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Il Sole 24 Ore - UNITELNews24 Le Newsletter de Il Sole 24 ORE Percorsi di informazione ed approfondimento per professionisti, aziende e Pubblica Amministrazione Servizio di informazione ed approfondimento in tema di ambiente, appalti, edilizia, urbanistica e sicurezza Chiuso in redazione il 18 marzo 2009 © 2009 Il Sole 24 ORE S.p.a. I testi e l’elaborazione dei testi, anche se curati con scrupolosa attenzione, non possono comportare specifiche responsabilità per involontari errori e inesattezze Sede legale e Amministrazione: via Monte Rosa, 91 – 20149 Milano a cura della Redazione Elettronica Edilizia, Ambiente e PA de Il Sole 24 ORE Tel. 06 3022.52.96 e-mail: [email protected] www.professionisti24.com 20

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UNITELNews24 n. 20 2

n. 20 – 18 marzo 2009

Sommario

Pagina

NEWS

Ambiente, appalti, economia e finanza, edilizia e urbanistica, energia, fisco, lavoro e previdenza, mercato, Pubblica Amministrazione, rifiuti, sicurezza 4

RASSEGNA DI NORMATIVA

Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione 15

RASSEGNA DI NORMATIVA REGIONALE 24

Finanziaria 2009 ENTI LOCALI NOVITÀ DELLA FINANZIARIA 2009 SUI DERIVATI

A distanza di pochi mesi dal D.L. 25.6.2008, n. 112, conv. con modif. dalla L. 6.8.2008, n. 133, che aveva bloccato transitoriamente il ricorso ai derivati da parte degli enti locali, la Finanziaria 2009 (L. 22.12.2008, n. 203) è ritornata sull’argomento, riprendendo tali disposizioni ed integrandole

Marco Rossi, La Settimana Fiscale, Il Sole 24Ore, 2 aprile 2009, n. 13 29

Milleproroghe PROROGHE - CONVERSIONE DEL DL 207: IL NUOVO QUADRO DEI RINVII

Convertito in L. 27 febbraio 2009, n. 14, il cosiddetto "milleproroghe" il quale ha confermato, all'art. 32, la proroga al 16 maggio 2009 di alcune disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008 quali la comunicazione degli infortuni che comportino una assenza dal lavoro di almeno un giorno, il divieto delle visite mediche in fase preassuntiva, la valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato e il conferimento della data certa al documento di valutazione dei rischi. All'atto di conversione è stata inserita una nuova proroga di 12 mesi (per cui, entro 24 mesi dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2008) per l'individuazione, tramite decreti emanati ai sensi dell'art. 17 c. 2, L. n. 400/1988, delle particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative delle attività elencate all'art. 3, comma 2, primo periodo, necessarie al fine dell'applicazione del TU stesso.

Dario Bellatreccia, Edilizia e Territorio, Il Sole 24 Ore, 2 marzo 2009, n. 8 32

DURC DURC PER APPALTI PUBBLICI E PRIVATI: LE RECENTI NORMATIVE

Alcune recenti normative hanno modificato o integrato la disciplina in materia di Documento unico di regolarità contributiva nell’ambito degli appalti, sia pubblici che privati

Danilo Papa, Guida al Lavoro, Il Sole24Ore, 27 marzo 2009, n. 13 37

AppaltiCOLLAUDO, L'AUTORITÀ AMMONISCE: "L'AFFIDAMENTO VA ALL'ESTERNO SOLO SE C'È CARENZA DI

ORGANICO"L'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici fa il punto sulla materia del collaudo alla luce del terzo decreto correttivo. Per affidarsi ai privati, oltre alla mancanza di risorse interne, serve anche che risulti impossibile affidarsi a dipendenti di altre Pa.

Paola Conio, Luca Leone, Edilizia e Territorio, Il Sole 24 Ore, 16 marzo 2009, n. 10 42

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Antincendio CPI: LA RILEVANZA PENALE PER L’OMESSA RICHIESTA

La rilevanza penale dell’omessa richiesta del certificato di prevenzione incendi (CPI) è stata caratterizzata, dagli anni ’80 a oggi, da alterne vicende seguite da diverse interpretazioni. Il recente intervento del D.Lgs. n. 139/2006, «Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni e ai compiti del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco a norma dell’art. 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229», e del D.Lgs. n. 81/2008, «Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», non riescono a far convergere, in merito, le soluzioni proposte dagli interpreti. Pertanto, saranno delineati i passaggi cronologici fondamentali della vicenda, al fine di tentare un’ipotesi di soluzione attuale alla luce del nuovo panorama normativo.

Anna La Marca e Gianluca Del Moro, Ambiente&Sicurezza, Il Sole24Ore, 7 aprile 2009, n. 7 46

Energia FONTI RINNOVABILI OBBLIGATORIE DAL 2010A seguito dell’entrata in vigore del decreto legge “milleproroghe”, reso definitivo dalla sua conversione in legge, slitta di un anno l’obbligo per i comuni di prevedere, nei rispettivi regolamenti edilizi, l’installazione di impianti di energia rinnovabile quale condizione necessaria per il rilascio del permesso di costruire.

Flavio Guidi e Paolo Duranti, Consulente immobiliare, Il Sole24Ore, n. 834/2009 51

Rassegna di giurisprudenza APPALTI, BENI CULTURALI, EDILIZIA E URBANISTICA, INQUINAMENTO, PUBBLICA

AMMINISTRAZIONE, PUBBLICO IMPIEGO, RIFIUTI, SICUREZZA ED IGIENE DEL LAVORO 53

Energia SE LA DOMANDA PER IMPIANTI EOLICI È CARENTE LA PA PUÒ SCEGLIERE TRA INTEGRAZIONE O

RINNOVO

La sentenza sottolinea anche che sulle istanze dei soggetti privati dirette alla valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di un impianto eolico non opera il principio del silenzio assenso. Quest’ultimo è infatti in contrasto con i criteri comunitari che regolano il via libera dei progetti privati

Benedetto Campanella, Guida agli Enti Locali, Il Sole 24 Ore, 21 marzo 2009, n. 12 63

Trasprarenza amministrativa IL DIRITTO DEL CITTADINO AD ACCEDERE ALLE INFORMAZIONI NON PUÒ ESSERE BLOCCATO DA

MOTIVI DI ORDINE PUBBLICO

La sezione lombarda della Corte dei conti, ridisegnando, alla luce del nuovo art. 538 c.p.p., il rapporto tra giurisdizione penale e contabile sul danno da reato, afferma che il giudice penale, in ipotesi di costituzione di parte civile della PA, non possa andare oltre una mera sentenza di condanna generica dell'imputato al risarcimento del danno

Corrado Anna, Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 21 marzo 2009, n. 12 65

Sicurezza ed igiene del lavoro CONDOTTA ANOMALA DEL LAVORATORE

L’obbligo di prevenzione del datore di lavoro si estende agli incidenti che derivino da negligenza, imprudenza e imperizia del lavoratore

Pierguido Soprani, Ambiente&Scurezza, Il Sole 24Ore, 7 aprile 2009, n. 7 68

L’ESPERTO RISPONDE

In questa edizione gli esperti de Il Sole 24 ORE rispondono a quesiti in materia di appalti, DURC, edilizia e urbanistica, fisco, professionisti, Pubblica Amministrazione 70

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! Appalti

" Inammissibile la "clausola-patto" nell'appalto. La sezione di controllo della Corte dei Conti per l'Emilia Romagna, con la deliberazione 5/2009, ha stabilito che è inammissibile inserire nei contratti di appalto di lavori pubblici delle clausole che regolino la corresponsione di interessi per ritardi nei pagamenti causati dall'obbligo di rispettare il Patto di stabilità interno. La deliberazione viene in risposta ad un Comune che negli anni 2004-2006 aveva finanziato opere con proventi straordinari propri, ma che ora non può pagare gli stati di avanzamento altrimenti sfora il Patto. La situazione mette in risalto lo stato di tensione che Comuni e Province hanno nel trovarsi presi tra la necessità di rispettare i vincoli imposti dal rispetto del Patto e gli obblighi nei confronti delle imprese esecutrici dei lavori relativi alle attività avviate negli anni passati e ancora in corso. Con la deliberazione, la Corte dell'Emilia Romagna ribadisce che gli amministratori devono programmare gli interventi in modo da avviare solo quelle opere le cui procedure contabili risultino compatibili con i limiti stabiliti dalla legge, quando scadranno le date di pagamento. Non si può escludere che l'aumento dei costi a carico dei bilanci degli enti derivanti da interessi per ritardati pagamenti possa essere configurato come una ipotesi di responsabilità contabile. E d'altronde, la Corte dei Conti della Lombardia (deliberazione n. 86/2008) ha stabilito che non è possibile neanche concordare con l'impresa una dilazione dei pagamenti senza costi aggiuntivi di interessi. In questo caso, infatti, la traslazione del costo peserebbe tutta sull'impresa, con il rischio che, con lo standardizzarsi di questa usanza, si avrebbe un generalizzato aumento dei costi degli appalti futuri delle amministrazioni, perché magari le imprese inserirebbero nelle loro offerte il "costo implicito" riferito ai possibili ritardati pagamenti. La questione, quindi, esige un intervento legislativo, come chiesto dai Comuni, dalla Confindustria e dai costruttori, vista anche l'attuale difficile situazione economica. Il problema, d'altronde, è urgente, visto anche le dimensioni delle risorse ferme che attendono di essere sbloccate per i pagamenti: 58 miliardi di euro, di cui 43 nei bilanci dei Comuni e 15 nei bilanci delle Province. Sono le cifre dei residui passivi in conto capitale degli enti locali relativi ai consuntivi 2006, tratte dalla relazione della Corte dei Conti al Parlamento. (Patrizia Ruffini, Il Sole 24 Ore - Norme e tributi/Autonomie locali e Pa, 30 marzo 2009, p. 10)

" Lavori in appalto nei primi due mesi del 2009. L’osservatorio mensile di Cresme Europa Servizi ha rilevato, nel mese di febbraio, un aumento dei nuovi avvisi di gara per lavori e ciò ha permesso di migliorare l’andamento del settore rispetto a inizio anno. Tuttavia, nel primo bimestre del 2009 i bandi pubblicati sono stati 3.738 per un valore dei lavori di 4,531 miliardi di euro; lo scorso anno nei mesi di gennaio e febbraio i bandi erano stati 4.086 per un importo di 4,039 miliardi di euro. Il confronto con il 2008 vede quindi una diminuzione dei bandi di gara nella misura del 7,3% e un aumento, invece, nel valore dei progetti del 15,9%. Per quanto riguarda il taglio dei lavori, nel 2009 risultano in aumento i lavori di importo superiore ai 5,1 milioni di euro, mentre le grandi opere, oltre i 51,6 milioni, sono raddoppiate. Sono invece in diminuzione i piccoli bandi per importi inferiori ai 5,1 milioni e soprattutto le gare per opere inferiori a 2,5 milioni, diminuite del 25% per numero e del 23% in valore. Tra le stazioni appaltanti primeggiano le opere stradali sia per le gare bandite da ANAS (+63% nel numero; +11% in valore) che in parte dalle società autostradali (–64% nel numero, ma +73% per valore). È stato positivo anche l’andamento degli appalti delle province e delle ASL, mentre i comuni hanno visto un calo sia di bandi che di valore, pur rimanendo nel loro complesso le principali stazioni appaltanti di lavori. Le aree territoriali più vivaci per il mercato degli appalti sono state la Lombardia, il Veneto e la Campania, in diminuzione invece Sardegna e Sicilia. (Consulente immobiliare, Il Sole24Ore, n. 835/2009, p. 597)

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! Associazioni e categorie

"Un’associazione può ricorrere in giudizio anche per interessi di categoria. Un’associazione di imprenditori può impugnare un bando di gara allo scopo di garantire lo svolgimento dell’Appalto in regime di effettiva concorrenza. È il Tar della Calabria ad affermarlo, con la Sentenza 131/2009, in accoglimento di un ricorso dell’Ance (Associazione nazionale Costruttori edili) provinciale di Reggio Calabria presentato per eccesso di ribasso della base d’asta: circa il 40%. Nel dare ragione all’Ance, il Tar di Reggio ha dovuto però dirimere la pregiudiziale avanzata dal Comune secondo cui l’Associazione dei Costruttori non sarebbe stata legittimata ad agire in giudizio in sede amministrativa contro le clausole del bando. Ma secondo il Tar di Reggio Calabria, le associazioni e gli enti rappresentativi hanno pieno titolo a presentare un ricorso anche quando lo scopo sia quello di tutelare un interesse di categoria. Da notare che l’Ance non aveva presentato domanda di partecipazione alla gara, e che in passato era legittimato ad agire in giudizio solo chi fosse stato coinvolto da interessi personali, attuali e diretti. Lo scopo dell’Ance infatti – accolto dal Tar calabrese – era solo quello di tutelare lo svolgimento della gara in regime di trasparente concorrenza. (Vittorio Italia, Il Sole 24Ore, Norme e Tributi, del 30 marzo 2009, pag. 10 – sintesi redazionale)

! Danno esistenziale

" La Cassazione/Responsabilità di un bar nell’emissione di fumi molesti – è sufficiente il danno esistenziale. Se l’odore di sigaretta che fuoriesce dal bar sottocasa è così persistente e molesto da indurre chi deve sopportarlo ad una modifica del proprio stile di vita (ad es. non poter tenere aperte le finestre) è possibile agire in giudizio per ottenere un risarcimento da liquidare a titolo di danno non patrimoniale. E’ la III Sezione civile della Corte di Cassazione ad aver sancito il principio, con la Sentenza 7875/2009 a conclusione di una controversia giudiziaria durata anni. In lite, i condomini di un edificio del centro di Firenze, costretti a coabitare con le emissioni ininterrotte dell’impianto di aerazione del locale pubblico sottostante, ai quali la Corte ha dato ragione, respingendo il ricorso presentato dal barista contro la Sentenza di merito che lo aveva condannato a pagare 10mila € di risarcimento ai coinquilini. Nel dettaglio, alla luce del nuovo art. 366 del Codice di Procedura Civile, la Suprema Corte ha liquidato l’argomento difensivo, secondo cui la pretesa risarcitoria si sarebbe fondata solo su una semplice evidenza di fatto (le esalazioni) ma senza dimostrarne l’effettiva dannosità per la salute della famiglia obbligata a vivere a finestre serrate. Argomento che la Cassazione ha ritenuto non pertinente, ravvisando il danno nell’impossibilità per la famiglia residente al di sopra del locale di aerare la propria abitazione essendo questa continuamente esposta alle emissioni dei fumi. Con questa decisione, la Cassazione crea un precedente di rilievo, in quanto il danno può anche semplicemente consistere nella modifica forzosa del proprio costume di vita: il cosiddetto danno esistenziale.(Alessandro Galimberti, Il Sole24Ore, Norme e Tributi, 2 aprile 2009, p. 37 – Sintesi redazionale)

! Economia, finanza, fisco, agevolazioni e incentivi

" L’Iva ridotta al 10% si applica solo se gli interventi sono su abitazioni. Il Consiglio Ecofin del 10 marzo scorso ha riconosciuto la possibilità che i Paesi membri dell’Unione europea riducano in via permanente l’aliquota Iva per le prestazioni di servizi ad alta intensità di manodopera, tra le quali, in Italia, rientrano gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle abitazioni (articolo 3, comma 1, lettere a e b, Dpr 380/2001). In realtà, la direttiva 2006/18/Ce ha consentito agli Stati, che avevano già adottato aliquote Iva ridotte per queste prestazioni di servizi, di prorogarne l’applicazione fino al 31 dicembre 2011. Di conseguenza con l’articolo 2, comma 15, della legge 203/2008 (legge finanziaria 2009), in attesa dell’autorizzazione comunitaria, l’Italia ha già prorogato, fino al 31 dicembre 2011, l’applicazione dell’Iva in misura pari al 10% per gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle abitazioni. L’adozione della direttiva consente ora al Governo di introdurre a regime l’aliquota Iva ridotta per tutti gli interventi di

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recupero delle abitazioni. In ogni caso, per le ristrutturazioni pesanti, (interventi di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia e urbanistica, di cui alle lettere c, d, e, del medesimo articolo 31 della legge 457/1978, trasfuso nell’articolo 3 del Dpr 380/2001), in base all’articolo 127-quaterdecies della tabella A, parte III, allegata al Dpr 633/1972, sia per gli edifici abitavi che per quelli a destinazione commerciale, l’aliquota Iva si applica già stabilmente in misura pari del 10% (si veda la tabella a fianco). LE ABITAZIONI. L’applicabilità dell’Iva ridotta al 10% riguarda i lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché quelli di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia, eseguiti su singole unità immobiliari classificate nelle categorie catastali da A/1 ad A/9 e A/11 (a prescindere dalla tipologia dell’edificio del quale esse sono parti) e agli interi fabbricati dove è prevalente la destinazione abitativa (ossia edifici che hanno più del 50% della superficie sopra terra destinata a uso abitativo privato). In quest’ultimo caso, la riduzione dell’aliquota si applica, oltre che per le abitazioni, anche per i corrispettivi relativi a lavori su parti comuni. Come chiarito dalla circolare dell’agenzia delle Entrate n. 12/E/2008, per le fatture emesse sin dal 1° gennaio 2008, non è più necessaria l’indicazione in fattura del costo della manodopera, per fruire dell’aliquota Iva agevolata, continuando a essere prevista unicamente ai fini della detrazione Irpef del 36 per cento. LE ESCLUSIONI. L’agevolazione è, invece, totalmente esclusa per le prestazioni rese dai professionisti (architetti, ingegneri, geometri), in quanto non comprese nella motivazione complessiva della direttiva comunitaria, indirizzata ad agevolare solo le prestazioni con elevata intensità di manodopera. Un altro caso di esclusione è quello relativo alle prestazioni rese con contratto di subappalto (Circolare agenzia Entrate n. 71/E/2000). In particolare, il subappalto che abbia per oggetto lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria deve comunque essere assoggettato a Iva con aliquota ordinaria del 20% (con applicazione del «reverse charge »), in quanto si tratta di prestazione effettuata nei confronti di impresa che come tale, in base a quanto previsto dalla normativa comunitaria, non fruisce dell’aliquota Iva ridotta limitata alle prestazioni effettuate nei confronti del consumatore. (Marco Zandonà, Edilizia e Territorio, Il Sole 24Ore, 23-28 marzo 2009, n. 11, p. 11)

" Federalismo 2016, l'Italia che verrà. Il nuovo Stato. Dopo il sì della Camera al progetto di riordino delle autonomie le ipotesi sugli esiti della riforma. Fra l'opportunità dei costi standard e il rischio di frammentare il sistema.Il disegno di legge delega sul federalismo fiscale è stato approvato alla Camera e ora passa al Senato. Si appresta alla piena approvazione e allora sorgono le domande. Meno sprechi o più spese? Maggiori responsabilità degli amministratori locali o moltiplicazione dei centri di potere? Il sistema tributario si complicherà o si semplificherà? Quello che diverrà l'Italia federalista dal 2016 in poi è ancora tutto da stabilire; molto lo determineranno i decreti legislativi, attesi nei prossimi due anni. Per ora si possono solo fare delle ipotesi. Con il federalismo fiscale l'Italia potrebbe divenire la patria dei circoli virtuosi, se i decreti legislativi raccoglieranno la ratio del Ddl delega, a cominciare dal suo punto più importante, quello dei "costi standard", destinati a sostituire il meccanismo della "spesa storica" e dei "livelli essenziali" delle prestazioni. Attualmente, il finanziamento degli enti locali avviene grazie ai trasferimenti statali, tarati sulla spesa storica, ma con il federalismo questi spariranno e le necessità degli enti saranno calcolate in base ai costi standard (ossia efficienti) dei livelli essenziali delle prestazioni. Il compito dei decreti sarà quello di definire standard che spingano gli enti a spendere di meno. Il federalismo, poi, dovrebbe portare una maggiore responsabilità per i cittadini, chiamati a dare il proprio "voto" alla gestione amministrativa; essi potranno così premiare o sanzionare direttamente gli amministratori locali. Premi e sanzioni (fino anche al commissariamento) arriveranno anche dallo Stato. Infine, il federalismo dovrebbe portare anche a un'accelerazione della lotta all'evasione fiscale. E' probabile, infatti, che gli enti territoriali aumenteranno la vigilanza sui versamenti diretti alle loro casse. Ma ci sono anche i lati bui. Secondo alcuni esperti, il federalismo potrebbe costare allo Stato fino a 100 miliardi di euro. Inoltre, non è sicuro che il decentramento di funzioni a Regioni ed enti locali comporterà un risparmio sul lungo periodo, specialmente se non si avrà una semplificazione bensì una frammentazione e diversificazione del sistema tributario. E in fin dei conti, l'autonomia di Regioni ed enti locali sarà piuttosto limitata, se si considera l'esclusione, da parte del Ddl delega, "di ogni doppia imposizione sul medesimo presupposto, salvo le addizionali previste dalla legge statale o regionale". Il che significa che la possibilità di imporre nuovi tributi in realtà è molto limitata. Inoltre, la condivisione delle banche dati tra Agenzie fiscali ed enti locali (processo necessario per attuare in modo efficace la gestione dei tributi locali) potrebbe portare ad

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una moltiplicazione dei soggetti abilitati ad accedere ai dati sensibili dei contribuenti. Ma l'Italia del 2016 potrebbe essere anche a luci ed ombre, con cose buone e altre meno. Puntare sulla compartecipazione al gettito Iva e Irpef, in sostituzione dei trasferimenti erariali per finanziare le funzioni di Regioni ed enti locali, per esempio, è ritenuta la scelta meno responsabilizzante per gli amministratori e la meno federalista: i soldi continueranno ad arrivare dallo stato. Alcuni esperti, poi, sono sicuri che l'Irap non sarà mai abolita per essere sostituita da altri tributi, e ritengono che sia stato un errore abolire l'Ici sulla prima casa, e che sarebbe più opportuna ripristinarla. Ma ciò non sarà. Il Ddl ha espressamente escluso dalle entrate dei Comuni "la tassazione sull'unità immobiliare adibita ad abitazione principale". I Comuni, però, persa l'Ici sulla prima casa, potrebbero conquistare il gettito della nuova cedolare secca (al 20%) sugli affitti. (Valentina Maglione, Valentina Melis, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, 26 marzo 2009, p. 30)

"P.A. in ritardo sui pagamenti: in arrivo la cessione dei crediti. Assegnato alla Commissione Finanze e tesoro in sede referente il 19 marzo scorso, il disegno di legge che propone una soluzione al problema del ritardo con il quale la pubblica amministrazione provvede al pagamento dei corrispettivi per i servizi erogati, disponendo la cessione dei crediti verso la pubblica amministrazione per imprese sociali, organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e piccole e medie imprese. In particolare, le imprese sociali, le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e le piccole e medie imprese che dimostrino, tramite un bilancio certificato, di avere costi del personale ed accessori in misura superiore al 60 per cento dei costi complessivi dell'esercizio possono adempiere al pagamento degli oneri contributivi, assicurativi e relativi accessori mediante la cessione del credito vantato nei confronti delle amministrazioni pubbliche alle quali hanno svolto una prestazione di servizio. Il pagamento così realizzato non è ostativo al rilascio della certificazione di regolarità contributiva. Il provvedimento, assegnato alla Commissione competente, è in attesa di iniziare l'iter di approvazione parlamentare. (www.professionisti24.ilsole24ore.com)

" Stop ai limiti statali sulla spesa regionale. La Corte Costituzionale impone un nuovo stop ai vincoli eccessivi e "nel dettaglio" dettati alle Regioni con legge nazionale. Con la sentenza n. 99 depositata ieri, infatti, la Consulta ha accolto il ricorso della Regione Veneto in merito alla Finanziaria 2008 (legge 24472007). Il Veneto era ricorsa alla Corte Costituzionale lamentando gli eccessivi vincoli stabiliti dalla Finanziaria 2008 riguardo le somme stanziate per la ristrutturazione edilizia e l'ammodernamento tecnologico di strutture sanitarie. Le spese condizionate da vincoli troppo stretti sono quelle per il potenziamento delle unità di risveglio dal coma, per la terapia intensiva, per l'acquisto di spettrometri per gli screening neonatali. I temi sono stati ritenuti materia troppo specifica per essere trattata dal legislatore statale e per questo i vincoli imposti sono stati giudicati illegittimi in base agli articoli 117 e 199 della Costituzione. E' stata ritenuta illegittima anche la disposizione che pone vincoli alla Regione nella realizzazione di strutture residenziali e nella fornitura di attrezzature destinate alle cure palliative per i malati cronici. Non sono stati accolti, invece, i dubbi di costituzionalità sul principio di leale collaborazione. Sempre in tema di pronuncia statale in ambito sanitario, ieri è stata depositata anche un'altra sentenza della Corte Costituzionale (la n. 94), la quale ha rigettato l'accusa di incostituzionalità dell'articolo 1, comma 796, lettera o) della Finanziaria 2007 (legge 296/2006) esposti dal Tar Lazio e da quello della Puglia-Lecce e relativi alle tariffe delle prestazioni nelle strutture sanitarie private accreditate. L'articolo della Finanziaria 2007 aggiorna i tariffari delle convenzioni e stabilisce che i privati accreditati debbano applicare alle prestazioni specialistiche erogate per conto del Ssn uno sconto del 2% rispetto agli importi indicati nel decreto ministeriale del 22 luglio 1996 e uno sconto del 20% degli importi previsti per la diagnostica ambulatoriale. Sulla materia sono già in atto accordi territoriali, pertanto la Consulta ha rigettato i dubbi sulla disparità di trattamento e l'eventuale ipotesi di danno alla salute. (Lucilla Vazza, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, 3 aprile 2009, p. 34)

" Enti locali. Patto 2008, certificati impossibili. Il meccanismo di certificazione dei Patti di stabilità di Comuni e Province si è bloccato prima ancora di partire: il termine ultimo per presentare

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la dichiarazione di rispetto dei vincoli è scaduto prima ancora che partisse lo stesso meccanismo delle attestazioni. La cosa non è di poco conto, visto che da quest'anno non inviare la dichiarazione di regolarità in tempo utile viene fatto corrispondere allo sforamento del Patto, con tutto quello che ne consegue (scattano infatti le pesanti sanzioni decise nel Dl 112/2008: blocco delle assunzioni, tagli dei trasferimenti ordinari in misura pari allo sforamento, freno alle spese correnti, stop all'indebitamento, taglio del 30% delle indennità degli amministratori). Il termine fissato dal ministero dell'Economia per inviare l'attestazione che i propri conti sono in regola è scaduto ieri, 31 marzo, ma il cantiere del Patto è ancora aperto e il meccanismo, di fatto, non è nemmeno partito: il decreto dell'Economia che disciplina la certificazione non è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, per cui anche chi ha chiuso i conti del 2008 si trova nell'impossibilità materiale di effettuare la certificazione. La Conferenza Unificata del 26 marzo scorso aveva accolto la proposta del Governo di posticipare il termine di due mesi, fino a fine maggio, ma questa proposta non si è trasformata in una norma di legge. In questa situazione, l'Anci sottolinea la necessità di sospendere il tutto fino a che il panorama normativo non sarà ristabilito, con un correttivo all'interno della legge di conversione del Dl incentivi, per fissare un nuovo calendario .(Gianni Trovati, Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi, 1° aprile 2009, p. 31)

"Derivati, sì alle revisioni per adeguare i tassi. Nel rispondere ad un quesito posto da un Comune, la Corte dei Conti della Campania ha prodotto l'importante sentenza n. 11/2009 in cui viene ribadito che finché non viene emanato il regolamento ministeriale che fisserà la nuova disciplina degli swap, e comunque per il periodo minimo di un anno dall'entrata in vigore del Dl 112/2008 (e quindi non prima del 25 giugno 2009), non è possibile per gli enti locali sottoscrivere un nuovo contratto per strumenti finanziari, ma è concessa però la possibilità di rinegoziare i derivati modificandone alcune condizioni contrattuali specialmente per adeguare i tassi di interesse alle mutate condizioni di mercato. Tale posizione, d'altronde, è stata sostenuta anche dalla Consob pochi giorni fa in un'audizione davanti alla Commissione Finanze del Senato. In questo periodo di crisi, sostiene la Consob, gli enti devono valutare attentamente la possibilità di rinegoziare i contratti per ridurre le eventuali perdite potenziali e beneficiare del miglioramento delle loro posizioni finanziarie. La Consob, inoltre, suggerisce anche di affidare alla Corte dei Conti un potere preventivo (interdittivo) sulla sottoscrizione degli strumenti finanziari derivati di Regioni ed enti locali, in questo giovandosi della nuova normativa che affida maggiori poteri della magistratura contabile in tema di controlli. Controlli che riguardano i questionari sui bilanci locali; i provvedimenti sulle operazioni adottate in violazione della normativa vigente e, a breve, anche il controllo su tutti i contratti, sulla base della documentazione che il ministero dell'Economia trasmette ogni mese. Un'altra strada per poter affrontare il problema dei contratti di derivati in essere è quella di estinguere anticipatamente un contratto, pagando un costo di sostituzione la cui determinazione è rimessa all'istituto di credito, senza che siano stati individuati, però, precisi parametri (salvo un generico riferimento a criteri di oggettività).Al proposito, la Corte dei Conti, in un'audizione alla commissione Finanze del Senato, il 18 febbraio scorso, ha fatto presente che allora in sede contrattuale dovrebbero essere esplicitamente determinati sia i limiti minimi sia quelli massimi dell'eventuale costo di scioglimento anticipato del contratto. Numerosi enti, infatti, hanno deciso di estinguere anticipatamente i contratti versando agli intermediari finanziari l'importo richiesto, senza che venissero esplicitati i parametri utilizzati per calcolare il valore del costo di sostituzione. Il segno positivo del saldo a favore dell'ente, però, non significa che il valore del costo di recessione sia stato equo. (Patrizia Ruffini, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi / Autonomie locali e Pa, 30 marzo 2009, p. 10)

"Procedura. La rinegoziazione è un nuovo contratto. La Finanziaria 2009 vieta la sottoscrizione di nuovi contratti di derivati, ma concede la possibilità di rinegoziare quelli già in essere al fine di rivedere i tassi di interesse. Ma il tema è delicato perché, tecnicamente, la "ricontrattazione" consiste in una estinzione del contratto precedente e la sottoscrizione di uno nuovo, ovviamente in base alla normativa vigente, ossia l'articolo 62 comma 3, del Dl 112/2008, il quale prevede che "il soggetto competente della sottoscrizione del contratto per l'ente pubblico attesta per iscritto di avere preso conoscenza dei rischi e delle caratteristiche dei medesimi", il che significa che ogni dichiarazione o riconoscimento successivo di incompetenza assume

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inevitabilmente gli aspetti di un danno patrimoniale. Inoltre, le ricontrattazioni ripropongono il tema della corretta contabilizzazione e del conseguente utilizzo delle risorse generate dall'operazione. Il nodo della questione è che, come già detto, si tratta di due contratti distinti. Uno che si estingue e uno che viene aperto. Quello estinto può generare un flusso negativo, e allora va contabilizzato al Titolo I fra le spese correnti e da finanziare con entrate ordinarie, oppure può generare un flusso positivo, che andrà iscritto al Titolo III delle entrate e che quindi potrà essere utilizzato anche per finanziare spese correnti. La cosa che non si può fare, invece, è compensare il saldo negativo di estinzione del vecchio contratto di swap con il saldo iniziale positivo (upfront) del contratto nuovo. In questo modo, infatti, non solo si contravverrebbe al divieto di compensazione delle partite, ma si violerebbe anche l'articolo 119 della Costituzione, che proibisce di finanziare spese correnti (la perdita di estinzione del vecchio swap) con un debito (l'Upfront, ormai riconosciuto come tale anche dalla normativa, e che pertanto deve essere contabilizzato nel Titolo V delle entrate, con tutto ciò che questo può comportare anche ai fini del Patto). Un altro problema si incontra al momento di iscrivere il saldo annuale prodotto dallo swap. E' fuor di dubbio che la spesa debba essere considerata fra quelle correnti e quindi debba essere iscritta al Titolo I, ma dove vanno iscritte invece le eventuali entrate, che alcuni vogliono contabilizzate al Titolo III e altri al Titolo IV? Anche perché se è sempre possibile l'utilizzo di tali somme per investimenti, più delicato è stabilire la possibilità di utilizzarle anche per finanziare spese correnti, anche ove siano state collocate al Titolo III. Infatti, la decisione di spesa va assunta in ossequio al principio di prudenza. In sostanza occorre fare riferimento al segno del mark to market dell'operazione a fine esercizio. Se questo è positivo, nulla impedisce usarlo per finanze spese correnti, anche se di natura non ricorrente; se invece è di segno negativo tali entrate devono essere accantonate, in vista di possibili perdite successive. Altra questione importante è quella relativa all'accountability e quindi dell'informativa di bilancio. La norma al riguardo non né molto chiara, ma in questo viene in aiuto la proposta di principi contabili dell'Osservatorio che precisa (principio contabile n. 3) quali siano le informazioni essenziali da presentare: i flussi differenziali generati a partire dalla data di stipula del contratto; i flussi potenziali previsti per i prossimi 3-5 anni; il mark to market su base trimestrale; una relazione relativa all'andamento dell'operazione in base all'andamento del mercato.(Stefano Pozzoli, Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi/Autonomie locali e Pa, 30 marzo 2009, p. 10)

