Progetto INFEA PENSA CON I SENSI, SENTI CON LA...

22
1 Progetto INFEA Realizzato con il contributo della Regione Emilia-Romagna–Bando INFEA-CEA 2007-2008 PENSA CON I SENSI, SENTI CON LA MENTE educare all’ambiente attraverso la parola, i segni, il corpo Il percorso di ricerca ha proposto diversi moduli formativi fra cui una giornata di formazione gestita da Anima Mundi il 16 ottobre 2008 presso il centro IDEA a Ferrara. Durante la giornata formativa, alla quale hanno partecipato insegnanti, educatori ambientali e formatori, si è stato proposto un modo innovativo di (ri)scoprire a fondo il territorio. Tale scoperta è avvenuta attraverso un incontro con i luoghi non solo cognitivo, ma anche emozionale (mediante i cinque sensi e le emozioni suscitate da esperienze dirette).

Transcript of Progetto INFEA PENSA CON I SENSI, SENTI CON LA...

1

Progetto INFEA

Realizzato con il contributo della Regione Emilia-Romagna–Bando INFEA-CEA 2007-2008

PENSA CON I SENSI, SENTI CON LA MENTE

educare all’ambiente attraverso la parola, i segni, il corpo

Il percorso di ricerca ha proposto diversi moduli formativi fra cui una giornata di

formazione gestita da Anima Mundi il 16 ottobre 2008 presso il centro IDEA a

Ferrara.

Durante la giornata formativa, alla quale hanno partecipato insegnanti, educatori

ambientali e formatori, si è stato proposto un modo innovativo di (ri)scoprire a fondo

il territorio. Tale scoperta è avvenuta attraverso un incontro con i luoghi non solo

cognitivo, ma anche emozionale (mediante i cinque sensi e le emozioni suscitate da

esperienze dirette).

2

L’incontro è stato finalizzato alla riappropriazione del territorio in cui si vive, ma

nello stesso tempo anche all’acquisizione di un metodo che permetta di andare alla

scoperta di luoghi.

I partecipanti

Pensa con i sensi: Si è infatti lavorato sul concetto di sensorialità come strumento di

conoscenza (della natura, dell’ambiente, della realtà, delle cose insomma…).

Il là è stato offerto, oltre che dalle parole scritte dai partecipanti, dalla frase di Pascal:

“Noi conosciamo la realtà non soltanto con la ragione, ma altresì col cuore; ed è in

questa seconda maniera che conosciamo i principi primi…”

Pascal, attraverso la sua filosofia, si accosta anche alle discipline scientifiche,

facendo delle importanti considerazioni. Infatti, secondo lui, la conoscenza umana è

limitata sempre dai due abissi dell'infinito e del nulla, dai quali nessun uomo (e

3

quindi nessuna scienza) può prescindere. Il pensiero è infatti ovviamente finito, e

coloro che hanno indagato la natura hanno invece pensato di poterne scoprire i

principi primi ed ultimi (cioè il tutto), che però si trovano proprio al "limite" di tali

abissi infiniti (infinitamente grande e infinitamente piccolo). Pascal, dunque, afferma

che del mondo si può avere solo una conoscenza limitata, parziale, ma comunque

valida….

L’obiettivo della giornata, ma più in generale, l’obiettivo costante degli operatori nel

campo educativo (sostenibilità, ambiente, teatro, etc …) non è stata la pura

conoscenza della realtà ma l’amore verso la realtà (il mondo globale/locale) da

provare e far provare agli altri, per la sua CURA (I care).

Nessun uomo salverà mai ciò che non ama

(Stephen Jay Gould)

Gli obiettivi che si sono proposti sono stati quelli sostanzialmente di sperimentare

modalità non prettamente razionali di comprendere la realtà e trasferirla agli altri.

Si sono quindi sperimentati :

- la ricerca/esplorazione/curiosità e poi l’ascolto di un luogo mediante i sensi (udito,

gusto, vista, olfatto, tatto, cinestesia/equilibrio/propriocezione)

- la riflessione su un luogo (ed il nostro rapporto con esso) mediante una storia (le

storie sono legami, i legami ci fanno “fermare” in un posto)

- il racconto come modalità di trasferimento ad altre persone, per far “innamorare”

altre persone e trasferire il “prendersi cura”.

