Produzione Di Energia Elettrica Da Biomassa
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P O L I T E C N I C O D I B A R I FACOLTA’ D I INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ELETTRICA
TESI D I LAUREA I N I M P I A N T I E L E T T R I C I
PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA DA BIOMASSA CON L’USO DI RISORSE
TERRITORIALMENTE DISPONIBILI
RELATORE:
Chiar.mo Prof. Ing. Giuseppe CAFARO
CORRELATORE:
Chiar.mo Prof. Ing. Michele TROVATO
L A U R E A N D O :
M a r t i n o L A P E N N A
ANNO ACCADEMICO 2004-2005
Martino Lapenna cell.: 347 / 9351582 e-mail: [email protected]
“Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati” (Mt 5,6)
“Come raggiungere un traguardo? Senza fretta, ma senza sosta”
(Johann Wolfang Goethe)
A chi ha sempre creduto in me,
al mio Signore, a mamma, a Claudia e a Pamela
Ringraziamenti Tante sono le persone che vorrei ringraziare per avermi permesso di giungere a questo punto che risulta essere insieme, di arrivo e di partenza. Innanzitutto il Prof. Giuseppe Cafaro che con la sua competenza e disponibilità mi ha lasciato la libertà di approfondire un tema per me molto appassionante, e insieme mi ha indicato persone che mi hanno aiutato enormemente nella documentazione necessaria per la stesura della tesi, anche loro voglio ringraziare profondamente: l’Ing. Francesco Messa dell’Associazione Industriali di Bari e l’Ing. Vincenzo Lattanzi del centro ENEA di Bari. Un ringraziamento particolare va al Prof. Michele Trovato che mi ha dato un notevole e prezioso aiuto nella valutazione economica dell’argomento di tesi. Grazie alla mia famiglia che con tanti sacrifici ha sostenuto questo mio lungo percorso universitario, spero siate orgogliosi, con me, per questo obiettivo così faticosamente raggiunto. Ringrazio Marco e Tommaso, amici prima che colleghi, con cui ho condiviso i miei ultimi e più decisivi anni di università; tante, meravigliose e piene sono le esperienze vissute insieme, grazie di cuore del vostro sostegno, della vostra disponibilità, della vostra amicizia ...a buon rendere. Grazie a Carlo, il mio amico di sempre, che presto condividerà questa mia stessa gioia. Un ultimo profondo grazie che mi sale dal cuore è per una persona speciale, che in questi anni è risultata essere una meravigliosa e solida colonna su cui poter provare a costruire una vita densa e piena di significato; sì, parlo di te, Claudia! Grazie di esserci col tuo amore ...davvero grazie!
INDICE Introduzione ……………………………………………………………….
Capitolo 1 Biomassa.…………………………………………………...
1.1 Definizione scientifica………………………………………………
1.2 Definizione legislativa………………………………………………
1.3 Modalità di conversione energetica……………………………….
1.3.1 Processi di conversione biochimica………………………..
1.3.2 Processi di conversione termochimica…………………….
1.4 Tipologie di biomasse e loro utilizzo a fini energetici…………...
1.4.1 Biocombustibili solidi………………………………………...
1.4.2 Tipi di utilizzo energetico dei combustibili solidi…………..
1.4.2.1 Energia termica per usi domestici……………........
1.4.2.2 Il teleriscaldamento a biomasse……………………
1.4.2.3 Energia termica per usi industriali………………….
1.4.2.4 Energia elettrica da biomasse……………………...
1.4.3 Biocombustibili liquidi……………………………………......
1.4.3.1 Biodiesel.................................................................
1.4.3.2 Bioetanolo…………………………………………….
1.4.4 Biogas da digestione anaerobica………………………......
1.4.4.1 Gli impianti di digestione anaerobica di liquami
zootecnici................................................................
1.4.4.2 Il trattamento anaerobico di altre biomasse di
scarto......................................................................
1.4.4.3 Il recupero di biogas dalle discariche…..................
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I
Capitolo 2 Stato dell’arte: produzione di energia da fonti rinnovabili......................................................................
2.1 Quadro internazionale…............................................................
2.1.1 L’Italia nel conteso internazionale……………...................
2.2 Energia da fonti rinnovabili in Italia…………………………….....
2.3 Energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia……………………..
2.4 Uno sguardo alla nostra regione: energia elettrica da
biomasse in Puglia…………………………………………...........
2.4.1 Impianti a biomasse in Puglia……………………………....
2.5 Le previsioni di sviluppo dell’uso di biomasse a fini energetici...
2.6 Incentivi all’utilizzo della biomassa per la produzione di
energia.......................................................................................
Capitolo 3 La sansa in Puglia: residuo o risorsa?........................
3.1 La sansa nella legislazione italiana……………..........................
3.2 Filiera di produzione della sansa esausta…………………….....
3.3 Usi principali della sansa prima del DPCM 8/10/2004……….....
3.3.1 Agricoltura.........................................................................
3.3.2 Mangimistica……………………………………………….....
3.3.3 Fabbricazione di laterizi.....................................................
3.3.4 Ebanisteria……………………………………………...........
3.4 Usi principali della sansa dopo il DPCM 8/10/2004....................
3.4.1 Produzione di energia termica ad uso domestico.............
3.4.2 Produzione di energia termica ad uso industriale.............
3.4.3 Produzione di energia elettrica………...............................
3.5 Studio ENEA sulla valorizzazione della sansa esausta.............
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II
Capitolo 4 Valutazione tecnico-economica e iter burocratico di un impianto a biomassa................................................
4.1 Studio delle fasi di produzione...................................................
4.2 Progettazione.............................................................................
4.3 Costruzione................................................................................
4.3.1 Sistema di stoccaggio e movimentazione del
combustibile......................................................................
4.3.2 Sezione di combustione....................................................
4.3.3 Caldaia-generatore di vapore………….............................
4.3.4 Trattamento fumi ed abbattimento inquinanti....................
4.3.5 Turbina e impianto di demineralizzazione.........................
4.3.6 Impianti accessori…………………………………………....
4.4 Iter autorizzativo…………….......................................................
4.5 Il consenso locale…………….....................................................
4.6 Gestione dell’impianto………………………………….................
4.7 Costo del combustibile...............................................................
Capitolo 5 Potenziale Energetico della sansa esausta in Puglia, valutazione economica ed ambientale di una possibile centrale..........................................................
5.1 Potenziale energetico della sansa esausta in Puglia.................
5.2 Costo industriale del MWh prodotto da sansa esausta..............
5.2.1 Investimento complessivo attualizzato…..........................
5.2.2 Costi di gestione................................................................
5.2.3 Spesa associata al costo del combustibile........................
5.3 Emissioni evitate di CO2 nell’ambiente…...................................
5.4 Valutazione economica dell’investimento..................................
5.5 Conclusioni.................................................................................
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III
Bibliografia..........................................................................................
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IV
Introduzione
La valorizzazione energetica delle biomasse è uno dei punti di riferimento della
strategia nazionale per la riduzione delle emissioni dei gas ad effetto serra ed, in
particolare, delle emissioni di anidride carbonica.
Come è noto, nella produzione di energia attraverso la biomassa (bioenergia), il
bilancio complessivo fra l’assorbimento del carbonio atmosferico (e quindi di CO2)
e l’emissione di anidride carbonica conseguente l’utilizzo a fini energetici delle
biomasse, è pressoché in equilibrio; ne discende che le biomasse sono da
considerarsi, a pieno titolo, fonti energetiche rinnovabili.
L’impiego delle biomasse risulta ancor più importante per la diversificazione delle
fonti e per la riduzione della dipendenza energetica dell’Italia, attraverso la
valorizzazione di risorse locali: si pensi in proposito al sempre crescente prezzo
del petrolio e alle recenti problematiche che hanno interessato l’importazione
nazionale di gas naturale dalla Russia.
Obiettivo di questa tesi è quello di fornire, inizialmente, una panoramica sui diversi
tipi di biomasse presenti sul territorio nazionale, indicandone i vari utilizzi a fini
energetici, per poi concentrare l’attenzione sulla situazione e sulle potenzialità
della regione Puglia. In particolare, si è scelto di approfondire il discorso su una
biomassa particolarmente presente e caratterizzante la nostra regione: la sansa
esausta da olive.
Entrando nello specifico, ho provato a stimare la potenzialità energetica di questa
biomassa, per giungere a ipotizzare la presenza di centrali di produzione di
energia elettrica, opportunamente dislocate geograficamente, in grado di sfruttare
questo potenziale. Ho effettuato, inoltre, una valutazione tecnico-economica di un
possibile investimento, andando a calcolare il costo industriale del MWh prodotto
da sansa esausta e ricavando il valore di diversi indici economici che mi hanno
permesso di esprimere un giudizio circostanziato sull’ipotetica iniziativa
economica.
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Capitolo 1
Biomassa
1.1 Definizione scientifica In termini scientifici, la parola biomassa include ogni tipo di materiale di origine
biologica e quindi legato alla chimica del carbonio; in altri termini ci si può riferire
ad ogni sostanza che deriva direttamente o indirettamente dalla fotosintesi
clorofilliana.
Mediante questo processo le piante assorbono dall'ambiente circostante anidride
carbonica (CO2) e acqua, che vengono trasformate, con l'apporto dell'energia
solare e di sostanze nutrienti presenti nel terreno, in materiale organico utile alla
crescita della pianta.
In questo modo vengono fissate complessivamente circa 2×1011 tonnellate di
carbonio all'anno, con un contenuto energetico equivalente a 70 miliardi di
tonnellate di petrolio, circa 10 volte l'attuale fabbisogno energetico mondiale.
Volendo accostare il concetto di “rinnovabilità”, alla definizione di biomassa, è
necessario escludere tutte le biomasse fossilizzate e relativi derivati, in quanto i
tempi di ricostituzione risultano essere troppo elevati (milioni di anni).
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Le più importanti tipologie di biomassa sono: residui forestali, scarti dell’industria di
trasformazione del legno (trucioli, segatura, etc.), scarti delle aziende agricole e
zootecniche, gli scarti mercatali, colture agricole e forestali dedicate, alghe e
colture acquatiche e i rifiuti solidi urbani.
Associati al termine biomassa, sono ormai di utilizzo comune, nel settore delle
energie rinnovabili:
• il termine biocombustibile, con il quale s’intende generalmente “ogni
sostanza organica diversa dal petrolio, dal gas naturale, dal carbone o dai
loro derivati, utilizzabile come combustibile”, e quindi in particolare tutti i
combustibili solidi, liquidi o gassosi derivati direttamente dalle biomasse od
ottenuti a seguito di un processo di trasformazione strutturale del materiale
organico;
• il termine bioenergia, che rappresenta la produzione di energia proveniente
dall’uso dei biocombustibili.
1.2 Definizione legislativa La definizione di biomasse nella normativa italiana, e comunitaria, appare
abbastanza confusa; diverse fonti legislative e normative la definiscono in maniera
diversa e, spesso, contraddittoria.
Inoltre il concetto di biomassa è strettamente collegato a quello di “rifiuto”, sia esso
industriale o urbano: in questo, infatti si trovano sostanze derivate direttamente o
indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana.
A livello legislativo ciò che è considerato “rifiuto” viene trattato diversamente da ciò
che è definito come biomassa.
Vediamo le principali leggi e norme:
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1) D. Lgs. n.22, 5 febbraio 1997 (“Decreto Ronchi”)
Per il Decreto Ronchi tutte le sostanze residue di lavorazione, anche se di origine
vegetale e non trattate, rientrano nella categoria di rifiuto e quindi non definibili
come biomassa.
ART. 6: RIFIUTO: qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie
riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l'obbligo
di disfarsi.
Nell'allegato A, tra le varie categorie di rifiuti, si trovano:
• Q1 Residui di produzione o di consumo in appresso non specificati;
• Q8 Residui di processi industriali (ad esempio scorie, processi di distillazione,
ecc.);
• Q16 Qualunque altra sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle
categorie sopra elencate.
ART. 7, comma 3; vengono definiti rifiuti speciali:
• I RIFIUTI DA ATTIVITÀ AGRICOLE E AGRO-INDUSTRIALI
• ...
• I RIFIUTI DA LAVORAZIONI INDUSTRIALI
2) Legge n.10, 9 gennaio 1991, “Norme per l’attuazione del Piano energetico
nazionale in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di
sviluppo delle fonti rinnovabili di energia”
Tra le fonti rinnovabili definite all'art. 3, comma 3, è annoverata anche la
trasformazione dei rifiuti organici ed inorganici o di prodotti vegetali.
In questo caso non si parla esplicitamente di biomassa, ma se ne consente l’uso a
fini energetici.
3) D. Lgs. 16 marzo 1999, n.79 (“Decreto Bersani”)
“Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno
dell’energia elettrica”
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Il Decreto Bersani (art.2, comma 15) definisce, fra le fonti rinnovabili, la
trasformazione in energia elettrica di prodotti vegetali e rifiuti organici ed
inorganici.
4) Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali n.401, 11 settembre
1999, "Regolamento recante norme di attuazione dell'articolo 1, commi 3 e 4, del
decreto legislativo 30 aprile 1998, n.173, per la concessione di aiuti a favore della
produzione ed utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili nel settore agricolo"
Il regolamento, all'art.1, comma 3, definisce biomasse:
• la legna da ardere;
• altri prodotti e residui lignocellulosici puri;
• sottoprodotti di coltivazioni agricole, ittiche e di trasformazione agro-
industriale;
• colture agricole e forestali dedicate;
• liquami e reflui zootecnici ed acquicoli.
5) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 10 maggio 2000 sulla
promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel
mercato interno dell'elettricità
La Direttiva, all'art. 2, comma 1, definisce biomasse gli scarti vegetali provenienti
dall'agricoltura, dalla silvicoltura e dall'industria alimentare nonché cascami di
legno non trattati e cascami di sughero.
6) Decisione della Commissione 2001/C 37/03,
“Disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela dell’ambiente”
Tra le definizioni di fonti di energia rinnovabili vengono menzionate anche le
biomasse (paragrafo B.6):
“... e della biomassa nelle sue diverse forme (prodotti dell’agricoltura e della
silvicoltura, scarti vegetali provenienti dall’agricoltura, dalla silvicoltura e
dall’industria alimentare, nonché cascami di legno e di sughero non trattati)”.
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7) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2001/77/CE del 27 settembre
2001 sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità
All’articolo 2, lettera b), le biomasse vengono così definite:
“la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura
(comprendente sostanze vegetali ed animali) e dalla silvicoltura e dalle industrie
connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani”.
La definizione di biomasse risulta qui più ampia perché anche i rifiuti possono
essere utilizzati come fonti energetiche purché gli Stati membri rispettino la
normativa comunitaria vigente in materia di gestione dei rifiuti.
Tale definizione è stata recepita dall’ordinamento italiano col D.L. 387 del
29/12/2003 in attuazione della Direttiva in questione.
8) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2002: Disciplina delle
caratteristiche merceologiche dei combustibili aventi rilevanza ai fini
dell'inquinamento atmosferico, nonché delle caratteristiche tecnologiche degli
impianti di combustione
L’articolo 3, comma 1, punto n) afferma che negli impianti di combustione per uso
industriale è consentito l'uso, come combustibile, delle biomasse come individuate
nell'Allegato III del decreto stesso.
Allegato III;
col termine biomasse vengono individuate le seguenti tipologie di sostanze:
a) materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;
b) materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico di
coltivazioni agricole non dedicate;
c) materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzioni
forestali e da potatura;
d) materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di
legno vergine e costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e
tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e
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cascami di sughero vergine, tondelli non contaminati da inquinanti, aventi le
caratteristiche previste per la commercializzazione e l'impiego;
e) materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica di
prodotti agricoli, avente le caratteristiche previste per la
commercializzazione e l'impiego.
In tale definizione rientrano gran parte delle biomasse che possono essere
effettivamente destinate alla combustione che vengono, quindi, escluse dal campo
della normativa sui rifiuti. Il Decreto specifica che la conversione energetica di tali
biomasse può essere effettuata attraverso la combustione diretta, con il rispetto di
precisi limiti sulle emissioni. Tali limiti (Tabella 1.1) sono meno stringenti di quelli
fissati dalla precedente normativa ove la combustione delle biomasse era a tutti gli
effetti trattata come quella dei rifiuti. Tabella 1.1 Limiti per le emissioni da impianti a biomassa secondo il DPCM 8/3/2002
(1) Agli impianti di potenza termica nominale complessiva pari o superiore a 0,035 MW e non
superiore a 0,15 MW si applica un valore limite di emissione per le polveri totali di
200 mg/Nm3.
(2) I valori limite sono riferiti al volume effluente gassoso secco riportato alle condizioni normali: 0
Centigradi e 0,1013 MPa.
(3) Valori medi giornalieri
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1.3 Modalità di conversione energetica Le modalità di conversione della biomassa, per l’impiego a fini energetici, possono
essere di tipo biochimico o di tipo termochimico.
1.3.1 Processi di conversione biochimica Permettono di ricavare energia per reazione chimica dovuta al contributo di
enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari
condizioni, e vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto C/N sia
inferiore a 30 e l'umidità alla raccolta superiore al 30%. Risultano idonei alla
conversione biochimica le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e
steli di barbabietola, ortive, patata, ecc.), i reflui zootecnici e alcuni scarti di
lavorazione (borlande, acqua di vegetazione, ecc.), nonché la biomassa
eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate.
1.3.2 Processi di conversione termochimica Sono basati sull'azione del calore che permette le reazioni chimiche necessarie a
trasformare la materia in energia e sono utilizzabili per i prodotti ed i residui
cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N abbia valori superiori a 30 ed il contenuto
di umidità non superi il 30%. Le biomasse più adatte a subire processi di
conversione termochimica sono la legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli,
ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali,
residui di potatura della vite e dei fruttiferi, ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla,
sansa esausta, pula, gusci, noccioli, ecc.). Tra le varie tecnologie di conversione
energetica delle biomasse alcune possono considerarsi giunte ad un livello di
sviluppo tale da consentirne l'utilizzazione su scala industriale, altre necessitano
invece di ulteriore sperimentazione al fine di aumentare i rendimenti e ridurre i
costi di conversione energetica.
Nella tabella successiva (Tabella 1.2) vengono indicati i diversi processi di
conversione applicabili ai diversi tipi di biomasse.
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Tabella 1.2 Tipici processi di conversione di biomasse in energia
1.4 Tipologie di biomasse e loro utilizzo a fini energetici In Italia, le biomasse disponibili per produrre energia, sono quasi esclusivamente
costituite da legna da ardere, residui agricoli, agroindustriali e forestali, e la
frazione biodegradabile dei rifiuti solidi urbani. Il contenuto energetico di queste
biorisorse è equivalente a circa 23 milioni di tonnellate di petrolio (Mtep). Non tutta
la quantità di biomasse prodotta annualmente è recuperabile, sia perché la
materia prima si presenta molto dispersa sul territorio, sia perché sono possibili usi
alternativi della biomassa stessa. Si stima che quella recuperabile a fini energetici
sia il 45-50% di quella prodotta.
Le filiere bioenergetiche più vicine alle attuali esigenze del sistema
socioeconomico nazionale sono basate su:
• l’uso di biocombustibili solidi nel comparto domestico (prevalente),
industriale ed energetico;
• l’uso di biocombustibili liquidi da colture agricole per l’autotrazione e il
riscaldamento urbano;
• l’uso del biogas per esigenze aziendali.
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1.4.1 Biocombustibili solidi Le forme in cui tutti i biocombustibili solidi si trovano sul mercato nazionale
sono essenzialmente le seguenti:
Legna da ardere
Ancora oggi l’uso della legna per la produzione di energia è molto diffuso nel
nostro Paese. Da uno studio condotto dall’ENEA, riferito a dati del 1999,
risulterebbe che in Italia, per il solo settore residenziale, siano state consumate
circa 14,5 Mton di legna per camini, stufe e forni. Le caratteristiche chimico-fisiche
di questa biomassa sono correlate alle essenze utilizzate, al grado di
essiccazione, al rapporto legno-corteccia, ecc.; mentre il prezzo di mercato varia,
sia in funzione delle menzionate caratteristiche, sia per il tipo di allestimento, per i
quantitativi acquistati e per la localizzazione geografica.
La legna da ardere, quercia in tronchetti, portata in casa, ha prezzi attorno agli
80÷110 €/ton, mentre risulta più basso se acquistata all’ingrosso (anche 45÷55
€/ton), sebbene in alcune realtà sia possibile disporre di legname praticamente a
costo zero (potature agricole, scarti delle utilizzazioni forestali ecc.).
Cippato Si definisce “cippato di legno” o “legno sminuzzato”, il legname in scaglie ottenuto
da apposite macchine. Per produrre cippato si utilizza normalmente legno di
qualità inferiore, come i residui delle potature boschive, agricole, urbane, gli scarti
prodotti dalle segherie o anche il legno di specie arboree appositamente coltivate
in impianti a breve rotazione (SRF). Il legname ridotto in scaglie può essere
assorbito dal mercato per essere impiegato nella produzione di pannelli di
particelle, nell’industria cartaria, nella produzione di compost o per usi energetici.
Come biocombustibile solido, il cippato di legno permette, grazie alla sua
maneggevolezza, un’alimentazione automatica delle caldaie, purché abbia
pezzatura omogenea e dimensioni comprese tra 3 e 5 cm. Il cippato può essere di
tre tipologie:
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• verde, quando sono presenti anche le foglie (tipico di quando viene
sminuzzata l’intera pianta);
• marrone, se sono cippati rami e tronchetti con corteccia;
• bianco, se il legname da cippare è stato preventivamente scortecciato.
Le scaglie prodotte da legname fresco presentano in genere un’umidità che oscilla
tra il 40 e il 50%, per cui è necessario garantire, in fase di stoccaggio, una giusta
aerazione per evitare processi di fermentazione che ne deteriorino la qualità.
Mediamente sul mercato il tasso di umidità assoluta del cippato si attesta intorno
al 35% per un potere calorifico inferiore di circa 2.500 kcal/kg ed un costo che si
aggira intorno a 40÷50 €/t.
Pellets
Un biocombustibile solido molto adatto agli impianti di riscaldamento domestico è
il “pellet” di legno. I pellets sono prodotti con il polverino ottenuto dalla sfibratura
dei residui legnosi, il quale viene compattato per pressione (senza ricorrere all’uso
di alcun tipo di collante), da apposite macchine, in cilindretti che possono avere
diverse lunghezze e spessori (15-20 mm di lunghezza, 6-8 mm di diametro), il cui
potere calorifico inferiore si attesta mediamente intorno alle 4.000 kcal/kg. Alcune
tipologie di scarti dell’industria del legno (trucioli, segatura, polveri) sono
particolarmente indicate per la produzione del pellet. Questo combustibile si
distingue per la bassa umidità (mediamente dell’8-12%), per la sua elevata densità
nonché per la regolarità del materiale. Il presupposto per la produzione del pellet è
l’impiego di legname vergine, non trattato cioè con sostanze tossiche, colle o
vernici. Per la sua alta densità energetica e per le sue caratteristiche di fluidità che
lo rendono facilmente trasportabile e caricabile automaticamente anche in piccole
caldaie, il pellet ha le carte in regola per diventare il biocombustibile solido del
futuro.
L’Italia è il più importante mercato mediterraneo del pellet; la produzione
nazionale, operata da più di 90 ditte, si attesta intorno a 160.000 ton/anno. Tale
produzione non riesce tuttora a soddisfare la crescente domanda, che nel 2003 ha
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superato le 200.000 ton, rendendo necessario il ricorso a significative importazioni
dall’estero.
Tra i biocombustibili solidi il pellet è il più costoso, i prezzi variano tra i 150 e i 200
euro/ton, ma nonostante questo, permane una certa convenienza rispetto ai
combustibili tradizionali e le ditte di produzione del pellet costituiscono un settore
in forte espansione. In Italia, la quasi totalità del pellet è bruciata in oltre 125.000
stufe ad uso domestico mentre meno del 2% viene impiegato in caldaie da
riscaldamento di maggiori dimensioni (circa 500 unità installate).
Sansa da olive
Dall’industria olearia (olio d’oliva) deriva, come scarto del ciclo di lavorazione, la
sansa, ottimo combustibile, spesso riutilizzata dagli stessi sansifici o venduta per
la produzione del calore di processo o di elettricità.
Le sanse vanno distinte tra vergini ed esauste; infatti, per fare chiarezza, il ciclo di
lavorazione tradizionale delle olive (lavaggio, molitura, gramolatura e spremitura)
da origine, oltre all’olio (20% circa), alle sanse vergini (40% circa, con umidità
compresa tra il 15 e il 50%) e all’acqua di vegetazione (40% circa, con umidità
compresa tra 85-95%).
La quantità e l’umidità delle sanse vergini varia in funzione del metodo di
spremitura adottato, per cui dai valori minimi riferibili al metodo tradizionale
(pressatura) si va a quelli massimi dovuti all’estrazione per centrifugazione.
