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Prof. Maria De Luca Corso di Tecnica Industr iale 1 Lezione prima Fonte: “Competizione e valore nella gestione dell’impresa” di Angelo MIGLIETTA, Giuffrè – Milano, 2001 – capitolo 1 Corso di Tecnica Industriale (Teoria del Valore)

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Lezione prima

Fonte: “Competizione e valore nella gestione dell’impresa” di Angelo MIGLIETTA, Giuffrè – Milano, 2001 – capitolo 1

Corso di Tecnica Industriale

(Teoria del Valore)

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La Teoria di creazione del valore azionario: ponte fra gestione e finanza (introduzione)

Tesi di fondo: superare l’apparente conflitto fra economia e finanza rispetto al governo ed alla gestione dell’impresa.

Linee guida: o Attribuire all’idea di valore azionario un significato “reale”, cioè attraverso il suo

collegamento ai principi della creazione della capacità competitiva dell’impresa. Non si crea valore senza politiche di gestione e di governo dell’impresa.

o La teoria di creazione del valore azionario non è una questione di visione finanziaria dell’impresa. Il vettore di creazione del valore è la capacità dell’impresa di godere e mantenere nel tempo una posizione di vantaggio competitivo.

o La finanza consente, attraverso i suoi modelli, di misurare il valore azionario.

Per comprendere meglio la tesi in oggetto occorre analizzare lo sviluppo storico della finanza alla luce dei diversi sistemi di capitalismo, quello anglosassone e quello europeo/asiatico.

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• Capitalismo anglosassone (in particolare americano): il modello anglosassone si caratterizza per l’orientamento al mercato finanziario. È infatti il sistema finanziario e azionario che ha favorito la mobilizzazione del risparmio dai centri di produzione - le famiglie – a quelli di utilizzo - le imprese.

Ciò ha contribuito ad attribuire (erroneamente) alla teoria di creazione di valore azionario una valenza di tipo “finanziario”.

• Capitalismo europeo/asiatico: si caratterizzano per l’orientamento agli intermediari finanziari. Il ruolo di mobilizzazione del risparmio è stato svolto soprattutto dagli intermediari finanziari.

I Sistemi di Capitalismo

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Il ruolo della finanza nella gestione e nel governo dell’impresa: un excursus storico

Occorre innanzi tutto distinguere i due grandi ambiti di studio della finanza: il comportamento dei mercati finanziari e azionari (financial economics) e le politiche di gestione dell’impresa (corporate finance).

La finanza nasce e si sviluppa come funzione gestionale dell’impresa, senza volere definire le regole di governo a cui essa deve essere sottoposta dal management e dagli azionisti. I compiti che la finanza ha assunto nel corso del tempo sono riconducibili a:

1) Reperimento delle fonti di finanziamento necessarie per l’attività d’impresa.- dove trovare i mezzi necessari - come rendere il meno oneroso possibile il costo connesso all’utilizzo di tali mezzi.

2) Controllo e valutazione delle modalità d’impiego dei fondi e previsione del fabbisogno finanziario dell’impresa.- gestione “attiva” delle fonti di finanziamento- costruzione di budget di cassa e di analisi degli scostamenti

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….. un excursus storico (segue)

3) Ricerca delle cause che determinano il fabbisogno finanziario oltre agli esborsi per il rimborso del debito e degli oneri finanziari.

- attenzione ai fenomeni ed ai comportamenti indotti dalla gestione dell’impresa con riferimento agli effetti che essi presentano sul piano dei flussi finanziari. Oggetto di gestione razionale divengono anche i crediti verso la clientela, le scorte e i debiti

- nascita della teoria della gestione del capitale circolante, inteso dalla finanza come sommatoria di crediti commerciali, scorte e debiti commerciali

- nascita di modelli per migliorare la gestione di tesoreria (insieme d’incassi e pagamenti che conseguono alla gestione dell’impresa)

4) Nascita e sviluppo della teoria di valutazione degli investimenti e dei finanziamenti.

- esigenza di trovare i modi per valutare se l’investimento che si vuole effettuare e conveniente per l’impresa anche da un p.d.v. finanziario

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Il ruolo del costo del capitale

Nel fornire metodi di analisi e di valutazione di convenienza degli investimenti e dei finanziamenti, la finanza ha contribuito anche alla focalizzazione su due categorie fondamentali: l’idea di costo e di rendimento del capitale

o Il costo del capitale (e simmetricamente il suo rendimento) può essere visto come il sistema di riferimento per la misurazione del valore. Ciò è importante per spiegare la posizione degli azionisti rispetto alle decisioni di governo.

o La creazione di valore si traduce nella capacità dell’impresa a generare un rendimento per gli azionisti superiore al costo del capitale.

o Perdono di rilievo altre finalità come l’incremento della quota di mercato e degli utili dell’impresa.

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“Invasione” della finanza e mercato azionario

La teoria di valutazione degli investimenti ha fatto fare un importante salto di qualità alla finanza: da decisioni semplici ed elementari la finanza ha prestato sempre maggiore attenzione a decisioni complesse, che coinvolgono la gestione ed il governo dell’impresa.

o si verifica una sorta di ingerenza della finanza nelle decisioni relative all’economia dell’impresa.

o possibili trade-off tra decisioni finanziarie e decisioni legate alla gestione operativa dell’impresa: un investimento in una nuova linea di produzione può essere opportuno per migliorare i costi di produzione e/o la qualità di un prodotto, ma negativo dal p.d.v. della convenienza dell’investimento.

o spasmodica attenzione all’andamento borsistico dei titoli delle società quotate.

o modelli per la valutazione della convenienza degli investimenti hanno permesso una migliore comprensione del concetto di costo del capitale, di fondamentale importanza per la teoria di creazione del valore azionario.

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La teoria di creazione del valore azionario

La teoria di creazione del valore azionario non è un “prodotto” della finanza!

o L’idea che la gestione ed il governo dell’impresa debbano essere orientate all’incremento del suo valore non trae origine dalle teorie di finanza: già negli anni ’30 gli aziendalisti europei avevano compreso che l’incremento del valore dell’azienda è l’obiettivo dell’economia dell’impresa.

o Il contributo della finanza sta piuttosto nel fatto di proporre di misurare il valore generato sulla base dei prezzi del mercato azionario.- il mercato diventa arbitro della capacità del management di far incrementare il valore dell’impresa- netta separazione tra i detentori di capitale azionario e il management

o Crescente attenzione del management ad operare scelte in grado di massimizzare il valore azionario- allargamento della concorrenza tra le imprese su scala globale

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Valore e governo dell’impresa: la creazione di valore

L’azione dei managers deve essere orientata alla massimizzazione del valore azionario!

o Se il management si limita a creare (ma non massimizzare) valore azionario, l’impresa si trova nella stessa posizione (sul mercato finanziario) in cui se ne trova una che non sta creando valore.

o Senza massimizzazione del valore l’impresa rischia di essere scalata.

o Il vincolo della max. del valore azionario non deve portare all’esasperazione delle politiche aziendali, bensì ad una loro attenta e calibrata analisi.

o La questione della massimizzazione si traduce in termini di ottimizzazione di valore azionario, intesa come massimizzazione subordinata al mantenimento della capacità di creare il massimo valore possibile.

