Procopio Di Cesarea - Le Guerre Gotiche

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OPERE D I PROCOPIO DA CESAREA TOMO TERZO MILANO COI TIPI DI PAOLO ANDREA MOLINA Con trad a dzlVAg ne llo , N . 963 £838.

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OPERE

DI

P R O C O P I O

DA CESAREA

TOMO TERZO

MILANOCOI TIPI DI PAOLO ANDREA MOLINA

Contrada dzlV Agnello, N. 963

£838.

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I S T O R I A

DELLE GUERRE GOTTICHE

NUOTA TRADUZIONE CON NOTE

DI GIUSEPPE ROSSI

MILANODALLA TIPOGRAFIA DI V. A. MOLINA

Contrada del? Agnello j Pf,  963

1838.

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DELLE ISTORIE DEL TEMPO SUO

T E T R J D E S E C O N D A

 Zenone imperator di Bizanzio , Augusto lo di Occidente. —  Morto 

d i ferro il costui padre Oreste, regna Odoacre. Teude -

rico, re dei Gotti, dalla Tracia muove contro VItalia per isti-

gazione di Zenone. —  Assedia Ravenna. •— Uccide Odoa-cre — Padrone della penisola ne regge i popoli con lode, 

—  Reo della ingiusta morte di Simmaco  e di Boeiio9 sem-bratogli vedere in un piatto il capo del prim o, inorridisce,

e piangente sen muore•

I. Così nell’Africa le romane bisogne: (i) ora passoa trattare della gottica guerra (2), facendo innanzi tutto

(1) Con esse termina la storia delle guerre contro i Vandali,(a) Tali geste ebbero princìpio nell’anno 487, e termina

rono col 554 dell'era volgare.

LIBRO PRIMO

C A P O P R I M O .

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precedere la narrazione delle cose avvenute ai Gotti ^d aiRomani prima di essa. Mentre Zenone dominava in Bi

zanzio imperò nell’Occidente Augusto, nomato dai Ro

mani vezzosamente con voce diminutiva Augustolo (i),sendo asceso al trono fanciulletto, succedutovi al genitoreOreste principe di ben rara prudenza. Per Io avanti, nèmolto, i Romani fiaccati dalle stragi sofferte da Alaricoed Attila , come si legge ne’ miei precedenti libri, avevano fermato lega cogli Scirri, cogli Alani e con altre

gotticbe genti} ma si operando quanto innalzavano la potenza e dignità delle barbariche truppe, tanto scemavano l’ onore delle proprie, e coll'onesto nome di confederazione lasciavansi tirannicamente opprimere daglistranieri. E di vero la costoro alterigia tal crebbe chedopo ottenuto di forza mal nostro grado più e più altri profitti, voleano sin compartecipare di tutte le italiane te r re , e perchè Oreste loro ne rifiutò la terzaparte, com e’pretendevano , venne di colpo spento. Inallora uno di essi, per nome Odoacre e già lancia imperiale (a), si fece innanzi promettendo compiere ogni lor

desiderio se ne avesse aiuto a salire il trono. Giuntodi questo modo alla tirannide non peggiorò la sorte del-V imperatore } lasciando eh9e7 privatamente in ozio sivivesse accordata poscia la terza parte dei colti aibarbari al tutto se li affezionò , corroborando in somigliante guisa per anni dieci V usurpatosi impero.

(1) Anni dell’ E. V. 475. Ultimo imperatore romano.(2) A a s t a t o , lancia, propriamente guardia del

corpo.

8 GUERRE GOTTICHE

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IL Sotto a quel tempo i Gotti di stanza, con imperiale permesso, nella Tracia e capitanati dal patrizio è consolare Teuderico ribellarono dai Romani. Ma Ze

none Augusto sapendo trarre ottimo partito dall’ acca-1duto indusse il duce loro a venire in Italia, ovV portando le armi contro Odoacre procurerebbe a sè stessoed ai Gotti 1’ imperio occidentale , addicendoglisi viemeglio , come senatore in ispecie , il discacciare un tiranno , ed il costitursi re dei Romani e di tutta la pe

nisola , che non il guerreggiare con suo grave pericoloGiustiniano ; ed il ribello careggiato un tale consigliobatte la proposta via con sua gente e con molte carrapiene di fancinlletti, di donne e di tutta la suppellettile,quanta poleane ognuno condurre seco. Pervenuti costoro al seno Ionico , nè avendo mezzo di valicarlo permancanza di navilio , girarongli all’ intorno calcando leterre dei Taulamj (i) e degli altri abitatori di que’ lidi.Fattesi in questa le truppe d’Odoacre ad affrontarli, edopo molti combattimenti sbaragliate, ripararono colduce loro in Ravenna , e ne’ vicini fortissimi luoghi,

che poi, cinti d’assedio, in molto numero ed in variefogge, come la ventura di ciascheduno si volle, furono espugnati : Cesena tuttavia , castello a trecentostadj da Ravenna , e Ravenna stessa , ov’ era Odoacre,non poteronsi vincere con la forza, nè averle a patti.

(1) Strabone così parla di questi popoli. « CominciaDdosi» da Epidanno e da Apollonia fino ai monti Cerauni abili tano i Bull ioni, i Taulanzii, i Parlini ed i Frigi. » (lib.VII, trad. Ambr. ) In oggi sono delti Tallanli.

LIBRO PRIMO 9

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Sorge Ravenna su di pianura all’ estremità del golfoIonico, e soli due stadj lunge da esso: non è città marittima, e sembra arduo cimento Io accostarvisi non meno

con armata di mare che con eserciti , dal suo littoraletenendo indietro i vascelli sterminate sir ti , che trentastadj, e forse più, dilungansi in mare, e colle aggirateloro forte impediscono il proceder oltre ai naviganti,avvegnaché standovi di contro e’ veggansela ben dappresso. Chiudonvi poi l’entrata agli eserciti di terra le

acque con che il fiume Po, o vuoi Eridano, disceso daigallici monti , ed altri fiumi navigabili, e laghi attorniano dappertutto le sue mura. Ivi poi cotidianamenteun che avviene, di vero stupendissimo. Col partirsidelle tenebre il mare a simile di fiume per tanto spazio trabocca sul continente, quanto ne puoi trascorrerecamminando un intero dì con ispeditezza, e permettealle navi di procedervi nel mezzo : ritoglie quindi allasera 1’ accordato traggetto, e con eguale riflusso tira asè nuovamente le acque (i). Il perchè le genti bramosedi portar dentro quelle mura , o per viste commerciali

o per cagione comunque , i bisogni della vita , o di làtrasferirli altrove , collocate le merci sopra barche , espinte queste laddove sogliono effondersi le acque , at-tendonvi il marino flusso , al principiare del quale sollevasi a poco a poco il navilio dal suolo 9 ed i mariniposta mano all’opera compiono 1’ uffizio loro. Nè quivi

solo ciò accade, ma pur anche incessantemente su tutta

(i) Le cose medesime sono riferite più laconicamente daStrabone (v. lib. V, cap, i ).

IO GUERRE GOTTICHÉ

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quella spiaggia sioo alla città di'Aquileia (i), sebbenenon sempre in egual modo e coir eguale misura, imperciocché al cominciar della luna più mite ribocca il

mare, addivenuto poi risplendente per metà il disco dilei sinché torna questo altra fiata con la stessa misuraa noi visibile , e’ più cresce } ma di ciò basti.

III. Era già il terzo anno che i Gotti aventi a duceTenderico cingevano indarno Ravenna, quando la noiada quinci dell’ assedio e la difalta della vittuaglia da

quindi costrinsero e gli assediatori e gli assediati apatteggiare, mediante il vescovo della città , che Teurderico e Odoacre viverebbero di pari sorte là entro. Ilquale accordo ebbe qualche tempo il suo pieno vigore,ma poscia Teuderico scoperta, come si narra, una

frode macchinatagli contro da Odoacre, invitò con mentita amicizia costui alla mensa, e tra le imbandigioni l’uccise ; amicatisi di poi quanti eranvi de’ barbari nemici,ebbe in poter suo i Gotti e gli Italiani. Ed avvegnachénon s’arrogasse il nome di romano imperatore, nè gl’im»periati ornamenti, pago del titolo di re, voce usata dai bar

bari per indicare i supremi capi loro, nondimeno tal governò sua gente da non lasciar desiderio alcuno di quantosi conviene agli animi virtuosi degli Augusti, appalesandosi coltivatore insigne della giustizia, e difensore zelante

(i) « Aquileia, che più d’ ogni altra è vicina all’ ultimorecesso del golfo (Adriatico), la fondarono i Romani, e for-» tificaronla contro i barbari abitanti nelle parti superiori »(Strab. lib. V, cap. i , irad. di F. Ambrosoli ). Questa cittàfa distrutta da Attila nel 452 dell’ E. V.

LIBRO PRIMO i i

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delle leggi. Guardò inoltre ognora le sue provincie dalleoffese de’ vicini barbari, pervenuto essendo all’ apicenon pur della prudenza che della fortezza, nè fece mai

torto a suddit i, o perdonò a’ rei di simigliante colpa 5se taon che permise ai Gotti il parlamento fra loro deicolti da Odoacre accordati alle genti di sua fazione.Laonde fu egli di nome tiranno, ma in fatto vero imperatore, cui non sapremmo anteporre altro di quelliebe sin dal priucipio dell’ imperio salirono ad altii*

sima fama in cosi onorevole grado. Al pari de’ Gott iamavanlo assaissimo gl'italiani, contro la consuietudinedelle umane menti} imperciocché nel maneggio dellecose civili nutrendo chi l’ uno chi l’ altro desiderio, ilrettor sommo piace cui vanno a’ versi le sue delibera*r io n i , ed incresce alle genti che veggano delasa ogniloro speranza. Yivuto anni t rentasette , formidabilemai sempre a tutti i suoi nemici, parti di questa vitadesideratissimo dai popoli governati (1). Yo a dirne lamorte.

IY. Simmaco ed il costui genero Boezio, consolari

entrambi e di nobilissima schiatta, riscuotevano i primionori nel senato ; nè aveavi chi li agguagliasse nelle fi*losofiche scienze 7 nell’ amore della giustizia , e nellamolta liberalità con che soccorrevano ai bisognosi, cittadini e’ fossero o stranieri. Saliti pertanto ad alta gloriatrassersi addosso l’ invidia di funestissimi personaggi,

dalle cui frodi persuaso Teuderico, al venirgli accusatidi amore per le civili novità, sentenziolli di morte, po-

l i GUERRE GOTTlCHE

(1) V* il suo Elogio in Suida v. Ofv$ip4%éf.

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LIBRO PRIMO i3

nendone il patrimonio nel fisco. Trascorsi pochi giornidalla terribile esecuzione, messa dai famigliari sul desco mentre e’ cenava la testa d’ un grosso pesce, in

lei parvegli scorgere quella di fresco spiccata dall’ ira*busto di Simmaco, la quale col bieco ed orribil suo cipiglio e coll’addentarsi del labbro inferiore pigliato avessela sembianza di chi gravemente minaccia. Spaventatoil re dal tremendo prodigio, e gelatogli fuor misura ilsaugue nellq vene corre tosto al suo letto, e fattovi di*

stender sopra qualche numero di coltri, vi si teune avvolto. Narrò poscia l’occorsogli ad Elpidio medico piangendo la commessa scelleraggine contro que’ due} e talcrebbe a cagione di ciò l’afflizion sua e l’ambascia, chenon guari dopo mancò ai vivi; fu questa la prima ed ultima ingiustizia di che si contaminò negli animi de’sud-diti, e vi cadde profferendo la mortale condanna., fuordella propria consuetudine, senz’ aver prima ben ponderato le accuse.

C A P O I I .

 I l pargoletto Àtalarico successore del morto re dalla genitrice  Amalasunta , commendatissima donna , fidato a precettori acciocché attenda agli studi. —  La regina ne ha biasimo dai Gotti, odiatori d* ogni sapere . — Sua costanza e pru-denza nello sventare una loro congiura .

I. Passato di questo mondo Teuderico ebbe il tro no Àtalarico ( nè dopo gran tempo Giustiniano imperò in Bizanzio) nato di una sua figliuola ed in allora,d’ anni otto appena , sotto la tutela della vedova geni-

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solissimi della nazione, e fattisi al cospetto di lei si lagnano che il re nè di conformità al grado suo, nè vir-filosamente sia educato, avendovi distanza somma dalle

lettere, al valore, e convertendosi bene spesso in timi-dezza e pusillanimità gl’ insegnamenti ricevuti dai vecchi.Volersi adunque il fanciullo , se riuscir debba valentenell’ arte guerresca ed illustre per gloria 4 allontanaredalla tema de9precettori, ed esercitare nelle armi. Ad”ducono in pruova dell’ esposto Teuderico s tesso , il

quale non permise mai alle genti sue di mandare la proleai ginnasii, dicendo loro che indarno cercberebbesi diassuefare i giovinetti a mirar con occhio intrepido enon curante le aste e le spade, ov’e’ temuto avessero lostaffile ; oltre di che egli stesso era giunto a conquistare sì gran numero di province ed un regno , quantunque le sue orecchie non avessero udito un che di lettere. « Or bene, o Regina, conchiudono, dà commiato di9 botto a questi pedagoghi, e disponi che Àtalarico meni

 f> la vita in compagnia di giovincelli suoi pari, i quali ere-n scendo con esso inducanlo a regnare generosamente

* e secondo le antiche nostre costumanze. »II I. Amalasunta ascoltò i consigli loro, ed avvegnaché poco le quadrassero, pure temendo qualche tradimento infinse averli ca r i , ed in tutto secondolli. Toltiadunque dai fianchi di Àtalarico i precettori mettonsia conviver seco de’garzoncelli non pervenuti ancora alla

pubertà, nè gran fatto di esso maggiori. Se non che ilpiccolo re tocchi appena i tre lustri, abbandonatosi precipitosamente ad instigazione de’compagni alla crapula,alle donne, e ad ogni altra guisa di mal costume, addi-

LIBRO PRIMO i5

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yen ne sì disobbediente alla propria madre, che più nonaveale fior di rispetto. Ma di già i barbari stessi congiurando alla scoperta contro a lei, eoa isfacciataggine

aveanle comandato che rinunziasse alle cure del regno;ed ella intrepida alle costoro trame, sebbene femmina,punto non attristossi, che anzi dando pruov£ di suareale autorità mandò ne’ confini d’ Italia, e ben (unge1’ uno dall’altro, tre chiarissimi personaggi d e c o t t i edautori principali di quella sedizione a guardare le fron

tiere dalle nemiche scorribande. Questi nondimeno col-1’ opera degli amici e de’congiunti comunicavansi i loropensamenti, compensando la distanza de’ luoghi collacelerità de’messi, e così apprestavano la rovina di Amalasunta; la quale addivenuta alla perfine intollerantedelle costoro mene tra sè fermò di mandare in Bizan-zio chiedendo all’imperatore se ad Amalasunta di Teji-derico fosse lecito di andarlo a visitare. Giustinianolieto della domanda invitala nella sua capitale, ed inpari tempo ordina che siale apprestato un bellissimo alloggio in Epidanno, acciocché arrivando possa alber

garvi e quindi, riposatasi a rfuo buon grado, proseguireil viaggio sino a Bizanzio. Costei allora scelti tra7Gottiuomini valorosi e fidatissimi loro commette la morte deitre autori principali, come or ora scrivea, delle sue traversie. F a di poi imbarcare alcuni de’ suoi più bene afTetticon quaranta mila aurei, senz’annoverare le altre ricchez

ze^ e coll’ordine di navigare ad Epidanno, ove giunti ritraggaci pure nel porto, ma guardino il silenzio di quanto è in serbo nel vascello finoattantochè non abbiano dalei medesima nuovi comandamenti. Sì operando era tut

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tavia suo consiglio di non partirsi e di richiamare indietro la nave se fessele riuscita la uccisione dei tre, venendole meno con ciò ogni timore de9nemici  \  che se

poi taluno di loro campasse la morte, disperando al*lora affatto delle cose sue, ritrarrebbesi co’ !pròprj tesorioe’cesarei dommj. Con questo scopo adunque si mandÀla nave; alla volta di Epidanno , ed afferratovi, i curatori del danaro compierono fedelmente gli ordini avuti.Ma non molto stante la regina^, udita giusta i suoi

desiderii la fine dei ti*e ribaldi, spedì avviso alla navedi retrocedere ^ e proseguendo a dimorare ini Rerve4natenne con mano validissima lo scettro.

C A P O I I I .

Schiatta , costumi e risoluzione di Teodato.  Ambasceria mi romano Pontefice in Bizmnzip. Giuditta di Procopio sullA

religione. —  Allo infermarsi d’ Atalaiico la genitrice , te-

nendosi nial sicura co’ Gotti, si vale ascosamente delFopera di Alessandro per cedere a Giustiniano V Italia. — Car-teggio alV uopo tra9due monarchi sotto coperta di scam 

bievoli rimprocci. — Tornata delVambasceria in Bizanzio. L* imperatore manda Pietro in Italia .

I. Aveèvi trar Gotti un Teodato figlio di Amalafridasorella di Teuderico, uomo di età provetta , versatonella lingua latina e nella platonica filosofia, ma igno

rantissimo dell’ arte guerresca, pigro aL sommo e d’ a-variria enorme. Questi possedendo gran parte dell’agrotoscano recava di continuo molestie ai confinanti pro-prietarj acciocché si pactUsero, estimando^ infelicità Ta*

Pbocopio, tpnu 11. 2

LI BEO PRIMO 17

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ver che fare7con de’vicini. Se non che tanta sua ingordigia venendo fregata a tutta possanza da Amalasunta,era-si egli ridotto a portarle implacabil odio , e vinto dal-

P impazienza macchinava di sommettere a GiustinianoAugusto la Toscana , sperandone molto danaro in guiderdone , e di essere ascritto all1 ordine senatorio perquindi passar la vita in Bizanzio. Mentre egli escogitava il mezzo di compiere la sua vendetta presen-taronsi al romano Pontefice gli ambasciadori Ipazio ve

scovo degli Efesj, e Demetrio de’ Filippensi, macedoniche genti, per convenire seco intorno a un domma direligione, sul quale dissentivàno tra loro i cristiani; madi questa controversia , avvegnaché benissimo informaitone , tralascio di far parola, riputando un pazzo orgoglio il voler noi indagare la divina essenza , quando , amio avviso, non pur le i, ma nemmeno la nostra n’ è dato conoscere perfettamente ; il perché io giudicandomiglior partito il passare con silenzio tali arcani, che soltanto voglionsi con pia fede venerare , contenterommidi ripetere la bontà infinita delP Ente supremo , ed il

suo dominio sopra tutte le cose: ognuno poi, o sacerdote o secolare , ne parli secondo la propria opinione.Teodato del resto abboccatosi con quell’ambasceria, e-sposele in aperto l’ animo suo, e la incaricò di partecipare a Giustiniano Augusto il formato disegno.

II. Àtalarico intanto abbandonatosi fuor misura alla

crapula cominciò a patire di consuntioqe : il perchéAmalasunta caduta in gravi pensieri , non potendo fidare nell’ animo d* un sì tristo figlio , né rimanendonepriva tener più la propria vita sicura, in causa dei

 j 8 GUEKRE G0TT1CHE

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mal trattamento fatto degli ottimati de’ Gotti ? deliberòper la sua conservazione ridurre il regno e gl’ Italianisotto l’ imperiale corona. Il senatore Alessandro a quei

dì erasi trasferito in Italia, viaggiando co’prelati Demetrio ed Ipazio, per comtnissioné di Giustiniano, il qualeconsapevole cho il vascello di Amalasunta pervenutonel porto d’ Epidanno ivi attendeva, e costei sebbenetrascorso lungo tempo proseguiva a dimorare nellasua reggia, avea ordinato al senatore d’investigarne mi

nutamente gii affari per quindi informarlo di tutto. Apparentemente poi e’ mandava quest’ambasceria all’uopodi significarle che di mal animo soffriva la repulsa avutaa Lilibeo , come narra il precedente mio libro (1), l’operatosi dal comandante di Napoli, Uliare, accusatodi avere accolto'col regale consenso dieci Unni diser*tati dall’africano esercito e condottili nella Campania ,e finalmente le barbarie commesse dai Gotti, in guerraco’ Gepidi , presso di Sirmio contro Graziana cittàposta nei confini dell’ Illirio. L’imperatore adunque in

viò il foglio apportatore di tali rimbrotti col mezzo di

Alessandro , e costui arrivato a Roma ed accomiatatosidai vescovi colà rimasi per dare compimento alla mandata loro , corsa la via di Ravenna ed ottenuta udienzada Amalasunta d’ ascoso comunicolle i segreti colloqujdi Giustiniano, ed in palese le presentò la lettera imperiale che <}ui riportiamo.

III. « Il forte di Lilibeo toltoci ingiustamente è tut-» torà guardato dalle vostre armi, nè sin qui vi siete conr*

LIBRO PRIMO i9

(i) Guerre Vandaliche, lib. II.

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n piaciuti renderci i nostri disertori da roi accolli; per» colmo poi d’ogni oltraggio arrecaste danni gravis-» simi alla mia Oraziana. E forza quindi che tu pon-

99 ga mente dove andranno a sboccare tali faccende. »Amalasunta, letto il foglio, così riscrisse : u E più dice-» voi cosa ad imperatore grande e magnanimo il pro-» teggere un fanciullo orfano di padre ed all’oscuro af-» fatto di quanto s1opera , che non il dichiararglisi ne-» mico; essendo che d’un ingiusto conflitto non possiamo

» tampoco uscir vittoriosi con onore. Minaccevolmente» rimproveri ad Àtalarico e Lilibeo e i dieci fuggitivi,» ed i mali per ignoranza arrecati ad una città amica» dai nostri guerrieri nel correr dietro a’nemici loro.» Luuge da t e , o Giustiniano , cosiffatto procedere ;» sovvengati piuttosto che noi, anziché opporci alla tuam impresa contro de’Vandali, accordammo di buon grado• il passo e la compera della vittuaglia sul tener nostro» alle truppe dirette a guerreggiarli , e con tante altre# cose le fornimmo di cavalli in sì gran numero da vo-» lersi meglio attribuire a questi, che non a tutto il

» rim anente , la tua vittoria sopr’ essi. Ha diritta ia» fine al nome di confederato e di amico non pur cbi» d’ armi il vicino , ma eziandio chi d’ogni altra» occorrenza si fa palesemente suo aiutatore. Nè di» grazia obbliare che in allora i soli porti della Sicilia» erano aperti al tuo navilio , e che questo , ove fosse

» stato impedito dal vittovagliarvisi, non potea volgere» mai più sue prore contro dell’ Africa. Laonde tu» devi ascriverci tutta la vittoria , addivenendo colui* che appiana la via alle imprese meritevole di ripor-

ao GUERRE GOTTICHE

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* tarne , condotte a felice termine ^ gloria e premio ;» ed in fe mia qual altro bene , o imperatore , è si ap-» prezzato dall’ uomo come il soggiogare i proprj ne-

» mici ? Su di noi per Io contrario ne ricadde non me-99 diocre danno , esclusi , in opposizione alle leggi della99 guerra, dal partecipare al bottino,^ di presente sport gliati del nostro dominio sopra Lilibeo, scoglio per99 verità da farne pochissimo conto, ma che impertanto99 se fosse stato da prima in tuo potere, lo avresti per Io

n meno dovuto ora cedere ad Àtalarico, qual guiderdone» dell’ essersi per te adoperato in cose di gravissimo ri-» lievo. ri La regina pubblicamente in tdl foggia rispondeva a Giustiniano , scrivendogli poi di soppiatto chefarebbelo padrone dell’ intiera Italia.

IV. Tornatigl i ambasciatori in Bizanzio Alessandroconsegua all’ imperatore il foglio avuto ascosamentedalla regina, e Demetrio ed Ipazio gli riferiscono idiscorsi tenuti loro da Teodato, dichiarando eh’ agevolera a costui l’ adempiere alla promessa mercè dellasomma autorità sua nella Toscana, possedendone la

parte maggiore. Lietissimo Giustiniano di tutte questecose manda subito in Italia Pietro da Tessalonica nel-r i l l i r ia , protettore (i) io Bizanzio, e personaggio di

(i) Di questo personaggio chiarissimo parla Teod. ndl'epi-stola alFimperatore Giustiniano (Cass. lib. IX, Variarum ec.);Stefano Bizantino alla V.  Axópeu , e Vigilio papa nella sualettera enciclica aHa chiesa universale. Vedi i frammentidella soa Istoria nel Voi. Ili degli Storici minori pubblicatiin questa Collana.

LIBRO PRIMO »i

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non comune prudenza, di piacevoli e bei modi, e valentissimo nel persuadere.

C A P O IV. Amalasunta fre n a la rapacità di Teodato . — Chiamalo, morto 

il figlio , volenéto seco rappattumarsi, a partecipare del regno. — Saa prigionia comandata da ll1ingratissimo re. —

 A l quale Pietro, ambasciadore di Giustiniano, dopo la uc-cisione di lei intima la guerra.

I. In mezzo a queste faccende molti Toscani presentaci alla regina aggravando Teodato di estorsionicontro tutti gli abitatori della provincia , non contentodi appropriarsi violentemente i soli colti di privata ragione , ma sin quelli spettanti alla Casa reale, e nomati

patrimonio. Ella uditone chiamalo a dar conto dellerapine commesse , e vedendolo appieno convinto dagliaccusatori, l’ obbliga alla restituzione di quanto posse-dea con frode , e poscia rimandalo in patria. Il perchèintromessasi la discordia tra loro , addivenne odiosis

sima a costui, il quale rodevasi tutto per avarizia, sendonella condizione di non poter più liberamente offendere,e sbramare di forza V ardente sete della roba non sua.

II. Àtalarico intanto passò di questa vita, consumato da tisichezza, dopo un regno di otto anni. La madre allora disperando affatto di s è , $ non dandosi ve-

run pensiero dell’indole di Teodato^, nè de’suoi freschirigori contro di lui, imaginò che non verrebbeglienedanno al mondo ove cercasse di cattivarselo con qualche gran benefizio. Manda perciò chiamandolo, e ve-

33 GUERRE GOTTICHE

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nulo a lei carezzalo ; quindi cou fermezza gli esponeche già da luugo tempo erale nota la generale opinionesu la vicina morte del figlio, non facendone più mistero

tutti i medici, e vedendo co’ suoi prqprii occhi aggravargli di giorno in gioruo il male ; e siccome ben conosceva non troppo vantaggiosamente sonare alle orecchie de’ Gotti e degli Italiani il nome di Teodato, unicorampollo della prosapia di Teuderico , ella erasi postain cuore di ribattere quella turpe» rinomanza per met

terlo , giunta l’ora, senza ostacoli a parte del regno: senon che aver temuto , osservantissima del giusto, nontalvolta colo ro, i quali circondavanla , per richiamarsid’ingiurie da lui sofferte, andassero dicendo apertamentemancare nello stato da chi sperar giustizia , sendo larepubblica nelle mani d’ un Joro nemico ; or dunqueper opera sua purgato da qualunque sospetto e tornatoal possesso d’ un’ ottima fama invitavalo al trouo ; volere bensì nei più solenni modi e’ sagramentasse di viver pago del solo nome reale, e di lasciare il reggimento,come per lo innanzi, a lei. Teodato, udite le condizioni,

giurando promise di mal animo e con frode, non dimentico sì presto delle trascorse vicende , che in tutto siconformerebbe ai detti di Amalasunta, la quale eziandio alla sua volta caudidamente sagra mento questi accordi , e così vittima del suo inganno proclamollo re:mandati quindi ambasciadori di sua gente in Bizanzio

partecipa il fatto a Giustiniano Augusto.III. Teodato asceso il trono schernì del tutto le

speranza della regina ad un tempo ed i suoi giuramenti;conciossiachè, pigliato a proteggere gli affini de’ Gotti,

LIBRO PRIMO a3

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n>olti c chiarissimi tra questo popolo, da lei spenti, disubito condaunolle a morte alcuni congiunti, e lei stessaprima che giugnessero gli ambasciadori in Bizanzio, rin

chiuse in carcere. Havvi nella Toscana un lago (di nomeVulsino (i)), ed in esso un’isoletta munita di forte castello. Quivi egli ordinò che si custodisse la prigioniera,e temendo, come pur troppo avvenne, di offendereper tali crudeltà l’ imperatore, mandògli tosto Liberióed Opilione (a), romani senatori , con altri pochi al-

1’ uopo di placarne accuratamente lo sdegno, assicnran-dolo di essersi guardato da ogni personale offesa, quantunque pessimamente da lei per lo addietro accolto ;e dell’ egual tenore volle di forza che scrivessegli laregina : di questa guisa procedevano colà le faccende.Pietro del resto ebbe comandamento da Giustinianodi abboccarsi in ascoso con Teodato , e , indottoloa giurare un profondissimo silenzio per rispetto aidiscorsi posti tra loro in campo, di conchiudere inferma guisa la cessione della Toscana. Dovea inoltreprocurarsi un segreto colloquio con Amalasunta per

istabilire con reciproco vantaggio la unione delP Italiaall’ imperio: si partiva in fine sotto coperta di portarele imperiali querele a cagione di Lilibeo e delle coseor ora da me ricordate ; uè sapevansi tuttavia in Bizan-zio la morte di Àtalarico,-la salita in tròno di Teodato,

(i) Ora Bokena. In mezzo del stfo lago hannovi due isoleltenomate Tima Possentina e 1' altra Martana ; in quest9ultima▼enne rinchiusa e poscia strangolata T infelice Amalasunta.

(a) Poli ione , l’Egio.

24 GUERRE GOtTlCHE

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e le sciagure di Amalasunta. Se non che egli nel viaggio avvenutosi dapprima alla costei ambasceria ebbe av?viso dell’innalzamento di Teodato, e poscia in Anione (i),

città posta sul seno Ionico, incontratosi con Liberio edOpilione venne a sapere da loro tutte le posteriori vicende ; in grazia di che sospese quivi il cammino perdarne avviso all’ imperatore.

IV. Giustiniauo Augusto informato degli avvenimenti d’ Italia , concertando seco stesso i mezzi di

gittar discordia tra’ Gotti ed il nuovo re , scrisse adAmalasunta che avrebbene pigliato come vie megliopotea le difese , ed ingiunse a Pietro di manifestare l’animo suo , anzi che farne un mistero, a Teodato ed aiGotti tutti. Arrivata di poi P italiana ambasceria in Bi-zanzio ognuno, del solo Opilione in fuori il quale con

asseveranza dichiarava il re privo di colpa, riferì al sovrano que’ cambiamenti siccome in realtà accaddero ;e più che tutti Liberio, uomo di singolare bontà, onestissimo ed incapace di contaminare le sue labbra eoamenzogne. Pietro quanto al resto mise piede in. Italia ,

quando già Amalasunta ersi passata di questa vita, con-ciossiachè gli affini de’Gotti da lei morti venuti a Teo-rdato aveanlo persuaso non darsi nò per lui, nè per lorosalvezza , ove subito non si fosse tolta di mezzo la prigioniera , ed applauditosi dal re alla proposta , corsinelP isola diederle morte con grandiscimo cordoglio noa

meno di tutti gPItaliani che de1rimanenti Gotti: donnaper verità constantissima nelPesercizio d’ogni umana vip-

LIBRO PRIMO *5

(1) Ora Valona , città in Albania.

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tude. Laonde egli manifestò apertamente a Teodatoed a G otti, che si attendessero , macchiati di così e-norme delitto , una implacabile guerra da Bizanzio. Ma

lo stolido principe mentre prodigava onoranze grandissime agli uccisori della regina cercava di persuadere al legalo ed a Giustiniano, che i ministri di quellamorte operato avessero di loro arbitrio , ' anzi riportandone da lui altissima riprovazione.

C A P O V.Giustiniano prende a guerreggiare i Gotti facendo assalire da 

 Mundo la Dalmatia , e da Belisario co lf armata di mare la Sicilia. — Scrive ai capi de1Franchi. —  Mundo espu-

gna Salona; Belisario, impadronitosi di tutta la Sicilia, ter  mina gloriosamente il suo consolato.

1. Giustiniano sul volgere V anno nono del suo im#-perio, come prima ebbe nuova della tristissima fine diAmalasunta ordinò la guerra, dando l’incarico a Mundo,maestro della milizia nell'illirico, di prendere la via dellaDalmazia, siguoreggiata da’ Gotti , per tentare 1’ espu

gnazione di Salona: era costui di gesta barbarica, affezionatissimo all’imperatore, ed egregio nell’arte guerresca. Inviò ad un tempo nella Sicilia Belisario, famosoa que’ dì per la fresca vittoria avuta di Gelimero e de’Vandali, con armata di mare, con quattro mila guerrieri tratti non meno dagli ordini militari suoi che dalle

truppe confederate , e eon forse tre mila Isauri. Priminel comando erano Constantino e Bessa traci } e Pera-ilio dall’ Iberia vicina a' Medi , congiunto di prosapiacol re ibero , e da gran pezza , intollerantissimo delle

q6 GUERRE G0TT1CHE

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persiane costumanze, disertato agli imperiali. A9cavalierisoprantendevano Valentino, Magno ed Innocenzo} a’fanti Erodiano, Paolo, Demetrio ed TJrsicino} condu

ceva Enne gl’ Isauri} compievano alla perfine il noverodelle truppe dugento Unni confederati e trecento Mauri.A tutti i prefati duci poi imperava Belisario avente secoi pretoriani astati e lunghissima schiera d’illustri pavesai \  e’ si partiva con Fozio, nato dalle prime nozze diAntonina sua moglie, imberbe ancora, ma d’ una pru

denza e robustezza molto al di sopra dell’età sua. Ebbeil duce in Bizauzio comandamento di fingere tutto quell’apparato diretto alla volta di Cartagine; ma postosinelle acque della Sicilia, e pigliatovi terra col pretestodi qualche urgente bisogno, e’ dovea tentare l’isòla edimpadronirsene, riuscendovi, a tutto bell’agio, guardandola quindi per modo che non fosse mai più costrettodi abbandonarla ; ove poi tramettessersi all’opera impedimenti e’ rivolgerebbe le prore verso I’ Africa con altntto menzognero proponimento.

II. Mandò similmente ai capi de1Franchi un’ amba

sceria con lettera in questi termini: « Da che i Gotti» non solo ricusano di restituire al nostro imperio 1’ I-» talia violentemente a noi tolta, ma di più senza ona» provocazione al mondo ci offesero con forti ed intol-» lcrabili oltraggi, vuol necessità che lóro dichiariamo la

 y> guerra. A voi pertanto si conviene seguire le partj

 y> nostre , professando eguali dommi non contaminati99 dagli errori d’Ario, e non essendoci punto inferiori» nell’averli in odio. » Così l’imperatore scrivea aggiu-gnendo al foglio un presente di molto danaro, e prò-

LIBRO PRIMO -27

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mettendone eziandio in copia maggiore posti che si fossero all’ impresa} quelli riscrissero che di buonissimogrado entrerebbero in lega seco.

III. Mundo fattosi coll’ esercito nella Dalmazia evinti in battaglia i Gotti che osarongli contrastare ilpasso tbbe a forza Salona. Belisario afferrato coll’ armata di mare nella Sicilia occupò Catania, e di là movendo gli si arrendettero di leggieri Siracusa e le altrecittà,diPanormo (i) in fuori, conciossiachè il gottico pre

sidio fidando in quelle mura, di vero munitissime, nonvolle sommettersi a lui , imponendogli per Io contrariodi subito allontanarsene. Egli pertanto estimando malagevolissimo cimento V assaltare dalla parte di terra lacittà, introdusse il navilio nel porto, di qua dallemura ed estendentesi fino ad esse, e noh guardato datruppe: coll’inoltrar poi delle navi osservato che i loroalberi soperchiavano l’altezza di que’merli, fecevi rattoinnalzare alle cime ed appendere tutti i paliscalmiriempiuti di arcadori. Pel quale stratagemma il presidio sopraffatto da gravissimo timore vedendosi offeso da

un nembo di frecce , subitamente cedè Panormo, e daquell’epoca l’isola intiera è ligia dell’imperatore. Successero per verità allora tutte le cose a Belisario più felicemente assai di quanto dir si possa \  imperciocché ottenuto il consolato dopo la vittoria contro de’Vandali,nel correr di esso tornò 1’ isola ai Romani, ed era ap

punto col nuovo giorno per uscire di carica quando inmezzo agli applausi dell’ esercito e de’ cittadini mise

a8 GUERRE GOTTICHE

(i) Ora Palermo.

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LIBRO PRIMO *9

piede in Siracusa gittando per le vie aurei nummi. Nonfuvvi del resto nulla di premeditato in queste faccende,ma è uopo ascrivere al solo caso la circostanza che ,

ritornata all’ imperio la Sicilia , iu quel dì pervenissenella menzionata città e quivi della sua magistratura sispogliasse., rimanendo consolare, anziché nella curia diBizanzio: non altrimenti in allora ei vide secondate lesue imprese dalla fortuna.

C A P O VI.

Teodato patteggia con Pietro ambasciadore di Giustiniano. —

Sua pusillanimità appalesata in un lepido colloquio . — Com-

mercio di lettere tra Teodato e Giustiniano .

I. Pietro venuto in cognizione delle prefate cose viepiù sollecitava di continuo Teodato ed incutevagli hiilletimori. Costui pusill^nimo e sbigottito non meno che se,partecipe dell’egual sorte di Gelimero, fosse già prigione,fatti allontanare i consiglieri volle da solo a solo inten

dersela con Pietro. Alla perfine egli consentì di cederetutta la Sicilia a Giustiniano Augusto, di mandargli annualmente un’aurea corona del peso di trecento libbre,e di mettere a disposizione di lui tre mila guerrieri gottiquando ne avesse inchiesta'. Prometteva inoltre di nonuccidere senza 1’ imperiale permesso uom qualunque

dell’ordine sacerdotale o senatorio, e di non porre nelfisco i loro patrimonj: volendo similmente ascrivere nelnumero de’ senatori o de’ patrizj alcuno de’proprj vassalli, e7suggetterebbesi ad inviarne anzi domanda all’im-

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peratore che farlo di sua autorità , e negli spettacoli ,giuochi circensi, e dovuuque il popolo romano suple prorompere in festive acclamazioni, Giustiniano Augusto a-

vrebbe in queste ognora la preminenza: approvava dasezzo che non venissegli eretta statua di bronzo o dialtra materia comunque se non se avente alla destraquella imperiale; appena confermati gli accordi, col-P apporvi il suo nome, accomiatò 1’ ambasciadore.

II . Non guari dopo cadde Teodato in gravissimo

spavento ed in eccessivi timori, che alteravangli fuormisura la mente, ridotto a perdersi affatto d’ aoimo alsolo udire la parola Guerra, tenendola pronta ed inevitabile se non attagliassero in Bizanzio le stipulate convenzioni. Laonde spedisce tosto richiamando Pietro,pervenuto già in quel degli Albani, ed al ricomparirgliinnanzi tiratolo da banda vuol saperne a quattr’ occhi s’ egli creda* lo stabilito or ora essere per riusciregrato all’imperatore. Che sì rispostogli dal legato, e9soggiunse: ma qual sarebbe mia sorte ove accadesseil contrario? Pietro ; di necessità, o re, dovresti cimen

tarti colle armi — Teodato : Come? ambasciadore carissimo ; il tuo detto è al di là d’ ogni giustizia — Pie-tro. E perchè reputi ingiusto, o sire, che uom segua,operando, le sue inclinazioni? e richiestogli spiegamentodi queste parole proseguì: Tu ami assaissimo la filosofia , ambisce invece Giustiniano rinomanza di gene

roso imperatore de’ suoi popoli; passa quindi tra P unae P altra disposizione dell’ animo questa differenza :al filosofo disconvenire, secondo gli ammaestramentidello stesso Platone , P esporre uomini siccome lui, ed

3o GUERRE GOTTICHE

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in sì gran numero soprattutto, a morte: del che sendotu beuissimo informato canserai di contaminare tua vitacon ogni maniera di strage. Quando al contrario Giu

stiniano può senza rimordimento aver ricorso alle armi per rivendicare provincie di antico diritto spettantial suo imperio. Teodato persuaso dalle costui ragionipromise di rinunziare all’ imperatore il regno , e sacramentò in uno colla moglie che terrebbe la data parola. Richiese tuttavia nel tempo medesimo dalP amba-

sciadore il giuramento , eh7e’ metterebbe in campo laproposta cessione del regno sol quaudo vedesse rigettate le prime convenzioni. Datogli quindi a compagnpRustico ( romano sacerdote ed intrinsichissimo del re )acciocché in Bizanzio operassero concordemente in suofavore, consegnò un foglio ad entrambi.

III. Pietro e Rustico terminato il viaggio loro esposero, fedeli ai voleri di Teodato, i primi accordi all’imperatore, ma udendolo non contento di essi presentan-gli la scritta posteriormente ricevuta, che alla lettera quiriportiamo. « Non è cosa nuova per me il regno, nato

n essendo' nella reggia del fratello di mia madre, e cre-99 sciuto come si conveniva allo splendore della mia,99 prosapia, se non per nulla fummi P esperienza mae-» stra delParte della guerra e delle costei trarobuste, con-99 ciossiachè addivenuto sin dalla fanciullezza amantis-99 simo delle lettere, e datovi opera indefessamente, sono

99 giunto a questa mia età ben lontano dall’ importunor> strepito di Marte } sembrami pertanto strano il dover99 ora imprendere , sedotto dalla sola cupidigia del re-99 guare, la perigliosissima carriera delle armi, potendo

LIBRO PRIMO 3i

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» a un colpo trarmi fuori <T entrambi, della guerra ii*«99 tendo mi e del regno, inetti a fe mia sì Tutta che Pal- y> tro a rendermi beato, questo gravandomi colla sazie*

» volezza sua e colla nausea cui soggiacciono tutte len soavi cose , e quella increscendorni perchè ogni no*» vita genera perturbamento. Se adunque abbia di mia99 ragione colti idonei a rendermi annualmente non menon di mille e dugento libbre d’ oro , io anteporrolli di» buon grado al regno, e conseguerotti di posta la so-

» vranità de’ Gotti e degli Italiani, amando nieglio col* fi tivare la terra con animo tranquillo, che vivere iu99 mezzo alle regali cure , e mai sempre lor mercè pe-99 ricolante. Laonde senza indugiare mandami abile per-99 sona all’uopo di ricevere da me l’Italia e quant’altron s’appartiene alla mia corona. » Così Teodato a Giu

stiniano , il quale , avuta grandissima allegrezza dellareale determinazione, riscrissegli. « La fama prima d’ora

 fi aveamiti presentato per uomo di somma pru.deuza,99 ma in oggi io stesso fattone sperto debbo tale rico-» noscerti per quel tuo proponimento di non attendere

 fi i successi della guerra ; stolta aspettativa, il confesso,99 da cui già quanti non rimasero delusi ! Nè tu avrai in99 tempo alcuno a pentirti della fatta risoluzione di con*99 vertire in amicizia la nimistà nostra. Or dunque ad

 fi ogni tua inchiesta aggiugnerò di soprappiù l’ascriverti fi all’ amplissima delle romane magistrature. Spedisco

 fi del resto Atanasio e Pietro a combinar teco le fac~n cende iu guisa che n’abbiamo entrambi da uscire con99 pienissimo nostro soddisfacimento. Belisario stesso» non tarderà a venire presso di te coll’incarico di porre

3* GUERRE GOTTICHE

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LIBRO PRIMO 33

» (ine a tutti gli accordi stipulati fra noi. » Giustinianoquindi ordinò che partissero a quella volta col suo foglio Atanasio fratello di Alessandro, ed in epoca più.

lontana spedito ambasciadore ad Àtalarico, siccome altrove narrammo, e nuovamente Pietro protettore, aneli’ egli di già menzionato , i quali assegnar doveanoa Teodato i fondi spettanti alla casa reale, nomati patrimonio. Or questi allorché ebbero disteso e ratificataco’ giuramenti le convenzioni mandarono chiamando Be

lisario nella Sicilia all’uopo di ricevere la consegna delpalazzo, e di custodire, pigliatone il possesso, tutta l’I-talia, sendo stato per lo avanti il duce prevenuto di recarsi immediatamente colà al primo lor cenno.

C A P O V I I .

 Morte di Mando e del Jigliuol suo profetizzata, giusta la fa m a ,

dalla Sibilla. — Teodato manca alla data parola^ e f a d i-

sonorevole accoglienza all1imperiale ambasceria. Colloquio tra lui e gli ambasciadori.  Lettera di Giustiniano agli ottimati de* Gotti. — Constanziano mandato dall*impera-

tore con esercito in Dalmazia ; la sottomette ai Romani,Termina fanno primo della guerra contro i Gotti.

I. Intanlochè Giustiniano dava opera a questi maneggi e gli ambasciadori correvano la via dell’ Italia, iGotti con forte esercito capitanato da Asiuario, Grippa

e da altri duci metton piede sulla Dalmazia , 'e procedendo a Salona viene ad incontrarli piccola manodi armali sotto gli ordini di Maurizio figlio di Mundo,coiriutendimento anzi di esplorare che di combattere.

Procotio , tom. / / . $

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34 GUERRE GOTTICHE

Appiccata impertanto un’ostinata zuffa tra loro, cadderospenti da'quinci i principali ed i valorosissimi de’ Gotti;da quindi poco meno che tutti i Romani collo stesso

Maurizio. A lai nuova Mundo forte addolórossi per lauccisione del figlio } ma poscia tramutatosi il dolore inisdegno mosse alla rinfusa per assalire il nemico. Aggiuntolo, si pugna da ambe le parti con singolare bravura,a dapprincipio la vittoria volge propizia ai Romani, viUtoria impertanto addivenuta ben presto cadmea (i), da

che trucidati molti barbari e ridotli gli altri ad una manifesta fuga , Mundo forsennato nella strage e malaccorto nel perseguitarli, impotente di rattemperare dopola sofferta sciagura P ampio suo, morì da nemica manotrafitto. Cessatosi allora dal correr dietro a’ fuggenti, idue eserciti si partirono. Tornò per ciò in mente ai Romani l’oracolo sibillino, tenuto al primo suo divulgamento annunziatore d’un grande prodigio, vo’ dire che dopo la conquista delPAffrica Puniverso intiero con la suaprogenie ridurrebbesi affatto al nulla. Vedine le parole:C a p t a A f r i c a M o n d u s   c u m   n a t o   p e r i b i t . Ora con la voce

mundus latinamente esprimendosi l’universo intiero, adesso veniva riferita la predizione, ma di ciò basti. Nessunode1combattenti poi entrò in Salona, essendosi restituitii Romani , privi di tutti i loro duci , nelle terre imperiali, ed i Gotti, giuntatovi il nerbo dell’esercito, ripa

(i) L’origine di questo greco proverbio* col quale si vuoleesprimere una vittoria ottenuta a prezzo di moltissimo sanguesparso tanto dal vincitore che dal vinto , P abbiamo in Pau-sania ( V. la Beozia, lib. IX , cap. 9 ).

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rarono per Io timore anzi ne’luoghi forti della regione,che nella città, consapevoli di essere in odiò ai Romani,abitatori di lei.

II. Teodato dopo si lieto annunzio pigliò a non tener conto alcuno degli ambasciadori venuti già presso dilui, sortilo avendo dalla natura un animo in guisa perfido e volubile che lo vedevi ad ogni variar di fortuna,stoltamente ed in onta alla personale e regia dignità,o fuor misura atterrito dallo spavento, o in preda a tale

orgoglio da non avere io qui parole atte ad esprimerlo.Intasa adunque la morte di Mundo e di Maurizio, sopra modo e al di là di quanto portassero le faccende,imbaldanzitosi cominciò a schernire l’ambasceria, e ungiorno tra gli altri , udito rimprocciarglisi da Pietro laviolazione degli accordi stipulati con Giustiniano , fattia sè venire gl’ imperiali oratori profferì loro questa diceria* * L’essere eletti all’ufficio di ambasciadori è per» verità augusto iucarico, e di grandissimo rispetto de-» gno appo tutte le genti; ma di tale onoranza e’ go-n donsi meritamente tino a che guardano con modestia

» la nobiltà dell’uffizio loro. È per lo contrario diritto» ad ogni popolo comune V ucciderli se addivengano

 f> colpevoli di manifesti insulti alla reale persona, o di» mescolamento con altrui donna. » Il re di questomodo ammonì Pietro, non già che il volesse riprenderedi commesso adulterio , ma per mostrargli avervi pur

troppo di quelle colpe che render possono reo di capitale sentenza 1’ ambasciadore. Fu la risposta de’ Romani: « Non di conformità ai detti tuoi, o principe de’

» Gotti, passano le cose, nè voler ora con frivoli e vani

LIBRO PRIMO 35

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 fi nostre Città, o in luoghi da loro sconosciuti; ma cer-» chiamo ricongiungerci con persone famigliar! dopo» qualche tempo d’interrotta amicizia. Con questo di-

r i visamento vi abbiamo spedito Atanasio e Pietro, Tosi pera de’ quali è vostro interesse di secondare in ogni» cosa, n Tale era il contenuto ne'fogli; il re compiutane la lettura, ben lontano di voler attenere la sua pa»'rola ad Augusto, comandò che si ponesse l’ambasceriasotto di austera guardia.

III. Giustiniano poiché ebbe udito queste faccendee i sinistri alle sue truppe sopravvenuti nella Dalmafcia,spedì nell'illirico il conestabilfc (i) Constanziano acciocché vi mettesse in piedi un esercito col quale posciatentare ad ogni costo l’espugnazione di Salona: ingiunsealtresì a Belisario di passare con prontezza iu Italiatrattandovi nimichevolmente i Gotti. Constanziauo arrivato in Epidanno e fattavi, qualche dimora apprestò lasoldatesca; ma i Gotti in quel mezzo aveuti a duce Grippa entrati nella Dalmazia rinforzarono Salona. II Romano come si fu ottimamente provveduto d’ogni suo bi*

 \ 

sogno levò le àncore dal porto e con tutta Tarmata dimare afferrò ad Epidauro, città alla destra di chi entraDel seno Ionico. Quivi tenevansi allora gli esploratoride’ Gotti, e parve agli occhi loro in mirando 1’ esercitoed i vascelli imperiali, che dappertutto così dal mare co

(i) Grado di comando in guerra secondo l1uso anticodella milizia ; forse corrispondente al colonnello de’ nostritempi. Presso la corte bizantina era militare onoranza di maggiore considerazione.

LIBRO PRIMO 37

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me dalla terra scaturissero genti agguerrite; rivenutipertanto al duce assicuraronlo che procedeva Constanziano seguito da non poche miriadi di combattenti. E

quegli sorpreso dalla riferta giudicava mal sicuro consiglio raffrontare il nemico per istrada, nè tampoco voleaessere dai Cesariani^ fortissimi padroni del mare, assediato là entro. Le mura in ispecie di Salona diroccatenella maggior parte , ed i grandi sospetti intorno aglianimi de’ cittadini verso i Gotti recavangli molta pena:

il perchè uscitone a fretta con tutto il presidio andòa oste tra Salona e Scardona città. Constanziano levatosi da quel porto navigando con P intiero noverode’ vascelli afferra a Lissa posta nel seno , e di làmanda a spiare gli andamenti di Grippa per avernesubito avviso , e informatone appuntino piglia la viadi Salona. Giunto in vicinanza della città e fatto darein terra alle truppe vi pose gli steccati ; ordinò quindia Sifillari, altra delle sue lance, di occupare con cinquecento armati i luoghi stretti , a lui n o ti , ne’ sobborghi , e tosto furon eseguiti i suoi comandamenti.

Al dimane poi tutto P esercito entrò e da terra e damare in Salona , gittando le àncore de’ vascelli in quelporto 5 dopo di che il duce volse ogni sua cura a risarcire prontamente le rovine de’ muri. Grippa e legottiche schiere correndo il settimo giorno dall’ingressodegli imperiali nella città, disertato il campo, batterono

la via di Ravenna , lasciando con la partenza loro inpoter de’ Romani la Dalmazia e tutta la Liburnia (i),

58 GUERRE GOTTICHE

(i) Ora Croazia.

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LIBRO PRIMO 3g

dove riasci a Constanziano di cattivarsi gli animi di que’gottici abitatori*, qui abbian tregua le cose avvequtepresso i Dalmati. Col veruo terminò il primo anno di

questa guerra da Procopio tramandata per iscritto allegenti avvenire.

C A P O V i l i .

 Belisario entrato in Ita lia strrgne amicizia con E brim ut , ge-

nero d i Teodato ; quindi assedia Napoli. —  Risponde a Stefano, originario di quella città , il quale stoglievalo da tale impresa. — Fermatosi dai cittadini Varrendimento, Pa-

store ed Asclepiodoiv induconli co9loro discorsi a cangiare sentenza .

I. Belisario gremite di truppe Siracusa e Panormovenne coll’esercito da' Messana a Regio , dove i poetifìngono accaduti i famosi portenti di Scilla e Cariddi.Frotte di paesani accorrevano senza posa a lui, non volendo pigliare la difesa delle proprie città perchè smantellate da lungo tempo di muro, ma soprattutto perchè

erano gli animi loro adiratissimi contro ai barbari, edi ragione, in causa dell’aspro governo cui viveano sqg-getli. Dei Gotti Ebrimut, addivenuto genero di Teodatocollo sposarne la figliuola Teodenanta, con tutto il suocorteo disertò ai Romani, e subito dopo itosene a Bi-zanzio fu dall’ imperatore, passando con silenzio le al

tre onoranze conferitegli, accolto nell’ordine de’patrizj.Da Regio l’esercito con viaggio pedestre corse le piaggedei Bruzj e de’ Lucani, seguito dai vascelli a breve distanza. Messo piede nella Campania giunse ad una ma

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ritti ma città ( Napoli ha nome ) assai forte, e guardatada grosso presidio di gottica gente. Quivi il condottiero,dato ordine ai vascelli che entrati nel porto gittassero le

àncore a un tiro d’arco dalle mura ed eretti gli steccati,ebbe a patti un castello de’sobborghi; accordò poscia aicittadini, secondandone la preghiera, che inviassero ue’suoi alloggiamenti alcuni degli ottimati, per manifestargli col mezzo loro quanto e’ sapessero bramare, e peraverne risposta. G di subito vide al suo cospetto I’ am

basciadore Stefano, il quale espose in questi termini lasua mandata: u Operi ingiustamente, o duce, nel guer-9» reggiare innocenti Romani abitatori d’ una cittadetta,» e per guisa tenuti in freno da presidio di barbari pa-» droni , che pur volendo in nulla possono contrad-» dirli. Eglino di più col venire alla difesa delle nostren mura nelle mani di Teodato lasciarono i figli, le rao-» gli, ed ogni preziosissima suppellettile; il perchè se» unissersi ben anche a noi per tendergli qualche insidia,9» estimerebbonsi meglio traditori di loro stessi che non» della città nostra. Àggiugnerò in oltre, se m’è dato con*

* fessarti liberamente la verità , essere a voi medesimi» perniziosa la fatta risoluzione di assalirci ; impercioc-» chè riusciti una volta ad impossessarvi di Roma, adii diverrete similmente e con tutto vostro agio padroni9» di Napoli, e rispinti da quella non potrete aver si-» curezza neppur tra noi ; laonde assediandoci spende-

» reste indarno il vostro tempo. » Così l’ambasciadore.II. Rispondeva il romano duce all’ orazione di Ste

fano. « Se bene o male, se con prudente e diritto con-» siglio noi siamo qui venuti noi sommcttiamo all’esa-

4o GUERRE GOTTICHE

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n mina de1Napoletani ; bramiamo solo che voi attentasi mente ponderiate le conseguenze della nostra delibe-r> razione , e quindi abbracciate quanto sarà di vostro

» maggior profitto; e certo lo riuverrete accogliendo Te** sercito dell’ imperatore spedito a voi, non meno che99 a tutti gli altri Italiani, all’uopo di rendervi liberi, e^ non anteponendo ai buoni consigli i pessimi. Gli uo- fi mini intolleranti della servitù o d’ altra infamia co-% munque volgonsi alle armi, e se la fortuna arride

* loro ne traggono doppio frutto, la vittoria dico e l’an-» dar liberi delle sofferte molestie ; e sia pure che ri*

 fy mangano sconfitti nella pugna, confortali impertanto» almeno quel seguire a malincorpo un’avversa fortuna.n A chi per lo contrario è dato scuotere il giogo senza99 i pericoli della guerra, ove a questa ricorra lo riterràn più fortemente, imperciocché la stessa vittoria, se pern ventura giunge ad acquistarla , addiverragli di gra-

 fi vissimo nocumento ; se poi ritraggasi perdente dal» campo, à cumulo di tutte le altre sciagure avrà ezian-n dio la riportata strage; ciò valga a'NapoIetani. Quan»

 ft  to ò a Gotti con voi di stanza, sia in facoltà loron il voler piuttosto d’ora in avanti unitamente a noi

 fi obbedire al grande imperatore, o il tornare sani fi e salvi ai loro focolari. Abbiate poi voi tutti ferii mo nella mente che se, rigettate queste proposizioni^» oserete venire con noi a battaglia , non potremo a

 f 9 meno, coll’ aiuto del Nume, di accogliere ostilmente fi chiunque ci farà contro..In fine quando i Napoletani9 amino seguire le parti di Augusto io sono pronto a

 ft  riceverli ed a conceder loro la somma de’beni che fa-

LIBRO PRIMO 4t

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» ceramo dapprima sperare ai Siciliani, e su de’qnali ora» eglino a torto accuserebbonci di falso giuramento. »

III. Il duce ordinò iu pubblico a Stefauo di riferire

questa sua diceria ai Napoletani, ma da solo a solo prò-raisegli grandi premj ov’ e’ riuscisse a volgere gli animiloro all’amicizia di Augusto. L’ambasciadore tornato a9suoi narrò le cose udite da Belisario, ed aggiugnendoviil proprio consiglio dichiarava pernicioso il guerreggiarei Romani , e seco lui ne conveniva Antioco originario

della Si ria, ed a motivo del commercio marittimo sta bilitosi da gran pezza in Napoli, ov’era tenuto in moltaestimazione per la sua bontà e prudenza. Dimoravanosimilmente colà Pastore ed Asclepiodoto, oratori d’assai rinomanza presso quel popolo. Costoro intrinsicbissi-mi de1Gotti e contrarj ad ogni novità nella repubblica,concertato insieme di sturbare P impresa * soliccitavanla plebe a proporre di molte gravi condizioni , e adobbligare con giuramento il condottiero de’ nemici al-l’immediata esecuzione delle sue promesse. Scritte diquesto tenore sopra un foglio tutte le domande loro ,

in guisa forti che disperava ognuno di Vederle accoltedai Romani, consegnaronle a Stefano, il quale introdottosi nuovamente nel campo cesareo e presentato alduce il foglio interrogòllo s* e’ volesse aderire ad ogniparte del contenuto iu esso, e nell’ affermazione sagra*mentare la sua parola ? Belisario promettendo che ver

rebbe il tutto adempito gli dà commiato. I Napoletanifatti partecipi della risposta cominciarouo ad alta vocea dichiarare il consentimento loro; a gridare che si ricevesse P esercito imperiale; a spacciare con sicurezza

4*i GUERRE GOTT1CHE

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malissimo fondato ogni sospetto di frode, mettendo fuordi timore P «sempio de’ Siciliani, i quali or ora francatisi dai barbari tiranni per fidarsi a Giustiniano godono

di presente una libertà scevra affatto di molestie: e sidicendo tutti correvano tumultuariamente ad aprire leporte. Incolleritisi i Gotti nè forti abbastanza da resistere si partivano; quando Pastore ed Asclepiodoto ra-gunati i cittadini ed i barbari tennero il seguente discorso: a Nulla v’ li a da stupire che una popolazione

9) metta a gravissimo ripentaglio sè stessa e le cose sue;n ed in ispecie quando, non fatto partecipe de’proprj» divisamenti alcun saggio ottimate, vuol erigersi in ar-» bitro de’ pubblici affari. Ma noi, sendo imminente laa comune rovina, non possiamo contenerci dal prestare» almeno P ultimo servigio alla patria con questa esor-

 y> tazione. Voi dunque, o cittadini, procacciate in tuttin i modi, come vediamo, di assoggettare le vostre per-

sone e la città a Belisario, il quale vi promette monti* e mari d’ oro con santissimi giuramenti. Nessuno per» certo negherà convenirvi tali offerte, quando egli uni-

» tamente a queste possa eziandio obbligarsi di soggio-» garvi colla guerra; conciossiachè riterremmo demen-» tissimo chiunque non adoperasse di amicarsi al futuro

 y> signore. Ma se per Io contrario dubbia è P impresa,» nè mortale può entrare idoneo mallevadore per la for-n tuna, non porrete voi mente alle calamità che cercate

» di vostra posta trarvi addosso? Egli è certo innanzi fi tutto che i Gotti se usciranno delParringo trionfanti99 ci danneranno, quali odiosissimi loro nemici, ad acer-* be pene, consapevoli che non da necessità costretti,

LJBRO PRIMO 43

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bensì da perfida codardia lusingati demmo opera altradimento. Belisario anch’ egli se mai giunga a vincere ne riputerà infedeli e traditori de1nostri prìn

cipi. Che più , Giustiniano stesso a diritto ci terràognora in freno, come disertori, con forte presidio;essendo che l’uomo trovato l’esecutore de’ suoi pravidisegni all’ ottenere il compimento loro compiacesidel benefizio ricevuto ; ma ben presto addivenendogli sospetto per la frode commessa l’odia e lo teme,

avendone le pruove d’ infedeltà nell’ animo suo. Al-l’ opposto se. ora noi ci serberemo leali co’ Gotti valorosamente combattendo , questi riusciti vincitorine ricolmeranno di grandissimi beni ; ma quand’ anche la vittoria si dichiarasse pel nemico , e’ non cinegherà il perdono, dovendo essere al tutto inumano chi punisce un amore disgraziatamente fedele*Senza che , viva Idd io , qual motivo i in voi pertemere cotanto un assedio dalla parte romana ? Nondifettiamo qui entro di vittovaglia, nessuno ci vietao impedisce il foraggio, e lutto il dover nostro si ri

duce a rimanere in pace nelle proprie case, avendovipiena sicurezza mercé di queste mura , e del presidio che veglia alla difesa loro. E sì che il duce imperiale ove nutrisse qualche speranza di espugnarlonon avrebbe mai più aderito, come va intorno la voce,alle nostre gravissime condizioni* Oltre di che »’ egli

avesse fermo intendimento di osservare la giustizia edi procurare i nostri vantaggi non sarebbesi iudottoa sbigottire i Napoletani, ed a consolidare il suo po

tere contro ai Gotti col mezzo d’una nostra furfante-

44 GUERRE G0TT1CHE

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» teria: chiamerebbe in vece a battaglia Teodato e le» genti di lu i , venendo seco loro a composizione che

 f» la città fosse il premio della vittoria , senza nostro

 ff  pericolo e tradimento, n Messo termine all1arringaPastore ed Asclepiodoto invitano i Giudei a comparire innanzi per attestare che sono quelle mura provvedute di tutti i bisogni della vita , ed il presidio collamaggiore asseveranza dichiara che non le cederà maial nemico \  il popolo adunque persuaso da tali affer

mazioni manda a Belisario intimandogli di levarsi atutta pressa da là. Costui nondimeno attese all’assedio,e venuto più volte agli assalimenti dovè sempre tornare indietro con perdita di molta e valorosissima truppa ; imperocché erano di grave imbarazzo all1accostatisi da quinci il mare, da quindi i burrati, e sì peraltre cagioni, sì per P ertezza dei baluardi non aveavidi che temere dagli assalitori. Nè tampoco il duce apportò grave danno ai Napoletani col tagliare Pacquidottodella città , non potendo la rottura di esso recar loroche lieve disagio, avendovi là entro pozzi sufficienti ad

ogni occorrenza della vita*

LIBRO PRIMO 45

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<6 GUERRE GOTTICHE

C A P O IX.

Un prodigio appalesa a Teodato , re dei G ott i , i futu ri *de-stini della guerra. —  Belisario adoperasi vanamente contro i Napoletani; fa tto nondimeno avvertito della via che met terebbelo al possesso della città, ordina che la si adatti con segretezza all’uopo. —  Invita quindi i cittadini a composi-

 zione , rammentando loro i mali cui soggiacerebbero vinti.

I. Gli assediati di nascosto al nemico inviarono aRoma domandando pronto aiuto di truppe al re , macostui dì natura assai pigro , come ho narrato , non a-vea fatto provvedimento alcuno di guerra. Molli nondimeno aggiungono altro motivo, un prodigio vo* dire

che lo sbigottì, e diedelo in preda a gravissimi terrori, nètralascio di qui riferirlo sebbene, a mio giudizio, immeritevole di fede. Egli esperto nel consultare gl’ indovini e nel prestar loro credenza , ridottosi allora incapace di consiglio, potentissimo incitamento bene spessoa’ mortali di rivolgersi aiParte divinatoria , ebbe ricorso

ad un ebreo di gran fajna, e il domandò come andrebbea finire la guerra. E il mago iugiunsegli di collocare trenta maiali in tre cellette, per modo che ciascheduna rin-serrasseue dieci; di porre nome Gotti alla prima decina,Romani alla seconda, e imperiali soldati alla terza; quindilascerebbeli rinchiusi per un determinato numero di

giorni: e il re con ogni esattezza ne fece il comando.Nel dì stabilito poi andati entrambi a visitare queglianimali rinvennero tutti , meno che due , i sopranno-mali Gotti privi di vita , pochi essere gli estinti de’ co

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siddetti soldati imperiali, e de7Romani, denudatisi leschiene di lor setole , viverne ancor cinque. Si vuoledunque che il r e , ponderata seriamente la faccenda ,

e congetturandone quale sarebbe il finir della guerra ,cadesse in profondo timore, comprendendo assai benedalla ventura di que’maiali che i Romani, campandonela vita una sola metà , verrebbero abbandonati dallafortuua: che poche sopravviverebbero delle gottiche genti , e che 1’ imperatore ne uscirebbe con lieve perdita

vittorioso; laonde punto uon gli attagliava di battagliarecon Belisario. Ma di ciò parli ognuno secondo che vipresta , o vi rifiuta sua fede.

II. Il duce imperiale nell’assediare da terra e da marei Napoletani si perdea grandemente d’ animo tenendoper fermo che la città non capitolerebbe giammai, nè

sperava prenderla di forza opponendovisi oltre misurala malagevolezza del luogo. Arrecavagli di soprappiùuon lieve travaglio il consumar tempo iudarno sottoquelle mura , antivedendo che sarebbe stato poscia costretto ad assalire nel verno e Teodato e Roma. Laonde

comandava alle truppe che affardellassero per levarsidi là , quando nel mezzo delle sue dubbiezze e ditanti gravissimi pensieri venne la propizia sorte a confortarlo di questa guisa. Nacque in tale degli Isaurila brama di conoscere la struttura dell9acquido lto,e come ne avessero i cittadini l’acqua. Entratovi per

tanto, lunge dalla città e per la rottura fattavi d?Belisario , a tutto bell’ agio ne trascorse una partesenza rinvenirvi, in causa del taglio , uu filo d’ acqua.Se non che viciuo alle mura fu arrestato da uq sasso

LIBRO PRIMO 4 7

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enorme ivi giacente per opera non umana, ma dellanatura stessa, mentre i vecchi artefici dell’ acquidottosollecitati a proseguire il lavoro aveanlo forato quel

tanto eh’ era mestieri al corso dell’ acqua , non già alvalicare d’ un uomo. Di guisa che mancava al canaleuna larghezza dappertutto uniforme, tale ristringendosi giunto al sasso da non accogliere umau corpoarmato di lorica e scudo. Parve tuttavia all’ lsau~ro, posta mente alla faccenda , ebe I’ esercito intiero

di leggieri penetrerebbe nella città ove si dilatasse ,nè molto , quel foro. 11 perchè essendo egli di umilinatali ed affatto inesperto del parlare co’ duci , pensòmanifestare la cosa al patriota Paucaride, inclito soldato tra’ pavesai del condott iero, il quale oe fecetosto avvertito Belisario. Questi provando immensa gioiadella scoperta eccitò il rapportante con la promessadi molto danaro a metter mano all’ opera in compagnia di altri Isauri per accelerare vie più il tagliodel macigno ; comandavagli poi di condurre l’ impresacautamente sì che uom non potesse averne sentore. Il

pavesaio adunque scelti dalla sua gente quanti giudicò meglio idonei all’ uopo calò di ascoso nell’ acquidotto con essi ; e pervenuti là dove era quell’ impedimento, danno mano allo sgretolare e proseguono iuesso , lasciando e scuri e scarpelli da banda per temanon il romore disvelasse l’insidia al nemico; ma pigliato

a rastiarlo senza posa eoa acuti ferri, n’ ebbero inbrev’ ora che un di loro vi potesse con lorica e scudoa bell’ agio passar oltre.

HI» Avvegnaché di questo modo le cose dovessero

{ 8 GUERRE GOTTICHE

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camminare a maraviglia, Belisario nondimeno, pensandoche ove l’esercito irrompesse in Napoli avrebbevi e straged’ uomini e V intiera somma de9mali soliti incogliere

cna popolazione di forza caduta in poter del nemico^mandò chiamando a sè immediatamente Stefano e venuto dicevagli: « Fui le moltissime volte spettatore di* conquistate città , e la sperienza m’ ha apparalo qual» sia spessissimo in quel frangente la sorte loro. Il Cerro» con isfrenatezza orribile incrudelisce sino all9eccidio

n contro gli abitatori adulti; perdona alle femmine, sebr» bene avidissime di morte , per serbarle ad un vitupérn roso scherno , sorgente di atroci e miserandi pati-» menti : i fanciulli privati della libertà loro e d’ ognin disciplina vengono costretti ad opere servili da odia*

 fi tissimi padroni, le cui mani e1videro tinte del pa*» terno sangue. Vano è qui il rammentare , o amalis-» simo Stefano , gl’ incendj , voragine delle ricchezze en del cittadinesco splendore. Or dunque mentre io min fo a mirare come in uno specchio cotesta Napoli in 

 fi preda alle medesime traversie cui soggiacquero in ad-

 f> dietro le vinte città, sentomi tutto compassione e per» lei e per voi ; conciossiachè hommi già pronte mac-* chine dalle cui rovine sperereste indarno salvarla.

 fi Increscerebbemi, ve! giuro, che un9antica città po- fi polata da seguaci di Cristo , ed anche in altri tempi» da Romani, fosse avvolta in sì crudele scempio, Irò-

n vandomi soprattutto io alla testa delle imperiali truppe,n ed annoverando ne’miei campi molti barbari, dei quali

 fi non varrò certamente a reprimere il furore se di forzan entreranno, io quelle mura * pur troppo ricordevoli

Paocono, iom .  IL   4

LIBRO PltltfO 4$

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» ancora ohe innanzi ad esse perderemo e consanguinein e fratelli. Or dunque finché avete in poter vostro* la scelta d’ un più vantaggioso destino, rappaciarvi

» con* noi, aderite a chi vi consiglia per lo migliore,* ed evitate la sovrastante ca lamità, dalla quale una» volta oppressi, come havvi tutto a supporre, non* potrete di pieno diritto accagionarne la fortuna, mai» la sola pertinacia vostra. » Dopo queste parole Stefano ebbe commiato da Belisario , e restituitosi nella

città ridisse con lagrime e sospiri al popolo le cose u-dite dalla bocca del duce , ma inefficaci furono le sueammonizioni, non essendo riuscito a incutergli timore nèa persuaderlo di arrendersi all’ esercito nemico. Quindiè manifesto che Iddìo severamente punir volea quelpopolo prima di assoggettarlo a Giustiniano.

C A P O X.

 Apprestamenti di Belisario per entrare in Napoli armata ma-

no, —  L *acqui dotto ne fo rnisce agli imperiali il mezzo. —

Eccidio nella vinta città. —  Improvvisa morte di Pastore.  A l-

terco fra Stefano ed Asclepiodoto . V uhimo è fatto in brani dal popolo .

I. Il condottiero tentato invano di ridurre a migliorconsiglio i Napoletani deliberò sorprendere la città; insul primo annottare adunque, scelti da quattrocento mi*

liti e dato loro a duce Magno capo dei cavalieri , edEnne cui obbedivano gl1Isauri , ammonìlli che stessersiad attendere quietamente , ed armali di lo rica, di pavese e di spada gli ordini suoi. Chiamato inoltre Bessa

fio GUERRE GOTTICHE

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gP ingiunge che non debba partire dal suo fiancQ, prò*testando aver uopo di lui per coiè risguatdanti suavita. Avanzatasi quindi la notte comuuicò a Magno ed

Enne come si stesse V affare , ed accennando al lutfgodov’era il taglio dell.Véquidotto incaricolli d’intro»duiT$,forniti di luni, per quella via i quattrocento in Napoli;diede similmente loro due trombettieri al doppio scopodi mettere cioè, valicatela mura, in ciosUruazione ilpopolo con forti strombazzate, e di annunziare in par}

tempo all’ esercito il felice termine dell’ impresa. Eglidi più avea in prónto moltissime scaU , fatte dapprimacostruire , e mentre;ok4 .gli altri *elP acquidotto camminavano alla città, disponea dal suo campo con Bes^ae Fozio quanto era del caso, mandando in giro negljsteccati ordine ebe tutti veggbiassero eoo le arn*i in

m an o , e fidava sua. vita a un drappello di prodi. Senon che in questo megzo |a maggior parte dj coloro iquali insidiosamente accostavaosi alle mura, spaventatadal pericolo tornò iudietro, sorda affatto all? ferventiesortazioni di Magnò premurosissimo di riaverli seco;

il perché da ultimo egli medesimo esperimentato vanoogni suo dire pigliò di nuovo con essi la via del cam*po. Il condottiero) aocoltili con acerbe parole subito feeletta di altri wdtkgeobto, j e ( comandò lóro che si partis?6ero con Magno. Forio allora , agognando a?ch’ eglila gloria di capitanate quella mano di gente, saltò

nel canale, ma Belisario non gli consentì di proseguiroltre. Alla perfine quanti dapprima non aveano vo*luto sapere di pericolo , ora grandemente di vergognaarrossendo pel rimbrotto avutone e per P esempio di

LIBRO PRIMO 5i

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Fozio, poserai da coraggiosi una seconda volta al cimento insieme co9loro compagni. Partiti eh’e’furono,Belisario, paventando non il presidio nemico di guardia

sulla torre prossima alPacquidotto avesse alcun sentoredella frode, trasferitosi da quella banda ingiunse a Bessadi pigliare a discorrere con esso in gotlica lingua, acciocché non pervenissegli alle orecchie il menomo fragore delle armi. E costui ad altissima voce esortavaloche si arrendesse al suo capitano , 41 quale avrebbelo

guiderdonato con gran còpia di beni. Ma i Gotti perogni risposta proferivano scherni e villanie contro il dace e P imperatore stfesso. Di tal» modo Belisario e Bessada quivi agevolavano il prosperò successo alle tramateinsidie.

II. L’acquidotto era costruito di guisa che prose**guiva, coperto da alta volta di mattoni cotti, non sinoalle mura di Napoli solamente, ma lungo tratto ezian~dio per eutro esse, mercè di che i guerrieri condotti daMagno ed Enne dopo averle oltrepassate più non sapevano dove si fossero, nè per qual parte uscirne. Come

Dio volle nondimeno giunti i primi in luogo ove il ca~naie era scoperto, ai loro sguardi appresentossi unapressoché abbandonata casipola, in cui riparava tal po*verissima e sola donnicciuola, ed un ulivo nato e fatto4albero sopra P acquidòtto. Appena egli ebbero veduto il cielo e conosciuto essere quivi il centro di Na

poli, divisarono saltar fuori; ma privi di ogni mezzo perlevarsi di là, massime armati, ergendosi ai fianchi loroalte mura e ben malagevoli da salire, stavano tutti nellamaggior incertezza, e gli ani addosso agli altri, essendo

5a GUERRE GOTTICHE

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strettissimo il luogo e sorvenendo continuamente folla dinuovi seguaci ; quando tale di essi pensò cimentarsialla salita. Il perchè deposte incontanente le armi o colle

mani e co1piedi inerpicandosi penetrò nella casipola,ed al rinvenirvi la padrona minacciolla di morte senon si tacesse, e colei caduta in gravissimo timore am*mutoli. Il milite allora legata al tronco delP ulivo unaforte coreggia , ne mandò giù nell’ acquidotto P altrocapo ai compagni, i quali attaccandovisi ad uno ad uno

con molta fatica si trassero fuori di là (i). Rimanevaancora la quarta parte della notte quando i Romani ac*costatisi di soppiatto alle mura uctidonvi le malaccortasentinelle di guardia sopra due torri volte a settentrione > ed a molto breve distanza da quivi intrattene*vasi appuuto il duce supremo in compagnia di Bessae Fozio ad aspettare con gradissimo batticuore; la finedell’impresa. Quelli dato nelle trombe invitaronli ad attaccare le mura, se non che fattevi dal condottiero appoggiare le sqale e comandato alla truppa di montarle

(i) NelPanno dell’ era volgare 144^ sotto il pontificato dipapa Eugenio, Piccinino eletto gonfaloniere della chiesa romana e mandato dal pontefice alla conquista del regno di Napoli riseppe da due muratori napoletani fatti prigionieri chesi sarebbe potuto agevolmente impadronire della città permezzo di questo medesimo acquidotto, ed ebbene di più la

maniera d’ introdumsi. Laonde profittando del consiglio ordinò a suoi soldati di calarvi entro ; questi, trascorsolo pervennero a sorprendere Puna di quelle porte, e così aprirono P adito al resto delle truppe di farvi liberamente it  loro ingresso.

LIBRO PRIMO $3

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si vede che neppar delle tante una raggiugnevane la sommità , colpa e difetto dei lavoratori, i quali per tenereoccultissima V opera loro non avèaoo osato di pren

dere le giuste misure. Laonde formatone all’ istanted’ ogni due una, la truppa le ascese e giunse » domi-*nare que’ merli. Da questa parte non altrimenti procedevano le cose agli imperiali.

III. Il muro intanto voltò al mare e guardato ansidai Giudei che dai barbari, era inaccessibile alle truppe,

non potendovisi nè accostare le scale, nè approssimarlo.Imperciocché tal gente consapevole di essere in odio aiRomani per averli impediti dal conquistare la città senzaspargimento di sangue, venuti in disperazione fortementecombattevano sebbene entrato di già.il nemico, e resistevano fuor d’ ogni credenza all’ impeto degli oppugnatori: collo spuntar del giorno tuttavia assaliti coraggiosamente da que’ dalle scale , e saettati poscia datergo dalle truppe di Magno si volsero in fuga. Vintadunque Napoli di forza con le armi , e spalancatesi leporte tutto il romano esercito ne valicò i limitari. La

$oldatesca in p?ri tempo attelata fuori di quelle versooriente fecevl il suò ingresso, per mancanza di scale, ardendone le imposte senza opposizione, imperciocché i custodi sottrattisi di là a furia lasciato aveano tal partedi muro affatto in balìa del nemico. 1 vincitori lutti ribollenti di sdegno, e massime quelli che nell’assedio giunta

to aveano il fratello o il parente , contaminarono di e-norme strage 1’ entrata loro, uccidendo non pietosi alsesso od all’ età quanti incontravan per via. Penetratiquindi nelle case metteanvi a sacco donne, fanciulli ed

5{ GUERRE GOTTICHE

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ogni maniera di suppellettile; infierendo più che tutti iMassageti, i quali profanatori sin dei terapj macchia-ronli col sangue di mólti vinti speranzosi là entro di

salvezza. Tale imperversarono le cose finché Belisariotrascorrendo per ogni dove non ebbe represso il furorede’suoi, e raccoltili a parlamento diceva loro: «Mal noi7 » corrispondiamo al benefizio ricevuto dal Nume, di es-» sere ciò è fatti degni della vittoria e d’un sì glorioso* trionfo, riducendo in poter nostro una città sino ad ora*

n inespugnabile, coll’appalesarci immeritevoli di cotanta39 grazia; quando per lo contrario colla molta umanità» nostra è mestieri diamo pruova che a buon diritto» ella fu da noi soggiogata. Non vogliate adunque por-» tare odio perpetuo ai Napoletani, nè dilungarlo oltre

* i li tu i t i della guerra; giusto essendo che nessun vinci- y» tore abbia più da infierire contro i vinti^ impercioc- y>cbè morendo costoro non uccidiamo più nemici, ma» gente a noi sommessa. Ponete quindi un termine ai» vostri gravissimi oltraggi, nè assecondate P ira che

 y>v’ anima in guisa da permetterle ogni eccesso, turpe

 fi essendo che i vincitori dei nemici lascinsi poi vinceren da lei. Sia vostro, in premio del mostrato guerresco» valore, tutto il conquistato danaro, ma rendansi cui» spettano e donne e fanciulli; appareranno con ciò i vinti» di quali amici venissero privi un tempo dalla imprudenza

 y> loro, rf  Dopo questa esortazione il duce restituì mo

gli e prole, e tutti gli altri prigionieri, senza che neppuruno dei tanti patisse oltraggio, ai Napoletani, riconciliando insiememente gli animi delle truppe con quellamalaugurata popolazione. Costei adunque nel córrer

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d’ uq giorno perdè la propria libertà , ricnperolla , etornò al possesso della parte maggiore di sue ricchezze.Imperciocché quanti erano forniti d’oro o di alti;e sup

pellettili preziose aveanle di buon’ ora nascoste eutrola terra, e così poterono all’insaputa de’ nemici riacqui-*stare ad un tratto e case ed averi: di tal modo ebbe;fine 1’ assedio prolungato oltre i giorni venti. Belisarioserbò eziandio sani e salvi non meno di ottocento Gotticaduti in sue mani, ed ebbeli onninamente a governo

come i proprj soldati.IV. Pastore alla cui instigazione, come testé narrava

mo, la plebe erasi indotta ad impazzare, veduta la patriain mano del nemico fu colpito da apoplessia, ed in bre-.v’ ora si moriva del male , avvegnacchè per lo innanzis$ui$sicpo e non molestato da alcuno. Il suo compagnopoi di quella mena, Asclepiodoto, uuitamente agli otti*mati superstiti, fecesi da Belisario , dove Stefano pigliò$ svillaneggiarlo di questo modo: «Osserva, o iniquissimo» tra mortali, quante sciagure hai tu recate alla patria» col tuo favoreggiare i Gotti a danno e tradimento della

» pubblica nostra salvezza. Ed in fe mia che se la vit«» toria si fosse dichiarata pe’barbari, tu ne avresti otte*» nuto il guiderdone, e ti saresti fatto innanzi ad in*» colparci, quantunque seguaci di migliore consiglio,.» siccome rei di patteggiate insidie co’ Romani. Ora,39 nondimeno, venuta Napoli sotto l’imperiale dominio.

» e salvati noi tutti dalla magnanimità di questo duce, y> tu hai l’ impudenza di presentarti a lui, quasi scevrorì  da ogni macchia verso i cittadini e le cesaree truppe! »Con queste parole Stefano, forte lagrimando i pubbliqi

56 GUERRE GOTTICHE

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mali, sfogò la stia bile contro Asclepiodoto, ma costuirispondeagli: « Non poni mente, o uomo illustre^ che ci* tributi lode con quel tuo rimprocciare la nostra bene-

9» volenza ai Gotti, imperocché nessuno all’ iufuori d’iran animo costante prenderà mai a parteggiare co’ suoin pericolanti padroni. Nè v’ ha dubbio che i vincitoria mi troveranno mai sempre fermo nel difendere la re-» pubblica loro come sperimentarommi già nemico, sendo» incontrastabile che un animo di sua natura fedele non.

99 cangia col variare della fortuna. Ma t u , ove le do-99 stre vicende seguito avessero un differente corso, al**9i l’ accostarsi di gente quantunque ne avresti di subito99 accolto le offerte condizioni, non potendo a meno chi» ebbe in sorte dalla natura 1’ incostanza di rompere99 al primo timore la fede giurata ben anche ai suoi più99 cordiali amici. » Cosi egli; se non che in partendosidi là i Napoletani, vedutolo, accorsero in frotta, e chiamandolo autore di tutti i presenti lor mali, non cessarono dagli oltraggi che quando 1’ ebbero morto c fattone in brani il corpo. Entrati quindi in casa Pastore

e cominciato a cercarlo, i servi attestavanne la morte:« 1non datasi fede alla testimonianza loro, e’ mostraronneil cadavere , e queglino pigliatolo andarono ad appiccarlo per la gola nel borgo. Pregato di poi Belisarioche dimenticasse quanto e’ operarono nel bollore dellosdegno, ebberne grazia e partironsi. Di tal modo i

Napoletani uscirono de’ sofferti guai.

LIBRO PRIMO 5?

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58 GUERKE GOTTICHE

C A P O X I .

Sospetti pigliati in Roma dai barbari contro il monarca loro.Viti&i creato re dei Golii, fa morire Teodato. — Sue pa-

role sulla utilità d*un temporeggiare giudicioso, e dell'appre-

starsi convenientemente alla guerra. — Presidiata Roma va a Ravenna, e vi sposa Matasunta figliuola di Amalasunta.

In questo mezzo, se pur non prima, i Gotti dimo

ranti in Roma o in que’ dintorni forte maravigliavanoche Teodato annighittisse a segno di non voler muovere contro il nemico in marcia alla sua volta, ed assalirlo; nè lieve era il sospetto ch’egli cercasse tradire disuo arbitrio a Giustiniano Augusto la repubblica loro,addivenuto non curante di tutto, fuorichè di menare lavita in opulento riposo. Non si tosto adunque ebberoavviso della caduta di Napoli in poter dei Romani che,sopra lui versando la colpa delle presenti calamità, vennero ad un luogo distante da Roma dngentottanta stadj,e nomato da costei cittadini  Regetaj avendolo giudicato

opportunissimo per camparvi iu grazia degli abbondanti pascoli a benefizio della cavalleria, e d’ un fiume,che irrigavalo, dai paesani detto con voce latina Decen-novio, sendochè trascorsi diciannove miglia, oppure cen-tredici stadj, mette foce nel mare presso Tarracina (i),

(i)  Anxur  detta dagli antichi geografi ecc., ora Circello. Sìal monte che a quella parte del mare Tirreno venne il nomedalla maga Circe, la quale secondo Omero (Odiss., lib. X,verso 135 e segg.) abitava in un’ isola dal poeta detta Eea;

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città in vicinanza del monte Circeo, dove la fama narraavvenuto il conversare di Circe con Ulisse. Ma io nonvi presto fede sempre che Omero collochi rettamente

il domicilio della maga in un’ isola. Confesso non dimeno che il monte dilungasi entro l’acqua sì, quantogli è mestieri per acquistare la *simigliftnza d’ un1isola ,ed in effetto tale sembra durante grandissimo tratto nonsolo ai vascelli in còrso lungb’ essò, ma eziandio a’ pedoni camminandone i lidi: se non che alla fin fine ognu->

no arrivandovi s’accorge come fosse caduto nell’ingan~>no, e forse il poeta alludendo a questa simiglianza nomò isola quel luogo. E qui rannodo il filo del mio privino discorso.

II.I Gotti Tannatisi presso Regeta eleggono a re di.lor gente e degli Italiani Vitige , uomo per verità nond’illustre prosapia, ma salito a gloria somma per le battaglie vinte nelle adiacenze di Sirmio , quando Teude-rico era in guèrra co’ Gepidi. Teodato all’udire queste

ma più non apparendone vestigio a dì nostri, si crede che que

sta siasi unita al continente (V. Vet. Lal. I l , pag. 243;i’Heyne, Ex.curs. i ad lib. V Aeneid; ed Omero, Odiss ). Iopoi sono di parere col nostro Autore che Pisola indicata dalPoeta fosse il monte stesso circondato dal mare e dalle paludi forbiate da due fiumi, il maggiore dei quali dicevasi Aufido, permodo che rendea sembianza d*un’isola, in conformila a quantoscrive Strahone. Tarracina si nomò eziandio Trachina, la qualegreca voce corrisponde nella nostra lingua ad aspra, montuosa,

e forse da questa denominazione guasta e corrotta derivolle poiqnella di Tarracina, della quale è in possesso anche ai nostritempi.

LIBRO PRIMO  Bg

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innovazioni riparava con precipitosa fuga a Ravenna;Vitige aHora comanda al gottico Otta ri'di tenergli dietrosenza posa volendolo o vivo o morto in sue mani. Il

duce poi eletto all’ uopo odiavalo assai, e vo a dirneki cagione: ambiva costui le nozze di certa pulzella riccadi eredrtadi ed avvenentissima della persona, Teodatonon di meno, aescato da offertogli danaro, ne lo privòe diedela in isposa ad altro pretendente; P offeso adunque e per i sfoga re la passione dell’ animo suo, e per

obbedire a Vitige si pose volentierissirao e con tuttoPardore a seguirne le peste, nè requiò di giorno o dinotte infino a tanto che, aggiuntolo in1su la via, non loebbe gittato a terra, ed a foggia di vittima così a rovesciocom’ era sgozzato. In questa funestissima guisa Teodatocompiè sua vita dopo tre anni di regno.

III. Vitige entrato in Roma coi Gotti cbe avea secoriseppe a non dubitarne la fine di Teodato, e pigliatonegrande contento fecene imprigionare il figliuolo, Teo~degisclo; poscia vedendo la somma delle pubbliche faccende non ancora bene ordinata, giudicò miglior par

tito quello di trasferi ti prima di tutto a Ravenna pettnetterle in assetto avanti di cominciare la guerra: eoaquesto intendimento raccolte le truppe iva loro dicendo : « Le grandi imprese, o commilitoni, sogliono con-99  dursi a felice termine co’ prudenti consigli, e non già99 col precipitosamente correr dietro alle occasioni, riu-

» scito essendo il più delle volte utilissimo un oppor-n tuno temporeggiare; quando per Io contrario un ope-(» rar veemente e fuor di senno carpi a molti la speran-a» za di felici successi. Nè v’è a ridire che gli eserciti ferii

6o GUERRE GOTTICHE

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» di numero ma non curanti degli apparecchi nécessarj,se» guerreggi no con nemici di quantità inferiori sieoo per» essere vie meglio vinti, che non quelli i quali in minor

» novero ma apparecchiatissimi escono in campo. Non» vogliamo pertanto essere i fabbri della nostra rovina» col secondare un subito ed immoderato desio di ri-» nomanza , giovando assai più P aprirsi il varco con*> qualche poco di momentanea vergogna ad una gloria» immortale, che non ischivata per brevissima ora Tigno-

» minia soggiacere ad obbrobrio eterno. Nessuno me-» gliò di voi è al fatto che moltissimi nostri confra-n telli e quasi tutti gli apprestamenti guerreschi stannosi» ora nelle Gallie, in Venezia ed in altre lontanissime» regioni; abbiamo di più intrapreso co’ Franchi una» guerra per nuUa inferiore a questa, di modo che sa-n rebbe, in fe’ mia, la massima delle stravaganze il cosi minciame altra innanzi di condurre a buon termino9 quella, volendo ragioue che addiveuga contraria la» sorte delle armi a chi pretende occuparsi di molten imprese, e non entrare in gara con un solo nemico/ 

» Laonde è mio proponimento che ci facciamo tosto a» Ravenna, e quando avremo pace co’ Franchi, ed otti-» mamente provveduto alle nostre bisogne torneremo99 ad assalire con tutto il gottico esercito il duce impe-99 riale. Non increscavi adunque il retrocedere meco, e» chiamate pur fuga questa ritirata; ma ricordivi ognora

* c he siccome opportuna voce di timore fu uiile a mot*» ti, così gittò altri nel precipizio un nome interapesii"n vo di fortezza^ che la indovina mai sempre chi atten*» de alla sostanza ed ai vantaggi delle umane faccende,

LIBRO PRIMO 6 t'

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* 62 GUERRE GOTTICHE

» e non alle speciose parole; che non il principio d’unan illustre azione, ma il suo termine rende testimonianza» alla virtù di chi ne fu fautore. Nè dir si conviene

* pauroso del nemico nn esercito che appena fattosi* vie più agguerrito vola a combatterlo, di tali sono bensì» quanti ritraggonsi dalla pugna peristarsene di continuo» sani della persona. Abbiavi ancor meno tra voi chi teman perdere questa città ; imperocché se i Romani par-» teggiano di buon grado con noi sapranno , costante*

n mente fedeli, serbarcela, e di òttima voglia al nostro» pronto ritorno ci riaccoglieranno: se per lo contrario» macchinarono ai nostri danni, colTintrodurre il nemico9 entro lor mura ne apporteranno miuor nocumento *» meglio essendo il venire alle prese con iscoperti av-n versar); provvederò tuttavia che nulla di simile jien accada, e copiose truppe capitanate da espertissimon duce rimase quivi di mio volere sapranno ad ognin evento prenderne opportuna difesa. Cosi stabilito il» tutto ne’ debiti modi non ci proverrà iu fede miat» dalla nostra partenza il minor danno. »

IV. Vitige si tacque, ed i barbari fatto eco a’ suoidetti affardellarono prontamente, Raunato di poi conSilverio vescovo della città il senato ed il popolo romano, diede loro molli consigli, e rammentando il regno giustissimo di Teuderico esortavali tutti a guardare di buon occhio le gottiche genti; senza che obbligolli

con santissimo giuramento a rimanergli fedeli. Sceltiquindi non meno di quattro mila valenti guerrieri lorofidò la custodia di Roma preponendone al comandoLeuderi uomo di provetta età e dt specchiata pru-

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LIBRO PRIMO 63

detìza, quindi alla testa di tutto V esercito caldo la viadi Ravenna portando seco in ostaggio gran novero di se*natori. Giuntovi impalmò Matasunta di Amalasunta,

(vergine di età opportuna al matrimonio, condotta impertanto mal suo grado a tali nozze) intimamente cosìlegandosi colla prosapia di Teuderico per assicurarsivie più il regno. In processo di tempo fatta dappertuttoleva di militi ed inscrittili ne’ruoli comandò che fosserodisciplinati nell’arte della guerra, dando a ciascuno armi

e cavalli giusta il poter suo e i| grado loro. Guardossinon di meno dal richiamare le truppe di guernigioue perle Gallie, temendo novità dalla parte de’ F ranchi , popoli anticamente nomati Germani; quali poi si fosserole primitive stanze loro, di che guisa occupassero il gallico suolo, e come avessero nimicizia e guerra co’Gotliaddiverrà tosto argomento del mio discorso.

C A P O X I I .

 Descrizione di alcune parti del? Orbe $ antiche stanze dei Fran? chi. —  Dominio dei Visi gotti, —  Arborichi e Franchi riu-

niti in un popol solo. —  I Visigotti padroni di tutta la Gallia. I Franchi legansi con Teuderico re d* Italia ; v in• cono i Burgundioni; uccidono Alarico re de9Visigotti ; as-

sediano vanamente Carcassona. Imprese di Teuderico nella  Gallia. — Teudi tiranno.

1. La parte dell’ Orbe a sinistra di coloro che navigano dall’Oceano e da Gadi sul Mediterraneo ha nome Europa , come scrivca ne’ precedenti libri. L’ op

posto continente fu L ibia , chiamato di poi Asia da

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coloro che vanno innanzi. Non posso descrivere le pii

lontane parti della Libia, impedito da’suoi immensi de

serti; ed ecco il perchè ignoriamo affatto la sorgente del

Nilo, che di là giusta la comune sentenza corre nel-P Egitto. L’Europa subito nel suo principio , affatto simile al Peloponneso , da ambo i lati è bagnata dal

mare, e la prima sua parte, quella che vie più si estenda

verso TOceano e l’occaso, vien nomata Spagna sino allealpi del monte Pireneo, gli abitatori di lei significando

eoi vocabolo alpi le valicabili gole de’monti. Segue laGallia così appellata sino ai confini della Liguria, dove

altre alpi separano le due regioni. Ella pertanto, come

può ognuno vedere, supera di gran lunga la Spagna in

larghezza, conciossiachè l’Europa nel suo principio an

gustissima va col proceder oltre sommamente allargan*

dosi. Il lato aquilonare d ’ ambedue è circondato dal-

1’ Oceano, P australe dal mare detto Tirreno. Di tutti i

fiumi che irrigano la Gallia meritano particolare men

zione il Rodano e il Reno , opposti ne’ corsi loro per

modo che il primo depone le sue acque nel mare Tir

reno, ed il secondò nell’ Oceano. Hannovi similmente' di molte paludi, antico soggiorno di que’ Germani or

nomati F ra nch i, gente barbara e pochissimo in prima

conosciuta. Erano loro confinanti gli Arborichi, giàda gran tempo con tutta la Gallia e la Spagna li-gii de ’ Romani. Dopo questi i Toringi i abitavano la

orienta le regione , ottenuta da Cesare Augusto , primodegli imperatori. Non luuge poi da essi verso Austro

entràvi in quel de’ Burgun dion i, e di là da’ Torm*

gii dimoravano e Suabi ed Alèmauni, valorosissima

64 GUÉttRE GOTTICHE

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genti. Or* i p re fati popoli ab antico, liberi affatto, occupavano quel suolo.

IT. In processo di tempo i Visigotti corsi armàta

mano sopra le terre imperiali assoggettaronsi tut ta laSpagna e le provincia della Gallia oltre Rodano, ed eb*

berle tributarie. I Romani a que’ dì aveano confederati

seco in guerra gli Arborichi, a’quali volendo i Germani

imporre e giogo e legge, siccome a popoli confinanti edal lo n tana tis i dall’ antica forma di repubblica, princi

piarono dal guastarne le terre, e di poi a dirittura as-saltaronli, venendo tutti stimolati da forte pizzicore di

guerra. Ma gli Arborichi a dimostrare lor generosità e

benevolenza verso i Romani portaronsi valorosamente

nel conflitto; di maniera che gli altri nulla ottenendo

colla forza invitaronli a strignere società e parentela

seco, ed eglino volentieri acconsentironvi professando

ambedue le genti i dommi cristiani : per cosiffatta guisa

formatisi in un sol popolo addivennero potentissimi al

sommo. Oltre di che alcuni romani soldati di presi

dio nell’ estrema Gallia impediti dal ri patria-re , nè

volendo tampoco disertare a nemici ariani, diederosè stessi co’vessilli e la regione, da loro in avanti guar

data a prò dell’imperio, agli Arborichi e G erm an i,

non rinunziando con ciò alle patrie costumanze, le

quali passate quasi in retaggio a loro posteri osservansi

tuttavia religiosamente. Conciossiachè e’ ritengono pur

ora gli ordini medesimi con cui soleano dapprima formare lo schieramento , ed inalberando i proprj vesilli

vengono iu campo; solo che vestono alla foggia romana,

ed iti ispecie acconciativi lor teste.

Procopio , tom.  IL   5

LIBRO PRIMO 65

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III. Del rimanente l’ imperatore ebbe suddita la

Gallia di qua dal fiume Rodano sino a tanto che durò

presso de’ Romani l’antica forma di governo; ma con»

vertito questo da Odoacre in tirannide(i), i Visigotti colconsentimento di lui occuparono tutta la regione sino

alle alpi a confine de’ Got ti e de’ Liguri. Avvenuta

poscia la morte di Odoacre i Toringii ed i Visigotti paventando la già formidabile potenza de1Germani (addi

venuti fortissimi per 1’ aumento della popolazione, e

disterminatori con aperta violenza di quanto si parava loro innanzi ) cercarono premurosi di strigner lega

co9Gotti e con Teuderico; e costui non meno bramoso

di averli a compagni, v’ acconsentì, nè ricusò imparen

tarsi seco loro dando in matrimonio la sua vergine

figliuola Teudicusa ad Alarico il giovane , re dei Visi**

gotti, ed Ameloberga figliuola di Amalafrida sua so*

rella ad Ermenefrido re dei Toringii; e per tale motivo

appu ntoi Franc hi paurosi di Teude rico guardaronsi dal

combatterli portando in cambio la guerra ai Burgun-

dioni. Una seconda lega contro a questi fecero nel tratto

successivo e Franchi e Gotti, collo scopo di debellarlie d’ impadronirsi delle terre loro ; e si convennero dipiù che ove gli uni o gli altrivriuscissero a vincerli senza

un reciproco aiuto, il vittorioso, ricevuta dal confederato

certa quantità d’oro a titolo di ammenda, farebbelo im

pertanto partecipe del suolo conquistato colle armi. I

Germani adunque giusta gli accordi con grande esercito affrontano i Burgundioni nel mentre che Teuderico,

6 6 GUERRE GOTTICHE

(ì) Anno 476 deir Era Cristiana.

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simulato in principio di approntarsi alla spedizione, so

spende la partenza delle truppe, indugiando ^ bella po

sta per at tendere 1’ evento dell’ impresa. M3 dato fi-

nalmente all’ esercito l’ordine di m arciare, comandaai duci che procedano con lentezza, ed al giugner lorola nuova della ro tta de’F ran ch i più non vadan oltre ; se

per Io contrario abbiano avviso eh’ e’ uscirono trion

fanti, avvaccino d’inoltrare. I duci obbidieutissimi ai vo-

Ieri di Teuderico lasciano che i soli Germani guerreg

gino i Burgundioni, e venutosi ostinatamente alle mani,da quinci e da quindi molti perdonvi la vita. Lu ng a

pezza durò quel battagliare, ma da ultimo i Germani,

volto in fuga il nemico ed incalzatolo sino agli estre

mi confini muniti di forti òastella , occuparono tutto

il restante delle sue terre. I Gotti allora, fattine consa

pevoli, pronti aggiungono i confederati, e rimbrottati da

questi della tardanza loro adducono a propria discolpa

la malagevolezza della calcata via; quindi soddisfatto al

l’ammenda partonsi giusta gli accordi la regione co9

vincitori. Così crebbe vie più lo splendore della p ru

denza di Teuderico, il quale senza perdere uoin de’sud-diti acquistò collo sborso di'poc’oro la metà del suolo

nemico: così finalmente uua parte della Gallia fu pos

seduta dai Gotti e da’ Germani.

IV. Questi ultimi iu appresso aumentati di forze e

spogli d’ogni timore* e considerazione verso Teuderico,

ruppero guerra ad Alarico ed ai yi$igotti. I/assalito, av*vertitone, chiamò tosto in sup aiuto Teuderico, al ve

nir del quale con poderosa oste i Visigotti fannosi in

contro ai Germani sapendoli a campo vicino della città di

LIBRO PBIMO 67

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Garcassona e circondatisi pur eglino di steccato s’arre-

restano ; ma dopo lungo soggiorno vedevano di mal

animo le proprie terre in balìa dell’ altrui furore. Pro-

rumpero adunque in mille ingiuriosi discorsi contro Alarico, rinfacciandogli quel suo gravissimo spavento de’nemici, e detestando l’indugiare del suocero spacciansi

ad una e per fortezza e per coraggio nelle militari imprese

non da meno degli assalitori, e che ben più di leggieri

avrebbero da soli vinti i Germani. Il re loro a cotanta

millanteria, avvegnaché non attivati ancora i Gotti, fucostretto di venire a giornata, ed i Germani usciti vit

toriosi del campo uccidono re Alarico e molti Visi-

gotti, occupano gran parte della Gallia, ed assediano

con ogni poter loro Carcassona, dove si volea in serbo

l’imperiale tesoro, che in epoca anteriore il vecchio Ala

rico avea portato via dalla conquistata Roma. Vedevi in

esso la preziosissima suppellettile di Salomone re degli

Ebrei (i), molti vasi cioè adorni di pietre prasie , ca

duti ab antico iu poter dei Romani nelle guerre gero

solimitane (2). I Visigotti superstiti dopo la battaglia

salutarono re loro Giselico figlio naturale di Alarico,sendo tuttavia di tenerissima età Amalarico, nato della fi

gliuola di Alarico. Sopraggiunto poscia Teuderico alla

testa delle gottiche truppe, i Germani pigliati da timore

sciolsero quell’ assedio , e partitisi andarono a soggio-

(1) Guerre Vandaliche, lib. II, cap. 9.(2) Erano tra questi tesori le più ricche mobilia del reSalomone, ed uno smeraldo di gran prezzo, tolto pur essodagli autichi Romani a Gerusalemme. Cousin. V. GiuseppeFlavio, antichità e guerre giudaiche.

6 8 GUERRE GOTTICHE

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gare le galliche terre che di là dal Rodano volgono al-P Oceano. Teuderico pertanto non potendoneli cacciar

fuori, accordò loro che se le avessero in proprietà : ve

nuto quindi al possesso della rimanente Gallia, e toltodi mezzo Giselico diede il regno de’ Visigotti ad Ama^

larico suo nipote, per parte della figliuola, dichiarando*glisi, in grazia della tenerissima età di lui, tutore. Im

possessatosi finalmente di tutto il tesoro guardato entro

le mura di Carcassona ratto sen tornò a Ravenna , da

dove col mandare spesse fiate prefetti nella Gallia enella Spagna attendeva con provvido consiglio a conso

lidarvi stabilmente il suo regno. Impose altresì un tri

buto annuo ai prefetti di quelle provincie, e ricevendolo,

per non essere tenuto in conto di avaro, lo convertiva

in un donativo col quale annualmente guiderdonava

P esercito de’ Gotti e de’ Visigotti. Ne avvenne quindi

in processo di tempo cbti^léste genti, a dimora sotto

lo stesso principe e soprji* suolò medesimo, s’ apparentassero colle scambievoli .nozze de'proprj figli.

V. T e u d i , uom gottico , fu in appresso eletto da

Teuderico a capitano dell’ esercito e mandato in quelleparti, ove ammogliòssi con donna spagnuola non già

della schiatta de’ Visigotti , ma prole d ’un ricco na

zionale, posseditrice ella stessa di ben molto danaro, e

signora in patria di numerose terre. II perchè avendo

egli raccolto da due mila soldati ed essendosi munito

di non poche guardie, era per verità di nome condottiero de’Gotti, giusta il volere di Teuderico, ma di fatto

un manifesto tiranno. Il re adunque, uomo di singo

lare prudenza e sperimentatissimo , temendo nel mo

LIBRO PRIMO 69

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ver guerra a un suddito non venissergli contro, aven

dovi tutte le apparenze, i Franchi, o non tramassero

novità i Visigotti, anzi che levarlo dal comando glielo

conferì perpetuo sopra ogni éua arma. Ingiugneva nondi meno segretamente agli ottimati de’ Gotti di sugge

rire a costui per iscritto eh1e9 farebbe bell’ opera e de

gna della sua sapienza conducendosi a Ravenna per

ringraziare Teuderico. Ma Teudi, avvegnaché diligente

mente adempisse gli ordini reali nè tardasse mai T an

nuo tributo, non volle farsi alla reggia, nè tampoco prò*metterlo a coloro eh ’ erangli stati eoo let tere di ciò

consiglieri

C A P O X I I I .

Toringii e Burgundioni debellati dai Franchi Amalarico pas-sato a nozze colla sorella del costoro monarca oppa-

ciati con Àtalarico. Cade spento dai Franchi in una bat-taglia —  Accordi fa tti con questi da Teodato, ed orazione di Vitige ai suoi per riportarne il consentimento loro. —

 Dopo la quale egli strigne lega coi re dèi Franchi.

I. Morto Teu derito i Grànchi pienamente liberi di

oppositori, portan le armi contro i Toringii, ed ucci

sone re Ermenefridò riducetesi ligie tutte quelle genti.

La reale consorte allora fuggendo co’ figliuoli riparò

alla corte di suo fratello Teodato monarca de’ Gotti.

Poscia i Germani assaliti gli avanzi de’Burgundioni evintili, rinchiusero il re in uh forte della regione e vel

custodirono; ridottine di più i sudditi in poter loro ob-

bligaronli a militar seco nel tempo avvenire, come por-

7 0 GUERRE GOTTICHE

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fava la condizione dei vi R ii iri guerra, e fecersi tributar)

tutti i luoghi per lo innanzi dal n e m i c o abitati. Ora i l

capo dei Visigotti Amalarico cresciuto negli anni si con

giunse in matrimonio, teftendo la potenza dei Germani,con la sorella di Teudeberto re loro, e f i e l dividere la

Gallia coi Gotti e col suo consobrino Àtalarico diedene

ai primi tutta la parte di qua dal Rodano, e lasciò che

i Visigotti godessersi quanto eravene di là dal fiume.

Ebbevi patto eziandio tra essi che più non si paghe*

rebbe ai Gotti il tributo posto da Teuderico ; oltre diche il tesoro da costui tolto alla città di Carcassona per

ordine di Àtalarico fu restituito in buona fede al Visi-*

gotto. E siccome questi due popoli contratto aveano

parentele co’ mat rim onj, cosi egli permise a chiunque

ammogliato si fosse con femmina dell’ alt ra nazione o

di trasferirsi nel costei paese4 o di condurla tra sua

gente, il perchè se molti di propria elezione menarono l e

donne s>co, pur molti passarono ad abitare le patrie di

esse. Amalarico poscia fa pagato con usura dal fratello di

sua moglie delle ingiurie a lei fatte, imperciocché prò-

fessando egli le do ttr ine d’ Ario non solo proibiva allaconsorte cresciuta nei veri dorami di rimanervi fedele

e di conservare nel divin culto i patrii instituti, ma per

cumulo, vedendola fefma nell’ opporsi ai riti dell’ a

riana dettà, trattavaia indegnamente: la regina ad un

que più non potendo tollerare siffatti modi appalesò il

tutto al fratello. Suscitatasi pertanto la guerra tra Germani fe Vis igott i, e venuti ad una ostinatissima batta*

gita, Atnèilarieo da ultimo vi rimase vinto con orribile

strage de’ suoi ed uccisò. Ttìudeberto allora si ripigliò

LIBRO PRIMO 71

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la sorella con tutte le dotali ricchezze, ed u d ì   al suo

regno la parte della Gallia toccata ai Visigotti. Quanti

poi camparono dalla strage , partit i con le mogli e la

prole di colà rifuggirono sul tenere spagnuolo pressoTeudi sin da quei giorni manifesto tiranno. Di questa

guisa la Gallia fu signoreggiata dai Gotti e dai Germani.

II. Term inate le antedette faccende Teoda to re dei

Gotti all’udire la venuta di Belisario nella Sicilia pat

teggia co’Germani che ove i capi loro muovano in suo

aiuto nella presente guerra verranno da lui guiderdonati con tutta la parte della Gallia compresa nella sua

monarchia, e con due mila aurei; ma egli compiè lamortale carriera prima di condurre a fine gli accordi;

ed ecco il pecchè un gran numero di valorosissimi Gotti

capitanati da Marcia eran di presidio in quelle parti.

Nè Vitige potevali senza tema di là richiamare, nè li te-

nea pari in forze ai Franchi, i quali avrebbero corsoa non dubitarne la Gallia e l’ Italia ov’ egli fosse par

tito con tutte le truppe alla volta di Roma. Invitati

adunque a concione quanti eranvi principalissimi de’

Gotti, fece loro il seguente discorso: « Qui v’ho rac- 99 colti, o miei connazionali, per darvi alcuni avvisi

» poco in vero giocondi, ma nece$sarj; i quali brame-» rei che fossero pacatamente da voi ascoltati accioc-

» chè possiamo quindi pigliare quelle provvidenze che

 99 voglionsi dagli imminenti disastri. Per verità quando

 n- le imprese tradiscono i nostri desiderj cercheremmo in-n vano trarci dal presente stato non cedendo alla ne-

 yy cessità e al destino. Egli è fuor di dubbio che tutte

» le cose necessarie alla guerra sieosi da noi ottima-

7 * GUERRE GOTTICHE

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» mente approntate, ma temiamo de’Franchi nostri an-

 n tichi nemici, ai quali resistemmo fin qui, sebbene con

 99 assai grave sagrifizio di gente e danaro , perchè non

 99 avevamo intauto un secondo avversario a corabat- 99  tere. Ma in oggi, costretti a. rivolgere le armi altrove,

 99  prudenza vuole che ci rappattumiamo con essi; al-

 99  trimenti e’ perseverando nell’ inimicarci unirebbero

 9> per certo a danni nostri lor genti alle romane, det-

 99  tando natura a coloro i quali hanno comune il ne-

 99  mico di stare tra sè congiunti in amicftia e confederati. 9> Che se noi assaltiamo alla spartita ambedue gli eser-

 99  citi non potremo, a meno di soggiacere da quinci

» e da quindi a gravi sciagure. Egli è più dicevol

 n cosa adunque serbare con lieve sagrifizio la massima

 99  parte del regno, che non il ridurci per ia brama di

 99 nulla perdere ad essere dal nemico spogliati e della vita

 99  e d’ ogni nostra signoria. Del resto io sono d ’avviso

 99  che i Germani deporranno l’odio loro contrò di noi

 9 )  e farannosi eziandio nostri compagni in questa guer-

 99  ra5 ove li mettiamo al possesso della confinante Gallia

 99  e con lei di tutto il danaro di che aveano da Teodato 99  promessa. Nè alcuno di voi prenda a fantasticare il co-

 99  me, riuscendo a buon fine l’impresa, giugneremo a ri-

 99  cuperare il suolo ceduto; vi basti rammemorare l’an-

 99 tico detta to , il quale insegna a ben provvedere

 99 prima di tutto alle cose presenti, *

III . Gli ottimati de’GoLti posto orecchio al reale di-visamento , e giudicatolo opportuno alle faccende loro,

consentirono che si mandasse ad effetto. Spedisconsi a

ro tta pertanto ambasciadori ai Franch i coll’ordine distri -

LIBRO PRIMO 73

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7i GUERRE GOTTIGHE

gnervi lega mettendoli al possesso della Gallia e del pre*

fato danaro. Erano di que’ tempi regi dei Franchi Childe*

berto, Teudeberlo e Gioiario, i quali partironsi concordi

giusta i reali possedimenti di ciascheduno la gallica regione e il danaro, promettendo in pari tempo ai Gotti amici

zia somma ed occulti aiuti, non della gente dei Franchi,

ma scelti dalle altre nazioni loro suggette \ impercioc

ché non potevano confederarsi apertamente contro i

Romani, avendo poco prima dato parola all’ imperatore

di soccorrerlo ir# questa guerra. Gli ambasciatori, compiuto lo scopo della mandata loro, tornano a Ravenna,

e Vitige fallo consapevole della pace stabilita co?Fran

chi richiamò alla fin fine Marc ia colle truppe da lui

capitanate.

C A P O X I V .

 Belisario, guernite Napoli e Cuma, piglia la via di Roma ; ar-rendimene de7costei cittadini • descrizione della via Appia — 1 Gotti abbandonano la città • entrata in essa delle ar-mi imperiali, e provvedimenti del capitano per sostenere un 

assedio.

I. Nel mentre che Vilige operava queste cose Be

lisario volgendo i suoi pensieri a Roma disponesi alla

partenza, fidando Napoli alla custodia di trecento guer

rieri presi tr a’ fanti, e capitanati dal prefetto Erodiano:

manda pure nel forte di Cuma tanta truppa, quanta giudica sufficiente a guardarlo ; nè eranvi nella Campa

nia, di Napoli e Cuma all1infuori, altri luoghi muniti.

In quest’ultima città poi gli abitatori mostrano una

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grotta in cui al dir loro vaticinava la Sibilla Cumana,

situala alla marina e lontana da Napoli stadj centoven-»

to tto (1). I Romàni all’ avviso che Belisario metteva in

punto P esercito per la parte nza, temendo incontra resciagure 61'miti a quelle di Napoli, dopo maturo esame,

iostigati soprattutto a comportarsi comV fecero dal ve

scovo Silverio, deliberarono per lo meglio loro di ac

cogliere le trnppe imperiali entro le proprie mura.

Laonde spediscono Fidelio originario di Milano, città

della Liguria, ed assessore in prima di Àtalarico (magistrato detto questore in lingua romana ) a Belisa

rio invitandolo nella città , colla promessa che avreb-

bongliela ceduta senza far pruova delle armi. Il duce

condusse Pesercito per la via Latina (2), lasciando

a sinistra la Via Appia fatta accomodare^ dandole il suo

(1) Stadj cento ventiquattro, che sono miglia sedici al modoromano, ha P Egio.

(a) Questa via cominciava dalPAppìa prèsso la città diCasilino, distante diciannovi slàdj da Captìa, e da lei disgiun

getesi inclinando a sinistra, mentre era tuttora vicina a Roma;poi valicava il monte Toscolano, fra la città di Tosculo e ilmonte Albana, discendeva alla piccola città d’ Algido ed allastazione di Pietà; quindi si univa alla via Livia, la qualecominciava dalla porta Esquilina, d1onde movea anche la via -Prenestina: ma lasciando poi a mano manca così quella stradacome il territorio Esquilino procedeva per più che centoventistadj, e dopo essersi avvicinata alP antico Lavico, castello diroccato sopra un'altura, sei lasciava à destra irìsìeme con Tosculo, e finalmente a Pietà si confondea colla via Latinalontano da Roma dugento dieci stiidJi \ Strébi libi 5*pag. 64*)

LIBRO PRIMO 75

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nome, da Appio console (i) romano, nove cento anni

prima. Voglionvi poi cinque giorni di spedito cammino

a trascorrere questa via che da Romà procede sino a

Capua, ed è sì larga per tutta la sua lunghezza da potervi a loro bell’ agio passare due carra moventisi di

fronte . Nè havvene altra più magnifica, sendo tu tta

lastricata di pietre molari durissime, he quali Appio

fe di certo condurvi da qualche lontana cava, non

avendovene di cosiffatte nel suolo vicino; ed appianate

e riquadrate untile con arte somma insieme senza frapporvi metallo o altro cemento ; eppur sono tuttavia sì

legate e connesse tra loro, che al vederle diresti quella

unione opera non dell’ arte, ma della stessa natura. Ed

avvegnaché per tanti secoli abbiano fornito il passo a

gran numero di carra e somieri d ’ogni maniera , ser

bano ancor nondimeno il perfetto ordine loro; nè appre-sentansene all’occhio di crepate o frantumate, e che più

si è nulla hanno tampoco perduto della primiera niti

dezza. Tanto è uopo sapersi della Via Appia.

IL I Gotti di presidio in Roma avvisati che proce-

devan oltre i nemici e consapevoli della intenzione delpopolo erano costernatissimi, vedendosi non forti ab

bastanza da tenere in freno la città e da resistere in

pari tempo ai venienti. Abbandonate pertanto quelle

mura col pieno consenso de’ Romani ripararono tutti

in Ravenna, ad eccezione del loro capo Leuderi, il quale

mi do a credere si rimanesse per vergogna della pre sente sciagura. Nello stesso giorno pertanto mentre che

7 6 GUERRE GOTTICHE

(i) Dovrebbesi leggere censore.