Dalle sanse vergini, si estrae l’olio di sansa e si produce come scarto finale la
sansa esausta (umidità tra 8-15%).
L’impiego energetico delle sanse esauste è particolarmente indicato per le loro
peculiarità chimico-fisiche come l’elevato potere calorifico inferiore (4.400-4.800
kcal/kg), e la granulometria, che consente una facile movimentazione come
materiale sfuso e la possibilità di stoccaggio in cumuli senza particolari problemi. Il
prezzo medio all’ingrosso della sansa si aggira intorno ai 40-50 euro/t, ma può
variare sensibilmente in funzione della qualità, del periodo di acquisto e soprattutto
della distanza dell’utenza dal sansificio.
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Lolla del riso
La lolla rappresenta lo scarto più importante (18-20% del peso) del processo di
lavorazione del riso grezzo o risone ed è costituita dalle glume e glumette della
cariosside (frutto delle graminacee con un solo seme che in questo caso è il
chicco di riso). L’umidità della lolla è sempre molto contenuta (10-15%) poiché
viene scartata a valle del processo di essiccazione del risone; tale aspetto ne
facilita lo stoccaggio in cumulo o in silo, mentre per via della ridotta densità (120-
130 kg/m3) si rende sconveniente per motivi economici il trasporto al di fuori dei
luoghi di produzione. Per queste ragioni l’utilizzazione della lolla come
biocombustibile trova una sua convenienza nell’ambito delle imprese produttrici di
riso e non al loro esterno; non esiste quindi un mercato definito della lolla se non
per il suo impiego come materia prima per l’estrazione di silicio e furfurolo (prezzo
all’incirca di 15 euro/ton).
Vinaccia Le vinacce sono gli scarti che derivano dalle operazioni di pigiatura e torchiatura
dell’uva dell’industria enologica. Rappresentano il 15-25 % dell’uva tal quale e
sono costituite da bucce (10-20 %), raspi (3-8 %) e vinaccioli (1-6 %). Le vinacce
vengono in seguito utilizzate nel processo di distillazione o di produzione del
“vinello” e i residui che ne derivano sono rispettivamente le vinacce distillate e
quelle esauste; entrambe possono essere impiegate come combustibile (potere
calorifico inferiore circa 3.000 kcal/kg), previa adeguata essiccazione, per la
produzione di energia.
Per le vinacce esauste non esiste un mercato definito, tale scarto è disponibile in
grandi quantità (a costo nullo) presso le industrie enologiche, che ne utilizzano il
potenziale energetico limitatamente al loro fabbisogno di calore di processo.
Gusci e noccioli Dall’industria conserviera, per la produzione di succhi di frutta, confetture, frutta
sciroppata o secca sgusciata, ecc., derivano come scarti di lavorazione gusci e
- 13 -
noccioli. Seguono alcuni dati indicativi sull’incidenza degli scarti rispetto al peso
della materia prima tal quale: noccioli di pesca 15-20 %; gusci di mandorle 65-70
%; gusci di nocciole 50-60 %.
Questi scarti sono degli ottimi combustibili, sia per le loro caratteristiche
energetiche (in media circa 4.500 kcal/kg), sia per la notevole facilità di
reperimento, di trasporto e stoccaggio e le stesse industrie conserviere ne fanno
uso per la produzione di calore di processo. Anche per questi sottoprodotti non si
può parlare di un mercato consolidato, si registra comunque un crescente
interesse soprattutto per gusci (nocciole, mandorle, pinoli, ecc.) da destinare alla
combustione in caldaie ad uso domestico.
1.4.2 Tipi di utilizzo energetico dei combustibili solidi 1.4.2.1 Energia termica per usi domestici La quantificazione del consumo di legno a fini energetici in Italia è un’operazione
estremamente complessa, in quanto non esistono rilevazioni sufficientemente
attendibili, in particolare per ciò che concerne gli utilizzi domestici.
Tuttavia, va sottolineato che il mercato del calore per il riscaldamento di edifici (e
per usi industriali a piccola scala) vede già ora le biomasse lignocellulosiche in
posizione di grande competitività nei confronti dei combustibili fossili.
Nel comparto domestico, stufe, camini, caldaie e termocucine, di potenza di
qualche decina o centinaio di kW, sono correntemente commercializzate.
Negli ultimi tempi l’offerta di tecnologie di combustione ambientalmente compatibili
ha raggiunto livelli di efficienza, affidabilità e comfort del tutto simili a quelli degli
impianti tradizionali a gas o gasolio. Basti pensare che una moderna stufa o
caldaia alimentata a biomassa arriva ad avere rese prossime al 90% limitando
enormemente, rispetto ai vecchi caminetti e stufe, gli sprechi di biocombustibile e
ottimizzando il controllo sulle emissioni.
Questo mercato di nicchia per la produzione di energia termica da biomassa sta
mostrando un costante incremento, le cui cause non si limitano alla sola
- 14 -
convenienza economica, ma riguardano anche una sempre più diffusa sensibilità
della gente verso l’uso di fonti energetiche rinnovabili.
Allo stato attuale gli impianti di riscaldamento a biomassa sono caratterizzati da
alti costi di investimento, che di contro sono bilanciati da bassi costi di esercizio,
cosicché gli impianti di maggiore potenza sono generalmente più convenienti di
quelli piccoli.
La convenienza economica di un impianto di riscaldamento a biomassa si basa sui
tempi di ammortamento dell’investimento, che dipendono dal risparmio di
gasolio/gas e quindi dall’intensità d’uso dell’impianto. Attualmente, in base ai
prezzi dei combustibili per riscaldamento, il costo del kWh termico da biomassa
può essere anche di 2-3 volte inferiore a quello del gasolio.
Abitazioni di piccole dimensioni o abitate solo saltuariamente o situate in zone a
clima mite, hanno un basso fabbisogno energetico e richiedono lunghi tempi di
recupero dei costi di investimento. Viceversa abitazioni di dimensioni
relativamente grandi e abitate con continuità per tutto l’anno presentano sovente
fabbisogni annuali di calore superiori ai 50.000 kWh, equivalenti a 5.000 litri di
gasolio, 5.000 m3 di metano o 6.300 litri di gas liquido (GPL). In queste situazioni
l’impianto a biomassa può essere molto conveniente, anche in considerazione dei
minori costi unitari per gli impianti di maggiore potenza. Nel bilancio economico è
necessario valutare anche eventuali incentivi pubblici, disponibili in qualche caso
come contributi a fondo perduto, oppure come detrazioni d’imposta.
Nella pagina successiva troviamo un confronto, relativo ai costi di impianto e di
gestione, fra caldaie tradizionali e a biomassa (Tabella 1.3).
- 15 -
Tabella 1.3 Confronto fra costi per impianti a biomassa e tradizionali
1.4.2.2 Il teleriscaldamento a biomasse Una rete di teleriscaldamento alimentata a biomassa è un sistema che distribuisce
calore attraverso un fluido termovettore, acqua in pressione a 120°C, prodotta in
una centrale termica di media o grande potenza (da alcune centinaia di kW a
parecchi MW), fino ad una serie di utenze attraverso un circuito chiuso di tubature
ben isolate, con una minima dispersione di calore lungo il tragitto.
Una rete, a seconda della sua lunghezza e articolazione, può soddisfare i
fabbisogni termici (riscaldamento e acqua calda sanitaria) di numerosi edifici o
interi quartieri, previa la sostituzione delle caldaie tradizionali con scambiatori di
calore in ogni singola utenza servita.
Ogni utenza è indipendente e paga solo il calore consumato, traendone così una
serie di vantaggi perché, oltre a risparmiare sull’installazione e la manutenzione
delle singole caldaie, è esente da rischi di esplosioni o incendi all’interno delle
abitazioni.
Una rete di teleriscaldamento può produrre autonomamente energia termica con
la propria caldaia o sfruttare il calore di processo derivante da attività industriali o
di produzione dell’energia elettrica (cogenerazione).
- 16 -
I piccoli e medi impianti di teleriscaldamento garantiscono un’elevata efficienza
termodinamica, possono essere realizzati con investimenti e tempi di
ammortamento contenuti e consentono la piena valorizzazione delle risorse locali.
Il teleriscaldamento a biomassa si è molto diffuso in Italia nell’ultimo decennio, in
particolar modo nella Provincia Autonoma di Bolzano e poi in Piemonte,
Lombardia, Val d’Aosta e Provincia di Trento (Tabella 1.4). Molti di questi impianti
sono dislocati in comuni di valli alpine, dove per motivi climatici la richiesta di
energia termica si protrae per lunghi periodi dell’anno e dove inoltre si può fare
affidamento su notevoli quantità di materiale legnoso di origine prevalentemente
locale.
In tali vallate la sostituzione dei singoli impianti di riscaldamento con un unico
impianto centralizzato ed efficiente (la centrale di teleriscaldamento) ha prodotto
una serie di ricadute positive sia da un punto di vista tecnico-gestionale, sia
economico, sia ambientale, come per esempio:
• minor inquinamento: in luogo di centinaia di singoli impianti accesi vi è solo
quello della centrale, che ha la possibilità di regolare al meglio la
combustione (maggior efficienza energetica) e di utilizzare sistemi avanzati
di controllo delle emissioni;
• minori costi (escludendo i costi iniziali di impianto e predisposizione della
rete);
• sicurezza e comodità all’interno delle abitazioni: non esiste nessuna
possibilità di fughe di gas, esplosioni, incendi;
• eliminazione degli oneri di manutenzione da parte degli utenti;
• recupero a fini energetici di biomasse vegetali altrimenti destinate ad
essere conferite in discarica con costi onerosi per lo smaltimento.
Il successo del teleriscaldamento per la fornitura di calore e di acqua calda
sanitaria è testimoniato non solo dal costante incremento delle utenze servite dagli
impianti già avviati, ma anche dalla tendenza alla diffusione di nuove istallazioni
non solo nelle aree alpine, ma via via anche lungo la dorsale appenninica fino al
Mezzogiorno d’Italia.
- 17 -
Tabella 1.4 Impianti di teleriscaldamento a biomassa presenti in Italia
1.4.2.3 Energia termica per usi industriali Nel settore industriale ci sono molteplici realtà che ben si prestano alla
valorizzazione degli scarti lignocellulosici, derivanti dal loro stesso ciclo produttivo,
da riutilizzare come risorsa per la produzione di energia termica (riscaldamento,
raffrescamento, calore di processo) e anche elettrica di cui necessitano. In molti
casi le grandi imprese arrivano a disporre di quantitativi ragguardevoli di biomasse
residuali tali da consentire loro, oltre al soddisfacimento delle proprie esigenze
energetiche, la messa in rete del surplus di energia prodotta. Tale valorizzazione
determina vantaggi da un punto di vista economico, sia per il risparmio sull’energia
da acquistare o eventualmente per quella venduta, sia per la riduzione dei costi di
smaltimento dei residui prodotti.
Un altro aspetto da non trascurare è dato dal ritorno di immagine che una corretta
politica ambientale, rivolta all’uso di fonti energetiche rinnovabili, può produrre a
vantaggio dell’impresa, nei confronti dei numerosi consumatori attenti a queste
tematiche. Non è un caso che sempre più spesso le imprese rilancino i propri
prodotti con campagne promozionali che esaltano il ricorso alle FR nel processo
produttivo.
Tra le industrie che possono trarre vantaggi dall’uso di biomasse residuali
possono essere citate, a titolo di esempio, quelle di trasformazione dei prodotti
alimentari come il settore conserviero, i pastifici, le riserie, le distillerie, i sansifici,
- 18 -
ecc., oppure le industrie di prima e seconda trasformazione del legno come le
segherie, i pannellifici, i mobilifici, ecc. Per quanto concerne i settori dell’industria
del legno, da un’indagine ITABIA del 2003, emerge una produzione di scarti
legnosi di circa 6 Mton/anno, delle quali almeno 4Mton vengono impiegate a scopi
energetici (usi di processo e climatizzazione degli ambienti di lavoro).
Per una stima dei consumi di bioenergia dell’industria olearia e risaria si può
risalire a dati orientativi considerando che i residui di produzione (sanse esauste di
oliva e lolla di riso), che ammontano a quantitativi annui globali di circa 800 kton di
sostanza secca, vengono quasi per metà, assorbite nelle stesse aziende per usi
energetici e in alcuni casi vendute a centrali termoelettriche, con una possibile
estrapolazione che porta ad un contributo energetico da biomassa valutabile
intorno alle 0,2 Mtep.
Anche altri settori dell’industria agroalimentare giocano un ruolo importante
nell’utilizzo a fini energetici dei propri scarti di lavorazione, e in particolare:
• borlande e vinacce nel settore del vino e delle bevande alcoliche per il
quale si stima una produzione annua di circa 450 kton di sostanza secca;
• noccioli, gusci, bucce, ecc., del settore conserviero per il quale si stima una
produzione annua complessiva di circa 350 kton di sostanza secca.
1.4.2.4 Energia elettrica da biomasse La tecnologia più diffusa per la produzione di energia elettrica è la combustione in
caldaia di biocombustibili solidi con produzione di vapore che alimenta una turbina
accoppiata ad un alternatore per la generazione di elettricità.
Con tale ciclo la produzione di energia elettrica da biomasse è economicamente
concepibile solo in impianti di significative dimensioni, che quindi prevedano una
soglia minima dell’ordine di 1MWe, corrispondenti ad un consumo di biomassa (al
35% di umidità) pari a circa 25 tonnellate al giorno.
Il rendimento elettrico di questi impianti è generalmente dell’ordine del 25%, per
cui è fondamentale, da un punto di vista economico ed ambientale, massimizzare
il recupero del calore di processo, pari al 75% dell'energia immessa con il
- 19 -
combustibile: questo non sempre è possibile, anche considerando che le possibili
utenze termiche sono normalmente stagionali e, per motivi ambientali, non
localizzate vicino agli impianti.
Tenendo conto del costo della biomassa a bocca di impianto (mediamente
dell’ordine di 50 €/ton con tendenza alla crescita), il mancato recupero del calore
non permette interessanti risultati economici; pressoché tutti gli impianti esistenti
nel territorio nazionale sono nati grazie agli incentivi del CIP 6/92, la cui struttura
non favoriva la cogenerazione.
Gli impianti realizzati e funzionanti nel 2003 (Tabella 1.5) mostrano
complessivamente una potenza lorda, effettivamente prodotta da biomassa
vergine, di circa 312 MWe, distribuita su 31 impianti (per una potenza media di
circa 10 MWe ad impianto), corrispondente ad un consumo teorico annuale di
biomassa pari a circa 3.500.000 tonnellate, nell' ipotesi di un funzionamento medio
annuo di 7.500 ore per ogni impianto, ed una produzione elettrica di 1,7 TWh.
Sono esclusi dall’elenco tutti gli impianti di minima dimensione, nonché quelli che
riutilizzano per autoconsumo aziendale l’energia elettrica prodotta.
Tabella 1.5 Impianti di produzione di energia elettrica da biomasse in Italia.
- 20 -
Negli anni recenti sono stati proposti un po’ in tutta Italia numerosi altri progetti di
impianti termoelettrici alimentati con biomasse, di taglia fino a 20-30 MWe.
Impianti di queste dimensioni richiedono ciascuno circa 200.000–300.000
tonnellate all’anno di combustibile vegetale, quantità che dovrebbero essere
reperite il più possibile localmente, entro un raggio di alcune decine di km dalla
centrale. In termini economici questo corrisponde a un giro di affari indotto nel
settore agro-forestale di circa 10-15 milioni di Euro per ogni impianto. La biomassa
teoricamente disponibile in Italia potrebbe consentire la realizzazione di alcune
decine di centrali di questo tipo. Tuttavia occorrerà che la filiera si organizzi con le
necessarie infrastrutture per raccolta, trasporto, condizionamento e stoccaggio.
Nella Figura 1.1 vengono riproposti i diversi tipi di biomasse e le loro utilizzazioni a
fini energetici.
Figura 1.1 Filiera biocombustibili solidi
- 21 -
1.4.3 Biocombustibili liquidi
1.4.3.1 Biodiesel Il biodiesel si ottiene dal processo di esterificazione degli oli vegetali e anche da oli
vegetali rigenerati. Ad oggi l’industria italiana produce circa il 20% del biodiesel
prodotto in tutta Europa. A tale scopo vengono utilizzati oli vegetali, derivanti
prevalentemente da colza, girasole e soia, che solo per 1/3 circa sono di origine
nazionale (l’olio di colza viene importato da Francia e Germania).
Da un punto di vista ambientale l’uso del biodiesel offre, se paragonato al gasolio,
una serie di vantaggi tra cui:
• riduzione delle emissioni di CO2 (dall’analisi del ciclo di vita risulta che per
ogni kg di gasolio sostituito si ha un risparmio di 2,5 kg di CO2 emessa);
• migliore combustione per una maggiore presenza di ossigeno nella
molecola;
• assenza di idrocarburi policiclici aromatici;
• assenza di zolfo;
• minore produzione di particolato fino (PM10);
• minore emissione di composti aromatici (cancerogeni);
• totale biodegradabilità.
Per quanto concerne il prezzo del biodiesel bisogna dire che, per effetto degli
elevati costi di produzione (l’olio vegetale rappresenta l’80% del valore del
prodotto finito), di stoccaggio delle materie prime e di distribuzione finale, la
competitività con il gasolio è possibile solo se compensata dall’esenzione d’accisa.
Nella Figura 1.2 è illustrato il processo di produzione del biodiesel.
- 22 -
Figura 1.2 Filiera del biodiesel
Il mercato di impiego del prodotto si è andato rapidamente evolvendo negli ultimi
anni; mentre in passato la maggior parte del biodiesel andava verso il mercato del
riscaldamento domestico, sia puro che in miscela con gasolio, ora è forte la
crescita della miscelazione al 5% nel gasolio per autotrazione, in coincidenza con
l’immissione sul mercato di gasolio a basso contenuto di zolfo, nel quale il
biodiesel esalta le proprie caratteristiche lubrificanti.
Secondo Assobiodiesel il mercato si sta sviluppando con le quantità indicate in
Tabella 1.6.
La stessa fonte stima in circa 4.000 i veicoli alimentati con continuità con miscele
al 20-30% mentre sarebbero oltre 3.000 gli edifici riscaldati esclusivamente con
biodiesel; la quantità di gasolio per auto, senza zolfo additivato, con biodiesel,
ammonterebbe a circa 5 Mt.
- 23 -
Tab 1.6 Utilizzo del biodiesel in Italia
1.4.3.2 Bioetanolo Il bioetanolo è una fonte energetica rinnovabile che può essere utilizzata come
carburante o più propriamente come materia prima per additivi per la benzina
come l’ETBE (Etil-terz-butiletere, analogo al Metil-terz-butil-etere attualmente in
uso nel carburante senza piombo).
Esso può essere prodotto per via fermentativa a partire da biomasse vegetali che
secondo la loro natura possono essere classificate in tre tipologie distinte:
• materiali zuccherini: barbabietola, topinambur, sorgo zuccherino, ecc.;
• materiali amidacei: grano, mais, orzo, sorgo da granella, patata, ecc.;
• materiali lignocellulosici: paglia, stocchi del mais, scarti legnosi, ecc. (per
questi materiali serve un’idrolisi della cellulosa che richiede reazioni
chimiche di una certa complessità).
Allo stato attuale in Italia esistono circa 60 distillerie attive nella trasformazione in
alcool di prodotti vegetali, parzialmente derivanti da interventi pubblici di ritiro di
prodotti eccedentari; buona parte dell’alcool prodotto è destinato al mercato
alimentare. Alcune di tali distillerie sono in grado di produrre alcool anidro
destinabile al mercato energetico e alla produzione di ETBE.
Nella Figura 1.3 viene illustrato il processo produttivo del bioetanolo.
- 24 -
Figura 1.3 Filiera del bioetanolo
1.4.4 Biogas da digestione anaerobica La digestione anaerobica è un processo biologico complesso per mezzo del quale,
in assenza di ossigeno, la sostanza organica viene trasformata in biogas,
costituito principalmente da metano e anidride carbonica.
La percentuale di metano nel biogas varia a secondo del tipo di sostanza organica
digerita e delle condizioni di processo, da un minimo del 50% fino all’80% circa.
La digestione anaerobica ha come finalità quasi esclusiva la riduzione del carico
organico inquinante presente in numerosi tipi di reflui.
Il biogas quindi è considerato un sottoprodotto del trattamento di depurazione di
tali reflui, impossibile da commercializzare per gli alti costi e per numerosi altri
problemi che comporterebbe una sua immissione in una rete di gasdotti o nello
stoccaggio in bombole.
Spesso viene bruciato in torcia senza recupero di energia, ma si sta diffondendo il
suo impiego per coprire in parte i carichi termici dell’azienda o di un consorzio di
aziende, o per produrre energia elettrica.
- 25 -
Di seguito viene descritta la situazione degli impianti per la produzione di biogas in
Italia.
1.4.4.1 Gli impianti di digestione anaerobica di liquami zootecnici Nel 1999, 72 impianti di digestione anaerobica trattavano liquami zootecnici in
Italia, di cui 5 centralizzati e 67 aziendali. La quasi totalità degli impianti è localizzata nelle Regioni del Nord (39 in Lombardia, 7 in Emilia-Romagna, 12 in
Trentino-Alto Adige).
La maggior parte degli impianti operano con liquame suino; solamente 12 impianti
aziendali, tutti localizzati nella Provincia di Bolzano, e due centralizzati trattano
liquame bovino. Sono ancora pochi gli impianti che trattano miscele di più reflui,
non solo zootecnici: negli impianti centralizzati vengono trattati anche fanghi di
depurazione, reflui dell'agroindustria, in particolare, acque di vegetazione
dell'industria olearia, e rifiuti organici domestici, derivanti da raccolta differenziata
dei rifiuti urbani. Nella maggior parte degli impianti aziendali dell'Alto Adige
vengono trattati con i liquami bovini anche scarti organici domestici e della
ristorazione. Tra gli impianti aziendali prevalgono quelli di tipo semplificato e a
basso costo, realizzati sovrapponendo una copertura di materiale plastico ad una
vasca o laguna di stoccaggio dei liquami. Questi impianti operano “a freddo” o a
temperatura più o meno controllata.
Da un’indagine condotta presso le ditte che producono questo genere di impianti
deriva che circa altri 30 impianti sarebbero stati realizzati dal 1999 al 2003.
Relativamente all'uso del biogas, la cogenerazione (produzione combinata di
calore ed energia elettrica) è prevalente: in tutti gli impianti centralizzati e in 40
impianti aziendali sono installati cogeneratori; in 21 impianti, in genere annessi a
caseifici per la produzione di Grana Padano o Parmigiano-Reggiano, il biogas
viene bruciato direttamente in caldaia.
- 26 -
1.4.4.2 Il trattamento anaerobico di altre biomasse di scarto Anche in Italia, come nel resto d’Europa, i digestori anaerobici sono diffusi nella
stabilizzazione dei fanghi di supero dei depuratori delle acque reflue urbane.
Un’indagine svolta nel 2000 ha individuato circa 120 digestori anaerobici operanti
in altrettanti impianti di depurazione di reflui urbani, con una potenzialità di
trattamento delle acque reflue di circa 21,5 milioni di abitanti equivalenti.
1.4.4.3 Il recupero di biogas dalle discariche Una spinta alla realizzazione di impianti per la generazione di energia elettrica con
il biogas captato dalle discariche per rifiuti urbani è venuta dal provvedimento Cip
6/92, sulla base del quale sono stati autorizzati impianti per circa 100 MW. Dati di
provenienza GRTN (Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale), individuano
89 impianti di questo genere operativi in discariche italiane per un totale di circa
128 MW di potenza installata e una produzione di energia elettrica di circa 566
GWh per anno.
La potenzialità teorica complessiva lorda di tutte le discariche italiane sfiorerebbe i
1.000MW. In realtà solo una frazione di questa, stimabile in circa il 30%, può
essere utilizzata per fini energetici. Poiché gran parte di questa potenzialità è
concentrata in discariche medie e grandi, appare realizzabile un obiettivo di 200-
300MW al 2008-2012.
Nella figura 1.4 possiamo vedere il processo produttivo del biogas.
- 27 -
Figura 1.4 Filiera del biogas
- 28 -
Capitolo 2
Stato dell’arte: produzione di energia da fonti rinnovabili
2.1 Quadro internazionale Nel 2003 le fonti energetiche rinnovabili, con una produzione di energia
equivalente a 1.404 Mtep, coprivano a livello mondiale il 13,3% dell’offerta totale di
energia primaria, pari a 10.579 Mtep (fonte IEA). Nello stesso anno l’offerta di
energia primaria nel mondo è stata soddisfatta per il 34,4% dal petrolio, per il
24,4% dal carbone, per il 21,2% dal gas naturale e per il 6,5% dal nucleare (Figura
2.1). Sul totale dell’energia prodotta da fonti rinnovabili le biomasse solide
costituiscono la parte preponderante, con il 79,9% della produzione, grazie al
diffuso utilizzo di biomasse non commerciali (soprattutto paglia, legno e rifiuti
animali) nei Paesi in via di sviluppo (Figura 2.2).
