Progetto di piastre strisce

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Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione 28/05/12 Lezione n. 3 Le lastre piane inflesse Criteri di calcolo approssimati Il metodo di Grashof (metodo delle strisce) Una prima stima dei momenti flettenti agenti su una lastra sottoposta ad un carico qualunque, può esser effettuata ipotizzando di suddividere la stessa in un certo numero di strisce in entrambe le direzioni, tra loro indipendenti e che si intersecano in un numero finito di punti. L’idea, dovuta a Grashof (1878), è quella di ripartire il carico agente in porzioni che interessano le strisce tra loro ortogonali, ricavando la quantità di carico che ognuna delle strisce assorbe attraverso l’imposizione dell’uguaglianza degli spostamenti nella direzione di azione del carico (verticali nel caso di una lastra soggetta a carichi verticali come quella rappresentata in figura) nei punti di intersezione. Per chiarire il concetto, si immagini di dover stimare i momenti flettenti nella lastra rettangolare, incastrata sui due lati corti ed appoggiata sui due lati lunghi, soggetta all’azione di un carico uniforme di entità p. Si pensi di rappresentare la lastra tramite due strisce ortogonali, una in direzione X (di lunghezza L X e larghezza b X ) ed una in direzione Y (di lunghezza L Y e larghezza b Y ); le larghezze b X e b Y sono per il momento assunte arbitrarie e le due strisce sono vincolate alle estremità con le stesse condizioni di vincolo della lastra. Il carico p si immagina si ripartisca tra le due strisce in due porzioni p X e p Y ; l’entità di tali carichi verrà determinata imponendo la congruenza degli spostamenti verticali (uguaglianza delle frecce) in P; in altre parole, i valori di p X e p Y si ricavano attraverso la soluzione del sistema X Y X Y p p p f f Ricordando che le frecce di una trave appoggiata e di una trave incastrata di luce L, sottoposte all’azione di un carico uniformemente distribuito q, sono rispettivamente pari a L X L Y b Y P b X f X p X f Y p Y

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Lezione n. 3

Le lastre piane inflesse Criteri di calcolo approssimati

Il metodo di Grashof (metodo delle strisce) Una prima stima dei momenti flettenti agenti su una lastra sottoposta ad un carico qualunque, può

esser effettuata ipotizzando di suddividere la stessa in un certo numero di strisce in entrambe le

direzioni, tra loro indipendenti e che si intersecano in un numero finito di punti.

L’idea, dovuta a Grashof (1878), è quella di ripartire il carico agente in porzioni che interessano le

strisce tra loro ortogonali, ricavando la quantità di carico che ognuna delle strisce assorbe attraverso

l’imposizione dell’uguaglianza degli spostamenti nella direzione di azione del carico (verticali nel

caso di una lastra soggetta a carichi verticali come quella rappresentata in figura) nei punti di

intersezione.

Per chiarire il concetto, si immagini di dover stimare i momenti flettenti nella lastra rettangolare,

incastrata sui due lati corti ed appoggiata sui due lati lunghi, soggetta all’azione di un carico

uniforme di entità p.

Si pensi di rappresentare la lastra tramite due strisce ortogonali, una in direzione X (di lunghezza LX

e larghezza bX) ed una in direzione Y (di lunghezza LY e larghezza bY); le larghezze bX e bY sono

per il momento assunte arbitrarie e le due strisce sono vincolate alle estremità con le stesse

condizioni di vincolo della lastra.

Il carico p si immagina si ripartisca tra le due strisce in due porzioni pX e pY; l’entità di tali carichi

verrà determinata imponendo la congruenza degli spostamenti verticali (uguaglianza delle frecce) in

P; in altre parole, i valori di pX e pY si ricavano attraverso la soluzione del sistema

X Y

X Y

p p p

f f

Ricordando che le frecce di una trave appoggiata e di una trave incastrata di luce L, sottoposte

all’azione di un carico uniformemente distribuito q, sono rispettivamente pari a

LX

LY

bY

P bX

fX

pX

fY

pY

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Lezione n. 3 – pag. III.2

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4 4

app inc

5 q L 1 q Lf f

384 EJ 384 EJ

nel caso in esame si ricava:

4 4Y Y Y Y Y

Y 3 3

Y

p b L p L5 5f

b s s384 384EE

1212

4 4X X X X X

X 3 3

X

p b L p L1 1f

b s s384 384EE

1212

(si noti che nelle espressioni finali non compaiono i termini bX e bY, che quindi possono essere

assunti unitari). Si ha dunque:

X Y

4 4X Y

Y Y X X4 43 3

Y Y X X

p p p

p p pp L p L5 1

5 p L p Ls s384 384E E

12 12

La soluzione del sistema conduce ai valori 4

YX 4 4

X Y

4

XY 4 4

X Y

5 Lp p

L 5 L

Lp p

L 5 L

A questo punto, i momenti flettenti lungo la lastra possono essere stimati attraverso i corrispondenti

valori assunti nelle due strisce (ognuna caricata con la porzione di carico di competenza); si avrà

quindi

incastro (lati corti): 2 4 2

X X Y XX,inc 4 4

X Y

p L 5 L Lm p

12 L 5 L 12

mezzeria:

2 4 2

X X Y XX,mezz 4 4

X Y

2 4 2

Y Y X YY,mezz 4 4

X Y

p L 5 L Lm p

24 L 5 L 24

p L L Lm p

8 L 5 L 8

Ad esempio, nel caso in cui LX = 2·LY, si avrebbe 4

YX 4 4

X Y

4

XY 4 4

X Y

5 L 5p p p

L 5 L 21

L 16p p p

L 5 L 21

e quindi

incastro (lati corti): 2 2

2 2X X YX,inc Y Y

p L 4 L5 5 1m p p L p L

12 21 12 63 12.6

mezzeria:

2 2 22 2X X X Y

X,mezz Y Y

2 22 2Y Y Y

Y,mezz Y Y

p L L 4 L5 5 5 1m p p p L p L

24 21 24 21 24 126 25.2

p L L16 2 1m p p L p L

8 21 8 21 10.5

La soluzione esatta porgerebbe (valori tabulati, caso ν=0.3):

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Lezione n. 3 – pag. III.3

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incastro

(centro lati corti): 2

X,inc Y

1m p L

8.33

mezzeria:

2

X,mezz Y

2

Y,mezz Y

1m p L

20.83

1m p L

11.38

quindi abbastanza vicina a quella ricavata per via approssimata.

Nel caso volessimo cercare di migliorare la soluzione, potremmo suddividere la lastra in un numero

maggiore di strisce, ad esempio con tre strisce in direzione Y e lasciando una sola striscia in

direzione X. In questo caso la congruenza degli spostamenti verticali e la condizione di equilibrio

sul carico devono essere imposte nei tre punti A, B e C di intersezione tra le strisce ortogonali.

Si ottiene quindi un sistema di tre equazioni nelle tre incognite pY1, pY2 e pY3

X1 Y1

X2 Y2

X3 Y3

v f

v f

v f

che, una volta risolto, consente di stimare i momenti flettenti nella lastra attraverso i corrispondenti

momenti nelle strisce tramite le quali è stata rappresentata1.

È evidente come il metodo tenda a risultare più complesso man mano che si aumenta il numero

delle strisce, per cui è opportuno (nell’ottica di ottenere una stima dell’ordine di grandezza dei

momenti agenti sulla lastra) limitare il numero delle strisce in cui la lastra viene suddivisa.

È altresì importante notare come, per quanto si possa infittire il reticolo di strisce ortogonali che

approssima la piastra, la soluzione ottenuta non potrà mai tendere alla soluzione effettiva del

problema elastico. Infatti, sebbene la schematizzazione vista simuli il grado di collaborazione

trasversale offerto dalle strisce mutuamente ortogonali, nello schema utilizzato si è implicitamente

posto ν=0, in quanto non si sono stabilite condizioni sulla congruenza trasversale degli elementi

considerati. Inoltre, anche se il coefficiente di Poisson fosse effettivamente nullo, nella soluzione

ricavata attraverso la suddivisione in strisce non si riesce comunque a mettere in conto la presenza

dei momenti di sostentamento (mXY), che invece giocano un ruolo fondamentale nella deformazione

e nello stato di sollecitazione della piastra.

