Problemi inversi in Ottica Geometrica studiati mediante...

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UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLT ` A DI SCIENZE CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MATEMATICA Problemi inversi in Ottica Geometrica studiati mediante due metodi differenti: l’equazione iconale e il principio di Fermat TESI DI LAUREA DI: RELATORE: Loredana Caddeo Dott. Francesco Demontis Anno Accademico 2015/2016

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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI CAGLIARI

FACOLTA DI SCIENZE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MATEMATICA

Problemi inversi in Ottica Geometricastudiati mediante due metodi

differenti: l’equazione iconale eil principio di Fermat

TESI DI LAUREA DI: RELATORE:

Loredana Caddeo Dott. Francesco Demontis

Anno Accademico 2015/2016

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Indice

Introduzione i

1 Ottica fisica e ottica geometrica 11 Il Campo Elettromagnetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1.1 Le equazioni di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21.2 Le equazioni d’onda e la velocita della luce . . . . . . . . . . . . . . . . . 31.3 La teoria elementare della dispersione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

2 Fondamenti di ottica geometrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82.1 L’equazione iconale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.2 L’equazione differenziale dei raggi di luce . . . . . . . . . . . . . . . . . . 132.3 Le leggi di rifrazione e riflessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162.4 Raggi di congruenza e loro proprieta focali . . . . . . . . . . . . . . . . . 182.5 Il principio di Fermat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

2 Problema inverso in tre dimensioni 231 Introduzione al problema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23

1.1 Nozioni geometriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252 Primo metodo: il principio di Fermat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273 Risolubilita del sistema della distribuzione dell’indice di rifrazione . . . . . . . . 294 Secondo metodo: l’equazione iconale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 345 Esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36

5.1 Esempio 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 375.2 Esempio 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 405.3 Esempio 3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 425.4 Esempio 4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 45

3 Problema inverso in due dimensioni 511 Equazione differenziale alle derivate parziali dell’indice di rifrazione trovata me-

diante il principio di Fermat . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 522 Equazione differenziale alle derivate parziali dell’indice di rifrazione trovata me-

diante l’equazione iconale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54

i

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3 Indici di rifrazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 553.1 Indici di rifrazione radiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 553.2 Indici di rifrazione omogenei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

A Sistemi di PDEs di primo ordine 611 Sistemi di equazioni lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 612 Sistemi completi di Jacobi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 643 Integrazione di sistemi completi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66

Conclusioni 69

Bibliografia 71

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Introduzione

L’ottica e la branca dell’elettromagnetismo che descrive il comportamento e le proprieta dellaluce e l’interazione di questa con la materia. Esistono tre branche di ottica: l’ottica geometrica,l’ottica fisica e l’ottica quantistica.

La tesi e quasi interamente dedicata all’ottica geometrica, ma verranno fornite le nozioniprincipali dell’ottica fisica che verranno utilizzate per l’ottica geometrica (che e un suo casoparticolare)1.

L’ottica fisica studia i fenomeni di interferenza, diffrazione, polarizzazione della luce e tuttiquei fenomeni per i quali e necessario ricorrere alla descrizione del carattere ondulatorio dellaluce come radiazione elettromagnetica applicando quindi le equazioni di Maxwell2.

L’ottica geometrica costituisce un’approssimazione dell’ottica fisica. Essa e valida quando laluce interagisce solo con oggetti di dimensioni molto maggiori rispetto alla sua lunghezza d’onda.Invece di parlare di direzione di propagazione dell’onda in ottica geometrica (si veda [1, 2, 3]) siintroduce il concetto di raggio. Utilizzando il concetto di raggio, gli unici fenomeni rilevanti sonola propagazione rettilinea, la riflessione e la rifrazione ed e possibile spiegare il funzionamento dispecchi, prismi, lenti e dei sistemi ottici costruiti con essi.

L’ottica geometrica e basata sulle seguenti leggi3:

• Legge di propagazione rettilineaLa legge afferma che nel vuoto la luce si propaga lungo linee rette. Tale comportamentodella luce viene mantenuto all’interno di un qualsiasi mezzo omogeneo.

• Leggi della riflessioneLa riflessione e il fenomeno per cui una congruenza ortogonale4 di raggi che incide su unasuperficie di discontinuita genera una nuova congruenza ortogonale di raggi. Le leggi dellariflessione affermano che tale nuovo raggio, detto raggio riflesso, si trova nel piano definitodal raggio incidente e dalla perpendicolare alla superficie e nel punto di incidenza formacon tale perpendicolare un angolo con la stessa ampiezza e verso opposto di quello formatodal raggio incidente.

1Per maggiori dettagli consultare [1, 2, 3].2Le equazioni di Maxwell verranno introdotte nel Capitolo 1.3Per maggiori dettagli consultare [1, 2, 3].4La definizione di congruenza ortogonale verra data nel Capitolo 1.

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• Leggi della rifrazione (Legge di Snell)La rifrazione e il fenomeno per cui una congruenza ortogonale di raggi che attraversa unasuperficie di discontinuita (contatto tra due materiali diversi) viene deviata. Le leggi dellarifrazione affermano che:

1. Il raggio uscente si trova sul piano definito dal raggio entrante e dalla perpendicolarealla superficie nel punto di contatto.

2. Le ampiezze degli angoli formati dai due raggi rispetto alla perpendicolare alla super-ficie sono collegati dalla relazione: n1 sin θ1 = n2 sin θ2 dove i coefficienti ni, i = 1, 2,sono detti indici di rifrazione e dipendono dai materiali di cui sono costituiti i mezzie dalla frequenza.

L’indice di rifrazione di un materiale e una grandezza adimensionale che quantifica la dimi-nuzione della velocita di propagazione della radiazione elettromagnetica quando attraversa

un materiale ed e definito dalla formula n =c

v, dove c rappresenta la velocita della luce

nel vuoto e v e la velocita di propagazione del raggio di luce nel mezzo.Nei fenomeni di rifrazione oltre al raggio rifratto, vi e sempre anche un raggio riflesso. Nelcaso in cui il raggio provenga dal mezzo con indice di rifrazione maggiore, con un ango-lo tale che l’angolo uscente dovrebbe essere maggiore di 90 (θ1 > arcsin(n2

n1)), il raggio

rifratto non e presente e tutta la luce viene riflessa (riflessione totale).

Gli indici di rifrazione sono definiti dalla legge precedente a meno di una costante moltipli-cativa. Essi sono determinati convenzionalmente assumendo uguale a 1 l’indice di rifrazione delvuoto; sapendo che la velocita della luce e massima nel vuoto, ne segue che l’indice di rifrazionedi tutte le altre sostanze e maggiore di 1.

La variazione dell’indice di rifrazione in funzione della frequenza provoca il fenomeno del-la dispersione cromatica, cioe la separazione di un raggio di luce bianca nel suo spettro. Ladispersione cromatica e all’origine dell’arcobaleno5 e dell’aberrazione cromatica6.