Figura 2.1 Offerta di energia primaria nel mondo.
- 29 -
Figura 2.2 Quote di produzione di energia da fonti rinnovabili nel mondo.
Tra le altre fonti l’idroelettrico rappresenta il 16,2% del totale della produzione da
rinnovabili e la geotermia circa il 3%, mentre solare ed eolico costituiscono
complessivamente lo 0,7% della produzione.
Complessivamente, dal 1990 la produzione di energia da fonti rinnovabili è
cresciuta ad un tasso annuo dell’1,8%, leggermente superiore al tasso di crescita
annuo dell’offerta di energia primaria (TPES, Total Prymary Energy Supply, in
Figura 2.3) che, nello stesso arco di tempo, è stato dell’1,6%. Figura 2.3 Crescita media annua della produzione di energia da fonti energetiche rinnovabili nel mondo. Anni 1999-2003 (valori percentuali)
- 30 -
In valori percentuali la crescita più significativa di produzione da rinnovabili è
quella fatta rilevare dalla fonte eolica che, pur rimanendo su valori assoluti molto
bassi, ha segnato una media annuale di crescita dal 1990 al 2003 pari al 23,9%,
dovuta essenzialmente alle nuove installazioni nei Paesi sviluppati dell’OECD
(Organisation for Economic Co-operation and Development, organismo che
annovera fra i suoi membri 30 paesi la cui prerogativa è quella di avere governi
democratici e libero mercato).
La produzione di energia da biomasse solide, che rappresenta invece la quota più
elevata di produzione da rinnovabili, ha segnato il più basso tasso di crescita, pari
all’1,6%, di poco superiore a quello dell’offerta totale di energia primaria e
attribuibile in modo uniforme ai Paesi OECD e non-OECD.
Si attesta sull’1,6% anche la crescita media della produzione di energia da fonte
idroelettrica con una netta prevalenza dei Paesi non-OECD, in particolare in Paesi
asiatici come Cina e Vietnam, e dell’America Latina come Brasile, Argentina e
Paraguay, che con il 2,8% di aumento, dal 1990 al 2003, hanno compensato lo
0,4% di crescita registrato nei Paesi OECD.
Tale tendenza dovrebbe confermarsi nel futuro, tenuto conto che i grandi impianti
che sono stati realizzati nei Paesi più industrializzati nel secolo scorso, hanno
fortemente ridotto il potenziale residuo ancora utilizzabile in modo compatibile con
l’ambiente.
Quasi il 90% della biomassa solida è prodotta e consumata, prevalentemente per
il riscaldamento e la cottura dei cibi, nei Paesi non-OECD, in particolare nei Paesi
in via di sviluppo del sud dell’Asia e dell’Africa sub-sahariana; mentre nei Paesi più
industrializzati si verifica un ricorso sempre più limitato a tale fonte per lasciare
spazio a nuove forme di energia.
- 31 -
In ragione dell’elevato ricorso alla biomassa solida per usi energetici, i Paesi non-
OECD sono i maggiori utilizzatori delle fonti rinnovabili con una percentuale, nel
2003, pari al 78,3% della domanda totale di energia primaria.
D’altra parte i Paesi OECD forniscono solo il 21,7% delle rinnovabili a livello
mondiale mentre consumano il 51% dell’offerta mondiale di energia.
Di conseguenza, come si vede in Figura 2.4, mentre le rinnovabili rappresentano
nei Paesi OECD solo il 5,6% della fornitura totale di energia, questa percentuale
supera il 21,2% nei Paesi non-OECD e arriva al 50% nel continente africano. Figura 2.4 Quota da rinnovabili per area sulla fornitura totale di energia.
.
La percentuale più elevata di energia dalle nuove fonti rinnovabili è invece fornita
dai Paesi OECD dove, nel 2003, si è prodotto l’85,6% dell’energia prodotta
complessivamente attraverso il solare, l’eolico e le maree.
Mentre nei Paesi OECD, oltre la metà dell’energia fornita da fonti rinnovabili è
destinata alla generazione elettrica, a livello mondiale il grosso della produzione
da rinnovabili è destinato ai settori residenziale e terziario e l’utilizzo per la
generazione elettrica è limitato a poco più del 20%. Nonostante ciò, le rinnovabili
costituiscono la terza grande fonte di produzione di energia elettrica a livello
- 32 -
mondiale, con una quota di quasi il 18% contro poco più del 19% del gas naturale
e quasi il 40% del carbone (vedi Figura 2.5).
Nel settore della generazione elettrica, l’idroelettrico, con circa il 16% della quota
della produzione totale, ha coperto nel 2003 oltre il 90% dell’energia elettrica
complessivamente fornita dalle rinnovabili. A fronte di un tasso di crescita della
generazione elettrica mondiale che, tra il 1990 e il 2003, è stato del 2,7%, la
produzione di energia elettrica da rinnovabili, si è attestata sull’1,9%; ciò ha
comportato una riduzione della quota da rinnovabili dal 19,5% del 1990 al 17,6%
del 2003. Figura 2.5 Contributo percentuale per fonte alla produzione di energia elettrica nel mondo.
Tale riduzione risente soprattutto dei dati di produzione elettrica dei Paesi OECD,
responsabili, per una buona metà, della produzione mondiale di energia elettrica
da fonte rinnovabile. In questi Paesi, infatti, la crescita della produzione da
rinnovabili è stata ben al di sotto della crescita della produzione totale,
attestandosi sullo 0,9%, a fronte di una crescita della generazione elettrica totale
pari al 2,1%.
Nei Paesi non-OECD l’aumento della produzione elettrica da rinnovabili, pari a
circa il 3%, è stato invece di poco inferiore al tasso di crescita della generazione
elettrica totale che nel 2003 è arrivato al 3,7%. Tale crescita, superiore di oltre un
- 33 -
punto percentuale a quella dei Paesi OECD, è stata determinata dal forte impulso
alla domanda di energia elettrica proveniente dalle economie in fase di sviluppo
dell’Asia e dell’Africa.
2.1.1 L’Italia nel contesto internazionale Facendo sempre ricorso ai dati IEA relativi al 2003 è possibile confrontare i dati
sull’Italia con quelli della media mondiale, dei Paesi dell’UE 15 e dell’OECD.
E’ importante sottolineare che molte delle discrepanze che si rilevano fra i dati
prodotti dall’IEA e quelli prodotti da altri istituti statistici sono riconducibili alla
metodologia di calcolo ed ai fattori di conversione utilizzati per ricondurre le
quantità fisiche (tonnellate, metri cubi, kWh) di energia utilizzata al loro
equivalente calorico. Questo problema è particolarmente rilevante per la
conversione dell’elettricità (in kWh) prodotta da fonti rinnovabili o da nucleare.
L’IEA utilizza il metodo del contenuto fisico di energia ma ipotizzando per l’energia
nucleare un’efficienza di trasformazione dell’energia primaria in elettricità pari al
33%, per l’idroelettrico, l’eolico ed il fotovoltaico un’efficienza del 100%, per la
geotermia un’efficienza del 10%.
La quota sul totale dell’offerta di energia primaria di energia prodotta da fonti
rinnovabili presenta nel 2003 per l’Italia un valore (5,6%) che è allineato con le
medie relative ai Paesi dell’UE 15 (5,8%) e dell’OECD (5,6%). Molto maggiore
(13,3%) risulta invece il valore mondiale medio a causa dell’elevato ricorso che si
fa della biomassa per usi energetici nei Paesi non-OECD (Figura 2.6).
- 34 -
Figura 2.6 Contributo % delle FR all’offerta di energia primaria per regione geografica
Il contributo percentuale delle rinnovabili alla generazione elettrica presenta invece
per l’Italia valori che superano la media dei Paesi UE 15 e OECD, avvicinandosi
alla media mondiale in virtù della forte incidenza che presenta nel nostro paese la
produzione da fonte idroelettrica (Figura 2.7).
Figura 2.7 Contributo delle rinnovabili alla generazione elettrica per area geografica
Per quanto riguarda il contributo delle diverse fonti alla generazione elettrica da
rinnovabili in Italia e nei Paesi dell’UE15, dal confronto emergono le specificità
della situazione italiana.
- 35 -
Queste riguardano non solo la maggiore incidenza dell’idroelettrico, quasi l’80% in
Italia contro il 73% della media dei Paesi UE 15, ma soprattutto la minore
incidenza dell’energia da biomassa e rifiuti, in Italia pari a circa l’8%, pari a quasi
la metà della media UE 15; nonché dell’energia da eolico e solare fotovoltaico,
pari al 3%, con valori inferiori a un terzo della media UE 15 (Figura 2.8).
Figura 2.8 Contributo percentuale delle rinnovabili alla generazione elettrica in UE 15 (Elaborazione su dati IEA 2004)
2.2 Energia da fonti rinnovabili in Italia Nel 2004 le fonti rinnovabili di energia hanno contribuito complessivamente al
consumo interno lordo italiano per una percentuale di poco superiore al 7% (CIL:
somma dei quantitativi di fonti primarie prodotte, di fonti primarie e secondarie
importate e della variazione delle scorte di fonti primarie e secondarie presso
produttori e importatori, diminuita delle fonti primarie e secondarie esportate) vedi
Figura 2.9.
D’altra parte, considerato l’elevato tasso di dipendenza energetica dall’estero, le
fonti rinnovabili costituiscono, con il 45% circa della produzione interna totale di
energia, la principale fonte di energia endogena.
- 36 -
Figura 2.9 Consumo interno lordo per fonte di energia
In Figura 2.10 è riportato l’andamento negli ultimi cinque anni del contributo delle
diverse fonti al bilancio energetico nazionale. Si rileva una crescita contenuta del
contributo da fonti rinnovabili mentre appare evidente il minor ricorso ai prodotti
petroliferi, a vantaggio del gas naturale e, in piccola misura, anche dei combustibili
solidi. Figura 2.10 Consumo Interno Lordo di energia per fonte (Mtep). Anni 2000-2004
- 37 -
In Tabella 2.1 sono riportati i dati elaborati dall’ENEA relativi alla produzione di
energia da fonti rinnovabili negli anni 2000-2004.
Si noti come l’incremento percentualmente più significativo, pur restando su valori
assoluti molto bassi, provenga da fonti quali l’eolico, il fotovoltaico, i rifiuti e le
biomasse che passano, sul totale delle rinnovabili, da poco più del 14% del 2000
al quasi 26% del 2004. Tabella 2.1 Energia da rinnovabili in equivalente fossile sostituito (ktep). Anni 2000-2004
La Figura 2.11 mostra il contributo energetico, in termini di ktep di energia primaria
sostituita, fornito negli anni 2000-2004 da alcune tipologie di fonti rinnovabili.
Si vede come l’idroelettrico, che fornisce la quota più rilevante, sia caratterizzato
da una forte fluttuazione da attribuire a fattori di idricità, mentre la geotermia
mostra un aumento intorno al 10% sull’intero periodo.
Per quanto riguarda le altre rinnovabili si evidenzia il buon incremento della
produzione da biomassa e rifiuti, comunque attestata su valori ancora molto
lontani da quelli tipici dei Paesi europei, mentre la produzione complessiva da
eolico e fotovoltaico non ha subito incrementi apprezzabili alla scala del grafico.
- 38 -
Figura 2.11 Produzione di energia da rinnovabili in Italia. Anni 2000-2004 (ktep).
2.3 Energia elettrica da fonti rinnovabili in Italia La produzione di energia elettrica da rinnovabili ammonta nel 2004 a quasi 56
TWh, pari al 16% del consumo interno lordo (CIL) di energia elettrica; il consumo
interno lordo è uguale alla produzione nazionale di elettricità, compreso
l’autoconsumo, più il saldo degli scambi con l’estero.
Rispetto al 2003, si assiste ad un aumento medio della produzione di elettricità da
rinnovabili di oltre il 16% (Tabella 2.2).
Tabella 2.2 Energia elettrica da fonti rinnovabili (GWh). Anni 2000-2004
- 39 -
Oltre il 75% della produzione da rinnovabili proviene dall’idroelettrico; geotermia e
biomasse (inclusi RSU) contribuiscono entrambe per circa il 10%, l’eolico per il 3%
e il fotovoltaico solo per lo 0,05% (Figura 2.12 e 2.13). La Figura 2.14 mostra il
confronto fra la produzione totale di energia elettrica in Italia e la quota parte
ricavata da fonti rinnovabili, nel decennio 1994-2004.
Figura 2.12 Produzione di elettricità per fonte rinnovabile (percentuali). Italia 2004
- 40 -
Figura 2.13 Dati GRTN Andamento della produzione lorda da fonte rinnovabile in Italia dal 1994 al 2004 (GWh)
- 41 -
Figura 2.14 Dati GRTN Confronto tra la produzione rinnovabile lorda e la produzione totale di energia elettrica in Italia dal 1994 al 2004 (GWh)
- 42 -
2.4 Uno sguardo alla nostra regione: energia elettrica da biomasse in Puglia Concentriamo, ora, la nostra attenzione sul ruolo della regione Puglia nel
panorama nazionale, relativamente alla produzione di energia elettrica da fonti
rinnovabili, ed in particolare da biomasse.
La Puglia nel 2004 ha fornito energia elettrica da FR pari a 803,6 GWh,
corrispondenti all’ 1,4% su base nazionale (vedi Figura 2.15).
Di questi 803,6 GWh, 545 GWh provengono da fonte eolica (pari quasi al 30%
della produzione eolica nazionale), appena 0,5 GWh da fonte fotovoltaica (da
questo dato sono però esclusi i “tetti fotovoltaici”, il cui contributo a livello
nazionale è di 27 GWh, stima ENEA 2004), e i restanti 258,1 GWh sono prodotti
da biomasse, il 4,6% su scala nazionale (vedi Figura 2.16).
Se andiamo a sezionare il contributo da biomasse, osserviamo che la regione
Puglia produce lo 0,5% dell’energia elettrica nazionale derivante da RSU, il 4,6%
di quella derivante da biogas e ben l’ 8,9% di quella ottenuta da residui
agroindustriali (vedi Figura 2.17).
- 43 -
Figura 2.15 Dati GRTN Produzione lorda degli impianti da fonte rinnovabile in Italia nel 2004
- 44 -
Figura 2.16 Dati GRTN Produzione lorda degli impianti da fonte rinnovabile in Italia nel 2004
- 45 -
Figura 2.17 Dati GRTN Quota percentuale della produzione lorda e ore di utilizzazione degli impianti a Biomasse e Rifiuti in Italia nel 2004
- 46 -
2.4.1 Impianti a biomasse in Puglia Dal “Bollettino per l’anno 2004”, pubblicato dal GRTN, si rileva l’esistenza, nella
regione Puglia, di 8 impianti qualificati IAFR, per una potenza installata di 62 MW.
Gli impianti IAFR, la cui sigla sta per Impianti Alimentati a Fonti Rinnovabili, sono
certificati tali dal GRTN, e costituiscono quegli impianti autorizzati a richiedere i
Certificati Verdi di cui si parlerà più approfonditamente nei prossimi paragrafi.
Nella tabella successiva troviamo l’elenco degli otto impianti menzionati. Dati GRTN Elenco impianti qualificati IAFR in esercizio al 30/06/2005
N. IAFR DENOMINAZIONE INPIANTO PROVINCIA FONTE
1021 MONOPOLI Bari Biomasse e rifiuti
1121 BAIONE Bari Biomasse e rifiuti
162 BRINDISI Brindisi Biomasse e rifiuti
115 COPERSALENTO 3 Lecce Biomasse e rifiuti
118 COPERSALENTO 2 Lecce Biomasse e rifiuti
1081 CASTELLINO Lecce Biomasse e rifiuti
394 R.S.U CITTA’ DI TARANTO Taranto Biomasse e rifiuti
1091 CONSOLE Taranto Biomasse e rifiuti
2.5 Le previsioni di sviluppo dell’uso di biomasse a fini energetici. Gli obiettivi di sviluppo della bioenergia si inquadrano nell’ottica di soddisfare gli
impegni internazionali assunti dall’Italia nell’ambito del Protocollo di Kyoto per la
riduzione delle emissioni di gas serra. Inoltre, e sempre di più, lo stimolo a
realizzare questi programmi nasce dalla necessità di svincolare il mercato
dell’energia in Italia dalla dipendenza dall’uso di combustibili fossili che, per il 90%,
sono importati. A livello europeo le FR contribuiscono con circa 120 Mtep/anno, di
cui circa 1/3 è costituito da biomasse. La Tabella 2.3 riporta le stime più attendibili
e le proiezioni future.
- 47 -
Tabella 2.3 Consumi energetici da fonti rinnovabili nell’ Unione Europea
Negli ultimi anni ’90 sono stati delineati degli obiettivi di incremento dell’uso di
biomasse nell’ambito di tre documenti programmatici che ancora oggi fungono da
linee guida a livello nazionale:
• il Programma Nazionale Energia Rinnovabile da Biomasse (PNERB);
• il Programma Nazionale per la Valorizzazione delle Biomasse Agricole e
Forestali (PNVBAF);
• il Libro Bianco per la Valorizzazione Energetica delle Fonti Rinnovabili.
Da un punto di vista generale il Libro Bianco prevede un incremento delle
biomasse, dal ’97 al 2008-12, d’oltre 3 volte, mentre il PNERB, per lo stesso
periodo, stima una crescita appena superiore a 2,5 volte, che viene confermata
dal PNVBAF.
In particolare le prospettive quantificate nel Libro Bianco prevedevano per il 2008-
2012 una produzione dalle biomasse di energia elettrica e termica pari a circa 5,7
milioni di tep secondo la tendenza riportata nella tabella 2.4.
Tabella 2.4 Situazione della produzione di energia da biomasse al 1997 e previsioni al 2008-2012 (secondo il Libro Bianco)
- 48 -
In realtà, rispetto alle previsioni fatte nei citati documenti di programmazione, il
ritardo che si sta verificando è notevole, non solo per la bioenergia, ma anche per
tutte le altre fonti energetiche rinnovabili (FR). Per farsi un’idea di tale divario si
vedano le figure 2.18 e 2.19, riferite rispettivamente alle biomasse e all’intero
settore delle fonti rinnovabili di energia.
La forbice tra le tendenze attuali e gli obiettivi attesi tende rapidamente a crescere,
allontanando nel tempo il loro raggiungimento, ciò dimostra la necessità di più
incisive azioni per dare un sensibile impulso allo sviluppo delle FR.
Figura 2.18 Elaborazione ITABIA Tendenza di crescita della bioenergia in Italia
Figura 2.19 Elaborazione ITABIA Tendenza di crescita delle FR in Italia
- 49 -
2.6 Incentivi all’utilizzo della biomassa per la produzione di energia La concretizzazione degli obiettivi e delle strategie messe a punto a livello di
programmazione, si esplica attraverso l’emanazione di incentivi in grado di
stimolare le imprese e i cittadini a riconvertire tutto o parte dei propri consumi
verso le FR e, in particolare, le biomasse.
Gli incentivi possono essere di tipo economico o anche limitarsi a semplificazioni
amministrative; gli aiuti economici si dividono a loro volta in diretti (contributi,
finanziamenti, ecc.) o indiretti (defiscalizzazioni, detraibilità, ecc.), entrambi
comunque tendenti a ridurre il differenziale di costo tra fonte tradizionale e
rinnovabile, valorizzando la componente ambientale di quest’ultima.
Sia pure in maniera non del tutto omogenea, sussistono in Italia incentivi
pressoché per tutte le filiere connesse alla bioenergia.
Vediamo, in particolare, quelli connessi alla produzione di energia elettrica.
CIP 6 Provvedimento n. 6/92 del CIP (Comitato Interministeriale Prezzi) relativo
all'incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Ha
determinato le tariffe ed i contributi relativi alla produzione e cessione ad ENEL di
energia da fonti convenzionali, rinnovabili ed assimilate.
Certificati Verdi Il sistema di incentivazione della produzione di energia verde, introdotto nell’art. 11
del D. Lgs. 79/99 (Decreto Bersani), prevede il superamento del vecchio criterio di
incentivazione tariffaria CIP 6, per passare ad un meccanismo di mercato
competitivo basato sui Certificati Verdi (CV), titoli emessi dal Gestore della Rete di
Trasmissione Nazionale (GRTN), che certificano la produzione di energia da fonti
rinnovabili. Ogni Certificato Verde attesta la produzione di 50 MWh, nell’arco
dell’anno di emissione (all’inizio il decreto prevedeva 1 CV ogni 100 MWh).
Nel mercato dei CV la domanda è costituita dall’obbligo, per i produttori ed
importatori di energia, di immettere annualmente una quota, inizialmente pari al
- 50 -
2%, di energia prodotta da fonti energetiche rinnovabili, di quanto prodotto e/o
importato da fonti convenzionali nell’anno precedente. L’offerta è costituita dai CV
emessi a favore di impianti privati che hanno ottenuto la qualificazione da parte del
GRTN (garanzia di origine IAFR, Impianto Alimentato a Fonti Rinnovabili), così
come da quelli che il GRTN emette a proprio favore a fronte dell’energia prodotta
dagli impianti CIP 6.
Per l’anno 2002 il valore della domanda è stata pari a 3,23 TWh, riferita a 35
operatori soggetti a questo obbligo, mentre l’offerta è stata di 0,9 TWh. La
domanda residua (2,33TWh) corrispondente, nel 2002, a 23.300 certificati è stata
coperta da quelli a disposizione del GRTN.
Per l’anno 2003 il valore della domanda è stata pari a 3,46 TWh, riferita a 42
operatori soggetti a questo obbligo, mentre l’offerta è stata di 1,3 TWh. La
domanda residua (2,16 TWh) corrispondente a 21.600 certificati è stata coperta lo
stesso da quelli a disposizione del GRTN.
I certificati danno un valore unico al kWh "verde" prodotto, a prescindere dalla
fonte utilizzata; ciò provoca uno svantaggio per la biomassa rispetto alle altre FR
che hanno costi di approvvigionamento nulli.
Infatti, il sistema dei CV, avviato con il Decreto Bersani, non presentava
diversificazioni di incentivazione tra le diverse fonti energetiche. L’esperienza
maturata nello sviluppo dei progetti in questo settore ha evidenziato come il
sistema risultava essere asimmetrico, sostenendo in maniera efficiente alcune
fonti, come quella eolica, e rendendo d’altra parte difficoltosa la realizzazione di
impianti che sfruttano risorse e tecnologie poco competitive quali la biomassa e il
solare termico e fotovoltaico.
In tale ottica, il Decreto Legislativo 387/2003, emanato in attuazione della Direttiva
Europea 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da FR,
cerca di fornire una risoluzione valida al problema, promuovendo uno sviluppo
sostenibile e uniforme dei progetti attraverso strumenti specifici di sostegno.
- 51 -
Il Decreto Legislativo potenzia il sistema dei Certificati Verdi incrementando la
quota d’obbligo minima del 2%: la percentuale di energia elettrica da fonte
rinnovabile che deve essere immessa nel sistema elettrico nazionale, viene
incrementata annualmente di un fattore 0.35% nel periodo 2004-2006.
Successivamente il Ministero delle Attività Produttive dovrà stabilire ulteriori
incrementi per i trienni 2007-2009 e 2010-2012.
La durata attuale dei CV è di 8 anni.
E’ prevista un’ulteriore estensione per altri 4 anni (solo, però, sul 60% della
produzione), per quegli impianti che non hanno usufruito di alcun tipo di incentivo
pubblico.
Il prezzo di riferimento dei CV è stabilito periodicamente dal GRTN ed è pari alla
differenza tra il costo medio dell’energia CIP6, prodotta da impianti alimentati a
FR, ed il ricavo derivante dalla vendita dell’energia CIP6.
Per l’anno 2005 il prezzo di offerta è stato di 10,892 c€ per kWh.
Certificati Bianchi Nell’ambito della vigente legislazione per il risparmio e l’efficienza energetica e per
lo sviluppo delle FR, sono stati emanati nel 2001 due Decreti dell’allora Ministero
dell’Industria di concerto con il Ministero dell’Ambiente (DM Ministero Industria
24/04/01), al fine di individuare rispettivamente:
• gli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico ed utilizzo di fonti
rinnovabili nel settore della distribuzione del gas naturale;
• gli obiettivi quantitativi nazionali di incremento dell’efficienza energetica
negli usi finali nel settore della distribuzione dell’energia elettrica.
Tali decreti istituiscono un meccanismo innovativo, che prevede l’emissione, da
parte dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas (AEEG), di “Titoli di efficienza
energetica” a fronte dei risparmi energetici conseguiti, verificati e certificati
dall’Autorità stessa.
- 52 -
A differenza dei Certificati Verdi i titoli rappresentano quindi delle unità di energia
primaria risparmiate, anziché prodotte.