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… la creazione di valore (segue)

La questione del valore deve essere inquadrata anche in termini di cattura e diffusione del valore.

La cattura del valore comporta un beneficio per gli azionisti attraverso due possibili vie:

o L’acquisto di una società ad un prezzo inferiore rispetto al valore attuale delle sue attività (sulla base del costo del capitale).

o Il risparmio d’imposta.

Sono aspetti estranei alle decisioni attinenti l’economia dell’impresa e non comportano nessun beneficio per il Sistema economico.

La diffusione del valore riguarda il modo con cui il valore creato/catturato viene espresso dal valore di mercato delle azioni.

o Rischi connessi alla sotto/sopravalutazione del titolo azionario di una società quotata.

o Problema del giusto valore (fair value) di un titolo.

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Lezione seconda

Fonte: “Competizione e valore nella gestione dell’impresa” di Angelo MIGLIETTA, Giuffrè – Milano, 2001 – capitolo 2

Corso di Tecnica Industriale

(Teoria del Valore)

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Definizione del valore azionario

Se è vero che la creazione del valore può avvenire solo attraverso interventi nella capacità competitiva dell’impresa, e quindi secondo regole di tipo “reale”, occorre soffermarsi sulla definizione di valore azionario.

Il valore azionario può essere misurato in due modi diversi:

1. Attraverso la formula che misura il valore azionario in funzione dei dividendi e del capital gain che può essere realizzato.

n n

dt/(1+k)t - CSt /(1+k)t + Wn /(1+k)n - W0

t=1 t=1dove:dt = dividendi pagati dall’impresa nell’anno t Wn= valore del capitale economico al tempo nk = costo del capitale W0= valore del capitale economico al tempo 0CS = variazione del capitale investito

Osservazioni:o La formula di mercato non dà alcuna informazione in ordine al modo in cui il valore può

essere creato attraverso la gestione dell’impresa.

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… definizione del valore azionario (segue)

o Sembra che la creazione di valore azionario dipenda anche dagli sviluppi dei mercati finanziari.

o I flussi da attualizzare (reddituali/finanziari) sono la risultante di fattori che interagiscono fra loro nel quadro della gestione e del governo dell’impresa

Nell’ottica dell’impresa, invece, il valore azionario è espressione di quanto vale il patrimonio netto contabile della società, sulla base delle sue componenti. Alla luce del vincolo ragionieristico risulta:

A = D + EA = D + EA = valore delle Attività d’impresaD = valore dei sui debitiE = valore del capitale di rischio (valore azionario)

Quindi risulta:E = A - D E = A - D

Il valore azionario è perciò pari alla differenza tra il valore dell’attivo e del passivo.

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Valore e misura

L’idea di valore che fa riferimento all’obiettivo della gestione dell’impresa e quella di incrementare il valore del suo capitale. o Valore e incremento di valore sono termini ben distinti.o Si può conseguire un incremento di valore di un’attività senza che venga creato valore, nel senso di grandezza residuale

Come si forma il valore delle attività? Il valore delle attività, nell’ottica delle decisioni reali di gestione, dipende:

1. da come vengono utilizzate nell’ambito della gestione;2 dal valore che è possibile ricavare dalla loro vendita;

Ad es. il valore di uno stabilimento dipende non solo dal valore dell’immobile in sé, ma soprattutto dal modo in cui può essere convenientemente utilizzato attraverso lo svolgimento della gestione dell’impresa.

o quello stabilimento avrà tanti valori a seconda del modo in cui l’impresa lo sa utilizzare.o nell’ottica di creazione del valore azionario, l’impresa deve sempre verificare che l’utilizzo di tutte le

sue attività sia tale da garantire il più elevato ritorno.

Lo stabilimento in questione potrebbe non valere niente se con il suo utilizzo l’impresa non fosse in grado di produrre dei risultati:

o Cessione dello stabilimento l’utilizzo dello stabilimento è fuori della sfera o Locazione di gestione dell’impresa

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…valore e misura (segue)

Dall’esempio si può osservare che ogni attività ha un valore minimo (detto floor), rappresentato dal suo valore di mercato, cioè da un valore estraneo alla gestione dell’impresa.

Un soggetto economico è disposto a riconoscere, ad esempio nel caso dell’acquisto dello stabilimento, il valore di mercato del bene perché ritiene che dall’utilizzo dello stesso otterrà flussi di ricchezza in grado almeno di ripagare il prezzo pagato per il suo acquisto.

Ripagare il prezzo pagato significa che i flussi di ricchezza prodotti sono sufficienti per soddisfare due esigenze dell’investitore:

– Pagare il costo derivante dall’utilizzo del denaro per effettuare l’investimento (acquisto del bene). Tale costo dipende dall’ammontare del capitale utilizzato, dal tempo di utilizzo e dal tasso di costo dei capitali utilizzati.

– Rimborsare il denaro utilizzato per l’investimento.

Tuttavia, quando sono soddisfatte queste due condizioni l’investimento non crea valore nel senso di grandezza residuale intesa dalla teoria di creazione del valore azionario.

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…valore e misura (segue)

Esiste valore soltanto se i flussi generati dall’investimento sono superiori a quelli necessari per pagare il costo di utilizzo del capitale investito e per rimborsarlo. In questo modo il valore si configura come grandezza residuale: è determinato dai flussi che residuano dopo avere “servito” il capitale utilizzato per l’investimento.

Il valore è dunque pari al valore attuale dei flussi residuali che si generano in ciascun periodo della vita dell’investimento: il tasso di attualizzazione è il costo del capitale.

Il valore, inteso come grandezza residua, è analogo al concetto di profitto (rendimento dell’attività dell’impresa dopo avere remunerato tutte le risorse utilizzate). Tuttavia:

Il profitto fa riferimento al rendimento residuale di un solo periodo ed è una grandezza di tipo economico.