1 Per la simmetria, nel caso in esame, le incognite potrebbero essere ridotte a due, dal momento che vale fY1 = fY3 e

quindi pY1 = pY3

A B C

y1 y2 y3

pY1

y1

fY1

pY2

y2

pY3

y3

fY2 fY3

p-pY1 p-pY2 p-pY3

vX1 vX2 vX3

LX

LY

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Lezione n. 3 – pag. III.4

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Storicamente, la soluzione attraverso il metodo delle strisce proposta da Grashof è stata via via

migliorata, proponendo coefficienti correttivi in grado di tener conto del diverso grado di

sostentamento offerto dalle strisce in posizioni diverse (quelle centrali tendono ad assorbire una

porzione di carico maggiore di quanto non facciano le strisce più vicine al bordo), oppure per tenere

in conto dell’effetto benefico offerto dalla presenza del momento torcente. Non appare necessario

soffermarci oltre su tali classi di metodi in quanto, con l’avvento dell’elaboratore elettronico, la

possibilità di ottenere soluzioni approssimate ha perso di importanza; è invece opportuno rimarcare

come, attraverso la semplice applicazione del metodo, si possa giungere per via speditiva a

quantificare non tanto il valore ma l’ordine di grandezza delle sollecitazioni presenti nella lastra.

Ad esempio, nel caso di una lastra quadrata di lato L appoggiata lungo il perimetro e soggetta ad un

carico uniforme p, si arriverebbe a stimare il valore del momento flettente al centro della lastra in

p·L2/16 (le due strisce ortogonali assorbono ognuna metà del carico), che per ν=0.3 risulta superiore

di circa il 25% rispetto al momento effettivo, pari a p·L2·(1+ν)/27.1) (la differenza sale al 40% per

ν=0). Quella introdotta rappresenta tuttavia una approssimazione nettamente migliore rispetto, per

esempio, a quella che si otterrebbe tentando di confrontare il momento della lastra con quello di una

trave appoggiata di ugual lunghezza.

Il calcolo con il metodo delle linee di rottura Tale metodo si basa sul teorema del minimo (teorema del moltiplicatore cinematicamente

ammissibile) e consente di determinare pertanto un valore del carico critico maggiore di quello

effettivo; solo nel caso in cui si riesca a determinare una distribuzione di momenti staticamente

ammissibile, che fornisca lo stesso valore del carico critico, la soluzione è esatta; ciò però è

possibile solo in pochi casi semplici.

L'ipotesi di base è che il materiale abbia un comportamento rigido-plastico, per cui si possono

considerare cinematismi che prevedono elementi piani compresi fra le linee di rottura (deformate a

poliedro) e quindi deformazioni risultanti dalle sole rotazioni di questi elementi rigidi intorno ad

assi compatibili con le condizioni di vincolo.

Fessurazione al bordo inferiore di lastra quadrata in

semplice appoggio; carico uniforme; armatura

isotropa e parallela ai lati.

L/2

L/2 m

δmax=1

p

L

L/2

L

L/2

υ υ

δmax

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Lezione n. 3 – pag. III.5

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Il metodo, conosciuto anche come metodo di Johansen (1962), si basa sull'ipotesi che durante la

deformazione plastica le barre si mantengano rettilinee attraverso la linea di articolazione,

conservando quindi la direzione originale.

La ricerca del carico critico si svolge in tre fasi:

- si stabiliscono le possibili "famiglie" di meccanismi, compatibili con la forma della lastra,

l'armatura, i carichi e le condizioni di vincolo, ciascuna caratterizzata da un certo numero k di

parametri geometrici (nel caso della lastra quadrata con i bordi appoggiati riportata in figura, si

ha un solo parametro geometrico che descrive la configurazione deformata della piastra:

l’abbassamento max del punto di mezzeria, che può anche essere assunto unitario);

- si determina per ogni famiglia il meccanismo, definito da particolari valori dei parametri, cui

corrisponde il minor valore del carico esterno;

- si assume come carico di rottura il minore dei carichi così determinati per ogni famiglia.

La ricerca di un meccanismo di rottura cinematicamente ammissibile si basa sui seguenti due

teoremi:

1 La linea di articolazione fra due elementi rigidi passa per il punto di intersezione dei loro assi di

rotazione assoluta.

2 Note le rotazioni j degli elementi, la configurazione di rottura è determinata, in quanto le linee di articolazione devono risultare parallele all'asse vettore della rotazione relativa.