Le caratteristiche peculiari dei Titoli sono:
• dimensione, pari a 1tep di energia risparmiata;
• negoziabilità, attraverso contratti bilaterali o nel mercato organizzato dal
Gestore del Mercato Elettrico;
• validità per 5 anni;
• bancabilità, ossia accumulabilità e utilizzabilità nell’arco temporale della loro
validità.
Il meccanismo è stato rivolto verso le imprese di distribuzione dell’energia e del
gas con più di 100.000 clienti, con un contributo agli obiettivi complessivi in base
al rapporto tra l’energia distribuita ai clienti finali connessi alla propria rete e
l’energia complessivamente distribuita sul territorio nazionale. Almeno il 50% del
risparmio energetico deve essere conseguito attraverso una corrispondente
riduzione dei consumi.
I soggetti che realizzano i risparmi possono essere:
• le società di distribuzione stesse mediante azioni dirette;
• società controllate dalle stesse società di distribuzione;
• le società operanti nel settore dei servizi energetici (Energy Service
Companies- ESCO), comprese le imprese artigiane e consortili.
I Decreti elencano una serie di tipologie di interventi e misure per il conseguimento
del risparmio e dell’efficienza energetica, alcuni dei quali fanno riferimento diretto
all’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili tra cui le biomasse
Renewable Energy Certificares System (RECS) Il sistema RECS prende spunto dalla Direttiva Europea n. 92 del 1996 che fissa le
norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica. Questo sistema è volto
al riconoscimento ed al sostegno economico del valore ambientale dell’energia
elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Il GRTN insieme ad altri
operatori, produttori e distributori, italiani ed europei, partecipa al sistema RECS.
- 53 -
Il sistema si basa sull’emissione di certificati, denominati RECS, che attestano la
produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili per una quota
minima pari ad 1 MWh, nell’arco dell’anno di emissione. Rispetto ai Certificati
Verdi, i RECS possono essere emessi a favore di:
• impianti entrati in esercizio prima del 1999;
• impianti che non raggiungono produzioni annue pari o superiori a 50 MWh,
necessari per i CV;
• impianti che hanno eccedenze di produzione, inferiori a 50 MWh, non
certificabili con i CV.
L’obiettivo è di creare un mercato trasparente ed efficiente regolato su organismi e
sistemi europei, da utilizzare come modello per la realizzazione di un commercio
internazionale dei Certificati Verdi.
Il relativo mercato di scambio è volontario, i produttori attraverso traders,
commercializzano i RECS ai consumatori finali (società e imprese) che decidono
di acquistare l’energia elettrica ad un prezzo più alto, avvalendosi in questo caso
di un logo (Figura 2.20) che attesta l’impegno all’acquisto di energia verde. Figura 2.20 Logo attestante l’impiego di energia da fonti rinnovabili.
Attualmente il sistema RECS coinvolge 170 membri tra produttori, traders e
società di certificazione del settore elettrico, distribuiti in 14 paesi europei. Nel
primo anno di sperimentazione, in Italia, sono stati emessi oltre 310.000 certificati.
In seguito (Tabella 2.5) sono messi a confronto gli elementi essenziali che
caratterizzano i meccanismi di incentivazione finora descritti.
- 54 -
Tabella 2.5 Comparazione dei meccanismi di incentivazione alla produzione di energia elettrica da biomasse
- 55 -
- 56 -
Capitolo 3
La sansa in Puglia: residuo o risorsa?
3.1 La sansa nella legislazione italiana Come già detto nel primo capitolo, la sansa rappresenta uno dei sottoprodotti della
lavorazione delle olive per la produzione dell’olio.
Considerando che la Puglia, con quasi il 95% dei comuni interessati
dall’olivicoltura, occupa il primo posto in Italia sia per la quantità di olive prodotte
che per la qualità, risulta evidente l’importanza che può assumere la
valorizzazione dei sottoprodotti della lavorazione delle olive sia per il territorio che
per la stessa produzione di olio.
Occorre dire, da subito, che un notevole impulso, alla valorizzazione di questa
particolare biomassa, è venuto in seguito alla modifica del DPCM del 8/3/2002.
Infatti, questo decreto annoverava, fra i combustibili vegetali liberamente
utilizzabili, solo la sansa vergine, ottenuta in seguito a un processo
esclusivamente meccanico; mentre la sansa esausta, ottenuta mediante un
processo chimico, rientrava formalmente fra i rifiuti non pericolosi.
Ricordiamo che la categoria “rifiuti non pericolosi” rientrante a sua volta nella
categoria “rifiuti speciali”, in questo caso derivanti da attività agro-industriali, è
regolamentata dal Decreto Legislativo del 5/2/1997 n.22 (meglio noto come
Decreto Ronchi), ed è perciò sottoposta a particolari restrizioni relativamente al
trasporto, allo stoccaggio e alle emissioni da combustione.
Attualmente, invece, in seguito al DPCM datato 8/10/2004, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n.295 del 17/12/2004, anche la sansa esausta è stata
classificata come combustibile di origine vegetale, a basso impatto ambientale, in
conclusione, non è più un rifiuto (vedi emissioni ammissibili nella Tabella 1.1 al
- 57 -
Cap.1). Il decreto precisa, però, delle condizioni affinché, la sansa esausta, rientri
nella categoria dei combustibili; all’ art. 1, comma 4 afferma:
“All'allegato III, punto 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8
marzo 2002 e' aggiunta la seguente lettera: «f) Sansa di oliva disoleata avente le
caratteristiche riportate nella tabella seguente (Tabella 3.1, ndr), ottenuta dal
trattamento delle sanse vergini con n-esano per l'estrazione dell'olio di sansa
destinato all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico, purché i
predetti trattamenti siano effettuati all'interno del medesimo impianto; tali requisiti,
nel caso di impiego del prodotto al di fuori dell'impianto stesso di produzione,
devono, anche agli effetti dell'art. 26 del decreto del Presidente della Repubblica
n. 203/1988, risultare da un sistema di identificazione conforme a quanto stabilito
al punto 3”... (ovvero che indichi chiaramente, ndr) ...”la denominazione «sansa di
oliva disoleata», la denominazione e l'ubicazione dell'impianto di produzione,
l'anno di produzione, nonché il possesso delle caratteristiche di cui alla tabella
riportata al punto 1”.
In altre parole se la sansa esausta deve essere utilizzata al di fuori dell’impianto di
produzione, il prodotto dovrà essere chiaramente tracciabile attraverso, apposite
etichette in caso di prodotto imballato (inferiore a 100 kg), o tramite documenti di
accompagnamento, nel caso di prodotto sfuso o di imballaggi che contengano
quantità superiori a 100 kg.
Tabella 3.1 Requisiti per la sansa esausta secondo il DPCM 8/10/2004
- 58 -
Il DPCM del 2004 ha fatto sì che la sansa fosse utilizzata come combustibile, non
solo a livello domestico, ma anche a livello industriale per la produzione di energia
termica e/o elettrica.
Quando la sansa esausta era considerata rifiuto non pericoloso, le sue
applicazioni erano prevalentemente altre, a cui farò cenno nel paragrafo 3.3.
3.2 Filiera di produzione della sansa esausta Mi accingo ora ad illustrare il ciclo di lavorazione della produzione di olio di oliva,
da cui le sanse provengono.
In tutti i Paesi aventi una significativa produzione di olio di oliva sussistono due tipi
di lavorazione, antagoniste sul piano commerciale (Figura 3.1).
La semplice osservazione dello schema evidenzia chiaramente come, dal punto di
vista commerciale, le sanse provenienti da FRANTOI TRADIZIONALI siano
ritenute più pregiate di quelle ottenute da FRANTOI CONTINUI, vista la notevole
diversità del contenuto di umidità residua (molto minore in quella dei frantoi
tradizionali).
- 59 -
Figura 3.1 Confronto fra i cicli di lavorazione per la produzione di olio di oliva
- 60 -
Ciononostante, esiste una marcata tendenza da parte dei frantoiani, ad
abbandonare il sistema tradizionale di lavoro (pressatura). Tale tendenza,
associata alla estrema variabilità della produzione di olive, determina uno scenario
molto complesso sulle problematiche del settore che stanno gravando sui
sansifici, operatori intermedi della produzione di olio di oliva che sulla sansa
vergine, impostano la loro attività.
L’aggravato processo di essiccazione nel sansificio, determinato dai sempre più
numerosi frantoi continui, comporta la rapida obsolescenza tecnologica degli
stessi sansifici, spesso inadeguati a reggere il drammatico raddoppio dei volumi di
acqua da essiccare.
La prima conseguenza di tale situazione è nell’incremento dei consumi energetici
totali del sansificio.
Osservando il diagramma a blocchi, notiamo che, nel metodo tradizionale, dalle
olive molite si estrae circa il 20% di olio e come residuo di lavorazione otteniamo il
45% di sansa vergine e il 35% di acqua di vegetazione; quest’ultima risulta essere
particolarmente inquinante contenendo un’importante carico di sostanze
organiche, di sostanze grasse, di acidi oleici e sostanze sospese.
Con il metodo della centrifugazione continua, alle olive, dopo la molitura e la
frangitura, viene aggiunta acqua di diluizione, aumentando così l’umidità dei
prodotti residui.
Infatti, estraendo alla fine del processo, più o meno la stessa quantità di olio (20kg
su 100kg di olive molite), si ottengono, ipotizzando in ingresso 100kg di olive più
40kg di acqua di diluizione, 60kg di sansa vergine (più umida rispetto a quella
ottenuta per pressatura) e 60kg di acqua di vegetazione.
Le sanse vergini così ottenute, vengono mandate nei sansifici, i quali provvedono,
attraverso un procedimento termo-chimico, che prevede l’uso di un solvente detto
esano, ad estrarre l’olio ancora presente, e ad ottenere come residuo di
- 61 -
lavorazione la cosiddetta sansa esausta, avente umidità circa del 8-15% ed un
potere calorifico di 4400-4800 Kcal/Kg.
In Figura 3.2 si osserva una schematizzazione del processo di produzione della
sansa esausta.
Figura 3.2 Schema della lavorazione della sansa vergine in un sansificio
Descriviamo più nel dettaglio le varie fasi della lavorazione.
• essiccazione: un tipico essiccatoio utilizzato per la sansa consta di un
cilindro in lamiera, leggermente inclinato rispetto al piano orizzontale, che
ruota su rulli azionato da un motore elettrico. La sansa entra nell'essiccatoio
mediante una coclea e avanza nel cilindro grazie ad un sistema ad alette
inclinate disposte internamente all'essiccatoio e costituite da ferri angolari.
La sansa con il movimento del cilindro si mescola in modo da essere bene
esposta alla corrente di aria calda costituita dai fumi del focolare. Per la
produzione di aria calda si brucia la sansa esausta. E' possibile utilizzare
- 62 -
essiccatoi a più vie, in caso di sanse particolarmente umide, costituiti da
cilindri concentrici ove la sansa e l'aria calda percorrono più volte la
lunghezza del cilindro;
• estrazione dell'olio: gli impianti di estrazione possono essere continui e
discontinui, quelli maggiormente utilizzati sono i discontinui; l'estrazione è
basata sul semplice principio della diffusione dell'olio dalla sansa nel
solvente nel quale è immersa;
• distillazione: la fase di evaporazione del solvente dalla miscela è suddivisa
in due tempi: nel primo si allontana l'eccesso di solvente (98-99%)
attraverso riscaldamento con vapore indiretto; nel secondo si effettua la
totale evaporazione attraverso l'impiego di vapore diretto surriscaldato,
evitando, comunque, di innalzare eccessivamente la temperatura finale
dell'olio.
Processi di Raffineria La raffinazione dell'olio di oliva si effettua per rendere commestibili oli che non
possono essere utilizzati per l'alimentazione allo stato naturale, ma devono essere
sottoposti a processi per migliorarne il contenuto di acidità, la colorazione ed il
sapore. Il ciclo di raffinazione si ottiene mediante le seguenti fasi:
• neutralizzazione: consiste nell'abbattimento dell'acidità dell'olio grezzo
mediante additivazione di sostanze basiche (soda);
• lavaggio: ha lo scopo di allontanare gli additivi chimici della neutralizzazione
mediante acqua;
• decolorazione: mediante l'uso di terre decoloranti l'olio è chiarificato;
• deodorazione: l'olio è privato delle componenti maleodoranti con un
processo di distillazione sotto vuoto.
Orientativamente il 35-40% della sansa esausta prodotta da un sansificio viene
utilizzata per l’essiccazione delle sanse vergini e la produzione di vapore
necessaria per l’estrazione dell’olio residuo a mezzo solvente.
- 63 -
Si stima che, di tutte le olive destinate alla produzione di olio di oliva in Puglia, ben
il 90% venga molito in frantoi continui e solo il restante 10% in frantoi tradizionali.
Nella Tabella 3.2 vengono messi a confronto le diverse tipologie di sansa vergine
provenienti da frantoi tradizionali e continui.
Tabella 3.2 Confronto fra sanse da frantoi tradizionali e continui
Contenuto Sanse da FRANTOI TRADIZIONALI
Sanse da FRANTOI CONTINUI
UMIDITA’ 26-30% 50-55%
OLIO RESIDUO 8% 4%
SANSA ESAUSTA 62-66% 41-46%
3.3 Usi principali della sansa prima del DPCM 8/10/2004 Prima della correzione del DPCM 8/3/2002, essendo la sansa esausta considerata
un rifiuto, anche se non pericoloso, non era possibile equipararlo ad un
combustibile vegetale, ragion per cui, subentrando complicazioni concernenti il
trasporto, lo stoccaggio e le emissioni, si cercavano applicazioni alternative alla
combustione diretta.
Fondamentalmente i settori interessati erano i seguenti:
3.3.1 Agricoltura Storicamente le sanse trovavano il loro impiego come concime in agricoltura; nel
tempo, con la dicotomia creatasi tra agricoltori e frantoiani, attività prima
concentrate nelle mani di grandi latifondisti, anche la sansa vergine smise di
essere utilizzata come concime, essendosi spostato il problema del suo
smaltimento dall’insediamento agricolo proprio, ad una localizzazione
semindustriale.
- 64 -
Soltanto recentemente c’è stato un rilancio dell’utilizzazione della sansa,
opportunamente trattata, come ammendante agricolo.
Con l’utilizzazione della sansa come vettore di quelle sostanze organiche ed
inorganiche, atte al reintegro della fertilità del suolo, si cerca di raggiungere due
obiettivi:
• valorizzazione economica della sansa esausta;
• utilizzazione di ammendanti esclusivamente vegetali.
Le indagini sperimentali condotte nel corso degli ultimi anni sulle effettive
possibilità di spargimento diretto di sanse vergini o esauste sui terreni agrari di
varia costituzione e caratteristiche, e variamente utilizzati per colture erbacee ed
arboree di ogni genere, hanno evidenziato che risulta possibile spargere sul
terreno questi sottoprodotti, ma che è anche probabile che queste aggiunte
possano determinare temporanee condizioni critiche, per almeno una parte della
microflora batterica del terreno.
In molti casi è apparso più opportuno, suggerire di procedere al compostaggio, di
tali sottoprodotti dell’industria olearia, in miscela con altre biomasse, tecnicamente
ed economicamente idonee, come residui di potatura e letame.
E’ però da rilevare che la sperimentazione eseguita in tal senso non ha sempre
dato risultati univoci, sia in ordine alla più opportuna tecnica da seguire nel
processo di compostaggio, sia in relazione alla scelta delle biomasse da
aggiungere al refluo di partenza, sia in rapporto alla economicità complessiva del
processo, sia in rapporto alle caratteristiche biochimiche e agroproduttive del
materiale ottenuto.
- 65 -
3.3.2 Mangimistica In questo settore, la sansa esausta, prima di poter essere utilizzata, deve subire la
lavorazione di separazione dal cosiddetto “nocciolino” (nocciolo dell’oliva
frantumato) dalla parte più leggera e più fine costituita dalla polpa e dalla buccetta.
Mentre il nocciolino è destinato all’utilizzo come combustibile più pregiato, visto il
migliore PCI (5000-5200 Kcal/Kg) rispetto a quello della sansa esausta tal quale,
la parte polverulenta è utilizzata per l’alimentazione del bestiame previa
lavorazione di cubettatura.
L’industria mangimistica presenta una forte variabilità della domanda delle materie
prime e causa una forte incostanza nell’assorbimento di sansa esausta.
Ciò ha sfavorito gli investimenti in questa direzione, rinunciando ad avviare una
campagna di sensibilizzazione tesa ad incrementare la possibilità di mercato e a
renderlo più stabile.
Si ricorda, comunque, che la Puglia non ha una spiccata vocazione zootecnica, se
non nell’entroterra, lontano cioè dai grandi insediamenti olivicoli.
3.3.3 Fabbricazione di laterizi Nella fabbricazione di laterizi, la sansa esausta, senza subire alcuna lavorazione,
è miscelata con argilla e, dopo l’opportuno impasto e la necessaria fornatura, è
sottoposta a processo di cottura.
L’aggiunta di sansa esausta, in effetti, consente di ottenere un laterizio molto più
poroso e quindi con ottime caratteristiche isolanti, meno fragile e più leggero.
Inoltre la sansa esausta, incorporata nell’impasto, partecipando alla combustione
durante la cottura, con il proprio apporto di calore fa diminuire il consumo di
combustibile fossile.
L’impossibilità di controllare in modo preciso la combustione nel forno e
l’omogeneità della miscela, ne ostacolano l’introduzione in tale settore.
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3.3.4 Ebanisteria L’ebanisteria si occupa dell’utilizzazione di un sottoprodotto della sansa, ovvero
del nocciolino. Con l’aggiunta di particolari collanti, infatti, è possibile ottenere la
fabbricazione di pannelli di ottima qualità e con ottime doti di isolante elettrico.
Per tale ragione, oltre ad essere utilizzato per il rivestimento degli interni delle
abitazioni, questi pannelli sono stati impiegati per l’isolamento dei quadri elettrici.
Alcune considerazioni estetiche e la crisi del rivestimento in pannelli, relegano
anche questa possibilità di mercato ad uno o due punti percentuali rispetto
all’intera produzione di sansa esausta.
3.4 Usi principali della sansa dopo il DPCM 8/10/2004 Radicale è stato il cambio di scenario dopo la modifica del DPCM del 2002.
Potendo considerare la sansa esausta, un combustibile a basso impatto
ambientale, molto rapidamente la sua applicazione principale è divenuta quella di
produrre energia termica e/o elettrica, a scapito di tutti gli usi, precedentemente
descritti, che sono andati via via contraendosi.
3.4.1 Produzione di energia termica ad uso domestico Dopo il decreto, è aumentato il numero delle già esistenti caldaie domestiche che
utilizzavano sansa esausta come combustibile, visto il buon rendimento termico di
questa biomassa e l’iniziale prezzo economico sul mercato.
Allo stato attuale, però, questo combustibile comincia ad essere meno competitivo
rispetto ad altri ad esso concorrenti (legna, cippato, pellets, ecc.), per vari motivi:
• La sua combustione emana cattivo odore e quindi, la caldaia va montata in
locali esterni;
• Il suo prezzo è in continua ascesa;
• Ultimamente alcune ASL stanno analizzando i suoi fumi, in quanto non
rientrerebbero nelle norme.
- 67 -
3.4.2 Produzione di energia termica ad uso industriale Abbiamo già detto che i primi utilizzatori della sansa esausta come combustibile
sono gli stessi santifici per ottenerne il calore di processo.
In passato la sansa era largamente utilizzata come combustibile anche nei
cementifici, ma tale mercato si è andato via via affievolendo, sia per la
competitività del prezzo del carbone, che per l’incostanza dell’offerta di sansa,
legata alla variabilità del sistema agricolo.
In ambito regionale si rilevano altri usi semindustriali nel florovivaismo e
nell’agricoltura in serra.
3.4.3 Produzione di energia elettrica In questo paragrafo esamineremo l’attitudine dell’utilizzo della sansa esausta per
la produzione di energia elettrica, riferendoci a esperienze già effettuate in passato
e a rapporti sperimentali ufficiali che ipotizzano l’uso della sansa come
combustibile principale o complementare.
Sansa come combustibile primario Ipotizzare di fare andare una medio-piccola centrale interamente a sansa esausta
non prevede accorgimenti molto diversi da quelli relativi alle già più collaudate
centrali a biomasse legnose.
Non esistono problemi sul piano termico, la combustione è facilmente
controllabile, i sistemi di abbattimento fumi e polveri, già usati nei sansifici e nelle
attuali centrali, garantiscono il rispetto delle normative esistenti, portando il
quantitativo di emissioni ad essere anche di cento volte inferiore ai valori limite
consentiti; inoltre le ceneri di combustione possono essere smaltite facilmente
come ammendanti agricoli.
La tecnologia di manipolazione e combustione della sansa esausta non presenta
alcun problema tecnologico, ma comporta costi di investimento complessivo, di
gestione, di approvvigionamento e stoccaggio della biomassa non indifferenti.
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In effetti soltanto dove esiste già la lavorazione della sansa è possibile effettuare
le economie di scala che rendano conveniente un simile investimento.
E’ auspicabile allora individuare, sul territorio pugliese, alcuni “poli delle sansa”,
nei quali installare centrali termoelettriche di medio-piccola potenza.
Nel prossimo capitolo esamineremo più nel dettaglio le caratteristiche tecnico
economiche di una centrale elettrica alimentata a biomasse, in particolare a
biomasse legnose e/o sansa esausta.
Sansa come combustibile complementare al carbone Un’altra possibilità di utilizzo della sansa esausta è quella di un suo uso come
combustibile complementare ad altri.
Poiché la movimentazione, lo stoccaggio e la combustione della sansa, richiedono
gli stessi particolari accorgimenti richiesti per il carbone, la sua additivazione in
basse percentuali a tale combustibile, è sicuramente una soluzione fattibile.
L’aggiunta di sansa esausta al carbone, infatti, abbasserebbe le emissioni di zolfo
(componente praticamente assente nella sansa) delle centrali, senza alcun
problema tecnico reale.
Per restare nell’ambito della regione Puglia, si potrebbe pensare ad un utilizzo di
sanse esauste nelle centrali di Cerano (Br), proprietà ENEL, e Brindisi Nord,
proprietà EDIPOWER, entrambe alimentate a carbone.
In quest’ottica si presenterebbero due possibili soluzioni:
• La sansa esausta potrebbe essere continuamente additivata al carbone a
percentuale costante;
• La sansa potrebbe essere impiegata come correttivo ecologico in particolari
periodi dell’anno (percentuali di sansa più elevate).
Nel primo caso basterebbe integrare l’alimentazione del carbone con una piccola
linea di adduzione della sansa esausta che integri il combustibile principale con
meno del 2% in peso. Tale minima quantità non comporterebbe variazioni
significative in termini di combustione, né di regolazione dei generatori di vapore e
neppure complicazioni dell’esistente impianto di movimentazione del combustibile.
- 69 -
La seconda soluzione, invece, si prefigge lo scopo di contenere le emissioni di
zolfo, nei periodi in cui tali emissioni presentano dannosi effetti sinergici con
analoghe emissioni da altre fonti, per esempio gli impianti di riscaldamento e il
traffico automobilistico.
Il periodo invernale, quindi, limitato ai mesi di dicembre, gennaio e febbraio,
sembrerebbe il periodo più critico dal punto di vista dell’inquinamento da zolfo.
Una riduzione del carico inquinante, proveniente dalle centrali termoelettriche in
questione, avrebbe un sicuro effetto benefico. Aggiungendo la sansa esausta al
carbone in preparazione prossima al 10% in peso si ridurrebbero della stessa
quantità le emissioni di zolfo senza variare in maniera sostanziale la gestione della
stessa centrale.
Gli esistenti sistemi di regolazione della combustione potrebbero seguire
facilmente tale variazione senza ridurre in alcun modo la potenza erogata dai
turbogeneratori.
Secondo tale soluzione, ci sarebbe la coincidenza del periodo di utilizzazione della
sansa esausta nella centrale termoelettrica, con la campagna di oleificazione e
produzione della sansa, con l’ulteriore beneficio di ridurre gli stoccaggi di sansa.
Un esempio dal passato: la centrale termoelettrica ENEL di Pietrafitta (Pg) In passato l’ENEL, con la sua centrale termoelettrica di Pietrafitta, ha
rappresentato un’utenza importante, con i suoi 200.000 q/anno di sansa esausta
utilizzata.
Questa centrale, da 150 MW, utilizzava come combustibile principale il carbone.
Attualmente è stata ripotenziata e trasformata in una centrale a ciclo combinato a
gas naturale da 450 MW.
La possibilità della co-combustione carbone-sansa era confermata dalle analisi,
effettuate dal laboratorio, annesso alla centrale, dalle quali sono state rilevate le
seguenti percentuali di componenti primarie nella sansa esausta:
• Carbonio: 48,4%
• Idrogeno: 8,57%
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• Ossigeno: 43,03%
• Zolfo: tracce
La presenza di zolfo soltanto in piccole tracce, rendeva la sansa un combustibile a
basso indice di inquinamento, il ché ne consigliava, senza controindicazioni,
l’utilizzo come combustibile. Vedremo nel prossimo paragrafo, altre conferme
sperimentali che sono giunte a sostegno di questa tesi.