4

Momento di condivisione

- la ricerca di sinestesie: l'accostamento di due sfere sensoriali diverse e/o la

contaminazione dei cinque sensi nella percezione della realtà

Si sono inoltre sperimentate:

- attività meno strutturate (racconto “libero”: la consegna era scrivere una

piccola storia su quel luogo in quel luogo)

- attività più strutturate (la griglia per descrivere il luogo con un colore, un

odore, etc…)

5

Materiali raccolti

- il “prendersi il tempo” che serve in quel momento preciso, “qui ed ora”

Le storie ed esperienze raccolte dai vari partecipanti sono state le

seguenti:

Storia ed esperienza di Lorella:

“TRENTA SECONDI”

Lo spiazzo rotondo ora è vuoto…….. ma restano le tracce del passaggio,

della lotta, della festa, dei giochi, degli amori………

Erba scomposta, piume, brandelli di terra che occhieggiano tra il verde,

rami attoniti e il respiro.

6

Sopra a tutto il respiro.

Un grande respiro trattenuto.

E’ come se il corpo di questo posto avesse tenuto il respiro sospeso nel momento

in cui l’aria è stata inspirata e non l’avesse ancora restituita.

E’ come se tutto dovesse ancora succedere, se tutto fosse ancora possibile.

Forse è davvero così! Solo ora mi avvedo che il vuoto subisce uno squarcio, si apre

una fenditura…………c’è uno sguardo.

E’ sul ramo più alto e guarda giù.

Vigila, aspetta, completamente dentro la sua attenzione, completamente partecipe

del respiro trattenuto.

Ormai l’ho visto, lo sa, io non mi muovo ma la sua zampa ha un fremito, si contrae,

si muove, si sposta,tutto il corpo si sposta.

L’aria viene restituita.

I rami palpitano e tanti altri corpi si muovono lanciandosi richiami e segnali.

La brezza del respiro tornato regolare mi attraversa.

I giochi, le lotte e gli amori possono continuare.

Scheda:

Un sapore – pane

Un suono – richiami

Un odore – terra

Un colore – giallo

Al tatto – un po’ ruvido

Il mio corpo – seduto e rilassato

Adatto per – tatto

7

Racconti…

Storia ed esperienza di Carla:

“IL VECCHIO ACQUEDOTTO” Sta in alto, sul terrapieno, racchiuso da una recinzione di aste di metallo appuntite.

Sembra che debba custodire un tesoro. Dal massiccio edificio a cilindro a piano terra,

si vede partire verso l’alto – circondata dal vuoto – una scaletta a chiocciola, leggera,

sembra un ventaglio spiegato, che scompare nel grande cilindro in alto, quello che

contiene il tesoro.

L’acqua è un tesoro.

E invece il vecchio acquedotto è vuoto.

E’ diventato un supporto per antenne satellitari, non sazia più la sete ma ascolta,

ascolta.

Mi accorgo con piacere che tralci d’edera si stanno arrampicando, sono già arrivati

alla scaletta.

Seduta qui per terra vedo numerosi tarassachi in fiore….le stagioni non sono più

quelle di una volta.

8

UN SAPORE di funghi UN SUONO basso, primordiale UN ODORE humus UN COLORE grigioverde AL TATTO impercettibile IL MIO CORPO appoggiata ad un albero guardo in su, rilassata ADATTO PER vista

Storia ed esperienza di Francesca:

Un tardo pomeriggio di giugno, Sonia, laureanda in architettura, da soli tre mesi qua a

Ferrara; riceve una telefonata da Federica, sua compagna di corso, che le propone di

andare insieme in giro per la città per svolgere il lavoro richiesto da un professore

dell’università: rappresentare in modo dettagliato un particolare della città.

Sonia, proseguendo per le mura in bicicletta con la sua amica, scorge una grande

porta e le dice che lei avrebbe disegnato questo particolare. Federica però si osserva

attorno e non trova nulla per lei e quindi si accordano che per le 19 si trovano sotto la

porta per andare a mangiare una pizza e si salutano.

Sonia incomincia a disegnare, quando sulle mura passa una ragazza che corre e le

chiede l’ora.

Sonia risponde ma la ragazza, di nome Michela, ringraziandola cade. Sonia, lasciando

il suo lavoro, corre subito a vedere cosa le è successo e le chiede se riesce a muovere

il piede.

Michela risponde sì ma che le fa molto male. Nel frattempo la caviglia incomincia a

gonfiarsi.

Sonia poi chiese a Michela se si voleva sedere sulla panchina, così poteva alzare la

gamba.