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Belisario coll’ imperiale esercito entrava dalla porta no

mata Asinaria, i Gotti uscivano per l’ altra detta Flami

nia (i). Così fu r iconquistata Roma nel dì nove dicem

bre e nell’anno undecimo delPimperio di Giustiniano,correndo 1’ anno sessantesimo dall1epoca della sua ca

duta in nemiche mani. Belisario quindi mandò Leuderi

comandante dei Gotti e le chiavi della città all’ impera

tore, e tutto applicóssi al risarcimento delle mura, per

la maggior parte diroccate, costruendovi i merli foggiati

ad angolo nell’ estremità loro. V’ aggiunse parimentedal sinistro lato un secondo bastione, affinchè i cu

stodi non fossero da quivi esposti ai dardi degli assali

tori, e circondollo di profonda e larga fossa. Per le quali

cose andavano i Romani encomiando la provvidenza del

condottiero ed il perspicacissimo ingegno suo, risplen

dente soprattutto nella forma di que’ merli ; affligge—

vansi non di meno e si facevano di grandi maraviglie che

fossegli venuto in mente di entrare in una città, nel dub

bio d’ esservi rinchiuso, incapace di sostenere un assedio^tanto per la malagevolezza d’ introdurvi i bisogni della

vita, quanto per la enorme circonferenza delle sue mura,e per la sua posizione sopra un pianissimo suolo, il quale

di per sè dà facile accesso agli assalitori. Il duce impe

riale avvegnaché informato appieno d’ ogni loro dice

ria condusse a termine quanto era mestieri per non te

mere un assedio, e tenne ascoso ne’ pubblici granai il

frumento pollato seco dalla Sicilia. Volle di più clie iRomani, sebbene a loro malincuore, facessero venire in

città l’annona messa in serbo nelle proprie campague.

LIBRO PRIMO 77

(i) L’anno 536 dell’Era volgare.

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7® GUERRE GOTTICHE

C A P O XV.

Parte del Sannio arrende si a Belisario: Benevento perchè detto ah antico Malevento. :  Diomede, suo edificatore, fna-

sportóvvi i maravigliosi denti del Cinghiale Caledo nio, e vi diede il Palladio troiano ad Enea ; descrizione della imma-

 fine di esso Palladio. —  I l seno Ionico, /a  Magna Grecia ed altre parti delt Italia.

I. A questi avvenimenti anche Pitza, gottico di origine, partitosi dal Sannio pose nelle mani di Belisario

sé stesso, i suoi dimoranti colà seco lu i , e metà della

parte marittima di quella regione, sino al fiume (i) da

cui è attraversata; dei Gotti nondimeno abitatori oltra ilfiume nessuno volle seguirlo, nè sottomettersi a Giustinia

no; Pimperiale duce pertanto rimandatolo con pochi sol

dati fidògli la custodia di quel trat to di paese. Ma qui

prima d’ora eransi di proprio volere dati a Belisario,

non avendovi tra di loro gottico presidio, i Calabresi e

gli Apuli, tanto quelli a dimora lungo il m a re , quanto

gli altri en tro te rra, nel novero delle cui città avveneuna dai Romani ab antico detta Malevento, ed in oggi

Benevento, per evitare- Pesecrazione impressa in quel

suo primo nome, la origine del quale vuol essere

qui riferita. La voce latina  f^entus dinota V  aura spi*

ra nte ; nella Dalmazia poi situata di contro a questa

(i) Nomato Clanio ab antico, e Liri ai tempi di Strabo-4»n e , ora Gariglìano. Esso discende dai monti Apennioi, emette foce nel Mediterraneo.

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cit tà sull’ opposto continente infuria un malo e fortissi

mo vento, allo imperversare del quale non vedi più uo

mo per istrada , tutti riparando nelle case; ed investe

con tale e tanta foga da portare in aria cavaliere e cavallo, e raggiratovelo gran pezza 1’ uccide gittandolo ab

basso ovunque attaglia al destino. Or dalle sue molestie

non va privo affatto Benevento giacendo, come scrivea,

di contro alla Dalmazia ed in luogo elevato. Questa

città fu opera di Diomede, figlio di Tideo e discacciato

da Argo dopo P eccidio di Troia , il quale vi lasciò in ri cordanza i denti del Cinghiale Caledonio, toccati in pre

mio della caccia a Meleagro suo zio; e vi si conservano

tuttavia all1età nostra, maraviglia a vedersi, essendone

la circonferenza non minore di tre palmi. Si racconta

inoltre che pu r quivi Diomede venisse a colloquio con

Enea di Anchise, e dessegli per comandamento dell’o

racolo il simulacro di Pallade, che rapito avea in com

pagnia d’Ulisse allora quando ammendue entrarono

esploratori in Troia, prima che se ne impadronissero i

Greci. Ora è fama eh1 egli infermatosi e consultato l’o

racolo intorno al suo malore avessene risposta che di sperasse della guarigione fino a tanto che non conse

gnerebbe ad uomo troiano quella statua, la quale ove sia

al presente i Romani attestano di non sapere, nè altro

posson mostrarne che il ritratto su d’una pietra intagliato,

ed esistente pur ora nel tempio della Fortuna, rimpetto

al simulacro di bronzo della Dea, che sta a cielo scoper to nel lato orientale del tempio. £ quell’ immagine

lapidea ti s’appresenta con abito guerriero e con la su a

laucia in resta come atteggiata di combattere. Ha veste

LIBRO PRIMO 79

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talare , nè assomigliane il volto alle greche statue di Mi*

nerva, in cambio vi scorgi tutti i lineamenti di quelle

formate dagli antichi Egizj. Se poi vogliamo prestar fede

ai Bizantini Constantino Augusto sotterrò il Palladio uelforo, cui diede il suo nome. E di ciò basti.

II. Belisario non altrimenti conquistò tut ta la Italia

che di qua dal golfo Ionico dilungasi (ino a Roma e

al Sannio, avendo avuto Constanziano il resto oltreil golfo sino alla Liburnia. Or piacemi di qui esporre

le situazioni di coloro che abitano 1’ Italia. Il mare A*driatico diffondendosi in un lungo recesso del continente

formavi il seno Ionico, ma non a simile degli altri luoghi

ove lo scorrimento marittimo termina con un istmo. Cosi

il seno detto Criseo col finire al Lecheo , laddove è la

città di Corinto, vi produce un istmo largo al più stadj

quaranta . E l’ altro seno che riceve P Ellesponto, e Me-

las (nero) (1) ha nome, riduce il Chersoneso in un istmonon maggiore della prefata misura. Dalla città di Ra

venn a , ultimo limite del seno Ionico , al mare T irreuo

v’ha celeremente camminando il viaggio di otto giornate,

sendo che il mare internatovisi nel suo procedere vadaspaziando mai sempre alla destra. Di qua da questo

seno è la città Idro, oggi chiamata volgarmente Drio ;

alla sua destra vedi i Calabri, gli Apuli ed i Sanniti; a

questi succedono i Picentini, aventi a confine Ravenna.

Alla sinistra oltre la rimanente Calabria i Bruzj coi

Lucani v’hanno stanza, e dopo essi abitano i Campani,

8 0 GUERRE GOTTICHE

(1) Melana secondo altri testi.

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fino alla città di Taracena (i). Di qua procedendo entri

nel l’ agro romano. Questi popoli occupano i liti di ambedue i mari, e tutla la regione mediterranea intra

essi è appunto quella che i nostri antenati nomavanoMagna Grecia. Nei Bruzj banoovi i Locrii, gli Epize-

firii, i Crotoniati e i Turii. Di là dal golfo primi stan

ziano i Greci detti Epiro li arrivando aHa marittima

città d’ Epidanno. Quindi succede la Prebaie regione,

cui tien^dietro la nomata Dalmazia e le altre terre

uni tamente a lei comprese nei limiti dell’occidentaleimperio, la vicina Libtirnia, vo’ dire, l’ Istria, e da ul-

timo il tener dei Veneti che ha termine còlla città

di Ravenrla. Tali sono gli abitatori vicino al mare soupra de9quali i Siscii ed i Suabi, non quelli signoreg

giati dai Franc hi ma altri ben diversi, occupano le in

terne parti del suolo. Passati costoro vengono i Carniied i Norici, alla cui destra menan lor vita i Daci ed i

Pannonii, ove tra le altre città voglionsi annoverate Sin-

gidone e Sirmio, confinanti col fiunve Istro : al prin

cipio di questa guerra i Gòtti a dimora oltre il Seno

Ionico aveano ligie tutte le mentovate nazioni. Di làda Ravenna percorrendo la sinistra del fiume Po ap*

presentatisi i Liguri e dalla costoro banda aquilonare gli

Albani in ottimo paese detto Languvilla. All’occaso vai

ad incont rare i Galli, e poscia gP Ispani. Il Po còlla

sua destra bagna P Emilia e la Tuscia sino alle fron*

tiere di Roma. Così stanno le còie in ordine ai pòpoliantedetti.

LIBRO PRIMO 81

(i) Tenracioa.

Procopio , tom« / / . 6*

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8a GUERRE GOTTICHE

C A P O X V I .

Truppe di Belisario nella Tuscia.  Bessa padrone di Narnia, 

Conslantino di Spoleto e Perugia : costui vittoria. Vitige mandala soldatesca nella Dalmazia parte a fu ria per Ro-ma. — /  Golii attediano Salona. -  Domanda fatta dal re gotto ad un sacerdote uscito di Rottu«, e co slui risposta.

I. Belisario venuto al possesso di tutte le adiacenze

di Roma sino al f i ^ e Tevere, fortificolle. E tosto ch’ ebbe a c c Q n c i a m e p t e regolato ogni cosa inviò Constantioo

alla testa di forte fcbiera de’ suoi pavesai con parec

chie lance, tra cui Zanter, Corsomano ed |£scmano mas

sa ie ti, e con 3Uri guerrier i nella Tuscia all1uopo di

soggiogarla : fece similmente comando a Bessa di oc

cupare Narnia, nmnilUsima città della provincia. Questo duce era gotto di origine, e della schiatta di coloroche in antico abitavano la Tracia , nè aveano seguilo

Teuderico quando egli condusse nell’Italia i Gotti; do

tato d ’ un pronto ingegno e pieno di guerresco valore

a maraviglia imperava alle truppe,e

di per sè con iscal-trez^a ben rara maneggiava gli affari. Egli occupò Nar-

nia senza opposizione dei cittadini, e Conslantino ebbe

nello stesso modo Spoleto, Perugia ed altri luoghi, ve

nendo spontaneamente accolto dai Tusci entro le pro

prie mura; e presidiato Spoleto ferpiò colle truppe sua

dimora in Perugia, prima città de’ Tusci, Vitige in formato di queste faccende spediscevi un esercito co’duci Unila e Pissa. Quegli muove ad incontrarlo, e

gli dà battaglia in un sobborgo, nel quale conflitto

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essendo i barbari superiori di numera moatrossi da

principio dubbia la sorte, ma quindi i Romani Valoco-

sameute procacciatasi la vittoria sbaragliano il nemicò,

e voltolo in fuga lo incalzano uccidendone poco mancoche aU’esterminio ; e fattine prigionieri i duci mandanlt

a Belisario. Vitige alla nuova di tanto sinistro non volleprolungare vie più sua dimora in Ravenna, dove st

rimaneva in attesa di Marcia non per anche di ritorno

colle truppe dalla Gallia. Inviò adunque Asinario e

Uligisalo seguiti da poderoso esercito nella Dalmaziacolla vista di ricondurla sotto il dominio de9Gotti, e

colP ordine di battere a dirittura la via di Salona ap

pena gingnessero le truppe de’ barbari onginarii della

Suabia. Diede loro inoltre molte lunghe navi acciocché

avessero messo di assediare da terra e dà mare qutlta

città. Fatt i questi provvedimenti egli con ta tto 1’ esercito corre alla volta dt Belisario e di Ron^a, seco menand o non meno di cencinquanta mila armati, tra fanti

e cavalieri, molti de’quali èrano, uomo e cavallo, caia*

fratti.

11. In tanto che Asinar io fa leva d’ un barbarico e»sercito presso della Suabia Uligisalo di per sè conduce

i Gotti nella Liburnia, dove cimentatosi co’ Romani vi*

cino alla città di Scardona fu vinto e costretto a ri-*

fp ara re in Burrio, città, rimanendovi poscia in aspet*

tazione del suo collega. Constanziano risaputo 1’ appre*

sta mento di Asinario, privo di quiete su i destini diSalona, chiamò a sè le t ruppe che guardavano tu lti i

fcastelli della regione; cinse in oltre le mura di continuo

fosso, e con diligenza grande provvide il bisognevole

LIBRO PRIMO 83

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per resistere ad un assedio. In questo mezzo Àsinario

raccolte immense schiere di barbari si portò nella città*di Burno, ed unite le sue forze a quelle de’ Gotti co

m andate da Uligisalo, mossero tutti insieme alla voltadi Salona, ed al loro arrivo cintala di broccato all’ intorno rinserraronne le mura opponendovi dal lato dèi

mare navi piene di truppe, acciocché fòsse compiuta-

«neoJe assediata da ogffi sua parte. I Romani impertanto

con repentino assalto costretto avendo i vascelli nemici

a dar volta melti ne sommersero pieni di combattenti,«m olt i ne pigliarono ma vuoti. 1 Gotti nondim eno vol

lero» proseguire ¥  assedio, che anzi con vie piò austeraoppugnazione rafttennero mai sempre là entro i nemici :

di questa guisa gli eserciti imperiale e gottico si com

portarono nella Dalmazia.

Vitige informato dagli origiriarj provenienti da Romache le truppe di Belisario riuscivao loro moiestissiifte),

provava grande rincrescimento dell’essersi di colà par*

lite, nè poteva dar quiete alP animo suo, ma vampanle

d ’ira marciava a quella volta, quando nel cammino

avvenutosi ad un sacerdote uscito della città doman

doli©, così la fama, premurosamente se il duce imperiale vi fosfce ancora di pe rm anenza , quasi temendo

non poterlo raggiugnere e vederselo in anticipazioueritirato di là. 11 sacerdote lo esorta a deporre i concepiti timori^ ed a tenere per fermo che Belisario non

fuggiva mai, e conservava sempre le conquiste fattecolle sue armi. Vitige uditone affretta il passo bramoso

di gittare lo sguardo sulle romane mura innanzi ebe leabbandoui il condottiero nemico.

84 GUERRE GOTTICHE

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di gente marcia, giusta il comando ricevuto, a Roma

colla notizia che ben presto vi comparirebbero i ne

mici, avendovi tra amendue le prefate città il solo in

tervallo di trecento ciuquanta stadj. Vitige lasciate dabanda Perugia e Spoleto, fortissime città, estimando

cosa disutile il perdervi tempo intorno, poueva

suo desiderio nel sorprendere in Roma Belisario primac b V si desse alla fuga. Avvertito sitaHmente che il

mico posledèva tuttavia Narnia deliberò non molest il i,

consapevole quanto azzardoso c malagevole fosse il divenirne padrone ; sendo Ha città edificata su d’ elc . Ho

monte, alle cui radici scorre il fiume Nar, dal «pi;ebbe il nome. Due salite, P una da oriente, I’ «Ur i da

occaso mettono alle sue porle, e da quivi ti si fr|>presentano»(gole pressoché impraticabili tra derapati scogli:

da qtumT’ «rii ponte costruito sol fiume ti condoce a ì !c  

mura. Quatto ponte, opera di Cesare Augusto, è per

verità degnissimo di ammirazione, superando Palli / /.asua tutti gli altri archi sin qui da noi vedati.

Il V itige adunque rinunziato ad un vano indu

giare procedè viaggiando con tutto P esercito per Y  a-  

gro sabino alla volta di Roma, ed eraue ad un inter

vallo noa maggiore di quattordici stadj quando p e r

venne al ponte del Tevere fortificato poco pritnn da

Belisario con una torre munita di feritoie e di presidio. Non. già' perchè ai nemici fosse questo P u n i r ò  

mezzo di valicare il fidine, avendovi in mólti altri l u o ghi e navi da carico e ponti ; ma perchè at tend i ri

do premurosamente dalP imperatore nuove truppe era

nel proposito di tenerli a bada quan to più potea nel

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loro cammino : arrogi che i Romani avevano così agio

di trasportare entro le porte una maggior copia di vit-

toagtia. Concióssraohè i barbari ove da qui respinti s’ac"

cingèdseró a rin tra cc ia te altrò p in té ritrft satebbohviriusciti, giusta il parer suo, in meno di ventì giorni, ed

anche più grande semljravagli dover essere la perdita

del tempo sveglino tasserai dati a condurre nel Tevere

tutto il navilio occorrente all9esercito per valicarlo.11 duce imperiale di questa guisa argomentando aveavi

messo custodi e i Gotti pernottarono da presso iri continuo moto e nella persuasìóne ché alla dimane si espu

gnerebbe la tórre: disertarono intrattanto al Campo lóroventidue bàrbari soldati rontatoi e cavalièri della turmacomandata dà Innócémo. Óeétóssi con ciò in Belisarioil pensiero di appressare il suo campo al fiume per

essere meglio in istato d1impedire il passo al nemico,

e per far mostra di qtiflotò gtt imperiali confidassero

nel proprio coraggio. Se notì che la guarnigione lasciata,

come scrivéa, alla1òuslódià dèi po nte sbigottita dall’ im

menso n Urti ero dè* G òtti è trepida ri te al gravissimo pe

ricolo, abbandonato di1notte tempo il luogo diedesi alla /iiga, e pèhsatidiò <ìhe sarebbero pfcr lei chiuse le porte

di Rbtiìa pigliò fifttfvaifceritè la via d^lfa'Campania, in

dottavi Ò dàlia tenia di essérè gasti£àtà dal coridotticr

suprèmo' o dallà vérgogtia di cfompari^e innanzi ai suoi

commilitoni.

LIBRO PRIMO 87

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88 GUERRE GOTTICHE

C A P O X V I I I .

 Belisario, venute le truppe ad ostinatissima baitmglbn, attrai* \  

cando un destriero balaa  pUgna valorosamente» e con prò- , pizia sorte. — /, Gotti fuggenti mettono in rotta gV imperiali; rinnovamento del confitto. —  Il romano duce ripara alle mura, e sbaraglia altra fia ta il nemico.  Mirabile caso del gotto Vis andò, t cittadini romani da Vitige insligati alla ribellióne.

i

I, 1 Gotti col seguente giorno fracassate di leggici 1le porte della torre, nqn rincontrandovi resistenza va- t

licaroQQ il fiume* Belisano fin qui uon sgpevole per

niente della fuga de’ custodi, pigliati seco mille cava-,lieri indirizzassi a quella volta per iu*glio allagare % \i,accampamenti. Venutivi da presso trovano già il ne

mico di qua dal fiume, ed avvegnaché a malincuore ,apsalgonne vip a schiera com battendo arnie le pafti in ,

ar^ipne. Questa fiata il duce, sebbene per lo addie- ,

tra mai sempre guardingo, non si rimase nell’officio di

capitan generale, ma come privatQ fantaccino iva pu- ,

gpando, nelle prime file con sopraggrande pericolo delle. f armi romane, su di lui gravitaudo tutto il peso di quella

guerra. Cavalcava durante la mischia un destriero bel-,

lissimo e valente nel togliere.d’ impaccio il pno c^Y^Uere; ,

erane l’ intiero mantello di color fulvo, se non ph e, .nelPanter ior par te del capo dalla sommità della fronte ,

alle froge gli vedevi uua pezza bianca di mirabil candore. Falion (ì) sarebbe stato il suo nome presso de’ Greci,

(i) Bianco, splendente, da lace.

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e  halan presso dq’ barbari. Molti Golii pertanto a-

veanlo fatto, unitamente al suo cavaliere, bersaglio deidardi e del saettamento loro. Imperciocché alcuni di*'

sertori, capitati il giorno prima nel campo, non ap pena (ebbero veduto Bejisario a combattere nelle primefile che, sapendp il morir d ilu ì trascinar seco l’ ini m e - ,

diata rovina de’ Romani, esortarono con altissime gridaa ferire il destriero balan. Di là tal voce corse per tut^o >

l’esercito de’Gotti, ma costoro, siccome accader suole

ne’grandi tumulti, non davansi carico d’indagare cb^si volessero quelle grida-, nè aveano punito cpnosciuto^il duca. Congetturando impertanto non spsere^uor di

proposito il ripetere per tutto l’ avviso fecer sì che

iqolti, posto fn non cale ogn’ altro, volgessero le artp^ ,contro il duce supremo. E di. già i valorosissimi tra t

Ipro punti dagli acuti stimoli della gloria^ spronati icavalli, eraijgli sopra per averlo comunque potessero,ed accesi di grandissimo sdegqo tentavano ferirlo d ’ a- T

sta e di spada ; ma Belisario al venirgli innanzi or gliuni, ora gli altri, senza darsi tregua inette vali a morte. {  

Nel qual^ trambusto chiaro apparve in ispecie quantosi fosse I’ amore portatogli dai pavesai ed astati della

sua guardia, conciossiachè tutti circondandolo fecero

pruova di tal valore, «quale, a mio avviso, non ha finqui esempio nelle storie. Eglino covertando e duce e de

striero co’ loro scudi ric^veyan sopr’essi i dardi avventati

dai Gotti, nè cessavan ad upa di respignere chiunqueosasse approssimarsi } per fatta guisa tut to l’iippcto

del nemico inveiva con tro il corpo d ’ un solo uomo.

In questa fazione caddero spenti non n*eno di mille

LIPRO PRIMO 89

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b arb a r i} così pare detta famiglia di Belisario vi giunta

rono la Vita molti e valentissimi personaggi, intra quali

Massenzio sua lancia rendatosi immortale con azioni

da eroe. Ma soprattutto in qnel giorno il duce ebbesì la fortuna d^lla sua, chc , quantunque fosse addive

nu to nel combattim ento il bersaglio universale, purene campò salvo ed illeso da ogni maniera di percosse

e ferite.

II. Il rom ano coraggio finalmente riuscì a mettere

iti rotta i barbari, il cui sterminato numero non cessòdalla fuga che al raggiugnere del suo campo, dove

pedoni freschi ed ancora invulnerati fecero petto al

furore degli imperiali e ributtaronli senza pena. Sor

venute quindi nuove turme di cavalieri in loro aiutocostrinsero i Romani a ripara re precipi tosamente so

pra un colle, ma assalitili pur quivi co9 loro cavallitornossi si nuovo equestre cimento. In questo Vàlentrao

pavesaio di Fozio prole d’ Antonina fé’ chiaro in sin-

gelar modo il valor suo ; conciossifcchè saltalo per en

tro alle gottiche schiere e frenatone P impeto fu sal

vatore deTproprj compagni, i quali trattisi così dalpericolo corrono alle mura di Roma co’barbari pe rsecutori alle peste, e tutti insiememente arrivano allapo rta Belisaria, ora còsi nòmatà. I cittadini paventati*

do non entrasse co** fuggenti il nemico ricusavano di

aprire, quantunque il duce con' preghiere e minacce

ne desse loro ad alta voce il comaudo; sendo che lescolte della torre non potevanlo in conto alcuno rav

visare mirandone il volto coperto di polvere e sudore;

il tramonto del sole inoltre offuscava Moro occHi, e per

go GUERRE GOTTICHE

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ultimo tenevanlo morto, dacché totti i volti in^fuganella precèdente rotta e rampati entro la città aveauvisparsa la voce della sua uccisione men tre eh’ e’ va

lorosam ente combatteva nelle prime file. I ba rba ti intanto accorsi in gran-numero ed avvampanti di sdegno

erano per valicare la fossa, ed assalire quanti si sta

vano dalla opposta banda, e per guisa condensati presso

le mura ed in sì breve spazio ristretti che gli uni a*1-

dossavansi agli altri. Quelli poi entro le porte sensa

duce e niente in ordine, temendo per sè e per Romanon potevano soccorrere i compagni esposti a sì grave

pericolo.II I . In tale frangente destossi nell"animo di Beli*

sario un ardito pernierò, che fuor d’ ogni aspettazione

apportò salvezza ai Romani. Conciossiachè animati colla

sua voce quant i erangli dattorno pigKò ad assalire ilnemico ; questo ed in pessima ordinanza per le tenebre,

e sbigottito daHaf prontezza (itagli assalitori al vedersi

attaccato improvvisamente da1que7 medesimi ohe aveapoc ’ anzi messi in fuga, tenendoli in possesso di nuove

trup pe venute dalla città volta pieno di grandissimo

terrore le spalle* Dopo di che il duce imperiale con

tenendosi dall? incalvarti tornò di (tet ta alle mura: i

Romani allora chà questo felice successo incorati accol-

gonio entro le porte con tutte le truppe dimoranti seco

lui. A cotanto risico soggiacquero le imperiali faccende

e iTcapi tan supremo ! La notte del resto pose fine albattag liare corrtiùci&to nella matt ina prima1di giortlo, ed’

in ésso dalla parte romana‘eg*egi*mfente in fe’mia po^-1

tossi Belisario, e daf quella gtittvca Visatado Bandalàrio,

LIBRO PRIMO 91

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avendo costui sempre combattuto in tra’ primi nel boU

lor della mischia intorno al romano duce, e solo datotregua al suo braccio quando gli fu d ’ uopo cadere

grondante di sangue io tredici parti del corpo } quiestimando i compagni che tram andato avesse P ultimo

spiro, il piansero ucciso, e abbandonarono, quantun

que vincitori, sul campo* Se non che dopo tre giorni,

pian tatele .tende sotto le mura di Roma, inviarono a sep

pellire ed a rendere gli estremi uffizj ai trapassati loro-,

quelli pe rtanto di ciò incaricati nel rimestare ed esaminare i cadaveri posero le mani su di Visaudo che sta- :

vasi tut tavolta in transito. Alcuno de’ commilitoni al

lora procaccia averne con preghi qualche voce, tenen

dosi il meschino tutto silenzioso a motivo delle esau

rite sue forze per la^rande arsura falla più intensa nelleviscere dall1inedia e dagli altri malori. Domandò final

mente il dùce che nella sua bocca s’ infondesse dell’ a

cqua , e da questa rinvigorito si potè levate dai suoloe coodurre nel campo. In grazia di che Bandalario,

cresciuto in altissima, fama presso de’ Gotti, lungo tempo

sopravvisse con gloria somma. Tali cose avvenivamocorrendo il terso giorno dopo il conflitto.

IV. Belisario colle sue genti postosi in salvo, e ra r f guna te vicin delle mura le truppe e quàsi tut to il pan:}polo romano, comandò che si accendessero spesai fuochi, e si stesse duran te l’ intiera notte in guardia^ fa

cendone poscia il giro commise, tra gli altri provvedimenti, la custodia d ’ogni porta 3 un duce, Bessa

in seguito, da cui difendeva la Prenesti^a (1), pian

ti) Questa porta fu eretta dall'imperatore Claudio i»

gì GUERRE GOTTICHE

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dò a lui annunziandogli V en tra ta in Roma de’ nemici

per la porta di là dal Tevere avente con S. Pancraziocomune il nome. Alla riferta quanti erano ai fianchi

del condottiero persuadevangli di campare la vita i*-scendo per altra parte. Ma egli intrepido e fermissimo

nell’ accusare di falsità la nuova spedì all9istante pa

recchi cavalieri oltre il fiume, i quali di ritorno, esplo

rata la regione, manifestarono che nulla da colà i Gotti

aveano tentato contro le difese. Laonde inviò subita

mente comandando ai duci incaricati di guardare leporte , che se per ventura odano altra simigliante cosa

non istiano ad accorrere nè partansi dalla propria sta

zione, ma ' silenziosi vi rimangano a lui fidando la curadel resto; e sì operava perchè non fossero una jeoonda

volta messi in iscompiglio da menzognere voci. Roma

poi era tuttavia in agitazione e tumulto quando Vitigedestina contro Ja porta Salaria Vaci, nome non oscuro

tra suoi guerrieri, il quale avvicinatovisi principia a rim

proverare que’ cittadini di perfidia verso de’Gotti, ed a

rimbrottarli del tradimento fatto, e’ diceva, cóntro sè

stessi e contro la patria coll* anteporre alla potenza got-forma d’ arco trionfale, e per lei passava l’acquidotto dell’acqua Claudia,, detta anche  Anio novus ( Teverone ). Fuquindi ^riedificata da Vespasiano e Tito ; ora ha nome^PorlaMaggiore. — La porta S. Pancrazio consena tuttavia questonome. Altre volte dicevasi  Aureliano, o  Jnnlculensis. — Per

la porta Salaria entrò Alarico ai tempi di Onorio, e vennesostituita dal prefato imperatore all’ antica porta Còllina fc-relta da Servio Tullio; la via Salaria che la traversava: die-(lele il suo nome.

LIBRO PRIMO g3

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94 GUERRE GOTTICHE

tica quella de’ Greci, inetti a difenderli, e da eui V Italia

 non avea mai vedalo uscir fuori che tragèdi, istrioni e

p i ra t i t e r m i n a t e ( { di n di t al i e d a l t r e t t a l i d i c e r i e retroce

d e t t e al la v o l t a d e s u o i . A’ H o m i sembrawi intantom e r i t e v o l i s s i m o di r i s o B e l i s a r i o , il q u a l e ‘a v e stento

c a m p a t o da i n e m i c v o l e a el i s l e tranquilli, et e n e s s e r o a v il e i b ar b ar i a g g i u n g e n d o e s s e r e più che

c e r t o di p e r v e n i r e a s c o n f ì g g e r l i c o n la f o r z a : e d in qual

m o d o c o n c e p i t o a v e s se c o t a n t a f i du c i a d el valor suo

f o r m e r à 1’ a r g o m e n t o d e ' m i ei f u tu ri d i s c or s i . Era bena v a n z a t a la n o t t e q u a n d o s u a m o g l i e e t ut ti gli amici

q ui v i p r e se n t i , v e d e n d o l o a n c o r a d i g i u n o , l o indussero a

t r a n g u g i a r e a l m e n o q u a l c h e b r i e c i o l o di p a n e . Alla per

f i ne s e n z a n ul l a i m p r e n d e r e si p a s s a r o n o le o r e notturne

da ambe le parti»

C A P O X I X .

 /  Gotti form ano sette campi. — Tagliano gli acquedotti della città e demoliscono i molini eretti da Belisario. Questi ne 

ordina il rifacimento.

I. Apparso il nuovo giorno i Gott i speranzosi d’ impadronirsi a tutto bell’ agio di Roma assediandola, in

causa della vastissima circonferenza, e gl’ imperiali guer-

reggianti per la salvezza di lei distribuironsi della seguente conformità. Le romane mura avendo quattor

dici porte maggiori ed altre minori il nemico pigliò

a scorrazzare nell’ intervallo compreso tra cinque delle

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maggiori, dir vogliamo dalla Flaminia (i) alla Prenestina,

erettivi sei campi, non essendo in numero sufficienteper cingerne l’intiera periferia con vallo ; ed i men

tovati campi stavan tutti di qua dal fiume Tevere.Oltre di che temendo non gli assediati rotto il ponte

nomato Milvio impedissero il transito in tolta la spiag

gia che dalla banda opposta del fiume conduce sino al

mare, liberandosi così da ogni disagio n entro le mu

ra, piantò di là dal Tevere nel campo di Nerone il

settimo steccato colla vista di chiudere il ponte tragli accampamenti suoi di modo che venisse a molestarealtre due porte, 1’ Aurelia, vo’ dire , celebre di già pel

nome di Pietro, principe degli Apostoli di CristQ evicino a lei sepolto, e la Trasteverina. Egli <Ii questa

fat ta cinta co’ suoi campi al sommo la semicirconfe*

renza delle mura, e da ogqi parte padrone del fiume,

movea dovunque attalentaselo di battere la città. E qui

m’ ò uopo narrare di qual modo i Romani accogliessero

il Tevere nel mezzo de’ suoi fabbricati. Questo fiume

abbondante di acqua trascorreva da lunge, ed il luogo

ove il muro soprastavagli più da vicino era piano eprovveduto di comodissimi appressamenti. Dal suolo

(ì) Era essa innalzala un poco più alla diritta della presente nomata Porta del Popolo, ed eretta ai tempi d'Onorio,anno 402 dell’Era Cristiana. — Porta Pinciana venne apertada Onorio, e riparata da Belisario; ora è murata. — PortaAsinaria sotto il pontificato di Gregorio X I11 fu chiusa, sostituendoti un poco più lunge alla sua diritta la porta La-teraoense.

LIBRO PRIMO 9 $

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poi olire il fiume sorge un alto cotte (i) sopra cui atl

antico esistevano tut ti i ruolini della città, essendo chél’acqua trasportata con forza grandissima per' un al

veo artefatto sino alla sua cima precipita quindi conveemente impeto al basso. Laonde gli antichi abitatori

impresel o a circondare di muro il poggio e P oppostariva del fiume, acciocché non potesse il nemico di leg

gieri o far daqno ai molini, ovverosia, valicata la corren te, rendersi alla cittadinanza molesto. Quivi poscia

unite le ripe del fiume con un ponte divisarono estendere di là da esso la cinta, e fabbricate nelP opposto

suolo molte case ebbero quelle acque pe r entro delle

^orte; ma basti il detto su tale argomento.

II . I Gotti muniti di ben profonde fosse i loro

campi trasportarono la terra scavata nel lato interno e-

rigendovi un alto argine, e conficcativi gran numero di

acutissimi pali fortificarono ognuna di quelle stazionitanto, quan to sogliono esserlo i baltìfoHi de’ castelli;

Ora alle truppe situate nel campo di Nerone era pre

posto Marcia, il quale, di ritorno già co’suoi dalla Gal*

lia. aveavi piantate le tende, e gli altri èrano subordinati a Vitige di stanza nel sesto, avendovi in tutti un

parlicolar comandante. Eglino adunque disposte cosìle forze loro tagliano dal primo all’ ultimo gli acqui-

dotti acciocché uon possa la città trarne goccia d’acqua,

(i) Monte Vaticano, nome derivatogli dalla parola Vati-  cinium, conciossiachè da questo colle rendeTansi gli oracoliquando esso appartenea agli Etruschi di Veia, ai quali futolto da Romolo. Quivi era il circo di Nerone.

96 GUERRE GOTTICHE

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a farle girare. Vi connette in fine coir artifizio mede*

simo, le une appresso delle altre, e nuove barche e

nuove macchine, le quali tutte messe in giro dall’ impeto

della corrente roteavano le sostenute mole, macinandoil bisognevole alla popolazione. Se non che i nemici a*

votane pe’ disertori contezza demolironle col porta re

alla ripa del fiume grossi alberi ed i cadaveri de’ Ro

mani di fresco uccisi, e col gittarli nella córrente, mercò

di che il maggior loro numero trasportato a seconda

del fiume intra le barche, giunse a rendere vana, fracassandola, un ’opera di tanto ingegno. Ma Belisario

veduto il danno recatogli perfezionò il prifno suo tro

vato col tirare da ripa a ripa per tutta la larghezza

dell’ alveo tiberino lunghe catene di ferro innanzi al

ponte , nelle quali dando i solidi trascinati dal fiume

accumulavansi nè potevan ire più oltre, ed allora genti

destinate all’ uopo traevanli incessantemente a terra.

Nè il duce così provvedea soltanto in grazia de’molioi,

ma eziandio perchè era in grande sospetto e timore non

il nemico su di molti battelli riuscisse ad oltrepassare

il ponte, ed a comparire improvviso nel mezzo di Roma.I Gotti da ultimo vedendo fallita la impresa loro nedeposero il pensiero, ed i Romani proseguirono a valersi

di questi molini, dovendo tuttavia, colpa e difetto della

grande penuria d’ acqua, far senza dei bagni. Qua nto

è al bere non pativanne diffalta, conciossiacbè ove le case

eran lungi dal fiume, supplivasi co’ pozzi. Del restoBelisario potè ommettere ogni precauzione intorno allecloache destinate a purgare la città dalle immondizie

u spazzature, imperocché esse venendo tutte a scaricarsi

9 8 GUERRE GOTTICHE

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le campagne e quanto aveavi d’intorno, gravementecommosso mal suo grado pativa d’essere non colpevole

assediato e caduto in sì orrenda sciagura. Laondei cit

tadini venuti a léga tra loro inveivano alla scopertacontro il duce, aggravandolo di avere intrapreso quellaguerra con forze minori delle occorrenti all’uopo, ed

eguali rimproveri erangli pur fatti dai padri della cu

ria, detta con altro vocabolo senato. Pervenute adun

que coll’ opera de’fuggitivi tali querimonie all’orecchio

di Vitige, e’ per vie più inasprirne gli animi, sperandoprodurre là entro grandi aconvolgimenti, inviò a Beli-

 jario ambasciadori con Albis (1), i quali fattiglisi in*

nanzi presente il senato e Ju tt i i duci dell’ esercito,

proferirono queste parole : <* I nostri proavi, o con-

 9 dottiero ,posero alcune distinzioni tr a’ nomi delle

» coée, e u’ è forza ridirne qui una , quella che havvi» da temerità a for tezza ; sendo che gli animi nostri

 9 abbandonandosi alle iastigaiioni di colei precipitano

• vergognosamente ne’ pericoli, questa in cambio ri*

» porta lode grandissima di virtù; nè può a meno che

* T una delle due ti spignesse contro a noi, e quale si

 .9 fosse ora cel manifesterai. Conciossiachè ove tu, o

 9. uomo illustre, guernito dello scudo della fortezza im-

 9 prenda a guerreggiare i Gotti hai pronto il mezzo di

 9 comprovarlo, campeggiando il nemico sotto queste

-9 mura e presso degli occhi tuoi. Se al contrario ar -

« maio di audacia insorgesti a nostro danno, vivi pur

(ì) Altri scrive Salem, ed if Cousin fa menzione de’ soliambasciadori.

IOO GUERRE GOTTICHE

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certo" che avrai pentimento dell’ arditissimo tuo prò*

cedere, subentrando tosto nel fragore delia pugDa ilrimorso negli animi di coloro che osarono sconsiglia»

tamente incontrarla. Che se tale è il tuo caso, comesta fermo nelle inenti nostre, adopereresti assai meglio

ritraendoti dal forti strumento di peoe a questi Ho*

maui, cui Teuderico governò con somma liberalità e

nelle delizie, e dal contendere col legittimo signore

degli Italiani e de’ Gotti .  Nò sapremmo in fè nostra

come tu non <lebba trovare assurdo il volertene rimanere chiuso in Roma, ed il rifiutarti di valicarne

le porte per tema del nemico, quando il re suo d i

morante nel campo è costretto ad affliggere i proprj

sudditi con tulli .i disagi e mali della guerra ? Ordunque se conformandoti ai nostri consigli cangi di

mente nói accorderemo a te ed alle tue geriti la facoltà di partire con tutto il vostro, non estimaudo

equo ed ufficio di umanità V insultare a coloro che

docili si rimet tono sulla via del dovere e della mo

destia. Di buon grado inoltre interrogheremo i Ro

mani," che sino ad ora hanno sperimentato la nostraamorevolezza, e veggonci adesso, di conformità alla pa

rola avutane, aiutatori, sulle offese ricevute dai Gotti,

pe r cui deliberarono tradire non meno le cose loro

che la fede nòstra. »

111. Al Sermone degli ora tori il duce rispose: « Mai

più, o Gotti, accatteremo da voi consigli nette nostredeliberazioni, non costumandosi tra gli uomini di

far gu er ra coll’approvazione del nemico^ ma tra tta

ognuno i suoi affari come giudica per lo migliore.

LIBRO PRIMO «oi

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to t GUERRE GOTTICHE

 n V err i poi tempo, e valgavi l’ annunzio, in che nep-

 h pare sotto queste prunaie ritnarravvi luogo da occul-

 n tare i capi vostri. Noi signoreggiando, Roma nulla

» d’ altrui possediamo ; voi per lo con trario l’occupato» per 1’ addietro ingiustamente ora avete dovuto a ma-

» tincorpo restituire agli antichi padroni. Del resto se

» alcuno de’ vostri ha lusinga di rimettere qui il piede

i» senza combattimento, egli vive nel massimo inganno,

» sendo onninamente impossibile che a Belisario sua vita

» duran te cada in pensiero di abbandonare queste ma-» ni. » Intanto che il duce parlava i Romani sopraffatti

dal (imore sedevano tutti silenziosi, nè ard ivano confutare

il rimprovero de’ legati, i quali altamente quèrelavansi

della perfidia loro contro de’Gotti. Al solo Fidelio, crea

to allora dal condottiero prefetto del pretorio, bastò

l’ animo di aringare in difesa de’ suoi, e n’ ebbe rinomanza di magistrato in grado superlat ivo ligio dell’imperatore.

C A P O X X I .

 Apprestamenti di Vitige per la espugnazione di Roma.  De-scrizione delVAriete. Balista e Lupo, altre macchine guer-resche.

I. Gli ambasciadori di ritorno ai loro campi inter

rogati da Vitige qual uomo si fosse Belisario, e come di

sposto l’animo di lui alla partenza, risposero che i Gottiindarno spererebbero d ’ incutere timore in quel duce.

Alle quali parole il re pigliò consiglio di porre mano

ad un ’ ostinata oppugnazione, e di tal modo approntò

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del tenore seguente. Scelte due travi che dal suolo giun

gano all’ altezza de’merli appongonvi da ambe le partì

de’ legni alieraatarafente gli uni orizzontali, di traverso

gli ajtri, ed unisconli di guisa che tra le commetti*ture loro abbianvi fori al tutto corrispondenti, da o-

gnuno de’ quali sporge una maniera di spada ben si

mile a grosso pungolo. Inchiodati quindi a una ter

za trave i legni di traverso e discendenti sino alla

metà dell’altezza delle due perpendicolari fanno ap-

poggiar queste alle portè } ed allorché il nemicp vi gitv-gne dappresso, le guardie del soprastante muro, pi

gliatene le estremità, cou impelo gettante abbasso. Ora

esse cadendo a un tratto sopra coloro, che stanvi a di

stanza brevissima, quanti ne incolgono con le promi

nenti spade, tanti issofatto gittanli a terra privi di vita.

Le prefate cose operaronsi dal condottiero imperiale.

C A P O X X I I .

 Belisario si f a giuoco delle macchine condotte dai Gotti, Sua mirabile agilità nel trarre d’arco. Vilige dalla porta Sa-

laria passa alla Prenestina, —  La mole d’Adriano osti-natamente assalita con vie più ostinazione resiste.

I. Nel decimoltavo giorno dell’assedio intorno allo

spuntare del sole i Gotti capitanati da Vitige proce-

derono con tro le mura. E per verità i Romani tulli si

rimasero sbigottiti dall’ insolito spettacolo in mirandoavvicinarsi le arieti e le torri. Belisario in cambio alla

vista del costoro esercito procedente con quell’appa

ra to sogghignava, c faceva comando ai soldati che si

LIBRO PRIMO io5

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io8  g u e r r e   g o t t i c h e

siccome cotan ta mole avea sembianza d’ un fortilizio

contro Roma gli antichi la unirono alle mura edificando

due bracci che da quelle venissero fino a lei; asso ai U

glia quindi a torre altissima destinata a proteggere lavicina porta. Il quale propugnacolo addivenuto in al*

lora assai opportuno, Belisario aveane fidata la difesa a Constanlino commettendogli parimente la sai»

vezza del muro contiguo presidiato da pochissima trup

pa ; imperocché il fiume trascorrendovi da vicino parea

guarentirlo abbastanza da ogni molestia. Egli adunquefermo nel pensiero che nulla da colà si tenterebbe

aveavi collocato debolissimo presidio per accrescere il

numero de’combattewti laddove il bisogno era di gran

Juuga maggiore^ e per verità molto scarseggiava di

i?i sepolti. La sua porta posta nel lato rimpetto al ponte( ora di nuovo aperta ) metteva ad una via a spira conducente alle tfamere sepolcrali, ed anche alla sommità dell* e-drfizio. Sui quattro angoli del basamento poi eranvi gruppidi statue virili co’ loro cavalli dappresso ; altre statue deco-ravanne similmente il cornicione, e a giudicare del meritodi esse basta rammentarsi che il regno di Adriano segnò nn’epoca distintissima per la romana scultura, e che il celebreFauno dei Barberini, ora in Baviera, trovato sotto il ponteficeUrbano Vili, è uno di que1capolavori scagliati dai Romanicontro de' Gotti. Questo mausoleo rimase intatto sino all’ e-poca d’Onoriò, o in quel torno ; quindi senza danno delle

sue decorazioni cominciò a servire di difesa alla città, e solonel decimo secolo da Crescenzio nobile romano fu convertitocompiutamente in fortezza, donde ebbe il nome di Cfistrum Crescenfii.

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militi, computandosi que’ rinchiusi in Roma al prin*cipio di questo assedio non eccedenti, se pur V ar

rivavano, il numero di cinquemila. Constantino avuto

dagli esploratori che i barbari accingevansi a valicareil Tevere, pien di timore per P antedetto muro, p ronto

y ì accorse con altri pochi tolti dalla custodia della

porta e del tumulo. I Gotti in effetto lui assente fecero

impeto con tro fa porta Aureli a e la mole di Adriano

non con macchina di sor ta, sì bene con immensa qu an

tità di scale e frecce, persuasi che riuscirebbero di talguisa a ridurre piò facilmente il nemico in angustie, e ad

impadronirsi a bell’ agio del fievolissimo corpo di guarr*-

dia ivi rimase. Ora con questo divisamento, portando a

riparo della persona scudi non minori delle gerre per

siane, vi procedevan sotto, e quantùnque già vicini ai

nemici non erano per anche da loro veduti la mercè

d’un portico unito al tempio dell’ apostolo Pietro. Taleeglino con improviso impeto investirono le mura im

pedendo a un tempo che P inimico traesse vantaggio

dalla cosiddetta balista, macchina solo atta a lanciare

strali da lunge, o dalle frecce, le quali trovando invincibile resistenza negli scudi non recavano danno alcunoagli assalitori. Oltredichè fermissimi nella impresa av

ventavano dardi a furia contro de’ merli, ed erano già

per appoggiare al muro le scale, riusciti quasi a cin»

gere i difensori della mole, essendo che'dato buon

fine a quella impresa incontanente sarebbonsi condottida ambo i lati alle spalle loro. I Romani disperan

do salvezza dal numero caddero per poco in ispa-

vento, quindi tutti unanimemente messe in pezzi molte

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ciana ( così appellata nna delle minori che trovi alla

destra della Flaminia) il muro, anziché dalla sua base,

dal mezzo alla sommità ^rasi da pezza sconnesso e 

spaccato, n£ potea dirsi impertanto del tutto in rovina,ma divergente qua e là dalla perpendicolare, e di guisa

pendente che ora lo vedevi all’ indentro, ora alPlnfuori

del suo regolare livello. 11 perchè già da gran tempo i

Romani con voci lor proprie chiamavano tal sito  muro 

 rotto , e quando Belisario dapprincipio volea atterrarne

il guasto e riedificarlo vi si opposero, protestando fermissimamente che P apostolo Pietro avea manifestatoloro di assumerne egli stesso la difesa. Il santo Apo

stolo del rimanente sopra tutti gli altri è venerato e ri

verito da questo popolo, alla cui aspettazione e credenza

appieno corrisponde P esito; conciossiachè nè durante

quel giorno, nè col tratto successivo, per tutto il tempoche i Gott i assediarono Roma, fu il luogo soggetto ad

assalto nemico, andando in cambio affatto libero da o-

gni trambusto di guerra. E di vero noi stessi non po

temmo a meno d’ ammirare come un nemico, il quale

tante volte con impeto manifesto e pur tante con no tturne frodi erasi accinto ad* investire le mura, avesselemai sempre, vuoi per dimenticanza, vuoi per trascura

tezza da quivi risparmiate. Laonde nessuno di poi ardì

risarcirne questa parte, mirandosi ancora, come per loaddietro, fessa; ma il dettone basti.

il . Alla porta Salaria tale de’ barbari, uomo nonoscuro, di alta taglia, pieno di bellico valore ed armatodi lorica ed elmo, tenendosi presso ad un albero, a

qualche intervallo dagli altri e fuori dell’ ordinanza loro,

LIBRO PRIMO i n

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lisario, le fiamme loro innalzatesi grandemente accreb

bero vie più, come vuol ragione , lo spavento dei volti

in fuga.

IV. T ra questo mezzo gl’ imperiali ebbero la medesima fortuna di guerra alla porta Salaria da dove

all’ improvviso saltarono fuori sopra de’ barbari truci

dandoli nell’ atto ebe eglino abbandonato ogni pen

siero di resistenza davano precipitosamente le spalle.E qui eziandio abbruciarono le (bacchine erette con

tro le mura, di qualità che elevandosi da per tuttole fiamme intorno a Roma e da per tutto discacciaticolla forza i Gotti, mandavansi dall’ una e dall’ altra

parte altissime grida, di qua dalle romane genti, le

quali dai merli animavano i loro a far coraggiosamente

scempio de9fuggitivi, di là dai barbari dolentissimi nelle

propr ie trincee per 1’ enorme strage sofferta, avendovi

in quel dì giuntato la vita non meno di trentamila com

battenti secondo 1’ affermazione degli stessi lor duci, ed

anche maggiore fu il numero dei feriti; essendo che af-

follatesi lor turbe intorno alle mura non s’era lanciato

indarno colpo dai merli, ed i persecutori degli sbigot-liti fuggenti aveanne mietuto iu copia assai grande le

vile. Di mattina si venne alle mani e coll’ annottare

soltanto la pugna ebbe fiue; dopo la quale gl’imperiali

passarono quelle ore no tturne cantando in Roma un

giulivo  Peana, ricolmando il condottiero di lodi, e rac

cogliendo le spoglie de’ morti. I Gotti in cambio attendevano ai loro feriti, ed offrivano un tributo di lagrime

agli estinti.

u 4 GUERRE GOTTICHE

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» lungo teràpo Roma in causa della stia vastità e della

 n agevolezza con cui a motivò della molta distanza dal

 99 mare possonlesi impedire tutti i bisogni della vita.

 99  Ora a non dubi tarne i Romani sono amici, ma se le 99 molestie loro protraggansi, è chiaro che alla prima

 99 congiuntura non istaranno in forse dall’ accogliere

 99 un migliore partito, insegnandoci la consuetudine che

 99 gli amici di recente data proseguono ad esser fedeli

9 f  non mai pe’ disagi cui vengono $uggettali, sì bene

 99  pe’ beneficj di che rendonsi partecipi: e innanzi tutto 99  la fame costrignerà il popolo a fare molle cose dalle

79  quali vorrebbesi aslenere. Iu quanto a me, consapevole

 99  di andar debitore della vita alla Maestà tua, nessuno

 99 potrà discacciarmi vivo da questo luogo; ma considera

79 qual lode sarà per venirti da un tal esito di Belisario. »

L ’ imperatore cotiturbato da sì pressante lettera senz’ in

dugio ragunò truppe e navi, commettendo a Valeriano

e Martino di sollecitare 1’ andata loro. I quali già sul

fare del solstizio vernile eransi partiti con altre truppe

dirigendo la navigazione alla volta d ’ Italia; se non che

dimoravano tuttavia a svernare nell’Etolia e nell’ Acar-nania, rattenuti pel cattivo tempo dal proseguire il divisato cammino. Giustiniano Augusto di poi col parte

cipare al suo condottiero i fatti provvedimenti inspirò

coraggio ed allegrezza non meno in lui che in tutti i

Romani.

II. Accadde tra tanto in Napoli un fallo di tal natura : Aveavi nel foro un’ imagiue di Teuderico re de*Gotti formala di minute pielruzze, e quasi tulle dis

simili nel colore. La sua lesta in epoca più loulana,

LIBRO PRIMO i , 7

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serie; quanto gli altri che sapevano innanzi al regno diNuma presso de9Romani racchiudere Panno soli dieci

mesi, e con marzo appunto avere il suo principio, donde

luglio si disse quintile : ma erano tutte vane ed inutiliciance. Imperciocché nessuno fu nella preconizzata e-

poca eletto a imperatore de9Romani e P assedio era

tuttavia per durare un an no ; di più, quando Totila

ebbe la monarchia de ’ Gotti Roma tornò a cadere negli

stessi pericoli, come dimostreranno i susseguenti libri.

Io poi son d ’avviso che il vaticinio per nulla accennasse alla presente spedizione de9barbari, ma ad altra o di già trascorsa, o ancora una qualche volta da

effettuarsi. Nè per verità sembrami nei limiti dell’ u

mana intelligenza il comprendere gli oracoli della Si

billa prima èli9essi abbiano avuto il compimento loro;

e me ne dà motivo quanto ho letto co9miei occhi, e

che prendo qui ad esporre. La Sibilla non presagisce

tutte le cose con ordine e seguitamente, ma fatto ap

pena cenno degli africani sinistri balza di botto in

Persia ; quindi, menzionati i Romani, t rasporta subito il

discorso agli Assirii, e volto altra fiata il vaticinio aiprimi predice le stragi della Bretagna. Di guisa che ad

diviene impossibile di conoscere i suoi oracoli prima degli

avvenimenti per essi adombrali. Laond e è forza che il

tempo medesimo, accadute le vicende e riconosciutane

coll9esperienza la predizione, sia P accurato loro inter-

petre . Ma di tale argomento giudichi ognuno a suo be neplacito; ed io tomo a bomba.

LIBRO PRIMO n 9

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130 GUERRE GOTTICHE

C A P O X X V .

 Belisario trasferisce nella Campania la disutile romana popo-

lazione. —  Bandisce papa Silver io nella Grecia. —  In -nalza Vigilio al Pontificato, e provvede alla salvezza della  città. —  Alcuni accingonsi a riaprire il tempio di Giano.

I. Tale appunto come abbiam detto si passò quella

notte dai Romani e dai Gotti, dopo che questi inoltratisi

alla conquista delle mura furonne respinti. 11 giornoappresso Belisario fe’comando a tutto il popolo di tradurre in Napoli le mogli, i figli ed il servaggio me

no idoneo a tra ttare le armi per impedire la diffalta

di vittUAglia nella c it tà ; e lo stesso ordine diede alletruppe, se aveavi tra esse alcuno provveduto di servo o

d’ ancella; aggiugnendo che pel momento a cagion del-F assedio non solo venivagli tolta la facoltà di dispensare

il fodero giusta V usanza, ma uop’era di più che ognunos’ accontentasse ricevere V una metà del cotidiano vitto

in natura e V altra in danaro. Quelli obbedienti piglia*

rono tosto a grandi turbe la via della Campania, chi valendosi del navilio rinvenuto nel porto romano, e chi

pedestre calcando la via Appia; nè ai pedoni su questa

via, nè a quelli diretti al porto gli assediatori apporta

vano danno, pericolo o timore di sorta, non potendo

circondare di campi tutta la vastissima Roma, nè cimen

tarsi a scorrazzare in drappelli a qualche distanza daiproprii steccali per tema di nemica sortita. Laonde

alquanti giorni ebbero gli assediati piena libertà di

partirsi da Roma e d'introdurvi sovvenimenti d’annona.

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Tra le tenebre soprattutto i barbari paventavano fuor

misura, e le sentinelle giaceansi immobili ne’ campi, avve

nendo assai di frequente che ed altri ed in ispecie i

Maurusii (1) usciti delle mura allo scontrarsi ovunquein Got ti o in preda al sonno o sbandati in piccolo

numero ( com’ è moltissime volte il caso ne’ grandi e-

serciti, richiedendolo o le bisogna della vita, o la neces

sità di pascolare cavalli, muli, ed ogni maniera di be

stiame destinato a nutrirc i ) li uccidessero, e, di fretta

spogliatili, al primo sentore di più forte nemica sorpresa meltessersi a precipitosa carriera, essendo talgente veloce, per na tura, del piede, priva di gravi ar-

madure, ed assuefatta a prevenire colla fuga i disastri.

Il perchè gran popolo migrò senza molestia da Ro

ma, riparando chi di essi nella Campania, chi nella

Sicilia, e chi altrove, come avvisossi ciascuno per lo

migliore. Il duce imperiale osservò in quella non a*

vervi proporzione tra il novero delle sue truppe e la

circonferenza delle mura, di qualità che poche essen

do le prime, come ho detto , non potea sempre tenerle

sotto le armi, o supplirne quando fossero pigliate dalsonno, tributo incontrastabile alla natura umana, con

altre le funzioni. Vedeva in pari tempo la massima

parte della plebe alle prese colla miseria e con la fa

me ; ne v’ha a meravigliarne considerando la bassa ori*

giue degli artieri e il consueto viver loro alla giornata,

cosicché in allora cos tretti a languire nell’ ozio manca*

(i) Così o Maurosii nomavansi dagli Elleoi, Mauri daiRomani. V. Strabene, lib. XVII, fog. 19.

LIBRO PRIMO ia i

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vano dei mezzi necessarj al proprio sostentamento. E-

gli adunque commosso da sì gravi circostanze aggregò

parte del volgo alla milizia, e tra loro divise le guar

die assegnando ai plebei una determinata giornalieramercede, c distribuendoli di modo in compagnie che

fossevi ognora V occorrente per dare lo scambio allesentinelle, e per affidare in giro a ciascuna delle com

pagnie la custodia della m ura ; così Belisario provvide

ai bisogni d’ entrambi.

II. T ra questo mezzo l’ imperiai duce rilegò nellaGrecia Silverio vescovo di Roma, caduto in sospetto di

parteggiare coi Gotti, innalzando non guari dopo Vi

gilio al pontificato. Vennero similmente da lui per lastessa cagione banditi alcuni senatori, fattili ripatriare

nullamanco dopo lo scioglimento deH’ assedio e la par

tenza del nemico ; cd eranc del numero quel Massimo,il cui progenitore, Massimo anch’egli, diede morte a

Valentiniano Augusto. Ad evitare inoltre ogni frode pef parte dei custodi delle porte, o che dal di fuori si ten

tassero e corrompessero gli animi loro col danaro, due

volte al mese spezzavane tutte le chiavi per quindi mutarne gl’ ingegni: così pure assegnava nuova stazione, e

dall’ antecedente ben lontana, ai custodi, ed ogni notte

mandati a riposare i duci delle guardie sulle mura so*

stituivane altri coll’ incarico di perlustrare in giro qual

che tratto di esse, e di trascrìvere nei repertorj i nomi

delle scolte, ed ove ne mancassero di surrogarli tantosto, riferendogli col venturo giorno i caduti in fallo

per sottoporli al meritato gastigo. Durante le ore not

turne di più ordinava ai musici dell’ esercito di so

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nare i loro slromenti pressò delle mura, ed inviava

al di fuori manipoli di soldati, Maurusii di preferenza e

provveduti di cani, acciocché attendessero alla fòssa, vo

lendo anche da lontano scuoprire chiunque tentasseinsidiosi macchinamene.

II I. Tali de9cittadini intanto forzate le porte cimen-

taronsi ad aprire il tempio di Giano. Fu questo il primo degli antichi Dei chiamati dai Romani col proprio

idioma Penati; ed avea tempio rimpetlo alla Curia,

un poco di sopra alle tre Fate, nome solitamente daquel popolo dato alle Parche. La sua cappella è tutta

di bronzo, di forma quadrata, e grande sì che ap

pena giugne a cuoprire il simulacro del Nume pur esso

di bronzo, lungo per lo meno cinque cubiti, e nel resto

tutto simile ad uomo; se non che ha il capo bifronte,

e co ll 'uno de’ suoi volti mira ad oriente, còli’ altro ad

occaso. Di contro poi ad ambo i prefati volti hannoviporte dello stesso metallo dagli antichi Romani solile

chiudersi in tempo di pace e della massima prospe

rità, e riaprirsi ov’ e’ tornassero alle armi; se non che

passati quindi a professare la cristiana religione, e addivenuti zelantissimi al maggior segno di lei, ueppur fu

riando la guerra non le dischiudevan più. Ora impcr-

tanlo fermo tuttavia 1’ assedio alcuni cittadini, imbevutia mio credere dell’antica superstizione, tentarono cela-

lamente di spalancarle ; messo quindi mauo all’ opera,

riuscirono solo ad al lontanarne così un poco le im<-poste, che 1’ una meno di prima aderisse all’ altra. Gli

autori della trama rimasero occulti, nè si pensò ad

ioquisizioni sopr’ essa in quel grande trambusto di cose,

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ia4 GUERRE GOTTICHE

non essendo in ispecie giunta alle orecchie de’magistrali,

ed avendovi ben pochi nello stesso volgo consapevoli

del fatto (i).

C A P O X X V I .

Vitige uccide i senatori in istatieo ed occupa Porto. —  Belisario con grave disagio riceve dalla città d’ Ostia rinfresca-

menti*

I. Vitige ribollente d’ ira, nè piò sapendo che macchinare spedi innanzi tutto gente degli astati a Ravenna

perchè uccidessero i romani senatori quivi condotti al

principiare di questa guerra. Tali di essi tuttavia addi

venuti consapevoli dell’ imminente lor fine e trovalo

pronto mezzo alla foga, camparono la vita, del cui

numero furono Cerventino e Reparato fratello del ro mano pontefice Vigilio, i quali direttisi ver la Liguria

fecervi stanza ; i compagni tutti ebbero morte . Di poi

veduto che i nemici trasportavano con piena sicurezza

dalla città quanto avessero in animo, ed introduceanvi

per acqua e per terra le bisogna loro in copia, deliberò

assediare la cosiddetta con romana voce Porto lontana

da quelle mura cenventi stadj, intervallo che disgiunge

(i) Numa Pompilio secondo re de* Romani edificò questolempio neirArgitelo, o sia nel luogo ove gli artigiani aveanò

principalmente le officine loro, e dall’ epoca in cui venne e-retto sino a quella dell’ imperatore Augusto solo due voltefu chiuso ; r una sotto il consolalo di Tito Manlio dopo laprima guerra punica, 1’ altra dopo la guerra d'Azio.

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Porto senza guernigione al primo avvicinarvisi occu-

paronla, e fatto macello de’ Romani ivi a dimora eb«

bero anche in poter loro il porto ; lasciativi quindi

mille guerrieri di presidio gli altri tutti re trocedet teroagli accampamenti, e cosi da quivi gli assediati vidersi

tolto ogni agio di trasferire entro lor mura le derrate

^di mare.I I I . Dopo questa perdita gli abitatori di Roma co*

stretti a valersi pe’ loro bisogni della sola Ostia incontra*

rono, com’è chiaro, enormi pericoli e travagli; concios*siachè impediti dal procedere sino a lei colle barche, per

necessità doveano apportare ad Anzio, lontano il viaggio

d’un giorno, e di là con molta pena, mercè la scarsità

somma delle braccia, condurvi le ricevute mercanzie. Nè

Belisario, premurosissimo della salvezza di quelle mura,avea avuto mezzo di conservare Porto, alla custodia

della quale se fossevi stato appena un presidio di trecento

militi, mai più i barbari a mio giudizio sarebbonsi ci

mentali, in vista della fortissima sua posizione, ad en

trarvi.

CAPO XXVII.

 Il duce imperiale riceve nuove truppe: stanca il nemico a  fo n a di combattimenti, e tre fiate lo vince. —  Imitato 1/1-

damo da Vitige. Truppe gottiche in che discrepanti dalle romane.

I. I Gotti non altrimenti operarono correndo il dì

terzo dalla tentata invano espugnazione delle mura.

Dopo venti giorni eh1eran costoro al possesso del porto

ia6 GUERRE GOTTICHE

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é  della città pur ella nomata Porto, capita rono a Roma

Valentiniano e Martino alla testa di mille e cinquecentocavalieri, Unni il più, Sciabini ed Antii, originar) del

paese di là dal (lume Istro, ma non lunge dalla ripa.Belisario confortato in suo cuore di tale venuta divisò

affaticare con iscbermaglie continue il nemico, al quale

effetto nel dì appresso ordina ad una sua lancia, Traiano

di nome c nell7oprare coraggioso e indefesso, di farsi

con dugento pavesai per diritto alla volta de’ barbari ,

e avvicinatine i campi di preoccupare un poggelto da luiindicalo ove si rimarrebbero chetam ente ; di più qualora il Got to assalisseli Traiano impedirebbe ai suoi il

combattere da vicino ed il porre mano alla spada o al-

P asta ; e’ piglino in cambio a trar re d’ arco , ed esau

rito il saettamento voltino pur gli omeri seuza arrossirne,

riparando alle mura : terminato così il comando fc’

approntare le baliste ed il servizio loro} P altro co’ suoi

dugento uscito della porta Salaria si diresse verso il

campo nemico. I barbari sorpresi da questa improvvisa

comparsa pigliati tutti di proprio volere la difesa e git-

tansi fuori degli steccati. II drappello di T ra iano inquella, di su la prominenza indicatagli da Belisario, co

minciò a molestarli con frecce, le quali avventate nel

mezzo di folta gente davano tutte in brocco, ferivano

ciò è o cavaliere o cavallo: i Romani, vuotati i tur

cassi, allentando le briglie spronarono i destrieri alla

ritirata, co’ Gotti mai sempre alle calcagna. Accostatosipoi il combatt imento alle mura e da quivi dato mano

alle baliste, il nemico sopraffatto dallo spavento s’ ar-

resta ; avendo perdu to nel conflitto, giusta le riferte,

LIBRO PRIMO 1 2 7

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non meno di mille guerrieri la vita. Di li a pochi giorni

il condottiero mandò fuori Mundila pretoriano e Diogene, valentissimi eutrambi nella guerra, con trecento

pavesai per compiere altro somigliantissimo badalucco ;ed il nemico venuto ad incontrarli mentre eseguiva gli

ordini avuti toccò nella stessa guisa di prima un rove

scio ben anche maggiore. Spediti finalmente una terza

volta trecento cavalieri col duce Oila pretoriano all’uopo

di ripetere 1’ egual faccenda, ebbero pur questi non

meno propizia la fortuna. In tre scorribande pertanto ,come scrivea, Belisario fe’ mordere il suolo a ben quat tro mila Gotti.

II. Ora Vitige non considerando avervi nel condurregli eserciti due che molto differenti, il dar di piglio alle

armi ed il valersene con prudenza ne’ combattimenti,

si pensò poter anch’ egli di leggieri mettere a soqqua

dro il nemico se con piccola mano di gente andasse

ad investirlo. Il perchè ingiugne a cinquecento cavalieri

di appressar le mura, e fare a tutto l'esercito di Belisario

l’ eguale accoglienza che aveanne già eglino stessi re

p li ca ta m e le ricevuta. E quelli pervenuti sopra un’ altura non lunge da Roma gran tratto più d’un tiro d’arco

stettervi a bada. Ma il duce imperiale spedisce lor co ntro mille scelti guerrieri con Bessa, i quali sorprendendoli

scaltramente da tergo e con un nembo continuo didardi uccidendone molti costringono valorosamente gli

altri a sloggiare di là e a discendere al piano, dove ap piccatasi ostinata pugna la maggior parte de ’ Gotti vi

giuntò la vita, ed i pochi superstiti al tornare ne’campi

il re accoglievali con forti rabbuffi quasi fossero stat i

io8 GUERRE GOTTICHE

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vinti per colpa della infingardaggine loro, e dichiarava

insieme che nel dì venturo col valore di nuovi èombat*

ten ti risarcirebbonsi i danni sofferti ; nulla tuttavia fu

impreso la dimane. Trasco rso il terzo giorno animòaltri cinquecento barbari, assortiti da tutti i suoi campi,

a far contro il nemico azioni da prodi; se non che Be

lisario, non appena vedutili in qualehe vicinanza, mandòa combatterli Martiuo e Valeriano alla testa di mille e

cinquecento cavalieri, i quali appiccata all’ istante una

equestre fazione, poiché grandemente superiori nel numero, mettonli a bell’ agio in fuga, e seguendone le pe

ste danno per poco a tutti morte.

III. I Gotti attribuivano pienamente ad avversa fortuna quell’ essere, avvegnaché in sì gran quanti tà ra c

colti, mai sempre vinti dall’impeto di pochi Romani,

e quel farsi di loro carnificina eziandio quando in pic-

ciol novero procedevan contr’essi. Gl’imperiali in cam

bio a dirit to volgendo gli sguardi verso Belisario en-

comiavanne la prudenza con pubbliche lodi. Ora i famigliar! ^snoi richiedevanlo su di quale congettura, nel

giorno che fugò, come dicevamo, i debellati nemici a-vesse concepito speranza di riportare vittoria colla forza?

E ’ rispose, che sin dalla prima zuffa, cui erasi accinto

con pochissima soldatesca, avea conosciuto la differen

za posta tra’ due eserciti ; di quali tà che al succedere

delle battaglie, data pure da quinci e da quindi pa

ri tà di forze, la scarsezza de’ suoi non avrebbe sofferto danno alcuno dalla nemica turba; passarvi in fine

la discrepanza tra le due parti , che quasi tutti i Ro-

 Procopio , tom. i l .   9

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i3o GUERRE GOTTICHE

mani, gli Unni ed i confederati loro sono valentissimi

arcieri a cavallo, del quale esercizio giammai occupossi

Go tto veruno, addestrando questi i cavalieri a maneg

giare le sole aste e spade, e gli arcadori a combatterepedestri e protet ti dagli ordini delle truppe di grave

armatura. Ove pertanto i primi non guerreggino a b re

vissimo intervallo, pe r mancanza d’ armi quali attaglie-

rebbonsi contro nemici saettatori, cadono a bell1a-

gio feriti; nè i fanti possono comunque dirla con essi;

volersi quindi a ciò riferire la vittoria nelle precedentischerminaglie o ttenuta dai Romani. I barbari poi rav-

volgendo negli animi loro così inopinati destini cessarono dal molestare le assediate mura con piccoli corpi,

nè assaliti dal nemico incalzavanlo più di quanto fosse

necessario per allontanarlo dai proprii steccati.

C A P O X X V H I .

 Belisario aringa i Romani chiedenti battaglia. —  Insfruisce l’e-sercito su df una equestre pugna. —  Indotto dalle parole di Principio accoglie nell9ordinanza i fa n ti .

I. In appresso tutti i Romani boriosi delle riportate

vittorie furono smanianti di combattere coll’intero got-

tico esercito, persuasi di venire ad una decisiva gior

nata campale. Belisario e converso vedendo il grandissimo divario esistente ancora tra’ suoi ed i barbari e-

sitava di continuo a cimentarsi con tutte le truppe, econ maggiore attenzione adoperava di batterli sempre

alla spicciolala. Vinto finalmente dai rimproveri e del

l’ esercito e degli altri Romani si risolvea a secondarl i,

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di guisa tuttavia che la battaglia coesistesse In sole scor

rerie. Tenta tolo p iù volte e respinto, e costretto alla

dimane di rinunziare ad un assalto, avendo trovato i

Gotti, fuor d ’ ogni suo credere , prevenuti dai disertorie pronti a riceverlo, stabilì di tenzonare in campo a-

per to ; e di buon animo gli altri appres taronsi alla di

fesa. Ordinate pertanto da quinci e da quindi ot ti

mamente te cose, il duce romano parlamentava come

sono per dire le sue genti. « Da una giusta battaglia,

• o guerrieri , non era già 1’ animo mio avversò perchè» giudicassi voi pusillanimi, o temessi le forze nemi*

» che ; ma perchè, avuta propizia la fortuna nelle pic-

99 cole avvisaglie, estimava non volersi abbandonare la

» cagione a cqi andiamo debitori del felice loro sue-

» cesso; parendomi che un9impresa ove proceda giu-

m sta i desiderii nostri abbia a pati r danno per unn variar di consiglio. Ma giacché vedovi colla massima

» ilarità disporti a combattere, pieno anch’ io di ottima

» speranza non raffrenerò più a lungo la smania vo-

• stra, sapendomi a fondo che il volere dei combat-

• tenti ha gran possa nelle fazioni, e che soglionsi pro-» durre opere mirabili dal vivo desiderio loro. Nò uom

n di voi, istruito npn dalla fama, sibbene dal giorna-

n li ero uso di tra ttare le armi, può ignorare che uno

n schieramento povero di numero, ma ricco di valore, è

n d’assai per battere immense frotte di nemici. Dipende-

n rà così da voi il non menomarmi turpemente la priman lode pe’miei stratagemmi, e la speranza infusami dallan vostra prontezza; dovendo gli eventi di questo giorno

» decidere del già operato nella presente guerra. Ed a ciò

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99 mirando benissimo conosco avere dalla mia il tempo;n nou potendosi a meno che ora più di leggieri otte-

n niamo vittoria sopra i nostri nemici avviliti e depressi

99 per le trascorse vicende : e come per verità uscireb-99 bero preclare geste da un petto di frequente scorag*

99 giato da contraria fortuna? Del resto niun di voi la

99 perdoni al cavallo, all’ arco, o ad altra maniera c o

99 munque d’ a rm e , promettendovi dopo la battaglia

n risarcimento delle perdile in essa fatte. »

li. Terminata questa esortazione il duce condussefuori Pesercito per la minor porta Pinciana e la maggioreSalaria; fé9uscirne ad uno picciol roano da quella Aurelia

con ordine di venire al campo di Nerone in aiuto di Va-

tentino comandante della cavalleria, e già consapevoledi non cominciare battaglia, nè di soverchiamente acco

starsi al gottico steccato ; farebbe invece mostra ognoradi volere senza indugio assalire il nemico, e bene atten

derebbe ad impedire che la schiera dei barbari a sè di

contro non corresse, valicato il vicino poute, a raffor

zare gli altri corpi. Gonciossiachè postatasi grau copia

di essi, giusta il detto, sul campo di Nerone, sembrava

d’ assai al condottiero P obbligarli a non prendere tutti

parte in quel cimento, ed a rimanersi lontani dai loro

compagni. Alcuni del popolo eransi uniti siccome volon-

tarj alP esercito; ma il duce piseli fuori delPordiuauza

per tema non recassero impauriti dal pericolo gene

rale nell’ azione scompiglio, essendo una turma di vilioperai, ed affatto ignoranti delle cose di guerra. F o r

matone pertanto un corpo separalo li mandò alla porta-

Pancraziaua di là dal Tevere, ove rimarrebbonsi ia at

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tenzione di nuovi suoi ordini. E per vero gvea pre

veduto quanto in realtà avvenne, vo’ dire che i ‘ Gotti

di stanza sul campo di Nerone al mirare costoro k. le

truppe di Valentino, mai più avrebbero osato partirsidagli steccati ed assalire unitamente agli altri le genti

imperiali, riponendo il maggior vantaggio nella speranza

di riuscire a tenerle divise dalle turbe, ch’egli propone-

vasi disfidare alla pugna.

III. Era intendimento di Belisario il battagliare in

quel giorno colla sola cavalleria, essendo molti de’suoifanti, levatisi dalla prima loro condizione col togliere i

cavalli ai nemici, addivenuti cavalieri, ne’ male corre

vano questa nuova carriera; ed i rimanenti pedoni, po chi di numero, giudicava inetti a comporre un ordina

men to di qualche forza, nè di tanto anime da reg

gere al bollpr della mischia 5 ma soliti nel principiodi essa a volger le spalle , e’ non potevansi con sicu

rezza collocare lontano dalle mura : si fornirebbe loro

in cambio idoneo posto schierandoli vicino alla fossa,

acciocché se i nostri cavalli per mala sorte dessero di

volta, e’in nulla pcranche danneggiati stessersi prontiad accogliere i fuggitivi, ed in uno con essi a ributtare

il nemico. Se non che Principio, sua benaffetta lancia,

e Termuto isauro, fratello di Enna capitano degli I-sauri, fattisi innanzi tennergli questo discorso. « Non

» volere, o duce sopra tutti fortissimo> separare dalle

» schiere pedestri un sì piccolo esercito per esporlo da» solo a combattere contro miriadi di barbari, nè ope-

» rare in modo che sia apposta nota d’ignominia ai fauti

» romani, ai quali dalla fama venne dato tributo di lode

LIBRO PRIMO 133

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LIBRO PRIMO 1 5 5

C A P O X X I X .

Vitige anima i Gotti alla battaglia. —•  Da principio i Romani 

vincitori. — Quindi sconfitti.

I. DelP antedetta guisa i Romani apprestaronsi al

combattimento. Vitige poi comandato ai Gotti di ar

marsi, lasc iando nelle tri ncee i soli cagionevoli, impose

alle truppe di Marcia che si rimanessero nel campo di

Nerone, e custodissero con diligenza il ponte per nonvenire da quella pa rte molestati; raccolti quind i gli altri

a pa rlame nto profferiva loro tali o simiglianti par ol e:

*t   Avvi per ven tura Ira voi chi opina paventa r io del

99 regno, e per siffatto motivo essermi fin qui mostrato

n d’ una singolare um an ità , ed esortarvi ora con lusin-

79 ghiere parole ad en tra re pieni di coraggio in questo

99 aringo; nè tal foggia di pens are in fé mia si discon-

» viene alle umane menti, accostumati essendo i co-

99 dardi a mostrarsi piacevóli ed affabili verso coloro dei

99 quali han no mestieri, sebbene di molto più umile

99 condizione, ed a trattare orgogliosamente chi non ha

99 mezzo di giovarli. Io in cambio considero un vero

99 nulla la perdita della vita e del regno, contentissimo

99 di spogliare oggi medesimo quésta pó rpo ra qu an do

n altri de ’ G ott i abbia da ornarsene ; e rep uto più che

99 beata la morte di Teodato, il quale spento dai prò-

99 prj sudditi lasciò loro in pari tempo e vita e reame ;n conciossiachè all’uomo sano di mente è di qualche

99 conforto pelle domestiche sciagure il non int ram et-

tervi le genti sue. Ed appena volgomi col pensiero al-

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P eccidio de' Vaudali congiunto con la triste fine diGelimero, presentasi alla mia imaginazione un qua

dro pur troppo assai lagrimevole, sembrandomi ve

dere in esso i Gotti colla prole trascinati in ischia-vitu, le nostre mogli costre tte a soggiacere alle piùturpi libidini d ’ infestissime genti, me stesso ed il ni

pote per linea femminile di Teuderico menati o-

vunque piacerà a coloro contro cui guerreggiamo. Mavorrei che pur voi temeste P avverarsi di tali cose, e

di continuo paventandole tenzonaste con chi vi facontro; mentre allora preferirete anzi cader morti sul

campo che sopravvivere alla strage de’vostri compagni;

e per vero il ridurre la propria esistenza al di sottodella condizione de' nemici è il solo avvenimento in

cui gli uomini magnanimi ripongono il colmo della

sciagura. Alla fin fine la morte in ispecic si prontarende sempre beati coloro ver cui da prima la fortuna

dichiarossi poco propizia. Se dunque con tali sen

timenti vi esporrete ora a far prova del vostro co-

raggio, non v’ ha dubbio che di leggieri uscirete vit-5

toriosi di pochi avversarii ed il più grecanici o disimil genia, e farete sommariamente le vendette delle

ingiurie colle quali noi fummo provocati. Nè a torto

audiamo gloriosi di superarli nel valore, nel numero, ed in che che altro mai si voglia, quantunque

ora e’ tronfii per le sciagure nostre e non appoggiati

a verun presidio, eccetto lo stolido dispregio in cuine hanno, contro di noi inviperiscano, pascendosi P in

solenza loro del felice successo testé senza merito al

mondo ottenuto.  y> Vitige avvalorato di questo modo

136 GUERRE GOTTICHÈ

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uccisero il' asta molti barbari : da qui procedevano di

questo modo le cose. Nel campo di Neroue lunga pez

za stettersi ambe le fazioni rimirando ; in tra ttanto i

Maurusii del continuo molestavano i Gotti dardeggiandoli eoa frequenti schermugi, nè gli assaliti ardivano

farsi loro addosso, per tema non le turbe della romana

plebe, collocale a breve distanza e presupposte schie

re di fanti, rimanessersi colà di piè fermo a mac

chinare insidie, e ad attende re 1’ ora d’ inseguirli dalle

spalle, per distruggere quanti ne avessero intercettaticon sorpresa di schiena e di fronte. Era il meriggio

quando V esercito romano scagliossi di subito cont ro

dei barbari , i quali sopraffatti dall’ urto improvviso

ed inopinatamente messi in fuga, nè polendo riparare

nelle proprie trincee, ascesero le vette' dei colli vi

cini. Qui per verità erano abbondantissime le genti

di Belisario, ma non tulle esperte nelle armi, anzi il

più di esse ciurmaglia; imperciocché nell’assenza del su

premo duce molti nocchieri e bagagliorti alla codadell’ esercito, bramosi di prender par ie nel combatti

mento, eransi mescolati con le truppe, e pur costoro,siccome scrivea, riuscirono a fugare i Gotti fuori di sè‘per quella inaspetta ta moltitudine. Se non che presto la

confusione mandò in rovina le cose imperiali, avendosi

perduto ogni vestigio d’ ordine in causa appunto della

pre fa la mescolanza, nè più le genti udivano la voce di

Valeriano, che di tutta possa cercava incoraggiarli; cosìsenza uccidere uom de’ nemici lasciavanli su pe’colli

quieti e tranquilli osservatori di quanto accadeva nella

pianura. Non sorvenne tampoco alle menti loro il ta

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saltarlo, ed atterritolo colle aste loro costringono a ripa

rare nella schiera pedestre. Se non ché rotti con eguale

impeto i fanti voltarono pur questi le spalle in gran

numero, traendo seco i fuggitivi cavalieri. Qui principiòtutto P esercito romano a piegare, molestato ognor più

da’suoi avversarli, ed oppresso dal numero a dar là volta.

Ora è uopo rammentare che Principio e Termulo colla

piccola schiera de’ fantaccini comportaronsi da animi

veramente coraggiosi; di guisa che la maggior parte dei

barbari arrivata ad essi fermi nel combattere e nel rifiutarsi alla fuga, piena di maraviglia si tenne immobile,

dando così agli altri pedoni ed a moltissimi cavalieri

agio di sottrarsi più sicuramente dal pericolo. Princi

pio nondimeno lacero dapper tu tto 11 corpo, e veduti a

sè dintorno morti quarantadue guerrieri quivi stesso

spirò. Termuto invece armatesi ambe le mani con duersaurici dardi, non faceudo mai tregua al ferire di punta

ora questi ora quelli degli assalitori, sentivasi già venir

meno il coraggio per le ferite; ma confortato dall ’ ar

rivo del fratello Enne con parecchi cavalieri tornò ad

animarsi, e tutto coperto com’ era di trafitte e di sangue, e con seco ognora i suoi dardi corse veloce alle

mura, e dalla prestezza del suo andare, velocissimo di

piede, ebbe salvezza, quantunque sì malconcio del cor

po. Tocca non di meno la soglia della porta Pin-

ciana cadde, e supposto morto da1suoi fu condotto

in Roma sopra uno scud o, ove dopo due giorni, lasciando iu fra gl’ Isauri e tutto P esercito grandissima

rinomanza, più non vivea. I Romani avviliti pe’ sof

ferti disastri e solo intenti alla difesa della città, serrate

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con grande tumulto le porte, negavano d ’accogliere i fuggitivi, per tema non il nemico ad uno penetrassevi entro.

Quanti adunque rimasero al di fuori, valicata la fossa,

teneansi tutti trepidanti cogli omeri appoggiati allemura, più non sapendo che si fosse valore: nè sebbene

lo avessero voluto potean respignere i loro avversar] inol-trantisi e pronti a guadagnare l’opposta sponda del

fossato, mancando molti tra essi d’ aste, infrante nella

battaglia e nella fuga, tutti poi sì affastellavansi gli uni co

gli altri che non aveavi assolutamente mezzo di trattare1’ arco. I Gotti dapprincipio animali dallo scarso numerodi guerrieri su’merli proseguivan la pugna nella speranza

di uccidere quanti escludevan dalla città, e di fugare l’in

te rn o presidio : ma vedute in appresso cinte le mura

da una folta corona di soldati e di cittadini caddero di

cuore, e profferite mille imprecazioni contro il nemico

voltarono le spalle : la battaglia pertanto appiccata a-

gli accampamenti loro ebbe termine al fossato ed alle

porte di Roma.

LIBRO PRIMO 1 4 1

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DELLE ISTORIE DEL TEMPO SUO

T E T R À D E S E C O N D A

LIBRO SECONDO

C A P O P R I M O .Preclare gesta di Bessa e di Constantino. — Tal de9Romani 

e tal pur de9Gotti ambo caduti nella medesima fossa ri-traggonsene in virtù d'un lepido acéordo tra loro. —  Au-dace valore di Corsaniante.

I. I Romani oggimai fatti guardinghi dal non venirein campo con tutto V esercito, e ripigliato V antico lorocostume di badaluccare alla leggiera colla gente in sella,più fiate vinsero i barbari ; da quinci e da quindi im-pertanto uscivano eziandio i fanti non già in ordinanza,

ma quali seguaci delle equestri turme. Mei primo scher-

mugio Bessa armato di asta, lanciatosi contro i nemici,tre ne spense, famosissimi tra’cavalieri loro, e volse in

fuga il resto. U n’ alti*a volta Constantino menati gli

Unni sulT annottare contro il campo di Nerone, ed op*

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presso da sterminata schiera di nemici si levò d ’ ogni

impaccio nel modo seguente : Havvi colà un vecchio

stadio, grande e con molte antiche abitazioni all’intorno,

il quale in epoca più rimota serviva pe’ combattiment ide9romani gladiatori; cosicché di necessità il luogo dap-

pertutto presentava anguste vie. Il duce ridotto alla

dura condizione di non po ter vincere la folla de’ Gotti

o fuggire senza gravissimo pericolo, fé9balzare giù d’arcione i suoi Unni, ed alla testa loro, aneli’ egli ap

pieda, riparò in una di quelle viuzze, da dove tuttisaettando a man salva recavano altrui moltissima stra

ge. I barbari siffattamente bersagliati durarono qual*

che tempo fermi nella speranza ehe queglino esaurissero

tu tto il saettamento loro, per quindi a bell’agio circon

darli, vincere e condurre prigionieri nei proprj accampa

menti. Se non che al mirare i Massageti, valenti arca-dori a non dubitarne , nel tra rre d’ arco su folta gente

non avventare freccia indarno, ed averne morta più

della metà, disperando compiere i premeditati divisa-

menti, si misero sul tramonto in fuga, non pochi giun

tandovi la vita. Imperciocché gli altri di continuo in

calzandoli, mercò della singolare destrezza nel maneg

giar P arco eziandio quando vanno di velocissima corsa,

non ne facevano minore eccidio : superato così il pe

ricolo Constantino ricondusse di notte la soldatesca in

Roma.

II. Pochi giorni dopo guidate da Peran io le trupperomane fuor della porta Salaria per combattere il Gotto

quivi a campo, questi, da prima volte le spalle, ma subi

tamente raccozzatosi, ebbe il mezzo di riprendere Poffen-

 LIBRO SECONDO i * 3

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«iva; or tale dei fanti imperiali , venutogli meno il coraggio

nel sottrarsi al pericolo, precipitò io alta fossa, delle

quali molte aveanue scavate gli antichi cittadini per

riporvi, a mie avviso, il frumento. E come non o-sava mandar grida essendo ben vicino il nemico, nè

in conto alcuno potea trarsi di là in causa della ripi

dissima «scavazione all’ intorno, così gli fu mestieri di

passarvi la notte.  Il dì seguente essendo i barbari di

nuovo costretti a farsi indietro, uno de’ loro cadde,pur

egli nella medesima fossa, ove abbracciatisi entrambicon [scambievole amore, opera della necessità, giura-

ronsi a vicenda che V uno avrebbe a petto la salvezza

dell’ altro ; quindi amenduni cominciarono a mandare

altissime grida, alle quali i Gotti accorsi addimartda-

vano dal margine di quella caverna chi si fosse il chie

dente mercede. Allora, per convenzione tenendosi ilRomano in silenzio, I’ altro colla patria favella appalesala sua mala ventura, d’ essere, ciò è, nell’ ultima fuga

precipitato in quel bara tro: che però supplicava)! di

calare una fune per valersene a campare la vita. I com

pagni adunque ‘abbassaronvi i capi di alcune corde

persuasi di porgere aiuto ad un loro commilitone, maafferratili invece il Romano pigliò ad ascendere, addu-cendo che s’ egli fosse il primo a mettersi in salvo,

gli accorsi non vi avrebbero nullamente abbandonato

un compagno ; quando per lo contrario udissero che

rimaneavi un loro nemico, al tut to rifiuterebbonsi disalvarlo, e così detto proseguì a salire. I Gotti vedu

tolo ne furono sorpresi, ma da lui poscia informati

della faccenda tiran su l’alt ro, ed avutane conferma

lU GUERRE GOTTICHE

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il suo naturai», minacciò di voler ben presto far rimor

dere del violato sangue 11 nemico. Nè tarda to molto

il risanamento, un giorno mentre sede* al desco, ed»

ateavi giusta la sua consuetudine largamente bevuto,deliberò assalire i barbar i da solo, e vendicare P oltrag

gio sofferto nel piede. Innollratosi dunque alia porta

Pinciana espose di andare al campo avversano per co-mandamento del supremo duce, e le guardie non avendo

motivo di ricusai* credenza al prodissimo tra le lance

del condot tie ri, aperte le porte lascianlo a suo buongrado partire. 1 Gotti, aocchiafcolo, dapprincipio il leu»gouo qual disertore in cammino per chiedere mercè da

loro. Ma vedutolo quindi ntIP avvicinarsi a sciogliereParco, nò potendo ancora ben distinguere chi si fosse,

muovono in numero di veoti ad incontrarlo, ed egli,

a bell’ agio disbrigatosene, inoftra tuttavia cavalcandoa lento passo, nè retrocede tampoco alP imminente arrivo d’ un maggiore drappello, che il circondò mentre

accingevasi a nuova pugna. I Romani dalle torri in mi

randolo, nè riconosciutolo ancora per Cor sa man te, sup

ponevamo altro de’suoi caduto in delirio. Se noti diedopo grandi e luminose pruove di coraggio, accer

chiato dalla nemica turba dovè pagare il fio de) suo

imprudente ardire. Alla notizia poi dclP accaduto Be

lisario e P esei^cito romauo ebberne gravissimo co rd o

glio, dolendosi che insieme con quel prode fosse ve

nuta meuo la pubblica speranza in lui riposta.

.46 GUERRE GOTTICHE

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LIBRO SECONDO > < 7

C A P O II.

 Belisario f a sicura la via ad Eutalio in cammino da Bizanzio 

cogli stipendii. Manda truppe contro i Gotti. — /   Romani vincitori alla porta Pinciana, e vinti nel campo di Nerone. —Ferita d’Arzo mirabilmente sanata.  Morie di Cutilà e Buca.  Lutto dei barbari.

L Sul fare dell’ estivo solstizio un Eutalio par tito

da Bizanzio apportatore dei militari stipeudii pervennea Tarrac ina. Quivi pigliato da timore non avvenutosi

tr a via ai barbar i fessegli tolta col danaro la vita scrive

a Belisario di guardarlo dai pericoli nell’ andata a Roma;e il duce scelti fra’suoi dallo scudo cento guerrferi di

ben chiaro valore mandali con due lànce della propria

guardia alla volta di lui per iscortare la condotta; in questo mezzo poi adopera sì che iGotti vivano nella certezza

d ’ un imminente assalto con tu tto I’ esercito, volendo

farli guardinghi a non uscire de’ campi loro in dra p

pelli per foraggiare, o per imprendere altra cosa co

munque. Udito olt r’ a ciò nel dì vegnente a brevis

sima distanza Eùtalio, schierò con finto proposito le

truppe volendo costringere vie meglio il nemico a star

sene all’erta, e saputo che l’ atteso convoglio giugne-

rebbe non prima del tramonto, della mattina imposea tutti i suoi di rimanere armati alle porte, e sul me

riggio ordinò che desinassero ; il Gotto eseguì alt rettanto persuaso che fosse differita al seguente giorrio la

pugna. Ma poco stante egli invia Martino e Valeriano

con le genti loro al Campo di Nerone, avvertiti di nulla

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bramosi d’ estrarre la freccia dal volto d’Arze stellarsi

alcun poco sopra sè non tanto a cagione dell’ occhio,

nessuno più sperando serbarlo, quanto per tema non

offendessero le membrane ed i nervi, molti in quella parie ,e dessero con ciò morte al fortissimo tr a’ domestici di

Belisario. Ma poscia tale di essi, per nome Teotisto,

premendogli la cervice domandollo se ne avesse grave

dolore ; che sì rispostogli, ebbene adunque, soggiunse,

tu n’ andrai salvo e della vita e dell’ occhio ; e’ fondava

il suo dire, argomentando che la punta della freccianon fosse di troppe lontana dalla cute. Laonde troncatane la parte sporgente infuori, e con un taglio divisi

i nervi ben di leggieri ne cavò il triangolare ferro con

tu tto il di più a questo unito. Così Àrze nou ebbenedanno, nè rimasegli tampoco deforme cicatrice sul volto.

Cintila per lo contrario dopo trattogli di molta forza ildardo (penetrato a graude profondità) cadde in deliquio,

ed al sopraggiugnere dell’ infiammazione alle membrane

dei cervello addivenuto farnetico da lì a poco sen muore. In quanto a Buca il moltissimo sangue sgorgatoglidal femore dovea, giusta i medici, tra non molto pri

varlo della vita, adducendone egli in pruova che il mu

scolo riportato avea obbliqua e non orizzontale in

cisione ; passato in effetto il terzo giorno avverossi lafatale sentenza. 1 Romani pertanto con grave mestizia

trascorsero quella notte ; e dai nemici accampamenti

giugneudo sino alle orecchie loro i molti gemiti ed ildirotto lagrimar dei Gotti forte maravigliavanne, esti

mando che nel giorno prima e’ non fossero andati soggetti a nessuna rilevante* sciagura, ed a piccol numero

.5o GUERRE GOTTICHE

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LIBRO SECONDO i5i

ascendesserne i morti negli ultimi combattimenti; quan

do in simili occasioni, anzi in altre di gran lunga peg

giori, non aveanli mai veduti in preda a sì grave tri

stezza, ponendo ognora somma fiducia nella immensalor copia. Odesi poi nel giorno appresso là riferta

che i barbar i lamentavano la trista sorte cui soggia

cquero nel le trincee chiarissimi personaggi spenti dà

Buca nel primo battagliare. Qui non finirono le f>u-gne, ma di alt re minori parmi cosa superflua al tut to

di tramandare ai posteri memoria. Basti il dire chein tale assedio si diede di piglio alle armi scssantaselte

volle non comprese le ultime due, serbandone di par

larne a miglior tempo. Col verno alla perfine ebbe com

pimento il secondo anno di questa guerra scritta da

Procopio.

CAPO III.

 Roma in balia della peste e della fam e. I l Gotto converte gli acquidotti in bastile. — /   Romani aizzali dalla fam e chie-dono al condottiero d9investire il nemicoy ma V orazione 

loro è da Iul confutata.

I. Entrava il solstizio eslivo quaudo e fame e pesteassalirono Roma. Il soldato, dal pane infuori, mancava

di vittuaglia comunque, ed il popolo anche di quello

andava senza, e per colmo di sciagura, più che dalla

fame era travagliato orribilmente dalla moria. II nemico fattone consapevole intralasciò di combatterlo,’j

ponendo solo ogni diligenza nell’ impedire che nessun

fodero penetrasse là entro. Hannovi tra le vie Lat ina

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ed Appia due altissimi acquidolti sostenuti da arcate,

i quali giunti allo stadio cinquantesimo dalla città uni-

sconsi per divergere quindi a breve intervallo tra loro,

volgeudo quello dapprima a destra il suo corso a sinistra : ma tornatisi dipoi a congiungere, e preso nuovamente 1’ antico ordine procedono altra fiata con op

posta direzione. Ora da questo incrocicchiamento de

riva che lo spazio di mezzo trovisi ricinto all9intorno

dalle mura loro ; senza che i Gotti aveanne per modo

chiuso con loto e pietre gli archi inferiori da conver

tirli quasi direi in bastite, dov’ eranvi di guardia mai

sempre non meno di sette mila guerrieri a fine di

impedire agli assediati qualunque introduzione di com

mestibili nelle mura. Mali pertanto d ’ ogni specie po-

sersi intorno agli scoraggiali ed avviliti Romani : tu ttavia sinché ebbervi prodotti maturi sui campi, i più

ardimentosi della truppa, istigati dall’amore del danaro,salendo in arcione e condncendo a mano ^carichi so

mieri gittavansi di notte nelle biade vicine alla città, e

mietute le spighe e caricatine i giumenti portati seco

introducevanle di soppiatto in Roma per venderle acaro prezzo agli opulenti cittadini, vivendo i meno

facoltosi di erbe cresciute ogni dove intorno ai borghi

e per entro le mura, conciossiachè V agro romano du

rante il verno e molto più nelle altre stagioni va riccodi esse, avendolo natura fornito d’ una perenne verdez

za, la quale potè in allora somministrare ad un tempoe cibo alla plebe e foraggio ai cavalli degli assediati :

così pure da taluni vendevansi di nascosto salsicce for

male colle carni de’ muli spentisi nella città. Se non

i5a GUERRE GOTTICHE

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n qjalche i<]ca. Di già parte de’ Romani ha incontrato

» morte, nè sepolcro cuoprene le fredde spoglie ; e noi

 y» ancora viventi, per dir breve le sofferenze nostre, sì

 y> viviamo, che le mille volte ameremmo meglio essere» nel numero degli insepolti. Conciossiachè la fame

» quanti ha in suo dominio ben di leggieri induceli a

9» credere1tutti gli altri mali comportabili , fa dimenìi-9ì  care qualsivoglia sinistro, e giugne perstao a rendere

» soave ogni specie di morte rimpetto a quella da lei

n prodotta. Accondiscendi pertanto che non ancora da fi questo flagello distrutti cimentiamo le armi per le

9? bisogne nòstre, all1 uopo o d9uscirne vittoriosi, o din trovarvi un termine ai presenti mali. E di vero coloro

» cui il temporeggiare dà speranza di salvezza operc-

» rebbero più che da stolti se impazienti dclPattendere

99 arti classerò la somma delle cose alla sorte d’un eom-99 battimento. Noi in cambio col nos tro indugiare ac-99 cresciamo la difficoltà della ba ttag lia; e P indugio

 fi stesso, comunque vuoi breve, ne verrà assai più at-

99 tribuito a colpa, che non P esporci ad una pronta

r. e ardita impresa. 99 Belisario così rispondea ai ro*

mani oratori : « Quanto sin qui operaste erasi già com-

99  piutamentc dal mio animo preveduto, nè un che av- fi venne d’ improviso pe r esso. Ben da lunga pezza

n apparai come sia il volgo insubordinato, intollerante

» del presente, improvvido del futuro, e di nulla capace,

9» salvo P esporsi di leggieri ai più ardui cimenti, ed il99 correre con temerità somma alla propria rovina. La

» vostra cieca instabilità non ha tuttavia sopra di me

possa tale che inducami a fare scempio di voi, c con

i5* GUERRE GOTTICHE

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99 mia cura di troncare ogni indugio acciocché tutti uni*

 fi scansi immediatamente a noi. »

CAPO IV. Belisario manda Pvocopio a Napoli e mette presidio in Tivoli 

ed Alba. —  I Gotti sempre guardinghi dal violare i lempj degli apostoli Pietro e Paolo.  La moria fa strage ne9loro campi.  Antonina e Procopio tutti solleciti in Campania dell9armata di mare. —  Descrizione del Vesuvio.

I. Belisario non appena rassicurat i colle sue parole

i Romani, ed accommiatatili, spedì Procopio autore

della presente istoria a Napoli, dove la fama divolgava

un esercito mandatovi dall’ imperatore, coll’ ordine dicaricare moltissime navi di frumento, e di raccogliere

non solo tutta la truppa venuta or ora da Bizanzio, eda stanza colà vuoi per nutricare i proprii cavalli, vuoi

per altro motivo comunque, e gran copia sapea aver-

vene disseminata per la Campania, ma di levare an

cor parte di quelle guernigioni, e trasportare con essi

ad Ostia (por to de’ Romani ) colla maggior prestezzale biade. Procopio adunque unitamente alla laftcia Mun-

dila ed a pochi cavalieri tra le tenebre se ne uscì di

quella porta, che dall’ apostolo Paolo è nomala, venen

dogli fatto d’ ingannare il campo nemico in vicinanza

della via Appia. Mundita dipoi restituitosi a Rottoa, e

narratovi che Procopio era giunto nella Campania senzaincontrare uom de’ barbari, tenendosi costoro nelle ore

notturne per entro i campi, destò a liete speranze tutti

ed in ispecie il condottiero. Questi allora inviò gran parte

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a fine di procacciare ai cavalli più libero pascolo, e di

togliere al nemico la grande libertà d ’ ir vagando a suo

boon grado ìunge da’ proprj steccati; fatto il comanda

mento, e collocate le truppe giusta la volontà del condottiero si réstituì nella città. Disposte le antedette cose,

Belisario vivea tranquillo, t  sebbfcn lontano dal provocare

a battaglia, teneasi non di meno in continna guardia, e

pronto a respignefe laf forza esterna se da qualche parte

venisse fatto impeto contro le mura; somministrò ezian

dio frumento ai bisogni della romana plebe. Martino poi eTraiano oltrepassate colle tenebre le nemiche trincee edarrivati a Tarracina mandarono Antonina con qualche

scorta nella Campania, ed occupati i luoghi fòrti adia

centi cominciarono a muovere di là onde raffrenare colleimprovise loro scorrerie i Gotti sbandati per que’ din

torni. Magno e Sintoe riparate in breve tèmpo le rovine

del castello di Tivoli, nè avendo più che temere davan

senza posa molestie al nemico a stanza presso del forti

lizio, e con assidui e repentin i scor rimenti travaglia

vano i condut tori della viltuaglia ; ma il secondo, ri

portata in que’ badalucchi una ferita alla mano destracon grave offesa dei nervi non fu più atto alla guerra.

Nè i Gotti sofferivano meno dagli Unni accampatisi,

come scrivea, loro dappresso, chè eglino ptìre di giàpativan fame, non atendo più il destro siccome per loavanti di procacciarsi liberamente i bisogni della vita.

Furo no per giunta incolti dalia moria, la quale moltine uccideva in ispecie ne’ campi da ultimo formati a

breve spazio dalla via Appia, di guisa che i superstiti,

pochi senza contraddizione, vtderri costretti a rifuggire

158 GUERRE GOTTICHE

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giugnerlo con sollecita navigazione e con tutte te truppe

loro in Ostia, forte de’ Romani. Onerate le carra di.

mollo frumento fecéne empire anche le navi colP ag

giunta di vino e d’ ogni alt ro bisogno : divisava altresì rinvenire Martino e Traiano presso a Tarracina per

quindi continuare unitamente ad essi il cammino , maavvicinatosi a quella città riseppene la partenza, richia

mati poco prima a Roma.

II. Belisario fatto consapevole che le truppe di Gio

vanni procedevano, temendo non i barbari in moltissimo numero accQrsi riuscissero con una battaglia a met

terle in pezzi; escogitò un tale stratagemma. Sul prin

cipio di questa guerra, in Conformità al detto nel pre

cedente libro, avea chiuso con muro di pietre la portaFlaminia, fuor della quale accampava (il Gotto , accioc

ché da quivi costui non potesse di leggieri introdursi,0 tramare insidie alla città. Fatto adunque di notte

abbatte r# col massimo silenzio quel riparo addossato

alla porta mettevi in ordinanza il più delP esercito, ed

ai primi albori ordina a Traiano e Diogene una sortila

dalla porla Pinciana con mille cavalieri per assalirnegli steccati co’ dardi, ed ove scagliassersi lor cdutro;

1 barbari, e’ Riparerebbero di galoppo, messa in noncaltv ogni vergognò, alle mura : diìspone quindi altra

soldatesca entro la porta. 1 cavalieri adunque di T ra iano fannosi, in adempimento dell’ ordine avuto, a pro

vocare la nemica fazione, ma questa, accorsa da tuttigli steccati, in poc’ ora costrigneli a retrocedere. Quindi

assalitori ed assaliti volgon di carriera alla porta della

Pmocopio , tom. II, ù

LIBRO SECONDO 161

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città ; i primi sotto mentita apparenza e presunzione

di fuggitivi, i secondi nel convincimento d’ incalzare un

vinto. Ma Belisario non sì tosto ebbe veduto inoltrare

i persecutori apre la porta Flaminia, e dirige lor controinaspettatamente le truppe. Alla via qui locala sovra

stava uno de1gottici campi, e per giugnervi era uopa

superare uh1erta di precipitoso e ben malagevole ac*

cesso. Di più tale de1barbari, nerboru to di membra e

con lorica indosso, vedendo avvicinarsi i Romani fa loro

petto da solo, e chiama ad alta voce i compagni esortandoli ad occupare di subito quella stretta per difen

derla seco. Mundila nonostante, uccidendolo, rendenevani i divisamenti , ed impedisce che altri de1 Gotti'

prenda a resistere da quel luogo. Gli imperiali quindi'

senza opposizione marciandovi sotto riescono agli stec

cali vicini, ma tentatine indarno l’ assalto a motivodella forte posizion loro, avvegnaché non molto fosseil presidio lasciatovi alla difesa. E per verità oltre all* es

sere muniti di assai alta fossa, tutta la terra da que

sta cavata ed ammonticchia ta sopra -P interno margineinnalzatasi per guisa da fare le veci di m uto ; nè .ap

portava minore spavento quel mirarli cinti di acutissimi

e più che densi pali : da sì terribile propugnacolo a-

dunque guarentite le guardie accanitamente contrasta

vamo il possesso all’ assalitore. Aquilino ~allora, uno

dei pavesai del condottiero ed uomo fortissimo, tenendo

iu briglia il cavalla spicoovvi un salto nel mezzo, apportandovi qualche {norie.. Nondimeno circondato po

scia da que’ custodi, bersagliato dalle costoro frecce,'

e cadutogli per le ferite il destriero, ebbe pur 1’ animo

1 6 a GUERRE GOTTICHE

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n mali, anzi che procacciare nn termine alle comuni

n molestie. Andando pertanto così le bisogne dovranno

» i rettori d ’ ambe le genti anzi che fare, strazio, per

» acquistar gloria, delle vite de’ sudditi, mettere un» fine, col seguire quanto giustizia ed una scambievole

» utilità impongono, alle presenti sciagure. Conciossia-

» eh è 1’ amore della moderazione ben ha il mezzo di

« combinare ogni ardua e malagevol cosa, la soverchia

*9. cupidigia.di maggioranza al contrario mercè di quella

» svi connaturale malignità non sa mai compiere nulla* di buono. Laopde qui yeuiamo col proponimento di

* finire 1* guerra, ed a patti di reciproco vantaggio ; »  avvegnaché* per essi cediamo in parte i nostri diritti.

n Nò voS, o^ftomani, per certa qual orgogliosa bramosia

* di contenderla con noi V ostinate q preferire un ro-

* vinoso, parti to a quanto il proprio interesse iipperio-» samente v’inqulca. Del rimanente sembrami ora op

ti por tu no di commettere un continuato ragionamento* nel dispórre questi accordi., ma ove si opini fuor di

proposito qualche nostro detto chiederne subito la«^necessaria dichiarazione, e così ne avverrà ad o~

» funno di manifestare con brevità cd accoratezza 1’ a-

a n i r a o suo, e di condurre in dicevo! guisa a buon

», fi ne lefl ssunte funzioni. —• Sia pure così, rispondea

Belisario, per rispetto alla forma del colloquioma

» baciate bene che il parla r vostro s’ addica all’ a-

n mpr della pace ed alP equità. » Proseguono gli ora tori de’ Gotti : * Operaste iniquamente, o Romani, col

io l’ impugnare le armi contro di noi vostri amici e con-

» federali, ed a provarvelo ci contenteremo di ram-

LIBRO SECONDO i65

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99 mentar cose a voi tat ti note. I Gotti non vennero

» al possesso dell’Italia con ispogliarne di fona i Ro-

» mani. Ben sapete che nei tempi andati Odoacre,

» tolto di mezzo P imperatore, si pose alla testa dellar* repubblica mutata da lui in tirannia Al ebe Zenooe

n imperatóre delPOriente, bramoso in* sè stesso di ven-

» dicare F ingiuria dal ribelle fatta al suo collega e 99 di to rnare alla libertà questa regione , nè da solo po*-

9> tente di abba tte re 1’ usurpatore, persuase a Teude*

« rico signor nos tro, il quale faceva grandi appresta»« nienti per assediarlo entro la stessa Bizanzio, di seco

9» ra p a t i t i roar si mercè degli onori già da Itti ricevuti,» a*6rif$olO' in tra’ romani patrizi! ed i consolari, e di

9i pigliar le vendette dell’ ingiurioso procedere del tiran-

» no verso Augastolo, in premio di che poscia e’ si

» gòderebbe di ottimo diritto unitamente ai Gotti il9i possesso di queste provincie. A tali condizioni per-

9» tanto avuto il regno d ’ Italia ne conservammo gli

99 statuti e la forma del reggimento con zelo non infe-

99 riore a quello di chiunque degli antichi imperatori }

99 nè add ur potrebbero gli Italiani legge alcuna, vuoi» scritta, vuoi altrimenti, di Teuderico o di altro gottico

9> monarca. Dispónemmo eziandio per riguardo al culto

m divino ed alla credenza che i romani sudditi conser-99 vassero il tu tto nella sua integrità, nè v’ ha esem-

99 pio sino ad oggi d’ Italiano, il quale di proprio vo-

99 lere o per noi costret to abbia cangiato religione, nè» di Gotto sottoposto a gastigo comunque per essere pas-

» sato a quella fede. Tributammo in cambio onori som-

99 mi ai romani templi, nessuno avendo fatto unquemai

i6 6 GUERRE GOTTICHE

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» violenza a quanti vi riposero lor salvezza. Eglino99 finalmente esercitarono tutte le magistrature, nè eb-» bervi mai a compagno uom de’Gotti 5 e se havvi chi

n possa iucolpare il dir nostro di menzogna prendavi qui apertamente a confutarlo. Sotto i Gotti di più

 fi non srinterdisse giammai agli Italiani di ricevere ogni

 fi anno Sconsolato dall’ imperatore d’Oriehte. In onla

 fi di tu tto ciò voi che non sapeste liberare P Italia fi mentre ponevasi a ferro e fuoco da getati dispietate

99 sotto la condotta di Odoacre, il quale malmenollan non meno che per dtie lustri; voi, ripetiamo, cercate

 fi ora disturbarne i legittimi padroni. Uscitene adunque

a con ogni vostra suppellettile e con tutta la preda. — fi Voi prometteste, pigliò a dire Belisario, modestia e

n concisione nel ragionamento , ma siete stati prolissi,

n e quasi aggiugnerei vanagloriosi. Zenone Augusto in

 fi conto veruno commise a Teuderico di guerreggiare

n Odoàcre per lasciarlo quindi signore del regno d ’I-

» talia, colla quale determinazione che mai fatto avrebbe

 fi se non se-passare quelle provinole da uno ad altro

 fi tiranno? ma per renderle nuovamente libere e sudditen del suo angusto dominio. Il Gotto poi avuta propizia

* la sorte nell’ affidatagli impresa contro il ribell e,

» mostrassi quiudi più che mediocremente ingrato non

9 restituendo P Italia cui si competeva. Ora, per dirla

» come la sento, v’ ha P egual misura di scelleraggine

9 tanto nel rifiutarsi a restituire di buon grado al vicino» i possedimenti suoi, quanto nel rapirglieli di forza.

» Guardimi il Cielo del resto dal consegnare a chic-

» chessia le terre d ’ imperiale diritto^ che «e bramate

LIBRO SECONDO 1 6 7

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» al tra concessione, potete qui proporla, n Ed i bar

bari : « Viva Iddio che nessuno di voi osa accusare il

n parlar nostro di menzogna ! Del resto per non mo-

» strarci ora d’animo contenzioso vi cederemo la Sicilia, fi isola cotan to grande, ricca e senza cui sperereste

n indarno conservare franchi da ogni timore Africa. »

Belisario : « E noi concederemo ai Gott i 1’ intiera Bri-

n tannia di gran lunga maggiore della Sicilia, ed io

ti altri tempi ligia de’ Rom ani, essendo giusto 41 ri-

» cambiare co’ proprii benefìzi! o favori chi meritò» di noi. n I barbari : « Non v’ accontentereste tam~

39 poco al proporvi la Campania, ed anche la stessa

 fi Napoli ?  fi Belisario : « Ai lut to che no} addiverremmo fi colpevoli se disponessimo delle cose d’ Augusto senza

n ' il consentimento suo. » I barbari : « Ma neppure s%

 fi di per noi ci multassimo d’ un sacrosanto tributo da fi mandarsi ogni anno all9 impera tore ? » Belisario : « No

 fi certamente, limitandosi tutto il poter nostro a guar-

» dare i luoghi ricuperati pel legittimo loro padrone.»

I Gotti: « O r su, ti chiediamo almeno la facoltà di

 fi presentarci al tuo signore per combinare -seco la

n somma delle cose : ed in grazia di ciò è uopo stabi-

 fi lire un tempo, durante il quale rimangansi i due e*

n serbiti in perfetta tregua,  fi Belisario : « Ebbene siavi

» accordato ; nè porrò mai ostacolo alle vostre buone

 fi intenzioni risguawlanti la pace, v Di questo modo

ehbe (ine il colloquio, e gli oratori de1Gotti avviaronsiai campi loro. Nei giorni appresso da ambe le parti fuun continuo andivieui. per {stabilire la t r e g u a , ed alla

vicendevole consegna di cospicui personaggi in istaticorisolverono di apporvi i nomi loro.

i6 8 GUERRE GOTTICHE

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di tregua convalidata dalla promessa del condottiero.

Laonde quanti erano a dimora nella città di Porto

veduta la bene ordinata navigazione de1Romani stavansi

inoperosi lunge dal farvi cootro, ed attoniti per co tanto ardire. Dopo che i marini a furia di simiglianti

trasporti ebbero deposto in Roma tut to il carico dell^

«avi a loro buon grado, volgendo Panno di già al ver»nile solstizio, prestamente fecersi indietro colle navi$

ed il resto della truppa entrò in Roma, ad eccezione

di Paolo, rimaso cou una schiera d ’ Isauri a presidiareOstia.

II. Fu rono poscia da ambe le parti consegnati gli

statichi : dai Romani Zenone, dai Gotti Ulia uomo non

ignobile, patteggiando insieme di cessare per tre mesi

ogni maniera di offesa ; intanto riverrebbero gli amba-

sciadori da fiizanzio colle imperiali determinazioni :che se una delle parti in questo iutervallo osasse pro

vocare P altra con oltraggi, non si dovesse per ciò im

pedire agli inviati di restituirsi presso la gente loro :

così gli oratori de9Gotti accompagnati da romana scorta

pigliarono la via di Bizanzio. Dopo di che il genero diAntonina, lldigero, capitò dalP Africa conducendo gran

novero di cavalieri, ed i Gotti di presidio nel castello

di Por to brulli di annona, tant ’ era la romana severità

nehP impedire al nemico di ritrarre dal mare il più lieve

conforto di vittuaglia, ebbero da Vitige la permissione

di abbandonarlo per tornare ne’ proprii campi, ed allacostoro andata entrovvi Paolo cogli Ispuri a stanza

in Ostia. Nè per altra cagione, vo’ dire la diflalta de’

cibi, i barbari sotto que’ dì levaronsi da Centumcellc

LIBRO SECONDO 171

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esse in tutto e per tutto a Giovanni, il quale dovea ri

manersi tranquillo sino a tanto che vedesse il nemico

fedele agli accordi; ove poi questo rompesse la data

fede e’ trascorrerebbe alP improvviso e di fretta contutte le truppe V agro Piceno, senza posa recando-

visi in ogni luogo, e prevenendo colla sua velocità la

fama stessa ; nè v1 incontrerebbe grande opposizionenon avendovi colà quasi più ucfrnini, condotti nel mas

simo lor numero alla volta di Roma dalla guerra : do

vunque poi e’ s’ avvenisse a nemica prole, femmine cdanaro, metterebbe a sacco il tutto portando nella cittàprigioniere le donne ed i fanciulli, ma ben si guarderà

dal recare il menomo danno ai Romani privi di stanza.

Inoltre ove desse in luogo custodito da militare presidio^

rafforzato perciò dall7arte e dalla mano, imprenda

ne con ogni suo mezzo la espugnazione, ed impos

sessatosene • vie meglio proceda; che se la difficoltà

delP impresa non v* acconsentisse , rit irerà ssi o farà

ivi dimora, non dimenticando sovrastare gravissimo pe~

ricolo a chiunque passa innanzi, come le più fiate ac

cade, trascurando le non vinte munizioni da te rgo :attenderebbe quindi a difendere, sé dai Gotti persegtri-

tato, ed a conservare intero il bottino da partirsi in

buona fede con tutto P esercito, e ridendo aggiugnea :

« Imperciocché non vuole giustizia che mentre gli tini

r> affaticano pel disperdere le pecchie, gli altri colle

» mani alla cintola godano il ricolto miele. » Dopoquesti comandamenti fe’ partire Giovanni e Ite truppe.

IH. Di que9 tempi Dazio vescovo di Milano ed al

cuni ragguardevolissimi cittadini venuti a Roma cbie-

LIBRO SECONDO i 73

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I 7 i g u e r r e g o t t i c h e

devano a Belisario un piccolo aiuto di truppe, dichia

randosi, ottenendole, in forze sufficienti per togliere di

leggieri ai Gotti e resti tuire alP imperatore non pur

Milano, ma con essa tutta la Liguria, nella quale ergesila mentovata città posta quasi di mezzo tra Ravenna e

le Alpi a fronte della Gallia ; cosicché da quinci e da

quindi potrai giugnere a lei con otto giornate di spe

dito cammino. Milano è al disotto di Roma per gran dezza, popolazione e ricchezze, ma primeggia sopra

ogni altra città delPOccidente. 11 dace promise di render paghi lor voti, e passò in Roma il verno.

C A P O V i l i .

Uccisione di Conslantino assalitore colla spada in pugno di 

 Belisario dopo un costui precetto di restituire V iniqua-mente tolto.

1. Tal i eran le cose ; ma la fortuna, invidiosa de’Romani al mirarne i più che felici progressi, ordiva

lor contro sciagure, e venuta in desiderio di mescolare

un che di sibistro colle tante prosperità loro, macchi

nava discordie per frivolezze tra* Belisario e Conslantino,

delle quali ora mi farò a narrare da imo a sommo laistoria. Un Romano di nome Presidio e di non abbietto

sangue, nella sua dimora in Ravenna era guardato con

occhio bieco dai Gotti alP epoca delP appres tamento

delle armi eon tro Roma ; il perchè egli sotto pretesto<T una gita alla caccia e senza comunicare con uomo

del moudo il suo divisamente campava di là 400 por

tando seco de9 sjQoi preziosi arredi che due pugnali con

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abbandonolle che riportata dal condottiero parola di tor

nare al possesso delle sue armi. La dimane pertanto il

generale convocati in una camera del palazzo Constan-

tino e molti altri duci e riepilogato P occorsogli uel dìantecedente esor ta il reo alla restituzione de’ pugnali.

Costui rifiutandovisi manifestò il suo animo di volerli

piuttosto le mille volte gittare nel Tevere, che restituire

cui si spettavano. Alla quale risposta Belisario tu tt a

collera lo addomanda s’ e1 non riconoscasi a lui sug-

getto ; e quegli prometteva in ogni altra cosa ciecaobbedienza, giacché era così piaciuto all1 imperatore ;

ma non piegherebbesi mai più a quel comandamento.

Alle quali proteste ordinato da Belisario che s’ intro

ducessero le sue guardie, Constantino dijrizzógli le se

guenti parole : « Ebbene mi vuoi morto daltemaui loro?