Sul piano della combustione e quindi dell’esercizio, non vi sono mai stati problemi,
quando il controllo della sansa acquistata, vincolava il fornitore a conferirla ad un
prefissato livello di umidità. In precedenza, invece, l’umidità non era vincolata sul
piano contrattuale e i fornitori aggiungevano acqua che si facevano pagare al
prezzo della sansa. Questa cattiva abitudine aveva creato diversi problemi di
instabilità della combustione, con la conseguente variazione della portata di
vapore e continuo intervento dei sistemi di regolazione sul lato turbina, che non
riusciva più ad erogare la potenza nominale prevista. Con l’introduzione
dell’impegno contrattuale sul limite di umidità, i sansifici furono costretti a conferire
la sansa esausta con una miglior qualità, eliminando tutti gli inconvenienti causati
in centrale.
L’ENEL smise l’uso di sansa quando, nell’elenco dei combustibili, promulgato
dall’allora Ministero dell’Industria, la sansa esausta, per ignote motivazioni e/o
dimenticanze non fu inserita.
Rapporto CESI sulla co-combustione sansa-carbone A supporto di quanto appena detto sulla sansa come combustibile complementare
al carbone, esiste in letteratura uno studio del 2002, effettuato dal CESI (Comitato
Elettrotecnico Sperimentale Italiano), il quale ha analizzato nel dettaglio, le
conseguenze dell’utilizzo della sansa miscelata al carbone in diverse percentuali,
nelle varie fasi: dall’alimentazione della caldaia alle emissioni nell’ambiente.
Quello che ne emerge è un rapporto che contiene molte luci e poche ombre.
I rapporti di cui sopra sono i seguenti:
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• CO-COMBUSTIONE CARBONE-SANSA - Progetto della matrice
sperimentale e messa a punto del sistema di alimentazione del
combustibile secondario (Prot. CESI n. A1/039633)
• PROVE DI COMBUSTIONE MISTA CARBONE-SANSA sull’impianto
sperimentale da 5MWt di S.Gilla (Cagliari) (Prot. CESI n. A1/040055)
Riporto, di seguito, le conclusioni del rapporto.
“Il presente rapporto tecnico descrive i risultati delle prove di combustione mista
carbone/sansa esausta effettuate sulla caldaia sperimentale da 5 MWt installata
presso l’area di S.Gilla (Cagliari).
Le prove hanno permesso di valutare l’impatto della co-combustione:
• sul sistema di macinazione e alimentazione del combustibile;
• sullo sporcamento della caldaia;
• sull’efficienza del processo di combustione;
• sulle emissioni solide e gassose convenzionali;
• sui microinquinanti organici;
• sulla qualità delle ceneri.
La matrice sperimentale prevedeva una prova di baseline a carbone e due prove
di combustione mista con differenti frazioni di sansa (20% e 40%).
La sperimentazione effettuata ha permesso di trarre le seguenti conclusioni.
Pre-trattamento della sansa
La sansa esausta è un prodotto solido di natura granulare che si trasporta
agevolmente e non richiede particolari pretrattamenti, se non l’essiccazione del
prodotto, qualora presentasse all’origine umidità superiore al 10-15%, onde evitare
impaccamenti in fase di macinazione.
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Impatto sul sistema di combustione
• Macinazione e alimentazione
La sansa è stata premiscelata con il carbone in pezzatura in un silos e macinata
con il mulino principale dell’impianto; la miscela è stata quindi inviata ai bruciatori
senza intasamenti sulla linea di alimentazione. E’ possibile tuttavia che ci sia stato,
a tratti, un miscelamento non omogeneo della biomassa con il polverino di
carbone.
• Stabilità di fiamma
La sansa ha un’alta percentuale di materie volatili, condizione che ha determinato
una buona stabilità di fiamma. Non si sono rilevati problemi di combustione.
• Sporcamento camera di combustione La combustione della sansa, pur avendo fatto rilevare un leggero aumento della
deposizione, non ha dato problemi di fouling: i depositi sulla sonda di prelievo
sono infatti risultati di natura polverosa e facilmente asportabili con il lavaggio.
Le basse temperature di fusione, dovute alla presenza di alte concentrazioni di
alcali, fanno temere fenomeni di slagging. La presenza di Cl, che può trovarsi
anche in concentrazioni molto elevate, può dar luogo a problemi di corrosione.
Il miscelamento con un carbone di caratteristiche idonee, può mitigare i fenomeni
di sporcamento.
• Efficienza di combustione La combustione con la sansa ha fatto registrare un miglioramento degli
incombusti, crescente con la frazione di combustibile secondario.
Emissioni
I vantaggi maggiori della combustione con la sansa si rilevano nelle emissioni, che
fanno registrare una diminuzione generalizzata.
In particolare confrontando la combustione a carbone con la combustione mista
60/40 si rileva che:
• gli ossidi di azoto (NOx) sono diminuiti del 28%;
• gli ossidi di zolfo (SO2) sono scesi di oltre il 36%;
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• la concentrazione delle polveri è diminuita del 60%;
• gli incombusti nelle ceneri sono calati del 75%;
• l’acido cloridrico è aumentato del 18%;
• le diossine (PCDD/F) non risultano formarsi in concentrazioni rivelabili in
nessuna delle tre condizioni di prova.
Qualità delle ceneri
La sansa esausta, pur essendo un prodotto di origine vegetale, subisce diversi
trattamenti che possono arricchirla di elementi estranei al prodotto biologico: a
partire dalla raccolta delle olive, alla spremitura e infine all’estrazione con solventi
chimici, tutte le eventuali impurità (scorie dei macchinari, residui di terra, tracce di
solventi) si concentrano nel residuo finale della lavorazione delle olive. La sua
composizione, e quindi la qualità delle ceneri, risente pertanto, oltre che della zona
di coltivazione, anche del processo di lavorazione industriale. Alcuni elementi si
ritrovano perciò in concentrazione più alta nelle ceneri della sansa rispetto alle
ceneri del carbone.
Nonostante questo, la qualità delle ceneri da carbone non viene alterata in
maniera significativa con la combustione mista. Si ritiene pertanto che le ceneri
della combustione mista possano essere trattate, ai fini del riutilizzo, in maniera
analoga a quelle del carbone.
I risultati appaiono, pertanto, incoraggianti per l’introduzione di questa forma di
utilizzo energetico della sansa nel processo di generazione termolettrica”.
3.5 Studio ENEA sulla valorizzazione della sansa esausta In uno studio ENEA, condotto intorno alla metà degli anni ’90, quindi una decina di
anni fa, è stato quantificato il valore della sansa, a seconda dei suoi diversi utilizzi:
1. Ammendante in agricoltura;
2. Combustibile primario in un impianto di cogenerazione da 1,5 MW;
3. Combustibile complementare in una centrale a carbone.
Nella successiva Tabella 3.3 vengono messi a confronto i risultati ottenuti.
- 74 -
Tabella 3.3 Studio ENEA Valorizzazione sansa esausta
Si riporta di seguito uno stralcio delle considerazioni finali di questo studio.
“E’ evidente che la migliore valorizzazione è ottenuta attraverso l’installazione di
un proprio impianto di cogenerazione dedicato alla produzione di energia elettrica
e termica per lo stabilimento produttivo.
Alla remuneratività, veramente interessante di tale ipotesi, corrisponde, però, un
elevato investimento, che non tutte le aziende del settore olivicolo sono in grado di
sostenere, unitamente a delle esigenze di natura tecnologica che devono essere
sviluppate all’interno.
La soluzione, se prescelta, richiede poi, almeno due anni tra progettazione,
installazione, start up e messa a regime dell’impianto.
Si ritiene, comunque, che malgrado gli stimolanti utili conseguibili, l’imprenditore
venga spaventato soprattutto in un momento in cui il settore e la nazione
attraversano un periodo di pesante crisi.
Altro fattore limitante rinviene dall’acquirente unico, l’ENEL, che non gode della
stima della classe imprenditoriale, in vista anche del suo operare in condizione di
monopolio.
A poco valgono le delibere del CIP e la programmazione del MICA, tesa a
promuovere il settore, quando l’ENEL, attraverso i contratti di cessione e
- 75 -
scambio, impone clausule capestro che elevano il rischio d’impresa oltre la soglia
di accettabilità.
In termini di valorizzazione segue l’utilizzazione presso le centrali termoelettriche a
carbone, ai cui vantaggi in termini economici, ecologici e logistici, si contrappone
un impedimento di natura burocratico-legislativa (allora la sansa esausta era
considerata un rifiuto non pericoloso e non un combustibile, ndr) e la cattiva
volontà dell’ENEL a dover inseguire un inusuale numero di potenziali fornitori, in
realtà non più di 80 in tutta Italia.
La chiusura mostrata dall’Ente a qualsiasi dialogo, su questa biomassa, lascia
intravedere molteplici difficoltà burocratiche nell’attuare tale soluzione, che in
effetti sarebbe di sicuro successo e grande impatto sociale nella regione Puglia.
In alternativa a tali interventi vi è quello della trasformazione della sansa come
ammendante agricolo che presenta interessanti ritorni in termini di valorizzazione,
anche se con investimenti relativamente elevati ma non estremamente gravosi. La
tecnologia non è semplice e andrebbe trasferita alle singole aziende agricole”
Si noti come, nel rapporto ENEA, vi siano alcune peculiarità ancora attuali, come il
“periodo di pesante crisi”, insieme a forti cambiamenti subentrati nel frattempo
come lo scenario economico del dopo EURO e il più o meno completamento della
liberalizzazione del mercato energetico in Italia.
Ad ogni modo, dall’ analisi appena svolta, sembra che, anche oggi, la migliore
valorizzazione delle sanse esauste pugliesi, sia la stessa emersa nel rapporto
ENEA degli anni ’90, specie se si considerano le problematiche emerse relative
all’uso della sansa per il riscaldamento domestico, forse l’unico impiego che
avrebbe potuto davvero creare una forte concorrenza all’utilizzo in centrale, in
quanto al dettaglio, per fini termici domestici, la sansa potrebbe essere venduta ad
un prezzo ben maggiore.
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Capitolo 4
Valutazione tecnico-economica e iter burocratico di un impianto a biomassa
In questo capitolo verrà presentato un caso-tipo di investimento, relativo ad una
centrale elettrica alimentata a biomasse, con lo scopo di mostrare il cammino
percorso da un investitore, dal momento dell’ideazione del progetto fino alla sua
realizzazione e successiva gestione.
Per la ricostruzione del cammino sono stati presi in esame impianti esistenti in
Italia che sfruttano un processo di conversione termochimica per ottenere dalle
biomasse (legnose e/o residui agroindustriali) energia termica, impiegata per
riscaldamento e/o per la produzione di energia elettrica.
Verrà effettuato, inoltre, un confronto dei risultati ottenuti, con gli analoghi relativi a
tecnologie di produzione di energia elettrica da diverse fonti rinnovabili, in
particolare:
• idroelettrico ad acqua fluente o SHP (Small Hydro Power);
• eolico;
• produzione di biogas.
Nel caso in studio sono state analizzate le fasi principali e i relativi passi effettuati
dall’ipotetico investitore:
• studio delle fasi di produzione;
• progettazione;
• costruzione;
• iter autorizzativo;
- 77 -
• ricerca del consenso locale;
• gestione;
• costo del combustibile.
Particolare attenzione è stata inoltre posta, in ogni fase dell’intervento, al
monitoraggio delle tempistiche realizzative, dei costi imputabili e delle barriere
incontrate o dei parametri di successo. Infine, tramite una griglia di valutazione
comparata, i dati così raccolti sono stati raggruppati e resi omogenei con lo scopo
di mettere a confronto le differenti tecnologie nelle diverse fasi. Seguendo quindi
gli stessi passi percorsi da un investitore si tenterà di dare una panoramica sul
mercato odierno delle fonti rinnovabili estremamente chiara e realistica.
L’analisi che si andrà ad effettuare, nel caso di impianto a biomasse, sarà
perfettamente applicabile al caso di impianto a sansa esausta, oggetto di studio
della tesi.
4.1 Studio delle fasi di produzione Durante le fasi di raccolta e preparazione, la biomassa può essere trattata
mediante un preliminare processo di essiccamento che riduce il contenuto di
umidità del 30% rispetto al contenuto originario.
È possibile ottenere l’ulteriore riduzione del 15% utilizzando il calore residuo dei
fumi di combustione, inviandoli nella sezione di stoccaggio.
Il potere calorifico del materiale così pretrattato può essere portato sino a valori
ottimali per la combustione, intorno a 4.000 kcal/kg.
La biomassa viene trasportata, per mezzo di nastri, ad una tramoggia di carico,
tramite la quale confluisce in un combustore, ad esempio del tipo a griglia mobile,
dove avviene la combustione (vedremo più avanti anche un altro tipo di
combustore, utilizzabile per le biomasse, detto a letto fluido). Sotto la griglia viene
- 78 -
insufflata l’aria primaria strettamente necessaria alla combustione, mentre sopra la
griglia viene insufflata l’aria secondaria che assolve a due compiti:
• il primo è quello di permettere il completamento della stessa combustione;
• il secondo è il raffreddamento delle pareti e dei fumi in camera di post-
combustione.
Per migliorare l’effetto turbolenza e controllare meglio le temperature in camera di
post-combustione, che potrebbero portare a delle fusioni delle ceneri, vengono
inoltre insufflati i gas di ricircolo prelevati a valle del sistema di filtrazione.
I gas di ricircolo possono essere anche insufflati sotto griglia per sfruttare il loro
calore ed essiccare il combustibile. In questo modo risulta più semplice controllare
il contenuto di ossigeno nei fumi di combustione.
Al fine di ottimizzare la combustione, la griglia viene generalmente divisa in due o
più zone a velocità variabile. Analogamente il sottogriglia è diviso in tramogge
dove viene insufflata l’aria primaria e gli eventuali gas di ricircolo in percentuali e
quantità diverse.
L’aria primaria, necessaria alla combustione, può anche provenire dal capannone
per lo stoccaggio, tenuto in depressione per non disperdere nell’ambiente
eventuali esalazioni maleodoranti della biomassa stessa.
Le scorie e le ceneri vengono portate dai bardotti (parti della griglia mobile) al
fondo della griglia e scaricati in apposite tramogge; le ceneri, generalmente,
vengono trasportate nella zona di stoccaggio tramite un trasporto a catena a
bagno d’acqua, che ha sia lo scopo di spegnere le parti ancora incendiate o
incandescenti che cadono dalla griglia, sia quello di realizzare la tenuta idraulica
alla camera di combustione che è in depressione.
A corredo della griglia si rende necessario predisporre un sistema di distribuzione
dell’aria comburente ed un sistema di raccolta degli incombusti (ceneri).
- 79 -
- 80 -
I fumi originati dalla combustione della biomassa confluiscono nella caldaia o
generatore di vapore, dove l’acqua che alimenta la caldaia, attraverso l’apporto
termico dei fumi caldi, si trasforma in vapore surriscaldato. Il vapore prodotto in
caldaia, tenuta in considerazione l’efficienza del processo di scambio termico, si
presenta nelle condizioni di pressione e temperatura pertinenti all’impiego
necessario (produzione di calore ed elettricità).
L’acqua alimentata in caldaia, che si trasformerà in vapore surriscaldato da
destinarsi alla turbina (si rammenta a questo proposito che il circuito acqua-vapore
è un circuito chiuso, a meno di perdite di limitata entità), deve essere
precedentemente demineralizzata e deossigenata nelle opportune sezioni di
trattamento dell’acqua, previste per preservare i componenti da attacchi calcarei,
corrosione, ecc. A tale scopo si prevede che l’impianto sia corredato della sezione
di trattamento dell’acqua di alimento della caldaia e di degasatore.
Fatta salva la quota di fumi utilizzata per l’essiccamento, i fumi uscenti dal
generatore di vapore sono trattati nell’apposita sezione trattamento fumi al fine di
abbattere le polveri trascinate prima di essere inviati al camino. Le ceneri raccolte
nelle tramogge sono opportunamente convogliate ai siti di stoccaggio.
Il vapore surriscaldato viene immesso nella turbina, dove si espande e in
accoppiamento al generatore elettrico, trasforma l’energia meccanica in energia
elettrica. Successivamente, il vapore espanso viene condensato nel condensatore
e reimmesso nel ciclo termico, previo passaggio nel degasatore termofisico. Il
buon funzionamento dell’impianto è assicurato dal sistema di regolazione e
controllo, che gestisce la regolazione in continuo dell’impianto, i casi di avaria, i
blocchi d’impianto, i riavviamenti.
Nella figura 4.1 è illustrato uno schema di principio di una centrale a biomassa.
- 81 -
Figura 4.1 Schema di principio di una centrale a biomassa
.
4.2 ProgettazioneLa fase di progettazione di un impianto a biomasse richiede in media 12 mesi ed
incide sul 5% del costo d’investimento. Le tecnologie utilizzate sono varie così
come lo sono le tipologie di biomasse utilizzate e la loro disponibilità.
Durante la fase progettuale le difficoltà risiedono nella scelta e identificazione del
combustibile da impiegare e nell’assicurare il necessario approvvigionamento: a
seconda della taglia dell’impianto, l’area di approvvigionamento potrà avere
un’estensione locale o territorialmente più vasta. In tale fase si verificano le
condizioni per la stesura di contratti per la fornitura di biomasse, che possono
avere natura diversa in funzione dell’estensione territoriale del bacino di raccolta.
Parallelamente con la scelta del combustibile si definisce, in tale fase, la scelta
della tecnologia da impiegarsi più adatta a rispondere alle esigenze del
committente.
Una seconda difficoltà attiene alla programmazione e logistica del trasporto del
combustibile alla centrale a biomassa: in relazione alla tipologia di combustibile
impiegato e alla potenza installata della centrale dovranno essere verificate le
condizioni di accesso al sito della centrale da parte dei vettori di trasporto
(autotreni, altro) nonché dovrà essere gestita, in funzione del trasporto, l’area di
stoccaggio del materiale.
Nella Tabella 4.1 si riassumono i risultati ottenuti dall’indagine, relativamente alla
fase di progettazione, degli impianti a biomassa presenti in Italia.
Tabella 4.1 Impianto a biomassa - Parametri della fase di progettazione
- 82 -
Nella Tabella 4.2, invece, si pongono a confronto i risultati, sempre relativi alla
fase di progettazione, dei diversi tipi di impianti alimentati da fonti rinnovabili.
Tabella 4.2 Fase di progettazione Sintesi dei parametri di confronto fra impianti a FR
Riepilogando, le difficoltà riscontrate nella fase di progettazione di un impianto a
biomassa risultano essere:
• scelta e identificazione del combustibile da impiegare e il necessario
approvvigionamento;
• programmazione e logistica del trasporto del combustibile alla centrale e
dello stoccaggio.
4.3 CostruzioneLa costruzione di un impianto a biomasse può richiedere da due fino a quasi tre
anni, con costi circa del 94% del costo d’investimento complessivo se l’impianto è
di nuova costruzione, mentre se l’impianto è in conversione da combustibile
tradizionale a biomasse, tali tempi e costi si possono ridurre di un 20-30%.
L’80% del costo d’investimento viene coperto dalla voce definita costi e spese di
costruzione, costituita dal gruppo di generazione, dalle opere elettromeccaniche,
dalla manodopera, dalle assicurazioni e dall’acquisto del terreno; mentre opere
civili e connessione alla rete coprono rispettivamente il 9% ed il 5% del costo
d’investimento.
Nell’Elenco 4.1 troviamo le componenti principali di un impianto a biomasse.
- 83 -
Elenco 4.1 Componenti principali di un impianto a biomasse • Zona dedicata al ricevimento, stoccaggio, preparazione e movimentazione
del combustibile;
• Sistema di alimentazione della biomassa alla tramoggia di carico;
• Sistema di combustione a griglia o a letto fluido;
• Sistema di distribuzione aria di combustione primaria e secondaria con
relativi ventilatori;
• Generatore di vapore a recupero;
• Turbina;
• Condensatore;
• Pozzo caldo;
• Torri di raffreddamento;
• Pompe condensato;
• Pompe circolazione acqua raffreddamento;
• Degasatore;
• Pompe acqua alimento caldaia;
• Serbatoi spurghi;
• Sistema dosaggio additivi;
• Unità trattamento acqua;
• Sistema di trattamento fumi provenienti dalla combustione;
• Trattamento fumi (ventilatore fumi e camino);
• Sistema raccolta ceneri e sottogriglia;
• Strumentazione;
• Sistema di regolazione e controllo;
• Pannelli di controllo locali;
• Tubazioni di collegamento;
• Condotti aria e fumi;
• Sistema aria compressa
• Sistema lubrificazione turbina;
• Sistema antincendio;
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• Connessioni elettriche;
• Centrale di controllo generale impianto, con sistema di supervisione;
• Uffici;
• Laboratorio chimico;
• Magazzino.
.3.1 Sistema di stoccaggio e movimentazione del combustibile4 centrale del
.3.2 Sezione di combustione
Il sistema di stoccaggio rappresenta il punto di accumulo presso la
materiale combustibile. La tipologia dell’esecuzione dipende essenzialmente dalla
tipologia della biomassa disponibile. Nel caso di sansa esausta, per esempio, il
materiale è prima stoccato in appositi capannoni, meglio se depressurizzati, e poi,
tramite pale meccaniche, viene ammassato in particolari sistemi di dosaggio
automatico (silos orizzontali o verticali con differenti sistemi di estrazione).
4 griglia (fissa o mobile) o su letto fluido.
orni a griglia pologia tradizionale e quindi la più diffusa. Gli impianti a griglia
iante una tramoggia nella parte più alta della
La combustione può avvenire su
F
Si tratta della ti
mobile, in particolare, si adattano bene a tutti i combustibili e si rivelano
sufficientemente flessibili nei confronti dell’umidità; quest’ultima caratteristica li fa
spesso preferire ad altre soluzioni.
Il combustibile viene immesso med
griglia, dalla quale uno spintore, o il movimento della stessa griglia nel caso
questa sia mobile, lo sospinge verso i gradini inferiori. Lungo lo sviluppo
longitudinale della griglia la biomassa subisce dapprima un processo di
essiccamento che avviene nella zona prossima all’alimentazione: le sostanze
volatili che si liberano sono in gran parte costituite dall’umidità evaporata ed il
rilascio di calore risulta modesto. Successivamente, sulla parte centrale della
griglia, il materiale essiccato, tramite fenomeni di combustione e massificazione
- 85 -
del materiale organico, viene convertito in una frazione gassosa ed in un residuo
solido.
Come si può vedere in Figura 4.2 l’aria di combustione viene iniettata sia sotto la
rmanenza della biomassa sulla griglia deve essere ovviamente tale
igura 4.2 Schema di funzionamento di un forno a griglia
griglia (aria primaria, grossomodo nella quantità stechiometrica, necessaria per la
combustione) sia nella parte alta della camera di combustione (aria secondaria,
corrispondente, in prima approssimazione, all’eccesso d’aria necessario per la
post-combustione); quest’ultima viene utilizzata anche per il controllo della
temperatura.
Il tempo di pe
da garantire il completamento delle diverse fasi del processo di combustione, ed è
in genere compreso fra 30 e 60 minuti. Le scorie residue del processo vengono
scaricate dalla parte finale della griglia con opportuni sistemi di vasche di
accumulo a bagno d’acqua, che provvedono anche al loro raffreddamento.
F
er garantire maggior flessibilità al processo, per fare fronte a inevitabili variazioni
di combustione alimentata nelle varie zone della griglia.
P
qualitative dell’alimentazione, è possibile regolare le condizioni di combustione
tramite la modulazione della velocità degli elementi mobili e/o della portata di aria
- 86 -
Il completamento dell’ossidazione dei prodotti di massificazione e pirolisi presenti
nella fase gassosa, proveniente dal letto di materiale posto sulla griglia, avviene
enza, a garantire il completamento
a
ilità così da
nella zona immediatamente superiore alla griglia stessa, che costituisce la camera
di combustione del forno. Essa deve fornire un buon mescolamento tra i gas
provenienti dal letto e l’aria secondaria, assicurando quindi contemporaneamente
adeguate condizioni di turbolenza e disponibilità di ossigeno.
Anche i tempi di residenza dei gas debbono essere idonei; in generale si adottano
valori compresi tra 2 e 5 secondi.
Livelli di temperatura di 850-900oC sono ritenuti sufficienti in corrispondenza di
adeguati tenori di ossigeno (6-8%) e turbol
pressoché totale dell’ossidazione dei componenti organici nei processi di
combustione, minimizzando in tal modo le emissioni di micro e macroinquinanti.