In ottica geometrica si presentano i seguenti due problemi:

• Problema diretto: Si suppone assegnato l’indice di rifrazione di un mezzo e si vuoledeterminare la traiettoria seguita dai raggi di luce in tale mezzo.

• Problema inverso: Si suppone assegnata una famiglia di curve e si vuole costruire lafunzione n = n(x, y, z) -che rappresenta l’indice di rifrazione di un mezzo- in modo che laluce si propaghi in tale mezzo lungo le curve della famiglia assegnate.

5L’arcobaleno e un fenomeno ottico e meteorologico che produce uno spettro quasi continuo di luce nel cieloquando la luce del Sole attraversa le gocce d’acqua rimaste in sospensione dopo un temporale, o presso unacascata o una fontana.

6L’aberrazione cromatica e un difetto nella formazione dell’immagine dovuta al diverso valore di rifrazionedelle diverse lunghezze d’onda che compongono la luce che passa attraverso il mezzo ottico. Questo si traduce inimmagini che presentano ai bordi dei soggetti aloni colorati.

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Nella tesi focalizzeremo la nostra attenzione sullo studio del problema inverso in ottica geome-trica. Tale problema, come gia detto, consiste nel trovare l’indice di rifrazione di un mezzosupponendo di conoscere la traiettoria dei raggi di luce. L’indice di rifrazione e descritto da unafunzione delle coordinate cartesiane utilizzate n = n(x, y, z).

La tesi sara cosı strutturata :

• Capitolo 1: Ottica fisica e ottica geometricaIn questo capitolo verranno enunciate le principali nozioni dell’ottica fisica e le equazionidi Maxwell. Mediante tali equazioni verranno trovate le equazioni fondamentali dell’otticageometrica: l’equazione iconale e l’equazione differenziale dei raggi di luce. Si dimostrerache l’indice di rifrazione non e una quantita costante ma bensı dipendente dalla frequenza(fenomeno di dispersione). Verra enunciato e dimostrato il principio di Fermat.

• Capitolo 2: Problema inverso in tre dimensioniIn questo capitolo verra descritto il seguente problema inverso in ottica geometrica in tredimensioni:

Data una famiglia di curve -congruenza normale- costruire l’indice di rifrazionerappresentato dalla funzione n = n(x, y, z) di un mezzo tridimensionale trasparente,

isotropo e disomogeneo in modo che la luce si propaghi in tale mezzo lungo le curve dellaconguenza assegnate.

Tale problema viene risolto mediante due approcci differenti: l’equazione iconale e il prin-cipio di Fermat. Entrambi gli approcci conducono ai medesimi risultati. Vengono discussiquattro esempi i quali vengono risolti mediante l’equazione iconale.

• Capitolo 3: Problema inverso in due dimensioniIn questo capitolo verra descritto il problema inverso in ottica geometrica in due dimensioni,che risulta essere un caso particolare del problema tridimensionale. Come nel Capitolo 2viene risolto sia mediante il principio di Fermat che mediante l’equazione iconale e vienericavata l’equazione dell’indice di rifrazione. Vengono discussi alcuni esempi nei quali vieneapplicata la teoria sviluppata, ponendo delle condizioni restrittive sull’indice di rifrazione.

• Appendice: Sistemi di PDEs di primo ordineIn questa appendice verranno descritti i sistemi di PDEs di primo ordine. Verranno descrittii sistemi completi e i sistemi Jacobiani e verra studiata la loro risolubilita.

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Capitolo 1

Ottica fisica e ottica geometrica

In questo capitolo descriveremo le equazioni di Maxwell che stabiliscono la stretta connessionetra campo elettrico e campo magnetico.Verra dimostrato, con semplici argomentazioni matematiche, che l’indice di rifrazione n non ecostante ma dipende dalla frequenza (dispersione).Il principale oggetto di studio sara l’ottica geometrica che nasce come caso limite quando lalunghezza d’onda tende a diventare zero. Questo fa si che l’energia venga trasportata attraversoraggi di luce e, quindi, che possano essere applicate considerazioni geometriche a fenomeni ottici.Partendo dal problema diretto, in cui l’indice di rifrazione e noto, verranno derivate le equazionipiu importanti dell’ottica geometrica: l’equazione iconale e l’equazione dei raggi di luce. Verrainfine descritto il principio di Fermat.

1 Il Campo Elettromagnetico

Il campo elettromagnetico interagisce nello spazio con cariche elettriche e puo manifestarsi anchein assenza di esse, trattandosi di un’entita fisica che puo essere definita indipendentemente dallesorgenti che l’hanno generata. In assenza di sorgenti il campo elettromagnetico e detto ondaelettromagnetica, viene rappresentato da due vettori, E e B, chiamati rispettivamente campoelettrico e campo magnetico, essi sono campi vettoriali solenoidali1, eccetto nel punto occupatodalla carica, in cui la divergenza del campo risulta infinita. Per descrivere l’effetto del campo suoggetti materiali, e necessario introdurre un secondo set di vettori: la densita di corrente elettricaj, l’induzione elettrica nella materia D, il campo magnetico nella materia H. La variazionetemporale di uno dei due campi (elettrico o magnetico) determina il manifestarsi dell’altro:campo elettrico e campo magnetico sono caratterizzati da una stretta connessione che e stabilitadalle quattro equazioni di Maxwell.

1Un campo vettoriale C viene detto solenoidale quando la divC = 0 in ogni suo punto.

1

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1.1 Le equazioni di Maxwell

Le derivate spaziali e temporali dei vettori E, B, H, D, j sono legate dalle equazioni di Maxwell,che ricoprono tutti i punti dello spazio in cui le proprieta fisiche del mezzo sono continue2:

rotH− 1

cD =

cj, (1.1)

rotE +1

cB = 0, (1.2)

dove D =dD

dte B =

dB

dt.

Vi sono poi due relazioni scalari:

divD = 4πρ, (1.3)

divB = 0. (1.4)

L’equazione (1.3) puo essere riguardata come una definizione della densita di carica elettrica ρ,l’equazione (1.4) implica che non esistono monopoli magnetici. Dall’equazione (1.1) (e dal fattoche div rot ≡ 0) segue che:

divj = − 1

4πdivD, (1.5)

derivando l’equazione (1.3) rispetto al tempo, ed eguagliando quanto trovato con la (1.5) siottiene:

∂ρ

∂t+ divj = 0, (1.6)

chiamata equazione di continuita.Le equazioni di Maxwell connettono le cinque quantita base, E, H, B, D, j. Esse consentonoun’unica determinazione dei vettori di campo dati da una distribuzione di corrente e di cariche,e devono essere integrate da relazioni che descrivono il comportamento delle sostanze sottol’influenza del campo. Queste relazioni sono conosciute come equazioni materiali, in generalesono piuttosto complicate. Tuttavia, se valgono le seguenti ipotesi:

1. il campo varia con legge periodica sinusoidale,

2. i corpi sono a riposo o in movimento molto lento rispetto agli altri,

3. il materiale di cui e composto il mezzo e isotropo3,

2Le quantita E, D, j, ρ sono misurate in unita elettrostatiche, le quantita H e B in unita magnetiche, lacostante c che indica la velocita della luce nel vuoto e approssimata a 3× 1010cm/s.