» — Mi guardi Iddio, il duce, ma eh9 e9 costringano» Massenziolo tuo pavesaio, il quale dà te comandato

n carpì que’ pugnali, a ri tornare a Presìdio il toltogli

x mal suo grado. » Nondimeno il colpevole fittosi in

capo che attendevalo pronta morte, pensò segnalarsi con:qualche grande impresa prima che si desse principio

a1 suoi patimenti } nudata pertanto la piccola spada chependevagli dal fianco vibrò d’ improviso un colpo sul

ventre di Belisario, il quale impauritosi rinculò, ed

abbracciato Bessa, al suo fianco, sen parte. Vuole seguirlo Conslantino ancora tutto ribollente d’ ira, quando

Valentino e Ildigero, spettatori del fatto, presolo per.la des tra T uno e per la manca 1’ altro, il ratteDgeno'

seco. Entra te in questa le lance giusta P ordine avuto,

dal condottiero, levano di forza dalla mano delP assalir

1 7 6 g u e r r e g o t t i c h e

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di là. I bàrbari intanto pel sotterraneo sentiero pcrve*

noti nel mezzo dell1abitato/dove appunto riscontrava!!

ceri9antica uscita vicino alto storto palazzo, diedero in

un artefatto ostacolo, di guisa che non v9era modonè di proceder oltre, nè di salir suso; e questo prov

vedimento con saggio consiglio fu ordinato da Be

lisario al principiar dell9assedio, come io scrivea nel-

r antecedente libro» Queglino adunque cavatavi mia

pietra stabiliscono di retrocedere, e torna ti da Vitige

gliela mostrano coll9esatta riferta del luogo ov9essagiacea ; e il re consulta coi principali de9Gotti intorno

alle ordite insidie. Il dì vegnènte paduto di nuovo il

discorso tra le guardie della porta Pinciana sul sospetto

del lupo e giuntane la voce alP orecchio del condottiero,

questi vi ferma la sua attenzione, e tosto comanda che

i più coraggiosi guerrieri dell9 esercito con Diogene sua

lancia interninsi nell9acquidotto per eseguirvi pronta

mente diligentissime ricerche. In effetto costoro tratto

tratto rincontrano per quella sotterranea via le gocciolature delle lucerne, le smoccolature deWe fiaccole ne

miche, e fin anche il luogo donde i Gotti aveano sveltala pietra; dopo di che fannosi indietro. Il duce, com9ebbe

udito la riferta, guernì l9acquidoso di valenti guérrieri,

ma gli altri, avutone qualche indizio, rrtrasSersi dalla

sventata impresa.

II. I barbari quindi risolverono di assalire ap er ta

mente le mura , e scelta P ora del pranzo dirigonsiverso la porta Pincianà all9imprevista degli assediati,

e muniti di scale e fuoco, tutti ricolmi di speranza che

piglierebbono al primo attacco la cit tà, non avendovi

i 7* GUERRE GOTTICHE

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da quella banda fòrte difesa. Ma Ildigero quivi di guardia

co9suoi (toccandò per turno quella fazione ad ognuno

dèi dùci ) non appena ebbeli veduti inoltrare disordi»

natàtnehte, vaporo incontro e' li combatte così appuntocòm’ erano aHa rinfusa in marcia, aè dura fatica a sbaragliarli e farne strage. Da ci-ó nacquero, nè è raro il

caso, grida e («multi entro le mura, al che i Romani

accorsero da ogni parte a ribut tarne gli assalitori, edi vinti non gttari dopo colle trombe nel<sacco retroce

dettero ai loro campi. Vitige appigliossi ancora una voltaalla frode per dare il guasto a Romar essendone fa

cilissima da quivi 1’ espugnazione in causa della Vuoila

sua vicinanza alle ripe del Tevere. Concios&iacliè gliantichi Romani , fidatisi nell* ostacolo intramesso dal

fiume, aveanvi fabbricato con tanta negligenza le mu

ra, che bassissime le Vedevi è del tutto sguernite di

torri. E tanto più nutrivano lusinga d’ impossessarsene

con ogni agevolezza, in quanto che guardate da scarso

numero di gente. Il re gotto adunque persuasissimodèlia impresa instigò con danaro due Romani domici

liati presso il tempio dell’ apostolo Pie tro a vigilaredopo il tramonto, portando un’otre piena di vino, i custodi là di stanza, ed a mescere loro con ogni mostra di

sincera amicizia; nè ancor paghi passino assiti insieme

lanette in beverie, versando nel bicchiere>ad ognuno

di essi ii sonnifero da lui avuto. In tanto dall’ opposta

riva egli tenera già in pronto i guscii per tragittarvi sópra , non appena le g na idre fossero vinte dal sonno,

turba di barbari forniti di scale e d ’ ogni altra òc-

cor renta per venire alla espug naton e delle mura. At-

tilBRO SECONDO 1 7 9

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telò eziandio 1’ esercito coila mente di v^lers^ne; poscia

ad occupare V intiera città.' Ora volendo ilNume che

i Romàni andassero liberi da tanto sinistro fa’ s i c b e

P uno degli imbecherati da Vitige col dabaro a d ^ p i a nargli la via al tradimento corresse di per sò ad appa-

lesare la trama a Belisario, senza p*rdòna*la neppure

al compagno, il quale messo alla tortura disvelò quantoda lui attendevasi, ed insieme trasse fuori il narcotico

avuto dal re. In pena del tradimento il duce fattogli

mozzare il naso e le orecchie e /postolo su d’un asinomando Ilo al campo nemico; dove giùnto i Gotti bea

compresero che Iddio opponevasi ai loro .disegni, e che

vano riuscirebbe mai sempre ogni conato per impadronirsi di Roma.

C A P O X.

Giovanni, messo a ferro e fuoco il Piceno, occupa Arimino. — Riceve un messaggiere da Maia sunta consorte di Vitige. Sconfitta de9Gotti nell9abbandonare V assedio di Roma.

I. T ra questo mezzo Belisario comandò, scrivendqa Giovanni di eseguire gli órdini avuti.; e questi pigliati

seco duemila cavalieri, scorrazzando per lo largo e lo

luogo il Piceno cominciò a predare dovunque avvini-

vasi, ed a condurre in ischiavitù la prole e le ipogli

de’ nemici. Fat toglisi di più ipnanzi Ujiteo 210 di Vi

tige (1) alla testa d’ un gottico esercito, lo vince ed uccide, sterminandone pressoché tutta la soldatesca: dopo

i So GUERRE GOTTICHE

(1) Da parte di medret Egio.

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non la cedeva ad alcuu barbaro, vuoi pur «oleato, nella

continua tolleranza della fatica e d’ una frugalissimamensa : tale era Giovanni. Matasunta, volgendo a lei

il discorso, moglie di Vitige, grandemente avversa almarito e addivenutagli mal suo grado consorJLe, non sì

tosto riseppe 1’ arrivo di Giovanni in Ari mi no che, tri

pudiarne per la contentezza, ioviogli occultamente un

messo incaricato di combinare le noaze tra loro, tan

tosto libererebbesi, per tradigione, del vivente marito.

II. Duravano tuttavia queste occulte mene dellaregina col duce, quando i Gotti udito il caso di Artmioo,

soffereudo gravissima diffalta di vittuaglia e prossimi

alla fine dell’armistizio trimestrale, partironsi avvegnaché

di nulla sapevoli in torno agli spediti oratori. L»’ anno

volge a di già al vernile equinozio, consumatosi tatto,uditamente ad altri nove giorni (i), nell’ assedio, allor

ché i barbari abbruciate per intiero le proprie trincee

batterono coi primi albori la ritirata. I Romani vedu

tane la fuga tenevansi tra due sul par tito da preudere

in quell’ emergente, avendo qua e là spedito, il maggior

novero de9cavalieri, come testé riferiva } nè credevansidi forze eguali alle copiosissime truppe nemiche. Beli

sario non di meno £»’ armare sue genti, pedoni e cavalieri, ed allorché olire la metà de’ Gotti ebbe va

licato il ponte, uscì.della porta Pinciana coll’ esèrcito,

dove si venne alle prese colla medesima ostinazione,

che segnalato avea tutte le precedenti battaglie. E perverità al cominciar della pugna i barbari difendendosi

i « 2 GUEftRE GOTTICHE

(i) Il Cousin legge un anno, nove mesi ed alcuni giorni.

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LIBRO SECOLO j 85

coraggiosamente ebbero «d arrecarono altrui non poca

strage. Imperciocché volendo ciascheduno essere il pri

mo a valicare il ponte, affollatisi in angustissimo spazio

v’ incontrarono le più disastrose sciagure, avendo mortedalle armi proprie e da qoelle della contraria fazione,

senza ridire i molti che dal ponte cadevano giù nel Te

vere } il resto precipitosamente raggiunse coloro che

di g iàe ran passati. In questa battaglia Lo agi no isauro

e Mundila, asiati di Belisario, coprirousi di gloria, é

1’ ultimo potè cavarsela sano e salvo ucciso eh’ ebbequatt ro de’ barbar i in singoiar tenzone } ma I’ altro, al

cui valore soprattutto è uopo ascrivere la fuga de’ Gotti,vi giuntò la vita, lasciando grandissimo desiderio di sè

alle armi romane.

C A P O XI .

Vitige presidia molti luoghi. Provvedimenti di Belisario in Ari mino, —  I l fortilizio Pietra espugnato dagli imperiali, Inob-hedienià di Giovanni ad un comandamento del suprtnio duce,

L Vitige ricalcando co7rimasugli dell’ esercito la viadi Ravenna muqt di presidio tutti i luoghi idonei, po-

peodo in Clusio(i), citlà dei Toscani, il duce Gibim^re

con mille armati, ed altrettanti in Urhivenlo (2) sotto

gli ordini di Albila, uom de’Gotti. In Tudera (3) fe’ ri*

(1) Chiosi, sede una volta del re Porsena.(a) Urbino, capitale del «falcato dello stesso nome.(3) Todi, nell' Umbria.

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manere Uligishlo con qua ttrocen to militi, e nell7 agro

de’ Piceni guardossi dal rimovere i quattrocento ivi»di

stanza a guetaigione del castello Pietra. Iu Austtmo,

città superiore ad ogni altra di quella regione, col*locò quattro mila Gotti, fior dell9esercito, cui presiedeva

Utsandro valentissimo dùce} ed in Urbino duemila eoa

Murra* Hannovi di più due castelli, Cesena e Montefe?

retro , ed in ciaschedMO di essi lasciò cinquecento mi

tili per lo meno; dopo di ebe ritto sen corse alla volta

di Arimino col proposito di assediarla. Ma Belisario nonappena veduto il nemico abbandonare i contorni di

Roma avea spedito' lldigero e -Martino cop mille in arr

esone per altra via a fine di prevenirne a marce for*

zate 1’ arrivo in quella città, e di costrignere Giovanni

colle sue genti a tosto sloggiarne; affiderebbero po

scia la difesa di Arimino a molti valenti militi cavati dal

castellò nomato Ancona^ solo due giornate da ivi lon

tano, posto sul Ionico seno, e del quale erasi poco

prima impadronito mandandpvi Couone alla testa di non

poca isaurica e tracica soldatesca. Di questa gui^a ope

rando sperava che le superbe schiere de’Gotti al rimirare Arimino presidiato da soli duci e fanti d’ uba non

grande riputazione, mai più sarebbonsi abbassati a cin

gerla d’ assedio e, messala per dispregio in non cale,diritto e senza indugiamenti trarrebbero a Ravenna,

ove, se pigliassero a tenerne i passi, ben sapea avervi

annona da alimentare lungo tempo i fanti, e poterei due mila cavalieri colle altre truppe seprrazzando

al di fuori essere di grave molestia al nemico, e più di

leggieri costringerlo a levarsi di là. Con tale divisamento

i84 GUERRE GOTTICHE

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egli copaàndatà ìe prefate cose a Itdigero e Martino, i

qaali cavàldavado prestamente'la ViaFlathinia làsciàrido

per luogo trattò indietro il nemico. Imperciòccbè questo,

oltrd ritardato1 dalP immenso numero, dovea fareptà* tango camminò taoftf* a cagionò" dèlta carestia divittoàglia; qùantò per evitare^ i luòghi munitr della Vrà

Flaminia, sapendo inniano de’Rofnani, còme scrivasi,

Ntfrrii^Spòléto é Perugia.

llì;ke‘*òttidhe truppe astalfaròtoo frartsiforiam^nté il

fcaàtèHo dv Petra. Qufesto fòrtiFizitf è ’opèfa della naturà ,ifondfclPttrtV} ! ’1értissima strada ch’fe vi cohduce h à l è

aòqtìè' fl11destra d ’ un fiume cotanto ràpido quan to <i

uèpò àd iriipedtfne comunque il valicamento; Da smi*

si ta *g)f vedi sovrastare una nipe sfcbs'cesaed elévatà

per dtodò* tilìe avvi gente alla1sòttfttfità «uà iti riihi*randola dabbasso non sembra’eccedere la taglia de’ pic

colissimi àugelletti. In altri tètópi procedendo non tì ài appréstontaVà alctin p'assò, da che 1’ estremità dfella tupe

aggmgneval* alveo del fiume, dove pervenut i non v* era

mezzod’inoltrate. Laonde i nostri antenati pértugia-

tala costruironvi un usciuolo, e chiusa la massima pàWedell’ altro accesso n’ ebbero, serbando la sola nuova

apertura, un naturale fortilizio, che nomarono con adatto

vocabòfò Piètra. Dà principio adunque Martino e lidi-

gèrò assalendo 1’ altra porta nulla ot tennero col foltis

simo saettamento loro, sebbene il barbarico pj\e$jdio

non v’ opponesse la minor resistenza. Di poi inerpicati sullo scosceso tergo della rupe cominciarono a lan

ciar pietre cotitro de’Gotti, i quali trepidanti ripara

rono ne’luoghi coperti, e ritnaneanvi inoperosiVAIIorai

tlBRO SECONDO iS5

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Romani, vedendo aflsalto Ululile il giltar delle pietre, divi taro oo coll’ uaito sforzo di molle braccia rotolare sopra le sottoposte case massi d’ enorme volume; questi

per poco che colpissero alcuna parte dell9edificio v’ arrecavano grande scossa con ti cuore gravissimo delle barbare genti rinchiusevi, mercè di che esse teudendo lorpalme a que’ del|a porta s’ arrenderono insiem col ca«stello al nemico, avuta la giurata promessa di an d ar n e  

salvi de)|a vita passando agli slipendj romani sotto di

Belisario. Ildigero e Martino pigliaroune molti seco percondurli laddove erap diretti colle truppe loro, mesqo-lapdoveli senzA distinzione alcuna; ed il resto unitamentealle donne ed alla prole rimasero in custodia dellaromana guernigione. Proceduti quindi sino ad Anconae levatavi gran parte de1fanti ivi di, stanza giungono colterzo giotno ad A rimino, e vi comunicano le intenzionidel supremo duce. Se non che Giovanni rifiutóasi di seguirli, e volle pur anche ritener seco Damiano con qu^t-trpcenlo armati; posi quelli, depostavi la pedooaglia, nepartjpqqo prontamente in compagnia delle lance e de’

pavesai di Belisario. rC A P O X I I .

 Arimino assediata dai Gotti. — Generoso provvedimento e ser-mone di Giovanni. —  I l presidio spedito da Belisario ai  Milanesi apporta a Genova, combatte al Ticino dov* è spento Fidelio prejeIto dell* annona. — Teudeberto re def  Franchi manda aiuti ai Gotti. Questi assediano Milano.

I. Npn guari tempo dopp Vitige con. tutto P esercitoapprossimatosi ad Armino ed alzatevi le, trincee Io asse-

1*6 GUERRE, GOTTICHE

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dio’r oò$lruita quindi in fretta una torre di legno più «Itad im en ìi cìo» quattro mólte al disotto feoela condurre 1acUdove 'il tauro s’apprefentafa più agevola da «spugnare;

èd; acciocché» j <suoi non venissero incolti da sciagura simile^a quelia provati nel romàno assedio non fece uso neltrasportarla di buoi aggiogati, ma uomini ascosivi nel-1*iqAérao con le mani loro davanle moto. Aveavi di piùentrai una larghissima scala per cui a tutto bell1agio sa-lire; làoodestav ansi tutti pieni di fiducia che raccostare

la tórre allei mora e l’ impossessarti de’merli, arrivandoa q tw itila iom »kà delia macchina, senza una fatica al

mofidoy sarebbe licosa stessa. Proceduti eoa tale arti-fizior il comparir delle tenebre persuaseli di abbando-nare ler/metnbra al riposo, « tutti vi aderirono, dopoaver mevatriguardie alle torre, nella ferma persuasioneche u«^ ottimo successo coronerebbe la meditata impresa!, itapercioecbè nessun ostacolo, salvo lina piccolis-simaiaesa^ «®avifrapposto.

J L I 1 pensiero della futura strage col nuovo di tenueagitatissimi i Romani io quellanotte, ma Giovanniintre*

pido e supejrioFè a d ‘Ogni pericolo escogitò simigliante co-sa;rOrdinato al presidio di starsene entro le mura, egli conglMsaurk, forniti di .aappee di altri opportuni stro tri enti,all’ iinpensata delP universale tra le più dense tenebreuscito della, città comanda a’ suoidi profondare silenziosila iotssa.; epiesti obbediscono, « quanta terra scavano

tanta accumulatone sul margine dijei prossimo al muro,formaddòvi quasimente una seoonda parete. Così, tenendosi bene «ascosi al nemico tutto immerso nel sonno, ri*ducono i n ‘brev ora lò* scavamento di regolare altezza

LIBRO SECONDO 187

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e lùrgiì|ezza; ia ispecic3 laddove agevole essendo 4*'espugnazione del raUraìi (barba ribellai to rte avrebboèvindattol’ as&alto. Avanzatasi vieppiù U ia c t te i nemÌQÌ fatti>«<f»

corti'dell’ operato.scagliaosiicontros aiaappalori^i qualipresto riparia© adirala oillà avendo ottimaihent&eonirpiuto l’ intrapresa Ja%»ono.<tAUQ spuntare del giornq ¥*>tigp rimirata l’opera ) da’ Romani.,,’d ando<pel.dispiacere i*eJle fa riempilo i>di morte alcuni; oustodi,  m fermonel-pensiero di condurrò * termine sua gestaiwrdibò-aiGotti di.<gitlare all’ istante-uell a fossa molti fasoi dii le*gne poti quindi trascinarvi sopra la 'Itomi Esegttiseonsii fedii conquidi:eòa>agài diligeoza avvegéacbè la)ig»er*nigiooe dal muro, vi si apponesse fortemente^ Im a lacatasta.) del le lagne aggravata dal ; pesa della 3sóvrap*

posta rBole, co in? era il caso, affondò. (Allora <i barbai!! giudicando insuperabile ostacolo quellotdi spignoroinnanzi V artifizio .loroypoiché era molto crescavi a Vertaladdove i Romani, giusta il defctoy aveano accumulato^Iaterra, e temendo non il nemico tra le tenebre 'della! prossima'notte con una sortita appiccassevi faoco, la t«wci-

narono iadietro* Ma Giovanni risolato di opporvisi eootutte le forzes arma i soldati, e raccoltali a parlamentocosi faMella ;. ^Mqssi a tale repentaglio, o miei commi* n liloui, sa v’ ha ira voi cui sia caro il vivere ed il rive-* dere finalmente i suoi iu patria, e' sappia innanzi» tutto in nuli’ altro essere riposta là speranza di questi

due beni che^nelle proprie sue mani; Egli <è vero ché» da principio.quapdD fummo qui : speditida; Belisario,» l’amore e il desiderio» di molte cose1ne indueevano n ad accingerci .di! buon grado all’impresa. Gonciossia-

i8S GOWR& ftaTTiCHE

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»chènon pensqyamodisoggiaceread assedj sopra unw liìtorale *dominandone i Rofrtaw H agemini ente il» mare; nò uowsapebbesi pqtntopem*ffdfei^ che fos-

» sinjo per vemre ìn 'cote in todi^ rezzto^fe ‘ rmpfcri#Wfewippc. Di più eraci «titook) ad imprenderti Ufftrttoralode di un o t t i mo vitate a pro (del là r^pùbblicìt, e*tace lebr i tà de l la fama ehe di ipoT'sndtfefelte ' 'ovUàque

d o p o i c omba t t i me n t i . ; Ora^^pptfsitam^ntc, eofetriettfc

d i c o r r e r e que s t o aringo a 6nè dr’cansare la 4Wort^

indarno spere remmo- ' io t fVlve t fè r&al t fdaf tdò v l t r l la ' tKHs t i a fo r te z z a. C o n t u t t a eiÒ non riscuoterà minorgloria di quals ivogl ia ialtro ^chi dì voi nutre'valore, secon prec la re az ioni s’ accinga1 a farne' mostra* ’Ceiyt i s s i mo e s s e ndo c be pan i vincrtofj de^più* dfebòli^’M-por t a no g l o r i a e rinomanza, nia quflfttfi* per grandez-iza d* arii mo es co n o vittoriosi d^UH' ne m i c o superiore

m i l i t a r i a p p r e s t a m e n t i ; F r a quelli ctii pià s l » a

c u o r e V a m o r d e l l a vita ri portel a nn a' arma nido si #rc o ra gg i o g ra nd i s s i mo profitto. E di' vero ohi- ha i»s omma de l l e c os e pericolante al hiaggror;segno, epe^

se rv i rmi del co mm i detto, sollapunta dei» ooltellov<pial il : a s o no s t ro , costui le piti: volte- 1i'inviefce:sa lvezza ne l d i spregia re i perigii(i). » ‘Tèrinfitoafcjr* dò*!1

T e sor t az ione Giovann i cohdwee fa truppe contro; ai bar*1ba r i , l a sc iando poc ; arte aita .custodia; dei1meVli quindi1si viene ad os t i na l is s i m dJp<igi»ay‘ttl i'Gotti ' fanrio^ da

principio>vigorosa remstènza; ma alla fine sniP annottare'ritraggono la torre ney lóro* accatnpametttiv Idopon c*^

LIBROSECONDO ■> i%g

(i) Una salus nùseris tulliani sperare salule/n*

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tanta perdita di ben prodi guerrieri quaotp voltartenea persuadevi di pon più tentare V espugnazione delleinttfaé 4i: rimanerseue pel Umore inoperosi, restando

lòr0 4M*ica«e/ite la viva fiducia che la fame ; avrebbeeoattàtto i) eteflHCO ad arrendersi!, consapevèli^iMtiìgià. difettava moltissimo di vittuaglia.

IIMNou alt^imenli procedevano quell 4 bisogne quando Beli*arjo,.spedì mille armati, parte 1 sauri eparte dellaTracia^ cògli ambasciatori venuti .da ftt&pne^duoe dei

prisii era Enne, degli altri Paolo, liundila poi scortatoda pochi pavesai di Belisario comandava a tutti, edavea séco Fidelio prefetto, del Pretorio^ iarperoccbèquesti, originario idi Milano ed autorevolissimo presso iL*jguhi? sembravi poter, molto giovare lacoompngiuuidoL\eser#fyo.'Partitisi colie navi; dal porto, romana affyrF-m'QQO B Genova, ultima città della Tuscia edacòoocis-siima* stazjooe pe’ naviganti alla, volta :de’ «Gallìie degliJipaiii. Lasciate qui le navi proseguono pedestri il cammina, conduceodo sopra carra i loro palischelmj per togliere ogoi indugio al valieamento d*1 6 umePoTe cosi

ne todoano le opposte sponcjU* Passato il fibme e giuntia brevissimointervallo da Ticino (i) città furono sfidati >a brattagli Adai GotM veeuti. pieni d iooraggtoedinmolto numero ad incontrarli. Couciossiachò Aulii i bar-*b&ri,abitatori di quella regione aveano quivi trasportato,come luogo munitistiotio, tragrandi ricche&ze e messovi

fotte?ptesidio. Fatta giornata^* Romani vincitori pagio-%narono molta strage,al nemico iaggento, e per poco non

i9o GUERRE GOTTICHE

(u Pavia.

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s’introdussero a «a colpo nellaciuà, lasciandogli appena, tanta era la foga dell’ io seguire, il tempo flf chiuderele porte.. Al ritirarsi de-bftrbari Fi delio, andato in un

tenpio adorare^ si; rimaneva indietro; laonde iutMHpreso poscia a correre di tutta carriera, \\ cavallo h»*jginocchia toglisi preci pitòsamerite lo bàlz&giù d’arcione^Alla qual vista i Gotti, caduto essendo vicino alle mora,usciti della città gli diedero morte all’ insaputa affattodegli imperiali; ma verniti norigòari dopo in cognizione

essi e Mandila della triste fine di lui, ne piansero amaramente, e di là giuDti, a Milano rendonsene padronicon tutta la Liguria uon trovandovi resistenza di sorta.

IV. Vitige, uditone, vi spedisce un grande esercitosotto gli ordini di Uraia,figlro dist>a sor eli ai avendo ottenuto di ‘qoe* tempi dieci mila atisiliarjda Teudetìerto r«deifFrancbi, gente franca non già, rèa burgtpnzia (i), nonvolendo costui almeno apparentemente mostrarsi ingiurioso verso di Augusto, e però i prefati aiuti fingervano marciare anzi di propria volontà «d elezione: otreindottivi da rcele comando* A Gotti aduhqee pigliatili ,io

lor compagnia all’ imprevista de’ Romani arrivano a Mi-;la no, e formate le trincee ciògonoe d’ assedio le mura;'laonde §1 presidioy mancatogli 'affatto il tempo di pijovve-*dere a sua vitay cominciò subito a patirà d’annona. Ntf:eranvi tampoco sufficientimiliti alla custodia, avendoil 'ducè Mundilà occupato le forti città virine , quali

Bergamo, Como, Novari (2.) ^ou altri castelli, ‘e collo-

LIBRO SECONDO »9 i

(t) Borgognoni.*(a) Notar*.

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iga GUERRE ?GOTlJlCJHE

eatevi udoierose guarnigioni, di ipatitera che egli stanziava tà Milano con Ebbio e Paolo è eoo treceutojguerrieri al semino; èd i cittadini stessi per turno a*

veano r incarico di vegliare alla» propria difesa; latapftssavàoo le cose nella Liguria. Tenninà il verno econ esso Tanno terso di questa guarda, che Prbcopiaserivea.

C A P O X I I I .

 Belisario occupa Tudera e Clusio. — Posizione di Ancona.  Imprudenza di Conone. Strage degli imperiali. — Venula in  Italia delf eunuco Narsete.

I. Verso l’estivo solstizio Belisario marciò contro Vi~tvge e P esercito de’ Gotti conducendo 3eco lotte letruppe, delle poche all’infuori cui Tenne affidata la ciisto-*dia di Roma. Ora spedite innanzi a Tudera e Cliuio alcune coorti, ohe avrebbe egli stesso di pOi raggiunte per:assediarvi unitamente i barbari, ordinava ioro di costruire intanto gli steccati. Se non che quelli, avutane

la notizia, gli inviaffouo prima di por mano alla tromba edrt alle armi ambasciadotr di pace colla promessadi arrendere sè stessi, purché avessero salva lor vita,insieme colle due città; ed al primo comparir di luitennero la data parola, l i romano dàce peri ta to fe? comando a tatti i Gotti ivi a stanza di trasferirsi in Nappli

e nella Sicilia, e presidiato Tudera e Clusio procedecolle sue truppe. In questo mezzo Vitige impose all’ altro esercito diretto ad Aussimo e capitanato da Uacjiimodi unirsi ai Gotti colà guernigione, per quindi piuo-

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vere tutti ad una cóntro il ntemico dimorante in Anconaed assalirvi il castello.

II . Giace Ancona sn di rupe angolare e somiglian

tissima ad un piagato cubito, donde ebbe il nome (i);è distante non più di stadj ottanta da Aussimo città,della quale è porto. Le opere del suo castello, aneti’ esse erette sopra una rupe, hanno solidità e sicurezza, ma le fabbriche al di fuori, quantunque moltissime, non erano sino ab antico circondate da muro.

Conone comandante del presidio appena ricevuta lanotizia della venuta di Uacbimo, ned essere lontano,diede gran, pruova di sconsideratezza; imperciocché fittosi in capo fosse ben poco i l  procacciare la còn-sensazione, del cartello, di quegli abitatori e del presidio,lasciollo quasiché sppglio di tmppe, condottane la mas

sima parta alla' distanza di cinque stadj, e postala inordine di battaglia con uno schieramento non profondo ma largo per guisa da circondare tutto il piè delmonte, come sarebbe il, caso d’ una partita di cbcciacolla lungagnola, Costoro non appena Veduto il nemico

assai maggiore eli numero vollaron le spalle, e eoa precipitoso corso camparono entro la rocca. I barbari incalzano quanti erano tuttavia per istrada, e vanno qua elà uccidendoli; altri di essi appoggiate le scale allemura tentami e 1’ assalto ; havyi in fine chi appicca fuo*co alle case poste al di fuori. I Romani antichi abitatori

della città stupefatti alla veduta di sì orribili scene, a-perta sin da principio una porticella v’ accoglievano gli

LIBRO SECONDO i95

(1) Da *iyK0i, cubito, o piegatura del braccio.

Paocopto, tom. IL i 3

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avviliti soldati in fuga. Ma quando presentarono! aglisguardi loro i barbari alle calcagna de’fuggitivi chiuserodi botto V ingresso per tema non entrasservi alla rin*

fusa gli uni cogli altri; e calando funi dai merli tiraronoin salvo molti de’loro, e tra questi Conone. Vi mancòun nulla che i Gotti saliti per le scale non addivenissero armatamano padroni del forte ; e di vero sareb-bonvi riusciti, possessori già dei merli, se due valorosipersonaggi, operando prodigj in tale incontro, non fos

sero giunti a respignerli. L’ uno di essi, trace, avea nome Ulimo ; 1’ altro, massageta, Bulguda ; il primo eraguardia di Belisario, il secondo di Valeriano; entrambipoi erano stati tradotti, per non so qual ventura, sopranave in Ancona. Or dunqtle in questa lotta e9salvaronofuor d’ ogni speranza quelle muro, còlle rfpade ributtando i barbari che salivano, e quindi ritiràfonsi semivivi per le molte ferite di che erano coperti i loro cor*pi. A que’di Belisario ebbe la nno?a che Ifarsele conmolte truppe era in carnicino da Bizahzio, e stavasi allora presso i Piceotiui. Era costui1eunuco , prefetto del

tesoro imperiale, d’ animo assai crudelè e , contro lanatura de’ castrati, dotato d’ un sommo valore. Egliconduceva seco cinque mila armati divisi in turine Sottoaltri duci, in ispecie sotto Giustino' maestro de9militiper l9 Illirico , e sotto Narsete periarmeno, iu altritempi disertato ai Romani col fratello Arasio (i), il quale

in epoca da questa non molto lontana avea raggiuntoBelisario con fresche truppe. Allo stesso eransi uniti

ig i GtJERRE GOTTICHE

(i) V. Jib. I delle Guerre Persiane.

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gli EriiK, nel ramerò non maggiore .di due mila, aventi* condottici Vitando, Àluet e Fanoteo.

CAPO XIV.

 Antica dimora degli Ertili ; loro crudeltà vena gl* infermi ed  i vecchi Barbaro costume delle mogli ne* funerali dei mar  riti. —  Rodulfo re loro armasi contro ai Longobardi chiedenti ace , sfidali a battaglia e v9incontra morte y 

 per divina vendetta, colla massima parte de9suoi. —  Ri-tirata degli Eruli presso i Gepidi, quindi, imperante Ana-stasio, presso i Romani. — Sotto il principato di Giustiniano■ adorano Cristo ed abbandonano lor empie costumarne» Uccidono U proprio re.

I. Or^ 4 i>ò qual gente sieno gli JEr^li, e come ve*

Bisserò 4 strigner legaco’ Romani. Eglino tal fiata JUinoravano di là dal fiume I&t#o, veneratori di moltiNumi, che cercavano rendersi propixj con vittime urna*ne. Differivano assaissimo dagli altri popoli nelle usarneloro, estimando azione iniqua il prolungare la vita ai

vecchi ed agli infermi, di maniera che ove alcupo de’suoi aggiugnesse alla vecchiaia od a malattia, doveaegllstesso pregare i consanguinei che al più presto lo to~,gliessero dalnumero de’viventi. E quelli approntato altissimo rogo epostovelo sopra, inviavangli tale de’pa^*

sani, ma non parente, giudicando empietà il dare morti:

al proprio sangue, armato di stile e coll’ incarico di ipe^terlo a.morte. Ritornato 1’ uccisore di subito incendia-vano il rogo sottoponendovi fiaccole accese, ed allo spe*gnersi della fiamma venivan raccolte le ossa per seppel*

LIBRO SECONDO *$5

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lirle incontanente nella terra. ÀI trapassar* dei mariti lemogli doveano, iti pruova di virtù e per conseguire unasopravvivente gloria, par esse terminare ben presto di

laccio la mortale carriera sopra la tomba del consorte ^ e rifiutandovisi aveanne disdoro dai congiunti dilui. À simigliatiti leggi gli Eruli in epoca più remotostavansi sommessi.

II. In processo di tempo cresciuti di numero e diforze sopra tutti i vicini barbari ed assalendoli alla spic

ciolata riportavanne agevole vittoria e molto bottino.Istigati poscia dalla propria cupidigia ed arroganza ren-deronsi tributarj, contro la consuetudine de9 paesanidi quelle regioni, i Longobardi, già seguaci di Cristo,ed altre genti. Alla per fine venute ad Anastasio le redini del romano imperio, costoro non avendo più vicini da guerreggiare, deposte le armi, si rimasero rapace, è vi durarono tre anni ; se non che attediatioltre misura da tale inerzia dicevano sfacciatamenteogni male di Rodulfo loro monarca, e chiamavanlo,accennandogli , vile -ed effeminato col!’ aggiunta p%r

somma ignominia di altrettali improperj. Allora il récommosso da si gravi ingiurie divisò portare le armicontro degli innocentissimi Longobardi non richiamandosi di colpa vetuna, ma per solo capriccio ddl'animosuo. Questi risaputolo mandano chiedendogli supplichevoli il perchè e V inducesse a combatterli, bene infor

mati di quanto andasse ognora per le ménti e per lebocche degli Eruli intorno aHa divisata impresa. Cbés’ eglino dichiarinsi frodati in qualche parte de9tributi

promettono di subito ripararvi con grande usura ; se

196 GUERRE GOTTICHE

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Jagninsi dèlia soverchia scarsità di esse gravezze, sappiano che non arrecherebbe molestia ai Longobardi ilpattuirne altre maggióri. L’ Ertilo porto orecchio a tali

proposte in tuono minaccevole dà commiato allVatnba-sceria, e procede oltre. Nuovi orato ri, e con vie piùfervorose suppliche mandansi dalla stessa gente; madell’ egual maniera accommiatati , ecco arrivare unaterza^ deputazione, la quale apertamente dichiaragli nondoverti' senta offesa di «erta impugnare le armi con

tro di loro, ed a quanti osassero assalirii a torio resisterebbero non di propria elezione, ma costretti dagravissima necessità chiamandone testimonio il Nume,ad ttn coi cenno il menomo vapore basterebbe perchè: invanissero! tutte le umane forze. Volersi poi ritenere che «qaesti, giustissimo, commosso dai motivi della

guerra/aggiudicherà da padrone intra* due litiganti lasorte di essa ; così gl’ inviati ^ colle quali pa

role opinavano d’ incutere temenza negli assalitori. GiiEan^U >n iscapibio conservando gli animi loro affatto imperterriti durano vie più fermi nel concepito divisa-

meato. Schieratisi adunque gli eserciti di fronte unadensissima oscura nube coprì la parte del cielò so*pra le leste, de1: Longobardi, avendovi per lo contrarioaets serenissimo laddove stavasi 1’ oste nemica. Dondepotevasi . ben conghietturare da taluni che gli Eruli

-andrebbeco, ad incontrare perniziosa battaglia. E di

.vero sopra ogni altro funesto era il portento presentatosi agli sguardi loro nell’ atto di venire alle mani ;tuttavia non badandovi per nulla pieni di sicurezza edi orgogliosissimo dispreizo assalgono il nemico, dalla

LIBRO SECONDO > 197

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moltitudine de’ suoi pronosticando la riuscita del combattimento. NeHa mischia si fa grande strage degli Ertili,e da lei non va esente lo stesso Rodolfo; gli altri tutti,

dimentichi del patrio valore, dannosi alla foga ; se nonche perseguitati anche in essa dai Longobardi mólti vigiuntati la vita, ed a beo pochi è concesso di ridorai asalvamento.

III. Dopo questa rotta gli Eruli, non avendo piùmezzo di rimanere hi patria e tosto abbandonatala, prò*

seguirono lungamente il loro cammino con le doni»* e làprole errando per tutte le piagge di là dalfiome Istro.Entrati alla per fine in quel già tempo de9Rtrgii, venatiin Italia coll’ esercito de’ Gotti , vi fermarono stanta.Ora essendo quivi tutto incoltivabile deserto, sospintidagli stimoli della fame partiranno dopo breve dimora

per accostarsi alle frontiere de9Gepidi, i quali dapprincipio accordarono alle supplicho loro di averli per con*-fidanti ed inquilini; ma poi si diedero a travagliarlicop ogni guisa di mali. Imperciocché e di forza impos-sessavanèi di quelle femmine, e predavanne i buoi e tolte

ile altre suppellettili, nò aveavi iniquità di cui non lirendessero vittime; e giunsero da ultimo a tanto chepigliarono a guerreggiarli sebbene affatto privi di colpa.Gli Eruli, perduta la pasienza, valicano il fiome Istro,

i e chiedono premurosamente di occupare il suolo in vi*«manza de’Romani a dimora in quelle parti, ed Ana

stasio a qne’ dì imperatore (i) accolteli in umanissima

(i) Eletto imperatore I’ anno 492 dell* era volgare, e mortonella decrepita età di ottantotto anni, dopo frentaiette di

198 GUERRE GOTTICHE

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guisa e con sen tì loro di al logarsi presso le sue terre;  

se no n che trascorsi p och i anni offeso dalle cost oro  

sceleraggini verso i conf inanti Romani , vi spedì un  

eserci to, il quale usc ito vittorio so della pugna ne u cc ise molt iss imo numero, e poteval i ben anche distermi

nare se que’ superst i t i non avessero chiesto suppliche-  

voli ai duci di strigner lega per 1’ avvenire co’ Romani,  

e di prestare fedeli servigi all’ impe rat ore. An as ta si o  

info rmato ne cond isc ese a tale proposta, e così i poch i  

rimasi ebbero s alvezza. E ’ tuttavia non furono socii dei  

Ro m an i , e molto m eno r imeri taronl i co me che s ia del  

benef ic io.

IV. All or ch é poi Giusti niano ebbe il trono (1) acc ord ò  

loro ubertosiss ime terre , e indussel i , fat t i r icchi col do

no , a volersi tutti dichiarare confederat i d e’Ro m an i e se guaci della sua religione. Co sì eg lino passati ad una più  

umana vita con i l lustre professione di fede abbraccia

ron o i cr ist iani d o m m i , e spesse f iate con sociale di

ritto l i v ed em m o in ca mp o sotto gli imperiali vessil l i.  

Ma a dir vero li troviamo ancora del tutto in fe d el i , e 

derub atori d e’ vicini co n tale sfrontata cupidigia cl ic pun to uo n vergognansi del misfatto , ol tre di che da n

nos i in preda a turpi congiung iment i non r isparmian

do uom ini e best ie; son o infine i peggiori de ’ mo r-

regno, nel la not te dal l ’ 8 al 9 lugl io del 51 9. Si vuole che  un a folgore, o lo spavento avu tone, Io togl iesse ai vivi, es

sendosi rinvenuto spento, dop o orri bi le temporale , in una 

piccola camera del suo palazzo.

(1) Nell’anno f>2] dell’ora volgare.

LIBRO SECONDO 199

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tali e bea degni delle più tristi sciagure. Pochi in ap~presso ne rimasero in lega co’ Romani, come ricordavanegli antecedenti libri, essendosene gli altri tatti distol

ti, ed eccone il perchè. Gli Eruli mostrarono cotantoabbominevole e ferino veleno coutro il proprio monarcadi nome Ocone che d’ improvviso l’uccisero innocentissimo, adducendone a solo motivo il non volere daquinci in poi andar ligj di alcun re; sebbene V eletto altrono loro, toltone il nóme regale, non acquistaste agi

e diritti maggiori di qualsivoglia privato , ognuno potendo sedergli dappresso, partecipare della mensa di lui,ed a viso a viso in impudentissima guisa villaneggiarlo 5nè bavvi gente che li superi in viltà e leggi ere zza. Àidelitto seguì di colta il pentimento, dichiarandosi incapaci di vivere senza re e senza condottiero:, più voltediscussa questa faccenda tatt i convennero nella sentenzagiudicata migliore, quella cioè di chiamare al trono dall’ìsola di Tuie personaggio di regio sangne; che poi sivalessero di tal guisa operandò passo direttamente anarrarlo.

C A P O X V .

Parte degli Ermli viaggia a Tuie. Pósition* di quesCisokt, ave  nella state il sole per quaranta dì non tramonta, e nel verno per altri cotanti non leva; il ritorno di esso vien ce-lebrato con grandissima festività. — Costumante degli Seri-  

tifi ni. Religione de' Tuliti. «— Patte degli Bruii si procaécia un 

re di Tuie, ed abbandona t imperatóre. Giustiniano.

I. Gli Eruli vinti in campo dai Longobardi . parti-rou6i della patria, come ho detto, ed una parte fermò

200 GUERRE GOTTICHE

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sere spettatore delle riferte altrui. Ed a coloro cbe dilà giunsero a noi tali furono lé mie interrogazioni :Cosa mi narrate intorno alle fissate epoche del levare

e tramontare del sole cbe producono il giorno ? Equelli mi risposero candidamente : Cbe pe’ mentovatigiorni quaranta il sole non vi tramonta mandando ora’da oriente, ora da occidente sua luce agli abitatori,e quando, rivolto il corso e piegato verso V orizzonte , fa ritornò là dove surgendo apparve compa

iano lo spazio trascbrso eguale ad un giorno ed unanotte, Giunto che sia poi il tempo di continue tenebre,'osservando attentamente i corsi della luna calcolano ilnumero de’ giorni, ed allorché quella lunga mancanzadi luce ebbene durato trentacinque sogliono taluni ascendere alla cima de’ monti, e da quivi al presentarsi

comuuque agli sguardi, loro il sole tosto ne danno afeviso ai compagni rimasi giù dall’ e r ta , annunziandoche tra dì cinque l’ altro benefico tornerà ad.illuminarli ; e sì felice annunzio vien celebrato con pùbblicafesta, maggiore d’ ogni altra presso di loro* E per ve

rità quantunque ogni anno e’ veggano lo stesso fenomeno, pure sembrami cbe paventino fortemente non ilsole voglia abbandonarli per sempre.

II . Fra le genti di Tuie una popolazione (appellataSeritifini ) ha consuetudini onninamente ferine. Costoronon usano vesti, camminano scalzi, non gustan vino ,

nè colgono dalla terra alcuno de’ cib i, i maschi noodandosi all’ agricoltura, nè le femmine al lanificio ; mauomini e donne aceudjscono alla caccia1, que’ monti equelle vastissime foreste somministraado gran copia di

so* GUERRE GOTTICHE

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fiere, e di altri animali. Nutrorm adunque delle carnidi. essi e vestonne le pelli; sendo poi adatto privi di liuoo di altro che idoneo al cucire, vi suppliscono co9nervi

per congiungere le pelli, ed in* qoeste avvolgono tuttoil corpo. Nè alimentanoìa'prole alla foggia delle altre na-«iòni, venendo essa cresciuta non già col latte materno,vietatole fin di toccare le poppe della genitrice, ma collesole midolle degli animali uccisi. La femmina subito dopoil parto sospende il bambino rinvolto entro una pelle ad

un albero, ed introdottagli nella bocca poca midolla tosto lo ibbaudona per irne alla caccia, èsercizio comunead benho i sessi. Tale si vivono costoro ; ma pressochétutto il rimanente de’ Tuliti poco differiscono dalle al-tre nazioni; V’ha culto tra essi di molte Deità e Gestii, parte celesti, parte aerei, chi terrestri, alcuni mar in i, ed ansimile di varie minori divinità a stanza, secondo il volgo, nell’ acqua delle fonti e de’ fiumi. Sono■diligenti nel sagrificare a questi loro Numi, adoperandoogni maniera di vittime, ma di preferenza V uomo, edin ispecie il primo fatto prigioniero in guerra, immol

landolo a Marte, veneralo come il massimo degli Dei.E nel còmpiere il sagrificio anziché dare pronta mortealla vittima sospendonla ad un legno o gittanla nelle•pine, o trascelgono all’ uopo altra miserandissima occhione comunque. Con queste consuetudini vivono iTuliti, del quale numero sono i Gauti ospiti in allora

degli Eruli forestieri.’lILjQra quelli di essi a stanza presso de’ Romani,

spento il proprio re inviarono alcuni ottimati loro nel-Pisola Tuie all’ uopo d’indagare se fossevi taluno di

LIBRO SECOCHX) ao3

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regio sangue* e rinvenutolo procacciassero di condurloseco. Questi afferrati all’ isola vi trovano molti dellabramata parentela, e sceltone il tenuto più idoneo fan-

nosi indietro con esso , il quale già carico d’ anni colpito da forte malattia uscì di vita lungo il cammino.Tornano adunque gli stessi ottimati nell’ isola ed altrone menan seco per nome Todasio, che venne accompagnato dal fratello Aordo con dugento de’ giovanipiù atanti della persona tra gli Eruli di Tuie. Ma con*

somalo gran tempo iti siffatti andivieni destassi il pensiero a quelli di essi ricoverati all’ intorno di Singi-done (i) che male avrebbero provveduto aUe cose loroeleggendosi un r e , chiamato a bella posta da Tuie,senza il consentimento di Giustiniano. Laonde si fapartire altra ambasceria s^la volta di Bizanzio per chie^dere all’ imperatore un monarca qualunque ei voglia.Questi di subito crea re un Suartua eralo e da lunga pezaa stabilito nella metropoli ; ed al vebir suogli EruK/di buon grado lo accolsero, adoraronlo, e nefecero i comandamenti intorno alle consuete faccende.

Se non che trascorsi pochi dì ecco arrivare un messocolla nuova che sarebbero per giugnere in brev’ orale genti di ritorno dall’isola Tuie. Suartua udito l’ an-nonzio ordinò che si andassero ad incontrare per ucciderle , e gli Eruli approvato il divisamento manifesta*ronsi pronti a compierlo. Ma quando non aveavi più

che un giorno di cammino per arrivarli, tutti nella noi-te, abbandonato Suartua* disertarono ai venienti. 11 ré

(i) Ora Belgrado, città nella Mesia superiore in Europa.

m i GUERRE GOTTICHE

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Li b r o   s e c o n d o   ao5

vedutos i affatto solo tornò fu ggen do in Bizanzi o , dove  

ebbe prome ssa dall ’ imperatore cl ie ad ogni cost o ver- 

rebbegli ricuperato i l reguo. Gli Eruli adunque t imorosi  

della r om an a pot enz a ripara rono tra’ Gepi di , ed a tale 

cagione vuois i ascrivere 1’ al lo ntana ment o loro.

C A P O X V I .

 Belisario e Narsete congiungono lor forze presso Fìrmìo (i)

città. In un consiglio di guerra il secondo persuade che soccorrasi Arimino. —  Lettera delV assediato Giovanni a  Belisario. Partenza delV esercito.

I . Belisario e Narsete con giu nte lor forze presso  

Firmio, città vicina alla spiaggia del seno Ionico e di

stante non più che una giornata da Aussim o. ragunanvi  i a cons igl io tutti i duci de ll’ eserci to per deliberare da  

qual parte convenisse incontrare i l nemico. Impercioc

ché facendosi a comb attere gli asse diatol i di Arimino  

pav enta van o guai dagli omeri per opera della guernigio-  

ne di A us si m o, da cui essi e tutti i Ro ma ni abitatori di 

qu e’ luoghi riportereb bero, a no n dubitarne, gravissimi  

danni. T em ev a n o di più non la carestia di vittuaglia 

fosse apportatrice di maggio r calamità agli assediati . 

Simi lmente molto inve ivano contro Giovanni accusan

dolo di essersi l asciato vincere da cie co ardire e da 

str aboc chev ole cupidigia di dana ro in tanta sciagura, e 

di non aver cons ent ito al prose gui men to della guerra  

co ll ’ ord ine e p e’ luog hi stabiliti dal sup rem o duce. Ma

<i) Fermò, città nella Marca d'Ancona.

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Narsete, amicissimo di lui sopra ogni altro, dubitandocon suo dispiacere che Belisario stimolato dalle aringhe di que7duci noti procacciasse tosto la sai vessa di

Àrimino, pigliò la parola dicendo: « Non v’intertenete, 99 o duci, delle bisogne solite a discutersi in no consiglio; n nè i vostri parlari vertono sopra oggetti meritamente 99 supposti ardui da alcuno, occupandovi in cambio tutti» di quanto anche i meno esperti degli affari guerreschi yt saprebbon di per sè adottare come P ottimo de9prov-

9» vedimenti. Se ogni dove si presentasse V eguat perì- n colo ed ogni dove parimente minacciasse P eguale» danno alle fallite nostre lusinghe vorrebbesi a fé mia» usare molta diligenza nella deliberazione, e giudicare

 n delle circostanze in cui siamo dopo ben attento e* tf  same. Ora se ne garba il differire ad altro tempo

» la conquista d’Aussimo non ci esporremo a grave n perdita; o che male ne avverrà mai? In vece Ur- n sciando noi correre alla peggio le cose di Ariminto•f  forse che non saremo in colpa (nè vi offendete della» parola) di aver fatto venir meno le forze ed il co-

 n raggio de9Romani ? Se poi Giovanni mancò non pco^ n stando il rispetto dovuto, o ottimo Belisario, a’ tapi n comandamenti, ora di certo ne paga il fio, pendendo» i suoi destini unicamente dal tao arbitrio; di guisa 99 che privo d’ ogni speranza sta in tuo potere il salvarlo, 99 o il darlo in preda ai nemici ; guardati nientemeno di

» non punire in noi ed in Augusto le imprudenti menò 99 di lui. Poiché i Gotti ove giungano ad espugnare Ari* 99 mino, ridurranno al servaggio un valorosissimo duce» romano, tutte le truppe ivi rinchiuse, ed una città ligia

ao6  GUER»*: GOTTICHE

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99dell’imperatore* Nè il male avrà qui limite, aia vedremo» eziandio sconvolti intieramente i desimi della guerra.» Coqciossiathè devi riflettere essere ancora i Gotti di

99gran lunga a noi superiori nel numero quantunque99 avvintissimi, la sinistra fortuna privandoli giustamente» di tutto T ardire in causa delle già riportate sconfit-» te. Laonde col vedersi di presente in qualcbe avvan-» taggio riconforterebbero tosto gli animi loro ed, ,an-99 siehè coli' eguale, con assai maggiore ostinazione prò-

» seguirebbero la guerra, mostrandoci del continuo» V esperienza che gli usciti di grandi angustie ren-99 donsi superiori in fortezza d’animo a coloro, i quali99 non soggiacquero per ancora a sinistre vicende. 99Così Narsete.

II. Non guari dopo tale dei militi in ascoso de’ barbari passò nei campo romano presentando ài duceuna lettera scrittagli in questo tenore da Giovanni :« Sappi che noi patiamo da gran tempo di vittuaglia,■99 e che più non abbiamo come inspirare fermezza nel99 popolo, o combattere i nemic i, il perchè tra sette

99 giorni ci vedremo costretti a nostro malincorpo al-99 1’ arrendimento. Indarno spereremmo di poter dogare99 più a lungo i presenti bisogni, e questi mi lusingo99 peroreranno a favor nostro se rei di alcuna cosa non9» conciliabile affatto col decoro 99; tale cantavano le pa*role di Giovanni. Belisario stavasi tra dqe , nè di lieve

momento era la sua perplessità paventando a un tempoda quinci la mala sorte degli assediati, da quindi ilvedere a ferro ed a fuoco ogni co§a per lo scorrazzareimpunemente ed ovunque .de’ barbari a stanza in Aus-

LIBRO SECONDO ao7

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staio; ovvero non le sue truppe, sorprese da insidie agliomeri, coll9approssimarsi al nemico andassero ad incontrare, giusta ogni verisimiglianza, molti e gravissimi

danni. Alla per fine dopo lungo pensare appigliossi alseguente partito. Lasciò colà Orazio e mille guerriericolf ordine di porsi a campo presso del mare e lontano dagento stadj da Aussimo città , di rimanervie combattere sol quando il nemico osasse attaccarlinelle loro trincee. In virtù della quale disposizione ei

prendeva grande fiducia che i barbari sapendoroano accampato a pochissima distanza terrebbonsf entro Aussimo, nè andrebbero a molestare da tergo P e-sercito. Fece di più imbarcare le migliori truppe sottoi duci Erodiano, Uliare e Narsete fratello di Arasio,e diede la direzione del navilio ad Ildigero, imponendo-gli di ritto navigare ad Arimino colPantiveggeuxa di nonaccostarsi a quella spiaggia se V esercito pedestre, lecui marce oransi combinate presso al lido, ne fosseancora distante. In pari tempo altra turma capitanatada Martino seguiva marina marina il prefato navilio, e

dòvea per comandamento di Belisario giunta in vici-stanza de1Gotti accendere fuochi assai maggiori diquanto comportasse il suo numero e la costumanza del-P esercito, per mostrarsi apparentemente ben più fortedi quello in realtà era. Il duce supremo poi con Narsete e col resto delle milizie pigliata P altra strada e più

remota dalla spiaggia attraversò Urbisalia (i), la.quale

(i) Tol. 'Ovppuo-ctXttL*, io latino  IJrbs Salvia, città altrevolte, ora piccolo borgo nella Marca d’Ancona, presso il fiumeChiento, avente lo stesso nome.

io8 GUERRE GOTTICHE

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mente iu quello spaventoso tumulto, lungamente pureil fantino venne cresc iuto co n tale maniera di nutri

mento. Avvertit i quindi i Picenti che era per giungere  

l ’ imperiale esercito a disterminare G o tt i , senz* ap

portar e il min or disa gio ai R om an i, tutti si resti tuiro

no al le case loro. To rn at e adunq ue in Urbisal ia le 

fem min e di rom an a schiatta un ita men te ai mariti e 

v ed ut o il fanciulletto pie no di vita , s en z’ aver mezz o  

di conoscere i l come, faceanne di grandi maraviglie ; e 

tutte, qua nte era nv ene in istato di al la ttamen to pre- 

sentavangl i a gara il seno. Que gl i no ndiu ian co r icusa

va 1’ um ano latte, e la capra non volea ta mp oc o ve

derlo suggerite, col suo co nti nu o belargli alT into rno  

tacendos i ben in tend ere dalle genti ivi acc ors e che a 

marcia forza comportava le molestie accagionate al pargo lett o dalle d on ne più a lui vicine. Dirò tutto in una  

parola : ella voleagli pro diga re le ma ter ne cure n on al

tr imenti che ad uu suo nato, La on de quel le femm ine  

rislettersi dall’ ann oia re il fanciu llo, e la capra a tutto 

be ll’ agio pros egui a nutrirlo, e co n ogni dil igenza lo 

crebbe ; ed ecco i l perchè ebbe da que’ paesani i l nome d’ Egis lo ( i ) . Ora trovandomi là fui condotto pres

so del bamb ino per mostrarmi cosa maggiore d ’ ogni  

pe ns am en to ; ed in pruov a Io infastidiro no ac ci oc ch é  

e’ si desse a vagire. Quegli iu effetto mal sofferendo le  

costor o secca ggin i com inc iò il pianto; la capra uditolo  

( es se nd on e lunge un t iro di pietra ) alta men te be la n

do v’accorse, e gli si pose-di sopra onde allontanargli

210 GUERRE GOTTICHE

(i) Capra, gr.

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ogni nuovo disturbo. Quanto mi sapea , tanto ho narrato del fantino Egisto.

II . Ora Belisario procedeva su pe’monti di questa re

gione col proposito di non assalire all’ aperta i nemiciperchè m olto super ior i di numero. Ol tracc iò vede ndo i 

barbari avvilitissi mi a ca gi ou e d e ’ sofferti sinistri ten ea  

per ferm o ch e a ll’ udire so vrast anti loro da ogui ban da  

le romane t ruppe , e ’ darebbonsi im ma nt in ente , non sa

pen do più che sia valore, al la fuga ; e col pì nel punto  

conghiet tu rando con tale certezza del futuro. La on de  posto il piede su’ poggi distanti il cammino d’ un giorno  

da Arimino avvennersi ad una piccola schiera di Gott i ,  

diretti a far provvista di alcun bisogno della vita, i quali  

ben lunge dal pensarlo scontrat is i co l f esercito nem ico  

ed in circosta nze da non poterlo evitare fu mestieri cl ic 

parte rimanesservi spenti dai romani da rd i, e parte mal 

conci dalle ferite campassero furtivamente tra’ vicini sco

gl i ; e da quivi osservandone i l numero ognora crescente  

per tutte quelle gole giudicaronlo assai più forte di quanto  

in rea ltà si fosse ; veduti inol tre vessilli di Belis ario  

tosto conobbero eh’ egl i s tesso conduceva le truppe. I Romani colà passarono la notte , ed i Gotti feriti avvia-  

ronsi asc os am en te al c am po di V it ige, ove arrivati verso  

il meriggio diedero prova certa, disc opre ndo lor m em

bra offese, ch e il du ce imper iale era lì per giug nere co n  

poderosiss ima oste . Quel l i dunque apprcstaronsi al la 

pu gna dal la banda aquilonare d’ Arimino , est im and o  ch e da quivi ac cad reb be lo scon tro, ed in grazia di 

questo lor pensamento tutti gli sguardi eran volti allasommità del monte. Ottenebratosi di poi iLcielo men

LIBRO SECONDO a n

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tre deposte le armi e’ pigliavano riposo, non appenaebbero veduto i fuochi accesi dalle truppe di Martino, un" sessanta stadj lunge dalla città e rimpetto

alla sua plaga orientale, che agghiadarono per lo gravissimo timore, nella persuasione di venir tutti cinti alcomparire del giorno dai nemici, e con sì triste ima-gine passarono quelle ore notturne in preda alla massima agitazione. II dì appresso allo spuntar del solemirano farsi lor contro una grossissima armata di ma«

re. alla qual vista fuori di sè per la sorpresa meltonsiin fuga. Tanto fu poi il tumulto ed il clamore nell’ affardellare, che più non udivansi i comandamenti, addivenuto unico scopo d’ ognuno l’uscire il primo dagli steccati per riparare in Ravenna. Che se al presidio non fosse del tutto mancato e coraggio e forza, otti

mo era il momento di fare con una sortita carnificinader nemici, e di metter fine con essa ben anche allaguerra. Ma è uopo dire che rattenesseli ed il tim ore,impossessatosi degli animi loro nelle passate vicende ,e P aftievolimento in che eranne i corpi a motivo dellasomma carestia di vittuaglia ivi sofferta. I barbari inquella grande perturbazione abbandonata parte dellobagaglie avviaronsi di tutta carriera a Ravenna.

a i i GUERRE GOTTICHE

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LIBRO SECONDO

C A P O X V I I I .

 Ildigero prende il campo de*Gotti. Narsete e Belisario discordi tra loro. —  Aringhe d*entrambi. Giustiniano Augusto con-  

 ferma per lettera Belisario nel supremo comando della guerra.

I. Ildigero e le sue truppe essendo stati i primi ad entrare negli accampamenti nemici fanno prigionieri i Gotti rimasivi per mala ttia , e raccolgono lesuppellettili abbandonate dai fuggitivi. Al mezzogiornoarriva Belisario con tutto V esercito, e veduto Giovannicd i compagni di lui pallidi e di squallore coperti riprendendo il primo della imprudente audacia dissegli che an

dasse obbligato di sua salvezza ad Ildigero. Non ad II-digero, quegli rispondea, mi terrò obbligato, ma a Narsete prefetto dell’ erario imperiale : colle quali parole ,a mio avviso, volea* indicare che Belisario ad istigazionedi Narsete e non di sua volontà fosse accorso a liberarlo, e da quinci in poi entrambi miravansi in cagne

sco. Il perchè gli amici sollecitavano Narsete a non militare sotto di lui in quella guerra, mostrandogli beatu rpe che un personaggio a parte degli imperiali segreti dovessevi non comandare , ma obbedire ad altrocondottiero, il quale mai più di sua elezione avrebbelofatto partecipe del supremo potere. Che ov’egli fosse

disposto a capitanare il romano esercito genti a frottacorrerebbero sotto le sue bandiere e con esse i più valenti duci ; conciossiacbè gli Eruli ed i costoro seguaci,▼ogliam dire le schiere di Giustino, di Giovanni, di

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GUERRE GOTTICHE

Arazio e di Narsete, fratello dell’ ultimo, pari in numero per lo meno a diecimila e tutti coraggiosissimie pieni di marziale valore, bramerebbero che la glo

ria della riconquistata Italia non tornasse per intieroa merito di Belisario, ma eziandio a quello di Narsete. Nè sembrar loro conveniente eh’ egli partitosi dalfamigliare consorzio di Augusto debba con suo pericolo assodare 1’ altrui gloria e non accrescere meritamente la fama , già per ogni dove chiarissima, delle sa

piènti e nobili sue imprese. Aggiungevano che senza dilui Belisario nel tratto successivo non imprenderebbecosa di rilievo , sprovveduto essendosi della massimaparte dell’ esercito per guernirne le città conquistate,e numeravanle tutte ordinatamente dalla Sicilia fino <alPiceno.

II. Narsete compiaciutosi al sommo di questa esor-tazione più non potea rattemperare il suo animo e tenerlo ne’ dovuti limiti; il perchè di sovente volendo Be*lisario accingersi a qualche impresa, egli distornando-nelo ora sotto V una coverta, or sotto I’ altra, riusciva

ad invanirne i divisamenti. Alla fin fine il comandante supremo accortosene , ragunati i duci, pigliò ad aringarlidi tale conformità, u Parmi, o duci, pensarla io guisa» ben contraria da voi sulla presente guerra , poiché y> vi osservo non curanti del nemico, quasi lo aveste già» del tutto vinto. Mi è forza quindi paventare uon que-

» sta vostra presunzione ci esponga ad on pericolo roa- n nifesto; e di vero ho dovuto ben conoscere che i bar-» bari v’hanno ceduto il campo non da pusillanimità» o scarsezza di gente stretti, ma con senno ed anti-

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veggenza ; e’ con meditata frode allootanaronsi di qua n fuggendo. Temo pertanto che dall1 avvenuto indotti n in errore non precipitiate e voi stessi e le romane

» faccende. Conciossiachè 1’ uomo cui sembra avere in n pugno la vittoria, imbaldanzitosi de’ suoi felici suc- 99 cessi più agevolmente cade in rovina che non altri 9

v il quale rimaso all’imprevista perdente appara ad cs~v sere più circospetto ed a meglio temere i suoi avver-» sarii. Di tali pur trQppo erano in ottima postura.,

 99 quando vidersi dalla infingardaggine loro gittati a 99 fondo; le assidue cautele invece pervennero a far 99 risorgere molti infelici; essendoché la negligenza ove r giunga a corromperci termina spessissimo coll’infie-w volire il poter nostro; un diligente operare al conira-

 99 rio ne apporta di frequente e forza e ricchezze. Ram*

 r> mentisi adunque ognuno di voi essere Vitige in Ra- 99 venna e con seco gottiche miriadi non poche. Uraia 99 signore di tutta la Liguria cingere d’assedio Milano; 99 avervi in Aussimo copia di elettissime truppe, ed i f 9 molti filtri luoghi sino ad Orbibento (i) vicino a Ro-

» ma venir guardati dai barbari con egualmente forti» presidj, i quali possonci opporre ben valida resistenza. 99 Ora, attorneati da nemici come da corona, le bisogne» nostre aggiransi in pericolo maggiore di quanto fos- 99 sero per lo innanzi. Nè qui ridirò le voci sparse che 99 nella Liguria gli stessi Franchi abbiano unito lor ar-

99 mi alle gottiche , pensiero da scuotere gravemente

( i ) Orv ie to . Oropile, C ic . ;  Herbanum, Cat. ; Vrbs vetus, P l i n . : ’ Vrbiventus, ecc.

LIBRO SECONDO a i5

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 n tutti i Romani e.da colmarli di terrore. Laonde è» mio intendimento che parte del nostro esercito calchi

 n la via della Liguria e di Milano, ed il resto marci alla

» volta di Aussimo e del nemico ivi a stanza per ese-•> guirvi quanto disporrà il Nume. Di poi darem ma-99 no alle altre guerresche imprese, occupandoci in» preferenza di quelle, giusta il parer nostro, più u-

 n tili ed opportune,  n Al ragionamento di BelisarioNarsete rispondea: « Non vi avrà chi negar possa, o

 ti maestro de’ soldati, 1’ assoluta verità di tutte le altre» cose ora da te proferite; solo non veggo ragione del» dividere non più che in due tutto questo esercito ce- 99 sareo per valertene contro Aussimo e Milano. Tu fi affò mia conduci pure colà quanti Romani vuoi, nulla» tei vieta. Noi ricupereremo all’ imperatore la provin-9i eia Emilia, che ne vien detto starsi maggiormente a» cuore de’ G otti, e ci renderemo a Ravenna molesti« di guisa, che voi potrete compiere ogni vostro desiai derio contro il nemico da qqella banda certi di ve-9i dergli tolta ogni speranza d’aiuto. Che se preferisci

 f» condurci lutti sotto le mura d’Aussimo, temo non fi i barbari sortiti di Ravenna mettanci in mezzo, e chiusa» ogni via all’ acquisto della necessaria vittuaglia ne for-» zino ad incontrare la morte; » così Narsete. Belisarioallora trepidante non la divisione del romano esercitoaccagionasse danno all’ imperatore y e tutto andasse  y 

sconvolto l’ordine, sossopra, manifestò ai duci la scrittada Giustiniano Augusto nei termini qui espressi: « Non» abbiamo spedito in Italia Narsete prefetto dell’ era-» rio coll’ incarico di capitanare 1’ esercito, essendo

3i6 GUERRE GOTTICHE

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» nostro volere che il solo Belisario regga e valgasi» di tutte le truppe sic com e giudich erà della maggior  

» conv enie nza. Voi tutti lo dovete seguire coop eran do  

» ai vantaggi delT imper io n ostro, w T al e si era il fogl io di Aug usto , e Narsete cogl iend one le ult ime parole  

si protestava sciolto dall’obbedienza agli ordini di Beli

sario, essendo che di presente costui manometteva gl i 

imperiali vantaggi.

C A P O X I X .

 Belisario assedia Urbino. —  Narsete parte dal campo . Gli asse-

diati per difetto d’ acqua arrendonsi agli imperiali. — Gio-

vanni assalta indarno Cesena ; ricupera Imola e tutta

V Emilia,

I . Bel isario terminate queste cose spedisce Peranio  

con molte truppe ad assediare Orbibento, ed egli tan

tosto co nd uc e l ’ eserc ito ad Urbin o c it tà forte e cu

stodi ta da sufficien te nu me ro di Go tt i (da A rimin o ad 

Ur bi no havvi una giorna ta di viaggio per un ben cinto  

camminatore) , ed accompagnanlo Narsete , Giovanni e gli altri duci tutti. Ve nu ti iu vici nanz a della città pi an

tarono due campi sul l ’ ult imo poggio, non est ima ndo  

conveniente di rimanersi unit i , Belisario là dove la città  

volge ad or ien te , e Narsete al l’ occa so. Urb ino giace  

su di rotondo e molto elevato colle non frastagliato da  

precipizj , nè affatto inacc essibi le: è non di me no m alagevo le da mon tare per la sua grandissima erta, s o

prattutto appiè della città, alla quale mette da set ten

trione una via nel pia no: c o s ì , giusta il d et to , i Ro-

LIBRO SECONDO a 17

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mani dislribuironsi per P assedio. In qoesto mezzoBelisario persuaso che i barbari timorosissimi d’ unatal lotta avrebbero preferito di venire a componimen

to manda loro invitandoli ed esortandoli con libe*rali promesse ad arrendersi. Gli oratori adtinqtie dallaporta, non essendo stati accolti entro le mora, dissero molte ed acconcissime cose in proposito, ma iGotti fidandosi nella forte posizione del luogo e nellamolta vittuaglia in poter loro, non vollero saper di pat

ti , e diedero ordine che i Romani partissero all’ i-stante. Belisario fattone consapevole impose alle truppeche raccolte di ben grosse bacchette ed intessutone unlungo portico andassero là sotto ascosi verso la porta,ov’ era men erto il terreno, per assalirvi occultamenteil muro; e queste di subito prestaronsi al comando

avuto.II. Ora molti famigliar! di Narsete venuti secolui a

colloquio avean dichiarato il pensamento <)i Belisariopenosissimo e difficilissimo nella sua esecuzione ; dacché in altri tempi Giovanni por Atosi ad assalire quel

luogo, e mentre scarseggiavane il presidio, avealo tro*vato affatto inespugnabile; nè v’era menzogna: megliosarebbe stato in cambio il procacciare che P Emiliatornasse ligia delP imperatore. Narsete adunque rimestati nella sua mente questi discorsi levò di nottetempo il campo, nulla curantesi delle molte preghiere

fattegli da Belisario perchè si rimanesse ad aiutarlo oeUaconquista d’Urbino. Parliti di fretta costoro con partedell’esercito alla volta di Arimino, Morra ed i barbarivedendo ai primi albori per metà vuoto il campo ne-

a «8 GUERRE GOTTICHE

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mìco , lanciavano dalle mura pungenti ed ingiuriosidetti contro ai rimasi. Belisario impertanto volea tentare l’assalto con quelle sue truppe, e nell’escogi

tarne il come la prospera fortuna con mirabile avvenimento diebiarossi per lui. Una sol fonte era inUrbino, e da lei tutta la popolazione attigneva acqua ;ora di per sè a poco a poco rasciugando cessò di git»tare, e nello spazio di tre giorni V acqua venne menoper guisa che i barbari di poi cavandoue erano costretti

a berla tutta limacciosa; e’ risolverono allora di arrendersi ai Romani. Belisario pienamente all’oscuro diqueste cose e fermo nel suo proposito di scalare il murofa circondare da molti guerrieri tutto il colle, ordinandoin pari tempo ad altri di farsi avanti nel piano col portico ( nome solito darsi a questa macchina ) composto di verghe, e cosi procedervi sotto che il nemiconon abbia a vederli. In questa i barbari dai merli chiedo» pace protendendo le destre. I Romani ignari affatto delP avvenuto alla fonte opinavanli in preda al timore della pugna e della macchina ; checché tuttavia

ue pensassero ad entrambi riuscì assai grato lo esimersidal combattimento. I Gotti fecero lor sommessione ottenendo, oltre la salvezza della persona, di godere sottoil dominio imperiale, ed incorporati colle romane truppe, tutti i costoro diritti, e di militarvi ad eguali patti.

Ili, Narsete alla riferta di cotauto impensate vicen

de pierio di stupore e di rammarico stettesi di piè fermoin Arimino comandando a Giovanni di procedere a Cesèna con tutte le truppe, e queste munite di scaleinoltrando fin sotto il castello tentaronne l’assalto, ma

LIBRO SECONDO a 19

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aio GUERRE GOTTICHE

incontratavi fortissima opposizione vi giuntarono moltagerite ed in ispecie il duce degli Eruli, Faneteo. LaondeGiovanni veduti a malo (ine la prima volta i suoi sforzi

depose ogni pensiero di nuovi assalti presentandogliquelle mura inespugnabili. Di là adunque con Giustino« coll’ esercito procedendo occupò d’improvviso Foro-cornelio (i), città antica, e coll’ incessante retrocederede’ Gotti senza cimentarsi mai ad un combattimentopervenne a riporre tutta 1’ Emilia sotto P autorità ed

il potere di Giustiniano. Così furono quelle cose.

C A P O X X .

 Belisario differito V assedio d’ Aussimo va e prende Orbiben to. —  Descrizione di orrenda fame nelV infierir della quale 

diciassette uomini furono divorati da)due donne.

I. Belisario conquistato Urbinò verso il solstizio ver*nile non opinò di correre per allora la via d7Aussimocomprendendo assai bene che quell’ assedio sarebbeglicostato gran tempo ; coociossiachè era impossibile di

espugnare colla forza un munitissimo luogo, ed in cui laguernigione, come ho detto, numerosissima e piena dicoraggio avea riposto, mercè di estese scorribande,copia somma di vittuaglia. Ordinò pertanto ad Araziodi svernare in Fermo colla truppa, e d’ impedire che ilnemico da quinci innanzi liberamente scorrazzando la

regione opprimesse a man salva le vicine genti. Egli poimarciò coll’ esercito ad Orbibento per instigazione di

(i) Imola.

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LIBRO SECONDO

Peranio, il quale fatto sapevole dai disertori ehe iGotti ivi a stanza mancavano di cibo sperava , alla fame accoppiandosi la presenza del supremo duce con

tutte le truppe, vederli più di leggieri proporre il loroarrendimento ; e diede nel segno. Or dunque Belisarioapprossimatosi a questa città, comandò che si ponesseil campo in luogo opportuno; ravvolgendosi quindi perque’ dintorni pigliò a considerare da qual banda risor»se maggiori presentasse un assalto. Ma vana riuscì a-

gni indagine non trovando mezzo di aggiugnere il suoscopo combattendone apertamente le mura. Imperciocché dall’avvallato suolo ergesi in disparte un poggettola cui sommità preceduta da lieve pendio si fa piana, l’in-ferior parte in cambio va tutta scoscesa. Rupi di egualaltezza circondano, non già così da vicino ma quanto

un trar di pietra, il monticello, e nella sua cima gli antichi edificaronvi una città spoglia di muro e d’ogni altra maniera di fortificamento, estimandone la posizionedi per sè stessa invincibile. Rimaneavi un solo accesso dalle rupi, e questo guardato gli abitatori più non

paventavano assalti iu tutto il resto ; la natura avendosupplito per ogni dove l’arte, salvo l’ adito che mettevalà entro, come narrava : quanto poi giace tra le au*tidette rupi ed il poggetto viene occupato da grande enon valicabile fiume (1). Per la qual cosa gli antichi Romani munirono con piccola fortificazioni quel sentiero,

ed ivi appunto è la porta guardata in allora dai Gotti.

(i)  A d Clanem Jlumen, ubi id Palliarti in Tab. itin.  signa-  tum amnem ( nunc Puglia)  recepita in dextera ripa utbs co-

 spicua Orvieto est. Noi. Orb. Antiq. etc.

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Ciò basti intorno alla posizione cTOtbibento cbe Belisario assediò con tutto V esercito nella speranza di vedere la sua impresa condotta a buon fine mercè del fiu

me, o per lo meoo della fame, che obbligherebbe quelpresidio a pattovire ben presto ; i barbari tuttavia sinché non furono intieramente privi di annona, anchequando supplivano a grande stento i bisogni della vita,superarono colla tolleranza loro P uuiversale opinione ;non prendendo nella giornata alimento a sazietà , ma

tanto appena che bastasse a non perire d’ inedia. Venuta poi meno del tutto la vittaaglia nutrironsi dipelli e di pergamene fatte da prima lungamente macerare nell’ acqua, conciossiachè il prefetto Albila, uomochiarissimo tra Gotti, riconfortavali ognora con vane"speranze.

II. L’ anno riconducetido la state, già ne’ colti il frumento grandeggiava di per sè, non folto come in primasolea, ma più rado assai, dacché non ascoso nei solchiper opera d’aratro o d’altro umano artifizio si rimase allasuperficie del campo, dove potè germogliare appena in

ben piccola parte. Cresciuto , innanzi che il falciuologiugnesse a mieterlo cadde, nè v’ ebbe nuovo prodotto;sorte eguale toccò parimente alP Emilia. Gli abitatoripertanto di questa abbandonato il tutto ripararono nelPiceno colla speranza, giusta il pensamento loro, dinon avervi a temere sì grande carestia, marittima es

sendo la regione. I Tusci eziandio soggiacquero perle medesime circostanze ad eccessiva fame ; il perchè vider$i que’ poveri montanari costretti a fare lorcibo la quercina ghianda macinata a guisa di fmmen-

aia GUERRE GOTTICHE

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LIBRO SECONDO

to e ridotta in pane. Molti in causa di ciò ( e co-cojtJ essere altrimenti ! ) soggiacquero a malattie d’ ognigenere, e furonvi pur di quelli la cui salute non *ne

ebbe danno. Si racconta poi che nell’ agro Piceno perissero di fame per lo meno cinquanta mila romani lavoratori ed anche d’ assai maggior numero v- andasse13 vita di là dal seno Ionico : ed io, testimonio di vista,riferirò i sintomi di cotanto morbo e come le sue vittime discendessero nella tomba. Tutti erano pigliati da

magrezza e pallidore ; la carne ciò è venutole meno ilnutrimento andavasi, come vuole V antico proverbio ,di per  sb mangiando e consumando , e la ridondantebile diffusasi per tutto il corpo rendevalo di quellabrunezza. Avvaloratosi il morbo gli umori affatto scomparivano, e l’arida pelle vestiva forma simigliantissi-

ma al cuoio, e l’ avresti detta incollata alle ossa; quindiil livido colore mutatosi in nero dava loro sembianza ditizzoni ammorzati. Sempre li miravi con istupidito voltoe con occhi orrendameQte furibondi ; questi uscivandi vita per inedia, queglino per soverchia copia di tran

gugiato cibo; imperciocché del tutto spentosi il naturale calore negli intestini, ove e’ stati fossero nutriti asazietà, e non a poco a poco a mo’ di neonati fanciulli,aveano dall’ alimento stesso, inetti a digerirle?, anche piùsollecita morte. Nè mancarono esempi d’ infelici, i qualistretti dalla fame clbaronsi di lor carne a vicenda ; e

fin si narra che in tale campagna oltrepassata Àriminocittà due femmine, le sole rimaste nella borgata, attutassero»]'! ventre con diciassette forestieri, i quali trailotratto avviati a quella parte andavan presso di loro ad

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LIBRO SECONDO

sul p ass aggi o d i q u e l l e ac qu e. V e n u t a la m e n a a ll ’ o r e c

chio- di Mun dil a vi sp ed is ce un ro ma no di n om e Pablo,' 

il qu ale gi un to inosse rvato da Ln ate ieo riva, del fiu

m e, nè trova tav i b ar ca s i l v i e f e y e s j U d a d o s s o e v a,  l icol lo a nu oto con mo llo perico lo ; quindi arrivato al 

ca m p o d e’ suoi vi tenn e il se gu en te dis corso : « Oper p-  

» te , o du ci Marti no ed» Uliar e, co ul ro il dov ere e 

 n  1’ ono r vostro, i -qual i pervenuti , qui alP uopo di sal

ir vare ap pa re nt em en te I1 impe ria le rep ubb lic a , pro,- 

» cac cia te col fatto acc res cer e la pot enz a d e ’ Go tti .  » Cottéiossiachè e pe’ violenti assalt i del nemico e per

* la neg lig enz a vostra giace Mi lan o co n Mund ila e. col le  

 99 ro ma ne truppe in gravissi mo peric olo ; Mi lan o fprse 

w la prima di tutte le i tal iane .ci ttà per gr an de zza , po-  

 n polazione e r icchezze \ prop ugna colo di più eretto a 

guarentire lu tto quasi direi i l nostro imp eria dal le  

w offese de ’ Ge rma ni e d eg l i >altri .barbari . O m m et to  

» di qui esp orr e P imùuenso d an no app ort ato da voi 

» alP imperatore. , non co n se nt en do il tem po a più luu -  

 n gin dis cor si <, uva p re ss an do ci ad arr ec are pr ou ùs -  

 99 situo aiuto a quelle mura sinché uè rimane raggio di 

•v speranza in tale c ime nto. E dover no stro, lo r ipeto,  

 n i l trarre l'uori colla massima sollecitudine dal pericolo  

 n i M i la ne s i , ed un solo mo m en to: ch e indugiate darete  

wrnoi tutti iu pre da a crude liss imi supplizj , e con ta mi-  

 n nere te voi stes si dellai col pa di aver tradito ai n em ici  

 99 le imperiali truppe, no m an do si rettamente , a parer W' mi o, tradii ove n op s o l a chi apre le, porl e agli avver sa-  

 n jj , ma co n egua le ed anc he maggio r diritto chi po- 

 Procqpio , iQm. //. i5

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per quindi soccorrere di compagnia Milano. S^ iion chf rifiutanti l’uno e l’altro di obbedire qtfttiido Narset#  non venga destinalo a condurli ; Belisario nd&aqw scrive a

costui dicendogli : a Non sono che un v#ttp:C!CMrpo ^ulte» Us imperiali truppe, le quali ove non «costrinsi cpn- n cordi alla foggia delle umane membra, ma vQ^Iiau di* per se operare, ci condurranno, senz’ aver fatto nulla* di qqaqto è mestieri, a tristissimo fiue. Abbando»» unta quindi P Emilia priva di luoghi forti, ed pi a

» di iiewuo vantaggio ai Romani, imponi di subito ai» duit Qioyauni e Giustino che vadano prontamente

 n ad ti&Mi alle truppe accampate a breve intervallo)9 da Milano, per movere poscia con b&stevoli forze, a» vincere i barbari dssediatori di quella città; oè tro-» vomì qui altra gente da mandarvi, Aggiugoi di più* ipnao*i tutto disconvenire, se mal non m’ appongo ,» che militi di qua si partano per soccorrere Mila-» no, dovendo essi consumare nella via tapte giornate,» quante voglionvene per rendere V arrivo loro più* tardo* d*l bisogno; pervenutivi inoltre non potrebbero

 n v&lersijU’ cavalli, stanchi dal viaggio, a combat- n tere il oemico. Ma se con Martino ed Uliare muo* y> vano Giovano! e Giustino , trionferanno fugr d’ o-» gai dubbio della fazione contraria ivi concentra-*» l a , a liberi poscia di tutte le opposizioni farauuosi* nuovamente nell’ Emilia, » Narsete ricevuto il fo

glio ordioa ai prefati duci che procedano alla voltadi Milapo col rimaueute esercito; nè guari dopo.Gio-vauui trasferitosi alla spiaggia marittima vi provvede le

LIBRO SECOMX) aa7

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barche necessarie al travalicare delle acque. Se nou oheuna malattia sopraggiuntagli indugiò le imprese.

IH. Intanto che Martino teraporeggiavasi al passa-

mento del fiume e Giovanni attendea gli ordini di Narsete,prolungatosi- lunga pezza l’assedio, quelli entro la cittàerano a tale ridotti per inopia di vittaaglia che moltinon isdeguarano mangiar cani, sorci ed altri animaliabborriti in prima per cibo dell9uomo. I Gotti poi inviati oratori a Mundila esortanlo ad un arrenJitnento

con promessa che nè a lui nè al presidio verrebbene ilminor danno. Il duce accoglieva la proposta semprecbe ne andasse salva per patto col presidio ben anche tutta la cittadinanza ; ma osservato di poi che inemici, sebbene legatisi per fede seco e colle truppe , molesterebbero a non dubitarne sino alP ester-miuio i Liguri, da cui sentivansi gravemente offesi, ra-guna i suoi a conciope , e così loro'favella : « Se mai79 furonvi di quelli che preferirono ad un turpe vi-

 f> vere onorata morte, anteponendo un sepolcro glorio- 99 so ad uua vituperevole esistenza, di tali io bramerei

 99 che pur voi ora vi mostraste, e che l’amore di prò- 99 trarre alcun poco questa mortale carriera non vi sti- 99 molasse a proseguirla disonoratamente, e contro la 99 disciplina di Belisario, dalla quale di continuo am- 99 maestrati spereremmo invano di poter seuza cólpa» andar privi di coraggio e d’un prontissimo animo ad

 99 incontrare perigli. A quanti entrano in questo moudo 99 va innauzi la universale necessità di morire al giu- 99 gtiere della fissata ora , se non che le più volte gli 99 uomini discordano tra loro per rispetto al genere

« 8 , GUERRE GOTTICHE

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» della morte, ed eccovi donde surga la discrepanza.» Tutti gl’ infingardi poiché furono meritamente il zim-» bello ed il vitupero de’ nemici a pari condizione

» affatto degli altri aggiungono lor fine ; i coraggiosi»>al contrario vi apportano grandissimo corteo di vir-n tu e di gloriose gesta. Oltre di cbe se il servag~ n gio presso de’ barbari guarentisse insieme con noi la99 vita de’ cit tadini, sarebbe in qualche guisa da com-99 miserarsi quella ignominiosa nostra salvezza \ ma se

99 dovnem mirare tanti Romani trucidati dalle m tni dei99 barbati, chi mi negherà essere tale spettacolo asr99 sai più acerbo di qualunque morte ? ed in fé’ mia99 sembreremmo pur noi aiutatori de’ nemici in quella99 cotanta carnificina. Sinché dunque siam liberi^ e99 u’ è pur dato di bellamente coprire la necessità col

99 manto di virtuose geste, del che é forza convengano99 tutti i buoni, accogliamone di ottimo grado la op-99 portùn? occasione. Laonde è mio divisamento cbe» ci preòipitiamo armati sull’ incauto nemico, alten-99 dendoci 1’ una delle due, o di essere, vo’ dire, pro-

9 9 tetti dalla fortuna, o di venir tratti, mercè d’una» morte al di là d’ ogni speranza beata, gloriosameute?» da queste sciagure. *

. IH. Tale,parlò. Mundila, ma nessun de’guerrieri volleesporci al cimento, ed accolte le proposizioni offerte dainemici, tutti s’ arresero in un colla città, dai Gotti rite

nendosi prigionieri e.dure e truppa senza recar loro molestia veruna.IYlilaqo quindi fu agguagliala al suolo, e massacrato ogni'suo abitatore di sesso maschile, non ri^parrmiando«i età comunque, e per lo meno aggiugnevanfc

LIBRQ SECONDO aag

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*3ò GUERRE GOTTICHE

il numero a trecento mila ; le femmine custodite irrij cliiavilfr spedirono poscia in dono ai Burgundioni,guiderdonandoli con esse del soccorso avutone in que

sta guerra. Oltre di che rinvenuto là entro Reparatoprefetto del Pretorio lo fecero a pett i e gittaronne lecarni in cibo ai cani. Cerbentino, pur egli quivi distanza, potè co’ suoi trasferirsi per la veneta regionee pe’confini delle vicine genti neHa paloiafcia , e pas*fato in seguito a visitare l’ imperatore narrogli a suo

bell’ agio quell1 immensa effusione di sangue. Quindii Gotti, occupate per arrendimentó tutte le altre cittàguernite dalle armi imperiali, dominarono l’intera Liguria. Martino ed Uliare coll’ esercito si restituirono inRoma.

C A P O X X » .

 Alt riila ma mio di Belisario a lt udire la strage de* Milanesi.  Narsete richiamato da lt imperatore. Gli Eruli abbandonataV Italia stringon lega co’ Gotti. —* Indarno Vitige invita i Longobardi a parteggiare seco.  Manda ambasciadori a 

Cosròe esortandolo a rompere gli accordi co1 Romani. — Giustiniano cerca di rappattumarsi col nemico.

I. Sì, come dicea, andarono le bisogne. Belisario all’ oscuro tuttavia di quanto era accaduto nella Liguria, terminato il verno divisò marciare coll’ intero

esercito nell’agro Piceno. Strada facendo giuntagli nuovadella milanese cfrrnificina ebbene gravissimo cordoglio,e d’ allora in poi non volle più gli comparisse innanziUliare appalesata quindi ogni cosa alP imperatore ,

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LIf ifìO SECONDO *3i

questi pe'«Ianni sofferti non pigliò in mala parie alcuno,ma conosciuti discordi tra loro il supremo duce e Noisette, richiamò di bolto V ultimo, destinando l’altro da

solo al maneggio di quella guerra. Narsete adunque ac-da poca scorta ricalcò la via di Bizarìtio ,ed aliaseli partenza pii Eruli non vollero più rimanerein italiia, avvegnaché fatte loro e daUo stesso Belisarioe da: Angusto grandi promesse di migliorarne la sorteovVSpresegmssero a dimorarvi. Tutti però, affardellato,

si diressero im priaia media Liguria, >e qui Avvenutisi aiktruppe d’ Uraia ve nd e re loro i prigionieri di guerra,)edil fotaifiàte condotto seco ; laonde ricchi di molto dan a r i giurarono che »oo krmerebbottd più contro de’Gotti, nè •prenderebbe no a guerreggiarli in campo* Atali condiiioai stabilita ta pace misero piede in quel de’Veneti^ dove abboccatisi eoa Viialio mostrarono peo~t inarato del torto fatto ia Giustiniano Augusto, e detesta*tolo mofoerono di lasciar ivi uno dei loro capi, di no*me Visando^ colle sue geuti, e di tornare gli altri tuttia Bixaoiio capitanati da Atuel(i) e Filemut, il quale al

morir di Tertteo nella tenda avea ottenuto la capita^ita n za di quelle genti.IL Vitige ed i Gotti seco, resi avvertiti che sul far

diipnUnavera Belisario moverebbe contraessi aHa volta diRavenna, dannosi colla massima trepidazione a delibe#lare »uHe presenti lor cose. Avutovi in proposito forte

dibattimento, conoscendosi da soli minori delle nemiche forse, risolverono domandare aiuti agli ajtri barbari,

( 1) Altri AUnl.

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ommessi i Germani della cui amicicid aveaaodi già sfavorevoli pruovc ; ben contenti ste costoro non venisserocon Belisario a guerreggiarli, ma si stessero del tutto

neutrali. Spedita pertanto un’ ambasceria a Vaci re deiLongobardi ed offertogli immenso danpro invitanlo adentrar in lega seco ; ma gli ambasciadori vedutolo conistretlissimi legami di benivolenza e di -accordi uìnito&1P impero tornarono indietro pienamente falliti nel divi*sato intento. Vitige allora mal fermo sui provvedimenti

da prendere iva di continuo ragunando i seniori e richiedendoli di consiglio atto a condurre nella più idoneaguisa quelle faccende. Se noo che tra quanti sedeanoa congresso aveavi somma discrepanza nelle opinioni,gli uni perdendosi nel fare al tutto sconvenevoli propo*ste, e gli altri dando scaltramente in brocco ; nel co*storo numerò fu appunto chi dimostrò non essere maiper P addietro riuscito all’ imperatore romano di‘gu«r^reggiare i barbari d'Occidente se non se rappattumandosi in prima ed égli ed i monarchi orientali co’ Persiani ; e di questa guisa essere avvenuta la rovina dei

Vandali e de9 Mauri , ed i Gotti stessi avere incontratole calamità delle quali erauo tuttavia il bersaglio. Sedunque avessevi mezzo di seminare discordie tra Giustiniano Augusto e il re de’ M edi, gli imperiali ni*roteatisi questi addiverrebbero incapaci di portare learmi contro a qualunque altra nazione. Vitige e tutto il

consiglio applaudito a sì forte ragionamento divisare*no mandare a Cosroes re de’ Medi ambasciadori, nondi schiatta gollica, paventando che traditi dalle vesti-menta e riconosciuti non isconvolgessero P intrapresa.

a3a GUERRE GOTTICHE

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ma romani, i quali lavorassero di straforo per allontanarlo da Giustiniano. Tirarono adunque dalla loroa forza di danaro due liguri sacerdoti ; P uno dì essi ,

il più valente per ingegno, sotto mentito abito e nomedi vescovo assunse le parti di ambasciadore e P a|troquelle di segretario : così ambedue si partirono con lettera scritta da Vitige al Medo , dalla quale persuasocostui arrecò ai Romani, fedeli osservatori dei trattatidi pace, tutte quelle sciagure che vennero dà me espo

ste nei precedenti libri (i).III. Giustiniano Augusto allora conosciute le ri

soluzioni del re stabilì di troncare senza indugio laguerra intrapresa nell’ Occidente, e di chiamare Be*lisarto a Bizanzio per dargli la capilananza dell’ esercito destinalo contro la Persia. Accommiatò eziandio subito gli ambasciadori di Vitige, dimoranti ancorànella capitale, promettendo mandare personaggi in Ra>renna per conchiudere seco una pale molto vantaggiosaad ambe la parti ; ma questi ambasciatori non venneroda Belisario spediti a’ Gotti che quando furono da essi

licenziati Atanasio e Pietro, i quali restituilisi in Bizan-zio ebbero grandissimi premj dalP imperatore, Atanasioriportandone la Prefettura del Pretorio d’ Italia, e Pie*»tro la onoranza, come dicono i Romani, di Maestro.Ora la fine del verno diede compimenlo alP anno quartodi questa guerra, la cui 6toria ci fu da Procopio tra

mandata per iscritto.

LIBRO SECONDO *33

(i) Guerre Persiane.

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*54 GUERRE GOTTICHE

C A P O X X I I I .

Cipriano e Giustino assediano Fiesole. Martino e Giovanni entro Dertona (i). —  Belisario sotto le mura di Aussimo. —  

Saggio consigliò di Procopb, H tfuale con doppia tromba stabilisce un doppio segno.

I. Belisario propostosi di espugnare Au**ituo e Fie

sole prima di movere contro Vitige e Ravenna, bramosodi allontanarne il nemico quanto era d’ uopo a fine dinon incontrare più dalle spalle resistenza ed insidie,mandò a Fiesole Cipriano e Giustino seguiti dalle troppeloro, da una mano d’ Isauri , e da cinquecento de’pedoni aventi a duce Demetrio ; costoro giuntivi pian*

tarono il campo intorno al cesteUo assediandovi iaguernigione. Spedì parimente Martino e Giovanni collegenti loro, e con altre sotto gli ordini di Giovanni so*prannomato Faga al fiume Po acciocché tenessero d’occhio Uraia, paventando non costui, uscito di Milano

co’ suoi militi, and asse lo a molestare, ed ove non potessero far petto al nemico, di ascoso calcandone le orme,seguirebbonlo da tergo ; costoro pervenuti al fiome edimpossessatisi della città di Dertona (i), spoglia di mura,posero il campo. Egli poi con undici mila combattentipigliò la via d’Aossimo, principale città del Piceno , e

solita onorarsi dai Romani col titolo di metropoli deliaregione. Da essa al seno Ionico v’ hanno alP incirca ot-

(i) Ora Tortona, città nel Piemonte.

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tanta quattro stadj, éd alla città di Ravenna ottanta,vo’dire il viaggio di tre giornate.

II. Aussimo posta su d’ allo colle non ha via che dal

piano vi metta, è pertanto affatto inaccessibile ai nemici.Vitige aveane fidata la custodia ad uà’ eletta di gottichetruppe ben persuaso che prima dell’ espugnazione di leigi* imperiali non sarebbònsi azzardati di procedere coll’esercito a Ravenna. Belisario giunto ad Aussitno colle suégeuti comandò che si guarnissero di trincee k radici del

colle; ma nel mentre che e gli uni e gli altri da quincie da quindi vanno erigendo alla rinfusa le tende , iGotti aocchiato eh’ e’ teneansi a molta distanza traloro (essendo lo spazio assai Vasto), ne arguiscono laimpossibilità d’ un vicendevole Soccorso , e persuasi diciò fanno sull’ annottare una sortita dalla porta volta adOriente^ dove il condottiero proseguiva tuttavia colie suelance e co’ suoi pavesai le opere del campo; or questiarmatisi alta meglio nel tramazzo opposero valida resistenza, e pigliato nella tenzone Coraggio in poc’ ora costrinsero gli assalitori alla fuga, inseguendoli sino alla

metà del colle. Qui li barbari, confidando nella forte posizione del luogo, fermalo il passo volgon la fronteal nemico e scoccando lor faretre dall’ alto in buondato uccidonne, finché sopravvenne la sera a mettervifine ; partitesi allora le due fazioni si tennero tutta lanotte in guardia. Oltre di che il dì innanzi a que

sto badalucco parecchi Gotti erano usciti coi primi albori a foraggiare sulle vicine campagne, e nelle susseguenti ore notturne ricalcavano la via della città pernulk sapevoli dell’ arrivo de’ nemici; di maniera che ve

LiftRO SECONDO *35

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duti all’ impensata i fuochi romani ebbernc grandissimastupore e spavento. Con tutto ciò molti di essi bravando coraggiosamente ogni pericolo ed ingannando

gli assediatori in occulto ripararono entro le mura ;que’compagni invece che per loro pusillanimità s’eranrifiutati di seguirli rintanaronsi nelle foreste sperando penetrare con miglior agio in Ravenna; ma presto caduti nelle mani de’ nemici vi giuntaron la vita.Belisario considerando Aussimo inespugnabile cogli as

salti in causa delle validissime fortificazioni , e che git-terebbesi in vano il tempo tentando superarne le mura,estimava impresa maggiore de’ suoi mezzi 1’ assoggettarla colle armi, nutriva in cambio speranza di entrarvi riducendone il presidio con uno stuello e rigoroso assedio a patire grandemente di vittuaglia. Non

lunge dalla città un suolo molto erboso forniva giornaliere occasioni di avvisaglie tra’ Romani e Gotti ; imperciocché i primi osservata la nemica giornaliera costumanza di recarvisi a pascolare, ascendevano di carriera il colle, e venuti seco loro alle mani davan pruove

dr grand’animo non permettendo eh’ e’ si valessero perpunto di quella pastura ; nè passava giorno senza ucciderne di mólti. I barbari adunque vinti da tanto coraggio ebbersi ricorso ad uno stratagemma. Apprestarono, vo’dire, alcune ruote tolte dalle carra e sorrette d^i soli assi. Cimentatisi quindi a segar 1’ erba al

lorché videro i Romani ascesi alla metà dell’ erta ve lespinsero dall’ alto contro ; ma non so per qual fatòelleno arrivarono al piano senza toccar persona. Delusi pertanto dallo stratagemma ripararono di fuga nella

*36 GUERRE GOTTICHE

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cit tà occ up an do si di nuovi ma cchi nam enti ; fecero iti 

ispec ie acquattarti di asc os o nelle vall i sot to po ste alle  

mura sceltiss ima schiera del le gent i loro, per mo do ohe  

apparissero in qualche distanza ben pochi foraggia-  tori . Da tosi quindi principio alla zuffa bal zan do fuori  

d e ’ nasco ndig li quanti vi si t enea n celati , , ben superiori  

in nu mer o de ’ Rom ani , con impreved uto urto ne fer i- 

scou moll i le costr ingono gl i al tr i a dare precipitosamente  

di volta. Gli imperiali poi rimasi negli ste cca li aveatio 

ved uto i barbari uscir fuori delle insidie, e q ua ntu nq ue  

con voce alt iss ima chiamassero indietro i compagni non  

erano r iuscit i a farsi intend ere, im per occ hé i co m ba t

tenti non iidivan affa Ito lor grida, es se nd o lont ani per 

tutta la-n on breve erta del col le ed assordati dal n e

mic o, il quale faceva a bello studio grandis simo strepito 

colle armi.

III . Propopro allora , autore di questi l i b r i , si pre

se nt ò a Belis ario ', e nulla sap evo le de1costui divisa- 

menti per impedire nuo ve consimil i sc iagure gl i dis

se. « Ab anti co i trombadori d e ’ rom ani esercit i , o ca-  

w p it a n o , venivano a mmaestral i nel trombare in due  » gu is e; I’ una delle quali non differiva pun to da e-

* sortaz ione o pro voca men to al la pugna ; 1’ altra ri- 

» chiam ava nel cam po i com batte nt i qu an do il duce  

» giudicasse!*) op po rtu no . C osì in ogui tem po i con do t-  

» t ieri divulgavano con agevolezza, som ma i com an da -  

 r> menti alle tru ppe, e qu este poteanli di col ta-eseg uire.  » Conciossiacliè principiata la mischia un nulla vale lo  

 fi sforzo della v oce ad esprimersi chia ram ente , d7ogni  

» intorno r ipercotendo i l fragor del le armi, e la tema

LIBRO SECONDO *37

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» rendendo ottusi i seusi de’combattenti, Or dunque r> siccome a dì uostri (al arte è andata fuor d’ uso» per ignoranza, una tromba sola può supplire ambo

» i suoni, da quinci innanzi fa di questo modo: con» trombe equestri anima le tue schiere alla battaglia,» e con altre pedestri loro intima la ritirata ; così el- n leno distingueranno, in guisa certa, amendue i suoni,» tramandandosi l 'uno da sottilissimo cuoio e legno,» Pai Irò da più compatto metallo. * Siu qui Procopio,

e Belisario applaudendogli ragunò tutto V esercito perammonirlo nel seguente modo: <* Giudico opportuno il» coraggio e meritevole di gran lode fino a tanto clic

 n esso nou travalica i limiti della moderazione o, vo- y> gliatn dire , non è di nocumento a coloro in cui al- f> berga, solendo tutte le virtù spinte all’ eccesso dege-» nerare in vizj. Guardatevi adunque nell7 avvenire di» non rimaner gabbati da un1ambiziosa gara , imper-* ciocché non dobbiamo arrossire del sottrarci da un ma* 99 liziato assalimepto, Che anzi se talouo va baldanzoso» ad incoutrare manifestissimi guai, dato pur che sano

» e salvo ne campi , riporteranue con tutta ragione la» taccia di temerario ; meritando il nome di caloroso» chi sa operaie da prode quando necessità lo stringe.» I barbari, di molto a voi inferiori in campo, studiaci» vincervi cogli agguati; cadrete quindi in colpa maggiore» coll’ affrontare il pericolo che non coll’evitare le frodi

 99 loro, nulla essendo tanto vitaperevole quauto il farsi» ministri de’ maccliinamenti e voleri de’ nostri avver-

sarj. Io rivolgerò ogni mia cura, vel prometto, a gua- 99 renlirvi dalle costoro insidie , a voi si spetterà il sol-

?38 GLtHKK GOTT1CHK

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 n trarvene appena avuto da me il segno, e la tuba pe-» destre, o guerrieri, sarà pronta a darlo. » Dopoqueste ammonizioni di Belisario le truppe veduti i ue-

mici a foraggiare ne uccisero di tratto con iscorri-banda alcuni, ed un Maurusio aocchiato tate di essispento e a dovizia ornato d’ oro, pigliatolo per la chioma, bramoso di spogliarne il cadavere, traevalo a sè.Ma in questa altri de’ Gotti gli avyentò un dardo, ilquale di guisa Ir&passonne i muscoli dietro le due tibie,

che ambo i piedi, per la intromissione del ferro, rima-songli insiem congiunti; il Maurusio non di meno, te-uuta forte quella chioma, compiè T opera sua. In questa i barbari surgono dagli agguati, e Belisario vedutilidal suo campo ordina prontamente ai trorabadori pedestri di dar Calo ai loro stromenti ; al segno i Ro

mani a poco a poco indietreggiarono concludendo secoil Maurusio da’piè trafitti, e i Gotti non osando incalzarli retrocedettero a man vuote.

CAPO XXIV.

 Lettera de* Gotti in Aussimo a Vitige chiedendogli soccorso. Vana promessa del re. — Cipriano e Giustino assediano Fiesole• Uraia in marcia al Ticino; ma, valicato il Po, non osa cimentarsi co’ Romani.

I. Col procedere del tempo i Gotti venuti a penu-

riare d’ assai la giornaliera vittuaglia deliberarono sulcome esporre a Vitige le angustie loro, non avendovi chi ardisse incaricarsi della malagevole andata alui, tutti più che certi 'del l’assidua romana vigilanza

LIBRO SÉCONnO 139

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intorno a quel lo mu ra, e con ven ner o nel la se gue nte  

frode. Scelta una not te priva di luna ed appront ati

i messi co lla lette ra da con seg na rs i al re , il p resi

dio tutto, inoltratesi ben le teneb re, inalzò da varie parli alt issime grida , a tale cbe sarebbon si creduli  

andare a romore e confusione vedendo sè stess i grau-  

de m en te alle strette col ne m ic o, e la c i ttà alP imprevi

sta cadu ta nelle c ostui inani. G l ’ imperiali , non pot end o  

nullamenle conghietturare la cagione di s ì grave tram

busto , r imau eansi fermi per ordine di Belisario nelle  proprie trincee, dall’un lato paventando non i l presidio  

uscito delle mu ra pro ced ess e a combat terli , dall’ altro 

no n fossero per esse re attaccati dall’e serc ito a stanza in 

Rave nna, ed ora capita to in soc co rso di quel la sua 

gen te . In tra que ste dubb iezze divisava no megl io r ima

nersi sani e salvi iu luogo sicuro che non gittartfi 

per quelle tenebre in manifesti perigli. Così i barbari  

senza i l menomo sospetto degl i imperial i spediscono a 

Rav enn a lor messi , i quali non veduti da oc ch io n e

mico giungono dopo i l terzo giorno al cospetto di Vi

tige e gli presentano la qui riportata lettera. « Nel coj-   n locarci , o re, di presidio in Aussimo udimmo a dirli  

»9 che pon evi uel le nostre mani le chiavi di Rave nna e  

99 del tuo regn o; ci ordinasti pertanto di met tere a pruo-  

99 va tutto il nostro corag gio oud e impedir e che uu 

99 do mi ni o g ott ico addi venis se c onq uistò r om an a. Ci 

99 promettest i inoltre che abb isogn ando noi di soccors i ) 99 ti saresti qui recato con tutte le tr u p p e , e con tanta 

« prontezza^ da esser e tu ste sso il primo ad an nu nzi arc i  

9j tale vetiula. N o i iu verità abb ia m o fatto di tu tl o per

?4o GUERRE GOTTICHE

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» estere custodi fedeli del tuo regno combattendo colla9» fame e eoo Belisario, ma, sino ad ora ci troviamo

 99 delusi nell’ aspettativa d’ un qualche soccorso. Guar-

9 da per tanto eb#Romani pigliato Aussimo, ove tu» quanto v’ ha  ài ^ioehiuso in queste mura trascuri,» non abbiano spalancato V adito , impossessatisi delle99 chiavi, atta conquista de’ tuoi possedimenti. 99 Così lascritta, e Vitige appena lettala fa retrocedere gli inviaticolla promessa di condurvi in persona tutto l’esercito

se non che poscia, lungamente pensatovi t sopra, nnllàimprende pertema non venissegli serrata la via e daGiovanni postoglisi dalle spalle e da grandi schieredi bellicosissimi guerrieri, che opinaya attorniare ilcondottier romano. Ma innanzi tutto davagli forte pensiero la fame .non'sapendo Come fornire l’ esercito diannona, nel mentre che i Romani, padroni del maree del castello di Ancona e riusciti a depositare in que-*sto. tutte le bisogne loro, avutele dalla Sicilia, e dallaCalabria, di leggieri ed a tempo e luogo faceanle tradurre nel campo j nè paventava meno che i Gotti guer*

reggianti nell’agro Piceno stessersi molto alle strettein proposito di vittuaglia. I messi adunque inviatigli restituitisi liberi da ogni molestia in Aussimo , vi riferiscono le promesse di Vitige, destando con ciò vanesperanze negli animi di quella guernigione. Belisario in*tanto all’ udire dai fuggitivi l’ occorso inculcò più rigo

rosa vigilanza per togliere ogni mezzo,a simigliatiti feodi.Così quelle faccende.

II. Cipriano e Giustino assedianli Fiesole non potè*

LIBRO SECONDO a4>

Paocono, lom, 11, 16

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GUERRE GOTTICHE

vano espugnarne le mura, nè tàmpoco appressarvi*!, larocca essendo tutt’alP intorno di malagevole accesso ;miravansi altresì esposti a9 continui assalimenti de’ bar

bari, i quali preferivano il morir combattendo ai disagiprodotti da mancamento d’annona. Da principio dubbiafu la sorte delle armi, ed or per gli uni ora per gli altri la vittoria, ma poscia i Romani, addivenuti superiorie da per tutto sequestrato il nemico entro le mura,stavansi bene all’erta acciocché nom non ne uscisse.

Il presidio non di meno privo di vittuaglia e ridottoalle massime angustie spedisce occultissimamente altrafiata a Vitige chiedendogli pronto soccorso e dichiarandosi incapace di più lunga resistenza. A questo annunzio il re comanda al duce Uraia di marciare collemilizie della Liguria sull9agro ticinese, nella persua

sione che di tal modo procaccerebbesi egli stesso laopportunità di farsi con tutte le gottiche truppe e senzaindugj a soccorrere gli assediati. QuegK obbediente agliordini avuti conduce l’affidatogli esercito a Pavia ; quindivalicato il fiume Po s’avvicina al campo romano, ed al

solo intervallo di sessanta stadj piantavi il suo. Nessunodiè principio al combattere, sembrando agli imperialia bastanza V impedire che il nemico aggiugnesse gli assediati, e mal sentivano gli altri di quivi cimentarsi,pensando che perduta la battaglia avrebbero posto affatto a soqquadro le cose de’ Gotti, rimanendo nella

impossibilità di soccorrere, unitamente alle truppe diVitige, quelle mura. Di tali considerazioni rattenevaQO

limbo le parti entro a’ proprj v a ll i,

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LIBRO SECONDO

CAPO XXV.

 R$ Teudeberto coiy truppa in Italia. Cottoro armi, e travalica- mento del Po a Ticino, città. Riti presso di loro, giusta Pro-copio, dell* antica superstizione. Scacciano Gotti e Romani dai rispettivi campi Molti di essi rimangon vittime della dissenteria. —•  Lettera di Belisario a Teudebetto. Ritorno de* Franchi alle caso loro.

I. I Franchi iritrattante), all’ udire le gottiche c leromane forze affievolite dalla presente guerra , foratisiin ispetanza di potere a tutto belF agio cpnqnistare granparte delP Italia, mal comportavano lo starsene oziosi arimirare che altri si disputassero tanto lungamente lasignori* d’ nna regione vicinissima alla lo ro , senza en-tromettervisi eglino stessi colle proprie armi. Smenti-cati adunque i giuramenti co’ quali testé promesso avea-no pace a’ Romani ed a’ Gotti (è dessa la più misleale ditotte le genti) ed affardellato all’istante in numero quasidi cento mila guerrieri preudon la via d’ Italia sotto il

condottiero Teudeberto. Pochi cavalieri, e questi soli armati di lancia seguivano il re ; gli altri tutti eran fantiprivi di arco e d ’ asta , ma avente ciascheduno spada,scudo e ferrea senre ben grossa, da ambe le estremità acutissima, ed accomandata a corto manico di le*gno. Dato "il segno della pugna, al primo scontro e*

lanciano quest’ arma per mettere in pe?zi gli scudinemici ed ucciderne le persone. Ora i Franchi superate le Alpi a confine del proprio suolo e dell’Italiaprocedettero nella Liguria, 1  6 otti offesi dalla costoro

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?44 GUÈRRE GOTTICHE

caparbieria, avendoli più e più volte eccitati eoa promesse di molte terré e di gran danaro a strigner legaseco in conformità alla data parola, nè essendo mai

riusciti a tenerli iu fede, udito T arrivo di 'T eude-berlo con forte esercito giubilaronne levandosi in grandissime speranze, e fin credendo che potrebbero daquinci in poi soggiogare Toste nemica senza bisogno dicombattimenti. I Germani guardaronsi dal mole&t&re onninamente i Gotti durante lor dimora su quel de’ f i

guri per non averli contrarj nel valicare il Po. Arrivatiquindi a Ticino cit tà , dove gli antichi Romani git+tarono un ponte sul fiume, le guardie ivi a stanzamercè la lunga amicizia con essi lasciàronli passareliberamente. I Franchi in iscambio addivenuti padroni del ponte trucidarono e donne e prole de7 Gotti, quante eranvene all’intorno, gittandone i cadaverinell’ acqua siccome primizia di guerra. Imperciocchéeglino sebbene cristiani conservano tuttavia molti ritidell’ antica superstizione , valendosi pe’ loro augurj diumane vìttime' e di altri empj sagrificii. I Gòtti alla

vista di sì orribile massacro ripararono colmi di terrore nella città ; ed i Germani trapassalo il fiume dau-nosi a raggtugnerne il campo, dove i militi da principio vedendoli procedere a piccoli drappelli stavausi lietirimirandone la venuta, persuasi che vi capitassero collabuona intenzione di partecipare seco ai pericoli di quella

guerra. Ma avuto principio dai Germani arrivativi ingran numero la ruffa, e lanciate le scuri a farne macello , e9 volti gli omeri se ne fuggirono , ed a carrieraattraversando gli stessi campi romani battoa la via di

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Ravenna. Gli imperiali, veduta da costoro fugarsi pensano che Belisario procedendo a soccorrerli abbia assalito il campo nemico, e vintolo siane riroaso pa

drone. Or bene, fermi in questo divisamento dannodi pìglio alle armi, e mentre frettolosi calcan la viaper unirsi a lui s’ avvengono impensatamente all’ e-sercito de9 Franchi, e v’ appiccano a malincorpo battaglia. In questa toccata una compiuta sconfitta  r e perduta ogni speranza di retrocedere ne’ proprii campi

avviaronsi tutti nella Tusda e\ da quivi, posto giù iltimore, informarono minutamente con lettera Belisariodelle traversie sofferte. I Franchi vinti e dispersi glium e gli altri, come scrivea, e rendutisi padroni de’vuoti catnpi ebbero per allora copia di vittuaglia, maconsumatala in brevissimo tempo a motivo del grandelor numero, più non traevano da quel ^uolo fatto spoglio di abitatori che carne di bue ed acqua del Po. Orquesta largamente bevuta ridusscli inetti, affievolendonegli stomachi, a digerire la carne; il perchè molti di loroassaliti da soccorrenza e dissenteria non risanavano

per diffalta d’ altro cibo , e tanta ne fu la mortalità daagguagliare, stando alle notizie, un terzo dell’ esercito ,il quale dopo sì grave perdita, vedutosi impotente diproseguire il corso delle sue conquiste, dovè mal suogrado far alto.

II. Belisario udendo la venuta de’ Franchi e la scon*

fitta e la fuga di Martino e di Giovanni turbossi e paventò vuoi per tutto il suo esercito , vuoi , ed anche dipiù , per gli assedianti Fiesole , sapendoli assai menolontani dai barbari. Laonde subito e di tal fatta scrisse

LIBRO SECONDO *45

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dunque colla lettera perfettamente suggellata a Ravenna,dove introdotto «Ila presenza di Vitige gliela consegna,ed eccone a un di presso il tenore: « A quale trista

99 condizione siamo di già ridótti lo comprenderai aper-» tamente col domandare al messo chi e donde egli ne99 sia ; imperocché non havvi Gotto che osi metter piede99 fuor delle mura. Tutta la grandissima nostra vitto-99 vaglia è sotto di queste; vogliam dire l’erba; ma ora* neppur di lei possiamo valerci se non in forza di san-

» guinosissimi badalucchi. Dove andranno a riuscire di99 tali cose ed a te ed a’ tuoi dimoranti in Ravenna si» pertiene vederlo. » Vitige letto il foglio, rispondea:« Non sia chi di voi, o miei carissimi sopra tutti i mor-» tali, opini avviliti i nostri animi e resi torpidi a se-99 gno di tenere per inerzia sì picciol conto dei Gotti.

99 Ogni cosa era testé più che in ordine perla partenza;* io avea di già inviato Ùraia cqII’ intero novero delle» sue truppe alla volta di Milano, quando un impreve* 99 duto assalimelo de’ Franchi sconvolse tu ttp le no- n stre disposizioni ; nè uom si e che m’ aggravi di tan-

99 to sinistro, imperocché le vicende superiori ad ogni* r umano sforzo purgano, se non altro, della qolpa le99 vittime d’ una contraria fortuna; questa «prendeU in-99 tieramente sopra di sèr e chiamasene affatto malleva-99 trice. Ora poi, udita la partenza di Teudeherto. saremo99 a voi tra breve, consentendolo il Au con lutto T c-

99 sercito nostro. V’è mestieri i n t a n t o di corag-9» gio contro le avversità cui so^-iacete ed accomo-» darvi il meglio alle imperiose circostanze di cotoste

.mura, non dimenticando P a n t i c o v a l o r e , m e r e w d e l

*48 GUERRE- GOTTICHE

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^ quale, datavi la preferenza su gli altri tutti, ve le» ho affidate} v’ è d’ uopo quindi rispettare la bellis-» sima opinione che godete presso di noi, quella in*

» tendomi di ritenervi il propugnacolo di Ravenna ,» e della nostra salvézza. » Vitige dato compimento allalettera accommiatò il messó con largo dono , e costuigiunto in Aussimo, e scolpatosi presso de’ suoi commilitoni della lunga assenza, pretestando che pigliato damalattia erasi dovuto riparare in un vicino tempio,

si recò poscia alla fissatagli stazione, e da quivi all’in-saputa delP universale ricapitò ai nemici il foglio, perla cui pubblica lettura s’ inanimi di guisa ognuno chesebbene alle strette colla fame non volle più arrendersi alle mollo belle proposte ricevute dal supremoduce imperiale. Accertati di poi che nessun aiuto marciava da Ravenna a quella voltaied assaliti ognor piùgagliardamente dalla fame spediscono altra fiata Bur-cenzio al re loro con lettera in cui dichiaravansi laconicamente incapaci di tollerare la diffalta dei cibi al dila dei cinque giorni } costui po rtò , facendosi indie

tro , la risposta di Vitige , il quale non cessava animarli eoa le ordinarie speranze.

II. I Romani, per tornare ad essi, comportando amalincorpo in deserta regione un sì lungo assedio, eransineHa incertezza di proseguirlo, vedendo in ispecie i barbari, avvegnaché mài concj da tante sciagure^ ostinatis

simi nella difesa. Il perchè Belisario nulla ommeltevaper avere nelle sue mani vivo qualche nemico de’ piùimggttardévoli, sperando con ciò indagare donde origi-

 jtiMtfiqtfella grandissima constànza in mezzo ai tanti

LIBRO SECONDO 2*9

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lor mali. Comuuicati adunque i suoi pensamenti a Va*leriauo, questi lo assicurò che di leggieri condurrebbea buon fine V impresa, avendovi Ira1 suoi militi parec*

cbi Sclabéni, i quali appiattatisi chetamente sotto diAngusto sasso o virgulto , e rimanendovi celati ai pas-seggieri, erano soliti ad attrappare qual si volevan ne*mico; ned altrimenti costoro adoperare presso del fiu*me Istro, ove hanno stanza, e contro i Romani, e contro gli altri barbari. Belisario lietamente uditone co

mandò che presto si desse mano all’opera, e quel duceuno trasceltone, robustissimo della persona e di espe-rimentato coraggio , gli prómise a nome del supremoduce molto danaro, quando riuscisse a pigliare uom de1nemici vivo. E quegli che sì, dicea, ed essere beu age-vol cosa laddove il suolo vcstivasi tuttavia d’ erba , essendo gran pezza che i Gotti, consumata la vittuaglia,vi traevano di che cibarsi. Costui adunque d'assai buonmattino s’ appressa al muro, e coperto da un arboscello* raggricchiatosi nella sottoposta erba vi sta in agguato.Al primo albeggiar poi ecco inoltrare fin colà tal de9

Gotti e mettersi a segare il verde, non paventandosinistri dall’arbuscello, e solo gittaudo continai sguardisul campo romano perchè altri non capitasse a molestarlo. Ma lo Sclabeno assalitolo all’ improviso dagliomeri lo afferra , e strettolo a metà vita con ambe lemani lo conduce al campo, ove ne fa la consegna a Va*

leriano. Questi, donde, o prigioniero, gli dice, cotantasperanza ne’Gotti, ! quali avvegnaché estenuati di forzeantepongono perseverantemente una disagiatissima vita aldivenire nostri suggetti? L’ altro palesò da imo a som-

q5o GUERRE GOTTICHE

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LIBRO SECONDO i 5#

«io la tradigione di Burcenzio, ed in un confronto traessi lo rimandò cohvinto. Il fellone come si vide al tuttoscoperto fe^ intiera confessione del commesso reato,  t d  

in pena del tradimento venne posto da Belisario in baliade’ suoi compagni, cbe vivo e sotto gli occhi de* nemicicon^egnaroalo alle fiamme, perchè assaporasse di faiguisa il frutto della soverchia avidità dei danaro*

C A P O X X V I I .