9

Michela rispose a Sonia che non doveva preoccuparsi perché avrebbe chiamato un

amico che le avrebbe portato del ghiaccio e l’avrebbe portata a casa.

Sonia rispose che non l’avrebbe lasciata sola fino all’arrivo dell’amico e così fece.

Michela poi andò a casa con l’amico ringraziando moltissimo Sonia.

Lei riprese il lavoro che aveva interrotto, ma dieci minuti dopo passò un’altra

compagna di corso, Ilaria, che per lavoro fa la dog sitter e incominciano a parlare.

Si fanno le 19 e Sonia dice con Ilaria che deve incontrarsi con Federica sotto la porta.

Ilaria allora decide di cambiare il suo percorso accompagnandola fino alla porta per

salutare anche Federica.

Le amiche si salutarono e proseguirono per svolgere i propri impegni.

UN SAPORE: AMARO UN SUONO: GHIAIA UN ODORE: FOGLIE IN DECOMPOSIZIONE UN COLORE: MARRONE AL TATTO: RUVIDO IL MIO CORPO: APPOGGIATA ALLE MURA; TESA ( CONTRATTO MUSCOLI) ADATTO PER: VISTA

10

Condivisione…

Storia ed esperienza di Cristina:

Il luogo cercato è stato il cortile del Monastero di Sant’Antonio in Polesine. INCANTESIMO Ad Arianna piaceva molto quel giardino. L’avevano accompagnata lì ogni anno

all’inizio della primavera per ammirare quella meraviglia, il ciliegio che non dà frutti

che però non lesina in quanto a fiori: un nuvolone rosa intenso che prima nasconde la

chiesa e poi, quando i fiori cadono, inonda di rosa tutto il prato. Anche adesso che

Arianna era grande abbastanza per uscire da sola, continuava ad andare in quel

giardino, senza più sapere il perché. Si sedeva sulla panchina e si guardava intorno:

rosa, verde, mattone, grigio, bianco, marrone, movimenti veloci di uccelli, passi

leggeri, passi pesanti, fogliame che vibra, azzurro se alzava gli occhi al cielo, a volte

grigio anche lassù. A sedici anni andò in quel giardino anche all’inizio dell’autunno.

Il ciliegio era spoglio di fiori e il suo sguardo fu cattirato da un altro albero al quale

non aveva mai dato importanza, era grande più del primo, un parente stretto di un

11

pino, ma era carico e stracarico di minuscole e tenere bacche rosse. Iniziò a fissarlo,

l’attraeva con una certa intensità che cresceva e cresceva fin quasi a ipnotizzarla. In

quello spesso silenzio una gazza gracchiò prima una, poi due, poi tre volte. Arianna

non si distrasse e nel breve spazio di quei richiami vide tutte le bacche tingersi di un

azzurro intenso e brillante per poi cadere a terra ridiventando rosse. - Accidenti –

pensò Arianna – che succede? -. Si riprese dal torpore, guardò a terra, le bacche rosse

erano là. Rosse, non azzurre, eppure lei le aveva viste cambiare repentinamente di

colore. Si ricordò di quando sua nonna le diceva di non ‘incantarsi’ troppo, perché se

le fosse successo mentre una gazza cantava, avrebbe potuto vedere cose di cui aver

paura. – Beh, paura no – pensò ora Arianna – però a chi potrò raccontarlo? Nemmeno

Marta mi crederebbe anche se è la mia migliore amica. Del resto io le crederei? Forse

sì, se usasse le parole giuste per dirmelo, e il momento giusto, e il luogo giusto…

proprio a me doveva capitare…?

un sapore: acidulo al tatto: ruvido un suono: cra-cra delle gazze il mio corpo: seduto, rilassato un odore: polveroso, di muschio e foglie e terra adatto per: udito un colore: verde Storia ed esperienza di Laura:

UN NASO IN BICICLETTA Esco dal Centro Idea e percorro viale Alfonso d’Este.

In mezzo a tutti questi alberi avverto un leggerissimo odore di sottobosco fresco poi...

più niente! Anche se sto pedalando nel traffico.

Sono così assuefatta all’odore degli scarichi?

Alla prospettiva, inaspettato, sempre più intenso, ancora sottobosco. Buono! Avanti.

Davanti all’Ospedale......purè????????? Cibo ospedaliero????????

Poi......mensa studentesca. La globalizzazione degli odori!

12

Hanno tutte lo stesso odore!