Il valore è la somma del valore attuale dei diversi flussi generati da un investimento e si configura come grandezza sia di tipo economico sia di tipo finanziaria

Per misurare il valore generato dalle attività nella gestione dell’impresa occorre intendersi sulla misura del costo del capitale utilizzato per gli investimenti. Le fonti di finanziamento utilizzate dall’impresa sono il capitale di terzi (debito) e quello degli azionisti (rischio).

Costo del capitale = Costo medio delle diverse fonti di finanziamento

In particolare, per quanto riguarda il capitale di rischio, l’investitore si aspetta un ritorno che esprime il costo opportunità in un investimento dello stesso tipo, in capitale azionario.

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Il valore delle attività

La misura del valore di una attività d’impresa , diverso dal valore che essa può creare per gli azionisti, è pari al valore attuale dei flussi positivi che essa genererà durante la sua vita utile:

n F’t (1 + k)-t

t=0

K rappresenta il costo dell’utilizzo del capitale per la durata di impiego effettivo.

Non si tratta ancora del valore creato dall’impresa attraverso l’utilizzo di una specifica attività nella gestione. Infatti il valore azionario creato da una attività è pari alla

n Ft (1 + k)-t

t=0

cioè al valore attuale dei flussi positivi generati dal suo impiego e di quelli negativi che sono stati sostenuti per effettuare l’investimento

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… il valore delle attività (segue)

È chiaro che una attività crea valore soltanto se la differenza in questione è positiva e ciò si verifica soltanto se esiste una componente residuale dei flussi generati dall’investimento.

Dalla formula, nota anche come VAN, consegue che un investimento è conveniente soltanto se crea valore e la misura della creazione del valore ad esso attribuibile è espressa dal suo valore attuale netto.

Altre considerazioni: L’idea di rimborso del capitale è evidente nel caso di capitale di debito. Nel caso del

capitale di rischio, rarissimamente si assiste ad un rimborso a favore dei soci. Il capitale di rischio viene infatti sistematicamente reimpiegato dall’impresa per lo svolgimento della propria attività.

Il management è tenuto a rendere massimo il valore per gli azionisti, e quindi anche quello generabile da ogni attività d’impresa. In questo caso si corre il rischio di possibili scalate motivate dall’esigenza di catturare il valore potenziale non espresso dall’impresa.

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Il valore delle passività

Anche i debiti possono concorrere alla creazione di valore per gli azionisti. Ciò è possibile attraverso:

1. la riduzione del costo dell’indebitamento.2. La miscelazione ottimale fra capitale di debito e capitale di rischio nella definizione della

struttura finanziaria dell’impresa.

La capacità dell’impresa di negoziare condizioni ottimali sui mercati dei capitali finanziari dipende sia dal miglioramento della gestione del suo fabbisogno finanziario, sia dalla ricerca di nuovi strumenti finanziari per abbattere il costo della raccolta.

Anche nel caso dei debiti valgono le differenze già viste per le attività fra misura del loro valore e misura del valore che possono creare per gli azionisti. Il problema della loro misurazione è meno complesso:

I flussi che si associano ad un debito dipendono dagli interessi che dovranno essere pagati e dalle rate che dovranno essere rimborsate. Sono grandezze relativamente facili da prevedere.

I finanziamenti a tasso variabile presentano in condizioni normali un valore pari al loro valore nominale, dal momento che la variabilità dei tassi viene assorbita dal tasso stesso, senza comportare le variazioni di valore tipiche dei finanziamenti a tasso fisso quando mutano le condizioni di mercato.

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… il valore delle passività (segue)

Nel caso di obbligazioni quotate la misurazione del loro valore è immediata grazie alla disponibilità della quotazione del titolo. Inoltre, in presenza di emissioni che quotano sotto la pari si configura un caso di possibile creazione di valore per gli azionisti attraverso la diminuzione della misura di mercato del debito.

Es: l’obbligazione Parmalat, tasso fisso del 5.5% e scadente nel 2009, quotava l’01/08/00 89,68.

L’ammontare totale emesso della società era pari a 390 milioni di Euro.Il minor valore del debito rispetto al nominale era pari a 40.248.000 Euro (390ml*10,32%). Le cause della riduzione del debito sono riconducibili a:

Aumento dei tassi di interesse richiesti dal mercato rispetto a quelli esistenti al momento dell’emissione (fattore esterno).

La richiesta, sempre da parte del mercato finanziario, di un premio per il rischio più elevato del titolo Parmalat.

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… il valore delle passività (segue)

Ne consegue che il debito di Parmalat, corrispondente alle obbligazioni considerate, è effettivamente inferiore al suo valore nominale.La società potrebbe riacquistare le obbligazioni esistenti sborsando 349.752.000 Euro, finanziandolo attraverso una nuova forma d’indebitamento. Il nuovo debito sarà pertanto pari a 349.752.000 Euro e non più 390 milioni di Euro.

Nel caso di titoli non quotati o di debiti non cartolarizzati (mutuo a tasso fisso) è possibile calcolare la differenza di valore rispetto al nominale attraverso formule di matematica finanziaria.

Altre considerazioni: In apparenza le variazioni di valore del debito si traducono automaticamente in

eguali variazioni nel valore azionario Tra la variazione delle due grandezze si frappone la definizione della struttura

finanziaria; si possono pertanto avere due effetti concorrenti sul valore azionario: uno di aumento dovuto alla diminuzione del debito e uno di diminuzione dovuto al fatto che la struttura finanziaria dell’impresa non è più quella ottima.

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Lezione sesta

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(Teoria del Valore)

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L’obiettivo fondamentale dell’impresa

Si vanno dimostrando due concetti fondamentali:

Che la creazione di valore è non solo una conseguenza di una corretta gestione, ma anche un modo per favorire il rafforzamento della capacità dell’impresa di competere.

Che non è la finanza a condizionare il sistema delle decisioni che riguardano la gestione ed il governo dell’impresa. È invece la capacità di conseguire gli obiettivi caratteristici della gestione che consente di creare valore azionario.

Ma qual è l’obiettivo che è alla base delle decisioni di governo dell’impresa?

In passato si affermava che l’obiettivo in questione era la massimizzazione del profitto (teoria neoclassica marshalliana)

Con lo sviluppo delle teorie della concorrenza e con la necessità dell’impresa di sviluppare sempre più capacità competitiva, la teoria aziendale, soffermandosi proprio sul concetto di vantaggio competitivo, ha individuato l’obiettivo dell’impresa nel raggiungimento di una capacità di sopravvivenza superiore rispetto alla concorrenza.