Di recente sperimentazione risultano, inoltre, alcune tecniche finalizzate alla
riduzione delle emissioni degli ossidi di azoto. Le più semplici prevedono un
modifica nella ripartizione dell’aria alimentata, riducendo quella primaria ed
incrementando quella secondaria, in modo da limitare la presenza di ossigeno
nelle zone a temperatura più elevata: ciò richiede un accurato controllo del
processo, per evitare peggioramenti nell’efficienza complessiva di combustione ed
aumenti nelle emissioni di incombusti. Allo stato attuale, gli interventi più
promettenti di riduzione degli NOx, in camera di combustione, appaiono basati su
processi di riduzione selettiva non catalitica (SNCR), tramite l’iniezione di
ammoniaca o urea, supportata con il ricircolo dei fumi, anche in virtù delle loro
capacità di inibire i processi di sintesi “de-novo” responsabili della formazione di
microinquinanti organoclorurati nella fase di raffreddamento dei fumi.
I combustori a griglia mobile possono raggiungere capacità molto elevate e sono
caratterizzati, come già detto, da un’elevata flessibilità e affidab
costituire la tecnologia più referenziata a livello europeo.
- 87 -
Forni a letto fluido
Il combustore a letto fluido è costituito da una camera di combustione all’interno
della quale viene mantenuto un certo quantitativo di materiale inerte (il “letto”), di
solito sabbia silicea, avente dimensione dei grani inferiore a 1mm, tenuto in
sospensione (“fluido”) da una corrente ascendente di aria (che funge anche da
comburente) immessa attraverso una griglia di distribuzione posta sul fondo. Il
movimento del letto di sabbia garantisce un buon contatto comburente-
combustibile, oltre a una notevole uniformità di temperatura e miscelazione, che
contribuiscono a garantire una combustione costante e completa.
Questa apparecchiatura, messa a punto inizialmente nell’industria petrolchimica, è
stata adattata successivamente per l’utilizzo con altri tipi di combustibile
caratterizzati da pezzatura ridotta ed omogenea quali appunto cippato, pellets,
sansa e CDR.
Inoltre questa tecnologia si è largamente diffusa, in altri Paesi, per il trattamento di
fanghi da depurazione di acque reflue, soprattutto per trattamenti combinati di
essiccamento termico e incenerimento, nei quali il calore recuperato è
principalmente destinato alla fase di essiccamento, evitando così l’impiego di
combustibili fossili.
In linea generale i combustori a letto fluido, sulla base della pressione d’esercizio,
si differenziano in letti fluidi a pressione atmosferica e letti in pressione; questi
ultimi applicati a diversi processi in campo industriale, presentano particolare
interesse per la loro potenzialità nel consentire l’integrazione fra la fase di
trattamento termico e quella di recupero energetico, tramite il loro inserimento,
come combustori, in cicli di turbina a gas.
Tuttavia le attuali problematiche nel trattamento dei gas prodotti prima dell’invio in
turbina ne limitano ancora l’applicazione. Nel caso delle biomasse, si adottano
quasi esclusivamente letti a pressione atmosferica.
Nel campo dei letti a pressione atmosferica sono disponibili le due varianti di letto
fluido “bollente” (vedi Figura 4.3) e di letto fluido “circolante” (vedi figura 4.4), in
funzione della velocità di efflusso dell’aria che individua due modalità di
- 88 -
funzionamento in cui, rispettivamente, il letto rimane in sospensione statica sotto
le azioni contrastanti del peso e della spinta ascensionale oppure viene trascinato
con la corrente gassosa e ricircolato sul fondo dopo essere stato separato
meccanicamente (tramite ad esempio un ciclone) dai fumi di combustione.
La distinzione si basa sui valori della velocità superficiale dell’aria (velocità di
fluidizzazione), definita come rapporto fra la portata d’aria alimentata (riferita, ad
esempio, alle condizioni di temperatura e pressione al di sopra del letto) e la
sezione del letto stesso, che costituisce il parametro che condiziona
significativamente il regime di funzionamento dell’apparecchiatura.
Nei letti fluidi bollenti, nei quali l’aria viene insufflata dal basso ed il combustibile
iniettato dall’alto o lateralmente, si riscontrano velocità di fluidizzazione fino a circa
3m/s mentre nei letti circolanti tale parametro raggiunge anche valori di 8-10m/s
(comunque superiori ai 4-5m/s), determinando un consistente trascinamento del
materiale costituente il letto in uscita dalla camera di combustione, sul fondo della
quale viene reimmesso, dopo la separazione dalla fase gassosa.
A fronte di una configurazione impiantistica più complessa i letti circolanti
presentano turbolenze più elevate, con conseguenti miglioramenti nell’efficienza di
combustione e di scambio termico, nella riduzione delle disomogeneità trasversali.
Essi garantiscono, inoltre, un tempo di contatto molto prolungato, grazie al
ricircolo, che ne consente il funzionamento con carichi termini specifici più elevati
rispetto al letto bollente; i costi maggiori rispetto a questi ultimi, tuttavia, ne
giustificano l’adozione solo per potenzialità piuttosto significative.
Ad ogni modo un altro pregio non trascurabile, per tutti i tipi di combustore a letto
fluido, risulta essere quello di avere tempi di avviamento ridotti e di poter
funzionare anche in discontinuo
- 89 -
Figura 4.3 Schema di funzionamento di un combustore a letto fluido bollente
Figura 4.4 Schema di funzionamento di un combustore a letto fluido circolante
4.3.3 Caldaia-generatore di vapore La caldaia è progettata e dimensionata appositamente per poter bruciare
biomasse, mentre il generatore di vapore, che si compone di corpo cilindrico,
pareti evaporative, surriscaldatore, economizzatore, sistemi di pulizia ed
evacuazione fuliggini e ceneri viene dimensionato in modo tale da garantire i dati
- 90 -
di progetto richiesti per il buon funzionamento della turbina. Le ceneri vengono
trattate a seconda delle sostanze inquinanti in esse contenute e poi avviate in
discarica o nelle migliori situazioni riutilizzate (ad esempio per compostaggio).
I gas caldi passano nella prima zona della caldaia detta radiante, poi nei
surriscaldatori e infine nella zona convettiva. Durante il percorso, i gas caldi
cedono calore ai tubi della caldaia dove, a seconda delle zone, si ha produzione di
vapore sino al surriscaldamento dello stesso. È molto importante, a seconda del
combustibile utilizzato, avere un particolare disegno della caldaia che permetta di
non avere sporcamenti delle tubazioni o depositi o, peggio ancora, abrasioni dei
tubi in zone particolari dove si hanno ad esempio aumenti delle velocità di
attraversamento dei gas ricchi di sostanze abrasive trascinate in sospensione. Per
ridurre gli effetti dello sporcamento vengono utilizzati diversi sistemi di pulizia,
quali soffiatori a vapore che possono essere retrattili oppure fissi, o sistemi di
pulizia a martelli che percuotendo le tubazioni realizzate in apposite arpe,
provocano delle vibrazioni che favoriscono il distacco di scorie e di quant’altro.
4.3.4 Trattamento fumi ed abbattimento inquinanti I gas vengono trattati con diversi sistemi per ridurre entro i limiti previsti dalla
normativa le emissioni inquinanti.
I sistemi utilizzati prevedono diverse soluzioni tra le quali ricordiamo:
• ciclone: si tratta di un sistema che serve per un abbattimento grossolano
delle polveri e che ha una sua valenza come sistema di protezione per
eliminare eventuali scintille;
• elettrofiltro: permette di raggiungere filtrazioni a livelli molto buoni
dell’ordine di qualche milligrammo per Nm3 di gas. Può essere a secco
oppure ad umido, ma non ha efficacia per i trattamenti chimici;
• filtro a maniche: garantisce un ottima filtrazione dei gas nel rispetto di limiti
molto bassi. Con maniche di tessuto adeguato può anche essere utilizzato
con fumi con temperature particolarmente alte. Ha inoltre un altra
caratteristica: sulle maniche si forma una sorte di strato filtrante che viene
- 91 -
utilizzato per il completamento delle reazioni chimiche per abbattere cloro,
zolfo ed altri inquinanti.
Per abbattere le sostanze inquinanti (cloro, zolfo, ecc.) si possono utilizzare sia
sistemi a secco che ad umido. Prima dell’immissione in atmosfera i gas vengono
analizzati in continuo per verificarne i loro contenuti inquinanti: HCl, CO, NOx, CO2,
SO2, O2, COT (Carbonio Organico Totale), temperatura e grado di polluzione.
4.3.5 Turbina e impianto di demineralizzazione In caldaia viene prodotto il vapore necessario per la produzione di energia
elettrica. Il vapore, dopo la fase di espansione in turbina, deve essere condensato
per essere poi pompato come acqua in caldaia. La condensazione può essere
realizzata sia tramite un sistema ad acqua sia tramite un sistema ad aria.
Si è diffuso l’utilizzo del sistema ad aria che elimina la tipica colonna di vapore
durante i mesi invernali.
L’impianto prevede inoltre un sistema di preparazione di acqua demineralizzata
necessaria per evitare corrosioni o formazioni di calcare nelle apparecchiature del
ciclo a vapore. L’acqua è inoltre trattata nel degasatore prima di essere pompata
in caldaia per eliminare l’ossigeno che risulta essere particolarmente aggressivo
alle temperature e pressioni di progetto.
4.3.6 Impianti accessori Essi comprendono tutte le opere elettriche (impianto elettrico, sottostazione
elettrica), il sistema di comando e controllo nonché gli uffici, il laboratorio chimico
ed il magazzino.
Nella Tabella 4.3 sono indicati i parametri caratteristici di un impianto a biomassa
relativi alla fase di costruzione.
Nella Tabella 4.4 vengono invece confrontati i parametri, in fase di costruzione,
relativi ai diversi impianti alimentati a FR.
- 92 -
Tabella 4.3 Impianto a biomassa - Parametri della fase di costruzione
Tabella 4.4 Parametri di confronto fra impianti alimentati da FR nella fase di costruzione
4.4 Iter autorizzativoIn questa parte del capitolo, si è cercato di stendere un elenco che comprendesse
gli atti amministrativi necessari per l’avvio dell’impianto, le convenzioni firmate
dall’imprenditore con Enti Locali o con privati, la documentazione necessaria per
ottenere la connessione elettrica ed il tipo di studi ambientali effettuati, al fine di
poter valutare e confrontare le diverse fonti rinnovabili sul piano autorizzativo.
Data la frammentazione delle procedure necessarie e la diversità, a livello
regionale, della normativa esistente, l’elencazione che segue potrebbe non
comprendere alcuni atti richiesti da talune autorità in contesti particolari.
Non eccessivamente gravose sono risultate le procedure necessarie all’avvio di un
impianto a biomasse, pur richiedendo sempre tempi dell’ordine dei 12 mesi per
l’avvio della costruzione dell’impianto e di pochi mesi per la connessione elettrica.
- 93 -
La normativa di riferimento è ancora in fase di evoluzione e ciò genera qualche
complicazione, Infatti manca, spesso, un metro comune adottato dalle diverse
Province e Regioni d’Italia.
I criteri di valutazione possono così variare a seconda della zona del Paese in cui
l’imprenditore sceglie di operare.
Nella Tabella 4.5 troviamo le principali autorizzazioni da richiedere ai diversi enti.
Tabella 4.5 Impianto a biomassa - Iter autorizzativo
Nella Tabella 4.6 ritroviamo il confronto dei parametri caratteristici, questa volta
relativi all’iter autorizzativo, dei diversi impianti alimentati da FR.
- 94 -
Tabella 4.6 Parametri di confronto fra impianti alimentati da FR nella fase di autorizzazione
La difficoltà maggiore riscontrata durante l’iter autorizzativo è risultata essere
l’ottenimento dell’autorizzazione all’emissioni in atmosfera con richieste di
controllo emissioni teleleggibili; anche se questa non è una procedura standard, è
stata richiesta da alcune amministrazioni.
4.5 Il consenso localePur ritenendola molto importante, la ricerca del consenso locale per un impianto
da fonti rinnovabili, non è quasi mai ricercata dall’imprenditore, soprattutto se
l’intervento sul territorio è di modeste dimensioni. Spesso tuttavia l’imprenditore è
obbligato a intervenire quando si è già in presenza di un conflitto.
Per alcuni versi i processi localizzativi degli impianti produttori di energia da fonti
rinnovabili non differiscono dai più comuni processi che suscitano conflitti
ambientali, come gli impianti per lo smaltimento dei rifiuti, le principali infrastrutture
di trasporto, gli impianti energetici tradizionali: in tutti i casi si assiste all’attivarsi di
un’opposizione locale con connotati NIMBY (not in my back yard, non nel mio
cortile).
In rarissimi casi, fra quelli esaminati, si è riscontrata una ricerca del consenso
locale; nella quasi totalità dei casi, invece, non è stato fatto uso di strumenti per la
ricerca del consenso o sono state organizzate solamente delle piccole campagne
di informazione a progetto ultimato o incontri con comitati di cittadini che si erano
formati a causa della costruzione dell’impianto.
Da questo atteggiamento, più improntato alla correzione in corso d’opera che alla
prevenzione del conflitto, scaturiscono delle insoddisfazioni profonde dei
- 95 -
proponenti, motivate da un significativo aumento dei tempi di realizzazione
dell’opera (34% dei casi) e dei costi (il 17% degli imprenditori ritiene che i costi
diventino molto superiori e il 10% poco superiori).
Dalle esperienze studiate risulta chiaro come il mostrarsi da parte dell’imprenditore
disponibile, alla presenza sul territorio, al confronto con gli amministratori locali ed
al legame con le caratteristiche produttive e di contesto sociale sin dalla nascita
del progetto, sia la miglior ricetta per garantire il consenso locale.
A livello locale abbiamo osservato barriere e conflitti, spesso di breve durata o
legati a piccole strumentalizzazioni politiche (soprattutto in vista delle elezioni).
Viene inoltre evidenziata dall’analisi dell’esistente un’attitudine, assai diffusa, di
coinvolgere nei processi decisionali prevalentemente gli Enti Locali e in misura
decisamente minore i cittadini (eventualmente organizzati in comitati e
associazioni), anche per un’oggettiva difficoltà a trattare la rappresentatività di
questi ultimi. Sono proprio le opinioni di questi però a influenzare, anche in
maniera significativa, gli orientamenti dei politici che rappresentano gli Enti Locali.
È estremamente difficile stimare i costi delle attività di ricerca del consenso, di
prevenzione e risoluzione dei conflitti perché spesso non vengono conteggiate a
parte; in base ai casi studiati tale costo può raggiungere un massimo del 2% del
costo d’investimento e viene considerato nella voce costi e spese di costruzione
già citata.
In alcune esperienze internazionali tuttavia si è verificato che, laddove fosse
presente una forte opposizione locale, alcuni impianti hanno avuto in media un
costo maggiorato del 30%.
Le proposte di prevenzione e gestione delle conflittualità locali, messe in campo o
auspicate nell’intento di aumentare il grado di accettabilità locale degli impianti
produttori di energia da fonti rinnovabili, si articolano attorno ad alcuni concetti
cardine:
• la necessità di coinvolgere la popolazione locale sia nella fase progettuale
dell’impianto, sia nella fase di gestione e monitoraggio dello stesso. Questo
obiettivo viene perseguito già da alcuni proponenti che si attivano sul
- 96 -
territorio prescelto, quale sito per il nuovo impianto, con largo anticipo,
curando il rapporto con la comunità, diffondendo video e pubblicazioni nelle
scuole locali, organizzando incontri con gli studenti e con la cittadinanza,
pubblicando interventi sulla stampa locale. Questo favorisce l’instaurarsi di
un rapporto continuativo e diretto con le comunità in quanto l’importante è
tanto ottenere il consenso quanto mantenerlo;
• l’esigenza di implementare le campagne di diffusione dell’informazione
rispetto a rischi e benefici reali dell’utilizzo di fonti rinnovabili, ma anche di
mantenere tale diffusione di informazioni durante l’esercizio, passo dopo
passo, comunicando i risultati e le innovazioni;
• la scelta di collocare gli impianti lontani dalle zone residenziali e dai
paesaggi di pregio;
• la necessità per i proponenti di dimostrare la qualità dei propri impianti
ottenendo una certificazione ISO 14000 o EMAS e proponendo una
progettazione che minimizzi l’impatto ambientale in tutte le sue componenti;
• l’opportunità di favorire la ricaduta dei benefici indotti dagli impianti sul
territorio che li ospita, tutelando i privati oltre che gli enti pubblici
(formazione e utilizzo di manodopera locale, royalties ai Comuni, sostegno
alla progettualità e alle attività locali in settori affini e non, offerta di un
energy service per ottimizzare e minimizzare i consumi locali ecc.);
• predisporre un Piano Regionale di Localizzazione degli impianti. Servono
leggi applicabili, limiti e condizioni vanno fissati a priori da un organo
competente;
• va valorizzata l’opportunità di realizzare molti impianti medio-piccoli (anche
riadattando centrali preesistenti e oggi in disuso), magari più costosi, ma
che diano benefici a livello locale anziché pochi di grosse dimensioni, che
consentono un risparmio ma non una reale spartizione di costi e benefici. In
questo modo si potrebbe ragionare a livello locale anche sull’integrazione di
produzione di energia utilizzando le emissioni per il teleriscaldamento.
- 97 -
Nei due elenchi successivi vengono riportati i punti di forza delle fonti rinnovabili e
i maggiori motivi di conflitto riscontrati durante l’insediamento dell’impianto.
Elenco 4.2 I punti di forza delle rinnovabili
Hanno una ricaduta positiva sull’ambiente dovuta alla mancata emissione di
gas inquinanti (ogni kWh di energia elettrica prodotta mediante fonte
rinnovabile consente di evitare l’immissione in atmosfera di circa 720g di
CO2 altrimenti prodotta tramite combustibili fossili);
Limitano la dipendenza energetica dalle importazioni;
Sono compatibili con l’ambiente, collaudate, sicure e sostenibili;
Sono fonti indipendenti da paesi politicamente instabili;
Portano spesso posti di lavoro in aree solitamente marginali;
Perseguono la diversificazione delle fonti energetiche e sfruttamento delle
potenzialità energetiche del territorio.
Elenco 4.3 Le cause ricorrenti dei conflitti
Sostanziale mancanza di informazione sulla cultura delle fonti rinnovabili.
Spesso gli stessi ambientalisti locali si mostrano diffidenti verso i nuovi
impianti per via di una disinformazione sui benefici locali a lungo termine;
Presunto inquinamento, legato alle emissioni in atmosfera;
Si associano le biomasse ai rifiuti e si genera sfiducia: “e se lo stesso
impianto che oggi viene usato per bruciare le biomasse, dopo aver ottenuto
il consenso collettivo, si mettesse a bruciare rifiuti”?;
Gli oppositori sono spesso proprietari privati legati a minoranze politiche
all’interno degli Enti Locali. È di fatto possibile leggere dietro al conflitto una
querelle locale interna all’amministrazione o tra pubblico e privato legata ad
altre questioni ma che trova, nella localizzazione di un nuovo impianto sul
territorio, un pretesto di rivalsa (alcuni parlano proprio di
strumentalizzazione da parte di alcuni soggetti politici e, altresì, da parte di
alcuni soggetti privati a fini speculativi);
- 98 -
La mancanza di linee guida e indicazioni rispetto ai siti eleggibili da parte
delle Regioni. Questa lacuna sposta il conflitto dalle sedi istituzionali a
quelle locali allungando i tempi e accrescendo i costi degli interventi,
nonché generando un malcontento difficile da arginare in fase di
realizzazione;
L’impatto legato alla presenza di un cantiere sul territorio che spesso non
rispetta la sensibilità locale, concentra i disagi anziché distribuirli con
gradualità;
Si avanza per opposizioni poco costruttive e non si aprono tavoli di
negoziazione veri e propri .
4.6 Gestione dell’impiantoLa voce costi di gestione comprende quella che viene definita “O & M” (Operation
and Maintenance):
• manutenzione;
• stipendi;
• assicurazioni;
• spesa per prodotti chimici;
• smaltimento ceneri;
• costi vari;
Non vengono considerati, in questa voce di spesa, i costi relativi alla biomassa
combustibile utilizzata.
Il primo dato che colpisce, analizzando le esperienze di centrali a biomasse, è
l’alta occupazione per la gestione dell’impianto, generata da questo tipo di
tecnologia. Le centrali a biomasse, infatti, richiedono personale per la gestione del
combustibile, il caricamento della caldaia e la gestione dei generatori. Nelle
esperienze studiate, centrali di potenza compresa fra 8-15 MW, il personale
impiegato si aggira intorno ai 20 dipendenti a tempo pieno (15 operai, 3 impiegati,
2 dirigenti).
- 99 -
Nelle centrali analizzate si sono rilevati costi di gestione in media pari a 20-25
€/MWh prodotto.
I dati di seguito riportati nella Tabella 4.7, relativi al confronto fra i diversi impianti
alimentati a fonti rinnovabili, prendono a riferimento il fatturato della vendita della
sola energia elettrica e non dei Certificati Verdi, perciò l’analisi è comunque valida
a prescindere dal fatto che l’impianto goda o meno di un programma di
incentivazione.
A titolo esemplificativo si è assunto che la vendita di energia elettrica avvenga ad
un valore di 50 €/MWh, valore leggermente penalizzante rispetto ai valori di
vendita del 2005, ma comunque assolutamente in linea con i riferimenti presi nei
business plan degli impianti.
Tabella 4.7 Parametri di confronto fra impianti alimentati da FR nella fase di esercizio
- 100 -
4.7 Costo del combustibileDi non facilissima determinazione è il costo del combustibile per un impianto a
biomassa.
A determinarlo concorrono vari fattori alquanto mutevoli:
• qualità della biomassa (umidità e PCI);
• disponibilità sul mercato;
• costo di trasporto della biomassa dal luogo di raccolta o produzione
all’impianto utilizzatore.
Nel capitolo successivo si cercherà di stimare un prezzo medio della sansa
esausta che però conterrà un’aliquota dipendente dal costo di trasporto.
- 101 -
Capitolo 5
Potenziale energetico della sansa esausta in Puglia, valutazione economica ed ambientale di una possibile centrale
Quello che farò in questo capitolo è stimare le quantità di sansa esausta
utilizzabile in Puglia a fini energetici, per arrivare poi ad ipotizzare l’installazione
sul territorio di una o più centrali.
Procederò, inoltre, al calcolo del costo industriale del MWh elettrico prodotto e alla
valutazione di un possibile investimento dal punto di vista ambientale, in termini di
CO2 evitata, ed economica, attraverso opportuni indici economici.
Per la valutazione del quantitativo di sansa prodotta in Puglia si farà riferimento a
quanto esposto nel Capitolo 3, riguardo al processo produttivo della sansa stessa.
Mentre, per la valutazione tecnico economica dell’impianto, si farà riferimento al
Capitolo 4.
5.1 Potenziale energetico della sansa esausta in Puglia Non avendo potuto basare la determinazione del quantitativo di sansa esausta sui
dati riguardanti la produzione dei sansifici pugliesi, ho cercato di ricavarlo con un
procedimento “a ritroso”, partendo dalla quantità di olio di oliva prodotto nella
regione, e applicando poi a questa, i bilanci in massa visti nel dettaglio nel
Capitolo 3.
Essendo la produzione dell’albero dell’ulivo caratterizzata dai cosiddetti anni di
“carica” e di “scarica”, ho considerato il quantitativo prodotto in 4 annate
successive e precisamente dalla campagna olivicola del 2001/2002 a quella del
2004/2005 (dati AGECONTROL). Come dato di partenza ho preso la media della
produzione di olio nella 4 annate (vedi Tabella 5.1).
- 102 -
Tabella 5.1 AGECONTROL: produzione di olio in Puglia
Campagna 2001/2002 2002/2003 2003/2004 2004/2005 Media
Olio prodotto (ton)
262.764 224.285 267.527 338.591 273.292
Ricordiamo nella Figura 5.1 il bilancio in massa relativo all’intero processo di
produzione della sansa, distinguendo tra frantoi tradizionali e continui.
Figura 5.1 Bilancio in massa della produzione di sansa
Noti i bilanci di cui sopra, il primo passo è stato di ricavare, dalla quantità di olio
prodotto, il corrispondente quantitativo di olive molite annualmente in Puglia.
- 103 -
Entrambi i tipi di frantoi danno, in media, lo stesso quantitativo d’olio, ovvero 20 kg
d’olio su 100 kg di olive molite; per cui, il quantitativo di olive molite è presto
calcolato e riportato in Tabella 5.2.
Successivamente ho diviso questo dato per provincia utilizzando le percentuali
medie di olive molite, nelle diverse province pugliesi, nei 4 anni presi in esame.
Tabella 5.2 Olive molite in Puglia divise per provincia
Olive molite Foggia (ton) 13,47% 184.062
Olive molite Bari (ton) 37,98% 518.982
Olive molite Taranto (ton) 7,16% 97.838
Olive molite Brindisi (ton) 14,27% 194.994
Olive molite Lecce (ton) 27,12% 370.584
Olive molite Puglia (ton) 100% 1.366.458
Ancora dai grafici in Figura 5.1 ho estrapolato i rapporti presenti in tabella 5.3.