Persiste fino all’angolo con via Montebello.....o mi avrà impregnato i recettori?

Svolto e ancora il nulla dell’assuefazione.

No! Ecco! Quasi all’angolo di via Porta Mare fiori, meglio...fiorista..

Misto di fragranze ed acqua stagna. Tipico.

Piazza Ariostea....foglie fraciche....(gradevole) misto a polvere d’asfalto.

Mi fermo per un caffè al bar Ariosto. Odore di caffè, ma neanche tanto.

Molto più intenso il profumo griffato della turista che mi si avvicina al banco.

Va bene! Provo con il Parco Massari. Lì, certo, in questo periodo........

Giro un pò.

Mica granchè come odori! Aspettative inattese.

Mi siedo su una panchina e fumo. Per adesso è l’odore più intenso che ho sentito.

Sarà che il martello pneumatico che lavora in un palazzo alle mie spalle occupa un

bel pò di spazio sensoriale! Smette.

Una nonna con il nipotino mi si avvicina. Odore di bimbo! Dolce e caldo e “talcoso”.

Il martello ricomincia.

Mi alzo e torno per le mura alte.

Ehhhh! L’odore delle foglie cadute dei robini e delle acacie è diverso da quello dei

platani!

13

Comunicare…

Storia ed esperienza di Fatima:

LA COLLINA DEI CILIEGI

Loro due erano amiche per tanti motivi, ma quello che le legava specialmente era

uno: a tutte e due piaceva vivere alla giornata con passione e andare a letto in

armonia con se stesse.

Questo può piacere a tutti, ma loro cercavano assolutamente di raggiungere questo

stato fin da bambine.

Quella giornata era andata e loro due si sentivano vuote, non avevano apportato

niente alle loro vite e neanche alle vite degli altri.

Allora era il momento giusto per andare allo “scivolo”.

Nascosto in un parco dentro della città, c’era questo scivolo gigante, arancione, in

mezzo al verde oscuro del parco, uno di quei scivoli che sono un po’ sotterrati sulla

14

pendenza. Bisognava salire la collina per una scala lunga lunga e dopo…dopo

arrivava il meglio…

A quell’ora, quasi mezzanotte, d’ estate, da quelle parti non c’era nessuno. Solo loro,

alberi, grilli, stelle, i pensieri e lo scivolo.

- Da quanto è che non veniamo qui? .Chiese una all’altra

- Ah… Da troppo tempo

- Allora vai!!

Fin da bambine un po’ avevano avuto quella strizza nervosa nello stomaco quando si

sedevano là su in cima. Era sempre un po’ freddo e il panorama avrebbe fatto venire i

brividi a più d’una persona.

Però dopo…bastava una spinta…piccola…sdraiarsi….. ed ecco quelli che

consideravano i 30 secondi più intensi della città.

Stelle, foglie, odori, grilli, stelle, foglie….. e terra…

- Dai, adesso tocca a te.

Scheda: Un sapore – castagne Un suono – foglie che si muovono col vento Un odore – natura invernale Un colore – verde Al tatto – diverso Il mio corpo – rilassato, spazio vitale Adatto per – vista

15

Alla fine è stato chiesto ai partecipanti di compilare delle tabelle di autovalutazione.

Le osservazioni sono state le seguenti:

Tre concetti\attività\operazioni che ho appreso oggi

- Il concetto di cura legato alle relazioni con gli altri e con l’ambiente.

- Stare in un luogo ascoltando tutti i sensi, come ogni senso ne viene investito.

- Serendipiti, interessante fermarsi a riflettere su cosa si è scoperto o

cosa ci ha colpito nonostante non fosse l’oggetto della nostra ricerca.

- Ascoltare, parlare, aprirsi.

- Ho associato il concetto di cura alla biosfera.

- Ho sperimentato un discorso che può avere bisogno dello spazio, di un proprio

luogo, di un camminare.

- Gli ambienti sono abitabili con varie sensorialità/sensibilità spesso trascurate.

- I sensi complementari alla vista si attivano, spesso, solo sollecitati da simoli

che generano risposte del tipo piacere/dolore-pericolo o da eventi

particolarmente intensi. Assolutamente trascurata la possibilità di “ricerca”.

- Non mi prendo il tempo per “conoscere” il mio ambiente.

- Viviamo un tempo in cui per far passare un paio d’ore a zonzo per la città devi

organizzare un corso.