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Collegamenti tra vantaggio competitivo e creazione di valore azionario

Che tipo di relazioni esistono tra il vantaggio competitivo e la creazione di valore azionario?

Le due finalità non sono collegate tra di loro da un rapporto unidirezionale di causa ed effetto, nel senso che se l’impresa crea valore non ne consegue automaticamente che essa è in grado di godere di vantaggio competitivo.

Il modello della Mc Kinsey, noto come Pentagono, costituisce un convincente rapporto fra la teoria di creazione del valore azionario e le decisioni reali:

Valore attuale di mercato 1

   Valore potenziale 2 5 Valore potenziale ottimo

di mercato  Interventi sull’efficienza Ristrutturazioni finanziarie e sull’efficacia

3 4 Valore effettivo ottimo Interventi con le operazioni straordinarie

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… collegamenti tra vantaggio competitivo e creazione di valore azionario (segue)

Secondo il modello del Pentagono diversi sono i modi per creare valore secondo diverse tipologie d’intervento:Segmento 1-2: indica il tipo di interventi che sono necessari per allineare il valore espresso dal mercato con quello ritenuto corretto dal management. Si tratta di interventi tesi alla diffusione del valore e si traducono nella trasmissione ed organizzazione delle informazioni sull’evoluzione attesa dell’economia dell’impresa.Segmento 2-3: è legato alle opportunità strategiche ed operative interne all’impresa. Il loro sviluppo ed il loro sfruttamento consentono di passare dalla fase di diffusione a quello della creazione di valore, anche se limitatamente a quello generato da interventi attinenti lo svolgimento della vita dell’impresa nei suoi aspetti ordinari.Segmento 3-4: presenta le opportunità di creazione del valore che possono essere conseguite attraverso operazioni reali sulla conduzione dell’impresa, da attuarsi però con interventi di tipo straordinario.Segmento 4-5: rappresenta gli interventi di creazione dei valore che possono essere conseguiti attraverso interventi di tipo finanziario, che tipicamente riguardano la definizione di un rapporto migliore fra debiti e capitale di rischio.

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Le condizioni in cui si manifesta il vantaggio competitivo

Le posizioni osservate in precedenza non precisano ancora perché si realizza questa corrispondenza tra valore azionario e gestione dell’impresa. Viene postulata l’esistenza di questo rapporto senza che se ne dia una dimostrazione.

Occorre soffermarsi allora sulle condizioni in cui si manifesta il vantaggio competitivo di un’impresa.

“un’impresa detiene vantaggio competitivo sui concorrenti (cioè sulle imprese che operano all’interno dello stesso mercato e che sono in grado di offrire ai clienti gli stessi prodotti), quando ha una redditività più elevata (o il potenziale per conseguirla). Il vantaggio competitivo consiste dunque nella capacità di superare gli avversari in quello che riteniamo l’obiettivo primario dell’impresa: la redditività” (R.M.Grant)

In particolare, si osserva come la manifestazione del vantaggio competitivo (una redditività superiore alla media) sia anche la condizione perché si realizzi creazione di valore (un ritorno superiore alla media)

Questa identità potrebbe essere eccepita soltanto dal fatto non è detto che l’impresa che si trova in condizione di vantaggio competitivo decida di misurare la sua capacità di superare gli avversari solo attraverso il conseguimento di una redditività superiore ad essi.

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L’impresa, infatti, potrebbe decidere di non perseguire tanto il profitto quanto piuttosto:

di acquisire quote di mercato : questo obiettivo è stato il cavallo di battaglia della crescita di capacità competitiva delle imprese giapponesi ed asiatiche nei mercati occidentali. Tuttavia si può osservare che:

o Il perseguimento di questo obiettivo è solo una fase intermedia per conseguire uno stato di vantaggio competitivo.

o È stato dimostrato che non sussiste una relazione di causa – effetto tra quota di mercato e rendimento superiore alla norma

di assegnare premi ai dipendenti : difficilmente possono essere visti come manifestazioni di vantaggio competitivo. Tuttavia, ne può derivare un vantaggio competitivo in termini di valorizzazione e migliore utilizzo delle risorse umane.

di aumentare il prestigio sociale : il rafforzamento della posizione competitiva dell’impresa è solo una conseguenza dell’efficacia degli investimenti effettuati a tale scopo.

… le condizioni in cui si manifesta il vantaggio competitivo (segue)

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Meccanismi logici alla base della relazione fra vantaggio competitivo e generazione di valore

La creazione di valore azionario è una conseguenza della capacità dell’impresa di conseguire il vantaggio competitivo :

Quando l’impresa raggiunge il vantaggio competitivo, ha conseguito il successo non solo nel proprio settore di appartenenza, ma anche nel mercato finanziario.

Ciò permette all’impresa di disporre di fonti di finanziamento per sostenere il proprio sviluppo e riaffermare il vantaggio competitivo.

Schema logico delle relazioni fra vantaggio competitivo e valore

vantaggio rendimenti residua un valorecompetitivo superiori alla rendimento azionario

norma dopo la norma

   

identità concettuale

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Iterazioni fra vantaggio competitivo e valore

vantaggio facilità a cogliere maggiore disponibilità valorecompetitivo le occasioni per di fondi per azionario(possibilità di avere migliorare la investimentiritorni superior,i competizioneprimato sullaconcorrenza)

residua un rendimento in più

… meccanismi logici alla base della relazione fra vantaggio competitivo e generazione di valore

(segue)

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Contributi della teoria di creazione del valore alla gestione dell’impresa

La teoria di creazione del valore fornisce alla gestione dell’impresa non solo contributi in termini di applicazione di principi di finanza aziendale ……

La creazione di valore azionario consente all’impresa: Di godere di una maggiore disponibilità di fonti di finanziamento. Di ottenere migliori condizioni nei finanziamenti (grazie ad un elevato livello di

capitalizzazione di borsa che può conseguire, nel caso in cui si realizzi anche la diffusione del valore, quando viene creato valore azionario).

….. ma anche spunti nuovi per fondare tutte le scelte della gestione d’impresa su basi razionalmente più solide.

La necessità di creare valore attraverso qualsiasi decisione d’investimento impone al management una valutazione rigorosa di tutte le decisioni d’investimento, per verificare se esse sono effettivamente in grado di generare un rendimento in più, e quindi anche un vantaggio competitivo.