"Dl incentivi, per i Comuni mini-fondo da 150 milioni. Le commissioni Attività produttive e Finanze della Camera hanno dato l'ok, in sede referente, al Dl incentivi con alcune rilevanti novità: verrà istituito un mini-fondo da 150 milioni per i Comuni; saranno dati dei bonus ad anziani e soggetti a basso reddito per l'acquisto del decoder per il digitale terrestre; verrà rifinanziato il Fondo di garanzia per le imprese. E ancora, ci sarà la "rottamazione" per auto, elettrodomestici e mobili; si avranno prestiti per sostenere le Pmi. Ora il testo passa all'esame dell'Aula. Probabilmente il Governo dovrà ricorrere alla fiducia per l'approvare in tempo il decreto legge, dato che la scadenza è prevista per il 12 aprile prossimo. Ma comunque, dopo l'impasse di mercoledì scorso, l'iter si è ora sbloccato, grazie anche al passo indietro della Lega che ha accettato l'allentamento molto soft del Patto di stabilità interno "concesso" dal Governo agli enti locali. Accettato, quindi, l'emendamento che mette a disposizione degli enti locali un fondo da 150 milioni per interventi di tutela della sicurezza pubblica e per interventi straordinari di carattere sociale contro la crisi. La copertura del fondo sarà garantita dalle misure anti-evasione. Ci saranno anche più risorse al ministero dello Sviluppo economico per il passaggio dalla tv analogica al digitale terrestre. Nello specifico, ci saranno agevolazioni economiche a favore delle fasce più deboli (anziani e soggetti a basso reddito) per l'acquisto del decoder, come già previsto per la Sdegna e la Valle d'Aosta, con un bonus integrale (previo assenso delle Regioni). Accordato anche il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le imprese. Si tratterà di un miliardo per il triennio 2010-2012, che si va ad aggiungere ai circa 500 milioni già previsti per il 2009. Le Pmi potranno utilizzare le risorse del Fondo anche per la rinegoziazione di debiti con le banche. Un altro fondo, da 400 milioni, è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio per le misure urgenti: dall'assunzione di Lsu nella scuola agli interventi celebrativi per l'organizzazione del G8. La copertura dovrebbe essere garantita dai cosiddetti fondi dormienti. Per quanto riguarda l'autotrasposto ci sono anche interessanti novità. Sarà possibile inserire nei contratti di trasporto le

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variazioni legate al costo del gasolio e viene fatto slittare di un mese (dal 16 aprile al 16 maggio) il termine per il pagamento delle rendite Inail. Inoltre, nel testo del Dl è stato dato anche il via libera alla destinazione di 6,6 milioni per coprire parte del disavanzo del gruppo Tirrenia, che potrà accedere alle nuove misure sugli ammortizzatori inserite nel decreto stesso. Ok anche al "pacchetto-precari" che prevede l'accelerazione della cassa integrazione e il raddoppio delle indennità di disoccupazione per i co.co.pro. che rimangono senza lavoro. Ci saranno anche aiuti per il settore industriale tessile e per il rilancio della moda. Disco verde anche a un micro-pacchetto di misure per difendere le società quotate in Borsa: la Consob potrà ridurre la soglia, ora la 2%, del capitale, per richiedere comunicazioni di mercato. Confermata la destinazione di 300 milioni per il credito all'export. (Marco Rogari, Il Sole 24 Ore - In Primo Piano, 27 marzo 2009, p. 4)

"Dati Finlombarda sulla finanza di progetto. La società finanziaria della regione Lombardia, analizzando i contratti di finanziamento relativi alla finanza di progetto, ha rilevato, nella propria guida periodica agli operatori del settore, che finora i finanziamenti bancari per iniziative di opere pubbliche e di pubblica utilità sono risultati più o meno stabili rispetto agli anni scorsi. La recente crisi finanziaria tuttavia pone seri interrogativi sulle possibilità del sistema bancario di sostenere operativamente un settore che dovrebbe essere in sviluppo, come quello del project financing e delle concessioni di costruzione e gestione di opere pubbliche. (Consulente immobiliare, Il Sole24Ore, n. 834-2009, p. 508)

"Aiuti di stato alle imprese: pubblicati criteri e modalità di funzionamento del Fondo. E' stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 24 marzo n. 69 la deliberazione CIPE 18 dicembre 2008 riguardante "Criteri e modalità di funzionamento del Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli orientamenti U.E. sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, ai sensi del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35.". Al Fondo potranno accedere le imprese (società di capitali), rientranti nei parametri indicati in delibera, che si trovino in difficoltà, che abbiano un numero di dipendenti non inferiore a 50 eche non siano operanti nei settori carbone e acciaio, pesca, acquacoltura e agricoltura. Gli interventi previsti riguardano salvataggio (sostegno finanziario temporaneo e reversibile per un massimo di sei mesi) e ristrutturazione (sostegno per ripristinare la redditività a lungo termine dell'impresa). Previste condizioni molto precise sia per quanto riguarda gli interventi, gli obblighi di notifica, gli iter di accesso e l'operatività della garanzia del Fondo.(www.professionisti24.ilsole24ore.com)

! Edilizia e urbanitica

" Edilizia/La caldaia diventa autonoma solo per cause di forza maggiore. Gli impianti di riscaldamento centralizzati potranno diventare sistemi autonomi solo per cause di forza maggiore emerse durante i lavori di ristrutturazione di un impianto, eseguiti allo scopo di ottenere un basso impatto ambientale in edifici con più di quattro unità abitative. Si tratta del nuovo testo che il Consiglio dei Ministri dovrà valutare per dare il via libera definitivo al provvedimento del 6 marzo scorso in materia di Risparmio energetico nell’Edilizia. A decidere, in base a valutazioni tecniche, a quali condizioni si abbia a che fare con cause di forza di maggiore, dovranno essere i progettisti degli impianti di riscaldamento. La relazione tecnica elaborata dal progettista dovrà poi essere consegnata al Comune dal proprietario dell’immobile insieme alla denuncia della data di inizio dei lavori.(Il Sole 24Ore, Norme e Tributi, del 30 marzo 2009, p. 8 – Sintesi redazionale)

"Qualità architettonica, regole per i costruttori e opere pubbliche tra i disegni di legge in discussione. Qualità architettonica: la Commissione istruzione pubblica del Senato sta esaminando il disegno di legge del Governo n. 1264 che prevede la nuova “Legge quadro sulla qualità architettonica”, al quale sono state abbinate altre proposte di argomento simile (n. 327 del

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sen. Zanda e n. 1062 del sen. Asciutti). L’obiettivo dei DDL, dei quali è relatore lo stesso sen. Asciutti, è di promuovere la qualità delle progettazioni e delle realizzazioni architettoniche ed edilizie, destinando anche, nei limiti del possibile, fondi pubblici appositi per migliorare l’estetica degli edifici dello Stato e degli enti locali. Regole per i costruttori: presso la Commissione ambiente della Camera sono iniziate le discussioni di tre proposte di legge (n. 496 dell’on. Zacchera, n. 1394 dell’on. Marchi, n. 1926 dell’on. Fava) che prevedono una nuova disciplina dell’attività professionale di costruttore edile e delle attività professionali di completamento e finitura edilizia. Tra le altre novità, i disegni legge, che saranno poi unificati da parte delle relatrice Lanzarin, propongono: l’istituzione di corsi di formazione imprenditoriale di almeno 80 ore da parte delle regioni sulle materie organizzative, legislative, tecniche e per la sicurezza sul lavoro; il rilascio di certificati di idoneità professionale per l’esercizio imprenditoriale sulla base di requisiti tecnici e formativi e di capacità organizzativa e finanziaria, prevedendo anche sanzioni per l’esercizio abusivo. Nel corso della discussione sono state effettuate anche audizioni con le categorie interessate anche allo scopo di prevedere un regime agevolativo per gli imprenditori già in attività, soprattutto se artigiani. Opere pubbliche di piccolo taglio: segnaliamo la proposta di legge 2233 della Camera presentata dall’on. Tommaso Foti del PDL che prevede norme concernenti la realizzazione di opere pubbliche infrastrutturali di costo inferiore ai 5 milioni di euro. (Consulente immobiliare, Il Sole24Ore, n. 834-2009, p. 506)

" Edilizia, l’ISTAT segnala un vistoso calo produttivo. L’Istituto di statistica ha rilevato, nel quarto trimestre del 2008, una diminuzione della produzione edilizia del 9,5% circa nei confronti del quarto trimestre del 2007. Il preoccupante calo produttivo, già anticipato da vari segnali in questi mesi, è confermato anche dalla flessione del 5,9% del totale delle giornate lavorate nelle costruzioni.(Consulente immobiliare, Il Sole24Ore, n. 834-2009, p. 507)

! Lavoro e previdenza

"Assicurazioni Lavoro. L’ INAIL aggiorna i minimali dei premi 2009. L’Inail adegua i minimi di retribuzione imponibile giornaliera per il calcolo dei premi di assicurazione 2009. A renderlo noto è l’Istituto stesso con la Circolare n. 17 del 31 marzo. Il premio pertanto va determinato tenendo presenti sia i tassi previsti dalla tariffa, da applicare alla retribuzione, sia i valori minimi di retribuzione giornaliera legale fissati fra i 43 e i 49 €. Cifre differenti invece per i lavoratori del comparto agricolo, i cui minimali sono stabiliti in 38,69 €/g. Alla regola fa eccezione anche l’indennità di disponibilità che il datore di lavoro eroga nei confronti degli assunti con contratto intermittente. Minimale a parte anche per il part-time (6,52 €/h), al quale è assimilato il rapporto di lavoro con contratto ripartito. Differente il criterio di calcolo applicato ai dirigenti, per i quali vale la retribuzione convenzionale annua di 25mila 814 € (cioè 2mila 151 € al mese). Minimale orario a 10,76 € per i dirigenti a tempo parziale. Mentre per i parasubordinati l’imponibile è calcolato sul compenso effettivo, ma entro il tetto dei minimali e massimali di rendita.(Giuseppe Maccarone, Il Sole 24Ore, 2 aprile 2009, p. 34 – Sintesi redazionale)

! Professionisti

" Consiglio di Stato: sì alle tariffe con massimo ribasso. Architetti e ingegneri per aggiudicarsi un appalto di progettazione possono ridurre le tariffe anche del 100%. I minimi inderogabili non esistono più. È il principio adottato dal Consiglio di Stato con la Decisione 6 marzo 2009, n. 1342, in materia di recupero edilizio, adeguamento statico e impiantistico di un edificio universitario. I ribassi senza limite sono consentiti tanto dalla Legge Bersani 223 del 2006 che dal DLgs 152 del 2008 che modifica il Codice degli Appalti. A tal riguardo, i giudici amministrativi hanno osservato che quando in un’offerta si raggiunge un ribasso del 100% su alcune voci, in affiancamento a richieste ragionevoli sul altri servizi, occorre valutare se la proposta nel suo insieme sia tale da garantire sia l’espletamento pieno del servizio oggetto di concorso sia un

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margine di utile sufficiente per il professionista stesso. Se i margini esistono – e pertanto l’offerta non è né oggettivamente carente né anomala – si può ritenere ammissibile anche un ribasso del 100% sulla remunerazione di alcuni specifici servizi.(Guglielmo Saporito, Il Sole 24Ore, Norme e Tributi/Professionisti, 31 marzo 2009, p. 39 – sintesi redazionale)

" Ingegneri “junior”. La sent. n. 1473/2009 del Consiglio di Stato ha sancito la legittimità dei laureati in corsi di laurea triennale alla iscrizione nella sezione B degli ordini professionali tecnici. Tale legittimità era stata contestata dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri con ricorso al Tribunale Amministrativo nei confronti del D.P.R. 328/2001. Secondo il Consiglio di Stato l’ammissione degli ingegneri “junior” non crea confusione di competenze professionali né lede la categoria degli ingegneri senior con laurea quinquennale. (Consulente immobiliare, Il Sole24Ore, n. 835/2009, p. 598)

"Giovani ingegneri a 1.200 euro al mese. Una indagine del CNI (Consiglio degli Ingegneri) ha rilevato che nel 2008 la retribuzione media di un neolaureato è stata di 1.208 euro al mese (–1,8% sul 2007) mentre le donne, sempre più numerose, guadagnano solo 1.091 euro in media. Gli architetti a loro volta sono in generale pagati peggio degli ingegneri in quanto un neolaureato percepisce soltanto 970 euro. La statistica riguarda ovviamente valori medi anche se ci sono forti differenziazioni per zona geografica e per tipo di lavoro. Nell’edilizia in particolare si segnala una scarsa progressione di crescita delle retribuzioni, che dopo cinque anni raggiungono il livello di 1.639 euro/mese, molto meno che in altri settori. Positive infine le prospettive di guadagno per gli ingegneri che vanno all’estero, dove in media le imprese e le società pagano il 60% in più. (Consulente immobiliare, Il Sole24Ore, n. 834/2009, p. 507)

! Pubblica Amministrazione

" Corte di Cassazione. E’ reato del pubblico ufficiale non fornire documenti al cittadino richiedente. Il mancato compimento di un atto ufficiale da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, ovvero la mancata esposizione delle ragioni del ritardo, entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi ha interesse, hanno per conseguenza il compimento di un reato omissivo a consumazione istantanea, che si intende perfezionato con la scadenza del predetto termine (vd art. 328 del Codice Penale). E’ la VI Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la Sentenza 14466/09 del 5 marzo - 2 aprile 2009 a stabilire il principio secondo il quale il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio hanno il dovere di fornire al cittadino richiedente il documento di cui questi abbia fatto domanda, in caso contrario l’impiegato si rende responsabile di rifiuto d’atti d’ufficio. (Giampaolo Piagnerelli, Il Sole 24Ore.com, 2 aprile 2009 – Sintesi redazionale)

! Rifiuti

"Minambiente/On line il MUD per il 2008. È in rete, presso il sito ufficiale del Ministero dell’Ambiente, il software (programma di installazione file.exe) per la compilazione del Modello Unico di Dichiarazione Ambientale, da utilizzare per le dichiarazioni in riferimento all’anno 2008.(www.minambiente.it)

"Rifiuti/Da giugno gli ultimi sei mesi di proroga. I nuovi criteri per l’ammissibilità delle vecchie discariche entrano in vigore dall’1 luglio del 2009. L’ultima proroga del regime transitorio infatti, valida fino a fine anno per il PC (Potere calorifico) scade il 30 di giugno per tutti gli altri parametri. Da fine giugno, ulteriori sei mesi di proroga generalizzata (scadenza 31 dicembre 2009) saranno resi possibili soltanto in caso eccezionale, su esplicita decisione del Ministero dell’Ambiente e su proposta dei Governatori regionali. Si tratta delle disposizioni principali introdotte dall’art. 5,

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comma 1 bis, del DL 208/2008 convertito con modificazioni dalla Legge 13 del 2009. Quanto agli Enti Locali, è loro facoltà autorizzare sottocategorie di discariche destinati a ricevere rifiuti specifici, derogando caso per caso, in base alle valutazioni di rischio, a taluni valori-limite (v. l’art. 7 del DM 3 agosto 2005 che permette in merito ai rifiuti non pericolosi l’autorizzazione di alcune tipologie di discariche).(Luciano Butti, Il Sole 24Ore, Norme e Tributi, del 30 marzo 2009, p. 8 – Sintesi redazionale)

"Discariche/Dubbi sulle tipologie e sulla destinazione dei rifiuti pericolosi. Dubbi interpretativi affiorano a riguardo dell’applicazione degli art. 1 e 7 del DM 3 agosto 2005 in materia di discariche. E di fatti, mentre l’art. 1, comma 4, contempla la possibilità di conferimento di rifiuti che soddisfino i criteri di ammissibilità presso qualsiasi categoria di discarica in discariche di livello di tutela superiore (cioè a dire che i rifiuti che possono essere conferiti in una discarica per non-pericolosi possono essere versati anche in una discarica per pericolosi, in conformità con le disposizioni dell’Allegato II alla Direttiva 1999/31/CE), l’art. 7 dispone che le sottocategorie di discariche possono essere autorizzate soltanto per discariche destinate ai rifiuti non-pericolosi. (Luciano Butti, Il Sole 24Ore, Norme e Tributi, del 30 marzo 2009, pag. 8 – sintesi redazionale)

! Trasporti

" Incentivi per i filtri antiparticolato sui veicoli merci e per l’acquisto di taxi. Le Regione Lombardia prosegue la battaglia contro lo smog a colpi di incentivi e controlli. Ai nuovi contributi per favorire l’acquisto, da parte degli operatori del trasporto, di mezzi non inquinanti, si affianca un aumento degli accertamenti sulle strade. Sono già attivi un bando da 10 milioni per promuovere l’installazione dei filtri antiparticolato sui mezzi diesel destinati al trasporto merci, con contributi da 2.000 a 3.000 euro, e un bando da 1,4 milioni per rinnovare il parco taxi. Oltre a incoraggiare il ricorso a mezzi ecologici, la Regione promette un’azione ancora più incisiva contro chi non rispetta il divieto di circolazione dei veicoli più inquinanti, cioè benzina e diesel Euro 0 e diesel Euro 1, ciclomotori e moto a due tempi Euro 0. Attivo dal 15 ottobre 2008 al 15 aprile 2009, dal lunedì al venerdì feriali dalle 7.30 alle 19.30, il fermo programmato costituisce la misura principale del Piano d’azione contro gli episodi acuti di inquinamento, in particolare quello da polveri sottili. Attualmente sono 300mila i veicoli sottoposti al divieto. In accordo con i Comuni dei diversi capoluoghi e della cintura milanese, è in atto una forte intensificazione degli accertamenti sulle strade regionali. Un’operazione sostenuta economicamente dalla Regione, che si impegna a concedere ai Comuni contributi per finanziare la parte di costi non coperta dalle sanzioni ordinarie. Il presidente Roberto Formigoni si è rivolto anche ai prefetti lombardi per chiedere controlli più severi alla Polizia stradale. «Serve uno sforzo da parte di tutti – ha detto – e strumenti di emergenza per affrontare una situazione che è tale ma non soltanto per la Lombardia. Nei primi due mesi di quest’anno l’inquinamento atmosferico presenta una situazione peggiore dello stesso periodo dell’anno scorso, ma migliore rispetto al 2006. Non siamo la maglia nera né in Italia, né in Europa. La legge regionale sull’aria, la 24/2006, è una buona legge e ai contravventori diciamo: cadrete sotto i nostri controlli». Saranno 30mila le verifiche aggiuntive sui veicoli: ben 32 pattuglie si occuperanno dei punti strategici di accesso e di transito di Milano, mentre dal prossimo autunno il fermo programmato coinvolgerà anche i mezzi diesel Euro 2. Per i cittadini gli aiuti regionali si sommano a quelli statali. Un nuovo bando da 25 milioni di euro offre sovvenzioni alle fasce più deboli per la sostituzione delle auto inquinanti e la trasformazione dei vecchi motori. Sono previsti 3mila euro per ogni vettura elettrica, ibrida, Gpl, metano, bifuel, di classe Euro 3 o superiore, ma anche a benzina con emissioni di Co2 inferiori o uguali a 140 g/km. Ammonta invece a 600 euro il finanziamento per linstallare impianti Gpl o metano su automobili a benzina, e ora viene esteso a tutte le categorie fino all’Euro 4. Presto sarà possibile montare un dispositivo antiparticolato sulle macchine diesel. Già dall’anno scorso le risorse stanziate dal Pirellone erano pari a 50 milioni. Agli enti pubblici sono andati anche 3 milioni per l’acquisto o il noleggio di mezzi ecologici, mentre ai tassisti 850mila euro. (Giulia Gorgazzi, Trasporti, Il Sole24Ore, 16-28 marzo 2009, n., p. 11)

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"Permessi Ztl «legati» alla targa Ribaltata la sentenza del Tar. Permessi di accesso in Ztl legati a ogni singola targa e, dunque, a ogni singolo veicolo. È questo l’effetto della decisione presa dal Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso di appello presentato dal Comune di Roma e da Atac nei confronti della decisione del Tar che aveva bocciato tale limitazione decisa dall’amministrazione capitolina. Nel 2006 (con deliberazione n. 410 del 29 luglio), la Giunta comunale di Roma aveva infatti varato una manovra volta a ridurre gli effetti nocivi del traffico veicolare all’interno del centro storico, rimodulando, tra l’altro, il sistema tariffario relativo al rilascio dei permessi di accesso alle zone da traffico limitato in centro storico. In particolare, si era previsto che a ogni permesso di accesso, di qualsivoglia categoria, fosse abbinata una sola targa; che fossero vietati i permessi di accesso senza targa; che per ogni nucleo familiare residente nel centro si limitasse a tre il numero di permessi e che in favore dei residenti si prevedesse il rilascio di un apposito permesso di solo transito di durata annuale e a un costo prestabilito. Nel novembre del 2006, tuttavia, era stato presentato ricorso al Tar Lazio da parte di un privato, accolto dal tribunale amministrativo regionale (sentenza del 6 agosto 2007 n. 7702), in particolare, in riferimento alla «irrazionalità della previsione di abbinamento del permesso a una sola targa e dunque a un solo veicolo ». In seguito, come detto, Comune di Roma e Atac hanno fatto appello contro la decisione dei giudici amministrativi di primo grado. E il Consiglio di Stato, con sentenza dello scorso 13 febbraio, ha ritenuto fondato quest’ultimo ricorso riscontrando che le norme stabilite dal Campidoglio «non appaiono abnormi alla luce dell’oggettivo risultato perseguito dal Comune, ovvero il decremento delle auto autorizzate a circolare e parcheggiare permanentemente all’interno del centro storico di Roma, con tutte le difficoltà derivanti dalla ristrettezza degli spazi a disposizione». Nello specifico, per quanto riguarda il meccanismo di assegnazione del permesso in riferimento alla targa, si osserva anche che «il meccanismo dell’abbinamento una targa-un autoveicolo, ha riguardato tutte le categorie di permessi di accesso al centro storico, sicché non sono neppure ipotizzabili in astratto situazioni di disparità di trattamento ». E che inoltre è stata prevista la possibilità di rilascio, per i residenti del centro storico, di appositi permessi di transito in vista del raggiungimento di un posto auto in area privata (come un box o un parcheggio privato). (Francesco Nariello, Trasporti, Il Sole24Ore, 16-28 marzo 2009, n., p. 11)

! Unione Europea

" Infrazioni alle regole comunitarie, 15 sentenze a carico dell’Italia. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha emesso, nel 2008, quindici sentenze di condanna a carico dell’Italia per violazioni di norme comunitarie. Quattro decisioni riguardano gli appalti pubblici e altre la sicurezza sul lavoro e la gestione dei rifiuti. Il nostro Paese è tradizionalmente tra quelli oggetto di più numerose censure da parte della giustizia europea, anche se negli ultimi anni la situazione è migliorata. (Consulente immobiliare, Il Sole24Ore, n. 834-2009, p. 507)

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Legge e prassi

(G.U. 18 marzo 2009, n. 64)

! Acqua

AUTORITA' DI BACINO DEI FIUMI ISONZO, TAGLIAMENTO, LIVENZA, PIAVE, BRENTA-BACCHIGLIONE: COMUNICATO 5 marzo 2009 Criteri concernenti gli obblighi di installazione e manutenzione di idonei dispositivi di misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica. (GU n. 53 del 5-3-2009 )

# Si rende noto che il Comitato Istituzionale dell'Autorità di Bacino dei fiumi Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta-Bacchiglione ha approvato, con delibera n. 3 del 15 dicembre 2008, il documento riguardante i criteri concernenti di obblighi di installazione e manutenzione di idonei dispositivi di misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica, redatto ai sensi del decreto legislativo n. 152/2006, articolo 95, comma 3. La delibera è consultabile sul sito internet dell'Autorità di Bacino www.adbve.it e l'avviso relativo sarà pubblicato, come previsto dall'articolo 3 della stessa delibera, a cura delle amministrazioni regionali interessate, nei Bollettini Ufficiali della Regione Veneto e della Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia.

! Ambiente

MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE: COMUNICATO 13 marzo 2009 Comunicato di rettifica relativo al testo del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, coordinato con la legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 13, recante: «Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell'ambiente.». (GU n. 60 del 13-3-2009)

! Appalti

AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI CONTROLLI PUBBLICI DI LAVORI SERVIZI E FORNITURE: DETERMINAZIONE 25 febbraio 2009 Affidamento degli incarichi di collaudo di lavori pubblici a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 11 settembre 2008, n. 152. (Determinazione n. 2). (GU n. 64 del 18-3-2009)

# (...) 1) il collaudo relativo ad un contratto pubblico di lavori è affidato in via prioritaria al personale interno della stazione appaltante, in possesso dei requisiti fissati preventivamente in relazione alla complessità della prestazione; tale affidamento deve essere motivato, con riferimento alla esperienza e competenza dell'interessato, nel rispetto dei principi della proporzionalità, della trasparenza e della rotazione, a tal fine assicurando anche, con cadenza periodica, adeguata pubblicità degli incarichi affidati; al personale dipendente della amministrazione aggiudicatrice incaricato del collaudo spetta, quale compenso dell'attività svolta, l'incentivo ai sensi dell'art. 92, comma 5, del Codice; 2) la stazione appaltante, in caso di carenza del proprio organico, è tenuta a verificare la possibilità di affidare il collaudo a dipendenti di diversa amministrazione;

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UNITELNews24 n. 20 16

3) il collaudo comprende ogni attività di verifica tecnica necessaria secondo quanto previsto dalla normativa di settore in relazione all'oggetto dell'appalto, con riferimento in particolare al collaudo statico, che è svolto pertanto dal soggetto incaricato del collaudo, in possesso dei requisiti stabiliti dalla specifica disciplina; 4) l'affidamento esterno dell'incarico di collaudo, rientrante nella categoria 12 dei servizi attinenti l'ingegneria e l'architettura, di cui all'allegato IIA del Codice, avviene mediante procedure ad evidenza pubblica, nel rispetto delle disposizioni concernenti l'affidamento di tali servizi, ai sensi degli articoli 90 e 91 del Codice; 5) è consentito l'affidamento in economia dell'incarico di collaudo, qualora la stazione appaltante abbia indicato tale attività nel proprio regolamento interno, ai sensi e nei limiti dell'art. 125 del Codice; 6) la partecipazione alla gara è preclusa in via generale ai dipendenti pubblici, ad eccezione dei casi in cui è consentito lo svolgimento della libera professione dalle norme sul pubblico impiego (art. 53 del decreto legislativo n. 165/2001); 7) è ammessa la partecipazione alla procedura concorsuale delle società di ingegneria che devono indicare il responsabile della prestazione, in analogia con quanto previsto per gli incarichi di progettazione; 8) i requisiti per la partecipazione alla gara devono essere proporzionati alla prestazione richiesta, favorendo la più ampia partecipazione dei soggetti interessati; a tal fine, l'esperienza maturata è valutata con riguardo non solo all'attività di collaudo, ma anche ad altre attività attinenti ai servizi di ingegneria ed architettura; 9) l'individuazione del soggetto affidatario avviene utilizzando il criterio del prezzo più basso o dell'offerta economicamente più vantaggiosa, sulla base della scelta discrezionale dell'amministrazione. (...)

! Aria

MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE: COMUNICATO 17 marzo 2009 Approvazione di deliberazioni del Comitato nazionale di gestione e attuazione della direttiva 2003/87/CE(GU n. 63 del 17-3-2009)

# Sono state pubblicate sul sito WEB del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (http://www.minambiente.it) la deliberazione n. 6/2009 inerente il rilascio delle quote di CO2 per l'anno 2009, le Deliberazioni n. 7/2009 e n. 8/2009 inerenti l'aggiornamento delle autorizzazioni ed il rilascio dell'autorizzazione ad emettere gas a effetto serra ai sensi del decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 216 e successive modifiche e integrazioni.

! Economia, Finanze, Agevolazioni e Fisco

AGENZIA ENTRATE: Risoluzione 12 marzo 2009, n. 62 Incentivi al rinnovo dei veicoli e all’acquisto di veicoli ecologici – Codici tributo

# Sono istituiti i codici tributo da 6812 a 6816 per la fruizione dei crediti d’imposta relativi ai contributi per gli incentivi al rinnovo di autovetture, autoveicoli e motocicli e all’acquisto di veicoli ecologici. I codici tributo variano in rapporto alla tipologia ed alla categoria dei veicoli. Si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, co. 6, D.L. 10.2.2009, n. 5 (cd. Decreto «incentivi»), i veicoli nuovi devono essere acquistati, anche in locazione finanziaria, con contratto stipulato a decorrere dal 7.2.2009 e fino al 31.12.2009, purché immatricolati non oltre il 31.3.2010.(La Settimana Fiscale, Il Sole 24Ore, 2 aprile 2009, n. 13)

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AGENZIA ENTRATE: Risoluzione 11 marzo 2009, n. 60Azienda regionale foreste demaniali della sicilia acquisto di immobili – Imposta di registro

# Può applicarsi l’art. 1, co. 7, Tariffa, Parte Prima, D.P.R. 26.4.1986, n. 131, il quale dispone che scontino l’imposta di registro nella misura fissa di € 168 i trasferimenti di beni immobili e diritti reali immobiliari a favore dello Stato, di enti pubblici territoriali, di consorzi costituiti fra gli stessi o di comunità montane, agli atti di acquisto di immobili da parte dell’Azienda regionale delle foreste demaniali della Regione Sicilia, nel caso in cui l’Azienda sia un organo della Regione. Quest’ultima circostanza, infatti, comporta il trasferimento diretto a favore dell’ente territoriale dei beni da assegnare al suo patrimonio indisponibile, senza che abbia luogo un passaggio intermedio dei beni nel patrimonio dell’Azienda regionale delle foreste demaniali.

AGENZIA ENTRATE: Risoluzione 11 marzo 2009, n. 58 Sanzioni amministrative dell’autorità per l’energia elettrica e il gas – Codici tributo

# Sono stati istituiti i codici tributo 787T, 788T e 789T (rispettivamente, per le sanzioni amministrative, gli interesse di mora e la maggiorazione del 10%) per il versamento con il Mod. F23 delle somme dovute a titolo di sanzioni amministrative irrogate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas ex art.11-bis, D.L. 14.3.2005, n. 35, conv. con modif. dalla L. 14.5.2005, n. 80. Nel Mod. F23, nello spazio «codice ufficio o ente» (campo 6) va indicato il codice dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas «QAE» di cui alla «Tabella dei codici enti diversi dagli uffici finanziari» pubblicata sul sito www.agenziaentrate.gov.it. Nello spazio «estremi dell’atto o del documento» (campo 10) si indicano gli estremi dell’atto con il quale si richiede il pagamento.

AGENZIA DOGANE: Circolare 11 marzo 2009, n. 7 Trasporto di prodotti energetici in regime sospensivo esercenti di depositi commerciali liberi

# La circolare fornisce precisazioni in merito alla spedizione di prodotti energetici in sospensione di accisa con documento amministrativo di accompagnamento (Daa) tra depositari autorizzati o verso operatori registrati effettuata da vettori titolari, contemporaneamente, della licenza fiscale di deposito commerciale libero di cui all’art. 25, co. 4, D.Lgs. 26.10.1995, n. 504. Si considera applicabile a tale fattispecie l’art. 6, co. 2, D.Lgs. 504/1995, che permette al trasportatore e al proprietario di prestare garanzia, in modo da impegnarsi così sul buon fine della spedizione e da assumere diretta responsabilità nella circolazione dei prodotti in regime sospensivo.Alla luce di tale disposizione si ritiene che, quando un soggetto sia anche esercente di un deposito commerciale e presti garanzia in qualità di proprietario o trasportatore delle merci, gli sia consentito il trasporto di prodotti energetici in regime sospensivo, a condizione che le merci siano le stesse autorizzate nel suo deposito commerciale di prodotti assoggettati ad accisa. In tal caso, oltre ad evidenziare nella contabilità la cauzione prestata, senza possibilità di esonero e nella misura del 10% dell’aliquota normale sui prodotti trasportati, vanno indicati nel Daa: il numero e la data della fattura afferente alle operazioni negoziali sottostanti alla circolazione dei prodotti (caselle 5 e 6), il nominativo del committente diverso dal destinatario della spedizione (casella 7), il luogo effettivo della consegna (casella 7a), il soggetto che ha prestato garanzia e gli estremi identificativi di questa (casella 10), i dati ricognitivi del mezzo di trasporto (casella 11) e l’ora in cui le merci lasciano il deposito dello speditore (casella 16). Si sottolinea che tali indicazioni rivestono la natura di prescrizioni stabilite per l’esercizio della vigilanza sui depositi fiscali e vanno notificate dagli Uffici operativi ai depositi fiscali stessi. Conseguentemente, la loro inosservanza da parte del depositario può comportare la revoca della licenza fiscale di esercizio ex art. 5, co. 5, D.Lgs. 504/1995. (La Settimana Fiscale, Il Sole 24Ore, 2 aprile 2009, n. 13)

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MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA: DECRETO 5 marzo 2009 Ripartizione delle risorse finanziarie, a favore delle regioni, finalizzate alla realizzazione dei piani di edilizia scolastica. (GU n. 63 del 17-3-2009)

MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE: DECRETO 27 febbraio 2009 Integrazione e modificazione dei criteri di individuazione dei titolari della Carta Acquisti e fissazione delle modalita' con cui le amministrazioni regionali e locali possono integrare il Fondo di cui all'articolo 81, comma 29 del decreto-legge 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113.(GU n. 56 del 9-3-2009)

COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA: DELIBERAZIONE 18 dicembre 2008 Sperimentazione del monitoraggio finanziario nell'ambito dell'«alta sorveglianza delle grandi opere» (articolo 176, comma 3, lettera e) del decreto legislativo n. 163/2006 e s.m.i.): integrazione della delibera n. 50/2008. (Deliberazione n. 107/2008). (GU n. 61 del 14-3-2009)

# (...) 1. Il protocollo operativo per la sperimentazione del monitoraggio finanziario relativo alla tratta T5 della linea C della metropolitana di Roma e più specificatamente relativo alla parte della tratta i cui lavori sono stati aggiudicati al Consorzio E.R.E.A. dovrà prevedere, allo scopo di garantire l'effettiva osservanza degli impegni protocollari, che i contratti e i subcontratti stipulati con l'appaltatore, i subappaltatori, subaffidatari e fornitori siano muniti di clausola risolutiva espressa da attivare nei casi in cui pagamenti eseguiti verso terzi dall'accipiens vengano effettuati senza avvalersi di intermediari abilitati di cui al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e dispongano, in fattispecie del genere, altresì la corresponsione di una penale da parte del soggetto inadempiente.Il soggetto che ha notizia, anche su segnalazione, dell'inadempimento della propria controparte agli obblighi contrattuali di tracciabilità finanziaria dei pagamenti tale da dar luogo, ai sensi del comma precedente, all'attivazione della clausola risolutiva espressa procede in tal senso, informandone contestualmente la Direzione investigativa antimafia. 2. Il citato protocollo operativo dovrà inoltre prevedere che, per le ipotesi di pagamenti non effettuati su conti correnti dedicati ovvero non effettuati tramite bonifici on line, i contratti e subcontratti di cui al punto 1 della presente delibera stabiliscano l'applicazione di una penale pecuniaria di entità variabile, che sia in grado comunque, per le modalità effettive di comminazione e per il quantum, di esplicare un effetto immediato e una capacità dissuasiva concreta e che risulti corrispondente al criterio di ragionevole proporzione rispetto all'addebito. Nel caso di applicazione, anche su segnalazione, di una penale pecuniaria, il contraente in bonis ne informa la Direzione investigativa antimafia. 3. Le eventuali penali di cui al punto 1 saranno affidate in custodia al soggetto aggiudicatore e da questo poste a disposizione del soggetto di cui al secondo comma del medesimo punto 1, nei limiti dei costi sostenuti per la sostituzione del subcontraente o del fornitore. La parte residua di dette penali e le eventuali penali di cui al punto 2 saranno destinate all'incremento della sicurezza dell'opera ed a far fronte ai costi dell'attività di monitoraggio, secondo un programma che il soggetto aggiudicatore sottoporrà al gruppo di lavoro la cui istituzione è prevista dalla delibera n. 50/2008. Il suddetto gruppo di lavoro dovrà approvare anche i relativi rendiconti trimestrali, predisposti dal medesimo soggetto aggiudicatore. 4. La Direzione investigativa antimafia riferisce al gruppo di lavoro di cui al precedente punto 3 circa i casi di applicazione della presente norma. (...)

COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA: DELIBERAZIONE 18 dicembre 2008 Modifica delibera CIPE n. 4 /2008 relativa al riparto tra le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano della disponibilita stanziata dall'articolo 1, comma 796, lettera n) della legge n.

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296/2006, per la prosecuzione del programma pluriennale nazionale straordinario di investimenti in sanita' di cui all'articolo 20 della legge n. 67/1988 e successive modificazioni. (Deliberazione n. 98/2008).(GU n. 63 del 17-3-2009 )

! Edilizia e urbanistica

CONFERENZA UNIFICATA: COMUNICATO 10 marzo 2009 Rettifica all'intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano e le autonomie locali, sugli «indirizzi per prevenire e fronteggiare eventuali situazioni di rischio connesse alla vulnerabilita' di elementi anche non strutturali negli edifici scolastici» (repertorio atti n. 7/CU del 28 gennaio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - serie generale - n. 33 del 10 febbraio 2009) (repertorio atti n. 8/CU del 16 gennaio 2005). (GU n. 57 del 10-3-2009)

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI: DECRETO 30 gennaio 2009 Determinazione del costo di intervento per l'anno 2007 per la ricostruzione degli edifici privati danneggiati dagli eventi sismici 1980/1981, 1982 e 1984. (GU n. 55 del 7-3-2009)

! Energia

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO: DECRETO 3 marzo 2009 Graduatoria dei programmi ammissibili, presentati ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 5 marzo 2008, concernente il bando per la concessione di agevolazioni a favore di programmi di ricerca e sviluppo nell'ambito del Progetto di innovazione industriale per l'efficienza energetica.(GU n. 59 del 12-3-2009)

AUTORITA' PER L' ENERGIA ELETTRICA E IL GAS: DELIBERAZIONE 11 febbraio 2009 Adeguamento delle deliberazioni dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas 18 settembre 2003, n. 103/03, 16 dicembre 2004, n. 219/04 e 23 maggio 2006, n. 98/06, al disposto del decreto del Ministero dello sviluppo economico 21 dicembre 2007, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115/08, delle deliberazioni 18 novembre 2008 EEN 34/08 e 20 dicembre 2008 EEN 36/08. (Deliberazione EEN 1/09). (GU n. 53 del 5-3-2009 )

AUTORITA' PER L' ENERGIA ELETTRICA E IL GAS: DELIBERAZIONE 10 febbraio 2009 Determinazione delle aliquote definitive di integrazione tariffaria relative agli anni dal 1999 al 2006 per le imprese elettriche minori non trasferita all'Enel S.p.A.: S.E.P. S.p.A., Germano Industrie Elettriche S.r.l., S.I.E. Societa' Impianti Elettrici S.r.l., Impresa Campo Elettricita' I.C.EL. S.r.l. (Deliberazione ARG/elt 15/09). (GU n. 53 del 5-3-2009)

AUTORITA' PER L' ENERGIA ELETTRICA E IL GAS: DELIBERAZIONE 10 febbraio 2009 Aggiornamento del valore del fattore di correzione specifico aziendale dei ricavi ammessi a copertura dei costi di distribuzione di cui alla deliberazione 11 dicembre 2007, n. 316/07, relativo alle società Amaie Sanremo S.p.A. e ASSEM S.p.A. di San Severino Marche per l'anno 2006 e rettifica di errori materiali nella deliberazione 22 dicembre 2008, n. ARG/elt 196/08. (Deliberazione ARG/elt 14/09).(GU n. 54 del 6-3-2009)

AUTORITA' PER L' ENERGIA ELETTRICA E IL GAS: DELIBERAZIONE 29 gennaio 2009 Proroga del termine del 30 gennaio 2009 per le comunicazioni a carico degli esercenti l'attivita' di vendita finale di energia elettrica di cui all'articolo 3 della deliberazione 20 novembre 2008, n.

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ARG/elt 167/08. (Deliberazione ARG/elt 12/09). (GU n. 54 del 6-3-2009)

AUTORITA' PER L' ENERGIA ELETTRICA E IL GAS: DELIBERAZIONE 28 gennaio 2009 Determinazione delle modalita' di adeguamento del prezzo di assegnazione di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto del Ministro dello sviluppo economico 25 novembre 2008. (Deliberazione ARG/elt 11/09).(GU n. 54 del 6-3-2009)

AUTORITA' PER L' ENERGIA ELETTRICA E IL GAS: DELIBERAZIONE 28 gennaio 2009 Determinazione del valore medio del prezzo di cessione dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo n. 387/2003 ai fini della quantificazione del prezzo di collocamento sul mercato dei certificati verdi di cui all'articolo 2, comma 148, della legge n. 244/2007, per l'anno 2009. (Deliberazione ARG/elt 10/09). (GU n. 54 del 6-3-2009)

AUTORITA' PER L' ENERGIA ELETTRICA E IL GAS: DELIBERAZIONE 26 gennaio 2009 Integrazione delle disposizioni alla Cassa conguaglio per il settore elettrico di cui alla deliberazione 23 dicembre 2008, ARG/elt 204/08. (Deliberazione ARG/elt 9/09). (GU n. 54 del 6-3-2009)

AUTORITA' PER L' ENERGIA ELETTRICA E IL GAS: DELIBERAZIONE 12 gennaio 2009 Definizione dei corrispettivi per l'anno termico dello stoccaggio 2008-2009, ai fini della reintegrazione degli stoccaggi strategici di cui all'articolo 15, comma 10, della deliberazione 21 giugno 2005, n. 119/05. (Deliberazione ARG/gas 4/09). (GU n. 54 del 6-3-2009)

AUTORITA' PER L' ENERGIA ELETTRICA E IL GAS: DELIBERAZIONE 8 gennaio 2009 Attuazione dell'articolo 2, comma 153, della legge n. 244/2007 e dell'articolo 20 del decreto ministeriale 18 dicembre 2008, in materia di incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili tramite la tariffa fissa onnicomprensiva e di scambio sul posto. (Deliberazione ARG/elt 1/09).(GU n. 54 del 6-3-2009)

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO: DECRETO 2 marzo 2009 Disposizioni in materia di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare. (GU n. 59 del 12-3-2009)

! Prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento

MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE: DECRETO 1 ottobre 2008 Linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di trattamento di superficie di metalli, per le attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. (GU n. 51 del 3-3-2009 - Suppl. Ordinario n.29)

MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE: DECRETO 1 ottobre 2008 Linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di produzione di cloro-alcali e olefine leggere per le attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. (GU n. 51 del 3-3-2009 - Suppl. Ordinario n.29)

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MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE: DECRETO 1 ottobre 2008 Linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di industria alimentare, per le attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. (GU n. 51 del 3-3-2009 - Suppl. Ordinario n.29)

MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE: DECRETO 1 ottobre 2008 Linee guida per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili in materia di impianti di combustione, per le attività elencate nell'allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59. (GU n. 51 del 3-3-2009 - Suppl. Ordinario n.29)

# Con quattro contestuali decreti, datati tutti 1 ottobre 2008, il dicastero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con quello dello Sviluppo economico e quello del Lavoro, della salute e delle politiche sociali, definisce le linee guida recanti i criteri specifici per l'individuazione e l'utilizzazione delle migliori tecniche disponibili, ai sensi dell'art. 4, commi 1 e 2, D.lgs. n. 59/2005, per una serie di “impianti esistenti” ex art. 2, c. 1, lett. D, D.lgs. n. 59/2005, che esercitano le attività rientranti nell’allegato I al D.lgs. medesimo ed appartenenti ai punti: 1) 2.6. Impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento utilizzate abbiano un volume superiore a 30m3; 2) 4.1 e 4.2 Impianti esistenti di produzione di cloro-alcali e olefine leggere; 3) 6.4., b) trattamento e trasformazione destinati alla fabbricazione di prodotti alimentari a partire da: materie prime animali (diverse dal latte) con una capacita' di produzione di prodotti finiti di oltre 75 tonnellate al giorno ovvero materie prime vegetali con una capacita' di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno (valore medio su base trimestrale); c) trattamento e trasformazione del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 tonnellate al giorno (valore medio su base annua; 4) 1.1. Impianti di combustione con potenza termica di combustione di oltre 50 MW. Le rispettive linee guida sono riportate nei rispettivi allegati ai decreti e, aggiungono i rispettivi decreti, debbono considerarsi integrative dei criteri di tipo generale e per la definizione dei sistemi di monitoraggio, relativamente alle medesime categorie di attivita', rispetto alle linee guida in materia di sistemi di monitoraggio gia' emanate per le attivita' rientranti nelle categorie descritte ai punti 1.3, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 2.5 e 6.1 nell'allegato I del D.lgs. n. 372/1999, con decreto del 31 gennaio 2005, pubblicato nel S.O. n. 107 alla Gazzetta Ufficiale del 13 giugno 2005. Le nuove norme tecniche sono entrate in vigore il giorno successivo a quello di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.(Avv. Marco Fabrizio Ambiente&Scurezza, Il Sole 24Ore, 7 aprile 2009, n. 7)

! Pubblica Amministrazione

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO PER LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E L'INNOVAZIONE: DECRETO 13 marzo 2009 Rettifica all'allegato al decreto 19 novembre 2008 recante la conferma di enti pubblici non economici, in attuazione dell'articolo 26, comma 1, primo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. (GU n. 63 del 17-3-2009)

# Nell'elenco allegato al decreto specificato in premessa, al numero 3), al posto delle parole «Cassa Conguaglio trasporti di Gas di petrolio liquefatto» leggasi «Cassa conguaglio gas di petrolio liquefatto».

LEGGE 4 marzo 2009, n. 15 Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e alla

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efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonche' disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti. (GU n. 53 del 5-3-2009)

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 14 gennaio 2009 Autorizzazione alle amministrazioni e agli enti pubblici non economici ad assumere unità di personale a tempo indeterminato, ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449. (GU n. 62 del 16-3-2009)

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 10 novembre 2008 Costituzione dell'unita' per la semplificazione e la qualita' della regolazione, ai sensi dell'articolo 1, comma 22-bis, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.(GU n. 54 del 6-3-2009)

! Rifiuti

ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 5 marzo 2009 Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. (Ordinanza n. 3745). (GU n. 54 del 6-3-2009)

# L’Ordinanza in questione si distingue per la significativa accelerazione impressa all’avvio e messa a norma dell’impianto di termovalorizzatore di Acerra, come è noto snodo fondamentale per la definitiva soluzione dell’annosa emergenza rifiuti in Campania. In particolare l’Ordinanza dispone, in termini di somma urgenza, l’avviamento e l’esercizio provvisorio dell’impianto medesimo, fermo restando, a carico del gestore, l’obbligo di provvedere, entro il termine delle operazioni di collaudo ed ai fini dell’esercizio a regime del termovalorizzatore, all’integrazione del sistema di controllo delle emissioni dell’impianto mediante l’installazione di un sistema di monitoraggio in continuo del mercurio, di un sistema di prelievo in continuo di microinquinanti organici e di un ulteriore sistema di monitoraggio delle emissioni al camino. L’Ordinanza prevede, inoltre, ulteriori prescrizioni per la fase di esercizio provvisorio dell’impianto, disponendo a carico di A.R.P.A. Campania e della speciale Commissione di collaudo del termovalorizzatore di Acerra, la conduzione di specifiche verifiche sì da garantire la congruenza dello stesso rispetto alla normativa applicabile nonché alle norme tecniche, di sicurezza e di compatibilità ambientale.(Avv. Marco Fabrizio)

Decisione (2009/162/CE) del 26 febbraio 2009 Decisione della Commissione che modifica la decisione 2005/51/CE per quanto riguarda il periodo durante il quale della terra contaminata da antiparassitari o da inquinanti organici persistenti può essere introdotta nella Comunità a scopo di decontaminazione” (G.U.U.E. 27 febbraio 2009, n. 55 L)

# La decisione, inviata a tutti gli Stati membri dell’Unione, pospone di ben tre anni, dal 28 febbraio 2009 al 28 febbraio 2012, il termine finale già previsto dall’art. 1, c.2, Decisione 2005/51/CE relativo all’autorizzazione a favore degli Stati membri di poter rilasciare deroghe relative all’importazione a scopo di decontaminazione di terra contaminata da antiparassitari o da inquinanti organici persistenti, qualora avviata ad inceneritori predisposti per il trattamento di rifiuti pericolosi.

ORDINANZA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 18 febbraio 2009 Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania. (Ordinanza n. 3743). (GU n. 55 del 7-3-2009)

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# Al di là di talune disposizioni locali volte a contrastare il fenomeno dell’evasione del pagamento della tariffa di igiene ambientale sotto la competenza del Consorzio di Bacino Salerno 1, l’Ordinanza in questione si apprezza, in particolare, per la sottrazione dei mezzi adibiti al trasporto rifiuti nella regione Campania all’efficacia di eventuali determinazioni di regolamentazione della circolazione stradale fuori e dentro i centri abitati, adottabili dalle amministrazioni e dagli enti competenti ai sensi degli articoli 5 e 6 del D.lgs. n. 285/1992 (c.d. Codice della Strada). (Avv. Marco Fabrizio)

! Sicurezza

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI: DECRETO 16 febbraio 2009 Aggiornamento dell'appendice 1 al decreto 22 luglio 1991, e successive modificazioni, recante norme di sicurezza per il trasporto marittimo alla rinfusa di carichi solidi. (GU n. 57 del 10-3-2009)

# Il decreto ha approvato i nuovi modelli dei certificati di sicurezza delle navi. In particolare: - il certificato di sicurezza per le navi di passeggeri e relativo elenco delle dotazioni (form P); - il certificato di sicurezza delle dotazioni per le navi da carico e relativo elenco delle dotazioni (form E); - il certificato di sicurezza radioelettrica per le navi da carico e relativo elenco delle dotazioni (form R).Questi nuovi certificati sostituiscono i certificati di sicurezza di cui alle lettere i), j) e k), allegati al decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 24 giugno 2008, n. 550.(Sabrina Apicella, Ambiente&Scurezza, Il Sole 24Ore, 7 aprile 2009, n. 7)

MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI: DECRETO 30 gennaio 2009 Approvazione dei modelli di certificati di sicurezza delle navi. (GU n. 58 del 11-3-2009)

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Legge e prassi

! Agricoltura, Ambiente e territorio

" Lombardia

L.R. 10 marzo 2009, n. 5 Disposizioni in materia di territorio e opere pubbliche - Collegato ordinamentale. (B.U. 9 marzo 2009, n. 10, suppl. ord. 13 marzo 2009, n. 1)

"Veneto

L.R. 19 marzo 2009, n. 9 Modifiche alla legge regionale 31 maggio 2001, n. 12 "Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli e agro-alimentari di qualità" e successive modificazioni. (B.U. 24 marzo 2009, n. 25)

L.R. 19 marzo 2009, n. 6 Modifiche alla legge regionale 16 aprile 1985, n. 33 "Norme per la tutela dell'ambiente" e successive modificazioni. (B.U. 24 marzo 2009, n. 25)

! Amianto

" Liguria

L.R. 6 marzo 2009, n. 5 Norme per la prevenzione dei danni e dei rischi derivanti dalla presenza di amianto, per le bonifiche e per lo smaltimento.(B.U. 18 marzo 2009, n. 5, parte prima)

# (...) 1. La Regione, al fine di tutelare la salute della popolazione e l'ambiente ligure, promuove e sostiene, anche attraverso la concessione di contributi, azioni di: a) sorveglianza e bonifica volte alla rimozione dei materiali e manufatti contenenti amianto, al fine di concorrere alla progressiva eliminazione dell'esposizione della popolazione alle fibre di amianto; b) prevenzione delle malattie conseguenti all'esposizione all'amianto; c) sostegno nei confronti di coloro che sono affetti da malattie causate da amianto; d) vigilanza, controllo e ricerca sanitaria, registrazione degli esposti ad amianto.(...)

! Economia, finanza, agevolazioni, fisco

"Abruzzo

L.R. 3 gennaio 2009, n. 2

Disposizioni fiscali in materia di addizionale regionale all'accisa sul gas naturale ed imposta sostitutiva per le utenze esenti dall'accisa. (B.U. 5 gennaio 2009, n. 1 straord.)

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L.R. 3 gennaio 2009, n. 1 Autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio di previsione 2009. (B.U. Abruzzo 5 gennaio 2009, n. 1 straord.)

"Basilicata

L.R. 9 marzo 2009, n. 4 Bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2009 dell'Agenzia Regionale per le Erogazioni in Agricoltura (A.R.B.E.A.). (B.U. 10 marzo 2009, n. 12)

" Calabria

L.R. 15 gennaio 2009, n. 4 Delega alla Giunta regionale per la redazione di Testi Unici in materia di attività produttive, lavoro ed istruzione. ----- (B.U. 16 gennaio 2009, n. 1, suppl. straord. 21 gennaio 2009, n. 1)

L.R. 15 gennaio 2009, n. 3 Disposizioni regionali sui bandi relativi a finanziamenti in materia di programmazione unitaria. ----- (B.U. 16 gennaio 2009, n. 1, suppl. straord. 21 gennaio 2009, n. 1)

"Puglia

L.R. 16 marzo 2009, n. 6 Modifiche e integrazioni alla legge regionale 19 dicembre 2008, n. 42 (Disposizioni relative all'esercizio provvisorio del bilancio di previsione per l'anno finanziario 2009) e interpretazione autentica dell'articolo 3, comma 7, della legge regionale 31 dicembre 2007, n. 40 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2008 e bilancio pluriennale 2008 - 2010 della Regione Puglia). (B.U. 20 marzo 2009, n. 44)

L.R. 11 marzo 2009, n. 4 Istituzione dell'albo regionale delle imprese boschive in attuazione del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227 (Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57). (B.U. 13 marzo 2009, n. 40)

"Umbria

L.R. 5 marzo 2009, n. 5 Bilancio di previsione annuale per l'esercizio finanziario 2009 e bilancio pluriennale 2009/2011. (B.U. 6 marzo 2009, n. 10, ediz. straord., suppl. straord. n. 3)

L.R. 5 marzo 2009, n. 4 Disposizioni collegate alla manovra di bilancio 2009 in materia di entrate e di spese.(B.U. 6 marzo 2009, n. 10, ediz. straord., suppl. straord. n. 3)

L.R. 5 marzo 2009, n. 3 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale di previsione 2009 e del bilancio pluriennale 2009-2011. Legge finanziaria 2009. (B.U. 6 marzo 2009, n. 10, ediz. straord., suppl. straord. n. 1)

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! Edilizia e urbanistica

"Basilicata

L.R. 9 marzo 2009, n. 7 (1). Modifiche ed integrazioni alla L.R. 22 ottobre 2007, n. 18 recante: “Nuove norme in materia di snellimento e semplificazione delle procedure relative al completamento del processo di ricostruzione edilizia nella Regione Basilicata". (B.U. 10 marzo 2009, n. 12)

"Puglia

L.R. 9 marzo 2009, n. 3 Norme in materia di regolamento edilizio. (B.U. 13 marzo 2009, n. 40)

! Enti e istituzioni

"Abruzzo

L.R. 24 marzo 2009, n. 4 Principi generali in materia di riordino degli Enti regionali. (B.U.27 marzo 2009, n. 20)

L.R. 4 marzo 2009, n. 3 Disposizioni urgenti di modifica della L.R. 12 agosto 2005, n. 27 "Nuove norme sulle nomine di competenza degli organi di direzione politica della Regione Abruzzo". (B.U. 9 marzo 2009, n. 2 straord.)

"Basilicata

L.R. 9 marzo 2009, n. 9 Modifiche ed integrazioni alla L.R. 23 dicembre 1996, n. 63. (B.U. 10 marzo 2009, n. 12)

# Apporta modifiche alla L.R. 23-12-1996 n. 63 "Istituzione del servizio idrico integrato. Delimitazione dell'unico ambito ottimale e disciplina delle forme e dei modi di cooperazione fra gli Enti locali" che ha come finalità: (....) 1. La Regione Basilicata promuove una politica generale di governo delle risorse idriche mirata alla loro tutela, riqualificazione e corretta utilizzazione, secondo principi di solidarietà e di reciprocità, anche con le Regioni limitrofe. Promuove altresì la sistemazione, conservazione e recupero del suolo nei bacini idrografici; la salvaguardia delle aspettative e dei diritti delle generazioni future, nonché di rinnovo e risparmio delle risorse e di uso plurimo delle stesse, con priorità di soddisfacimento delle esigenze idropotabili della popolazione. 2. In attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 ed in funzione degli obiettivi di cui al precedente comma, la presente legge ha per oggetto: a) la individuazione e la delimitazione, nel rispetto dell'art. 8 della legge n. 36/1994, dell'ambito territoriale ottimale per la riorganizzazione dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad uso civile, nonché di fognatura e depurazione delle acque reflue, costituenti nel loro complesso il servizio idrico integrato; b) la disciplina, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142 e del terzo comma dell'art. 9 della legge

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n. 36/1994, delle forme e dei modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale di cui al precedente punto a), finalizzata alla riorganizzazione del servizio idrico integrato; c) il conseguimento di una gestione industriale secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità; d) la definizione dei termini e delle procedure per l'organizzazione del servizio idrico integrato. 3. Il servizio idrico, nell'ambito territoriale, è affidato ad un unico soggetto gestore, salvo quanto disposto dagli articoli 9 e 10 della legge n. 36/1994. (...)

" Friuli Venezia Giulia

L.R. 12 marzo 2009, n. 6 Disposizioni urgenti in materia di Autorità di bacino regionale. (B.U. 18 marzo 2009, n. 11)

L.R. 12 marzo 2009, n. 4 Disposizioni urgenti in materia di personale, di conferimento di funzioni agli Enti Locali e di imposta regionale sulle attività produttive. (B.U. 18 marzo 2009, n. 11)

"Molise

L.R. 3 marzo 2009, n. 8 Nuova disciplina in materia di organizzazione del servizio idrico integrato. (B.U. 16 marzo 2009, n. 5.

"Veneto

L.R. 13 marzo 2009, n. 5

Modifiche alla legge regionale 13 aprile 2001, n. 11 "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle autonomie locali in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112" in materia di autorizzazione dei gasdotti di interesse regionale.(B.U. 17 marzo 2009, n. 23)

! Espropriazione

" Lombardia

L.R. 4 marzo 2009, n. 3 Norme regionali in materia di espropriazione per pubblica utilità. (B.U. 2 marzo 2009, n. 9, suppl. ord. 6 marzo 2009, n. 1)

! Inquinamento

"Molise

L.R. 11 marzo 2009, n. 11 Modifiche alla legge regionale 10 agosto 2006, n. 20, ad oggetto: "Norme per la tutela della popolazione dall'inquinamento elettromagnetico generato da impianti di telecomunicazione e radiotelevisivi". (B.U. 16 marzo 2009, n. 5)

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! Trasporti

"Basilicata

L.R. 9 marzo 2009, n. 6 Modifica dell'articolo 8, comma 4, della legge regionale 19 maggio 2004, n. 9. (B.U. 10 marzo 2009, n. 12)

# Apporta modifiche alla legge regionale 19 maggio 2004, n. 9 “Aggiornamento delle norme in materia di trasporto pubblico locale ed avvio delle procedure di gara per l'affidamento dei servizi”.

! Usi civici

" Sicilia

L.R. 3 marzo 2009, n. 1 Modifica di norme in materia di usi civici e di cantieri di servizio. (GURS 6 marzo 2009, n. 10)

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Finanziaria 2009

$Enti locali novità della finanziaria 2009 sui derivati

Marco Rossi, La Settimana Fiscale, Il Sole 24Ore, 2 aprile 2009, n. 13, p. 39

A distanza di pochi mesi dal D.L. 25.6.2008, n. 112, conv. con modif. dalla L. 6.8.2008, n. 133, che aveva bloccato transitoriamente il ricorso ai derivati da parte degli enti locali, la Finanziaria 2009 (L. 22.12.2008, n. 203) è ritornata sull’argomento, riprendendo tali disposizioni ed integrandole, aggiungendo qualche novità, con quelle già contenute nella L. 24.12.2007, n. 244. Il breve periodo intercorso non riflette a sufficienza l’evoluzione intervenuta a seguito della crisi (di portata mondiale) che ha interessato pesantemente il sistema finanziario, la cui tenuta è stata messa a dura prova da una serie di operazioni (anche su derivati) estremamente rischiose e complesse.Di qui le novità della «manovra», tecnicamente realizzate mediante l’integrale e completa sostituzione dell’art. 62, L. 6.8.2008, n. 133, che riguardano soprattutto i contenuti delregolamento da emanare, la comunicazione alla Corte dei Conti (da parte del Ministero) delle operazioni concluse, la sanzione della nullità del contratto in presenza di pattuizioni non conformi e la parziale possibilità di rimodulare le posizioni già in essere. È importante sottolineare come, opportunamente, sia stato operato un intervento sistematico sulla disciplina, recependo alcune indicazioni contenute nella normativa precedente edisponendo talune abrogazioni che consentono di superare la pluralità di fonti. La L. 6.8.2008, n. 133, infatti, non aveva raccordato pienamente le nuove disposizioni con quelle riportate dalla L. 24.12.2007, n. 244, creando una situazione complessa di incerto coordinamento (ad esempio la prima prevedeva l’emanazione di un apposito regolamento con determinati contenuti mentre la seconda un decreto ministeriale con altri). Alla luce dell’assetto realizzato dalla Finanziaria 2009 merita di essere sottolineata l’ampia regolamentazione della materia in rapporto all’assoluta marginalità delle operazioni chesaranno in futuro poste in essere; infatti, è ben difficile ipotizzare che molti enti vi facciano ancora ricorso anche per le (condivisibili) finalità di contenimento del rischio legato alle passività in essere.

INDEBITAMENTOPrima di esaminare le novità sui derivati è utile ricordare che la norma si occupa altresì dell’indebitamento, confermando il divieto, inizialmente contenuto nella L. 6.8.2008, n. 133, di emettere titoli obbligazionari o altre passività che prevedano il rimborso del capitale in un’unica soluzione alla scadenza.A questo proposito, le modifiche introdotte non riguardano tanto i contenuti quanto la formulazione con cui si è pervenuti al medesimo effetto: la «manovra estiva», infatti, usava un’espressione diversa, in quanto vietava contratti che non prevedessero modalità di rimborso con rate di ammortamento comprensive di capitale ed interessi. La questione interessa essenzialmente i prestiti obbligazionari cd. «bullet» per i quali, appunto, il rimborso avviene (nei confronti dei portatori) in un’unica soluzione alla scadenza, dal momento che, a seguito dell’intervento normativo operato dalla L. 30.12.2004, n. 311, non risulta possibile contrarre mutui con analoghe caratteristiche. Si tratta di una soluzione talora preferita rispetto a quella tradizionale, in considerazione dei piùfavorevoli spread ottenibili (essendo le emissioni bullet in alcuni casi più gradite sui mercati dei

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capitali), della maggiore flessibilità nel corso del periodo del prestito e del vantaggio derivante dal rimborso dell’imposta gravante sugli interessi corrisposti. La novità introdotta dalla Finanziaria 2009 in ordine all’indebitamento concerne l’inserimento di un limite minimo quinquennale, non riportato nella L. 6.8.2008, n. 133 (che conteneva soltanto il limite massimo trentennale) ma già presente nell’ambito del Testo Unico, all’art. 204.

DERIVATI Rispetto agli strumenti derivati la disciplina introdotta parte – come detto – dalle previsioni contenute nella L. 24.12.2007, n. 244 e nella L. 6.8.2008, n. 133, ampliandole ed integrandole allo scopo di assicurare una maggiore tutela a favore delle Amministrazioni locali. È mantenuto, anzitutto, il rinvio ad uno o più regolamenti del Ministero dell’Economia e delle Finanze (sentite la Banca d’Italia e la Consob) allo scopo di individuare e definire le tipologie dicontratti relativi a strumenti derivati che le amministrazioni locali possono concludere. Appare opportuno precisare che a tale regolamento è stato aggiunto il compito di delimitare ulteriormente gli «spazi di manovra» degli enti e, nel contempo, di assicurare congrue ed appropriate condizioni di trasparenza alle operazioni poste in essere. Dal primo punto di vista, infatti, il regolamento deve precisare le componenti derivate, implicite o esplicite, che gli stessi enti hanno facoltà di prevedere nei contratti di finanziamento, allo scopo – appunto – di circoscrivere, mediante una scelta positiva, le condizioni di rischio che possono essere assunte dalle singole Amministrazioni locali. Dal secondo punto di vista, invece, è devoluta al regolamento la determinazione delle informazioni che i contratti relativi agli strumenti finanziari derivati devono riportare, con la precisazione che ciò deve avvenire in lingua italiana.La necessità di quest’ultima specificazione nasce dalla prassi operativa (oggetto di attenzione, in diverse occasioni, anche da parte della magistratura contabile), che più volte ha dimostrato la stipulazione di contratti in lingua straniera, soprattutto in inglese, richiamando – tra l’altro – anche la relativa disciplina giuridica. A parte il riferimento alla lingua da utilizzare, la portata innovativa della disposizione concerne non tanto i contenuti quanto la fonte: già la L. 6.8.2008, n. 133 stabiliva la determinazione di tali aspetti, seppure con un decreto ministeriale, mentre adesso sono devoluti al regolamento, garantendo una maggiore unitarietà ed organicità dell’impianto normativo. In termini procedurali, in modo consimile a quanto precedentemente richiesto dalla Finanziaria 2008, è ipotizzata, in sede di ricorso agli strumenti derivati, un’apposita attestazione da parte del soggetto che provvede alla sottoscrizione del contratto (normalmente tale soggetto è il responsabile del servizio finanziario). Quest’ultimo, in particolare, deve formalizzare per iscritto di avere preso conoscenza deirischi e delle caratteristiche degli strumenti derivati, con l’obiettivo di garantire la necessaria consapevolezza rispetto alle pattuizioni contrattuali ma altresì rispetto ai riflessi negativi che (sulla base di uno sfavorevole andamento del parametro assunto a riferimento) possono scaturire dall’operazione finanziaria strutturata.

SANZIONI Il mancato rispetto delle disposizioni regolamentari, così come l’assenza dell’attestazione della conoscenza dei rischi e delle caratteristiche dell’operazione, comporta una sanzione piuttosto pesante. In entrambi i casi è stabilita la nullità del contratto, tuttavia con una significativa peculiarità rispetto alle regole generali: infatti, nella fattispecie, alla luce di una specifica indicazione normativa, può essere fatta valere esclusivamente dall’ente locale.Si tratta, ad evidenza, di una scelta del Legislatore che mira a tutelare soprattutto la posizionedell’Amministrazione rispetto a quella degli istituti di credito, alla luce anche della possibile asimmetria informativa esistente.

DIVIETO TEMPORANEO di UTILIZZO Altra novità rilevante da registrare, rispetto alle previsioni della L. 6.8.2008, n. 133, concerne l’attenuazione del divieto di ricorso (sostanzialmente integrale) a siffatte operazioni da parte delle Amministrazioni pubbliche. Nella sua portata generale tale vincolo è mantenuto: non è, infatti, possibile ricorrere a strumenti derivati fino all’emanazione del regolamento ecomunque per un anno dalla data di entrata in vigore del D.L. 25.6.2008, n. 112.

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Tuttavia, con la Finanziaria 2009, diviene ora fattibile la ristrutturazione dei contratti derivati in essere, esclusivamente però in funzione della modifica della passività sottostante ed allo scopo di assicurare il mantenimento della necessaria corrispondenza.Da ciò consegue che non si tratta di una generica facoltà, attribuita agli enti locali, di rimodulare i contratti già stipulati allo scopo di rivederne le condizioni ed i parametri, bensì di una possibilità strettamente «tecnica», al fine di garantire il mantenimento dellacorrispondenza a seguito di operazioni di ristrutturazione della passività principale.

CONTROLLO della CORTE dei CONTI È anche accentuato il controllo operato dalla Corte dei Conti, che, tra l’altro, si è pronunciata, in diverse occasioni, sulle operazioni in derivati poste in essere dagli enti locali. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, infatti, a seguito delle nuove disposizioni dovrà procedere, con periodicità mensile, alla trasmissione alla Corte dei Conti delladocumentazione ricevuta in relazione ai contratti stipulati (da cui potrebbero scaturire degli effetti in termini di responsabilità amministrativa). Una norma simile era, invero, già presente nella Finanziaria 2008, che tuttavia non imponeva una comunicazione generalizzata, bensì una segnalazione limitata alle ipotesi di violazione dellanormativa vigente.

OBBLIGHI INFORMATIVI Sono stati anche meglio definiti gli obblighi informativi che devono soddisfare gli enti locali per assicurare la piena conoscenza, ai possibili destinatari dei documenti di bilancio, dei rischi edegli esiti delle operazioni in strumenti derivati realizzate. Come si ricorderà si tratta di un adempimento già imposto dalla Finanziaria 2008 (co. 383), che tuttavia – alla luce della formulazione letterale – aveva destato alcune criticità interpretative ed applicative. Non era chiaro, in particolare, il documento al quale allegare la nota informativa (la soluzione generalmente accolta si è tradotta nell’inserimento tanto nel bilancio di previsione quanto nel conto consuntivo) così come gli elementi conoscitivi da rappresentare.Con la nuova formulazione è chiarito che la nota informativa deve essere allegata sia al bilancio di previsione sia al rendiconto dell’esercizio (definito bilancio consuntivo), esprimendo, rispettivamente, gli oneri e gli impegni finanziari stimati e sostenuti.È utile sottolineare che tale dettaglio, soprattutto in sede previsionale, contribuisce a verificare anche la congruità degli stanziamenti operati (dovendosi, ad esempio, dare copertura ai differenziali negativi attesi).

