola e che dimostra come questa istituzione scolastica, istituita nel 1963 da una costola del Liceo Scientifico“Marconi”di Pesaro, abbia formato diverse generazioni e continui tuttora a svolgere un importante ruolo di educazione delle coscienze e di crescita culturale per tutto il nostro territorio. Il 27 e 28 aprile si sono ritrovati, nello spazio verde attiguo all’edificio, ex-studenti e insegnanti per celebrare l’Anniversario insieme all’attuale corpo docenti, al personale ATA e ad una folta rappresentanza degli oltre 200 alunni che frequentano attualmente l’istituto. È stato un momento di festa animato dagli stessi liceali e da ex- studenti che sono anche musicisti e componenti di un folto gruppo teatrale, ma anche un’occasione di confronto sul ruolo svolto dalla Scienza nella società contemporanea. Il dibattito è stato animato da ex-studenti che oggi si sono affermati nel campo della docenza universitaria e in quello della ricerca.Al Convegno sono stati invitati tutti i Sindaci dei Comuni limitrofi, perché è importante sottolineare che il Liceo di Pergola gode di un ampio bacino di utenza che va dal Comune di Cagli a quello di Castelleone di Suasa, per arrivare a toccare quelli di Mondavio e Monteporzio.Sono intervenuti inoltre rappresentanti della Provincia di Pesaro-Urbino e della Regione Marche, dal momento che questi Enti hanno da sempre sostenuto il Liceo pergolese fornendolo di strutture adeguate e contribuendo alla realizzazione di Progetti di Didattica. Ed è proprio questa sinergia di forze che contribuisce a rendere questa istituzione scolastica necessaria per la crescita culturale di un intero territorio. Insomma si può ben dire: Liceo di Pergola, cinquant’anni davvero portati bene!

periodico pergolese di informazione e approfondimento

PROGETTOPERGOLA

Distribuzione gratuita nel Comune di Pergola PU

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Hanno collaboratoMassimo AlbertiniLoredana ContiDaniela EusepiFederico Vegliò

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