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Lezione settima

Fonte: “Competizione e valore nella gestione dell’impresa” di Angelo MIGLIETTA, Giuffrè – Milano, 2001 – capitolo 4

Corso di Tecnica Industriale

(Teoria del Valore)

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32

La misurazione del valore

LA MISURAZIONE DEL VALORE

CRITERIO DI CASSA

CRITERIO DI COMPETENZA

METODI FINANZIARI

METODI REDDITUALI

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33

Il processo di conoscenza nella filosofia kantiana

GNOSEOLOGIA

KANTIANA

PERCEZIONE DEL FENOMENO

NUOMENO

CONOSCENZA DEI FATTI

LIVELLO SUPERIORE METAFISICO

NATURA FENOMENICA DELLA CONOSCENZA

INCONOSCIBILE

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34

La conoscenza dei fenomeni d’impresa

IMPRESA

PER OSSERVATORI ESTERNI (STAKEHOLDERS)

PER OSSERVATORI INTERNI (MANAGERS)

CONOSCENZA IMPRESA

CONOSCENZA IMPRESA

CONOSCENZA DI FENOMENI E ACCADIMENTI CHE IN ESSA SI SVOLGONO

CONOSCENZA DI FENOMENI CHE APPAIONO ALL’ESTERNO E

CONOSCENZA DI INFORMAZIONI AGGIUNTIVE INTERNE

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35

Criteri di cassa e competenza a confronto

MISURAZIONE DEI FENOMENI

D’IMPRESA

APPROCCIO PER CASSA

APPROCCIO PER

COMPETENZA

MISURAZIONE NEL MOMENTO DELLA MANIFESTAZIONE DEL FENOMENO (INCASSO/PAGAMENTO)

MISURAZIONE NEL MOMENTO IN CUI SI VERIFICANO I PRESUPPOSTI DI CUI I FENOMENI D’IMPRESA SONO LA MANIFESTAZIONE

FLUSSI FINANZIAR

I

FLUSSI DI

REDDITO

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36

La sostenibilità scientifica dei due approcci

CRITERIO DELLA

COMPETENZA

TRE TIPI DI VALORI

CERTI

STIMATI

CONGETTURATI

NON FALSIFICABILI

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37

La sostenibilità scientifica dei due approcci (segue)

CRITERIO DI

CASSA

VALORI CERTI

GLI EFFETTI DI VOCI DI BILANCIO QUALI AMMORTAMENTI E RIMANENZE SONO IRRILEVANTI

LE COMPONENTI NON FALSIFICABILI SONO NEUTRALIZZATE

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38

Lezione decima

Fonte: “Competizione e valore nella gestione dell’impresa” di Angelo MIGLIETTA, Giuffrè – Milano, 2001 – capitolo 5

Corso di Tecnica Industriale

(Teoria del Valore)

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39

La relazione fra vantaggio competitivo e creazione di valore

SCELTE STRATEGICHE O DI GESTIONE

DECISIONI DI

INVESTIMENTO

APPLICAZIONE SCHEMI DI CALCOLO DI CONVENIENZA ECONOMICA

VALORE CREATO/

DISTRUTTO

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40

Le operazioni che generano valore per l’impresa

CREAZIONE DI

VALORE

OPERAZIONI ORDINARIE

OPERAZIONI STRAORDINARIE

CONSUETE, NORMALI NELL’AMBITO DELLA VITA DELL’IMPRESA:

OPERAZIONI STRATEGICHE E DI GGESTIONE TESE ALLO SFRUTTAMENTO DDEL VANTAGGIO COMPETITIVO;

IN GENERE, NON COMPORTANO CCAMBIAMENTI STRUTTURALIDI NATURA ECCEZIONALE PER:

MASSIMIZZAZIONE DELL’INVESTIMENTO DDA EFFETTUARE

PORTATA DEI CAMBIAMENTI INDOTTI NNELL’ORGANIZZAZIONE E NELLA SSTRUTTURA DELL’IMPRESA

RAPIDITA’ CON CUI HANNO LUOGO

NON CONSUETE, MA SALTUARIE

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Le Operazioni Ordinarie

OPERAZIONI

ORDINARIE

DECISIONI DI

INVESTIMENTO

PER LO SFRUTTAMENTO OTTIMALE DEL VANTAGGIO COMPETITIVO DELL’IMPRESA

SPOSTAMENTO LUNGO LA CURVA DI ISOCOSTO DI STRUTTURA

PER IL CONSOLIDAMENTO, LA RIGENERAZIONE, IL RINNOVAMENTO DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

SPOSTAMENTO DA UNA CURVA DI ISOCOSTO DI STRUTTURA AD UN’ALTRA

COMUNICAZIONE AL MERCATO FINANZIARIO

DELLE VARIAZIONI NNELLA POLITICA CCOMPETITIVA DDELL’IMPRESA

DEI RISULTATI ATTESI

DEL GRADO DI CCONSEGUIBILITA’ DEI RRISULTATI ATESI

VARIAZIONE DI VALORE DEL TITOLO

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42

Le determinanti del vantaggio competitivo nel caso di operazioni ordinarie

DETERMINANTI DEL VALORE

DURATA DEL

PROFITTO

TASSO DI

PROFITTO

TASSO DI

REINVESTIMENTO DEGLI UTILI

tp = ROE - i

n

p= R’

R

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Il tasso di profitto

LIMITI

GRANDEZZA UNIPERIODALE

PROBLEMI LEGATI ALLE VARIABILI CHE LO COMPONGONO

ROE = Rn

E

Rn ED E PRESCINDONO DAI VALORI DI MERCATO DELLE LORO CCOMPONENTI

LA MISURA DI Rn ED E E’ SPESSO LEGATA ALL’APPLICAZIONE DI CCONVENZIONI

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I limiti dell’utile contabile quale espressione del valore creato

NON HA UNA DEFINIZIONE CONTABILE UNIVOCA

NON TIENE CONTO DEL RISCHIO

NON TIENE CONTO DELLE NECESSITA’ DI INVESTIMENTO

NON CONSIDERA LA POLITICA DI ATTRIBUZIONE DEI DIVIDENDI

TRASCURA IL VALORE FINANZIARIO DEL TEMPO

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I limiti del ROE quale espressione del valore creato

NON TIENE CONTO DEI CASH FLOW GENERATI DALL’INVESTIMENTO cCONSIDERATO

IGNORA IL VALORE RESIDUO DI UN’AZIENDA

PRESUPPONE L’ASSUNZIONE DI CONVENZIONI CONTABILI NELLA STIMA DDI MOLTE SUE COMPONENTI

NON TIENE CONTO DELLA COMPONENTE INTANGIBILE DEI BENI DDELL’IMPRESA

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La durata del Sovraprofitto

NON SI TRATTA DI UNA DETERMINAZIONE DEL VALORE DI PER SE’; CONCORRE ALLA CREAZIONE DI VALORE CONGIUNTAMENTE AD ALTRI FATTORI RILEVANTI QUALI:

L’ENTITA’ DEI FLUSSI RESIDUALI GENERATI DALLE SINGOLE OOPPORTUNITA’ DI INVESTIMENTO

LA DISPOSIZIONE DEI FLUSSI RESIDUALI NEL TEMPO

L’APPREZZAMENTO DELL’ESBORSO CHE L’IMPRESA DOVRA’ SOSTENERE PPER EFFETTUARE L’INVESTIMENTO CHE GENERERA’ TALI FLUSSI

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La durata del sovraprofitto

L’ATTENZIONE ALLA DURATA ASSUME RILIEVO IN RELAZIONE ALLA CAPACITA’ DELL’IMPRESA DI MANTENERE LA PROPRIA POSIZIONE DI VANTAGGIO COMPETITIVO.