COORDINAMENTO NORMATIVO Infine, si deve riconoscere opportunamente, la manovra finanziaria provvede ad abrogare alcune disposizioni (i cui contenuti sono stati sostanzialmente ripresi) allo scopo di assicurare un efficace coordinamento delle disposizioni in materia di derivati e contenere il numero delle fonti da cui tali operazioni sono disciplinate. È il caso di tutte le norme riportate, in materia, nella Finanziaria 2008 e che, in buona misura e con alcuni perfezionamenti, sono state inserite nella nuova formulazione del testo dell’art. 62, L. 6.8.2008, n. 133. Ma tale considerazione vale anche per le disposizioni attuative emanate per effetto dell’art. 41, co. 1, L. 28.12.2001, n. 448, che riguarda l’accesso al mercato dei capitali da parte delle Amministrazioni locali (è il caso, soprattutto, del D.M. 1.12.2003, n. 389). Esse, infatti, sono abrogate a far data dall’entrata in vigore del regolamento, che dovrà provvedere a ridefinire la disciplina attuativa, individuando – come detto – le operazioni realizzabili e le componenti derivate che possono essere assunte. Per un semplice coordinamento formale, invece, sono eliminate dall’ordinamento – con effetto immediato – le disposizioni, di cui all’art. 41, co. 2, primo periodo, della stessa Finanziaria 2002, che consentivano di «emettere titoli obbligazionari con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza, previa costituzione, al momento dell’emissione, di un fondo di ammortamento del debito, o previa conclusione di swap per l’ammortamento del debito».

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Milleproroghe

$Proroghe - Conversione del DL 207: il nuovo quadro dei rinvii

Convertito in legge 27 febbraio 2009, n. 14, il decreto legge 30 dicembre 2008, cosiddetto "milleproroghe", il quale ha confermato, all'art. 32, la proroga al 16 maggio 2009 di alcune disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008 quali la comunicazione degli infortuni che comportino una assenza dal lavoro di almeno un giorno, il divieto delle visite mediche in fase preassuntiva, la valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato e il conferimento della data certa al documento di valutazione dei rischi. All'atto di conversione è stata inserita una nuova proroga di 12 mesi (per cui, entro 24 mesi dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2008) per l'individuazione, tramite decreti emanati ai sensi dell'art. 17 comma 2, legge n. 400/1988, delle particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative delle attività elencate all'art. 3, comma 2, primo periodo, necessarie al fine dell'applicazione del TU stesso.

Mario Gallo, Ambiente & Sicurezza, Il Sole 24 Ore, 24 marzo 2009, n. 6, pag.16

Ancora una volta è rimasto deluso chi aspettava rilevanti modifiche al D.Lgs. 9 aprile 2008, n.81, attraverso la conversione in legge del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, cosiddetto "milleproroghe". Infatti, la legge27febbraio2009, n. 14, " Conversione in legge, con modificazioni, del decretolegge30dicembre2008, n.207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti " [1] ha introdotto solo alcune novità per la pubblica amministrazione e alcuni settori particolari, confermando sostanzialmente il quadro delle proroghe previste originariamente dall'art. 32 D.L. n. 207/2008. In effetti, non è mancato un dibattito in sede parlamentare circa l'urgente necessità di rivedere molti punti critici del Testo unico, ma la sensazione che è emersa è un senso di "paura" nell'introdurre, con un provvedimento di questo tipo, alcune modifiche all'attuale sistema normativo che, in attesa di interventi organici, rischia nuove patologie. Pertanto, resta fermo il principio generale, introdotto dall'art. 32, in base al quale tutte le disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008 sono in vigore dal 1° gennaio 2009 [2], a eccezione di quelle in materia di comunicazione degli infortuni che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno (art. 18, comma 1, lettera r ), di divieto delle visite mediche in fase preassuntiva (art. 41, comma 3, lettera a ), di valutazione dei rischi da stress lavoro-correlato (art. 28, comma 1) e di conferimento della data certa al documento di valutazione dei rischi (art. 28, comma 2), prorogate al 16 maggio 2009. Quindi, l'unica nuova proroga riguarda la pubblica amministrazione e alcune attività particolari, mentre molto discutibilmente non è stato introdotto nessun differimento del termine del 31 marzo 2009, previsto dall'art. 40 comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, inerente all'invio telematico, da parte del medico competente, del rapporto annuale. Pertanto, appare necessario sviluppare alcune brevi riflessioni sull'esatta portata delle nuove disposizioni, ricostruire il nuovo quadro delle principali scadenze del D.Lgs. n. 81/2008 (si veda la tabella 1) e comprendere se e in quale modo ci saranno ulteriori evoluzioni dell'attuale normativa.

Tabella 1

Il quadro delle principali scadenze del D.Lgs. n. 81/2008 aggiornato con la legge n. 14/2009

Oggetto Riferimento normativo Termine

Obbligo, per il medico competente, di presentare esclusivamente per via telematica il rapporto annuale all'ASL

art. 40 comma 1, D.Lgs. n. 81/2008

31 marzo 2009

Conferimento dalla data certa al documento di valutazione dei rischi

art. 28 comma 2, D.Lgs. n. 81/2008

16 maggio 2009

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Oggetto Riferimento normativo Termine

Valutazione dei rischi collegati allo stresslavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo 8 ottobre 2004

art. 28 comma 1, D.Lgs. n. 81/2008

16 maggio 2009

Obbligo per il datore di lavoro e il dirigente di comunicare, all'INAIL o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento

art. 18, comma 1, lettera r),D.Lgs. n. 81/2008

16 maggio 2009

Divieto di visite mediche in fase preassuntiva

art. 41, comma 3, lettera a),D.Lgs. n. 81/2008

16 maggio 2009

Disposizioni in materia di protezione da radiazioni ottiche artificiali

art. 213 e seguenti D.Lgs. n. 81/2008

26 aprile 2010

Emanazione dei decreti attuativi per alcuni settori pubblici e particolari

art. 3 comma 2, D.Lgs. n. 81/2008

15 maggio 2010

Disposizioni in materia di protezione da campi elettromagnetici

art. 206 e seguenti D.Lgs. n. 81/2008

30 aprile 2012

Eliminazione della facoltà, per il datore di lavoro che occupa fino a 10 lavoratori, di autocertificare l'avvenuta valutazione dei rischi

art. 29 comma 5, D.Lgs. n. 81/2008

30 giugno 2012 [*]

[*] Il termine riportato è quello massimo, ossia la facoltà di ricorrere all'autocertificazione puòessere esercitata fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla data di entrata in vigoredel decreto interministeriale contenente le procedure standardizzate e, comunque, non oltre il 30giugno 2012.

L'aggiornamento del documento VdR Da più parti è stata evidenziata la necessità di rinviare al 1° luglio 2009 l'entrata in vigore delle nuove disposizioni in materia di valutazione dei rischi contenute nel D.Lgs. n. 81/2008 anche al fine di consentire un adeguato intervento correttivo su diversi punti della pseudo riforma. Tuttavia questa soluzione è rimasta inattuata, con l'effetto che è confermata l'entrata in vigore, dallo scorso 1° gennaio 2009, del nuovo regime in materia di valutazione dei rischi e, soprattutto, delle relative sanzioni. Pertanto, il datore di lavoro è tenuto a elaborare il documento di valutazione (artt. 17 e 28) o l'autocertificazione (art. 29, comma 5) nel rispetto dei nuovi principi. Sotto il profilo tecnico occorre parlare di aggiornamento di questi documenti, in quanto sussiste una continuità tra il nuovo Testo unico e ilD.Lgs. n. 626/1994. Il datore di lavoro dal 16 maggio 2009 dovrà conferire anche la data certa al documento di valutazione dei rischi [3] e a questo adempimento occorrerà dedicare molta attenzione [4]. Infatti, la Corte di Cassazione penale, sez. III, con sentenza 25 novembre 2008, n. 43840, ha espresso un preciso orientamento in base al quale un documento per la sicurezza del lavoro (il caso affrontato dalla S.C. riguardava la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione) sprovvisto di data certa, esibito dal datore di lavoro dopo lo svolgimento dell'attività ispettiva dell'organo di vigilanza, non è idoneo a provare che lo stesso sia stato elaborato prima del controllo effettuato; inoltre, deve ritenersi inidonea anche la prova testimoniale per dimostrare che l'atto è stato formato prima dell'accertamento. Insomma, dal prossimo 16 maggio 2009 il mancato rispetto del requisito dalla data certa rischia d'invalidare seriamente il processo di valutazione dei rischi. Inoltre, entro questa stessa data dovrà essere effettuata anche la valutazione dei rischi collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo 8 ottobre 2004 (art. 28, comma 1).

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Le proroghe per i settori pubblici e le attività particolari Mentre per i datori di lavoro privati non sono stati riconosciuti sostanziali differimenti in sede di conversione del D.L. n. 207/2008 la legge n. 14/2009 ha concesso, invece, un termine più ampio per l'emanazione della decretazione speciale per vari settori della pubblica amministrazione e alcuni settori particolari, per altro anche ad alto rischio, il cui termine era originariamente fissato al 15 maggio 2009 (si veda il riquadro 1 ). Per effetto dei commi 2- bis e 2- ter inseriti nell'art. 32 D.L. n. 207/2008, sono stati elevati a 24 mesi i termini previsti dall'art. 3 comma 2, D.Lgs. n. 81/2008. Pertanto, entro il 15maggio 2010, dovranno essere emanati appositi decreti attuativi ai sensi dell'art. 17, comma 2, legge 23 agosto 1988, n. 400, per i seguenti settori: - le forze armate e di polizia; - il dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di protezione civile; - le strutture giudiziarie e penitenziarie; - le università, gli istituti di istruzione universitaria, le istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica, gli istituti di istruzione e di educazione di ogni ordine e grado; - le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 1° agosto 1991, n. 266; - il trasporto aereo e marittimo; - gli archivi, le biblioteche e i musei solo nel caso siano sottoposti a particolari vincoli di tutela dei beni artistici, storici e culturali. Al 15 maggio 2010 è slittato anche il termine per l'emanazione di appositi decreti di coordinamento con la disciplina del D.Lgs. n. 81/ 2008 per le attività lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298, e l'armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai Titoli dal II al XII, con la disciplina in tema di trasporto ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191 (art. 3, comma 2, secondo periodo, D.Lgs. n. 81/2008). E' necessario sottolineare che, fino alla scadenza di questo termine, continuano a trovare applicazione le disposizioni attuative emanate ai sensi dell'art. 1 comma 2, D.Lgs. n. 626/1994, nonché le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 271/1999 al D.Lgs. n. 272/1999 al D.Lgs. n. 298/1999 le disposizioni tecniche del D.Lgs. 27 aprile 1955, n. 547, e del D.P.R. 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile 1974, n. 191. Resta confermato il principio in base al quale la mancata emanazione degli appositi decreti attuativi, entro il termine del 15maggio 2010, comporta l'applicazione, anche per questi settori, delle disposizioni generali contenute nel D.Lgs. n. 81/2008.

Riquadro1

Legge 27 febbraio 2009, n. 14 (S.O. n. 28 alla Gazzetta Ufficiale del 28 febbraio 2009, n. 49)

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti. Art. 32 [*] Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 811. Le disposizioni di cui agli articoli 18, comma 1, lettera r) , e 41, comma 3, lettera a) , del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, si applicano a decorrere dal 16 maggio 2009. 2. Il termine di cui all'articolo 306, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 28, commi 1 e 2, del medesimo decreto legislativo, concernenti la valutazione dello stress lavoro-correlato e la data certa, è prorogato al 16 maggio 2009. 2bis. All'articolo 3, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, le parole: "entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo" sono sostituite dalle seguenti: "entro e non oltre ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del

presente decreto legislativo" . 2ter. All'articolo 3, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, le parole: "Con i successivi decreti, da emanare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 3" sono sostituite dalle seguenti: "Con decreti,

da emanare entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 2"._____ [*] Le parti in grassetto sono state aggiunte in sede di conversione dalla legge n. 14/2009.

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La trasmissione del rapporto annuale del medico competente Un'altra mancata proroga molto discussa riguarda l'adempimento della trasmissione telematica, da parte del medico competente, del rapporto annuale all'Azienda sanitaria locale contenente " leinformazioni, elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati collettivi aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B " (art. 40, comma 1); la prima scadenza è fissata per il prossimo 31 marzo 2009 e la stessa ANMA (Associazione Nazionale dei Medici d'Azienda) aveva giustamente richiesto un necessario slittamento di questo termine, sia per acquisire i necessari chiarimenti sulla corretta applicazione della norma, sia per sciogliere il nodo delle modalità di trasmissione telematica, atteso che le stesse hanno anche delicati riflessi sulla disciplina in materia di tutela dei dati personali ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003. Queste due importanti questioni sono ancora irrisolte; inoltre, a quanto risulta, molte aziende sanitarie locali non hanno ancora predisposto un apposito canale telematico o si sono limitate ad attivare una comune casella di posta elettronica. Anche lo stesso Comitato tecnico interregionale della prevenzione nei luoghi di lavoro, nell'adottare lo scorso 12 febbraio 2009 uno schema nazionale per la raccolta delle informazioni relative ai dati aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, ha segnalato le gravi difficoltà legate all'assenza di procedure telematiche. Circa l'esatta portata dell'art. 40 comma 1, D.Lgs. n. 81/2008, e le responsabilità del professionista, occorre rilevare che la norma ha definito, tuttavia, uno specifico obbligo per il medico competente, subordinato alla disponibilità di un'idonea procedura telematica che consenta di attestare, con validità legale, l'avvenuto invio da parte del medico stesso del rapporto annuale e nel pieno rispetto delle norme sulla privacy. Pertanto, poiché l'art. 40, comma 1, ha ammesso unicamente la trasmissione telematica dei dati, si può ritenere che, qualora l'azienda sanitaria locale non renda disponibile un canale avente questi requisiti - conseguimento della prova dell'avvenuta presentazione e tutela del diritto di riservatezza - il medico competente non potrà essere assoggettato alla sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.500 euro (art. 58, comma 1, lettera e).Per queste ragioni non appare idonea nemmeno l'attivazione, da parte dell'azienda sanitaria locale, di una comune casella di posta elettronica, che non consente di provare, peraltro, l'avvenuto invio e non è conforme ai principi di tutela nel trattamento dei dati personali ai sensi del D.Lgs. n. 196/2003 mentre, viceversa, in linea di principio è possibile ricorrere a una casella di posta elettronica certificata (PEC), ai sensi del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, anche se è necessario precisare che i professionisti iscritti agli albi hanno tempo fino al 30 novembre 2009 per dotarsi di una casella PEC, ai sensi dell'art. 16, legge 28 gennaio 2009, n. 2, di conversione del D.L. n.185/2008( cosiddetto "pacchetto anticrisi"). Ma anche questa soluzione, all'atto pratico, rischia di essere inutile in quanto, in assenza di uno specifico software capace di gestire, di aggregare, di riclassificare e di conservare correttamente i dati, non sarà possibile effettuare una mappatura territoriale.

La conferma delle altre proroghe Per il resto la legge n. 14/2009 ha confermato la proroga al 16 maggio 2009, introdotta dall'art. 32 D.L. n. 207/2008, per quanto riguarda l'obbligo per il datore di lavoro e il dirigente di comunicare, all'INAIL o all'IPSEMA, in relazione alle rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento (art. 18, comma 1, lettera r), e il tanto discusso divieto di visite mediche in fase preassuntiva (art. 41, comma 3, lettera a).

Conclusioni L'emanazione del D.L. n. 207/2008 e la sua conversione a opera della legge n. 14/2009 può avere una doppia chiave di lettura. Premesso che il D.Lgs. n. 81/2008 si presenta come un agglomerato nato da una stratificazione che, vista in controluce, denota sempre nuove e più estese incrinature, la scelta operata con il "milleproroghe" può essere letta come la sterilizzazione di un'azione correttiva necessaria (si pensi, a titolo esemplificativo, solo ai problemi applicativi nel settore dell'edilizia e per le micro imprese e allo sconsiderato regime della responsabilità amministrativa ex D.Lgs. n. 231/2001 che rischia di

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decretare la fine per le piccole società) o, viceversa, il preludio per una futura manovra organica e ragionata capace di ridare, alla disciplina in materia di sicurezza del lavoro, la giusta dimensione e finalità. La speranza è che sia proprio quest'ultima la strada percorsa nei prossimi mesi perché, in caso contrario, non sarà più possibile affermare la sopravvivenza del modello prevenzionistico "626" che tanti buoni frutti ha prodotto nell'arco di oltre un decennio.

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[1] In S.O. n. 28 alla Gazzetta Ufficiale del 28 febbraio 2009, n. 49.

[2] Per un approfondimento sistematico sulle innovazioni introdotte dal D.Lgs. n. 81/2008 e la disciplina speciale per alcuni settori, si veda dell'o stesso Autore , Guida pratica sicurezza del lavoro, Il Sole 24 Ore, Milano, 2009.

[3] Si veda l'art. 28 comma 2, D.Lgs. n. 81/2008, e artt. 2702-2704, c.c.

[4] Si osservi che il legislatore non ha vincolato il conseguimento del risultato della "data certa" a un solo specifico strumento ma, al contrario, ha ammesso in linea di principio molteplici soluzioni, conferendo in tal senso un'ampia autonomia che trova una sua conferma anche nella formulazione particolarmente ampia adottata dal legislatore nel comma 2, art. 28 D.Lgs. n. 81/2008. Pertanto, la data certa può essere conferita attraverso vari strumenti come, per esempio, l'autopresentazione tramite gli uffici postali, prevista dall'art. 8, D.Lgs. 22 luglio 1999, n. 261,"Attuazione della direttiva 97/67/CE concernente regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio", la posta elettronica certificata (D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68), la marca temporale (art. 8, comma 1, e art 22, comma 1, lettera g) , D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445) e la spedizione a mezzo raccomandata del DVR. Per un approfondimento si veda, dell'o stesso Autore , Quali modalità operative per la data certa sul DVR ? , in Ambiente&Sicurezza n. 1/2009, pag. 34.

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DURC

$Durc per appalti pubblici e privati: le recenti normative

Alcune recenti normative hanno modificato o integrato la disciplina in materia di Documento unico di regolarità contributiva (Durc) nell’ambito degli appalti, sia pubblici che privati

Danilo Papa*, Guida al Lavoro, Il Sole24Ore, 27 marzo 2009, n. 13, p. 62

Per quanto riguarda gli appalti privati in edilizia, dall’iniziale previsione contenuta nell’art. 3, comma 8, del Dlgs n. 494/1996 (modificato dall’art. 86, comma 10, del Dlgs n. 276/2003), si è passati a quella descritta nell’art. 90 del Dlgs n. 81/ 2008 mentre, per ciò che concerne gli appalti pubblici, è di sicuro impatto la disposizione semplificatrice contenuta nell’art. 16bis, comma 10, del Dl n. 185/2008 (conv. da legge n. 2/2009, recante «Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anticrisi il quadro strategico nazionale»).

Appalti privati in edilizia Il Durc nell’ambito degli appalti privati in edilizia era previsto, come detto, dall’art. 3 del Dlgs n. 494/1996, nella formulazione modificata dal Dlgs n. 276/2003. Tale norma, nel novero degli adempimenti del committente o del responsabile dei lavori, ha introdotto l’obbligo di richiesta di un certificato di regolarità contributiva da rilasciarsi, oltre che dall’Inps e dall’Inail, anche dalle Casse edili «le quali stipulano una apposita convenzione con i predetti istituti al fine del rilascio di un Documento unico di regolarità contributiva (Durc)»(1). La certificazione doveva essere trasmessa all’amministrazione concedente prima dell’inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività, unitamente al nominativo delle imprese esecutrici e ad una dichiarazione, rilasciata da quest’ultime, concernente sia l’organico medio annuo distinto per qualifica, sia il contratto collettivo applicato ai lavoratori dipendenti. In assenza della certificazione, anche in caso di variazione dell’impresa esecutrice dei lavori, era sospesa l’efficacia del titolo abilitativo. Oggi tale disciplina almeno nella forma se non nella sostanza è superata, in quanto occorre far riferimento all’art. 90 del Dlgs n. 81/2008. Oggi tale disciplina almeno nella forma se non nella sostanza è superata, in quanto occorre far riferimento all’art. 90 del Dlgs n. 81/2008.

Appalti privati in edilizia: l’attuale norma di riferimento (art. 90, Dlgs n. 81/2008)

L’art. 90 prevede anzitutto, al comma 9, che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica impresa: a) verifica l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa affidataria, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalità di cui all’allegato XVII. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato e del Documento unico di regolarità contributiva, corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall’allegato XVII; b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell’organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all’Inps, all’Inail e alle Casse edili, nonché una dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, applicato ai lavoratori dipendenti. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante presentazione da parte delle imprese del Documento Unico di regolarità contributiva e dell’autocertificazione relativa al contratto collettivo applicato;

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c) trasmette all’amministrazione competente, prima dell’inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività, il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente alla documentazione di cui alle lettere a) e b).L’obbligo di cui al periodo che precede sussiste anche in caso di lavori eseguiti in economia mediante affidamento delle singole lavorazioni a lavoratori autonomi, ovvero di lavori realizzati direttamente con proprio personale dipendente senza ricorso all’appalto. In assenza del Documento unico di regolarità contributiva, anche in caso di variazione dell’impresa esecutrice dei lavori, l’efficacia del titolo abilitativo è sospesa. Il successivo comma 11 stabilisce invece che: In caso di lavori privati, la disposizione di cui al comma 3 [designazione del coordinatore per la progettazione] non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire (…).

Ai sensi della lett. a) è prima di tutto prevista una verifica dell’idoneità tecnicoprofessionale delle imprese affidatarie ed esecutrici e dei lavoratori autonomi secondo le modalità «di cui all’allegato XVII», il quale stabilisce che: «ai fini della verifica dell’idoneità tecnicoprofessionale le imprese dovranno esibire al committente o al responsabile dei lavori almeno: (…) i) Documento unico di regolarità contributiva di cui al decreto ministeriale 24 ottobre 2007»; «i lavoratori autonomi dovranno esibire almeno: (…) e) Documento unico di regolarità contributiva di cui al decreto ministeriale 24 ottobre 2007»; «in caso di subappalto il datore di lavoro committente verifica l’idoneità tecnico professionale dei subappaltatori con gli stessi criteri di cui al precedente punto 1».Come si vede la presentazione del Durc costituisce un elemento imprescindibile. Ancora all’interno della lett. a) si prevede infatti che «nei casi di cui al comma 11» ossia nei casi di «lavori non soggetti a permesso di costruire» tali requisiti si considerano verificati mediante presentazione da parte delle imprese: del certificato di iscrizione alla Camera di commercio, industria e artigianato; del Documento unico di regolarità contributiva, «corredato da autocertificazione in ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall’allegato XVII».Anche ai sensi della lett. b) del comma 9 dell’art. 90, oltre alle altre dichiarazioni (dichiarazione concernente l’organico medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle denunce dei lavoratori effettuate all’Inps, all’Inail e alle Casse edili; dichiarazione relativa al contratto collettivo ecc.) si prevede che «nei casi di cui al comma 11» ossia, come detto, nei casi di «lavorinon soggetti a permesso di costruire» tali requisiti si considerano verificati «mediante presentazione da parte delle imprese del Documento unico di regolarità contributiva e dell’autocertificazione relativa al contratto collettivo applicato».La previsione della lett. c) ricalca poi quanto già stabilito dall’art. 3, comma 8, del Dlgs n. 494/ 1996 in quanto richiede, da parte del committente o del responsabile dei lavori, la trasmissione all’amministrazione competente, prima dell’inizio dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di inizio attività, del nominativo delle imprese esecutrici dei lavori unitamente alla documentazione di cui alle lettere a) e b).Addirittura l’obbligo di presentazione del Durc, unitamente alla restante documentazione, è previsto anche in caso di lavori in economia ed in assenza del Documento «l’efficacia del titolo abilitativo è sospesa».Insomma, oggi come ieri, il Durc è un elemento indispensabile in qualsiasi ipotesi di appalto privato in edilizia, cioè in tutte le ipotesi di «cantieri temporanei o mobili» in cui si effettuano «lavori edili o di ingegneria civile» elencati nell’allegato X del Dlgs n. 81/2008 (v. riquadro); senza contare che, anche nel Dlgs emerge, ai fini della verifica dell’idoneità tecnicoprofessionale, la scelta già effettuata nel decreto 24 ottobre 2007 di richiedere il Durc ai lavoratori autonomi.Va ricordato che in passato il Ministero (2), legando l’introduzione del Durc alla più generale azione di contrasto al lavoro “nero” da realizzarsi mediante una pluralità di strumenti sia di natura prevenzionale che sanzionatoria (3), aveva escluso i lavori autonomi dagli obblighi di presentazione della certificazione di regolarità contributiva (4).

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Appalti privati in edilizia: i lavori per cui è richiesto il Durc (Allegato X Dlgs n. 81/2008)

Elenco dei lavori edili o di ingegneria civile di cui all’art. 89, comma 1, lett. a), Dlgs n. 81/2008 1. I lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento, ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee elettriche e le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di sistemazione forestale e di sterro. 2. Sono, inoltre, lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile.

Appalti pubblici Quanto agli appalti pubblici, la norma di riferimento è l’art. 2 del Dl n. 210/2002, come convertito dalla legge n. 266/2002, secondo il quale:

Appalti pubblici: l’attuale norma di riferimento (art. 2, Dl n. 210/2002, conv. in legge n. 266/2002)

1. Le imprese che risultano affidatarie di un appalto pubblico sono tenute a presentare alla stazione appaltante la certificazione relativa alla regolarità contributiva a pena di revoca dell’affidamento.1-bis. La certificazione di cui al comma 1 deve essere presentata anche dalle imprese che gestiscono servizi e attività in convenzione o concessione con l’ente pubblico, pena la decadenza della convenzione o la revoca della concessione stessa. 2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l’Inps e l’Inail stipulano convenzioni al fine del rilascio di un documento unico di regolarità contributiva.

Accanto a tale disciplina, il recente Dl n. 185/ 2008, come convertito dalla legge n. 2/2009, ha introdotto, all’art. 16bis, comma 10, una previsione di estrema semplificazione secondo cui:

Appalti pubblici: la recente disposizione semplificatrice (art. 16-bis, comma 10, Dl n. 185/2008, conv. in legge n. 2/2009)

«In attuazione dei principi stabiliti dall’articolo 18, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, e dall’articolo 43, comma 5, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le stazioni appaltanti pubbliche acquisiscono d’ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il Documento unico di regolarità contributiva (Durc) dagli Istituti o dagli Enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge».

La norma fa anzitutto riferimento ad alcuni principi: quello di cui all’art. 18, comma 2, della legge n. 241/1990 secondo il quale «i documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L’amministrazione, procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti»; quello di cui all’art. 43, comma 5, del Dpr n. 445/2000 secondo il quale «in tutti i casi in cui l’amministrazione procedente acquisisce direttamente informazioni relative a stati, qualità personali e fatti presso l’amministrazione competente per la loro certificazione, il rilascio e l’acquisizione del certificato non sono necessari e le suddette informazioni sono acquisite, senza oneri, con qualunque mezzo idoneo ad assicurare la certezza della loro fonte di provenienza».

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In realtà, le disposizioni richiamate, senza una vera necessità di introdurre il comma 10 dell’art. 16bis in commento, sarebbero state da sole sufficienti ad avviare sul piano amministrativo importanti semplificazioni. In altre parole, benché le disposizioni contenute nella legge n. 241/1990 e nel Dpr n. 445/2000 siano considerate dei «principi » dallo stesso art. 16bis, esse costituiscono delle norme direttamente applicabili che purtroppo hanno avuto nel concreto scarso seguito. Ecco allora che l’art. 16bis ripropone, specificandola, la semplificazione predicata negli anni passati in via generale, stabilendo che le stazioni appaltanti pubbliche acquisiscono d’ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il Durc dagli Istituti o dagli Enti abilitati al rilascio «in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge».Secondo la formulazione normativa certamente l’acquisizione del Durc, da parte delle stazioni appaltanti pubbliche, vuol significare non solo una acquisizione «fisica» del Documento ma, almeno in prospettiva, un semplice e più diretto controllo di regolarità contributiva presso gli Enti competenti.In altre parole sembrerebbe potersi estendere in via analogica, anche in queste ipotesi, la previsione contenuta nell’art. 3, comma 4, del Dm 24 ottobre 2007 secondo cui, in determinate ipotesi, il Durc non è mai acquisito ma si procede ad una «verifica dei presupposti per il suo rilascio» (5). In secondo luogo, la semplificazione sembrerebbe operare con riferimento agli appalti pubblici, ossia in tutti i casi in cui operi una «stazione appaltante pubblica » e non con riferimento agli appalti privati in edilizia, dove le pubbliche amministrazioni si limitano a svolgere un ruolo di verificatori della documentazione che, ai sensi del citato art. 90, comma 9, lett. c), del Dlgs n. 81/2008 deve essere loro inviata. La norma è comunque di grandissimo impatto; la sua applicazione consentirà alle imprese che operano in appalti pubblici di non dover più richiedere il Durc, giacché sarà la stessa amministrazione appaltante ad acquisirlo, sia esso il Durc previsto ai fini dell’affidamento dell’appalto, sia esso il Durc previsto per il pagamento di un Sal. Evidentemente, le imprese avranno pur sempre l’onere di fornire e dichiarare alle stazioni appaltanti tutte le informazioni necessarie perché la certificazione possa essere richiesta secondo le abituali procedure. A questo discorso va legato, inevitabilmente, quanto chiarito recentemente dal Ministero del lavoro con risposta ad interpello n. 15/2009, sulla possibilità di ottenere il cd. Durc di cantiere (6). Senza entrare nel merito della risposta ad interpello va infatti osservato che, tutte le volte in cui l’impresa abbia necessità di un Durc limitato al singolo cantiere e quindi debba attivare una verifica ispettiva sulla regolarità degli adempimenti contributivi nei confronti del personale impiegato, potrebbe essere la stessa stazione appaltante a richiedere agli Istituti una verifica ispettiva.

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* Resp. area giuridica e coordinamento attività di interpello D.G. Attività ispettiva del Min. Lavoro Si segnala che le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione.

(1) Così l’articolo 3, comma 8, lett. bbis), del Dlgs n. 494/1996.

(2) V. la risposta ad interpello alla Cna di Pistoia, prot. n. 3144, del 22 dicembre 2005.

(3) Si ricorda che lo stesso Dl n. 210/2002 (conv. da legge n. 266/2002) disciplinava la cd. emersione progressiva; dello stesso periodo si ricorda ancora il Dl n. 12/2002 (conv. da legge n. 73/2002), che ha introdotto la cd. maxisanzione per il lavoro «nero».

(4) A sostegno di tale impostazione veniva osservato che l’art. 3, comma 8, del Dlgs n. 494/1996 prevedeva che il committente chiedesse la regolarità contributiva alle «imprese esecutrici» non facendo alcuno specifico riferimento ai lavoratori autonomi. Con la previsione del decreto, il Ministero muta dunque orientamento, certamente in modo condivisibile, almeno sotto il profilo dell’opportunità. Del resto, va rilevato che proprio in edilizia l’estremo frazionamento dei processi produttivi ha determinato l’effetto di incrementare in modo esponenziale il numero delle posizioni lavorative autonome rispetto al numero dei lavoratori dipendenti e pertanto, anche sotto il profilo dell’interpretazione logicosistematica, non appariva in linea con la ratio normativa escludere gli stessi lavoratori autonomi che dunque risultano ad oggi più numerosi dei lavoratori dipendenti dagli obblighi di certificazione della regolarità contributiva.

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(5) In particolare la norma stabilisce che «qualora l’Istituto previdenziale che rilascia il Durc è lo stesso soggetto che ammette il richiedente alla fruizione del beneficio contributivo ovvero agisce in qualità di stazione appaltante, l’Istituto stesso provvede alla verifica dei presupposti per il suo rilascio senza emettere il Durc (…)».

(6) Al riguardo, sia consentito rinviare a D. Papa, Documento di regolarità contributiva: gli ultimi chiarimenti del Ministero, in Guida al Lavoro n. 10/2009. Nella risposta ad interpello il Ministero del lavoro, ferma restando la validità del principio che individua nel Durc una certificazione di regolarità dell’impresa nel suo complesso, evidenzia come non sia sbagliato discostarsi da tale principio «laddove, come nei casi in esame, l’impresa interessata ad ottenere il rilascio del Documento di regolarità contributiva per il pagamento di un Sal possa dichiararsi comunque regolare con riferimento al personale utilizzato nello specifico cantiere ovvero non possa agire per regolarizzare la posizione delle imprese subappaltatrici con le quali sussiste una responsabilità solidale secondo l’ipotesi descritta». La soluzione sta dunque nel verificare se, sul singolo appalto, si sia operato in piena regolarità, verifica che potrà essere effettuata, evidentemente, dal personale degli Istituti e in primo luogo dell’Inps «che rilascerà un verbale in cui si dà contezza della regolarità degli adempimenti contributivi nei confronti del personale utilizzato nel singolo appalto, così come previsto dall’art. 3, comma 20, della legge n. 335/1995». Il verbale sarà successivamente utilizzato ai fini del rilascio di una certificazione di regolarità contributiva, evidentemente riferita al singolo cantiere, con il quale l’impresa potrà ottenere il pagamento degli stati di avanzamento lavori.

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Appalti

$Collaudo, l'Autorità ammonisce: "L'affidamento va all'esterno solo se c'è carenza di organico"

L'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici fa il punto sulla materia del collaudo alla luce del terzo decreto correttivo. Per affidarsi ai privati, oltre alla mancanza di risorse interne, serve anche che risulti impossibile affidarsi a dipendenti di altre Pa.

Paola Conio, Luca Leone, Edilizia e Territorio, Il Sole 24 Ore, 16 marzo 2009, n. 10, p. 10

L'Autorità di vigilanza, all'indomani delle modifiche apportate dal III decreto correttivo del codice dei contratti pubblici, torna con la determinazione n. 2/2009 ad affrontare la materia del collaudo, già oggetto di vari provvedimenti, quali l'atto di regolazione 6/1999, la determinazione 43/2000, la delibera 82/2007, i pareri 65 e 102 del 2008.