Ostinatissimo combattimento alla fonie d'Aussimo. —  Resa di Ficsolt ed Aussimo.

L Belisario vedendo i barbari comportarsi con tantafermami» d1animo tra quelle sciagure divisava privarli

delTacqoa, persuaso questa «ssere la più breve e facilevia di costringerli ad un arrendimento. Dalla parte d ’Aus*simo volta a settentrione, ed un trar di pietra lungedalle mura aveavi in dirupato suolo una fonte, la cuisottilissima vena cadente in vecchia grotta empivano il

cavo v e da qui gli abitatori attignevano a tutto bel*V agio acqua \ laónde opinò che distrutto quel ricettacolo i barbari fatti bersaglio delle nemiche frecceddk} avrebbero potuto lungamente rimanervi colle anafore ìlpro per raccorne il bisogno : messosi adunque adescogitare i mezzi opportuni a tanta impresa, trascelse

alla  ppv fine il seguente. Comandato a sue genti di  nr- tnarsi,#j$fe le mura con tale apparato di pronto com~battimento che i Gotti non poterono a meno di so

spettare prossimo un generale assalto, e paurosi di

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ciò teneansi ai merli per imprenderne la difesa. Belisario in qóesta fa comando a cinque Isauri, valentissiminell’ arte fabbrile, di penetrare con iscuri ed altri stro

nfienti acconcj al taglio delle pietre e protetti da moltiscudi nella grotta per romperne prontamente e rovesciarne come sapessero il meglio le pareti; i barbari mirando costoro inoltrarsi sotto del muro stet-tersi cheti alP uopo di saettarli vie meglio non appena e’ si fossero di più avvicinati ; nè sospettavano

(in qui d’ inganno. Ma non sì tosto ebbero vedutogli (sauri padroni della caverna che assalgon il restocon sassi e proietti d’ ogni maniera , ed i Romani allora a corsa retrocedettero, ivi lasciando que’ soli cinque militi a dar mano all’ opera, i quali trovandosi làentro fuòr di pericolo, imperciocché in lontani tempi a(ine di aombrare il luogo eravi stata costrutta una voltasopra* P acqua, faceansi giuoco del folto saettamento nemico. Ora i Gotti intolleranti di rimanere nel circuitodelle mura, aperta la porta ivi da presso, piombaronoalla rinfusa e tutti ribollenti di sdegno sopra i guasta

tori, e gP imperiali aneti’ essi ad instigazione di Belisario accorsero pieni di coraggio alla difesa de’ suoi ;qui si combattè ostinatamente e gran pezza discacciandosi a mata a muta gli uni e gli altri con grave reciproca strage , e maggiore di Romani che non di Gotti, i quali da più elevato suolo pugnando récavano ec

cidio tale da non reggere al paragone di quanto neprovavano eglino stessi ; nè con tutto ciò i primi vo-lean darsi per vinti rispettando Belisario ivi accorso,e mai sazio di animarli colla sua voce. In questa una

i t i GUERRE GOTTICHE

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freccia avventata da tale de’ nemici iva già, vuoi acaso, vuoi ad arte, e stridendo per la gran foga nell’aeread investire direttamente il ventre del condottiero as

sorto in altre cure, e quindi, nella impossibilità di allontanarsi o di evitarne l’offesa. Una su^ lancia tuttavia, di nome Unegato ed a breve distanza da lui, ve»duto il pericolo e fattoglisi colla destra $cudo, sal-volto contro la comune .aspettazione ; ma riportatoneegli grave ferita dovè tpsto addoloratissimo abbandonare

1’ ordinanza, nè fu più in. i»tato di valersi del hrac-cio, avendone il colpo troncato i nervi. La battagli?principiata col mattino proseguì sino al meriggio, e setteArmeni agli stipendj di Narsete ed Arazio fecero inessa pruove da dirsene, correndo su per que’ malage

volissimi balzi non altrimenti die nella pianura, educcidendo chiunque s’opponeva loro, finché giunsero amettere in fuga i barbari di fronte; gli altri Romaniveduto l’inimico piegare vie più lo incalzano, e messolo alla per fine in piena rotta costringono -a riparare entro le mura. Tra queste faccende gl’impe

riali opinavano di già abbattuto dagli Isauri il serba-lo io dell’ acqua, e condotta a felice termine l’impresa;quando per lo contrario non erasi ancor levata unasol pietra , essendo che gli artefici degli andati tempi,soliti ad eseguire le opere loro con tutta la perizia del-1’ arte, avèanlo costruito forte sì da non cedere alle in

giurie nè degli uomini , nè degli anni. Gli Isauri a-dunque non appena retroceduti i Romani nel campo vi tornarono anrh ’ essi , abbandonando, la grotta>senza compiere I’ impresa loro. Belisario allora coman

LIBRO SECONDO a55

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dò alle truppe di gittare in quell’acquà le morie bestie, e le erbe più oocevoli all’umana salute; v’ im-*mergessero di più ed estinguessero la pietra grande

mente arsa dal fuoco, che altre volte dalle genti Doma-vasi calce, ed orala chiamiamo asbesto (i) (per indicarenon distrutta affatto in essa la fona del fuoco), il qualeordine di subito venne eseguito. I barbari intanto si va*levano, sebbene molto più parcamente di quanto la ne*cessità richiedesse, d’un pozzo scarsissimo d’acqua entro

le mura. 11 duce supremo poi avea dimesso il pensierod’impadronirsi armata mano della città, e di fare nuovitentativi risgnardanti sia la grotta^ sia altra cosa comunque } e’ sperava che la fame di per sè basterebbe a domare i nemici, e mirando a ciò limitava ogni sua curaad una strettissima guardia degli assediati. Questi poinella ferma persuasione ancora che sarebbe per giugnereda Ravenna 1’ esercito ad aiutarli, sebbene oppressi dasomma carestia di vittuaglia non venivano ad alcuna de*terminazione,

II. In colai mezzo gli assediali di Fiesole in balia di

gagliardissima fame, arrivati al punto di non saper piùcomportarne gli acerbi disagj , ed opinando vano ognipensiero di aiuti da Ravenna stabilirono arrendersi al nemico. Fattisi pertanto a colloquio con Cipriano e Giustino , ed ottenuta sacra promessa che ne andrebberosalvi delle persone, tolonlarj consegnarono sè stessi ed

il castellò ai Romani. Laonde Cipriano , guernito Fie-

(i) vAcr£fr7«fJ inestinguibile. Questa pietra è della natura 

dell' amianto.

?54 GUERRE GOTTICHE

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sole dì sufficiente presidio, condusse i prigioni e letroppe sotto di Aussimo. Quivi giunti Belisario mostrando i vinti duci ai difensori di quelle mora esortavali a

riaversi da un così inopportuno impazzire, ed a spogliaregli animi delle affatto vane speranze ricevute da Vi*tige, siccome inutili, nulla ritenendo loro di meglioche, rifiniti dalle giornaliere calamità, piegare il capoalla sorte medesima, cui la gueruigione di Fiesole dovèalla stretta de9conti soggiacere. Queglino adunque dopo

lunga e matura deliberazione, abbattuti dalla fame, prestarono da ultimo docile orecchio ai consigli avuti, edichiararonsi pronti a cedere la città quando si accordasse loro di poter sani e salvi e colle proprie suppellettili riparare in Ravènna. A tale proposta Belisariostettesi lungamente in fra due, vedendo contraria allesue future imprese la congiunzione di tanti e tanto valorosi nemici con quelli nell’ Emilia a stanza. Inere*scevagli d’altronde perdere cogli indugi V occasione,e pensava, lasciando qui le cose tuttavia in sospeso,di marciare contro al re loro. Imperciocché era in*

quieto sulle mosse de’ Franchi, divolgatosi eh’ e’ sarebbero per giugnere tra breve in soccorso de’ Gotti. Cosìe’ bramava ardentemente prevenirne l’arrivo e non vo*lea tampoco abbandonare le mura d’ Aussimo primadi conquistarle. I soldati di più faceangli instanza chenon accordasse ai barbari di ritirarsi portando seco il

danaro, ed a vie meglio indiirlo dalla loro mostravangltle ferite in gran copia ricevute durante 1’ assedio , nètaceano tutte le sofferte molestie, mercè delle qualiteneansi in diritto d’un guiderdone colle spoglie de.’

LIBRO SECONDO ?55

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a56 GUERRE GOTTICHE

viuti. Alla per fine da quinci i Romani temendo ve*dersi precipitosamente fuggita 1’ occasione, da quindigli assediati oppressi dalla fame convennero ad una. che

i primi dividessersi metà del dauaro custodito in Aus~simo , e gli altri col rimanente passassero sotto il do*minio e 1’ autorità imperiale. Questi accordi furonoda ambe le parti fermati con giuramento, promettendoi vincitori di attenersi della miglior fede ai pa tti, e laguernigione di non occultare parte alcuna delle ricchezze

loro fattosene così lo scompartimento queglino ebberoAussimo, e questi furono divisi per le romane truppe.

C A P O X X V I I I .

 Belisario impedisce P introduzione di vitluaglie in Ravenna, —

 Ambascerie dei re franchi e di Belisario a Vitige, —Granai di Ravenna incendiati — Arrendimento de’ Gotti  a stanza nelle alpi Cozzie.

I. Belisario dopo il prefato conquisto passò contutte le truppe ad assediare Ravenna. Fattosi prece

dere da Magno con imponenti forze comandògli cheda quella banda impedisse con trascorrimenti continui sulla riva del Po V  arrivo di annona pe’ Gotti,e Vitalio giunto con truppe dalla Dalmazia occupénneT opposta sponda. Ora la fortuna presentò loro uncaso attissima a convincerli senza replica che di suo

arbitrio reggerebbe i destini d’ambe le fazioni. 1 Gottiavean condotto da prima nel fiume gran copia di palischermi acquistali nella Liguria, ed empitili di grano edi altri commestibili era lor mente d’inviarli a Ravenna.

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» fa mento e’ seppelliranno tutto il romano esercito sotto» le possenti azze loro. A voi pertanto si conviene tener

 fi le parti non di chi vuol imporvi giogo di schiavitù,

» ma di chi per benivoienza somma ai Gotti non i-« sdegna incontrare i perìgli della guerra; che se vi fi batterete unitamente a noi o gl’ imperiali usciranno af- n fatto d’ ogni speranza di poterla con -entrambi com- n potere, o ben di leggieri verranno dalle armi no* fi stre sconfitti. Se poi vi legherete co’ Romani neppur

» così reggerete alle genti de7Franchi ( non avendovi n equilibrio di forze nel cimento ), ed affé nostra do-» vrete cedere ad uomini rendntisi vostri nemicissimi

 fi sopra tutti, gli altri ;,ed è la massima delle follie il99 voler pericolare ad occhi veggenti, quando lunge da

 fi ogni guerresca impresa n’è dato avere salvezza. I Ro*» mani di più sono mai sempre disleali co’ barbari, loro» portando implacabile odio per natura. Del resto se vi» garbeggia la proposta comanderemo concordemente a

 r> tutta r I ta l ia n e seguiremo quella forma di reggi- ff  mento che ci parrà migliore. A te adunque, o re, ed

 fu a’ tuoi Gotti si spetta prendere il partito più idoneo fi alle bisogne vostre. » Inoltratisi quindi gli ambascia-tori di Belisario dicevano: « Non abbiam mestieri di

 r> molte parole a dimostrarvi essere per nuocere un n vero niente alle imperiali truppe la moltitudine de1» Germani sì da costoro millantata per isbigottirv».

99 Da lunga esperienza voi già bene apparaste non ce-99 dere mai il valore al numero, comunque grande si» voglia, de’ combattenti. Passiamo eziandio con silen«

 n zio che nessuno de'regi al paro del nostro imperatore

258 GUERRE GOTTICHE

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» può col novero degli armati soverchiare il nemico.» Di quella fede poi che tanto pomposamente costoro» dicono serbare a tutte le genti mostraronne là fermefc-

» za, messi da banda i Toringii (i) ed i Burgundioni, a» voi medesimi già loro confederati. E qui di buon grado» ci faremmo ad interrogare i Franchi qual Nume chia-» maudo a testimonio e9 sarebbero per darvi certa

 99 malleveria delle promesse loro. Imperciocché voi, jt se pur conservate rimembranza delle passate cose,

» avrete di certo presente l’avvenuto al fiume Po, come,99  vogliam dire, e’ venerino quel D io , pel quale pveano* poco prima sagramentato ; spergiuri a segno che fat-

 n ta con voi lega nou solo ricusarono di unire le prò* 99 prie armi alle vostre, ma. fin ve 1* rivolser così sver- 99 gognatamente contro. £ che andiam rimestando  Ip 

 sì trascorse faccende per rendere manifesta l’empietà 99 de7 Franch i, quando non bavvi sceUeraggine più J9 enorme di quest9ambasceria? Conciossiachè eglino» quasi affatto dimentichi dei giurati accordi preten-

 99 dono da voi in guiderdone de9loro futuri aiuti la

 n comunanza di tutte le cose vostre. Ma se riusciranno» a buon fine le trame orditevi, alla stretta dei conti4 vi accorgerete dove P insasiabile cupidigia loro sarà» per arrestarsi nelle sue pretensioni,  n

III . Non altrimenti parlamentarono gli ambasciadorimandati da Belisario ; Vitige poscia tenuta lunga con

ferenza cogli ottimati suoi preferì amicarsi P imperatore ed accommiatare i Franchi senza conchiudervi

LIBRO SECONDO a5g

(ì) Popoli dell'Alta Sassonia, iu Alternagli*.

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nulla. Da quest' epoca e Romani e Gotti spedironsi avicenda frequenti ambascerie per istabilire la pace,Belisario continuando intanto a guardare strettamente

cbe non pervenisse loro vittuaglia, ed ordinando a Vi-talio di passare nella veneta regione per occuparvimolti di que1luoghi. Egli poi fatto valicare il Po ad II-digere munì dalle due ripe il fiume coll’ intendimentoohe gli assediati avviliti dall’ognor più crescente mancanza d’annona piegassero alle condizioni da lui propo

ste. Avvertito inoltre cbe nei pubblici granai di Ravennaesisteva gran copia di frumento sedusse con danaro talede’cittadini a mandarli in fiamme, appiccatovi di ascoso fuoco, insiem con tutte le biade ; e vuoisi cbe ditanto fosse complice la stessa moglie del re, Mata-sunta. Ma sebbene altri attribuiscano1ad occulta frodequel subito incendio , bavvi pur cui piace accagionarne la cadala d’un fulmine; il fatto si è cbe ambo1 sospetti riducevano i Gotti e Vitige in angustie maggiori, più non potendo fidarsi in loro medesimi o, cheè peggio ancora, credendo lo stesso Nume accorso a

debellarli. Giusta il detto passarono quivi le cose.IV. Nelle Alpi a confine tra’ Galli ed i Liguri, nomate Cozzie, hantiovi presso dei Romani molte castellaabitate dai Gotti, uomini forti e numerosi, colla prolee colle donne loro e munite di guernigioni. Belisarioudendo eh* e’ pensavano arrendersi vi mandò uno de’

suoi, per nome Tommaso, con altri pochi all’ uopo diriceverli a patti confermati da giuramento. Costoro pervenuti allo Alpi, Sisigi comandante i presidii a guardiadi quel tratto di paese accolseli in uno de’ mentovati

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guardinghi, e non pago di acconsentire alla sua dedizionefu eziandio agli altri di stimolo perchè si dessero ai Romani. In cotal mezzo Uraia marciava frettolosamente

al soccorso di Ravenna con quattro mika guerrièri raccozzati nella Liguria e nelle alpigiane castella. Questiudita la ribellione di Sisigi, tementi del proprio sanguerimaso alle case loro , vollero di subito farsi indietro ,dond’ è che il duce tornato alle Alpi Cozne eon tuttoV esercito vi assediò Sisigi e Tommaso. Stimolati dal

pfericoh) de’ suoi Giovanni, figlio di una seretta di Vitaliano, e Martino, a stanza presso del P o , imbiantinenttpattònsi con'tutta la soldatesca pter aiutarli; ed àssa»lite alla staggita alcune delle rocche alpine e superatele l*l  primo attacco ite tnenan seco prigioni gli abitaitori, tra ciìi avéanvi in molta copia donne e pròle degirstipendiati da Uraia^ i quali tolti da que’ presidii trova-'vattsi allora seòo lui a campo. Questi adunque al primoannunziò èfae le genti loro giacéansi in ischiavitù ribellati b Giovanni fecero Esis te re il barbaro da ogni cimento eòli*, e dal pensiero di sovvenire ai pericolanti in

Ravenna ; rendatene così vane tutte le imprese P obbligarono di restituirsi con pòca truppa nella Liguria ,ov’ e’ si tenne. Belisario poi liberamente'di giorno ihgiorno riduceva a più triste condizione Vitige è gli ottimati <*le’ Gotti rinchiusi entro quelle mura.

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GUERRE GOTTICHE

C A P O X X I X .

Giustiniano manda ambasciadori di pace a Vitige, Convenuti gli accordi Belisario si rifiuta di apporvi il suo nome, e rac-colti a parlamento i duci sconsiglia la pace. — Offertogli rimperio di Occidente dai Gotti finge accettarlo, ingannalif ed entra in Ravenna. — Fa prigioniero Vitige. Occupa Tarvisio ed  altri luoghi.

I. Presentarono in questo mezzo gli ambasciadoriimperlali Doronico è Massimino, senatori ambedue,pronti a conchiudere siffattamente la pace : Vit ige,serbatasi la metà dtil regio tesoro, signoreggerà, la tra*spadana regione ; l’ imperatore avrà 1’ altra parte dellericchezze, ed un tributo annuo da tutti i Cispadani.

Gli ambasciadori comunicate le lettere di Augusto a Belisario trasferironsi in Ravenna , dove i Gotti e Vitigesaputo, il motivo di lor venuta promisero del miglioranimo /di segnare gli accordi ai suindicati patti. Se nonebe Belisario informatone diede nelle furie, di mpUssimà

voglia comportando che per lui condotta la guerra atale dà conseguire agevolmente una piena vittoria, emenare Vitige prigioniero in Bizanzio, ora e Puna el’altro venissergli impediti; nè tornata P ambasceriada Ravenna presso di lui volle apporre suo nomtf agliaccordi» Il perchè i Gotti diedersi a credere frodo

lenta P offerta di pace avuta dai Romani, ed a forma-re sul conto di essi ben gravi sospetti ; quindi protestarono apertamente che se il convenuto a que' dìnon venisse autenticato dalla mano e con giuramento

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di Belisprio, e’ mai più avrebbon seco pattovito. Ilcondottiero imperiale fatto altresì consapevole che ditali duci andavano con diffamazione spargendo non vo

ler egli dar fine alla guerra per sue viste particolarisalle imperiali faccende, raccoltili a parlamento tutti,e presenti eziandio Massimino e Dotnnico pigliò adire. « E nota la grande volubilità della fortuna nelle» armi, ed in ciò credo non iseontrare oppositori tra»,voi; è certo di più che molti rimasero ingannati dalla

99 speranza destatasi negli animi loro di ottenere vittoria,99  ed altri apparentemente rovinati al tutto dai sofferti» sinistri pervennero non di meno a debellare i proprj99  nemici. Laonde s q u o   d’ avviso che nelle deliberazioni99  intorno alla pace debbasi non solo riguardare aduna» buona speranza, ma fare eziandio precedere ad ognu-99  na di esse Pesame della sua incerta e diversa ria*99 scita. Non altrimenti adunque passando le nostre cose» ho «stimato di ragunar voi, miei commilitoni, e que-99  sti imperiali ambasciadori, acciocché raccolto il liberò99  e comun voto su quanto vi parrà di maggior vantag-

99  gio per lo imperatore, non vogliate poscia, andando99  noi colla peggio, a me solo addossarne la colpa; es-99  sendo agli nomini pessimi costumanza di tener silen-» tio quando nulla vieta il proporre migliori delibera-99  zioni, e quindi veggendosi mal parati movere lamen-99  tanze. Non ignorate i sentimenti di Augusto per ri-

n spetto della pace , non il desiderio di Vitige ; e se99  questi a voi sembrano della comune utilità, il dica aper-99  tamente ognuno secondo Panimo suo. Per lo contra-99 rio ove giudichiate potersi da vói ridurre tutta P Ita-

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» lia sotto la romana signoria, ed espugnare il nemico,» nulla •* oppone a manifestarlo (rancamente. * Dopoqueste parole di Belisario tatti ad alta voce proclama

rono ottime le imperiali determinazioni, ed eglino piùnon aver cbe tentare contro de9Gotti. Belisario allegratosi di tal sentenza de9suoi duci, richiede che venga daloro posta in iscritto, acciocché non abbiano quind,i anegarla; ed essi tutti in un libello (i) si protestaronoimpotenti a vincere i loro avversarj.

II . Intanto che rimestavansi tali faccende nel romanocampo i Gotti ognor più angustiati dalla fame e da sciagure oppressi comportavano assai di mal animo la dominazione di Vitige, sendo re infelicissimo ; non sa-peansi tuttavia risolvere a chinare il capo alP impera*tore temendo non, venuti in potere di Ini, si facessero partir dall’ Italia , e tradotti iu Bizanzio ivi rima*nere. Quanti adunque aveanvi chiarissimi per autoritàe prudenza concordemente stabilirono di offerire a Belisario la corona dell? imperio occidentale, ed a quest’uopo mandangli di soppiatto pregandolo eh1e’ voglia

accettarla, di più aggiungonvi la promessa, cbe in alloradi buonissimo grado ue farebbero i comandamenti. . 11duce imperiale ben lo ulano dal secondarne i voti a malincorpo dell’imperatore, altamente abborrendo il nomedi tiranno e memore di aver sagramentato dapprimanelle più solenni guise fedeltà ad Augusto, volle pur va

lersi scaltcritamcnte della nata congiuntura, fingendoprestare facile orecchio a quelle barbariche proposizioni.

*6* GUERRE GOTTICHE

(l)

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Vitige ue lo seppe e quantunque per sò paventasse lodòtuttavia il pensiero de? suoi, e fin egli stesso volle animare di nascosto Belisario ad impadronirsi delP im

perio dichiarando che niuno avrebbegli fatto contro.Allora costui invitati altra fiata a parlamento in uno co’duci gli ambasciadori di Augusto interrogolli se riputassero'impresa grande e meritevolissima di lunga fama ilpigliare colla guerra Vitige e tutti i Gotti seco, Paddive*nire padrone di tutte le ricchezze loro, ed il ricuperare

da imo a somaio PItalia ai Romani? Eglino confessanoche aggiugnerebbesi di questo modo esimio ed immensocumulo alla prosperità italiana, e supplicatilo eh’ e? voglia di subito darvi mano se abbiane il mezzo. Belisa-rio spedisce allora alcuni de’ suoi famigliari a Vitige edagli ottimati de’ Gotti con invito di tener>la promessa.Questi, la fame più don consentendo alP indugiare labisogna, anzi sollecitandola col rendersi di continuo viemaggiormente insopportabile, inviano messi al camporomano colP ordine di tacere a, chicchessia del volgoP argomentò di lor mandata, ed abboccatisi da solo

a solo con Belisario di riceverne il giuramento eh’e*non, avrebbe per niente molestato uom de’nemici, edeserciterebbe d’ ora innanzi la regale autorità sopragl’ Italiani ed i Gotti; quindi condotta a.buon termineP ambasceria tornerebbero in Ravenna col supremo ducee colP esercito romano. Belisario in quanto al resto sa-

gramentò che avrebbe colla maggior fedeltà compiutele fattegli inchieste ; intorno poi alP offerta del regnodisse che giunto nella città pronuncerebbe il suo giuroalla presenza dello stesso Vitige e degli altri ottimati.

LIBRO SECONDO *65

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Romani grandissimi della persona e soverchiare di numero i suoi, spulava» tutte r>e5loro volti siccome gentesol atta a starsene colle mani alla cintola nella città,

e rampognavano, mostrando a dita i vincitori, della lorovigliaccheria.

III. Belisaria tenne il re prigioniero in onesto e liberalmodo, e comandò che i barbari abitatori della regione diqua dal fiume Po tornassero a visitare le. proprie campagne, e volendo a ripigliarvi pur anche stanca. Nè so

spettava male alcuno da quella parte, ben lungi essendoil pensiero in lui che i Gotti ordissero insidie laddovetrovavasi di già a quartiere parte non piccola dell’ esercito romano ; e quelli subito e volentiermente v’andarono; i Romani di questa guisa non ebbero più cbe te

mere in quelle mura, addivenuti nel iramero non inferiori al nemico ivi rimaso. Pigliò quindi i tesori del palazzo per farne la consegna all’imperatore, guardandosibene egli stesso dallo spogliare nom de’ barbari, e ado*pcrando accuratamente perchè l’intero esercito imitassePesempio suo, zelantissimo nel procacciare che nes

sun de’ vinti, giusta i patti e le convenzioni, soggiacesse al minor danno. I Gotti di presidia ne’ muni-ti stimi luoghi, non appena divulgatasi la caduta di Ravenna e di Vitige uelle mani imperiali spedirono ambasciadori a Belisario per arrendergli ad una co’ lorofortilizj; e questi di ottimo grado obbligata la sua pa*

rola con essi marciò ad accupare Tarvisio e gli al»tri forti in quel de’ Veneti, essendo parimente entratoper lo innanzi, vogliam dire al tempo del conquisto diRavenna, iu Cesena, sola città dell’ Emilia che tuttavia

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*68 GUERRE GOTTICHE

rinchiudesse armi nemiche. I Gotti poi, nessun eccettuato, prefetti di questi luoghi immediatamente dopo gliaccordi trasferitisi presso di Belisario vi fermarono lor

dimora; se non che Ildibado, autorevole personaggio ecomandante il presidio di Verona, avendo inviato al-l7uopo stesso ambasceria al supremo duce, il quale tenevano seco la pròle rinvenuta in Ravenna, disdegnòportarsi da costà, e soggiacere al servaggio, mercè d’ unavvenimento che giovami di tosto esporre.

C A P O X X X .

Chiamata di Belisario a Bizanzio. Uraia eletto monarca dai Gotti persuade loro che offrano il regno a Ildibado. —Questi, accettatolo, ne dispone a prò di Belisario, il quale con singolare modestia e lealtà non vuole saperne*

I. Di tali duci del romano esercito calunniaronopresso dell’ imperatore Belisario come aspirante alla tirannide, ed Augusto non già che prestasse fede a sif-fatte menzogne, ma vedendo imminente la guerra per

siana tosto lo richiamò per conferirgli la capitananzadell’esèrcito destinato contro quel regno, e commise la.salvezza dell’Italia a Bessa, a Giovanni e ad altri duci;ordinò eziandio a Constanziano di passare dalla Dalmazia a Ravenna. Per tali noviudi ed i Gotti a dimorain» questa città, e quelli di là dal fiume Po, udito l’or

dine imperiale ris^uard^nte Belisario il tennero da primalievissima cosa , fermi nel cuor loro che il duce mai piùavrebbe anteposto 31trono d’Italia la fedeltà promessa alsuo monarca. Ma quando furonne palesi gli appresta-

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menti fatti per la partenza quanti elativi ancora personaggi illustri di Gottica prosapia d’ unanime consensovanno a trovare Uraia, figlio d’ una sorella di Vit ige,

soggiornante allora in Ticino città, e dopo molto lacrimare da quinci e da quindi cominciano a dire: « E me-» s tre ri che noi tutti ravvisiamo in te la principale ca-99 gione delle sciagure sotto cui il nostro popolo ora

» geme. Imperciocché da gran pezza avremmo balzato99 dal trono quel tuo zio materno, codardo e disgraziato

99 principe, siccome avvenne a Teodato prole della so-» fella di Teuderico, se non fossimo stati rattenuti da» rispetto verso il tuo valorosissimo animo, contenti

 y> che Vitige s’avesse il reai nome, e fidando alla tua» persona con assoluto potere la somma delle cose <no-» atre. Ma ciò che in allora benignità sembrava dob-

99 biamo al presente confessarlo manifesta pazzia ed ori-99 giue della gottica rovina. Essendoché moltissimi ed i99 più valenti snoi duci, come tir stesso, Uraia ottimo,99 ben sai, caddero vittime del marziale furore, e se pur99 havvene tuttavia di bellissima fama in guerra tra7 ri-

99 rr>a su gli loro, eglino con Vitige e con tutti i teff sori verranno a non dubitarne allontanati di qua per99 volere del eondottier romano. Nè paventiamo censure9) asserendo che fin noi stessi, ridotti in brev’ ora a ben» pochi di numero e miserabilissimi , andremo ad in-» contrare l’egual sorte. Or dunque avviluppati da così

99 gravi mali ne giova assai più di morire onestamente99 che non di vedere la prole e le donne trascinate da* mano barbarica nelle estreme parti del mondo. Ma se 

” tu stesso ti farai a duce delle nostre imprese viviamo

LIBRO SECONDO aóg

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» certissimi di comportarci da prodi. » Non altrimentifavellavano i Gotti, ed Uraia pigliò a dir loro: * Sono con n voi che nella presente malaugurata condision nostra

 99 preferir dobbiamo la sorte della guerra ad una ignomi- 99 niosa servitù; non di meno questo mio inoalaaaienLo al» trono lo giudico affatto contrario .all’universale di noi* t9  Conciossiachè avendo io sortito i natali da usta so- 99 rella di Vitige, principe sì disgraaiato nelle imprese, 99 porterei meco il dispregio de’ nemici, essendo volgare

 99 opinione che la ria sorte passi dagli uni negli altri 99 affini. Di più T occupare il regno dell’avo mi torne-

x 99 rebbe (orse a colpa, e quindi alienerebbemi a diritto gli 99 animi di molti tra voi. Laonde è mio divisamente che 99 in tale estremo Ildibado ascenda il soglio, persooag- 99 gio di sommo valore e di squisito ingegno} egli giù-*> sta ogni apparenza trarrà seco in lega, mercè della

 99 parentela, Taudin, suo zio materno » re de’ Visigotti,»■ ed in allora potremo con maggior fiducia portar le

 9 armi nostre contro de’ Romani. »II. Tutti i Gotti convennero ad una che Uraia

così favellando nelle attuali circostanze avesse datoottimamente in brocco. Laonde mandarono di frettaa Verona chiamando Ildibado, ed al suo arrivo, vestitolo di porpora e salutatolo r e , lo pregarono cheprovvedesse alle tante loro sciagure. Ildibado, ottenuto siffattamente il regno, convocò poco di poi i

Gotti, ed aringolli di questo modo: « Non posso igno- 9 rare, miei commilitoni, che tatti voi qui raccolti siate 9 appieno ammaestrati dal lungo esercizio della guerra.» Il perchè non impugneremo le armi precipitosamente:

970 GUERRE GOTTICHE

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 99  della perizia essendo V infondere negli animi c q u s ì -  

 99 glio e prudenza , e il dar bando al temerario ardire. 99  Or dunque è forza cbe voi tutti richiamando alla

* memoria le dorate vicende suUe presenti deliberiate. 99  Conciossiachè l’obblivione delle più remote geste, 99 allorquando appunto erane minore il bisogoo, esaltò9 ! alla spensierata gli animi di molti, ed a gran partito 99  sedusseli in affari di altissima importanza. Vilige , il 99  sapete, s’è messo in balìa de9nemici senza incontrare

 fì opponimento o disapprovazione da voi, i quali avendo» a que9 dì gli animi fiaccati dall’ avversa fortuna, opi- 99  naste vie più vantaggioso il darvi per vinti, annl- 99 ghittendo nelle case vostre, a Belisario, che non 99 cimentarvi nei pericoli della guerra ; ma adesso che 99

udite la sua partenza nlla volta di Bizanzio vi date a» macchinar novità. Su di che deve ognun di voi con* 99 siderare nell’animo suo come non sempre riesca at-» l'uomo condurre a buon termine le meditate imprese, 99 anzi spesso in onta della nostra sentenza vediamo» le cose piegare in modo affatto contrario ai precogi-

» tati divisamenti, sojeudo la fortuna ed il pentimento 99 dar migliori consigli e d’ improvviso condurli ad ef- 99 fello; nè v’ ha opposizione cbe ora tanto accader 99 possa a Belisario. Così innanzi tutto vuol preferirsi» il trattare seco lui per richiamarlo ai primi accordi;

 99 poscia sarem noi gli arbitri di quanto ne couverrà,

 99 per lo miglior nostro, operare.  99III. I Gotti approvate le osservazioni messe in campo

da Ildibado presto spedirono ambasciadori a Ravenna  y 

i quali fattisi alla presenza di Belisario gli rammentano

LIBRO SECONDO *7«

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GUERRE GOTTICHE

i già convenuti pa tti, lo rimproverano qual violatoredelle giurate promesse, appopgongli nóme di volontarioschiavo, d’ uom cbe senza rossore preferisce il servag

gio al regno, e dopo altare simiglianti invettive esort a l o a non ricusare la suprema dignità; nè paghituttavia procedono ad assicurarlo che lo stesso lidi*bado verrebbe spontaneo a deporgli ai piedi la porpora ed a riconoscerlo, mercè V adorasione, re deiGotti e degli Italiani. Gli ambasciadori in simil guisa

compievano lor mandata^ certi cbe Belisario immediatamente accetterebbe il nome reale. Questi per lo contrario fuor <T ogni loro aspettazione protestò che nonavrebbe unquemai, vivendo Giustiniano, usurpato un talnome. Dopo sì energica risposta gli ambasciadori fattisi di subito indietro riferirono a Ildibado il colloquio

avuto, e Belisario partì alja volta di Bizansio, terminando col verno Tanno quinto di questa guerra da Pro-<;opio narrata.

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DELLE ISTORIE DEL TEMPO SUO

T E T R À D E S E C O N D A

LIBRO TERZO

C A P O P R I M O .

 Belisario conduce prigionieri in Bizanzio Vitige ed i Gotti. Non gli vien decretato il trionfo. Sue grandissime lodi. —> Ildibado re  de* Gotti raccozza in Italia i rimasugli di sua gente. Alessandro Logotetay di soprannome Forficula (f o r -

bicetta) colla sua avarizia mette a soqquadro le romane cose.  Ildibado vince in campo Fìtalio. Commosso dalle 

 preghiere  deir offesa moglie  dà morte ad Uraia ; quindi è spento egli stesso in un convito.

I. Or dunque Belisario accompagnato dai soli duci

Ildigero, Valeriano, Martino ed Erodiano, non per an*che messe in assetto le cose, menò seco in Bizanzio Vitige, gli ottimati de’ Gotti, la prole d’Ildibado e tutti iregali tesori. Lieto Giustiniauo Augusto con la moglie

 P r o c o p i o  , tom. IL 18

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volse gli sguardi a Vitige, ed ammirò la schiera de9barbari forniti di grandissimi corpi ed atanti della persona. Ricevuto eh9ebbe nel palazzo il tesoro di Teu

derico , sorprendentissimo a fé’mia , mostrollo ai senatori gloriandosi delle grandi sue imprese ; non permisetuttavia ai Bizantini di vederlo , nè tampoco decretò iltrionfo al condottiero , giusta il praticato quand’ eglitornò, vincitore di Gelimero e de9Vandali, dall’ Àfrica.Iva non pertanto nella bocca di tutti il nome di Beli

sario, siccome colui che avea riportato due vittorie, allosplendor delle quali sarebbesi invano messa a riscontroogni' altra di che gloriar si potea qualunque de’prece-denti capitani. Imperciocché fu tutto suo merito il condurre prigionieri in Bizanzio due re, il porre nelle manide9Romani, fuor d’ ogni aspettazione, la prosapia ed i 

tesori di Gizerico e di Teuderico, de’ quali monarchinoti ebbevene tra’ barbari altri più illustre; l’aver consegnato alla repubblica le innumerevoli ricchezze tolteai nemici, e ricuperato in assai breve tempo all9imperio forse la metà delle terre e dei mari. Quest’ eroe

in Bizanzio forniva cotidianamente un giocondo spettacolo ai cittadini, o che dalla casa e’ si portasse nelforo, o che retrocedesse da questo a quella , nè aveavichi saziar potesse la brama di rimirarlo ; ond’ è che ilsuo farsi in pubblico nqn differiva per nulla da unà magnificentissima pompa, traendo ognor seco immenso co*

dazzo di Vandali, di Gotti e di Maurusii. Era alto edavvenente della persona, nè ammetteva confronto lamaestà del suo volto; di guisa poi benigno e piacevoleaccoglieva chiunque gli si presentava , che lo avresti

274 GUERRE GOTTICHE

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detto F uomo della più umile condizione e fortuna.I suoi comandi riuscirono mai sempre grati al guerriero ed all'agricoltore, mostrandosi verso il primo li

beralissimo sopra ogni altro mortale, conciossiacbè prò*curava sollievo con molto danaro alle pene degli offesinella pugna, ed a quanti aveano fatto illustri azioni eralargo di maniglie e di collane; se alcuno de’ soldati inoltre avesse perduto in campo il cavallo, V arco o si migrante cosa veniva tosto da lui ristorato del sofferta

danno. Que’ di villa poi erangli di buon grado soggettiperchè esperimentavanlo caritatevole e buon provveditore a segno che uon ebbevi mai esempio di tolle-«rata molestia durante il suo comando supremo delletruppe; vedeansi per lo contrario fuor d’ogni speranzaarricchiti coloro tra’ quali egli si rimunea coll’esercito,

comperando questo tutte le cose venderecce al prezzo da’mercatanti stessi determinato, e quando le messi eranoper giugnere a maturanza allontanavane colla maggiorcura il più lieve danno cui potessero «Ile soggiacereper opera della cavalleria ivi a campo ; a nessuno tam

poco si permettea di toccare le frutta pendenti dagli alberi. Era oltracciò esempio di singolare continenza,avendo ognora serbato grandissima fedeltà alla propriaconsorte, e sebbeue addivenuto padrone colla guerra dicotante donne e d’ una mai più veduta bellezza , tolteai Vandali e Got ti, non solo guardossi bene d’ en

trarvi anche nella minor dimestichezza , ma non vollenèppore che gli venissero presentate, Ingegnosissimopur essendo nel maneggio di qualsivoglia faccenda, pri«meggiava soprattutto uelP arte di sapere ne’ dubb} ap

LIBRO TERZO q:5

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pigliarsi al partito migliore. Tra9 perìcoli della guerralo vedevi cautamente prontissimo e pieno d9un9assennata bravura; cosi pure nell’imprendere contro il nemico

ora appariva sollecito, ora1tardo, come appunto voleasidalle circostanze. V’ha anche di meglio; il suo animo«raimperturbabile ne9sinistri, e molto più alieno dal superbire quando assistito da propizia fortuna. Àbborriva consumare il tempo in delicatezze, e nessuno certamentepotrà vantarsi di averlo incolto avvinaizato. Sinché in

Italia ed in Libia capitanò le romane truppe ogni suaimpresa venne coronata ognora dalla vittoria ; restituitosi quindi per volere dell9Augusto in Bizanzio apparveanche vie più di prima quanto si valesse. Imperciocchéricolmo di fulgurantissimo valore, e superiore a tutti imaestri della milizia, quanti mai ebbevene prima dilui , non solo per ricchezze ma eziandio pel numerosocorteo di lance pretoriane e di armati di brocchiero, meritamente rendevasi formidabile in pari guisa ai dbcied alle truppe; di maniera che, se mal non frappongo, quantunque fossevi stato alcuno dispostò a con

traddirne i comandi, sarebbegli venuto meno il coraggio.Gli ordini suoi venivano da tutti senza distinzione rigorosamente eseguiti a riverenza del Valore o per temadel potere sopraggrande, mettendo a proprie spese incampo sette mila cavalieri, tra9quali non vedevi uomdi rifiuto, ambiziosissimo ognuno d9essere collocato

delle prime file dell9ordinanza, e di provocare i più coraggiosi nemici. I vecchi Romani assediati dai Gotti allavista di quanto operavasi ne9 combattimenti , presi damaraviglia ivano dicendo che la potenza della casa di

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Teuderico veniva rovesciata dalla farsa d’un solo. Belisario adunque pieno di autorità e di saggezza , comeè stato dello, proponeva quanto avcavi di meglio.per

PAugusto, e con assoluta facoltà dava ognora compimento alle sue proposte.II. Gli altri comandanti invece, tutti del paro autore-

voIiTma solo intenti ai particolari vantaggi, avean cominciato di già a spogliare i Romani ed abbandonarli aimilitari insulti ; nè ben provvedendo egliuo stessi alla

propria riputazione vedevansi alla testa d’ insubordinaletruppe, donde ne venne che in causa delle frequentiloro colpe la somma delle cose imperiali volse prestamente alla sua rovina, e mi faccio ad esporne il come.Ildibado all’ annunzio che Belisario più non era in Ravenna, ragunò presso di sè tutti i barbari ed i romanisoldati cui garbeggiava il cangiar di capo, e con ognicura s’adoperava nel render fermo il suo dominio, bra->mosissimo in ispecie di ricuperare alle sue genti il re->gno d’ Italia , al qual uopo da principio non avea secopiù di mille armali possessori delP unica Ticino. Se

non che di poi unironglisi a poco a poco quanti soggiornavano e presso de’ Liguri e nella veneta regione.'Tra questo mezzo un Alessandro occupava in Bizanziola magistratura di logoteta, così i Romani chiamandogrecamente il preposto ai registri delle pubbliche ren*dite , il quale non cessava di riversare sulle truppe i

danni accagionati da lui. stesso al popolo, e coll’ artedi accusare altrui surto era in breve tempo dalla miseriaad immense ricchezze. Se altri poi furonvi prodissiminelP accumulare tesori all’ imperatore, questi merita

LIBRO TERZO 377

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mente vuol ritenersi il primo, nè trovi cui agguagliarlonell’ aver ridotto le truppa fatte povere e mendiche,disanimatissime ad incontrare i pericoli della guerra. Dai

Bizantini poi soprannomavasi Forficula per certa qualsua valentia nel tosare le monete d’ oro in guisa chetagliatone quanto più volea, conservavate nondimeno ritonde a segno da non comparire per nulla alterata laprima lor forma, e dicono  Forficula ( Forbicetta ) lostrumento solito adoperarsi in simigliaute lavoro ; di

lui Giustiniano fe’ dono all’ Italia dopo il richiamo diBelisario. Alessandro giunto a Ravenna diedévi principio ad una del tutto falsa amministrazione ; sottopose a rendimento de'conti alcuni Italiani, i quali nonaveano mai toccato regio danaro, nè tampoco prestatolor opera comunque nell’ erario, aggravandoli di furtoa datino di Teuderico e degli altri re dei Gotti, ecostringendoli alla restituzione di quanto per frode,eran queste sue parole, rubato loro, convertito s’ aveanoin proprio vantaggio. Non sapea guiderdonare le feritedei militi ed il coraggio mostrato nell’ esporsi ai peri

coli che faceudo contro l’ universale aspettativa sordidissimi calcoli sopra i convenuti stipendj, mercè di chealienò dal capo dell’ impero gli animi degli Italiani.Più non aveavi soldato volonteroso di sperimentare lasorte delle armi, cbe anzi tutti con volontaria infingardaggine contribuivano moltissimo ai vantaggi del ne

mico. 1 duci pertanto nulla imprendevano, da Vitalioiu fuori, il quale su quel de’ Veueti avendo seco, unitamente ad altre truppe, molti Ei u li, osò cimentarsi conIldibado, pei* tema non costui fattosi quindi assai forte

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di gente, come fu il caso, addivenisse indomabile. Appiccatasi adunque ostinata pugna pressò la città di Tarvisio (i) il Romano dopo segnalata sconfìtta diede le spalle

con gravissima perdita, ben pochi de9suoi conducendoa salvamento. In questa fazione la strage degli Eruli fuenorme, e lo stesso lor condottiero Visando incontrovvimorte. Teudimundo figlio di Maurizio di Mundo , tuttavia giovincello, benché pericolasse molto, giunse nondimeno a campare la vita insieme con Vitaliano. Per

siffatta vittoria il nome d’ Ildibado salì in molta famaed appo P imperatore, ed appo quasi P universale dellegenti.

III . Alcun tempo di poi Ildibado inimicò Uraia, ed ec-cone il motivo. La costui donna che portava il vanto,senza contraddizione , sopra ogni altra d<?’ barbari vuoiper ricchezze, vuoi per avvenenza della persona, tal fiatan’ andò al bagno con {splendentissimo ornamento e conimmenso codazzo di fanti e fantesche, ove incontrata laconsorte del monarca con nessun lusso abbigliata , nonsalutolla profondamente sì come volea una regina, ma

piena d’ orgoglio sprezzatala, fecele di più villania. Eper verità la regia d? Ildibado era tuttora ben poca cosa, non essendo a costui toccati i regali tesori. L’ oltraggiata non comportando P obbrobrio del-V ingiuria, tratta dalla collera va lagrimante dal maritoe pregalo di pigliare in sua vece vendetta delle gravis

sime offese ricevute dalla moglie d’ Uraia. Ildibadopertanto mossegli da prima querela presso de’ barbari.

LIBRO TERZO a79

(1) Treviso.

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siccome reo di tentata fuga ai nemici, e poco dopo coninganno lo spense. Per questa uccisione poi vennegliaddosso 1’ odio di tutti i Gotti , i quali di mal animo

soffrivano essersi così sconsigliatamente tolto ai viviquel duce, e molti di già unitisi a cospirazione rinfacciavano al monarca loro il commesso delitto, ma nessuno, ardiva gastigarnelo. Aveavi con essi un Yilas,di schiatta gepida, ne’ ruoli degli astati regali, e sposod’ una donna che perdutamente amava. Partitosi costui

con pochi compagni per iscorrazzare su quel dei nemici, Ildibado o imprudentemente, o indotto da motivocheunque tu vuoi, congiunse la donna in matrimoniocon altro barbaro. Yilas tornatp dallo scorrimento efatto avvertito della cosa, essendo tutto fuoco di natura,non comportò nullamente l'indegnissima azione, ma tosto

entro a sè fermò di uccidere il suo offeuditore persuasodi rendere segualato servigio all’ universale de' Gotti.Ed irremovibile dal proposito vi diede compimento incerto giorno assegnatogli ad assistere il monarca sedentea convito co’ suoi o tt im ati , essendo costumanza loro

che alla mensa del re intervengano e gli astati regali edaltri molti» Ora intanto che Ildibado poste le maniin su le vivande teneasi colla testa e cogli omeri cur-vato, fu ratto da Vilas percosso nella cervice , di maniera che avendo ancora il cibo tra le dita il suocapo spiccato dall' imbusto balzò, sul desco con gran*

dissimo stupore di tutti i circostanti. Ildibado pagò dital guisa il fio della morte d' Uraia, ed il compiersi d<?lverno chiuse 1’ auno sesto di questa guerra che Procopio ci lasciò scritta.

?8o GUERRE GOTTICHE

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LIBRO TERZO

C A P O I I .

Erario eletto a re dai Rugii, gottica gente. — Totila invitato al trono dagli altri Gotti. — Uccisione di Erario intanto cKei 

 per ambasciadori tien pratica con Giustiniano. Tolila pos~ sessore del regno.

I. Nell’ esercito de’ Gotti aveavi un Erario dellagente de’Rugii (i) e potentissimo tra questi barbari,! quali

avvegnaché Gotti pur essi, tuttavia ab antico vivevanocolle proprie leggi, ma quindi aggregatisi a Teuderico,appena asceso il trono , formata una sol gente parteciparono sempre da quell’epoca i pericoli d ’ognJ suaguerresca impresa , eccetto che del continuo evitando i

matrimonj con donne straniere pervennero a conservarsi mediante la pura successione della prole il nomedella propria nazione. Ora andate in iscompiglio le coseper la morte d’ Ildibado costoro di subito elessersi a reil prefalo Eràrio, la quale scelta così fattamente increb-be ai Gotti che molti s’abbandonarono a profondis

sima tristezza, quasi fossero venute meno tutte le spc-ranze concepite sotto il re morto, essendo costui ilfatto per restituirli nel dominio e nella monarchia ita-liana. Erario nulla operò di meritevole della memoriade’ posteri, e dopo cinque mesi di regno fu spento co-»me piglio a narrare. Aveavi un Totila figlio d’ altro dei

fratelli d’Ildibado, accettissimo ai Gotti perchè in soni

ti) Popoli in Germania, parte della Vandalia, e del ducato di Stettino.

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mo grado prudente e coraggioso } costui, comandantein allora delle truppe a stanza in Tarvisio, quandoebbe la nuova della morte d’ Ildibado, come da noi si

riferiva, mandò a Ravenna per Constanziano, chiedeudogiurata promessa di sua salvezza, ed ottenutala e7darebbe in poter dei Romani tutti i Gotti suoi dipendent i , e di più la presidiata città. Constanziano, porloorecchio di buon grado a tali offerte, consentì con giuramento di compiere tutte le dimande fattegli, e fu

ad un’ora posto tra loro il giorno che Totila ed ilpresidio di Tarvisio avrebbero aperto le porte ad alcuni degli amici imperiali, e ceduto loro sè stessi unitamente a quelle mura.

II. I Gotti poi mal comportavano il regno di Erario vedendolo inetto a sostenere il peso della guerra con

tro ai Romani, e moltissimi di presenza rimbrottavanlocome colui che morto Ildibado avesse loro tolta la opportunità di fare nobilissime imprese. Alla per finemandano unanimi a Tarvisio iuvitando Totila al regno $ imperciocché tutti sospirando ancora assaissimo il

defunto ponevano ogni speranza di vittoria, vedendolo fornito dell’egual valore, in questo consanguineodi lui $ egli manifestato senz’ avvolgimento di parole ilsuo compromesso co’ Romani agli ambasciadori speditigli, promise che ove i Gotti avessero morto Era rio prima del giorno preso coll’ imperatore assecon-

derebbeli , e sarebbe per fare ogni volere della suagente, la quale informatane col ritorno degli inviaticominciò a macchinare contro la vita del monarca.

III. All’ avvenire di tali cose ne’ campi de’ Gotti, le

q82 g u e r r e   g o t t i c h e

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LIBRO TERZO a83

romane truppe tutte piene di fidanza pii e deriverebbeloro dalle nemiche faccende un riposo certo nè riordi-navansi, nè concertavano impresa di sorta contro ai

barbari. Erario poi raccolti a consiglio i suoi proponeva di mandare oratori a .Giustiniano Augusto chiedendo pace sotto le condizioni stesse, alle quali dapprima e’ sarebbesi rappattumato con Vitige} o sia che iGotli conservatosi il dominio della regioóe traspadanasi partirebbero dalla rimanente Italia. Aderitovi dall’ a-

dunanza furono mandali dal re ambasciadori Caballarioed altri scelti iu tra suoi amicissimi colP apparente incarico di esporre alP imperatore le cose ora dette, macon segreto ordine di partecipargli soltanto che il remetterebbelo al possesso dell’ intera Italia, e fiu rinunzie-rebbe alle regali iusegne quando ne ricevesse gran somma di danaro, e venisse ascritto nelP ordine de’ patri*zj. Gli ambasciadori pervenuti in Bizanzio condussero abuon termine la commissione loro, se non che in que*sto mezzo i Gotti uccidono a tradimento Erario, e Totila , giusta gli accordi, s’ impossessa del regno.

C A P O I I I .

 /  romani duci ripresi da Giustiniano raccolgonsi a parlamen-to. Constanziano ed Alessandro presso Verona. La città 

 presa da prima a tradimento vien quindi abbandonata,Colpa « vergogna dei duci.

1. Giustiniano Augusto da poi eh’ ebbe notizia del-P avvenuto ad Erario, e delP elezione di Totila a re deiGotti non cessò dall’ aggravare di codardia e dal ripreu-

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dere i duci dcH’esercito a dimora in quelle parli. Ilperchè Giovanni figlio di una sorella di Vilaliano , eBessa, e Vilalio e gli altri tu tt i , abbandonati i presidj

delle città commesse alla loro custodia, raguuftrousi inRavenna, dove Constanziano ed Alessandro, come ho giàdetto, erano di stanza. Veuuli quivi a parlamento sembrò miglior consiglio quello di marciare da principiocon ostile esercito a Verona città dell'agro Venelo, edoccupatala procedere unitamente al gottico presidio

di lei ad assalire Totila ed i Ticinesi. Questo esercito componevasi di dodici mila combattenti sotto undici duci, tra cui tenevano il primato Constanzianoed Alessandro ; tutti in effetto mossero a diritto contro quelle mura. Accostativisi piantarono gli steccatinel piano ed a stadj sessanta dalle porte; imperciocché quivi intorno hannovi campi vastissimi ^ che e-stendonsi fino alla città di Maulova, lontana il viaggio d’ un giorno. Era tra9Veneti certo Marciano illustre personaggio , abitatore di un castello in vicinanza di Verona , il quale essendo affezionatissimo

all’ imperatore si studiava con ogni diligenza di tra dirgli la città, e siccome insin da' più verdi anniconosciuto avea tal de’ custodi, gli mandò parecchide’ suoi fidissimi per indurlo con promessa di mollodanaro ad aprire le porte alle truppe imperiali. Avutane la parola inviò gli stessi cooperatori del tradi

mento ai duci del romano esercito per avvisarli degli accordi fatti, mercè de’ quali duranle la notte e-glino co’ messi entrerebbero nella città. I duci , u-dilone , estimarono opportuno di far procedere altro

*84 GUERRE GOTTICHE

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d’ essi con piccol drappello, acciocché all’ aprirsi laporta dal custode e’ P occupasse per quindi acroglie-re là entro senza tema d’ insidie P esercito. Ma nes

suno volle sapere del pericolo, d’Artabaze in 'fuori, dischiatta chiarissimo, e pronto ad ogni più ardita impresa. Era egli duée di que’ Persi che Belisario , conquistato il castello Sisauranese, avea mandato di fresco con Bliscane a Bizanzio. Costui scelti da tutte letruppe cento prodi a notte ferma incamminossi alle

mura. Apertasi dal custòde , giusta le convenzioni, laporta gli uni retrocedono a chiamare P esercito, ed ilresto asceso i merli assale ed uccide le incaute guardieivi pòste, nè più vollevi perchè tutt i i Gotti, in mirando tanta sciagura, per altra parte abbandonassersialla fuga. Sorge quivi presso un monte con elevatissima vetta da dove si può osservare quanto accadenella città, numerare coloro che vi sono entro , ed itiogni lato godere la prospettiva d’immensa campagna.I Gotti essendosi quivi dalla fuga riparati, rimasonvitutta quella notte. 11 romano esercito fe’ allo a quaranta

stadj dalle mura in causa d’ una lite surla tra duci sulcome dividerne il bottino, ed intanto che si contendeintorno alla preda apparisce P aurora. Fattosi quindigiorno chiaro i Gotti dalla sommità del colle dove ripararono conosciuto pienamente il numero de’ nemicilà entro, e considerata la distanza in cui erano le

altre truppe, di corsa introduconsi nella città perla stessa porta donde prima eran usci ti, non avendopotuto occuparla i pochi giuntivi nella notte. Gl’ im

periali allora animati senza eccezione da un egual co

LIBRO TERZO a85

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raggio ascendono ai merli, e da quivi appiccata battagliacolla gran moltitudine de9barbari, tutti, e più che tuttiArtabaze distinguendosi, con valorosissime azioni du~

ravano intrepidi all’ impeto de' nemici. Intanto i romaniduci, acconciatisi amichevolmente sùlla divisione dellapreda veronese, procedevano col nerbo delle truppe allacittà ; se non che avendone trovate le porte chiuse econ prodezza difese dai Gotti voltarono tosto le spalle, nulla curantisi de’ compagni alle prese col nemico,

nè delie supplichevoli voci eh7e' mandavano pregandoli di non venire abbandonati, e di sostare un momento per fornir loro il tempo di raggiugnerli, Quantiadunque erano là rinchiusi con Artabaze, oppressi dal numero de’barbari e disperando aita dalle sue genti, d’unsalto gittaronsi precipitosi giù dal muro al di fuori, echi ebbe il destro di cadere nel piano aggiunse sano esalvo il romano esercito, e di questo numero fu Artabaze } ma quanti batterono sopra luoghi aspri) tpttiebbero quivi morte. Artabaze pervenuto al campo de*suoi proseguì insieme con essi il cammino, seagfiando

qua e là mille iroproperj senza riguardo a persona. Valicato T Eridano (i) trassero tutti a Faenza città dellaprovincia Emilia, e lontana da Raveuna stadj cento.

*66 GUERRE GOTTICHE

(i) Il Pò.

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LIBRO TERZO

C A P O IV.

 Artabaze parlamenta i Romani; - Totila i Golii. — Certame da 

solo a solo tra Artabaze ed Uliare y in mezzo ai due eser-citi , funesto ad entrambi. — Strage e vergognosissima fugb  de* Romani.

I. Totila udito eh’ ebbe gli avvenimenti di Veronachiamò a sè gran parte dei Gotti ivi di stanza ed ar

rivati condusse contro il nemico tutte le truppe nel numero di cinque mila combattenti. I romani duci fattineconsapevoli pigliarono a deliberare sulle presenti bisogne, e tal si fu la opinione da Artabaze esposta: «Nés-» sun di voi, o duci , pensi meritevoli di spregio questi 99 nemici perchè inferiori a noi di numero ; nè al mirare» di fronte guerrieri vinti da Belisario creda poterli a» tutto bell7 agio combattere. Molti per verità animali» da questo falso raziocinio videro poscia delusa ogni99 loro speranza,  nè mancaronvi di quelli che per di-

 99 sprezzare intempestivamente altrui caddero dall’ acqui*

«9 stato potere. Oltre ciò } ora noi abbiamo che fare 99 con nomini cui le sofferte sciagure invitano a pro-*9 speri avvenimenti, da una disperata fortuna origi-99 nando un sommo ardire. Nè io così vi ragiono in-» dotto da cieca sospicione, ma dall’ avere chiaramente

 99 sperimentato in quest’ ultima pugna qual si fosse il

» coraggio loro. E male si apporrebbe chiunque ere- 99 dessemi in errore nelP ammirarne la bravura per es-99 serne stato vinto da pochissimi soccorso , poiché il

 99 valore de7combattenti, sieu pur superiori o inferiori

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» di numero, addiviene ben palese a coloro, contro cui n e" trattano le artai. Opino adunque essere il caso no* n stro di porre truppe al valicare del fiume, e giunta

 r> la metà del gottico'esercito a superarne te acque di» assalirli anziché possano riunirsi in un solo corpo.» Nè dobbiam reputare poco gloriosa per noi simigliante» vittoria, essendo che si giudichi bella o turpe ttn’ira-9» presa dalla fine di lei, e non indagando il come siv  gioguesse a trionfare abbianne lode i vincitori.» Queste cose consigliava Artabaz«, ma i duci essendosi divisi in contrarj pareri uulla operarono di quaato^^nid’ uopo, e consumarono i$i oziosi il tempo Iota*.

II. L’ esercito de’Gotti era di già vicino, e ptfrvenotbal valicar del fiume, quando Totila raggiatolo a parla

mento lo animò dicendo : « Egli è fuor di dubbio? o» miei commilitoni, che in altre guerresche faccende il» rammentare agli eserciti la parità delle condizioni* tra7combattenti suole di spesso avvalorarne gli animi* alU pugna. Ma a noi ora convien battagliare anzi» cbe a pari condizion del nemico, in assai b e n di~

 n versa, persuasi fermamente che se per buoua for-» tuna costoro andassero colla pèggio, potrebbero tosto

 n ricomparire in campo, avendò lasciato da per tutto» ne’ luoghi muniti d’ Italia presidj fortissimi , e di» leggieri n’ è dato congetturare che dalla stessa Bi- n zanzi» riceverebbero nuovi aiuti  di truppe. Se poi n fi a nostra la perdita usciremo al tutto d1ogni spe-» ranza avvenire, nè più udirassi il nome di Gotti, e» voi ben vedete come dai dugento mila armati siam n qui a soli cinque mila ridotti. Aggiungo altra circo*

Q&8 g u e r r e   g o t t i c h e

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» stanza merit evol e a n ch ’ essa , a mio avviso, d ’ essere  

» qui ramm entata . Q u a n d o r isolveste di armarvi c on II- 

?? dibado per guerreggiare P imper atore no n somma*  

vì  vate più di mil le convivent i insieme \  e tutto il vo-  ?? stro d omi nio no n ol trepassava la c irconferenza di 

» una città, T ic in o. Ma e P esercito e il do mi nio vi 

crebbero colla vittoria da voi riportata in campo \  se  

»> du nq ue pur ora vi sent i te dispost i ad operare vaio* 

» rosam ente , io spero, nè fuor di propos i to , che and and o  

» come lo s i vorrebbe la guerra giugneremo a sconf ig-  

» gere af fatto i R o m a n i , aum enta ndo si d i cont i nuo il 

» num ero ed il coraggio n e’ v inc i tor i . Og nu no adun que  

» co n tutta la vigoria del l ’an imo suo m uov a a com bat tere  

« chi ne fa contro , non ob l iando op por tuna men te che  

» indarno spe rere mm o di renderc i idonei a nuo ve fa- 

zioni ove la riuscita di qu esta fall isca i nostri desi-  

» derj. Orsù pertan to entrate ne l presente ar ingo co n-  

« f idati in un’ ott ima speranza offertavi dalla stessa mal-  

» vagi ta de’ vostr i n e m i c i , i quali per mo do com port a-  

» ronsi coi propri i suddit i che noi potremmo usar c le-  

» me nz a cogl i Ital iani nel punire l’ ingiusta e malacco rta  5) lor trad igio ne a da nn o del nostro san gue, tal men te ei 

» fur ono , per dir cor to, nabissati in ogn i maniera di 

» calamità da coloro s tess i e l i ’ ebbero a mic hev olm ente  

3? accol t i. E chi debe l lerass i mai cos ì age volm ente co m e  

?? un ne mi co no n pro tet to, per le offese fattegli , dal 

5? N um e? Ci forn isce ez iandio lus inga d’ incontrare p ro piz ia sorte nel la battagl ia lo spav ento da noi ap po r

tato agl i avversarj , essendo che imprendiamo ad as-  

 P r o c o p i o , i o n i . I I . i()

LIBRO TERZO 089

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» salire coloro stessi, i quali testé abbandonato senza» motivo V asilo di Verona, della quale citta erano ad»» divenuti padroni r dicdersi a vergognosa fuga, non

» avendovi uomo al mondo che perseguitasseli dalle 99 spalle.  99

III . Finite queste ammonizioni Totila comandò atrecento militi che valicato il fiume lunge da lì ventistadj s’accostassero da tergo al campo nemico e cominciata la pugna dessersi a dardeggiarlo coraggiosamente,

nella persuasione che lo scompiglio farebbelo desistereda ogni pensiero di valorose geste. Egli quindi passatodi brocco il fiume con tutte le altre sue genti marciaritto contro ai nemici. Muovono anch’essi i Romani adincontrarlo, e di già ambe le fazioni a poca distanzatra loro si teneano schierate di fronte, quando un Gottoarmato di lorica e cimiero, di nome Uliare, di macchinosa corporatura, di terribile aspetto, snello della persona ed armigero, spronato il cavallo e lasciatasi datergo P ordinanza si arrestò nel mezzo del terreno, edinvitò ad accettare un singoiar certame chiunque si

fosse di tutti gli avversarj; ed il solo Artabaze non pa~venta di acconsentire alla disfida, rimanendo gli altri immobili da grave timore sopraffatti. Or dunque spronanoambedue e venuti molto dappresso azzuffansi di lan-eia, nella quale tenzone il Romano più pronto ferìal competitore il destro fianco. Il barbaro trafitto da

mortale ferita quasi stramazzava supino in terra, quandola sua lancia appuntataglisi da tergo ad un sasso il sorresse in arcióne. Artabaze allora vie più adopera perconficcargli P asta nelle viscere non ritenendolo per an-

990 GUERRE GOTTICHE

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cbe mortalmente offeso. Qui volle contrario fato chela punta dell’ asta di Uliare andasselo per diritto apercuotere nella lorica, e penetrandovi a poco a po

co approfondasse discorrevole finché giunta al collopotè ferirne leggiermente la pelle ed, approfondatosiancor più il ferro, tagliare la sottoposta arteria. Il per*chè sgorgandone molto sangue egli quantunque liberoda ogni sensazione dolorosa videsi costretto a ripa*rare, data- la volta al cavallo, presso de’ suoi. Uliare

intanto ivi stesso cadde privo di vita; Artabaze pur csgli, fallito ogni mezzo di rattenere il sangue, dovèmandare dopo il terzo giorno l’ estremo fiato, avendocol morir suo totalmente sconvolta la speranza de’ Romani y pe’ quali non fu di lieve danno l’ essere addivenuto* inetto al combattere. Imperciocché mentre lungedagli schieramenti il t r a r d ’ un dardo curava la tuaferita vennero le truppe alle armi, e nel bollore dellapugna i trecento Gotti arrivati da tergo dell’ imperialeesercito fecero all’ imprevista la comparsa loro. Il ne*mico miratili e credendone il novero maggiore inorridi

per lo spavento, e tutti incontanente, ove ognuno ebbeil destro, la diedero a gambe. I barbari menarono stragedi costoro abbandonati a si turpe fuga, raccolsero grancopia di prigionieri, e conquistarono tutte le insegne;cosa per verità mai più accaduta ai Romani. I duci conben pochi e del loro meglio sottrattisi all’ eccidio,

vegliarono poscia alla difesa di quelle città in cui ebberoasilo.

LIBRO TERZO 991

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GUERRE GOTTICHE

C A P O V .

Firenze assediata dai Gotti, e rimasa libera alla nuova della 

venuta dà Romani. Questi j appiccatasi battaglia, colti da spavento per un falso romore, diedero lè spalle al ne-mbo.

I. Totila non molto dappoi spedì P esercito contro Giustino e la città di Firenze eleggendone a duci

Bleda, Roderico ed Uliare, primi a tutti tra’ Gotti. Costoro giunti a Firenze e cintala di trincee danno principio all’ assedio. Il perchè Giustino conturbatissimo,non avendo fatto provvigione di vittuaglia, manda aRavenna chiedendo ai capi del romano esercito prontosoccorso, ed il messo col favor della notte per cammino ascoso ai nemici entrato in quella città esposevicoinè stessero le cose, a tal che senz? indugio un forteaiuto di Romani sotto gli ordini di Bessa, di Ciprianoe di Giovanni, figlio d’ una sorella di Vitaliano, mossea proteggerne le mura. I Gotti non appena ebberne

avviso dagli esploratori, sciolto P assedio, retrocederonosino a MuceHa, nome posto ad un luogo distante dalleporte il viaggio d’ un giorno. Le romane truppe arrivate presso di Giustino, ed unitesi a quelle ivi esi-slenti, di piccola mano in fuora lasciata a custodirela c ittà , si diressero tutte contro al nemico, e per via

sembrò loro ottimo divisamente quello di scegliere dal-P intiero novero dei duci uno chiarissimo, il qualescorto dalle sue genti precedendo 1’ esercito con subitoimpeto assalisse gli avversarj, intanto che il resto a

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più lento passo lo raggiugnerebbe. Gittate adunquele sorti, ed essendo tutti in aspettazione e già quasirenitenti ad attendere gli «accordi fatti, il giudizio della

fortuna, cadde sopra Giovanni, che di questo modoin compagnia de’ suoi dovè procedere il primo allavolta del nemico. I barbari alP udirne la venuta , ab*bandonato *con prestezza e spavento il campo, fan*nosi a corsa e romore su d’ un vicino e molto elevatocolle. Giovanni avanzatosi, con piè veloce e9pure se

guendo il nemico, dà principio alla fazione, e nel bollore della mischia, i Gotti difendendosi coraggiosamen*-te, or gli uni or gli altri vengono a viva forza rispinti , e molti da quinci e quindi ricoprendosi di gloria in-contranvi morte. In questo mezzo nel mentre che ilduce.romano iva ad investire disordinatamente e congrandissimo strepito la schiera di contro, volle il -casoche altra delle sue lance rimanesse vittima d’ un dardoavventatogli da nemica mano, dopo di cbe gli assalitoridi là ributtali tornano in fugà. Tutte le altre imperialitruppe erano di già attelate e pronte al primo co

mando a dare nella battaglia, il perchè se queste aves-sero accolto i fuggenti e insiem con essi fatto pettoai barbari, fuor d’ ogni dubbio sarebbero uscite dellazuffa vittoriose, ed avrebbero condotto seco prigioniera la maggior parte della opposta fazione. Ma nonsaprei per quale malauguroso destino tra loro divul

gassi il falso grido della morte di Giovanni, in quelloscaramugio, per opera d’ un suo astato. La qual nuovapropalatasi tra’ duci indusseli tutti a rompere P ordinanza abbandonandosi a turpissima fuga, e di questa

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*94 GUERRE GOTTICHE

guisa Tenuto affatto meno lo schieramento ognuno dasolo, anzi che a turme, pigliò a trovar modo al suoscampo, molti nel trambusto giuntandovi la vita, e

molti ancora, sebbene da nessuno perseguitati, più epiù giorni continuarono a dilungarsi } alla per finechi. qua chi là ne9 luoghi forti , giusta la venturadi ciascheduno , si ritrassero , annunziando a quantia’ avvenivano l’ uccisione di Giovanni , abbandonatoal tutto il pensiero di raccozzarsi e movere insieme

contro il nemico. Stavansene per lo contrario tutti entro le mura apparecchiandosi ad un assedio e paventando un prossimo assalimento. Totila poi mercè lamolta liberalità cattivossi per modo gli animi de9 prigionieri che molti di essi col tratto successivo passarono spontaneamente nelle sue file a guerreggiare i Romani. Terminato il verno ebbe fine V anno settimo diquesta guerra tramandata alla posterità da Procopio.

C A P O V I .

Totila prende molle castella9 città e provincie. Assedia Na- poli. — Giustiniano inonda in Italia Massimino prefetto del  pretorio con armata di mare e Demetrio, il quale pre- para aiuti pe’ Napolitani. Un altro Demetrio nel tornare a  Napoli cogli apprestamenti fa tti , caduto il navilio in potere dei Gotti y paga il fio della imprudente sua lingua.

I. Totila di poi ebbe le castella Cesena e Pietra ,trascorso quindi breve tempo andò nella Tuscia, ma indarno tentatine i luoghi forti nella speranza che si arrendessero, valicato il fiume Tevere, senza metter piede

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in quel di Roma, fecesi di subito nella Campania e nelSannio, ove di leggieri codquistata Benevento, città munita, la smantellò di muro, acciocché le truppe in cam

mino da Bizanzio protette nelle scorribande loro da’propugnacoli non molestassero i Gotti. Mandate in appresso generosissime proposte ai Napolitani per entrare in quella città guardata da Conone alla testadi mille imperiali ed Isauri, ne compiutosi l’intendi*mento suo divisò cingerla d’ assedio ; e postole nou

lungi il campo vi rimase egli stesso colla maggior partedell9esercito* Spedite inoltre le rimauenti soldateschealla volta di Cumano, castello, e degli altri guardinghine acquistò il possesso e gran quantità di danaro;volle di più non si facesse menomamente oltraggioalle mogli de9 senatori quivi rinvenute, ed accordandoloro con ogni cortesia di raggiugnere libere i proprjmariti n ’ ebbe presso tutti i Romani grande rinomeadi bontà e prudenza. Siccome poi non vedeva comparir uom de’ nemici a rattenerlo , così mandando trattotratto piccole schiere all’ intorno operava importantissi

me cose. Nè altrimenti egli sommise i Bruzj, i Lucani, gli Apuli ed i Calabri, riscosse i pubblici tributi,fé9sue le rendite pecuniarie* spogliandone i signorotti,e ordinò il tutto come assoluto despota dell’ Italia. Ilperchè Giustiniano, sospesi nelle epoche determinate isoliti stipendj alle truppe, andava loro debitore di mol

to danaro , e gl’ Italiani scioglievansi in acerbe doglianze vedendosi privi de’ suoi beni ed esposti a gravissimi perigli. L’ esercito mostravasi ben meno di primasubordinato ai duci e si rimanea di buon grado entro

LIBRO TERZO *g£

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le città. Constanziano era di permanenza in Ravenna;Giovanni in Roma, Bessa in Ispoieto, Giustino in Fiorenza, Cipriano in Perugia, e degli altri ognuno si te-

nea in quelle mura dove nel principio , fuggendo, aveaavuto.ricetto.II. L’ imperatore all’ udita di questi sconci penosis

simi al cuor suo creò di colta Massimino prefetto delpretorio d’Italia, acciocché e’ s’ aves*e l’ imperio sopragli -altri duci e fornisseli, giusta il bisogno, di an

nona , ed inviò con lui molto navilio carico di soldatesca trace ed armena, Erodiano capitanandovi i Traci,e Faza, originario d’ Iberia e nipote di Peranio da partedi sorella, gli Armeni ; aveavi di più con essi qualcheramerò di Unni. Massimino adunque salpato da Bizanzio, cón tu tta l’armata di mare ed afferrato nell’ Epiro, viconsumò inutilmente lungo tempo, siccome colui che; affatto inespèrto di guerra, era paurosissimo e tardo. Inprocesso di tempo Giustiniano vi spedì anche Demetrio eletto a maestro della milizia, il quale per l’innanzialla testa d’ una coorte di fanti seguito avea Belisario in

campò. Questi pertanto al pigliar terra nella Siciliafatto consapevole che Conone ed i Napolitani eranotra v a sa ti da rigorosissimo assedio e da somma carestia di vittuaglia incontanente deliberò soccorrerli,ma scarso di mezzi per mandare ad esecuzione il suobtion volere, avendo seco poca gente e non addestrata

B e l l ’ arte militare, appigliossi a tale stratagemma. Ra-gunato da tutta» Sicilia gran numero di vascelli navigòcon essi riempiuti di frumento e d’ ogni altro bisognodella vita, facendo mostra ai nemici con quell’ apparato

ag8 GUERRE GOTTICHE

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di condur seco moltissime truppe ; nè mal si apposenell9antivedere e deludere i pensamenti loro , essendoche i Gotti, alla nuova d’una fortissima armata di mare

alle vele e proveniente dalla Sicilia argomentarono immi*nente l’ arrivo d’ assai poderoso nemico esercito. Chese Demetrio senza metter tempo di mezzo si fosse adirittura portato a Napoli avrebbe, a mio avviso, incussotimore agli assediatori, e conservato la città senza op«posizione. Egli per lo contrario intimoritosi del peri

colo non volle afferrarvi, e posto in salvo il navilionei porti di Roma, tutto quivi dedrcossi ad arrolare soldati. Ma questi, già vinti dai barbari e tuttora delle co-storiarmi trepidanti, rifiutandosi marciare seco lui contro Totila ed i Gotti, obbligaronlo a battere la via diNapoli co’ soli pochi menati da Bizanzio. Aveavi poi unaltro Demetrio da Cefalene in epoca anteriore nocchiero espertissimo delle faccende marineresche e deipericoli soliti incontrarsi nel solcare le acque ; e per siffatta perizia sua addivenne cotanto famoso navigandocon Belisario nell’ Africa e nell’ Italia che fu scelto da

Giustiniano a governatore della città di Napoli. Ora cominciatosi dai barbari 1’ assedio di quelle mura, villaneggiò assai protervamente in mille guise Totila, e fe’mostra in tali calamitose circostanze d’ accordare soverchia licenza all’ effrenata sua lingua. Procedendoquindi le sciagure e vie più gravitando sopra gli asse

diati, per consiglio di Conone , ebbe cuore di montare ascosamente da solo un paliscalmo e navigarealla volta di Demetrio maestro della milizia. Uscito delpericolo, fuor d’ogni aspettativa, sano e salvo abboc-

LIBRO TERZO *97

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cossi col duce fed, esortatolo a starsene del miglior animo, eccitollo a compiere i pensati disegni. Se non cheTotila informato poscia assai bene di qual tenore si

fosse quell’ armata fé9 incontanente apprestare di velocissime dromoni (i), e non si tosto i nemici appressarono ai lid i, poco lunge da Napoli , all’ improvvista va sopr’ esse a combatterli, e li volge in fuga.Uccisine molti, moltissimi pur caddero vivi nelle suemani (essendosi potuti salvare appena isoli cbe al co

minciar della pugna saltarono dentro i paliscalmi dellenavi ) , e tra questi aveavi il maestro della milizia Demetrio. I barbari quindi impossessaronsi di tutto il navilio, del suo carico e delle genti. Ora trovatovi Demetrio governatore di Napoli gli tagliarono e lingua edambe le mani , e cosi mozzato diedergli licenza di trasferirsi ov’ e’meglio desiderasse, pagando in tal manieraa Totila il fio d’ una imprudente lingua.

C A P O V I I .

 Indugiare di Massimino. —  Imperiale armata di mare agitata 

da procella, e male accolta dai Gotti. —  I l prigioniero  Demetrio per ordine di Totila , esorta i Napolitani ad  arrendersi Totila stesso persuadeli a cedere quelle mura ,che alla per fin e ottiene.

I. Dappoi Massimino con tutta F armata di mareaccostossi alla Sicilia, e navigato a Siracusa ivi tutto in

(i) Spezie di nave lunga da trasportare frumento; il suonome viene dal greco verbo  rfift*, fut. e pass,

med. àtàf f ia ,  curro.

39S GUERRE GOTTICHE

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preda ai timori della guerra si tenne. I romani duc i,informatine, per via di messi preganlo instantementeche di fretta muova a soccorrerli, e più d’ ogni altro

10 eccita dalla città di Napoli Conone cinto da strettissimo assedio, e già in diffaJta somma d’ annona. Maegli fermo ne9suoi timori lascia sfuggire ogni opportunità di tempo, e solo da ultimo paventando gl’ imperiali rimproveri, e mal comportando le altrui rampogne, standosi immobile tuttavia nella sua dimora, ed

essendo ben inoltrato il verno, fa partire alla volta diNapoli Erodiano, Demetrio e Faza con tutte le truppe.11 costoro navilio era per giugnere a Napoli quando alsorgere di forte vento levossi una tempestosissima fortuna; e per verità Faza era onninamente sul disperare,non reggendo più i nocchieri, sopraffatti dalla burrasca,al governo dei remi, o ad eseguire altr’ opera, nè tampoco pel terribile fragore de’flutti intendendosi a vicenda; ogni cosa avvolgevasi in aperta confusione, dimodo che la foga del vento, addivenuta sola nel comando, spinseli contro lidi occupati da nemici. Laon

de costoro balzali nelle navi eran tutti sull’ ucciderlie gittarne a talento i cadaveri ne’ flutti non incontrandovi fior d’ opposizione. Molti eziandio ne ritrassero vivi , e di questi fu Demetrio maestro della milizia. Ad Erodiano e Faza riuscì di fuggire con altripochi, non essendo colle navi molto da presso alle ne

miche stanze: tali furono i destini di quell’ armata ro mana. Totila avvolta una fune al collo di Demetrio iltrascinò sotto le mura di Napoli, ed obbligollo di esortare gli assediati a non volere, sedotti da vane prò-

LIBRO TERZO 399

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messe, fabbricare di per sè la propria rovina, ma spalancassero tosto le porte ai Gotti onde liberarsi datristissime sciagure, più non dovendo porre speranza

in nuovi soccorsi dell9 imperatore , colla perdita diquell9armata di mare essendo loro venuti meno tuttigli aiuti e tutta la fiducia in lui riposta ; così parlò Demetrio per comandamento del re. Gli assediati oppressi dalla fame e da ogni altro bisogno della vita allorché e di vista e di udita ebbero certezza dell9infelice

sorte di Demetrio, perduti affatto d9 anim o, abbandonandosi al pianto, e si rimasero privi di consiglio. Lacittà era tutta in cordoglio ed in grave trambusta.

II. Lo stesso Totila di poi chiamatili ai merli tenneloro questo discorso: « Nou abbiamo pigliato ad asse- 99 diarvi, o Napolitani, in risarcimento di qualche vo- 99 stra offesa, ma piuttosto perchè toltovi il giogo d’in- 99 destissima dominazione potessimo liberamente e com- 99 (Mutamente rendere grazie ad ognuno di voi per P af- 99 fetto mostratoci sofferendo a cagion nostra in cotal 99 guerra i durissimi trattamenti dei comuni avversarj,

 99 essendo voi stati di tutti gl9Italiani i soli a darci 99 pruova di singoiar benevolenza, e col massimo rin- 99 crescimento vostro doveste sommettervi alla autorità 99 e forza de9Romani. Ora dunque noi costretti ad as- 99 sediarvi seco loro abbiamo rispettato, com9è uopo, la y> vostra fedeltà, adoperando accuratamente che i rigori

 99 delPassedio per nulla ricadessero a danno dei cittadini; 99 laonde se v9è forza patirne disagi guardatevi dal cor- 9» rucciarvi coi Gotti , non essendo meritevoli di ri- 99 prensione coloro, i quali studiandosi di gradire agli

3oo GUERRE GOTTICHE

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» amici pur non giungono a sottrarli da ogni molestia. 99 Rassicurate gli animi vostri da qualunque timore degli 99 imperiali, nè vogliate persuadervi, rimestando il passa-

 99 to, eh’ e’ sieno per uscire vittoriosi di noi. Concios- 99 siachè gli ammirabili avvenimenti della vita originati 99 da impreveduta fortuna cangiano di spesso nel correr 99 d’un giorno interamente d’ aspetto. Vi facciamo per- 99 tanto la seguente proposta: Conone si parta con tutto 99 il presidio, sani e salvi trasferendosi ovunque vor*

 99 ranno, purché entrati noi al possesso della città e’ va- 99 dansene tosto con Dio. Nè cosa alcuna ratterracci dal 99 sanzionare con giuramento e la libera partenza loro, 99 e la salvezza di voi tutti. » Questo parlar di Totila fu accetto ai Napolitani, a Conone, ed all’ interopresidio, trovandosi gli uni e gli altri bene alle strettecolla fame. Bramosi nondimeno di serbar fede all’ imperatore, e non privi ancora della speranza di veniresoccorsi promisero la consegna di quelle mura entrogiorni trenta, e Totila per distorli da qualunque aspettativa stabilì tre mesi di tempo al compimento delle con

venzioni , e protestò che nel correr di essi non avrebbeper nulla molestato la cit tà , o fatto altra impresa, edin questi termini furono sottoscritti gli accordi; se nonche la somma carestia d’ annona ridusse gli assediati atale da non potere attendere il fissato giorno , e pocodopo vennero aperte le porte al monarca ed ai Gotti.

Con ciò ebbe fine il verno e V anno ottavo della pre sente guerra scritta da Procopio.

LIBRO TERZO 3oi

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C A P O V i l i .

Totila di singolare bontà verso i vinti.  Atterra U mura di Na-

 poli. —  Dà morte a una sua guardia rea di strupo. Sua gravissima allocuzione su tale argomento.

I. Totila conquistata Napoli fu di tanta bontà coi vintidi quanta ne avresti giudicato incapace un nemico, unbarbaro. Conciossiachè venuto al possesso de9Romani

per modo estenuati dalla fame che più non apparivasegno di forza ne9corpi loro , temendo non saziati inun subito di cibo venisserne, come il caso è frequente,soffocati, poste sentinelle ai luoghi d’uscita fé’ comandoche nessuno si partisse di là. Egli poi con prudentemano, e sì da non isbramare 1’ appetito somministravacibo a tutti, aumentandone cotidianamente così la misura che V accrescimento riuscisse direi quasi impercettibile al senso. Ristorate alla perfine le forze loroaprì le porte, e ad ognuno accordò libero potere ditrasferirsi ov’ e9meglio desiderasse. Diede similmente e

mezzi di trasporto per mare, e piena facoltà di ripararesotto altro crelo a Conone ed alle truppe di lui, volonterosi di cambiare stanza. Ora costoro da contrariovento rattenuti nel porto erano quivi trepidanti non lavittoria inducesse il re a disonorare la fatta promessa eda sommetterli a pessima vita. Ma Totila avutone sentore

ordinò che fossero condotti alla sua presenza, attese aconsolarli, e confermata vie meglio la data parola esortollia stare di buon animo ed a vivere al tutto rassicuraticolle sue genti, a comperare da esse vittuaglia, ed a

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riceverne siccome da amici qualunque cosa difettasseloro» Trascorso molto tempo e proseguendo tuttaviacontrario vento, provvedutili di cavalli, di somieri e

di generoso viatico ne spaccia la partenza alla volta diRoma, dando loro a compagni individui trascelti dal fiorde9Gotti. Egli eziandio sen parte non appena atterratequelle mura, e demolivate acciocché i Romani tornandoper bizzarria del fato al possesso della città più nontravagliassero i Gotti combattendoli da munito luogo,

dispostissimo anzi a tenzonare eoa essi in campagnaaperta che ad esser vbersaglio di furberie ed inganni:gittatane non di meno a terra Ja massima parte il dipiù lasciollo intatto.

II. A que’ di tal de’Romani originario della Calabriapresentossi al re con querela di strupo violentementecommesso da altro de7 pretoriani di lui in onta d’ unasua tenera pulzella. Totila ordinata la prigionia del reoed avutane la confessione adoperava eoa zelo perchèla colpa riportasse il meritato gastigo. Laonde i più cospicui personaggi de’barbari trepidanti d’ una capitale

condanna ( essendo il milite infaticabile ed assai valente nella guerra ) tosto fannosi , insiem raccolti, adimplorare mercede per 1’ offensore. Il re ascoltate conbontà e senza turbamento di sorta le istanze loro, pigliò a dire: « Entro in questo argomento, o commilitoni,» non per indomabile moto di crudeltà, nè perchè mi

* dilettino le sciagure della mia gente ; ma sì bene per 99 un grandissimo timore che sopravvengano sinistri a» tutti voi , sapendo pur troppo da molti travolgersi i» nomi delle cose applicandovi un affatto contrario

LIBRO TERZO 3o3

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» senso. Conciossiachè sogliono costoro nomare umanità99 la sfrenatezza corrompitrice e sovvertitrice di tutte le

 y> oneste azioni, e chiaman difficile e fastidiosissimo chi

99 cerca proteggere santissimamente I’ autorità delle ieg-99 gi ; quasi che la mercè di tali vocaboli, siccome ve*99 lamenti sopra l’ intemperanza distesi, e9possano vie99 più liberi peccare, ed appresentarsi malvagj. Vi esorto99 adunque, o commilitoni, a non voler riscattare la99 colpa d’un solo con iscapito della vostra salvezza , e

99 partecipare, innocenti, la costui re ità , giudicando99 vana ogni differenza tra il commettere delitti e l’im-99 pedire la giusta punizione de’malfattori. Bramerei per*99 tanto che sopra questo argomento deliberaste come se99 eletti o a condonare a costui la pena del suo delitto ,99 o a conservare la gottica nazione, ed in vostro potere99 la vittoria della guerra. E certamente v’ è d’ uopo99 considerare che noi alPintraprendere di tali ostilità99 avevamo copia di guerrieri illustri per gloriose azioni e99 maestria nel trattare le armi, ricchezza immensa,99 per non metterci in più paro le , di danaro , infinito

99 numero di cavalli ed armi , e tutti i luoghi forti99 d’ Italia ; i quali aiuti di vero a chi impugna le» armi non sogliono al tutto sembrare di poco mo*99 mento. Non di meno sotto il reame di Teodato, per*99 sonaggio più amante dell9oro cbe della giustizia, ci99 rendemmo, con malvagio tenor di vita, nemico il

99 Nume 5 nè v’ è forza ignorare da quali genti e da99 qnanto loro numero soggiogati a quali e quante di-99 sgrazie dovemmo piegare il capo. Se non che ora Id*99 dio a bastanza vendicatosi delle nostre colpe ne ha

3o4 GUERRE GOTTICHE

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» dirizzilo nuovamente il cammino , o per dirla più% ne’ terpaini, governa la cosa nostra meglio di quanto 99 sapremmo noi stessi desiderare ; or dunque ne giova

99 anzi conservarci favorevole coll’ osservanza della giu-stizia la causa cui dobbiamo una vittoria di gran lun-

 n ga superiore alle nostre forze che, oltraggiandola, far n pubblica testimonianza d’ avere a odio e disdegno la99 nostra felicità stessa. Imperciocché non può, in fè» mia, l’ ingiurioso e violatore giungere a riportar lode

99 trattando le armi in campò, dalla vita di ciascheduno* di noi pigliando norma la fortuna della guerra. »Cosi Totila , ed i magnati de’ Gotti pienamente consentendogli guardaronsi bene dal rinnovargli lor suppliche, abbandonando aiTatto all’ arbitrio di lui il preto

riano. Il re non guari dopo condanoollo a morte, e fé7comando che ogni avere del reo. pa$sasse alla violata pulzella.

LIBRO TERZO 3o5

C A P O IX.

 Malvagità dei duci c delle imperiali truppe. Italiche sciagure. —

 Lettera di Totila al senato romano. Ariani sacerdoti ban-diti da Roma. Assedio del castello d’Qtranto.

I. Nel mentre che Totila attendea a queste coseduci e soldati del romano esercito fan saccomanno degli averi de’ suggelli popoli ed abbandonansi ad ogni

maniera d’incontinenza e libidine; giunti a tanto glistessi duci d ’ aver baldracche ne’ loro presidj e gozzovigliarvi insieme , la soldatesca addivenuta ognor pii*

P m o c ù p w , t o m . i l .   9 0

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forte nel conculcare la disciplina commetteva enormi eccessi. Tutti gli Italiani erano fierissimamente travagliati da ambo gli eserciti, da quinci i Gotti pri

vandoli delle terre loro, da quindi spogliandoli i Ce-sariani di ogni suppellettile, e eh’ è peggio ancorasenza cagione alcuna venivano percossi di bastone , eavendovene solo una mezza vedevansi condannati allamorte. I duci adunque non guarentiti dalle proprietruppe contro le ingiurie de9nemici, e ben lontani dal

vergognarsi del presente statò della repubblica destavano eglino steàsi, vituperevolmente operando, negli animi italiani il desiderio del governo de9barbari.A cumulo poi di tante sciagure lo sconsigliato Con-slanziano chiaro manifesta per lettera alP imperatoredi non avere forze idonee a sostenere la gottica guer

ra , e gli altri capi quasi direi con pubblica deliberazione protestansi di comun consenso nel medesimo foglio del tutto contrarj al tentare nuovamente la sortedelle armi. Di tal guisa procedevano le cose degli Italiani.

II. Totila, per tornare a lui, scrisse di questi termini.al senato romano: «Chiunque o per obblio, o impru-» dentemente è ingiurioso ai vicini merita perdono da-» gli offesi, la cagione della colpa assolvendolo in granii dissima parte dall’ accusa 5 ma se fa loro deliberato» oltraggio c’ non avrà mezzo di purgarsi dalla re ità ,

» dovendosi imputargli ad una e 1’ azione ed anche il 99 voler suo. Di questa guisa adunque camminando le 99 cose, pigliate ad esaminare di qual maniera potrete 99 giustificarvi dell’ operato contro di noi. Addurrete

3o6 GUERRE GOTTICHE

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» forse a vostra giustificazione di conoscere bea poco i» benefizj di Teuderico e di Amalasunta? o per diutur-99 nità di tempo e dimenticanza esserveoe rimasa ne-

 n gli animi cancellata la memoria? Ah domin che nulla» di tanto può essere! Imperciocché le costoro liberalità 99 nè si appalesarono in cose al tutto lievi o mediocri, 99 nè contano de’ secoli, ma in epoca ben poco lonta-» na, e noi stessi le ricordiamo, risplendevano sopra99 voi Rom ani carissimi, in argomenti di somma im-

» portanza. Conoscete a simile di fama o di prova n l’ ottimo volere de’Greci verso i popoli soggetti; vi m sapete di già come in cambio siensi comportati i 99 Gotti cogli Italiani. Foste a mio credere tra buoni 99 ospitali de’ Greci , nè v’è uopo ignorare quali ospiti» ed amici abbiate in essi trovati, se vive tuttavia pressò

 99 voi rimembranza delle gravezze imposte da Alessandro. fi Passo con silenzio la truppa e i condottieri di lei, la» bontà e magnanimità de’ quali certamente contribuiro-» no moltissimo a ridurre e voi e loro stessi alla presente» condizione. Ma nessuno degli Italiani pensi venirgli

 99 da me rimprocciate di tali cose per effetto di giova- n nile ambizione, o per volermi qui, siccome re de’bar-fi bari, millantare. Non ascrivo in véro a prodezza no- 99 stra T avere sconfitto questa razza di gente, ma al fi dover eglino così pagare il fio delle ingiurie a voi re- n cate. Per la qual cosa non vi sembrerà stranissimo il

 fi sofferirne a queto i mali diportamenti, mentrechè Dio n vendicatore delle ingiustizie fattavi li punisce, e il risi manere volonterosi nelle molestie, che ne sono la fi conseguenza. Procacciate adunque di giustificare coi

LIBRO TERZO 5o7

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» Gotti i vostri andamenti seco, e di addurci motivo n comunque di avervi per iscusati, ed opererete di»■ questa conformità se non atteso 1’ esito della guerra,

^ ma intanto che serbate qualche piccola e vana spe-» ranza prenderete migliori consigli, e vi darete a cor- f» reggere il vostro mal procedere cou noi. » Così erala scritta consegnata da Totila ad alcuni prigionieriacciocché e’ la ricapitassero, giunti in Roma, al senato ; adempiutasi da costoro la commissione Giovanni

proibì ai senatori di riscontrarla. Totila quindi, replicate più lettere ed inseritivi gravissimi giuramenti,promise con molta facondia che uom de’ Romani nonavrebbe riportato da9suoi il menomo danno. Cou qualmezzo queste lettere pervenissero a Roma non è a mianotizia, imperciocché di notte ferma vennero affisse nellepiù frequentate parti della città, e di questo modo furono in saputa di tutti. Poscia gl’ imperiali duci pigliatosospetto dei sacerdoti ariani cacciavanli da Roma, edil re informatone manda parte delle sue truppe nellaCalabria coll9ordine di tentare il castello d’ Otranto ,

ma trovatone il presidio leale nel ricusare ogni proposta di arrendimento impose loro di assediarlo, ed eglicol nerbo dell’ esèrcito batte la via di Roma. L’imperatore all’ annunzio di queste faccende caduto in gravissimo turbamento d’auimo si vide costretto a spedire Belisario contro de’ Gott i, quantunque gli affari persiani

dessero ancora moltissimo da pensare. Terminò il vernoe con esso il nono anno di questa guerra da Procopio

[ scritta,

3o8 GUERRE GOTTICHE

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LIBRO TERfcO

C A P O X .

 Belisario tornato in Italia alla testa di pochissime truppe 

salva, coW opera di Valentino,  Idranto. Totila n’ esplora astutamente f esercito. — Prende Tivoli.

I. Belisario postosi altra fiata in cammino per V Italia con pochissima truppa (obbligato a non distaccare isuoi dalP esercito di fronte ai Medi), nel trascorrere

tutta la Tracia arrotò a forza di denaro qualche ni\*mero di giovani volontarj , e menò seco, d’ ordine imperiale , Vitalio maestro della milizia per l’ Illirico, nonmolto prima giunto dall’Italia lasciatavi la soldatescadi questa provincia* Entrambi, raccolti quattromila combattenti , pervennero in Salona, mirando farsi con ognisollecitudine a Ravenna, e di là dar principio, del meglioloro, alla guerra, imperciocché vedevansi impediti dalmetter piede nell’ agro romano o all7 insaputa del nemico trincerato, giusta le notizie avute, nella Campania e nella Calabria, o fugandolo colle armi per esser

gli mollo inferiori di numero. In questa gli assediati inIdrunto, privi affatto di vittuaglia venuti a colloquiocoi barbari assediatori aveano pattuito, fissatone il giorno, di ceder loro quel forte ; quando Belisario fatti tradurre sopra navi i bisogni della vita, bastevoli per una n n o , ordinò a Valentino di navigare con essi alla

volta del castello e di cambiarvi alla prima il vecchio presidio, che sapea estenuato dalla fame e dallemalattie, con altro composto delle truppe condotte seco , alle quali fresche e provvedute d’ ogni maniera di

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cibi sarebbe riuscito più di leggieri e con maggior sicurezza di conserrare Idrunto. Valentino come fu bdonvento alzata l’ àncora si diresse col navilio a quelle

paura, ed afferratovi quattro giorni avanti che terminasse il periodo stabilito col nemico s’ impadronì delporto spoglio di guardia , e quindi occupò con tuttosuo agio il castello. Imperciócchè i Gotti pieni di fidanza negli accordi , e non snspicando per nulla con-trarj avvenimenti, si teneano, fuor d’ ogni pensiero 1 

in ozio perfetto. Laonde al mirare d’ improvviso apportato il navilio toltisi con prestezza di là trasferirono da lontano il campo, e tosto esposero a Totilacome si stessero le cose loro : ta le , senza esagera-zio ne , fu il pericolo corso dal castello d’Idrnnto. Alcuni soldati poi di Valentino, soliti scorrazzare le sottoposte campagne per averne preda, fattisi un dì tragli altri alla mauua appiccarono zuffa co’ nemici e an«datine ben bene colla peggio per evitare la prigionia gittaronsi in gran numero nell’ acqua. Il resto, perduti censettanta individui, ebbe a grazia di riparare

nelle mura. Valentino quindi , rimosso di là V anticopresidiai, semispento dai tollerati disagi, vi surrogògente nuova giusta gli ordini ricevuti, e depositatovifodero per un anno, si restituì col rimanente eser*cito in Solona. Di qua Belisario salpato con tutta Tarmata di mare prese terra a Pola, e vi fece qualche di

mora per mettere in punto V  esercito. Allora Totila,non appena ebbene avviso, volle esplorare con istra-tagemma le truppe da lui condotte, ed eccone il come*Bono, prole d’un fratello di Giovanni, comandava il pre-

3io GUERRE GOTTICHE

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3»2 GUERRE GOTTICHE

tello , uomo assai ragguardevole tra gP Italiani. Venuti con ciò ì Gotti a dominare il Tevere, levarono aiRomani ogni mezzo d’ introdurre nella città vittuaglia

dalla Tuscia per acqua. Imperciocché il castello , situato presso del fiume e cenventi stadj al di sopra diRoma, riusciva un fastidioso propugnacolo contro chiunque osasse navigare a quella volta.

C A P O X I .

 Belisario in Ravenna parlamenta i Gotti ed i soldati romani. Vitalio nelV Emilia ai la testa de' pubblici affari è abban-donato dagli Illirj.  Aussimo stretta da Totila riceve aiuti. —Éitilct stoltamthtè ardito incontra morte.  Le truppe di Be-li sari tì uscite da Aussimo Incappano itegli agguati de1Gotti.— Totila indarno tenta Pesaro fortificato dagli imperiali; Fermo ed Ascoli assediate dalle sue truppe.

I. Le cose di Tivoli non passarono altrimenti. Belisario, per tornare a lui, condottosi con tutto il navi*lio a Ravenna, chiamò i Gotti ivi a stanza ed i soldati

romani a parlamento arringandoli pressoché di questaconformità. « Non è oggi la prima volta, o miei uditori,» che le opere egregia di virtù siensi guaste dal vizio ; 99 avendo già da lungo tempo di tale sciagura messo» profonde radici nelle umane cose, e molte illustri im* n prese di personaggi probi dalla malvagità di altri scel*

 fi leratissimi furono rovesciate e distrutte, Nè per al* fi tra cagione vediamo ora fallite le bisogne dell’ini- n peratore , il quale pertanto sì forte brama correg-* fi gere il male sin qui operato, che posto da ban-

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v da il suo intendimento di portare la guerra ai Per-» siani, ordinooioii .passare ira voi all’ uopo di ripa* 99 rare e risarcire alle ingiustizie dei prefetti contro le

 99 sue truppe e le gottiche geuti. Il non commettere 99 fallo di sorta è al tutto di là. dalle umane forze, e 99 fuori della natura delle cose; il correggere poi gli errori 99 commessi è dovere principalissimo dell’ imperatore,« ed assai utile a coloro ch’egli ama con tutto Panimo* suo. Nè avrete solo compensagione de’molli disagi,

 99 ma, eh’è più, susseguirannovi di botto le testimonianze 99 ed i frutti della imperiale benevolenza; felicità di cui 99 non havvene altra che regga al paragone, dovendo a 99 lei cederete stesse ricchezze quantunque a mano lar- 99 ghissima prodigate. Essendo io adunque pronto a ren-

 99 dervi tali servigi, fa mestieri altresì che ognuno di voi 99 coraggiosamente adoperi per ritrarne profitto. Laonde*? chi ha parenti ed amici presso il tiranno Totila ma- 99 nifestando loro.il buon volere di Augusto in fretta li 99 richiami. Imperciocché il bene della pace e la molta 99 bontà del grande Giustiniano vi si offrono tali che

 99 rendesi la opia venuta in questi luoghi affatto estra- 99 nea dalla guerra^ e mi guarderò affé mia ognora dal 99 ricettare di moto proprio nelP animo sentimenti ostili 99 verso i soggetti al suo trono. Se poi hannovi tra voi chi 99 rifiutinsi di parteggiare pel migliore loro e si dichia- 99 rino a noi contrarj, saremo avvegnaché a malincorpo

 99 eccitati di trattarli siccome nostri avversarj. » Di simigliale guisa favellò Belisario, nè ebbevi uom de’ nemici, non Gotto non Romano, che si dipartisse da Jui.Mandò in appresso il pretoriano Torimunto ed altri

LIBRO TERZO 3i3

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della sua goardia con Vitalio e le troppe illìriche nei-l1Emilia, coll1 incarico di tentarne i luoghi forti. Vitalio accompagnato da quelle truppe si avvicinò a Bo

logna, ed impossessatosi per composizione d’ un adiacente castello vi fermò sua dimora. Non guari dopotutti gli Illirj a suoi stipendj improvvisamente e senzaaver ricevuto offesa di fatto o di parola camparono chetidi là, e tornati alle proprie case inviavano legati all9imperatore chiedendogli mercè, e adducendo a comune di

scolpa che V andar creditori dell’erario di molta pecu-nia in causa degli stipendj trattenuti loro durante la benlunga guerra in Italia era stato il solo motivo di quelrepentino disertamento. Aggiugnevano di sopra piùche l’esercito degli Unni fattosi violentemente sulle terreloro aveali privati della prole e delle donne menandoleseco> prigioni ; così la nuova di tanta sciagura in uncolla mancanza di vittuaglia,cui duravano in Italia, avealicostretti a ripalriare : Giustiniano, uditone, da primalevossi ad ira, ma quindi graziolli. Totila saputa la partenza degli Illirj spedì truppe a Bologna colla vista di

sorprendere Vitalio e gli altri tutti seco lui. Ma questie Torimunto avutone sentore tesero loro agguati, e fattone gran macello costrinsero i superstiti alla fuga. Intale conflitto Nazare originario e conte dell’Illirio diedepiù che tutti luminosissima pruova del suo valore; Torimunto di poi si restituì presso Belisario in Ravenna»

li. Allora il supremo duce imperiale indirizzò alla voltad’Aussimo, città, ed in soccorso dei Romani ivi assediati, tre delle sue lance, Torimunto, Ricila -e Sabinianocon mille guerrieri, i quali, senza dare il menomo se

3 i i GUERRE GOTTICHE

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gno di lor venuta a Totila ed all’ esercito eli lu i , entrativi colle tenebre divisarono stancare il nemico co’frequenti loro schermugi. Laonde in sul meriggio del

vegnente giorno al grido' che i barbari eransi approssimati vie più alle mura nscironne a furia per iscon-trarli, spediti dapprima esploratori per averne il numeroe per essere opportunamente cauti in questa fazioue.Ricila, lancia di Belisario ed in quel tanto disgraziata-mente briaco, disdegnando che altri spiasse, dato degli

sproni al cavallo da solo va oltre } se non che in peri*glioso luogo avvenutosi a tre Gotti si tenne per acconciarsi innanzi tutto da prode armigero, e da senno lo era, alla difesa ; ma poscia mirandosi avviluppato da ogni parte diede il tergo, e nel fuggire tra’que9 

precipizj cadutogli il cavallo, venne da tutti i nemici,tramandate altissime grida , fatto bersaglio del generalesaettamento. I Romani spettatori di quel sinistro corseroad aiutarlo \ ma egli nondimeno rimase coperto e speutoda nn nembo di frecce } i militi ^i Torimunto riuscitiquindi a fugare i barbari pigliansi il morto , al cui va

lore pur troppo conveniva più nobile fine, e si ritraggono con esso in Aussimo. Sabiniano poscia e Torimunto consigliatisi con Magno giudicarono fuor di proposito una più lunga dimora entro le m ura , non potendo eglino mai affrontare con pari forze i nemici, ecerti che consumando pur essi l’annona degli assediati

avrebbero accelerato la resa della città. Convenuti a-dunque d’ un animo nella determinazione, i duci conmille ansiliarj nella prossima notte si apprestarono allapartenza. Se non che tal della truppa incontanente ri

LIBRO TERZO 3.5

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para con occulta fuga nel campo nemico, e vi appa*lesa il tutto. Re Totila , uditone, senza manifestarsia chicchessia, appostossi tra quelle tenebre e con due

mila prodissimi eletti guerrieri a trenta stadj lungedalle mura , e non appena ebberli veduti sulla mezzanotte a passare di là che tratte fuori le spade e ve*nuti loro addosso ucciserne dugento \ Sabiniano , Tori-mundo e gli altri tutti ebbero la propria salvezza dal»V  oscuritade, la cui mercè poterono campare entro

Riminij abbandonando ai Gotti V intiero novero dei giumenti destinati al trasporto dei bagaglioni, delle armie delle vesti»

III. Aussimo e Rimini hanno tra loro sopra la marinadel seno Ionico due altre città, Pesaro e Fano, i cuiediGzj nel principio di questa guerra Vitige avea mes

so in fiamme , e diroccalo forse una metà delle mura,per tema non i Romani addivenutine possessori recassero da quivi travaglio a’ suoi. Belisario non di menovolle occupare P una di esse r cjò è Pesaro, sembrandogliene la posiaione idonea al foraggiare» Il perchè

nel cupo della notte mandò persone legate in istrettaamicizia seco a prendere le misure per lo largo e lungodi ciascheduna porta , ed avutele commise che se necostruissero colla maggior segretezza di nuove, ben fortificandole di ferro, e terminate posele sopra barche or-»dinando a Sabiniano e Torimunto di accompagnare il

convoglio colà , ove giunti metterebbonle prestamentein opera ; così pure, tenendosi bene in guardia, darebbonopera a racconciare del meglio loro con sassi, terra od al»tro materiale comunque i luoghi rovinati \ ed il voler

3i6 GUERRE GOTTICHE

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di lui fu in ogni sua parte diligentemente compilo. Ilre de’ Gotti, informatone , pronto v’ accorre con moltetroppe, cerca d’ impossessarsene, e consumatovi assai

tempo intorno, vedendola impossibilità di espugnarla re*trocede privo affatto di riuscita al campo innanzi ad Aussimo, dove nessun de’ Romani più non osava cimentarsico’ nemici,^ma tutti sbigottivano rinchiusi entro le mura.Belisario spedi similmente a Roma due sue lance, Ar-tasire, di schiatta persiana, e Barbacioue trace, i quali

unitamente a Bessa doveano attendere alla difesa dellacittà, e guardarsi bene dal fare sortite contro il nemico.Totila poi ed il suo esercito sapevoli che Belisario eraloro molto inferiore di forze statuirono di tentare anche i più muniti luoghi, e traportato con questo intendimento il campo nell’Agro Piceno tra Fermo ed Ascoli,vi cinsero d’assedio l’uno e l’altro luogo. Col vernoterminò l’anno decimo di questa guerra da Procopioscritta.

C A P O X I I .

 Belisario scrive chiedendo aiuti a lt imperatore. — Giovanni sposa la figlia di Germano. — Totila conquista Fermo ,  Ascoli, Spoleto ed Assisi. Tenta Perugia e ne fa mettere a morte il comandante ; ma quel presidio all*imperatore de-voto costringe i Gotti a ritirarsi dalle sue mura*

I. Belisario non avendo come sovvenire agli assediati mandò in Bizanzio Giovanni nipote di Vitaliano,riportatane dapprima con gravissimo giuramento la promessa eh’ e’ solleciterebbe del suo meglio il ritorno non

LIBRO TERZO 3 i 7

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appena supplicata dinanzi all’ imperatore la spedizionein Italia d’un poderoso esercito con denaro in gran copia , armi e cavalli. Imperciocché i soldati non vo-

leaoo saper di combattere adducendo il poco lor nuLmero, i molti stipendj non ricevuti dall’erario, e l’andar brulli « bisognosi di tutto, nè mentivano sul contodi queste lamentele. Il duce pertanto scrissene pressoché in questi termini ad Augusto: « Giungemmo in Ita-v> lia, o ottimo degli imperatori, sguerniti di gente, di

» cavalli, di armi e denaro, delle qualh cose ove siane99 diffalta nessuno, a parer mio, potrà imprendere di com-

 n battere. Aggirata la Tracia e l’illirico raccogliemmo99 ben poche cerne e queste sono mancanti di tutto,99 inermi ed inespertissime della guerra. I militi poi qui99 rimasi mostransi nulla contenti di lor sorte ; paurosi99 de’ nemici , ed atterriti dalle frequenti stragi evitano99 a bella posta ogni cimento, abbandonando i cavalli e99 gittando a terra le armi ; di più indarno pretenderemmo99 cavare un che di denaro dall’ Italia, ligia tuttavia de9

 39 nemici. Laonde impotenti di pagare negli stabiliti

99 giorni gli stipendj alle truppe, non possiamo tampoco9> loro comandare, togliendocene il contratto debito99 la libertà. Ritieni eziandio per fermo, o sire, che9» di quanti militavano teco la massima parte disertò ai99 Gotti. Or duuque se non si fosse trattato che di99 spedire Belisario in Italia le faccende guerresche non

9) potrebbero al certo essere in miglior condizione, tro-99 vaudomi già nel cuor di essa; ma se vuoi vincere gli9) avversar) colla guerra è uopo apprestare ben altre9) cose; non avendovi a mio avviso condottiero ove di-

3.8 GUERRE GOTTICHE

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 99 fettino truppe da farne i comandamenti \ è quindi 99 mestieri innanzi tutto che mi raggiungano le mie lan- n ce, le mie guardie ed i miei armati di brocchiero, e

 99 tengan loro dietro immediatamente numerosissime n turbe di Uuui e di altri barbari, ai quali senza ipdugio 99 voglionsi sborsare le paghe a denari contanti. »

II.Tale scrisse Belisario ; ma Giovanni logorato grantempo in Bizanzio senza far nulla di quanto portava lasua mandata, passò invece a nozze colla figlia di Ger

mano fratello deir imperatore. Tra questo mezzo Totilapiglialo a composizione Fermo ed Ascoli e messo piedenella Tuscia cigne di steccali Spoleto ed Assisi. Erodianocapitanava lo spoletano presidio , e Sisifrido , uomo dischiatta gottica , ma zelantissimo favoreggiatore delleparti romane ed imperiali, quello di Assisi. Il primo convenuta una tregua di giorni trenta col nemico, promi-segli che ove nel mentovato periodo non ricevesse aiuti,cederebbe la città , gli abitatori di lei, il presidio e sèstesso a1Gotti ; ed a guarentigia degli accordi consentìdare in istatico il proprio figlio; spirata pertanto la tregua,

nè comparso il romano esercito a soccorrerlo, sì egli chei suoi militi abbandonano giusta la convenzione sè stessi,quelle mura ed il popolo in mano degli assediatori.Narrasi poi che il secondo tradisse la città e la propria persona ai barbari per odio in lui destatosi controBelisario da quando ebbelo questi minacciato di fargli

pagare il fio delle passate cose : non altrimenti fu lasorte di Spoleto. Sisifrido giuntati nello scorrazzare moltide9suoi al postutto incontrovvi egli stesso morte; perla quale sciagura gli abitatori d’Assisi più non sapendo

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a che dar opera spalancarono di subito le porte al nemico. Totila quindi spedisce prontamente a Ciprianoper averne Perugia, aggiugnendo minacce oyj.egli non

consenta, e grandi ricompense quando non si rifiuti allaproposta. Se non che vedute di nessuna efficacia lésue mene presso il duce , voltosi ad una delle costuiguardie, Ulifo, persuadelo con denaro a dargli proditoriamente morte, ed Ulifo, trovatolo solo, compie ildelitto, riparando subito dopo tra’ Gotti. Ma il presi

dio tuttavia fermo in sua fede verso V imperatore costringe i barbari a ritirarsi da quelle mura.

C A P O X I I I .

Totila assedia Roma; fame entro la città. Piacenza cinta pur  

ella d’ assedio. —  Belisario vedendosi agli estremi passa da  Ravenna ad Epidanno, dove ( imperatore manda truppe.  Narsete eunuco ottiene gente dagli Erult\ i quali battagliando vincono e fugano gli Sclabeni.

I. Totila di poi avviatosi a Roma allorché fuvvi dap

presso attese ad assediarla. Comandò che gli agricoltoriper tutta Italia andassero liberi da ogni contumelia, eproseguissero senza tema e come solcano per lo innanzi alavorare i colti loro, gravandoli unicamente de’tributi daprima sborsati all’erario ed ai padroni de’ campi. Partede’Golti erasi intanto accostata alle romane mura quando

Àrtasire e Barbacione pigliati seco molti de’ loro saltarono fuori contro al volere di Bessa a combatterli.Fattone grau macello nel primo azzuffamento inseguonoi volti in fuga , ma di soverchio inoltratisi cadono ne-

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gli agguati posti loro sulla via; quivi ebbero a toccare grave perdita ed a fatica potarono v duci sfossi conaltri pochi usoirne a salvamento, cosicché nén osarono

più da quinci in poi fòrsi in campo sebbene di conti*nuo provocati. Da quest’epoca la fame cominciò ad in*fieri re vie maggiormente la entro, impossibile; addivenendo l’ introdurvi un che di vhtaaglia dai campi, nètampocQ il trasferirvi quella di cui venivano apportatricile navi lui m are, tanto era il rigore dell’ assedio. Im

perciocché i Gotti insignoritisi di Napoli avean; postoe quivi e nelle isole chiamate d’Eola (i) è da per tattonelle altre all’ intorno copia di barche per impedire accuratamente il passo ad ogni derrata, e conquistarecoir opera loro tutte le vele ed i marini dalla Siciliatendenti ài portò romano. Totila poi comandò alle truppe spedite nell’ Emilia di occuparne vuoi a patt i, vuoicolle armi la capitale Piacenza, città assai munita all’intorno, giacente suIPEridanOj e la sola in, quella rergione ligia tuttavia de’ Romani. L’esercito approssùna-tovisi intimò al presidio P arr endim ene ed avutone ri-

(i) Ora isole di Lipari o di Vulcano («ette di numero èsituate presso della Sicilia ). Ebbero a re Eolo e da lui nome,avvicendandolo quindi con quello di Vulcano , figliuolo diMenelao, regnatovi dopo Eolo ; tale scrisse Cicerone. Altripretendono essere così dette a cagione dellà sulfùrea natura

loro, vedendosi di frequente mandar'fuoco. Dal re Li paroinfine, figliuolo del rè Ausone, sortirono il terzo nome. I poetiquivi metteano la officina di Vulcano.

 Pàocopio,  tom. //. 3 i

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pulsa formò il campo c cinsela d’ assedio, non ignorando esservi li entro diffalta d’ annona. Cetego in allora, patrizio, primo del romano senato, e tenuto dai

cesariani duci in sospetto di traditore, si fé9 a Centum-celle.

II. In questo mezzo Belisario inquieto sui destini diRoma e di tatto V imperio , nè potendo in conto veruno da Ravenna sovvenire di truppe gli assediati, difettandone egli stesso, risolvè levarsi di là e trasfe

rire il campo in quelle adiacenze per meglio provvedere da vicino ai bisognosi d9 aiuto. Egli pentivaiigià dell9 andatq da principio a Ravenna , consigliatovi da Vitalio, nella persuasione di avere operato con*tro agP interessi dell’ imperatore ; conciossiachè ivi rinchiuso abbandonato avea nelle mani de9 nemici la sortedella guerra. In quanto a me sembrami che il duce malsi apponesse, sovrastando allora inevitabili sinistri aiRomani ; o dato ben anche più avvantaggioso il suodivisamente, noi dovremo confessare essergli stato ilNume coutrario per favorire Totila ed i Gotti, e deri

vato quindi che i migliori accorgimenti riuscissergli collapeggio. Essendo che a coloro ver cui spira propiziaaura di fortuna mai nulla intravvenga di sinistro eziandio quando appigliaronsi a pessimi consigli, rivolgendoquesti V Ente supremo ad ottimo termine; e son di pa- 'rere che in cambio la prudenza allontanisi dallo scia

gurato, la necessità di soffrire togliendogli e senno ediscernimento del vero. Che se pur talvolta deliberandorettamente colga nel segno, di tratto un maligno soffio della fortuua riduce il più accoucio imprendimento

3aa GUERftE GOTTICHE

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a pessimo fine. Se le cose poi di là procedessero in talguisa o in altra non è in mio potere 1’ esporlo. Belisario, affidata Ravenna alia custodia di Giustino e dì poca

truppa, costeggiando la Dalmazia e le vicine piagge 6Ìcondusse ad Epidanno per rimanervi in ansiosa aspettazione degli aiuti bizantini, e manifestare intanto conlettera all’ imperatore la sorte di quella guerra. Il perchè Giustiniano gli mandò non guarì dopo Giovanni,nipote di Vitaliano, Isacco, armeno e fratello d’Arazio,

e Narsete con un esercito di barbari e di romani militi,i quali giunti a lor meta passarono sotto gli orditii diIni. Inviò similmente l’ eunuco Narsete ai capi degliErttli per allettarne molti a prender parte iu quelle italiche faccende % r in effetto numerose turbe di costorocapitanate da Filimuto e da altri duci lo seguironorecandosi nella Tracia ove si tennero ne9 quartieri diinverno per raggiugnere quindi Belisario al venir diprimavera ; marciava pure con essi Giovanni cognominato Faga. Costoro durante il viaggio casualmente e contro ad ogni aspettazione arrecarono ai Ro

mani grandissimo bene; imperocché avvenutisi ad unadisterminala truppa di Sclabeni . i quali testò valicatol’Istro aveano dato il guasto a quella regione, e con-duceansi prigionieri moltissimi paesani, di lancio as-salironli, e quantunque inferiori assai di numero fuord’ ogni speranza li vinsero apportando loro gravissima

strage* e rimandarono liberi alle proprie case tutti gliindividui caduti in ischiavitù. Fra questo mezzo a simileNarsete abbattutosi ad un arrogante che falsamente siavea usurpato il nome di Chilbudio, personaggio illu-

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fette e condottiero un tempo delle romane truppe, diJeggiéri ne scoprì V impostura, e non fi a discaro che ioqui ne esponga la istoria.

C A P O X I V .

 Digressione sopra Chilbtidio impostore. — Costumi degli Scia-beni e degli Ante. —  Nàrsete scuopre ì inganno.