Alla luce dei due teoremi, se la lastra fosse appoggiata lungo i bordi, questi risultano assi di

rotazione per gli elementi rigidi loro vincolati. Note pertanto le rotazioni j degli elementi, è

determinata la configurazione di rottura, in quanto le linee di articolazione devono risultare parallele

all'asse vettore della rotazione relativa (definito dalla differenza vettoriale degli assi vettori delle

corrispondenti rotazioni assolute). Viceversa, nota la configurazione di rottura, si possono calcolare

gli angoli j, a meno di un comune fattore moltiplicativo. Il valore del moltiplicatore cinematicamente ammissibile si ricava dall’uguaglianza del lavoro

esterno prodotto dai carichi e di quello interno sviluppato dai momenti ultimi (momenti resistenti)

lungo le linee di articolazione. In termini generali, si ha quindi

uj j

j

p x, y w x, y dx dy m s s ds

dove il primo integrale rappresenta il lavoro (esterno) sviluppato dai carichi p(x,y) lungo gli

spostamenti verticali w(x,y), ed è esteso a tutto lo sviluppo della lastra, mentre il secondo integrale

rappresenta il lavoro (interno) compiuto dai momenti ultimi lungo le linee di articolazione, ed è

esteso a tutte le articolazioni presenti nel meccanismo individuato.

Nel caso della lastra quadrata riportata in figura, supposta di resistenza uniforme e isotropa (ossia i

momenti ultimi assumono il valore mu indipendente dalla posizione nella lastra e dall’orientazione

del momento) gli integrali precedenti assumono una forma particolarmente semplice.

Per quanto riguarda il lavoro esterno, è facile osservare che ogni diedro si deforma in maniera

uguale agli altri e che in ognuno di essi il lavoro delle forze esterne può essere espresso attraverso lo

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Lezione n. 3 – pag. III.6

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spostamento del punto di applicazione della risultante, situato alla distanza di (L/2)/3 dal bordo e

che quindi subisce uno spostamento pari a max /3; si ha cioè 22

max maxe

p LLL 4 p

4 3 3

(in maniera analoga, si potrebbe notare che, dato che il carico p è costante, l’integrale degli

spostamenti coincide con il volume della piramide a base quadrata di lato L ed altezza max, pari a

L2·max /3, da cui si ottiene il risultato riportato in precedenza).

Lungo le linee di rottura, il lavoro è compiuto dai momenti mu, che hanno asse momento

coincidente con le stesse linee di rottura e quindi, rispetto ai due assi X ed Y che definiscono le

direzioni dei bordi della lastra, hanno componenti mu,X = mu,Y = mu/√2; la rotazione lungo tali linee

può essere vista come la somma vettoriale di una rotazione ϑX = max /(L/2) e di una rotazione ϑY di ugual valore. Il lavoro interno può quindi essere espresso tramite l’integrale lungo le linee di

articolazione diagonali del prodotto scalare tra le due quantità

u um m

2 2 um i j

i j

avendo indicato con ϑ il valore della rotazione, uguale nelle due direzioni; per unità di lunghezza si

ottiene

' u maxi u

mL 2 2 2 m

L2

um

e di conseguenza si può scrivere:

maxi u u max

L 2L 4 2 2 m 8 m

2 L

Lo stesso risultato si può ottenere anche integrando, anziché sulle diagonali, sulle proiezioni delle

stesse lungo gli assi X e Y: lungo tali linee i momenti valgono mu mentre le rotazioni valgono

ancora ϑ =max /(L/2) e quindi si ottiene

max maxi u u u max

2 2L LL 4 m m 8 m

2 L 2 L

Uguagliando Le con Li si ottiene 2 2

maxu max u

p L p L8 m m

3 24

che rappresenta una stima del valore richiesto al momento ultimo della lastra lungo la diagonale (si

ricordi che il momento positivo lungo la diagonale ricavato dalla soluzione elastica vale

p·L2·(1+ν)/27.1 in mezzeria e p·L

2·(1-ν)/21.6 all’appoggio).

δmax

A

B

C

D ϑX

ϑY

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Lezione n. 3 – pag. III.7

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Il risultato ottenuto va interpretato come il valore del carico che, in una piastra dotata di uniforme

resistenza, conduce alla rottura secondo le modalità individuate con il meccanismo di collasso

considerato.

Per uniforme resistenza si intende che il momento resistente (momento ultimo o momento di

plasticizzazione, a seconda del materiale di cui la piastra è composta) è lo stesso in tutti i punti della

piastra ed uguale in tutte le direzioni. Quello che si ricava è quindi un valore, stimato per eccesso,

trattandosi di un’applicazione del teorema cinematico, del carico che potrebbe condurre alla crisi

dell’elemento inflesso. In altre parole, il risultato può essere letto come

uc R2

24 mp p

L

dove i pedici c ed R indicano rispettivamente il carico che si è ricavato (cinematicamente

ammissibile) ed il carico effettivo di rottura. È quindi da tenere presente che, nel caso in cui tale

valore venisse impiegato per la verifica della lastra (attraverso il confronto con l’effettivo carico

agente in condizioni ultime, ad esempio quello previsto per le verifiche allo S. L. Ultimo), occorre

prevedere un opportuno coefficiente di sicurezza, altrimenti si rischierebbe di effettuare una verifica

non conservativa2.