Come indicato nella stessa tabella, sapendo che il 10% delle olive molite in Puglia
si lavorano in frantoi tradizionali e ben il 90% in frantoi continui, ho ricavato due
coefficienti complessivi che mi hanno permesso di ricavare la quantità di sansa
esausta lorda prodotta in Puglia divisa per provincia. Ho supposto che la
proporzione tra frantoi continui e tradizionali, valida a livello regionale, fosse la
stessa anche a livello provinciale. I risultati sono riassunti in Tabella 5.4.
- 104 -
Tabella 5.3 Coefficienti estrapolati dal bilancio in massa della produzione di sansa
FRANTOI TRADIZIONALI
FRANTOI CONTINUI
Olive molite nei frantoi 10% 90%
Sansa vergine/olive molite 0,45 0,6
Sansa esausta/sansa vergine 0,66 0,46
Sansa esausta/olive molite 0,297 0,276
Coefficiente complessivo 0,0297 0,2484
Tabella 5.4 Sansa esausta lorda prodotta in Puglia divisa per provincia
Sansa esausta lorda Foggia ton 51.188Sansa esausta lorda Bari ton 144.329Sansa esausta lorda Taranto ton 27.209Sansa esausta lorda Brindisi ton 54.228Sansa esausta lorda Lecce ton 103.059
Sansa esausta lorda Puglia ton 380.013
Ho specificato sansa esausta “lorda”, poiché, da questa, occorre togliere la parte
utilizzata dal sansificio stesso, per ottenere il calore di processo necessario
all’essiccazione della sansa vergine e all’estrazione dell’olio di sansa.
Stimando che il 40% del quantitativo lordo sia utilizzato dal sansificio, restano le
quantità nette potenzialmente disponibili sul mercato (Tabella 5.5).
Tabella 5.5 Sansa esausta netta disponibile in Puglia divisa per provincia
Sansa esausta Foggia ton 30.713Sansa esausta Bari ton 86.597Sansa esausta Taranto ton 16.325Sansa esausta Brindisi ton 32.537Sansa esausta Lecce ton 61.836
Sansa esausta Puglia ton 228.007
- 105 -
L’ipotesi che ora andrò a fare, è quella di considerare che tutta la sansa,
disponibile sul mercato, sia utilizzabile per la produzione di energia elettrica.
Questa ipotesi non deve sembrare eccessiva, in virtù delle osservazioni già fatte
nel Capitolo 3, a proposito dell’uso della sansa oggi, e in ogni caso sarà utile per
dare un’idea di quale possa essere la potenza installabile di una o più centrali in
Puglia, qualora tutta questa sansa fosse realmente disponibile.
Ad ogni modo, anche se non si dovesse disporre di tutto questo quantitativo, è
bene ricordare che in una centrale a sansa possono essere bruciati, senza
complicazioni rilevanti, altri combustibili di supporto, quali biomasse legnose e
diversi scarti di lavorazione dell’industria agro-alimentare presenti sul territorio
pugliese, anche se in quantità inferiori alla sansa (vinacce, gusci di mandorle,
noccioli di frutta, ecc.).
Partendo dai dati in Tabella 5.5, considerato un potere calorifico medio per la
sansa pari a 4400 kcal/kg, ho ricavato i potenziali termici a disposizione nelle
diverse province pugliesi riportati in Tabella 5.6.
Tabella 5.6 Potenziale termico disponibile per provincia
Potenziale termico Foggia 13.514
Potenziale termico Bari 38.103
Potenziale termico Taranto 7.183
Potenziale termico Brindisi 14.316
Potenziale termico Lecce 27.208
tep kcal TJ
Potenziale termico Puglia 100.323 1,00E+12 4214
A questo punto, è venuto naturale individuare due “poli della sansa”: uno che
sfrutti i potenziali termici delle province Bari-Foggia, e l’altro quello relativo alle
province Lecce-Brindisi-Taranto.
- 106 -
Così raggruppati, questi due poli hanno all’incirca lo stesso potenziale termico
(vedi Tabella 5.7); si può allora pensare a due centrali della stessa potenza, una
per ogni polo.
Tabella 5.7 Potenziale termico dei due poli della sansa
Potenziale termico centrale Ba-Fg tep 51.616
Potenziale termico centrale Le-Br-Ta tep 48.707
Si noti che, in questi due poli, l’apporto potenziale, rispettivamente di Foggia e
Taranto, è modesto rispetto a quello delle altre province; questo dovrà essere
considerato nel momento in cui si dovrà scegliere la collocazione geografica
dell’insediamento produttivo.
Si rammenti, infatti, che una problematica che rischia di vanificare i vantaggi
economici e ambientali di un impianto a biomassa, è quella concernente i costi e
le emissioni durante il trasporto della biomassa stessa.
Dai potenziali termici delle due ipotetiche centrali ho calcolato la loro producibilità
annua, attraverso l’utilizzo di un rendimento caratteristico medio, tipico di questo
tipo di impianti, pari a 0,25.
I risultati espressi sia in tep che in GWh sono riportati in tabella 5.8.
Tabella 5.8 Producibilità potenziale delle due centrali
Producibilità tep GWh
Centrale Ba-Fg 12.904 150,04
Centrale Le-Br-Ta 12.177 141,58
Successivamente, ipotizzando un totale annuo di ore di funzionamento pari a
7.800, ho ottenuto la potenza media installabile nei due poli riportati in Tabella 5.9.
- 107 -
Tabella 5.9 Potenza netta installabile delle due centrali
Potenza netta Ba-Fg MW 19,24
Potenza netta Le-Br-Ta MW 18,15
Da questa prima serie di risultati ottenuti, è possibile ricavare quanta sansa
esausta è necessaria per produrre 1 kWh di energia elettrica:
kg sansa / kWh 0,78
5.2 Costo industriale del MWh prodotto da sansa esausta Partendo dai dati ottenuti nel precedente paragrafo, procederò ora, sotto
opportune e ragionate ipotesi, a stimare il costo industriale del MWh prodotto,
utilizzando sansa esausta come combustibile.
Innanzitutto, tenendo conto dei dati di cui sopra, consideriamo una centrale tipo
che abbia una potenza installata di 18 MW, a cui corrispondono una producibilità
annua di 140.400 MWh e un consumo annuo di 109.767 ton di sansa esausta (cfr
con Tabelle precedenti, in particolare la 5.8).
Tabella 5.10 Dati produttivi della centrale
Potenza netta installata MW 18
Combustibile consumato annualmente ton 109.767
Producibilità annua MWh 140.400
Per il calcolo del costo industriale ho utilizzato la formula seguente:
∑=
−+⋅
++= n
i
tE
ScIgIcCu
1)1( α
- 108 -
dove:
• Ic risulta essere l’investimento complessivo attualizzato all’anno di entrata
in servizio dell’impianto, ed è composto dalle voci: costi e spese di
costruzione, progettazione e iter autorizzativo come già analizzato nel
Capitolo 4;
• Ig risulta essere, invece, il costo di gestione dell’impianto, sempre
attualizzato, costituito da voci di spesa quali: manutenzione, stipendi,
assicurazioni, prodotti chimici, smaltimento ceneri, ecc.;
• Sc rappresenta la spesa associata al costo del combustibile e va anche
questa attualizzata:
• E rappresenta la producibilità annua;
• α risulta essere il tasso di attualizzazione;
• n rappresenta gli anni di vita utile dell’impianto.
Nel nostro caso supporremo siano necessari 2 anni per la costruzione
dell’impianto, 15 anni di vita utile e un tasso di attualizzazione del 6% (vedi Tabella
5.9), valore questo, ritenuto realistico da esperti nel settore, nell’attuale situazione
economico- finanziaria.
Tabella 5.11 Dati finanziari per la centrale
Tasso di attualizzazione 0,06
Anni di costruzione (nc) 2
Anni di vita utile (n) 15
Analizziamo singolarmente le voci al numeratore.
- 109 -
5.2.1 Investimento complessivo attualizzatoCome visto nel Capitolo 4, da un’indagine svolta sugli impianti a biomassa
presenti in Italia, risultano costi di investimento unitario che variano dai 1.200 ai
2.200 €/kW di potenza installata.
Mettiamoci nelle condizioni più severe e ipotizziamo quindi un investimento
unitario pari a 2.200 €/kW, ottenendo così un investimento complessivo, nel nostro
caso, pari a 39.600.000 € ripartito e attualizzato sui due anni di costruzione come
da Tabella 5.12.
Tabella 5.12 Voci d’investimento della centrale
Investimento unitario €/MW 2.200.000
Investimento complessivo € 39.600.000
Progettazione € 1.980.000
Costo e spese di costruzione € 37.224.000
Iter autorizzativo € 396.000
Investimento complessivo attualizzato (Ic) € 42.983.424
Nell’attualizzazione, l’investimento complessivo è stato distribuito, nei due anni di
costruzione, secondo le percentuali rispettivamente del 40% il primo anno e del
60% il secondo anno, avendo realisticamente considerato che le spese maggiori
sono sostenute nell’ultimo anno (acquisto macchinari, ecc.).
5.2.2 Costi di gestioneSempre facendo riferimento agli studi trattati nel Capitolo 4, i costi di gestione
sono stimati nell’intervallo 20-25 €/MWh prodotto.
Questa volta ritenendo la stima un po’ troppo severa, attraverso un’opportuna
analisi dell’entità delle voci di costo relative, ho ritenuto di prendere, come valore
di riferimento, l’estremo inferiore dell’intervallo, e quindi 20 €/MWh; da questo
valore ho ricavato il costo di gestione annuo (risultato pari al 7% circa
- 110 -
dell’investimento complessivo) e in seguito quello attualizzato nei 15 anni di vita
utile considerati, come mostrato in Tabella 5.13.
Tabella 5.13 Costo di gestione della centrale
Costo di gestione unitario €/MWh 20
Costo di gestione annuo € 2.808.000
Costo di gestione attualizzato (Ig) € 27.271.995
5.2.3 Spesa associata al costo del combustibilePer questa voce sono doverose alcune importanti precisazioni; la prima cosa che
ho ritenuto giusto fare, è considerare questa spesa come somma di due termini:
uno relativo al costo effettivo della sansa esausta, acquistata dai diversi sansifici o
distributori, e l’altro strettamente collegato al costo di trasporto della sansa stessa,
come da riflessioni di cui sopra.
Relativamente al costo della sansa, ho ritenuto valido l’intervallo proposto sia dal
rapporto ITABIA 2003 che dall’ultimo rapporto ENEA 2005 sulle fonti rinnovabili
(vedi bibliografia tesi), il quale era compreso fra 40-50 €/ton, prezzo questo
all’ingrosso.
In effetti, contattando, personalmente, diversi venditori, fra sansifici e distributori,
ho potuto costatare come il prezzo al dettaglio, per piccoli consumatori, fosse
compreso fra i 60-90 €/ton. Ragion per cui mi è sembrato plausibile, stimare un
prezzo medio effettivo, all’ingrosso, di 45 €/ton.
Per quanto riguarda invece, i costi di trasporto, ho dovuto fare alcune ipotesi
preliminari: supponendo di insediare le due centrali di produzione una nel nord-
barese e l’altra a cavallo fra le province di Brindisi e Lecce, dovrei essere in grado
di coprire i vari percorsi sansificio-centrale con una distanza media di 70-80 km.
- 111 -
Infatti, la quasi totalità dei sansifici pugliesi è presente nelle province di Bari,
Brindisi e Lecce.
Questa ipotesi mi è stata indispensabile nel contattare diverse aziende di
trasporto, per richiedere i relativi preventivi, garantendo loro una movimentazione
giornaliera media di oltre 330 ton di sansa al giorno, pari a 12 viaggi di automezzi
da 28 ton, portata massima consentita in Italia (calcolo effettuato considerando il
consumo annuo di combustibile della centrale, riportato in Tabella 5.10.).
Questo mi ha permesso di ottenere un prezzo per il trasporto della sansa,
compreso fra i 5-7 €/ton per percorsi medi di 70-80 km.
Ho preso, come riferimento, un prezzo medio di 6 €/ton, da aggiungere ai 45 €/ton
per una spesa complessiva associata al costo del combustibile pari a 51 €/ton.
Da questo valore ho poi calcolato la spesa annua e il corrispondente valore
attualizzato (vedi Tabella 5.14).
Tabella 5.14 Spesa associata al costo del combustibile della centrale
Costo combustibile unitario €/ton 51
Costo combustibile annuo € 5.598.131
Costo combustibile attualizzato (Sc) € 54.370.441
Disponibilità e stoccaggio della sansa esausta
E’ bene qui effettuare alcune considerazioni riguardo alla disponibilità di sansa
durante l’anno e al suo stoccaggio.
Se è vero che la produzione di olio di oliva, nella nostra regione, è limitata ai mesi
che vanno da Ottobre a Marzo-Aprile ed è concentrata maggiormente nei mesi di
Novembre, Dicembre e Gennaio (considerazioni basate sui quantitativi mensili di
olio comunicati dai frantoi all’AGECONTROL), l’attività dei sansifici è sicuramente
più diluita nell’anno, tanto da coprire, se non tutto, almeno 8-9 mesi l’anno.
- 112 -
Lo stoccaggio della sansa esausta deve avvenire in un luogo chiuso, per non
aumentarne l’umidità, e possibilmente depressurizzato, per evitare l’esalazione di
sostanze maleodoranti.
Le problematiche riguardanti le notevoli quantità di sansa stoccabili durante l’anno,
possono ritenersi ridimensionate, considerando che da un lato, ogni sansificio ha
un suo magazzino di stoccaggio, capace di contenere buona parte della sansa
prodotta durante l’anno, e d’altro canto, ipotizzando un deposito di stoccaggio (al
chiuso e depressurizzato) all’interno della centrale di produzione, attraverso un
adeguato capannone. Infatti, basandomi su realtà effettivamente presenti sul
territorio, è realistico pensare ad un possibile capannone di dimensioni 120 x 80 x
8 metri, avente una superficie utile dell’80% ed un’altezza utile di 5 metri. Questo
capannone riuscirebbe a stoccare una quantità di sansa esausta sufficiente ad
alimentare la centrale per quasi 2 mesi (vedi Tabella 5.15).
Tabella 5.15 Dimensioni e capacità di stoccaggio del capannone
Larghezza capannone m 120
Lunghezza capannone m 80
Altezza capannone m 8
Altezza utile m 5
Peso specifico sansa kg/m3 500
Volume capannone m3 48.000
Volume capannone utilizzabile (80% sup) m3 38.400
Sansa stoccabile ton 19.200
Sansa stoccabile gg di riserva 57
- 113 -
Costo MWhNote ora, tutte le voci della formula del costo industriale vista prima, si ottiene un
valore pari a:
Costo industriale del MWh da sansa €/MWh 91,39
Possiamo confrontare il costo così ottenuto, con quello relativo all’uso di
combustibili tradizionali, quali olio combustibile BTZ, carbone e metano.
Nell’implementare la stessa formula del costo industriale, ho ipotizzato stesso
tasso di attualizzazione, stesse ore di funzionamento annue e stesso numero di
anni di vita utile, già usati nel caso della centrale a sansa, ma naturalmente,
potenza installata e relativa producibilità, ben più elevate, insieme a differenti costi
d’investimento unitario, costi di gestione, rendimenti e spese associate al costo del
combustibile. Nella Tabella 5.16 ritroviamo le ipotesi effettuate per le diverse
centrali e i relativi costi industriali ottenuti.
Tabella 5.16 Costo industriale per centrali a combustibili tradizionali
Combustibile tradizionale u.d.m CARBONE OLIO COMB. METANO
Tasso di attualizz. 0.06 0.06 0.06
Anni di vita utile 15 15 15
Ore di funzion. annue 7800 7800 7800
Potenza installata MW 675 675 675
Investimento unitario (Isp) €/MW 550.000 550.000 400.000
Costo di gestione %Isp 3% 3% 1,7%
Rendimento 37,87% 40,87% 56%
Potere calorifico inf. kcal/kg (kcal/m3) 6.300 10.000 (8.250)
Costo combustibile €/ton (€/m3) 50 350 (0,27)
Costo industriale €/MWh 27,39 83,18 56,45
- 114 -
Osservando i costi industriali così ottenuti (messi visivamente a confronto nella
Figura 5.2), emerge l’alto costo relativo all’uso di olio combustibile, non molto
lontano da quello trovato per la sansa. Mentre, sicuramente più basso è il costo
del MWh prodotto mediante metano e ancor più quello ottenuto dal carbone.
C’è però da sottolineare come, specie per olio combustibile e carbone, le
emissioni di CO2 (e non solo) non sono confrontabili con l’andamento, quasi in
pareggio, relativo alla combustione di biomassa, come vedremo meglio nel
paragrafo successivo.
Figura 5.2 Confronto fra costo industriale del MWh da sansa e da combustibili tradizionali
91,39
27,39
83,18
56,45
0102030405060708090
100
€/M
Wh
Combustibile
Costo industriale MWh
SansaCarboneOlio combustibileMetano
5.3 Emissioni evitate di CO2 nell’ambiente Si è già detto come, utilizzando biomassa come combustibile, il bilancio
complessivo di CO2 immessa nell’atmosfera risulta essere in pareggio: poiché,
tanta anidride carbonica è assorbita (fissata) dalla biomassa durante la sua
crescita, mediante il processo di fotosintesi clorofilliana, altrettanta n’è immessa
nell’ambiente durante la sua combustione, a meno però della CO2 emessa durante
il trasporto e la movimentazione della stessa biomassa. Supponendo allora di
trascurare le emissioni dovute alla movimentazione della sansa in centrale,
proverò a valutare quelle dovute al trasporto.
- 115 -
Valutando poi, opportunamente, la CO2 evitata, arriverò a determinare il saldo
netto di CO2 risparmiata all’ambiente.
Secondo l’ENEA, ad ogni kWh prodotto da fonti rinnovabili, corrisponde una
quantità di CO2 evitata (nel senso che non è immessa nell’ambiente) pari a ben
0,72 kg. Per cui il calcolo della CO2 evitata lorda è presto fatto (vedi Tabella 5.17).
Tabella 5.17 Calcolo della CO2 evitata lorda
CO2 evitata unitaria kg/kWh da FR 0,72
Producibilità annua MWh 140.400
CO2 evitata lorda ton 101.088
Un po’ più laborioso è il calcolo della CO2 immessa nell’ambiente durante il
trasporto. Il dato di partenza risulta essere quello presente nella banca dati del
Sistema Informativo Nazionale Ambientale, reperibile in rete (www.sinanet.apat.it),
relativo alle emissioni di anidride carbonica dovute alla circolazione di automezzi
pesanti. I dati inseriti nel data base, relativi agli automezzi usati per il trasporto di
sansa esausta, sono i seguenti.
• Tipo di veicolo: Heavy Duty Vheichols.
• Categoria di veicolo: Diesel 16-32 ton.
• Tecnologia: 91/542/EEC Stage II.
Conseguentemente il data base ha restituito un valore di CO2 immessa
nell’ambiente pari a 3,137 kg/kg diesel consumato dal veicolo stesso.
Sotto le ipotesi riportate in Tabella 5.18 ho determinato la quantità di CO2 totale
dovuta al trasporto: questa è risultata pari a 585 ton. A questo punto per differenza
ho ricavato il valore netto di CO2 che si è evitato di immettere in atmosfera,
risultato pari a 100.503 ton.
- 116 -
Tabella 5.18 Calcolo CO2 da trasporto e CO2 evitata netta
Combustibile consumato annualmente (sansa) ton 109.767
Viaggio medio trasporto A/R km 140
Consumo medio percorso misto km/l 2,5
Trasporto max per camion ton 28
Peso specifico carburante kg/l 0,85
Viaggi a pieno carico (necessari annualmente) 3.920
Consumo totale carburante l 219.535
Emissioni CO2 da trasporto ton 585
CO2 evitata netta ton 100.503
5.4 Valutazione economica dell’investimentoPer impostare un’analisi di valutazione economica occorre innanzitutto
determinare ricavi e costi annuali.
Ricavi I ricavi saranno quelli dovuti alla vendita dei Certificati Verdi e quelli concernenti la
vendita dell’energia elettrica prodotta.
Come valore per il CV, ho preso il prezzo di riferimento stabilito dal GRTN, per
l’anno 2005, pari a 10,892 c€/kWh.
Mentre per il ricavo dalla vendita dell’energia ho considerato il prezzo medio di
acquisto dell’energia elettrica, relativo al mese di Gennaio 2006, pari a 72 €/MWh
(dato GME).
Occorre però considerare che, secondo la normativa vigente, i CV valgono 8 anni.
Dopo l’ottavo anno, qualora l’impianto non abbia goduto di eventuali incentivi
pubblici, potrà ancora usufruire dei CV per altri 4 anni, solo però sul 60% della
produzione complessiva. Tutta la produzione di energia, compresa la quota parte
destinata all’autoconsumo, gode dell’incentivo dei CV.
- 117 -
Per il ricavo dalla vendita dell’energia elettrica, invece, occorre detrarre
l’autoconsumo dalla produzione complessiva. Da quanto detto, ho calcolato i
diversi ricavi annuali riportati in Tabella 5.19.
Tabella 5.19 Ricavi annuali
Ricavo CV €/kWh 0,10892
Ricavo vendita €/kWh 0,072
Autoconsumo % 4,50%
Autoconsumo annuale MWh 6.318
1 - 8 ANNI Ricavo annuale da CV € 15.292.368
Ricavo annuale da vendita € 9.653.904
Ricavo totale annuo € 24.946.272
8 - 12 ANNI Ricavo annuale da CV € 9.175.421
Ricavo annuale da vendita € 9.653.904
Ricavo totale annuo € 18.829.325
OLTRE 12 ANNI Ricavo annuale da vendita € 9.653.904
Ricavo totale annuo € 9.653.904
Costi I costi sono quelli dovuti alla gestione della centrale e all’acquisto del combustibile;
calcolati su base annua sono riportati in Tabella 5.20.
Tabella 5.20 Costi annuali
Costo di gestione annuale € 2.808.000
Costo combustibile annuale € 5.598.131
- 118 -
- 119 -
A questo punto noti ricavi e costi, considerato un periodo di ammortamento
dell’investimento complessivo pari a 10 anni, considerato un carico fiscale
complessivo del 48%, con le ipotesi ricordate in Tabella 5.21 mi è stato possibile
implementare la Tabella 5.22 di valutazione economica che mi ha permesso di
estrapolare gli indici economici dell’investimento riportati in Tabella 5.23.
Gli indici che si sono considerati sono i seguenti:
Valore attuale netto
Indice di redditività
Tasso interno di ritorno
Tempo di recupero
VAN IR IRR PBT
Tabella 5.21 Dati sull’investimento
Investimento complessivo € 39.600.000
Anni di ammortamento 10
Ammortamento € 3.960.000
Tasso di attualizzazione 0,06
Tasse % 48%
- 120 -
1 2 3 4 5 6 7Tabella 5.22 Analisi dell’investimento (Ipotesi base)
-1 0Voce anno Investimenti k€ 15.840,00 23.760,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27Costi k€ 0,00 0,00 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 0,00 0,00 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69Attualizz. 1,0600 1,0000 0,9434 0,8900 0,8396 0,7921 0,7473 0,7050 0,6651CFL_A k€ -16.790,40 -23.760,00 15.603,94 14.720,69 13.887,45 13.101,37 12.359,78 11.660,17 11.000,16CFN_A k€ -16.790,40 -23.760,00 9.907,25 9.346,47 8.817,42 8.318,32 7.847,47 7.403,28 6.984,22
8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 24.946,27 18.829,32 18.829,32 18.829,32 18.829,32 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 16.540,17 10.423,22 10.423,22 10.423,22 10.423,22 1.247,80 1.247,80 1.247,80Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 10.501,69 7.320,88 7.320,88 5.420,08 5.420,08 648,86 648,86 648,86Attualizz. 0,6274 0,5919 0,5584 0,5268 0,4970 0,4688 0,4423 0,4173CFL_A k€ 10.377,51 6.169,49 5.820,27 5.490,82 5.180,02 585,02 551,90 520,67CFN_A k€ 6.588,89 4.333,22 4.087,94 2.855,23 2.693,61 304,21 286,99 270,75
Tabella 5.23 Indici economici dell’investimento (Ipotesi base)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 86.478,86 2,13 0,35
Netto 39.494,87 0,97 0,213,42
Figura 5.3 Andamento del Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (Ipotesi base)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
Mili
oni d
i Eur
o
anni
CFL_A CFN_A
Dall’osservazione dei valori degli indici, emerge come l’investimento risulti
senz’altro positivo ed abbia un buon tempo di recupero (PBT), inferiore ai 3 anni e
mezzo.
La positività dell’iniziativa è dovuta essenzialmente, direi meglio, esclusivamente,
all’incentivo dei CV. Infatti, qualora questi non ci fossero, tutti gli indici economici
diverrebbero negativi, come da simulazione successiva.