Due punti che non mi sono ancora molto chiari

- La ricerca di un luogo che risuona e l’invenzione di una storia

I principi primi. Sono soggettivi? Sono universali? Come condividerli? Come

sostenerli?

- Dove collocare questa esperienza rispetto alla mia.

- Come moltiplicare e condividere con altri questo tipo di esperienza.

- Sono stata attiva e particolarmente rilassata. avrei voluto il tempo per fare più

domande, ovvero per avere più risposte…!

- Chi e quante delle partecipanti al corso (tutte donne) si concederà di nuovo “il

tempo”?

16

- Come comunicare a tutti la necessità di prenderselo (il tempo)?

Una riflessione sul mio modo (quello di oggi) di stare in formazione

- Ho trovato molto piacevole e arricchente il gruppo di persone che ho incontrato

e la proposta che è stata fatta, mi sono sentita bene, a mio agio e disponibile

all’ascolto. Interessata allo sguardo degli altri partecipanti che mi ha consentito

nuove scoperte in luoghi noti.

- Pensavo di essere meno attenta in una formazione di questo genere, invece mi

sono stupita di che la giornata mi è volata e l’ho trovata molto interessante.

sono stata attiva e particolarmente rilassata. avrei voluto il tempo per fare più

domande, ovvero per avere più risposte…!

- Divertita, incuriosita dalle reazioni delle compagne e stimolata a condividere

conoscenze apprese nel corso della mia formazione (quella della mia vita).

Per una questione di tempo non è stato possibile sperimentare e approfondire:

-la serendipità, mediante un’attività analoga a quella proposta per prima. Nel nostro

caso i partecipanti si sono fermati in un luogo che “cercavamo”, mentre la

sperimentazione della serendipità avrebbe portato a trovare l’inatteso mentre si cerca

altro.

Da Wikipedia:

Serendipità è dunque - filosoficamente - lo scoprire una cosa non cercata e imprevista

mentre se ne sta cercando un'altra. Ma il termine non indica solo fortuna: per cogliere

l'indizio che porterà alla scoperta occorre essere aperti alla ricerca e attenti a

riconoscere il valore di esperienze che non corrispondono alle originarie aspettative.

Oltre ad essere spesso indicata come elemento essenziale nell'avanzamento della

ricerca scientifica (spesso scoperte importanti avvengono mentre si stava ricercando

17

altro), la serendipità può essere vista anche come atteggiamento, e - come tale - viene

praticata consapevolmente più spesso di quanto non si creda. Ad esempio tutte le

volte che si smette di arrovellarsi nel ricordare un nome, nella speranza che

l'informazione emerga da sé dalla memoria, in realtà ci si sta affidando alla

serendipità….

La distinzione tra sensazione ed emozione: mentre le sensazione sono semplicemente

la risposta dei nostri sensi ad uno stimolo esterno, l’emozione è una reazione sia

fisica che cognitiva, possiamo dire che più che il cuore (solitamente associato alle

emozione) entra in campo il sistema nervoso/cervello.

Avremmo potuto per esempio condividere una “tavolozza delle emozioni”: associare

un colore/tonalità ad ogni gruppo di emozioni primarie (collera, tristezza, paura,

gioia, amore, sorpresa, disgusto, vergogna)

E poi andare a disegnare una mappa emozionale inclusiva di tutti i luoghi oggetto

delle storie, colorati con i colori decisi prima.

Durante la giornata sono state condivise e proposte le seguenti citazioni:

Noi conosciamo la realtà non soltanto con la ragione, ma altresì col cuore; ed è in

questa seconda maniera che conosciamo i principi primi…

(Blaise Pasca)

Non c'è un filo d'erba solo in un prato. Non c'è un albero, ma c'è il bosco, dove tutti

gli alberi stanno insieme, non prima o poi, ma insieme, grandi e piccoli, con i funghi

e i cespugli e le rocce e le foglie secche e le fragole e i mirtilli e gli uccelli e gli

animali selvatici, e magari anche le fate e le ninfe e i cinghiali, e i cacciatoti di frodo

e i viandanti smarriti, e chissà quante altre cose ancora. C'è la foresta.