Vedendo il risultato da un altro punto di vista, il valore del momento flettente ricavato attraverso

l’approccio con le linee di rottura potrebbe risultare inferiore rispetto al valore effettivo della

distribuzione di momenti nella piastra; tuttavia, il procedimento utilizzato può essere utile per

stimare l’ordine di grandezza delle sollecitazioni all’interno della lastra inflessa, soprattutto per

condizioni di vincolo e carico abbastanza irregolari per le quali non si dispone di soluzioni tabellate.

In alcuni casi, per cercare di limitare tale inconveniente (ossia per cercare di ricavare un valore di pc

il più possibile prossimo a pR), si può operare definendo la configurazione di rottura a meno di uno

o più parametri geometrici incogniti xi, i=1,…,n, e ricavare un valore maggiormente prossimo a

quello di rottura, imponendo una condizione di minimo sul risultato trovato. In altre parole,

indicando con pc(x1,…,xn) il valore del moltiplicatore cinematicamente ammissibile in funzione

degli n parametri introdotti, si ricava il valore minimo di pc imponendo che

c

i

p0, i 1, ,

x

n

e risolvendo il sistema nelle n incognite introdotte.

Ancora in termini generali, è possibile analizzare anche il caso in cui i momenti resistenti della

lastra non siano uniformi nelle varie zone, ammettendo che essi possano essere diversi nelle due

direzioni considerate. È sufficiente infatti “spezzare” l’integrale che definisce il lavoro interno nelle

varie zone contraddistinte da valori diversi del momento resistente e definire il lavoro interno in

funzione dei valori dei momenti resistenti mu,k, k=1,…,m; in questo caso, conviene solitamente

porre i vari momenti resistenti in funzione del più alto di essi, introducendo dei coefficienti

adimensionali μk definiti da

u,k

k

u,max

m, k 1, ,

m m

Esempio:

Determinazione del momento di progetto in una lastra appoggiata su tre lati e libera sul terzo,

soggetta a carico uniforme p, di diversa resistenza nelle due direzioni.

2 Nei casi pratici, viene usualmente stimato un errore dell’ordine del 5%÷10%, per cui si può assumere,

prudenzialmente, di valutare un effettivo carico ultimo per la piastra inferiore del 10% rispetto a quello trovato

dall’applicazione del metodo cinematico (si veda ad esempio, il testo “Practical Yield Line Design”, di G. Kennedy &

C. Goodchild, Reinforced Concrete Council, UK, 2003, reperibile in rete all’indirizzo http://www.brmca.org.uk/

downloads/PYLD240603a.pdf).

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Lezione n. 3 – pag. III.8

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Ipotizzando la linee di articolazione come in figura (la geometria deformata dipende quindi da un

parametro x incognito), si può ipotizzare che lo spostamento massimo sia in corrispondenza del

segmento BC ed assuma il valore max. Il momento ultimo della lastra vale m nella direzione X e

m nella direzione Y .

Operando come già visto in precedenza, per ognuno dei tre elementi piani individuati, si possono

ottenere le seguenti grandezze (in termini di lavoro esterno e lavoro interno):

elemento Le tratto Li

EAB maxxa b

p2 3

EB

dir X: maxm bxa

EFCB max maxxa b2 p p 1 2x a b

2 3 2

dir Y: maxm xa

b

FDC maxxa b

p2 3

FC

dir X: maxm bxa

dir Y: maxm xab

e max

1 2x a2L p b xa

3 2

i max

b xaL 2 m

xa b

Quindi si ottiene

max max

1 2x a2 b xap b xa 2 m

3 2 xa b

ossia

1 2x a2p b xa

3 2 4 xa 3 6x ap b p a b 3 2xm

b xa b xab xa 12 122

xa b xa bxa b

p a b 3 2xm

b xa12

xa b

(+)

m

a

μm b

A

xa xa (1-2x)a

B C

E F

D

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Lezione n. 3 – pag. III.9

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Volendo ricavare il valore del minimo moltiplicatore cinematicamente ammissibile (o,

equivalentemente, del minimo momento flettente m), si può derivare l’espressione precedente

rispetto al parametro incognito x e porla uguale a zero:

2

2

2

b xa b a2 3 2x

dm p a b d 3 2x p a b xa b x a b0

b xadx 12 dx 12 b axa b x a b

ossia

2

b xa b a2 3 2x 0

xa b x a b

(*)

e quindi

2

3 b 4 b 3a0

x a xa b

(o)

da cui si ottiene

2 2

2 2

b 4 a 2x

a 9 b 3

Sostituendo l’espressione trovata nell’equazione che descrive il valore del momento in funzione di

x, si ottiene infine3

2 2

2

p b 9 am 4 2

24 b

Solai a fungo Il ricorso a schemi di lastra inflessa è spesso utile nel calcolo di solai continui, con orditura

bidirezionale e di spessore costante. In pratica, specialmente nel caso in cui si vogliano coprire luci

abbastanza estese facendo ricorso a impalcati di piccolo spessore, allo schema tradizionale di solaio

a orditura semplice si sostituisce uno schema di solaio che offre resistenza in entrambe le direzioni

(quindi con un comportamento a piastra), spesso eliminando le travi tra i pilastri nelle due direzioni.

Si ottiene quindi una lastra estesa, sorretta puntualmente in corrispondenza dei pilastri; tale schema

trova oggi un rinnovato vigore per diversi motivi, quali la maggiore rapidità di esecuzione (potendo

utilizzare casserature estremamente più semplici, evitando di ricalare le travi in corrispondenza dei

3 Anziché sostituire direttamente il valore ricavato per x, si può ottenere l’espressione attraverso il seguente

procedimento. Utilizzando l’espressione (*) si ricava

2

3 2xb xa b a

xa b 2 x a b

e quindi, sostituendo in (+), si ha

2

p a b 3 2x p a b 1m

b xa b a12 6

xa b x a b

Da (o) si può scrivere

2

b a 4 b

x a b 3 xa

e sostituendo nell’espressione precedente si ottiene 2

2

p a b 1 p a b 1 p a xm

b a 4 b6 6 8

x a b 3 xa

e infine, per sostituzione dell’espressione di x, si ricava il valore finale.

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Lezione n. 3 – pag. III.10

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pilastri) e la necessità di contenere gli spessori di solaio (spesso ricorrendo a strutture post-

compresse a cavi scorrevoli, al fine di mantenere lo spessore nell’ordine di 1/30÷1/35 della luce).

Soprattutto nel caso in cui si eviti l’uso delle travi, la presenza di elevati sforzi di taglio in

corrispondenza dei pilastri fa sì che si renda necessaria l’adozione di un capitello in sommità di

questi ultimi, al fine di rendere soddisfatte le verifiche locali di punzonamento. Pensando ad

esempio ad un carico uniformemente distribuito p agente sul solaio, il contorno del pilastro è

soggetto ad uno sforzo di taglio pari a

V p a b c d

La forma ottimale del capitello sarebbe evidentemente quella di un tronco di piramide (o di cono,

nel caso di pilastri circolari) posto a “sorreggere” il solaio; la particolare forma del capitello ha dato

l’origine alla denominazione di questo tipo di solai, che vengono quindi spesso definiti “a fungo”.

larghezza capitello: 1 1

4 5 luce del solaio

1

1s s

2

Le sollecitazioni che nascono nel solaio possono essere agevolmente calcolate nell’eventualità in

cui agisca un carico verticale uniforme, di intensità p, e la lastra sia composta da un numero

sufficientemente esteso di campi in entrambe le direzioni. In questo caso, infatti, tutte le linee che

collegano i centri dei pilastri rappresentano assi di simmetria del problema e quindi, lungo tali

direzioni, la rotazione a queste ortogonale deve risultare costantemente nulla. Si potrebbe dunque

integrare l’equazione differenziale che governa il problema della lastra inflessa su uno soltanto di

tali campi, utilizzando le seguenti condizioni al contorno, valide se le dimensioni del capitello sono

trascurabili:

in A, B, C e D: w=0

sui tratti AC e BD: X

w0

x

, VX = 0

sui tratti AB e CD: Y

w0

y

, VY = 0

s

s1

a

b

D

A

C

B

Y

X

a a a a

b

b

b

b

d

c

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Lezione n. 3 – pag. III.11

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La soluzione, che dipende, oltre che dalle dimensioni a e b dei campi di solaio, anche dalle

dimensioni del capitello, è stata ottenuta agli inizi del ‘900 (Lewe, 1920, Nadai, 1922) mediante

serie trigonometriche semplici e doppie. Per capitelli di dimensioni pari ad 1/4 della luce e campi

quadrati, la soluzione è quella riportata in figura, dove si sono evidenziati i momenti in

corrispondenza dell’allineamento dei pilastri e della mezzeria dei campi di solaio:

Si può notare che la distribuzione dei momenti flettenti lungo le strisce non è molto diversa da

quella di una trave incastrata alle estremità. In particolare, i valori di tali momenti risultano simili a

quelli della trave incastrata di larghezza unitaria in corrispondenza dell’allineamento dei pilastri e

pari circa alla metà di questi in corrispondenza della striscia che passa per le mezzerie dei campi di

solaio.

I momenti ricavati, che sono relativi ad una distribuzione di carico p uniforme sull’intero solaio,

sono sufficientemente rappresentativi anche degli effettivi valori dei momenti negativi che si

possono ottenere disponendo diversamente i carichi nei vari campi di solaio (analogamente al caso

di una trave continua, in cui i valori massimi dei momenti negativi sono bene approssimati dalla

distribuzione del carico totale, permanente ed accidentale, applicato su tutta la travata). Viceversa, i

valori riportati per i momenti positivi potrebbero non rappresentare correttamente quelli ottenibili a

seguito di una possibile distribuzione non uniforme del carico (analogamente al caso delle travi

continue di un telaio, in cui si massimizzano i valori dei momenti in campata attraverso una

disposizione “a scacchiera” dei carichi).

Supponendo quindi che sul solaio agiscano contemporaneamente carichi permanenti g e carichi

accidentali q (eventualmente fattorizzati attraverso i coefficienti di combinazione), la

massimizzazione dei momenti in campata porterebbe ad ipotizzare una distribuzione dei carichi

accidentali alternata per strisce lungo i vari campi di solaio (ossia, a strisce sulle quali si applica il

carico si alternano strisce scariche). Pensando di massimizzare i momenti positivi nella strisce in

direzione X (ma un ragionamento analogo potrebbe essere fatto per le strisce in direzione Y), tale

configurazione di carico è equivalente alla somma di due condizioni: la prima, simmetrica,

corrisponde a caricare con q/2 l’intero solaio; la seconda, che presenta carattere di antimetria

rispetto alle linee dei pilastri, corrisponde alla disposizione alternata di carichi +q/2 e –q/2 sulle

varie strisce lungo Y.

Page 12: Progetto di piastre strisce

Lezione n. 3 – pag. III.12

Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12

Nel primo caso, i valori dei momenti flettenti sono gli stessi ricavati in precedenza, qualora si

sostituisca a p il valore del carico q/2.

Nel secondo caso, si può notare come ora le linee lungo Y che congiungono i pilastri siano assi di

antimetria per la struttura; di conseguenza, lungo tali linee, il momento flettente mX è nullo, così

come l’abbassamento verticale. Quindi ogni striscia lungo Y può essere pensata come staccata dalle

strisce adiacenti e in una condizione di vincolo di bordo uniforme, assimilabile ad un appoggio: di

conseguenza, si ha una deformata cilindrica ed un momento flettente costante lungo la direzione Y,

che assume il valore (q/2)·a2/8 in mezzeria (momento massimo della trave appoggiata).

Sommando i risultati ottenuti e considerando anche l’azione di un carico permanente uniforme di

entità pari a g, si può affermare che il momento positivo (in campata) assume il valore:

lungo l’allineamento dei pilastri: 2 2 2 2 2

X,max

g a q a q a g a q am

19.8 2 19.8 2 8 19.8 11.4

in mezzeria: 2 2 2 2 2

X,max

g a q a q a g a q am

38 2 38 2 8 38 13.2

È da notare che la disposizione del carico a “strisce” fornisce valori dei massimi momenti positivi

maggiori rispettivamente del 74%, lungo l’allineamento dei pilastri, e del 188%, in corrispondenza

del centro dei campi di solaio, rispetto alla condizione di carico uniforme.