I. Nella corte di Giustiniano Augusto aveavi unChilbudio, guerriero valorosissimo e cotanto dispregiaitore delle ricchezze che nella sua cosa famigliare annoverava possedimento sommo il non posseder nulla.Quésti da Giustiniano, correndo Panno quarto del suoimperio, fu eletto a prefetto militare della Tracia, e preposto alla custodia del fiume Istro colP ordine di attcn»dere soprattutto che nel tempo successivo i barbarinon si dessero al valicare del fiume, da prima solendo gli Unni, gli Ante e gli Sclabeni, trapassate quelleacque, arrecare i più insanabili mali ai Romani. Ed in

allora concepito aveano sì forte spavento di Chilbu*-dio che durante il triennio della sua presidenza Nessuno cimentossi, attraversato P Is tro, di apportar lorodanno; questi per lo contrario sotto gli ordini di lui spessefiate messo piede sulle barbariche terre fecero grandestrage di quanti avean dimora presso del confine , e

molti pure ne condussero prigionieri seco. Dopo treanni Chilbudio proceduto giusta la consuetudine di làdall’ Istro con piccol novero delle sue schiere, gli Sela^beni con forte esercito di tutt^ la nazione mossero

3*4 GUERRE GOTTICHE

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ad incontrarlo. Venuti ad ostinata battaglia molti imperiali giuntaronvi la vita, e per colmo di sciagura ebbevimorte Chilbudio stesso; il perchè da quell’ epoca in

poi essendo ai barbari addivenuto libero il traghettar delfiume le imperiali terre di continuo soggiacevano allenemiche scorribande, pruova manifestissima che nonaveavi in tutta la romana signoria come supplire, persottrarsi da tanta calamità, il valore d’ un solo duce.

II. Intromessasi quindi la discordia intra gli Ante e

Sdabeni si passò ai fatti ed alle armi andandòne collapeggio i primi; ora fervente la pugnatale degli Sclabenife’ prigioniero altro de’nemici giuuto alla pubertà (ChiUbudio erane il nome) e sei condusse nella propria ca*sa.  h r processo di tempo il giovinetto diè prove digrandissima benevolenza al padron suo e, di raro va»

lore nella guerra, tal che incontrati molti perìcoli aprò di.lui e superatili con prodezza somma ebbene altarinomea. Non molto di poi gli Ante scorrendo la Traciaspogliarono quantità di Romani quivi a dimora e li mena*rono in servaggio alla patria loro; se non che altri di que?

sii, volpe sopraffina, ed ammaestrato in tutti gli artifizjidonei a gabbare chiunque gli si appresentasse, capitatoper sua-buona ventura sotto di liberale e mite padrone alvedersi chiusa affatto ogni via di tornare giusta il suo desiderio in quel de’ Romani, macchinò la seguente fro-de. S’ appresenta al padrone, e commendatane^ la uma

nità protestagli eh’e’ne avrebbe dal Nume larga ricom*pensa ; di più, che giammai il suo animo sarebbesi indotto a divenire ingrato verso un cotanto amorevolebenefattore^ tra breve per lo contrario avrebbegli for

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nito mezzo di acquistare grandi ricchezze se pur nontrovasse in lui opposizione alle vantaggiosissime propo-ste che sarebbe per suggerirgli : e qui narràvagli come il

comandante della imperiale truppa Chilbudio giacesseprigioniero in mano degli Sclabeni, uom di questi nonsapevole del conto sommo in cui dovea tenersi ; s’ egliper tanto, riscattatolo, ne facesse restituzione ai Romaniavrebbene a non dubitarne dall7 imperatore lode e ricchezze immense ; e con tali ed altrettali parole posse

dutone 1*animo lo guida seco in messo degli Scia-beni y essendosi già questi confederati cogli Ante, e fuord ’ ogni timore conversandovi insieme. Quivi sborsatimolti denari al possessore ottengono il servo , e conlui di subito fannosi indietro. Tornati a casa il coj&*pretore lo interroga se in effetto egli sia il vero Chilbu-

dio comandante della romana troppa ? e questi prontoa confessare la verità espone ordinatamente e di buonafede ogni cosa : originare, diceva , e9 pure dalla nazionedegli Ante, ed in un certame tra le due genti allorain discordia essere caduto in poter de’ nemici, tut

tavia ripatriato una volta , qom9era il suo caso, tenessi da quell’epoca in poi compiutamente libero giustale patrie sue leggi. Udito ch’ebbe siffatto racconto ilpagatore delP oro cominciò forte a maravigliare ed alamentarsi vedendosi fallita la bella speranza. Il Romanopertfentcì olendolo consolare e indurre alla credenza di

cose ben lontane dal vero, colla mira di togliere ogniostacolo al suo ripatriare, vie meglio affermava costuiessere Chilbudio, e la sola dotta dei barbari all’intornorattenerio dalP esporre candidamente il giusto ; che se

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stòno lorica^ e motti van privi di camicia e mantello, di soli cosciali sino al pube coperti presentan-dosi in campo* Eguale ed assai barbara è la favella di

entrambi, nè trovi differenza nei corpi loro, essendo tuttialti e robusti della persona ; bannò pelle non bianchi*»sim a, nè biondissima la chioma , sebbene questa nonvada affatto nei nero, ma neM’ universale propenda alrossigno. A simile de’Massagetr menano,ro?za e meschina vita coperti sempre per ogni dove, siccome

quelli, d’immondezza e sudiciume. Sono d’indole nonmaligna nè frodolente , e vi trovi semplicità e c oÌBtumanze unniche io ipolte cose. Lo smesso nome daprima era comune agli Sclabeni ed agli Ante, dettiambidue  sporos dagli an tichi, pé rebè, a mio avviso,vméfiJn* ovverà sia qua e là spartatamente e rade costrui-

van cella propria regione lor capanne, occupando vastissimo terreno, di maniera cbe possedevano la massima parte della piaggia di là dall’Istro; tanto e nonpiù di tal gente»

III. Allora gli Ante, per tornare a bomba, costrinsero di

comun voto il prigioniero ad infingérsi quel desso spentoChilbudio maestro delle romane truppe, minacciandoloper fin di supplizio quando vi si rifiutasse. Intanto poicbe gli animi erano a tali mene intenti Giustiniano Augusto per ambasceria esortali a passare tutti nelPan»tica città di Torre situata oltre V Istro, construtta già

tempo dall’imperator de9 Romani Traiano, e da granpezza deserta, colpa dei frequenti guai sofferti dai vicini barbari. E prometteva l’ imperatore di farne lorocessione con tutte le adiacenti campagne di antico ro-

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mano diritto, di coltivarne studiosamente V amicizia, edi guiderdonarli con abbofadantissitno denaro s’ e’ volessero strigner lega seco, ed opporsi agli Unni che mai

sempre macchinavano scorribande contro le sue terre.I barbari udite le proposte vi aderirono promettendoogni^ rosa, purché non venissero privi di quel prigionieroinnalzatale» nuovamente alla dignità di maestro dellaromana milizia, protestandosi con asseveranza possessoriin lui del vero Chilbudio. Ora questi pieno d’orgoglio per

sua fctìona ventura volea già essere considerato dalle gentitiecofcne 41 Chilbudio maestro delle romane'-truppe, etale'«ftiltantayasi in ogni suo dire. Mentrecbè adun-que^era;in cammino alla volta di Bizanzio per le narr a t e l a ^ end e s’ avvenne lungo la via a Karaéte, e passati *'Colloquio'tra loro £u scoperto impostore ( qnan*tnpqm sfipesategli di latiboiy e -consagacità mentisse,fattooie da prima studio, molti i degli ioditj spettanti almorto >deU^egual none laonde posto ila carcere gli fumestiérijéppalesare da imo a sommo la lraniay dopo laqual»confessione il duce.menoHo a Bizarìsiò seco ; e qui

rannodo il filo dèi mio interrotto argomento.

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33o GUERRE GOTTICHE

C A P O X V .

Valentino e Foca molestano gli assediatori di Roma guardan-done Bessa le mura ; caduti in agguati giuntanti la vi-ta. —  Navi cariche di grano mandate alla città dal pon-tefice Vigilio cadono in potere dei nemici. — Totila ordina che sieno mozzate le mani al vescovo Valentino falsamente  incolpato di menzogna•

I. In trattauto che l’imperatore attendeva alle predate cose Belisario mandò Valentino e Foca, sua lanciavaleniisshna nell’arte guerresca, con tròppe al romaneporto affinché soccorressero al castello Portense ed alpresidio rinchiusovi, e ad ogni modo travagliassero afuria di scorribande gli accampamenti nemici. Costoroadunque non sì tosto pervenuti all9 assegnato luogo spediscono occultamente a Roma avvertendo Bessa che oved9 improvviso dessero l9 assalto alle gottiche trincee,dovesse egli ptìre co9più animosi guerrieri delle suetruppe fiarsi al cominciar della mischia loro aiutatore,

onde apportare insieme gravissimo danno ai barbari;la quale proposta è uopo dire non garbeggiasse a quelduce, quantunque forte di tre mila armati, concios-siachè investito di poi alla sprovvista da Valentino eFoca alla testa di cinquecento militi il campo nemico,e fattevi parecchie uccisioni, vedendo che nessuno mo-

vea dalla città, dopo esserte pervenuto alle orecchie delpresidio lo strepito della pugna, e ritraggonsi pronti ,sjtni e salvi al porto. Giuntivi spediscono altra fiata aBessa chiedendo il motivo del suo importuno indugiare,

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e manifestatogli che tra poco tornerebbero alP assaltoesoiianlo ad uscire pur egli in tempo con tutte le suoforze contro de9Gotti; ma questi rifiutassi pur ora ad

ogni cimento col nemico al di fuori. Gli altri nondi meno fermi nel proposito di sorprendere i bar*bari con maggior numero di soldatesca tenevansi giàpronti , quando un milite d’ Innocenzo disertato a) rede’ Gotti appalesógli che nel venturo giorno il presìdiodi Porlo procederebbe a combatterlo; e questi pose in

agguato ovunque divisò opportuno uomini bellicosissimi,nelle cui insidie il di appresso incapparono e truppe educi imperiali; di guisa che la massima parte v’ebbemorte in una a Valentino e Foca, ed i pochissimi cam»pali dal pericolo ridussersh nuovamente a Porto.

11. Di quel tempo il romano pontefice Vigilio inviò* Roma dalla Sicilia, ov’ e’ dimorava , moltissime navicariche di frumento nella persuasione cbe ai conduttori di esse non fallirebbe mezzo di entrarvi ; tuttaviaquando il naviglio ebbe dirizzato le prore a quellavolta i nemici addivenutine consapevoli, precedendolo

di poco, giungono furtivamente nel porto, e mettonsi inagguato entro ai fossati delle mura a fine d ’ impossessar^sene a tutto belP agio non sì tosto arrivato. Se nonche veduti dalle scolte a difesa del castello Porto,P intero presidio ascende precipitoso ai merli, e colP a*gitar dèlie vesti procura accennare ai marini di non fahsi

oltre, e volgere altrove, dovunque piacesse al fato, ilcorso loro. Ma quelli non compresi i segni, ed argomentando che le truppe colà rinchiuse tutte festanti e liete invitassero ad afferrare, sollecitata la navigazione da

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propizio vento, poco stante ripararono nel porto; intra gli altri Romani poi, oltre le ciurm e, condotti daquel naviglio è uopo rammentare un vescovo di nome

Valentino. I barhari in questa balzano fuori dalle insidie e senza opposizione alcuna predano le navi; ac-*cordata quindi la vita al vescovo: il menano al re* efatto macello dei rimanenti si partono seco portandoe vascelli, e quanto eravi dentro. Totila interrogatoa suo piacimento Valentino, ed incolpatolo di menzo^

gna comandò gli si mozzassero le mani. Con tali coseebbe fine il verno dell’ anno undecimò di questa; guerrache Procbpio tramandò per iscritto alla posterità sua.

CAPO XVI.

 I l pontefice Vigilio chiamato in Bizanzio.  Arrendimento dei Piacentini ai Gotti. — Generosità del diacono Pelagio a 

 prò dei Romani, e sua andata a Totila per implorare una tregua. — Sermoni d* ambedue.

I. Il romano Pontefice Vigilio chiamato dall’ impe

ratore fecesi dalla Sicilia, dove già. da pezza riparava^in Bizanzio. Di questi giorni i Romani assediati entroPiacenza posti negli estremi per diffalta di vittuaglia, edalla fame costretti ad usare detestabili cibi, giunti sinoa mangiarsi 1’ un 1’ altro, abbandonarono sè stessi collàoìttà nelle mani de’ Gotti; qui passarono di tal modo

le cose.II. Nel mentre che pure in Roma, assediata da To

tila, aveavi inopia sómma d’ annona un Pela&io, diaconodi quel clero e non guari prima arrivato con grandi rie-

53i GUERRE GOTTICHE

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chezze da Bisanzio, ove lungamente soggiornando eraaddivenuto accettissimo a Giustiniano Angusto, in quellemiserie coi donare a larga mano ai. poveri la massima

parte del proprio denaro appose ben degno cumulo algià conseguito splendore del nome suo presso tutti gliItaliani. Di guisa che i Romani si crudelmente bersagliali dalla fame persuadongli di presentarsi a Totilaper ottenere pochi giorni di tregua, dopo i quali, non a«vendo ricevuto soccorso alcuno da Bizanzio, farebbonle

padrone e di quelle mura e di sè stessi. Pelagio accettò1’ ambasceria ed il re gotto al venirgli innanzi, aceoltoUonorevolmente ~e con bontà somma, fu il primo a Tavellate dicendo :

III. « E consuetudine pressoché di tutti i barbari il» portar riverenza agli ambasciadori, ed io sino dalla99 mia prima età ho cercato mai sempre di coltivare ed

 n avfcr cari personaggi al par di te virtuosi. Il rispetto» poi o P oltraggio verso di essi penso non consistere* nella piacevolezza de’ modi, o nelle arroganti parole ft di chi li riceve, ma nel proferire candidamente il

•» vero, 0 n^ll’ usare alla loro presenza inutili e bugiardi» parlari. Ed in fe mia che tratterai -con molto onore 99 colui , il qtìale potrà da te prendere commiato col-» Paver udito la pretta verità. Per lo contrario verra- 99 gli fatta pessima accoglienza quando egli sia costretto 9» a partirsi colle orecchio piene di sole finzioni e

 99 menzogne. T u , o Pelagio , avrai da noi ogni tua di*» manda, fuori che tre ; le quali ti giova passare con prn-

 99 dente silenzio a fine di non darci carico di malevolenza*? nel contraddirle, quando saresti tu solo in colpa del

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» fallito successo di quest’ambasceria. Imperciocché il 9 comandare cose disconvenienti ai tempi suole riuscire» al tutto vano. Ti ondino pertanto di non (areni ora

» parola intorno a qualunque egli diasi de’Siciliani o m alle romane mura, od ai servi campati presso di noi \ 

» imponendo giustizia ai Gotti di non largheggiare nul»m lamento di perdono con uoxn di quelli, di non la*« sciare in piedi coteste mura, e di non restituire tam-» poco ai primitivi padroni i servi militanti sotto i no

li stri vessilli ; e per togliere a9 miei detti dgni ap-» parenga di sconsigliatezza, subito prendo eoo forti ra**» gioni a dileguarne il sospetto. Fu,già quell’ isola ne’ 9 tempi antichi doviziosissima d’ ogni bene per Pah*

m bondanza del danaro e de9suoi cereali : di guisa che» giugne tuttavia ad alimentare non solo i proprj abili tatori, ma pur voi, o Romani, ne ritraete ogni anuo» vittuaria quanta ve ne può bisognare. I vostri aute-» nati persuasi di ciò supplicarono sin da principio 39 a Teuderico volesse porre nell’ isola poco gottico» presidio per tema non ne avessero danno la feli~

 m eità e libertà loro. Così rimaneansi le cose quando* il nemico, di numero e d’ altro che non eguale a fi noi, v1 ebbe afferrato. I costei abitatori al mirare n tale armata di mare non parteciparonne ai Gotti Parli rivo, ma rinserratisi entro i luoghi forti risolverono fi anziché respigneili, di spalancare a furia le porte

» e di ricevere a mani giunte i nostri avversarj, già» da gran tempo, come io penso, a mo’ di perfi-

 fi dissimi schiavi andando in traccia d* opportuna occa-» sione per sottrarsi turpemente dal vero sovrano , o

33* GUERRE GOTTICHE

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» passare all’ obbedienza di nuovi e non conosciuti do-» minatori. Di là i nemici, quasi da ben munito castello» fatto impeto, di leggieri posero il giogo a tutta l’Italia,

» e additenuti padroni di Roma trasportaronvi dalla Si** eilia granaglia in tanta copia dà supplire all’univer*-9» sale diffalta durante l’ intero anno che fu da noi as-» sediata. Ma basti per rispetto ai Siciliani, i quali non 99 avranno mai più dai Gotti pe rdonauza, P enormità* delle sceleraggini divertendo ogni compassione dai 99 caduti in colpa. GP imperiali rinserrati entro le vostre n mura mai sempre rifiutaronsi dal venire in campo* e» dall’ ordinarsi a battaglia contro di noi ; con giorna*•oliere frodi in cambio e rigiri tenendo a bada i Gotti,w hanno in poter loro, fuor d’ ogni credere, le cose no*-

 99 stre; è mestieri pertanto di ripararvi se vogliamo an- 99 dar liberi da quinci in poi da simiglianti molestie. y> Imperocché se tal fiata c’avvenne d’incappare igno» 99 rantemente in qualche fallò, il ricadérvi non antiveg* 99 gendone il pericolo, del che esser dovevamo già esper*i» t i , non si vorrà da noj attribuire a sinistra fortuna ,

 99 ma ben'd i ragione alla nostra imprudenza. Lo sman- 99 tellare inoltre Roma di mura sarà di vostro grandis- 99 simo giovamento, d’ ora innanzi togliendosi così ad 99 ambedue le fazioni la tema d’ un assedio, o di patire» quivi rinchiuse carestia di vittuaglia ; ma combatte- 99 ranno esse in campo aperto, e voi sciolti da sì gravi

 99 sciagure vi sommetterete ai vincitori. In quanto an 99 servi passati tra noi solo diremo che se nel descri»» verli ai nostri ruoli ebbero promessa di non venir n mai più consegnati agli antichi padroni, facendone

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 n ora la restituzione, meritamente dichiarerebbero fai-* laci i nostri accordi con voi, essendo in fe mia al n tutto impossibile, avervi uomo che rompa la data fede

« alla più scianrata delle umane classi, e perseveri co-99 stante nella osservanza della parola data ad altri co- n munque iu vuoi; egli in cambio porterà all’intorno ji appo tutti i contrattanti seco la perfidia, quasi inde- n lebile marchio, dell’ animo suo.  n Ai detti regali Pelagio tispondea : « Dopo belle proteste, o valoroso mo-

99 narca, della grandissima possanza che esercita soprav il cuor tuo e la mia persona ed il nome romano,

 fi largheggiasti ineoo di ben indegno trattamento. £s-9i seodo cbe, se mal non m’appongo, disonorasi l’amico99 e l’amba sci ad ore non solo percuotendolo nel volto 0» adoperando seco modi villani, ma dandogli eziandio99 commiato in guisa eh’ e’ non possa riportale frutto

 n alcuno dell’ opera sua fuor della romana consnetu- m dine essendo lo assumere le funzioni di oratore al n solo uopo di ricevere splendida accoglienza presso^ cui siamo diretti, ma si brama ad una tornare indietro

99 con qualche vantaggio della mandata nostra. E quindi»9 à miglior condizione chi turpemente accolto giugno fi alla fin fine ad ottenere parte comooqne delle cose» implorate, che non quanti dopo onoratissime parole99 vedonsi costretti a ricalcare la battuta via delusi dalle

 fi loro preconcepite speranze; dacché se alcuna delle

» tue eccezioni formasse i nostri voti, ora mi guarderei99 al tutto di>iarUne dimanda. Ma come domin po- n trò io trattare di accordi con chi troncane sin dal bel» principio, il mezao senza porgere orecchio ralla dife-

535 GUERRE GOTTICHE

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LIBRO TERZO 33;

» sa? Ni tacerò apparire abbastanza di già quanto sii» per mostrarti benigno a’miei concittadini, rei d’averti

 y> portato le armi contro, quando professi odio impla-

» cabile ai Siciliani ognora ligj de* tuoi divisamente II» perche messo da parte ogni pensiero di farmi a te sup-99 plichevole rivolgerò la mia ambasceria al Nume, appo» cui hannosi ili isdegno gli orgogliosi dispregiatori dei n supplicanti. *»

CAPO XVII.

Orazione de' romani cittadini ai duci,  posta sulle labbra loro dalla fame ; descrizione della costei rabbiósa forza*

I. Pelagio terminate queste cose pigliò commiato,ed i Romani vedutolo di ritorno privo affatto di consolanti nuove cominciarono a vie più attristarsi, e lafame con quella sua crescente possa erane il maggiortormento ; la truppa avea tuttavia qualche vittuaglia diche alimentarsi. Laonde i Romani in frotta presentaronsi

agli imperiali duci, Bessa e Conone, e tra’ singulti elagrime adoperavano commoverlt con tale orazione 2* Ci rimiriamo sino ad ora in tali miserie, o duci, che f>, sebbene addivenissimo a voi stessi ingiuriosi non po- 99 tremmo per ciò meritar titolo di colpevoli, gli estre-» mi bisogni formando la miglior delle scuse. Giunti a

 n non poterci aiutar più di per noi ci facciamo al vo* n stro cospetto per esprimervi con parole e pianti le n nostre calamità; ascoltateci dunque benignamente,

 Pxòcono,  tom. 11 , 32

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» nè vi turbi l’audacia del nostro dire, sibbene pònde-* rate da essa la gravezza de* mali che duriamo, Pine*» viabile disperazione della salute togliendo Pattitudine

» di moderare azioni e parole. Considerate, se vi piace, n o duci, non essere noi più Romani, non aver con voi» schiatta e civili instiluzioni comuni, nè di proprio n arbitrio avere accolto in città le prime truppe di Ce-» sare; ma che da principio vostri nemici, e quindi,» impugnate le armi contro di voi , superati in campo,

» fummo ridotti per guerresco diritto al servaggio. Som-» ministrate dunque ai vostri prigionieri vìttuaglia, e se* non qtfyila mule averne di consueto la vita ed a suf-» Scienza per 'wk*«almeno il bastevole a prolungarne* comunque la durata; acciocché superstiti vi possiamo»? rispettare, come vuoisi praticato da’ servi co’ lóro pa-» droui. Che se forniti del buon volere ne opinate ma^v lagevole d1 "a»ìli l’ esecuzione ridonateci la libertà,99 causando cosi fa briga di dare a’ vostri prigioni se-* poftnj’a. Se poi ’neppnr questo a noi è concesso9? sperare, vi domandiamo in grazia almeno la morte ;

» consentite cbe poniamo onesto fine alla vita, non* invidiandoci un dolce trapasso : liberate di colpo noi9i miseri dalle nostre immense sciagure. w Bessa posto«recchio alle costoro suppliche rispose non essere inpotere suo il fornirli di annona, giudicare empietà Puc-riderli, e pericoloso il farli partire. Assicurolli nondi

meno che perverrebbe tra poco Belisario con tuttoPesercito spedito da Bizanzio, e con si belle consolazioni diede a tutti licenza.

II. La fame intanto col lungo temporeggiare addi

538 GUERRE GOTTICHE

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venuta più forte adduceva grandi mali aescando benanche ad usare di cibi abborriti dalf universale e dallaumana natura. Bessa e Conone poi comandanti del ro

mano presidio erano i primi a fare gran mercato cogliopulenti cittadini di tutto il frumentò che in molta co*»pia aveano ascoso entro le mura di Roma, e la truppaimiUtvali vendendo a carissimo prezzo anch’essa il pocoche detraeva dal suo giornaliero vitto. A tale in breveeransi le cose che per P acquisto d’un medio no (i) di

grano voleanvi fin sette aurei ; laonde quelli di minorefortuna, incapaci di sostentarsi a sì caro prezzo, coni*perato àd un quarto delP esposto valore un medinno dicrusca sei trangugiavano, la necessità fornendo squisitissimo condimento a così fatto cibo. I brocchieri diBessa in tal loro scorribanda impadronitisi d’ un bue ilvenderono ai Romani per cinquanta aurei ,; se un mortocavallo od altro che di simigliante capitava là entro ilcompratore tenevasi fortunatissimo, di quelle carni pò*tendo torre una satolla. La plebe sostentava sua vitacon sole ortiche a dovizia germoglianti da per tutto in

torno a quelle mura e tra le muricce in esse deposte;ed acciocché dall’ afrezza loro non ne avessero molestia le labbra e le fauci, mangiavanle dopo molta cottura.Di tal guisa, con tutta verità come per noi è detto, iRomani, compro frumento e crusca, tornati nelle proprieabitazioni mènaron lor vita sino a che furono posses

sori di aurei ; ma toccatone il fondo vidersi costretti afar mercato d’ ogni maniera di suppellettili, esponen

LIBRO TERZO 33g

(i) Misura di sei moggi, un sestiero, e sei once.

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dole nel pubblico foro, alP uopo di procacciarsi lagiornaliere bisogne. Da sezzo ridotte anch1 elleno' leimperiali truppe a tale da non poter più dividere coi

cittadini il frumento, rimasone ben poco al solo Bessa,e divenute con ciò prive d’ ogni vittuaglia , ebbero aneli9 esse ricorso alle ortiche. t)a poi mancato pur questo cibo, uè avendovi più mezzo d’ attutare il ventre , molti estenuati di forze, al tutto scarni le membra, e per cumulo spogliati a poco a poco del naturale

colore, per vestirne quello del piombo, ti si appre-sentavano simigliantissimi a fantasmi. Altri nel cam*minare e nel frangere co9denti le crude erbe cadevanod’ improvviso spenti. Alcuni di già a vicenda nutricavansicollo sterco, né pochi, furenti per la diffalta di cibo,si mordeano le membra , scomparsi affatto essendo

e cani e topi ed altri auimali comunque da sbramare la fame. In tanta calamità un Romano, padre dicinque fanciulli, sentendosi da costoro scuotere la veste chiedendogli pane , senza dar lagrima , od esprimere altro segno di perturbamento , soffocando tutta

Pambascia nel fondo del suo cuore, invitolli a seguirlocome che volesse compierne i desiderj ; fattosi in cambio ad un ponte del Tevere, e portata la veste al capoper velarsi con essa gli occhi, si precipitò giù nelle acquein presenza di quegli infelici e di parecchi cittadiniquivi raccolti. I cesariani duci allora accordarono, strap

pando empiamente denaro , di abbandonare quelle mura a chiunque ne richiedeva , e ad eccezione di benpochi tutto il resto degli abitatori campò ov’ ebbejagiopii gli ore ; se non cbe moltissimi de’ fuggenti, perduto,

34o GUERRE GOTTICHE

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colpa hi fame, il vigor del corpo, della stessa navigazione o nel viaggio terrestre furon colti da morte;gran numero altresì di essi tra via caduti nelle mani

de9nemici ebbero F egual fine. A così tremendi estref-mi volle il fato ridotti e senato e popolo romano.

C A P O X V I I I .

 Deliberazione sulla partenza da Epidanno. —  Belisario venuto da Idrunte fuga i Gotti. Totila fortifica il Tevere. Giovanni 

 padrone della Calabria. — Tulliano si amica i Bruzj ed i  Lucani; atteso nel porto romano dal condottiero vince in campo Recimundo.

I. Giunte in Epidanno le truppe di Giovanni ed’ Isacco ed unitesi a Belisario, opinava il primo cbe

tutti di compagnia, valicalo il seno, movendo pedestripartecipassero a quanto fosse loro per arrivare. Belisario all1 opposto non la intendeva così, avendo per lomigliore il navigar egli co’ suoi alla vicina piaggia romana , conciossiachè il viaggio terrestre sarebbe riu

scito più lungo e forse non senza impacci; Giovauniintanto discaccerebbe, marciando per la Campania epe’ luoghi dintorno, i pochi barbari ivi raccolti e, fattoil paese di qua dal senp Ionico ligio dell’ imperatore ^lo arriverebbe colla soldatesca presso del lido vicinoa Roma, dov’egli con tutto il rimanente esercito avea

in animo di approdare. Essendo che, cinti i Romani dastrettissimo assedio, estimava dannosissima fuor d’ ognidubbio alle cose loro la più breve tardanza; e per maredi fermo, avendo propizio il cie lo, poteano dopo il

LIBRO 1JERZO 341

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GUERRE GOTTICHE

quinto giorno calare le vele nel porto romano, quandocon viaggio pedestre alle truppe dipartitesi da Epidannonon ne basterebbero forse un quaranta. Belisario adun

que fatto questo comandamento a Giovanni e salpatele àncore* spinto da gagliardo vento, pervenne con tuttaV armata di mare ad Idrunte. I Gotti assediatovi delcastello non appena uditone si partono calcando lavia di Brindisi, città lontana {lue sole giornate , posta sulla riva del seno e spoglia di muro ; quindi per

suasi che le romane truppe valicherebbero quelle acqueespongono a Totila quali fossersi le cose loro. A taleannunzio costui ordinò tutto P esercito come se muover dovesse contro al nemico, ed impose alla soldatescadi stanza nella Calabria che a tutt’ uomo impedissequel tragitto. Ma non sì tosto il duce imperiale, profittando del vento in poppa, ebbe alzato le àncore daIdrunte, i Gotti datisi al buon tempo cominciarono aprovvedere molto negligentemente alla salvezza dellaCalabria, e Totila mai sempre fermo nel suo campo solomirava con ogni studio a chiudere tutti gli aditi per

cui si potesse condurre a Roma un che di annona* Sceltoa quest’uopo uu luogo a novanta stadj dalla città, ovestrettissimo appresentasi V alveo del fiume , vi fece daripa a ripa allogare lunghe travi a foggia di ponte e sopra delle opposte estremità loro erettevi due torri dilegno diedene la custodia a prodi guerrieri coll’ inca

rico di vietare ad ogni maniera di navilii provenienti daPorto V entrata in Roma.

II. Belisario all’ avvicendarsi ditali cose arrivatonel porto romano era in aspettazione delle truppe di

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Giovanni surlo nella Calabria senza cbe i Gotti a dimora, come scrivea, in Brindisi ne concepissero il minore sospetto. Ora pigliati tra via due nemici esplo

ratori diede pronta morte alP uno , ed al secoeclo cbeabbracciatene le ginocchia supplicavaglr della vita^aggiungendo : a nè sarò a le ed al popolo* romano distì-99 tile 99: rispondea: e di qual modo, campandoti iodalla morte, gioverai a me ed all9esercito ? quegli premetteva il  mezzo di sorprendere aH|p|00liriÉ^

sue. Il duce gliene concedette asubito ne appalesasse i pascoli ; 6 ad un sì del  btir- 

baro entrambi con numeroso corteo si diressero a quellavolta, e tosto gittate le mani sopra i pascolanti cavalli, e montati tutti in arcione, molti essendoe Valentissimi., avviaronsi di carriera contro a i , gotti ci campi. Alrepentioo assalto i bàrbari inermi e ben lontani còlpensiero da questa sorpresa caddero in sì grande spavento che dimentichi dell1 antico valore laseiarttfdsi incopia grandissima trucidare, ed i pochi non incoiti ‘damorte ripararono presso' del re. Giovanlni quindi con

ciliò alP imperatore gli animi de9Calabresi, promettendoloro con dolci e lusinghiere parole che molti bèni e dalui e dalP esercito romano deriverebbero a quella regione. Dòpo di che abbandonato prestamente Brindisi occupò Ganusio, città posta nel centro della Puglia, e distante alP occaso, verso Roma, il viaggio di cinque gior

nate. Da quivi camminando venticinque stadj giugnesia Canne, dove in altri tempi i Romani soggiacquero agravissima strage per opera di Annibaie generale de7

Cartaginesi.

LIBRO TERZ O 343

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344 GUERRE GOTTICHE

III. Ora Tulliano di Venanzio, originario di Romae potentissimo appo i Bruzj ed i Lucani, presentassial duce e lamentate iti prima le angherie commesse

dal cesariano esercito contro gl’ Italiani > terminò dicendo cbe se col tempo avvenire si praticasse qualchetratto di clemenza a prò loro, egli tal renderebbe sug-gette ed obbidienti le due provincie all’ imperatore cheindurkrebbele sino a pagargli tributo come per lo innanzi ; non e^endosi fatte di proprio volere ligie de’ barba

ri e questi ariani, ma costrette dalla nemica preponderanza; e soprattutto provocate dalle offese delle truppe di lui ; qui avuta ferma promessa che 1’ esercitocomporterebbesi generosamente cogli Italiani, assembròsue genti a quelle bizantine. Così da quinci in poi ainostri ceàsò ogni timore per rispetto della penisola , etutto il suolo di qua dal seno Ionico fu amico e sug-getto a Giustiniano.

IV. Totila uditone spedisce trecento eletti barbaria Capua coll1ordine di seguire da presso le truppe diGiovanni, allorché queste incautamente di là movessero

alla volta di Roma; del resto ei provvederebbe ad ognicosa. Laonde il duce imperiale nel timore di nemicoimprovviso scontro, dimesso il pensiero di raggiugnereBelisario, si portò in quel de’ Bruzj e de’ Lucani.Annoveravano i barbari tra’ suoi un Recimero, personaggio famoso, alla testa di alcuni militi rafforzati

da grossa turma di trafuggitori maurusii e romani, eposto dal re a guardia dei Bruzj, acciocché presidiando lo stretto Scilleo e tutto quel lit torale, nessuno potesse di là farsi nella Sicilia, o da questa navi

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gare a quello. Ma Giovanni, prevenuta eoo mirabilecelerità la fama del suo arrivo ed alP impensata assalitili tra Regio e Vibone, per guisa li sbigottì che for-

zollj, dimentichi al tutto del proprio valore, a mostrareturpemente le spalle, riparaudo sopra un monte ivi dapresso e'di érta e malagevole salita, lmpertanto seguitenedi colpo le orme e tornato ad investirli prima che simunissero tra que’ precipizj uccise la massima parte deiMaurusii e Romani ^ sebbene opponenti accanita dife

sa , e ricevè a composizione il condottiero stesso colrimanente di quelle truppe, e dopo la vittoria quivipiantò il campo. Se non che Belisario attendendone impazientemente di giorno in giorno Parrivo teneasi inoperoso, e biasimavalo siccome inetto a procacciarsi unvalico, quantunque forte di valorosissime truppe, coldare battaglia ai trecento spediti dal nemico a presidiareCapua \ quegli in cambio fallitagli ogni speranza digiugnere al suo destino voltò indietro nella Puglia , epose i quartieri in Cervario (tal si nomava il luogo).

C A P O X I X . Jpprestamenti e partenza del condottiero a prò dell' assediata 

 Roma. —  Battaglia in Irà le due fazioni. — Temerità d'Isac-co. La mercè di lui il condottiero turbatosi cessa dal? im-

 presa ; sua malattia. Morte d* Isacco.

I. In tali emergenti Belisario pigliato da temanon la mancanza di vittuaglia costrignesse i Romani aqualche grave determinazione iva nelP animo suo macchinando il modo} comunque e’ fosse, di aiutarli d’an-

LIBRO TERZO 345

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nona. £ poiché v©elevasi da meno di quanto era mestieri tper tentare la sorte ideile armi escogitò il se-gueuti stratagemma* Uniti e strettamente legati insie

me due palìscaloti de’ maggiori vi sovrappose una torre di legno assai più alta di q u e l l e erette sul pontedai nemici, avutene in prima le misure da alcunidei suoi infintisi disertori colla contraria iasione. Trasportò poscia nel Tevere dugento dromoui tu tf al-V  intorno , a foggia di muro , fortificati con tavole

piene di fori per dardeggiare senza propria offesa ilnemico, e caricatili di frumento e di altra villuagliafecevi da ultimo ascendere valorosissima truppa. Fantisimilmente e cavalieri dispose da quinci e da quindialle bocche del fiume in luoghi muniti, coll' ordine chesi adoperassero del miglior loro onde impedire a quelli

tendenti a Porto il cammino. Ad Isacco poi quivi condotto seco affidò il castello , sua moglie ed ogni altracosa postavi in serbo, ammonendolo di non allontanarsene dato che che siasi, vuoi pur il divulgamentodella morte sua per opera di nemica mano, stesse

invece ognora all’erta acciocché arrivato qualche sinistro egli ed i suoi avessero ove riparare , non essendovi per tutto quel tratto di paese altro luogo munitoin poter suo. Asceso quindi un dromone e fattosi allatesta dell’ armata di mare comandò che si traessero innanzi i due gusci con sopravi la torre , alla cui cima

<era un paliscalmo ripieno di pece, zolfo, tesina e simiglienti materie idonee ad infiammarsi prontissimamentee ad alimentare il fuoco. Sulla opposta riva del fiumepoi, ohe da Porto mette a Roma , teneansi le pedestri

546 GUERRE GOTTLCHE

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schiere intente a prestare aiuto. Il dì prima Belisarioavea mandato a Bessa commettendogli cbe la dimauee’ si desse con molta truppa a molestare i carnai ne

mici, siccome eziandio per lo innanzi ebbegli spessevolte inculcato. Ma questo duce nò precedentemente, nèora obbediva agli ordini, essendo quel solo cui rimanesse qualche poco di frumento ; conciossiachè dellaviltuaglia in epoca anteriore mandata dalla Sicilia aRoma, e sì tanta da soddisfare ai bisogni del presidio e

di tutto il popolo, aveane distribuita pochissima all’ultimo, e messa in serbo con inganno la quantità maggiore,sotto pretesto che la si dovesse alle truppe^ facevane carissimo mercato coi senatori; vedea quindi a malincorpola fine dell’assedio.

II. Belisario adunque ed il navilio procedevano durando molto disagio a navigare contr’ acqua, ed il ne*mico lunge dall’inquietarli si rimanea tranquillo ne’suoicampi. Se non che giunti vicino al ponte abbattonsinella schiera collocata di qua e di là dal fiume a guardia della catena di ferro tesa non guari prima per or

dine di Totila dall’una all’ altra ripa onde impedirlidal tragettare le acque, ed uccisine molti col saettam e lo e posto il di più in fuga , ritti inoltrano, strappata via la catena, al ponte , ove non appena arrivati cominciò sanguinosa zuffa. I Gotti in quella op-ponevano dalle torri validissima resistenza , e molti u-

sciti già degli steccati v’ accorrevano , quando Belisario comandò che la torre fatta da sè costruire soprale fusle si approssimasse a quella nemica sovrastanteal fiume presso la via Portese, e s’ appiccasse fuoco

LIBRO TERZO W7

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all’ antedetto paliscalmo rovesciandolo prontamente sulbaluardo nemico. L’ ordine ebbe pronta esecuzione,ed al cadere di quello tutta V  indicata torre andò

in fiamme giuntandovi insiememente la vita le sue guardie nel numero forse di dugento. Fu vittima dello incendio lo stesso lor duce Osda, valentissimo sopra ognialtro Gotto nell’ arte guerresca. I Romani di poi cominciarono coni animo intrepido a vie più trar d’ arcoin coloro che dai campi eran venuti ad aiutare isuoi,

e questi impauriti dalla strage cui soggiaceano diedersia precipitosa fuga , unicamente attendendo alla propria salvezza. Gli imperiali eran lì per occupare il ponte, ed apprestavansi, appena rottolo , a calcare la viadi Roma liberi da ogni impedimento, quando la fortunadisertolli , e la frodolente malizia di non so qual invi

dioso demone Venné a turbarne il buon successo comeprendo a narrare.

III. Mentre sì adoperavano gli eserciti una vocedannosissima pe’Romani surse in Porto, divolgandovisiche Belisario avea riportato vittoria , tolto la catena,

morto la guardia, e conseguito tutto il più da me po-c’ anzi esposto. A simigliente nuova Isacco non potendorattemperarsi, bramoso di partecipare a tanta gloria,ed infedele osservatore degli ordini avuti corre all’ o-stiense piaggia del fiume , e levativi cento cavalieri diquelli ivi alle stanze muove a combattere il campo dei

barbari presieduto da Ruderico prodissimo guerriero, ecoll’ inaspettato assalimento molti ferì ed intra’rholti lo

[stesso duce. Laonde i rimanenti abbandonate di colta lortende retrocedettero vuoi perchè opinassero maggiore il

348 GUERRE GOTTICHE

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numero degli avversarj, vuoi per farli con inganno prigioni , siccome pur troppo avvenne. Isacco e le suetruppe entrati nel campo nemico mettonvi a ruba l’ar

gento e tutto il di più quivi riposto. Se non che neltornare indietro ecco i Gotti andar loro addosso, romperli con grandissima strage, e condurre seco in ischia-vitù il duce unitamente ai pochi risparmiati dal ferro. 1 cavalieri a briglia sciolta corrqno ad annunziarela triste nuova a Belisario, il quale fattene 'le più

grandi maraviglie ommise di chiedere in proposito leopportune informazioni; di più reputando perduto Porto , la moglie e tutto il frutto di quella impresa, nèavervi più luogo munito ove riparare sè stesso all’uopóe la gente sua, instupidì, cosa di vero mai più accadutagli in prima; ritirò adunque immediatamente 1’ e-sercito colla mira di assalire qumdi all’ impensata ibarbari, e di riprendere ad ogni costo quel forte. Cosìi Romani si levarono di là prima di condurre a terminele cominciate operazioni. Il capitano poi avvicinatosi aPorto conobbe ed il fallo commesso da Isacco , ed il

gravissimo danno apportalo dal suo intempestivo perturbamento. Tale sinistro forte addoloronne l’ animo,e produssegli grave malattia nel corpo, di guisa cbe pigliato da febbre ardente dopo assai lunghe sofferenzepervenne agli estremi della vita. Corsi due giorni Ru-derico si muoré , e Totila dispiacentissimo di questa

perdita ordina l’uccisione d’Isacco,

LIBRO TERZO 34g

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35o GD€RRÉ GOTTICHE

C A P O X X .

 Avarili* ,di &qssa e sua negligenza nel reggere il presici? ro-mano. — Gli Isauri a difesa della porta Asinaria macchi-nano tradigione.  Rè Totila conquista Roma, ed A placato da Pelagio nel tempio di S. Pietro. Estrema indigenia dei se hàtori. — Borità di Totila con Rusticiana e cori le altre ro* mane donne.

I . Bessa accumulava ricchezze vendendo maipre 41 frumento, còlpà il bisogno, a più caro prezzo;Tuttb òcfcupato delParriccbire faceva ultimo de’ suoipensieri la difesa e la sicurezza di quelle mura. Nonretti da freno i soldati vagavano oziosi, pochi ne vedeviattendere e ben anche negligentemente alla comune sai-*vezza, Addormentavansi le scolte a beneplacito loro, esenza tema che il duce tenessele in soggezione còl farned’ ogn* intorno la rivista com’è di pratica. Oltre di  th è  

mancavano cittadini cui fidare le guardie unitamente aliaitruppa, rimasine pochissimi entro le mura e questi fH

finiti dalla fame.II. Quattro Isauri pertanto degli scelti a custodire*la porta Asinaria quando fu la volta loro di guardar#quel muro durante la notte, osservati i compagni a già«4

tersi vinti dal sonno, calano dai merli al suolo parecchie funi ed attaccativisi con ambe le mani si coU

lano giù al di fuori ; iti di poi a Totila promettonogli introdurlo agevolmente in città con lutto il gotticoesercito. 11 re data sua fede che ne saprebbe lorobuonissimo grado, e rimunererebbe)]* a dovizia delPot-

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tfmó servigio non appena conseguito l’ intento , inviòcon essi due Gotti ad esaminare il luogo indicatogli,come idoneo al divisato scopo. Questi' giunti a piè

del muro ed accomandatisi alle funi tosto furono aimerli non levandosi voce di scolta o altro sospettodi tradigione. Da colassù gli Isauri mostrano ài bari-bari il tu tto , e quanto facil ne sia V andata in altoed il tornare abbasso affatto liberi da perigli ; esorta*tilt da ultimo ad esporre il veduto co9 proprj occhi a

Totila fanuoli col mezzo delle corde stesse dismontare.A tale notizia il re de’ Gotti sebbene provasse un piacere sommo, tuttavia, sospettoso degli Isauri, non volleprestarvi molta fede. Laonde corsi pochi giorni eccoricomparire i traditori a far istanza che non s’ indugii

P impresa. Totila nell9accommiatarli spedi seco loro duealtri de9suoi perchè tornassero ad osservare meglio ogni

cosa , ed attenderebbene la riferta ; questi , fatto ilcomandamento , al tutto confermarono le prime notizie . Intrattanto molti Romani esploratori avvenutisinon li?nge dalla oitià a dieci barbari diretti altrove,

conduconli prigioni a Bessa , il quale interrogatili sullidivisameoti del re viene a sapere che avea egli speranza d’ insignorirsi della città per la tradigione dialcuni Isauri , non avendovi di ciò più mistero ne’campi loro. Bessa e Conone uditone e non prestatovi per nulla fede trascurarono prendere all’ uopo

un che di pensiero. I) Gotto visitato per la terza voltadagli Isauri 1 e Vie meglio istigato alla impresa diedeloro, partendo, a compagni uno de7suoi consanguineied altri personaggi; questi di poi mostrandogli la certa

LIBRO T E M O 55.

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riuscita di quell’ imprendimelo^ roduconne l’animo amandarlo ad effetto»

III. Or dunque Tdlila comandato che tutte le truppe

chetamente si armassero, e condottele contro alla portaÀsinaria ingiugne a quattro de’ suoi , chiari per coraggio e forza di ascendere su per le funi ai merli in compagnia degli Isauri, ed eran le ore notturne in cu i,dormendo gli altri tutti, affida vasi la salvezza del luogoalla vigilanza di questi felloni. I barbari addivenuti

così possessori del muro discendono alla porta ed acolpi di scure fattane a pezzi la spranga di legno murala da ambe le estremità entro gli stipiti per tenere commesse le imposte, e strappate le toppe in cuiravvolgendo le chiavi solcano i custodi aprire o chiù*dere a norma delle circostanze, apprestano libero epronto ingresso a Totila con tutto il goltico esercito ; ma il re paventando nemiche insidie tenue le schiereivi raccolte acciocché non isbandassero. Suscitatosi direpente, com’ è il costume, tumulto nella città i romanisoldati , ad eccezione di ben pochi, si danno co’ duci

n precipitosa fuga per le varie uscite, ed i rimasicorrono co’ cittadini a riparare ne’ sacri templi. De’ pa-trizj, Basilio, Demetrio e chi di essi avea tuttavia destrieriseguirono il fuggente Bessa; Olibrio , Massimo , Oresteed altri entrarono in franchigia nella basilica dell’ apostolo Pietro. Nell’ intera città non contavi del volgo

più di cinquecento individui, i quali ebbero appena iltempo di aggiugnere ai templi , essendo il resto dellapopolazione o passato da prima sotto nuovo cielo, o addivenuto, come espooea, vittima della fame. Totila io

 55q GUERRE GOTTICHE

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quella notte alle ripetute voci che Bessa ed il presidiosi fuggivano io rotta , protestò riuscire , giocondissimaalle, 3#ie orecchie tal nuova, ma nop permise inseguirli

dicendo: « E quaj maggior contento spederemmo del» vedere il nemico^ iu fuga ?IV. Appariva P alba nè aveavi più tema d’ insidie

quando Totila pertossi ad orare nella basilica delPapo-stoJo Pietros i Gotti intanto non la perdonavano a chiche siasi avendo già, uccisi di spada venzei soldati e ses

santa cittadini. Al re loro sul limitarexdel tempio venneincontro Pelagio cogli Evangeli di Cristo in «nano, etutto supplichevole: « Signore, dicea, perdona a’ tuoi.»Quegli con labbro composto al riso e dandogli la Vftiasì rispondeva : a Ora, o Pelagio , ti fai pregatore  I n £Paltro : « Iddio  m s ha destinato a servirti } e tu, o signftM,da quinci innanzi perdona a’ tuoi servi. 55Totila piegatosialle istanze di lui fece comandò ai Gotti di cessare da ognistrage , e serbandosi, giusta i proprj desiderj, il buonoe il meglio^ permise che mettessero a sacco liberamente ilresto. Allora molte furono le ricchezze tolte dàlie case

deVpatrizj , da quella di Bessa in ispecie, avendo questo scellerato demone accumulato pel nemico il danaroiniqqamente raccolto colla vendita del frumento, comeè stato per noi detto. I Romani di poi , compresivigli «tessi senatori , e soprattutto Rusticiana , consortein altri tempi di Boezio e prole di Simmaco , la quale

avea distvibuito ai poveri ogni suo avere, vidersi condótti in istato di mendicare a frusto a frusto daglistessi nemici la vita  y con servile e grossolana veste

 P hocùpio , iom. II. a3

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354 GUÈRRE GOTTltìHE

indosso e picchiando d5uscio in uscio, nè arrossivamopunto di cotale umiliazione. I Gotti ebiedeano ostinatila morte di costei aggravandola di aver fatto atterrale,

con larghi doni ai duci del romano-esercito, la statuadi Teuderico iu vendetta della uccisione di Simmaco eBoccio, padre e consorte suoi. Ma TotHa impedì chefosse in conto alcuno oltraggiata, e tanto da essa quantodà tutte le altre allontanò ogni vituperio a grande malincorpo dell9 ardentissimo barbarico desiderio di ol

traggiarne il pudore; mercè diche nè vergini, nè'vodoveriportarono offesa nei corpi loro, ed egli ebbe lodegrandissima di continenza.

C A P O X X I

Toliia esorta i Gotti a seguir giustizia. —  Riprendendo il  senato romano d9ingratitudine vien da Pelagio placalo. —

 Manda a Giustiniano ambasciadori per trattare di pace. —V  imperatore spedisceli a Belisario.

I. Il dì appresso Totila ragunate sue truppe arin-

golle del tenore seguente: a Vi ha qui raccolti, o com- t> militonf, non per esortarvi iti nuove ed inaudite gui-» se, ma per ripetervi quanto da me spesse volte prof- r> ferito e da voi messo in pratica riuscì fecondo germe 99 di ottimi frutti. Non abbiate a sdii Po pertanto cbe io n torni pur ora a quest’argomento, imperciocché gli av-

 99 visi tendenti ad un beato vivere non devono venirev in noia, neppur quando il rammentarli potesse per ven->9 tura credersi inopportuno, è uopo iu cambio ascoltarli 99 diligentemente se vogliamo parteciparne i beneficiò

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» Ricordivi adunque che i nostri ruoli già tempo tenean 99 descritti degente mila bellicosissimi guerr ieri , che» possedevamo ricchezze immense, copia grandissima

 n- di cavalli4, e d’ ogni guerresco apparato ; soprat- 99 tutto poi facevamo gloriosa mostra di molti e pru-» dentissimi veterani; dalle quali cose di preferenza sem-

 99 bra trarre vantaggio chiunque accingesi ad una guer*w ra ; impertanto noi fummo vinti da sette mila Greci,99 e turpissimamente spogli del regno e 'di quanto era-*

 99 vaino  9 dovizia' forniti* Ora in vece ridotti a po- 99 chi , nudi, miseri, del tutto inesperti abbiamo trion-» fato di venti e più mila nemici : tali, per dirla breve,» furon nostre bisogne. Ma qui esporrò le cagioni, seb-

 r> bene a voi notissime, di cotanto straordinarie vicende.» Nei tempi andati i Gotti, quasi che niente coltivatori del

 99 giusto, bruttavano di scelleraggine ogni loro azione , 99 maleficiosi a sè stessi ed a’ sudditi romani; di questi 99 il Nume, com1 era di sua bontà , fattosi pietoso di- 99 fensore guerreggiò in un oolle truppe loro gli oppres- 99 sori* Il perchè noi, quantunque in molti doppj e di

9» num ero, e di valore, e d’ ogni militare apparec- 99 chio vie meglio forniti, dovemmo tuttavia cedere fiac- 99 cati da occulta ed affatto inopinata forza, È quindi in 99 poter vostro il conservare di presente gli ottenuti 99 vantaggi se vi darete a seguire giustizia ; ma jda lei,» traviando avrete a nemico Iddio. Il quale ne’ mar-

99 ziali cimenti noù suol già dichiararsi favoreggiajtore 99 d’eun cotal genere di uomini, o d’una particolare na-9i aione , sibbene di quanti operano assidui il giusto e j> V onesto; nè gli è raalagevol cosa il volgersi favo*

LIBRO TERZO* 355

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* revole dagli uni agli altri, ogni nostro potere avendo* a limite il guardarci dalle prave a z io n i, q ua ndo

» P E n te supremo ha il tutto pienam ente sommesso al-

» Parbitrio suo. Ripeto adu nque , volersi da noi a tte nder e* alP osservanza del re tto ,e tr^P connazional i e jtra’.sug*

» getti, se bram iamo menar di oontinuo giorni tranquilli.»

II. l 'o tila aringati di questa conform ità i Go tti pi*

gliò a ram pog nare di molte co«e il sen ato rom ano a

bello studio ivi raccolto, caviliosamente rimproccia pdo-

g]i che beneficato in mille guise da Teuderico ed Àia»rico, prescelto ognora a tutte le magistrature , diputato

al reggimento della* repubblica ed -arricchito fuor mi

sura, avea ribellata con animo ingratissimo dai Gotti sì

tan to a lui benefici, pe r intro du rre con somma igno

minia e danno in patria- i Greci , addivenu to sì ope

rand o trad ito re di sè stesso. Poscia lo richiedeva de ’naali

che fossergli «Ieri va ti da’ s u o i , ed istigavalo a dire se

pur vantar si potesse dì qualche bene compartitogli

da Augusto} e rimestando le mille cose ram m en tav a

essere-eglino stati privi di quasi tutte le onorpn^e dai cosi

detti logoteti 7 cos tretti a colpi di bastone al re ndimento de’conti del le cariche sostenute duranteJor do

minazione. Aggiugneva inoltre avere i Greci riscossi

in tem po vuoi di pace , vuoi di guerra gli eguali pubb lic i

tr ib u ti , in tessendo nel suo discorso più e più altri a r

gomenti dicevoli ad irato padrone verso de’ proprj

schiavi* Al postutto loro mostrando Erodiano e gli Isau-n . pel cui trad imento erasi impossessato della 'ci ttà :

« Voi, in fe di Dio, aggiunse, cresciuti coi Gotti non ci

» voleste accordare sino a questo giorno neppure un

356 GUERRE GOTTICHE

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» meritamente nomarti mio padre,; e quindi ovunque r> bramerai ti saremo compagni d’armi. » GiustinianoAugusto, letto il foglio, ed ascoltatele dicerie degli ora

tori , subito liceuziolli, rispondendo loro a voce, eper iscritto al re, essere Belisario l’ imperatole dellaguerra, e poter egli in modo assòluto venire ad accordiquando li giudicasse per lo miglipre.

C A P O X X I I .

Tulliano sbaraglia i Gotti nella Lucania. — Lettera di Belisario a Totila per distorlo dallo sterminio di Roma.  I l re ne abbandona le mura quasi spoglie di abitatori. Giovanni 

 passa ad Idrunte.  A Tulliano vieti meno ogni soccorso.

I. Intanto che gli ambasciadori da Bizanzio ricalca

vano la via delP Italia ebbevi nella Lucapia quanto prendiamo a descrivere. Tulliano, armati in corpo gli agricoltori della regione, si er£ posto in guardia pressoquelle angustissime gole per impedire ai nemici di apportar danno aj paese; ed avea seco nella impresa

trecento Ante lasciativi, a sua inchiesta, qualche tempoprima da Giovanni, essendo costoro valentissimi sopraogni altro nel combatter su pe’ luoghi di malagevole accesso. Totila informatone ed estimando non poter sperar bene se avesse affidato a soli Gotti Io scacciarli dilà, mise in armi gran numero di villani cd unitavi pic

cola turba de’ suoi impose loro che ad ogni costo superassero que’ passi. Venuti alle mani tenzonarono^ lungamente gli uni contro agli altri, ma da ultimo gli Ante,non dimentichi dell’ antica bravura e soccorsi dalle dif-

358 GUERRE GOTTICHE

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liceità del luogo e dai lavoratori di Tulliaao, riuscirò* no a fugare i nemici apportando loro grandissima 6,U~a-ge. Alia quale riferta il re gotto stabilì abbattere Roma,

e messovi a quartiere il più dell’esercito farsi eoi restoa combattere Giovanni ed i Lucani. Pigliò dunque asfasciarla di muro in parecchi luoghi, e di già il diroccamento agguagliava quasi il tetzo dell’intera circonfe-reraa. Divisava eziandio mandarne i più belli e maglifici edifizj in fiamme, e ridurla pascolo di armenti,

quando Belisario, saputone, inviogli lettera ed oratori,II. Questi presentatisi al re ed esposto il motivo deU

1’ ambasceria, eonsegnarongli la scritta concepita a undi presso nel modo seguente : * Come il decorare le città n con nuovi ornamenti fu trovato de’ saggi e di chi sa- fi pea ben vivere alla civile \ così il distruggere quelli 99 in opera è azione da stolti, i qqali non prendorm 99 onta di trasmettere alla posterità monumento sì chiaro fi della pessima loro natura. Ognuno confessa il pri-» mato di Ro/na , per grandezza e magnificenza, so- 99 pra tutte Iq altre città illuminate dal sol^; c o h c ì o s -  

 ff  siachè nou bastarono alla sua, costruzione, le forze di» un solo, nè in breve tempo ella salì a tanta celebrità e* splendore. Molti imperatori al contrario , copia som-i* ma di eccellentissimi personaggi, larghezza di tempo fi ed immensa pecunia trasferitavi da tutto V orbe ivi n yagunarono, oltre il rimanente, ed architetti ed arte-

» fici. Di tal guisa i nostri avi ridottala a poco a fi poco quale tu vedi, tramandarono ai posteri la me- fi morja di quanto e’ valessero; pertanto col danneg- fi giarne le opere, ci renderemmo ingiuriosi a tutte

LO RO TERZO 35g

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» le età, e non à torto, privando t nostri antenati d’ una» ricordanza de’ sublimi loro talenti , ed i posteri del» piacere di fissarvi Io sguardo. Cosi adunque cammi-

» nando le cose vorrei che til bene considerassi i fn-* turi destini cui dovremo pregare il capo, vo’ dire, o» l’imperatore uscirà vittorióso della presente guerra, o y* ben anche tu stesso. E sia pure de’ casi il secondo, o 99 uomo illustre ; in allora col distrugger tloma non avrai* manomesso un altrui dominio, ma un proprio, e col-

 99 l’aver salvato sì nobile acquisto addiverrai in fe mia» ben più possente. Che se meno propizia ti 6a la sorte, h il vincitore non ti avrà piccol obbligo della serbata*9 città ; quando atterratala indarno spereresti una via» alla clemenza, senza prò alcuno del tuo misfatto. Sì9» operando in fine ti procaccerai da tutti i viventi stima,

» cui ora è in tua balia di far dare il crollo o dall’ Una79 o dall’ altra parte ; concrossiachè nulla, delle azioni

 99 in fuori, può improntare nei grandi il nome. * Di que-*t$ guisa il duce. Totila repiicatatnente letto il foglio eben ponderato il consiglio vi si arrese, nè più volle che si

apportasse danno a Roma. Fatti quindi partecipi della sua'determinazione gli ambasciadori di Belisario ed acbom-miatatilì, ordinò che il maggior novero delie sue truppeaccampassero ad un cen venti stadj dalle mura, rid i’ agro, verso occaso, nomato Algido, e da quivi tfrglies-seró il mezzo agli imperiali di osteggiare da Porto la

“campagna. Quindi egli stesso col resto dell* esercitomuove contro a Giovanni ed a’Lucani ; desideroso poidi rendere la città affatto deserta conduce i romani settatori tra le genti del suo corteo, manda nella Cam-

56* GUERRE GOTTIGHÉ

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pania i cittadini con le donne e la profle, nè "permettead uom vivente di rimanervi’ entro.

II. Giovanni avvertito dèlie mosse di Totila nons’ arrischiò di prolungare da vantaggio la sua dimoradella Puglia, e di fretta si ritrasse* in ìdrunte. ' Ip'atrizjtradotti nella Campania inviarono comandati dal re alcuni domestici nella Lucania per ingiugn'ere ai proprjcontadini che levatisi dalla carriera delle armi ripigliassero la coltivazione, giusta l’usanza, de’ loro campi, assicu

randoli che tornerebbero al possesso degli antichi padroni; e queglino abbandonato il romano esercitò in paceattesero all’ agricoltura. Fuggito in cotal mezzo Tulliano tre centinaia di Ante ripararono a Giovanni, mercèdi che tuttò il cuòio di qua dal seno Ionico altra fialacadde in potere dei Gott i, i quali con piena fidanza

disbandati in ischiere ivano a lor talento scorrazzando;mà il'romano duce, saputone, spedì a combatterli moltide’ suoi milit i, che scagliatisi improvvisamente ’con-tr’ essi ne fecero macello. Il perchè Totila paventandodi peggio ragunò, P esercito e poselo a campo sul monteGargano, situato nel mezzo dell’ Apulia, là dove in al*tri tempi ergéva Sue tende P eroe cartaginese.

C A P O X X I I I .

 Marciano ricupera Spoleto a lf imperatore. —  Belisario in Ro-ma. — Giovanni occupa e munisce Taranto. — Totila, in 

 possessó dell*Acherontide9 calca la vìa di Ravenna.

I. Ora il bizantino Marciauo, altri dei' tanti cheespugnata Roma sottrassersi unitamente a Conone colla

LIBRO TERZO 36i

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fuga, presentatosi a Belisario chiedagli la permissione diun simulato disertare al nemico promettendone grandivantaggi ai Romani, ed esaudito sen parte* ite Totila

provò compita gioia per tale 'acquisto, avendo spessoudito e veduto il giovinetto .valentissimo nei tenzoni dacorpo a corpose possedendone due figli e la donna tra’prigionieri accordògli di subito l’ ultima ed ubo de’fanciulli, ritenendo il secondo in istatico ; poscia conaltri militi diresse lo a Spoleto dove nell’ epoca in cui i

Gotti eranne addivenuti padroni, abbandonata Lorb d?Erodi ano , aveano gittato a terra le mura, diligentemente chiuso tqtti gli aditi dell’ anfiteatro (cosi chiamano il luogo delle urbaue cacce) postovi di contro , e messovi a guardia nei dintorni un presidio, mescolanza di Gotti e disertori. Marciano quivi giunto per

suade a taluno de’suoi commilitoni di assisterlo nell’arduocimento di aprirsi un varco al campo romano. Mandasitam ente di ascoso al duce delle milizie in Perugiamanifestandogli la ordita tfpma, ed istigandolo ad inviar?enza indugio truppe alla volta di Spoleto. Di que’ di

poi comandavane il presidioV 

unno Oidogendo successore di Cipriano ucciso insidiosamente, come ho già narrato, da una sua lancia. Questi v’ aderì, e I’ altro saputane la mossa con soldatesca, assistito da soli quindici'guerrieri (tanti e non più indotti aveane a parteggiar seco), ucòide all’ istante Oidogendo, e spalancate

le porte accoglie que’ di Perugia, i quali , spenta lamaggior parté de’ nemici, trascinarono i fatti mancipia Belisario.

IL II condottiero di p o i , bramando visitar Roma

36* GUERRE GOTTXCHE

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per osservarle co’ proprj occhi: il deplorabile stalo, marciò eoa mille ^letli guerrieri a quella volta. Se con cheun cittadino di lei venuto subito ai barbari a campo in

Algido yianpunziava l’imminente arrivo dell’esercito imperiale;^ quegl ino $ colta posti agguati intorno alle mura di lei, non appena avvicinatovisi il nemico saltaronfuori ; ma dopo ostinatissima tenzone furono sconfitti, eperduta molta gente retrocedettero a Porlo. Non altrimenti da quivi procedevano le cose.

111. Taranto è calabrese città marittima quasi adt^egiornate da Idrunte, e sulla strada cbe mette ai Trini (1) ed a Reggio. Per invito dei Tarantini Giovannivi si trasferì con poca scorta lasciando il nerbo dellesue truppe là donde si partiva. ftja vedutane appenala vaslità e la lotaie mancanza delle mura giudicò im

possibile guarentirla ovunque.il perchè osservatovi dallabanda aqyil^nare un apgustissimo lpogo, a1cui lati ilMediterraneo formava seno, pv’ è il porto .T arantino,e nel suo,mezzo 1’ istmo non maggiore di venti stadj,pòse mano alla s^guepte opera. $taccò parte dell’istmo

dalla città e cinsela diiriuro e di fosso d^IP uno all’ altro lato del mare ; fattivi quindi passare tutti gli abitatori senza distinzione , la munì di forte presidio, mercédi ohe rassicurati i Calibri diedersi a cercar mezzo discuotere il , gottico giogo ; e di ciò basti. Re Totilaoccupato nella Lucania un fortissimo castello vicino

(1 ) La costoro città, ora distrutta, in Calabria fu edificala da Filottete, dove ora è Torre Bròdogneto, o Sibarirovinata.

LIBRO TERZO 3CÒ

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364 GUERRE GOTTICHE

,'d«lla Calabria, nomato dai Rognoni Aebepootide, e gaer-ntioio con quattrocento se non più guerrieri determt-nossi a pigliare colla rimanente soldatesca la via di Ra«

venna, affidando la Campania ai pochi barbari destinatiper lo innanzi alla custodia de’ romani senatori ivi iubando.

C A P O X X I V .

 Belisario occupa e munisce Roma. — Valorosamente rispinge Totila. —  I Gotti rimprocciano di temerità il re lorof e si 

 fanno al Tevere*

I. Allora Belisario da prudente ardire animato de-terminossi ad impresa , che per verità sembrò' da principio ai lesticnoiij di vista o di udita quasi follìa , maposcia fu giuocoforza dichiararla parto di eccellentissimo ed egregio valore. Comméssi dnnque la salvezzadi Porto a debole presidio calcò egli stesso con tutte lesue truppe la via di Roma ostinatosi di ricuperare la

città ad ogni modo. Giuntovi nè potendo riedificare inbrev’ ora la parte del muro sfasciato da Totila vi supplì con tale artifizio. Ragunate le pietre giacenti ivipresso, di fretta sovrappóse le uhe alle altre senz’ordinee cemento per collegaHe insieme, non avendovi calce oun che di simile per valersene all’uopo; mirò solo a dare

apparentemente forma di muro al suo lavoro afforzandoloio pari tempo al di fuori con fitti palizzati : oltre di clic

aveagli fallo da prima girare all’ intorno profonda fosrsa,come scrivea negli antecedenti libri di questa guisa ,

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adoperatovisi I’ intero esercito venticinque giorni (i) col

massimo ferv ore,se mbrò risarcitoli] muro da p er lu tto n e '

luoghi danneggiati. I Romani allor&qnauti eranvi a stanza

Il presso, torn aro no a p opolarla per desìo di riabilarenuovamente lor patria, e di sottrarsi dalla carestia di '

vittuaglia sin qui tolle rata, avendovi il duc& imperia le

apprestato in grande copia i bisogni della vita coir in-*

trodp zio ne di moltissime, navi cariche d ’ ogui maniera

d’ annona.

II. A tale saputa re Totila mosse di subito contutto P esercito , e fu per assalirla prima che Belisario avesse fatto assicurare gP ingressi con nuoveporte, essendo state le antiche distratte dai barbari,le quali per inopia di fabbri alla venuta de’ nerakidoveansi tuttavia mettere in opera. Le truppe di lueapprossimatesi alla città s’ attendarono presso del £umeTevere per consumarvi quella notte, e la dimane coi pri-mi raggi del sole ribollenti di sdegno »p argon visi tumultuose alP intorno ; Belisario allora pone eletta di’prodissimi guerrieri, in luogo delle porte , agli ingres*

si, e comanda agli altri cbe da9merli con ogni lor possaadoprinsi a respignere gli assalitori, Surse ostinatissimapugna, nutrendo nel suo principio \ barbari grandesperanza di addivenire col primo urto in un batterdi ciglia padroni delle mura, quindi suscitatosi ostacolonella impresa e ributtati con prodezza somma dai Ho*1

mani si fanno vie più pertinaci nel cimento, stimolandone

(i) Così nel mio testo, e non quiodioi come altri traduce.Greco i tot i *ct t   i ì  * « m .

LIBRO TERZO 3G5

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lo sdegno gli animi a tentare code maggiori dette proprie forze. Gli imperiali fuor d’ ogni aspettativa resistono , pigliando , come ragion volea , ben più animo

dalla za rosa lor situazione. Dopo sterminato macello diGotti, saettati continuamente dall' allo , e stanche alfine ambedue le fazioni dalla fatica e dall’ accanitacontesa giunse Ja notte a troncare il certame del belmattino principiato. Ottenebratosi già il cielo i barbari passarono la notte ne’ campi tutti intenti alla me

dicazione dei feriti; de’Romani poi altri vegliavano soprade’ merli, alt ri , i più coraggiosi, custodivano a muta amuta gli ingressi moniti al di fuori con quantità di trìboliall’ uopo di ritardare la nemica foga. Ora essi4tribolifoggiatisi connettendo insieme quattro ferree punte,tolte d’ uria lunghezza, per modo che i raggi loro piglino triangolare forma da ogni lato, e di quésta gui$acostruiti si gittano a catafascio sul terreno. Laondenet mentre che tre di esse punte internansr nel suolo , la quarta , sola eminente, ha possa talora di arrestare fanti e cavalli. Che se piè comunque 1’ abbassi

premendola , di colpo sorgene altra non meno agliassalitori molesta (i). Così vuol essere la costruzionede" triboli, e còsi come narrava ^ambo gli eserciti passarono la notte sorvenuta alla pugna^

Ili. Col venturo giorno datosi nuovamente dall’ intero gottico esercito un assalto alla città ed incon

(i) Tribolo, stromento di ferro, di quattro grosse ed acutepunte, che si semina sul terreno per trattenere il nemico.Grassi, Diz.

566 GUERRE GOTTICHE

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tratavi P egual resistenza, gl’ imperiai! di già superiori DclP arifigo noD titubarono del prendere le parlidi assalitori. Se ndn che alcuni di essi spinti dalla

foga dellHncalzare allontanatisi di troppo col rincu-lar de’ nemici, corsero risico d’essere colti in mezzoed *mf>editi dal retrocedere, ma Belisario vedutane latriste condizione spedì forte schiera de' suoi ad ap-portar loro salvezza. I barbari di tal guisa ributtati voltarono le spalle con gravissima perdita di valorosi com

battenti e conducendo quantità di feriti nel propriocampo, dove si tennero a curarne i corpi, a ripararele armi nella maggior parte malissimo conce, ed a mettere io assetto ogni altra cosa. Passati quindi moltigiorni eccoli dì nuovo alla volta del muro co) propositodi assalirlo ; ma i Romani fattisi ad incontrarli e venutialle prese coraggiosamente scav&tcafoho tra gli altri ,in causa di mortale ferita , un banderaio del re collasua insegna, al cbe tutti i loro militi nelle primefile procacciarono1a gara di portarsi alla conquista delvessillo in un col trapassato ; riuscì non di meno ad al-

cbni prodissimi Gotti il prevenirli, e poterono così mettere in salvo1 la bandiera e mozzare la sinistra del-P ucciso ; poiché avendola questi di aureo braccialettoadorna e9 disdegnavano accrescere con esso la nemica gloria e sottostare al disonore che, sarebbene loroderivato. Alla per fine, P esercito de’ barbari voltosi in

fuga, i Romani spogliarono il cadavere, e dopo un lungoe mortifero correr dietro a’ fuggenti rivennero alP intutto sani e salvi nella città*

IV.. In allora i più cospicui de’ Gotti presentatisi al

LIBRO TERZO 367

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re con raolte villanie e spogli d! ogni rispetto pigliaronoa rimproverarlo della imprudenza commessa rn>n radendo Roma dalle fondamenta dopo la conquista fat-*

tane, acciocché il nemico non avesse più meteo diripararvi , nè di presidiarla, toccatogli così perdere dastolto il frutto d’ un lupghissimo tempo e di tante lorofatiche. È per verità connaturale agli uomini il far.giu-dizio mai sempre delle cose a norma dell’ esito, e, con-*formato V animo loro all’ incostante fortuua, V ire va

gando da una in altra sentenza. I Gotti dunque fin->chè Totila prosperò di bene in meglio nelle sue impresoebberlo pari a Mutue, predicandolo invitto ed inespugna-tbile quando consentiva loro che si atterrassero jo qualcheparte le mura de’ conquistati luoghi. Andatigli quindicolla peggio una sol volta i suoi divisamenti non paven*-»tavano di trascorrere alle ingiurie/come esponevamo ,dimentichi delle lodi testé dategli, o vie meglio sfrontati sì da ritrattarle; ina non può a meno che di coiai»e simili colpe imbnittiscano gli nomini, cadendovi tra-'scinati da ingenito vi?io. Il re co’ suoi barbari da ultimo

riparò in Tivoli città, conquassando quasi tutti i pontieretti da Tiberio per tema di nemica sorpresa, ad ec^cezione del solo nqmaJLo Milvia merci della grandeprossimità di Roma-

36* GUERRE GOTTICHE

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LIBRO TERZO 36 9

C Al P O XXV.

Totila esorta f  esercito a l f assedio di Perugia , e adopera scolparsi delle sue disgraziate imprese.

I. Le truppe inviate per lo avanti da Totila ad assediare Perugia, postivi gli accampamenti intorno allòmora , vi teneano rinchiuso il presidio roncano. Quin

di avuto sentore che il nemico principiava a patiredi vittuaglia mandarono pregando il re ch’egli stessovi conducesse tutto T esercito, siccome il più agevolee pronto mezzo di conquistare la città e di sconfiggeregl’ imperiali che aveanla in custodia. Se non che Totilamal comportando la negligenza de’ suoi militi nell7 e-

seguire gli ordini passò da prima ad ammonimenti, alqual uopo ragunatili parlava loro in questa sentenza :99 u Vedendovi , o commilitoni, fuor di proposito mecon sdegnati e di mal animo tolleranti la percossa d’ una» contraria fortuna v’ ho di presente qui raccolti per

39 (sgombrare dalle menti vostre ogni sinistra opinione99 e ridarvi a migliori consigli, onde vi guardiate dal-99 1’ addivenire turpemente rei appo me d’ ingratitudine,99 e stoltamente colpevoli appo il Nume. Le umane co-» se, in fe mia, di sua natura vanno tal (lata soggette a99 variazione, e chiunque di noi mortali s’ appalesa

99 offeso nelP animo dalle sciagure adduce manifesta99 pruova d’ imperizia , nè potrà tuttavia esimersi dal99 chinare la fronte ai capricci del fato. Piglio adunque

Paocono, tonu i l . 24

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3 7 0 g u e r r e g o t t i c h e

 fi a rammentarvi le passate imprese non tanto per con*» futare i vostri rimproveri a cagione delle ultime a noi

funeste, quanto per dimostrarvi quelli convenirsi me-

n glio altrui che non alla mia persona. Allorché Vitigen diede cominciamento a questa guerra sebbene atter-n rasse le mura delle marittime Fano  p Pesaro , e ri-» sparmiasse quelle di Roma e di tutte le altre italiche» città, pure da cosiffatto provvedimento mal di sorta

 f> non ne venne ai Gotti ; anzi di tali risoluzioni porta-

 y* rono grande utile , come ben sapete, al re vostro.» Io adunque assunto da voi al regno ho voluto piut-» tosto seguire il parutomi di maggior profi tto, che

 fi non, appigliandomi a divisamenti esperimentati di giàn infelici, arrecar danno alle nostre faccende. Gli uo-99 mini per verità non sembrano molto tra loro differentin nell’ingegno, ma se in taluno accoppiovvisi l’esperien-99 za maestra di subito il costei discepolo ti comparisce le

secento volte (i) superiore ai molto approfondati nellan dottrina. Il perchè non appena caduto in poter no-

 fi stro Benevento e sfasciatala di muro, occupammo

 fi nuove città , le quali ordinammo soggiacessero al- fi  1’ egual sorte , acciocché le truppe nemiche impedite» ad indugiare la guerra dovessero *venire in campo99 e tenzonare apertamente con noi. Allora di netto99 rincacciatele io comandava la distruzione de’ luoghin vinti, e Voi ammirando il prudente consiglio per modo

99 lo eseguivate che sarebbesi con ragione detto operav> vostra. E di vero chi anima con lodi gli inapreudi-

(i) Espressione greca equivalente al nostro le mille volte.

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» .menti altrui, egli del paro fassene autore. Ma da» poi che per inesplicabile temerità Belisario venne a» vittoria, scorgo vi, carissimi Gotti, all’ in tutto cain-

n biati e presi da ammirazione di Itti, come d’ uom* forte  \  nè v’ ha dubbio che 1’ andar fornito di cieco» ardire più di leggieri pròcacci nome di valoroso, che» non un cauto e guardingo operare. Imperciocché Io99 sprezzatore delle consuetudini e de9 limiti assegnati* all’ imprendere s’ acquista rinomea di grand’ animo

» eziandio quando abbiaue le sole apparenze  \ in cam-» bio un prudente indugiatore ne’ pericoli se vaden* colla peggio sue geste ne riporterà odio e tutta lan colpa dell’ avversa fortuna ; e dato pure all- operar» suo glorioso fine , si parrà non di meno ai dappo*99 co aver egli fatto un vero nulla. Oltre ciò quanti» di voi mi tengon ira sono ben lunge dal porre mente» alla vera cagione che li addolora ed offende. Pen*» sate forse che a Belisario sia per venir lode in virtùn dèi vantaggi ottenuti sopra voi, i quali frante le ca-* tene della schiavitù ed impugnate meco le armi lo

» avete spesse fiate vinto in campo ? Ora se di talir> imprese compieste sotto gli auspizj del mio valore,» la mercè loro almanco raffrenare dovete le vostre» lingue, e riflettere come sia voler di natura che99 nessuna delle umane cose abbia lungamente da te-r> nere l’egual carriera. Se dunque da contraria for-

99 tuna vi fu tolta quella vittoria, v’ è giuocoforza lut-99 tavia anzi onorarla cbe mostrarvene irosi per teman non sdimentichi, offesa, l’antica benignità sua. Ed affé>9 d’iddio come purgarci dalla colpa d’una smodata in-

LIBRO TERZO 37 i

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» discrezione se dopo le tante e grandissime vitto-9 rie di questa guisa sbigottiamo per sì lieve sini-

 fi stro e ci lasciamo signoreggiare dall9impazienza 7

n Converrete meco di più che noi operando siffatta^» mente disdegniamo e rineghiamo P umanità nostra^n del solo Marne essendo il serbarsi mai sempre al99 tutto scevro da errore. £ mio avviso pertanto ch«» messe in dimenticanza le passate traversie moviaten ad assalire coraggiosamente i nemici entro Perù*

 fi già, e tolti questi di mezzo la fortuna ci riporràn in ottima stato  \  del rimanente indarno affatiche-

 fi remmo procacciando mutare le cose avvenute, e se* già vittime di contrarj destini, al godere di miglior

 fi ventura cancelleremo ogni rimembranza del sofferto*99 Ben di leggieri poi avrete Perugia, tolto ai vivi, pern sua buona sorte e per nostro consiglio , Cipriano  f  n preposto, dagli imperiali a quella guernigione , quasi fi impossibile addivenendo che militi privi di capo di*» fendansi valorosamente, ed in ispecie quando abbiavi

 fi penuria di vittuaglia. Nè paventeremo insidie dagli o-

n meri, a bella posta rovinati già per mio ordine i fi ponti sul fiume onde guarentirvi da repentiue scor-» ribande. Favoriranno di più la nostra causa le sc^m- fi bievoli diffidenze tra Belisario e Giovanni , come fi testimoniano i fatti, pubblicato» irrefragabili degli99 umani sdegni. £ per verità li vedete sin qui im-

9 potenli ad unire lor forze, poiché il sospetto iutro-» messosi rende 1’ uno m^l fido dell’ altro, e pervenuto» ad impadronirsi degli animi di necessità vi alber-» ga V odio e V invidia j nè con tali mezzani pervert e-

37a GUEBRE GOTTICHE

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LIBRO TERZO 3;3

» mo giammai a compiere nobili gesti. » Totila dopoV aringa si diresse colle truppe alla volta di Perugia ;arrivatovi comandò si costruissero i campi presso dalle

taiure, e cintele di trincee diede principio all’ assedio.

C A P O X X V I .

 Imprevista battaglia sotto Capua tra imperiali e Gotti; rotta degli ultimi. — Giovanni fa libere le romane matrone ri-

legate in Capua. — Totila ne9Lucani di notte timpo as-sale e mette in fuga Giovanni Morte di Gilacio armeno.

I. Intanto cbe da quivi procedeva siffattamente laguerra destossi nell* animo di Giovanni, tutto occupatosenza prò veruno dell’ assedio d’Acherontida, castello,

un audace pensiero, cui vuole attribuirsi e la salvezzadel romano senato e la splendentissima gloria derivatane al duce appo tutte le genti. Avvertito che Totila coll’ intero esercito accudiva all’espugnazione delleromane mura, piglia seco il fiore de’cavalieri e , uom

del mondo non sapevole de’ suoi divisamenti, marcia senza tregua dì e notte ver la Campania , stimolato dalla speranza, essendo i luoghi abitati di quellaprovincia, dove i barbari tradotto aveano i senatori,da per tutto aperti  y di liberare con repentina scorri-banda i prigionieri, e condurli a salvamento. Se non che

ad un tempo destatasi in Totila grande sospeccione, equanto meritamente comprovolio il fatto , non le trupperomane con subitano assalto pervenissero ad impadronirsene, spedi anch’egli forte mano di cavalieri alla stessa

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volta, i quali giuoti nella città di Minturno (i) opinarono miglior consiglio che i più quivi facessero altoper riposare i cavalli affaticatissimi io causa del lungo

cammino, e andasseroe parecchie turme sulla via diCapua e de’ luoghi circostanti ad esplorare il paese, nè tra Minturoo e Capua corrono più di trecentostadj ; vennero poi destinati a tale uffizio uomini benprovveduti di cavalli, ed assai valenti della persona. Quifu il caso che nello stesso giorno , mercè d’ inesplica

bile fatali tà, e quasi all’ ora medesima questi barbari ,quattrocento forse di numfero, ad una colle truppedi Giovanni mettessero piede in quelle mura, nudamentesppevoli gli uni degli altri. Pertanto di subito appiccasi ostinato schermugio , al primo scontro impugnando tutti le armi. Gl’ imperiali n’ escono vittoriosi con

molta strage del nemico, il quale ben bene stremato riparò di carriera per suo scampo a Minturno; dove icommilitoni vedutili parte cospersi di sangue, parte collefrécce tuttavia conficcate nelle membra, altri muti edinetti ad articolare parola sull’ avvenuto, ma colFavac-

ciare la fuga appalesanti grave trepidazione, tosto balzati in sella pigliano a seguirli di galoppo, e-tornati dal re narrangli l’ arrivo di numerosissimi nemici , medicando con tale arte la turpezza di lor ritirata.

li. Erano già nella Campania non meno di settanta ro

mani disertori i quali chiesero all' istante di tornare sottogl’imperiali vessilli. Giovanni poi nella città rinvenne po-

3;4 GUERRE GOTTICHE

(i) Ora distrutta.

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chi senatori . ma quasi tutte le costoro donne. Imperciocché molti del sesso maschile, caduta Roma, usci-ronne col presidio e si ritrassero in Porto, quando per

]o contrario le donne furono preda del vincitore. Ilpatrizio dementino entralo in franchigia in un tempio di quella regione , reo di aver tradito ai Gotti uncastello vicino a Napoli, volle quivi rimanersi , paventando meritamente lo sdegno di Giustiniano ; così pureOreste, uom consolare, trovandosi a qualche distanza

mal suo grado fu costretto a restarvi per inopia di cavalli. Gli altri senatori troncato ogni indugio vennerotrasferiti in Sicilia, ed i settanta disertori nuovamentedescritti a’ ruoli imperiali.

III . Totila all’ udire con grandissima pena il sofferto sinistro, rivolse ogni suo pensiero a trovar mezzo di farne le più crudeli vendette, e per riuscirvimarciò eontro il duce colla parte maggiore dell’ esercito , affidando la custodia di quel luogo a pochi militi condotti seco. Giovanni accampatosi nella Lucania co’ suoi mille avea mandato innanzi esploratori

coll’ ordine di' annicebiarsi lungo il cammino per guarentire sue genti da ogni nemica sorpresa. Il re poidalla sua volta, estimando impossibil cosa che i Romanisi tenessero tranquilli nel campo senza spiarne da lunge gli accessi, abbandonò i battuti sentieri e pe’ monti altissimi , dirupati e molti in quella regione , giunse

alia propostasi meta ; nè certamente potea darne sospetto ritenendosi quasi di là dalle umane forze' il salirli. Le spie quivi accorse per comandamento di Giovanni uditovi appena I’ arrivo del gottico esercito , seb

LIBRO TERZO 375

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bene per anche non abbastanza certo , paventandoquanto poscia in effetto avvenne retrocedettero prestial campo, dqve giunsero in fra le tenebre insieme-

mente to \  nemico. Qui Totila pigliato aozi da ciecosd.egiK> che da prudente consiglio pagò il fio del suopazzo furore. Imperciocché dimentico d’ avere militiben dieci cotanti più degli avversar] , e stesse per lui ilcombattere in luogo aperto e di pieno giorno contutte le truppe, vo’ dire 1’ appiccar battaglia co’ primi

albori onde scansare ogni insidia, pure non vi attesepunto ; chè se avessevi posto mente uno de’ Romaninon sarebbegli fuggito ; ma vinto dal suo furore muovelor contro a molta notte e li sorprende senza opposizione di sorta , quando il più di essi profondamente dormiva. Con tutto ciò gli assaliti non soggiacquero a grave strage ; poiché al primo romore destatasila maggior parte e surta potè coll’ aiuto delle tenebre sottrarsi dal campo e riparare di fuga su queivicinissimi poggi ; tra questi aveavi Giovanni con A-rufo duce degli Eruli; degli altri forse un cento eb-

bonvi morte* Colle imperiali truppe era similmenteun Gilacio di schiatta armena e condottiero di pocasua gente, il quale non sapeva un che nè di greco, nèdi latino nè di goltico, uè di lingua comunque, della propria alTinfuori. Costui scontratosi ne’Gotti udì a dimandarsi chi e’ si fosse? guardinghi dall’ uccidere alla rinfu

sa chiunque s’appresentasse loro, persuasi che nel buiousando altrimeuti avrebbero potuto offendere noni deisuoi : Quegli rispose : sono il duce Grlacio, apparaloavendo tali voci col sentire spesso ripetere il nome del

376 GUERRE GOTTICHE

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grado conferitogli dall’ imperatore. Nè più vi volle peressere dai barbari dichiarato nemico;, imprigionato equindi ucciso. Giovanni ed Arufo coi loro militi si ri

trassero a furia in Idrunto , ed i Gotti posti a saccoi romani campi retrocederono colla preda.

C A P O X X V I I .

 Imperiali truppe in Italia. Temerarietà di Vero duce degli 

Eruli. Valeriano manda trecento suoi militi a Giovanni. — Belisario per la via di Taranto. Derivazione del nome Sàl-ico, ed origine di quelli , Cinocefali e Licocmnile, dati ad  alcune genti.

I. Le militari geste dell1Italia erano quali da noiesposte. Giustiniano Augusto poi in virtù della scrittaglida Belisario deliberò mandare nuove truppe contro Totila ed i Gotti ; i primi a partire furono Pacurio figliodi Peranio , e Sergio nipote di Salomone per parte difratello conducenti seco poca truppa ; i quali non appena tocco il suolo italiano vennero incorporati nel

l’esercito. Comandò poscia che pigliassero la stessa viail duce Vero con trecento Eruli e l’ armeno Uararecon ottocento fanti, e da ultimo Valeriano già maestrodelle milizie per l’Armenia, con più di mille tra pavesai e lance della sua guardia. Vero apportato il primoa Idrunte e lasciatevi le navi ricusò fermarsi nel campo

di Giovanni, e montato iu sella co’ suoi proseguì oltre. Uom era di poca levatura, bevitor solerine, e pienoognora di mal consigliato ardire. Piantato il suo càmpovicino a Brindisi città, allorché Totila ne seppe arti-

LIBRO TERZO 6 7 7

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oolò di tali parole : u DelP una delle due è forza rite-* nere provveduto Vero, o di grandi truppe o di sin-» golare demenza; andiamo tosto a combatterlo o per

99 conoscerne la possa, o per farlo accorto di sua paz- n zia ; » ciò detto marcia ad assalirlo con poderosaoste, al comparir della quale gli Eruli ritrassersi a corsanel viciuo bosco. I Gotti seguitene le vestigia ne uccisero di là dai dugento , ed erano sulP imprigionare lostesso Vero e tutti gli altri acquattati ne’ pruneti quando

inopinato evento apportò loro salvezza. Conciossiachèafferarou di colta al vicin lido le navi con Varaze e gliArmeni sotto il suo comando. Il re allora opinando arrivato loro un soccorso maggiore di quanto effettivamente Io era, tosto abbandonò il luogo. Così il duce coisuperstiti suoi lietissimi delP essere campati di questapoterono a precipizio gittersi nelle navi. Varaze deliberò di non procedere oltre e con tutta la comitiva sidiresse a Taranto, capitandovi poco dopo Giovanni,nipote di Vitaliano, colP intiero uovero delta soldatescada lui comandata. Non altrimenti furono le cose.

II. L’ imperatore poi avvisando per lettera Belisariodella spedizione d?un forte esercito ordinavagli di rag-giugnerlo nella Calabria per misurarsi quindi col nemico.Valeriano pervenuto al seno Ionico non estimò prudenteconsiglio il valicarlo, persuaso che di quel tempo, vogliala dire sul fare del vernile solstizio, iudarno spererebbe

nella regione trovare fodero bastevole ai bisogni delletruppe e de7cavalli. Contentossi dunque inviare pel mo*mento soli trecento de’ suoi guerrieri a Giovanni col-P anuuusio in iscritto che terminato il verno sareb-

378 GUERRE GOTTICHE

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bevi egli stesso giunto. Belisario letto il foglio d’Augustadal nerbo del nuovo esercito fe’ cerna per sè di novecento militi, sette cento cavalieri e dugento pedoni, e

commessa al resto sotto gli ordini di Conone la difesa di quella contrada, si propose di là navigare almare di Sicilia. Spiegate quindi le vele coir intendi-meuto di apportare a Taranto lasciossi a mano stancail borgo detto Scilleo, dai poeti cantato stanza diScilla (1) ; non già che ivi soggiornasse donna con

aspetto cagnesco, siccome narran le fole ; ma perchè inantico aveavi grande quantità di Sculachi o di cani pesci , ora da noi chiamati cagnuoli (2). Nè v’ è a ridireehe pongausi da principio acconci nomi alle cose, maposcia la fama nel divulgarli propaghi errori negli animiignoranti della verità. Così il tempo col suo trascorrere

addiviene mai sempre V artefice della favola , e bellamente fa suoi proseliti i vati, ognora pronti a dichiarar reale , mercè la licenza accordata all’arte lo ro ,quanto non creò unque natura. A simile perchè untempo il promontorio dell’ isola Corcira (3), volto a sol

nascente,fu nomato da que’ paesani Capo di Cane v’hachi sostiene rincontr^rvisi di tali uomini con testa canina. Nè altrimenti alcuni Pisidi nomansi Licocraniti daun monte di quella regione deìiolucu cranio, (4), voci

( 1) Derivato da  caiulus.

(a) Cani marini.(3) Oggi Corfu, isola nel mar ionio celebre pel naufragio

d’ Ulisse e per gli orti d’Alcinoò.(4) Da Ai *ot lupo e *$*.)(ci capo.

LIBRO TERZO 3 7 9

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dinotanti capi di lupi , e non perchè gli abitatori suoimanifestinsi, nascendo , con lupine cervici. Ma di cosìfatti argomenti'pensa e parla come tu vuoi, ed Io tor

nerò a bomba.

CAPO XXVII I .

 Belisario navigando alla volta di Taranto sopraffatto da tem- pesta apporta a Crotone — Avuti in prima buoni servigj dalle truppe, quindi pessimi> tutto trepidante passa in Sicilia con  Antonina sua donna.

I. Belisario adunque procacciava di afferrare senzaindugj a Taranto. Avvi in quelle parti un lido foggiatoa guisa di mezza luna, ove il mare formando mercè dellacurva un seno rade lunghissimo tratto di paese , nonminore di stadj venti. Vicino alTuno ed all’ altro estremo del tortuoso trascorrimento delle acque, al principio intendomi ed al terminar della flessura , porgonodue città j 1’ una, Crotone, guarda ponente, la seconda,Taranto, volge all’orto ; di mezzo ad esse hannovi i

Turj. Le navi romane quivi sorprese da marea e gagliardissimo vento in contrasto còlle onde furono costrette ariparare nel porto di Crotone , dove Belisario, non rinvenendo altro luogo munito nè vittuaglia per alimentarela truppa, statuì di soggiornare con sua donna e co’fantiper chiamarvi di poi l’ esercito di Giovanni e metterlo

in punto ; fece eziandio più lunge procedere tutta lacavalleria, comandando a que’ condottieri, Fara ibero eBarbatione sua guardia, di piantare il campo alle strettedella regione. Sì operando egli estimava che costoro

38o GUERRE GOTTICHE

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provvederebbero di leggieri ai proprj bisogni «d aiforaggi pe*cavalli , e renderebbero impenetrabili que7

passi al nemico. Im perei oc eli è i monti della Lucania

confinanti col lago de’ Bruzj corrono per modo traloro uniti da non formare che due angustissime gole,P una detta latinamente Petra sanguinis, e l’ altra  L a -buia. Evvi pure in quel lido Ruscia , porto dei Turj ;all1insù poi dopo un sessanta stadj gli antichi Romaniedificarono un fortissimo castello, dove Giovanni, occu

patolo di fresco, messo avea ottima guernigione.IL Le truppe di Belisario coll’ inoltrare s’ avvengono

a quelle nemiche, speditevi da Totila per tentare ilprefato cartello, ed assalitele valorosamente, quantunque ben maggiori di numero, le sbaragliano iu poc’ora uccidendone più che dugento. Le altre rincacciate

e giunte al campo narranvi a dilungo gli avvenimentiloro. I Romani per lo contrario postisi quivi a dimora ,colpa P assenza del duce e con mal uso della riportatavittoria, cominciarono ad allentare il freno della militare disciplina, più non tenendosi insieni raccolti, nè CU"

stodendo attentamente le strette de’ monti; per cumulopoi di trascuraggine pigliavano riposo nella notte entrotende le une dalle altre molto lontane ; così pure vagavano del dì in traccia della vittuaglia senza premettereesploratori ne’luoghi vicini, od osservare la minor cautela* Re Totila avvertito di queste negligenze si avvi

cinò ad essi con tre mila cavalieri, fior di tutto P esercito, e rinvenutili, come abbiam riferito , senza ordineveruno e dispersi per la regione li assaltò alP imprevista,li vinse, e pose il tutto in iscompiglia. Faras in questa

LIBRO TERZO 381

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sopraggiuntovi da1 luoghi vicini riuscì, facendo praoveda dirsene, a procacciare la salvezza di alcuni ; se non

' che al postutto vi dovè egli stesso mordere il suolo in

una a quanti erangli dintorno. Tale avvenimento fudi g r a ve ( l a m i o c c o r d o g l i o ai R o m a n i , c h e in p e r s o n a g g i  

di s i e m i n e n t e v a lo r e a v e a n o r i p o s o o g n i l o ro s p e r a n z a .  

D e i f ug gi t i o g n u n o de l s u o m e g l i o p r o c u r ò c a m p a r e la  

v i ta , e d i e s s i p r i m o B a r b a t i o n e , l a n c i a di B e l i s a r i o , c o n  

al tr i d u e e n t r a t o a s pr ot i b a t t u t o i n C r o t o n e ( i ) v ’ a p p a

l es a il d a n n o s o f f er t o, a g g i u g n e n d o d i e s e m b r a v a g l i g i à  

v e d e r e p r e s s o c juel le m u r a d n e m i c o . B e l i s a ri o a l t a m e n t e  

a d d o l o r a t o p e r s ì t ri st e a u n u n z i o b a l z ò di s u b i t o n e l l e  

n a v i , l e q u a l i a l z a t a P a n c o r a e s p i n t e d a p r o p i z i o v e n t o  

a f f e r r a r o n o i n q u e l dì s t e s s o a M e s s a n a ( 2) , c i t t à d e l l a  

S i c i l i a di r i m p e t t o a R e g i o , e d a s e t t e c e n t o s ta dj d a  

C r o t o n e .

C A P O X X I X .

 L 'I I I ir io messo a ferro e fuoco dagli Sclabcni, Tremilo li. S tra -

ordinaria inondazione del JVtlo. — Presa (V un cetaceo no -

rnato Portinone. — Tolda assedia il castello Rosciano.

I, Di questi tempi le armi degli Sclabeni, valicato ilfiume Istro, posero crudelmente a sacco tutto P Illiricosino ad Epidanno , ed a quanti avvenivansi, non compassionando ni sesso nè età, davan subita morte, o spo-

( 1) Città nella Calabria ulteriore, al di là de’ monti iuItalia.

( 1 ) Messina.

38a GUERRE GOTTICHE

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gliati d’ogni danaro menavanli seco prigionieri. Occuparono eziandio a prima giunta moltissimi guardinghi dellaregione, creduti per lo innanzi più che forti, e scorraz

zando tutti que’ luoghi penetravano impunemente ovuu-que. I duci dell’lUiria intanto raccozzato un esercito diforse quindici mila combattenti seguivanli da lunge, permaniera scorati che non ardivano affrontarli. Fu poimemorando il verno pe’ frequenti ed orribilissimi tre-muoti, che nella notte senza venire a peggio scuote

vano Bizanzio ed altre cittad i, spaventandone grandemente gli abitatori per la tema di rimanervi subissati.Correndo l ’anno il fiume Nilo non solo iuondò giustail consueto l’Egitto , ma si diffuse largamente nelleadiacenti regioni, elevatosi ad un'altezza non minoredi cubiti diciotto (i). Impertanto nella Tebaide non ap

pena arrestatesi le acque, è tornate nei fissati tempi adincanalare , i lavoratori commisero lor sementi allaterra, e compierono ogni altro consueto lavoro. Nelle parti inferiori per lo contrario il fiume ritrattosilentamente nel suo letto impedì con sì molesto indu

giare le sementagioni, evento a memoria d’uomini maipiù osservato. Altrove 1’ acqua retrocedette bensì nell’alveo, ma non guari dopo nuovamente traboccata guastòtutta la man d’opera fatta in quell’ intervallo. Cotantaimprevista sciagura espose gli abitatori a gravi disagi,ed apportò ràorte, per mancanza di pasciona, alla mag

gior parte degli animali.II. A simile in quel mezzo fu ucciso un cetaceo no-

LIBRO TERZO 3&3

(i) Cousin : qui tue coudécs.

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maio dai Bizantini Porfirione. Contavansi già cinquan-t’ anni se non più che questo pesce iva molestando Bi-zanzio ed i prossimi lidi, per verità non di continuo ma,

come dava il caso, a quando a quando. E 1sommergevadi molte navi, e lanciava a grandissima distanza , colsuo violento impeto, i marini di altre non poche , nèGiustiniano Augusto potea con arte veruna riuscire, impresa urgentissima, ad ucciderlo} ora dirò come, allorché piacque al Nume, ne venne a capo. Era tranquillis

simo il mare allorché immensa quantità di delfini accorsero alla foce del Ponto Eussino $ comparsovi tosto ilcetaceo, tutti, ov’ ebbero il destro, posersi in fuga, moltissimi riparando alle bocche del Sangaro (1); nè il mostro pago di averne addentati parecchi e di colta trangugiati , arrischiò inseguirne altri, sospintovi da fameo dall’ amor di vittoria, nel che fare lasciossi imprudentemente dalla sua foga dare in terra, dove rinvenutamelma altissima, cercò del suo meglio sottrarsene } ditali conati impertanto non valsero che a vie più affondarlo. Gli abitatori tutti maravigliosi all’ udirne accor-

ronvi di botto, ed a colpi di scure dopo lungo penarespentolo, traggonne con grosso cordame a terra il cada-vero della circonferenza non minore di cubiti dieci, e della lunghezza di trenta. Messo quindt in pezzi e divisi questi tra gli uccisori , altri di essi mangiaronli subito , edaltri li posero in salamoia. I cittadini poi di Bizanzio sen

tito il tremuoto e l’occorso rispetto al Nilo ed al cetaceonon indugiarono a profferire vaticinj, oguuno giusta la

384 GUERRE GOTTICHE

(i) Ora Sakaria, fiume della Bitima.

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LIBRO TERZO 385

sua opinione ; costumando i mortali presi da sinistriinvestigare e predire falsamente il futuro, e co’ vaniloro pronostici godoosi alleviare i presenti mali. Io poi,

nulla curando che altri studii in siffatti argomenti, so anon dubitarne, che in allora il Nilo colla sfta prolungataalluvione recò in numerabili danni ^ la morte del cetaceo in cambio fu termine di gravissime sciagure; V5hachi vorrebbe non il porfirione da noi rammentato^, manuovo individuo' della medesima specie fosse a que’ dì

rimaso morto. Rannodiamo ora il filo della narrazione.III. Totila dopo le ricordate imprese avvertito cbe

gli imperiali di presidio nel castello Rusciano bisognosidi vittuaglia verrebbero di leggieri ad un arrendiragntocoll’ interdir loro ogni esterno aiuto d’ annona , poseviil suo campo in molta vicinanza , cominciando così a

premerli strettamente. L’ uscire del verno compiè V annodecimoterzo di questa guerra che Procopio scrivea.

C A P O X X X .

 Mandata d* imperiali fa n ti nella Sicilia. Valeriano raggiugne  Belisario.  Antonina sulla via di Bizanzio.  Morte di Teo-dora Augusta. Patteggiamento del presidio Rusciano con 

# Totila : Conone spento a Roma dalle truppe. — Unione di  Belisario e Giovanni per soccorrere Rusciano; respinti dai Gotti; lor nuovi tentativi. — Totila in possesso del castello ; sua crudeltà verso Calazare. Antonina ottiene da Augusto 

il ritorno del consorte.

I. Giustiniano Augusto, fatti partire sopra navi perla Sicilia non meno di due mila fanti, comandò a Va-

Pmocopìo 9 tom.  IL ^5

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leriano cbe troncato ogni indugio si portasse da Belisario, e il duce sgarato il seno afferrò a Idrunte, ove rinvenne il condottiero con la cònsorte Antonina. Costei

quindi piglia la via di Bizanzio per chiedere all’ Augustamaggiori aiuti di guerrieri ; ma Teodora, al suo arrivo,più non era, spenta da morbo dopo ventun anno e tremesi di matrimonio. La guernigione di Rnscisno intantodato fondo alla vittuaglia propose ai nemici che ritrar-rebbesi di là nel mezzo della state , quando avessero

tutti i rinchiusivi salva la vita, e non ricevessero nell’ intervallo aiuti. Eranvi poi nel guardingo molti cospicui Italiani, e tra essi il fratello di Tulliano, Deoferon^ trecento cavalieri illirici del romano esercito postivi daGiovanni sotto agli ordini deila lancia Calaza^e, e centofantaccini mandati da Éelisario. In Roma le truppe de

stinate dal supremo duce a presidiarla trucidano ilprefetto Conone accusandolo reo di venduta granagliaed altra annona. Spediscono quindi all’ imperatore ambasceria dell’ ordine sacerdotale per annunziargli cheove non ottengano il perdono del commesso fallo e gli

stipendj loro dovuti dall’ era rio , seguiranno incontanente le parti di Totila e de’ G ott i} Augusto consentìalle dimande.

II. Belisario, chiamato seco a Idrunte Giovanni, Valeriano e gli altri duci , raccoglie una grande armatadi maren e tosto naviga difilato a Ruscia mirando soc

correrne il presidio. Questo non appena vede da elevalo luogo il navilio , entra in grandi speranze, nèvuol più sapere di arrendimento, quantunque assai vicino lo stabilito giorno. Ma surta in prima uua violen-

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t issi ma fortuna di mare vi disperse le navi, e tantopiù di leggieri in quanto cbe il lido va privo affatto diporti , laonde s’ ebbe a perdere assai tempo. Ragù natisi

poscia a Crotone di là navigarono a golfo lanciato aRuscia. I barbari non appena aocchiatili corrooo , salitiin arcione , alla piaggia volendo impedirne il calare aterra. Giuntivi re Totila con lunga ordinanza atelò dicontro alle venienti prore suoi militi aripati parte >diaste e parte di tesi archi. I Romani sgomentati da qpe-

sto apparato , nè osando farsi oltre , tennersi qualchetempo sulle àncore; perduta quindi ogui speranza dipigliar terra diedero tutti di volta afferrando upva*mente a Crotone, ed avutovi consiglio statuirono cheBelisario calcasse la via di Roma per ordiqarvi del suomeglio le cose e rinfrescarla di fodero $ Giovanni con

Valeriano po i , fatti sbarcare intrattanto uomini e ca?valli, s’ avvierebberQ nel Piceno per molestarne gli as-sediatori dei guardinghi ; sì operando speravano ch<?Totila ritrarrebbesi dall’assedio. Giovanni colle $U4truppe, mille dì numero,, copipiè gli ordini avuti } ma

Valeriano impauritosi del pericolo e trasportato col*Tarmata di mare intorno al seno Ionico, veleggiò perfilo ad Ancona, estimando più sicuro da quivi il tra*gitto nel Picfeno per unire sue truppe a quelle delcollega. Totila fermo nel proseguire V assedio mandòcolà due mila scelti cavalieri, acciocché insiememente

co’ barbari ivi a dimora impedissero gl’ imperiali dalpenetrarvi.

III. Gli assediati nel castello Rusciano caduti daogui speranza di ricevere annoua ed aiuti romani spe

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dirono Gudila pretoriano e l’ italo Deofcronte ambasciadori a Totila chiedendogli venisse a patti ed accordasse loro vita e perdono delle passate colpe. Il re

gotto promise che non punirebbe alcuno , salvo Cala-zare, perchè violatore degli stabiliti accordi, e terrebbegli altri tutti sdebitati di questo delitto. Occupato nonaltrimenti il castello fé* tosto mozzare al fellone le manied i genitali , nè ancora contento lo tolse di vita. Inpari tempo pomandò cbe quanti del presidio amavano

di rimanere non fossero sturbati nelle proprietà loro,e seguissero le sue bandiere sotto le condizioni dalui accordate ai prigionieri degli altri luoghi forti } irenitenti poi trarrebbonsi spogli d’ ogni suppellettileove meglio bramassero, ricusando egli avere a compagnod’ armi chiunque vi si prestasse a malincorpo. Ottantade9romani soldati allora, privi del danaro, trasferironsia Crotone $ il res to , conservando il suo , quivi fer-mossi ; gli Italiani po i , sforniti d’ ogni ricchezza , ebbero in dono la vita. Antonina moglie di Belisariogiunta in Bizanzio dopo la morte di Teodora Angusta

pregò l’ imperatore che richiamasse colà il consorte, nèpenò ad ottenerlo , strettovi Giustiniano dalla guerrapersiana, che recavagli di già ben gravi pensieri.

388 GUERRE GOTTICHE

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LIBRO TERZO 3S g

C A P O X X X I .

Primi segni di congiura contro Giustiniano.  Artabano di ri-torno dairAfrica, preso di Proietta imperiale nipote, vien costretto a riunirsi alla ripudiata donna. Suo corruccio 

 per le nozze di lei, che amat con Giovanni figlio di Pom- peo. — Germano, altro imperiai nipote ed erede del fratello   Boraide> dallo zio molestato.

I. Nel procedere di tali cose ebbevi congiura contro Giustiniano Augusto, e come si passasse a consiglidi tradigione e questi, disvelati, andassero a vuoto, oraformerà il mio argomento. Morto il tiranno Gontari,giusta il narrato negli antecedenti libri (1), Artabano era

cupidissimo di unirsi in matrimonio alla fidanzatagliProietta, nipote, secondo femmina, d’Augusto. A simile,nutriva la donna grandissimo desiderio di queste nozze,indottavi non da amore , ma dalle tante sue obbligazioni, andandogli debitrice della presa vendetta controgli ucciditori del consorte Areobindo , e della propria

libertà quando giaceasi prigioniera e prossima ad entrare nel talamo , a suo marcio dispetto , del tirannoGontari. Convenuto adunque insieme di ottimo cuore ilmatrimonio, 1’ amante ne fé’ restituzione a Giustiniano ,ed a prò suo domandava sotto mentiti pretesti, sebbenecreato conte di tijjtta V Africa, una chiamata a Bizanzio,

istigatovi principalmente dalla cupidigia di siffatte nozze, che appianavangli la via a mollissimi beni ed in i-

(i) Guerre Vandaliche, lib. III.

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specie all1impero. Tali pur troppo siam noi, i qualinon appena giunti a qualche impensata prosperità, inettia moderare gli animi nostri, ci mettiamo di posta avi

damente ad ambire cose maggiori, e solo hanno tregua le concepite speranze quando ne abbandonano e-ziandio i primi favori della buona fortuna (i). Giustiniano adunque richiamollo presso di sè creando unnuovo conte dell’Affrica, siccome altrove scrivea (a). Ar-tabano di ritorno in Bizanzio non tanto era V oggetto

della comune ammirazione per le sue geste , quanto insorprendente guisa cattivavasi gli animi del volgo col-T alta e dignitosa taglia della persona , co’ liberali costumi e colla riserbatezza deT parlar suo. L’ imperatoregli fu larghissimo di onori, elevandolo sino a quello dimaestro de’ militi bizantini e di condottiero de9confederati ; lo ascrisse di più tra’consoli titolari ^ ma notipotè unirlo in matrimonio a Proietta, vivendogli tuttaviala donna cui sposò ne’ suoi più verdi anni ed avea dalunga pezza ripudiata , forse per alcuna delle colpe chedisamorano i mariti. Costei dopo il rifiuto guardò mai

sempre la propria casa di nulla querula, e tranquilla d’animo sino a tanto che non spirò ad Artabano aura propizia } ma vedutolo chiaro per le nobili imprese e salito

( 1) Qui mi giova ricordare il bell’ aforìsmo di FrancescoGuicciardini. E permesso a ciascuno di desiderare di pervenire a miglior fortuna ; ma deve anche ciascuno patieiite-mente tollerar quello che la sorte gli ha dato.

(i) Guerre Vandaliche, lih. IV. Giovanni di Pappo vennecreato conte di tutta FAffrica in luogo di costui.

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a grandi onoranze tocca dalla sua ignominia passa allaCorte e presentatasi in atto supplichevole a Teodorariaddomanda il consorte. L’ Augusta, sortito da na

tura il patrocinare le disgraziate donne, ve la ricongiunge di forza , ordinando a costui di tornarla nei matrimoniali diritti, e dassi in moglie a Giovanni , figlio diPompeo e fratello d’ Ipazio, Projetta, Impotente Artabano di moderarsi iu cosi grave dispiacenza con acerbeparole andava sfogando il proprio dolore per l’ impedi

mento postogli alle nozze con donna del cuor suo, e peressere costretto a menar la vita con altra che all’estremoodiava. Da tale violenza fuormisura inasprito non appenaebbe inteso poco stante la morte dell7imperatrice nonvolle più sapere degli antichi legami.

II. Germano da lato maschile nipote dell’ imperatoreebbe a fratello Boraide , il quale morendo non guariprima avealo con tuttala discendenza arricchito donandogli la massima parte del suo patrimonio, quasi dimentico della nioglie e d’ una sola figliuola , cui las/ciavaunicamente il poco dagli statuti prescritto. Giustiniano

impertanto preferendo aiutare la donzella, offese in singoiar frodo il nipote.

LIBRO TERZO 3gi

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GUERRE GOTTICHE

C A P O X X X I I .

 Anace punito dall7imperatore congiuragli contro unitamente ad Artabano. Disvela i suoi pensieri a Caranange ed  a  Giuntino di Germano. — Questi appalesa il segreto al padre,il padre a Marcello, —  Leonzio ascolta di soppiatto le pa-role di Carananget e riportale a Marcello, il quale ne av-verte Giustiniano. —  I congiurati posti in carcere manife-stano il tradimento. Giudizio• Marcello ottimo patrocinatore.

Germano in grave pericolo. Gastigo de7rei,

I. L’ imperatore non altrimenti avea composto gliaffari eoa Artabano e Germano. Eravi in Bizanzio unArsace armeno, di sangue arsacide e stretto in parentado con Artabano. Questi non guari prima tentando

novità contrarie alla repubblica era stato messo in carrcere e convinto a chiare note di fellonia per mac-chinataenti col re de’ Persiani Cosroc a danno del-l’ impero. Laonde Giustiniano limitossi a sentenziarecbe venissegli frustato lieve il dorso intanto cbe Io si

conducea su d’ un camello per la città. La condannadel resto non aggiugnea mutilazione di membra, nonmulta od esiglio. Arsace tuttavia esacerbatosi pel gastigo principiò a covare nell’ animo suo insidiose trame contro al monarca ed alla repubblica. Il perchènon appena consapevole de’ lamenti mandati da Arta

bano pe’ sofferti dispiaceri, vie più gagliardamentene aizza lo sdegno, stimolandolo giorno e notte senzaposa colle sue parole a prenderne di compagnia vendetta. Rimproveravalo inoltre d’intempestiva generosità

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ed effeminatezza adducendo come per lo passato a sollievo degli altrui mali avesse tolta da magnanimo e prodek tirannide, e addivenuto padrone di Gontari con pro

prio danno lo morisse di sua mano, affatto immemored’uccidere un amico e commensale } ora poltrire fiaccatoda vile timore, lasciando che sia consunta la patria dastraordinarie gravezze a sostentamento de’ continui pre-sidj. Nè taceva la violenta morite data al padre di luisotto menzognera accusa di tradigione , ed il servaggio

e lo sperperamelo per tutto V orbe imperiale dell’ in«*ti ero parentado} nondimeno passarsela egli contentodel titolo di maestro della romana milizia e dell’ altro,ben vano, di consolare. * Tu in mia fe, proseguiva, non» conpassioni punto un consanguineo vittima di cotanti39 mali $ io in cambio, o uomo illustre , attristomi delle

 ff  tue sciagure in causa di donne, toltati vituperosa-99 mente l’una, e 1’ altra mal tuo grado restituita. Noii99 fia dunque che alcuno, comunque tu vuoi di pochi*-99 sima levatura, ritraggasi o per vigliaccheria o per ti-99 more dallo spegnere Giustiniano , solito a dimorare

® senza guardie co1vecchi sacerdoti nel Museo, e tutto99 intento a ravvolgere i sacri codici de’ Cristiani. »Quindi conchiudeya : « Nè avrai oppositori tra’ parenti99 suoi, anzi Germano, il più potente di tutti, molto vo*99 lontieri, a mio avviso, colla prole di già sul fiore de-99 gli anni, piena di fuoco inseparabile da quella età

^ ed invidiosissima di lui, ti porgeranno aiuto : eglino di fi ottimo animo , se pur la speranza non mi tradisce ,99 pagheranno le nostre parti, sin da ora così ricolmi99 d’ ingiurie dall’Augusto , che nè altri di n o i , né Ar-

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3g4 GUERRE GOTTICHE

» meno chiunque ad eguali soggiacque. » Arsace continuando mai sempre ad istigare con «imiglianti pre-stigj Artabano non sì tosto ebbelo dalla sua cbe mani

festò la trama ad un persarmeno, di nome Caranange ,forte giovine ed avvenente della persona , ma di assailimitato e puerile ingegno.

II. Arsace aperto il suo cuore al Persarmeno e posto fine al sermocinare con Artabano si partì colla promessa di trarre a sè V animo di Germano e de’ figli, il

cui maggiore , Giustino, era tuttavia del primo pelo,coraggiosa, pronto a far pruove di sua valentia , edinalzato di fresco alla sedia consolare. Avvenutovisimostragli gran desiderio d’ un colloquio seco in certoqual tempio, ed entrativi Lnduceló con prieghi a giurare che non isvelerebbe a chicchessia, eccetto il padre, le udite cose. Di questo modo obbligatolo al segretoIo rampogna che unito con legami di saugue a Giustiniano vegga tranquillo iniquamente inalzati alle primeonoranze uomini plebei ed il rifiuto della stessa plebe,e raggirato il maneggio della repubblica , tale e tanto

egli essendo, in mani di persone affatto estranee allaschiatta reale. Sembrargli di più e lui ed il genitore, avvegnaché ricolmo d’ ogni virtù, in dispregio ad Augusto,ed il fratello Giustiniauo a torto lasciato ognora nellacondizione de’ privati } e qui ricorda come fossegli tolta ingiustamente la massima parte di quanto il zio

Boraide in favor suo testava dichiarandolo erede: nèdubbiar che vie maggiormente soggiaceranno alF imperiai dispregio non appena Belisario, già nel mezzo del-T Illirico giusta le comuni voci, tornerà dall7Italia. Ar-

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sace profferetklo simigliatiti discorsi e manifestandogliV ordito in proposito con Àrtabanò e Caranange loinvita a cospirare insieme contro la vita del signor

suo. Il giovane . portovi orecchio, conturbatosi e quasipigliato da vertigine , franco e libero protesta che mainè egli nè suo padre verrebbero indotti a contaminarsidi così grave misfatto.