3L’isotropia e una caratteristica fisica la quale indica l’indipendenza dalla direzione nella quale si analizza ilfenomeno.

2

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allora esse generalmente assumono la forma relativamente semplice:

j = σE, (1.7)

D = εE, (1.8)

B = µH, (1.9)

dove σ e la conducibilita specifica, ε e la costante dielettrica e µ e la permeabilita magnetica.

1.2 Le equazioni d’onda e la velocita della luce

Limiteremo la nostra attenzione a quella parte del campo che non contiene cariche o correntiossia : j = 0 e ρ = 0. Sostituiamo B con l’equazione materiale (1.9) nell’equazione (1.2),dividendo entrambe le parti per µ e applicando l’operatore rotore si ottiene:

rot

(1

µrotE

)+

1

crotH = 0. (1.10)

Differenziando rispetto al tempo l’equazione (1.1) e utilizzando l’equazione (1.8) per esprimereD, si elimina rotH tra l’equazione risultante e (1.10) e si ottiene:

rot

(1

µrotE

)+ε

c2E = 0. (1.11)

Utilizzando le identita rot(uv) = u rotv + grad u ∧ v e rot(rot) = grad(div) −∇2 l’equazione(1.11) diventa:

∇2E− εµ

c2E + (grad lnµ) ∧ rotE− grad(divE) = 0. (1.12)

Inoltre utilizzando la relazione divD = 4πρ, l’equazione (1.8) per D e l’identita div(uv) =u divv + v · grad u si trova:

ε divE + E · gradε = 0. (1.13)

Dopo aver fatto queste considerazioni l’equazione (1.12) puo essere riscritta nella forma:

∇2E− εµ

c2E + (grad lnµ) ∧ rotE− grad(E · grad ln ε) = 0. (1.14)

Effettuando passaggi simili si ottiene:

∇2H− εµ

c2H + (grad ln ε) ∧ rotH− grad(H · grad lnµ) = 0. (1.15)

Se il mezzo e omogeneo4 allora grad lnµ = grad ln ε = 0 e le equazioni (1.14) e (1.15) si riduconoa:

∇2E− εµ

c2E = 0, (1.16)

4Un mezzo si dice omogeneo, quando ε, µ e σ non dipendono dallo spazio percorso dall’onda elettromagnetica.

3

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∇2H− εµ

c2H = 0. (1.17)

In generale l’equazione tipica di un’onda e ∇2u − 1

v2u = 0 dove u(r, t) e una funzione della

posizione r e del tempo t, e v indica la velocita di propagazione dell’onda. Quindi le equazioni(1.16) e (1.17) sono le equazioni standard del moto dell’onda e suggeriscono l’esistenza di ondeelettromagnetiche che si propagano con velocita data dalla seguente formula:

v =c√εµ. (1.18)

Il valore di v non e determinato direttamente con una regola, ma solo relativamente a c, permezzo della legge di rifrazione. Secondo tale legge, se un’onda elettromagnetica piana cadesulla regione di confine tra due mezzi omogenei, il seno dell’angolo θ1, formato tra la normaleall’onda incidente e la normale alla superficie, sta in un rapporto costante con il seno dell’angoloθ2 formato tra la normale all’onda rifratta e la superficie normale (Figura 1.1), questo rapportocostante diventa uguale al rapporto tra le velocita v1 e v2 di propagazione dell’onda nei mezzi:

sin θ1

sin θ2

=v1

v2

. (1.19)

Figura 1.1: La figura rappresenta la rifrazione di un’onda piana. La figura e stata presa dal [2].

Il valore costante nel rapporto e solitamente denotato con n12 ed e chiamato indice di rifrazione,per la rifrazione dal mezzo 1 al mezzo 2. Si puo anche definire l’indice di rifrazione assoluto diun mezzo:

n =c

v. (1.20)

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Mezzo n√ε

Aria 1,000294 1,000295Idrogeno H2 1,000138 1,000132Anidride carbonica CO2 1,000449 1,000473Monossido di Carbonio CO 1,000340 1,000345Metanolo CH3OH 1,34 5,7Alcool etilico C2H5OH 1,36 5,0Acqua H2O 1,33 9,0

Tabella 1.1: Tabella nella quale vengono riportati gli indici di rifrazione di alcuni mezzi e lecostanti dielettriche statiche.

Se n1 e n2 sono gli indici di rifrazione assoluti di due mezzi, il relativo indice di rifrazione n12

per la rifrazione dal mezzo 1 al mezzo 2 e dato da :

n12 =n2

n1

=v1

v2

.

Mettendo a confronto l’equazione (1.20) e l’equazione (1.18) si ottiene:

n =√εµ, (1.21)

chiamata formula di Maxwell. Dal momento che per tutte le sostanze di cui ci occuperemo µrisulta unitario, l’indice di rifrazione e dato dalla radice della costante dielettrica del mezzo ε,che e assunta come costante del materiale. Pero, esperimenti sui colori prismatici, gia noti daitempi di Newton5, mostrano che l’indice di rifrazione dipende dalla frequenza della luce.

1.3 La teoria elementare della dispersione

Nella sezione §1.2 e stato osservato che l’indice di rifrazione non puo essere una costante delmezzo come suggerisce la nostra precedente trattazione formale, ma deve dipendere dalla fre-quenza. La variazione dell’indice di rifrazione in funzione della frequenza costituisce il fenomenodi dispersione. Per uno studio adeguato della dispersione sarebbe necessario ricorrere alla teoriaatomica della materia6: tuttavia e possibile dare un modello semplificato facendo uso di alcunirisultati base riguardanti la struttura delle molecole.In questa sezione dimostriamo, con semplici argomentazioni matematiche, la dipendenza del-l’indice di rifrazione dalla frequenza. A tal fine, occorre determinare lo sposamento r7 per ogni

5Isaac Newton fu il primo a dimostrare che la luce bianca era composta dalla luce di tutti i coloridell’arcobaleno, che potevano essere separati in uno spettro completo di colori da un prisma di vetro.

6Si veda [2] per maggiori dettagli.7Il calcolo rigoroso dello spostamento r dei nuclei e degli elettroni e un problema complicato di meccanica

quantistica. Tuttavia, e confermato dalla teoria che gli elettroni si comportano come se fossero soggetti all’azionedi una forza “elastica”Q = qr.