Il personale interno L'Autorità di vigilanza muove, innanzitutto, dalla considerazione che, alla luce delle modifiche apportate dal terzo decreto correttivo, l'attività di collaudo deve essere in via prioritaria svolta dal personale interno della stazione appaltante, in quanto si tratta di una attività propria dell'amministrazione. L'affidamento all'esterno rappresenta, quindi, un'ipotesi meramente residuale, alla quale è possibile ricorrere soltanto laddove vi sia una certificata carenza di organico all'interno della stazione appaltante e, d'altro canto, risulti impossibile affidare l'incarico a dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatici. Se da un lato, però, viene richiesto dalle nuove disposizioni che le amministrazioni aggiudicatici tornino ad appropriarsi di funzioni che, nel corso del tempo, erano state oggetto di una progressiva e generalizzata esternalizzazione, dall'altro vengono drasticamente ridotti - come peraltro rammentato anche dalla stessa Autorità che, però, manca di sottolinearne gli aspetti problematici - gli incentivi che lo stesso codice contratti e, prima di esso, la legge Merloni avevano introdotto al fine di stimolare i dipendenti pubblici all'assunzione delle più ampie responsabilità e del maggiore impegno che lo svolgimento di tali attività avrebbe necessariamente comportato.

I criteri di scelta L'Autorità, osserva che il comma 2- bis , introdotto all'articolo 120 del codice, è diretto chiaramente a ridurre il ricorso all'esternalizzazione delle attività di collaudo, imponendo alla stazione appaltante un rigoroso accertamento preventivo in merito alla possibilità di individuare nell'ambito del proprio personale i soggetti idonei allo svolgimento dell'incarico. Contemporaneamente, tuttavia, la norma si preoccupa di garantire il rispetto dei principi di rotazione e trasparenza, prevedendo l'obbligo di preventiva individuazione dei criteri e dei requisiti per gli affidamenti degli incarichi interni e l'onere di motivazione degli stessi. L'autorità suggerisce che la motivazione della nomina debba tener conto degli specifici requisiti di competenza ed esperienza - desunti dal curriculum o da qualsiasi altro elemento in possesso dell'amministrazione - che hanno determinato la scelta, alla luce dei criteri preventivamente definiti in ragione della complessità e tipologia dell'intervento. La stazione appaltante, quindi, secondo quanto suggerisce l'Autorità, può motivare la scelta sulla base dei seguenti criteri:1) rispondenza dell'incarico da conferire alle specifiche competenze professionali, nel rispetto del principio di proporzionalità; 2) effettiva opportunità del conferimento dell'incarico al funzionario, in ragione del complesso delle attività già assegnategli e del carico di lavoro; 3) rotazione degli incarichi. Con cadenza periodica l'elenco dei collaudi affidati al personale interno,

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unitamente ai nominativi dei destinatari, dovranno essere resi noti secondo adeguate forme di pubblicità per garantire la trasparenza dell'azione amministrativa, benché la nomina attualmente è certamente meno ambita da parte dei dipendenti rispetto a quanto avrebbe potuto esserlo in assenza delle riduzioni degli incentivi connessi allo svolgimento delle funzioni tecniche.

La misura degli incentivi Come noto, l'articolo 92 del codice contratti prevede che un importo non superiore al 2% della somma a base d'asta venga ripartito secondo il regolamento adottato dall'amministrazione interessata tra il responsabile del procedimento e i dipendenti incaricati della progettazione della redazione del piano per la sicurezza, della direzione dei lavori, nonché, appunto, del collaudo. Sennonché, la misura dell'incentivo, a decorrere dal 1° gennaio 2009, è stata ridotta allo 0,5%, dapprima dall'articolo 61 comma 8, del Dl 112/2008 (c.c.m. dalla legge 133/2008), disposizione poi abrogata dall'articolo 1, comma 10- quater , lettera b) , Dl 162/2008 (c.c.m. dalla legge 201/2008) e, successivamente, riproposta, con la numerazione 7- bis , dall'articolo 18, comma 4- sexies , Dl 185/2008 (c.c.m. dalla legge 2/2009). Quindi l'importo delle somme ripartibili tra i dipendenti coinvolti nello svolgimento delle predette attività tecniche è stato ridotto a un quarto di quello previsto dal citato articolo 92. Considerando la responsabilità - di natura personale, come sottolinea l'Autorità - che deriva dall'assunzione delle predette funzioni tecniche, è ragionevole presumere che i dipendenti pubblici cercheranno di sottrarsi alla nomina nelle commissioni di collaudo. Tuttavia, a tale proposito deve anche considerarsi che, in quanto "attività propria delle stazioni appaltanti" come testualmente definita dall'articolo 120 del codice contratti, affidata, come specificamente chiarito dall'Autorità di vigilanza in un passaggio delle delibera in commento, al dipendente " ratione officii " (quindi in ragione del ruolo ricoperto all'interno dell'amministrazione di appartenenza) e non " intuitus personae " (ovvero su base fiduciaria) potrebbe anche dubitarsi del fatto che il dipendente scelto e nominato possa legittimamente sottrarsi all'incarico. Di fatto, se è vero quanto osserva l'Autorità e, cioè, che "lo svolgimento di tale attività da parte dei dipendenti delle amministrazioni aggiudicatici costituisca compito d'istituto... risolvendosi la relativa prestazione in una modalità di svolgimento del rapporto di pubblico impiego" il dipendente dell'ufficio tecnico che abbia i requisiti professionali per svolgere tale attività - considerata inerente alla sua qualifica - nei cui riguardi non via sia alcuna causa di incompatibilità ai sensi dell'articolo 141 del codice contratti, ci si chiede quali ragioni potrebbe validamente addurre per la mancata accettazione dell'incarico di collaudo.

Gli affidamenti all'esterno Gli affidamenti esterni delle attività di collaudo devono avvenire esclusivamente mediante le procedure previste dal codice contratti e sempre che sia stata verificata preventivamente - e conseguentemente esclusa - la possibilità di procedere a nomine interne al personale della stazione appaltante o di altra amministrazione aggiudicatrice. Nel caso di affidamenti esterni, le gare non devono essere finalizzate all'individuazione, mediante un'unica offerta, della "commissione di collaudo". Al contrario, i bandi devono essere diretti all'individuazione dei singoli componenti la commissione, pur non essendo necessario che la selezione avvenga attraverso l'espletamento di più gare. La stazione appaltante potrà esperire un'unica procedura, fissando i requisiti per i componenti e per il presidente della commissione.

Incarichi entro i 20mila euro Secondo l'Autorità, non può escludersi che una stazione appaltante possa ricomprendere nel regolamento interno per la disciplina della propria attività contrattuale l'affidamento in economia dei servizi tecnici. Laddove ciò dovesse avvenire, pertanto, per una prestazione di collaudo di importo inferiore a 20.000 euro, si potrebbe procedere alla scelta del collaudatore mediante affidamento diretto, ai sensi dell'articolo 125, comma 11. L'Autorità chiarisce che in tal caso il ribasso sull'importo della prestazione determinato sulla base delle tariffe professionali sarebbe oggetto di negoziazione diretta fra il responsabile del procedimento e l'operatore economico cui si intende affidare la commessa.

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COS'E' IL COLLAUDO Il collaudo statico si configura come attività di verifica tecnica, prevista per determinate strutture, ricompresa fra gli accertamenti oggetto del collaudo. Ne consegue che l'incarico di collaudo statico debba essere di norma affidato al medesimo soggetto incaricato del collaudo tecnico-amministrativo o a un componente della commissione.

Incarichi entro i 100mila euro Per gli incarichi di importo inferiore a 100.000 euro è prevista dal codice contratti la possibilità, per il responsabile del procedimento, di esperire una procedura negoziata non preceduta dalla pubblicazione del bando di gara tra almeno cinque soggetti idonei, nel rispetto dei principi del Trattato Ue (non discriminazione, proporzionalità e trasparenza). L'Autorità richiama il contenuto della circolare del ministero delle Infrastrutture del 16 novembre 2007, n. 2473 che, pur se rivolta solo agli uffici interni di tale amministrazione, suggeriva un interessante iter procedurale riproposto nello schema di regolamento attuativo del codice contratti nella parte dedicata all'affidamento dei servizi di architettura e ingegneria, entro cui sono ora pacificamente ricompresi anche gli incarichi di collaudo. In particolare, la scelta dei cinque o più operatori economici da invitare alla procedura negoziata dovrebbe essere effettuata attingendo da un elenco istituito a seguito di un apposito avviso pubblico, ovvero tramite specifiche indagini di mercato.

Importi sopra i 100mila euro Per l'affidamento delle attività di collaudo di importo pari o superiore a 100.000 e inferiori alla soglia comunitaria, si applicano per i settori ordinari le disposizioni del titolo II della parte II del codice e, quindi, le normali procedure stabilite per gli affidamenti sottosoglia di appalti servizi. Per quanto attiene agli incarichi di importo pari o superiore alla soglia comunitaria, gli affidamenti avvengono ai sensi delle disposizioni del titolo I della parte II, che disciplina, appunto, termini e modalità di espletamento delle gare sopra soglia. L'Autorità, affronta alcune problematiche peculiari, attinenti alla modalità di impostazione della gara, alla definizione della base d'asta, alle garanzie richieste, ai soggetti ammessi a partecipare alla procedura e relativi requisiti di partecipazione e, infine, ai criteri di aggiudicazione.

I REQUISITI SOPRA I 100MILA EURO L'articolo 66 del Dpr 554/1999 stabilisce come requisiti di partecipazione alla gara: "fatturato globale per servizi di ingegneria/architettura negli ultimi cinque esercizi per un importo variabile tra 3 e 6 volte l'importo a base d'asta"; "espletamento negli ultimi dieci anni di servizi di ingegneria/architettura, relativi a lavori appartenenti a ognuna delle classi e categorie dei lavori cui si riferiscono i servizi per un importo globale per ogni classe e categoria variabile tra 2 e 4 volte l'importo stimato dei lavori da progettare"; "avvenuto svolgimento negli ultimi dieci anni di due servizi di ingegneria/architettura relativi ai lavori, appartenenti a ognuna delle classi e categorie dei lavori cui si riferiscono i servizi da affidare per un importo totale non inferiore a un valore compreso fra 0,40 e 0,80 volte l'importo stimato dei lavori da progettare"; "numero medio annuo del personale tecnico utilizzato negli ultimi tre anni in una misura variabile tra 2 e 3 volte le unità stimate per lo svolgimento delle attività da affidare".

Base d'asta e garanzie L'Autorità rileva che il Dm 4 aprile 2001 non considera l'attività di collaudo. Suggerisce, pertanto, di fare riferimento alla legge 143/1949 fatta salva comunque l'abrogazione dell'obbligatorietà dei minimi tariffari, così come consentito dall'ultimo periodo dell'articolo 92, comma 2, del codice contratti. Parlando di garanzie, l'Autorità richiama il proprio parere 102/2008, con il quale ha ritenuto che per le attività concernenti i servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria, diverse dalla redazione del progetto e del piano di sicurezza, siano applicabili gli articoli 75 e 113 del codice, rispettivamente in tema di cauzione provvisoria e cauzione definitiva, così come, peraltro, previsto anche dallo schema di regolamento attuativo in corso di emanazione. In caso di affidamento diretto o di affidamento previa gara informale, l'Autorità ritiene che la garanzia possa essere limitata alla cauzione definitiva ai sensi dell'articolo 113 del codice.

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Soggetti ammessi L'Autorità ritiene che la partecipazione alle gare sia preclusa ai dipendenti pubblici sia dalla tassatività dell'elenco dei soggetti potenzialmente affidatari dei servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria ribadita all'articolo 90, comma 1, lettere d) , e) , f) , f bis) , g) e h) , del codice, sia alla luce dell'incompatibilità allo svolgimento della libera professione, dettato all'articolo 60 del Dpr 3/1957 per il dipendente pubblico, salve le eccezioni previste dal decreto legislativo 165/2001 articolo 53, comma 6 e, precisamente: a) dipendenti pubblici con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno; b) docenti universitari a tempo definito; c) altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali (ad esempio, il personale docente, che può esercitare la libera professione a condizione che non pregiudichi l'assolvimento delle attività inerenti alla funzione docente).L'Autorità osserva che per i servizi di ingegneria e architettura vi è anche la limitazione territoriale, ex articolo 90, comma 4, del codice, per cui ai dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale non è consentito espletare incarichi per conto di altre amministrazioni nell'ambito territoriale dell'ufficio di appartenenza.La delibera richiama anche lo schema di regolamento in via di emanazione, che chiarisce che l'ambito territoriale è riferito alla singola articolazione in caso di stazione appaltante di dimensione nazionale, con articolazioni locali. La sostanziale inconciliabilità della posizione di dipendente pubblico con quella del libero professionista e l'impossibilità di ricorrere a modalità alternative di affidamento degli incarichi viene corroborata anche con il richiamo a sentenze della Corte dei conti (sezione giur. Sicilia, 801/2007) e del Consiglio di Stato (sezione VI, 22 ombre 2008, n. 5175; sezione VI, 7 marzo 2008, n. 1008). L'Autorità ritiene, invece, ammissibile la possibilità di affidare l'incarico di collaudo oltre che ai professionisti singoli o associati anche società di professionisti, società di ingegneria e loro raggruppamenti temporanei o consorzi stabili, salva la necessità di indicare il professionista responsabile incaricato della prestazione già in sede di offerta, che sia in possesso dei requisiti abilitanti, fermo restando che nel caso di società di professionisti e di ingegneria, ai fini della partecipazione alla gara, occorre avere riguardo ai requisiti tecnico-professionali della società.

I requisiti L'Autorità sottolinea che anche per gli affidamenti esterni i requisiti richiesti agli aspiranti collaudatori devono essere adeguati e proporzionati alla prestazione, con una particolare attenzione, tuttavia, al favor partecipationis . In questo senso, difatti, l'Autorità esorta le stazioni appaltanti a non prevedere requisiti eccessivamente restrittivi, quali, ad esempio l'aver maturato una specifica esperienza nell'attività di collaudo, con esclusione delle attività affini o attinenti, quali possono essere considerate la direzione lavori, la progettazione, il coordinamento della sicurezza nei cantieri, ciò in quanto, da un lato, come già espresso dall'Autorità in un precedente parere (12/2008) i servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria avrebbero un carattere sostanzialmente omogeneo, dall'altro per scoraggiare la formazione di una cerchia ristretta di professionisti specializzati esclusivamente nei collaudi.Per le gare afferenti incarichi di importo superiore a 100.000 euro, l'Autorità richiama i requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi di partecipazione alle gare indicati all'articolo 66 del Dpr 554/1999, ancora vigente e sostanzialmente riprodotto anche dallo schema di regolamento attuativo.

Criteri di aggiudicazione Può utilizzarsi sia il prezzo più basso sia l'offerta economicamente più vantaggiosa, secondo la valutazione discrezionale della stazione appaltante, rammentando che è possibile, ai sensi dell'articolo 83, comma 3, del codice stabilire una soglia alla ponderazione degli elementi di valutazione. L'Autorità suggerisce, ad esempio, per l'attribuzione del punteggio per il prezzo, al fine di disincentivare l'offerta di ribassi elevati, di fare riferimento, ai sensi della norma sopra citata, in luogo del ribasso massimo, a un ribasso soglia pari alla media dei ribassi offerti, ipotesi contemplata anche dallo schema di regolamento attuativo del codice.

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Antincendio

$CPI: la rilevanza penale per l’omessa richiesta

La rilevanza penale dell’omessa richiesta del certificato di prevenzione incendi (CPI) è stata caratterizzata, dagli anni ’80 a oggi, da alterne vicende seguite da diverse interpretazioni. Il recente intervento del D.Lgs. n. 139/2006, «Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni e ai compiti del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco a norma dell’art. 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229», e del D.Lgs. n. 81/2008, «Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro», non riescono a far convergere, in merito, le soluzioni proposte dagli interpreti. Pertanto, saranno delineati i passaggi cronologici fondamentali della vicenda, al fine di tentare un’ipotesi di soluzione attuale alla luce del nuovo panorama normativo.

Anna La Marca e Gianluca Del Moro, Ambiente&Sicurezza, Il Sole24Ore, 7 aprile 2009, n. 7, p. 44

La legge n. 818/1984, «Nulla osta provvisorio per le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, modifica degli articoli 2 e 3 della legge 4 marzo 1982, n. 66, e norme integrative dell’ordinamento dei Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco», all’art. 1 aveva previsto l’obbligo di richiedere il rilascio del CPI in capo ai titolari delle attività indicate dal D.M. 16 febbraio 1982, «Modificazioni del D.M. 27.09.1965, concernente la determinazione delle attività soggette alle visite di prevenzione incendi», al contempo sanzionando penalmente, all’art. 5, l’omissione di questo atto dovuto [1] e ribadendo il rinvio al decreto ministeriale per l’individuazione dei soggetti attivi del reato. Questa disposizione è stata dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 282/1990, per contrasto con l’art. 25, comma 2, Costituzione [2]. È opportuno analizzare i passaggi chiave di questa sentenza anche per capire quali siano i presupposti entro i quali l’omessa richiesta del rilascio del CPI possa legittimamente costituire un illecito penale. La Corte, ripercorrendo l’argomentare dell’ordinanza di remissione, ha sottolineato l’illegittimità costituzionale precisando che «viene dalla legge» n. 818/1984 «demandata al regolamento», D.M. 16 febbraio 1982, «perfino l’individuazione dei soggetti attivi del reato, elemento caratterizzante il disvalore penale del fatto. Né, a parere del giudice a quo, potrebbe accogliersi la tesi secondo la quale, essendo la fonte normativa di grado inferiore, cui la legge rinvia, preesistente a questa, non vi sarebbe lesione del principio di riserva di legge in quanto il legislatore, conoscendo il contenutodella fonte di grado inferiore, lo farebbe proprio. L’eventualità d’una successiva modifica della fonte subordinata, richiamata dalla legge penale, potrebbe, infatti, portare anche alla modifica del fatto penalmente rilevante, con evidente indebita ingerenza d’un organo esecutivo in ordine alla delimitazione degli elementi essenziali del reato. Così come è avvenuto per l’ipotesi di specie. L’ipotesi attualmente sottoposta all’esame della Corte s’avvicina, per un verso, a quella degli atti amministrativi in funzione integrativa, perché la disposizione dell’art. 5 della legge n. 818/1984 rinvia, per la precisazione dei soggetti tenuti all’osservanza dell’obbligo di richiedere il rilascio od il rinnovo del certificato di prevenzione ai titolari “di una delle attività di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 1982”; ma, per altro verso, risulta simile a quella degli atti amministrativi assunti quali elementi determinanti della fattispecie tipica sanzionata penalmente, dato che l’obbligo di richiedere il certificato di prevenzione incendi è rivolto in via esclusiva ai soggetti “titolari delle attività indicate nel decreto del Ministro dell’Interno 16 febbraio 1982” (art. 1, primo comma, della legge n. 818 del 1984): la condotta penalmente rilevante è dunque destinata ad emergere solo in connessione coi contenuti specifici del decreto ministeriale 16 febbraio 1982».In altre parole, la Corte ha affrontato il controverso dibattito sull’assolutezza o sulla relatività della riserva di legge penale e, segnatamente, del rapporto tra norma penale e atto amministrativo; ha ammesso l’ipotesi di una semplice integrazione dell’illecito, già in sé definito, da parte del regolamento, ma ha disapprovato la costruzione di una fattispecie di reato i cui elementi essenziali debbano essere individuati in una fonte di rango amministrativo.

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Non è dubitabile, infatti, che il soggetto di un reato costituisca elemento essenziale dello stesso, specie quando si tratti di reato proprio (come nel caso esaminato) [3]. Da questo consegue l’illegittimità costituzionale di una legge che non si faccia carico di individuare tutti gli elementi essenziali di un reato come indicato dall’art. 25, comma 2, Costituzione, delegando questo adempimento a un atto amministrativo. Inoltre, la Corte ha sottolineato che «il rinvio operato dalla legge nel caso di specie non incide sul potere della pubblica amministrazione di revocare o modificare l’atto oggetto del rinvio stesso. Può dunque ben darsi che il decreto richiamato sia in seguito sostituito o modificato da un nuovo provvedimento » e, pertanto «il totale rinvio della legge penale al regolamento od all’atto amministrativo già esistente non può considerarsi rinvio ad uno specifico atto bensì, ove perduri la facoltà dell’amministrazione di mutare, sostituire od abrogare l’atto stesso, rinvio al potere subordinato a quello legislativo e, come tale, costituzionalmente illegittimo».

La giurisprudenza successiva: D.P.R. n. 547/1955 e D.P.R. n. 689/1959 Risultato immediato di questa pronuncia della Corte Costituzionale è stato, pertanto, l’impossibilità di qualificare l’omessa richiesta di rilascio del CPI come reato ma al massimo come illecito amministrativo [4]. In seconda battuta, la giurisprudenza aveva cercato di colmare il “vuoto” venutosi a creare, ricorrendo al combinato disposto degli artt. 36 [5], 37 [6] e 389 [7], D.P.R. n. 547/1955, «Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro) e all’annesso D.P.R. n. 689/1959 (Determinazione delle aziende e lavorazioni soggette ai fini della prevenzione incendi, al preventivo esame e al collaudo del Comando del CNVVF». In sostanza, gli artt. 36 e 37, D.P.R. n. 547/1955, avevano sottoposto al controllo dei Vigili del Fuoco le aziende e le lavorazioni pericolose individuate dal D.P.R. n. 689/1959, alle tabelle A e B. Il D.P.R. n. 689/1959, composto di un unico articolo e delle tabelle A e B allegate, è nato specificamente, come dallo stesso esplicitamente enunciato [8], come strumento integrativo dell’art. 36, D.P.R. n. 547/ 1955. Ad avviso della prevalente giurisprudenza della Cassazione [9], infatti, la legge n. 818/1994 non aveva tacitamente abrogato il D.P.R. n. 547/1955, tra l’altro emanato in materia di infortuni sul lavoro e, pertanto, la sua applicazione non aveva posto problemi di sorta. In definitiva, anche a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 282/ 1990, costituiva reato l’omessa richiesta di rilascio del CPI in relazione alle attività elencate nel D.P.R. n. 689/1959, rimanendo escluse quelle indicate nel D.M. 16 febbraio 1982. Infatti, secondo la sentenza di Cassazione penale n. 9823/2000, «la soluzione è di tutta evidenza: sono tuttora penalmente assoggettate al rilascio del certificato di prevenzione incendi quelle aziende e lavorazioni specificamente indicate nelle tabelle A e B approvate con D.P.R. n. 689/1959; non lo sono, invece, le attività individuate con il D.M. 16 febbraio 1982». È opportuno precisare, al riguardo, che il D.P.R. n. 547/1955 è finalizzato ad assicurare la protezione dei lavoratori dipendenti nell’ambito della sede in cui ha luogo la prestazione lavorativa e non si rivolge, come il D.M. 16 febbraio 1982, alle attività, ai depositi, agli impianti e alle industrie in quanto tali definiti genericamente “pericolosi”. A fronte di questo prevalente indirizzo interpretativo, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28117/2004, ha operato una revisione radicale di quanto affermato in precedenza. Infatti, «Con sentenza del Tribunale veniva condannato alla pena» dell’ammenda, «quale colpevole del reato previsto dagli artt. 36, 37 e 389 lett. b) D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, del quale era chiamato a rispondere per avere installato ed utilizzato un impianto di distribuzione carburanti per uso privato e agricolo ed un deposito di olio lubrificante, senza averne fatto preventiva denuncia al Comando dei Vigili del Fuoco. Affermava, fra l’altro, il Giudice di merito: che le aziende e le lavorazioni soggette al controllo ed alla preventiva autorizzazione da parte dei Vigili del Fuoco, erano quelle indicate nelle tabelle A e B annesse al D.P.R. 547/1955 ed approvate con D.P.R. 26 maggio 1959 n. 689, fra cui (v. tabella A n. 11) i depositi, magazzini e rivendite di benzina, petrolio, olii minerali ed altri prodotti idrocarburanti infiammabili o combustibili, per quantità superiori a Kg 500; che i quantitativi di olio lubrificante e di gasolio rinvenuti nell’azienda agricola dell’imputato superavano la soglia prevista dalla legge, al di sopra della quale scattava l’obbligo di munirsi del certificato antincendio. Il ricorso merita accoglimento, perché fondato. Il Giudice di merito ha fatto riferimento al quantitativo di complessivi kg 500 previsto dal n. 11 della tabella A approvata con D.P.R. 26 maggio 1959 n. 689, ma non ha tenuto conto del fatto che l’elenco dei depositi o industrie pericolose soggetti alle visite ed ai controlli di prevenzione incendi è stato modificato ed aggiornato con successivi D.M. 27 settembre 1965 e D.M. 16 febbraio 1982 il quale

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ultimo, vigente all’epoca del fatto di cui in rubrica, al n. 15 include in esso solo i depositi di liquidi infiammabili e/o com bustibili, per uso industriale, artigianale, agricolo o privato, aventi capacità geometrica complessiva superiore a mc 25. I quantitativi di olio combustibile e gasolio rinvenuti all’interno dell’azienda non raggiungevano la soglia dei mc 25, sicché il fatto non riveste carattere di illecito penale». In sintesi, la Corte ha ritenuto il D.P.R. n. 689/1959 superato e sostituito prima dal D.M. 27 settembre 1965 e, poi, dal D.M. 16 febbraio 1982, indicando, pertanto, gli elenchi di quest’ultimo provvedimento come quelli ai quali ricorrere per individuare le attività assoggettate penalmente al rilascio del CPI, esattamente il contrario di quanto era stato affermato dalla giurisprudenza precedente.

Il D.Lgs. n. 139/2006 e il D.Lgs. n. 81/2008 A rivedere il tema della rilevanza penale dell’omessa richiesta del rilascio del CPI, è il D.Lgs. 139/2006, «Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni e ai compiti del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco a norma dell’art. 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229», con l’art. 20, comma 1. Per evitare di incorrere nella medesima censura di incostituzionalità della legge n. 818/1985, il D.Lgs. n. 139/ 2006 si è sforzato di caratterizzare meglio la fattispecie di reato, sanzionando penalmente la mancata richiesta di CPI per le «attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni», pur mantenendo il rinvio a un’elencazione analitica di queste attività da adottare in seguito con decreto del Presidente della Repubblica. Mentre la legge n. 818/1985 si era limitata a richiamare genericamente le attività di cui al D.M. 16 febbraio 1982, il D.Lgs. n. 139/2006, seppure sinteticamente, ha descritto il tipo di attività per le quali l’omessa richiesta di CPI potrà costituire reato, caratterizzando l’area dell’illecito penale e, al contempo, indirizzando opportunamente l’attività normativa secondaria. Un rinvio di questo tipo a una fonte di rango inferiore costituisce il classico esempio di integrazione tecnica della norma penale [10], pacificamente ammessa dalla dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti, perché ritenuta compatibile con l’art. 25, comma 2, Costituzione. Già l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 139/ 2006 doveva far dubitare della persistente rilevanza penale dell’omessa richiesta di CPI per le attività indicate dal D.P.R. n. 689/ 1959, integrativo del D.P.R. n. 547/1955. La formulazione dell’art. 16 [11], D.Lgs. n. 139/ 2006, è apparsa tanto ampia da assorbire la previsione dell’art. 36, D.P.R. n. 547/1955, benché questa norma sia stata a suo tempo emanata a tutela degli infortuni sul lavoro. È solo questo ultimo aspetto, d’altro canto, che potrebbe far deporre, invece, per una sua sopravvivenza come norma speciale, considerata la sua finalità di tutela specifica.Accedendo alla prima opzione interpretativa, l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 139/2006 avrebbe comportato la “sospensione” della rilevanza penale dell’omessa richiesta del CPI, in attesa dell’adozione dell’annunciato nuovo provvedimento; nel caso si fosse ritenuta più corretta la seconda interpretazione, l’elenco delle attività contenute nel D.P.R. n. 689/1959 avrebbe continuato, nelle more dell’emanazione del nuovo decreto, a costituire parametro di illiceità penale in materia. La soluzione da preferire sarebbe stata la prima, specie in considerazione del fatto che il legislatore del 2006 è intervenuto con decisione a ridefinire il profilo delle attività soggette al rilascio del certificato di prevenzione incendi, tra l’altro, all’interno di un contesto normativo che ha ridefinito i compiti e le funzioni del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, amministrazione in materia a competenza esclusiva. A fugare ogni dubbio si ritiene di poter produrre un’ulteriore e decisiva argomentazione. Il D.Lgs. n. 81/2008, cosiddetto Testo unico sicurezza, ha modificato e riorganizzato l’intera materia della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, tentando di armonizzare quanto previsto da normative nazionali sommatesi in un lungo arco di tempo e da quanto disposto in sede comunitaria. Pertanto, il Testo unico sicurezza non solo ha abrogato [12] espressamente il D.P.R. n. 547/ 1955 ma, in materia di prevenzione incendi, ha rinviato espressamente a quanto previsto dagli artt. 16 e 20, D.Lgs. n. 139/2006 [13], richiamando, di conseguenza, quanto da questo previsto per le attività soggette al rilascio del CPI, con la relativa disciplina inmerito alla rilevanza penale dell’omessa richiesta di rilascio. L’intento del TU è chiaro, il rinvio al D.Lgs. n. 139/2006 si spiega proprio in virtù della specificità della materia, in quella sede ridefinita nell’ambito del riassetto dei compiti e delle funzioni del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco [14]. Pertanto, sarà necessario

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attendere l’emanazione del D.P.R. indicato dal D.Lgs. n. 139/2006 perché possa ritenersi nuovamente “operativa” la configurazione della fattispecie di reato dell’omessa richiesta di rilascio del CPI. Non risulta condivisibile, infatti, la tesi sostenuta da alcuni secondo la quale, in attesa del nuovo D.P.R., l’omessa richiesta di rilascio del CPI costituirebbe ancora illecito penale per le attività elencate nel D.P.R. n. 689/1959, non espressamente abrogato dal Testo unico sicurezza. Basterà ricordare la natura strettamente integrativa e servente del D.P.R. n. 689/1959 rispetto al D.P.R. n. 547/1955 [15], per ricavarne senza dubbio la sua abrogazione tacita a seguito di quella espressa del primo che lo presupponeva. Si ritiene opportuno, infine, fare un’ultima considerazione. L’art. 63, comma 1, TU, ha rinviato all’Allegato IV almedesimo TU per la definizione dei requisiti di salute e di sicurezza dei luoghi di lavoro. In questo Allegato, al punto 4.3.1, è previsto che «Le aziende e le lavorazioni nella quali si producono, si impiegano, si sviluppano o si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti e che, per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori sono soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio». Il fatto che questa disposizione sia contenuta nell’Allegato IV potrebbe far sorgere il dubbio che l’omessa richiesta di CPI sia sanzionabile ai sensi dell’art. 68, «Sanzioni per il datore di lavoro», lettera b), visto il rinvio a cascata da questo all’art. 64, «Obblighi del datore di lavoro», e da quest’ultimo all’art. 63, «Requisiti di salute e di sicurezza», commi 1, 2 e 3 [16].In altre parole, a una prima lettura, potrebbe sembrare che sia lo stesso TU a fornire di sanzione penale l’omessa richiesta di controllo da parte dei Vigili del Fuoco e, quindi, l’omessa richiesta del rilascio del CPI. Questa interpretazione, però, proprio per i motivi esposti, non è condivisibile, anche perché, a ben guardare, finirebbe per lasciare nella sostanza priva di sanzione penale l’omessa richiesta di CPI, considerata la mancata individuazione delle aziende interessate o il mancato rinvio ad altra fonte di rango inferiore in funzione integrativa. Pertanto, la previsione contenuta nell’Allegato IV circa la sottoposizione a controllo dei Vigili del Fuoco deve essere ritenuta come semplice richiamo (forse improprio e/o ridondante o, quantomeno, inserito in un contesto discutibile) di obblighi già previsti più opportunamente in altra sede e non come fattispecie, peraltro incompleta, da sanzionare ai sensi dell’art. 68, lettera b), TU. Si ricordi, infatti, che è lo stesso Testo unico, all’art. 14, comma 2, a rinviare esplicitamente all’art. 20, D.Lgs. n. 139/2006, che ha disciplinato la rilevanza penale dell’omessa richiesta del CPI.

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1) Secondo l’art. 5, legge n. 818/1984, ha rilevanza penale anche l’omessa richiesta di rinnovo del certificato di prevenzione incendi.

2) Art. 25, comma 2, Costituzione, «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».

3) Secondo la Corte «La norma descrive infatti una fattispecie di reato proprio, riferita al “titolare di una delle attività di cui al decreto ministeriale 16 febbraio 1982”; in questo modo essa rimette al regolamento la determinazione della cerchia degli obbligati, che rappresenta peraltro il nucleo fondante il contenuto d’illecito del reato proprio, in quanto tale contenuto discende essenzialmente dal rapporto funzionale intercorrente tra la posizione del soggetto e l’interesse tutelato dalla norma».

4) Per maggiori informazioni sull’illecito amministrativo si veda, tra gli altri, di Loris D’Ambrosio e Piero Vigna, La polizia giudiziaria e la sua pratica. Elementi di diritto e procedura penale con riferimento all’attività del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, Padova, 1992.

5) Art. 36. «Lavorazioni pericolose e controllo dei Vigili del Fuoco. Le aziende e le lavorazioni: a) nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano o si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti; b) che, per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori; sono soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del fuoco competente per territorio. La determinazione delle aziende e lavorazioni di cui al precedente comma è fatta con decreto presidenziale, su proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, di concerto con i Ministri per l’Industria e commercio e per l’interno».

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6) Art. 37, «I progetti di nuovi impianti o costruzioni di cui al precedente articolo o di modifiche di quelli esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, devono essere sottoposti al preventivo esame del Comando del Corpo dei vigili del fuoco, al quale dovrà essere richiesta la visita di collaudo ad impianto o costruzione, ultimati, prima dell’inizio delle lavorazioni. Per gli impianti e le costruzioni esistenti, la visita del Comando dei vigili del fuoco deve essere richiesta dal datore di lavoro non oltre sei mesi dalla pubblicazione del decreto presidenziale di cui al secondo comma dell’articolo precedente».

7) L’art. 389, «Contravvenzioni commesse dai datori di lavoro e dai dirigenti», sanziona l’inosservanza, tra gli altri, degli artt. 36 e 37.

8) L’articolo unico del D.P.R. n. 689/1959 ha stabilito che «Le aziende e lavorazioni che, ai sensi dell’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, sono soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del fuoco competente per territorio, sono determinate con le tabelle A e B, annesse al presente decreto».