- 121 -
- 122 -
Nelle prossime pagine ho eseguito varie analisi di sensibilità, relative a diverse
situazioni ipotizzate, nella fattispecie:
• Assenza di CV.
• Aumento del prezzo della sansa del 10%.
• Aumento del prezzo della sansa del 20%.
• Tasso di attualizzazione dell’ 8%.
• Tasso di attualizzazione del 10%.
• Aumento dell’investimento complessivo del 10%.
• Aumento dell’investimento complessivo del 20%.
• Riduzione del valore del CV del 10%.
• Riduzione del valore del CV del 20%.
• Valore del CV e del prezzo di vendita dell’energia elettrica pari a 70 €/MWh.
- 123 -
Tabella 5.24 Analisi dell’investimento (Ipotesi senza CV) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 15.840,00 23.760,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 9.653,90 9.653,90 9.653,90 9.653,90 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 0,00 0,00 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 0,00 0,00 1.247,80 1.247,80 1.247,80 1.247,80 1.247,80 1.247,80 1.247,80Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 2.549,66 2.549,66 2.549,66 2.549,66 2.549,66 2.549,66 2.549,66Attualizz. 1,0600 1,0000 0,9434 0,8900 0,8396 0,7921 0,7473 0,7050 0,6651CFL_A k€ -16.790,40 -23.760,00 1.177,17 1.110,54 1.047,68 988,38 932,43 879,65 829,86CFN_A k€ -16.790,40 -23.760,00 2.405,34 2.269,19 2.140,74 2.019,57 1.905,25 1.797,41 1.695,67 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 9.653,90 9.653,90 9.653,90 9.653,90 9.653,90 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 1.247,80 1.247,80 1.247,80 1.247,80 1.247,80 1.247,80 1.247,80 1.247,80Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 2.549,66 2.549,66 2.549,66 648,86 648,86 648,86 648,86 648,86Attualizz. 0,6274 0,5919 0,5584 0,5268 0,4970 0,4688 0,4423 0,4173CFL_A k€ 782,89 738,57 696,77 657,33 620,12 585,02 551,90 520,67CFN_A k€ 1.599,69 1.509,14 1.423,72 341,81 322,46 304,21 286,99 270,75
- 124 -
Tabella 5.25 Indici economici dell’investimento (Ipotesi senza CV)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo -28.431,42 -0,70 !
Netto -20.258,48 -0,50 !32,50
Figura 5.4 Andamento del Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni(Ipotesi senza CV)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
Mili
oni d
i Eur
o
CFL_A
anni
CFN_A
- 125 -
Tabella 5.26 Analisi dell’investimento (Ipotesi prezzo sansa +10%) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 15.840,00 23.760,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27Costi k€ 0,00 0,00 8.965,94 8.965,94 8.965,94 8.965,94 8.965,94 8.965,94 8.965,94CFL k€ 0,00 0,00 15.980,33 15.980,33 15.980,33 15.980,33 15.980,33 15.980,33 15.980,33Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 10.210,57 10.210,57 10.210,57 10.210,57 10.210,57 10.210,57 10.210,57Attualizz. 1,0600 1,0000 0,9434 0,8900 0,8396 0,7921 0,7473 0,7050 0,6651CFL_A k€ -16.790,40 -23.760,00 15.075,78 14.222,44 13.417,39 12.657,92 11.941,43 11.265,50 10.627,83CFN_A k€ -16.790,40 -23.760,00 9.632,61 9.087,37 8.572,99 8.087,73 7.629,93 7.198,05 6.790,61 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 24.946,27 18.829,32 18.829,32 18.829,32 18.829,32 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 8.965,94 8.965,94 8.965,94 8.965,94 8.965,94 8.965,94 8.965,94 8.965,94CFL k€ 15.980,33 9.863,38 9.863,38 9.863,38 9.863,38 687,96 687,96 687,96Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 10.210,57 7.029,76 7.029,76 5.128,96 5.128,96 357,74 357,74 357,74Attualizz. 0,6274 0,5919 0,5584 0,5268 0,4970 0,4688 0,4423 0,4173CFL_A k€ 10.026,26 5.838,12 5.507,66 5.195,91 4.901,80 322,54 304,29 287,06CFN_A k€ 6.406,24 4.160,90 3.925,38 2.701,87 2.548,93 167,72 158,23 149,27
Costo industriale MWh (€/MWh) 95,38
- 126 -
Tabella 5.27 Indici economici dell’investimento (Ipotesi prezzo sansa +10%)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 81.041,51 2,00 0,34
Netto 36.667,45 0,90 0,203,59
Figura 5.5 Andamento Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (prezzo sansa +10%)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
-1 0 1 2 3 4 5
Mili
oni d
i Eur
o
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
anni
CFL_A CFN_A
- 127 -
Tabella 5.28 Analisi dell’investimento (Ipotesi prezzo sansa +20%) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 15.840,00 23.760,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27Costi k€ 0,00 0,00 9.525,76 9.525,76 9.525,76 9.525,76 9.525,76 9.525,76 9.525,76CFL k€ 0,00 0,00 15.420,52 15.420,52 15.420,52 15.420,52 15.420,52 15.420,52 15.420,52Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 9.919,47 9.919,47 9.919,47 9.919,47 9.919,47 9.919,47 9.919,47Attualizz. 1,0600 1,0000 0,9434 0,8900 0,8396 0,7921 0,7473 0,7050 0,6651CFL_A k€ -16.790,40 -23.760,00 14.547,66 13.724,20 12.947,36 12.214,49 11.523,11 10.870,85 10.255,52CFN_A k€ -16.790,40 -23.760,00 9.357,99 8.828,29 8.328,58 7.857,15 7.412,40 6.992,83 6.597,01 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 24.946,27 18.829,32 18.829,32 18.829,32 18.829,32 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 9.525,76 9.525,76 9.525,76 9.525,76 9.525,76 9.525,76 9.525,76 9.525,76CFL k€ 15.420,52 9.303,57 9.303,57 9.303,57 9.303,57 128,15 128,15 128,15Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 9.919,47 6.738,65 6.738,65 4.837,85 4.837,85 66,64 66,64 66,64Attualizz. 0,6274 0,5919 0,5584 0,5268 0,4970 0,4688 0,4423 0,4173CFL_A k€ 9.675,02 5.506,77 5.195,06 4.901,00 4.623,59 60,08 56,68 53,47CFN_A k€ 6.223,60 3.988,60 3.762,83 2.548,52 2.404,27 31,24 29,47 27,81
Costo industriale MWh (€/MWh) 99,37
- 128 -
Tabella 5.29 Indici economici dell’investimento (Ipotesi prezzo sansa +20%)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 75.604,47 1,86 0,32
Netto 33.840,19 0,83 0,193,78
Figura 5.6 Andamento Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (prezzo sansa +20%)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
-1 0 1 2 3 4 5 6
Mili
oni d
i Eur
o
7 8 9 10 11 12 13 14 15
anni
CFL_A CFN_A
- 129 -
Tabella 5.30 Analisi dell’investimento (Ipotesi tasso di attualizzazione 8%) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 15.840,00 23.760,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27Costi k€ 0,00 0,00 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 0,00 0,00 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69Attualizz. 1,0800 1,0000 0,9259 0,8573 0,7938 0,7350 0,6806 0,6302 0,5835CFL_A k€ -17.107,20 -23.760,00 15.314,97 14.180,53 13.130,12 12.157,52 11.256,96 10.423,11 9.651,03CFN_A k€ -17.107,20 -23.760,00 9.723,79 9.003,51 8.336,58 7.719,06 7.147,27 6.617,85 6.127,63 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 24.946,27 18.829,32 18.829,32 18.829,32 18.829,32 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 16.540,17 10.423,22 10.423,22 10.423,22 10.423,22 1.247,80 1.247,80 1.247,80Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 10.501,69 7.320,88 7.320,88 5.420,08 5.420,08 648,86 648,86 648,86Attualizz. 0,5403 0,5002 0,4632 0,4289 0,3971 0,3677 0,3405 0,3152CFL_A k€ 8.936,14 5.214,21 4.827,97 4.470,34 4.139,21 458,81 424,83 393,36CFN_A k€ 5.673,74 3.662,26 3.390,98 2.324,58 2.152,39 238,58 220,91 204,55
Costo industriale MWh (€/MWh) 96,90
- 130 -
Tabella 5.31 Indici economici dell’investimento (Ipotesi tasso di attualizzazione 8%)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 74.111,92 1,81 0,35
Netto 31.676,47 0,78 0,213,45
Figura 5.7 Andamento del Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (Ipotesi α=8%)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
-1 0 1 2 3 4 5
Mili
oni d
i Eur
o
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
anni
CFL_A CFN_A
- 131 -
Tabella 5.32 Analisi dell’investimento (Ipotesi tasso di attualizzazione 10%) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 15.840,00 23.760,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27Costi k€ 0,00 0,00 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 0,00 0,00 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69Attualizz. 1,1000 1,0000 0,9091 0,8264 0,7513 0,6830 0,6209 0,5645 0,5132CFL_A k€ -17.424,00 -23.760,00 15.036,52 13.669,56 12.426,88 11.297,16 10.270,15 9.336,50 8.487,72CFN_A k€ -17.424,00 -23.760,00 9.546,99 8.679,08 7.890,07 7.172,80 6.520,72 5.927,93 5.389,03 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 24.946,27 18.829,32 18.829,32 18.829,32 18.829,32 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 16.540,17 10.423,22 10.423,22 10.423,22 10.423,22 1.247,80 1.247,80 1.247,80Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 10.501,69 7.320,88 7.320,88 5.420,08 5.420,08 648,86 648,86 648,86Attualizz. 0,4665 0,4241 0,3855 0,3505 0,3186 0,2897 0,2633 0,2394CFL_A k€ 7.716,11 4.420,46 4.018,60 3.653,28 3.321,16 361,44 328,59 298,71CFN_A k€ 4.899,12 3.104,77 2.822,51 1.899,70 1.727,00 187,95 170,86 155,33
Costo industriale MWh (€/MWh) 102,29
- 132 -
Tabella 5.33 Indici economici dell’investimento (Ipotesi tasso di attualizzazione 10%)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 63.458,85 1,54 0,35
Netto 24.909,87 0,60 0,213,48
Figura 5.8 Andamento del Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (Ipotesi α=10%)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
-1 0 1 2 3 4 5
Mili
oni d
i Eur
o
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
anni
CFL_A CFN_A
- 133 -
Tabella 5.34 Analisi dell’investimento (Ipotesi investimento complessivo +10%) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 17.424,00 26.136,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27Costi k€ 0,00 0,00 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 0,00 0,00 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69Attualizz. 1,0600 1,0000 0,9434 0,8900 0,8396 0,7921 0,7473 0,7050 0,6651CFL_A k€ -18.469,44 -26.136,00 15.603,94 14.720,69 13.887,45 13.101,37 12.359,78 11.660,17 11.000,16CFN_A k€ -18.469,44 -26.136,00 9.907,25 9.346,47 8.817,42 8.318,32 7.847,47 7.403,28 6.984,22 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 24.946,27 18.829,32 18.829,32 18.829,32 18.829,32 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 16.540,17 10.423,22 10.423,22 10.423,22 10.423,22 1.247,80 1.247,80 1.247,80Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 10.501,69 7.320,88 7.320,88 5.420,08 5.420,08 648,86 648,86 648,86Attualizz. 0,6274 0,5919 0,5584 0,5268 0,4970 0,4688 0,4423 0,4173CFL_A k€ 10.377,51 6.169,49 5.820,27 5.490,82 5.180,02 585,02 551,90 520,67CFN_A k€ 6.588,89 4.333,22 4.087,94 2.855,23 2.693,61 304,21 286,99 270,75
Costo industriale MWh (€/MWh) 94,55
- 134 -
Tabella 5.35 Indici economici dell’investimento (Ipotesi investimento complessivo +10%)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 82.423,82 1,85 0,32
Netto 35.439,83 0,79 0,193,76
Figura 5.9 Andamento Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (Ipotesi investimento complessivo +10%)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
-1 0 1 2 3 4 5
Mili
oni d
i Eur
o
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
anni
CFL_A CFN_A
- 135 -
Tabella 5.36 Analisi dell’investimento (Ipotesi investimento complessivo +20%) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 19.008,00 28.512,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27 24.946,27Costi k€ 0,00 0,00 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 0,00 0,00 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17 16.540,17Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69 10.501,69Attualizz. 1,0600 1,0000 0,9434 0,8900 0,8396 0,7921 0,7473 0,7050 0,6651CFL_A k€ -20.148,48 -28.512,00 15.603,94 14.720,69 13.887,45 13.101,37 12.359,78 11.660,17 11.000,16CFN_A k€ -20.148,48 -28.512,00 9.907,25 9.346,47 8.817,42 8.318,32 7.847,47 7.403,28 6.984,22 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 24.946,27 18.829,32 18.829,32 18.829,32 18.829,32 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 16.540,17 10.423,22 10.423,22 10.423,22 10.423,22 1.247,80 1.247,80 1.247,80Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 10.501,69 7.320,88 7.320,88 5.420,08 5.420,08 648,86 648,86 648,86Attualizz. 0,6274 0,5919 0,5584 0,5268 0,4970 0,4688 0,4423 0,4173CFL_A k€ 10.377,51 6.169,49 5.820,27 5.490,82 5.180,02 585,02 551,90 520,67CFN_A k€ 6.588,89 4.333,22 4.087,94 2.855,23 2.693,61 304,21 286,99 270,75
Costo industriale MWh (€/MWh) 97,70
- 136 -
Tabella 5.37 Indici economici dell’investimento (Ipotesi investimento complessivo +20%)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 78.368,78 1,61 0,29
Netto 31.384,79 0,64 0,164,11
Figura 5.10 Andamento Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (Ipotesi investimento complessivo +20%)
Andamento Cash Flow
-35,00
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
-1 0 1 2 3 4 5 6
Mili
oni d
i Eur
o
a
7 8 9 10 11 12 13 14 15
nni
CFL_A CFN_A
- 137 -
Tabella 5.38 Analisi dell’investimento (Ipotesi CV -10%) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 15.840,00 23.760,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 23.417,04 23.417,04 23.417,04 23.417,04 23.417,04 23.417,04 23.417,04Costi k€ 0,00 0,00 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 0,00 0,00 15.010,94 15.010,94 15.010,94 15.010,94 15.010,94 15.010,94 15.010,94Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 9.706,49 9.706,49 9.706,49 9.706,49 9.706,49 9.706,49 9.706,49Attualizz. 1,0600 1,0000 0,9434 0,8900 0,8396 0,7921 0,7473 0,7050 0,6651CFL_A k€ -16.790,40 -23.760,00 14.161,26 13.359,68 12.603,47 11.890,07 11.217,04 10.582,12 9.983,13CFN_A k€ -16.790,40 -23.760,00 9.157,06 8.638,74 8.149,75 7.688,45 7.253,25 6.842,69 6.455,37 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 23.417,04 17.911,78 17.911,78 17.911,78 17.911,78 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 15.010,94 9.505,68 9.505,68 9.505,68 9.505,68 1.247,80 1.247,80 1.247,80Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 9.706,49 6.843,76 6.843,76 4.942,96 4.942,96 648,86 648,86 648,86Attualizz. 0,6274 0,5919 0,5584 0,5268 0,4970 0,4688 0,4423 0,4173CFL_A k€ 9.418,05 5.626,40 5.307,92 5.007,48 4.724,03 585,02 551,90 520,67CFN_A k€ 6.089,97 4.050,81 3.821,52 2.603,89 2.456,50 304,21 286,99 270,75
- 138 -
Tabella 5.39 Indici economici dell’investimento (Ipotesi CV -10%)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 74.987,84 1,85 0,32
Netto 33.519,54 0,83 0,193,76
Figura 5.11 Andamento Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (Ipotesi CV -10%)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
20,00
-1 0 1 2 3 4 5
Mili
oni d
i Eur
o
6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
anni
CFL_A CFN_A
- 139 -
Tabella 5.40 Analisi dell’investimento (Ipotesi CV -20%) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 15.840,00 23.760,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 21.887,80 21.887,80 21.887,80 21.887,80 21.887,80 21.887,80 21.887,80Costi k€ 0,00 0,00 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 0,00 0,00 13.481,70 13.481,70 13.481,70 13.481,70 13.481,70 13.481,70 13.481,70Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 8.911,28 8.911,28 8.911,28 8.911,28 8.911,28 8.911,28 8.911,28Attualizz. 1,0600 1,0000 0,9434 0,8900 0,8396 0,7921 0,7473 0,7050 0,6651CFL_A k€ -16.790,40 -23.760,00 12.718,58 11.998,66 11.319,49 10.678,77 10.074,31 9.504,07 8.966,10CFN_A k€ -16.790,40 -23.760,00 8.406,87 7.931,01 7.482,09 7.058,57 6.659,03 6.282,10 5.926,51 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 21.887,80 16.994,24 16.994,24 16.994,24 16.994,24 9.653,90 9.653,90 9.653,90Costi k€ 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 13.481,70 8.588,14 8.588,14 8.588,14 8.588,14 1.247,80 1.247,80 1.247,80Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 8.911,28 6.366,63 6.366,63 4.465,83 4.465,83 648,86 648,86 648,86Attualizz. 0,6274 0,5919 0,5584 0,5268 0,4970 0,4688 0,4423 0,4173CFL_A k€ 8.458,58 5.083,31 4.795,57 4.524,13 4.268,04 585,02 551,90 520,67CFN_A k€ 5.591,05 3.768,40 3.555,09 2.352,55 2.219,38 304,21 286,99 270,75
- 140 -
Tabella 5.41 Indici economici dell’investimento (Ipotesi CV -20%)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 63.496,80 1,57 0,28
Netto 27.544,20 0,68 0,174,17
Figura 5.12 Andamento Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (Ipotesi CV -20%)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
-1 0 1 2 3 4 5 6
Mili
oni d
i Eur
o
7 8 9 10 11 12 13 14 15
anni
CFL_A CFN_A
- 141 -
Tabella 5.42 Analisi dell’investimento (Ipotesi valore CV e prezzo kWh a 7 c€/kWh) Voce anno -1 0 1 2 3 4 5 6 7
Investimenti k€ 15.840,00 23.760,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 0,00 0,00 19.213,74 19.213,74 19.213,74 19.213,74 19.213,74 19.213,74 19.213,74Costi k€ 0,00 0,00 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 0,00 0,00 10.807,64 10.807,64 10.807,64 10.807,64 10.807,64 10.807,64 10.807,64Ammort. 0,00 0,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00 3.960,00CFN k€ 0,00 0,00 7.520,77 7.520,77 7.520,77 7.520,77 7.520,77 7.520,77 7.520,77Attualizz. 1,0600 1,0000 0,9434 0,8900 0,8396 0,7921 0,7473 0,7050 0,6651CFL_A k€ -16.790,40 -23.760,00 10.195,89 9.618,76 9.074,30 8.560,66 8.076,10 7.618,96 7.187,70CFN_A k€ -16.790,40 -23.760,00 7.095,07 6.693,46 6.314,59 5.957,16 5.619,96 5.301,85 5.001,74 8 9 10 11 12 13 14 15Investimenti k€ 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00Ricavi k€ 19.213,74 15.282,54 15.282,54 15.282,54 15.282,54 9.385,74 9.385,74 9.385,74Costi k€ 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10 8.406,10CFL k€ 10.807,64 6.876,44 6.876,44 6.876,44 6.876,44 979,64 979,64 979,64Ammort. 3.960,00 3.960,00 3.960,00 0,00 0,00 0,00 0,00 0,00CFN k€ 7.520,77 5.476,55 5.476,55 3.575,75 3.575,75 509,41 509,41 509,41Attualizz. 0,6274 0,5919 0,5584 0,5268 0,4970 0,4688 0,4423 0,4173CFL_A k€ 6.780,85 4.070,15 3.839,77 3.622,42 3.417,38 459,29 433,30 408,77CFN_A k€ 4.718,63 3.241,56 3.058,08 1.883,66 1.777,04 238,83 225,31 212,56
Tabella 5.43 Indici economici dell’investimento (Ipotesi valore CV e prezzo kWh a 7 c€/kWh)
INDICE VAN IR IRR PBT
k€ anni
Lordo 42.813,90 1,06 0,22
Netto 16.768,09 0,41 0,135,20
Figura 5.13 Andamento del Cash Flow attualizzato, lordo e netto, negli anni (Ipotesi valore CV e prezzo kWh a 7 c€/kWh)
Andamento Cash Flow
-30,00
-25,00
-20,00
-15,00
-10,00
-5,00
0,00
5,00
10,00
15,00
-1 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
Mili
oni d
i Eur
o
anni
CFL_A CFN_A
- 142 -
5.5 ConclusioniDai risultati ottenuti, certamente significativa, è la confrontabilità del valore del
costo industriale del MWh prodotto da sansa esausta, con quello prodotto da olio
combustibile, dimostrazione, qualora ce ne fosse stato bisogno, dell’insostenibilità
economica, oltre che ambientale, di un parco centrali basato sul petrolio.
Rilevante risulta essere la qualità degli indici economici emersi sia nell’ipotesi
base, sia nelle altre ipotesi considerate, tutte peggiorative.
Mi si permetta di dire che questa convenienza economica potrebbe spiegare la
notevole difficoltà, riscontrata durante la stesura della tesi, nel reperire
informazioni anche minime relative alle centrali a biomassa esistenti sul territorio
pugliese e non.
Se si esclude, infatti, il caso di assenza di CV, tutte le analisi di sensibilità
effettuate continuano a dare indici positivi e tempi di ritorno che, quasi mai,
superano i 4 anni.
La situazione peggiore si è riscontrata considerando il valore del CV uguale al
prezzo di vendita dell’energia elettrica, attualmente sull’ordine dei 7 c€/kWh. In
queste condizioni, infatti, tutti gli indici, pur restando positivi, si abbassano
notevolmente e il tempo di recupero supera i 5 anni.
Questo fenomeno è sintomatico del fatto che la convenienza economica,
riscontrata nell’investimento, è subordinata all’esistenza dell’incentivo del CV.
Senza di questo, come visto, l’iniziativa risulterebbe insostenibile dal punto di vista
economico.
D’altronde, in un ottica che miri al raggiungimento degli obiettivi del protocollo di
Kyoto, è non solo auspicabile, ma necessario, che si continui ad applicare questo
tipo di incentivo, prestando molta attenzione a far sì che non si riduca, così da
renderlo inefficace.
“Forzare” il mercato energetico con quote minime obbligatorie di produzione di
energia elettrica da FR, incentivando la produzione e non tanto o non solo,
l’impianto di produzione, sembrerebbe essere una strada che sta dando buoni
- 143 -
risultati. Ci sarebbe ancora da chiedersi, se e quando, questa strategia possa
portare ad una saturazione della domanda.
Risulta allora, altresì necessario, cercare di governare l’offerta energetica
attraverso piani energetici, ai diversi livelli istituzionali, che puntino alla
valorizzazione delle potenzialità locali, anche se questo portasse a minori
convenienze economiche.
L’utilizzo delle risorse locali nell’ambito delle FR, insieme all’attuazione di una
seria politica di risparmio energetico, potrebbero costituire un primo e decisivo
passo in avanti, sul percorso del raggiungimento degli obiettivi di Kyoto, che oggi
appaiono molto distanti.
- 144 -
Bibliografia
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e l’ambiente, 2003.
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ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente), Rapporto
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dimensioni per la produzione di elettricità, 2003.
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di energia rinnovabile. Stato dell’arte e prospettive di sviluppo a livello nazionale,
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OGCA (Osservatorio Gestione Conflitti Ambientali), Centro di ricerche Avanzi e APER (Associazione Produttori Energia da fonti Rinnovabili), Fonti energetiche rinnovabili e accettabilità locale. Cause dinamiche e strategie
per la ricomposizione dei conflitti, 2003.
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Il decalogo per favorire l’accettabilità degli impianti di produzione di energia da
fonti energetiche rinnovabili, Ottobre 2003.
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sanse esauste prodotte dalla regione Puglia, 1995.
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www.aper.it (Associazione Produttori Energia da fonti Rinnovabili);
www.fire.it (Federazione Italiana per l’uso Razionale dell’Energia);
www.fiper.it (Federazione Italiana Produttori di Energia da Fonti Rinnovabili);
www.worldenergy.org (WEC World Energy Council);
www.iea.org (International Energy Agency);
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www.mercatoelettrico.org (Gestore del Mercato Elettrico nazionale);
www.energoclub.it (Movimento d'opinione e di ricerca per promuovere la
riconversione del sistema energetico);
http://europa.eu.int/comm/energy/index_it.html (Commissione Europea: settore
energia);
www.certificativerdi.it (Sito di compravendita dei CV);
www.fonti-rinnovabili.it (Legambiente per le fonti energetiche rinnovabili);
http://www.apat.gov.it/ (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e del Territorio);
www.cti2000.it (Comitato Termotecnico Italiano);
www.minambiente.it (Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio).
- 147 -