L’EROSIONE DEL VANTAGGIO COMPETITIVO DA PARTE DEI CONCORRENTI PUO’ ESSERE LIMITATA MEDIANTE L’ADOZIONE DA PARTE DELL’IMPRESA DI MECCANISMI DI ISOLAMENTO (DOPO AVERNE INDIVIDUATO: LA TIPOLOGIA, IL COSTO E IL VAN).

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Il tasso di crescita del capitale proprio

SI TRATTA DI UNA GRANDEZZA NON DIRETTAMENTE CORRELATA ALLA CREAZIONE DI VALORE AZIONARIO

CIO’ CHE RILEVA NON E’ L’AMMONTARE DEGLI INVESTIMENTI EFFETTUATI, NE’ IL TASSO DI CRESCITA DEI FLUSSI GENERATI DALL’ATTIVITA’ DELL’IMPRESA, MA IL FATTO CHE VENGANO EFFETTUATI INVESTIMENTI CHE CREANO VALORE E CHE PERCIO’ PRESENTINO UN VAN POSITIVO.

INFATTI, INVESTIMENTI CHE GENERANO UNA REDDITIVITA’ POSITIVA POSSONO TUTTAVIA DISTRUGGERE VALORE QUALORA IL LORO RENDIMENTO SIA INFERIORE AL COSTO DEL CAPITALE.

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Le determinanti del vantaggio competitivo nelle operazioni ordinarie

ATTRATTIVITA’

DEL SETTORE

POSIZIONAMENTO COMPETITIVO DELL’IMPRESA

RENDIMENTO INVESTIMENTI PREVISTI

COSTRUZIONE,

MANTENIMENTO,

RAFFORZAMENTO

VANTAGGIO COMPETITIVO

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La gestione Strategica d’Impresa

RICERCA VANTAGGIO COMPETITIVO SOSTENIBILE

STRATEGIE

POLITICHE D’IMPRESA

LEADERSHIP DI COSTO

LEADERSHIP DI DIFFERENZIAZIONE

FOCALIZZAZIONE

STRATEGIA DI CORPORATE

STRATEGIA DI BUSINESS (OP. ORDINARIE)

STRATEGIA FUNZIONALE

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Corso di Tecnica Industriale(Teoria del Valore)

Lezione tredicesima

Fonte: “Competizione e valore nella gestione dell’impresa” di Angelo MIGLIETTA, Giuffrè – Milano, 2001 – capitolo 6

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La creazione di valore con le operazioni straordinarie

NELLA CULTURA D’IMPRESA, IN GENERE, NON SI PARLA DI OPERAZIONI STARORDINARIE, MA DI OPERAZIONI DI FINANZA STRAORDIANARIA

IN REALTA’, GLI ASPETTI FINANZIARI DELLE OPERAZIONI STRAORDIANRIE SONO ACCESSORI E STRUMENTALI A QUESTE STESSE OPERAZIONI A FONDAMENTO DELLE QUALI VI SONO, INVECE, ASPETTI REALI E, IN PARTICOLARE, LA VOLONTA’ DEL MANAGEMENT DI INCREMENTARE IL VANTAGGIO COMPETITIVO E QUINDI, DI RIFLESSO, IL VALORE AZIONARIO

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La centralità dei problemi reali

E’ DATA DALLA RICONOSCIUTA IMPORTANZA ATTRIBUITA AI PIANI INDUSTRIALI CHE DEVONO SUPPORTARE OGNI DECISIONE DI TIPO STRAORDINARIO

PIANI INDUSTRIALI

VALUTAZIONE DEL VALORE CREATO CON

L’OPERAZIONE STRAORDINARIA ATTRAVERSO

LA COMPRENSIONE DEI MECCANISMI CHE FAVORISCONO IL RAGGIUNGIMENTO DI:

•SINERGIE DI COSTO

•SINERGIE DI RICAVO

LA VALUTAZIONE DELL’IMPORTO DI QUESTE OPERAZIONI SULLA CREAZIONE E IL RAFFORZAMENTO DEL VANTAGGIO COMPETITIVO

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La creazione di valore con le operazioni straordinarie: uno schema interpretativo

MODELLO DELLE CINQUE FORZE COMPETITIVE DI

PORTER

IMPRESE CONCORRENTI DEL SETTORE

FORNITORI

CLIENTI

MINACCIA DI NUOVI ENTRANTI

MINACCIA DI PRODOTTI SOSTITUTIVI

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Le determinanti della crescita esterna: la matrice di Ansoff

NUOVI

PRODOTTI

VECCHI

VECCHI

DIFFERENZIAZIONE RISPETTO AL MERCATO

PENETRAZIONECONCENTRAZIONE

DIVERSIFICAZIONEDIFFERENZIAZIONE RISPETTO AL PRODOTTO

MERCATI NUOVI

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Le determinanti della crescita esterna nei processi di concentrazione

MOTIVAZIONI STRATEGICHE

NECESSITA’ DI ESTENDERE LA QUOTA DI MERCATO

ACQUISIZIONE DI PARTICOLARI FORME DI KNOW HOW

RISPARMIO DI COSTI E MIGLIORAMENTO DELL’EFFICIENZA

AZIONE REALIZZATA IN VISTA DI UNA FASE DI RECESSIONE DELL’ECONOMIA O DI UN CALO

NELLA DOMANDA DEL PRODOTTO

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Le determinanti della crescita esterna nei processi di differenziazione

MOTIVAZIONI STRATEGICHE

ASSORBIMENTO DEL KNOW HOW LEGATO A PRODOTTI SOSTITUTIVI (CON ESITI, TEMPI E COSTI VANTAGGIOSI)