9) Si veda Cass. pen. n. 2696/1992; Cass. pen. n. 5206/2000; Cass. pen. n. 9823/2000; Cass. pen. n. 45064/2003.

10) Si veda, tra gli altri, Giovanni Fiandaca ed EnzoMusco, Diritto Penale. Parte Generale, i quali segnalano «l’opportunità di concedere al potere regolamentare uno spazio di intervento normativo anche limitato, dal quale beninteso esulino apprezzamenti e valutazioni di tipo politico nella scelta dei comportamenti da penalizzare,ma nel quale siano consentiti accertamenti di indole tecnica o specificazioni di dati, purché alla stregua di parametri legislativamente predeterminati.

Un tale apporto da parte della fonte secondaria appare indispensabile specie nei settori della legislazione speciale caratterizzati da complessità tecnica e bisognosi di continuo aggiornamento. le scelte di fondo relative all’incriminazione rimangonomonopolio del legislatore,mentre rimane affidata alla fonte normativa secondaria la possibilità di specificare dal punto di vista tecnico il contenuto di elementi di fattispecie già delineati in sede legislativa».

11) Art. 16, comma 1, «Il certificato di prevenzione incendi attesta il rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio nei locali, attività, depositi, impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione alla detenzione ed all’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare a norma dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’Interno, sentito il Comitato centrale tecnicoscientifico per la prevenzione incendi. Con lo stesso decreto è fissato il periodo di validità del certificato per le attività ivi individuate».

12) Le abrogazioni sono contenute nell’art. 304, D.Lgs. n. 81/2008.

13) Art. 14, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008, «In materia di prevenzione incendi trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139».

14) Dal canto suo, infatti, l’art. 13, comma 2, D.Lgs. n. 139/2006, ha stabilito che «la prevenzione incendi si esplica in ogni ambito caratterizzato dall’esposizione al rischio di incendio e, in ragione della sua rilevanza interdisciplinare, anche nei settori della sicurezza nei luoghi di lavoro».

15) Si ricorda la formulazione dell’articolo unico, D.P.R. n. 689/1959, secondo il quale «Le aziende e lavorazioni che, ai sensi dell’art. 36 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, sono soggette, ai fini della prevenzione degli incendi, al controllo del Comando del Corpo dei vigili del fuoco competente per territorio, sono determinate con le tabelle A e B, annesse al presente decreto».

16) Di seguito i rinvii a cascata così come previsti dal TU sicurezza: art. 68, lettera b), «Il datore di lavoro è punito con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione degli artt. 64 e 65, commi 1 e 2»; art. 64, lettera a), «Il datore di lavoro provvede affinché i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui all’art. 63, commi 1, 2 e 3»; art. 63, comma 1, «I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati nell’Allegato IV».

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Energia

$Fonti rinnovabili obbligatorie dal 2010

A seguito dell’entrata in vigore del decreto legge “milleproroghe”, reso definitivo dalla sua conversione in legge, slitta di un anno l’obbligo per i comuni di prevedere, nei rispettivi regolamenti edilizi, l’installazione di impianti di energia rinnovabile quale condizione necessaria per il rilascio del permesso di costruire.

Flavio Guidi e Paolo Duranti, Consulente immobiliare, Il Sole24Ore, n. 834/2009, p. 518

Regolamento edilizio comunale

Contenuto dell’atto. Ai sensi del primo comma dell’art. 4 del Testo Unico delle norme in materia di edilizia – emanato con il D.P.R. 380 del 6 giugno 2001 – il regolamento edilizio comunale deve contenere la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitario, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle relative pertinenze.

Parere della Commissione edilizia. Nel caso in cui il comune abbia istituito oppure intenda istituire al suo interno un’apposita Commissione edilizia, il regolamento deve altresì indicare gli interventi sottoposti al preventivo parere di quest’ultimo organo consultivo.

Obbligo di previsione delle fonti rinnovabili. Inoltre, ai fini del rilascio del permesso di costruire era stato stabilito – nel testo modificato dall’art. 1, comma 289, della Finanziaria 2008 (legge 244 del 24 dicembre 2007) – che nel medesimo regolamento dovesse essere prevista anche l’installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ma soltanto a decorrere dal 1° gennaio 2009 (comma 1-bis del citato art. 4 del D.P.R. 380/2001). Si ricorda che il testo previgente del richiamato comma 1-bis:

a. si riferiva esclusivamente ai pannelli fotovoltaici e non alle altre fonti rinnovabili;

b. richiedeva una produzione energetica non inferiore a 0,2 kW per unità abitativa.

Come risulta evidente anche alla luce di ciò che si dirà in seguito, la Finanziaria 2008 ha pertanto aumentato i requisiti di potenza minima degli impianti e ha esteso l’obbligo di installazione anche ai fabbricati industriali. Infine, ora l’obbligo non riguarda più soltanto i pannelli fotovoltaici ma ammette genericamente anche l’installazione di altri impianti di fonte rinnovabile, come per esempio i pannelli solari.

Le novità del “milleproroghe”Ora, l’art. 29, comma 1-octies, del D.L. 207 del 30 dicembre 2008, convertito con modifiche dalla legge 14 del 27 febbraio 2009, fa slittare di un anno la predetta scadenza. Ne consegue che il prescritto obbligo per i nuovi edifici decorrerà dal 1° gennaio 2010.

Ambito di applicazione Si tenga presente che l’obbligo in commento:

a. si applicherà limitatamente agli edifici di nuova costruzione, e quindi non alle ristrutturazioni

o ad altri interventi previsti e/o effettuati su edifici esistenti;

b. richiede che gli impianti di generazione di energia da fonti rinnovabili garantiscano una produzione energetica non inferiore a 1 kW per ciascuna unità abitativa, compatibilmente con la realizzabilità tecnica dell’intervento.

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Fabbricati industriali Per i fabbricati industriali di estensione superficiale non inferiore a 100 metri quadrati, gli impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile dovranno garantire una produzione energetica minima di 5 kW. Ma cosa si intende per “fabbricati industriali”? Ai sensi dell’art. 36, comma 7, della Manovra “Bersani-Visco” del 2006 – D.L. 223 del 4 luglio 2006, convertito con modifiche dalla legge 248 del 4 agosto 2006 – sono tali i fabbricati destinati alla produzione o alla trasformazione dei beni. Ne consegue che occorre tenere conto della destinazione effettiva del fabbricato, a prescindere dalla classificazione catastale o contabile attribuita al bene. In particolare, secondo l’Amministrazione fiscale – che si è espressa attraverso la circ. n. 1/E del 19 gennaio 2007 – valgono i seguenti principi:1. gli immobili destinati ad attività commerciali (come per esempio i negozi e i relativi magazzini) non si considerano fabbricati industriali; 2. qualora un immobile venga adibito promiscuamente ad attività sia industriali che commerciali, si deve ricorrere al criterio della “prevalenza”, sulla base della superficie a ciascuna di esse destinata.

NotabeneSi ritiene che rilevi la concreta destinazione dell’immobile da parte dell’utilizzatore anche nell’ipotesi in cui esso sia stato concesso in leasing.

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Giurisprudenza

! Appalti

" T.A.R. LOMBARDIA, Brescia, Sez. I – 27 marzo 2009, n. 702

APPALTI – Valutazione di anomalia dell’offerta – Discrezionalità amministrativa – Sindacato del giudice amministrativo – Limiti. La valutazione dell'anomalia delle offerte nell'ambito dei procedimenti ad evidenza pubblica è contraddistinta da ampia discrezionalità da parte delle stazioni appaltanti, di per sé insindacabile dal giudice amministrativo, il quale non può sovrapporre la sua idea tecnica al giudizio formulato dall'organo amministrativo al quale la legge attribuisce la penetrazione del sapere specialistico ai fini della tutela dell'interesse pubblico nell'apprezzamento del caso concreto; nella verifica dell'anomalia, pertanto, l'esito della gara può essere travolto dalla pronuncia del giudice amministrativo solo allorquando il giudizio negativo sul piano dell'attendibilità riguardi voci che, per la loro rilevanza ed incidenza complessiva, rendano l'intera operazione economica non plausibile e, per l'effetto, non suscettibile di accettazione da parte della stazione appaltante, e ciò a causa del residuare di dubbi circa l'idoneità dell'offerta minata da spie strutturali di inaffidabilità, a garantire l'efficace perseguimento dell'interesse pubblico, ovvero allorquando l'indagine compiuta al riguardo dalla stazione appaltante evidenzi profili di manifesta irrazionalità ed evidente travisamento dei fatti (T.A.R. Veneto Venezia, sez. I, 28 febbraio 2008 , n. 498; in senso conforme v. anche Consiglio Stato, sez. V, 18 settembre 2008 , n. 4494; T.A.R. Toscana, sez. II, 6 giugno 2007, n. 825).(Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. VENETO, Sez. I, 23 marzo 2009, n. 881

APPALTI – Prestazione di servizi – ONLUS – Carattere imprenditoriale – Nozione comunitaria di impresa – Iscrizione al registro delle imprese – Possesso di partita IVA e di posizioni INPS e INAIL – Rilevanza – Esclusione. L’assenza dell’iscrizione al registro delle imprese, nonché del possesso di partita IVA e di posizioni INPS e INAIL attive non è sufficiente per escludere il carattere imprenditoriale di una ONLUS nell’ambito dell’attività di prestazione di servizi. La nozione di impresa fornita a livello comunitario ha, infatti, parametri molto ampi (cfr. Corte Giustizia CE, V, 18.6.1998 n. 35; Trib. di I grado CE 4.3.2003 n. 319), che prescindono da una particolare fattispecie organizzativa, essendo sufficiente l’esercizio di un’attività economica che sia ricollegabile al dato obiettivo inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro (che riguarda il movente soggettivo che induce l’imprenditore ad esercitare la sua attività): il carattere imprenditoriale dell’attività va, invece, escluso nel caso in cui essa sia svolta in modo del tutto gratuito, atteso che non può essere considerata imprenditoriale l’erogazione gratuita dei beni o servizi prodotti (Cass. Civ. III, 19.6.2008 n. 16612; si veda altresì CdS, VI, 27.6.2005 n. 3408). Ne consegue che, rispetto all’organizzazione imprenditoriale, è inconferente sia l’iscrizione nel registro delle imprese (tale iscrizione, infatti, lungi dal porsi quale elemento costitutivo dell’impresa - l’inosservanza dell’obbligo di iscrizione, invero, comporta, ai sensi dell’art. 2194 c.c., la mera irrogazione di una sanzione pecuniaria -, può essere motivo di esclusione dalla gara qualora la relativa certificazione sia espressamente richiesta dalla lex specialis), sia l’assenza di personale dipendente (che, ovviamente, non è elemento necessario dell’organizzazione imprenditoriale), e, quindi, del possesso di posizioni INPS e INAIL. Quanto, poi, alla mancanza della partita IVA, è

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sufficiente osservare che, trattandosi di ONLUS, esse sono, quanto meno relativamente allo svolgimento dell’attività educativa e didattica (ipotesi ricorrente nella fattispecie), esenti dalla predetta imposta giusta l’art. 10, I comma n. 20) del DPR 26.10.1972 n. 633. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. II – 20 marzo 2009, n. 569

APPALTI –Capitale sociale minimo prescritto dal bendo di gara – Società di persone – Delibera di aumento del capitale sociale e versamento. In ossequio ai principi di proporzionalità, adeguatezza e non aggravamento, il requisito del capitale sociale minimo prescritto dal bando di gara, deve ritenersi rispettato, per una società di persone, con la delibera dell’atto costitutivo che lo contempli e con il versamento del capitale sociale, ovvero con la delibera di modifica dell’atto costitutivo che disponga l’aumento di capitale ed il relativo versamento dell’aumento, documentato dall’ultimo bilancio. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. SICILIA Catania, Sez. III – 3 marzo 2009, n. 467

APPALTI – Consorzi – Requisiti di ammissione – Idoneità tecnica e finanziaria – Somma dei requisiti delle singole consorziate – Requisiti di idoneità morale – Possesso in capo a tutte le imprese consorziate. In aderenza alla determinazione 09/06/2004 n. 11 dell’ L'Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici, anche la giurisprudenza ritiene che, in tema di requisiti di ammissione dei consorzi di cooperative ex lege n. 422 del 1999, il possesso dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria è richiesto esclusivamente in capo al consorzio, ed al riguardo, le singole cooperative consorziate fruiscono del beneficio di poter sommare i rispettivi requisiti, in ipotesi insufficienti, ai fini del raggiungimento delle soglie minime richieste dalla lex specialis di gara; conseguentemente, i requisiti riguardanti la capacità tecnico finanziaria debbono essere accertati solo con riferimento al consorzio nel suo complesso (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 11 dicembre 2007 , n. 16107; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 31 gennaio 2006 , n. 168; T.A.R. Abruzzo Pescara, 22 settembre 2006 , n. 567; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 19 gennaio 2006 , n. 387; T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 21 novembre 2005 , n. 2076; C.g.a. 3 agosto 2007 n. 712). Non così per i requisiti di idoneità morale, che devono essere posseduti da tutte le imprese consorziate. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" Corte di Cassazione, Sezione II, sentenza 23 gennaio 2009, n. 1788

Difformità e vizi dell’opera - Azione di garanzia - Decadenza - Termine biennale - Decorrenza – Consegna anticipata con riserva di verifica - Irrilevanza. (Cc, articolo 1667) In tema di appalto, il dies a quo di decorrenza del termine biennale di prescrizione dell’azione di garanzia per vizi - stabilita dall’art. 1667, c. 3, del Cc - deve essere individuato con riferimento al momento della consegna definitiva dell’opera, a seguito di verifica e accettazione dell’opera stessa, e non già con riguardo a una eventuale consegna anticipata, con riserva di verifica. (Guida al Diritto, Il Sole-24 Ore, 14 marzo 2009, n. 11, p. 47)

! Beni culturali e ambientali

" T.A.R. CAMPANIA, Salerno, Sez. II – 27 marzo 2009, n. 1219

Beni culturali e ambientali – Piano paesistico – Rapporto con il vincolo paesaggistico. Il piano paesistico – a differenza dell'imposizione del vincolo di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico che comporta semplicemente la sottoposizione del bene vincolato al particolare regime previsto dalla legge n. 1497 del 1939 - attiene, invece, ad una fase successiva rispetto a

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quella della imposizione del vincolo paesaggistico, e più precisamente alla fase della pianificazione della tutela delle zone dichiarate di particolare interesse sotto il profilo paesaggistico, al fine di programmare la salvaguardia dei valori paesistico-ambientali di tali zone con strumenti idonei ad assicurare il superamento della episodicità inevitabilmente connessa a semplici interventi autorizzatori. Il piano paesistico costituisce, pertanto, uno strumento di attuazione e specificazione del contenuto precettivo del vincolo paesaggistico, mediante l’individuazione delle incompatibilità assolute e dei criteri e dei parametri di valutazione delle incompatibilità relative, condizionando, prevalentemente in negativo, la successiva attività di pianificazione del territorio vincolato anche sotto il profilo urbanistico (cfr. CdS, Sez. VI 5 gennaio 2001, n. 25; Corte cost. n. 417/1995). (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. CAMPANIA, Napoli, Sez.VIII – 27 febbraio 2009, n.1139

BENI CULTURALI E AMBIENTALI - Laghi - Art. 142, c. 1, lett. b) d.lgs. n. 42/2004 – Estensione della tutela – Laghi artificiali - Rientrano - Origine geologica o umana – Irrilevanza – Preventiva verifica dell’esistenza di un lago – Stagni e laghi effimeri. La tutela dell’interesse paesaggistico ex art. 142, c. 1, lett. b) del d.lgs. n. 42/2004 è stato ricondotta dal Legislatore non solo ai “laghi naturali” ma a tutte quelle realtà geografiche le quali, secondo la letteratura scientifica, siano qualificabili come “laghi”, quindi anche a quelli artificiali. Con il che deve escludersi che una classificazione rapportata all’evento, geologico o meno, responsabile della formazione possa di per sé introdurre una diversificazione quanto ad insorgenza del vincolo, ben potendo quest’ultimo interessare anche un “lago artificiale” quale prodotto dell’attività umana di modifica del territorio (nella specie: riempimento di una cava dismessa). Una simile ricostruzione tuttavia presuppone in ogni caso il preliminare riscontro dell’esistenza di un “lago”: aspetto questo ancor più rilevante in tema di possibile configurabilità di un “lago artificiale” suscettivo di essere oggetto del vincolo diversamente da quanto potrà avvenire, ad esempio, per uno stagno o per un cd. “lago effimero”, riconducibili geograficamente a modeste depressioni territoriali di scarsa profondità, costituite da acque meteoriche. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

! Edilizia e urbanistica

" T.A.R. VENETO, Sez. II – 30 marzo 2009, n. 990

URBANISTICA ED EDILIZIA – Associazione costituita in vista dell’adozione di una variante – Mancanza del connotato della stabilità – Associazione cd. “di comodo” – Legittimazione ad agire ex lege – Esclusione. L’associazione costituita in vista dell’adozione di una contestata variante da parte del Consiglio Comunale, non può rientrare tra quelle a carattere nazionale rivolte alla protezione ambientale e perciò riconosciute e legittimate ad agire ex lege, ma deve considerarsi quale associazione non riconosciuta, costituita al solo scopo di contrastare l'adozione e l'approvazione della variante sopra menzionata. La mancanza del connotato della stabilità, nel senso dello svolgimento all'esterno in via continuativa della propria attività a tutela dell'interesse che si intende proteggere, peraltro, non permette di dimostrare che essa agisca a tutela di un interesse collettivo, con la conseguenza che la suddetta associazione può farsi rientrare tra le cosidette associazioni di comodo, la cui attività non riflette effettive esigenze collettive (cfr. Cons. Stato - Sez. VI - n. 3507 dell'11 luglio 2008). (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. SARDEGNA, Sez.II – 20 marzo 2009, n.322

URBANISTICA ED EDILIZIA – Fascia di rispetto cimiteriale – Art. 338 R.D. n. 1265/1934 – Interventi edificatori in deroga – Riduzione della fascia – Potere discrezionale del Consiglio comunale. L’art. 338 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, come modificato dall’art. 28 della legge 1° agosto 2002

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n. 166, attribuisce al consiglio comunale il potere di consentire, se non vi ostino ragioni igienico-sanitarie accertate dalla competente Azienda USL, la riduzione della zona di rispetto cimiteriale, tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area: l’anzidetta attribuzione del potere decisorio all’organo consiliare non deve intendersi nel senso di riconoscere a quest’ultimo una mera facoltà di pronunciamento, dovendosi piuttosto ritenere che, fermo restando l’obbligo di adottare un tempestivo provvedimento in risposta alle istanze all’uopo presentate, il Consiglio comunale disponga di un ampio potere discrezionale, da esercitarsi attraverso l’esplicazione in motivazione delle ragioni delle determinazioni assunte, circa l’autorizzabilità di interventi edificatori in deroga rispetto alla fascia di rispetto sanitario. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 05/03/2009, Sentenza n. 9922

URBANISTICA ED EDILIZIA – Varianti - Nozione. In materia urbanistica, non tutte le modifiche alla progettazione originaria possono definirsi varianti e che queste si configurano solo allorquando il progetto già approvato non risulti sostanzialmente e radicalmente mutato dal nuovo elaborato (come accade, ad esempio, nelle ipotesi di: sensibile spostamento della localizzazione del manufatto, aumento del numero dei piani, creazione di un piano seminterrato, modifica del prospetto esterno etc.). La nozione di "variante", deve ricollegarsi a modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto all'originario progetto e gli elementi da prendere in considerazione, al fine di discriminare un nuovo permesso di costruire dalla variante ad altro preesistente, riguardano la superficie coperta, il perimetro, la volumetria, le distanze dalle proprietà viciniori, nonché le caratteristiche funzionali e strutturali, interne ed esterne, del fabbricato [C. Stato, Sez. V, 11/05/1989, n. 272].

URBANISTICA ED EDILIZIA – Rilascio del permesso in sanatoria – Presupposti – Conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente - Contributo di costruzione - Art. 36 del T.U. n. 380/2001.Per il rilascio del permesso in sanatoria previsto dall'art. 36 del T.U. n. 380/2001 è richiesto, quale presupposto, che l'opera abusiva sia "conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento sia al momento della presentazione della domanda". Il rilascio è altresì subordinato (sicché nel provvedimento deve farsi espressa menzione dell'avvenuto versamento) al pagamento di una somma di danaro determinata, per le opere soggette a permesso oneroso, con riferimento al contributo di costruzione da corrispondersi (eventualmente per le sole parti difformi) in misura doppia a quella dovuta per il rilascio del titolo in via ordinaria.

URBANISTICA ED EDILIZIA – Permesso di costruire - Rilasciato in sanatoria - Effetti sui reati – Operatività - Artt. 36 e 45 del T.U. n. 380/2001.Il permesso di costruire rilasciato ex art. 36 del T.U. n. 380/2001, estingue - a norma del 3° comma del successivo art. 45, "i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" e non si estende ad altri reati correlati alla tutela di interessi diversi rispetto a quelli che riguardano l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio, quali i reati previsti dalla normativa sulle opere in cemento armato, sulle costruzioni in zone sismiche, sulla tutela delle zone di particolare interesse paesaggistico ed ambientale [Cass., Sez. III, 13.4.2005, Cupelli]. Inoltre, la speciale causa di estinzione di cui all'art. 45 del D.P.R. n. 380/2001 opera in favore di tutti i responsabili dell'abuso e non solo dei soggetti legittimati a chiedere il permesso di costruire: mentre il pagamento della somma dovuta a titolo di oblazione può essere richiesto una sola volta, trattandosi di un adempimento della procedura amministrativa che resta al di fuori dello schema penalistico.

URBANISTICA ED EDILIZIA – Spostamento della localizzazione di un manufatto - Variante edilizia – Permesso di costruire - C.d. "varianti leggere o minori in corso d'opera" – DIA – Disciplina art. 15, 12° c., L. n. 10/1977, art. 15 L. n. 47/1985, modificato da L. n. 662/1996 succ. mod. dall'art. 22, 2° c., T.U. n. 380/2001 come mod. dal D.Lgs. n. 301/2002.Lo spostamento della localizzazione di un manufatto, in linea di principio, ha natura di variante

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edilizia. Mentre, le c.d. "varianti leggere o minori in corso d'opera" (disciplinate attualmente dall'art. 22, 2° comma, del T.U. n. 380/2001 - come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002) - prevede che siano sottoposte a denuncia di inizio dell'attività le varianti a permessi di costruire che: non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie (e, tra i "parametri urbanistici" vanno ricomprese anche le distanze tra gli edifici); non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia; non alterano la sagoma dell'edificio; non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire. La denuncia di inizio dell'attività costituisce "parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale" e può essere presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori: la formulazione dell'art. 22 sembra consentire, pertanto, la possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire e poi regolarizzarle entro la fine dei lavori. (Il Consiglio di Stato ha considerato "variante minore o non essenziale" una modesta rototraslazione della sagoma dell'edificio rispetto al progetto approvato - C. Stato, Sez. V, 22 gennaio 2003, n. 249). (Massime a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 02/03/2009, Sentenza n. 9177

URBANISTICA ED EDILIZIA - Titolo abilitativo - Profili di illegittimità sostanziale – Poteri del giudice - Buonafede e di affidamento incolpevole - Individuazione. In materia urbanistica, il giudice penale, allorquando accerta profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo edilizio, procede ad un'identificazione in concreto della fattispecie sanzionata e non pone in essere alcuna "disapplicazione" riconducibile all'enunciato della L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, art. 5), né incide, con indebita ingerenza, sulla sfera riservata alla Pubblica Amministrazione, poiché esercita un potere che trova fondamento e giustificazione nella stessa previsione normativa incriminatrice. La "macroscopica illegittimità" del provvedimento amministrativo non è condizione essenziale per la configurabilità di un'ipotesi di reato D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 44; mentre (a prescindere da eventuali collusioni dolose con organi dell'amministrazione) l'accertata esistenza di profili assolutamente eclatanti di illegalità costituisce un significativo indice di riscontro dell'elemento soggettivo della contravvenzione contestata anche riguardo all'apprezzamento della colpa. Spetta in ogni caso al giudice del merito, e non certo a quello del riesame di provvedimenti di sequestro, la individuazione, in concreto, di eventuali situazioni di buonafede e di affidamento incolpevole.

URBANISTICA ED EDILIZIA - Concessione illegittima – Disapplicazione – Poteri del giudice - Usi pubblici e sociali - Art.5 L. n. 2248/1865, all. E.In materia edilizia, allorché il giudice accerta l'esistenza di profili di illegittimità sostanziale del titolo abilitativo non pone in essere la procedura di disapplicazione riconducibile all'art.5 L. n. 2248/1865, allegato E, atteso che viene operata una identificazione in concreto della fattispecie con riferimento all'oggetto della tutela da identificarsi nella salvaguardia degli usi pubblici e sociali del territorio regolati dagli strumenti urbanistici. (Cass. Sez.3, n. 21487 del 21/03/2006).

DIRITTO PROCESSUALE - Riesame e giudizio di cognizione – Autonomia dei procedimenti - In sede di riesame la verifica della sussistenza del fatto reato è preclusa.Per l'assoluta autonomia rispetto al giudizio di cognizione, è precluso in sede di riesame la verifica della sussistenza del fatto reato, potendo il giudice in questa sede accertare unicamente se il fatto contestato sia configurabile quale fattispecie astratta di reato (Cass. S.U. n.7/2000 e n.6/1992). (Massime a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

! Inquinamento

" T.A.R. SICILIA, Palermo, Sez. I – 20 marzo 2009, n. 540

INQUINAMENTO – RIFIUTI – Acque di falda emunte nell’ambito di interventi di bonifica – Rifiuti liquidi - Art. 243 d.lgs. n. 152/2006 – Gestione ed autorizzazione degli impianti di trattamento - Parificazione del regime giuridico a quello proprio delle acque reflue

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industriali – Esclusione – Ragioni. L’art. 243 del D.Lgs. n. 152/06 introduce un peculiare regime diversicato per le acque di falda emunte nell’ambito di interventi di bonifica di siti inquinati, di per sé non idoneo tuttavia a parificarene il regime giuridico –per quanto attiene alla gestione e autorizzazione dei relativi impianti di trattamento- a quello proprio delle acque reflue industriali. Una lettura sistematica della previsione normativa in esame, in combinato disposto con le norme di cui agli artt. 185 e 108 del d.lgs. n. 152/2006 e con le ulteriori disposizioni di cui agli artt.210, 242, 124 e 125 D.Lgs.152/06, non può infatti non tenere conto della particolare natura dell’oggetto dell’attività posta in essere, siccome individuati dal legislatore quali rifiuti liquidi (cfr. codici CER 19.13.07* e 19.13.07). Le acque di falda emunte nell’ambito dell’attività di disinquinamento non derivano certamente ed in via diretta dagli ordinari cicli produttivi delle aziende, con ciò rendendone improbabile una aprioristica omologazione alle acque reflue industriali, come definite chiaramente dal co.1 lett.h) art.74 D.Lgs.cit.. Ferma restando quindi la specifica natura del prodotto oggetto di trattamento (emungimento), con le connesse implicazioni in ordine al regime autorizatorio dei relativi impianti, l’art.243 cit. si limita ad autorizzarne lo scarico nelle acque di superficie purché siano rispettati gli stessi limiti di emissione delle acque reflue industriali. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. MARCHE, Sez. I – 3 marzo 2009, n. 143

INQUINAMENTO ACUSTICO – Ordinanza ex art. 9, L. n. 447/95 – Presupposto – Esposto di una sola famiglia – Sufficienza. L'ordinanza di cui all'art. 9, L. n. 447 del 1995, sull’inquinamento acustico, può essere adottata anche a seguito dell’esposto di una sola famiglia, costituendo la predetta ordinanza l’ordinario rimedio in tema di inquinamento acustico (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, 27 dicembre 2007, n. 6819 e 2 aprile 2008 n. 715). (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA, Sez. I – 27 febbraio 2009, n. 103

INQUINAMENTO– Pianificazione urbanistica comunale – Industrie insalubri ex art. 216 T.U.LL.SS. – Divieto di realizzazione in determinate aree – Legittimità – Esigenze di carattere sanitario-ambientale – Limiti. Nulla vieta che in sede di pianificazione urbanistica venga esclusa, in via generale, la realizzabilità in una determinata zona di industrie insalubri di cui all’art. 216 del T.U.LL.SS (Cfr., ex multis, C.d.S., IV, 30 giugno 2004, n. 4804; T.A.R. Lombardia, Brescia 12 gennaio 2001 n. 2; T.A.R. Emilia-Romagna, sez. staccata di Parma, 9 febbraio 2001, n. 60; T.A.R. Veneto, Sez. III, 23 marzo 2005, n. 1117). La funzione urbanistica delle norme tecniche di attuazione del piano regolatore non esclude infatti che nelle stesse possano trovare riscontro esigenze di carattere sanitario o comunque di correttezza dei diversi insediamenti, proprio a ciò essendo rivolta la funzione della zonizzazione (Cfr., C.d.S., IV, 24 ottobre 1994, n. 825), ed anzi è “legittima la norma di regolamento comunale che, nel disciplinare gli insediamenti delle imprese insalubri, fissi un parametro più rigoroso di quello dell’art. 216, t.u. sanitario (r.d. 27 luglio 1934 n. 1265) nel senso di vietarli nell’ambito delle aree collocate nel “centro edificato” del territorio comunale (Cfr., C.d.S., V, 1 aprile 1996, n. 338). Ciò che conta al fine di evitare che questa possibilità sconfini nell'arbitrio, è che esista un parametro normativo preesistente al quale fare riferimento onde verificare se un determinato tipo di insediamento industriale possa considerarsi insalubre e che la scelta pianificatoria trovi adeguata giustificazione anche nel tessuto territoriale esistente. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

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! Pubblica Amministrazione

" Corte di Cassazione, Sezione I, sentenza 19 dicembre 2008, n. 29837

Comuni - Rappresentanza in giudizio - Dirigente ufficio legale - Legittimazione. (Legge 131/2003, articolo 4; Cpc, articolo 113; Dlgs 267/2000, articoli 1, 3, 6 e 7) Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, delineato dagli articoli 6, 50 e 107 dell’ordinamento degli enti locali di cui al Dlgs 267/2000, interpretati alla luce della successiva evoluzione normativa e in particolare della riforma dell’articolo 114, secondo comma della Costituzione e dell’articolo 4 della legge 131/2003 di attuazione di tale riforma, lo statuto del comune può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell’ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero a esponenti apicali della struttura burocratico-amministrativa del comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria non sussista, il sindaco conserva l’esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del comune, ai sensi dell’ar-ticolo 50 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, approvato con il Dlgs 267/2000. In particolare, qualora lo statuto affidi la rappresentanza a stare in giudizio in ordine all’intero contenzioso al dirigente dell’ufficio legale, questi, quando ne abbia i requisiti, può costituirsi senza bisogno di procura, ovvero attribuire l’incarico a un professionista legale interno o del libero foro e, ove abilitato alla difesa presso le magistrature superiori, può anche svolgere personalmente attività difensiva nel giudizio di cassazione. (M.Pis.) (Guida al Diritto, Il Sole-24 Ore, 14 marzo 2009, n. 11, p. 51)

! Pubblico Impiego

" T.A.R. ABRUZZO, L’Aquila, Sez.I – 24 marzo 2009, n. 224

PUBBLICO IMPIEGO – Militare – Precarie condizioni di salute di congiunti lontani – Concessione della sede in via provvisoria – Obbligo conseguenziale di stabilizzazione nel nuovo ufficio – Esclusione. La concessione della sede in via provvisoria –proprio per il carattere ad tempus del beneficio- non postula alcun obbligo conseguenziale di stabilizzazione del militare nel nuovo ufficio, anche quando si dimostri la permanenza delle precarie condizioni di salute del congiunto che avevano determinato l’esigenza dell’avvicinamento temporaneo; vero è invece che –proprio in presenza di situazioni difficili connesse alla precaria salute di congiunti lontani- la PA accorda al suo dipendente il beneficio del trasferimento nei limiti temporali in cui quest’ultimo resta compatibile con l’interesse pubblico all’ottimale organizzazione degli uffici, anche al fine di consentire medio tempore al soggetto distaccato (nel periodo in cui egli può risiedere vicino al parente malato) una pianificazione a regime dell’assistenza necessaria. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

! Rifiuti

" T.A.R. LAZIO - Roma, Sez. I – 1 aprile 2009, n. 3482

RIFIUTI – Art. 4 d.l. n. 90/2008 convertito dalla L. n. 123/2008 – Gestione dei rifiuti – Giurisdizione esclusiva del G.A. – Rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale – Giurisdizione – A.G.O. - Sent. Corte Cost. nn. 204/2004 e 191/2006. Un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 4 d.l. 90/2008, convertito, con modificazioni, dalla l. 123/2008, secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica, porta a ritenere,

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in coerenza con i principi espressi dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006, che la norma attiene a situazioni che postulano l’esercizio di un potere pubblico, con conseguente esclusione della giurisdizione amministrativa nelle ipotesi in cui l’azione ha ad oggetto il mero accertamento della sussistenza o insussistenza di diritti a carattere patrimoniale senza incidere sull’azione amministrativa di gestione dei rifiuti. Di talché, la giurisdizione del giudice amministrativo va esclusa ogniqualvolta la controversia, o la singola censura, afferisca ai rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale intervenute tra le parti per regolamentare la gestione dei rifiuti e, quindi, afferisca all’an o al quantum della pretesa patrimoniale, atteso che in tal caso la fattispecie, di tipo meramente privatistico, esula completamente dal possibile esercizio di un potere autoritativo (cfr. T.A.R. Lazio, I, 18 febbraio 2009, n. 1653 e, sostanzialmente in tal senso, Cons. Stato, V, ordinanza 30 settembre 2008, n. 5260). In altri termini - mentre tutte le controversie che attengono alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, sebbene l’amministrazione non abbia in concreto esercitato il potere in astratto conferito agendo invece attraverso comportamenti o comunque con atti paritetici con conseguente contrapposizione di posizioni di diritto soggettivo, rientrano, ai sensi della norma richiamata, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo - tutte le controversie, o le singole censure, totalmente estranee all’esercizio del potere pubblico di gestione in materia di rifiuti non possono essere sottratte alla giurisdizione del giudice ordinario ancorché la fonte del rapporto obbligatorio in contestazione sia volto a disciplinare, anche da un punto di vista patrimoniale, la gestione dei rifiuti.(Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. MARCHE, Sez. I – 30 marzo 2009, n. 146