Metodo del telaio equivalente Il sistema strutturale introdotto in precedenza può essere studiato anche approssimando la soluzione

elastica con quella che si otterrebbe dall’analisi di un telaio (piano o spaziale), equivalente,

adottando quello che le istruzioni americane individuano come EFM (Equivalent Frame Method)4,

illustrato anche nell’Appendice I della versione 2005 dell’Eurocodice 25.

4 Si vedano ad esempio le istruzioni ACI 318M-08 “Building Code Requirements for Structural Concrete”, 2008 (ACI:

American Concrete Institute) 5 UNI-ENV 1992-1-1:2005 “Eurocode 2: Design of concrete structures – Part 1-1: General – Common rules for

building and civil engineering structures”

a a a

a

a

a X Y

-q/2 +q/2 +q/2

Page 13: Progetto di piastre strisce

Lezione n. 3 – pag. III.13

Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12

Attraverso questo approccio, il sistema viene suddiviso in una serie di telai (lungo gli allineamenti

dei pilastri), considerando una trave di dimensione pari all’interasse dei pilastri in direzione

trasversale. Ad esempio, in direzione X, si identificano travi che hanno lo spessore s della lastra e

larghezza pari all’interasse dei campi in direzione Y (ossia b).

Una volta risolto il telaio, con le varie disposizioni di carico che massimizzano i momenti positivi

M+ e negativi M

–, occorre procedere alla ripartizione di tali momenti di telaio nell’elemento piastra.

Rispetto alla possibile ripartizione uniforme (che consiste nell’assumere momenti flettenti per unità

di lunghezza pari a mX– = M

–/b, in corrispondenza dei pilastri, e mX

+ = M

+/b, in campata), occorre

tener presente che le strisce in prossimità degli allineamenti dei pilastri (striscia “di colonna” o “di

pilastro”, di larghezza pari a b/2) presentano una rigidezza maggiore rispetto alle strisce vicine alla

zona centrale del solaio (strisce “di campo” o “mediane”, di larghezza pari a b/4). Di conseguenza,

la distribuzione dei momenti flettenti mX in direzione Y non sarà uniforme, ma tenderà ad assumere

valori più grandi nelle strisce di colonna rispetto a quelle di campo.

In maniera approssimata, si può ripartire il momento flettente schematizzandone il reale andamento

in direzione trasversale con porzioni costanti lungo le strisce di colonna e di campo.

In EC2 si raccomanda di utilizzare valori compresi all’interno dei “range” riportati nella seguente

tabella:

Momenti negativi Momenti positivi

Zona su pilastro 60 ÷ 80 % 50 ÷ 70 %

Zona centrale 40 ÷ 20 % 50 ÷ 30 %

Nota: Si raccomanda che i momenti flettenti totali positivi e negativi che insistono

sulle zone centrali e quelle sui pilastri ammontino complessivamente al 100 %

A titolo di esempio, adottando per i momenti negativi una percentuale di ripartizione del 75% per la

striscia di colonna e del 25% per le strisce di campo, nel caso precedente i momenti m1 e m2

assumerebbero i valori:

a a a a

b

b

b b/4

b/4

b/2

X Y

a a

b

b/4

b/4

b/2

X Y mX

–(y)

m1

m2

m1

Page 14: Progetto di piastre strisce

Lezione n. 3 – pag. III.14

Gianni Bartoli/Claudio Mannini/Carlo Guastini – Appunti di Tecnica delle Costruzioni (2) Revisione – 28/05/12

1

M Mm 0.25 0.5

b / 4 b / 4 b

2

M Mm 0.75 1.5

b / 2 b

Quindi, nelle strisce di colonna si ha un valore del momento flettente triplo rispetto a quello nelle

strisce di campo.

Sempre in EC2, qualora le lunghezze dei campi (a e b) fossero diverse tra loro, nella valutazione

della striscia di colonna (indicata con A nella figura seguente) si suggerisce di assumere come

larghezza la minore tra le due quantità a/2 e b/2 (in figura indicate con lx e ly), utilizzando lo stesso

valore in entrambe le direzioni; di conseguenza, la zona di campo (indicata con B in figura)

risulterà di larghezza diversa nelle due direzioni.

Nelle istruzioni americane sono inoltre riportate una serie di indicazioni e di tabelle per correggere

le rigidezze delle travi e dei pilastri da inserire nel telaio equivalente, per tener conto della possibile presenza di capitelli e di travi ricalate in corrispondenza degli allineamenti dei pilastri.

a (>b)

b

b/4

B = b/2

b/4

A = b/2

b/4 b/4 B = a-b/2