RIGENERAZIONE DEL CICLO DI VITA DEL BISOGNO SODDISFATTO DAI PROPRI PRODOTTI

COMPLETAMENTO DELLA PRESENZA DELL’IMPRESA IN OGNI FASCIA DEL PROPRIO SETTORE

SFRUTTAMENTO DELLE SINERGIE ESISTENTI FRA PRODOTTI DIFFERENZIATI

SFRUTTAMENTO DI SINERGIE A LIVELLO AMMINISTRATIVO E FINANZIARIO

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Le determinanti della crescita esterna nei processi di diversificazione

MOTIVAZIONI STRATEGICHE

RISPARMI DI COSTI AMMINISTRATIVI E FINANZIARI

COMPLETAMENTO E ESTENSIONE DI UNA O PIU’ GAMME PRODUTTIVE

SFRUTTAMENTO DELL’IMMAGINE DI CUI L’IMPRESA GODE

ESIGENZE DI CARATTERE PRODUTTIVO CHE FAVORISCONO PROCESSI DI INTEGRAZIONE “A MONTE” O “A VALLE”

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La rilevanza strategica delle operazioni di integrazione “a monte” o “a valle”

RISPARMI DI COSTI DOVUTI:

- AL MIGLIORAMENTO DEI FLUSSI DI PRODUZIONE

- ALL’OTTIMIZZAZIONE DELLA GESTIONE DELLE SCORTE

ACQUISIZIONE DEL CONTROLLO SU UNA FASE CHIAVE DEL PROCESSO PRODUTTIVO

REALIZZAZIONE DI UN PROCESSO DI DIVERSIFICAZIONE

SINCRONIZZAZIONE DELLE FASI PRODUTTIVE

MAGGIORE QUANTITA’ DI INFORMAZIONI DISPONIBILI

ATTITUDINE GESTIONALE DEL MANAGEMENT AD OCCUPARSI DI SETTORI CORRELATI

LIMITIRIDUZIONE DELLA FLESSIBILITA’ PRODUTTIVA

PROBLEMI DI INTEGRAZIONE E COORDINAMENTO

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La creazione di valore con la riduzione della dimensione aziendale: scissioni e cessioni di

aziende

VANTAGGI LEGATI ALLE

OPERAZIONI DI SCISSIONE E CESSIONE

RENDIMENTO DELL’AREA D’AFFARI INFERIORE AL COSTO DEL CAPITALE DELL’IMPRESA E ACQUIRENTE DISPOSTO A PAGARE IL VALORE DELL’AREA D’AFFARI

ACQUIRENTE DISPOSTO A PAGARE UN PREZZO SUPERIORE AL VALORE DI UN’AREA D’AFFARI

RIDUZIONE DELL’INDEBITAMENTO E DEL COSTO DEL CAPITALE

ATTIVITA’ DIVERSE POSSONO COESISTERE IN UN’IMPRESA SOLO SE IL FATTO DI COESISTERE CONSENTE LORO DI CREARE SINERGIE ALTRIMENTI IMPOSSIBILI ALLE SINGOLE AZIENDE STAND ALONE

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La creazione di valore con le operazioni straordinarie: aspetti a sostegno dei processi di

focalizzazione

CONCENTRAZIONE SUL CORE BUSINESS DELL’IMPRESA E SULLE FASI CORE DELLA CATENA DEL VALORE

SPECIALIZZAZIONE ED EFFICIENTE DIMINUZIONE DELLA LEVA OPERATIVA E DEL RISCHIO OPERATIVO

DIFFIDENZA PSICOLOGICA DEL MANAGEMENT VERSO POLITICHE DI DIVERSIFICAZIONE

GLI AZIONISTI POSSONO DIVERSIFICARE IL PROPRIO PORTAFOGLIO AUTONOMAMENTE, CON MAGGIORE FLESSIBILITA’ E MINORI RISCHI E COSTI

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La creazione di valore con le operazioni straordinarie: aspetti a sostegno dei processi di

diversificazione

VALORE IMPRESA

DIVERSIFICATA

SOMMA DEI VALORI DELLE SINGOLE IMPRESE STAND

ALONE

SINERGIE DI COSTO E DI RICAVO

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63

Corso di Tecnica Industriale(Teoria del Valore)

Lezione quindicesima

Fonte: “Competizione e valore nella gestione dell’impresa” di Angelo MIGLIETTA, Giuffrè – Milano, 2001 – capitolo 7

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La creazione di valore con l’ottimizzazione del profilo finanziario dell’impresa

LA CREAZIONE DI VALORE AZIONARIO PUO’ ESSERE CONSEGUITA, OLTRE CHE CON INTERVENTI SULLA MISURA DELL’ATTIVO (A), ANCHE ATTRAVERSO VARIAZIONI DEL DEBITO ONEROSO (D).

LE VARIAZIONI DI A RIGUARDANO LA GESTIONE REALE DELL’IMPRESA (RICERCA DEL VANTAGGIO COMPETITIVO PER MIGLIORARE IL PROFILO DEI FLUSSI GENERATI DALL’IMPRESA STESSA.

LE VARIAZIONI DI D SONO IN GENERE DOVUTE A FATTI ESTRANEI ALLA GESTIONE OPERATIVA PERCHE’ COLLEGATE ALL’ANDAMENTO DEI MERCATI FINANZIARI E DEI TASSI DI INTERESSE.

N.B. LA DIMINUZIONE DEL VALORE DEL DEBITO DOVUTA ALL’INCREMENTO DEI TASSI DI INTERESSE NON COMPORTA IN MODO AUTOMATICO L’INCREMENTO DI VALORE AZIONARIO.

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La scelta della struttura finanziaria ottima

SI TRATTA DELLA RICERCA DI COMBINAZIONI (MIX) FRA CAPITALE DI DEBITO (D) E CAPITALE DI RISCHIO (E) CHE POSSANO RENDERE OTTIMO IL VALORE PER GLI AZIONISTI.

LA TEORIA DELLA FINANZA AZIENDALE NON HA RAGGIUNTO UNA CHIARA POSIZIONE RISPETTO ALL’INDIVIDUAZIONE DI UN MODELLO IDONEO A SPIEGARE COME SIA POSSIBILE INDIVIDUARE UN RAPPORTO DI INDEBITAMENTO IN CORRISPONDENZA DEL QUALE SI RICONOSCE UN’OTTIMA STRUTTURA FINANZIARIA.