RIFIUTI – Rifiuti “compostabili” – Inquinamento per cromo totale – Applicazione analogica dei limiti per il cromo tetravalente di cui al deliberazione 27.4.1984 in vigenza del d.lgs. n. 22/97 e D.M. 5.2.1998 – Esclusione. Nella vigenza del d.lgs. n. 22/97 e del D.M. 5.2.1998 – in materia di compostaggio - , va esclusa l’applicazione analogica (in ragione della mancata previsione di alcun limite per il cromo totale nel D.M. 27.3.1998, attuativo della legge n.748/1984) del limite per il cromo tetravalente di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale 27.4.1984. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. TOSCANA, Sez. I – 26 marzo 2009, n. 516

RIFIUTI – T.I.A. – Controversie – Deliberazioni di istituzione o modifica – Giurisdizione del G.A. – Atti applicativi della tariffa – Giurisdizione tributaria. Le controversie in ordine alle deliberazioni di istituzione o modifica della T.I.A. appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo, mentre è pacifica la sussistenza della giurisdizione tributaria nei confronti degli atti applicativi della tariffa (cfr. art. 2, c. 2 d.lgs. b. 546/1992, come modificato dall’art. 3bis comma 1 lett. b) del D.L. n. 203/2005, convertito in legge n. 248/2005), anche nel caso in cui siano fatti valere vizi degli atti amministrativi presuposrti concernenti le determinazione in via generale dei criteri di applicazione della tariffa (cfr. Cass. SS.UU. 24 luglio 2007 n. 16293). (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. LAZIO, Se. I – 18 marzo 2009, ordinanza n. 389

RIFIUTI – Gestione integrata – Art. 20, c. 1 L.R. Campania, n. 4/2007 – Costituzione di una società a totale o prevalente capitale pubblico per l’affidamento del servizio in house – Imposizione del modello gestorio – Art. 114, co. 2, Cost. – Questione di legittimità costituzionale – Rimessione alla Corte Costituzionale. E’ rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all’art. 114, co. 2, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 20, co. 1, L.R. Campania, n. 4/2007, come sostituito dall’art. 1, co. 1, lett. m), L.R. Campania n. 4/2008. La norma prevede che “la provincia affida il servizio di

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gestione integrata dei rifiuti nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale sull’evidenza pubblica mediante la costituzione di soggetti a totale o prevalente capitale pubblico”. La necessità di costituire una società a totale o prevalente capitale pubblico per l’affidamento in house del servizio di gestione integrata dei rifiuti configura un unico modello gestorio al quale l’ente locale, sia pure titolare della relativa funzione amministrativa, non può derogare. In tal modo, la norma regionale restringe l’autonomia finanziaria e contabile delle province in violazione dell’art. 114, co. 2, Cost: l’imposizione di un determinato modello gestorio per l’affidamento del servizio in luogo dell’attribuzione all’ente locale di una facoltà di scelta del modello di gestione ritenuto più idoneo, nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale sull’evidenza pubblica, determina infatti un’indebita compressione dell’autonomia riconosciuta alle province dalla richiamata norma costituzionale. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV – 13 marzo 2009, n. 1904

RIFIUTI – Impianti di smaltimento – Conferenza di servizi – Omessa convocazione dei comuni limitrofi – Mancanza di prova in ordine al pregiudizio diretto – Legittimità. La mancata convocazione alla conferenza di servizi per l’autorizzazione alla realizzazione e gestione di un impianto di smaltimento di rifiuti dei comuni limitrofi, non costituisce violazione dell’art. 208 T.U. Ambiente, in mancanza di prova in ordine al pregiudizio diretto a carico degli stessi comuni derivante dall’impianto. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" T.A.R. LOMBARDIA, Milano, Sez.IV – 13 marzo 2009, n. 1904

RIFIUTI – Discariche – Impianti di compost - Zona agricola – Compatibilità. Gli impianti di compost, per la loro particolare natura, sono compatibili con una destinazione agricola dei terreni su cui sorgono. Peraltro, la giurisprudenza amministrativa ha più volte affermato la compatibilità di interventi edilizi in zona agricola ( Consiglio di Stato 1557\02: “Irrilevante è la circostanza che l'area ove sorge la discarica sia una zona agricola, in quanto tale classificazione non è incompatibile con un impianto del genere in mancanza di specifiche localizzazioni da parte del piano regolatore generale“; Consiglio di Stato 3178\01: “La destinazione a zona agricola di un'area, salva la previsione di particolari vincoli ambientali o paesistici, non impone, in positivo, un obbligo specifico di utilizzazione effettiva in tal senso, bensì, in negativo, ha lo scopo soltanto di evitare insediamenti residenziali, e quindi non costituisce ostacolo alla installazione di opere che non riguardino l'edilizia residenziale e che, per contro, si rivelino per ovvi motivi incompatibili con zone abitate e quindi necessariamente da realizzare in aperta campagna: così, ad esempio sono stati ritenuti via via compatibili, con zone agricole, impianti di derivazione di acque pubbliche (T.S.A.P., 18 febbraio 1991 n. 7), attività di cava (C.di S., VI Sez. 19 febbraio 1993 n. 180), depositi di esplosivi (V Sez., 28 settembre 1993 n. 968), e, infine, per ciò che più qui interessa, anche discariche per rifiuti solidi urbani (V Sez., 26 gennaio 1996 n. 85).”). In ogni caso, la Conferenza di servizi legittima anche la necessaria variante rispetto allo strumento urbanistico. (Massima a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

" CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. III, 11/03/2009, Sentenza n. 10711

RIFIUTI – Sottoprodotti – Individuazione, criteri, requisiti e condizioni – Definizione legislativa – Mancanza di un requisito – Applicazione della disciplina sui rifiuti - Art. 183, c. 1°, lett. p), D.Lgs. n. 152/2006, come mod. dal D.Lgs. n. 4/2008. L'articolo 183 lettera p) del decreto legislativo n 152 del 2006, come modificato dal decreto correttivo n 4 del 2008, considera sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1. lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione; il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale ed avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito; soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro

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impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati; non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3, ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione; abbiano un valore economico di mercato. La sussistenza delle condizioni indicate deve essere contestuale. La mancanza di una sola di esse rende il residuo di produzione soggetto alla disciplina sui rifiuti. Ai fini del regime derogatorio contemplato per i sottoprodotti, si richiede che le sostanze o i materiali non siano sottoposti ad operazioni di trasformazione preliminare in quanto tali operazioni fanno perdere al sottoprodotto la sua identità

RIFIUTI – Fanghi provenienti direttamente dallo sfruttamento di cava – Esclusione dalla disciplina dei rifiuti – Gli inerti esaurito il ciclo estrattivo devono considerarsi rifiuti – Fattispecie. A norma dell'art. 185 lett. d) dlgs n 152/2006 sono esclusi dalla disciplina prevista per i rifiuti solo i fanghi che provengono direttamente dallo sfruttamento della cava e non pure quelli derivanti da diversa e successiva lavorazione delle materie prime (Cass. n 42966/2005; Cass. n.41584/2007), in altri termini vanno esclusi dalla disciplina sui rifiuti soltanto i materiali derivanti dallo sfruttamento delle cave nella misura in cui restino entro il ciclo produttivo dell'estrazione e connessa pulitura: infatti l'attività di sfruttamento della cava non può confondersi con la lavorazione successiva dei materiali stessi. Gli inerti, ancorché provenienti in origine da una cava, una volta esaurito il ciclo estrattivo, se vengono smaltiti, ammassati ecc. devono considerarsi rifiuti. Nella fattispecie i giudici del merito sulla base degli accertamenti compiuti dai carabinieri hanno escluso che i fanghi potessero provenire dalla prima pulitura degli inerti a seguito dell'attività estrattiva.

RIFIUTI – Reato di gestione di una discarica abusiva – Configurabilità.Il reato di gestione di una discarica abusiva presuppone l'accertamento delle seguenti condizioni: una condotta non occasionale di accumulo di rifiuti, lo scarico ripetuto, il degrado dell'area, la definitività dell'abbandono dei rifiuti medesimi o di parti di essi. Mancando il requisito dell'abbandono si realizza un deposito preliminare nell'attesa dello smaltimento o del recupero. (Massime a cura della rivista giuridica www.AmbienteDiritto.it)

! Sicurezza ed igiene del lavoro

" Corte di Cassazione penale, Sezione IV, sentenza 13 novembre-22 dicembre 2008 n. 47485

Infortuni sul lavoro - Normativa antinfortunistica - Ambito di applicazione - Appalto – Responsabilità dell’appaltatore - Rapporti con il committente - Ambito di operatività - Fattispecie. (Dpr 27 aprile 1955 n. 547, articoli 4 e seguenti; Dlgs 19 settembre 1994 n. 626, articoli 1 e seguenti; Dlgs 9 aprile 2008 n. 81, articolo 26)

Per i lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, il dovere di sicurezza grava, come in qualsiasi altra ipotesi, sul datore di lavoro, che, di regola, è l’appaltatore, destinatario delle disposizioni antinfortunistiche qualora abbia assunto il rischio inerente all’esecuzione dei lavori e la responsabilità d’organizzare il cantiere con propri mezzi e con personale da lui assunto. In caso di infortunio, è peraltro ammissibile che possano aversi intrecci di responsabilità coinvolgenti anche il committente, anche se la mancata contestazione al committente, o ad altri soggetti tenuti all’osservanza delle norme antinfortunistiche, certamente non libera colui che è parimenti tenuto a osservarle. (Da queste premesse, è stato rigettato il ricorso avverso la sentenza di condanna pronunciata a carico dell’appaltatore, ritenendosi non rilevante la circostanza che, nella specie, non fosse stato contestato al committente, come preteso dal ricorrente, il profilo di colpa sostanziatosi nel non avere provveduto alla nomina del «coordinatore per la progettazione» e del «coordinatore per l’esecuzione dei lavori»; e ciò anche in base al rilievo che, in ogni caso, l’appaltatore avrebbe dovuto attivarsi per tempo nei confronti del committente sollecitandolo agli adempimenti che si assumevano mancanti, rifiutandosi, nelle more, di eseguire le opere commissionategli). (Guida al Diritto, Il Sole-24 Ore, 14 marzo 2009, n. 11, p. 63)

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Energia

$Se la domanda per impianti eolici è carente la Pa può scegliere tra integrazione o rinnovo

La sentenza sottolinea anche che sulle istanze dei soggetti privati dirette alla valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di un impianto eolico non opera il principio del silenzio assenso. Quest’ultimo è infatti in contrasto con i criteri comunitari che regolano il via libera dei progetti privati

Benedetto Campanella, Guida agli Enti Locali, Il Sole 24 Ore, 21 marzo 2009, n. 12, p.76

" Tar Puglia - Sezione III - Sentenza 8 ottobre 2008-7 gennaio 2009 n. 1

LA MASSIMA Energia - Costruzione di nuovi aerogeneratori - Procedure autorizzatorie - Numero elevato di domande autorizzatorie presentate - Violazione e falsa applicazione artt. 7 e 10 della L. 241/1990 - Violazione artt. 3, 97 e 41 Costituzione - Documentazione incompleta - LR Puglia n. 11 del 12 aprile 2001 e del regolamento regionale 16/2006 - Invito a presentare nuova domanda - Discrezionalità amministrativa - Par condicio. Nell’esaminare l’istanza di un progetto per la costruzione di un impianto eolico l’Assessorato all’ecologia ha solo il compito di valutare l’impatto che l’intervento produce sull’ambiente, l’autorizzazione vera e propria del progetto rientra invece nelle competenze dell’assessorato allo sviluppo economico. La formazione del silenzio-assenso, nel procedimento di verifica dell’assoggettabilità a VIA, è in contrasto con i principi comunitari che assoggettano l’autorizzazione di progetti privati, che possono avere un impatto rilevante sull’ambiente, solo previa valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull’ambiente. La pubblica amministrazione ha, visto anche l’enorme numero di domande pervenute per tale tipologia di progetti, la discrezionalità nello scegliere tra il considerare un’istanza incompleta di documentazione e pertanto irregolare ovvero invitare il privato interessato a presentarne una nuova e questa volta corredata a norma. Tale discrezionalità è anche nel rispetto della “par condicio” nei confronti delle imprese diligenti che hanno presentato la prescritta documentazione.

IL COMMENTO La diffusione delle fonti alternative di energie, specie nei piccoli Comuni, vede ogni anno incrementarsi sempre di più la quantità prodotta e gli impianti realizzati. Nel nostro Paese si è registrato, nel 2008, un boom dell'eolico, per un totale di 3.861,9 megawatt installati in 245 Comuni. La Puglia detiene il primato per essere la regione in Italia con la più alta produzione di energia elettrica da impianti eolici, circa 800 megawatt anno.

COLLI DI BOTTIGLIA Tutto ciò anche se, in Italia, la diffusione degli impianti trova numerosi ostacoli, sia dal punto di vista politico che burocratico, tanto che, per fare un esempio, per ottenere un parere sulla fattibilità di un impianto si può arrivare ad aspettare fino a cinque anni. Su cento impianti eolici progettati e sottoposti alle verifiche e alle approvazioni previste dalla legge, se ne realizzano appena venti. Le lungaggini amministrative sono sicuramente uno dei punti deboli del settore eolico, la cui criticità è l'andare a creare un collo di bottiglia nella fase iniziale di sviluppo dei progetti, ma non solo anche i pregiudizi contro i moderni mulini a vento sicuramente non aiutano la diffusione di questa fonte energetica alternativa.

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Nella maggior parte dei casi si rischia che i nuovi progetti, se non arenati a causa del faticoso iter burocratico o delle difficoltà di sopportare i costi delle valutazioni richieste, siano addirittura scoraggiati sul nascere. Eppure la normativa statale e quella regionale più volte hanno sancito il principio della necessità di una semplificazione nelle procedure autorizzative per gli impianti di energia da fonti rinnovabili. Molte Giunte regionali hanno, in proposito, deliberato che la fase istruttoria della procedura di verifica dovrebbe essere svolta sulla base delle conoscenze esistenti, senza necessità di effettuare studi o indagini specifiche. Delibera, puntualmente ignorata, dato che nella prassi si sono richieste integrazioni di documentazione comportanti studi ed indagini specifiche, come quelle che richiedono il monitoraggio diurno e notturno, per durate che a volte superano l'anno, dei passaggi di avifauna sul sito del progetto.

IL RICORSO L'oggetto della controversia si concentra, dunque, nel diniego del permesso di costruire un impianto di produzione di energia da fonte eolica a Monteleone di Puglia presentato dalla Società Ico Energy di Maddaloni. Diniego, che secondo la ricorrente, contrasta coi principi di mancata previa comunicazione (di cui agli articoli 7 e 10 legge 241/1990) dell'atto definitivo di diniego con conseguente impossibilità per il privato di poter presentare le proprie ragioni. L'appellante, inoltre, deduce anche l'eccesso di potere per difetto di motivazione, visto che, a parere della stessa società, l'istanza prodotta era pienamente conforme alla normativa di settore.È da ritenersi comunque penalizzante, a detta della società, la mancata richiesta dei documenti a integrazione dell'istanza che l'Amministrazione, nel rigettare la domanda, aveva l'onere di precisare. Tutto ciò in quanto, come qualsiasi richiesta presentata presso un pubblico ufficio, l'istanza è dotata di un numero di protocollo, con data e numero cronologico di ingresso, pertanto avrebbe già una sua priorità rispetto a quelle successive pervenute con lo stesso oggetto e presso lo stesso ente. In proposito, l'intervento della Regione, costituitasi in giudizio, è stato chiarificatore in quanto ha anzitutto specificato che non si può parlare di diniego in quanto l'assessorato all'ecologia, cui era diretta l'istanza, aveva solo il compito di valutazione in merito all'impatto ambientale del progetto. L'autorizzazione vera e propria del progetto rientra invece nelle competenze dell'assessorato allo sviluppo economico. La natura della nota dell'assessorato all'ecologia era quella di un semplice invito a presentare la documentazione completa, così come indicato negli articoli 9, 10 e 11 del regolamento n. 16/06, in quanto quella presentata dalla ricorrente era carente della prescritta documentazione.

LA SENTENZA Rientra nella discrezionalità amministrativa della Regione scegliere se rigettare o ammettere semplicemente a regolarizzazione le richieste incomplete di verifica di assoggettabilità alla valutazione dell'impatto ambientale (Via). La legge regionale 17/2007 contenente le prime disposizioni urgenti per favorire il decentramento di alcune funzioni amministrative in materia di tutela ambientale, depongono, in tal senso, a favore della discrezionalità della Pa. La regione Puglia è stata ultimamente invasa da numerose richieste di installazione di impianti eolici la cui presenza, ormai estesa, nel territorio salentino, potrebbe creare non pochi problemi dal punto di vista ambientale. Ecco perché, nel rispetto del principio della par condicio, non si può non promuovere quelle imprese che hanno osservato i tempi procedimentali e si sono fatto carico di presentare tutta la documentazione prevista a scapito di quelle che, invece, non sono state diligenti e non sembra corretto agevolare con un'istruttoria prioritaria in virtù di una istanza precedente ma non regolare. La seconda questione, oggetto del ricorso di questa società, è quella che emerge in molte istanze simili e, fra tutti, quello del silenzio-assenso maturato alla scadenza dei termini dell'istruttoria. Sull'istanza del privato diretta alla valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di un impianto eolico, non opera il silenzio assenso. Quest'ultimo è in contrasto con i principi comunitari che assoggettano l'autorizzazione di progetti privati, che possono avere un impatto rilevante sull'ambiente, solo previa valutazione delle loro probabili rilevanti ripercussioni sull'ambiente e pertanto questi progetti debbono essere, per principio, sottoposti a una valutazione sistematica sicuramente incompatibile con una procedura tacita, di silenzio assenso, di formazione della volontà amministrativa. Per tali motivi, il Tar di Bari, con sentenza depositata il 7 gennaio 2009, ha respinto la richiesta di annullamento dell'atto di rigetto dell'assessorato all'ecologia del progetto in questione, dichiarando il ricorso sia inammissibile che infondato.

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Trasparenza amministrativa

$Il diritto del cittadino ad accedere alle informazioni non può essere bloccato da motivi di ordine pubblico

Chi intende effettuare un'emissione di un Ogm è tenuto a presentare preventivamente una notifica all'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio questa deve avvenire

Corrado Anna, Il Sole 24 Ore, Guida al Diritto, 21 marzo 2009, n. 12, p. 88

Corte di giustizia delle Comunità europee - Sezione IV - Sentenza 17 febbraio 2009 - Causa C-552/07

La massima Trasparenza amministrativa - Direttiva n. 2001/18/Ce - Emissione deliberata di organismi geneticamente modificati – Sito dell’emissione - Conoscibilità - Riservatezza - Non sussiste. (Direttiva n. 2001/18/Ce) Il «sito dell’emissione», ai sensi della direttiva n. 2001/18/Ce, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati è determinato da qualsiasi informazione, relativa all’ubicazione dell’emissione, fornita dal notificante alle autorità competenti dello Stato membro sul cui territorio deve avvenire l’emissione e non si può opporre alla comunicazione delle informazioni concernenti il sito dell’emissione una riserva relativa alla protezione dell’ordine pubblico o di altri interessi tutelati dalla legge.

Il commento Il diritto di accesso del cittadino alle informazioni si applica anche in caso di emissione di organismi geneticamente modificati. La Corte di Giustizia delle Comunità europee, infatti, con la sentenza C-552/07 dello scorso 17 febbraio 2009 ha statuito che gli Stati membri non possono invocare l'ordine pubblico per opporsi alla divulgazione delle informazioni relative al sito dell'emissione di Ogm. Questa pronuncia assume una particolare importanza non solo perché specifica quali sono gli obblighi di coloro che emettono organismi geneticamente modificati nell'ambiente, anche in vista di un sempre maggiore loro utilizzo, ma fornisce un contributo alla definizione dei confini del diritto di accesso ai documenti in generale.

Il fatto La controversia nasce dalla richiesta di un cittadino francese, rivolta al proprio sindaco, di conoscere alcuni documenti contenenti elementi riguardanti le emissioni di Ogm effettuate sul territorio comunale e, in particolare, l'avviso al pubblico, la scheda d'impianto, che consente di individuare la particella sfruttata a coltivazioni, e la lettera prefettizia accompagnatoria di tali documenti. A seguito del silenzio del sindaco, il cittadino si è rivolto alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi che si è espressa favorevolmente per quanto riguarda la comunicazione dell'avviso al pubblico, mentre ha negato la diffusione dei dati relativi alla scheda d'impianto particellare e alla mappa di ubicazione delle emissioni, argomentando che tale comunicazione avrebbe arrecato pregiudizio alla riservatezza e alla sicurezza degli operatori interessati. In seguito a tale esito, la questione è passata dalla sede amministrativa a quella giurisdizionale, per cui dopo un contrasto di posizione tra i giudici di primo e di secondo grado, la questione è stata sottoposta al giudice comunitario chiamato a decidere se è legittimo, da parte di una autorità nazionale, non fornire le informazioni richieste in materia di emissione di organismi geneticamente modificati opponendo la protezione dell'ordine pubblico o di altri segreti tutelati dalla legge.

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L'emissione deliberata di Ogm La domanda di pronuncia pregiudiziale rivolta al giudice comunitario verte sull'interpretazione della direttiva n. 2001/18/Ce relativa all'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati. Per emissione deliberata si intende qualsiasi introduzione intenzionale nell'ambiente di un Ogm o una combinazione di Ogm per la quale non vengono usate misure specifiche di confinamento, al fine di limitare il contatto con la popolazione e con l'ambiente e per garantire un livello elevato di sicurezza per questi ultimi. Per quanto concerne, in particolare, gli obblighi generali degli Stati membri in materia, l'articolo 4 della citata direttiva stabilisce che essi, nel rispetto del principio precauzionale, provvedono affinché siano adottate tutte le misure atte a evitare effetti negativi sulla salute umana e sull'ambiente che potrebbero derivare dall'emissione deliberata o dall'immissione in commercio di Ogm.

La procedura di autorizzazione Per la procedura di autorizzazione di una emissione deliberata la direttiva dispone che: chiunque intenda effettuare un'emissione di un Ogm o di una combinazione di Ogm è tenuto a presentare preventivamente una notifica all'autorità competente dello Stato membro sul cui territorio avverrà l'emissione. Tale notifica comprende un fascicolo tecnico contenente le informazioni necessarie per valutare il rischio ambientale connesso a tale emissione. L'articolo 25 disciplina poi, le informazioni da considerarsi riservate; in particolare, la norma citata dispone che la commissione e le autorità competenti non comunicano a terzi le informazioni riservate notificate o scambiate in base alla direttiva e tutelano la proprietà intellettuale dei dati ricevuti. Il notificante, inoltre, può indicare quali siano le informazioni contenute nella notifica effettuata la cui divulgazione potrebbe pregiudicare la sua posizione concorrenziale e che quindi dovrebbero essere considerate riservate. In nessun caso sono considerate riservate le informazioni concernenti la descrizione generale degli Ogm, nome e indirizzo del notificante, scopo dell'emissione, sito dell'emissione e la valutazione del rischio ambientale.

L'accesso del pubblico all'informazione ambientale Infine, va considerata la direttiva n. 2003/4/Ce, sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale (che abroga la direttiva n. 90/313/Cee), la quale stabilisce che gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio, rispettivamente, alla sicurezza pubblica o alla difesa nazionale, a diritti di proprietà intellettuale nonché alla tutela dell'ambiente cui si riferisce l'informazione. Un organismo geneticamente modificato (Ogm) è un essere vivente che possiede un patrimonio genetico modificato tramite tecniche di ingegneria genetica. Gli Ogm sono già da alcuni anni al centro di un importante dibattito scientifico in quanto ancora non se ne conoscono bene gli effetti sulla popolazione e sugli ecosistemi. Gli Ogm sono oggi utilizzati principalmente nell'ambito dell'alimentazione, dell'agricoltura, della medicina, della ricerca, e dell'industria. I punti maggiormente controversi in relazione all'uso degli Ogm in campo agroalimentare riguardano i potenziali rischi per l'ambiente o per la salute umana e animale, la possibilità di coesistenza tra colture Ogm e non-Ogm e l'impatto economico-sociale della loro introduzione in aree rurali. È per questo che in ambito comunitario la disciplina emanata tiene conto di importanti principi quali quello dell'azione preventiva, del principio di precauzione e di trasparenza affinché possa perseguirsi il prioritario obiettivo di tutelare la salute umana. La possibilità di accedere alle informazioni dei siti di emissione costituisce una prerogativa molto importante garantita dalla disciplina comunitaria ai cittadini i quali possono esercitare una sorta di controllo sulle modifiche genetiche effettuate. La direttiva n. 2001/18 ha introdotto un regime di trasparenza che si concretizza non solo in meccanismi di consultazione del pubblico, ma anche nel diritto di accesso alle informazioni relative alle emissioni nonché nella predisposizione di registri pubblici nei quali deve figurare l'ubicazione di ciascuna emissione di Ogm. Va, comunque, confermato, come si legge nelle conclusioni dell'avvocato generale Eleanor Sharpston presentate il 22 dicembre scorso, che la direttiva n. 2001/18 non è una direttiva di «accesso alle informazioni». Il suo scopo principale è quello di fornire una disciplina normativa armonizzata nel cui contesto gli Stati membri possano autorizzare emissioni di Ogm nell'ambiente.

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Tale direttiva stabilisce i criteri per la valutazione, caso per caso, dei rischi potenziali che potrebbero derivarne. A tal fine, chiunque intenda effettuare un'emissione è tenuto a fornire informazioni alle autorità competenti dello Stato membro in cui avrà luogo l'emissione proposta. Lo scopo di tali informazioni è quello di consentire a dette autorità di effettuare un'efficace valutazione del rischio prima di decidere se autorizzare o meno il notificante a porre i propri Ogm a contatto con l'ambiente. Una volta che le autorità dispongono delle informazioni necessarie per poter prendere una decisione informata sull'opportunità di autorizzare o meno l'emissione e si siano pronunciate in merito, la direttiva n. 2001/18 impone loro taluni obblighi secondari che disciplinano gli altri usi cui le informazioni fornite dal notificante dovrebbero servire. Uno di questi obblighi consiste nell'informazione pubblica.

Il luogo in cui avviene la disseminazione Tornando alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta al giudice comunitario e cioè se possono essere rese note le informazione riguardanti il luogo in cui avviene la disseminazione, la Corte ha stabilito che in base alla direttiva n. 2001/18/Ce l'informazione relativa al luogo di emissione in nessun caso deve essere considerata riservata. Il sito di emissione è determinato da qualsiasi informazione relativa all'ubicazione dell'emissione, fornita dal notificante alle autorità dello stato membro sul cui territorio deve avvenire l'emissione conformemente alla direttiva. L'accesso a tali dati non può essere negato in virtù della necessità di salvaguardare l'ordine pubblico o altri segreti previsti dalla legge. Tale interpretazione, inoltre, è suffragata dall'esigenza di cui alla direttiva secondo cui i dati relativi alla valutazione dei rischi ambientali non sono considerati riservati.

I motivi per i quali può essere respinta la domanda Grande rilievo, infine, è stato riconosciuto dal giudice comunitario al diritto dei cittadini di accedere a queste informazioni; la Corte ha affermato, infatti, che il richiamo alle disposizioni di cui alle direttive nn. 90/313 e 2003/4, (sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale) ai sensi delle quali una domanda di informazioni ambientali può essere respinta ove la divulgazione delle informazioni richieste sia in grado di nuocere alla tutela di taluni interessi, tra i quali figura la sicurezza pubblica, non possono essere utilmente opposte alle esigenze di trasparenza risultanti dalla direttiva n. 2001/18. Di conseguenza, non si può opporre alla comunicazione delle informazioni indicate nella direttiva una riserva relativa alla protezione dell'ordine pubblico o di altri interessi tutelati dalla legge.

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Sicurezza ed igiene del lavoro

$Condotta anomala del lavoratore

L’obbligo di prevenzione del datore di lavoro si estende agli incidenti che derivino da negligenza, imprudenza e imperizia del lavoratore

Pierguido Soprani, Ambiente&Scurezza, Il Sole 24Ore, 7 aprile 2009, n. 7, p. 110

Cassazione penale, sez. IV, 16 gennaio 2009, n. 1775,

La massima Prevenzione infortuni - Appalto di lavori di scavo - Inidoneità del macchinario e inidoneità dell’operatore - Responsabilità (concorrente) del lavoratore - Valutazione - Omessa segnalazione al datore di lavoro delle deficienze della macchina e della situazione di pericolo - È responsabile L’obbligo di prevenzione del datore di lavoro si estende agli incidenti che derivino da negligenza, imprudenza e imperizia del lavoratore, restando esclusa la responsabilità solo in presenza di comportamenti che presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo, alle direttive organizzative ricevute e alla comune prudenza. In ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o dall’inidoneità delle misure di prevenzione, nessuna efficacia causale può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di siffatto comportamento.

Il Commento In primo e in secondo grado il titolare di una ditta di produzione di porte e di cancelli automatici in metallo era stato condannato per il reato di lesioni colpose, con violazione delle norme antinfortunistiche. Nel caso di specie, un cliente aveva richiesto un intervento in garanzia per un difetto nel funzionamento del comando elettrico di una porta. Per eseguire la manutenzione era stato inviato sul posto un operaio, il quale, per ispezionare il quadro elettrico, si era servito di una scala a sfilo formata da tre elementi, fornita dalla ditta e che si trovava a bordo del furgone con il quale era intervenuto sul posto. L’operaio aveva esteso la scala fino a quattro metri, in quanto, nonostante il quadro elettrico fosse situato soltanto a 1,50 metri da terra, quindi, teoricamente, non sarebbe stato necessario l’uso della scala, il circuito elettrico si estendeva fino a quattro metri. Mentre si trovava sulla scala, che nessuno reggeva da terra, e si stava estendendo per compiere il lavoro di ricerca del guasto, un movimento improvviso della scala lo aveva fatto cadere a terra. La contestazione penale consisteva nel non avere munito il dipendente di una scala a estensione con cestello o di non avere dato disposizioni perché qualcuno reggesse la scala da terra. Con il ricorso per cassazione, l’imputato aveva denunciato che i Giudici avevano travisato le risultanze probatorie, secondo le quali il compito assegnato al lavoratore infortunato non era stato quello di individuare il guasto al circuito elettrico, per il quale era necessario utilizzare la scala (atteso che il circuito elettrico correva a 4 metri di altezza), ma esclusivamente quello di andare a verificare il comando e il quadro elettrico della porta. Per eseguire questa attività il dipendente non aveva necessità di utilizzo di alcuna ulteriore attrezzatura preventiva; era evidente, dunque, il profilo di colpa esclusiva della vittima. In realtà, il dipendente era stato inviato dal datore di lavoro a controllare un comando e un quadro elettrici posti a un metro e mezzo da terra; cosicché, anziché ritornare il giorno successivo con i mezzi idonei, l’incaricato non si era attenuto alle disposizioni impartitegli dal datore di lavoro e

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aveva deciso autonomamente di prendere la scala, una prima volta per vedere il fine corsa e una seconda volta per un ulteriore controllo a lavoro finito, poggiando male la scala e cadendo. La Corte di Cassazione ha ritenuto totalmente infondati i motivi posti a base del ricorso e, valutando che il lavoratore era il soggetto destinatario delle garanzie antinfortunistiche, ha ritenuto insussistenti le condizioni per ritenere anomala la condotta della vittima dell’infortunio. È stata ritenuta circostanza fondamentale il valutare in quale momento e per quale ragione si rese necessario utilizzare la scala, non per controllare le cinghie, il che sarebbe stato fatto soltanto a individuazione del guasto avvenuta e mentre il lavoratore si sarebbe necessariamente dovuto trovare già sulla scala, ma proprio per individuare il guasto al circuito elettrico, attività che rientrava nel compito che era stato assegnato al dipendente, e che, quindi, non poteva definirsi abnorme. Sul punto la motivazione della sentenza di Appello è stata ritenuta congrua nel rilevare che «era noto all’imputato il fatto che il circuito elettrico si estendesse fino a quattro metri, ed era conseguentemente prevedibile che si rendesse necessario salire fino a quella altezza». Pretendere, quindi, che il dipendente, accortosi della necessità di intervenire con la scala per eliminare il guasto segnalato dal cliente, tornasse in ditta (per altro lo stabilimento si trovava a notevole distanza) solo per munirsi di una scala diversa che gli garantisse la sicurezza imposta dalla legge per operare, è stato ritenuto «del tutto fuori da considerazioni logiche basate sull’id quod plerumque accidit » in riferimento al contesto fattuale in cui si è verificato l’infortunio. In aderenza a un orientamento ampiamente consolidato, la Suprema Corte ha affermato che l’obbligo di prevenzione si estende agli incidenti che derivino da negligenza, da imprudenza e da imperizia dell’infortunato, essendo esclusa la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo, solo in presenza di comportamenti che presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo, alle direttive organizzative ricevute e alla comune prudenza. In ogni caso, nell’ipotesi di infortunio sul lavoro originato dall’assenza o dall’inidoneità dellemisure di prevenzione, nessuna efficacia causale può essere attribuita al comportamento del lavoratore infortunato, che abbia dato occasione all’evento, quando questo sia da ricondurre, comunque, alla mancanza o insufficienza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare proprio il rischio di questo comportamento. Alla luce di questa descrizione fattuale, in particolare di quelle che erano lemansioni assegnate al dipendente (individuare il guasto segnalato), non sono stati ravvisati elementi di ”abnormità” comportamentale, tali da elidere il nesso causale tra l’evento lesivo verificatosi e il comportamento omissivo del datore di lavoro.