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particella carica dalla sua posizione di equilibrio. Si puo dimostrare8 che l’equazione di moto diun elettrone avente carica e e massa m e:

mr + qr = eE (1.22)

dove con E si indica il campo elettrico effettivo E = E +4π

3P, essendo P la polarizzazione9

totale e con qr si rappresenta una forza di ripristino quasi elastica.Si deve tener presente che ogni elettrone contribuisce alla polarizzazione con un momento paria p = er. Osserviamo che si dovrebbe tenere in considerazione anche il contributo dei nuclei.Tuttavia, possiamo trascurare tale contributo perche le masse dei nuclei sono grandi in confron-to a quelle degli elettroni e quindi il loro contributo allo spostamento e trascurabile in primaapprossimazione. Sia ω la frequenza angolare del campo incidente:

E = E0e−iωt (1.23)

L’equazione (1.22) con E dato dalle (1.23) ammette la soluzione

r =eE

m(ω20 − ω2)

, (1.24)

dove ω0 =

√q

me chiamata frequenza di risonanza. In accordo all’equazione (1.24) l’elettrone

oscilla con la frequenza del campo incidente. Si noti che nell’equazione (1.24) deve essere ω 6= ω0.Supponendo per il momento che vi sia un solo elettrone efficace in una molecola con frequenzadi risonanza ω0 si ottiene, per la polarizzazione totale P, l’espressione:

P = Np = Ner = Ne2

m

E

(ω20 − ω2)

, (1.25)

dove con N si indica il numero di molecole per unita di volume. Dalla teoria della strutturaatomica della materia10 e noto che:

P = NαE, (1.26)

sostituendo tale espressione nella (1.25), si trova:

Nα = Ne2

m(ω20 − ω2)

, (1.27)

8Per maggiori dettagli si veda il Capitolo 2 in [2].9La polarizzazione e una caratteristica delle onde elettromagnetiche ed indica la direzione di oscillazione del

campo elettrico durante la propagazione dell’onda nello spazio.10Per ulteriori dettagli si visioni il Capitolo 2 in [2].

6

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che esprime la densita di polarizzazione in termini di parametri atomici. Pertanto risulta che la

quantita α, la cui espressione e α =3

4πN

ε− 1

ε+ 211, non e costante, dove ε nella sua espressione

denota la costante dielettrica statica. Questo porta ad introdurre la dipendenza della costantedielettrica dalla frequenza ossia ε(ω) che e stata definita per mezzo delle equazioni di Maxwellcome ε = n2, quindi anche l’indice di rifrazione n e funzione della frequenza n(ω). La costantedielettrica statica assume il valore ε(0) = n2(0); questo corrisponde, secondo la (1.26), al valorelimite Nα(0) che viene trovato dalla (1.27) ponendo ω = 0:

Nα(0) =Ne2

mω20

.

Per ω 6= 0, la funzione Nα(ω) data dall’equazione (1.27), e monotona crescente rispetto a ω,ma assume un valore infinito (punto di risonanza) quando ω tende a ω0, infine per ω → ∞ lafunzione tende al valore zero. Sostituendo il valore di α nella (1.27) si trova:

n2 − 1

n2 + 2=

3

Ne2

m(ω20 − ω2)

. (1.28)

Per i gas il valore di n e vicino all’unita e si ottiene la seguente espressione (approssimata) delladispersione:

n2 − 1 ∼ 4πNα =4πNe2

m(ω20 − ω2)

. (1.29)

Si osserva immediatamente che n e una funzione della frequenza. La dispersione e detta normale.Inoltre, n ≷ 1 in base a ω ≶ ω0 e n si avvicina all’unita con l’incremento di ω (vedi Figura 1.2).Alla frequenza di risonanza (ω = ω0) n e in realta infinito, come risulta dalle formule (1.29)(siveda anche il grafico continuo nella Figura 1.2).

La singolarita (corrispondente al termine ω0−ω al denominatore nell’equazione (1.25)) sorgein quanto si e trascurato l’effetto di smorzamento. Lo smorzamento e infatti un fattore essenzialenell’intero processo in quanto gli elettroni vibrando emettono onde elettromagnetiche che sot-traggono energia. Formalmente lo smorzamento puo essere preso in considerazione aggiungendonell’equazione di moto (1.22) un termine gr che rappresenta un forza resistente:

mr + gr + qr = eE. (1.30)

La soluzione dell’equazione (1.30) e:

r =eE

m(ω20 − ω)− iωg

. (1.31)

Sostituendo (1.31) in (1.25) si osserva che la polarizzazione diventa una quantita complessa.Dal grafico in Figura 1.2, si nota che la curva tratteggiata (che rappresenta la curva di dispersione

11Si invita il lettore a consultare il Capitolo 2 in [2] per prendere visione del procedimento mediante il quale siottiene tale espressione.

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Figura 1.2: Nella figura viene rappresentata la curva di dispersione per un gas. La linea continuarappresenta la curva di dispersione data dalla (1.29) e la linea tratteggiata rappresenta la curvadi dispersione data dal modulo della (1.31). La figura e stata presa dal [2].

descritta dal modulo dalla (1.31)), ha un massimo in un valore di ω piu piccolo di ω0, e ha unminimo in un valore piu grande di ω0; tra il massimo e il minimo la funzione decresce conl’incremento della frequenza, questa regione viene chiamata regione di dispersione anomala. Iraggi con una lunghezza d’onda piccola vengono rifratti meno rispetto a quelli di lunghezzad’onda grande, questo si traduce nell’inversione della sequenza dei colori prismatici. L’indice dirifrazione per la luce visibile e sempre piu grande dell’unita.

2 Fondamenti di ottica geometrica

La branca dell’ottica in cui si trascura la lunghezza d’onda, cioe in corrispondenza al caso limiteλ0 → 0, e nota come ottica geometrica e in tale approssimazione le leggi ottiche possono essereformulate come leggi geometriche. In particolare, l’energia puo essere trasportata lungo curve(raggi di luce).Inoltre, per lunghezze d’onda piccole il campo ha lo stesso carattere di un’onda piana. All’internodell’approssimazione dell’ottica geometrica valgono i seguenti fatti:

• valgono le leggi di rifrazione e riflessione stabilite per onde piane incidenti su un confinepiano (Es. le superfici di una lente) che dividono il raggio incidente in un raggio riflesso eun raggio trasmesso;

8

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• la riflettivita e trasmissivita possono essere calcolate dalle corrispondenti formule per ondepiane.