(Carlo Levi: “L’Orologio”; Einaudi, Torino, 1989)

E’ notte. Pin ha scantonato fuori dal mucchio delle vecchie case, per stradine che

vanno tra orti e scoscendimenti ingombri di immondizie. Nel buio le reti metalliche

che cintano i semenzai gettano una maglia d’ombre sulla terra grigio-lunare; le

galline ora dormono in fila sui pali dei pollai e le rane sono tutte fuor d’acqua e fanno

18

cori per tutto il torrente, dalla sorgente alla foce. (…) Pin va per i sentieri che girano

intorno al torrente, posti scoscesi dove nessuno coltiva. Ci sono strade che lui solo

conosce e che gli altri ragazzi si struggerebbero di sapere: un posto, c’è, dove fanno il

nido i ragni, e solo Pin lo sa ed è l’unico in tutta la vallata, forse in tutta la regione:

mai nessun ragazzo ha saputo di ragni che facciano il nido, tranne Pin.

Forse un giorno Pin troverà un amico, un vero amico, che capisca e che si possa

capire, e allora a quello, solo a quello, mostrerà il posto delle tane dei ragni. E’ una

scorciatoia sassosa che scende al torrente tra due pareti di terra ed erba. Lì, tra l’erba,

i ragni fanno delle tane, dei tunnel tappezzati d’un cemento d’erba secca; ma la cosa

meravigliosa è che le tane hanno una porticina, pure di quella poltiglia secca d’erba,

una porticina tonda che si può aprire e chiudere.

(Italo Calvino: “Il sentiero dei nidi di ragno”; Oscar Mondadori, 1999)

“..Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce t’insegneranno le cose

che nessun maestro ti dirà..”

(San Bernardo da Chiaravalle)

Io imperturbabile, sto bene nella Natura,

padrone di tutto o signora di tutto, sicuro di me nel mezzo delle cose irrazionali,

permeato come esse, passivo, ricettivo, silenzioso come esse,

scopro che la mia occupazioine, la povertà, la fama, i punti deboli, i delitti, sono

meno importanti di quanto pensassi,

io, verso il mare del Messico, o a Mannahattan, o nel Tennessee, o nell'estremo nord,

o nell'interno,

un rivierasco, o un abitante dei boschi, o un fattore in uno qualunque di questi stati, o

della costa, o dei laghi, o del Canada,

dovunque io trascorra la mia vita, oh essere equilibrato in ogni circostanza,

affrontare la notte, le tempeste, la fame, il ridicolo, gli accidenti, i rifiuti, come fanno

le piante e gli animali.

(Walt Whitman)

“Accanto al fossato all’estremità più lontana della piantagione cresceva un grande

19

salice rosso, (…) Aveva un ronco grosso e rotondo, vasti rami che si allargvano a

ombrello, e la cortccia ruvida. Quando le sue sottili fogie cadevano, aveva più la

forma di una vecchia quercia che di un salice roso. Non appena riuscii ad

impadronirmi della difficile e pericolosa arte di arrampicarmi, uesto diventò il mio

albro preferito. (…) Tutt le volte che mi sentivo di umore silvestr mi arrampicavo sul

salice per cercarmi un alto ramo robusto sul quale trascorrere un oretta…

(Hudson: “Un mondo lontano”)

Siamo a Calto, nel Polesine, ma dove tutto mi sembra già ferrarese, dal dialetto

all’aria un po’ smorta con cui svettano i campanili. Un paesino di case nuove tutte

squadrate allo stesso modo e di vecchie case con tetti rossi, sotto la scalinata che

scende dall’argine. Dall’altra parte un viottolo porta verso terreni allagati ed uno

sperone di terra sul fiume, dove due meravigliosi lecci coprono tutto con le loro

fronde…

Soffriva molto per questa diffidenza della gente, Ruggeri, quando lavorava nel

ferrarese come ufficiale delle acque. Doveva sorvegliare il livello del fiume, e anche

badare che nessun battello non autorizzato venisse a scavare il fondo del fiume per

portar via della ghiaia. Ma tutti i battelli erano autorizzati, e lui sapeva che andando a

scavare si provocavano disastri, perché l’assetto dell’alveo rimane sconvolto e il

fiume impazzisce.

Lo faceva andare in bestia il fatto che tutti trattassero il fiume come un oggetto

inanimato. E appena poteva, spiegava a tutti che il corso del Po cambia sempre (come

il nostro corpo), a causa della forza centrifuga dell’acqua che erode le sue sponde

concave e dei materiali alluvionali che si depositano sulle sponde convesse, così che

ogni sua ansa è destinata ad essere erosa dalla parte interna, mentre la curva esterna a

poco a poco è chiusa da un terrazzo fluviale, e i meandri si raddrizzano e si riformano

più a valle col movimento continuo d’una biscia che avanza, rimodellando sempre la

via delle acque fin dalla lontanissima era del quaternario.