III. Arsace quindi riferisce ad Artabano V esito delcolloquio, e Giustino appalesa ordinatamente la faccenda

al genitore; questi ne fa partecipe Marcello prefettodelle guardie palatine, addimandandogli ad una consiglio se debba informarne Giustiuiano. Era Marcellopersonaggio gravissimo ed osservantissimo del silenzio,nudamente amico del danaio , alieno da ogni manieradi pjacevolezze, accostumato a vivere anziché splendidavita altra molto severa, ed affatto lontana dalle delizie;il vedevi di più zelantissimo del giusto ed assai amantedella verità. Egli in allora distolse Germano dal comunicare a chicche sia il tradimento. « Male ti si ad-» dice, sono parole sue, il fartene disvelatore; impe-

* rocchè veneudo tu a segreto colloquio con Augusto» Artabano di colta n’avrà sospetto, ed ove Arsace con» subitana fuga da noi sottraggasi il delitto rimarrà oc*» culto. Non è poi mia costumanza di prestare incon-» tauente fede a superfiziali esplorazioni, e di farne al» monarca riferta. Piacemi averne a testimonj le mie

» proprie orecchie, o che tale de’miei famigliari sia col-99 l’opera vostra collocato là dove possa udire il colpevole» a favellare intorno a queste mene. » Germano adunque comandò al figlio Giustino che si aoperasse nel dare

LIBRO TERZO  Ìg5

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eseguimento all’ ordine di Marcello. Se non che Ar-sace dopo un fermo rifiuto , come scrivea , stettesi inguardia dal profferir verbo sulla congiura. Giustino al

lora domanda a Caranange se fosse a lui venuto Ar-sace per consiglio d’Artabano : « Nè tu, per Dio, avrai» osato confidare I’ arcano ad uomo di tal fatta } chen se volessi aiutarmi di profittevoli suggerimenti, po-» tremino forse mettendoci d’accordo riuscire a grandi» Imprese. » Caranange disvelogli caqdidamente le pra

tiche di già tenute con Artabano ed Arsace.IV. Promessasi da Giustino zelantissima coopera

zione all’ opera ed il consentimento del genitore, questipropose una conferenza coll’ intervento di Caranange,’e

ne fu stabilito il giorno. Fatto quindi partecipe dell’appuntamento Marcello persuadelo a mandarvi amica persona, la quale possa testimoniare d’udita quanto verrebbedal fellone esposto. Quegli destina Leonzio , genero diAtanasio, uomo fidissimo ed incapace c(i tradire la verità.Germano accoltolo in sua casa lo colloca nel triclinio,laddove appunto dispiegavasi una tenda stesa innanzi

al letto su cui di xonsueto banchettala, ed egli conGiustino si tenne al di fuori. Introdottovi quindi Ca-raoange, Leonzio chiaramente ascoltò le trame da costui ordite Con Artabano ed Arsace; e tra le molte&ae proposte eravi che s’ eglino morissero P imperatore prima della tornata di BelUario in* Bizanzio, non

potrebbe giugnere a buon fine parte alcuna de9lorodivisamenti  \  poiché volendosi consegnare a Germano il poter supremo avrebbevi ogni verisimiglianza

39 tf‘ GUERRE GOTTICHE

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che il duce si desse d raccogliere truppe nella Tracia,ed in allora al venire con esse e1non avrebbero piùmezzo di opporgli valida resistenza ; doversi pertanto

indugiare sino al comparir di lui, e non appena entrato10 città , emessosi a frequentare la reggia, di notteferma all’ imprevista ed armati di pugnali assalirebbero11 luogo per ispegnere d’ un colpo ed il regnante , eBelisario, e Marcello, potendo così vie meglio disporrea buon termine le cose. Marcello udito il tutto da Leon

zio non volle incontanente prevenirne Giustiniano, matemporeggiò gran pezza, paventando colla troppa frettaperdere alla cieca Artabano. Il perebè Germano sultimore che il soverchio indugio desse adito a sospetti,come in realtà fu il caso, sciorinò per filo e per segnotutto il macehiàamento a* Buze ed a Costantiàno.

V. Passato quindi nn numero di giorni, al divol-garsi prossimo l’arrivo di Belisario, Marcello fece suariferta all’ imperatore , il quale ordina tosto la prigionia d’Artabano e degli altri complici fidandone adalcuni magistrati il processo. Rendutasi già manifesta

ed evidentemente da lettere comprovata la trama, l’ intero senato per ordine di Augusto ragunossi nel palazzoove era costumanza di giudicare i litigj, e letta la confessione avuta co’ tormenti dai ditenuti pronunciò felloni Germano ed il costui figlio Giustino ; ma di leg-gieri purgaronli dalla colpa, testimoniando a prò loro ,

Marcello e Leonzio , imperocché questi e Constanzianoe Buzes con giuramento dichiararono esenti entrambidalla colpa* di* reticenza, e le cose avvenute come iotesté narrava. Laonde il senato assolvè a pieni voti e

LIBRO TERZO 3 9 7

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padre e figlio da ogni reità verso la repubblica. Entratoposcia nell’ aula imperiale Giustiniano tutto adirosorimprocciava forte Germano della inopportuna tardanza

a dirgliene. Ora due intra’ prefetti acconciandosi a sdegno con effeminata adulazione applaudivano alle sueparole, nè poco inasprivangli 1’ ànimo per bramosia diacquistare con altrui danno merito e grazia^ i colleghipigliati da stupore ammutolivano dissimulando consentire ai sovrani rimbrotti. Marcellp solo con libera voce

e colla rettitudine del parlar suo apportò salute all’ infelice ; conciossiachè addossandosi per intiero quell’ in*dugio ognor più animosamente asseriva che Germano dicolpo aveagli comunicato quanto sarebbe per avvenire ;ma egli premuroso di conoscere vie meglio la faccenda,erasi dato a tenerne il segreto. Di tal guisa giunse amoderare P animo imperiale, ed a far celebre ovunqueil proprio nome riscuotendo fama di virtù somma neipiù ardui perigli. Giustiniano Augusto Ie*?ò di carica Artabano, nè proferì contro a lui ed ai complici pena maggiore , annuendo che tutti venissero custoditi anai iu di

cevo! luogo, vogliam dire il palazzo, che nelle pubbliche prigioni.

C A P O X X X I I L

Voccidentale imperio in mano de9harbqr^ Giustinianoaccorda ai Franchi il possesso della Gallia abbandonata dai Got-

ti, De1barbari, i soli re Franchi baUon moneta colla pro- pria effigie. —  Affari dei Gepidiy Longobardi ed Eruli.

I. In processo di tempo i barbari agevolmente occuparono tutto I’ occidentale imperio, e la gottica guer-

3g8 GUERRE GOTTICHE

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ra nel suo principio illustrata dai Roman» con famosavittoria, andò a terminare dalla costpro parte non solocon vana profusione di vite e danaro, ma colla perdita

eziandio.dell’Italia , e col vedere T llliria e quasi tuttalà Tracia turpemente guastate dai, nemici quivi di già aconfine; il che ora formerà l’argomento della foia istoria.I Gotti prima di eutrare nell’ aringo, giusta il detto,neiprecedenti libri, aveano ceduto a' Germani la parte dellaGallia loro soggetta, persuasi di non aver forze da resi-r

stere in pari tempo a due contrarie' fazioni, e Giusti*nianò Augusto non potendolo impedire vi prestò il suoconsentimento, bramoso di evitare brighe ov’ ei nutrissero negli animi ostili pensieri. Di più i Franchi ad-divenuti possessori delle Gallie estimavansi mal sicuri 0fermi senza una scritta imperiale, che approvassene l’operato. Di quel tempo i re de’Germani ebbérsi Mas*splia (1), colonia de’ Focesi, con tatti i marittimi Iuo«ghi, e con essi la sovranità del circostante mare. Presiedono ora ai Cireensi di Arelate (2)^ e con l’oro deiGalli battono monete imprimendovi non la imperiale ef

figie, come di consuetudine, ma la propria; e sebbene lostesso monarca persiano impronti 1’ argento a suo buongrado, nell’ oro nè egli nè altri di que’ reg i, tuttipossessori del prezioso metallo, possonvi rappresentaresè stessi ; quindi è che nel commercio anche i barbarinon voglion sapere di germanica moneta. Non altrimenti

andavano le costoro bisogne.

(1) Marsiglia.(2) Arles.

LIBRO TERZO 3 9 9

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li. Addivenuto superiore nella guerra Totila, i Franchi a loro bell’ agio occuparono la massima parte dell’ agro veneto non incontrando opposizione da’ Romani

e Gotti, difettando questi delle opportune forze perguerreggiare due nemici ad uno. 1 Gepidi padroni diSirrnio, città, e di tutta la Dacia (i) non appena Giù*stimano ebbe privo dì quella regione il gottico domi*ilio condusserne i sudditi quivi a stanza in ischiavitù ,e via via inoltrando arrecavano da per tutto rovino

e guasti , mercè di che faron privi degli stipendj perPaddietro ricevuti dall’ imperiai tesoro. Di più vedendoAngusto donare ai Longobardi Norico, città (a), i luoghi forti della Pannonìa (3), ed altro suolo unitamente amoltissimo danaro, abbandonate le patrie terre, eransitrasferiti ad abitare l’opposta riva del fiume Istro pròs-simana ai Gepidi. Ora da quivi scorrazzando anche laDalmazia e P Illirico sino alle frontiere d’- Epidanno (4)riportavanne bottino e prigioni:, che se taluni di questireddivano, fuggendo, alle case loro, i barbari a mo’diconfederati messo piede su quei d’ Augusto , ed avve

nutisi ad aleuno dei* campati schiavi, strappandolo anche dalle braccia paterne, lo rimenavan audacemente

(i ) Provincia d’ Europa, che abbracciava la Transilvania,  

la Moldavia, la Valachia, la Servia e parte dell’ Ungheria.

(a) Norimberga.

(3) Ungheria, ma sotto P antico nome assai più vasta di 

quanto è a’ nostri giorni.

(4) Durazzo, città io Albania, così detta dal re Epidanno  

suo fondatore.

4 0 0 GUERRE GOTTICHE

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presso le genti loro, Giustiniano accordò agliErnlj nuoveterre della Dacia skvo^ a Srngedone, ove abita lo dipresente guastando assai spesso V Illirico e la Tra-

eia. Altri poi di essi fecersi porre ne’ ruoli della romanimilizia col nome di confederati* Gli ambasciadori dè-\ 

gli Eruli algiugcere ia Bróaozio agevolmente riebberotutti gli stipendj promettendo che da quinci in poiguarderebbonsi daJPoffeadere uomde’ Romani, e quinditoraaroao indietro.

C A P O X X X I V .

 Nata discordia tra Gep(dj e Longobardi ambo procacciansi con ambasceria la protezione di Giustiniano. 7— Questi manda aiuti ài Longobardi.  Riconciliazione dei prefati bar -bari.

I. Scompartivatosi già i bàrbari P Imperio quando,surta gravissima contesa tra’confinanti Gepidi e Longobardi, accesi entrambi da veementissimo desideriojdtscambievole guerra stabilito aveano il giorno di venire

alle armi. Se non che i Longobardi sapendosi da soliinferiori di numerò al nemico si proposero indurre iRomani a strigner lega seco. Gli altri parimente risolverono chiedere a Bizanzio per diritto di confederazio^ne, come in realtà era il caso, o che seco loro partecipasse il cimento, o si rimanesse neutrale non pigliando

a proteggere alcuna delle parti. Erano pertanto le duefazioni, spedite ambascerie a Giustiniano Augusto, ingrandissima speranza di soccorso. Di quel tempo Tòrisino

Piocopto , tom.  IL a6

LIBRO TERZO 4oi

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4oi GUERRE ^OTTICHE

capitanava i Gepidi, Avduino i Longobardi. L’ impera*tore volendo porgereai ledati delle, due genti orecchioordinò venissero gli tini dopo gli altri al ano cospetto, I

Longobardi , primi ad essergli ; presentatila così a On dipresso orarono: * Ci sfacciamo ben grande maraviglia,* o imperatore, della ridicola !molenda idei Gepidi , i» quali dopo tanti e sì gravi danni apportati ai Romani* osano tuttavia comparire al tuo tmào per offenderti99 colla massima delle superchierie. Iarperciocchèoperan con somma indegnità e sfrenatezza verso Lprossimani99 chiunque estimandoli aésai facili à dar nella frode , 9» nè contento di averli già iniquamente oltraggiati cercam di nuovo' sorprenderli per vie più abusare della bontà

 ft  loro. Ad un che solo di grazia poni mente, e sia co-

n me i Gepidi comportinsi nell7 amicizia, e coi} tale y> considerazione provvederai del miglior modo alle cose99 tue, potendo mai sempre i mortali dal passato con-t> ghietturare giustamente V avvenire. Che se costoro fos-

 f> sersi appalesati, perfidi con altra gente qualunque, oc-n correrebbonci ora, bramosi di c b ^ r im e ^ i animi e le

 j» consuetudini, e prplis&i discorsi e lupgo tempo ed estra-» nee testimonianze, ma voi stessi ne fornite un fresco39 esempio» In epQ^a anteriore alla nostra , quando in Gotti aveaqsi tributarie la Dacia, tutti i Gepidi da 9i pezza abitatori die là dall’ Istro sì paventavaune la* potenza che mai osarono valicare il fiume, ed iu al-* lora confederati e benivoglienti de’ Romani avtansi»(ogai anno sotto velo di amicizia moltissimi doni così99 dagli spenti imperatori come da te al p&rp di essi li-* btorale. Qui volentieri domanderemmo Ipi’p in che mai

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* percolanti beneficii abbiano giovato a chi i*’era la» fonte?iIn nulla pep Dio, è uopo siane la risposta ; iu

n u l l a r i p e t i a m o , n è m g r a n d i y nè in piccole cose 1 Fin?

c h e n o n \  idei si in istato <T offendervi si moderaronoa n z i d a l l a n e c e s s i t à d i e d a l volere infrenati, conciosf s i a e l i è v o i p o c h i s s i m o v i c u r a v a t e de|Ia regione oltreil n u m e , e d al p a e s e di q u a , v^flivapo da(la, teqpfl deiG o t t i a l l o n ta n a t i . O r a d i r e i * poi gratitudine lp Ìi t i t  

p o t e n z a di n u o c e r e i e q u a l e , sarà, la fermezza d’ un’a-

m i c i z i a a v e n t e q u e s t ’ u n i c a bpse? ftlqlto diversamente^o i m p e r a t o r e , s i m o l t o diversamente Vfl U bisogua ,al s o l o p o t e r e è c o n c e s s o di svelarci! cuor dell’uomo,e se d e s s o a no i i n c h i n e v o l e O contrario^ il libero arb i t r i o d e l l e a z i o n i m e t t e n d o affatto in piena lupe i syoio c c u l t i p e n s a m e n t i , e d cccolene la prgova : i Gepidin o n a p p e n a v i d e r o s c a c c i a t i - i fiotti da tutta l a Dacia

v oi d a l la g u e r r a i m p e d i t i pigliarono ad assalire iniq u a m e n t e d a o g n i b a n d a d vostro dominio} sceljeragrg m e c h e n o n s a p r e m m o (Esprimere colla voce! Ei

99 min.'insultarono di questo modo all’ imperio tuo? Nou

* ebbero violate le leggi regolatrici dqlla società, e d^Hje» confederazioni? Non isobeiruitO coloro ;che dpveana» compiutamente rispettarti? Non dichiararonsi contro* all’ imperiale maestà, eli» si rtcherehbon a gloria di* servire, Aalo a lei un. che di riposo per guerreggia/li? I

» Gepidi, o impara to re, s o d o padroni di Siruiipj fanno

» schiavi i Romani 1 e millantatisi di voler conquistare99 tptta là Dacia. Qual certame in fine sostennero essi per

* Voi <>con voi, o qual vittoria mai s’ebbero,cptnbaUeudo99 contro a voi per riceverne iu premio quella regione? E

LIBRO TERZO 4q 3

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99 tatto questo egli compierono dopo ottenuti dalia vostra99 liberalità frequenti stipendj, e persi lungo tempo, chen non c’è dato esporne il periodo, tanto danaro! Nulla

99 più iniquamente adunque di tale ambasceria fa intra-» preso da che il móndo è mondo. Imperocché non appe-99 na conosciuti i nostri guerreschi apprestamenti controt> di loro eccoli di furia venire a Bizanzio, e presentarsi» ad uu imperatore con tanta indegnità offeso. Nè forse

 9t  andremmo errati profferendo che vi solieciteranno con

99 una impudènza dì cui nulPaltra maggiore a «trignervi99 in lega seco per combattere noi sì affezionati alle cose99 vostre} oie poi qui fossero col proposito di restituire99 l’ingiustamente usurpato, iRomaoi dovranno attribuire99 in fe1nostra il principale stimolo del pentimento loro e99 di questa più sana risoluzione al Longobardi, dal cui

» timore costretti , avvegnaché a malincorpo e tardi,» ravvedonsi tuttavia: nè v’ha a ridire che al beneficato99 corra obbligo di' gratitudine verso chi al beneficio fu99 d’ incitamento. Ma sa rimaugonsi aucora ostinali an non voler cedere il mal tolto, di qual più nefanda a-

99 zione potrebbero cadere in colpa ? *Noi abbiamo détto» quanto era uopo cou barbarica semplicità, non facendofe pompa di parole, di eloquenza, e di quel grave stile99 che sarebbe convenuto all’ argomento} sovvieni tu9i adunque, o imperatore , col riandare attentamente9f  l’udito, al difetto della nostra diceria più breve forse

99 di quanto addimandano le circostanze, e provvedi agli99 interessi romani e longobardi, rammentandoti al po-99 stutto che i tuoi sudditi addiverranno a buon diritto99 nostri confederati, professando noi Pegual crcdeuaa iu-

4o4 GUÈRRE GOTTICHE

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LIBRO TERZO 4»f 

n torno ella divinità, ed impugneranrio volonterosi le ar-mi, io virtù dellp stesso nome, contro a genti ariane. »

II. Tale si fi] r orazione de’ Longobardi. Col dì ve

gnente Introdotti alla presenza di Giustiniano gli am-basciadori gepidi dosi parlamentarono : « Coloro che99 portansi dai vicini, o imperatore, per invitarli a far99 lega seco ,è mestieri innanzi tpttp provino giuste ed99 utili ai futuri confederati le proprie domande, nè aL-» tri olenti svelgago il motiyo di lor n^^n4 ata. Or dun-

« que èd ip ersè& bbasta nza chiaro essere noi gli ol-99 traggiati dai Longobardi,, conciossiachè vogliosi,noi di99 metter fine co,o pratiche alile contese, non addicen-9, dosi le armi ove sortir possano pieno effetto i compro-?* messi), eglino c o s t a t e mente vi ,si rifiutarono. Che i

99 Gepidi a simile per numero e valore di g^an lunga

9* superino i Longobardi chi saravvi paai, tra quanti hanno 99 coutenza di entrambi, che; osi negarlo? Dpmin, peretiè n mai c’ indurremo a credere avervi mortale, di quan-

 99*tuuque mediacre levatura ei vada fo rn ito , cbe pve

 99 non pericolante conseguir possa la vitlpria teneudosi.

 99 dal pilli forte, 9mi meglio correre un manifesto risico

 99 parteggiando col meno potente ! Noi di più nelle fu-

* ture guerre vi saremo aiutatori avendovi grandissimo

» obbligo dell’ operato a pr ò nostro, e con esercito po-

99  deroso vi appianeremo, come vuol giustizia, il cammi-

99  j^o alta vit toria^È gppo a simile poniate mente al breve

» pe rio do ch e vi l$ga in amicizia con essi,, quapdo , per»,lo,contvario.pa$£3 tra voi ed i Gqpidi uua iuveterata

»'4&i?rijgl tardai, affratell%nza3 nè vVlia opposizione clip

» le. aftifstaiH ^ a f f ^ a ^ t e {rd;a'luaghiisiuip tempo tkiriuQ.

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*>maggior fatica a Venir meno. Laonde vivelé p u r «erri99 che troverete in nói fotti e tostali compagni} mercè» di che vi farete meritamente nòstri Confederati. Os-

99 sertale poi di qual tempera sieho i Longobardi;'pieni* di 'sconsigliato ardimento non VogKon sapere di orbi*a tri, avvegnaché spesso da fidi stimolati, nella coutpo*ti sizione dtlle nostre discordie ; ma ora ehe la guerra99 è stillo scoppiare, paventandone in riuscita, certi

della pròpr ia1debotezia s’òppreserUano a v o ie m p*e-

» ghiera di attuarvi, contr’ogni edilità , a jfavor 4c*po,99 t ì è   vergognasi questi predatori di addurre tdie e Sir*

 fi mio ed tìltri luoghi della Tracia d$n*K>vi pièno diritto

 b ad una léga ‘Seco 5 quando V imperio tuo va sì rièro

3fr di città e provincie da esseMìforza trovar genti di-

* sposte ad abitarne qualche parte , siccome possonoh testimoniaré 1 Franchi, gli Ernli e gli stewi Lougo-99 bardi cui assegnasti ae cH tadi4 pae$e'in tanto eopia,99 che indarno ci occuperemmo rintracciarne appunta;99 Noi Gepidi pòi, tutti fiducia nella tua ami cidi a, quatito99 bramavi eseguimmo, ferminella1persuasione' c)ie Tao*

99 mo vòglioso di alleviarsi del soperchio suo dfoqando-99 lo, provi diletto maggiore nell’ essere antivenuto da99 chi entra spontaneamente in possésso del dono per99 viva credenza di speciale affettò, flou già per iseber-99 no, che nel vedersi obbligato d?inviarue 1’ òfferta, e» tale appunto i Gepidi si comportarono co’ Romani.

9* Or dunqòe sottopóstevi éftsiffatté osservazioni vi pre*99 ghiamo per diritto sociale che assaliate'con tutte le99 vostre forze ed unitamente a no! i Longobardi, o purew vi dichiariate con e atra cobi neutrali, ed appigliandovi

<0 # GtJBMSE GOTTICHE

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» all* una delle proposte opererete secondo giustizia ed» i vantaggi del raihano imperb.- »

III. C o s i p e r o r a t o dai Gepidi 1’ imperatore dopo

l u n g i ) e d e l i h e r a 7. i o ni accommiatolfi celando loro i Wóid i v i s a m e n t i . c l e g a t o s i co’ Longobardi spedi a quellav o l t a p i ù c l i c d i e c i m i l a cavalieri co’duci Copstanziano,B u z e e d A r a z i o . V i si unì pure Giovanni, prole d’unas o r e l l a d i V i t a l i a n o , ordinatogli da Augusto che nona p p e n a t e r m i n a t a l a guerra coad<Vfie5$fe MQV tQ^ntfc sue

t r u p p e i n I t a l i a , donde €i?asij.palpitò} seguivamo pc^im i l l e c i n q u e c e n t o ErqJS coofedètffrti, de’qual) era cond o t t i e r o F i l e m u t o . nè ayeanvene[ <jU .pii** tenendo t*Hig li a lt ri , di n u m e r o t r e m i l a , G e p i d i , poJD molto primqr i be l la t is i dai R o m a n i sQtto pr^testi altrcfve da me rife^ifi*Q u i n d i g l i i m p e r i a l i favQf$pgf&tori .de’ “Longobardi $y?v e n n e r s i d ’ i m p r o v v i s o b l U ©ftiq t l qg l? JEf ul i c a p i t a n a t a  

d a A o r d o f r at e l lo d e l re, ed, poragf^osa mentel e a r m i n* h a n n o viltoria dopq spenti molti nemici eda n c h e I o s t e s s o l o r duce. I ( a s p i d i , avvertiti del prossimoarriv o d e ’ R o m a n i , troncato.l’ alterco si rappattumaronoc o ’ L o n g o b a r d i a malincorpo de1confederati, i qpali at a l e a n n u n z i o ebbero- grgftdft; aUriftaijRento\  imperc i o c c h é d u e ’ n o n sapgfefói ^splyefie nè a procederoltre, nè p (tornare indietro pér tefcia noq costoro e gliErtili! dessero tù*Uaqraf>tb cod una scorribanda gnastoeli’ Illirico. AUa;>6n fine posto ivi $te&«o il campo Rian

darono significando alV imperato ce come si stes&erp lecose: tarato avvenne oaJa, ed iop rp seguo la mia narrazione.

LUTEO TKBfflQ 4*7

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GUERRE GOTTICHE

CAPO XXXVi

 Disonorato ritórno di Belisario d<$V Italia. Presagio delle sue   prosperità . — Papa Vigilio sollecita f imperatore alla ri-cuperazione del suolo italiano. Giustiniano lutto immerso nelle religiose controversie.  Longobardi. — Perfidia e pro-speri eventi eTIlaufo.

T. Belisario disonorevolmente pigliò la via di Brapn*

*Ìo non essendogli riuscito nello spaziai di cinque annid’aprirsi un varco nfc'lFÙalSa onde con piè franco tornarneal possesso ; ma in si fango periodò sempre n’andò óc~culto, fuggiasco^ e navigando incerto dall’ uno all’altromarittimo presidiò, solo buono a costeggiarne di continuo le piagge. Non impedì quindi ai nemici' di soggiogare più liberamente Roma é gli altri luoghi • e cV èpeggio àncora abbandonò Perugia, principale città dellaTuscia, stretta da crudele assedio , ed «Ha fine mentreci viaggiava espugnata. Giunto in &iz*oftio vi si fermòsguazzando nelle ricéheftze, ed ornatissimo per Io splen

dore delle antecedenti gloriose geste, di che ottenutoàvèa dal Numè ben chiaro segno avanti di por manoall’ africana guèrra. T a le 1si fu il presagio. Ei nella regione di contro $i bizantini borghi possedeà poca ere*ditdria campagna, Panltohto dèlta. Quivi non guari pri*ma della partenza colle truppe romane per guerrég-

giare in Àfrica Qelimero, le viti riboccarono di uve. Idomestici suoi empiti del mosto premutone moltissimibarili, collocaronli. impiastricciati di loto, in alta fossae poscia interraronli diligentemente. Dopo mesi otto

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fermentando il 'vino in parecchi dèi Vasidislacconneil sòpràppoatovi loto, e ringorgàndo e in molta copiacolando tale ipondò Y adiacente suolò da formarvi

gran lago. I donzelli sorpresi alla vista del fenomeno*raccolserne di molte anfore, e turati coi* nuòvo in*tonico gli stessi barili non profferirono verbo in proposito non che al ripeterai più e più volte il casomedesimo ne. diedero avviso al padrone, il quale ragù*nato còli non piccol numero de1 suoi più intimi amici

loro mostrò il prodigio, e questi interpretandolo predissero alla casa di ini beni fuor misura.

IL Tali furorio i presagi avuti dà Bejisafio. Il ro-mano pontefice Vigilo ( i)e gli Italiani 7 molti, ed au-torevolissini quivi di stanza, ÌBcessaulecnente. sollecita-*vano l’ imperatore a ritentare con ogni suo mezzo la

eonqttista della penisola^ e più d i . tutti atiiraavaloa ta le impresa • Gotigo , patrizio , già da pezza consolare. ed a bello studio capitato di fresco in Bizanzio^ma GiUetiuiìauo avvegnaché de iS9e parola di provvederealla italiana repubblica, iva tuttavia consumando assai

tempo nelle discussioni dei cristiani dommi, intentassi-'mo a 1troncarne le discrepanze. Non correvano altrimenti le faccende in Bizanzio, allorché lldisgo di lou*gobardica schiatta si portò presso dei Gepidi,, e cadérmia taglio di qui esporne il motivo. Reggendo Vace i Longobardi.un suo nipote di nome Risiulfo veniva dalla

legge, ai mor^r del zio, chiamato al trono. Il re «per-»

(i) Questo pontefice salila cattedra di S. Pi^ro nelfanno537 , c morì nel 555.

iLIBRO TBfiZO iqg

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GUERRE GOTTICHE

tanto adoperandosi' s<J&Hrtt»rn|ente« omlé< pervenisse ilprincipato al ‘figlio, condartirò il nipoti a«dosarndolo difalso delitto, all’ eèiglio, e costui prontq* si rifuggi coi»

altri pochi su quel dei Varili, abbandonando in patriaf)ue figli, ma pur quivi il zio indussi eón darrero queibarbari a dargli morte. Dei figli poi Pgino fu vittimadi morbo, ef I’ altro chiamato Ildwgo ebbe salute ripa-ràedó presso degli Sclabenr. Dopo breve periodo il repassato di questa vita , il regno de1 Longobardi)toccò

al suo nato Valdalo, il quale per anche; di tenerissimaetà ebbe a tutore ed a reggente dettà m©marchia Au*duino , che rendutosi per 1’ onorevole sub barica molto forte, col' mancare ài vivi d 1 improvvisa malattiail pupillo, fu assunto al regno» Suscitatasiialla ,per-tfine la guerra tra Gepidi e Longobardi, JHdùgo con

quanti degli ultimi aveanlo seguito nella fuga e conforte mano di Se le beni accorge ia ftiulode1primi spotrati do ricuperare il trono. Se non che rappattumatasile due fazioni Auduin* tosto domandò ai Gepidi^ co?«ne ad amici, il fuggitivi, ma questi.disdegnando .farnela conségna esortàrowlò a canbbisre liberamente xielojIldisgo «Mora senza indugio pigliai a>icompagni: : icsooie pochi volonlarj di que’ paesabi tornò .pròsaò . degliSolabeni. Quindi partitosi néramente di la con «econon meno di sei mila guerrieri statuì di raggiugnereTotila, ed al metter piede suIP agro veneto acontvatbsì

coll’oste romana comandata da Laza to 'impugni le armie voltala in fuga molti ne uccise; di poi cambiato ancora Consiglio rte&dò*yaji*c»jndrf> U fiqp*f k t r o , nellaregione donde crasi partito.

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Ltft&Q T0R&O 4M

III. AlP avvicendarsi di tali cose Ilaufo lancia diBelisario, di barbarica scttiaità^fter'di valore e prontezza, e costretto a vivere in Italia a cagione di sua pri

gionia v ebbe r*4ofao a Tpiita , il .qtMtle fornitelo ditruppe e^naviih buota dato ho spedì tosto netta Dalmazia. Costui, surto irì Jluicuro (luogo marittimo vicino a’Saloni ) fé1 la sua prima comparsa presso quegli abitatori mentendosi romano e sottoposto al duce Belisario;tita poécfa sguainata la spada e indotti i compagni a

parteggiare nelTimpresa, per la non pensate vii cortamegrandè strage, e rtiessoda per lutto a ruba nerilrawe,carico di bbttino, il piade; Parsalo quindi a sorprendere alfro luogo, di notte Laureate, posto soli» marinapiaggia, non appena calCÀtotie ii suolò diedesi a deva-Jfelatló. Claùdrano governatole de' Saloni avuta noti*»»

di fcì gravi fcccidj spedì truppe sopra navi chiamato dr<Htnóni £èr cómbatterli ; stiate quelle in Laùréòte s? vennedille armi, ed usò iti deità pugna vittoriosi i1barbari, J»fazione contraria diedesi, cóme ognuno ebbe il<destro alla fuga, abbandonando i dromòni còn altre navi cari»

che di frumento e vfttuagfia fcomtfnque nel portò. Ha afaèd i Gotti addivenutine padróni còlla u£eision« de’ ei*-stodi e tolto il danaro si condussero notamente a To*tila , e qui terminò’ il vertio e Pàtìho detsijtìò quarto diquesta guért& scritta da Procopiò.

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GUEaftBì iGOWICHE

C A P O X X X V L

 Roma assediata dai G otti; perplessità.di GiustMàno. — Gli   Isauri tradiscano la città di neihico. —* Paolo nella mole di Adriano  resiste valorosamente, Il  re  perdona alla città vinta.

I. Totila condotto Peseroito eOptroRoma e piantati

gli steccali ne cominciò l\<a$fediG^Bpli$&rk>comme$soaveane la salvesza a t«e , m ilade? più animosi militi ,sotto gli orditoi della stia linda Diogene ^ personaggiodi moka prudenza e.fatua in. guerra» Quindi è qb.q la con*tesa ebbe lunga durata^ il so?q>n(io, valore di questa guer-bigione adeguandola a tu tU le, gottiche t r ip p e , ed , il

suo duce mostrandosi vigilantissimo nell’ impedire cfyeil nemico avvicinasse quejle mura, entro il cui, c^rpwitqegli da per tutto seminalo avea frumeuto ad evitare ildifetto dc;lPa&uona; i barbari spesso tentarono di espu-.ghanlti, roa doveUe?o far i i n d i c o r.espiati dal .romanovalore; impadronitisi all* peyfine di P9rio vie maggiormente addivennero co les t i alla città. Gnastùiiapo Au-gU^lo allorchò vide BeUsavio pella capitale,fermò di spedire altro capitano e nqave truppe contro Te li la ,ed iGotti, e se avesse dato compimento alla, sua deliberazione uscito ue sarebbe di certo , a parer mio , vin

citore , dacché in possesso tuttavia di Roma potea in-corporarue V ancora intatto presidio co’ freschi bizan»tini aiuti; ma af6datone appena il comando a Liberio,patrizio romano, colP ordine di tenersi prouto alla par

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tenza, a) ioprtìggiugnere forse di altre faccende, abbandonò P ottimo suo proponimento.

H. H romano assedio contava già lunga durata

quando parecchi Isauri a guardia delta porta-insigne pelnome dell1apostolo Paolo, mal tolleranti la trascurataggine imperiale nel guiderdonare i loro diuturni ser«vigi, e vedehdo a uno i suoi connazionali, traditori ioaddietro di Róma ai Gotti, gloriosi per le molte rie-,ohezze, frutto dell’ abbominevole colpa , promettono a

Totifa in clanéestind colloquio <T introdurlo ad epocastabilita neHa# città. Venuto il giorno questi macchinòla seguente frctfde. Nella prima vigilia della notte appronta .sul Tèvere due piccole fùste, e fattivi salire duetrombettieri comanda loro che valicato il fiume ed acco*statisi alle mura tlieno a tutto potere nelle trombe. Egli

quindi àvviossi occultamente colP esercito alla porta insigne come narrava dal nome detP apostolo Paolo, ed a:prevenire che parte veruna del romaoo presidio col beneficio della notte di là passasse a CentumceHe, u d ì c o

luogo forte rimaso in que9dintorni agli imperiali, mandò

a occuparne la strada numerose schiere di militi col*P ordine dr combattere i fuggenti? Quelli ite’paliscalmiapprossimatisi alle mura giusta il comando principiarono a trombettare. I Romani stupefatti e pieni di spa~vènto andavano a remore, tutti alP impazzata abbandonandola stazione loro per soccorrere laddove il pe

ricolo sembrava maggiore: i soli felloni isauri tenutisifermi all» porta ov1erano di guardia, ed a bell’agiospalancatalaintroducono il nemico, dal quale si fa .orrenda 'strage di quanti «ono per vra. Molti fuggouo dalle:

LIBRO TÉ hZ O 4 13

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4 1 4 GUERRE GOTTJCHE

altre porte, e nell’ avviasi frettolosi a C$aAmn£$Ile ca-»cluli uegli agguati rincontrarvi mort#^ spio riqs^ì a,ben pochi sottrarsi da quello $ Unni aio, tra quiali eprre

f o s s e D i o g e n e . q u a n t u n q u e f e r i t o .111. jNi-ll* e s e r c i t o i m p e l l a l e e r a \ i Ufi Paqto eli ua-,

r i l i c e , d a p r i n c i p i o ^s tro d e l l a casa Belisario 3q u i n d i c o n d o t t i e r o d e l l e j nt i in s e l l a , 6 cql .prenderp a r t e a l la s p e d i z i o n e i la l ie a p r e p o s t o con, Piogena al.p r e s i d i o r o m a n o . C o s t u i e s p u g n a t a l a citjt^, si ritrasse di,

c o r s a q u a t t r o c e n t o c av a l i e r i n e l l a Ibolt, ^drlfli^a*d o c c u p ò il p o n t e c h e m e t t e al t e m p i o dell’ apostolo

T i e t r o . N e l di s e g u e n t e p r i m i alboi’ija piccola guer-a s s a l i l a i m p e t o soslent)ta6Ì vaerosa

mente riportò vittoria facendo set? jp pio de’ Gotti moltidi numero sopra ben angusto terreno. Il re avved^tQsque

troncò di botto la pugna, ed impose alle truppa di a ttendarsi tranquille ripi petto alla toOlv, perspa^o <?he lafame costringerebbe i rinchiusivi a depovre le armi. Paoloed i quattrocento se la passarono giorno e notte digiuni ; al nuovo dì si pensò ricorrerei alle carni de’ca^

valli, ma l’avversione al proposto cibo rattenneli fino asera dall’ usarne, avvegnaché nel osassimo bisogno dinutrimento. In allora dopo luaga deliberazione venuti,unanimi ad una eroica impresa risolverono per lo, migliore che onorata morte desse pronto fine ai patimentiloro. Tutti adunque dispongonsi a fare con repentio#,

assalto grandissimi itrtìge de’ Gotti, e compiere di questo mòdo gloriosamente la mortale carriera» Laondestìttza punto indugiare pascati a vicendevoli amplessi ebaci mcttousi. ri eii? estremo cammÌHyy,qu3$i chq; tirfti e

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di subito avessero da cadervi spenti. Il re, all’udirne,temendo non uomini per nulla solleciti della vita e dis p e r a n t i s a l v e z za r cc a s s er g l i g ra vi d a n n i m a n d ò p r o p o

n e n d o l o r o d e l l e d u e P u n a : o c h e a b b a n d o n a t i i c a v al l i , d e p o s t e l e ar m i e g i u r a t o di n o n g u e r r e g g i a r e m ai  

p i ù c o n t r o a i G o t t i , l ibe ri s e n e t o r n a s s e r o a B i z a n z i o ,

o c o n s e r v a t o 1’ i n t e r o n o v e r o d e l l e p r o p r i e s u p p e l l e t t i l i  

f a c e s s e r s i d a q u i n c i i n p o i , c o l l o s t i p e n d i o e c o ’ p a tt i  

s t es s i d e g l i a l t r i , s uo i a i u t a to r i i n c a m p o . I R o m a n i l i e

t i s s i m i d e l l ' o f f e r t a m o s t r a r o n s i d a p r i m a b r a m o s i d i r i -  

p at r i ar e; m a p o s c i a v e r g o g n a n d o r e t r o c e d e r e i n e r mi p e

d o n i e c o l l a d o t t a c o n t i n u a , t ra v ia , d ’ i n s i d i e e m o r t e ;  

r i c o r d e v o l i i n o l t r e di q u a n t o 1’ e r a r i o a n d a v a l o r d e b i

t o r e p e r i s t i p en d j n o n t o c c h i d a m o l t i a n n i , t ut t i p a s s a

r o n o ai s er vi g i d e l r e , s a l v o P a o l o e P i s a u r o M i n d e ,  

q u a l i s u p p l i c a r o n g l i a v o c e la f a c o l t à di r e s ti t u ir s i i n B i

z a n z i o . a d d u c e n d o a \ e r v i d o n n e e p r o l e , n è l u n g e d a  

e s s e p o t e r v i v e re b e a l a v i ta. Il m o n a r c a a s s i c u r a t o s i c h e  

ta l i e r a n o l e c o s e vi p r e s t ò il s u o c o n s e n t i m e n t o , e f o r

ni ti l i di g u i d e e v i a t i c o d i e d e l o r o l i c e n z a ; di p i ù a c

c o r d ò s a l v e z z a , d e s c r i v e n d o l i a ’ s u o i r u o li , a d al tri  

q u a t t r o c e n t o r o m a n i m i l i t i r i p a r a t i n e i t e m p l i d e l i a c i t

t à , e d i m i s e o g n i p e n s i e r o di r o v i n a r q u e s t a o d i a b b a l l

i narl a, v o l e n d o a n zi c b e f o s se a b i ta t a d a G o t t i e R o m a n i  

d i q u a l s i v o g l i a o r d i n e ; p a s s o a d e s p o r r e i m o t i v i d e l l a  

s u a d e t e r m i n a z i o n e .

LIBRO TERSO 4i5

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GUERRE GOTTICHE

C A P O X X X V I I .

li re de9Franchi rifiuta le posse ,di sua figlia con Totila. Questi racconcia Roma, e fo nda il regno. Assedia , non  polendo ottener pace da Giustiniano, Centumcelle ed il ca-stello Regino. Occupa Taranto ed Arimlni. —  Instabilità  d’Augusto. Strage di Vero*

J. "totila di novello avea spedilo ambasceria al rede’ Franchi addom a^^flo g li la figlia iu isposa, maquegli vi si ricusò protestando eli e' non tgra, nè più sarebbe monarca d’ Italia chi pigliata sforna non seppeconservarla., e distruttane parte abbandonò il resto ainemici. Allora il Gotto pose ogni «diligenza nell1intro

durre vittuaglia nella città, e fece comando che si ristati*rassero prestamente i luoghi matconci dal ferro e dalfuoco. Richiamò parimente gli abitatori di lei, senza eccezione di ordine, banditi nella Campania, ed intervenuto ai giuochi'equestri rassegnò tutto l’ esercito macchinando la guerra siciliana. Allestì in pari tempo quat*

trocento piccole navi, mentendosi voglioso di certame navale, ed una forte armata di mare composta dilegni maggiori pervenuti dall’ oriente nel corso di quellaguerra, e caduti cofle truppe e coi carichi nelle mani deisuoi. Mandò poscia Stefano originario di Roma  \  Ce sare chiedendogli pace e lega co’ Gotti, dallearmi dei

quali e’ riceverebbe aiuto ove si facesse ad assalire altri nemici  \  ma Giustiniano Augusto disdegnò porgereorecchio all’ ambasciadore od accordare qualche con siderazione alle reali proposte. Totila, uditone, appre-

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stossi a nuove imprese, deliberando innanzi tratto assa-*lire Centumcelle, ove Diògene lancia di Belisario capi*lanava la forte guèrhigioue, per navigare quindi nella

Sicilia. Giuntovi coll’esercito piantò il campo vicinoalle mura, e diede principio all’ assedio. Manda in seguito provocando il duce e la truppa ad un prontò cer*rame se disposti a combattere seco ; li esorta inoltre adeporre qualunque speranza di aiuti essendo l’ imperatore, per quanto poteasi congetturare dai romani eventi

dopo si lunga aspettativa, incapac e di resistere ai Gotti. Che fie bramassero evitare pericoli accordava loro* *o di congiungersi colle sue truppe, ed alle stesse condizioni , o di tornare sani e salvi a Bizanzio. Queglicon Diogene rispóndono eh’ erano ben alieni dall’ impugnare le armi e dal seguire nuove bandiere, dacchéaddiverrebbero intolleranti della vita lunge dalle proprie donne e dalla prole : vituperosamente poi colise-gnerebbòngli ima città alla fede loro commessa, e del cuiarrendimento, venuti alFimperiale cospetto, non saprebbero addurre la più lieve giustificazione. Domandano

per tanto una tregua onde manifestare le proprie occorrenze all’ imperatore ; accoltasi dal re la inchiesta e convenuti del periodo se ne sottoscrissero i patti, dando glilini e gli altri trenta statichi. I Gotti, legato 1’ assedio edirizzale le prode alla Sicilia, non appena di là dallostretto assalirono il castello di Regio ove comandava

no , messivi da Belisario , Turimuto ed Imerio. Questiavendo seco molte e valentissime truppe ripinsero l’av-

 \ersario e fatta una sortita rientrarono vittoriosi. Il re

P b o c o p i o , l om . I I . 2 j

LIBÉO TERZO $ i j

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allora, nutrendo grandissima speranza che la diflfalta divittuaglia ridurrebbeli a miglior consiglio, vi lasciò partedell’esercito, e spedita soldatesca a Taranto ebbene di

leggieri il castellò ; così pure i Gotti lasciati nell’ agroPiceno impossessaronsi con tradimento della citta d‘A-rimini.

II. Giustiniano Augusto a tali nuove destinò allaguerra contro Totila ed i Gotti Germano prole d’ unsuo fratello., e gli fé7comando che subito vi desse comin-

ciamento. Questa elezione divulgatasi per V Italia destòserii pensieri ne’ Gotti, il nome de] nuovo condottieroandando colla massima celebrità presso tutte le genti.D’ altra parte la fidanza in lui rianimò i Romani e leimperiali truppe , tanto che li persuase a tollerare, viepiù constantemente disagi e pericoli d’ogni maniera. Non

di meno l’ imperatore cangiata ben presto sentenza ,nè saprei addurne il motivo, sostituì a Germano Liberio da me testé ricordato, il quale incontanente apprestata Qgui cosa all’ uopo sembrava dover subito pigliarle mosse coll’ esercito; non si pose tuttavia in mare per

nuove imperiali disposizioni. Vero in quella , forte divalorosissimi guerrieri da lui raccolti , assalendo nonlunge dalla città di Ravenna i Gotti a dimora nel Piceno dopo luminose pruove di valore e grande stragede9suoi ebbe ad incontrarvi morte.

4i8 GUERRE GOTTICHE

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LIBRO TERZO 4*9

CAPO XXXVIII.

Gli Scìaheni valicano V ìstro e V Ebro, battono le romane truppe, inveiscono contro Asbade ed espugnano la città di Topero. » Somma crudeltà loroK 

I. Di que’ tempi F esercito degli Sclabeni, pari atremila individui, a tutto suo agio valicato il fiume I*

stro e quindi PEbro pigliò, dividendosi, due strade.L’ una delle parti sommava dì mille ottocento armati,e P altra compitane P intero numero. I romani ducinell1Illirico e nella Tracia sorpresi alla spicciolata dacostoro toccarono fuor d’ ogni aspettativa grave perdi»ta , malti avendone m orte , e campando il resto conprecipitosa fuga la vita. I barbari, sebbene contasseroassai minor gente degli imperiali, usciti vittoriosi man*darono truppe a combattere Asbade lancia di Giusti*niano Augusto, ascritto ai cosi detti Candidati e prefetto de’cavalieri, molti e coraggiosissimi, dimorati ab

antico in Tzuruli , castello de9 Traci ; messi in rottapur questi ne uccisero in buon dato e fecero prigione lostesso duce sottrattosi vergognosamente dalla mischia,nè lo spensero in allora per gittarlo quindi nel fuoco,tagliatagli da prima a liste la pelle della schiena. Doposì orrenda strage impunemente guastarono tutta la Tra

cia e Pllliria occupando coll’assedio molti castelli, avvegnaché per lo innanzi non avessero mai osato battere mura, nè venire a battaglia in campo; nè tampoco s’ erano dati giammai a scorrazzare le terre im

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periali. Che anzi non saprebbesi affermare di averliveduti con esercito in tempi anteriori di qua dal fiumeIstro.

IL I viocitori d’Asbade posto dappertutto a ruba ilcontinente sino al mare espugnarono eziandio una cittàcou presidio, Topero n’ è il nome e vuol annoverarsi laprincipale tra le marittime della Tracia , nè viaggeraipiù di quindici giorni per passare da lei a Bizanzio; diquesto modo poi ne vennero in possesso. Una piccola

turba di. essi fé ce si a provocare i Romani a guardia deimerli sopra la porta volta ad Oriente; laonde il, presidio opinando che tutta la utmica forza stesse quivi raccolta, impugnate di netto le armi scagliasi lor contro.] barbari aMora facendo viste di grave temenza pigliano arinculare, ma non appena la guernigione si fu dilungata

ben beue dalle mura quegli in agguato balzan fuori ethiudonle da tergo la via, mentre i simulanti fuga voltala fronte piglian di nuovo a combatterla» e dopo crudoscempio iuoltrano alle porte, I cittadini , quantunqueprivicela troppa e sella massima costernazione, respin

gono da priucipio con bravura gli assaltar! versandolor sopra oglio bollente mescolato con pece , ed ognietà investendoli con pietre , cosicché per poco uou sisottrassero dall9imminente pericolo, ma poscia il nemico avventando un uembo di frecce pervenne adipopolare i merli e coll’ aiuto delie' scale ad avere

in poter suo la città , ove uccisi gli idonei alle armi , un quindici mila o in quel torno , e posta ognicosa a ferro e fuoco riduce* al servaggio donne e fanciulli. Con pari fierezza V altro esercito dal dì che mise

4oo GUERRE ^OTTICH E

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piede su quel de’ Romani trucidò senza riguardo all’etàchiunque capitatagli innanzi , lasciando nell’ Illirico enella Tracia il suolo per ogni dove lastricato d’ inse

polti cadaveri. Nè a dar morte adoperavano spada, astaod altro de’ consueti mezzi , ma ficcati profondamentein terra acutissimi pali e sovrappostevi a sedere lor vittime attendevano, premendole con grandissima forza ,che le punte di quelli apertosi un varco sino alle viscere spegnesserne a furia di tormenti la vita. Pianta

vano anche tal fiata nel suolo quattro grossi legni e legativi piedi e mani dei prigionieri percuotetarine repli-(ratamente con bastoni Ife cervici , mor endoH a foggiadi cani, serpenti o altra belva comunque} non radevolte eziaudio ammònticchiatili in tegurj co’ buoi e collepecore, di troppo lento passo per condurle in patria ,faceànli spietatamente consumare dalle fiamme; di questo modo eran soliti martoriare que’ miserandi prigionieri. Sftzj da ultimo ambo gli eserciti e quasi ebbri ditanto sangue versato, risolverono di largire ad essi la*vita, e quindi1 ripatriarono con miriadi infinite di*

schiavi (i).

(i) E uopo condonare al retore e sofista cotanto enfaticaespressione.

LIBRO TERZO i n

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GUERRE GOTTICHE

CAPO XXXIX.

 I Gotti entrò le mura di CàsteiRegino. Totila dà il guastò alla Sicilia. —  Liberio eletto a comandante del? armata d i  mare vien quindi surrogato da Artabano. Germano con-dottiero délY esercito. Suoi apprestamenti. —  Allegretto dei 

 Romani. Diogene ricusa di abbandonare Centumcelle.

I. I Gotti assalito iu pcocesso di (etnpo Castel-Re-

gino furono valorosamente ribattuti dal presidio, e Torimuto, di preferenza segualossi con azioni sol propried’ animo generoso. Ma Totila non ignorando la care stia di vitluaglia entro le mura vi lasciò parte de’ suoico lf ordine di guardare attentamente i passi, acciocché il nemico privo dei bisogni della vita abbandonasse,in forza della fame, sè stesso ed il castello ai Gotti^ intanto egli menò l’esercito nella Sicilia risoluto di occupare Messana. Domnentiolo, capitano de’ Romani quivia stanza e nipote di Buze per femminile discendenza ,mosse ad incontrarlo, e data battaglia rimpetto alle

mura non v’andò colla peggio  \  ritiratosi di poi entro lacittà vi si tenne di piè fermo rivolgendo ogni suo pensiero a custodirla ^ così poterono i Gotti mettere asacco impunemente il paese. In questo mezzo gli imperiali co’ loro duci Torimuto ed Imerio chiusi, come narrava, in Regio consumata per intero la vit-

tuaglia s’ arrendettero al nemico.II. L’ imperatore a tale annunzio ragunati molti

vascelli ed empiutili di bellicosi fanti sotto gli ordini diLiberio commise loro di far vela prontamente verso

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P isola e di ricuperarla in qualunque modo } se nonche, ripensando tosto alla nessuna esperienza di guerraed alla molta età di quel duce, pentitosi della fatta ele

zione, vi spedisce Artabano, tornatolo in sua grazia efregiato del titolo di maestro de1 militi per la Tracia ,dandogli per verità poche" truppe , ma riparava al difetto loro col P ordine di riunirvi le genti capitanate daLiberio, il quale veniva richiamato a Bizanzio. Nominòsimilmente condottiero dell’ esercito contro Totila ed i

Gotti Germano, prole d’ un suo fratello, e fornivaio dicopiosissimo danaro acciocché provvedesse alla scar*sezza delle ricevute forze col raccorre le floride schieredella Tracia e delP Illirico ; dopo di che passerebbe inItalia menando seco Filemuto principe degli Eruli collemilizie di lui, ed il suo genero Giovanni maestro dei

soldati per P Illirico e nato da sorella di Vitaliano.III. Per siffatte vicende uno smisurato amor di glo

ria animò Germano a debellare i Gotti, bramoso di venir decantato ricuperatore al romano imperio, comediremo, non pur delPAfrica, ma anche delP Italia. Con-

ciòssiachè gemendo la prima sotto la tirannia di Stoza,ed essendosi costui validissimamente confermato ne9suoidominj, egli mandalo dalP imperatore a combatterlo ,vinti in campo dì là da ogni espettazione i faziosi, avealui balzato dal trono , e tornato alP antica obbedienzaquelle provincie } geste da me ricordate nei prece

denti libri (i)  \  ora ite colla peggio le guerre italianevolea rendersi vie più famoso col racqùistare il perduto al

LIBRO TERZO 4a3

(i) Guerre vandaliche, lib. IV.

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4*4 GUERRE GOTTICHE

bizantino monarca. Per agevolarsi adunqqe là via a que-*sti nuovi tripnG pigliò seco innanzi tulio Matasunta diAmalasunta, prole di Teuderico, sposatala vedovo di sua

donna Passala e morto re Vitige^ sperando cbe la costei presenza impedirebbe ai Gotti, mossi da giusto rispetto alla memoria di Teuderico e di Atalarico, di far-lesi contro armati. Di più versando a larga mano il danaro avuto da Augusto e gran parte del proprio facilmente ed iti breve tempo arrotò molte, fuor d’ ogni cre

dere, valentissime genti. Poiché se tra’ Romani eranviguerrieri d’ alla riputazione, costoro, messi in non calei duci ed i prefetti sotto cui militavano col grado dilance , recavanglisi e da Bizanaio e dallp Tracia edall’illirico, più che tutti cooperandovi in bellissimaguisa Giuslino e Giustiniauo suoi figli e partecipi di

quella guerra ; similmente raccolse giusta V imperialecomando alcuni Tracj. Molti barbari inoltre prossimanial fiume Istro eccitati dalla gloriosa fama di lui vi siUnirono, avendone generosi doni} nè solo da tutte leregioni accorrevasi per seguirne i vessilli, ma infino lo

stesso rege de’ Longobardi promisegli mandare tosto,avendoli già propti, mille catafratti guerrieri.IV. Al divolgamento di queste ed anche maggiori cose

in Italia, usando la fama accrescerle tra gli uomini colsuo. procedere, i Gotti lasciaronsi vincere dal timore edall’ incertezza se dessersi a no a guerreggiare colla

stirpe di Teuderico. I romani soldati poi o di propriaelezione, o a malincorpo ai nemici stipendj mandano aGermano assicurandolo che non appena da lui superatala frontiera dell9Italia e tiesse a campo le, truppe fa-

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rebbonsi tutti suoi aiutatori. Gl’ imperiali presidj anti-veggendo nn faustissimo avvenire tenevansi pieni disperanza in Ravenna e nelle altre poche città rimase

loro, vegliandone la custodia col massimo zelo. I militianch’ eglino di Vero, i quali venuti alle mani col ne-mico erano stati sbaragliati, posti in. fuga e dispersi,essendo allora vaganti in balia della sorte , all’ udirela partenza di Germano, fatta massa alP Istria attende-vanne l’arrivo ansiosi di raggiugnere le proprie bandiere.

Quando poi fu il dì stabilito per l’ arrendimento diCentumcelle , Totila inviò a Diogene chiedendogli chemandasse ad esecuzione gli stipulati accordi. Questirispose non essere più in potere suo il farlo, divulgandola fama poeo lontano di là Germano , eletto a supremo duce in quella guerra , coll’ esercito, il perchèsi restituirebbero ad ognuno gli statichi , e licenziatique’ messi tutto si dedicò alla salvezza delle mura, bramando il pronto arrivo del condottiero colle truppe.Qui terminò il verno e l’anno decimoquinto di questaguerra trasmessaci per iscritto dallo storico Procopio.

LIBRO TERZO <q5

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GUERRE GOTTICHE

C A P O XL.

Scorreria degli Straberti, e loro trepidazione all* udire la man-dato in Italia di Germano vincitore un tempo degli Ante.  Morto il duce imperiale i suoi figli e Giovanni vengono eletti a capitanare le truppe. Liberio afferra a Siracusa.  Artabano soggiace a tempestosa fortuna. I Gotti partonsi dalla Sicilia per consiglio di Spino. Altro scorrimento de-gli Sclabeni. Strage, e quindi vittoria de'Romani.

I. G er m an o esercitava in Sardica, città dell1Illirico,

le truppe, ed era sul comp iere un vàlidissimo ap pr es ta

mento di guerra quando turbe di Sclabeni, forti di nu

mero sì da m anca rne altro esempio, direttesi alla fron

tiera del romano impero e valicato il fiume Istro ap

parvero iu Naiso. Qui pochi di essi appartatisi dal corpo

e proced endo alla spicciolata vaganti s1 avvenne ro ad

un romr.no drappello} fatti prigionieri ed interrogati con

quale inte ndim ento avessero tra ghett ato il fiume , di

chiararono essere per camminare innanzi mirando alla

conquista , assediate ne le mu ra , di Tessalonica , e dellevarie citt à a lei dintorno. L ’ impe ratore, all’ udirne ,

scrive tutto sgomentato a Germano che, sospesa Pan-

data in Italia, vada in cambio a soccorrere quel presidio

ed i prossirnani luoghi, op ponendos i con ogni diligenza

alT assalirneuto degli Sclaben i. Ma in tanto che il c o n

dottiero sta sopra sè, colpa degli improvvisi mutamenti,avvertiti i barbari del costui arrivo in Sardica dannosi

in^preda al timore, essendone appo loro divolgatissimo

il aorne, ed eccone il motivo. Q uan do G ius tiai auo, zio

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LIBRO TERZO 4*7

dului, pervenne al trono , gli Ante contigui agli Scia-beni , passato P Is tro , appresentaronsi in molto numero ed armata mano sulle terre imperiali. Ora G e r

mano, di que’ dì eletto maestro de9militi per tutta laTracia, pigliato a combatterli diede loro grandi sconfitte, e per poco non giunse a disterminarli ; tanto bastò a farrio salire in altissima rinomanza presso tuttique’ popoli, ed in ispecie presso la nazione dei vinti.Costoro adunque temendone, memori de’ tollerali mali,

e sapendolo condottiero di fiorentissimo esercito, come colui cbe moveva da Bizanzio contro Totila ed iGotti, presto troncato il cammino alla volta di Tessa-Ionica, nè piè osando incontrar battaglia entrano, superati i monti delP Illirico, nella Dalmazia. Germanopertanto rassicuratosi da questo lato impone a’ suoi di

affardellare, quasi tra due giorni volesse correre lavia dell’ Italia. Se non che nel breve intervallo colpitoda malattia spirò in poc’ ora, vittima di repentina morte. Fu egli di sommo valore, ottimo capitano di eserciti, ed assai abile nello sbrigare col suo talento i più

complicati affari } durante la pace e ne’ prosperi tempiera osservantissimo delle leggi de’civili statuti, e d’ incorrotta fede nel tener ragione. Prestava danaro vuoipure in copia a chiunque ne lo richiedesse , guardandosi dal ricevere un che di merito. Nel palazzo e nelforo assai gravemente conversava ; ed in casa /era mai

sempre un convitatore grazioso, liberale e dotto. N-ónsapendo che si fossero uitlaot rispetti opponevasi allaintroduzione di nuovi abusi nella corte, ed abborriva lesocietà ed amicizie co’ faziosi del circo bizantino, quan-

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lunqoe per ambizione di Onori molti si contaminasserodi que1goffi detiderj} ma di lui basti.

IL L1imperatore contristatissimo di tanta perdita

ordinò a Giovanni, da lato maschile nipote di Vitalianoe genero di Germano , che unitamente ai figli dellospento duce si partisse coll1esercito per I1Italia. Costoro adunque pigliarono il cammino della Dalmaziacoll1intendimento di svernare ne1 Saloni, estimando inopportuno il tempo a girarne il seno, ed impediti a

far vela dalla mancanza di pronte navi. Liberio sinqui alPoscuro degli imperiali cambiamenti in riguardoalla capitanane» dell1armala veleggiò a Siracusa cintada nemico assedio, e rotti i barbari a guardia del portoentròvvi con tutto il navilio. Non guari dopo Artabanovenuto a Cefalenia e fatto consapevole che i Romani

dalla Dalmazia aveano dirizzate le prode ver la Sicilia,mette si anch’egli, alzate di colta le àncore, per la medesima via traversando il mare nomato Adriatico. Giàpoco disiava dalla Calabria quando, suscitatasi Cera burrasca, tutti i suoi véscelli furono dispersi da veementis

simo contrario vento, con timore non molti di essiurtando que1 lidi cadessero in potere de1 nemici} madifferentemente il fato dispose, impercibcchè gli uni inbalia d’impetuoso vento e malissimo conci retrocedettero nel Peloponneso, gli altri affondarono, ed il restogiunse a buon porlo. Lo nave montata da Artabano ,

rotto I1albero dalla procella, corse gravissimo pericolo^non di meno alla fine riparò, trasportata dalla foga delleonde, all’isola Melila (i). Così Artabano fuor d ’ ognisperanza ebbe saluta

(i) Malta.

4 2 8 GUERRE GOTTICHE

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LIBRO TEHZO

III. Liberio dòpo tali avvenimenti uou avendo piùforze per assalire e combattere il nemico, ed osservaloche la vittuaglia non porrebbe lunga tempo1sovvenire ai;

bisogni de’ molti seco rinchiusi, fatta vela di là coti tuttail presidio navigò di segreto a Panormo. Totila ed iGotti allora, posta a saccomanno quasi interamente laSicilia, caricarono lor navi d’enorme quantità di cavallied altro bestiame, di grano e biade comunque, dellericchezze in fine, grandissime per verità, ivi raccolte, ed

all’improvviso voltarono le prode verso l’Italia istigatividal seguente motivo. Il re avea inalzato alla questura unoriginario di Spoleto per nome Spino. Questi soggiornando in Catania, città spoglia di mura, cadde iu potere degli imperiali; allora il re bramosissimo di redimerlo, proposene il cambio cou illustre romana prigioniera,

se non che gli altri dichiararono fuor di proporzionela permuta d1un magistrato con donna. Il mancipioadunque pigliato a temere di sua vita promise loro chepersuaderebbe a Totila di trasferire V esercito in Italia,ed obbligatovisi cou giuramento indusseli ad accogliere

la reale proposta. Tornato per tanto libero espose aTotila, non appena venutogli innanzi, che male i Gottiprovvedevano a sè stessi col indugiare nell1isola dopoaverla messa quasi totalmente a ruba, per cupidigia diconservare le poche muuizioui da loro guardate; gli soggiunse inoltre cou asseveranti parole che nella sua pri

gionia aveva inteso la morte di Germaoo , imperiai nipote, e Parrivo iu Dalmazia delP esercito di lui ora capitanato da «Giovanni e Giustiniano , genero P unoPaltro figlio del defunto, i quali raffardellerebbero di

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metto e porrebbonsi .a correre la via de7Liguri per averecon repentiuo impelo la prole e le donne de’ Gotti epredarne le- ricchezze. « È meglio , diceva , prevenirne

* i <]ivisameuti procacciando svernare co’ nostri in fi-v data regione} imperocché ove riusciamo a vincerli po-» tremo di poi franchi da timori e molestie tornare alpossesso delP isola. » Totila seguitone il consiglio lasciòtruppe in quattro de’ più forti luoghi, e navigò col resto per dar fondo in Italia} tanto operossi nella Sicilia.

IV. Giovanni e l’ imperiale esercito perveuuti nellaDalmazia stabilirono svernare ne’ Saloni per indi trasferirsi direttamente sul far di primavera a Ravenna. GliSclabeni poi , tanto quelli venuti da prima sul teneredi Augusto, quanto gli altri unitisi loro, valicato il fiume Istro, non guari dopo andarono a man salva pre

dando il romano impero. Nè mancavan sospetti cheTotila con molto danaro avesseli aizzati contro a’ Romani per impedire a Giustiniauo Augusto il provvedere, com’era il caso, alla gottica guerra.- Io 01’ asterròdall’affermare che gli antedetti barbari così operassero

vuoi per gratificare a Totila, vuoi di lor posta} certosi è che apportarono con tripartito esercito immensidanni a tutta Europa, di corsa mettendo a ferro e fuocola regione, ed intertenendovisi il verno, liberi da nemicotimore non altrimenti che sulle proprie terre. L’imperatore destinò a combatterli valentissime truppe aventi

alla testa molti duci e principalmente Constanziano, A*razio, Nazare, Giustino, primogenito di Germano, e Giovanni soprannomato Faga; Scolastico, altro dei palatinieunuchi, a tutti imperava. Questo esercito appressatosi

i lq GUEBRE GOTTICHE

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ad Adrianopol i , mediterranea c i t tà de l la Trac ia e lon

tana da Bizanzio c inque g iornate di ca m m in o, scontrò  

parte del la nem ica fazione , la quale non sapea co m e  

proced ere impacc iata dalF eno rm e quant i tà de l le sup pellett i l i , degli arme nti e de 1 prigionieri co ndo tti seco* 

e l la osteggiava su d1un m on te apprestandosi oc cul ta

m en te al l’ ar ingo. I Rom ani attendat i nel la pianura e 

lungamente indugiat ivi levaronsi col l ’ult ima sfrontatezza  

ed ardire contro ai duci r improverandoli che mentre , in 

virtù del grad o, egl i ab bo nda van o di c ibo non s i pre nde ss er o il mi no r pen si ero dei s oldat clli affi voliti dalla 

fame, nè volessero venire al learmi. Scossi gl i of fes i da  

sì acer be q uere le e sc o no a ca m po : ferve la pug na , ed  

alla fine son costretti a piegare colla perdila di molti va

lentissimi guerrieri; gli stessi co ma nd an ti in pu nto di 

cadere nelle mani de’ barbari toniaronsi del meglio loro  

in fuga. Gli Scla beni , pigl iata Fi ns egn a di Co nst an zia no  

e fatt isi spreggialori dei vinti , procederono a guastare la 

nom ata Ast ica regio ne s ino al lora non tocca , quindi  

r icchiss ima sorgente di bot t ino , e com pi uto ne il g e n e

rale saccbeggiamento vennero ai Muri lunghi distant i  da Bizanzio poco più d’una giornata d i cammino. Se  

non c he gli imperiali incoratisi rag gi un go nn e parte , e 

con assal imen to improvviso e mol ta strage sbaragl iatala  

rjcuperauo gran numero di prigionieri ad una col vessi l lo  

f l i Constanziano. Tutti questi barbari di poi rest ituironsi  

col r imanente bot t ino a l le proprie case .

L’BHO TERZO 43i

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DELLE ISTORIE DEL TEMPO SUO

T E T R A D E S E C O N D A

LIBRO QUARTO

C A P O P R I M O .

 In questo libro V autore accintesi al proseguimento della guerra  persiana prendendo le mosse dalla descrizione del Ponto Eussino.

I. Nella sposizione delle geste sin qui narrate fu

mia principal cura di attenermi diligentemente all’ordine de’ luoghi dov’elle si compierono, scompartendoper modo i libri che, usciti in luce, fossene l’argomentomanifesto a tutto il romano impero. Ma d’ora innanzinello scrivere m’è forza abbandonare cotal metodo, nonessendo più in mio arbitrio d’ inserire nelle già pub

blicate istorie quauto di poi avvenne. II perchè ogni qualunque cosa , eziandio spettante ai Medi , operatasi nelcorso di queste guerre e dopo messi in luce i primi libri , si comprenderà alla distesa nel presente , il quale

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vuoisi per conseguenza ritenere un aggregato di storiamiscellanea. Le narrative de9pubblicati libri arrivanoall’ anno quarto della tregua quinquennale dall* impe

ratore stipulata co’ Persiani; questi nell’anno appressocon fortissimo esercito capitanato da Cariane, originarioaneli9egli del reguo e molto sapevoJe di guerra, assalirrouo la Colchide , traendo seco gran turba di gqutsalana pronta a dividere eoa essi i destini delle armi}passati quindi nella lazica regione detta Muchicesi, e

sceltovi opportuno luogo vi piantarono il czimpo. Ilpaese vieu bagaalo dall’Ippi, Cumicello non idoneo allanavigazione, ma guadoso da fanti e cavalli; qui alla suadiritta e’ steccaronsi lunge dalla ripa. Acciocché poi illettore conosca la Lazica e le genti che ne abitano i dintorni , bramoso di nou vederlo costretto ^ a simile d$i

combattenti colle ombre, ad iutertenersi di cose, onninamente da lui ignorate^ giudico opportuno di premettere la descrizione de’ luoghi presso del Ponto Eussino,ov’e’ tnenau lor vita. Nè mi distorrà dal proposito il sapere che antichi scrittori ebbero trattato l’eguale argo

mento; imperocché non sempre, a mia sentenza, e’ ragionarono come pur si dovea ; essendovi stati sin diquelli che vollero i Sani, da noi detti Tzani, confinantico’ Lazj,jiè differire punto dai Colchi, appellando Lazjcui'in oggi appena competesi tal nome. Che l’uno e l’altro tuttavia sieu falsi lo mostreremo esponendo essere

abitate dai Tzani, contigui agli Ameni, terre lontanissime dalla marina, avendovi di mezzo in buon dato al*tissimi ed inaccessibili monti, vasto deserto, impralica-

 Paocono , t o m .    / / .

LIBRO QUARTO 433

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434 GUERRE GOTTICHE

bili letti di torrenti, boscosi colli, ed iosaperabili prò-fondamenti del suolo} cosicché grande è l'intervallo cheseparali dal I litorale. Nè può avervi discrepanza tra le

geuti de9Colchi e de’ Lazii, soggiornando entrambe sopra i margini del fiume Fasi , e gli ultimi avendo sol tanto cambiato il comune da prima lor nome di Colchicon quello di Lazii, come fu il ca(90 ben anche di moltealtre nazioni. Il lungo tempo inoltre corso dall9età dicoloro che ne scrissero ha prodotto nei uomi varj cam

biamenti vuoi per le trasmigrazioni de9popoli, vuoi perle successioni de’reggitori di essi. Nel trattare poi que«sta materia giudico necessarissimo il riferire cose nè disoverchio vetuste , nè meritevoli di essere intra le foleannoverate: in quale spiaggia del Ponto Eussino, a d i o ’ 

d’esempio , venisse giusta le poetiche memorie legato

Prometeo, ben persuaso che la storia debba molto scostarsi dalla favola} così terrommi pago se dii fia datoesporre accuratamente i nomi e tutte le memorabili vicende attribuite dall’ universale ad ognuno di que9luoghi.

C A P O I I .

 Descrittone del Ponto Eussino da Calcedone città sino agli  Ap siiti.

I. Il Ponto principiato a Bizanzio e Calcedone confina alla Colchide } navigandovi avrai a diritta i Bitini ele genti loro prossimane, gli Onoriati vo’ dire ed i Pafla-goni, tra le cui marittime città si annoverano Eraclea ed

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LIBRO QUARTO <35

A mastri. Seguano i Pontici sino a Trapezante (i) cittàed ai confini delle costei terre. Quivi sulla piaggia incontrerai, per non dire dì tutte, Sinope ed Amiso; a questa

è vicina Temisciro ed il fiume Termodonte, dove furono gli accampamenti delle Aniazoni, come riferirò asuo tempo. Le frontiere de’ Trapezuntii arrivano al vicoSusurmena ed a Rizèo città , ove si perviene con duegiorni di. viaggio costeggiando il littorale verso la La-zica. E poiché il discorso m'ha portato a rammentare

Trapezunte non passerò con silenzio un Suo mai piùudito fenomeno, che le api, intendomi, per tutto quell’agro producono miele di guisa amaro da formare, secondo il cornuti pensamento, unica eccezione} di qua alladestra ergousi tutti i monti della Tzanica aventi alle radici loro per limite l’Armenia soggetta ai Romani. Da

questi poggi scaturisce il fiume Boa che dopo lunghirivolgimenti per folti boschi e montanina regione correpresso alla Lazica, e va a deporre le acque nel PontoEussino, spogliatosi in prima a breve distanza dal maredel proprio nome per assumerne altro derivatogli da

quel suo ritto dilungarsi nel Ponto , donde i paesanichiamaronlo Acampsi (inflessibile) (a). Con tale impetoper verità e sì violento corso vi mette foce, producéndoagitatissimi flutti, che rendonlo per lungo intervallo disadatto alla navigazione. Mercè di che tutti i vascelli tendenti a quella piaggia, mirino essi ad apportare nella

Lazica, o abbiati di là messo alla vela, nou valgono a

(i) Trebisonda.

(a) Da cs inflexibilis, infrangìbilis. J

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tragittarlo, venendo lor meno ogni mezzo di superarnela impetuosa corrente*, fa quiudi mestieri inoltrarsi grantratto nel Ponto, e toccatone quasi il centro, prendere

da quivi le mosse, lasciato da banda il (lume, verso ladivisata meta} basti del Boa.

II. À Rifcéo unisconsi i confini di genti libere situatedi mezzo intra’ Romani e Lazj. Quivi è il vico Atenecosì nominato non già , come taluni vorrebbero, dalladimora d’una colonia ateniese, ma dall’avere obbedito

quel suolo in epoca remota a femmina chiamata Atenea,il cui sepolcro havvi tuttora. Dopo di esso trovi altro vico,Arcabi. Absaro è vetusta città distante quasi tre giornate di cammiuo da Rizèo; in più lontani tempi eranoil nome Absirto , derivatole da personaggio ivi crudel

mente ucciso; imperciocché narrano i terrazzani cheper le insidie di Medea e di Giasone v’ avesse morteAbsirto , dal quale poscia la città venne chiamata. Nèv’ è a dubiare che ivi egli mancasse ai vivi ; ma imoltissimi anni corsi dalla uccisione di lui rafforzali dainnumerabili umane generazioni, distrussero il primo

ordine di cose da cui origiuava tal nome sostituendoviquello che ora Pò proprio; a conferma poi dell’espostovedesi ancora da Oriente il sepolcro d’Absirto. In antico ella ebbe copia di abitatori, altissima cinta di muro,teatro, circo, ed altri ornamenti proprii ad attestarci lagrandezza d’una città; ora nulla più vi rimane, salvo

pochi vesligj di rovesciati edifizj.III. Ognuno adunque potrà farsi le maraviglie di

coloro che affermano essere i Colchi a frontiera co’ Tra-pezuntii. Imperciocché se le cose stessero di questa guisa

436 GUERRE GOTTICHE

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Glasóne e Medea, a parei* nostro, rapito il vello, nonsarebbonsi ricovrati nella Grecia lor patria , 'ma , fattoritorno al Fasi, presso que’ più rimoti abitatori. Fu detto

che sotto il regno di Traiano i Romani mandassero guer-nigioni sino ai La2j ed a’ Sagidi} ora di» tali genti nonobbediscono nè al nostro imperatore, nè al re dei Lazj, esolo dai costoro vescovi, -professando la cristiana religione, ricevono i sacri ministri. Unitisi poi in amicizia e legacon entrambi promisero, avvegnaché franchi dal più lieve

tributo, di essere lor guide ne* viaggi, e pur oggi serbanolor fede. Il perchè ove occorra ai due monarchi di spe*dirsi ambasciadori e’ li conducono sulle proprie fuslenell’andata e nel ritorno. Da quivi a diritta ergonsi di*rupalissimi poggi , seguiti da luogo deserto , dopo ilquale abitano i Persarmeni e gli Armeni ligii del ro

mano impero, ed aventi a confine Tlberia.IV. Dalla città Absarunte sino a Petra ed ai con*-

fini dei Lazj, dove termina il Ponto, v’ha il viaggio d’ungiorno, e la marina siffatta curva descrive che a trascorrerla è uopo camminare non meno di cinquecento cin

quanta stadj. Tutta la vastissima regione di là dall’Eu?»sino constituisce la propriamente detta Lazica, e portaneil nome. Più alP interno v’ha la Scimnia e la Suania ,ambe così dipendenti da quella che le genti loro quantunque sommesse a nazionali sovrani pure alla mortedi questi ricorrono a lei per averne di nuovi coll’investi

tura del regno. Di fianco ad essi in vicinanza delPIberiasoggiornano i Meschi, ab antico sudditi degli Iberi^ sopra monti non alpestri nè sterili, ma feracissimi d’oguimaniera di frutti sì per la bontà del suolo come per

LIBRO QUARTO 43?

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,1’altitudine dei tejrazzaoi alla coltivazione di essi, e particolarmente della vite. Alla regione soprastanno poggialtissimi, di ben malagevole accesso , coperti di boschi

ed estepdentisi infino ai Caucasi! , dopo i quali va l ' o-rientale Iberia a congiugnersi co’ Persarmeni. 11 fiumeFasi nato dal Caucaso scende intra essi, e fa quindi focenel Ponto segandone il mezzo del lido foggiato a mo’di luna; ed eccoli Porigine dell’opinione ch’ egli dividesse in due parti il continente, l’una dalla sinistra del

fiume chiamata Asia, Europa l’ altra dalla sua dest ra ,ove tutti i Lazj hanno stanza, non possedendo nella prima cittadi, o fortilizj, o grosse borgate, ed i Romanigià tempo aveanvi fabbricato la sola Petra. Quivi seporgiamo orecchio ai paesani conservavasi il famosovello che diede impulso , giusta le poetiche favole, alla

edificazione d’Argo; ma io lo ritengo errore, sembrandomi di là d9l probabile che potesse avvenire $enzasaputa di Eeta la fuga di Giasone con Medea dopo quelrapimento, quando il fiume separata non avesse la reggiae tutte le altre abitazioni de’ Colchi, dove costodtvasi il

vello; tanto abbiamo dai vati sopra tale argomento. IlFasi non altrimenti correndo porta le sue acque all’estremità del Ponto Eussino. Nella parte in fine dell’Asia ove il littoralè prende sembianza di corna lunarisorgeva la città Petra; il lido verso Europa è possedutodagli Apsilii ligii de’Lazj e da gran pezza cristiani, sic

come tutte le altre nazioni ora da me ricordate.

438 GUERRE GOTTICHE

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LIBRO QUARTO <3g

C A P O III .

 Monte Caucaso e sue gemine PorteUnni Satiri. Amaxoni. —> Abasgi cristiani. Giustiniano vieta loro la castratura.

I. Oltrepassata l’antedetta regione trovi il Caucasoper modo altissimo cbe la sua cima superando le nubiva ognora esente da pioggia e neve } P ultima tuttavia

è perpetua dalla metà alle radici, e le infime parti er-gonsi come le più elevate creste degli altri monti. Levolte a Settentrione o ad Occaso hanno a limite P Illirico e la Tracia, quelle di contro ad Oriente o Mezzogiorno riescono alle Porte , che mettono i vicini Unnisul tener de1 Persiani e dell’impero. Delle Porte P una

con antico vocabolo è detta Tzur, la seconda Caspia.Gli Alani possessori della regione che divide il Caucaso dalle Porte Caspie non obbediscono a chicchessia,stringono spesso lega colla Persia , ed armati soccor-ronla contro ai Romani ed agli altri nemici. Basti delCaucaso.

II. Qui vedi gli Unni appellati Sabiri ed altre lorgenti. A simile è fama che le Amazoni uscite di questaregione si mettessero a campo nella Temisciria (i), presso

(i) E la Temiscir ia una pianura da una parte bagnata 

dal mare e distante'circa sessanta stadj da Amiso; dall1altra patte circondata da una catena di monti ricchi d’ alberi e 

irrigati da fiumi che in questi monti medesimi hanno le loro  

sorgenti. Slrab. , lib. XII.

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del fiume Termodonte, ove sorge orala testé ricordalaAmiso. In oggi ne’ luoghi all’ intorno del Caucaso non'resta più nome o memoria di esse , avvegnaché non il

solo Strabene abbiane scritto; a me sembra dieno inbrocco quanti pretendono unqua esistito un viril genere di femmine, nè la natura umana aver cambiato sueleggi unicamente nel Caucaso; affermando invece chesterminato barbarico esercito partitosi di là insiem colledonne per iscorrazzare l’Asia , piantasse il campo al

Termodonte, e lasciatevi queste a guardia , procedesse a manomettere gran parte della regione, dovegli abitatori di lei pigliato a combatterli ne facesseroscempio tale che neppur uno de1 tanti ebbe mezzo ditornare agli steccati; le donne allora, costrette dal timore de’ vicini e dalla carestia de’ cibi, vestissero a malincorpo animo ed abito virile, e dato di piglio alle armiivi riposte da mariti valessersene a maraviglia, eseguendo coraggiosamente, insegatevi dalla necessità, virili imprese , finché tutte giacquersi spente. Ora che le cosedi tal modo sieno state, e che le Amazoni accompagnas

sero alla guerra i mariti lo congetturo dagli avvenimentide’ miei giorni , la natura degli avi disvelandosi tuttanelle inclinazioni ed opere della stirpe loro. Spesso accadde pertanto, che discesi gli Unni ad assalire l’imperio e mortane parte ne’ combattimenti, i Romani, al ritirarsi de7 vivi, osservandone i cadaveri pe riconosces

sero alcuni di femmina. Egli è poi certo che mai piùvidesi nè in Asia, nè h i Europa altro femminile esercito,e mai più furon detti privi d’uomini i monti caucasii;tanto volea narrarsi delle Amazoni.

44© GOEftftE GOTTICHE

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IH. Di là dagli Apsilii, all’altra estremità del lunatolido, gli Abasgi occupano la proda sino al Caocaso. Unavolta e’ venivan compresi nel dominio de’ Lazj e gover*

nati da due principi, l’uno all’Oriente all’Occidente l’altro, di lor nazione. Queste genti de’miei di veneravano iboschi e le selve , con barbarica semplicità prestandoculto agli alberi quai Numi. Soggiacean poi a molestiegravissime, colpa l’insaziabile avarizia de’ capi, ambeduearrogandosi il diritto, ove s’appresentassero agli sguardi

loro fanciulli avvenenti del volto e della persona , distrapparli tosto dalle braccia paterne e venderli, fatti eunuchi , a carissimo prezzo nel romano imperio ai bramosi di possederne. Toglievan di più la vita ai genitoriper tema non la bizantina corte, pietosa dei lamenti loro,si desse a vendicarne il torto sofferto ne’ figli, e perliberarsi da sudditi di mal certa fede. I padri così ri*portavan danno ed eran pure in miseranda guisa spentiper lo aversi prole virile di gentili forme*, quindi emergevache moltissimi eunuchi ai servigi de’Romani come puredell’aula imperiale fossero di abasgica schiatta. Ora sa

lito io trono Giustiniano le cose di là pigliarono assaipiù mite e dicevol piega} imperciocché ed essi venneroalla cristiana religione, ed egli mandò loro Eufrate, altro degli eunuchi palatini e di abasgico sangue, coll’assoluto precetto di, guardarsi bene per l’avvenire dal togliere ad uora tra sudditi la virilità oltraggiando col

ferro la natura. Gli Abasgi lietissimi accolsero sì bellanuova, e sostenuti dall’imperiale divieto s’opposero confermezza somma al proseguimento della nefanda azione,ridotti da prima a temere la paternità d’ un avvenente

LIBRO QUARTO 441

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44? GUÈRRE ^OTTICHE

pargoletto. Giustiniano di pia ediGcò loro un tempioin onore di Maria Vergine, e diedene la custodia a sacri ministri coll’obbligo chVinsegnasservi tutti i cristiani

riti. E’ si pare finalmente che questi popoli in processodi tempo levati di mezzo i re pigliassero a menare libera vita ; così furono le cose loro.

C A P O I V .

 Brachi Zecchi Sa gì di. Sebastopoli e Pizio — Etilista.  I Gotti %Tetrassiti domandano un vescovo a Giustiniano Augusto,

I. Valicati i confini degli Abasgi, rimpetto al monteCaucaso, entrerai in quel de’ Bruchi per Io mez^o delle

antedette genti e degli Alani. I Zecchi a stanza sullamarina del Ponto Eussino ricevevano ab antico dall’imperatore il monarca, ora vivonsi al tutto indipendenti.S’appresenta più innanzi la regione dei Sagidi , nellacui parte marittima i Romani,.essendone altre volte padroni, eretto aveano e munito di truppe sul littórale due

castelli, Sebastopoli e Piziunte , V un dall’altro lontanidue giornate, padroneggiando, come dicea, tutta la marittima piaggia dal confine di Trapezunte ai Sagidi; macol procedere degli anni restarono all’imperatore soltanto i due castelli dove mandò truppe sino a’ dì no$tri,quando Cosroe monarca de’ Persiani condotto dai La?j

a Petra risolvè occupare colle proprie armi que’ fortie lasciarvi guernigione. Se non che la soldatesca romanafatta consapevole della meditala impresa mandò in fiamme, prima che altri giugnesse, le abitazioni, e sopra pà-

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liscalmi diede in terra alP opposto lido riparando a corsanella città di Trapezunte. La perdila non di meno cuisoggiacquero i nostri ebbe largo compenso dal non essere

la regione caduta in potere dei nemici, i quali troncandoa metà l’impresa tornarono a Petra. Tali cose voleansinarrare di que1luoghi.

II. Dopo i Sagidi hanno lor dimora varie unnichetribù confinanti colla regione Eulisia. Costoro, nomatida prima Cimmerii ed ora Uturgurii , posseggonne il

suolo tanto a marina, quanto entro terra sino alla Pa-Inde Meotide, scaricatesi nel Ponto Eussino, e alfiume Tan&i che vi mette foce. Le parti ulteriori voltea Settentrione ricettano le innumerabili borgate degliAnte. Là dove s’apre l’alveo che riceve le acque dellaPalude menan lor vita i Ciotti soprannomati Tetrassili,

pochi di numero , ma osservantissimi delle instituzionie leggi cristiane. I paesani chiamano pur Tanai l’alveoche dalla Meotide mette al Ponto Eussino, lungo forseil cammino di venti giornate} e’ dicon a simile Tanaifeil vento di là surto. Io non saprei con certezza riferire

sé queste genti abbiano mai seguito la setta di Ario 9siccome il resto de’ Gotti, od altra qualunque, ignorandolo peranche eglino stessi^ ma ora con assai credulae semplice pietà professano la nostra religione} soltantopoi nell’ anno vigesimo primo dell’ imperio di Giustiniano Augusto quattro loro ambasciadori comparvero in

Bizanzio chiedendo un vescovo in so$tituzione dì altrotesté mancato ai vivi, fatti consapevoli che in simigliatilemodo erasi provveduto alla chiesa degli Abasgi. L’imperatore aderito del miglior animo alla inchiesta diede

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444 GUERRE GOTTICHE

loro commiato. Se non che, per tema degli Unni U-*turgurii, nelPesporre la mandata pubblicamente ed allapresenza di molto popolo^ eransi limitati alla sola di

manda concernente il vescovo , manifestando poscia insegreto colloquio lutti i vantaggi che sarebbero derivantialP imperio fomentandosi la discordia coi prossimaniloro , e qui narrerò come e da qual cielo i Tetrassitipassassero colà di stanza.

C A P O V.

Uturgurii e Cuturguriifperckè di fai guisa nomati. Antica stanta  dei Tetrassiti. Guado mostralo da fuggente cerva. Partita de* Gotti —• I Cuturgurii ne occupano la dimora. Passata de9Tetrassiti nell1opposto lido. Gli Uturgurii lengonsi in pa> 

tria — Taurica, tempio di Diana in essa. Le città Bosporo, Cherso y Ce p i , Fanaguri. Sorgente e corso delt Istro. Cir  conferenza del Ponto Eussino.

I. I luoghi testé rammentati davan ricetto altre voltead immensa turba di Unni chiamati allora Cimmerii e

tutti ligii di un re. Per antico tale de1loro monarchiavea due 6gli l'uno di nome Uturgure, Cuturgure l’altro; costoro divisosi alla morte del padre il regno apposero la propria denominazione ai popoli soggetti, che daquinci in poi sino a’ dì nostri fedelmente la conservano. Tutti abantico menavan lor vita sotto le medesime

leggi e per nulla in commercio con le genti di là dallaPalude e sue foci, non avendone mai valicato le acque,nè pensato che lo si potesse , forte paventando sì age*vote impresa, colpa V assoluta Irascurauza di non es-

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sersi unque da prima cimentati all’opera. Dopo la palude hannovi tosto sopra il lido i Gotti Telrassiti de1quali faceva or ora menzione. Più lunge stanavano e

Gotti e Visigotti e Vandali con quanti altri contava-no gottica schiatta, ne7tempi remoti delti Scili daglistessi paesani} tra essi eziandio viveano i nomati Sauro-mati o Melandeni, o altrimenti comunque. Si narra poiche io processo di tempo (se vogliamo prestar fede allafama) alcuni giovani cimmerii si ponessero , cacciando,

a perseguitare, iustigali da bramosia di Jode o di vitto-ria, se pur non ebbevi inspirazione dall’alto, una cervafuggente balzata entro quelle acque, nè 1’ abbandonassero che pervenuti insiem con lei sull’ opposta ripa.Quivi di subito scomparso l’oggetto, cui tenean dietro,qualunque e’ si fosse, nè altro a mio credere che un’ap

parizione apportatrice di mille sciagure a que9 miserandi terrazzani, i cacciatori vedutisi gabbati per riguardoalla preda opinarono presentatasi loro in iscambio dallasorte opportunità di combattere e rapinare. Tornatiquindi in pairia jlivolgarono tra’ Cimmerii come le a-eque di colà prestassersi a facile guado , e tanto bastòperchè impugnate di netto le armi e’ valicassero nell’opposto continente , i Vandali essendone già migralinell’Africa, ed i Visigotli nelle Spagne. Arrivativi assali-scouo all’improvvista gli altri Gotti quivi rimasi, e fattane strage mettono il resto in fuga. Quanti poi giun

sero a campare la vita partitisi con la prole e le donne,rrcovrarono, traghettato l’Istro, in quel de’Romaui, doveaddivenuti gravemente molesti agli abitatori uou potè*rouo soggiornare, e pigliata la via della Tracia occupa*

LIBRO QUARTO 445

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ronvi la regione accordata loro dall’imperatore. Nè v’hadubbio che una parte gli prestasse servigi in guerra ,ricevendone, al paro degli altri militi, annuali stipeodj e

la nominazione di confederali, volendoli forse i Romanionorare con questo latino vocabolo per indicare che nonli aveano domi colle armi, sibbeue mediante alcuni pattiinvitati a strigner lega seco; dai Latini dicendosi Jbedera  

le condizioni stipulate la tempo di guerra, come scriveanegli antecedenti libri; ma parte senza la più lieve pro

vocazione continuò sempre ad importunarlo armatamauo, sinché avente alla testa Teuderico mise piede inItalia. Tale corse la goltica ventura.

II. Di costoro adunque gli uni morti e discacciatigli altri della patria , restò la regione agli Unni Cutur-gurii, i quali chiamatevi le donne colla prole comincia

rono ad occuparla e vi sono tuttavia , ma quantunquedonati ogni anno dall’ imperatore osano impertanto, su*perato il fiume Istro, scorrazzarne le proviucie, mostrandogli ad un tempo e confederati e nemici. Gli Uturgurii poi al ripatriare col re loro, volendo per sè lulto il

paese , venuti alla Palude Meotide piombarono sopra iGotti Tetrassiti, i quali armati di scudo fecero da principio valida resistenza , sostenendone 1’ urto in virtùdelle proprie forze e del malagevole accesso alle stanzeloro, imperciocché robustissimi e’ sono della persona ,e la Meotide al suo entrare nel Pouto formando un seno

falcato quasi da per lutto all’intonio d’essi preseutauna sola entrata, e neppur molto larga, a chi brama penetrarvi. Se oou che in processo di tempo mal ^om-portando gli Uturgurii di consumare la vita combai-

4 \6 GUERRE GOTTICHE

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LIBRO QUARTO  M i

tendo, e non sicuri i Gotti di poter sempre resistere acotanti nemici, venuti entrambi a patti statuirono fosseloro comune il valico, si dovesse vivere in perfetta lega

ed amicizia, e cogli eguali diritti dall’ima e l’altra parte,ed i Tetrassiti s’avessero l’opposta regione sulla piaggiadell’alveo dove sbocca la Palude e dove albergano anche a’ dì nostri. 'Trasferitisi per tanto questi Gotti adabitarvi* ed i Gutugurii aneli’ essi rimanendo secondo l’esposto di là dalla Palude, i soli Uturgurii conser

vano le patrie terre , nè danno a lor malincorpo impaccio alcuno all’impero intramettendovisi molte genti.

111. Gli Unni Cuturgurii s’hanno quindi per lo largoe lungo vastissima contrada ; succedon loro gli Scitied i Tauri j possessori di tutta la regione pur oggi , inparte , nomata Tauride, ove si vuole fossevi altre volle

un tempio di Diana custodito da IGgenia di Agamonne.Gli Armeni per lo contrario poligono il tempio nellaloro Acilisena (nome del suolo), persuasi che tale scitica appellazione ab antico fosse propria di tutti .que*gli abitatori} ed a convalidare questo lor detto valgonsidellecose da noi riferite intorno ad Oreste e alla cittàComana, allorché l’istoria ci condusse a ragionarne} madi siffatti argomenti poirà ognuno giqdicare a sua voglia} essendo che l’uomo inclini per natura ad attribuire alla patria quanto accadde altrove , o vero siaquanto non accadde unquemai , e mal comporta il

non farglisi eco dall’universale. Passate queste gentiviene Bosporo , città marittima , la quale di frescosi è unita al nostro impero. Da lei a Chersone , posta sulla riva del mare e da tempo ligia de’ Romani , i

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barbari, vogliaci dire gli Unni, godono tutto 1’ interposto suolo. Vicino a Chersoue s’ appresentano due altrecittà, Cepi e Fanaguri, da epoca antichissima insino a’

dì nostri suddite dell’ impero , cadute quindi iu poterede’ confinanti ed atterrate. Da Chersoue alle bocchedel fiume Istro è uopo un viaggio di dieci giorni, e tuttala regione è in barbariche mani. L’ Istro discende daiceltici monti, rasenta gli estremi confini dell9Italia, tra*versa la Dacia, PIllirico e la Tracia per iscaricare sue

acque nel Ponto Eussino. Da quivi a Bisanzio tutta lapiaggia obbedisce al monarca romano ; hai così la circonferenza del Ponto Eussino da Calcedone tosino allacapitale dell’impero, la cui misura non posso con esattezza determinare conciossiachè abitativi d’intorno moltegenti, come scrivea, le quali di qualche ambascerìa all’ia*

fuori non comunicano affatto con coi, nè ci fu dato sa»perne più accurate notizie da chi per lo innanzi applico ssi a conoscere questi intervalli. Solo diremo con certezza che, sulla destra del Ponto, da Calcedone al Fasivi corrono cinquantadue giornate di spedito cammino }

laonde opiniamo che mal non si apponesse chi pensònou differirne soverchiamente l’altra parte.

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LIBRO QUARTO 449

C A P O V!.

Se il Tonai O il Fasi divida l’ Asia dall '  Europa. —  Donde VEussino scaturisca.  Incertezza d 1Aristo te le nello stabilire 

 come avvenga il movimento dell’Euripo* Stretto Siculo. Dop pia corrente nel  Bo sporo Tracio.

I. Poiché discorrendo siam qui pervenuti non reputovano di riferire le dispute messe in campo dagli studiosi

intorno ai confini dell’Asia e dell’Europa. Tali di essipretendono che il fiume Tanai divida 1’ un continentedall’altro, asserendo in questo partimento valersi pigliarea guida la natura, e fondati sull’osservazione che mentre il mare dall’Occaso procede alFOrto, il fiume Tanaida Settentrione ad Austro corre di mezzo ai due con*

Unenti. L’ egizio Nilo per lo contrario traversa l’Asiae r Affrica da Meriggio ad Aquilone. Altri poi franca*mente accusano di falsità 1’ esposto, dichiarando esserei prefati continenti divisi in primo luogo dallo strettoGaditano formato dall’ Oceano e dal mare interno, e laparte stendentesi a destra insino allo stretto ed al marecomprendere l’Affrica e 1’ Asia, Europa in cambio doversi nomare quanto da sinistra girando perviene all’e?»stremità del Ponto Eussino^ così pure il fiume Tanaiquivi surto gittarsi impetuosamente nella Palude Meotide, questa scaricare sue acque nel Ponto, non alla fine,

ma passatone il mezzo , e la regione alla sinistra del-1’ Eussino volersi dire Asia. Olt r’ a ciò il fiume Tanaiaveadft origine dai monti Rifei posti fuor d’ogni dubbio

P s o c o p ì o , to m . I l . 39

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in Europa, come testimoniano gli antichi geografi, e daessi alP Oceano avendovi grandissima distanza , argomentano appartenere di necessità alP Europa tutto il

compreso intra gli antedetti monti ed il Tanai, estimando insiememente malagevol cosa il determinare dove questo dia principio alla separazione de9continenti} che sead un fiume bramiamo accordar l’uffizio di sceverare leparti delP orbe, il Fasi di ragione avrà la preferenza, ilquale dalle terre dello 'Stretto Gaditano traversali en

trambi colle sue acque. Imperciocché Io stretto che dal-POceano conduce al mare interno da quinci e da quindine vieti circondalo, ed il Fasi con/declive corso giugnen-do alP estremità del Ponto Eussino vi mette foce nelmezzo del littorale avente forma di corna lunari, dimaniera che unilovisi prosegue la divisione cominciata

dal mare} appoggiati pertanto a queste osservazioni gliuni e gli altri combattonsi a vicenda. Nè la sola prima sentenza, ma anche la testé ricordata mostrerò averea sostegno P autorità di antichissimi scritlori, memorenon di meno che i più di noi ove adottino un’antica

opinione comunque, ricusano poscia di stillarsi il cervello per rintracciare accuratamente il vero, nè voglionda vantaggio saperne, tenendo per fermo della più ossequiosa accoglienza degno quanto ricevuto abbiamodai remotissimi nostri antenati, immeritevole al contrariodi qualsivoglia considerazione ed al tutto ridevole ogni

nuova proposta. Arrogi che le nostre investigazioni, lungedal mirare a cose immateriali o astratte od assai intralciate, tendono ad un fiume ad uaa regione che non hannoricevuto uè cambiamento nè scurezza dal tempo. L' o

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sperimento &facile, possiamo invocare la testimonianzadegli o cchi, sopra tutte autorevolissima , nè panni cimentarsi ad ardua impresa chiunque attenta di scoprir

ne il vero. Erodoto alicarnasseo adunque nel libro IVdelle sue istorie scrive essere uno per verità Torbe, madiviso in tre parti da cotanti nomi distinte, Affrica cioè,Asia ed Europa; intra le prime due correre il Nilo,fiume dell’Egitto; intra l’ Asia e l’Europa il Fasi, fiu**me della Colchide. Saper egli non di meno che da ta

luni opinavasi V egual cosa per rispetto al Tanai; riferisce eziandio la costoro sentenza, ed ecco le sue parole: u M’è impossibile il conghietturare il perchè una99 essendo la terra abbia ricevuto tre nomi spettanti aw femmine, e delle parti di lei siensi formate le divi*

 fi sioni col Nilo, fiume dell’Egitto, e col Fasi della Col-

 99 chide. Hannovi pur di quelli che mettono in campoall’uopo stesso il fiume Tanai, la Meotide, e lo stretto

 y» Cimmerio. » Il tragico Eschilo parimente subito nell’esordio dello sciolto Prometeo chiama il Fasi terminedell’Asia e dell’Europa.

II. Nè tralascerò di ricordare coloro che versati inquesti studj avvisano dalla Meotide originare il PontoEussino, e le acque di essa , inoltrantisi parte a destra parte a sinis tra, aver dato alla Palude il nome dimadre del Ponto; ed a convalidare tal pensamento dicono che il Ponto a mo’ di fiume da Iero procede verso

Bizanzio, e conseguentemente sia qui il suo termine.Quelli poi di contraria opinione sostengono che il mare,unico e tutto riboccante nell’Oceano, giunga sino allaLazica, nè abbia altro limite comunque, senonperven-

LIBRO QUARTO <5i

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tura nella mente di chi vorrebbe dalla differenza de1no*mi stabilire quella delle cose} nè parmi vi si oppongail suo corso da Iero a Bizanzio, essendo il nostro in

tendimento disadatto a conoscere quanto accade in tuttigli stretti, nè mai si è potuto darue spiegazione. E perverità ld stesso Aristotele stagirita, uomo di singolare sa-pienza e dottrina, trasferitosi a bello studio in Calcidenell’Eubea, onde esaminarne Io stretto nomato Euripo,ed accuratamente indagare la naturai cagione cbe spinga

le sue correnti ora dall’Occaso, ora dall’Orto obbligando ^tutte le navi a seguire la medesima via; che se pur talora partendo le acque dall’Orto s’avvengano oppostiflutti, nè raro è il caso, a nocchieri discostatisi da terracoq seconda corrente, obbliganti tantosto a tornare negli abbandonati lidi} e quanti navigano dall’ Occaso a

volgere altrove le prode, senz’opera di veuto non solo,ma con bonaccia e perfettissima calma: Io Stagirita, diceva, consumato indarno moltissimo tempo nel considerareed investigare tali fenomeni, preso alla fine da gravissima tristezza vi giuntò la vita. Nello stretto eziandio cbe

divide la Sicilia dallMtalia molti sono i fenomeni superiori ad ogni nostra intelligenza. Imperciocché le acquesembrano derivare dal mare Adriatico, procedendoviin cambio dall’Oceano e dallo stretto di Gadi} e di frequente surgonvi pure improvvisi vortici, originati daignote cagioni, a sommergere le navi se per ventura ab*

bianvene allora iti corso, donde 1 poeti favoleggiano chèingoiale sieno da Gariddi. Coloro poi de’ quali ragionopretendono volersi ripetere queste vicende, a tutti glistretti cojnuni e ben lontane da ogni nostro con*

45* GUERRE GOTTICHE

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cepimento, dalla vicinanza di qua e di là dei due continenti , adducendo che il correre delle acque rinser*rate in angusto spazio va soggetto ad anomalie fuori

della generale credenza, ed iucoraprensibili dalle urna*ne menti. Laonde quantunque ne sembri che P acquada Iero proceda alla volta di Bizanzio, pure guardia*moci dal qui porre il termine del mare e del Ponto Eussino, mancando valide pruove a cui appoggiare tale sentenza, sempre che non vogliasi anch’ora mettere in cam

po la ristrettezza del luogo. Nè va nudamente la bisogna come altri la pensano, testimoniando i pescatori diquesto lido non tutta la massa delle acque tendere perdiritto a Bizanzio, ma quante formano la superficie e ren-donsi visibili a’ nostri sguardi seguire quella direzione; lealtre invece al disotto, ove giace il così detto abisso, conmoto evidentemente opposto correre ognora e traversare quelle della superficie antedetta; ed aggiungono chequando, occupati della pesca, gettano quivi gli ami, dicontinuo miranli procedere verso Iero sospintivi dalPim-peto della corrente inferiore. Tutta la piaggia della Lazica

infine è di ostacolo alP inoltrare del mare, frenandone ilmoto ed obbligandolo ad arrestarvisi, il che ad esso perla prima volta e qui solo accade, fissatogli tale confinedal supremo creatore delPuniverso ; cosicché pervenutoa questa piaggia nè si diffonde, ne maggiormente inalzasi, quantunque accolga innumerevoli e grandissimi

fiumi, che da ogni dove gli recano il tributo delle a-eque loro; ma osservando gli ordini avuti non si diparteda suoi limiti, e quasi penetrato da rispetto per Finevitabile legge che lo infrena guardasi dal trasgredirla

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454 GUERRE GOTTICHE

onninamente. Nè havvi altri lidi che di fronte osino arrestare il mare, conservando tutti rispetto ad esso ob-bliqua posizione. Ognuno poi delle prefate cose la pensi

e ragioni a suo buon grado.

C A P O V I I .

 Motivi di Cosroe re. de' Persiani neir intraprendere la colchica spedizione. —  Dara città in vano da lui tentata.

1. Ho manifestato antecedentemente perchè Cosroebramasse unire la Lazica agli stati suoi} Io stimolo poimaggiore del re e de’ Persiani a questa intrapresa verràqui a bell’agio dichiarato} nè il detto prima d’ora in pro

posito diffonderà poca luce sopra quanto è mio intendimento di aggiugnere. I Persiani capitanati da Cosroe,valicando i proprii confini, apportarono spesse volte inesplicabili danni al romano impero, argomento di altrimiei libri (1)} ma da simili scorribande anziché ritrarrequalche lucro aveanvi assai giuntato di gente e dana

ro} partendosi le più fiaté dal nemico suolo con moltaperdita di combattenti, e ritornati in patria ascosamenteimprecavano male a Cosroe chiamandolo infino distruggitore de’ suoi. Una volta in tra le altre fattisi indietrodalla Lazica dopo sofferti mali gravissimi , macchinarono, ribellando alla scoperta , di troncargli barbara

mente la vi ta , uè avrebber dato in fallo s’egli, informatone, sottratto uon si fosse dal pericolo in mille guise

(i) Guerre persiane.

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careggiando gli ottimali ; volendosi quindi purgare dacosiffatti rimproveri tutto dedicossi a trovar mezzo diaccrescere \ì dominio persiano con qualche nobilissimo

conquisto. Di colpo adunque assali Dara città, ma rincacciato, come scrivea, da quelle mura disperonne Par-rendimento non potendo all’ improvviso forzarle, guardate dopo quest’epoca da vigilantissimo presidio, nè ri-promettersi miglior riuscita da un assedio. Concios^siachè havvi là entro ognora copiosa vittuaglia d’ o

gni maniera, onde provvedere lungamente ai bisognidella vita, e nel vicino precipizio scaturisce una sorgente, la quale convertitasi poscia in grosso fiume rittacorre alle mura , di guisa che arte nemica non riuscirebbe a travolgerne il corso nè ad arrestarla, tanto malagevole n’ è il luogo. Di più internatesi le acque nella

città , e da per tutto aggiratala , empendone i ricettacoli, n’ esconoper essere di subito ingoiate da una voragine, talché sino ad ora non è dato ad umana menteil conoscere ove tornino a sboccare. Nè la voragine èantica, nè d’altri che della natura opera, venuta inluce sotto Anastasio Augusto, molti anni dopo 1’ edificazione della città. L’esercito pertanto che s’accingessea porre quivi un assedio verrebbe assaissimo travagliatoper lo mal provvedimento d’acqua.

II. Cosroe dopo il vano tentativo pensando che sebbene riuscito ad occupare nuove città dell’imperio non

avrebbe tuttavia potuto giammai fissare uno stabile soggiorno su quel de’ Romani, ove dalle sue spalle rimanessero loro molti luoghi forti, deliberò abbattere Antiochia e quindi tornare nel suo regno. Pel quale prò*

LIBRO QUARTO 455

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spero saccesso inorgoglitosi, e pigliato da brama dicose maggiori allargò il campo alle  sue speranze. Ammaestrato pertanto dalla fama che gli abitatori della Pa

lude Meotide alla sinistra del Ponto Eussino mettevanoliberamente a sacco le terre imperiali, divisò che soggiogati una volta i Lazj ben anche i Persiani avrei*»bero avuto sicuro ed agevole mezzo di recarsi per diritto a Bizanzio quand’ e9volessero, e senza ricorrere almare come fanno di consueto le genti ivi a dimora.

Ecto il motivo che animò i Persiani a quella conquista}ed io qui rannodo il filo della mia narrazione.

C A P O V i l i .

V  autore prosegue la narrativa cominciata nel capitolo primo 

risguardante la spedizione dèi Persiani, capitanati da Co rìane, nella Colchide. Sconsigliato orgoglio de' Lazj. — O-razione di Gubaze loro monarca. Schieramento degli eser-citi. Fuga dei Lazj. Combattimento di Artabano. Battaglia.

 Morte di Coriarie, e sconfitta delle sue truppe.

I. Coriane e l’esercito de’Medi accamparonsi pressodel fiume Ippi. Alla nuova Gubaze re dei Colchi e Da-gisteo condottiero dei Romani combinarono di procedervi unitamente contro. Inoltratisi per tanto di là dalfiume ed eretti gli steccati deliberano se torni meglionelle presenti circostanze 1’ attendere di piè fermo un

assalto e pignerne Pimpeto, o essere eglino stessi i primia romper guerra , mostrando così il proprio valore,ed il generoso disprezzo in cui tengono quella fazione per rintuzzarne il coraggio. Avutisi maggiori suf-

456 GUEfcftfc GOtTICHE

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fragii dalla seconda proposta tutti di netto muovonoalla volta del Med< . Giuntivi a poca distanza i Lazjnon voglion saperi? di schicramento insiem coi Roma

ni, protestando non impugnarsi da questi le armi nè aprò della patria, nè a prò di chi fosse loro congiuntocon istrettissimi legami di sangue, quando al contrarioe’ combatterebbero per la salvezza de’ figli, delle donnee de* suoi lari « e guarderebbonsi bene perdenti nel conflitto dal comparire alla presenza delle mogli, il perché

doveano gli stessi pusillanimi far pruova di valore. Bramavano quindi impazientemente essere i primi e senzacompagni ad affrontare il nemico temendo nelf impresa venire sconcertati dagli imperiali, che mai più incontrerebbero coll’ eguale animo i pericoli d’uua battaglia. Gubaze lietissimo di tanto nazionale orgoglio ra*

gunatili in disparte cercò vie meglio confortarne gli spiriti'con, tale diceria, u Non so, o prodi, se ad infondere99 virtù nei vostri petti debba mi ricorrere a studiate pa-

 99 role, giudicando affatto vano ogni eccitamento quando 99 la necessità stessa ispira for^a e coraggio, quale ap- 99 punto è di noi tutti il caso. Da questa pugna a fe*99 del Nume dipende la sorte della prole, delle donne,» della patr ia, di quanto in fine possediamo, tea-9 s dendo il nemico a privarci di tutto col provoca- 99 mento delle sue armi; nè havvi uomo al mondo, il99 quale di buon grado metta a parte de’proprii beni chi

99 cerca di forza spogliamelo, la stessa natura solle-99 citandoci a conservare quanto abbiamo in proprio.» Vi ricordi essere la cupidigia persiana senza freno e99 misura là dove e’ giungono a farla da padroni; se ora

LIBRO QUARTO i 5 j

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» pertanto ci debelleranno, oltre la schiavitù ed incom* n patibili gravezze ne avremo tutto il peggio solito da» loro a praticarsi coi vinti, se pure non sieuvi già u-

99 scite della memoria le sofferte sciagure, nè l’epoca è r molto remota, per volere di Cosroe. Or dunque fate» che io non abbia a vedere dileguata colle voci sì bella99 prontezza a cimentarvi, e non vogliate contaminare99 d’ infingardaggine il nome de’Lazj. Qual tema d’ai-99 tra parte potrebbe distorci dal venire a giornata coi

99 Medi più volte da noi costretti alla fuga ? Ogni diffi-99 colta renduta consueta svanisce, 1’ esercizio e P uso99 togliendo la molestia della fatica. Egli è poi ben giù-99 sto che sprezziate un avversario , il quale spesso la*99 sciandosi vincere in campo vi dichiarò superiori nelle9» armi, costretto dalla tema a precipitosa fuga. Pieni

99 adunque la mente di questi pensieri e di ottime spe-99 ranze fatevi ora ad incontrare la sorte cui veniamo99 superiormente destinati. 99

II. Il re dopo la concione mise iu battaglia i suoidisponendo P ordinanza per modo che primi i cavalieri

procedessero contro il nemico. Di dietro ed a grandeintervallo venivano gl’ imperiali in arcione aventi a duceil gepida Filegago, uom coraggioso, e P armeno Giovanni di Tomaso valentissimo anch’egli, nomato altrimenti Guze e da me ricordato ne’ precedenti libri. Ultimi seguivano Dagisteo, duce de’Romani, e Gubaze coi

fanti loro , onde agevolmente soccorrere ai cavalieri , accogliendoli nelle pedestri file se per mala ventura s’ arretrassero } tale da qui P ordinanza. Corianequindi inviò un corpo di mille, fior di soldatesca lori

458 GUERRE GOTTICHE

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cata e provveduta ottimamente d’ogoi arma, ad espio-rare seguendolo egli stesso coll’ esercito, sol pochi rimasi alla custodia del campo. Ma la preceduta cavalleria

de’ Lazj, turpemente coi fatti dichiarando bugiarde lesue tante promesse, invanì e distrusse le concepite speranze. Imperciocché avvenutasi alla vanguardia nemica,mal comportandone la presenza, voltò incontanente idestrieri, scompigliata dando piega, e di carriera s’ aggiunse cogli imperiali, non schifa di ricorrere a coloro

che sdegnato avea ricevere nel suo schieramento. Ritiratisi gli eserciti nessuna delle fazioni da priucipios’accinse ad appiccar battaglia, ora cedendo agli altruiassalimenli, ed ora al rincular del nemico andandogliaddosso, nè poco fu il tempo logorato in simiglianlimene, ritratte ed assalti.

III. Nel romano esercito militava uu Artabane persiano, da pezza disertato agli Armeni sudditi dell’ impero,comprovando loro sua buona fede meglio clic con vane paro le , coll’ uccisione di cenventi nemici guerrieri^ed ecco il fatto. Costui presentatosi a Valeriano, mae*stro in allora de’ militi per l’ Armenia, domandavaglicinquanta soldieri agli stipendj romani, e ricevuti con-ducevali ad un castello della Persarmenia sotto mentilaapparenza di fuggiaschi. Quivi accolto con tutta la compagnia dal presidio, forte di cenventi individui , e pernulla sapevole del costui disertamento, nè dell’animo di

macchinare novità , ucciseli dal primo all’ ultimo, efatto bottino delle suppellettili^ molte certamente, si restituì presso di Valeriano \ i Romani cou tal pruovarassicurati delle ottime sue disposizioni aveanlo di poi

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ascritto alla propria milizia. Ora questo Artabane, al cominciar della pugna, con seco due compagni si piantòdi mezzo in tra gli schieramenti, e tali pure de9 nemici

si fecero innanzi. Ma egli avventatosi lor contro di subito ferì d’asta, gittò giù d’arcione, c fe’mordere ilsuolo ad un valorosissimo e colossale Persiano. Altrodei barbari allora, vicino allo spento, lo colpì lievemente,di spada nel capo, nè avea per anche ritirato il braccioche stramazzava egli stesso piagato nel sinistro fianco

da asta romana. I mille spedili avanti sorpresi di si tristo spettacolo tornarono indietro per attendere Corianecolle truppe reali, e vi si unirono dopo breve tempo.

IV. A simile i fanti capitanati da Gubaze e Dagi-steo arrivano i suoi cavalieri , e tosto da ambe le fazioni si viene alle prese. Filegago e Giovanni tuttavia

estimandosi molto inferiori di forze per resistere all’urtodel nemico in sella, avendo soprattutto già sperimentatoil valore de’Lazj, balzarono giù d’arcione ed imposero difare lo stesso alle turme loro. Formata quiudi una profondissima ordinanza attesero di piè fermo colle lancein^resta il. Persiano. Questo per la inopinata disposizione cominciò a titubare, non avendo più mezzo di offenderli così pedestri cogli scorrimenti suoi, nè di sconvolgerne gli ordini, impennandosi i cavalli atterriti dallepunte delte aste e dal fragore degli scudi ; alta per finepiglia T arco sperando metterli in volta avventando

loro un qembo di frecce. Vi rispondono dell’ egualmodo gli imperia lied il follissimo saettamento arrecastrage non poca da ambe le parti ; e se gli strali medied alani erano di numero superiori, ben di più ripercuo-

4 6 o GOERRE GOTTICHE

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tevanne gli scudi romani. Nella mischia Coriane tenneferito da sconosciuta roano, l’una delle tante freccegiunta, piagatoue il capo, a recargli pronta morte.

La perdita di lui troncando il combattimento dichiarò la vittoria a prò degli avversarj, conciossiachè isuoi non appena vedutolo giù di sella e steso in terraa precipizio ritrassersi negli steccati. Qui i vincitoripigliarono a rincacciarli facendone macello, pieni dellasperanza di occuparne al primo assalto il ca mpo, ma

tale degli Alani, coraggioso a notf dirne e forte dellapersona, nè meno destro nel maneggiare Parco, postosialP angustissima entrata del vallo riuscì traendo senzaposa d’arco da diritta e sinistra a tenerli gran pezzaloutani. Giovanui di Tomaso alla fine da solo avvici-natoglisi con improvviso colpo d’ asta il trafisse a mor

te, dopo di che i Romani ed i Lazj furono padroni ditutto. 1 barbari quivi toccarono gravissima strage, ed ipochi rimasi avviaronsi del meglio loro alle proprie case. Questo fu il termine della guerresca persiana im~presa nella Colchide, e quindi anche P altro reale eser

cito , non appena rassicurato il presidio di Petra eoagrosso rinfrescamento di panatica e d’ ogni bisogno dellavita , diede volta.

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4 6 * GUERRE GOTTICHE

C A P O IX.

 Dagesteo accusato di tradigione dai Lazj vien posto in car-cere. Bessa, maestro de’ militi per  T Armenia,  passa nella  Lazica, i cui re solevano chiedere ai Romani le spose lo -ro. —  Ribellione degli Abasgi. Trachea. Gli Abasgi assa-liti e sconfitti dai Romani,

I. Que9Lazj intauto che eransi trasferiti a Bizan

zio denuuziaronvi prontamente Dagisteo come tradì*tore e seguace delle parti de9M edi, affermando averegli per fellonia trascurato l'occupazione delle iqura diPetra mezzo diroccate e quindi accessibili in varj punii,anzi accordato ai uemici tempo di ripararne le rovine

colf ammontichiarvi in luogo di pietre sacca piene diarena. Iucolpavanlo altresì d9averne differito I9assalto,vuoi da pecunia sedotto, vuoi per negligenza, di questomodo perdendo l9opportunità in vano poscia sperata ,d’ una felice impresa. Giustiniano uditone feceto imprigionare, ed inviò nella Lazica Bessa, non molto prima

rivenuto dall9Italia e di già maestro de9 militi perl\Armt;nia , coll’ ordine di capitanare I9esercito colè distanza. Alla stessa volta eransi pur diretti con truppeBtnilo fratello di Buze , Odonaco, Baba di tracio sangue, e T erulo Uligago. Nabede coll9esercito messo ivipiede nulla operò da ricordarsi, eccetto cbe fatto alto

intra gli Abasgi ribelli dai Romani e dai Lazj n9ebbe sessanta statiche prole degli ottimati loro. Di più ncll9Apsi-lia avvenutosi a Teodorà moglie di Opsite avo di Gubaze ed in altri tempi re de’ Lazj, se ne impossessò per

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mero accidente e condussela in Persia. Era costei diromaua schiatta, conciossiachè già da pezza i re di colàmandando ambasceria in Bizanzio solcano imparentarsi

coll1ordine dei settatori, dalle famiglie loro scegliendole spose; ue v’è da mettere in dubbio che Gubaze fosseprole di romana donna. Ora piglierò a narrare perchégli Abasgi ribellassero dall’ impero.

II. Questo popolo tolti di mezzo i nazionali so-' vrani , come testé riferiva , dovè lungamente mirare en

tro i suoi confini truppe inviatevi dai romani imperatori,i quali ricondotta la regipne sotto il dominio proprioaggravaronla di nuovi balzelli. Eglino adunque di pessimo animo comportando Pingiustissima prepotenza, epigliati da timore non veuissero altra fiata costrettial servaggio, risolverono crearsi nuovamente due re

goli, Opsite nella parte orientale, all’ Occaso Sceparna.In preda per tanto alla disperazione il giudicato daprima funesto al sopravvenire di più funeste circostanze tornarono ad averlo per lo migliore, ed eccitatidalla mala opinione di que’ governanti addimandaronoper occultissime vie la protezione del Medo. Giustiniano avvisatone comandò a Bessa che vi conducessebuon nerbo di truppe, e questi scelti dall’ esercito molticombattenti e datane la capitatianza ad Uligago e Gio-vapni figlio di Tomaso incontanente iuviolli per marenell’Abasgia, da dove re Sceparna, chiamalo poco prima

da Cosroe , erasi trasferito nella Persia. L1altro po i,udito l’arrivo del nemico, s’apprestò con seco tutta lanazione ad incontrarlo.

I I I . Di là dai con6ui degli Apsilii i li’ entrare nel-

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l’Abasgia, derivato dai Caucàsi!, trovi un alto monte, ilquale a poco a poco abbassandosi ed inclinando il suodorso a mo’ di scala, termina al Ponto Eussino. Alle sue

radici i paesani aveano eretto in altri tempi un assaiforte ed ampio castello, e soglionvi riparare onde sottrarsi dalle nemiche scorribande, insuperabile essendo ladifficoltà di espugnarlo. Unica via mette al castello edalla regione, e pur questa sì angusta da non camini*narvi due uomini di fronte, ma passanvi ad uno ad uno

e pedestri. Discesala rincontri una ripidissima forraes tendetesi dalla rocca al mare, e da lei ebbe acconcio nome il luogo, detto con greca voce Trachea (i) .L’ imperiale navilio adunque afferrato intra £li Abasgie gli Apsilii, Giovanni ed Uligago, messo piè a terra ,insiem colle truppe inoltravano seguiti marina marina

dai nocchieri entro i paliscalmi. Giunti siffattamentein vicinanza di Trachea veggono i barbari in armi ed iuordinanza lungo tutta la fotta e la via testé descritta.Fermato il passo rimangonsi gran pezza incerti sul partito da prendere in quel frangente ; Giovanni alla per

fine messosi da buon senno a rintracciar mezzo di vincere ogni impaccio , vi riuscì del seguente modo. Lasciato quivi Uligago colla metà della soldatesca, e9git-tasi col resto sui paliscalmi, e dato dei remi per voltare il corso oltrepassano Trachea , e così dagli omerie cogli inalzati stendali procedono contra il nemico.