Quindi, quando la lunghezza d’onda tende a zero, i fenomeni ottici possono essere dedotti daconsiderazioni geometriche, determinando le traiettorie dei raggi di luce. Si possono formulareleggi appropriate, considerando le implicazioni delle equazioni di Maxwell quando λ0 → 0.Infine si sottolinea che la semplicita del modello dell’ottica geometrica deriva essenzialmente dalfatto che, in generale, il campo si comporta localmente come un’onda piana.Per la maggior parte dei problemi di ottica, l’ottica geometrica fornisce almeno un buon puntodi partenza per studi piu approfonditi.

2.1 L’equazione iconale

In questa sezione deriviamo una delle equazioni piu importanti dell’ottica geometrica: l’equazioneiconale.Ricordando che nell’ottica geometrica i campi (elettrico e magnetico) hanno lo stesso andamentodi un’onda piana e, percio, in un mezzo isotropo isolante possiamo scrivere:

E(r, t) = E0(r)e−iωt,

H(r, t) = H0(r)e−iωt,(1.32)

dove E0 e H0 sono vettori complessi. I vettori E0 e H0 soddisfano le equazioni di Maxwell. Inregioni libere da corrente e da cariche, dove j = ρ = 0, tali equazioni assumono la forma:

rotH0 + ik0εE0 = 0, (1.33)

rotE0 − ik0µH0 = 0, (1.34)

div εE0 = 0, (1.35)

div µH0 = 0, (1.36)

dove k0 =ω

c=

λ0

, dove λ0 e la lunghezza d’onda nel vuoto.

Cerchiamo soluzioni delle equazioni (1.33), (1.34), (1.35), (1.36) della forma:

E0 = e(r)eik0S(r), H0 = h(r)eik0S(r), (1.37)

dove S(r) e una funzione scalare reale della posizione, detta traiettoria ottica, e(r) e h(r) sonovettori complessi. Sostituendo le (1.37) nelle equazioni di Maxwell (1.33), (1.34), (1.35), (1.36),si ottiene un set di relazioni tra e, h e S.Nel caso dell’ottica geometrica, che si ottiene quando λ0 e piccolo, si puo dimostrare che questerelazioni comportano che S soddisfi una certa equazione differenziale, la quale e indipendente

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dai vettori e e h. Vogliamo ottenere questa equazione differenziale.A tal fine, notiamo che, dalle equazioni (1.37) e usando le ben note identita vettoriali:

rotH0 = (roth + ik0 gradS ∧ h)eik0S , (1.38)

divµH0 = (µdivh + h · gradµ+ ik0µh · gradS)eik0S , (1.39)

e espressioni analoghe per rotE0 e divεE0, le equazioni (1.33),(1.34),(1.35),(1.36) diventano:

gradS ∧ h + εe = − 1

ik0

roth, (1.40)

gradS ∧ e− µh = − 1

ik0

rote, (1.41)

e · gradS = − 1

ik0

(e · grad ln ε+ dive), (1.42)

h · gradS = − 1

ik0

(h · grad lnµ+ divh). (1.43)

Come gia osservato, siamo interessati alla soluzione per valori di λ0 piccoli. Fintanto che il

fattore moltiplicativo1

ik0

e trascurabile, il fattore a secondo membro di tutte le equazioni puo

essere trascurato, e le equazioni si riducono a:

gradS ∧ h + εe = 0, (1.44)

gradS ∧ e− µh = 0, (1.45)

e · gradS = 0, (1.46)

h · gradS = 0. (1.47)

Le (1.44) e (1.45) possono essere viste come un sistema di sei equazioni scalari lineari e omogeneeper le componenti cartesiane ex, hx, ey, hy, ez, hz di e e h. Queste equazioni hanno soluzioninon banali solo se il determinante della matrice dei coefficienti del sistema e nullo. Ricavando hdalla (1.45) e sostituendo nella (1.44) si trova:

1

µ

[(e · gradS) gradS − e (gradS)2]+ εe = 0. (1.48)

Grazie alle (1.46) il primo termine dentro la parentesi nella (1.48) si annulla, e l’equazione siriduce, considerando che e non si annulla mai, a:

(gradS)2 = n2, (1.49)

10

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che si puo scrivere esplicitamente come:(∂S∂x

)2

+

(∂S∂y

)2

+

(∂S∂z

)2

= n2(x, y, z), (1.50)

dove n =√εµ e l’indice di rifrazione. L’equazione (1.50) e nota come equazione iconale; ed e

l’equazione fondamentale dell’ottica geometrica.La superficie

S(r) = costante,

viene chiamata superficie d’onda geometrica (oppure il fronte d’onda geometrico).I raggi di luce geometrici possono essere ora definiti come traiettorie ortogonali al fronte

d’onda geometrico S = costante. In particolare, si considerano come curve orientate la cuidirezione coincide, in ogni punto, con la direzione della media temporale del vettore di Poynting12.Il vettore di Poynting e una grandezza vettoriale che descrive il flusso di energia associato allapropagazione del campo elettromagnetico, esso e definito tramite il prodotto vettoriale tra ilcampo elettrico e il campo magnetico: S = E ∧ H. La media temporale indicata con 〈S〉e la media integrale calcolata in un intervallo di tempo tendente all’infinito, quindi la mediatemporale del vettore di Poynting risulta:

〈S〉 :=1

2T ′

∫ T ′

−T ′

c

4π(E ∧H)dt, per T ′ →∞.

Utilizzando la (1.45) ed effettuando semplici calcoli, la media temporale del vettore di Poyntingrisulta13:

〈S〉 =c

8πµ(e · e?)gradS − (e · gradS)e? . (1.51)

L’ultimo termine e nullo per la (1.46). Secondo l’equazione iconale,gradSn

e un vettore unitario

chiamato t:

t =gradSn

=gradS|gradS|

. (1.52)

Controntando le equazioni (1.51) e (1.52) si nota che t ha la stessa direzione della media tem-porale del vettore di Poynting. La media del vettore di Poynting e nella direzione della normaleal fronte d’onda geometrico.Se r(s) denota il vettore posizione di un punto P su un raggio, considerato come funzione

dell’ascissa curvilinea s del raggio, dovedr

ds= t, l’equazione dei raggi puo essere scritta come:

ndr

ds= gradS. (1.53)

12Questa definizione di raggi di luce e appropriata solo per mezzi isotropi.13Per maggiori dettagli si veda il Capitolo 3 in [2].

11

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Dalle (1.46) e (1.47) si vede che i vettori elettrici e magnetici sono ortogonali al raggio in ognipunto. Il significato della (1.53) risulta chiaramente dalle seguenti osservazioni. Si considerinodue fronti d’onda “infinitamente”vicini S = costante e S + dS = costante (vedi Figura 1.3).

Figura 1.3: La figura rappresenta il significato della formula ns = gradS. La figura e stata presadal [2].