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Casi pratici

! Appalti

" INFORMAZIONID. La richiesta di informazioni pervenuta fuori termine va considerata?----- R. NO. L’articolo 72 comma 3 del Dlgs 163/2006, nel caso delle procedure ristrette, prevede: «sempre che siano state richieste in tempo utile, le informazioni complementari sui capitolati d’oneri, sul documento descrittivo o sui documenti complementari, sono comunicate dalle stazioni appaltanti ovvero dallo sportello competente ai sensi dell’articolo 9, almeno sei giorni prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte». Le risposte ai chiarimenti sulla documentazione di gara possono essere fornite dalla stazione appaltante, sempre che siano state richieste “in tempo utile”. La stazione appaltante non deve considerare le richieste di chiarimento formulate oltre il termine utile (Parere dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici 193/2008). (M.L.B., Guida agli Enti Locali, Il Sole 24Ore, 7 marzo 2009, n. 10)

! DURC (Tratto da Edilizia e Territorio, Il Sole 24 Ore, 30 marzo – aprile 2009, n. 12, p. 31)

" AMBITO DI APPLICAZIONE D. La regolarità dell’impresa deve essere riferita al singolo cantiere o a tutti quelli in cui è coinvolta?----- R. Spesso si verifica il caso legato all’impossibilità, da parte delle imprese appaltatrici, di ottenere il pagamento degli stati di avanzamento dei lavori (Sal) in ragione dell’assenza di regolarità contributiva da parte di imprese subappaltatrici con le quali sussiste un regime di solidarietà; irregolarità tuttavia dovuta a inadempimenti delle imprese subappaltatrici riferiti ad «altri cantieri od opere». Allo stato attuale l’impresa interessata al Durc per ottenere il Sal può dichiararsi regolare con riferimento al personale utilizzato nello specifico cantiere e può agire per regolarizzare la posizione delle imprese appaltatrici per cui sussiste l’obbligo di solidarietà. In questi casi si può attivare un accertamento ispettivo di Inps nel cantiere e, con il relativo verbale, ottenere i pagamenti dovuti dalla stazione appaltante.

" AUTOCERTIFICAZIONE D. Il Durc può essere sostituito da una autocertificazione?----- R. In seguito all’aggiudicazione di un appalto pubblico il Durc non può essere sostituito dall’autocertificazione o dalla presentazione dei modelli F24 e dei bollettini di versamento postale utilizzati per il pagamento dei contributi previdenziali. Ciò perché il Durc è uno strumento di certificazione ufficiale e di semplificazione procedimentale, che ha una duplice valenza: da un lato, grazie alla sua obbligatorietà, assicura che gli appalti pubblici siano affidati a imprese in regola quanto a contribuzione previdenziale; dall’altro permette, in virtù della sua unitarietà, l’agevolazione delle esigenze di speditezza documentativa sia dell’appaltatore che dell’appaltante. La normativa del Durc negli appalti pubblici si differenzia da quella relativa all’autocertificazione: entrambi sono strumenti di semplificazione procedimentali ma il Durc è una certificazione ufficiale della regolarità contributiva, che corrisponde a un evidente interesse pubblico al contrasto dell’evasione previdenziale, di particolare significato nel settore degli appalti pubblici.

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Di conseguenza, ciò che forma materia tipica del Durc non può essere surrogato dalla dichiarazione sostitutiva dell’interessato, né con la mera produzione dei modelli F24 e dei bollettini postali, anche perché si tratta di documenti insufficienti a verificare l’integrale adempimento degli obblighi previdenziali per tutti i lavoratori.

" BLOCCO DELL’ATTIVITÀ D. Le irregolarità in tema di salute e sicurezza possono bloccare l’attività dell’intera impresa? ----- R. Le irregolarità in materia di tutela delle condizioni di lavoro, indicate dal Dm 24 ottobre 2007 come cause ostative al rilascio del Durc, escludono dai benefici normativi e contributivi ma non bloccano l’attività d’impresa. La normativa, dal punto di vista dei principi, intende penalizzare le imprese che, pur in regola con gli obblighi contributivi, non rispettano altri parametri di regolarità sul piano della legislazione sociale. Relativamente all’efficacia della “sanzione accessoria” rappresentata dal non rilascio del Durc, però, occorre determinarne l’ambito operativo e cioè verificare se essa operi sia con riferimento agli appalti, alle sovvenzioni comunitarie e ai benefici normativi e contributivi, o sia limitata solo a queste ultime agevolazioni. Il comma 1176 della Finanziaria 2007 fa esplicito riferimento al Durc finalizzato alla fruizione dei benefici normativi e contributivi. Pertanto l’ambito di efficacia delle cause ostative connesse alla violazione della disciplina in materia di tutela delle condizioni di lavoro – cause che peraltro incidono direttamente sui diritti soggettivi degli interessati – non può essere esteso al Durc rilasciato in occasione di appalti pubblici e privati ma sia da riferirsi al Durc richiesto ai soli fini della fruizione dei predetti benefici normativi e contributivi.

" DURATA D. Per quale periodo il Durc attesta la regolarità dell’impresa? ----- R. Il Durc attesta la regolarità contributiva dell’impresa, qualora via sia correntezza degli adempimenti, cioè se esiste corrispondenza tra versamenti effettuati e versamenti accertati dagli Istituti, e inesistenza di inadempienze in atto. In caso di richiesta di rateizzazione per la quale l’Istituto competente abbia espresso parere favorevole, la regolarità contributiva risulta attestata dalla data indicata nella richiesta e, ove questa manchi, dalla data in cui si effettua la verifica, nel rispetto dei termini stabiliti per il rilascio del documento o per la formazione del silenzio assenso. Ne consegue che il rilascio del Durc vale ad attestare la regolarità della contribuzione, per il periodo di validità del Documento stesso, con riguardo sia alla correttezza sia alla correntezza delle denunce periodiche e dei relativi versamenti. Quindi, l’azienda in possesso di Durc, al fine di comprovare la correntezza dei pagamenti dovuti, può produrre agli organi di vigilanza il Documento stesso in sostituzione delle attestazioni di pagamento coincidenti con il periodo di regolarità certificato. Il Durc, infine, non ha effetti liberatori per l’impresa riguardo agli obblighi contributivi, restando impregiudicata l’azione degli enti previdenziali per l’accertamento e il recupero di eventuali somme che successivamente dovessero risultare dovute e che l’utilizzo di una falsa dichiarazione di regolarità costituisce reato penale di uso di atto falso.

" CONSEGNA D. Quando va consegnato il Durc alla stazione appaltante?----- R. Nella prima versione del codice per gli appalti (comma 6, articolo 18, Dlgs 163/2006) veniva previsto che l’affidatario, e per suo tramite i subappaltatori, fossero obbligati a trasmettere alla stazione appaltante (prima dell’inizio dei lavori) la documentazione di avvenuta denunzia dei lavoratori assunti agli enti previdenziali assicurativi e antinfortunistici (inclusa la Cassa edile), nonché copia del piano operativo di sicurezza. Ai fini del pagamento degli stati di avanzamento dei lavori o dello stato finale dei lavori, inoltre, sempre l’affidatario e, suo tramite, anche i subappaltatori, dovevano trasmettere all’amministrazione (o all’ente committente) il documento unico di regolarità contributiva, nonché copia dei versamenti agli organismi paritetici previsti dalla contrattazione collettiva. Nella fase attuale, invece, a seguito del decreto “anticrisi” (articolo 16-bis,

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legge 2/2009), in attuazione dei principi stabiliti dall’articolo 18 della legge 241/1990, le stazioni appaltanti pubbliche acquisiscono d’ufficio il Durc, anche attraverso strumenti informatici, dagli istituti o dagli enti abilitati al rilascio in tutti i casi in cui è richiesto dalla legge. Negli appalti pubblici, quindi, non è necessario presentare il Durc.

" SOGGETTI OBBLIGATI - AZIENDE CHE NON HANNO SOTTOSCRITTO ACCORDI COLLETTIVI TERRITORIALI D. Le aziende che non hanno sottoscritto accordi collettivi territoriali hanno diritto al Durc?----- R. Un’azienda che sia aderente o abbia conferito mandato a una organizzazione datoriale firmataria di un contratto collettivo, ma che non abbia stipulato o aderito a un accordo collettivo territoriale ha diritto al rilascio del Durc. Il Ccnl è valido unicamente nei confronti degli iscritti alle associazioni sindacali che lo hanno stipulato per conto dei lavoratori o dei datori di lavoro, ma può comunque essere applicato ogni qual volta sia ravvisabile una esplicita o implicita adesione allo stesso a opera delle parti individuali del rapporto di lavoro: ad esempio quando il contratto individuale rinvii a un dato contratto collettivo (c.d. rinvio materiale), oppure alla contrattazione collettiva vigente di quel dato settore produttivo (c.d. rinvio formale), oppure ancora per la «perdurante e uniforme applicazione di clausole o di istituti tipici di un contratto collettivo post corporativo, compiuta senza alcuna riserva e condizione». Ne consegue che un’impresa che sia aderente o abbia conferito mandato a una organizzazione datoriale che sia firmataria di un dato Ccnl, ma che non abbia stipulato o aderito a un accordo collettivo territoriale, non deve ritenersi obbligata alla applicazione di tali disposizioni collettive di II livello, a meno che il datore di lavoro non vi dia esplicita adesione o spontanea applicazione.

" SOGGETTI OBBLIGATI - IMPRESE STRANIERE D. Le imprese straniere sono obbligate a presentare il Durc?----- R. Nelle imprese straniere, comunitarie ed extracomunitarie, che distaccano lavoratori dipendenti nel territorio nazionale, l’autocertificazione non può sostituire il Durc, neanche se redatta dall’imprenditore o in presenza dei modelli utilizzati per il pagamento dei contributi previdenziali. Per gli aspetti previdenziali esiste invece una differenziazione tra le aziende con sede in Europa o all’esterno. Quelle extracomunitarie, secondo il diritto internazionale privato, devono assicurare ai lavoratori distaccati le stesse condizioni del Paese in cui avviene la prestazione lavorativa. Nell’Unione europea trova invece applicazione il principio di personalità, può cioè essere applicata la legislazione del Paese di residenza del lavoratore se la prestazione non avviene con regolarità all’interno di un solo stato. Nel settore edilizio le imprese extracomunitarie devono iscriversi alle Casse edili, essendo quindi tenute al possesso del Durc, mentre per quelle europee l’obbligo ha valore solo nel caso in cui non siano ancora stati messi in atto tutti i meccanismi per la garanzia degli stessi standard di tutela.

" SOGGETTI OBBLIGATI - ENTI PUBBLICI D. Gli enti pubblici devono presentare il Durc?----- Nel campo dei contratti pubblici vige una tendenziale equiparazione tra soggetti privati e pubblici. Se un ente pubblico intende partecipare a procedure di evidenza pubblica quale appaltatore, deve ottenere il rilascio del Durc da parte dell’Inpdap o, in mancanza di convenzione con Inps e Inail, altra idonea convenzione di regolarità contributiva. Il Durc deve essere richiesto, inoltre, senza alcuna eccezione, per ogni contratto pubblico e, dunque, anche nel caso degli acquisti in economia o di modesta entità. Rispetto a tali acquisti, il Durc va richiesto solo in caso di cottimo fiduciario (ex articolo 125, comma 1, lettera b, Dlgs 163/2006) e non anche nel caso di diverso ricorso all’amministrazione diretta.

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! Edilizia e urbanistica

" L'ATTO SI EMANA IN BASE ALLA NORMA IN VIGORE D. Nel 2008 presentavo al Comune di Firenze un progetto di variante (Dia) ad un progetto del 2005. La variante consisteva in un frazionamento dell'immobile esistente in 4 appartamenti. Il Comune non si espresse, quindi procedevo con i lavori. Dopo otto mesi, il Comune bloccava il cantiere perché a norma del regolamento edilizio in vigore dal 2007, la capacità edificatoria dell'immobile oggetto dell'intervento si dimezzava da 320 mq a 160 mq. La motivazione è la seguente: fino al 2005 il regolamento edilizio conteggiava come capacità edificatoria tutti i locali aventi altezza superiore a 150 cm. Con il regolamento del 2007 conteggia come capacità edificatoria tutti i locali con altezza superiore a 240 cm. Per questo motivo, viene esclusa tutta la superficie del piano terra che ha un'altezza interna di 210 cm.È possibile che un edificio con capacità edificatoria di 320 mq, secondo il regolamento edilizio del 2005, ne abbia solo 160 con il successivo regolamento edilizio del 2007? -----R. La pubblica amministrazione può sempre modificare i propri regolamenti, nel perseguimento dell’interesse pubblico o comunque nell’adeguamento della propria azione alla normativa regionale e statale. Ciò premesso, in linea di principio, il Comune deve provvedere sulle istanze di rilascio di titolo abilitativo a costruire sulla base della normativa vigente al momento dell’emanazione dell’atto autorizzatorio o del suo diniego, sulla base del principio “tempus regit actum”. Ne consegue che, correttamente, l’amministrazione comunale ha applicato al caso di specie il regolamento edilizio come modificato nel 2007, vigente sia all’atto della richiesta di variante, sia all’atto dell’emanazione del provvedimento di blocco dei lavori.(Massimo Sanguini, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 16 marzo 2009, n. 21)

" AREE ASSERVITE: È 35 METRI LA DISTANZA MASSIMA D. Vorrei sapere se è ammessa la cessione di cubatura parziale fra due aree situate nello stesso territorio comunale, non adiacenti ma ricadenti nella stessa zona omogenea di Piano regolatore generale (nel caso specifico, zona residenziale B3) tramite la sottoscrizione di un atto registrato e trascritto ai pubblici registri immobiliari.----- R. Di norma, ai fini del rispetto, o meno degli indici di edificabilità stabiliti da uno strumento urbanistico, l'asservimento di altri fondi a quello oggetto dell'intervento costruttivo non può avvenire se non v'è contiguità tra le aree stesse, ossia un'effettiva e significativa vicinanza tra i fondi asserviti ed il lotto edificato (Consiglio di Stato, sezione V, n. 400/1998) ricomprendendo in ciò anche il caso di aree separate da una strada (Consiglio di Stato, sezione V, n. 291/1991).Di contro, le leggi regionali e gli strumenti urbanistici possono prevedere anche una certa distanza tra i due lotti di terreni (Tar, Sicilia, Catania, sezione II, n. 1846/1997).A tal fine è stata ritenuta ammissibile una distanza di 35 metri (Consiglio di Stato, sezione V, n. 6734/2003). (Massimo Ghiloni, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 16 marzo 2009, n. 21)

" SUL VINCOLO AMBIENTALE DECIDE L'AUTORITÀ PREPOSTA D. Ho presentato istanza per il condono edilizio del 2004 e a questi è seguita istanza di condono ambientale. Volevo sapere se i due procedimenti seguono iter diversi, e riguardo quello ambientale che termini ha la pubblica amministrazione per chiudere la pratica?----- R. La sanatoria edilizia, di cui alla legge 326/2003, prevede anche la possibilità di ottenere il parere relativo al vincolo paesaggistico all’interno del medesimo procedimento, come previsto dall’articolo 32 della legge 47/85, con la facoltà di impugnare il silenzio-rifiuto decorso il termine di centottanta giorni dalla data di ricevimento della richiesta del parere. Il cosiddetto “condono ambientale” di cui all’articolo 181 Dlgs 42/2004 viene rilasciato invece in relazione a determinate violazioni che, comunque, non precludano l’accertamento della compatibilità paesaggistica. Ciò premesso, e per quanto riguarda specificatamente il condono ambientale ai sensi del citato articolo 181, comma 1 quater, Dlgs 42/2004, sull’istanza di condono ambientale si pronuncia l’autorità competente entro il

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termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. (Massimo Sanguini, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 16 marzo 2009, n. 21)

" CONDONO EDILIZIO - È COMPLESSO IL CALCOLO DELL'AMMENDA DOVUTA D. Per il condono di cui alla legge 326/2003, come va calcolata l'oblazione per un abuso consistente in un ampliamento volumetrico ottenuto con l'innalzamento della quota del solaio? ----- R. Ai sensi dell’articolo 32, comma 38 del Dl 269/2003 come convertito nella legge 326/2003 la misura dell’oblazione è disciplinata nell’allegato 1 al suddetto decreto. La tipologia di abuso indicata nel quesito si ritiene debba rientrare nelle ipotesi di cui ai numeri 1 o 2 dell’allegato 1, tabella C di cui al decreto suddetto, ossia tra le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio. All’interno di tale categoria, l’intervento potrà rientrare inoltre tra quelli conformi o non conformi agli strumenti urbanistici e ulteriore differenza potrà essere quella tra immobili residenziali e non residenziali, distinzioni entrambe influenti sull’importo dell’oblazione. (Massimo Sanguini, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 16 marzo 2009, n. 21)

" IL COMUNE NEGA IL CONDONO MA RESTITUISCE GLI ONERI D. In riferimento al condono edilizio per il rilascio della concessione in sanatoria di civili abitazioni ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del Dl 649/94 fu versata la somma di 337,24 euro, come onere concessorio nel febbraio 1995.Tale condono fu rigettato dal Comune, e successivamente con la reintroduzione del condono edilizio, legge 326/03, venne ripresentata la domanda di condono con la quale l’ente rilasciò la regolare concessione in sanatoria. Dopo aver completato il versamento delle somme dovute a titolo di sanatoria, pare che l’ente non voglia rimborsare la quota degli oneri concessori versati dal contribuente con la prima istanza di condono presentata e poi successivamente rigettata.----- R. Gli oneri concessori sono dovuti come conseguenza del rilascio della concessione edilizia, ancorché in sanatoria e, conseguentemente, il diniego della medesima comporta la restituzione, da parte dell’amministrazione comunale, di quanto versato anticipatamente. La richiesta di rimborso potrà quindi essere inoltrata al Comune nel termine decennale di prescrizione, che decorre dalla data di comunicazione del diniego del rilascio del permesso di costruire in sanatoria. (Massimo Sanguini, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 16 marzo 2009, n. 21)

" CONDONO EDILIZIO - IL PROVVEDIMENTO DI REVOCA DEVE ESSERE MOTIVATO D. Può un Comune, dopo più di cinque anni dal rilascio di una sanatoria per una istanza di condono edilizio del 1986, revocare la sanatoria medesima?----- R. In linea di principio la pubblica amministrazione può sempre intervenire in via di autotutela procedendo alla revoca di propri provvedimenti quanto questi siano stati emanati in violazione delle norme di riferimento. Ciò può avvenire anche nel caso specifico della revoca di permesso in sanatoria, tenendo sempre in considerazione che, comunque, il provvedimento di revoca deve contenere una puntuale e congrua motivazione in ordine alle ragioni di specifico interesse pubblico (da valutarsi comparativamente con l’interesse del privato inciso) giustificanti l’intervento in via di autotutela (Tar Lazio, Roma, sezione II, 3 marzo 2008, n. 1956). (Massimo Sanguini, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 16 marzo 2009, n. 21)

" CONDONO EDILIZIO - IL RIMBORSO DELL'OBLAZIONE CON DOMANDA ALLE ENTRATE D. L'ufficio urbanistica, definendo la pratica di condono edilizio, ha accertato un maggiore importo delle somme versate a titolo di oblazione. Come e quando posso riavere le somme versate? ----- R. In riferimento alla disciplina relativa al rimborso dei versamenti in eccesso effettuati a titolo di oblazione, si rileva come allo stato attuale vi sia grande incertezza sull’identificazione dell’ente tenuto a corrispondere i rimborsi medesimi. Al riguardo, infatti, non si rinviene alcuna specifica

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disposizione normativa con riferimento all’ultimo condono, a differenza di quanto previsto per i condoni precedenti. In particolare, l'articolo 35 della legge 47/85 prevede che in caso di credito, previa attestazione rilasciata dal sindaco, potrà essere presentata istanza di rimborso all'Intendenza di finanza territorialmente competente. Il Dm 19 luglio 1995 relativo al condono contenuto nella legge 724/94 disciplina, inoltre, un ipotesi particolare di credito derivante dalle modifiche relative all'oblazione rispetto alla previsione originaria e richiede ai fini del rimborso una certificazione del Comune, di corredo alla domanda da inviare al ministero dei Lavori pubblici, che a sua volta la gira alla direzione generale delle Entrate. Un successivo Dm del 7 marzo 1997 ha, infine, previsto esplicitamente per entrambi i condoni (47/85 e 724/94) che il richiedente la concessione in sanatoria, qualora ritenga sorto un credito a proprio favore per il versamento di differenze non dovute a titolo di oblazione, può inoltrare apposita istanza di rimborso, redatta in carta da bollo, alle sezioni distaccate delle direzioni regionali delle Entrate nella cui circoscrizione è ubicato l’immobile per il quale è stata presentata domanda di concessione in sanatoria. Queste previsioni sembrerebbero però trovare applicazione limitatamente ai primi due condoni e non anche a quest’ultimo. Al fine di risolvere tale questione sono state, pertanto, presentate in Parlamento più interrogazioni scritte alla presidenza del Consiglio dei ministri e al ministro dell’ Economia e delle finanze con le quali è stato evidenziato che, sulla competenza dell'agenzia delle Entrate, sembrerebbero essere indirizzate sia l’articolo 32 del Dl 296/03 che al comma 25 rinvia alle disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 47/85 e 724/94 sia il fatto che il citato decreto legge al comma 32 stabilisce che i relativi pagamenti devono essere effettuati con il modulo F24 predisposto dalla stessa agenzia delle Entrate. Ciò premesso e alla luce di quanto esposto si evidenzia che, al momento, in assenza di una specifica normativa di riferimento debba considerarsi l’agenzia delle Entrate l’unica legittimata a effettuare il relativo rimborso ovvero, o in caso di risposta negativa, a indicare quale sia l’ufficio competente, in quanto il pagamento dell’oblazione è avvenuto con l’apposito modello F24 indirizzato alla stessa Agenzia. (Massimo Ghiloni, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 16 marzo 2009, n. 21)

! Fisco

" CESSIONE di CUBATURA – TRATTAMENTO FISCALE D. Mi è stato proposto da un vicino confinante di acquistare la capacità edificatoria del suo terreno in cambio di un corrispettivo. Vorrei sapere quale sia il trattamento fiscale, ai fini delle imposte dirette, di tale cessione.----R. In merito si osserva che la dottrina, la prassi e la giurisprudenza sono giunte ad una interpretazione univoca nel considerare gli atti di cessione di cubatura assimilabili a quelli costitutivi di diritti reali immobiliari. La stessa R.M. 17.8.1976, prot. 250948, richiamando le sentenze della Cassazione 6.7.1972, n. 2235, 21.3.1973, n. 802 e 30.4.1974, n. 1231, ha precisato che gli atti di cessione di cubatura producono effetti analoghi a quelli derivanti dagli atti costitutivi di diritti reali immobiliari. Infatti, ad avviso dell’Amministrazione finanziaria, nella cessione di cubatura si verifica l’acquisto di un diritto strutturalmente assimilabile alla categoria dei diritti reali immobiliari di godimento, in quanto la volontà dei privati contraenti, nel porre in essere il trasferimento di una delle facoltà in cui si estrinseca il diritto di proprietà (e cioè quella di costruire) modifica il limite di edificabilità fissato dal Piano regolatore per i singoli appezzamenti, con la conseguente compressione del diritto di proprietà del cedente ed il correlativo aumento dell’edificabilità sull’area del cessionario. Di conseguenza, il trasferimento di cubatura sotto un profilo fiscale va assimilato alla compravendita dei terreni edificabili, e va assoggettato ad Iva nella misura del 20%, alle imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa se il cedente è un soggetto passivo Iva, nella misura proporzionale dell’8%, 2% e 1% se il cedente è un soggetto privato.(Carlo Delladio, La Settimana Fiscale, Il Sole 24Ore, 2 aprile 2009, n. 13)

" IRAP - GLI IMMOBILI NON CONTANO NEL CALCOLO DEL VALORE D. Secondo la sentenza n. 3678 del 16 febbraio 2007 (ripresa dalla circolare dell'agenzia delle

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Entrate 45/E del 13 giugno 2008), il presupposto impositivo Irap per un professionista va ricercato anche soffermandosi sul quadro RE del modello Unico che specifica la composizione dei costi «riportando – tra gli altri – (...) i canoni di locazione finanziaria e non, le spese relative agli immobili». Si richiede come possano tali canoni e tali spese essere un indicatore di "autonoma organizzazione". -----

R. Le spese relative ai beni immobili, in effetti, non dovrebbero essere considerate ai fini della determinazione del valore dei beni strumentali. In ambito fiscale, infatti, il valore degli immobili non è mai stato determinante ai fini della qualificazione dimensionale del contribuente (ad esempio, non rileva ai fini dei parametri né degli studi di settore e in passato neppure ai fini dei coefficienti). Già l’amministrazione, nella circolare 140/E del 16 maggio 1997, aveva precisato che « Resta, inoltre, ferma l’irrilevanza degli immobili ai fini della determinazione del valore dei beni strumentali». Sostenere il contrario può portare a dei paradossi applicativi: si pensi al professionista che ha ereditato l’ufficio dai genitori oppure a chi l’immobile lo ha acquistato in leasing, soltanto quest’ultimo finirebbe per scontare l’ Irap e l’altro no. (Moscati Roberto, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 30 marzo 2009, n. 25)

" IVA - POSA IN OPERA E MATERIALE: DUE ALIQUOTE DIFFERENTI D. Per un intervento di manutenzione straordinaria del tetto vengono acquistate le lastre di copertura direttamente dal proprietario privato cittadino, mentre la posa in opera e i lavori di rifacimento del legname e della lattoneria vengono affidati a un'impresa edile artigiana. Si vorrebbe conoscere: l'aliquota Iva a cui assoggettare la fornitura a carico del privato; l'aliquota Iva a cui assoggettare la fattura di posa in opera delle lastre del tetto e della lattoneria a carico dell'artigiano edile.----- R. Per l'acquisto delle lastre di copertura l'aliquota è quella ordinaria del 20%, mentre per le prestazioni dell'artigiano è possibile fruire dell'agevolazione dell'Iva ad aliquota del 10%, così come previsto dall'articolo 7 della legge 23 dicembre 1999 n. 488. (Giampaolo Giuliani, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 23 marzo 2009, n. 24)

" IVA - GENERAL CONTRACTOR SOLO NEI CONTRATTI PUBBLICI D. La legge 244/2007 (Finanziaria 2008) ha modificato l'articolo 17 comma 6, lettera a) del Dpr 633/72 stabilendo che, a decorrere dal 1º febbraio 2008, le prestazioni edili rese nei confronti del "general contractor" sono escluse dall'applicazione del meccanismo del reverse charge. L'esclusione vale solo con riferimento alla figura del general contractor definito nell'ambito dei contratti pubblici oppure, come sembra emergere dal tenore della norma, vale per qualsiasi tipo di contratto (sia pubblico che privato)?----- R. Da quanto indicato dall'amministrazione finanziaria nella risoluzione del 28 marzo 2008, n. 111/E, si deve ritenere che la figura del general contractor operi soltanto nell'ambito dei contratti pubblici. (Giampaolo Giuliani, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 23 marzo 2009, n. 24)

! Professionisti

" LIBERE PROFESSIONI - SOCIETÀ TRA INGEGNERI SOLO CON L'ISCRIZIONE ALL'ALBO D. Vorrei sapere se è possibile costituire una società di ingegneria in forma di società di capitali a responsabilità limitata (fatturando prestazioni professionali) .Preciso che tale società non parteciperà ad appalti pubblici per i quali è richiesta la presenza di un direttore tecnico laureato in architettura o in ingegneria come previsto dal Dlgs 163/06 (Codice appalti, articolo 90 comma 2 lettera b). ----- R. La risposta è negativa. Infatti, le società di ingegneria sono solo quelle previste dall'articolo 90 del Dlgs 163/2006 che ha abrogato e recepito l’articolo 17 della legge 109/1994 ("legge Merloni"),

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secondo cui per costituire una società di ingegneria occorre un presupposto oggettivo, e cioè avere nell'oggetto sociale attività professionali quali studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazione di congruità tecnico economica o studi di impatto ambientale, e un presupposto soggettivo e cioè la costituzione di una società di capitali in una delle forme previste dai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del Codice civile (società a responsabilità limitata, società per azioni, società in accomandita per azioni), nonché in forma di società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro quinto del Codice civile. Solo per queste ultime, è prevista la non obbligatorietà del requisito di cui alla lettera a) dell'articolo 17, comma 6 in oggetto, il che significa che le società cooperative di ingegneria non necessitano che la compagine sia composta esclusivamente da professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali. In pratica, detto requisito è riconosciuto come vincolante solo nel primo caso (Srl, Spa, Sapa), mentre non lo è nel secondo (società cooperative) dove comunque deve esserci la presenza di almeno un ingegnere. L’unica società che i lettori potrebbero creare è una società di mezzi che non può comunque fatturare le prestazioni professionali.(Giuseppe Zola, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 23 marzo 2009, n. 23)

! Pubblica Amminisrazione

" PA, I POSSIBILI INCARICHI AD AVVOCATI «ESTERNI» D. L'articolo 5 del regio decreto 30 ottobre 1933 n. 1611 stabilisce che nessuna amministrazione dello Stato possa avvalersi dell'assistenza di avvocati del libero Foro se non per ragioni assolutamente eccezionali. Tale articolo può applicarsi pure ai casi in cui sia insorta una controversia di lavoro tra un funzionario licenziato e un ente di diritto pubblico? O meglio l'amministrazione dello Stato può avvalersi deliberatamente di un avvocato del libero Foro pur avendo tra i propri dipendenti avvocati iscritti nelle liste speciali dell'ordine degli avvocati?----- R. Ai sensi dell’articolo 1 del regio decreto 30 ottobre 1933 n. 1611 (approvazione del Testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato) la rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio delle amministrazioni dello Stato, anche se organizzate a ordinamento autonomo, spettano all'Avvocatura dello Stato. Ciò premesso, alcune amministrazioni dello Stato, per specifica previsione normativa, hanno la facoltà e non l’obbligo di rivolgersi all’ Avvocatura dello Stato e, presumibilmente, questo è il caso esposto dal lettore. Una volta escluso l’obbligo di rivolgersi all’ Avvocatura dello Stato per il patrocinio legale, l’amministrazione potrà decidere se dotarsi di un proprio ufficio legale con avvocati dalla medesima assunti e alla stessa dedicati e definire le ipotesi in cui, pur in presenza di siffatto organico, procedere all’incarico di legali esterni all’amministrazione, solitamente previa assunzione di provvedimento motivato che dia conto delle ragioni di tale scelta. (Massimo Sanguini, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 30 marzo 2009, n. 25)

" ENTI LOCALI - IL COMUNE HA IL DOVERE DI RISPONDERE AL CITTADINO D. La mia casa confina per un lato con la strada comunale creando una pericolosa curva coperta. Tre porte di accesso ai locali al piano terra insistono direttamente sulla strada, senza un marciapiede o altro tipo di protezione per i pedoni. Ogni volta che esco corro il rischio di essere investito. Il luogo è stato sede, peraltro, di diversi incidenti anche se con esiti non gravi. È stata fatta una petizione per chiedere al Comune l'installazione di cordoli dissuasori di velocità, ma il Comune ha ignorato la richiesta. È possibile spingere il Comune ad effettuare qualche tipo d'intervento di protezione al fine di ridurre la velocità dei mezzi?----- R. Non ci sono disposizioni prescrittive che obblighino il Comune ad adempiere, perché il Codice (articolo 179, comma 9, Dlgs 285/1992) rimette all’ente proprietario della strada la valutazione sull’opportunità di posizionare o meno dispositivi di rallentamento per scongiurare situazioni di pericolo per l’incolumità delle persone. Tuttavia, se è autonoma la valutazione, è però obbligatoria la risposta al cittadino. La regola principe sancita dalla legge 241/1990 (articolo 2) è che la

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pubblica amministrazione ha il dovere di concludere i procedimenti avviati con istanza del cittadino (ovvero iniziati d'ufficio) mediante l'adozione di un provvedimento espresso. I termini della risposta e della conclusione del procedimento sono modulati dalla stessa amministrazione in un proprio regolamento e dipendono dalla complessità del singolo procedimento e della propria organizzazione. Nel caso in cui l’amministrazione ometta di adottare il regolamento, il termine della conclusione si intende fissato per tutti i procedimenti in novanta giorni. Contro il silenzio dell'amministrazione è ammesso ricorso da parte del cittadino, ai sensi dell'articolo 21 bis della legge 1034/1971, anche senza necessità di diffida all'amministrazione inadempiente, fino a quando perdura l'inadempimento, ma non oltre un anno dalla scadenza dei novanta giorni entro i quali l'amministrazione avrebbe dovuto rispondere. (Carlo Schilardi, Antonio Scarascia, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 23 marzo 2009, n. 23)

" ENTI LOCALI - BLOCCO ASSUNZIONI: I CRITERI DI COMPUTO DEL PERSONALE D. L'articolo 76 bis, comma 6 del Dl 112/08 convertito dalla legge 133/08 ha posto un divieto specifico a carico degli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50% delle spese correnti; a tali enti, fino all’emanazione del Dpcm è «fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale». Quali sono le voci da includere nel calcolo e i bilanci da considerare: consuntivo 2007, preventivo 2008 assestato o preventivo 2009? In più, cosa si intende per «procedere ad assunzioni», a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale? Il riferimento è, essenzialmente, ai contratti a tempo determinato scaduti il 31 dicembre 2008 e in attesa di rinnovo e/o proroga. È possibile? E per i lavoratori Lsu con integrazione salariale? E per gli incarichi legali e/o di staff? La proroga di altri due anni di contratti a termine, è considerata nuova assunzione?----- R. Le voci da includere nel calcolo della spesa per il personale sono quelle indicate in dettaglio nella circolare 9/2006 del Mef - Ragioneria generale dello Stato (alla quale rinvio) atteso che sul punto l’articolo 76 del Dl 112/2008 conferma il contenuto del comma 557 della legge 296/2006 e puntualizza il medesimo criterio per quantificare la spesa di personale, precisando che alla stessa concorrono i rapporti di collaborazione, di somministrazione lavoro, quelli definiti nell’articolo 110 del Tuel e quelli dei soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di impiego, in strutture e organismi, variamente denominati, partecipati o facenti capo all’ente, comandati presso tali organismi. Tra le spese di personale rientrano anche le spese per incarichi di staff (ma non per incarichi legali) e quelle per attività di Lsu (vedi Corte dei conti, Sezione regionale Veneto deliberazione 163/2008) soggette, al pari delle altre, al limite di cui all’articolo 1, comma 557, della legge 296/2006 e all’obbligo specifico di cui all’articolo 76, comma 5, del Dl 112/2008 e al divieto di assunzione stabilito dall’articolo 76, comma 4. Per quanto riguarda l’ultima domanda, la proroga non configura nuova assunzione, ma deve rispettare il criterio indicato nell’articolo 36, comma 3, del Dlgs 165/2001 secondo il quale l’utilizzo del medesimo lavoratore è possibile solo per periodi di servizio non superiori al triennio nell'arco dell'ultimo quinquennio. (Carlo Schilardi, Antonio Scarascia, Il Sole 24 Ore - L'Esperto Risponde del 23 marzo 2009, n. 23)

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18 marzo 2009