Gli Abasgi rimirandosi prossimi ad un assalto di frontee dalle spalle, abbandonato ogni pensiero di resistenza

(i) Corrispondente alla voce latina  aspera,

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dannosi tulli in {scompiglio a precipitosa fuga, cotantoper lo timore stupiditi che più non discernono collavista i malagevoli passi del patrio suolo onde poterli

cansare. In questa i Romani, combattendoli da tergo eda fronte, ne uccidon di molti, proceduti quindi sino alcastello unitamente ai fuggitivi, rinvengonne tuttavia spalancatala porta, colpa dei custodi che eransi indugiatia serrarla, non disperando ancora d’ introdurvi le disperse lor truppe. Queste intanto ad una cogli perse*

cutori adoperano di valicarne il limitare, chi per amordella-vita chi animato dalla brama di sì glorioso conquisto. Tutti adunque al mirare dischiuso queir aditoentrano promiscuamente, più non potendo la guardiadistinguere i suoi dai nemici, nè chiudere contro glisforzi della moltitudine accorsavi le imposte. Gli Aba-

sgi lieti di rivedere le proprie mura erano impertantoa pessimo partito , ed i Romani sebbene colla vittoria in pugno trovaronsi esposti a vie più malagevolecimento. Imperocché le case tu tte, sarei per dire, aggruppate insieme a motivo della prossimità lo ro, edalP intorno munite a foggia di bastioni, furono tostooccupate dai paesani, i quelli opponendo forte resistenza, messi grandemente alle strelte dal terrore edincorati da somma compassione per le donne e lapro le , saettavano dall’ allo al basso gli imperiali. Nelcostoro duce alla per fine destossi il pensiero d’incen

diare que’fabbricati, ed ebbene il più completo successo.Re Opsite di là sottrattosi con pochi dei suoi riparò sultenere dei confinanti Unni e sul Caucaso; degli altri

P b o o o p io , l o m . l ì .   3o

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cbi fu ridotto in cenere entro le arse abitazioni, chi ab-bandonossi alla pietà nemica. I Romani ebbonsi, intra’prigionieri, le mogli e la prole de’ monarchi} rase quindi

al suolo tutte le mura del castello saccheggiarono compiutamente la regione, daudo così termine a quella sommossa. Ora volgiamo il discorso agli Apsilii.

C A P O X .

 I Persiani possessori di Tzibilo castello délVApsilia incon-tranti morte per isceleraggine del comandante loro. — Ana tozado offende il genitore Cosroe, infermiccio di sua na-tura e caldo favoreggiatore del medico Tribuno , ottimo 

 personaggio; F insolente figlio soggiace a grave gastigo.

v

1. Nell’Apsilia, da lunghissimo tempo ligia de’ Lazj,havvi un assai forte castello chiamato dalle genti TzibilorOra Terdete uom ragguardevole de’ Lazj e venerandoappo i suoi mercè l'onoranza di maestro, come suol quidirsi, dopo serii alterchi col re Gubaze promise occultamente a Cosroe di consegnargli la rocca, e per tenere

patto viaggiò nella regione. Quindi approssimatosi conqualche numero di Persiani al castello, ed aggiuntenele mura corteggiato da soli Lazj, gli si aprono le porte,ben lontano il presidio dal non si fidare d’ un suo maestro, sul conto del quale non era mai caduta ombra disospetto. Giunta in pari tempo la schiera de’ Persiani

egli ve la introduce destando con ciò nel re lorola speranza di conquistare oltre il forte V intera provincia. Di poi dal persiano esercito vennero per modoassediali i Romani ed i Lazj entro Petra , che non fu

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loro possibile di soccorrere altrove. Ora il comandantedel presidio avea donna apsilia, ed avvenentissima dellapersona ; il duce persiano di colta invaghitosene alla

follia cercò innanzi tutto di ottenerne l9amicizia careggiandola, ma fallitogli il suo intendimento ebbe ricorso ad inopinate violenze. Per cotanto ardire furi»bondo il marito in tra le notturne tenebre ucciselo contutti gli altri Persiani accolti nel castello, rendendo così,direi quasi, compito il supplizio debito alla incontinenza.

Tornato egli di questo modo a comandare la guerni-gione gli Apsilii ribellarono dai Colchi colpandoli dinon averne ricevuto soccorso quando pativan molestiedai Persiani. Ma Giovanni di Tomaso, del quale prestoripiglieremo a parlare , speditovi da Gubaze con milleRomani, sommiseli seoza ricorrere alle armi, valendosivo’ dire in lor vece di blandizie, e ridusseli all9anticaobbedienza. Tali cose fu mio proposito di riferire intorno agli Apsilii, ed al castello Tzibilo.

II. Per volontà poi del fato quasi contemporaneamente la stessa prole di Cosroe soggiacque.ai paterni

rigori. I! primogenito di lui Anatozado nomato , che inlingua persiana suona  donatore dell ’ immortalità, offesoavealo, passando con silenzio molte altre colpe di scioperatissima vita , col nefando attentato di parteciparedel reale talamo, ed il geuitore informatone da principio sbandeggiollo. In Vazaine, fertilissima regione della

Persia, giace Lapato, città lontana da Ctesifoute il viaggio di sette giornate, e quivi ebbe il reo comandamentodi purgare suoi falli. Cosroe intrattanto sì grave ammalò che la fama ivaue già divulgando la morte } cs-

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sendo per giunta infermiccio di natura chiamava da tuttele cittadi medici alla corte, e di questo numero fu T ri buno originario della Palestina, molto erudito ed -a nes

suno secondo nelP arte del sanare } eran ad uno suoicommendevolissimi pregi la moderazione , la profondapietà verso il Nume ed una piacevolezza somma di carattere. Il monarca in altri tempi risanato colP operadi lui gli fu largo, al partir dalla Persia, di molti e splendidissimi doni, ed al convenirsi di questa prima tregua

impetrò da Giustiniano Augusto di valersene per unanno. Trascorso il fissato periodo in famigliare amicizia , come scrivea, sollecitollo a chiedere quanto e’ sapesse bramare, e quegli per ogni ricompensa in cambio di danaro addimandò la gratuita restituzione di alcuni prigionieri. A tale priego il monarca mandò liberinon solo que1nobili Romani presi in guerra nominatamente dal medico indicati , ma eziandio aggiunsene dimolti portandone il numero a tre mila, azione che procacciò a Tribuno somma gloria presso tutte le genti :di ciò basti.

III. Ànatozado sciente della malattia del genitoreusurpandosi i regali diritti cominciò a macchinare novità, e quantunque poscia il sapesse guerito, pure istigòi cittadini alla ribellione , e pieno di giovenile ardoredato di piglio alle armi mossegli contro un’ accanitaguerra. Cosroe , uditone , spedì a combatterlo truppe

sotto gli ordini di Fabrizio , il quale vintolo in campoed impossessatosene, lo condusse non guari dopo allacorte. Il monarca allora in punizione fecegli offenderegli occhi per modo eh1e’ non avessene a perdere la

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vista, ma si vivesse mai sempre colle palpebre e sottoe sopra turpissimameate difformate. Chiusine pertantogli occhi furongli trapassati i nepitelli dall1infuori con

roventissimo ago di ferro onde privarli della naturale bellezza } solo mirando il paterno gastigo a farlouscire d’ogni speranza del reguare , avendovi legge inPersia cbe ne rimove chiunque vada soggetto ad imperfezioni della persona, come scrivea negli antecedentilibri.

C A P O XI.

Fine della tregua. Scambievoli ambascerie; Fasto del reale ambasciadore Isdiguna. Il turcimanno Braducione morto da Cosroe. —  I l muro di Petra , cinta d* assedio, minai» indarno dagli imperiali. —  Dei Sabiri chi favoreggiatore  

di Giustiniano, chi de' Persiani.  Leggierissima ariete , di nuova invenzione. Le truppe reali tentano cT incendiare colla nafta9 detta altrimenti olio di Medea, le macchine appros-simate alla città. Mirabile fo rza del vecchio Bessa mae~ stro de'militi. Persiani consunti dalle fiamme in una torre  di legno. —  La città apre le porte agli assediatoti.

I. A tale scoglio ruppero la contraria fortuna ed ilmal talento di Anatozado, e qui terminò P anuo quintodella tregua. Giustiniano Augusto allora spedi ambasciadore a Cosroe Pietro patrizio e maestro degli ufficiiper dare pace a tutto V Oriente} cui il re accommiatò

colla promessa che seguirebbelo tosto alcuno de’suoi afine di conciliare le controversie iu modo reciproca*mente vantaggioso. Di fatti non guari tempo dopotornò a mandare Isdiguna, uomo ampollosissimo, ano-

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gante e più cP ogni dire superbo , il cui fasto ed orgoglio erano già incomportabili a tutti li Romani. Menavaegli seco la consorte, la prole, il fratello, ed uno stra-*

bocchevole codazzo di servidorame, appresentando quel-P immenso corteo P imagine di ordinato esercito incammino per venire alle prese col nemico. Gli vedevi a1fianchi due ottimati delle cospicue famiglie persiane, edaventi entrambi cinto il capo di aureo diadema. I Bizantini di malissimo animo tolleravano che Giustiniano

Augusto trattasselo con vie maggior cortesia e grandezza di quanto comportavaue il grado. Non tornò conesso in Bizanzio Braducione ucciso , come vuol lafama, da Cosroe pel solo delitto di essersi assiso allamensa del romano imperatore. » Giammai, diceva il re,* sarebbesi riputato deguo di cotanta onoranza un tur-

 99 cimanno, s* egli tradito non avesse le nostre fa- 99 cende.  99 Altri pretendono che da Isdiguna venisseaccusato di un clandestino abboccamento co’ Romani.Questo ambasciatore nella sua prima comparsa alP imperiale cospetto nè molto , nè poco ragionò di pace ,querelandosi unicamente che dalle genti di lui si fosseviolata la tregua, avendo Areta ed i Saraceni confederati dell'imperio, non ancora spirato il termine, pigliatoa molestare Alamandaro ; aggiunse inoltre cose di piùlieve momento ed immeritevoli a mio credere di venirqui riprodotte.

II . Nel mezzo di tali faccende Bessa con tutte leromane truppe assedia Petra, ed imprende a minarneil muro laddove anni prima Dagisteo, io forza di scavamento, avealo atterrato, e qui esporrò perchè si desse

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mai sempre la preferenza a questa parte in sì arduaimpresa» I primi edificatori della città posero quasitutte le fondamenta delle mura sopra una rupe valen

dosi a sostenerle, per breve intervallo^ d'un terrapieno,ed appunto laddove la città volge alPOccaso aveavi siffatto muro non molto largo, ed afforzato nei fianchi dascoglio ben resistente al ferro. Ivi adunque tanto Da-gisteo in prima quanto Bessa da poi diedero mano allavoro, compassata innanzi tutto e stabilita entro ido

nei termini la estensione dello scavamento , vietandola natura del luogo di sopravancare i fissati limiti.Sciolto P assedio i Persiani a fine di ripararne le rovinesostituirono al primo tenore di fabbricazione il seguente*Riempiuto di ghiaia il vuoto fatto dai nemici aveanvisoprapposte grosse travi piallate eolia maggior diligenza

e commesse insieme per modo che le superficie loroformassero larghissimo piano; su questa base quindi,ritenuta validissima, innalzaronvi forte muro, ed i Romani per nulla sapevoli delP operato estimavano scavarne le fondamenta. ColP essersi poi sottratta grandecopia di terra messa a sostegno delle travi da me testérammentate n’ebbe danno il soprastante lavoro, e cad-dene parte, ma nel cader suo non alterò P ordine dellepietre, discendendo tutto intiero perpendicolarmente,come se a bello studio con idonei artifizj fossevi calato , e vi si arrestò ritto in piedi con solo discapito

della pristina sua elevazione; è uopo dire pertanto cheil legname non più sorretto dalla ghiaia sprofondassecon t itta la sostenuta mole , senza fornire al nemicopiù agevole mezzo di penetrare là entro. Imperciocché

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 ì Persiani accorsivi di subilo in grandissimo numeratornarono ad accrescere ben bene la parte in difetto.GP imperiali fuori di sè mirando la triste fine delle

loro fatiche più non sapevano che si fare, impediti dalriempimento di proseguire la fossa , e di valersi delP a*liete, per la inclinazione del terreno su cui ergevasi loscavato muro, non consentendo queste macchine d’ essere trasportate che io luoghi p iani, o di assai lievependio.

IH. Volle non di meno il fato cbe pochi barbariSabiri fossero capitati nel romano campo, ed attendiueil motivo. Costoro, unnica gente divisa in molti regolariprincipati, abitano presso del Caucaso, e molti de' capiMretto avevano antichi legami di amicizia colP imperatore, altri col re persiano, il perchè ambo i monarchi

sogliono largire, non tutti gli anni ma negli urgenti casiquantità d ’ oro a cosiffatti sozj. Giustiniano Augustoadunque invitando gli amici Sabiri ad aiutarlo nella cominciata guerra mandovvi tale de’ suoi colP incarico displendidamente presentarli. Se non cbe estimando malsicuro il procedere col ricco dono al Caucaso, nemiche schiere occupando la interposta regione, arrivato a*gli steccati di Bessa e delle romane truppe assediatrici diPetra spedi ai Sabiri dicendo cbe genti paesane venisserodi subito a lui per ricevere P imperiale offerta, I barbarialPannunzio inviano tre ottimali con qualche scorta nella

Lazica^ questi pervenutivi e mescolatisi co’Romani vollero aver parte alla espugnazioue delle mura indottividalP abbattimento degli assediatori } laonde mirandolinella massima titubanza ed incapaci di consiglio nelle pre-

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474 GUERRE GOTTICHE

mepte di lorica, elmo ed aste gueruite in punta di ferreiuncini, coll’ intendimento di usarne per gittare a terrale smosse pietre ed allontanarle quando la testa dell'a-

riete spinta contro il riparo avessene sconciala la co*struzione. Dagli assediatoli postasi mano all’opera , ilmuro di già sotto i frequenti colpi iva crollando, edalle due bande i militi svellevano colle picche il di-sunito materiale } nè più moveasi dubbio intorno allapronta espugnazione della città. Se non che in que

sta ne’ Persiani destossi il pensiero di trasportare aimerli una torre di legno da lungo tempo ammannita, edi mandarvi in cima bellicosissimi guerrieri loricati alpetti, ed aventi in testa e nelle altre parti della perso*na terribili coprimenti guerniti dei ferrei chiodi. E’lanciavano sulle romane arieti piccoli vasi pieni di solfo ,

bitume e veleno (detto nafta dai Medi, olio di Medeadai Greci ) lutti in fiamme , di maniera cbe per poconon le incenerarono completamente. All’ inopinato casoque’ dai la t i , come ho detto , colle uncinate picche,delle quali ho pur fatto menzione , afferrando i funesti recipienti calavanli dalle macchine sul terreno} mayedevansi tuttavia uella impossibilità di lungamentedurare in sì penoso lavoro consumando il fuoco alprimo toccamento , ove cop prontezza somma non sirimovesse, ogni cosa. Di questo modo erano qui le faccende.

IV. Bessa vestito anch’ egli il corsaletto e fatte impugnare le armi alle truppe ordinò che si appoggiassero le scale alla diroccata parte del muro, ed avendoleper poco esortate a non perdere la opportunità di fare,

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compiè operando il resto dell’ aringa. Egli avea oltre*passato gli anni settanta , e quantunque già logoro diforse fu il primo a salire. In Allora e Medi e Romani

pigliarono a combattere per modo valorosamente ched'altrettale esempio, a mio avviso, manca Petà nostra. Due mila e trecento erauo i barbari, ed i Romani sei mila , e pressoché tutti o vi giuntarono lavita, o riportaronne ferite, ben pochi rimanendo entrola città illesi della persona. Imperterriti gli imperiali

cimentavansi alla salita, ed i Persiani con grave travaglio ributtavanli giuso. Dopo gravissima perdita daambe le parti avea il presidio per poco superato il pericolo, nè agli assalitori giovava lo spignersi animosamentesu di lunghissime scale ed il combattere ad una colnemico dai merli, poiché in gran numero stramazza-

vano spenti. Lo stesso Bessa non fu esente dal venirprecipitato abbasso \ al quale sinistro elevatesi da tuttifortissime grida, i barbari aocchiatolo prosteso in terralo fecero bersaglio de’ colpi lo ro} ma pronte le suelance, armate di lorica e cimiero , attorniatolo ripara-

vanne le membra cogli scudi, e ristrettesi insieme a’suoi fianchi, e formatavi sopra un testuggine adoperavano possentemente a guarentirlo dalle offese ; veniva intanto gran fracasso dai dardi senza posa diretti a quella volta, e su per gli scudi e le altre andature spezzantisi. Ognuno faceva scempio di sè colle

grida, coll'incessante anelito e colla fatica : di più tuttointento 1’ esercito alla conservazione del proprio duceinfreuava i barbari avventando frecce a nembo lor contro. Bessa in questa sentendosi aggravato dal corsa-

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letto, e per sè stesso poco snello a cagione delia so^verchia grassezza e dell’ avanzatissima età stia , comeho narrato, non potea levarsi in piedi ; fu tuttavia in sì

grave periglio d’ inalterata mente , e subito escogitò ilmezzo di provvedere a sè stesso ed alle romane cose.Volle dunque essere tosto condotto lunge di là, e guardie piene di zelo ne fecero il comando chi sostenendolo , e chi dai lati coprendolo cogli scudi, e conformando lor passi a quelli de’ portatori onde allontanarne

le nemiche offese. Quindi superato il pericolo surge, econfortati gli animi de’ presenti fa ri torno alle mura ,ove messo il piede su d’ una scala prende ancora colmassimo coraggio a tentare la salita : l’esercito spettatore di sì raro esempio muove anch’ egli ad espugnarle con portentose azioni. II presidio sopraffatto dal

timore chiede breve tregua per affardellare e , consegnata la città , partirsene ; Bessa paventando maliziosala proposta, e solo tendeutu a riparare i guasti nell’ad-dimandata tregua , rispose di non poter interrompere1’ assalto ; che se bramasse il Medo ragionar seco diaccordi, avrebbene tutto 1’ agio, anche nel fervor dellabattaglia , portandosi laddove sarebbegli per lui indicato; non accoltasi dal nemico la offerta con vie piùaccanimento e con iscambievole sorte prosegue lapugna. Mentre poi aggiravasi ancora incerta la vittoria d’ improvviso cadde il muro per 1’ addietro sca

vato nelle fondamenta dai Romani : vi si accorre daambe le parti, magli assediatori, sebbene divisi in duecorpi, assai più forti di numero, vie maggiormeutecogli archi e col sospignersi innanzi addivenivan terri-

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bili agli avversarj, i quali pigliati di mezzo non potevanopporre, come da prima, valida resistenza, ed avvolti indoppia mischia appalesavano la radezza dello schiera

mento loro. Di tal modo procedeva la contesa , nouriuscendo agli uni di allontanare il nemico sì dappresso, nè agli altri di aprirsi un varco per entrare nellacittà , quando T armeno Giovanni di Tomaso, cognominato Guzes , partesi dai compagni col piccolo drappello di Armeni da lui comandati per inerpicare su

 jT un precipizio da nessuno estimato soggetto ad as-salimenti; giuntovi ed uccisene le guardie ascende aimerli, e pur quivi morta una delle scolte, coraggiosissimo Persiano, rende agevole a suoi P entrata inPetra.

V. In questo mezzo gli offensori dalla torre di le

gno appiccarono fuoco a moltissimi vasi di materiecombustibili colP intendimento che in maggior copialanciati arderebbero colle imperiali macchine ]a mand’ opera in esse, ben conoscendo vano ogni sforzo perliberarsi da tante molestie co9soli dardi. Se non chesurto di repente con romor sommo contrario e gagliardissimo Austro incendiò in un baleno il legnamedella torre, nè il presidiò fu pronto ad accorgersi delnuovo sconcio, tutto del suo lavoro occupato, e distratto dal tumulto, dalla paura, da eccessivo conturbamento e privo quasi de9sensi, colpa gli urgenti biso

gni. Crescendo a mano a mano la fiamma alimentatadall’oglio da Medea nomato e da altre infiammabilimaterie pervenne da ultimo a ridurre per intiero in cenere la torre ed i racchiusivi difensori. Questi ardenti

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caddero chi entro, chi fuor delle mura, dove pugnavanole arieti co’ militi postivi dai lati. Gli imperiali in fineveduto il presidio nella massima costernazione , messo

in non cale ogni ostacolo occuparono armata manola città , passando i Persiani con precipitosa fuga, edin numero non più di cinquecento, a guernire la rocca. I nostri fecero prigionieri gli altri tutti, non menoforse che settecento trenta , ed intra essi ne rinven-nero soli diciotto sani della persona , vo’ dire liberi da

ferite. I vincitori anch’eglino soggiacquero a grave perdita di valorosissimi personaggi, ed in ispecie ricor*diamo Giovanni di Tomaso , il quale dopo illustripruove di valore ne’ combattimenti spirò colpito da unsasso scagliatogli nel mettere il piede nella città.

C A P O X I I .

 I Persiani rinchiusi nel forte ami muoionvi consunti dalle  fiamme che trattare di arrendimento col nemico.  Liberalità 

di Cosroe nel fornire di vittuaglia Petra. — Sua accortezza nella costruzione d? un acquidotto, Bessa manda i prigio-

nieri a Bizanzio : sfascia di muro la vinta "città ; lodato dall1imperatore, ed assai più dalt universale.

I. I Romani col vegnente giorno mandarono offerendo ai barbari nell’ occupata rocca la salvezza dellapersona e la promessa d’ un salvocondotto, nella più

grande speranza che accoglierebbero la generosa proposta. Ma queglino ad ogni esortazione sordi non miravano che a resistere, e sebbene conoscessero la in-superabile impresa del lungamente durare a tauta fa-

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tic a , pure voleansi rendere illustri con gloriosa morte. Bessa non di meno fermo nell’ animo di ridestare inessi l’amore della vita, commette ad altro de’ suoi, am

maestratolo da prima nella parte che sostener dovea ,di procedere alle mura per sovvenirli di migliori consigli; ed il messo venutovi proferì le seguenti parole:« Da quale gravissima sciagura sorpresi, o valenti Per-» stani, vi abbandonate di questo modo all’ ultimo dei99 mali, incontrandolo con sì periglioso ardimento e ma-

» nifeslo disprezzo della virtù guerresca ? No, per vita99 mia, non opera da prode chi si getta pertiuacemente

 n a disperati risichi, nè da prudente chi rifiuta sonali mettersi ai vincitori. Non è turpe cosa nelle umane.» vicende il piegare ai destini della giornata, la neces-99 sita meritamente disdegnando vituperevoli titoli quan-99 do sia di speranze priva, o ridotta a penosissime con-19 dizioni ; e tanto più ancora nella certezza che inevi- 99 tabili mali hanno le più volte a compagno il perdo*99 no : guardatevi adunque dall’ insistere animosi nel

 n vostro evidente pericolo e dall’ anteporre un vano 99 orgoglio alla propria salvezza; pensate invece ne’soli

99 mqrti non darsi risorgimento, ma poter voi col vi- 99 vere tornare al possesso della perduta libertà , se di» tanto .siete vaghi. Deliberate in fine coll’ animo solo» intento al vostro bene , sapientissimi estimando que'

 n consigli che possiamo tuttavia, sopraggiuntone il

 99 pentimento, correggere. Noi, come portano le dot-99 trine dei Romani seguaci di Cristo, vi abbiamo, per

 39 iscusati nella vostra bramosia di morte, ed avvegna- 99 chè vi rimiriamo così non curanti la vita e dispreg-

LIBRO QUARTO * 7 9

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^ giatori della luce, pure con benignità somma vi n trattiamo. E di vero che mai chiediamo da voi per 99 accordarvi salvezza , del passare all’ infuori ad un

 fi miglior reggimento, e dell’ avere a monarca anzi 99 Giustiniano che Cosroe ? Nè indugerete un istante 99 ad ottenere la più solenne confermagione dell’ udita 39 proposta. Il perchè fatti arbitri pienamente d’ una fi miglior sorte non vogliate essere voi medesimi gli ar- n tefici de’ vostri mali, nè ascrivere ad eroico valore il

 99 condurre baldamente intra le angustie la vita, quando9i al tutto manchi ogni speme di lor alleviamento; co- 99 stanza a miglior ragione da appellarsi fanatismo di99 morte, che non illustre impresa. E prode al contra- 99 rio colui che soffre e dura pazientemente le avversità9i donde ha fiducia uscirne con qualche futuro vantag

gi gio; nè 'un volontario passar di questa vita riscuote 99 gli umani applausi, quando il motivo che lo determina 99 mal legge al confronto della speranza d’ una sorte

'99 migliore, essendo mai sempre la violenta, disutile e fi precipitata distruzione di noi stessi giudicata follia ,» e a diritto lo sconsigliato ardimento d’ incontrarla

 99 con ispontanea deliberazione si dichiara dal savio 99 non più che turpe larva di fortezza. Ricordivi alla 99 per fine che peccate coll’operar vostro in ingratitudine 99 verso il Nunpie, il quale volendo perdervi non avrebbe 99 certamente, a parer mio, permesso che cadeste nelle

 99 mani d’ un vincitore tutto propenso a salvarvi. Tale 99 in verità è 1’ animo de’ Romani per voi : consiglia- 99 tevi dunque a vicenda, e risolvete se vi torni meglio di 99 venire a più miti consigli. »

4 8 o GUERRE GOTTICHE

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LIBRO QUARTO 48 <

II. Si tacque il messo, e la guernigiooe disdegnandoal tutto udirne ed assordita dalla caparbietà sua finsedi nulla intendere. I Romani allora comandati dal niae«^

stro de’ militi appiccarono fuoco alla rocca siccome.1’ unico spediente a conquistarla. Elevatesi di molto lefiamme i barbari s’ aveano davanti agli occhr la morte , persuasissimi di tramutarsi ben presto in cenere,nè più confortavali speranza comunque fendutosi vanoogni spediente di campare la vita. Ricusarono imper*

tanto di sommettersi ai Romani , ed alla costoro presenza in un atomo tutti insiememente furono colla roccaarsi dal fuoco. Apparve allora quanto al re stesse acuore la Lazica , fidata egli avendo la salvezza di Petraa’ suoi migliori guerrieri, ed in essadeposte armi in tantacopia, cbe addivenute bottino de’ vincitori ogni soldato

n’ebbe per cinque volte il suo guernimenlo, sebbenepur molte ne fossero dall’incendio consunte. Vi si rinvenne parimente grande ricolta di graui, di carni salatee di altra vittuaglia, capace di supplire per un lustro ibisogni dell’ intero presidio; mancava unicamente il vino, essendosi dai Persiani fatta provvigione di solo acetoe di sufficiente quantità di civaie per formarvi la bevanda loro. I Romani poi al vedere nella città 1’ acquasgorgaute da canale artefatto quasi di sè per maravigliauscirono, e solo riebbcrsi quando la scaltra costruziónedegli occulti acquidotti fu Iqro manifesta : ora passo

a dirne.III. Cosroe quando guernì Petra espugnata dalle suearmi, fermissimamente persuaso che i Romani procure-

P mo c o pio , tom. IL   3 i

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rebbero del meglio loro di tornarne al possesso, e da-rebbonsi di lancio a tagliare l’acquidotto, rivolse tatti isuoi pensieri ad allontanarne le gravissime conseguen

ze. Tripartita per tanto V acqua ivi raccolta , e moltoprofondato il suolo vi costruì tre canali ; uno vo’ direnella più ima parte, e ricopertolo di terra e pietre insino alla metà dello scavamento, altro gliene soprappose. Empiuta in fine per iutiero la fossa ne aggiunseun terzo a tutti palese ; di modo che il canale senza

darne il minore sospetto procedeva in tre ordini diviso.I Romani affatto ignari di tale artifizio , al cominciardell9assedio rottane la visibile parte non cercaronodi vie più penetrare abbasso , ed abbandonata immaturamente l’ impresa viveansi falsamente ce r t i , gabbati dall9 infingardaggine loro , che i rinchiusi patissero

già didatta d9acqua. Col proseguire poi dell’ assediovengono a sapere da alcuni prigionieri nemici che l9a-cquidotto suppliva tuttavia i bisogni di là entro. Spintoallora innanzi lo scavamento rinvengovi l’ altro sottoposto canale, e messolo in pezzi credonsi apportare l9ultimo

crollo ai nemici, dal passato non ritraendo profittevoliconseguenze nel caso loro. Espugnata col trailo successivo la città, mirandola provveduta d'acqua, siccomediceva, ne maravigliarono grandemente non potendoneargomentare la derivazione. Se non che avutane pur oradagli stessi prigionieri notizia conobbero ad opera finita

la persiana diligenza nelle costruzioni, e la trascurataggine propria nell9eseguito lavoro. Bessa tosto spedìl9intero novero de’ mancipj a Bizanzio e sfasciò dellemura Petra, onde in processo di tempo non ne avessero

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nuore molestie 1 Romani. Giustiniano approvato il tattoaltamente lodò il coraggio e la prudenza del duce nell’ avere occupato e diroccato dalie fondamenta quelle mura.

Di tal guisa Bessa condotta a buon termine e con grandevalentia l’impresa ridonò al suo nome il perduto splendore. Egli per verità eletto a comandare in Roma il presidio destato avea negli animi di quelle genti, viva essendoper anche la memoria del suo antico valore, bellissimesperanze, ma diportatosi male ndla guerra cooperò alla

caduta del forte in potere dei Gotti, come scrivea negli antecedenti libri, colla perdita della massima partedei cittadini; restituitosi non di meno presso l’imperatore n’ ebbe V incarico di combattere i Persiani. Laonderiusciva presso che di generale biasiiho la sovrana scel- 'ta, e tufti si facevan beffe di lui che destinava a sL gravifaccende un duce lasciatosi turpemente vincere dai Gotti, e prossimo alla tomba in causa degli anni. Così ap-palesavasi la pubblica opinione, allorché addivenuto mae»itro de’ militi racquistò la fama di prode e fortunatacapitano. Egli &fuor di dubbio che le cose de9mortali

non dipendono dall’ umano senno, ma dal volere e dallaprovvidenza del Nume, aventi da noi il nome di For*tuna, perchè ignoriamo le cause da cui ripetere il finedelle nostre azioni, dicendosi fortuito dal volgo quantosembragli accadere contra il proprio intendimento ; masia lecito ad ognuno il giudicarne della guisa che da

lui ritiensi migliore.

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4 * 4 GUERRE GOTTICHE

C A P O X I I I .

 Mermeroe duce persiano tardi calca la via di Petra, Conduce truppe ed elefanti ad Archeopoli. Sordida avarizia di Bes-sa. Soverchia condiscendenza di Giustiniano verso i prefet-ti. — Scanda e Sarapani castelli della Lazica. —  I paesani atterrano RodopolL Fuga degli imperiali quivi  a campo.

I. Mermeroe intanto paventando non il diuturno

ritardo apportasse danno a Petra ed al presidio rinchiusovi, erasi posto in marcia coll’ esercito, favorito dallastagione dell’ anno succeduta al verno. Lungo il cammino fatto consapevole della espugnazione di lei s’arre-stòj non ignorando essere quella, di là dal Fasi, la solacittà abitata dai Lazj. Quindi nel suo tornare iudietrooccupate le gole che mettono dall’Lberia nella Colchide,valicò il fiume, quivi guadoso , e pervenuto al ReonIo guazzò del pari non prestandosi alla navigazione.Passato dunque alla destra del Fasi marciò coll’ esercito ad Archeopoli vastissima città e capitale della La

zica. Erano i suoi militi quasi tutti cavalieri ed aveanseco otto elefanti, acciocché i pedestri salitone il dorsoavventassero, come da torre, dardi contro il sottopostonemico. Ammireremo qui la mai stanca industria persiana, cui venne fatto di appianare una via, intra l’Ibe-ria e la Colchide , laddove in prima il suolo era tutto

coperto di scogli, precipizj e foltissimi boschi, tale perdirla breve da sembrare folle ardimento il cimentarsi atrascorrerlo da solo ed agilissimo della persona. Oraper essa procedettero eoi miglior agio le truppe in ar-

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cìone 9 ed avrebbonla eziandio potuta trascorrere conseco un numero comunque di elefanti : seguivanli dipiù i confederati Unni Sabiri in uu corpo di dodici

mila individui. Se non cbe il duce , temendo non lamoltitudine dei barbari, sempre indocile ai comarfdi,scompigliasse con grave danno 1’ ordinanza persiana,divisò trattenerne sole quattro migliaia rimandandoin patria, guiderdonato generosamente, il resto. L’ e-sercito de’ Romani componevasi di dodici mila com

battenti, ma non tutti a campo nel medesimo luogo^ untre mila coi duci Odonaco e Babà, personaggi cbiaris~simi in guèrra, difendendo Àrcheopoli, e gli altri essendosi steccati di qua dalle bocche del Fasi peraccórrere prontamente dovunque il nemico scorrazzasise. Capitanavansi costoro da Benilo e da Uligago, ed

avean seco il persameno Varaze giunto di fresco dall’Italia e ducè di ottocento Tzani. Ora Bessa non appena espugnata Petra deposto ogni pensiero guerrescoaggiravasi nel Ponto e nell’Armenia solo intento a raccogliere i tributi delle imperiali provincie; riducendo

in qùesto modo, colpa la sordida sua avarizia, nuovamente a mal partilo le romane faccende. Imperciocebise dotpò quella conquista ei si fosse immediatamentediretto ai confini de’Lazj e degli Iberi ed occupato amunirne le strette, indarno, a parer mio, 1’ esercito deiPersiani tentato avrebbe di penetrare in quella regione.

Egli in cambio mettendola onninamente in obblio laconsegnò quasi di sua mano al nemico, e colla fermacertezza di venirne forte rimproverato ; ma Giustiniano Augusto di soverchia indulgenza nel punir# i falli

LIBRO QUARTO <85

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de1 prefetti rendeali non curanti alP aperta de’ proprjdoveri con danno sommo delle cose pubbliche.

II. Al confine dell’ Iberia i Lazj aveano due castel

la, Scanda e Sarapani, situati nelle alpestri ed al tuliopietrose gole dei monti, quindi malagevolissimo eraneT accesso. Or questi in altri tempi venivano presidiaticon molta fatica da9 paesani, per la sterilità del suoloinetto a produrre un che da vivere, costretti essendo aportarvi sugli omeri i bisogni loro. Quindi al cominciare

della presente guerra F imperatore aveavi mandato romano presidio, il quale di poi al vedersi privo di vit-tuaglia erasene partito, non assuefatto al nutrimento dipanico giusta la consuetudine dei Colchi, nè attalentavaai Lazj, mal tollerando il lungo viaggio , di tradurviqualche aiuto di annona. Caduti adunque in mano de9Persiani, questi rappattumatisi col Pimperatore ne fecerola restituzione ai Romani, ricevendone altri due, Boloe Farangio, come diffusamente scrivea nei precedentilibri. Piacque in seguito ai Lazj di atterrarli, perchè nonfossero di nuovo espugnati dalle reali truppe \ il duce

Mermeroe impertanto fifabbriconne il detto Scanda, epostavi guernigione procedè oltre colP esercito.HI. Rodopoli, città in pianura e prima ad incon

trarsi nel passare dall’ Iberia nella Colchide, potendoassai di leggieri essere avvicinata e presa, fu dai Lazj,temendo la venuta de’ Persiani, agguagliata negli ulti

mi tempi al suolo. Mermeroe fattone consapevole mosse direttamente contro Archeopoli ; se non che tra viadagli esploratori assicurato essere il nemico a campo alle bocche del Fasi deliberò battere quella via ,

*S6 GUERRE GOTTICHE

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giudicando prudente consiglio di fugare in prima costo*ro, e procedere quindi al divisato assedio, per tema nonsopravvenendogli da tergo ne patissero dapno le sue

truppe. Accostatosi alle mura di Archeopoli saluton-n e , beffardo, la guernigione, e le annunziò boriosamente il suo ben sollecito ritorno , dopo abboccatosi coi Romani steccati al Fasi. La risposta fu :ne vada pure con Dio ovanque brama ; lo assicuranodel resto che riscontrandosi con que’ loro commi

litoni mai più atterrebbe la promessa. I Romani duciuditone 1’ arrivo intimorirono estimandosi men forti diquanto voleayi per venire a battagliale montati i pali-liscalmi là pronti valicarono il fiume, portando secotutta 1’ annona di che erano le fuste capaci e gittandoil resto nell’ acqua onde altri non lo saccheggiasse. Arrivatovi poco dopo Mermeroe colle truppe e vedutenele trincee affatto vuote lo comportò di mal animo, rat*Instandosene e rimanendo sopra pensiero \ messa di poia fuoco e fiamma ogni cosa, ribboccante di sdegno fe-cesi indietro battendo la via d’Àrcheopoli.

LIBRO QUARTO 4*7

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C A P O X I V .

 Archeopoli ; assedio delle sue mura.  I Romani avvalorati dai loro duci arrecano sortendo grave danno al nemico. —Spavento e fu ria dyun elefante. — Episodio delVautore so-

 pra Edóssa, ove in altri tempi gli elefanti infierirono al grufolare dei majali Prodigio ivi mirato. Partita degli as-seduttori. —  Mermeroe giunto nella Muchiresià vi restaura il castello Cutatisio.

I. Giace Archeopoli sopra dirupatissimo colle , «ricetta un fiume che sorge ne’ pog^i sovrastanti laoit*tà. Le sue uscite abbasso menano appiè del monte.pernon difficile via ; ma sagliente è quella che dal caoipévi tende. Le porte all’ alto conducono a luoghi-tcò-scesi, a molto ardui sentieri di vastissime boscaglie ra»goni bri. £ siccome la città non racchiude ac qua j salvoil fiume, così i fondatori di lei inalzaronvi doppio sturòsrno ad esso per attignervi senza pericolo. Mertaerocda questo lato deliberò assalirla con tutte le sueforae^

e fermo nel suo divisamento fe’ di subito costruire daiSabiri moltissime arieti leggieri per modo che si potessero trasportare a schiena d’ uomo ; imperciocché nonaveavi mezzo per condurre le comuni al muro edificatosulla maggiore elevazione del monte , ed erangli bennoti gli artifizj di quelle genti, confedarate dei Romani,

contro di Petra ; voleva quindi pur egli, applaudendoalle nuove invenzioni, profittarne durante il propostosi assedio, ed i Sabiri obbedienti ne fecero con dili*

fgenza somma il comando. Invia poscia i Dolomiti alla

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più discoscesa parte della città inculcando loro di molestare incessantemente il nemico. Questi barbari quantunque abitatori della Persia non furonle mai ligj, ria*

sciti essendo, mercè d’ una continua dimora sopra montiprecipitosi ed affatto impraticabili, a vivere ognora dallapiù remota antichità sino a’ dì nostri colle proprie leggi, e stipendiati fannosi aiutatori in guerra delle realitruppe. Militano sempre pedestri con tre dardi in roanoed armati di scudo e spada. Corrono poi speditamente

«ì per le dirupale balze , come sulla più agiata pianura;eccoli perchè Mermeroe nella pugna diresseli colà,mentre egli'Còl resto delle truppe, colle arieti e cogl*elefanti movea contro le ime parti. Ma tutto che i Per*siani ed i Sabiri nell’assaiimento avventassero sì grandequantità di saettarne tfa coprire a foggia di nube il eie*

lo , non valsero nulamente a respignere la contrariafazione d2 que9merli. I Dolomiti poi di su le roccefuori dalle mura co’ dardi loro vie più malmenavano iRomani di fronte. Questi per verità erano già da ognibanda in pessima condizione, ridotti agli estremi, e pros

simi ad un totale sterminio.II. Odoaco e Babo intanto, vuoi ad ostentare il proprio coraggio, vuoi a far prova di quello deMoro soldati,o sia pur indotti da tal quale divina ispirazione ^ datiin custodia a pochi difensori i merli col comando cheanimosamente vegliàsserli, e raguriato il nerbo delle

truppe arringaronle a riciso in questi termini : « Ve-*ì dete, o commilitoni, il pericolo e gli estremi cui sia-» mo ridotti. Unico scampo a chi dispera salvezza è il» non desiderarne alcuna, spesso l’amor della viU tra-

LIBRO QUARTO 4 89

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 y> scinandone seco la perdita. Nelle presenti angustie» v’ è d’ uopo riflettere cbe proseguendo noi a combat- 99 tere dai merli il nemico, dato pur che valorosamente

» guerreggiamo, dubiteremo ognora di uscirne a buon 99 fine. Imperciocché il tenzonare da lunge ne rende 99 inetti a gloriosi gesti, e spessissimo abbandona i più» forti all’ arbitrio della fortuna. Combattendosi al con-» trario da corpo a corpo V animo coraggioso è preva-» lente, e la vittoria gli si fa compagna. Di più, chi dalle

9 t mura guerreggia, eziandio con sorte propizia, ben 99 poco frutto ritrae dagli ottenuti vantaggi, poiché il ne- ff  mico oggi respinto la dimane procede con ostina- 99 zione maggiore all’ assalto, ed il presidio a poco a 99 poco indebolitosi termina senza replica perdendo sè 99 stesso col difeso luogo ; s’ egli in cambio trionfato 99 avesse in campo sarebbe giunto a ferma salvezza. 99 Lapnde ben ponderato l’esposto a noi conviene d’as- st salire con prodezza il Persiano, fidando in tutto nel 99 favor del Nume, e prendendo ardimento dalla tristis- 99 sima condizione delle nostre faccende. Non ristar!

 99 per certo 1’ Onnipotente dal proteggere, come suole,9 t grandemente coloro, i quali affatto disperano salute 99 dalle proprie forze.  99

III. Odonaco e Baba cosi perorato e fatto aprire leporte conducon fuori a tutta corsa le truppe consegnandole mura a pochi difensori, conciossiachè il giorno prima

tal personaggio de’ Lazj di stanza in Archeopoli aveatenuto segrete pratiche con Mermeroe per tradirgli lapatr ia , ed il persiano duce rispondeagli che per gratificare al re suo e’ dovesse , cominciata la pugna, ap

{go GUERRE GOTTICHE

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piccar fuoco di nascosto ai granai ov’ era in serboil frumento ed ogni altra vittuaglia. Dalla quale proposta opinava essere per avvenirne P una delle due,

o che i Romani, tutti in affanno ed occupati ad estinguere P incendio lascerebbon tempo a suoi di ascendere le mura, o intenti a respignere gli assalitori nullacurerebbonsi de’granai, c quindi, consumato dalle fiamme il frumento e gli altri bisogni della vita , in breveora senza pericolo ridurrebbero P assediata Archeopoli

sotto il dominio persiano. A tanto miravano le inchieste di Mermeroe, ed il fellone di guisa accolsele che nonappena veduta nel suo bollore la mischia pose a fuocoin occulto i luoghi sotto de’ granaj. Al primo comparirdelle fiamme dunque accorsavi piccola mano di Romani riuscì a stento e fatica a spegnerle , di già essen

dosi ampiamente diffuse. Gli altri tutti, come dicea,piombarono sopra il nemico, e col repentino urto espavento da essi apportato ne uccisero molti inermi edinetti alla difesa, mai più i Persiani temendo che quellagueruigione ristrettissima di gente prendesse a com

batterli mentre sbandati e senz’ ordine procedevanoai merli, disarmati ed incapaci della minor resistenzaportando sopra gli omeri le arieti. Queglino poi dagliarchi tesi avvidersi ben presto venuti al combattimentodelPimpotenza loro a vincere. In questa per ventura unodegli elefanti inaspralosi, o per tocca ferita, o da sua

posta, gittando a terra , col rinculare , quanti avea suldorso, ruppe Pintera ordinanza; laonde i barbari pigliarono a ritirarsi, ed i Romani ad esterminare più alladirotta chiunque capitava loro innanzi. Qui a buon di

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ritto maraviglierà taluno come esperti costoro nell’artedi ribattere gli assalti dati cogli elefanti non attendes-serne menomamente i precetti , e come di tali bestie

senza motivo al mondo infuriatesi compiessero allora lenarrate cose; quali poi sieno gli accorgimenti di tal artepasso ora ad esporre.

IV. Assalitesi da Cosroe e dall9esercito persiano lemura di Edessa ecco avvicinarsi un elefante su cui e-rano molti valorosissimi guerrieri chiusi in certa mac

china detta Elopoli, cosicché sembrava prossima la cittàa dichiararsi vinta, costretti i difensori d’ altra delle suetorri a levarsi di là per campare da una foltissimagragnuola di saette. Ben tosto non di meno i RomanicolP appendere un maiale alP abbandonato luogo annientarono V imminente sciagura; conciossiachè quello,disagiato e penzolone, cominciò a mandare, giustala consuetudine di tali bestie, grugniti sì acuti che l’elefante furiando s’ arrestò, e quindi co,n lento rinculare scomparve. Tanto accadde in sì grave congiuntura^ed ora la sola fortuna riparò alla negligenza dei no

stri. Venuto poi colla mia narrazione a nominare Edessanon passerò cou silenzio un prodigió di cui ella fu spettatrice in epoca anteriore alla presente guerra. StavaCosroe per rompere la così detta pace perpetua quandotal douna sgravossi d’ un feto bicipite e di regolari forme in tutto il resto, e che si volesse da tale diformità

pronosticare le posteriori vicende mostraronlo apertamente; addivenuta essendo non solo Edessa e con leiquasi tutta la plaga orientale, ma gran parte dello stessoromano impero cagione di forti contese in tra due pria-

<9» GUERRE GOTTICHE

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cipi. Narrate siccome furono tali cose ripiglio 1*interrotto cammino.

V. Intanto che di questa fatta cominciano a disordi

narsi le prime file persiane, quanti erano dagli omeri par*tecipando, senza indagarne il motivo, al conturbamentoloro, trassersi a precipizio indietro. A simile i Dolomiti,spettatori da elevato luogo e sbigottiti alla vista dellatravolta ordinanza turpemente la diedero all’erta  \  manifestatasi la rotta furono perseguiti i fuggenti e truci-

dati nel numero di quattro mila, compresivi tre duci. IRomani mandarono di subito in Bizanzio all’ imperatorequattro conquistate bandiere. Si pretende inoltre cheil nemico vi giuntasse non meno di venti mila cavalli,non tanto per opera del saettarne o di ferro comunque si fosse , quanto per non avere trovato arrivando

nella Lazica dopo i disagj di sì lunga via, pasciona sufficiente ai loro bisogni} voglionsi ritenere adunque anzi vittime della fame e della somma debolezza che delle armi.

VI. Mermeroe, fallitagli questa impresa, marciò colletruppe a Muchiresi, padroneggiando tuttavia i Persiani,sebbene sperimentata contraria sorte ad Archeopoli, lamassima parte della Lazica. Si viaggia una giornata perarrivare alle sue mollo popolose borgate, e là ti s’ ap-presenta il felicissimo agro della Colchide ricco di vinoe di molle squisite frutta, che indarno cercheresti nelrimanente della regione. Il fiume Reon ne bagna il suolo,

dove gli antichi Colchi edificato aveansi un castello, mai loro discendenti abbatleronne il più, giudicandolo facile agli approcciamenti ed assalti, perchè inalzalo sudi pianissimo terreno  \  altre volte nomaronlo con greca

LIBRO QUARTO 493

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4g4 GUERRE GOTTICHE

voce Cotiaio , ma ora dagli stessi Lazj è detto Cuta-lisio, per ignoranza di quella lingua deturpandone laretta pronuncia. Altri per lo contrario estimano aver

quivi ab antico avuto sue fondamenta Citaia, città, patria di Eeta, donde i poeti chiamarono costui citaiensee la Colchide Citaide. Mermeroe adunque pervenutovifermò ristaurarne i guasti, nò avendo all’ uopo mate*riale ed essendo imminente il verno si diè a ripararlicon munizioni di legno , e vi stabilì sua dimora. In vi

cinanza poi evvi Uchimerio fortissimo castello guardato con somma diligenza dal Lazj unitamente a piccola mano d’ imperiali. Così il duce persiano accampatosi con tutto 1’ esercito a Cutalisio possedeva 1’ ottimaparte della Colchide, strigneva siffattamente i nemicida. impedir loro ogni trasporto di vittuaglia ad Uchimerio, ed era pronto a molestare 1’ andata nella Sua-nia e Scimnia, provincie spettanti all1impero. Concios-siachè ove si giunga ad occupare Muchiresi vien serrata ai Lazj ed ai Romani la via tendente a que’ luoghi. Di questo modo procedeva la guerra lazica.

C A P O X V .

Tregua di cinque anni turpemente compra da Giustiniano  Augusto. —  Libertà di Procopio nello scrivere. — Vendem miatosi, le viti riproducono grappoli e gli alberi nuovi 

 fru iti.

I. In Bizanzio l’ambasciatore di Cosroe lunghissimamente piatì di pace con Giustiniano Augusto e daultimo entrambi convennero di porre giù le armi per

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cinque anni, correndo i quali gli oratori, con piena liberti di passare da nno in altro luogo, accomoderebberoogni discrepanza risguardante i Lazj ed i Saraceni. Eb«

bevi poi negli accordi il patto di sborsare al re venticentinaia d’ oro ed allre sei pe’diciotto mesi corsi trale dne tregue, e consumati in iscambievoli ambascerie,dichiarando i Persiani ben contrario mai sempre allapropria intenzione il permettere gratuitamente siffatticolloquj. Isdegnna sollecitava inoltre che gli si fidassero

di colpo le venti centinaia per trasportarle seco. L’imperatore in cambio volea consegnarne quattro ogni annoper avere un pegno che obbligasse il re alla osservaneza dei patti  \  non di meno alla per fine sborsò l’ interasomma dell’oro coll’inteudimento di non sembrare soggetto ad annuale tributo, essendo pur troppo delle li

mane costumanze 1’ arrossire anzi delle indegne paroleche delle azioni. Aveavi di più in Bizanzio un persianodetto Bersato, di assai cospicuo legnaggio e carissimoal re, fatto prigioniero in campo nell’ armenica guerrada Valeriano, e mandato quindi all’ imperatore^vivendo

tuttavia costui nel novero de’mancipj, sebbene offertosida Cosroe molto danaro per riscattarlo, venne ora generósamente da Giustiniano dichiarato libero ad istanzad’Isdeguna, il quale affermava che per insinuazione dilui avrebbe il monarca richiamato 1’ esercito dal paesede’ Lazj. Correva l’ anno decimo quinto dell’ imperio di

Giustiniano Augusto quando le due parti stipularono latregua male accolta da molti Romani, e se meritamenteo a torto, giusta la consuetudine de’ sudditi, uon pia-cemi pronunziare.

LIBRO QUARTO 4g5

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II. Il volgo poi iva propagando che, stabilitosi giàil persiano domiaio nella Lazica, miravano i presentiaccordi a renderlo per cinque anni esente da ogni bri

ga, e a dargli mezzo di abitare durante questo tempocolla maggior libertà ed a suo bell’ agio i più ubertosiluoghi della Colchide senza tema di esserne dai Romanisotto quale tu vuoi pretesto discacciato ; che anzi ve-

«nivagli così appianata la via di Bizanzio: considerazionedi tormento e sdegno per molti. Fremevano ad uno ve

dendo i Persiani riusciti, sotto il nome di tregua, incosa da lunga pezza bramata, e giammai nè colla guerra, nè in altro mòdo potuta spuntare, di farsi intendo-mi tributario l’imperio. E valga il vero Cosroe, in ordine ai desiderj suoi per lo addietro alla scoperta manifestati, gravando 1’ imperatore di quattro annue centi

naia d’oro nello Spazio di anni undici e mezzo aveanericevute quarantasei collo specioso nome anzi di convenzione pacifica che di tributo, non cessando intantodi esercitare il sovrano potere sopra la gente de’ Lazj ,e di guerreggiarla, come si è detto. I Romani adunqueperduta ogni speranza di francarsi da sì molesto balzello vedevansi pur troppo ridotti alla triste condizionedi palesi tributarj de’Persiani. Stipulati non altrimenti gliaccordi, Isdeguna carico di tanto danaro quanto nonsognò mai averne legato alcuno, e addivenuto, se malnon m’appongo, doviziosissimo sopra tutti li suoi, fecesi

iudietro, avendolo Giustiniano Augusto ricolmo di sommi onori ed assai splendidamente largito. Sì egli poicome il suo codazzo di barbari, e soprabbondanteerane il numero , ebbero comodo e piena libertà di

< 9 6 GUERRE GOTTICHE

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frequentare chiunque attalentasse loro ; trascorrevano dipiù le bizantine contrade pertràr profitto da vendite edacquisti, dandosi a qualunque commercio non meno si-

curi che in patria. Uom de’ Rómani, deviatosi dall*usanza , non seguiyali, e meno ancora spiavane gli andamenti.

III. In questo mezzo fuvvi cosa, a mia notizia, nondap riu ja veduta. L ’ autunno a tintile d’ idoltrata

*iate fu caldo e^eewivarnente* di maniera che fiorirono

da per tutto rose a mo’di primavera, ed affatto egualia quelle* nella propria stagione sbucciate. Quasi tntii.gli alberi coprirono altra fiata (dianovi fru tti , ed avvegnaché so}.pochi giorni si contassero dalla fetta Vendemmi?, le Uve ricoi»parv$rQ$ulle viti. 1$apuli m queste cose *ole#do ag^rdarne la interpretazione ad

davano preconizzando qualche prodigioso ed inopinatoavvenimento lieto per gli uni, contrario agli a ltri; maio sono d’ avviso dbe i) prolungato spirar di Austroriscaldasse la terra più dell’oriipario et di quanto contrporta P autunnale sUgipne. Se po i, non dipartendocidalle castoro parole, ai*nunciato ne fosse un che d’im*preveduto e graudq 0  lo avremo chiarissimemeote dal(alio.

LIIBO QUARTO 4 9 7

 P&eorto, tonu IL 59

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GOfiBHE GOTTMOHE

C A P O X V I ,

Gli imperiali offensori dei Lazj. Uchimprio castello ,  per o -   pera di Teofobio, cade in potere delle reali truppe. — Gu- Ìa%e te dei Lazj sverna pe? monti, e con lettera esortato da   Mermeroe ad abbandonare le parti romane si tien fed e le•

L Imperiali e Persiani proèaocfaVaiio di comporrein< BvsmzW la tregua quando Gubaze re dei Lazj, amicotuttavia de’ Rómptii, scoprì essergli, lai&treè di sua fo-

insidiata Ai Cdfttoe la vità, coche si lfeggft negli ao-Wfcédenti libri.<Mòtti f>oi de’Lazj coperchiati dalle rotta ne t ru ffe editi fopetie da4 comandanti, propendevanod*a gr&Mempò ra dèlia Persia, meno per

benevola diBpotfztonetdtgll anittti, che perfec&Otere l’ imperiale gìogó/optaatidò tàniori dtei presenti i mali futuri.Teofobio pet4ta a tò ’ di noti o*outa prosapia iètra essi,protofsein clandestino Colloquiò a Merfl)éi*òò di tradirgliil ctìstelfo Uchinverio, ed ebbene dé có^tui eccitamentocofl* assicura nza •di farsi così operando amicissimo a

Còfcroe', to di vedere inscritta nelle nremorie persianecol nome* di benefizio tale azione; il percbè ne riporte?rebbegjgloria, ricchezze e potenza ; inorgoglitosi per sìbello annunzio animosamente diè mano all’ impresa. Dìque’ tempi non aveavi tra imperiali e Lazj comunicazione di sorta , ma tenevansi da per tutto rinserrati ,campeggiando senza tema il nemico, gli uni al Fasi ,gli altri in Archeopoli, chi entro fortilizi della regione,e re Gubaze stesso non si partiva dalle cime de’ monti,cosicché il fellone ben di leggieri paté hon romper

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fede a Mermeroe. Venuto dunque al castello narro* vila distruzione di tutto 1’ esercito imperiale Gubane ed> Lazj suoi passarla ben male ; padrppeggiare i Per

siani da T un capo all’ altro la Colchide, co a oc are ognisperaosa di ricuperarla. AggiégUeva parimente avere sinqui il persiano duce so sterni to di per sè la guerra conesercito 4* oltre sessanta mila guerrieri , tutti bellicosissimi, e con istereiinata catcrVa di barbari «Sabiri; essere poi di fresco arrivato lo stesso ve Cosroe alla testa

di nuovo formidabilissimo esercito, e d ’ambedue averneformato aU’istaote uno, il percbó la colchica regione piùBòa bufava ai bisogni! d i cotanta soldatesca. Vinto ilpresidio^ a tali solermi menzogne, da gravissimo spa»vento pregò Teofobio, invocando il patrio Nume , chavolesse provvedere nella guisa migliore alle cose *dilà^ ed egti si dichiarò pronto ad impetrare da C<^sroe il sìalvocoiidotto mediante la dedizione volontà»ria diquelle mura ; da tutti consentitovi di* fretta fiparte j e venuto /a Mermeroe narragli ordinatamenteI1operato. Questi allora scelto il fior do’ suoi militi

comandò loro di seguire il fellooe ad Uuhimerio pecconfermare *al presidio , rit irandosi, 111 salveisa della,vita e delle suppellettili. 1 Persiani, occupato non altri*menti il castello, renderono fermissima il proprio do-mimo nella Lazica ; nè solo questa ebbersi ligia, machiusero di più tutte le vie ai Romani per andare nella

6cirai>ia, nella Suania, ed in ogni parte della regionaehe dalla Muchireside procede insino all’ Ibertia \ im-rpotenti gli imperiai* ed i Lazj di allontanare il neiaico

LIBRO <?OARTO 4 9 9

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non osavano affatto scendere dui monti, od uscir fuoridai luoghi muniti per assalirlo,

II . Mermeroe, soprastante il verno, moni Cotatisiocon

muro di legno, e posevi a guardia tre mila fanti; baste-voiavente ad ano presidiò Uchimerio: avendo inoltre ri-staurato nn terzo castello , Sera p in i , fermovvi sua di-mora. Saputo di poi che i Romani ed i Lazj erano acampo insieme presso le bocche del Fasi ivi mosse contutto P esercito ; alia qual nuova Gnbaze ed i Romani

duci, pigliati da timore, senza attenderne Parrivo parti*rono ricovrando ciascheduno ov’ ebbe il destro. 11 relazico tornato di corsa in cima dei poggi, uditamentealla moglie, alla prole ed a1famigliari suoi còn pazienzavi tollerava la grandezza dei presenti mali e Pincorno-dissimo clima, sperando ognora nelP arrivo di aiuti da

Bizanzio, e raffrontando insieme que’ patimenti colle umane vicende anziato era in aspettativa di migliori destini.Gli altri Lazj sommessi al re loro, non meno di. lui acconciatisi a cotante sofferenze, passavano il verno traquelle rupi franchi dalle nemiche molestie, per essere ditali monti nella fredda stagione perigliosissimi e quasiinaccessibili a chiunque ne tenti armaiamano la occupazione. Eravi impertanto la vita ridotta agli estremi da fame, freddo, o qual tu vuoi differente calamità. Mermeroein quél tanto edificato avea molte case nelle borgate diMuchiresi, e provvedutine gli abitatóri di copiosa vit-

tuaglia-inviava pe’ monti promettendo ai fuggitivi salvezza , nè pochi indussene ad approfittare della generosa offerta ; agli estenuati poi dalla fame era largo dicibo, prodigando loro sue cure non altrimenti che ai

5oo GUERRE GOTTICHE

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propri militi; stabilito in fine quanto faceto mestierinella regione scrisse a Gnbaze dicendogli : « Pòssa e» prud<*n*a sqpo due ottime governatrici della umana

» vita \.eguaglino di fatti cui la prima rende superiori 9 de’ convicini vivessi a loro beneplacito, ed ovunque!» attalentali conducono i men forti. Chi poi, mercè sua» debolezza va soggetto ai maggiori di s é , riparando9» còlla prudenza ai torti della fortuna, perv ienea Ivo*» var grazia: in e ssi, e tqrna cosi a l viver ano gli agi

» che avea , colpa V  impotenza, perduti. Nò; questo di** portamento vuol riputarsi buono per gli bni discon-» veniente agli altri, ma del pari a tutti senza ecpe&ione» giova, accompagoatìdo ovunqae > a m o'd’ appendice, 9 la mortale natura* Or dunque, amico Guba*e., se ti 9 estimi forte da vincere i Persiani guerreggiandoli, 9 tronca ogni ipdugio, nulla ti rattenga. Ove che sia^ nella ragione ci troverai pronti a farti petto e a di-» fendere ostinatamente il qonquifUtò suolo , offeren-

 9 doti così libero campo di mettere a pruova il tuo va- 9 lore ; ma ben ti comprendi manchevole di messi per y» resistere alle nemiche truppe. Appigliati dunque , o 9 uomo illustre, all’altro spezien te, e ben ponderato r> quel c o n o s c i  t e   s t e s s o   , adora in segno di vassal- r> laggio Cosroe, ed abbilo re tuo e padrone. Chiedi» *>bblio del. passato per liberare la vita dagli stenti» di cui ora sei vittima. Io ti promettp cbe di questo

 h snodò giognerai a calmarlo ed a rimeritare sua grazia. 9 In guarentigia poi che accorderatti e vita è regno 9 ed pgnr altro tuo p.ossedimentp, onde ahbi a gqder* 9 ne mai sempre con certezza, ti darò in istatico la

L IN tO QUARTO Sot

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» prole de’ più illustri doei persiani. Cbe •è tf fiu tl MM9) cogliere sì betie preposte vatterte altrove eoi» D»o , 99 acciocché i Lafcj da 'sciagure oppressi mercé la scoop

» sigliatezza dei capo loro, sottróttivisi una volta, nella» quiete e pace Gabbiano il bram ito riposo. Nè reg-Rigati l’animo di promovende’lo sterminio con sì h>n^* gfai e tormentosi patimenti.* accecato da frivole spe-** rànze ne’iooi confederati. Imperciocché a Giustiniano* e mancarono sin qui mezzi pèr soccorrerti^ * riuscirà

 n mai sempre vano ogni futuro tentativo. » -Gubaze nondi meno, ad onta della scrittagli da M etm eroe, fermoI»  b b o proponimento continuava a dfaior&ré Sbtte cime•de’ poggi tutto fa Sspetta*io**é‘de’ rotoptii aiutile Po*dio portato a Cosroe vie più fòtóentavaOe le speranzeriposte nell’ kr»per^K G lia omini per vita nòstrà spésso

lasciansi go'vé'rnare dèi capriccio asfcoggettafndòvt fa ffro»pria ragione; .e se v’ha sentenza conforme a» loro de-siderj corronvf dietro tìlPiropai&ata non esaminandopunto de asconda errore. All’ tìp presentartene pòi altramolesta la eomportano à malincorpo, rifiefonst di pre

starle intera fede ,■ né voglion sèntirtf tft Osarne per co-n'èéèeres* tenda effettivamente al vetaefe lc# feétìe.

C.AJRQ XVII.

lkdèàna* sem enta . dei bath ì d * se ta >, ed ammaesitnrHenU per   averne betto li .dati, da mófiacà ai fi optati ù —: Sottoscritta  da Cosroe Ut treg ^ prosegue im perlarlo la> guerra prp^sa  de’ Lalj. —• Stato delle ajffricane faccende*

I. Alcuni monaci ih questa capitarono dìaflé Intfìe,

i quali udito che Gìùtftimano Angusto forte àdoperàvasi

5oa GUSKRE GOTTICHE

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adir iorre * w gtn*i dal commerciare di fetamoUa Per-,sia  r avuta licenza di favellar secò dichiararpnsi prontiefclioo stéssi a fornirle di còtal merce in tanta co*

pia v quanta voleatvcne a divezzarle affatto dal ricorre»ve! pttr reàsa alla nemida loco, o ad altrò popolo quà«lunque^:fid aggmngovano di areee lunga pezza di*« te t to nella cosà detta Scrioga, popolatissima indicatagioae^ ed apparatovi conte produrne >beb anche neidomano impero, Giustiniano iva tàstatodpifr con fre-

cps^nti intaitrogazioni per cònosccre se fossero di fededegae le narrate cose y »i monaci «rispòndeangli %di tali;vermi da natura ammaestrati esigere gli. artefici della seta , comprendone il lavovO senza interruzione ; nonavervi mezza di trasportarli vivi in Bizaniiio, ma pron»fornente ed assai di leggieri poterli vivificare, pcodin»

cèndò ogni parto grande quantità idi uovfilychedòpo*assaiteaspo dalia deposizione lóro vengono dai nato->rali coperte, d i letame per inaleai^ne la tempdrrtpra a l§tado vol«to omle n’escano ini labe<i piccoli Animali ;jcoti oiqpòsUty ed. animati da generose promésse ial cerniipimenti)  d à   isi beltà impresa ricalcano il s h o J ò indiano;»dà dose portatei le uova in Bizanzio e sottopostele a inecessario calore nacquero i Vermi, che ebbero a!botri*'mento le foglie del moro ; così principiò 1’ arte di produrre seta nel rotnano*impero.!Là ‘guerra nellai regionede’Lazj'prbeedetfaa que’dìsom e abbiata dettój nè altri-*

mehti avvende la wtrodfftioite della seta presso de’ Ro-imani.IL Terminato il vernò Igdegttyra di ritomp al re

presentigli J’ero ed i convenuti adcordi ; Cosroe rice

?LJBtt0 QUMLTO *>3

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vuto il pvhttò soscrisse prontamente la tregua ordinandoin -pari tempo alla soldatesca di proseguirà lor dimorasella Lamica, ed ansi collo stesso dati aro sborsatogli

aescandoh numerosi aiuti di Unni e Sabiri m alvolli tosto, unitamente a qualche leva di nazionali ed a tnohlelefanti, a Mermeroe acciocché proseguine ne’ corniti^ciati intrapretidimenti ; costui obbediente al comandosi parti da Muchireside con tutto Peserei tp persiano edunnico, e seguito dagli elefaoti marciò ai più muniti

luoghi de? Lazj. Gli imperiali.e re Gubaze f b ò rd ’ogoipensiero d’incòntrarli teseansi a campo col duce Martinaalle bocche dèi Fasi, ottimamente fortificati dalla post~zione loro. Procedeva intanto il Medo senzTarrecare ,nè saprei addurne ragione, molestia di sorta ad uomde’ Romani o de ’ Laij. Mermeroe poi mosse ntaauai

tatto alla volta d’ un castello abitato dalla sorella diGubaze, sperandone a furia di macchine la eQtaqàista 3iha oppostovisi coraggiosamente il predio, imitato iniipecie dalla natura del luogo, ne fu respinto y e  c o *  

stretto a volgere altrove senza prò alcuho dell1operato.Fattosi di là sulla via delI’Abasgja i Romani idi gbern*-gtone iu Tzibilo occuparono il passo rénduto, come già>ho detto, insuperabile tanto dalla grandtssiina strettezzasua, quanto dai circostanti precipizj. Laonde egli giudicando impossibile di fugare qnelle truppe condusseindietro l’ esercito, e camminò di netto ad Archeo*

poli col divisamelo di assediarla ; ma indarno ten tatone T assalto con precipitazione ritirossi, ed i Romanidatisi a perseguitarlo per quelle gole gli uccisero moltagente e tra gli altri il duce stesso de’Sabiri. Qui a cagiù*

1*4 GDERAfi GOTTICHE

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nedel costai cadavere surse fierissima pugna, dalla qualei Persiani vergo il crepuscolo vespertino usciti vincitori,costretto avendo il nemico a voltare le spalle, retroce-*

dettero in Gulattaio e Muchiresi. Tali a non dubitar*ne furono le cose operate dagli eserciti di Persia e diRoma.

III. Prosperissima poi in tutto era neirAfrica V  imperiale fortuna, essendo a Giovanni, eletto da Giustiniano Augusto maestro de9militi ivi a stanza , sortite

le imprese molto più felicemente di quanto possa diraie meritar fede. Costui legatosi con Cutaini altro dei capiManrnsii da principio riportò vittoria in campo sopratutti i 4noi competitori, nè guari dopo tale assoggettassi»Antaht e labda, aventi la ca p it a n a la de’ Maurusii bi-zieem e numidii, che indusseli a seguirlo a mo1di pri-pionieri; Mercè di che i Romani aveano pace in Afri*ea, regione tuttavia desolatissima per le durate guerrec sedizioni.

CAPO XVIII .

 Pronta guerra tra Gepidi e Longobardi spenta da panico ti more, — Tregua di Torisino e Auduino loro capi, Cutur-   guri mandati dai Gepidi contro V impero. Uturguri in ar mi, .ad Istigamento di Giustiniano, contro ai CuturgurL  Pugna tra essi,

L Mentre le cose di colà non altrimenti avvicenda**vqqsì,ì Gepidi appmciati, come ho detto negli anteoo*denti lib ri, co9 Longobardi loro nemici, trovando insuperabili difficoltà nel coinporre àflatto le maorte 4on*

LIBRO QUARTO 5o5

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traversie risolverono passato breve tempo di ripigliarele atmt. Dato, così principio a nuova guerra dmìovooqco’ loro eserciti, capitanali t primi da Torisino , da

Àudnino gli altri, ed entrambi aventi seco truppe a miriadi. Approssimatisi, ma non ancora di froéte, un pa*nico timore, come suol dirsi, ne investe gli animi e co*stringelt a stolta foga , rimanendo ben pochi fedeli aiduci, tutto chè questi procurasserne la tornata vuoi eoabelle parole, vuoi con terribili minacce. Àuduino sma-*

gato per così ioesplicabilc costernatone de7suoi, nòsapendo avvenuto il simile ai nemici, manda tosto lorochiedendo pace. I legUti accolti nel campo di Torninoduce dei Gepidi, e pur quivi osservato immenso vanoben compresero^ fatti esperti dalle proprie viceade*, iAche mare navigassero eglino stessi} venuti quindi a col*loquio col duce addtmandangli ove abbia ia sterminatamoltitudine delle; trmppe condotte-jeco., &coatui bonariamente risponde : « voltarono le spalle senza motivon al mondo.  fi I legati aggiungono: « L’ egual scia*

 f> gura incolse anche i Longobardi} ed a te veritiero nei

99 tuoi racconti manifestiamo pur noi le occorrenze no- fi sire. 11 Nume adunque pietoso dèlia vita di questegenti dispersele, in sul combattere^ incutendo loro un

* salutare spaveutq} il perchè dobbiamo senza più con-99 formarci alla volontà di lui col troncare la guerra,  fi Torisino: <* E bene ciò sia. 99 Di questo modo si passò

» con chiudere ima tregua di due anni, acciocché entrambe le fazioni con reciproche amba scene’ 'avesseromezzo di amichevolmente compórsi y é 903cri iti gli ac*cordi gli inviati si Jecero indietro.

5*6 GUERRE GOTTICHE

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II. Nel tèftipo detta tregua le due pèttiy tooosceodovano Ogni fnezzo di accomodamento, apprèstarònst <dinaovo alle armi*, e siccome andata la fama che i Re*

mani avrebbero portò aiuto ai Longobardi, temendonei Gepidi stabilirono di entrare in taglia con alcune gentidegli Unni. Mandavano per tanto ambasceria ai capide’Cuturguri -di qua dalfa Palude Meotide pregandoliche volessero pafrteggrat sèto nella gfcetTa, e quelli diàubito vi spediscono dodici mila armati sótto ft duce

Chiniate, pei< tacere degli altri, pefsoriaggio di' sommovalore. I Gepidi, mài tolleranti la costoro precipitosacomparsa la epòcaben lontana dal combatterei avendovituttavia un anno allo spirare deità convenuta t^egiia^iipersuadono a scorrazzare nel volgere di -esso le ìmpe»*riali tet re a cohfine, emét tendo mttitaigtiaitf egttósa i|

motivo della intempestiva loro tornita t1 piti > sape*Volt che betPIHirico e nelta -Tracia i Romani veglia-*tano in tutto e per tutto il Valiéo detP Istto, eglino’fot*t3 i pàséare il fiume per entro i limiti del proprie sooldapipianarònò lóro la via d’ itìtròthirsi; néM’impero. Qtte*

sti barbari poi aveaàòqtfbslCbórpitttteiri dilleguantate leimperiali frontiere quando Giustiniano deliberò spedireun’ ambasceria di là dalla Palude ai capi degli UnniUturguri forte rimproverandoli del iniquo loro poltrireai tanti danni arrecatigli dai Cuturguri e del non porrein tra le pessime azioni il permettere che gli amici per

tale negligenza soggiacciano a si gravi molestie. Si com-move a simile in invettive contro Tarroganza degli assalitori, i quali ed annoiano di continuo i prossimani,e sebbene abbiano da lui ogni anno molto xdanaro, non

LIBRO QUARTO So?

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cessano dal contaminarsi empiamente di atti ostili contro ai Romani, scalpitandone e devastandone senza cagione al mondo le terre ; da ultimo ricorda come e’nou

ritraggano dai Cuturguri il miuor profitto, non partecipando tampoco delle prede lo ro , e manchino di fedeverso i danneggiati, avendovi antico e strettissimo legame di amicizia: con tali rioaprocci e col rammemorareloro di quanti doni fossero stati da lai ricolmi per lopassato, col blandimento inoltre di qualche danaro

giunse a persuaderli oh’ e1dovessero' tQffto. combattereque’b*rba?i. Ora essi avendo pigliato sqpo duemila deieoq&ianti Gotti Tetrassiti valicarono il Taoai colPe-fcevcito cap*tai»*to da SaudiLo, uomo di grandissima prudenza e lungamente ammaestrato nella guerra; oltre passato il fiume atzuffausi col j&emipo ir* gran numero

mosso ad incontrarli, e la battaglia merqò di valorosissima resistenza durò assai tempo. Gli Uttyfguri alla finevolti in fuga soggiacquero a gravissima strage, ed i benpòchi in vita ripararono dove meglio la fortuna diriz-zolli; i vincitori allora cpile mogli e colla prole de*vinti ritrassersi nelle proprie stanze.

So* GOERRE GOTTICHE

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LIBRO QUARTO

C A P O X I X .

 I Romani servi presso de9Cuturguri tornano, fuggendo^ liberi. /  Cuturguri udita la strige de9 loro compagni vengono a  patti con Giustiniano, e ne hanno tracico suolo. Querimonie  d i Sandilo, capo degli Uturguri, per f imperiale ordinamento.

I. Nella tenzone, come ho detto, in tra prefati barbari, mentre andava crescendo il pericolo delle armi la

fortuna maravigliosamente si dichiarò pe' Romani ; con-ciossiachè tutti i prigionieri in mano dei Cuturguri, ilqual numerosi vuole ascendesse a più miriadi, nel trambusto della pugna dimenticati, con precipitosa fuga eliberi da ogni molestia ricomparvero in patria, di que-*sto frodo raccogliendo grandissimo frutto dall9altruivittoria. Giustiniano Augusto poi mandò l’ambasciadoreÀrazio ad informare Chinialo e gli altri Unni delP av«venuto nella patria loro, ed a persuaderli, in forza dimolto danaro, che abbandonassero tosto le romanefrontiere. Queglino, udito V assalimento degli Uturguri

e lieti dell’ oro in copia di cui era apportatore il messo,promisero astenersi per l’avvenire da nuove stragi, dal-P imprigionare e da altra molestia comunque, portandosi da veri amici cogli abitatori di quella regione. Fustatuito parimente che ov’ e9potessero tornare e rimanere nel patrio suolo terrebbonsi ognora io fede co1

Romani; se poi venissero colà impediti di vivere tranquillamente l’ imperatore darebbe loro nella Tracia unasilo perchè, sempre obbligati all’ osservanza delle fatteconvenzioni, veglino di concordia co9suoi alla difesa

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della regione opponendosi agli assalimenti de1vicinibarbari.

II. Due mila degli Unni vinti in campo dagli Utur-

gnri fuggendo unitamente alle mogli ed alta prole ripararono su quel de9Romani : altri dei loro duci era Sin-nio, il quale molto prima guerreggiato avea nelPAITncasotto Belisario contra Gelimero ed i Vandali. Giusti-Diana Augusto veduliJi foppUchevoli qffrirgli i loro servigi benignissimamenie li accolse, e ordinò che si ri

manessero di stanza nella Tracia. Sandilo re degli jLJturguri a coiai nuova montò in fu?orer!e pieno disdegno considerando cbe quegliuo stessi della sua^chiatta lui cacciati dalle patrie p?di per gqstigarlidell? ingiurie fatte ai Rotmaui, ora, io amicizia eoapssi  f i donati di terra^ si vivepno molto più agiatanfeutedi prim a, spedì all’ imperatore ambasceria rimproverandogli f operato  , ma non J’ accompagnò e p p iscritti! essendo gli Unni apche al dì d’oggi affatto ignaricT ogpi maniera di le tteratura, non- volendo tampocopdirne il nom e, e ben coptraij che i proprii fanciulli

ueir apparare a leggere e $qrj)vere constunino gli anni.Que’ messi «dunque giusta la propria eepsuetudine do-veaao ripetere a memoria i rcoanagdamenti ricevuti } alqt|al uopo ; fattisi alla imperiale presenza gli d ise rò avp4?fl qnaotQreiSapdiip significargli pptea col mezzp dil t e4*a : * Una volta* esseijdq { a t tu i lo , apparai tal

svp^pvarbfc cjtoe era portato nelle bocche di tutti, ed e c i  

V t C q n e la parole se bea mi ricorda; il lupo, fiero aoi- n male, potrà si mulare Upelo uoo l’ indole sua, op-* poueadosi natura a questo & roteamelo* Io Saa-

Sio GUERRE GOTTICHE

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;» diio udivamo dfe miei maggiori , accennandosi per iu-v dirotta via eoa esso un che bellamente adatto #11’ uo-» mo; Ammaestrato inoltre da miei occhi so di piolbe

m cose, le quali mi fu d’uopo apprendere abitati do allasfoggia di. noi barbari la campagna. Dai pastori verv*9 gon raccolti i lattanti cuccio! ini e cresciuti ac cura ta-» mente nelle capanne} il cane poscia, memore del*9 beneficio, mostrasi grato al suo autricatore, e questi% sì adopera coll1Accorgimento che ove dai lupi venga

» molestato borile, quello postovi a guardia ne re$pin<- j) ga le offese^ nè dubito accadere da per tutto lo* stesso, conctossuufhè non havvi esempio di eani io-* sidiatori d*Jla greggia * nò di lupi guardiani: <li lei ,n come »e l*?gge di natura siffattamente abbia ordinata» le faccende tna cani, gregna e lupi ; sono quindi bea

» persuaso dtfllVegual maniera procedere le cose aèUuaéj imperio® dorisia provveduto di tutto, e forse aochan di i quanto allontanasi dalla comune *àputa. Ora se•» cado in abbaglio palesala a’ miei ambasciadori bra*-» mando, avvegnaché sullo scorcio:ddla vita, l’ acqui?m sto di straordinarie cognitioui. Se poi la prudentisrw sima natura dello stesso modo ebbe stabilito da per» tutto sue leggi, penso che a te discotìvenga 1’ aceor-» dare ospitalità ai Cuturguri , procurandoti una turpe» vicinanza, e dando ricetto a coloro che non potesti* comportare di là da tuoi confini e ben> lontani da

i> essi ; nò guari andrà in fe* mia che a’ Romani 'addi-ac vengane palese l’ orribile tempra. Se poi e’ ripiglinon a nemicarsi teco , ognor più li avrai perversi nella» sperenaache pur vinti sieno^ per conseguire sorte m i

tIB R Q QUARTO S u

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 99 gliofe : nè qnesta loro amicizia tecd li porterà giammaiad impedire i guasti delle tne provineie, nella tema cbe

» dopo felice Impresa i domi da esstabbiano a rimirarsi

» eon generosità maggiore trattati. E valga il vero, noi* passiamo nostra vita in istorile e deserta regione,» mentre i Cuturgnri vanno abbondantemente provve-» duti donnona, trangugiano vino a iosa nelle cantine,* ed hanno tutti come fornire di soave cibo i loro pa-» Iati 5 non difettano tampoco de’ bagni ? Vuoi di peg-

79 gio ? corron le vie azzimati co» ornamenti d’ oro econ sottilissime vesti scrediate del prezioso metallo }

» vivonsi poi questa beata vita per avere condotto m seco innumerabili caterve di romani prigionieri at-79 soggettandoli a tatti gli uffizj de’ mancipi, e non ap-» pena caduti nel minor fallo , dannandoli, non paghi

99 delle batt itu re , ben di leggieri alta morte ; renduti j» così miserabili vittime di quanto la perversità det-* P animo e la forza sa porre in capo ad un barbaro» padrone. Noi Uturgnri in cambio la mercè di nostre79 fatiche ed incontrando il massimo de’ pericoli ci fa*79 cemnio a sottrarli da sì tremenda vita, e messi in non f i cale tutti i disagi della guerra li abbiamo restituiti ai79 congiunti. Ma c b e , in modo ben opposto furono 9 guiderdonate le azioni d’ entrambi } dimorando noi 99 tuttavia abbandonati nella brettissima nostra patria,

» e queglino stessi cui valorosamente affrancammo da

79 sì orribile'giogo mettendo senza discrepanza veruna» i Cuturguri a parte de’ beni loro.  99 Gli ambasciadoriterminata questa diceria ebbero da Giustiniano belleparole , accompagoate >da sontuosi doni, e. non gparidopo si partivano : tanto di costoro voleasi dire.

5*4 GUÉHItfi GOTTICHE

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LIBRO QUARTO 5i5

CAPO XX.

Suolo abitato dai Fami. — Situazione e popoli  deir isola  Brittia. —  Ermegisclo, re de' Forni, impalma la sorella di Teudeberto monarca de’ Franchi, ed impromette suo figlio  

 Radigere,  avuto dalla prima donna, alla sorella del re de gli Anglicani; quindi presago di sua morte, rotti i prefati  sponsali9 destinalo a sposo della matrigna. — Offesane la  

 fidanzata muove guerra a Radigere, lo combatte e f a p ri

 gioniero. — Una parte deli isola Brittia,  separata da mu ro ed inabitabile dai viventi,  s i vuole che accolga le ani - me de9trapassati condottevi in paliscalmi da rematori Franchi.

I. Di questi tempi gli abitatori dell- isola Brittia ar-maroosi contro ai Varni accagionandoli della seguenteoffesa. I Yarni soggiornano di là dall’ Istro arrivandoinsino all9 Oceano boreale ed al Reno, frontiera di essi,de’ Franchi e di altre vicine genti. Ab antico i popoli diambedue le ripe del fiume aveano particolari nomi, tracui eranvi pur di quelli chiamati Germani, vocabolo ora

comune a tutti. L’ isola Brittia, situata quivi nell’ Oceano, rimpetto alle bocche del Reno e solo dugento stadjlunge dal lido, giace tra la Brittannia e Tuie. La prima,ad occaso, dalla parte rivolta ai confini della Spagna

 ji* allontana dal continente forse quattro mila stadj; laseconda prospetta le ultime parti della Gallia volte al-

1’ Oceano, dalla plaga vogliam dire boreale della Spa»gna e della Brittannia. Tuie, per dirne tanto quanto nesanno i mortali, sorge all’ estremità dell’ Oceano settentrionale, ma di lei e della Brittannia ho scritto ne7

P m o c o p i o  , tom.  IL   33

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precedenti libri. Tre numerosissime nazioni, governataciascheduna dal proprio re, abitano Pisola Brittia, e sonogli Angli, i Frisoni ed i Brettoni, consorti del nome del-

P isola, e cosi ricche di uomini, che non pochi ogni anno partonsene colle donne e colla prole per trasferirsi inquel dei Franchi, ricevendovi le più infeconde terre,mercè di che gli ospiti loro, se vogliamo prestar fedealle riferte, arrogansi qualche dominio sopra Pisola ; edin pruova si adduce che il re dei Franchi mandato a-

vendo in epoca non remota parecchi famigliar! suoi ambasciadori a Giustiniano Augusto vi unì di tali Angli adostentarli ambiziosamente soggetti a sua giurisdizione ;ma qui basti di lei.

II . I Varni di poco obbedivano ad Ermegisclo, ilquale per consolidare vie meglio il regno , mortagli laprimadonna madre del solo pargolo Radigere, avea contratto matrimonio colla sorella di Teudeberto re deiFranchi, impromesso il figlio ad una pulzella originariadi Brittia, ed a titolo di sponsalizie inviato moltissimodanaro al costei fratello monarca degli Angli. Dopo si

mili provvedimenti cavalcando un giorno per la campagna insieme cogli ottimati udì non so quale uccellocrocidare con fastidiosa pertinacia che mai la maggiore;il perchè, vuoi comprendendone il canto, vuoi più chealtri sapevole delle cose avvenire, mentendosi interpetradi quel presagio disse tosto al suo corteo eh’ egli dopo

quaranta giorni si morrebbe, tanto dinotandogli la vocedel volatile, ed aggiunse: « I miei divisamente comun-» que si fossero, mirarono sempre a procacciarvi una fer-» missima pace, nè ad altro fine contrassi parentela co’

5x4 GUERRE GOTTICHE

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» Franchi addimandando ed impalmando lor donna e

» destinai a mio figlio sposa brittiana. Ora poi che ben99comprendoni sull’ uscir della vita, e fuor d’ ogni spe

li ranza dell’ avere prole maschile o femminile, attendete» ad un mio consiglio, da che non è ancor fatto il ma-99 trimonio di Radigere, e se lo giudicherete opportuno99 vogliatelo, non appena sarò trapassato, felicemente e-99 seguire. Opino adunque la parentela de’ Franchi vie» meglio acconcia ai Varni che non quella degli isolani,

99 ben difficilmente potendo i Brittii per la distanza loro99 intraprendere a trafficare con voi, quando in cambio99 nulla più che questo fiume, il Reno, divide i primi dalle99 nostre frontiere. Il perchè di tali potentissimi vicini99 hanno in lor balìa esservi di giovamento o danno quan-

99 do il terranno espediente, e di certo ne avrete molestie99 ove non le antiveniate co’ legami del sangue, essendo99 l’uomo di guisa naturato che mal volentieri comporta i99 prossimani da più di sè, ripdtandoli a cagion di lor for-99 za prontissimi a soperchiarlo, conciossiachè e’possano99 a lor buon grado con pretesti di guerra trarlo dalla

99 sua pace. Or bene, poste così le (accende, mandate con99 Dio la isolana fidanzata a mio figlio lasciando ch’ella si99 goda, a mortificare il nostro torto, come ne impone la99 comune legge de’ mortali, tutta la pecunia rimessale99 a titolo di sponsalizie;Radigere quindi sposi la matrigna99 a moglie accordandogliene le patrie costumanze.

III. Ermenegisclo dopo questi consigli nel quarantesimo giorno dalla predizione, assalito da morbo-si moriva, e suo figlio addivenuto re dei Varni compie giustail parere degli ottimati suoi le ammonizioni dello spen

LIBRO QUARTO 5i5

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to genitore passando a nozze colla matrigna. L’altra,fattane consapevole nè comportando la offesa, bramò ardentemente di pigliarne vendetta, opinando quel popolo,

zelantissimo della pudicizia, prostituita la pulzella cui learre sponsalizie riuscirono a mal 6 ne. Da principio a-dunque mandovvi di tali suoi famigliari chiedendo ra gione di si turpe ripudio senza poterla gravare di stupro,nè di mancamento comunque verso il futuro suo sposo.Tornata vana 1’ ambasceria ella stessa pigliando animo

virile appresta la guerra, e ragunate quattrocento navicon entrovi non meno di dieci mila soldieri muove contro ai Varni, accompagnata pel maneggio degli affari daun suo fratello spoglio d’ ogni onoranza. Questi isolani, fortissimi sopra tutti quelli da noi conosciuti, combattono pedoni, ignorando 1’ arte del cavalcare, nè han

no tampoco idea delle forme cavalline, mancando laBrittia di tali animali, nè capitandovene dal vicino continente; che se per ventura, o da legazioni o da qual tuvuoi motivo indotti a conversar coi Romani o con gentifornite di cavalli, sieno obbligati ad usarne •, disadatti a

montare di per sè in arcione, vengonvi posti sopra, equindi havvi ehi li rimétte sul terreno. I Varni a similenella guerra valgonsi di soli pedoni. Del resto in quel-T armata di mare, composta unicamente di remigatori,non vedevi maniera alcuna di vele, abituati essendo nel-V isola a navigare mai sempre coll’ opera de’ remi.

IV. Messo piede in terra e vallatisi alle stesse focidel Reno, la vergine condottiera in compagnia di altripochi vi si tenne, ordinando al fratello di muovere contutto l’ esercito cóntro del nemico a campo non lunge

5i6 GUERRE GOTTICHE

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da là e dalla piaggia dell’Oceano; laonde costoro prestoaggiuntolo e datisi a battagliare lo sconfìssero con gravestrage, e nella fuga tanto Io perseguitarono dagli omeri

quanto portava la condizione di pedoni. Tornati quindine’ proprj steccati la vergine fa loro ben trista accoglienza, ed in asprissime guise rampognane il condottiero ,dichiarando al tutto immeritevole di lode un esercito cuinon bastò V animo di condurle vivo Radigere ; sceltineda poi i più valorosi poneli di brocco sulle tracce de1

Varni coll’ ordine d’ impossessarsi ad ogni partito delcampato monarca. Queglino osservantissimi dei rice*vuti comandi ricercano diligentemente la regione, ove allaper fine scontratisi in folto bosco vi rinvennero ascosoRadigere, ed avvintolo con funi tornarono alla fidanzatapresentandoglielo tutto tremante per tema di sollecita e

penosa morte. Ma la regina, fuor d’ogni aspettativa, nòlo condannò a capitale supplizio, nè vendicossi altramente,paga di rimproverargli la ricevuta offesa, e di sapere ilperchè, lei innocente, scioltosi dall’ impegnata fedeavesse impalmato altra donna. Il prigioniero allora chia

ma in colpa del suo operato il volere del padre e le]instigazioni degli ottimati, pregandola fervorosissima-niente che perdonassegli la mercè delle esposte circostanze, Promette in fine che ove ella perseveri nel primo intendimento addiverralle consorte , e co’ buonitrattamenti da quinci in poi sconterà le passate colpe.

Consentitovi dalla pulzella vengongli sciolti i legami« prodigatigli ottimi servigi} poscia ripudiata la inatri*gna entra in matrimonio coll’ isolana terminando cosìogni querela.

LIBRO QUARTO 5 i 7

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V. Gli antichi eressero nell’ isola Brittia un lungomuro per dividerne la parte maggiore dal resto, di quae di là da esso avendovi suolo, amroosfera e le altre

cose in perfetta opposizione tra loro; di guisa che la regione dal muro procedente all’ orto va fornita di tuttala salubrità prodottale dai regolari cambiamenti delP anno-, ò calda nella state , fredda nel verno , ed i moltisuoi abitatori non differiscono punto nella vita dagli altri mortali. Gli alberi, bellamente ornansi di frutta

nelle consuete stagioni , cresconvi copiose messi , e viscaturiscono abbondantissime acque. «All’ occaso poi tisi appresenta il rovescio della medaglia, di maniera chenon è dato agli uomini di rimanervi neppure una inezia ora. Questo suolo ricetta innumerabili vipere, serpenti ed altri velenosi animali d’ ogni maniera. Narrano asimile i paesani cosa in vero lontanissima dalla comunecredenza , che P uomo, vo* dire , valicato il muro cadain un attimo spento, vittima della pestilenza dell’ aria ,ed anche gli stessi animali partecipino P egual sorte.Ala poiché il sermone mi ha condotto a questa parte

d’ istoria non tacerò altro che simigliantissimo a favola,nè io dovvi alcuna fede quantunque raccontato damolti, i quali protestano avere e di persona visitato illuogo, e udito colle proprie orecchie quanto ivi succe*deva; laonde se il passassi onninamente con silenzio e’si parrebbe che fossimi posto a descrivere le bisogne

delP isola Brittia non quanto si volea di esse inforcato .

VI. Parlasi dunque che vengano quivi traghettate leanime de’ morti, ed ora mi studierò indicarne il modo

5v& GUERRE GOTTICHE

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riferendo cose più e più volte narratemi in sul serioda quegli abitatori. Ripeto impertanto che sebbene talevada la universale opinione di là , opino doversi ascri-

vere il tutto ad un parto dell’ immaginazione duranteil sonno. La piaggia dell’ Oceano rimpetto all’ isola Brit-tia va ricca di borgate, ove stanziano pescatori, agricoltori ed altre genti condottevi da viste di commercio}essi tutti annoveransi intra’ sudditi del re dei Franchiavvegnaché non suoi tributarj, sollevati da ogni gravez

za già da lungo tempo mercè d’ un servigio, coni’ e’ dicono, prestatogli e che piglio ad esporre. Raccontanopertanto di essere tenuti a condurre, giunto a ciascunoil turno, le anime nell’isola. Ora queglino cui spetta compiere nella prossima notte il pio ufficio tornatisull’ imbrunir dell’ aere alle proprie case abbandonau-si al sonno attendendo il reggitore del tragitto. A notte ben ferma odonsi, picchiato alla porta, da cupa voce invitare all’ opera} di colta e’ surgono da’ giacitojper camminare al lido, costrettivi sì bene da forza , maignari di qual tempra ella sia. Quivi rinvengono pronti

ed affatto vuoti d’ uomini anzi altrui ^aliscalmi che pro-p rj} montatili danno dei remi in acqua , e sentono lefuste per modo cariche di passeggieri che sino all’ ultimatavola ed alle stesse aperture dei remi veggonle affondate, rimanendone appena scoperta V altezza d’un dito.Remigato non più d’ un’ ora apportano all’ isola Brittia,

quando navigando giusta V usanza loro, intendomi co’remi e senza vele, ne impiegano ventiquattro} approdatovi e tosto accortisi della discesa in terra de’ loro viandanti si fanno indietro co’ paliscalmi d’ una leggierezza

LIBRO QUARTO 5ig

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5qo GUERRE GOTTICHE

tale che P acqua ne cuopre a stento le carene, avvegnaché un nonnulla uscente colà delle barche s’appresentiagli sguardi loro, asserendo soltanto udirsi poscia una

voce, la quale si pare manifesti ai ricevitori i nomi persingulo di tutti i trasportati, quelli de’ rispettivi genitori, ele coperte magistrature; cbe se abbianvi donne insieme,queste ad alta voce chiamano gli uomini co’ quali vissero congiunte in matrimonio; tanto di Brittia ci vennecomunicato da que’ terrazzani , ed ora torno all’ arg o

mento del precedente libro.

CAPO XXL

V autore fa ritorno  à l la gottica guerra. Onoranze conferite a  Belisario in Bizanzio. Giovanni sverna a Salona. —  Nar-

sete eletto da Giustiniano a proseguire la gottica guèrra  prolunga sua dimora in Filippopoli, e quindi calca la via  deir Italia.

I. Tali erano le faccende guerresche in tutte leregioni da me ricordate; le gottiche poi andavano del

seguente modo. L ’ imperatore, come ho già esposto, richiamato avendo Belisario in Bizanzio gli fu largo dionori, non volle tuttavia rimandarlo in Italia dopo lamorte di Germano, ma conferitagli la capitananza dellesue guardie , o con mutazione di termini la prefetturadel pretorio d’ Oriente, se lo tenne dappresso. Il duce

per dignità soprastava a chicchessia de’ Romani, datipure intra loro di quelli ascritti al patriziato prima diluì, ed inalzati alla sedia consolare; tutti prestavangliossequio, e rispettandone il valore cedevangli, con mol*

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ta imperiale soddisfàzione, i proprj diritti. Giovaoni poinipote, di Vitaliano da lòto femminile svernava in Salond,e nelló attendimento di lui i duci del romano esercito

in Italia stettersi tranquilli. Ebbe fine col verno 1’ annodeciiposesto di questa guerra , la cui storia da Proco-pio fu scritta.

II. Nell’ anno vegnente Giovanni, allorché avea risoluto di abbandonare Salona e di condurre a dirittura V esercito contro a Totila ed ai Gotti, ebbe ordine

di sospendere la partenza infino all’ arrivo dell’ eunucoNarsete, ora scelto da Giustiniano a proseguire quellaguerra ; nè venne mai fatto ad alcuno di conoscere chiaramente il motivo della nuova sovrana determinazione,impercettibili essendo i pensieri d’ un monarca ov’ eglinon consenta di comunicarli; mi limiterò dunque a riferirne le divulgatesi confetture. Giustiniano Augustofattosi accorto che tutti gli altri duci a lor malincorpo sommessi a Giovanni ben difficilmente uè comporterebbero il comando, paventava non contrarietàdegli animi, spirito di parti ed invidia persuadessonli

a disordinare , con un oprar lento e svogliato, la somma delle cose. Mi ricorda inoltre di avere udito :nella mia dimora in Roma, da un senatore che regnando Malarico, prole della figlia di Teuderico, tal giornosul far della sera dalla campagna veniva menato alla città, passando pel foro della Paee, nomato così dal tem

pio della Dea ivi esistente ed ab antico percosso dalfulmine, un armento di buoi. Avanti il foro trovi antica fontana sulla quale giace un bue di bronzo, lavoro,se pur non erro , dell’ ateniese Fidia o di Lisippo, ve-

P mo c o pio , lom. IL   33*

LIBRO QUARTO 5ai

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dendosi ivi stesso di molte statue fatte dalle costoro ma*ni, le iscrizioni appostevi dichiarando chi ne fosse Pau-tore} evvi pure la vacchetta di Miròne, datisi gli anti

chi Romani gran pensiero di metter Rama al possessode7più sublimi capolavori greci. Ora, aggiugneva il se*natore, un toro castrato dell’ armento avviatosi al forosalito di furia la vasca montò l’animale di bronzo. Inquello poi fortunosamente di là passando alcuno di nazione tusco , ben villereccio al sembiante, e datosi a

conghietturare sopra il fatto (essendo i Tusci ancheoggidì molto in su le divinazioni) proferì alla fine: cheun eunuco abbatterebbe il sovrano di Roma. Tutti perverità in allora si ridevano dell’ indovino e de’ suoi va-ticinj, avvezza essendo la comune degli uomini a ricusar

fede alle predizioni, meno da contrarj argomenti indottavi che dallo stimare il vaticinio del futuro un gittarparole immeritevoli d’ ogni credenza e somiglianti a ri-devole fandonia. In oggi nondimeno 1’ universale convinte dal fatto ammira il presagio . e Dio vel dica seP imperatore fidasse a Narsete la guerra contro Totila

conghieltutando i destini, che minacciavano Roma , ola fortuoa stessa di questo modo volgesse a’ suoi finiP impresa. Narsete adunque ricevuto da Augusto un floridissimo esercito e copioso danaro si pose in 'cammin o } arrivato quindi nel mezzo della Tracia fece alto inFilippopoli, rinvenendo i passi occupati da turme di

Unni, i quali scorrazzando sol romano impero devasta-vano ed abbottinavano senza opposizione; udito posciache altri di essi procedevano a Tessalonica ed altri^a

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Bizanzio , levato prontamente ilcampo tirò verso 1’ I-talia.

LIBRO QUARTO 5a3

C A P O X X I I .

Totila richiama in Roma parecchi senatori.  Zelo romano di-retto a conservare i pubblici ornamenti.  Descrizione della naif e di Enea. — Conghiettura di Procópio intorno alV x-sola di Calipso. Nave di pietra in Cor eira dedicata a Giove Casio, ed altra, nell1Eubea, a Diana. — Sepolcro di An~ chise.

I. Mentre in Salona Giovanni attende Narsete, ilquale impedito dalle unniche ruberie lentamente procede, Totila nell’ aspettazione di lui richiama in Romaalcuni de’ cittadini e de’ senatori lasciandone il restonella Campania, ed ordina che sia con ogni possibilediligenza governata la città , mostrando quasi pentimento dei recati?! danni, come pure dell’ averne arsaparte non piccola di là in ispecie dal filiate Tevere.Questi disgraziati abitatori poi quantunque ridotti alla

condizione de’ mancipj, spogli di tutti que’ loro beni e diinterdetti dal possedera un cbe del pròprio o del pubblico, mettono tuttavia grandissimo stadio, non avendonoi veduto genti più affezionate dei Romani alla città*loro, nel mantenere e conserverò le patrie memorie. Nèper quanto lungamente si vivessero ligi de’ barbari de-*

sistettero mai dal custodire come seppero il meglioque’ sontuosi edificj ed ornamenti, ai quali d’ altronde1’ industria degli artefici procurato avea sì grande solidità che nè i moltissimi anni trascorsi, nè V iuterrom-

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tare , o pure dobbiamo all’ arte ed Agli stronfienti laidoneissima loro flessione. Ciascheduna tavola poi dal*P una estremità d«l navilio procedente all’ altra t’ ac

cenna la lunghezza del tronco dal quale veune segata,e soli ferrei chiodi assicuranla forte alle coste per compierne i fianchi : per fermo tutta la sua costruzione ètale uno spettacolo che indarno cercheremmo descrivere. Ed affé di Dio che la natura delle cose mai consente agli uomini di esprimere chiaramente colla favella

la maggior parte delle opere assai lontane dalla comuneimmaginazione» e sempre che rendonsi queste superiori ainostri consueti pensamenti, s’ avvantaggiano ad uno delpotere della parola. Intra que’ legni, arrogi, non ve neha di putrefatti o tarlati, ma tutta la nave in sorprendentissima guisa conservasi ancora egualmente perfetta

come apparve non appepa uscita delle mani del suoartefice, chiunque egli si fosse} il dettone basti.

II. Totila mandò soldieri, empiutene trecento lunghe navi io Grecia coll’ ordine di manomettere quantosi parasse loro innanzi nè quest’ armata di mare,

insino alla Feacide ( oggi detta , Corcira ) fu apportatrice di sventure, imperciocché nel tragitto , avente dabanda Cariddi, nou trovi' isola con abitatori , di maniera che trasferitomi di spesso in quelle parti rimanea-mi ineerto ove cercare la dimora di Calipso. Quivi ap-pcesentaronsi a’miei sguardi tre sole isole, non più dj

trecento stadj lontane dalla Feacide, intra loro vicine, piccolissime, ed affatto spoglie di gente, di bestiame e d’ altra cosa comunque. Hanno ora i t o  me Oto-nie, nè mancherà forse chi pongavi P abitazione della

LIBRO QUARTO 5q5

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Ninfa aggingnendo che Ulisse, per ciò non molto di*scosto dalla terra de’ Feaci, con «ina schidia (i)? comedice Omero, o con nave, o in altro qùal tn ▼noi modo

vi approdasse ; ma noi riferiamo quel tanto ne fu datoconietturando rilevare. Nè Dio mercè vi sarà chi opiniagevol impresa il discorrere antichissimi avvenimenti contale verità da non potervi obbiettare centrò, la molta distanza delle epoche solendo cambiare grandemente inomi, ed anche indurre varianze nelle notìzie de’ luo

ghi. Si pretende inoltre che la nave formata di candidissimo marmo ed a tutti visibile sul feacico lido si fossequella montata da Ulisse nelPapprodare ad Itaca ^ masiffatta nave anziché essere tùtta. d’ un pezzo coinponesidi molte pietre, ed j caratteri incìsivi testimoniano pienamente che là si stesse dedicala a Giove Casio pervoto d’ un negoziatore. Nè v’è a ridire che questi isolani venerassero in altri tempi il Dio , dal quale ebbe ed ha tuttavia nome Casiope città , ove ammiri lanave. Di molte pietra a simile è par costruita F altrache Agamennone figliuolo d ’Atreo dedicò a Diana in

Geresto dell’Eubea ad espiazione del fattole oltraggio;la Dea in allora placata colla morte d’ Ifigenia rendèlibero il mare ai Greci. E che sì andasse la bisogna lohai da nn epigramma, scolpito n que’ dì o poscia sullanave stessa^ comportò di esametri cancellati il più daltempo; rimandomi non di meno ancora i due primi

versi, e sono :Qui pose Agamennon la nera naveDe’Greci à rimembrar l’ oste stili’ onde.

( 1) Navilio tumultuariamente fatto.

5*6 GUERRE GOTTICHE

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I quali versi preceduti erano dalle seguenti parole : T e -nico faceva a Diana Bolo sia ; di tal guisa ab antico nomandosi Lucina per la credenza che i dolori del parto

(frecce) fossero avventati dalla Dea; ora torniamo a bomba.

III. I Gotti coll7 armata di mare afferrati in Corcirala posero a sacco icsieme con tutte le vicine isole nomate Sibote; passati quindi sul continente diedero conrepentino e gagliardo assalto il guasto ai luoghi accer

chiatiti Dodona, vie più danneggiando Nicopoli ed Ar>-chiso ; questa traendo il nome, a detta di que’ paesani,dall5esservi approdato A neh i se, padre d’ Enea, eoi figliodopo la caduta d’ Ilio, vissuto qualche tempo ed an che morto. Preso poscia a trascorrere la piaggia marittima ed avvenutisi nelle greche navi, non poche dinumero, tutte coi carichi predaronle, avendovene traesse di quelle spedite dalla Grecia a fornire di vittua-glia le truppe di Narsete; non altramente qui furono lecose.

C A P O X X N I .

 I Gotti assediano da terra e da. mare Ancóna, Valertàno con lettera esorta Giovanni ad unirsi feco onde soccorrerne il 

 presidio. —  Ambo, fa tto un sol corpo delle genti toro, af- ferrano a Senogallia.  I l nemico procede ad incontrarli. A r-

ringhe dei condottieri ai proprii eserciti. Marittimo com-battimento ; strage e fuga de9Gotti.

I. Totila buona pezza fa mandato avea l’ esercitonel Piceno per occuparvi Ancona, fidandone il r e g g i -

LIBRO QUARTO 5a7

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mento a’ valorosissimi duci Scipuar, Gibla e Gundulf (o come altri nomavanlo Indulf) stato da prima lancia di Belisario. Aveali similmente afforzati dirizzando

a quella volta qu&rantasette nevi, acciocché e’ potesserocon assedio marittimo e terrestre più di leggieri e speditamente averne il castello. Eran poi già da qualche tempo sotto quelle mura, quando la guarnigionecominciò a patire di vittuaglia; il perchè Vitaliano allora di stanza in Ravenna, sapevole delle ocoorreqze dei

suoi e bramoso di ripararvi, ma d’ altronde persuaso dinon avere mezzi sufficienti all’uopo, scrisse in Salonaa Giovanni, nipote di Vitaliano, del tenore seguente :« Ben sai tu stesso che di qua dal seno Ionio tutto per-» demmo, salvo Ancona, se pur questa oggi ne riraa-99 ne, essendo le Cose de’Romani quivi strettissimamente

99 rinchiusi venute a tali estremi che temo ogni soccorso99 intempestivo, e per lo soverchio indugio vauo il no-99 stro buon desiderio. Così termina vietandomi di scri-9 f  vere più a lungo P urgente bisogno degli assediati,99 cui addiverrebbe funesto il differire d’ un attimo ad

99 assisterli, essendo il pericolo maggiore di qual tu vuoi99 descrizione. » Giovanni ricevuto il foglio, di proprioarbitrio e contro gli ordini imperiali dapprima avuti, sipose tosto io cammino, estimando vie più meritevole diconsiderazione P imminente rovina cui volgevano, operadel fato, quelle bisogne, che non i bizantini comanda-

menti. Fatta quindi cerna tra’ suoi militi de’ più valorosi collocolli sopra trentotto lunghe navi, prestissimeal corso, cd assai adattq ai certami di mare; compiutone di poi con fodero il carico e postosi alla vela afferrò

5a8 GUERRE GOTTICHE

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a Scardone, ore poto stante giunse Valeriano con altredodici navi.

II. Riunite quivi lor forze e conferito insieme statui

rono ciocché bisognava fare. Laonde spiegale le veleapportano ad una città sull’ opposto lido chiamata daiRomani Senogallia^ nè molto da Aucona distante. I ducide’ Gotti, uditone, di colta empiono anch’ essi quaran*tasette lunghe navi, lì pronte, del fiore di lor militi, ecommesso alle genti comandate da Scipuar il prosegui*

mento dell’ assedio, partonsi ad incontrare il nemico.Avvicinatesi le due armate di mare, fermato il corso eraccolti i vascelli si passò da ambe le parti ad arringare le truppe, Valeriano e Giovanni essendo i primi ad esortarle dicendo: « Nessuno di voi, o commilitoni,» opini scopo della imminente pugna non più che la» salvezza d’Ancona e de’ Romani là entro* Abbia per» fermo in cambio, a dir tutto con brevità, dipendere da» essa l’intero esito della presente guerra, poiché delle» due fazioni a quella che ne uscirà vittoriosa non potrà ff  fallire la più felice meta, e tale un pensiero forte im-

» primete negli animi vostri. Egli è pretta verità che la» copia degli apprestamenti faccia preponderare nelle» armi, e cbe per manco d’annona sia uopo cedere al99 nemico, non potendo strignere lega fame e guerre-99 sco valore; nè consente natura che uomo indebolito99 da iuedia rendasi tra le armi glorioso. Ora così va la

99 bisogna : noi da Idrunte a Ravenna difettiamo in oggi» d’altri luoghi muniti ove mettere in serbo l’ annona99 a sostentamento nostro e de’cavalli, poiché il Gotto99 padroneggiane di maniera i lidi che indarno vi cer*

Pàocono , tom. II. 34

LIBRO QUARTO Big 

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» cheretmno un’amica borgata da cui ottenere qualche» conforto di vittuaglia. Ogni nostra speranza è riposta» in Ancona, quando, traversato il mare, ne sia concesso

 yf  apportarvi e riparare in fide mura. Se dunque gride-9» rem vittoria nell’ odierno conflitto, raffermata la cit-» tà, come vuol giustizia, sotto l’ imperio d’ Augustó,99 prenderemo non vana fiducia di condurre a buon fine» la guerra. Vinti al contrarlo, non voglia il Nume che99 (per tacere di più gravi cose) i Romani vadano eter*

99 namente privi dell’ italiana signoria. Inoltre mostran-99 dovi ora codardi non avreste più scampo, essendo99 che il continente, occupato dai nemici, non potrebbe99 darvi salvezza, nè il mare, di lor forza rib occante ,99 presterebbesi alla vostra navigazione. Ogni nostra spe«» ranza adunque pende nel prospero successo di que-99

 sto combattimento, e nelle sue buone sequele. Fate

99 quiùdi pruova di coraggio e valore in esso pen-» sando che una sconfitta sarebbe l’ultima per voi, ed

una vittoria colmerebbevi d’incomparabile felicità e99 splendore. 99 Giovanni e Valeriano così parlarono }

i duci poi de’ Gotti alla lor volta diressero alle truppela seguente arringa: « Da che questi malvagi, espulsi da99 tutta Italia ed acquattatisi entro terrestri e marit-99 timi luoghi a noi ignoti, ora ne sfidano a battaglia,99 c’t: forza reprimere del nostro meglio lo sconsigliato99 ardimento, acciocché non abbiauo per gottica dab-

« benaggine a vie più imbaldanzire. E di vero una scon-99 siderata arroganza non doma nel suo nascere piglian tosto il carattere di strabocchevole audaòia, e sol ter-» mina quando abbia profondalo in calamità gravissime

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w coloro die mira di esterminare. Laonde sia nostra» prima cura il farli accorti come si rimangano tutta-

» via non piò che grecuzzi, di effeminata natura, e pinzi

» d’orgoglio sebbene vinti; nè vi patisca il cuore di per*9» mettere più lunga durata a sì turpi conati, aprendosi» la infingardaggine, ove siamo di lei noncuranti, il varco99 a più gravi arbitrii, ed instancabile addivenendo una» insolita presunzione favoreggiata dal tempo. Non ere»» diate poi di vederli resistere gran pezza a fronte di

9» prodi guerrieri , conciossiachè I’ ardire ben poco da fi virtù raffermato va borioso prima d’ incontrare il99 cimento, e si fa bello rendendo qualche sembianza dì» fortezza, ma Tenutovi di leggieri lo volgerete in fuga,99 e che tàl sia ne avrete pruova rammentandovi come99 dopo chiarissime azioni accommiataste danneggiati i

 vostri nemici. Ritenete in fine che non* già per essere

99 di subito addivenuti più animosi e potenti eglino vi99 chiaman ora a battaglia, e qui udì la tracotanza loro,99 al tutto somigliante quella per lo innanzi mostrata, ne99 riporterà anche adesso V  egual pena. »

III. I Gotti condottieri esortato V esercito, e fattisi ad incontrare il nemico tosto lo assalgono. Ostina*tissima fu la pugna navale, nè dalle terrestri disereipante; imperciocché le due fazioni, voltate le prode,si travagliavano colle faretre a vicenda, e per glispiragli delle navi i prodissimi tenzonavano intra lo

ro colle aste e spade, come è il caso in campo. Tal ebbe principio lo sfidamento, ma poscia* i barbari , pernnlla sapevoli di naumachia , disordinatissimi, combatterono , appartandosi gli uni cotanto da venire assaliti

LIBRO QUARTO 53ì

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alla spicciolata, e gli altri raccogliendo lor navi in cosi angusto spazio che riuscissero di reciproco impedimento} avresti detto gli alberi di que’ vascelli stretti

insieme ed intessuti a foggia di stuoie. Con molta faticae lentezza inoltre poteano avventare saette contro alnemico , o giuntigli da presso molestarlo d’ asta e dispada} con alte grida in cambio procedevano urtando e ributtandosi colle armi} ora serravan lor fronte,ora, nè poco era il danno, allungavanla.di -soverchio.

Ognuno schiamazzando esortava i prossimani,certamente meno a far pruova di coraggio che ad esser canti nelgovernare i vascelli serbando intra essi la necessaria distanza} in fine la generale imperizia loro addusseli atoccare una grave sconfitta. I Romani al contrario valenti nel trattare le armi e d’ assai in naumachia saputi,

volte le prode verso il nemico, nè più intra loro alla larga o stretti, di quanto era il caso, ora opportuna*mente raccoglievano il navilio, ora distaccavanne parteonde combattere qualche gottico legno dilungato daglialtri ed affondarlo. Vedendo poi il grande trambusto

degli avversarj molestavanli con assiduo nembo di frecce , ed anche vie più appropioquati morivanli in quell9 

universale conturbamento e scompiglio a colpi di asta espada. I Gotti caduti d’ anim o, colpa la mala fortunae gli errori commessi, e privi di consiglio navigavanoin balìa delle onde, nè più comparivano ai fianchi de9

vascelli per tenzonare a corpo a corpo, ma deposte learmi giaceansi scioperati in tanto pericolo, fidando lorsorte all’inesorabile fato. Da ultimo tutti confusione etrambusto , nè curanti affatto la gloria d’ una ritirata

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LIBRO QUARTO 533

onorevole e d’ ogni altra virtù, mentre vanno in tracciacP obbrobriosa fuga sono accerchiati dagli avversarj ecostretti ad un vile arrendimento , ben poché delle sue

navi, undici di numero, campandone furtivamente. Gliimperiali ne spensero molti col ferro ed a copia anchemaggiore procacciarono morte affondandoli insiem coivascelli entro P acqua; Puno dei duci fu pigliato vivo,ma Indulfebbe salvezza riparando sopra le fuggite navi,che i piloti non appena messo piede a terra incen*

dinrono , per recarsi quindi tutti pedoni appo gli asse*diatori di Ancona , dove narrata la sofferta strage siconvenne di abbandonare affatto quegli accampamenti*e di aggiugnere con veloce corso le mura d’ Aussinto.1 Romani arrivati prontamente ad Ancona , occupanvile diserte trincee, e rinfrescato di viltuaglia il forte ne

riparton di netto, Valeriano tornando a Ravenna é Giovanni a Salona. Questo combattimento rintuzzò fuormisura P ardire ed il coraggio dei Gotti.

CAPO XXIV.

JVelia Sicilia valorose geste di Artabano a prò de’ Romani* Vani esperimenti de9Gotti per riappattumarsi  coir impera* tore. Felici imprese dei Franchi nell Italia. —  Leom+o impe-riale ambasciatore a Teudibaldo di Teudiberto. Dicerie d9entrambi. —  La Corsica e la Sardegna in potere dei Gotti  Nella prima delle isole uomini e cavalli di piccolissima 

taglia•

I. In questo mezzo le romane cose nella Siciliaprocedevano del seguente modo: Giustiniano richiama*

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to Liberio in Bisanzio conferì la capitananza delletruppe dimoranti nell’ isola ad Artabano, il quale assediatevi tutte le guernigioni de7 luoghi forti e vinti

quelli che facevansi assalitori, costrinseli per estremapenuria di annona a deporre le armi. Tanto bastò perchè al nemico , sfiduciato e forte aneor lamentandola strage tocca nella pugna navale, invilisse P animo dicontinuare la guerra, disperandone affatto, e si destassenella mente il pensiero che , dopo le gravi perdite ed

ignominiose sconfitte riportate, ei più non ayrebbe potuto al sopraggiungnere di nuovi aiuti ai Romani resister loro un attimo di tempo , e rimanere nell’ Italia.Era inoltre vana ogni speranza di composizione conAugusto} essendo che mandatigli spesso ambasciadorida Totila, i quali di presenza esponessero come il piùdelP Italia fosse in potere dei Franchi, poco meno chetutto il res to , colpa la guerra , deso lato , ed il Gottopronto a cedergli la Sicilia e la Dalmazia, unico suolonon travagliato dalle comuni sciagure , colP obbligo difarsi tributario di annuaria pecunia a compensagione di

quanto riterrebbe, con promessa in fine di addivenirgliaiutatore in guerra ed onninamente suggetto, Giustiniano fermo nel niego aveali accommiatati, della gotticagenia udendo a malincuore Io stesso nome, e bramoso nell’ animo suo che non ve ne avesse più traccianelP impero; così le siciliane faccende.