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La posizione classica e quella di Modigliani-Miller: un confronto

TEORIA CLASSICA

SECONDO CUI ESISTE UN RAPPORTO DI

INDEBITAMENTO OTTIMO

TEORIA DI MODIGLIANI-MILLER

SECONDO CUI NON ESISTE UN RAPPORTO DI INDEBITAMENTO

OTTIMO

SOLITAMENTE PRESENTATE COME TEORIE CONTRASTANTI E INCONCILIABILI.

NON E’ POSSIBILE ESPRIMERE A PRIORI UN GIUDIZIO DI PREFERENZA PER UNA DI ESSE; ENTRAMBE SI FONDANO SU PRESUPPOSTI CONDIVISIBILI E DIMOSTRABILI.

L’INCONGRUENZA DELLE LORO CONCLUSIONI RISIEDE NELLA DEFINIZIONE CHE ESSE DANNO DI COSTO DEL CAPITALE E DELLE RELATIVE COMPONENTI.

Ko = Ke * (E / D + E) + Ki * (D / D + E)

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La struttura finanziaria ottima secondo la teoria classica

Ko, Ke, Ki

(D / E)* (D / E)

Ke

Ko

Ki

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La struttura finanziaria ottima secondo Modigliani-Miller

Ko, Ke, Ki

(D / E)* (D / E)

Ke

Ko

Ki

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La differenza fra costo e rendimento dei mezzi propri

TALE DIFFERENZA DISCENDE DALLA CARTOLARIZZAZIONE (SECURITISATION) DEL “DEBITO” DELL’IMPRESA VERSO I PROPRI SOCI.

I SOCI, INFATTI, HANNO LA POSSIBILITA’ DI REALIZZARE MOMENTANEAMENTE IL LORO RENDIMENTO (VENDENDO LE PROPRIE AZIONI) SENZA PER QUESTO DOVER OTTENERE DALL’IMPRESA LA RESTITUZIONE DEI RELATIVI FONDI.

NE CONSEGUE CHE IL CAPITAL GAIN E’ NEUTRALE PER L’IMPRESA RISPETTO ALLA DETERMINAZIONE DEL COSTO DEI MEZZI PROPRI, MENTRE INVECE HA NOTEVOLE IMPORTANZA NELLA DETERMINAZIONE DEL LORO RENDIMENTO.

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La differenza fra costo e rendimento dei mezzi propri (segue)

SI VERIFICA, QUINDI, UN’ASIMMETRIA FRA LA POSIZIONE DELL’INVESTITORE (IL SOCIO) E DEL BENEFICIARIO (L’IMPRESA) IN RELAZIONE ALL’OPERAZIONE DI FINANZIAMENTO LEGATO ALLA RACCOLTA DI CAPITALE A RISCHIO.

INFATTI, A FAVORE DEL SOCIO CHE CEDE LE PROPRIE AZIONI SI REALIZZA UN RIMBORSO DEL FINANZIAMENTO SENZA CHE PER QUESTO MOTIVO L’IMPRESA CHE HA BENEFICIATO DEL FINANZIAMENTO SIA COSTRETTA AD UN ESBORSO.

LE CONSIDERAZIONI SVOLTE CONSENTONO DI RICOMPORRE IL DISSIDIO FRA LA TEORIA CLASSICA E QUELLA DI MODIGLIANI-MILLER IN TEMA DI STRUTTURA FINANZIARIA OTTIMA.

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La riconciliazione della teoria classica con la teoria di Modigliani-Miller

ENTRAMBE LE TEORIE CONVENGONO SULL’IDEA CHE ESISTE UNA STRUTTURA FINANZIARIA OTTIMA:

PER LA TEORIA CLASSICA

PER MODIGLIANI-MILLER

TALE STRUTTURA FINANZIARIA E’ OTTIMA PERCHE’ RENDE MINIMO IL COSTO CAPITALE.

TALE STRUTTURA FINANZIARIA E’ OTTIMA PERCHE’ RENDE MASSIMO IL RENDIMENTO DEGLI AZIONISTI

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Il postulato dell’identità fra costo e rendimento dei mezzi propri

L’ESAME COMPARATO DELLE DUE TEORIE HA MESSO IN LUCE UN EQUIVOCO IN CUI SI IMBATTE LA TEORIA DELLA FINANZA: IL POSTULATO DELL’IDENTITA’ FRA I CONCETTI DI COSTO E RENDIMENTO DEI MEZZI PROPRI ALLA LUCE:

DELL’APPROCCIO CONTABILE;

DELL’ANALOGIA CON IL COSTO DEL DEBITO.FLUSSI NETTI

01 2 3 4 5

TEMPO

01 2 3 4 5 TEMP

O

FLUSSI NETTI

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Le incongruenze dell’ipotesi dell’identità fra costo e capitale di rischio

1. I LIMITI DELL’APPROCCIO CONTABILE: NON TIENE CONTO DEL PROFILO FINANZIARIO DELL’OPERAZIONE DI FINANZIAMENTO, NON UTILIZZA MISURE FINANZIARIE (FLUSSO DI CASSA) MA GRANDEZZE CONTABILI (RENDIMENTO DEL TITOLO).

2. IL VALORE DEI PACCHETTI DI CONTROLLO E LA FORMAZIONE DI PREMI DI MAGGIORANZA CHE SI TRADUCE IN UN AUMENTO DEL RENDIMENTO DEI MEZZI PROPRI PER GLI AZIONISTI DI MAGGIORANZA SENZA CHE PERO’ L’IMPRESA SUBISCA UN ANALOGO INCREMENTO DEI COSTI DEI MEZZI PROPRI.

3. L’INCONGRUENZA FRA LA TEORIA CLASSICA E QUELLA DI MODIGLIANI-MILLER.

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Conclusioni

LA DISTINZIONE FRA COSTO E RENDIMENTO DEI MEZZI PROPRI PONE DUE PROBLEMI RILEVANTI:

LA POSSIBILE DIVERGENZA FRA GLI OBIETTIVI DELL’IMPRESA (POSSIBILE RITENZIONE DI UTILI) E QUELLI DEGLI AZIONISTI (DIVIDENDI E GUADAGNI IN CAPITAL GAIN).

LA POSSIBILE DIVERGENZA FRA GLI OBIETTIVI DEL MANAGEMENT E DELLA PROPRIETA’.

TALI PROBLEMI POSSONO ESSERE SUPERATI MEDIANTE L’USO DEGLI STRUMENTI DI FINANZA CHE CONSENTONO LA MISURAZIONE DI VALORI E LA REALIZZAZIONE DI MECCANISMI OPERATIVI CAPACI DI ORIENTARE LE DECISIONI MANAGERIALI ALLA CREAZIONE DI VALORE D’IMPRESA E AZIONARIO.