Inoltre:dSds

=dr

dsgradS = n. (1.54)

La distanza ds tra due punti posti alle estremita opposte di un taglio normale dei due fronti

d’onda risulta essere, ricordando la definizione n =c

v, inversamente proporzionale all’indice di

rifrazione, cioe direttamente proporzionale a v. L’integrale∫Cn ds calcolato lungo una curva C

e conosciuto come cammino ottico della curva, o lunghezza ottica. Denotando con le parentesiquadre il cammino ottico di un raggio che passa per P1 e P2, si ha:

[P1P2] =

∫ P2

P1

n ds = S(P2)− S(P1), (1.55)

e poiche

n ds =c

vds = c dt,

dove dt e il tempo che occorre all’energia per percorrere la distanza ds lungo il raggio, quindi:

[P1P2] = c

∫ P2

P1

dt, (1.56)

cioe la lunghezza ottica [P1P2] e uguale al prodotto della velocita della luce nel vuoto per iltempo impiegato dalla luce per viaggiare da P1 a P2.

12

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2.2 L’equazione differenziale dei raggi di luce

I raggi di luce sono stati definiti come traiettorie ortogonali al fronte d’onda geometrico S(x, y, z) =costante e si e visto che, se r e un vettore posizione di un punto del raggio e s la lunghezza delraggio misurata a partire da un punto fissato in esso, si ha:

ndr

ds= gradS. (1.57)

Questa equazione specifica i raggi mediante la funzione S, ma si puo facilmente ricavare un’equa-zione differenziale che specifica il raggio direttamente in termini della funzione indice di rifrazionen(r). Differenziando (1.57) rispetto a s si ottiene:

d

ds

(ndr

ds

)=

d

ds(gradS) =

dr

ds· grad(gradS) =

1

ngradS · grad(gradS) =

1

2ngrad[(gradS)2] =

1

2ngrad n2,

cioed

ds

(ndr

ds

)= grad n. (1.58)

Questa e la forma vettoriale delle equazioni differenziali dei raggi di luce.

Esempio 1 : In un mezzo omogeneo n = costante quindi la (1.58) si riduce a:

d2r

ds2= 0,

da cui:r = sa + b, (1.59)

dove a e b sono vettori costanti. L’equazione (1.59) e un’equazione vettoriale di una retta cheha direzione del vettore a e passa per il punto b. Quindi si deduce che in un mezzo omogeneo iraggi di luce assumono la forma di una linea retta.

Esempio 2 : In un mezzo il quale abbia una simmetria sferica, l’indice di rifrazione dipendesolo dalla distanza r da un punto fissato O:

n = n(r). (1.60)

Questo caso e approssimativamente realizzato dall’atmosfera terrestre, quando viene presa inconsiderazione la curvatura della terra14.

14Con curvatura della terra si intende la distanza tra un osservatore e la linea che separa cielo e terra, cheaumenta con la quota. Piu in alto si sale, maggiore e la porzione di superficie terrestre che si puo dominare conlo sguardo (condizioni atmosferiche permettendo).

13

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Considerando la variazione del vettore r ∧ [n(r)t] lungo un raggio. Si ha:

d

ds(r ∧ nt) =

dr

ds∧ nt + r ∧ d

ds(nt), (1.61)

dato chedr

ds= t il primo termine a secondo membro si annulla. Il secondo termine, tenendo

conto della (1.58), puo essere scritto come r ∧ grad n, ma dalla (1.60) si ha grad n =r

r

dn

dr, e

quindi anche il secondo termine dell’equazione (1.61) si annulla. Quindi:

r ∧ nt = costante. (1.62)

Questa relazione implica che tutti i raggi sono curve piane, situate in un piano passante perl’origine, e lungo ogni raggio si ha:

nr sinφ = costante, (1.63)

dove φ e l’angolo tra il vettore posizione r e la tangente al punto r sul raggio (Figura 1.4).Osserviamo che r sinφ rappresenta la distanza perpendicolare d dall’origine alla tangente, percio(1.63) puo essere riscritta come:

nd = costante. (1.64)

Figura 1.4: La figura rappresenta la formula di Bouguer, nd = costante, per raggi in un mezzocon simmetria sferica. La figura e stata presa dal [2].

Questa relazione usualmente viene chiamata formula di Bouguer e rappresenta l’analogo di unanota formula in dinamica, che esprime la conservazione del momento angolare di una particella

14

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che si muove sotto l’azione di forze centrali.Per ottenere l’espressione esplicita dei raggi in un mezzo a simmetria sferica, e sufficiente richia-mare poche nozioni di geometria elementare. Siano (r, θ) le coordinate polari di una curva piana,e φ l’angolo tra il raggio vettore al punto P sulla curva e la tangente a P . L’angolo φ e dato da:

sinφ =r(θ)√

r2(θ) +

(dr

)2, (1.65)

e dalle (1.63) e (1.65) si trova:dr

dθ=r

c

√n2r2 − c2, (1.66)

dove c e una costante. L’equazione dei raggi in un mezzo con una simmetria sferica si puoscrivere nella forma:

θ = c

∫ r dr

r√n2r2 − c2

. (1.67)

Torniamo ora al caso generale. Sia K il vettore curvatura15 del raggio, definito come segue:

K =dt

ds=

1

ρn, (1.68)

dove la grandezza1

ρe il reciproco del raggio di curvatura16, n e la normale principale. Dalla

(1.58) e (1.68) segue che:

nK = grad n− dn

dst. (1.69)

Questa relazione mostra che il gradiente dell’indice di rifrazione sta nel piano osculatore delraggio. Se si moltiplica scalarmente la (1.69) per K, usando la (1.68) e sapendo che t e ortogonalea K, si trova:

|K| = 1

ρ= n · grad lnn. (1.70)

Essendo ρ e una quantita sempre positiva, la formula (1.70) implica che procedendo lungo lanormale principale l’indice di rifrazione cresce, cioe i raggi si piegano verso la regione con indicedi rifrazione piu alto (Figura 1.5).

15Il vettore curvatura K e ortogonale al vettore tangente t e ha la direzione della normale principale n deltriedro di Frenet t, n, b, in ogni punto della curva. La curvatura e il modulo della normale principale n,intuitivamente indica la misura di quanto un determinato oggetto si discosta dall’avere un andamento rettilineo.

16Il raggio di curvatura e il reciproco della curvatura:1

K, dove con K si e indicata la curvatura.

15

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Figura 1.5: La figura rappresenta la curvatura di un raggio in un mezzo eterogeneo. La figura estata presa dal [2].

2.3 Le leggi di rifrazione e riflessione

Fino ad ora abbiamo assunto che la funzione indice di rifrazione n fosse continua. Discuteremoora il comportamento dei raggi quando attraversano una superficie separata da due mezzi omo-genei con indici di rifrazioni diversi.