Ma adesso che tutti lo prendevano per un oggetto inanimato, il fiume stava

lentamente impazzendo ed era diventato incomprensibile nei suoi movimenti, anche

per via dei due cordoni d’argini pensili quasi ininterrotti sulle sue rive. E allora persa

quella saggezza del fiume, restava solo la diffidenza degli uomini: ecco le

meditazioni di Ruggeri quando lavorava come ufficiale delle acque.

… A Ferrara abbiamo dormito in un albergo nella piazza dietro il castello. Andato a

20

rivedere il trittico di Cosmè Tura nel museo del Duomo: nella parte destra alle spalle

della Vergine, ci sono quei vapori di distanza che mi fanno pensare alla pittura

cinese. Avevo nostalgia di questo modo di trattare la lontananza, di guardare lo

spazio che si spalanca sul fondo dove tutto svanisce: non sguardo all’infinito, ma

sguardo su ciò che svanisce…”

(Gianni Celati: Verso la foce; Feltrinelli, 1992)

“Piuttosto irregolare nell’andamento e col ciottolato mezzo ricoperto d’erba, via

Salinguerra è una stradetta secondaria che comincia da un vasto piazzale sbilenco,

frutto di una antica demolizione, e termina ai piedi dei bastioni comunali in relativa

prossimità di Porta San Giorgio. Siamo dunque in città, anzi nemmeno tanto lontani

dal centro medioevale: e basterebbero a confermarlo le fisionomie delle case che

fiancheggiano la via d’ambo i lati, tutte per lo più molto povere e di modeste

proporzioni, a alcune vecchie decrepite, senza dubbio tra le più vecchie di Ferrara.”

(G. Bassani: Lida Mantovani in Dentro le Mura, Il Romanzo di Ferrara, Oscar

Mondadori, 1991).

Vorrei parlarti un poco di una passeggiata che ho fatto fino a Zweeloo, il villaggio in

cui Liebermann h abitato a lungo per fare gli studi di un suo quadro con lavandaie

esposto all’ultimo salone, figurati una passeggiata fatta attraverso la brughiera alle tre

dl mattino in un carretto scoperto, in compagnia del buon uomo presso cui io abito e

che si recava al mercato di Assen. Quando cominciò a diventare un po’ chiaro,

allorché i galli cominciarono a cantare intorno alle fattorie sperdute nella brughiera

(le piccole case, davanti alle quali passavano, circondate da pioppi spogli da cui si

sentivano cadere l piccole foglie gialle; una vecchia torre sperduta in un piccolo

cimitero limitato da un pezzo di terra e da una siepe di campi di grano) tutto, tutto,

dico tutto, diventò esattamente identico al più bel Corot. Una calma, un’aria di

mistero, e una pace come soltanto lui ha saputo dipingere.

(Da una lettera di Vincent van Gogh)

La Natura è un tempio dove vive colonne

lasciano a volte uscire confuse parole;

21

l'uomo vi passa attraverso foreste di simboli

che l'osservano con sguardi familiari.

Come echi lunghi che da lontano si fondono

in una tenebrosa e profondità

vasta quanto la notte e quanto la luce,

i profumi, i colori e i suoni si rispondono.

Ci sono profumi freschi come carni di bimbo,

dolci come oboi, vedi come prati,

- e latri corrotti, ricchi, trionfanti,

che hanno l'espansione delle cose infinite,

come l'ambra, il muschio, il benzoino e l'incenso

che cantano gli abbandoni dello spirito e dei sensi.

(Charles Baudelaire, Corrispondenze)

Le farfalle

ballano

rapidamente

un

ballo

rosso

nero

arancio

verde

azzurro

bianco

granata

giallo

violetto

nell’aria,

sui fiori,

sul nulla,

22

volanti,

successive

e remote.

(Pablo Neruda)

A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali!

(Arthur Rimbaud)

Ci si persuade meglio con le ragioni che abbiamo trovato da noi che con quelle

trovate da altri.

(Blaise Pascal)

Sento e dimentico. Vedo e ricordo. Faccio e capisco.

(Confucio)

Nessun uomo salverà mai ciò che non ama

(Stephen Jay Gould)

La terra ha musica per coloro che ascoltano

(William Shakespeare)