II. Leonzio pervenuto alla corte del Franco.dicea :« Hannovi per ventura di tali cui manda il fato mai più* attese vicende} con tutto ciò sono d ’ avviso mancare» esempio che ad altri accadesse quanto ebbero i

534 GUERRE GOTTICHE

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* Roman! a sofferire da voi. Ed a provarlo ricorderò che99 Giustiniano prima di romper guerra ai Gotti volle dai* Franchi promessa d’ aiu ti, dando loro a titolo di

99 amicizia e lega sovrabbondante danaro. Ma eglino ,» anziché parte alcuna compiere delle contratte obbli-99 gazioni,* di tante ingiurie ne arrecarono quante noti99 potrebbonsi tampoco di leggieri imaginare. Tuo pa-*» dre Teudiberto, a dirne, punto non si ristette dall’ oc-99 cupare violentemente e coiftro ogni diritto le pro-

99 vincie da Giustiniano ricondotte senza P opera vo-99 sf r a , con molta fatica e gravissimi pericoli , compa-99 gni indivisibili delle arm i, alla sua obbedienza. Ma f> lasciate da banda simili querele ed accuse ora a te» mi presento per chiedere e proporre cose a voi stessi99 vantaggiosissime; affinché provvediate in ottima guisa

99 alla felicità vostra , nè vi opponiate a quella de’ Ro-99 mani; volendosi d’ altronde convenire che gli ingiu-99 sti possedimenti, datone pur comunque tu vuoi il9> poco, spoglino d’ ogni lor patrimonio eziandio i for-» ti e potenti usurpatori, ben rara essendo la unione

99 della prosperitade e delP ingiustizia. Ghieggoti pedanti to che parteggi con noi in questa guerra contro» a Totila, e purghi così da ogni reato il genitore;99 alla vera e legittima prole soprattutto addicendosi il99 fare ammendamento delle colpe di lui, ed il reu-99 dere.fermo e costante ogni ottimo suo precetto, il

99 primo desiderio dei sapientissimi personaggi essendo99 quello di lasciare una discendenza imitatrice delle

 fi onorate azioni di cui eglino stessi riportarono som-9>ma lode; che se per lo contrario tal fiata aves-

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» sero sconsigliatamente operato , la prole , non altri,99 è in obbligo di apporvi riparo. Sarebbevi di più tor-w nato bene ancbe non richiesti il confederarvi co' Ro«

» mani per debellare i Gotti rostri nemici di antica79 data, misleali, ed avvezzi ad assalirvi con ostinato ed99 inespiabile odio. Questi ora sbigottiti non rifiutansi99 di careggiarvi; ma finito eh’ e’ s’ abbian con noi mo-99 streranno prontamente P animo loro verso le genti99 vostre. I malvagi alla buona fe non cangiansi di99

 proposito nè favoriti da seconda fortuna, nè da con-

99 traria oppressi; li vedi ben sai nelle sciagure dissimu-99 lare con arte bellissima ed in ispccie coi prossima-99 ni se bisognosi del costoro aiuto ,costretti in allori ra d’ infingersi ad essi. Fattivi pertanto a ponderare le99

 addotte cose non dubiterete un istante dell’ utile

99

 vostro amicandovi P imperatore , e prendendo seco

» vendetta, come potrete il meglio, di chi aveste a pa-99 tire sì lungamente gli oltraggi. 99 Di qliesto modoparlò Leonzio, e Teudibaldo rispondeagli. « Non avreb->9  bevi giustizia nè equitade in noi se tenessimo P invi-

>9 to a confederarci con Giustiniano per guerreggiare iv Gotti. Eglino sono già nostri amici, laonde mancando99  loro di fede non serberemmola neppure a voi; es-99 sendo che P uomo giunto a contaminarsi di turpis-9) sima frode raro si può rattemperare dalla trasgressione99  dei proprj doveri. Quanto poi a’ luoghi da te ricor-

99 dati bastimi dire che mio padre, Teudiberto, non99 ebbe unqua in animo di fare oltraggio a chicchessifossen de’ prossimani e di usurpare l’altrui, e chiaro argomenti to ne fia il non avermi lasciato grandi ricchezze. Nè

536 GUERRE GOTTICHE

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» tampoco egli armatamano vi privò di quei domini!,99 cedutigli manifestamente dal te gotto lor posses-9» sore; mercè di che ben si conveniva ad Angusto

9 V applaudirne ai Fra nchi, non potendo noi a meno» di allegrarci in mirando il nostro rapitore spogliato» de’ suoi mali acquisti, nella persuasione eh’ egli a di*» ritto paghi il fio delle commesse violenze; se pnre non» invidiamo lor buona sorte a chi prendono a vendicar-» c i , e vogliamo giustificare i nostri nemici approvane

» done le difese col proposito, come pur troppo è in» usanza, di procacciare malevoli a chi ne giova. Pos-n siamo del resto sommettere entrambi ad un arbi-» trato le nostre contese, acciocché i Romani, sè favo-» riti dalla sentenza, abbiano issofatto a ricuperare il39 tolto loro ingiustamente ; nè guari andrà ohe mande-» remo a Bizanzio per comporre simiglienti alterchi ».Leonzio ebbe di questo modo commiato, e quindi un1ambasceria di quattro individui, essendone capo unLeudardo franco di schiatta, pervenuta colà e presentatasi all’ imperatore eseguì con ottimo successo la sua

mandata.III. Totila voglioso di occupare le isole vicine al-1’ Africa ragunò a fretta un9armata di mare, e postavisopra la soldatesca necessaria all’ uopo le ordinò dispiegare le vele. Questa innanzi tutto afferrato alla Corsica ne fece la conquista senza opposizione , e quindi

v’ aggiunse la Sardegna, rendendole così ambedue tributarie de’ Gotti. A tal nuova Giovanni, maestro de’militi per V Africa , spedisce ver 1’ ultima altr’ armata di mare con truppe, le quali di poi accostatesi a

 P r o   c o p i o   , tom.  I l . 34*

LIBRO QUARTO 537

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538 GUERRE GOTTICHE

Cagliari città e messo il campo &’ apprestavano ad unassedio, estimetodo lor forze insufficienti a tentarne lemura guardale da copioso presidio. Questo conosciuti»

ne i divisamenti le assale, e fugatele a suo bell’agio conimprovviso attacco utolti ne uccide ; i salvi alloratornati alle navi dirizzarono poco stante lor prode aCartagine per vernarvi, e proseguire sul far di primavera con maggiore apparato la guerra contro le prefateisole. Nell’ una di esse, già nomata Sardo e detta oraSardegna, crescevi un’erba apportatrice all’ istante dimortai coavulsione a chiunque ne gusta , e le sue vii*ti di* partonsi di questa vita eoo tutte là  apparenze dr incessànte riso, cbe ha comune coll’ isola il nome, sardo*nico detto. Nella Corsica poi, un tempo Cimò, vedrai

la umana specie abbondar di nani, e mandrie di cavalliben poco delle pecore superiori in grandezza; or bastiil pòco narrato di esse*

C A P O X X V .

V Illirico posto a sacco dagli Sclabeni. — Giustiniano si lega co* Gepidiy quindi spedisce aiuti, per guerreggiarli, ai Lan-gobùrdL Coètoro vittoria. — Città rovesciate dai terremoti.  Marittima inondazione. Crotone assediata dai Gotti.

I. Introdottosi nell’ Illirico un distorni imi tdj numerodi Sclabeni e commettendovi nefandissime azioni, Giustiniano Augusto mandò a combatterli ttn esercito capitanato, intra gli altri, dalla prole di Germano; questouon di meno vedendosi per iscarezza di gente ben in*

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feri ore al nemico non osò affrontarlo , ma seguendoneda tergo le vestigie sfogava grandemente il suo sdegnocolla uccisione degli arretrati , e fattane molta strage

indirizzò a Bizauzio anche piccola mano di prigionieri, Imperiatito i barbari non rifinavano di guastare que’ luoghi, con tale effusione di sangue che lott e lecontrade poteaiisi lastricare di morti; dopo di che li-,berissimi procedevano alle proprie case tra ri echi drschiavi e del raccolto bottino. Nè dato era ai Romani

di tender levo insidie al valicare del fiume , o di mo«testarli in altra guisa, venendo essi aooolti dai Gepidie condotti all9 opposta riva in forza di pattuita mercede non minore per singulo d’ un aureo statere* Giù*stiniano adunque dispiacentissimo della sua impotenzaa salvare dalle continue loro devastazioni il suo imperio, e nel mettervi piede al trapassare dell1Istro e nel-1’ abbandonarlo con repentina partita, era bramoso distrignere amicizia coi Gepidi.

II. In questo mezzo e Gepidi e Langobardi apprestavano gli eserciti per venire alle mani, ed i primi tut«

to al buio \sin qui de1 giurati accordi intra Giustinianoed i Langobardi e d’ altronde paurosissimi delle romane truppe aspiravano sommamente ad averle amiche econfederate. Spedivano così un9ambasceria in Bizanziopregando l’ imperatore che si unisse in tega seco loro,nè questi tardò a consentirvi, dodici senatori, a richie

sta de9 legati, fermandone con giuramento le convenzioni. Trascorso quindi breve tempo Giustiniano Augustofece partire gli aiuti domandati per diritto sociale daiLangobardi coll’ intendimento di valersene contro, ai

LIBRO QUARTO 53q

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Gepidi, cbe violatori de9 patti condotto aveano di qnadall’ latro una caterva di Sclabeni a guastare il snoloromano. Queste truppe capitanavansi da Giustino e

Giustiniano, prole di Germauo, da Ara2Ìo e Suartaagià dichiarato dall9 imperatore monarca degli Eruli} macostretto quindi a partirne dalla ribellione dei tornatidall9 isola Tuie, come scrivea ne9 precedenti libri, riparò in Bizanzio, dove fra eletto a maestro de’ militi qui*vi a stanza. Intra que9 duci aveavi parimente Amalafrido

di gottica schiatta, per donna nipote di Amalafrida sorella di Teuderico re de’ Gotti, e figlio di Ermenefridore de9 Toringii. Costui mandato da Belisario in Bizanzio con Vitige fuvvi creato duce dei Romani, e sposòad Auduino re de9 Langobardi una sorella. Ora di quel-l’ esercito il solo Amalafrido colle sue truppe arrivòpresso de9 confederati, rimasi gli altri tutti per comando imperiale ad Ulpiana, città dell’illirico, per quietarvi un tumulto nato da religiose controversie de’ Cristiani, argomento propostomi di trattare in altri libri.L9esercito langobardo adunque con Amalafrido arriva

to alle frontiere de9 Gepidi sconfigge in ostinatissimabattaglia quanti contrastavangli il passo uccidendone,come suona la fama, pur molti. Re Auduino allora spedisce a Giustiniano alcuni de9suoi col lieto annunziodella nemica strage e con forti lamentanze ad un tempo di non averne ricevuto, giusta gli accordi, aiuti di

truppe, sebbene i Langobardi fossersi recati colle proprie armi a soccorrere Narsete in campo contro a Totila ed a9Gotti. Non altrimenti correvano quelle bisogne.

4(0 GUERRE GOTTICHE

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III. Ebbonvi di que’ tempi in Grecia funestissimiterremoti scuotendo sì la Beozia, l’Àcaia e tutto il paeseintorno al seno Criseo che atterraronvi otto città ed

innumerevoli borgate. Infra le prime voglionsi ricordareCheronia, Coronia, Patre e Naopatto, questa in ispeciecompiutamente distrutta. Mollissime furono le umanevittime, ed il suolo scomparso in più e più luoghi passòaltrove a far mostra di sè nelle sue prime forme. Han-novi ancora squarciamenti di terra incomodissimi ai

trafficatori, obbligati a far lunghe giravolte per trasferirsine’ luoghi vicini. Ritrattosi a un’ ora il mare in su quelde’ Tessali e Beoti largo si diffuse intorno alle citta E-chineo e beotica Scarfia, dove ristagnando abbattè incontanente ogni edificio. Tal poi ne allagò la regioneche i terrazzani poteano pedestri visitare le isole del

seno, le acque ingombrando, in modo superiore a qualtu vuoi pensamento, il suolo infino alle radici de’circostanti poggi; restituitesi quindi nel proprio letto abbandonarono pe’ campi sì grande copia di pesci chemaravigliatine gli spettatori aveanla un vero porten

to, e credutili idoneo cibo pigliavanne il bisogno lóro ;se non che approssimati alle fiamme li miravi tosto disciolti e convertiti in fetentissima sanie. Là dove poi laterra s’ ebbe nome da quello squarciamento 1’ orribileterremoto fece d’ uomini strage maggiore di quanta lamentava la rimanente Grecia, nel giorno stésso, perchè

si fosse beo in colmo la sciagura, celebrandovi*! unasolennità cui erano accorse genti da tutta la regione ;tali furono i destini della Grecia. I Grotoniati col mi*litare presidio sotto il duce Palladio stretti da fierissi-

LIBRO QUARTO 5 41

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44* GUERRE GOTTICHE

mo gottico assedio ed in differita di vittuaglia inviaronoascosamente più e più volte nella Sicilia esponendo aicomandanti del romano esercito, ed in ispecie ad Ar

tabano , che ove per poco e’ tardassero a soccorrerli,a v r e b b e r o d o v u t o s e b b e n e a m a l i n c o r p o r i m e t t e r e  

s te s si in u n o c o l l a c i t tà al la d i s c r e z i o n e d e G o t t i : m a  

v a n e f u r o n o le i s t a n z e l o r o . In q u e s t a e b b e f i ne il v e r n o  

c 1* a n n o d e c i m o s e t t i m o d e l l a p r e s e n t e g u e r r a d a P r o

c o p i o s c r i t t a .

C A P O X X V I .

Sciolto r assedi o di Crotone a ll ’  appor tare de romani vascel li  

 Raguari e JSIorra,  comandanti de Gott i , pensano  

 der, — Guerresc o appara to e truppe di N arsete cui ne

 gasi dai Franchi il passo pel veneto suolo. Consiglio di  

Tolda. Narsete prende la via di Ravenna.

1. 1 / i m p e r a t o r e u d i t e le b i s o g n e di C r o t o n e m a n d a  

o r d i n e a ’ s u o i mi l i t i G r e c i a p r e s s o le T e r m o p i l i d i  

i i a \ i g a r c s e n z a i n d u g i o a ll a v o l ta d ’ I ta l i a p e r s o c c o r r e r e  

c o n o g n i lor m e z z o le a s s e d i a t e m u r a ; q u e g l i n o p r o n t i  

al c o m a n d o m c t t o n s i m m a r e , e d a p i e n e v e l e m e r c è  

di p r o p i z i o v e n t o , e n t r a n o a l la n o n p e n s a t a ne l p o r t o  

della pericolante città* 1 barbari a tale comparsa so*prafTatti da grave timore sciolsero a furia V assedio, e

chi sopra navi riparò in Taranto, chi si ritrasse pedonesul monte Scilleo. Afforzatasi di questo modo la costernazione de’ Gotti, Ragnari, chiarissimo lor personaggio cui obbediva il presidio larentino, e Morra comaii-

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dante di quello acheroutico, venuti a colloquio, giustala volontà delle truppe, con Pacurio figlio di Peraoio,duce in Idrunte della romana gtiernigione promisero

1’ arrendimeuto di sè stessi, delle genti loro e de’ luoghi difesi, quando Giustiniano consentisse mandarlisalvi delle persone ; laonde Pacario tòsto spedi in Bizanzio per' combinare di questo modo gli accordi.

11. Narsete partitosi da Salone eonduceva un poderosissimo esercito contro Totila ed i Gotti, speditogli da

Giustiniano danaro in co[ìia onde soldare floridissimetruppe, mettere il tutto in pnnto, e pagare all’ oste dimorante in Italia gli arretrati stipendj protratti assai tempodall’erario venuto bella impossibilità di soddisfarli giusta l’ usanza. Ponevasi di più con esso nell’ ottimacondizione di cattivarsi gli animi dei fuggitivi, agevoli a ricondursi, abbagliati dallo splendore dell’oro,sotto le abbandonate insegne. Nè giova il negarlo che'per 1’ addietro Giustiniano avesse trascurato di soverchio questa guerra, ma vi provvide ottimamente allor»quando Narsete vedendosi da lui forte sollecitato a darvi

principio ebbe il coraggio, degno al vero d’ un gran capitano, di rispondergli che ne compierebbe i voti quando ricevesse i mezzi di uscirne con onore. Ottenutoper tanto danaro, uomini ed armi avea raccolto cousomma diligenza e premura un esercito idoneo all’opera*annoverando in esso ben molti romani guerrieri perve*

nuli da Bizanzio e dalla Tracia, e pur molti fornitiglidall’ Illirico: eravi di più Giovanni alla testa delle suetruppe e di quelle del suocero Germano. Àuduino rede’Langobardi mercè dell’oro in gran copia ricevuto dal-

LIBRO QUARTO 543

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l1imperatore e de’ fatti accordi aveagli spedito due mila ecinquecento valorosissimi guerrieri,Gore delle sue truppe,e con essi altri, forse più di tre mila, combattenti. Ve-

nivano poi accompagnati da tre mila eruli cavalieriaventi a primo duce Filemut, da gran turba di Unni, edalle genti di Dagisteo cbe riscattò con questo servigio lasua liberazione. Non pochi disertori persiani seguivanoGabade figlio di Zami e nipote del monarca avente1’ egual nome, quel desso inoltre che per evitare , co

me scrivea ne’ precedenti libri, il mal fine decretatoglidal zio Cosroe erasi posto in salvQ, sovvenuto da Caranange, presso de7Romani. Vi miravi eziandio il ge-pidajAspado valentissimo giovane con quattrocento deisuoi, gente assai destra a trattare le armi, ed Àruto conturba infinita d’ Eruli, celebrati a cielo per coraggio neipericoli della guerra ; il duce, erulo anch’egli, non me*no glorioso in campo e dalla stessa puerizia sua amatore delle romane costumanze, avea impalmato la figliadi Maurizio di Mundo. A Giovanni soprannomato Fagaed altrove da noi ricordato obbediva una coorte

d’ invitti Romani. AI postutto Narsete, splendentissimoesempio di liberalità e zelo nel soccorrer alle indigenzealtrui e fatto più che potente dall’ imperatore, governavadi suo pieno arbitrio la somma delle cose. Duci e sol-dieri aveano già sperimentato così bell’ anim o, quindinon appena eletto al comando supremo dell’ esercito

contro a Totila ed ai Gotti mostrossi ognuno prontissimo a seguirne i vessilli, chi per rimeritare il benefattorsuo, chi sperandone segnalati vantaggi. Gli Eruli e gli

544 GUERRE GOTTICHE

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altri barbari singolarmente eraone amantissimi vedendosi con bontà senza pari da lui trattati.

II I. Giunto a breve distanza da quel dei Veneti

spedì ai duci de’ Franchi postivi a guardia chiedendocome truppe amiche il passo. Negativa fu la risposta, epassando compiutamente con silenzio vuoi gl’ interessiproprj, vuoi V amicizia che strignevali ai Gotti adducoqaltro ben meschino pretesto, di militare, intendomi, conNarsete i Langobardi loro capitali nemici. Il condot

tiero, uditone, da principio n’ andò pensoso alquanto,qaiiidi si fece ad interrogare gli Italiani a crocchio insieme, animandoli ad appalesargli i divisamenti loro sulpartito da prendere, ed alcuni di essi protestavangliche sebbene i Franchi avessero consentito alla inchiesta mai più 1’ esercito per quella via sarebbesi trasfe

rito a Ravenna senza incontrare gravissimi ostacoli dilà da Verona, poiché Totila scelto il buono e il megliodall9intero esercito avealo spedito sotto la capitananzadi Teia, famosissimo Gotto, a guernire quelle mura tuttavia in poter suo, commettendogli insieme di opporsi osti

natamente al proceder oltre delle romane truppe, nòmentivan punto. Il duce poi non appena arrivatovi chiusebl nemico ogni via, e rendè con grande artifizio inaccessibili tutti gli approcciamenti del Po con accatastatialberi, con fosse, e scommettendone il suolo, o convertendolo in profonde maremme e limacciose voragini ;

quindi apprestossi colle sue truppe a combattere chiunque de’Romani osasse inoltrare per que7luoghi. Ma eglierasi determinato a questi provvedimenti nella persuasione che mai più il nemico marcerebbe radendo il

P b o c o p i o , t o m .  IL   35

LIBRO QUARTO 545

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546 GUERRE GOTTICHE

l i t torale del seno Ioni co, dove le bo cch e di molt i n a

vigabili f iumi ba ste rebb ero ad arrestarlo , nè av reb be  

tanto navilio quanto era il caso a valicare il seno , che  

se compa rtit osi per corpi vi si accing ess e , di leg gie ri i l resto dell’ esercito sarebbesi opposto al pigliar terra 

d e ’ veg nen ti } di tal mo do stabilite le co se future ne l-  

P animo suo faceva i com and i al nom ina to duce. G io

vanni poi nipote di Vital iano , molto prat ico d e ’ luo

ghi , propose a Narsete r idotto nel le massime angust ie  

di muo ver e co ll’ intero esercito lung o la via maritt ima no n occu pata per anch e dai barbari , co me diceva , 

e di ordinare che lo accompagnassero più navi e mol

t iss imi pal iscalmi , ac cio cch é perv enuto al le boc che  

del f iume e constr utto cogl i ultimi un ponte avessero  

più facile mez zo di valicarne pro nta men te le acque ; 

così Gi ov an ni , e Nar set e applauditogl i piglio ni arina 

marina con tutte le sue truppe la via di Ravenna.

C A P O X X V I I .

l ldigisal Longob ardo, al l' imperatore disertato, fugg e da Biza n zio unitamente al gotto Goar. Quindi entrambi in co m p a

 gnia de ’  paesani loro combattono e vìncono nella T r a c ia i 

Cuturguri, e d uccisi gli imper iali duci m al vigilanti ne lV Il

l irico ripara no presso ai Gepidi. — Ustrigotto gepida le

 gasi co’ Langobardi. Costui c l ld igisal p e r f r o d e spenti da i  

 re loro confederati.

I. Ne l mezzo di tal i faccen de l ldigisal , al tri de ’ L a n

gobardi già da me r icorda to, fattosi ne mi co d’Audu in o,  

re dei barbari e violento usurpatore del suo regno de-

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volutogli per éreditarj diritti, abbandonata la patria siriparava in Bizanzio, ove fu accolto liberalrssimameuteda Giustiniano e creato duce d’una scuola^ nome dato

alle compagnie de9militi curatori delP imperiale palazzo, capitanandovi trecento e non più coraggiosissimi Langobardi per lo avanti di stanza seco nella Tracia. Au-duino siccome confederalo ed amico dei Romani aveanedimandato la restituzione, pretendendo in grazia del->P amicizia sua che venisse tradito un supplichevole} ma

fu vana P inchiesta. Ildigisal di poi cominciò a lamentare sua fortuna divisando non ricevere in parità deiproprj meriti onori e stipendj, di maniera che nelP animo erane gravemente offeso. Goar di schiatta gotticà, enelle guerre di Vitige contro ai Romani là condotto prigioniero dalla Dalmazia, ne conobbe le disposizioni, ésiccome di tempera focosa ed inquieta soffriva puregli a malincuore la presente sua vita. Ora sconfittoVitige e dai Gotti, armatisi’in prima contro alP imperatore, tentata una sedizione fu anch’ egli convinto reodi quelle insidiose mene, e sbandeggiato insiem cogli al

tri nelP Egitto. Lunga pezza durato nel gastigo, Giustiniano alla fin fine compassionandone la trista sorteebbegli permesso di tornare a Bizanzio. Restituitovisi a-dunque ed osservando Ildigisal iu preda a gravissimodolore, come ho detto, lo instigava di continuo e persuadeva alla fuga, promettendo farglisi compagno in essa.

Approvato il consiglio ambo all’ improvviso di là s o t trattisi con altri pochi ed entrati in Apri città dellaTracia fanno lega coi Langobardi quivi a stanza} rinvenutevi di più le imperiali scuderie ue tolgono ben

LIBRO QUARTO 5<7

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moli! cavalli e quindi procedo» oltre. Giustiniano uditone spedì messi in tutta quella regione e nell1Illiricoordinando ai duci ed alle truppe di opporsi del lor

meglio ai fuggitivi. E primi a combatterli furono pochiUnni Cuturguri, i quali abbandonata la patr ia , giustail de tto , si viveano d’ imperiale consentimento nellaTracia $ ma rimasi colla peggio nel conflitto, mortinealcuni e sbaragliati gli altri, depongon le armi non volendo incontrare nuovi perigli , di guisa cbe i due

fuggitivi co1loro subordinati liberi da ogni impacciopoterono trascorrerla da ogni banda ; messo quindipiede nell’ Illirico vi rinvennero il romano esercito rac-coltovisi con grande accuratezza per assalirli, avendone il comando , intra gli a l t r i , Arazio , Recitango,Leoniano ed Arimuto; questo poi tenutosi tutto il dìin arcione perveniva sull’ annottare in un boscoso lao go e fattovi alto ebbqlo idoneo a ristorare le stanchemembra sino al vegnente giorno. Ora quei duci, intrale molte cose, imperarono alle schiere di prestare lorcure ai cavalli, e di andare poscia eglino stessi a rin

frescarsi nel fiume ivi da presso a ristoramento dellefatiche durate nella via. À simile i duci, ognuno dis*persè e scortato da sole tre o quattro lance, si diresseroad un segregato luogo per bere, assetatissimi come èfacile arguire dalle circostanze loro, di quelle acque.Goar ed Ildigisal fattine consapevoli per opera degli

esploratori con pronto e repentino assalto mentre stan-nosi tuttavia dissetando li uccidono, ed in questo modoraggiungono sicurissimi la propostasi meta. Imperciocché gli imperiali privi dei condottieri, oppressi dalla

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LIBRO QUARTO 549

maggior tristezza e sconsigliati ritiraronsi, lasciando cbeil nemico liberamente raggingnesse i Gepidi,

IL Altri parimente di nome Ustrigotto, abbando

nali di fresco i Gepidi, crasi posto in salvo presso deiLangobardi , eccone il fatto. Elemundo re de’ Gepidispento poco anzi da morbo, lasciato avea un sol figlioUsi rigotto, il quale per anche giovinetto fu di leggieriprivato del trono da Torisino. Egli per tanto non po-tenAosi vendicare della ingiuria si trasferì presso ai Lon

gobardi nemici di sua gente}questa passato breve temporappattumossi con Giustiniano Augusto e co’Langobar-d i , un7amicizia perpetua sagramentandosi religiosissimamente dalle due parti. In virtù a simile di nonmeno fermi accordi riconciliatisi tra loro GiustinianoAugusto ed Àuduino re dei Langobardi fecero ambedue

domanda a Torisino monarca dei Gepidi del comunelor nemico Ildigisal, pretendendo che la tradigione contro del supplichevole mallevasse innanzi tutto gli stipulati accordi. Torisino venutone a colloquio cogliottimati suoi richieseli vivamente di consiglio in pro

posito, e queglino teuner duro per la negativa ; protestando anzi preferire lo sterminio di lor nazione colledonne e la prole che vedersi contaminati di sì nefanda colpa. Dopo tale risposta Torisino fu in grande jperplessitade non osando consentire altrui a disgradodelle sue genti, nè riaccendere contro de’ Romani e

Langobardi una guerra con tante e sì lunghe molestieterminata 3 escogitò quindi tale spediente. Mandava ambasceria ad Audnino perchè gli venisse restituito Ustri-gotto figlio di Elemundo, scelleraggine dell’ egual tem-

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55o GUERRE GOTTICHE

pra , e con esso ad uno tutti i ricovrati sotto il patrocinio loro} di questo modo rendea la pariglia ai Langobardi sollecitandoli ad altra non meno turpe azione,

e di colpo obbligando Auduino stesso ad un vituperosissimo baratto. Ambeduni per tanto ben sapendo- iloro sudditi alienissimi dal commettere sì grande malvagità nulla impresero alla scoperta, ma diedero insidiosa, morte al proprio nemico, ed ommetto di esporne^le guise rinvenendo i relatori di tali uccisioni intra loro

discrepantisaimi, come ognora è il caso quando si prendea trattare di alti arcani. Ildigisal ed Ustrigotto non altrimenti compierono la mortale carriera.

CAPO XXVIII.

 XJsàrììa capo delT arimine se presidio provoca gV imperiali a  battaglia. — Contrasta il valicar del ponte a Narsete di- retto coir esercito a liberare quel forte . Ucciso il Gotto  nella pugna i Romani procedon oltre.

I. Narsete giunto in Ravenna coll7esercito ebbe acompagni Valeriauo e Giustino, maestri della milizia,con tutte le romane truppe ivi raccolte. Correva poi ilnono giorno del suo ingresso allorché Usdrila di gotticaschiatta, famosissimo nell’ arte della guerra e comandante dell9ariminese presidio scrisse in questi termini

a Valeriano: « Da che riempite ogni luogo di cfómori» abbagliando V universa Italia coi fantasmi d’ una gi-» gante&ca potenza, e v’ inorgoglite assai più di quanto» si vuole tenendovi Io spavento de’Gotti, perchè in-

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» dugiate là entro? Affé dì Dio che sì operando v’ appa-» lesale già caduti di quel vostro coraggio ed imbelli» guastatori con rozzo barbarico stuolo d’ una regione

» che nudamente v’ appartiene. Impugnate in cambio» le armi , e presentatevi a queste mura onde non ri-» raangan più a lungo sospese le nostre speranze, bra-99 mosi$simi da gran pezza di vedervi ». Così la scritta,e Narsete molto risosi della gottica anfaoia subito mosse con tutto V esercito, fidando Ravenna ad un presi

dio sotto gli ordini di Giustino. In vicinanza ad Ari-mino scontransi ad un malagevol passo, tagliato avendopoco innanzi il nemico ambe le teste dèi pónte, di guisache a grave disagio avrebbelo potuto valicare un soloinerme pedone, e non disturbato comunque nella suaimpresa; rendevasi quindi ostacolo vie più insuperabi»le a schiere di tutto punto armate e da nemica forzacombattute di fronte. Laonde V imperiai condottieroprocedutovi con debole scorta assai tempo fu sopra sènon sovvenendogli mézzo per trarsi da quell’ impaccio.

II. Ecco intanto arrivlaré Usdrila con turma di cavalieri bramoso di conoscere 1’ operato da suoi. Talede’ Romani allora, intassato 1’ arco, avventò una saetta , la quale profondamente piagando il corpo d’ unbarbaro tosto il fece cadavere. Poscia il Gotto ritrat tosi di là tornò ad Arimini , e chiamati di subito alle

armi altri dei più coraggiosi militi condusseli di carriera , spalancata una delle porte ? contro a Narsete sperando sconfiggerlo con forte e repentino assalimento ,sapendolo già sull9opposto margine del fiume in traccia

LIBRO QUARTO 551

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d’ agevol guado per l’ esercito. Ma volle propizio fatoche alla venuta de’ Gotti alcuni Eruli paratisi loro in nanzi uccidessero lo stesso Usdrila , e riconosciuto da

un Romano spiccarongli dall’ imbusto il capo, che tornati all’ esercito mostrarono a Narsete con giubilo universale, testimoniando l’accaduto essere il Nume avverso al nemico, il quale nel porre insidie all’imperial condottiero perduto avea il proprio seuz’ opera d’ agguatio come tu vuoi premeditato colpo. Narsete, morto Usdri

la, fece alto per tema non 1’ espugnazione di Arimini odi luogo comunque in mano dei barbari adducessegli indù gj ed impedimenti, occupando suo tempo in minoriimprese con iscapilo di altre molto più rilevanti. Laguer-nigione priva del capo si rinchiude nella città nulla curante che il nemico ristori a suo bell’agio il ponte del fiume, e conduca le truppe alla ripa di contro, dove questa levatasi dalla Via Flaminia volge a manca. Imperciocché Pietra Pertusa, nome del luogo negli antecedentilibri ricordato, munitissima di per sè stessa ed a pezzaoccupata dai barbari vietava del tutto agli imperiali di

proseguirvi il cammino} laonde il romano condottieroantepose al vantaggio della brevità quello d’ una sicurezza maggiore.

55a GUERRE GOTTICHE

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LIBRO QUARTO 553

C A P O X X I X .

Totila, in aspettazione di Tela, udita la morte di Usàrtia si dirige alC Appennino, dove raggiunto da Narsete ne riceve officiosi consigli.  Inoltratosi poscia contro de* Romani fa  replicatif ma sempre vani tentatici di cacciarli da un pag-gio. —  Bellissime imprese di Paolo e di Ausila.

I. Il romanù esercito non procedeva altramente.

Re To tila , saputo il sinistro de’ suoi nell’ agro vcue-to, si rimase da principio in Roma per attendervi Teiacolle truppe, ed appena arrivate , meno due mila cavalli ancora indietro, mosse coll’ esercito voglioso d’incontrare opportunamente i nemici. Rifertogli quindi peristrada che, morto Usdrila, eglino eransi di posta fallidi qua da Arimini e portati, da banda a banda calcandola Tuscia, a piè dell’Appenniuo, pose il campo in vicinanza ad una borgata, che nomano i paesani Le Tagine, edivi si stette. Non guari dopo anche Narsete steccò suaoste presso a quel monte, nè più forse di cento sta

dj lunge dai Gotti, in una pianura a breve distanza seminata di tombe; dove appunto ab antico da Camillocondottiero delle romane legioni, come narra la fama,vennero sconfitte in battaglia ed uccise le truppe deiGalli, del che il nome stesso periodilo a dì nostri rima-so al luogo , 1 busti de9Gall i, rende testimonianza ,

e conserva la memoria di quella strage, chiamàndosilatinamente busti le reliquie del rogo, e quivi appuntosurgono moltissime tombe erette con terra ammonticelalata sopra le ceneri di que’trapassati. Di là Narsete man-

Pmocopio ,  tom.   //. 35*

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guarentirsene, occupandola. Narsete adunque di fittanotte vi spedì cinquanta scelti pedoni coll’ ordine distabilirvisi e difenderla valorosamente} questi giuntivi

senza incontrar uom de’ nemici vi si tennero in quiete,aventi a basso e lungo il sentiero testé da me ricorda*to un torrente, sì uniti che toccavansi V un 1’ altro, edin ordinanza tanto quanto lo comportavano le angustiedel luogo. Non a p p e n a 1 ’ aurora ebbe disvelato la faccenda il re adoperossi del suo meglio per iscacciarneli,

ordinando a tal uopo ad una mano di cavalieri che livolgessero in fuga. Costoro con grande strepito ed altegrida si avanzano tutti speranza che al primo assaltoforzerebbonli a ritirarsi} ma i Romani strette vie piùle file e riparati dagli scudi stavansi pronti ad acco*gliere la tarma che di galoppo ed alla rinfusa traeva a

quella volta. Di più insiem percuotendo gli scudi espesso ed acconciamente vibrando le aste fecero valorosissima resistenza spaventandone i cavalli col noninterrotto fracasso ed i cavalieri colle punte delle asterivolte lor contro. Gli animali addivenuti fieri per la*

malagevolezza del suolo e per l’ inudito romore eranosul cedere nè aveanne, chiuso ogni passo, il mezzo, equelli in arcione più non sapevano che si fare vedendosi impotenti a vincerne la pertinacia , e di fronte aduomini cotanto ardimentosi e fermi. Disperati alloradella riuscita rinculano per cimentarsi ad un secondo

assalimento, e scontratavi la eguale opposizione danno altra fiata le spalle: in fine dopo ripetute pruovecessano di molestarli. Speditevi poscia replicatamentenuove truppe queste ebbero mai sempre a sperimentare

LIBRO QUARTO 555

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Fogliai fortuna, il perchè Totila invilito ila cotanti vanitentativi rinunziò affatto alla difficile impresa. I cinquanta Romani poi furono proclamati valorosissimi, e

più che tutti Paolo ed Ausila, i quali usciti dell’ ordinanza illustraronsi con luminosissime pruove d’ intrepidezza. Imperciocché messe a terra le impugnate astee volti gli archi ai nemici avventavanne sì accuratamente gli strali che menarono strage d’ uomini e cavalli.Votati da ultimo i loro turcassi imbrandirono le spade,

e fattosi co’ proprj scudi riparo sostennero , quantunque da soli, l’impeto de’ nemici (i). Che se tale de1cavalieri spronava lor coutro per ferirli d’ asta, di subitotroncavaune la punta colle spade; or mentre respingono siffattamente i continui attacchi de’barbari la spadadi Paolo col lungo tagliar aste ai  ruppe, addivenendogli

così del lutto inutile. Ma egli gittatala di subito in terra, ed abbrancando le armi nemiche strappale di forzaagli assalitori ; disarmatine di questo modo quattro, alvalore di lui è mestieri ascrivere che i Gotti , perdutaogni speranza, desistessero dall’impresa: Narsete poi lo

annoverò, in premio di tanto coraggio , tra gli scudatia guardia della sua persona.

556 GUERRE GOTTICHE

(i) Orazio sol contro Toscana tutla.

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LIBRO QUARTO

CAPO XXX.

 Arringhe  di  Narsete e  di Totilm.

1. Poco dopo le antedette cose ambo gli eserciti siapprestarono alla pugna, e Narsete raccolte le suetruppe fé9loro tali parole: « Quegliuo che inferiori div numero espongonsi ad incontrar battaglia può darsi va

ti dano bisognosi di esortazioni ed incoraggiamento oude» per Io meno fatti con lunga diceria più animosi degli av-v versarj conducano a buon fine la contesa. Ma voi, o» guerrieri, in atto di venire alle mani con genti al cui99 numero, valore e guerresco apparato soprastate non*9 poco, siete d’una sol cosa in bisogno, di uscire in99 campo, dirollavi 9 protetti dal Nume. Con fervoro-

 n sissime preci adunque imploratene il soccorso, ed av-» vaiorati gli animi vostri da generoso sdegno portatevi a 99 dislerminare questi ladri, i quali sottrattisi colla fuga al 99 grande imperatore, cui furono già tempo soggetti,

 99 e sceltosi dal volgo un tiranno a capo lungamente 99 afflissero il nostro suolo commetleudovi colla mas- 99 sima inverecondia le ribalderie loro. A buon diritto 99 in vero sarebbesi ognuno creduto chV, se pur vanno 99 di qualche ingegno forniti, non avrebbero unquemai99 osato sfidarci alle armi; voglionsi non di meno con

99 mal consigliata audacia metter fine alla vita, e sedot-99 ti evidentemente da furiosa baldauza esporre ad infalli-

 99 bile morte; nè, per Dio, giugne a tanto (or fiducia99 da ripromettersi straodinarj eventi, e maggiori della

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 99 eomune aspettazione} ma ben si vede che lo stesso» Nume li guida a pagare il giusto fio delle malvagità79 commesse, da che Puomo per decreto divino senten-

 99 ziato ad ammenda comunque va di per sè ad incontrar- n la. Voi entrate nell’arringo difensori di ben regolata e» ferma repubblica, eglino scosso il giogo delle leggi

 9» sono tutti nel macchinare novità', sfiducciati inoltre di79 trasmettere agli eredi qualche parte delle usurpazioni79 loro, e persuasissimi che seco abbia fermine ogni cosa

79 tale vivono da non portare più in là d’un giorno le pro- 99 prie speranze. Sono quindi meritevoli di altissimo» dispregio, imperciocché la virtù diserta le società

 99 prive di ordine e di commendevoli statuti} la vittoria 99 pertanto, fedele compagna di lei, si tiene ben lontana 99 da loro} » così Narsete. Il re vedendo i suoi tutti intenti ad ammirare l’esercito romano, chiamatili a parlamento, ne conforta gli animi dicendo:

li. « Qui vi ho ragunato, commilitoni, col proposito 99 di arringarvi per Pultima volta, poiché dopo P immi- 99 nente battaglia, siccome penso, non occorreranno al-

 99 tre militari concioni, ma con essa avrà fine la guerra. 99 E per verità sì noi che Giustiuiano Augusto addito venuti siamo deboli ed esausti di forze in causa delle» fatiche, delle pugne e delle miserie io cui da gran pezza 99 ci ravvolgiamo} ne incuori tuttavia a durare gli sconci 99 della guerra il pensiero che ove in oggi riportiamo vit-

 99 toria sopra il nemico , tosto ci verrà meno il bisogno 99 di prendere nuovamente le armi , dopo tante stragi79 soavissima riuscendo agli uomini la pace} nè là dove» e’ s’ebbero a lottare con ogni maniera di travaglio osa-

55S GUERRE GOTTICHE

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 tì no mettersi a nuovi pericoli, e se da fortissima neces-» sita sienvi costretti gli animi loro, spaventati dalla me-» moria dei sofferti patimenti ne provano tutto il mal

* cuore. La mercè di queste considerazioni esponetevi,» o prodi, con grandissimo coraggio al cimeuto, per mos- 99 trarvi in esso quali iu realtà voi siete, nè ad altri tempi n serbate un che del vostro alto valore. Incontrate pur» con fermezza qualunque difficoltà sia per appresentar- 99 visi, nè rendavi circospetti il pensiero che non abbiano

* col presente arringo ad aver fine le nostre pene. Datevi fi pur entro non curando armi e cavalli, affatto disutili9 f  cose la dimane per noi*, la fortuna, scempiatici per

 n ogni modo, ha rinchiuso in questo sol giorno tutte le n nostre speranze, siate adunque valorosi ed uscite co-« raggiosamente in campo. Queglino la cui sorte è rac- 99 comandata ad un capello guardinsi dal rimanere m un menomo istante tranquilli, conciossiachè perduto 99 il bello ogni conato anche grandissimo invanisce , la» natura abborreodo parto comunque fuor di stagio- 99 ne; sfuggita per tanto la opportunità è mestieri che

 99 tutto l’operato di poi riesca intempestivo. È quindi 99 mio avviso che voi attendiate ad afferrare scaltramente n i partiti di cui vi fornirà la buona ventura, per com- 99 battere da prodi, e così poscia fruire de’vantaggi che 99 saranno per conseguitarne. Ma soprattutto vorrei im- 99 primere nelle menti vostre il male gravissima che ne

* coglierebbe fuggendo; col volgere degli omeri, abban- n donata P ordinanza, sol mirasi alla propria salvezza,» ma se alla fuga tengon dietro inevitabili danni, il» perseverante nella pugna meglio di chi V abbandona

LIBRO QUARTO 55$

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56o GUERRE GOTTICHE

» a sè provvede. Non curale inoltre la folta schiera ne»» mica, marmaglia ragunaticcia di svariatissime genti}» di tali eserciti, opera il più dell’oro, non sanno di

» fede e costante valore, poiché vuol natura che quanti n hannovi popoli tanta siane la discrepanza de’ con- n sigli. Non vi date a credere che gli Unni, i Lango*» bardi e gli Eruli quivi da immenso danaro trascinati» sieno per combattere itifino all’estremo della vita, chè• certamente non F hanno così a vile da estimarla meno

9« delFottenuto danaro: vivomi sicuro in cambio che do* n po bella guerresca mostra e’non si scalderanno di so-» verchio nella tenzone, memori della già snocciolata» mercede e della obbedienza dovuta ai comandi segreti n de’proprj duci. Imperciocché non le sole cose di guer»» ra, ma pur quelle riputate soavissime dal volgo se in

 n virtù di prezzo o qual tu vuoi forza vengano eseguite 99 e non da sua posta increscono mai sempre e stima usi» intollerabili, colpa lo stringente legame. Pieniadnnque» la mente di questi pensieri facciamoci ad assalire il

 n nemico. »

C A P O X X X I .

Ordinanza d'ambe le fazioni. — Singolare certame — Ósten tazione di Totila nel cavalcare.

I. Gli eserciti dopo le arringhe son posti in ordinanza di fronte con profondissimo e lungo schierameutawNarsete e Giovanni circondati, senza parlar di tutti; dafolta mano di lance e pavesai, da gran copia di sceltis-

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•uni Unni e dal fiore dèlie romane truppe comandavanoil sinistro corno presso del còlle, avendovi nel destro Va*leriano, Giovanni Faga e Dfcgisteo co’ loro militi; eranvi

parimente in entrambi da otto mila fauti arcieri. Vedevipoi nel centro i Langobardi, gli Eruli e le altre barbar*riche truppe, scavalcatele da prima acciocché se litoidi0 fors’anche traditori combattessero roen valorosamentemancasse loro agevol mezzo alla Alga. Il condottiero asimile distesa ad angolo l’estremità del sinistro corno

posta iti frónte della ordinanza vi collocò mille e cinquecento cavalieri, un terzo de’quali ove qualche corpos’arretrasse do.vea tosto procedere a soccorrerlo; quindicommise at mille che principiatasi dai nemici laj zuffaevenissero loro da tergo per combatterli doppiamente.Il re gotta schierò sue truppe dell’egual modo, e di cor*

sa facendosi lungo tutto l’esercito animavaio, destandoin esso colla voce e col sembiante valore. Non altra-niente adoperava Narrate , e per incorare vie meglio1suoi alla pugna iva mostrando inalzati sopra le astebraccialetti, collane ed altri simili addobbamenti. Qual*

che tempo indugiarono le due fazioni prima di venirealle armi, ed iu attesa dell’urto nemico stavansi di piòfermo.

IL Un gotto soldiero in questa nomato Cocas, famosissimo dì prodezza ed in epoca anteriore alla presente guerra dagli stipendj romani disertato a Totila,

separatosi in arcione dall’ordinanza s’avvicina all’esercito imperiale addimandando se avessevi alcuno pron*to a seco battagliare a corpo a corpo, e consentì alladisfida una lancia di Narsete, Ànzala di nome, originario

P r o c o r i o , tom. / / . 36

LIBRO QUARTO 561

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dell’Armenia ed anch’egli in sella. Primo Coca* spronatogli contro lo assalì mirando a trapassargli d’asta ilventre. Anzala curvatosi tosto sul cavallo evita il colpo

e rende vano V attacco*, di più, con arte obbligameli*te sovrastando al nemico, spingagli Pasta entro il sinistro lato e fallo, balzato giù d’ arc ione, cadere spentoal scrólo. A tale avvenimento dal romano esercito man-dansi grida a cielo, ma nè gli uni nè gli altri osano tuttavia cominciare la pugna. Totila poscia di per sè proce^

de in mezzo ai due eserciti colTanimo anzi d’indugiareT aringo che di provocare a nuovo singolare certame.Conciossiachè udito avendo prossimo l’arrivo dei duemila Gotti da lui premurosamente attesi, adoperò allascoperta di cotal modo per tenere a bada il nemicosino alla costoro venuta} volle di più mostrare chi e daquanto eglivsi fosse } al qual uopo vestiva tessuti ricchissimi d’oro, avea pendenti dal suo cimiero e dalla suaasta bende così sfolgoranti di brillantissima porpora cheaffarsi potevauo a solo monarca. Di tal foggiti paratoleggiadramente armeggiava, su di nobilissimo destrie

r o , intra le dpe ordinanze, ora aggirandosi per ripiegare tosto dalPuno de’ lati, ora gittando sua lanciain alto per quindi agguantarla, venendo a basso, ne lmezzo, ora passandola destrissimamente da mano amano, ed era tutto glorioso di sua valentia in cosiffatto esercizio} arrovesciavasi eziandio, e con molteplici

variate curvature il miravi quando penzolone a destraquando a manca per ostentare come diligentementene’ suoi'primi anni apparato avesse l’ arte del balio$consumata in simiglievol giuoco tutta la mattina,

56a GUERRE GOTTICHE

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LIBRO QUARTO 565

' fermo Dèi tuo proposito di ritardare la battaglia mandò chiedendo al romano condottiero un abbocca*mento. Narsete vi si ricusò adducendo lui e&ere sulla

scherzare e voler dargliene ad intendere , chè quando era il tempo dì parlare mostrassi tutto sul combat-tere; laonde ora nel mezzo dell7arena lo provocherebbeegli stesso alla tenzone.

C A P O X X X H .

Totila coltesercito ripara riegli steccati. — Provvedimenti di  Narsete.  Ritorno de*Gotti in campo* Battaglie.   — Vittoria dei . Romani* Strage delle regali truppe.

i. In questo mezzo i due mila guerrieri aggiunsero ilgottico campo, e non appena Totila ebbene Tanuunzioriparò, avvicinandosi Pora del pasto, nel suo padiglione^le troppe del pari, sciolta l'ordinanza, si fecero indietro.Il re di ritorno alla tenda rassegna i due mila pervenuti, e ordina che tutto Pesercito si rifocilli. Quindi fat

tolo nuovamente armare con grandissima diligenza, per*chè lo fosse giusta le discipline di guerra, muove con esso contro il nemico sperando sorprenderlo ed opprimerloquando e1meno vi pensava, ma pronti si tqneano i Romani alla difesa. Imperciocché Narsete, preiago di quan-.to in realtà avvenpe, per non esservi colto alP im p e la

ta, fé’.comando che nessuno desinasse, nè si ponesse adormire, nè tampoco spogliasse l’usbergo o sbrigliasse i)cavallo; ed affinchè non si stessero digiuni impose lorodi ristorarsi belli e armati ?d in piedi , conservando

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l'ordinanza, e sèmpre inlenti cogli animi e cogli occhialla tenuta de’Gotti} fe’ parimente ai corni delle romane truppe, ov’erano quattro milla fonti-arcadori, torcere

la fronte.II. I reali pedoni senza eccezione procederon oattela-ti strettissimamente dietro i cavalieri per essere presti adaiutarli, rinculando, e con essi riprendere l’offensiva} do-veano altresì tutti valersi nel combattimento delle soleaste, non già di frecce o dardi comunque. Egli è poi cer

to che Totila per imprudenza cadesse in errore cimentandosi ora alla pugna, ed altri dicane il motivo^ contruppe disugualissime nelle armi e nel resto, mentre gliimperiali nella tenzone sapevano a tempo e luogo trarprofitto d’ognuna delle prime, dando mo’ di piglio allefaretre, mo’ alle as te , mo’ alle spade, o a checchéestimavano di mig!k>r uso. Li vedevi di più quando insella , quando pedoni giusta la bisogna del momento.Tal fiata circondavano il nemico, taP altra asèaliti ripi-gnev^nlo rendendone collo scudo vani li colpi. Mai cavalieri de1Gott i per Io contrario, lasciali dagli omeri i

pedoni, messa ogni speranza nelle sole aste ed invasatida eieco furore, non appena cominciata la zuffa ebberoH giusto premio dell’ audacia loro. Imperciocché, investito il eéntro degli imperiali, non prima s* avviderodegli otto 'mila fhnti da tergo che furonne prontamenteaccerchiati, ed oppressi ali’ ingiro da folto nembo di

Saette-, allora conobbero che i Romani dall1arco, cometestò dicea, falcato aveàno i corni della propria ordinanza. In quest’ assalto i reali toccata grave perdita d’uomini c di cavalli, prima cbe venissero a regolare batta

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glia, ebbero agio appena di ricondursi a! pedoni. Oraio non saprei chi più ammirare se le genti romane , overo sia ì loro barbari aititi ; conciossiachè in tutti feo«

bella mostra di sè la gagliardia dell’ animo ed il gareggiante valore. Di già il sole era in aul tramonto quandoambe le fazioni ad una mossersi di luogo rinculando iGotti, e procedendo f Romani per incalzarli da te rgo;essendo che i primi ad assalire veggendosi malparati ,inetti ad una prolungata resistenza e sopraffatti dall’ irrtn

peto nemico ritrassersi tosto indieti^o* e poscia <a bri-*glia sciolta diedero le spalle tutti maravigliati dell’ immenso numero e della ottima ordinanza degli avversar}-Nè più volean sapere di nuovi cimenti, quasi paventa/»-?sero aver che fare con ispettri, od essere dall1alto deicieli combattuti. Raggiunta di più la achiera pedestre a

molti doppj accrebbero lor mala sorte ; imperciocchénon arrivativi ordinatamente^ per quindi cogli animi ri-*messi dalla paura e tutti di conserto rinnovare la bat-rtaglia, o francarsi dai persecutori, o imprendere qual’al-rtré si fossé guisa di pugna, ma con s4 grsMkde scempiagliamento che parecchi vi caddero spenti dalla foga deiromani cavalieri, quella io luogo di accoglierli, aprendosue file, e procurarne la salvezza, ten&esi per poco rinser-rata ed immobile nella ordinanza, pigliando poi tutti in-siememente precipitosa fuga colF adoprare in questa learmi, quasi schermatori al buio, contro sè stessi. Le ro-

mane truppe in cambio, colta 1’ opportunità dell’ arre*-cato trambusto, facevano dispietati mordere il suoloa chiunque avvenivansi, mentre i barbari paventando voi*gere, non pur le armi, gli occhi stessi verso gli oppres-

LIBRO QUARTO 565

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•ori, abbandonava»*! affatto, padroneggiati del Continuopiù cbe più dallo spavento, ai nemico furóre. Io cotalzaffa perirono sei mila Gotti, e molti si diedero prigio

nieri, ma in vano, poiché sebbene ottenula pel momentola vita , furono quindi senza eccezione spenti} né dal*V orribile strage andò libera grandissima parte dei mi*liti descritti in prima ne’ romani ruoli e pòscia, comeriferiva ne’ precedenti libri, disertati al nemico. I po chi sottrattisi da morte e prigionia ebbero agio ad ascon

dersi e fuggire come meglio la celerilà del cavallo o deipiedi, unitamente 'ad una propizia stel la, vi consentìquando V opportunità del tempo e del luogo approaeo*tossi loro.

III. Il combattimento era già pervenuto al suo terminine, come narrava, e le tenebre coprivano la terramentre alcuni Romani ostinavapsi tuttavia d’ inseguiretale de9fuggitivi, ignorando eh’ eglf si fosse Totila, ilquale cercava in quella oscurità modo alla propria sai*vezza, accompagnato da soli cinque guerrieri compresovi Scipuar} altri de’persecutori era il gepida A sbado.

Ora qnesti fittosi nella mente di lancioltare dagli omerilo sconosciuto, essendo li per arrivarlo, s’ udì riprendere ad alta voce da un giovinetto nemico, ai servigidel re e seco lui nelP attentato scampo, lamentandonela sciagura con simiglianti parole: Che ti vuoi , o cane , mettendo a repentaglio la vita del signor mio ?

Asbado per tutta risposta con potentissimo colpo dilancia trapassò cui posto avea la mira, vedendosi contemporaneamente egli stesso in un piede ferito daSciupar, e Costretto a fermare il passo} nè andò esen

m GUERRE GOTTICHE

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te da offesa il feritore di lai 9 sì forte da-nemica mano piagato cbe non ebbe più lena da procedere oltre. In allora i quattro seguaci d’ Asbado nel correr

dietro a’fuggenti rivolto ogni loro pensiero ad aiutareil compagno, pigliatolo seco, diedero la volt». Intanto ì  

Gotti con Totila e col nemico a breve distanza oonallentano per nulla il passo quantunque carichi del re galcorpo mortalmente impiagato e quasi agli estremi dellavita, la necessità dando vigoria alle piante loro. Corsi

ottanta quattro stadj pervennero a Capri, nome del luogo, dove fatta posa medicarono il monarca, ed al tra-passo di lui, poco dopo avvenuto, quivi stesso lo sep«pellirono, proseguendo poscia il cammiuo. Totila regnòsopra i Gotti undici anni, e non altrimenti ebbene 6neil regno e la vita} fine per verità immeritevole di quantoegli avea in addietro operato, conciossiachè le bene av«venturate prime sue imprese non'procacciarotigli coode-gna morte. Diremo quindi pur ora che la fortuita dandosia favoreggiare o conculcare le umane cote fa pompa maisèmpre a capriccio di sua potenza. Ella fuor di propo*

sito mostrossi da principio largheggiare di lunga prò-sperUade col re per sentenziarlo poscia, in forza del poter suro, a cotMrto miserando termine senta un’ apparente cagione di sì rigida condanna} cbse di vero, aparer mio, cni le umane menti non hanno potuto infiaqui, nè potranno giammai arrivare. Di simiglianti fac

cende in ogni tempo decantate sogliamo noi tutti pen-sare e parlare a nostro buon grado, confortando la prò-pria ignoranza colle dicerie che appresentanci migliorfaccia di vero 5 e qui torniamo à bomba.

LIBRO QUARTO $ 6 7

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IV. I Romani seppero la fqnesta morte di Totila solquando n- ebbero da gottica femmiua lòtte le circo-stanze ed il sepolcro; ma i primi ad udirne rifiutandosi

a prestarvi fede si fanno sul luogo, e di netto rimossala terra traggoo fuora il reale cadavere |*er venirne, come dicono, alla ricognizione, e dopo accuratissimo esame ripostolo nella fossa riferiscono prestamente il tutto a Narsete. Altri narrando in contraria guisa la battaglia e la morte del re, io non opino uscir di sentiero

colP aggiugnere quanto e' si vorrebbero in allora avvenuto. Non senza motivo nò sconsigliatamente e’diconoessersi le gottiche truppe abbandonate alia fuga ; maproseguendo tuttavia parte de’ Romani ad avventar quadretta, uno di questi all’ improvviso, nò Con premedi *tata consiglio dell’arcadore, aver piagato la reai perso

na, il quale dimorava nell’ ordinanza insiem co’soldieri,ed armato di tutto punto dell’ egual foggia per non appalesarsi e servire di bersaglio ai nemici ; se non chela fortuna, «ignora delle umane cose, ne volle il corpoalla prima trafitto ; ond’ egli vinto dall’ acerbissimo do*

lo re appiedi e con pochi altri si ritrasse di là; Giuntoposcia sopra un destriero a Capri, aggravatosi il male ,cominciò a venir meno, e quando fu nedica ta la pia*ga in brev’ora si partiva di questo mondo. Il suo esercito , per le fatte perdite addivenuto inetto a durarenella pugna, vedutosi privo del condotliero stupiva in

prima sentendolo da mortai colpo offeso, avvegnaché aiRomani fosse mancato il mezzo di farlo segno degliarchi loro , e quindi costernatissimo ed oltre ogni credere soprappreso dello spavento fornì con Qssai turpe

568 GUERRE GOTTICHE

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LIBRO QUARTO 5 6 9

foga il certame : in siffatta guisa procede la costoronarrazione, e noi lasciamo che ognuno a voler suo nepensi.

C A P O X X X I I I .

 Narsete rimanda i Langobardi Verona indarno assediata da  Valeriano. — Elezione di Tùia a re de1Grotti Nami, Spo-leto e Perugia occupate dagli imperiali — Questi assalgono 

le mura di Roma e rtndonsene agevolmente padroni.

I. Narsete lieto dei riportati vantaggi riferi vai» dicontinuo al Nume, siccome vero autore^ a uon du-biarne, del tutto, o provvedeva con sollecitudine adogni bisogno. Fu dunque prima sua cura di risarcire a presto i danni arrecati dall9indegna licenza deiLangobardi condotti seco, i quali, per non dire dellealtre sozzissime sceleraggini perpetrate, incendiavan lecase a cui avvenWansi ed oltraggiavano le femmine riparate ne9sacri templi. Di più accommiatata lor turba con

larghissimo danaro la rimandò in patria, commettendoa Valeriano ed a suo nipote Damiano di soortarla insi-no alle frontiere del romano impero, acciocché luogoil cammino la raffrenasse da guasti e ribalderie. Valeriano, fattala valicare il confine, si pose a campo vicinoalla città di Verona, sperando coll9assedio venirne al

possesso. A tale comparsa il presidio là entro pigliatoda forte spavento diputò oratori al duce per capitolare } se non che i Franchi a stanza nell9agro veneto avutane contezza efficacemente vi si opposero,

Puocono , tom. Jt. 36*

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e dichiaratisi padroni di quella regione obbligarono^Valeriano, fallitogli il proposito, a rimoverne sua oste,

II. I Gotti campati dalla battaglia occuparono, tra

gittato il Po, Ticino città ed i luoghi circonstanti ove sielessero a re Teia, il quale ripvenendo in quelle muratutto il tesoro messovi in serbo da Totila deliberò aesca-re cou danaro i Franchi ad una confederazione seco.Chiamati inoltre da ogni banda i Gotti li mise in puntoed esercitò, giusta 1’ opportunità del tempo e delle circo

stanze, al maneggio delie armi. Narsete, uditone, co-maudò a Valeriano di tenere in accuratissima guardiail fiume, onde togliere al nemico P agio di ripassarlo ,ed egli col rimanente esercito pigliò la via di Roma.Giunto poi nella Tuscia  s* ebbe Narni a patti , enella città.di Spoleto, tuttavia aperta, lasciò nn presi-dio oolP ordine di riedificarne prontamente il muro doveatterrato, aveanlo i Gotti. A; simile fece tentare la perugina gnèrnigione capitanata da Meligedio ed Ulifo ,romani disertori. L’ultimo, instigato con grandi promesseda Totila, ucciso avea proditoriamente Cipriano, di cui

era lancia, in allora governatore del presidio. Meligedio* assentendo a Narsete, deliberò co’ suoi di cederglila città, se ppn cbe appalesatasi la trama Ulifo coiproprii militi alla scoperta congiurògll contro, ma spen-.tojo in fine oon quanti seguivanne le parti ., accolse inPerugia le truppe romane. Del rimanente qui pure

si feVmanifesta la divina vendetta, la quale punì Ulifostesso laddove egli avea da prima spento Cipriano. Dital modo procedevano le cose in que’luoghi.

III. I Gotti entro Roma alla notizia che Narsete

57o GUÈRRE GOTTICHE

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coll’ esercito movea a’ quella volta ed era già vicino allemura prepararonsi ad incontrarlo con tutte le truppe.Totila in altri tempi, dati alle fiamme, non appena eb

bene il possesso, molti romani edifizj e poscia seco stessopensando che i suoi ridotti a pochi non sarebbero statisufficienti a difendere ovunque così vasta circonferenza,fascialo avea di bassa muraglia una piccola parte de’ fabbricati intorno alla mole Adriana formandone, uhita allevecchie mura, qtiasi direi un castello; ed i Gotti depostévt

le suppellettili credute di altissimo pregio erano dilkgehtìssimi nel guardarlo , curantJsi poco dèi resto; aque’ dì poi con. peggior consiglio, fidató il forlili-zip a scarso numero di guardie , 1’ ardire spinto aveaP intero presidiò ai merli per combattervi gli ’ assali*tori. Ma opponendosi alla divisata impresa la 'vastità del luogo, maggiore di quanto si voleva per essere onninaménte accerchiato dal nemico e difeso daiGott i, quello ora qtia ora là appiccava l’ at tacco , equesti accorrendovi ributtavanlo. Narsete con fortis*sima schiera di arcadori movea ad investire una parte

del muro , contro un’ altra pugnava Giovanni nipotedi Valeriano co’ suoi militi, Filimut cogli Eruli assali**vane una terza e così gli altri tutti a grandi intervalli, ed in raìgione della costoro distanza compartiva-si la guertiigione; là dove poi non vedevi uom dè'Rò-mani erano i merli affatto spogli di guardia, accorso

l’ intero presidio , come diceva ^ alla difesa dei siti viepiù minacciati. DagUteo intrattanto per ordine delsupremo duce, portando seco gran forza di aratati, ivessilli di Narsete e di Giovanni, e quantità di scale ,

LIBRO QUARTO 5yt 

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andò all’improvviso ad assaltare una desertissima partedel muro, e salitolo di netto senza opposizione al mondo si calò à bell’ agio co9suoi nella c it tà , spalan

candovi incontanente le porte. I Gotti alla comparsadel nemico in Roma deposto ogni pensiero di resistenzatornano in precipitosa fuga, chi riparando nel castello,e chi battendo la via di Porto. Ora io nel raccontaredi tali mutazioni vado intra me riflettendo come lafortuna pigliandosi giuoco delle umane cose mai ten

ga dietro ai mortali con equabil m oto , nè riguardilisempre ad una guisa, ma ben diversamente in conformità dei tempi e de’luoghi, secondo i quali e le circostanze mostrasi tanto ghiribizzosa con essi da mutarneaffatto la condizione; e valgaci a pruova Bessa, il quale avendo perduto ignominiosa mente Roma giunse non

guari dopo nella Lazica a riporre sotto l’imperial dominio Petra ; Dagisteo che abbandonata questa città almomento di occùparla fu quindi il primo a liberare lastessa Roma dai Gotti aprendone le porte agli assediatone Ma di tali vicende corsero tutte le età del mondo, n i

cesseranno mai infino a tanto che la volubil Dea signoreggerà i mortali. Narsete allora coll’esercito si avvicinòal castello, e con promessa di mandarne salvo della vitail presidio ebbelo incontanente, ricorrendo l’anno vigesi-mo sesto dell’imperio di Giustiniano. Così Roma tornòper la sesta volta sotto il dominio di questo principe, il

quale di subito' ne ricevè le chiavi speditegli dal supremo duce. -

57a GUERRE GOTTICHE

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LIBRO QUARTO

C A P O XXXIV.

 L a vittoria di Narsete torna fata ie al semata ed mi pepolo romano. — Fellonia, crudeltà e stragi del gotto Ragnari —Teia vanamente implora Vaiuto de* Franchi Cuma e Cen-tumcelle assediate dai Romani Ambo gli eserciti metton 

 piede nella Campania.

I. Di questo tempo ebbero gli uomini evidentissima

pruova come le stesse cose tenute prosperitadi volganoa danno quando sien fatti segno della celeste vendetta ;e dato pnre che aggiungano, imprendendo, a venturosameta , e9sono tuttavia nel b e llo r i lor fortuna e nellamaggior certezza di sua lunga durata messi in fondo;non altramente la riportata vittoria incolse funestissima

il senato ed il popolo romano, e passo a dirne. I fuggitivi Gotti, fuor d’ogni speranza di tornare al possessodell’ Italia , uccidevano alla rinfusa tutti i nemici cuiavveuivansi, ed i barbari militanti sotto gl’imperialivessilli; entrando nimichevolmente nelle città non ado

peravano d’altra maniera. Di più, alcuni dei molti in*dividui spettanti al romano senato e da Totila per loinnanzi sbandeggiati nella Campania, all’annunzio chel’esercito imperiale avea occupato Roma scioltisi dall’esilio vi si recarono di netto: alla qual nuova i barbaria dimora ne’luoghi forti della regione corser là da per

tutto in traccia di quelli rimasivi e dal primo all’ultimo,non escluso tampoco il Massimo da me ricordato negli antecedènti libri, ne fecero macello .In oltre, quandoTotila tKosse a battaglia contro Narsete ragunò i figli

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574 GUERRE GOTTICHE

de9patrixii e sceltine dal numero trecento, i più belli eforti della persona , tenneli séco per istatichi mentendoco’loro genitori di volerli presso di sè come suoi pag

gi; mandati per tanto di là dal fiume P o , e rinvenutivi ora da Teia furono tutti |>er comandamento dilui messi a morte.

II. Di quel tempo il gottico Ragnari prefetto dellaguernigione tarantina, il quale ottenuto avea coll’imperiale consenso un salvocondotto da Pacurio (i), come

altrove ho narrato, dichiarandosi pronto a dare sèstesso e la città nelle mani degli imperiali e per arradella sua parola consegnando in ostaggio sei Gotti,quando intese eletto a re* Teia, costui chiamate in aiuto iFranchi ed essere dispostissimo a proseguire la guerracontro l’impero opponendogli numerose truppe, cangiòconsiglio, nè più volle sapere di attendere la promessamacchinando in vece nell’animo suo inganni, e bramo*sissimo di ricuperare gli statichì escogita la seguentefrode. Manda pregando in suo nome Pacurio d’unascorta di truppa romana per trasferirsi con sicurezza

maggiore ad Idrunte e da quivi, navigato il seno Ionico,pigliare la via di Bizamzio. L’altro per nulla in sospettodi lui spediscagli cinquanta militi, i quali non appenaarrivati vengono introdotti e rinchiusi nel castello, equindi riceve dal fellone Pannunzio che se brama riaveresua gente è uopo renda i gottici ostaggi; laonde, Gdato

Idrunte a un debole presidio, marcia col resto delletruppe a farne vendetta. Ragnari allora, morti senz’indugio i c inquanta , muove da Taranto per attaccare

(i) Prefetto d'idrante.

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i vegnenti} fatta quindi battaglia e perdutavi la partomaggiore de’militi fogge col resto nuovamente alle mura,ma chiusegli le porte ripara ad Acheronte dove rimane.

Dopo breve tempo gli imperiali assediato Porto v’entra-rouo a patti} dell’egual modo s’ebbero nella Tuscia ilcastello detto Nepa e le munizioni di Petra Pertusa.

IIL Teia poi giudicandosi meno forte di quantovoleavi per misurarsi da solo col romano esercito manda ambasceria e promessa di molto danaro al ré de*

Franchi Teudebertp invitandolo a confederarsi secopella presente guerra. Ma costoro studiosissimi, come10 penso, de’proprii vantaggi e di guerreggiare scioltida ogni lega disdegnavano mettere a repentaglio la vitaa prò de’Romani o de’Gotti, potendo eglino stessi conquistare l’Italia. Totila, come bo narrato , posto avea in

serbo qualche parte del tesoro entro le mura di Ticino,11 più tuttavia di esso era guardalo in Cuma guarnitissimocartello della Campania, il cui presidio obbediva a suofratello e ad Erodiano. Narsete adunque fermo nel proposito di combattere quel forte invia truppe ad asse

diarlo, trattenendosi egli in Roma per ordinarvi la repubblica. Commette ir^ pari tempo ad altri militi laespugnazione di Centumceila, Teia pertauto nella temanon avvenissero sinistri alla ctomana guernigione ed altesoro,  nk più sperando negli aiuti dei Franchi si partìcolle sue genti quasi avesse in animo di far giornata col

nemico. Ma Narsete, scoperto l’inganno, spediseegli contro nella Tuscia Giovanni nipote di Vitaliano e Filemutcolle truppe loro, onde impeditogli, quivi stanziati, diprocedere nella Campania, agevolassero la caduta di

LIBRO QUARTO 575

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576 GUERRE GOTTICHE

quelle fftura o coll’espugnazione o col mettervi gli assodiati nella necessità d’implorare mercede. Se noti che ilre , nulla curando i brevissimi sentieri alla sua destra,

con molte e lunghissime gita voi le e quindi per la marinadel seno Ionico ebbe mezzo di compiere i proprj divi*samenti senza darne il menomo sospetto ai nemici. Nar-sete allora, fattone consapevole, richiama Giovanni eFilemut, cui fidato avea il passo nella Tuscia, e conessi le truppe di Valeriano testé insignoritesi di Petra

Pertusa. Di tdl modo riunite sue forze muove alla voltadella Campania con tutto T esercito, dispostissimo asperimentarvi la sorte delle armi.

C A P O X X X V .

Fenomeni di alcune eruzioni del Vesuvio. —  Accampamenti d'ambo gli eserciti. Gottica ritirata sul monte del Latte. —1 Romani assaliti. -— Eroico valore di Teia* Morto egli le genti sue proseguono a combattere ostinatamente. Chiedono alla fine di terminare la guerra. Consiglio di Giovanni <

condizioni deUa pace.

I. Ergesi nella Campania il monte Vesuvio,*il qualesoventi volte con romore simile a rugghio getta fuorigrande copia di cenere a rdente} ma di tali cose honarrato altrove. Di più le sue viscere, come quelle

del monte Etna in Sicilia , dal piè sino alla cimadppalesansi, mediante un foro opera della natura, ardenti mai sempre di vivissimo fuoco. Tanta è poi laprofondità di quel vano che osando mirare di su la

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cima là entro è uopo molto intrattenervi gli occhi primadi vedere la fiamma. Questa poi quando avvieife la impetuosa uscita del cenere, svegliendo grandi e piccoli

sassi dal fondo inalzali sopra il vertice del monte e lanciali a catafascio da per tutto; un ruscello di fuoco scorrevi pure dal vertice alle radici ed anche più lontano,il che vuol pur dirsi riguardo all’Etna. L’igneo ruscelloinoltre scavando jl suo alveo formasi all’intorno alteripe, e la fiamma che da principio lo accompagna è si

mile ad acqua ardente ; ma non appena spento si faimmobile, e le sue reliquie oondensansi in melma benpoco dal cenere diversa.

II. Alle radici del Vesuvio hannovi sorgenti d’acquadolce e potabile ehe danno origine al fiume Draconte, ilquale scorre presso alla città di Luceria (i), ed accolsein allora sopra le due ripe gli accampamenti dell’una edell’altra fazione; sebbene poi scarso di acque nonconsente di essere guadato da cavalieri o fanti, ma restringendo il suo letto e profondissimamente abbassandolo formasi da quindi e quinci discoscesi lidi; ma se

ciò avvenga dalla natura del suolo o dall’acqua altri teidica, non essendo in mia saputa. I Gotti occupatone ilponte vicino del campo costruironvi sopra torri di legno,le cosiddette baliste, ed altre macchine per molestaree ferire il nemico da elevato luogo , impediti del combattere a corpo a corpo dal fiume di mezzo, cosic

ché solo dai margini di esso i due eserciti azzuffa-vansi tratto tratto col saettarne; ed aveanvi ben anche

LIBRO QUARTO 577

(1) Necera.

Pmocopio , t o m . I l , 57

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singolari disfide se uom de’Gotti, valicalo il ponte,venisse a provocarle. Di questo modo le truppe cou-sumarouo due mesi, nè i barbari vidersi io diffalla di

vittuaglia finché si tennero padroni del contiguo mare,trasportandola sopra navi} ma queste da ultimo per fel-Ionia di chi ne avea il governo caddero tutte in manode’Romani, i quali pur moltissime ne riceverono dallaSicilia e da altre parti dell’impero: Narsete inoltre avea-ne atterrito gli animi colle torri di l e g Q O erette sopra le

ripe del fiume. Per cosiffatte cose adunque perdutisi dicoraggio al patire d’annona ascesero il vicino montenomato, con latina voce, del Latte, ove la malagevolezzadel luogo rassicuravali dalle offese delle armi nemiche}ma ben presto conobbero Terrore commesso, trovandosi

colassù privi .d’ogni alimento per se stessi e pe’ cavalli.Deliberato allora essere anzi meglio uscir della vita in 

campo che morir consunti dalla fame assalgono all'improvviso il nemico piombandogli cheti cheti sopra. I Romani, quanto coosentono le circostanze ed il tempo, dipiè fermo difendonsi, non compartiti tra’ duci, non

formatisi in corpi, non regolarmente disposti in ordinanza, giusta la militar disciplina, nè in condizione diascoltare i dati comandi} ma in piena balìa della sorteduravano coraggiósissimi alla zuffa. I Gotti da principio balzati giù d’arcione altelaronsi con profondoschieramento di fronte al nemico, il quale, a tal vista ,

pedestre anch’egli apprestosi alla pugna.III.* Prendo qui a descrivere un memorabile com

battimento in cui Teia colle sue nobilissime impresexnostrossi per guerresco valore non secondo a qual tu

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vuoi de9più celebri capitani. 1 suoi dalla ria fortunamessi orribilmente alle strette incoraggi avano per disperazione ; i Romani , sebbene persuasi di aver cbe

fare con disperati, resistevano sforzataroente loro sapendo vergogna il-cedere ad armi inferiori: gli uni e glialtri assalivano intrepidi le genti nemiche da presso,andando questi in traecia di morte, queglino di gloriosarinomanza. Cominciata del mattino la pugna, Teia visibilissimo a tutti, difeso dallo scudo, colla lancia in resta

e con seco deboi mano di armati fu il primo ad appre-sentarsi alla testa dello schieramento/ 1 Romani .aocchiatolo si persuasero che di subito avrebbe termine lacontesa ov’egli cadesse spento} laonde quanti di essiavean cuore, ed alto etane il numero, tutti avventaron-glisi contro, gli uni procacciando ferirlo d'asta, gli altridi freccia. Ma il duce arrossava il terreho di moltonemico sangue schermendosi collo scudo, e quandomiravaio coperto di punte lo combiava tosto con «Utro approntatogli da suoi scudièri. Gtfrsa nell1ostinatissimo conflitto la terza parte del giorno, ed inutile

addivenutogli il riparo, carico di dodtici dàrdi, a schermo della persona, chiama ad aha Voce1tate degli scudieri, non ritirandosi o divertendo il prede quanto èun dito traverso, nè dando agli assalitori mezzo di projcedere oltre. Non voltossi tampoco, nè si fe’sostegno delloscudo, ma fermo sulle piante, quasi uom conficcato nel

suolo, apportava eolia destra morte ad altrui , e collasinistra riparavano i colpi, fotte chiamando a nome loscudiere, il quale giuntogli al fin da presso lo fornì dinuova difesa. In questa solo un attimo rimasegli sco

LIBRO QUARTO 5yg

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perto il petto, né più vi volle perché, trafitto da fortuitodardo, tramandasse incontanente l'ultimo fiato. Parec chi Romani allora inalzatone sopra un’ asta il capo ivano

mostrandolo ad ambo gli eserciti, all’uno , il proprio ,pei* animarlo vie meglio in quel cimento, all’altro perindurlo a cessare, uscito *d’ogni speranza, dalla pugna.I Gotti non di meno, quantunque sapevoli dell’avvenulo,insino a notte combatterono, tenendosi quindi le duefazioni per 1’ intero corso di lei armate sul campo. Del

dì vegnente surgono ai primi albori ed ordinato l’esercito ripigliano a battagliare iofino a notte, ostinatisitutti a non cedere, o dare altrui le spalle, nè a rinculare , avvegnaché gravissima ed eguale da ambe leparti si fosse la strage } accesi per lo contrario da terribile sdegno infervoransi maggiormente a durare la

contesa. £rano più che certi i Gotti di sostenere l ’estremo aringo, ed i Romani credeansi disonorati pie-gando loro innanzi. Alla fin delle fini ecco arrivarea Narsete alcuni ottimati barbari significandogli avereglino ehe fare col Nume } ben accorgersi da superiore

nemica potenza essere fatti segno di tanti mali , edaverne irrefragabile pruova dall’accaduto} il perchè bra*mavano da quinci in poi deporre le armi non già per divenire imperiali mancipj, ma per vivere obbedendo,come altre genti, alle proprie leggi. Pregavaolo adunque che accordasse loro una tranquilla partenza, nè

avesse a schifo di trattarli benignamente ; in cambiòpoi del viatico addimandavano la restituzione della pecunia da essi lasciata in serbo negli italiani fortilizj.Narsete deliberava sulla proposta quando venne persuaso

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da Giovanoi nipote di Vitaliano cbe si doveste ricevere,esortandolo a troncare una guerra con uomini stanchidella vita, ed una lotta con animi fatti ardimentosi dalla

stessa disperazione, il perchè un egual pericolo correreb-bonvi i provocati ed i provocatori. « E per verità, pro-» seguiva, gli uomini usati alla moderanza vanno paghi

 y> della vittoria, più ambiziose brame volgendo, alla n buona fe, ogni opera nostra in rovina. » Il condottiero allora, fatto giurare ai barbari di non armarsi più

contro ai Romani sotto pretesto comunque, permiseloro di partire subitamente e senza molestie dall’Italiacon tutte le suppellettili di che erano possessori. MilleGotti intrattanto con parecchi duci, nel cui numero eraquell’ Indulf menzionato in addietro , usciti dei campobatterono la via di Ticino città e della regione traspadana, gli altri tutti sacramentarono senza eccezione ilcontenuto negli accordi. I Romani di tal modo s’ ebbero Cuma ed i luoghi forti dal nemico tuttavia occupati} terminando così Panno decimottavo di questagottica guerra , la cui storia mandò per iscritto alla

posterità Procopio da Cesarea.

LIBRO QUARTO 5Si

 Fine del Tomo secondo ed ultimo delle Guerre.

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I N D I C E

D E L L E

MATERIE CONTÉNUTE IN QUESTO VOLUME.

 LIB RO PRIMO

 DELLE IS TO R I E DEL TE M PO SUO ( T S T R A D B SICONDà ).

C a p o   1 .  Zenone imperatore di Bizanzio, Augustolo di Occidente. — Morto diferro il costui padre Oreste, regna Odoacre. — Teuderico, re dei Gotti, dalla Tracia muove contro Vltalia 

 per mitigazione di Zenone. — Assedia Ra-

venna. — Uccide Odoacre. — Padrone della  penisola ne regge i popoli con lode. —  Reo della ingiusta morte di Simmaco e di Boeiio, sembratogli vedere in un piatto il capo del 

 primo inorridisce^ e piangente sen muore. P. 7— II.  I l pargoletto Atal&rico successore del morto 

re dalla genitrice Amalasunta , commen-datissima donna, fidato a1 precettori accioc-ché attenda agli studi.  La regina ne ha biasimo dai Gotti, odiatori d*ogni sapere. —Sua costanza e prudenza nello sventare una loro congiura » i3

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C>ro Iti, Schiatta ,  costumi e risoluzione di Teodato. Ambasceria al romano Pontefice in Bizanzio. Giudizio di Procopio sulla religione. — Allo infermarsi d'Àtalarico la genitrice, tenen-

dosi mal sicura cofGottif si vale ascosamente deWopera di Alessandro per cedere a Giu-stiniano tItalia. — Carteggio alVuopo tra9due monarchi sotto coperta di scambievoli rimprocci. — Tornata  deir ambasceria in  Bizanzio. V imperatore manda Pietro in 

 Italia • , • Pag. 17 !* IV.  Amalasunta fren a la rapacità di Teodato.— Chiamalo, morto il figlio e volendo seco rappattumarsi, a partecipare del regno. —Sua prigionia comandata dalF ingratissimo re. —  A l quale Pietro, ambasciadore di Giustiniano , dopo la uccisione di lei intima 

la guerra . . » 22— V. Giustiniano prende a guerreggiare i Gotti 

 facendo assalire da Mundo la Dalmazia ,e da Belisario coll1armata di mare la Sk cilia. — Scrive ai capi de9Franchi. — Mundo espugna Salona ; Belisario , impa•dronitosi di tutta la Sicilia , termina glo-riosamente il suo consolato • . » a6

VI. Teodato patteggia con Pietro ambasciadore di Giustiniano. — Sua pusillanimità ap-

 palesata in un lepido colloquio. — Com-mercio di lettere tra Teodato e Giusti-niano . . . .

• VII.  Morte di Mundo e del figliuol suo profetiz- zala, giusta la fa m a , dalla Sibilla. — Teo-dato manca alla data parola, e fa diso-norevole accoglienza alV imperiale amba-sceria. Suo colloquio cogli ambasciadori.

584 INDICE.

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 Lettera di Giustiniano agli ottimati de'Got-ti. — Co stanziano mandato dalF imperatore con esentilo in Dalmazia la sottomette ai  Romani. Termina ranno primo della guerra 

contro i Gotti , . Pag.Cafq V i l i  Belisario entrato in Italia strigne amicizia 

con Ebrimut , genero di Teodato ; quindi assedia Napoli* —  Risponde a Stefano,originario dì quella città, il quale slogtie imio da tale impresa. — Fermatosi dai 

cittadini C arrendim ene Pastore ed A s-clepiodoto induconli co' loro discorsi a cangiare sentenza »

- IX. Un prodigio appalesa a Teodato, re dei Got-ti, i fu tu ri destini della guerra. —  Beli-sario adoperasi vanamente contro i Na-

 poletani ; fa llo nondimeno avvertito della 

via che metterebbelo al possesso della città # ordina che la si adatti con segre-tezza all*uopo. —  Invita quindi i cittadini a composizione, rammentando loro i mali cui soggiacerebbero vinti «

- X.  Apprestamenti di Belisario per entrare in Napoli armata mano. — V acquidotto ne  fornisce agli imperiali il mezzQf  — Ecci-

dio nella vinta città. —  Improvvisa morte di Pastore. Alterco fr a Stefano ed As cle - piodoto. V ultimo è fa tto in brani dal po- polo . . » . . »

- XL Sospetti pigliati in Roma dai barbari contro

il monarca loro* Vitige, creato re dei Got ti, fa morire Teodato. — Sue parole sulla utilità <Tun temporeggiare giudicioso, e del V apprestarsi convenientemente alla guer-ra* — Presidiata Roma va a Ravenna > e 

P k o c o p i o   , tom. II.  3 *

INDICE. 5:

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C a po

586

vi sposa Mntniuhtn figliuofà ' dì Amala sunta *. Pag.

Xlt.  Descrizióne dì alcun# pkrii dèli'O+be  ; anti-che stahze dèi Frafickh Dominio dei 

Visigotti, —  Arborichi *e ' Fìratììeki riuniti in nn popol solo:  —• ì Visigotti padroni di tutta la Gallia. I Franchi lègansi con Tèuderico rè dxItalia ; vincono i Burgun-dio ni; uccid&nò Alaricó Y'è 'dé* Visigotti ; assediano vanamente CàrchVsóha. Imprese 

di Teùdenco nella Galliti.V — Teudi ti-rando . . . »XIII.  Toringii e Burgundioni debellali dai Fran-

chi, Antalgico paìsato a notze coìta do-rella Idèi costoro nionarca aprpaciasi con  Àtalarico. Cade' spento dat *Fianchi in una battaglia. —  Acèordlfhtti con questi 

'' *da 'frodato, ed orazione d i Vitine ai suoi  per* riportarne li consentimento, —  Do- pò la quale egli strighe lega coi re dei Franchi *. »

XIV.  Belisario 9 guernite Napoli e Clima ,  piglia Ih via di Roma ; arrendimento de* costei 

cittadini; descriuònè della via Appia, —t òotti abbandonano la città; entrata in essa delle armi impet'laìi, e provvedimenti dèi capitano per sòstehere uri assedio. »

Parte del Sannio arrendevi 'a Belisario : Be-nevento perchè dettò ab antico Malevento  Diomede , suo edificatore , trasportòvvi i 

maraviglio si denti del Cinghiale Caledo hio, e vi diède il Palladio troiaho ad E nea ; descrizione della immagine d i esso Palladio. —  I l senó Ionico , la Magna Grecia ed altre parti deliItalia »

INDICE.

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Capo XVI. Truppe ìjLisBelisario nella Tuscia, Bessa pa-drone di . Narnia, Constantino di Spoleto € Perugia ; costui vittoria* Vitige, mandata soldatesca nella Dalmaziaparte a furia  

 per Roma. —  I Gatti. assaltano Salona.-rr-  Domanda fa tta dal re sgotta ad un sa -cerdote uscito 4ì Roma 9 e u costui ri-sposta  Pag. 8*2

- XVII. Constantino e Bessa per^ volere di Belisariodalla Tuscia tornano a Roma»  /.Posizione 

di Narnia. — Vitige presso delta città.PàtHe fortificato dal condoUMre imperiale;  fugtt de suoi custodi  85

- XVIII.  Belisario 9 venute le truppe ad ostinatissima-battaglia ,4 cavalcando jm destriero  b à t e m

.pugna valorosamente e .con propizia sorte. /  Gotti fuggenti mettomo in rotta gFim-

 periali ; rinnovamento' del conflitto. —  Il ramano duce ripara alte mura y e sbara-glia altea fia ta il nemico. Mirabile caso del . gotto, Fìsando. I cittadini romani da Vitige instigati alla ribellione  » 88

- XIX.  IG o iti formano sette campi> — Taglianogli aequidottì della città e demoliscane i moHni eretti da Belisario. Questi ne or -

sdina il rifacimento . 1» 94- XX. Vittoria pronosticata a Belisario da un fa n -

ciullesco giuocQ. — 1 Romani tollerano a malincuore Fassedio* Ambasceria di Vitige al duce imperiai*'— Risposta di 

 Belisario ' • » 99- X X I .  Apprestamenti di Vitige per la, espugnazione

di Roma* Descrizione dell’Ariete,. Balista e Lupo^aUre uiacchiqe guqrreiùhe » ioa

- XXII.  Belisario si fa giuoco delle macchine con-

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dotte dai Gotti. Sua mirabile agilità nel trarre d’arco. Vitige dalla parta Salaria 

 passa alla Prenestina. —  La mole cFA driano ostinatamente assalita con vie più 

ostinazione resiste . . . Pag. to5C a po  XXIII.  Inutili conati dei barbari. Parte del romano 

muro sotto la tutela delVapostolo Pietro.— Strania morte d'uri barbaro. — Ingente massacro de*Gotti al Vivariò ed alla porta Salaria . . » t io

- XXIV.  Lettera di Belisario a Giustiniano Augusto.— Presagio nella caduta delFimagine di Teuderico re dei Gotti. — Oracolo sibil-lino . . • » u 5

- XXV.  Belisario trasferisce nella Campania la di-sutile romana popolazione. —  Bandisce  papa Silverio nella Grecia. —  Innalza 

Vigilio al Pontificato, e provvede alla sal-vezza della città. —  Alcuni accingonsi a riaprire il tempio di Giano . • » iao

* XXVI. Vitige uccide i senatori in istatico ed occupa Porto. — Belisario con grave disàgio riceve dalla città £ Ostia rinfrescarne«fi*. » i ? 4

- XXVii.  I l duce imperiale riceve nuove truppe: stanca

il nemico a fo n a di combattimenti, e tre  fiate lo vince. —  Imitato indarno da V i-tige. Truppe gottiche in che discrepanti dalle romane • . • . » 1 2 6

- XXVIII.  Belisario aringa i Romani chiedenti batta-glia. —  Instruisce ?esercito su d*una eque-

stre pugna* —  Indotto dalle parole di Prin-cipio accoglie neltordinanza i fa n ti . » (3o- XXIX. Vitige anima i Gotti alla battaglia. —  Da

 principio i Romani vincitori. — Quindi  sconfitti » 135

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INDICE. 5*9

 D K L f E t STOMI E D E t TEM PO SUO   (TKr&ADB SECONDA)

C a p o   \ I. Preclare geste di Bessa e di Constantino.— Tal de"Romani e lai pur de1Gotti, ambo caduti nella medesima fo ssa, rilraggonsene in virtù d’ttn lepido accordo tra loro. — Audace valore di Corsamante . Pag. i4*

- II .  Belisario f a sicura la via ad Eatalio in cam-mino da Bitanzio cogli stipendii.  Manda truppe contro i Gotti. —  I Romani vinci-tori alla pòrta Pinciana, e vinti nel campo di Nerone, — Ferita d?Arzo mirabilmente sanata; morie di Cutila e Baca.  Lutto dei barbari . » 1 4 7

- III .  Roma in balia della peste e della fame. IlGotto converte gli aequtdolti in bastite, —

 I Romani aizzati dalla fam e chiedono al condottiero investire il nemico, m a 'Ite -razione loro è da lui confutata » i5 i

- IV.  Belisario manda Procopio a Napoli, e métte presidio in Tivoli ed Alba, —-  I Gotti 

sempre gnardinghi dal violare i Umpj degli apostoli Pietro e Paolo, La moria 

 f a strage ne*loro campi.  Antonina e Pro-copio tutti solleciti, in Campania, delVar-mata di mare, —  Descrizione del Vesu-vio . . . » ì 56

- V.  Arrivo di nuove truppe bizantine, -— Stra-tagemma di Belisario, Temeraria impresa di Aquilino, — Mirabilefhrita di Traiano » 160

VI. Gottici ambasciadori mandati a trattar di pace con Belisario; tregua infra ess i. * i64

 LIBRO SECONDO

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095C a po

INDICE.

VII. Copia di vittuaglia rimontando il Tevere apporla abbondanza in Roma. —  Abban-donato dai Golii Porto, Ceniumcelle ed  

 Albano entranti i Romani.  Belisario si f a  

beffe delle gottiche minacce; spedisce truppe nel Piceno* e promette guarnigione ai Mi-lanesi • . Pag. 1 6 9

Vili. Uccisione di Conslantino assalitore colla spada in pugno di Belisario dopo un co-stui precetto dì restituire V iniquamente

tolto . . 1 7 4IX. Tentativi dé, Gotti per impossessarsi di Roma col m etto d*un acquidoso; ma dopo vani assalti ora in palese, ora proditoriamente dati, vien meno ogni loro speranza. — Ca-stigo da Belisario imposto ad un tradi-tore . * . . 1 77

X. Giovannii messo a ferro e fuoco il Piceno, occupa AriminOé —  Riceve un messaggere da Matasunia consorte di Vitige. Sconfina de9 Gotti nell’ abbandonare V assedio di 

 Roma . » 18 0

XI. Vitige presidia molti luoghi. Provvedimenti di Belisario in Arimino. —  I l fortilizio  Pietra espugnato dagli imperiali Inobbe-4i e m a di Giovanni ad un comandamento del supremo duce . » i83

XII.  A rimino assediata dai Gotti. — Generose  provvedimento e sermone di. Giovanni — I l   presidio spedito da Belisario ai Milanesi 

apporta a Genova , combatte al Ticino dov*è spento Fideliù prefetto dell’annona.— Teudeberto re deyFranchi manda aiuti ai ì Gotti. Questi assediano Milano . » 1 8 6

XUJi  Belisario occupa Tudera e Clusio. — Po

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siiione di Ancona* Imprudenza di Conone.Strage degli imperiali, — Venuta in Ita-lia delVeunuco Narsete Pag. iga

C a p o   XIV.  Antica dimora degli Eruli ; loro crudeltà 

vehso g f infermi ed i vècchi.  Barbaro co-stume delle mogli ne9funerali dei mariti.—  Rodolfo re loro armasi contro ai Lan-gobardi chiedenti pace; sfidatili a battaglia e9v'incontra mòrte ,  per divina vendetta,colla massima parte Je* suoi, —  Ritirata 

degli Ertili presso P'Gepidiy quindi, impe-rante Anastasio, presso i Romani. — Sotto il principato di Giustiniano adorano Cri-sto ed abbandonano lor eìnpie costumanze. Uccidono il proprio re . » iq5

- XV. Prtrte degli Eruli viaggia a Tuie. Posizionedi quest ’ isola y ove nella state il sole per  

quaranta dì non tramonta% e nel verno  per altri cotanti non leva; il ritorno di esso vien celebrato con grandissima festività.— Costumanze degli Serìt(finii. Religione de’Tuliti. — Parte degli Eruli si procac-cia un re di Tuie, ed abbandona V impe-ratore Giustiniano . » q o o

- XVI.  Belisario e Narsete congiungonó lor forze presso Firmio , città. In un consiglio di guerra il secondo persuade che soccorrasi  Arimino. —  Lettera dellassediato Giovan-ni a Belisario. Partenza delCeserdto . » ao5

- XVII.  Mirabile amore dfuna capra verso un fa n

ciullino derelitto dalla madre. —  I Gotti informati della venuta di Belisario levano Vassedio da Arimino . » 2 0 9

- XVIII. lldigero prende il campo de1Gotti, Narsetee Belisario discordi tra toro. —  Aringhe

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d?entrambi. Giustiniano Augufio conferma  per lèttera Belisario nel supremo comando della guerra Pag. ai3

C a p o   XIX.  Belisario assedia Urbino. —  Narsete parte 

dal campo. Gli assediati per difetto éCa cqua arrendonsi agli imperiali. — Giovanni assalta indarno Cesena,; ricupera Imola e tutta FEmilia . . » a i 7

- XX.  Belisario differito Vassedio d* Aussimo va e prende Orbibento. —  Descrizione di or-renda fame, nell!infierir della quale dicias-sette uomini furo no divorati da due donne . . • 11  3 2 0

- XXI.  Martino ed Uliare comandati di soccorrere Milano temporeggiano al Po. Ripresi da Paolo con pungente discorso.  Zattere di  Martino a Belisario , e di Belisario a Nar-

sete. —  Mundila esorta vanamente i suoi a non darsi al nemico• Miserando stermi-nio di Milano . , . »

- XXII.  Attristamene di Belisario alVudire la stragede'Milanesi. Narsete richiamato dalVimpe-ratore. Gli Eruli abbandonata tIta lia str ia gon lega co'Gotti. — indarno Vitige invita 

i Langobardi a parteggiare seco.  Manda ambasciadori a Cosroe esortandolo a rom-

 pere gli accordi co'Romani. — Giustiniano cerca di rappattumarsi col nemico * a3o

- XXIli. Cipriano e Giustino assediano Piesole. Mar-tino e Giovanni entro Dertona. —  Belisario 

sotto le mura di Aussimo. — Saggio consi-glio di Procopio, il quale con doppia trom-ba stabilisce un doppio guerresco segno. »

- XXIV.  Lettera de*Gotti in Aussimo a Vitige chie-dendogli soccorso. Vana promessa del re.

5 INDICE.

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Cipriano 0 Giustino  assediano Fiesole.Uraia in marcia al Ticino ; m a , valicato il Po, non osa cimentarsi cofRomani, Pag. 93q

C a po   XXV.  Re Teudeberto con truppe in Italia . Costoro 

armi, e travalicam elo del Po a Ticino ,città.  presso di loro, giusta Pro copio, dell?antica superstizione. Scacciano Gotti e  Romani dai rispettivi campi.  Molti di essi rimangon vittime della dissenteria. —  Let-tera di Belisario a Teudeberto.  Ritorno dà  Franchi alle case loro » a43

- XXVI. 17>i soldato romano traditore porta letteredegli assediati in Aussimo a Vitige , equindi recane la risposta. — Tale degli Sclabeni torna al suo campo trascinandovi un Gotto sorpreso in agguato, e confes-satosi da costui il tradimento si passa 

alla punigione del reo . . »- XX VII» Ostinatissimo combattimento alla fonte d*Aus-

simo. —  Resa di Fiesole ed Aussimo. » q5 iXXVIII.  Belisario impedisce Vintroduzione di viituaglie 

in Ravenna. —  Ambascerie dei re franchi e di Belisario a Vitige — Granai di Ra-venna incendiati. —  Arrendimento de'Gotti 

a stanza nelle alpi Cozzie . . 9

- XXIX. Giustiniano manda ambasciatori di pace aVitige. Convenuti gli accordi Belisario si rifiuta di apporvi il suo nome, e raccolti a parlamento i duci sconsiglia la pace.— Offertogli rimperio di Occidente dai 

Gotti finge accettarlo, ingannali, ed entra in Ravenna. — Fa prigioniero Vitige. Oc-cupa Tarvisio ed altri luoghi . » 902

- XXX. Chiamata di Belisario a Bizanzio. Uraiaeletto monarca dai Gotti persuade loro che 

Ptocono, tom. // . 38

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INDICE.

offrano il regno a Ildibado. — Questi, ac-cettatole>, ne dispone a prò di Belisario, il quale con singolare modestia e lealtà nonvuole saperne Pag. q6 8

 LIBRO TERZO

 DELLE I S T O R I E DEL TEM PO SUO (TB TJUDE S EC ONDA)

tige ed i Gotti.  Non gli vien decretato il trionfo. Sue grandissime lodi. —  Ildibado re de9Gotti raccozza in Italia i rimasugli di sua gente.  Alessandro Logoteta, di so-

 prannome Forficula (forbicetta ) colla sue* avarizia mette a soqquadro le romane cose. Ildibado vince in campo Vitalio. Commos-

so dalle preghiere dell9ojfesa moglie dà morte ad Uraia ; quindi è spento egli stes-so in un convito » 2^3

li. Erario eletto a re dai Rugii, gottica gente. —Totila invitato al trono dagli altri Gotti.— Ucccisione di Erario intanto eh' ei per  ambasciadori tien pratica con Giustiniano.Totila possessore del regno J »  0 8 1

III.  I romani duci ripresi da Giustiniano rat -colgonsi a parlamento. Constanziano ed  

 Alessandro presso Verona. La città presa da prima a tradimento vien quindi abban donata9 colpa e vergogna dei duci • « 2 8 3

IV.  Artabaze parlamenta i Romani; Totila iGotti. — Certame da solo a solo tra Ar-tabaze ed Uliare, in mezzo ai due eserciti,

 funesto ad entrambi. — Strage e vergogno-sissima fuga de' Romani  2 8 7

C a p o   1.  Belisario conduce prigionieri in Bizanzio Fi

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C a p o V. Firenze assediata dai Gotti, e rimasa libera alla nuova della venuta de Romani. Que sti9 appiccatasi battaglia, cotti da spavento 

 per un falso romoret diedero le spalle al 

nemico Pag. 1 9 2

- VI. Totila prende molte castella>città e provin-ole. Assedia Napolif —• Giustiniano manda in Italia Massimino prefetto del pretorio con armafa di mare e Demetrio, il quale 

 prepara aiuti pe’ Napolitani. Un altro De-

metrio nel tornare a Napoli cogli appre-stamenti fa tt i , caduto il navilio in potere dei Gotti,  paga il f io della imprudente sua lingua » 2 9 4

- VII.  Indugiare di Massimino, —  Imperiale ar-nia la di mare agitata da procella y e male accolta dai Gotti. —  I l prigioniero Deme-

trio per ordine di Totila esorta i Napo-litani ad arrendersi Totila stesso, persua- deli a cedere quelle mura , che alla per  

 fine ottiene »  3 9 8

- Vi l i . Totila di singolare bontà verso i vinti. A t-terra le mura di Napoli. —  Dà piorte a una sua guardia rea di strupo. Sua gra-vissima allocuzione su tale argomento *» 5o?

- IX.  Malvagità dei duci e delle imperiali truppe. Italiche sciagure. —  Lettera di Totila al senato romano. Ariani sacerdoti banditi da Roma. Assedio del castello d’Otranto. » 3o5

- X.  Belisario tornato in Italia atta testa di po-

chissime truppe salya> coll’ opera di Va lentino,  Idrunto. Totila n’ esplora astuta-mente f esercito. ~ Prende Tivoli »  3o q

- XI.  Belisario in Ravenna par (amen L a i Gotti ed i soldati romani. Vitalio nell*Emilia alla

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C a p o

testa de' pubblici affari è abbandonato da* gli Illirj.  Aussimo stretta da Totila riceve aiuti. —  Rid ia stoltamente ardito incontra morte•  Le truppe di Belisario uscite da 

 Aussimo incappano negli agguati de9Gol- ti. — Totila indarno tenta Pesaro fortifi-cato dagli imperiali ; Fermo ed Ascoli as-sediate dalle sue truppe . . . Pag. 3i*

I I I .  Belisario scrive chiedendo aiuti a lt impera-tore. — Giovanni sposa la fig lia di Ger-maneì . — Totila conquista Fermo, Ascoli, Spoleto ed Assisi* Tenta Perugia e ne f a  mettere a morte il comandante; ma quel 

 presidio a lf imperatore devoto costringa i Gotti a ritirarsi dalle sue mura • . »

XIII, Totila assedia Roma ; fam e entro la città.Piacenza cinta pur élla d assedio. —  Be-

lisario vedendosi agli estremi passa da Ra-venna ad Epidanno 9 dove t imperatore manda truppe. Narsete eunuco ottiene gente dagli Eruli, i quali battagliando vincono e fugano gli Sclabeni » 3 lo

XIV.  Digressione sopra Chilbudio impostóre. —Costumi degli Sclabeni e degli Ante , ■— 

 Narsete scuopre F inganno » 3^4XV, Valentino e Foca molestano gli assediatoti 

di Roma guardandone Bessa l& mura; ca-duti in agguati giuntanvi la vita. —  Navi cariche di grano, mandate alla città dal 

 pontefice V ig ilica do no in potere dei ne-

mici. — Totila ordina che sieno mozzate le mani al vescovo Valentino falsamente incolpato di menzogna . . » 33o

XVI.  I l pontefice Vigilio chiamato in Bizanzio.  Amndim ento dei  Piacentini ai Gòtti. ~

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Generosità del diacono Pelagio a prò dei  Romani9 e sita andata a Totila per im  plorare una tregua. — Sermoni d* ambe-due . . . Pag. 33*

C a po   XVII. Orazione de1romani cittadini ai duci posta sulle labbra loro dalla fam e ,• descrizione delia costei rabbiosa forza » 337

— XVIII.  Deliberazione sulla partenza da Epidanno, — Belisario venuto da Idrunte fuga i Gotti Totila fortifica il Tevere. Giovanni pa-

drone della Calabria. — Tulliano si amica i Bruzj ed i Lucani ; atteso nel porto ro-mano dal condottiero vince in campo Re-  cimundo » 341

XIX*  Apprestamenti e partenza del condottiero a  prò dell9assediata Roma, —  Battaglia intra le due fazioni, — Temerità d* Isacco.  La 

mercè di lui il condottiero turbatosi cessa dalV impresa ; sua malattia. Morte d1 / -  sacco » 345

— XX.  Avarizia d i■ Bessa e sua negligenza nel reg*gere il presidio romano. — Gli Isauri a difesa della porta Asinaria macchinano tradigione. Re Totila conquista Roma9  ed  è placato da Pelagio nel tempio di S. Pie-tro. Estrema indigenza dei senatori. — Bontà di Totila con Rusticiana t con le altre romane donne . . » 35o

- XXI. Totila esorta i Gotti a* seguir giustizia. — Riprendendo il senato romano d9ingrati-

tudine vien da Pelagio placato. —  Mandq.  a Giustiniano ambasciadori per trattare di  pace. — V imperatore, spedisceli  a  Beli-sario » 554

- XXII. Tulliano sbaraglia i Gotti nella Lucania• —

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 Lettera di' Belisario a Totifà per distorto dallo sterminio di Roma. Il re  ne abban-dona le mura quasi spoglie di abitatori. Giovanni passa ad Idfun te.  A Tulliano 

vien meno ogni soccorso . tig.C a p o   XXIII.  Matcbano ricupera Spoleto al T imperatore. — 

 Belisario a Roma. — Giovanni occupi^ e munisce Taranto. — Totila , in possesso 

 deir  Achérontide , calca la via di Ra-venna »

- XXIV.  Belisario occupa e munisce Roma. — Valo-rosamente rispinge Totila. —: I dotti rim   procciano di temerità il re loro , é si fanno  al Tevere . *

- XXV. Totila esorta f esèrcito aXVassedio di  Perugia, e adopera scolparsi delle sùe disgra-

 ziate imprete »

- XXVI.  Imprevista battaglia sotto Capua tra impe-riali e Gotti ; rotta degli ultimi. — Gio  vanni fa libere le romane matrone rilegate in Capita. — Totila, né* Lucani, di  notte tempo assale e mette in fu ga Giovanni,  Morte di Gilacio armeno «

- XXVII.  Imperiali truppe in Italia. Temerarietà diVero duce degli Eruli. Valeriano manda trecento suoi militi a Giovanni —  Belisa-rio per la via di Taranto. Derivazione dèi nome Scilleo, ed origine di quelli, Ci-nocefali e Licocranite y dati a d alcune genti . »

- XXVIII.  Belisario navigando alla volta di Taranto sopraffatto da tempesta apporta a Croto-ne. —  Avuti in prima buoni servigj dalle truppe , quindi pessimi, tutto trepidatile 

 passa in Sicilia con Antonina sua donna. »

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C a p o   XXIX. V IUirio messo a fe rro e fuoco dagli Scin-derli. Tremuoti. Straordinaria inondazione del Nilo. — Presa S u n cetaceo nomalo Porfirio ne. — Totila assedia il castello 

 Rusciano . . . . . . Pag. 38?- XXX.  Mandata d? imperiali fa n ti nella Sicilia. Va-

leriana raggiugne Belisario. Antonina sulla via di Bizanzio. Morte di Teodora Augu-sta. Patteggiamento del presidio rusciano con Totila : Conone spento a Roma dalle truppe. — Unione di Belisario e Giovanni 

 per soccorrere Rusciano ; respinti dai Got-ti ; lor nuovi tentativi. ~ Totila in pos-sesso del castello ; sua crudeltà verso Ca lazare. Antonina ottiene da Augusto il ri-torno del consorte . » 385 

XXXI. Primi segni di congiura contro Giustinia-

n o A r t a b a n o di ritorno dalV Africa ,  preso di Proietta imperiale nipote , vieti costretto a riunirsi alla ripudiata donna.Suo corruccio per le nozze di le i, che ama , con Giovanni figlio di Pompeo. —■>Germano , altro imperiai nipote ed erede del fratello Boraide , dallo zio mole-

stato » 3 8 9

— XXXII.  Arsace punito dall’ imperatore congiura-6li contro unitamente ad Artabano. Di-svela </  suoi pensieri a Caranange ed a Giustino di Germano. — Questi appa-lesa il segreto al padre, il padre a Mar-

cello. —  Leonzio ascolta di soppiatto le parole di Caranange, e riportale a  Marcello , il quale ne avverte Giusti-niano. —  I congiurati posti in carcere manifestano il tradimento. Giudizio. Mar 

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cello ottimo patrocinatore, Getmano in grave pericolo. Gastigo de* rei. Pag.

C a po  XXXIII. V occidentale imperio in mano de* barbari.Giustiniano accorda ai Franchi il pos-sesso della Gallia abbandonata dai Got-ti. De*barbari, i soli re Franchi batton moneta colla propria effigie, —  Affari dei Gepidi,  Langobardi ed Eruli » 3 9 8

- XXXIV.  Nata discordia tra Gepidi e Langobardiambo procacciansi con ambasceria la 

 protezione di Giustiniano* — Questi manda aiuti ai Langobardi.  Riconcilia- zione dei prefati barbari « . . . « 4 ° f  

- XXXV. disonorato ritorno di Belisario dalrItalia.Presagio delle sue prosperità. — Papa Vigilio sollecita ? imperatore alla ricu-

 perazione del suòlo italiano. Giustiniano tutto immerso nelle religiose controver-sie. Langobardi. —- Perfidia e prosperi eventi et llaufo . , » 4o8

- XXXVI.  Roma assediato dai Gotti ; perplessità diGiustiniano. — Gli Isauri tradiscono la città al nemico. — Paolo nella mole di 

 Adriano resiste valorosamente. Il re per-dona alla città vinta . • * 4 * 2- XXXVII.  I l re de9Franchi rifiuta le nozze di sua

 figlia con Tctila. Questi racconcia Ro-ma, e fonda il regno* Assediay non po-tendo ottener pace da Giustiniano, Cen- tumcelle ed il castello Regino. Occupa 

Taranto ed Arimini. —  Instabilità df A u -gusto. Strage di Vero . » » 4*6

- XXXVIII. Gli Sclabeni valicano V Istro e V Ebro 9battono le romane truppe , inveiscono contro Asbade ed espugnano la città di Topero. — Somma crudeltà loro » 4 >9

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Ciro XXXIX.  I Galli entro le mura di CastelRegino.Tolila dà il guasto alla Sicilia. —  Li-berio eletto.a comandante dell9armata di mare vieti quindi tu r rogato da Arta -

bano. Germano condottiero delV eserci-to. Suoi apprestamenti. —  Allegrezza dei Romani.  Diogene ricusa di abban-donare Centumcelle , Pag. 4Q!1

XL. Scorreria degli Sclabeni, e loro trepida- z io n e afC udire la mandata in Italia di 

Germano vincitore un tempo degli Ante.  Morto il duce imperiale i suoi figli e Giovanni vengono eletti a capitanare te truppe. Liberia afferra a Siracusa. A r -tabano soggiace a tempestosa fortuna.

 I Gotti partonsi dalla Sicilia per con-siglio di Spino• Altro scorrimento degli 

Sclabeni. Strage, e quindi vittoria de’Ro-mani » 4q6

 LIBRO QUARTO

CT5 DELLE I S TO RIE DEL TEMPO S O O ( T B T I U D B S F O N D A ) .

INDICE. 6 0 1

C a p o I .  In questo libro F autore accingesi al prose-guimento della 'guerra persiana prendendo le mosse dalla descrizione del Ponto Eus-sino » »

«- II.  Descrizione del Ponto Eussino da Calcedone

città sino agli Apsilii » 4^4- III .  Monte .Caucaso e sue gemine PorteUnniSabiri. Amazoni. — Abasgi cristiani. Gius-tiniano vieta loro la castratura . » 4^9

- IV.  Bruchi. Zecchi* Sagidi. Sebastopoli e Pizio. —

 Pftocopioj tom. IL   58*

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Capo

INDICE.

Eulisia. I Gotti Tetrassiti domandano un vescovo a Giustiniano Augusto , Pag.

V. Uturguri e Cuturguri,  perchè di tal guisa nomati. Antica stanza dei Tetrassiti, Gua-

do mostrato da fuggente cerva. Partita de7Gotti. /  Cuturguri ne occupano la dimora. Passata de* Tetrassiti neW opposto lido. G/i Uturguri tengonsi in patria. —Taurica, tempio di Diana in essa. Le città 

 Bosporo, Chcrso, Cepi, Fanaguri, Sorgente 

e corso delP Istro, Circonferenza del Ponto Eussino . , . , , . »YI. & ti Tanai o il Fasi divida f Asia dalTEu-

ropa. —  Donde /*Eussino scaturisca. In-certezza (TAristotele nello stabilire come avvenga il movimento deli Euripo. Stretto Siculo. Doppia corrente nel Bosporo Tra~ 

ciò . •VII.  Motivi dì Cosroe re de’ Persiani nelV intra-

 prendere la colchica spedizione. —  Dara città in vano da lui tentata • . . »

Vili. V autore prosegue la narrativa cominciata nel capitolo primo risguardante la spedi- zione de*Persiani, capitanati da Coriane, nella Colchide. Sconsigliato orgoglio de9

 Lazj. — Orazione di Gubaze loro monar-ca. Schieramento degli eserciti. Fuga dei  Lazj. Combattimento dì Artabano, Batta-glia, Morte di Coriane, e sconfitta delle sue truppe . . . »

IX*  Dagesteo accusato di tradigione dai Lazj vien posto in carcere. Bessay maestro de9militi per VArmenia, passa nella Lazica ,i cui re solevano chiedere ai Romani le spose loro, —  Ribellione degli Abasgi.

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Trachea. Gli Abasgi assalili e sconfitti dai Romani . . . Pag. 4 6 2

C a f o X. 1 Persiani possessori di Tzibilo castello del-PApsilia incontranti morte per  i s c e l e r ag-

gine del comandante loro. ■ —  Anatozado offende il genitore Cosroe, infermiccio di sua natura e caldo favoreggiatore del  m e

dico Tribuno, ottimo personaggio; V inso-lente  f i g l i o S o g g ia c e a grate gattigo » 4 ^

- XI. Fine detta tregua. Scambievoli ambascerie«

Fasto del reale ambasciadore Isdiguna. Il turcimanno Braducione morto da Co-sroe. —  I l muro di Petra9 cinta d’ asse-dio , minato indarno dagli imperiali. — Dèi Sabiri chi favoreggiatore di Giusti-niano, chi de1Persiani.  Leggierissima arie-te, di nuova invenzione. Le truppe reali 

tentano d’incendiare colla nafta, detta al-trimenti olio di Medea, le macchine ap-

 prossimate alla città.  Mirabile forza del vecchio Bessa maestro de9militi. Persiani consunti dalle fiamme in una torre di le-gno. —  La città apre le porte agli asse diatori . • , 1» 4 6 9

- XII.  I Persiani rinchiusi nel fo rte anzi muoionviconsunti dalle fiamme che trattare di ar -rendimento col nemico. Liberalità di Co-sroe nel forn ire di vittuaglia Petra. — Sua accortezza nella costruzione <f un acqui-doso. Bessa manda i prigionieri a Bizan-

 zio : sfascia di muro la vinta città; lodato dall imperatore, ed assai più dall* univer-sale . » 4 7 8

- / XI1L  Mermeroe duce persiano tardi calca la viadi Petra. Conduce truppe ed elefanti ad 

INDICE. 6o3

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Soi INDICE.

 Archeopoli Sordida avaritta di Bessa. So-verchia condiscendenza di Giusiiniano ver-so i prefetti. — Scanda e Sara pani ca-stelli della Lazica. — /   paesani atterra-

no Rodopoli. Fuga degli imperiali quivi a campo, . Pag. 4^4

C a p o XIV.  Archeopoli ; assedio delle sue mura.' 1 Ro-mani avvalorati dai loro duci arrecano sortendo grave danno al nemico. — Spa-vento e fu ria d* un elefante. — Episodio dell’ autore sopra Edessay ove in altri tem- pi gli elefanti infierirono al grufolare dei 'majali. Prodigio ivi mirato. Partita degli assediatoli, —  Mermeroe giunto nella Mu chiresia vi restaura il castello Cutatisio » 4&$

- XV. Tregua di cinque anni turpemente comprada Giustiniano Augusto. —  Libertà di 

Procopio nello scrìvere. — Vendemmia tosi, le viti riproducono grappoli e gli al-beri nuovi frutti . . * » 494

- XVI, Gli imperiali offensori dei Lazj. UchimerioC a s t e l l o , per opera di Teofobio •> cade in 

 p o t e r e d e l l e r e a l i t r u p p e .   — Gubaxe  r e  

dei Lazj sverna pe7monti, e con lettera 

esortato da Mermeroe ad abbandonare le  parti romane si tien fedele » 49®

- XVII.  Indiana semenza dei bachi da se ta , ed am-maestramenti per averne bozzoli dati da monaci ai Romani — Sottoscritta da Co-sroe la tregua prosegue impertanto la 

guerra presso de Lazj. — Stato delle af  fricane faccende • . » 5oi- XVIII. Pronta guerra tra Gepidi e Langobardi

spenta da pànico timore. — Tregua di  Jorisino e Auduino loro capi Cuturguri

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mandali dai Gepidi contro Vimpero, Ulur guri in armi, ad instigamento di Giusti-niano , contro a i Cuturguri. Pugna tra

essi. . Pag. 5o5

XIX,  I Romani jervi presso de* Cuturguri torna-no, fuggendo, liberi. /  Cuturguri udita la strage deyloro compagni vengono a patti con Giustiniano, e ne hanno tracico suo-lo. Querimonie di Sandilo , capo degli Uturguri,  per V imperiale ordinamento. » 5 0 9

XX. Suolo abitato dai Varni. — Situazione e  popoli dell' isola Brittia. — Ermegisclo ,re de' Varni, impalma la sorella di Teu-deberto monarca de1Franchi, ed impro-mette suo figlio Radigere, avuto dalla pri-ma donna , alla sorella del re degli An-glicani,; quindi presago di sua morte, rotti 

i prefati sponsali, destinalo a sposo della matrigna. — Offesane la fidanzata muove guerra a Radigere> lo combatte e fa pri-gioniero. —*Una parte dell isola Britliayseparata da murò ed inabitabile dai vi-venti, si vuole che accolga le anime de*trapassati condottevi in paliscalmi da re-

matori Franchi » Si3XXI. V autore fa ritorno alla gottica guerra. Ono-

 r a n z e conferite a Belisario in Bizanzio. .Giovanni sverna a Salona. —  Narsete eletto da Giustiniano a proseguire la gottica guerra prolunga sua dimora in 

Filtppopoli, e quindi calca la  P ia dell I talia . » SioXXII. 'Totila richiama in Roma parecchi senatori.

 Zelo romano diretto a conservare i pub-blici ornamenti.  Descrizione della nave di

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Enea. — Conghieltura di Procopio intor-no all* isola di Calipso* Nave di pietra in Corcira dedicata a Giove Casio, ed altra,nell’ Eubea, a Diana. Sepolcro di An 

chise . • Pag* 5a3Capo XXIII.  I Gotti assediano da terra e da mare An-

cona ; Valeriano con lettera esorta Gio-vanni ad unirsi seco onde soccorrerne il 

 presidio. — Ambo, fa tto un sol corpo delle genti loro, afferrano a Senogaìlia. Il ne-mico procede ad incontrarli. Arringhe dei condottieri ai proprii eserciti. Marittimo combattimento ; strage e fu$a de9Gotti. » 5ay

- XXIV.  Nella Sicilia valorose gesie di Artabano a prò de9Romani. Vani esperimenti de9Gotti  per riappattumarsi coIV imperatore. Felici imprese dei Franchi nel? Italia. —  Leonzio 

imperiale ambasciatore a Teudibaldo di Teudiberto. Dicerie d’entrambi. -— La Cor-sica e la Sardegna in potere dei Gotti.

 Nella prima delle isole uomini e cavalli di  piccolissima taglia . . . . » 533

- XXV. V Illirico posto a sacco dagli Sclabeni. —Giustiniano si lega co’ Gepidi, quindi spe-

disce aiuti y per guerreggiarli, ai Lango-bardi Costoro vittoria. — Città rovesciate dai terremoti Marittima inondazione. Cro-tone assediata dai Gotti. • . » 538

- XXVI. Sciolto V assedio di Crotone, a ll apportarede* romani vascelli,  Ragnari e Morra co-

mandanti de9Gotti pertsano arrendersi —Guerresco apparato e truppe di Narsete cui negati dai Franchi il passo pel ve-neto suolo. Consiglio di Totila. Narsete 

 prende la via di Ravenna. » 54a

Co6 INDICE.

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C ap o XXVII»  Ildigisal lango bardo alF imperatori diser-tato yf  ugge da Bizanzio unitamente al gotto G Q i di t bi i i d *

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