Segue dalla (1.57), utilizzando l’identita rot grad ≡ 0, che il vettore nt = ndr

dschiamato raggio

vettore soddisfa la relazione:

rot nt = 0. (1.71)

Sia T una superficie di discontinuita costituita da strati di transizione lungo la quale ε, µ e ncambiano rapidamente ma continuamente e su T consideriamo un elemento piano di area i cuilati P1Q1 e P2Q2 sono paralleli e con P1P2 e Q1Q2 perpedicolari a T (Figura 1.6). Sia inoltre b

Figura 1.6: La figura rappresenta le leggi di rifrazione e riflessione. La figura e stata presa dal[2].

un vettore unitario normale a questa area. Integrando la (1.71) attraverso l’area e applicando il

16

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teorema del rotore17 si trova: ∫(rot nt) · b dS =

∫nt · dr = 0, (1.72)

dove il secondo integrale e preso sul contorno della curva P1Q1Q2P2 rappresentata in Figura 1.6.Seguendo l’orientazione del rettangolo in Figura 1.6, e tenendo conto che il vettore unitario b earbitrario, si ottiene:

n12 ∧ (n2t2 − n1t1) = 0 (1.73)

dove n12 e un vettore unitario normale al confine della superficie che punta dal primo al secondomezzo e t1 e t2 sono i vettori tangenti alla curva P1Q1Q2P2 rispettivamente nel mezzo 1 enel mezzo 2 come rappresentato in Figura 1.6. La (1.73) implica che la componente tangentedel raggio vettore nt e continua attraversando la superficie, o equivalentemente, che il vettoreN12 = n2t2 − n1t1 e normale alla superficie.Siano θ1 e θ2 gli angoli tra il raggio incidente e il raggio rifratto con la normale n12 alla superficie(vedi Figura 1.7(a)). Segue dall’equazione (1.73) che:

Figura 1.7: La figura rappresenta le leggi di rifrazione (a) e di riflessione (b). La figura e statapresa dal [2].

n2(n12 ∧ t2) = n1(n12 ∧ t1), (1.74)

e, conseguentemente,n2 sin θ2 = n1 sin θ1. (1.75)

L’equazione (1.74) implica che i raggi rifratti giacciono nello stesso piano dei raggi incidenti e dellanormale alla superficie (il piano di incidenza) mentre l’equazione (1.75) mostra che il rapporto

tra il seno dell’angolo di rifrazione e il seno dell’angolo di incidenza e uguale al rapporton1

n2

degli

17Il teorema del rotore afferma che:∮

ΓF · dΓ =

∫∫S

(rotF) · dS dove F e un campo vettoriale su R3, S e unasuperficie e Γ e una curva chiusa e semplice.

17

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indici di rifrazione. Questi due risultati esprimono la legge di rifrazione o legge di Snell.La presente analisi si applica alle onde e superfici rifrangenti sotto la condizione che la lunghezzad’onda sia sufficientemente piccola (λ0 → 0). Questa condizione significa, in pratica, che i raggidi curvatura dell’onda incidente e del confine di superficie devono essere grandi rispetto allalunghezza d’onda della luce incidente.L’onda riflessa viene propagata di nuovo nel primo mezzo. Posto n2 = n1 in (1.74) e in (1.75)(vedi Figura 1.7(b)), segue che i raggi riflessi giacciono nel piano di incidenza e sin θ1 = sin θ2,quindi:

θ2 = π − θ1. (1.76)

Gli utlimi due risultati esprimono la legge di riflessione.

2.4 Raggi di congruenza e loro proprieta focali

La relazione (1.71) ossia:rot nt = 0, (1.77)

caratterizza tutti i raggi del sistema che possono essere realizzati in un mezzo isotropo e lidistingue da famiglie piu generali di curve. In un mezzo omogeneo e isotropo n e costante, e la(1.77) si riduce a:

rot t = 0. (1.78)

I raggi in un mezzo isotropo omogeneo possono essere anche caratterizzati da una relazioneindipendente da n. Tale relazione si puo ottenere applicando alla (1.77) l’identita rot nt =n rott + (grad n) ∧ t e moltiplicando scalarmente per t. Segue che un sistema di raggi in unqualsiasi mezzo isotropo, essendo (grad n ∧ t) · t = 0, deve soddisfare la relazione:

t · rot t = 0. (1.79)

Un sistema di curve che occupa una porzione di spazio in modo che una singola curva passiattraverso ciascun punto della regione e chiamato congruenza. Se esiste una famiglia di superficiche taglia ogni curva ortogonalmente la congruenza viene detta normale; se non esiste talefamiglia, la congruenza viene detta inclinata. Per l’ottica geometrica risultano essere interessantisolo le congruenze normali. Se ogni curva della congruenza e una linea retta la congruenza sichiama rettilinea. Le equazioni (1.79) e (1.78) esprimono rispettivamente le condizioninecessarie e sufficienti affinche le curve rappresentino una congruenza normale onormale rettilinea.Scegliamo un insieme di coordinate curvilinee u, v su una delle superfici ortogonali S(x, y, z) =costante ad una data conguenza normale. Ad ogni punto Q(u, v) di questa superficie corrispondeuna curva di congruenza, cioe tale curva incontra S in Q. Sia r il vettore posizione relativo alpunto P sulla curva. Possiamo considerare r come una funzione delle coordinate (u, v) e dellalunghezza d’arco s tra Q e P , misurata lungo la curva (Figura 1.8). Si considerino due curve“infinitamente”vicine di una congruenza passanti attraverso i punti (u, v) e (u + du, v + dv) su

18

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Figura 1.8: La figura rappresenta la notazione relativa alla congruenza normale. La figura estata presa dal [2].

S, occorre verificare se vi sono punti su queste curve tali che la distanza tra loro e almeno di uninfinitesimo del secondo ordine (si dice che le curve sono tagliate a primo ordine in tali punti). Ipunti aventi questa proprieta vengono chiamati fuochi e devono soddisfare le seguenti equazionial primo ordine:

r(u, v, s) = r(u+ du, v + dv, s+ ds). (1.80)

Dalla (1.80) si ottiene:rudu+ rvdv + tds = 0, (1.81)

dove ru e rv sono le derivate parziali rispetto a u e v. La (1.81) implica che ru, rv e t sonocomplanari. Questo e equivalente all’annullarsi del prodotto misto dei tre vettori ru, rv e t :

(ru ∧ rv) · t = 0. (1.82)

Facendo variare u e v in modo che assumano tutti i valori consentiti, i fuochi descrivono unasuperficie, rappresentata dall’equazione (1.82), detta superficie focale, o anche superficie caustica.Qualsiasi curva della congruenza e tangente alla superficie focale in ogni fuoco della curva. Ilpiano tangente in ogni punto della superficie focale viene chiamato piano focale.

2.5 Il principio di Fermat

Il principio di Fermat -conosciuto anche come il principio del piu breve percorso ottico o comeprincipio di tempo minimo- afferma che la lunghezza ottica∫ P2

P1

n ds, (1.83)

di un raggio luminoso (cioe la traiettoria percorsa dalla luce) tra due punti qualsiasi P1 e P2 e piubreve della lunghezza ottica di qualsiasi altra curva che unisce questi punti e che si trova in una

19

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determinata zona regolare di esso. Per zona regolare si intende una zona che puo essere rivestitada raggi tali che almeno un raggio passa attraverso ciascun punto di essa. Tale rivestimento, adesempio, puo essere formato dai raggi provenienti da una sorgente puntiforme P1 nel dominioattorno a P1 dove i raggi a causa di riflessione o rifrazione o per via della loro curvatura non siintersecano reciprocamente.Prima di dimostrare questo principio osserviamo che e possibile formulare il principio di Fermatin una forma piu debole. Secondo questa formulazione il raggio effettivo si distingue dallealtre curve perche l’integrale lungo tale curva ha un valore stazionario. Per trovare le curveche rendono stazionario l’integrale e necessario utlizzare il metodo generale del calcolo dellevariazioni, che consente di ridurre il calcolo di tale integrale al calcolo delle equazioni differenzialidi Eulero-Lagrange18.

Il principio di Fermat verra dimostrato (dimostrazione riportata nel Capitolo 3 in [2]) me-diante l’utilizzo dell’integrale invariante di Lagrange . Per questo motivo richiamiamo prelimi-narmente l’integrale invariante di Lagrange. Prendiamo nuovamente in considerazione l’integraledell’equazione (1.72), preso su una qualsiasi superficie aperta. Tale equazione e:∮

nt · dr = 0. (1.84)

L’integrale si estende lungo la curva chiusa C di contorno alla superficie (si veda Figura 1.9).

Figura 1.9: La figura rappresenta la derivazione dell’integrale invariante di Lagrange in presenzadi una superficie costituita da due mezzi omogenei aventi indici di rifrazioni differenti. La figurae stata presa dal [2].

L’equazione (1.84) e nota come integrale invariante di Lagrange e implica che l’integrale∫ P2

P1

nt · dr, (1.85)

18Per ulteriori delucidazioni sulle equazioni di Eulero-Lagrange si veda [18].

20

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calcolato tra due punti qualsiasi P1 e P2 nel campo di integrazione, e indipendente dal camminodi integrazione.Per dimostrare il principio di Fermat, si prenda un fascio di raggi e si confronti il segmento P1P2

del raggio effettivo C con una curva arbitraria C che connette P1 con P2 (vedi Figura 1.10).Consideriamo due traiettorie del fascio (fronti d’onda), ortogonali e “vicine”, che intersecano il

Figura 1.10: La figura rappresenta il principio di Fermat. La figura e stata presa dal [2].

raggio C in Q1 e Q2 e il raggio C in Q1 e Q2. Sia inoltre Q′2 il punto di intersezione tra Q2Q2

con il raggio C ′ che passa attraverso Q1.Applicando l’integrale invariante di Lagrange al triangolo Q1Q2Q

′2, si ottiene:

(nt · dr)Q1Q2 + (nt · dr)Q2Q′2− (nds)Q1Q2 = 0. (1.86)

L’ultimo addendo dell’equazione precedente si riduce a (nds)Q1Q2 poiche, partendo da (nt ·

dr)Q1Q′2, osservando la Figura 1.10 e ricordando che

dr

ds= t, si ha:

(nt · dr)Q1Q′2

= (nt · dr)Q1Q2 + (nt · dr)Q2Q′2

e poiche t e ortogonale a dr sul fronte d’onda, si ha:

(nt · dr)Q2Q′2

= 0.

Si ottiene(nt · dr)Q1Q2 = (n|t||dr|)Q1Q2 = (n|t|2ds)Q1Q2 ,

sapendo che t e un vettore unitario, si ottiene (nds)Q1Q2 .Dalla definizione di prodotto scalare segue:

(nt · dr)Q1Q2 6 (nds)Q1Q2 ,

21

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Dalla (1.54) e tenendo conto che Q1,Q′2 e Q1,Q2 sono i punti corrispondenti sui due frontid’onda, si ha:

(n ds)Q1Q′2

= (n ds)Q1Q2.

Sostituendo le ultime tre relazioni nella (1.86) si trova:

(n ds)Q1Q26 (n ds)Q1Q2 (1.87)

dalla relazione (1.87) si ottiene: ∫C

n ds 6∫C

n ds. (1.88)

Il segno di uguaglianza vale solo se la direzione di t e dr sono coincidenti su ogni punto di C,cioe se la curva di confronto e un raggio effettivo. Questo caso e escluso dall’ipotesi che passaal piu un raggio in ogni punto della zona. Quindi la lunghezza ottica dei raggi e inferiore allalunghezza ottica della curva di confronto, che e esattamente il principio di Fermat.

I raggi di luce sono stati definiti come traiettorie ortogonali alle superfici d’onda S(x, y, z) =costante, S e una soluzione dell’equazione iconale (1.50). Questa e una via naturale per in-trodurre i raggi di luce quando le leggi dell’ottica vengono dedotte dalle equazioni di Maxwell.Storicamente, l’ottica geometrica e stata sviluppata come teoria dei raggi di luce definita in ma-niera differente, cioe come curve per le quali l’integrale di linea

∫n ds ha un valore stazionario.

Seguendo questa via, l’ottica geometrica si puo sviluppare puramente lungo le linee del calcolodelle variazioni.

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Capitolo 2

Problema inverso in tre dimensioni

In questo capitolo si considera il seguente problema inverso in ottica geometrica:

Data una famiglia di curve a due parametri -piu precisamente una congruenza- costruirel’indice di rifrazione rappresentato dalla funzione n = n(x, y, z) di un mezzo tridimensionaletrasparente, isotropo e disomogeneo in modo che la luce si propaghi in tale mezzo lungo le curvedella conguenza assegnata.

Si risolvera questo problema sviluppando due procedure differenti: applicando il principio diFermat e l’equazione iconale. In particolare, dalla prima di tali procedure, si otterra un sistemadi due equazioni alle derivate parziali lineari non omogenee del primo ordine (in cui l’unicaincognita e la funzione che rappresenta l’indice di rifrazione n = n(x, y, z)).Se invece, si segue la seconda procedura, si perverra a un sistema di due equazioni differenzialilineari omogenee del primo ordine la cui soluzione viene chiamata funzione iconale e rappresentail fronte d’onda geometrico S(x, y, z). Usando l’equazione iconale (1.50) del Capitolo 1 si e quindiin grado di calcolare l’indice di rifrazione n = n(x, y, z). Conseguentemente si trovano tutte lepossibili funzioni che rappresentano l’indice di rifrazione. Vengono in fine discussi quattro esempiin cui viene applicata la teoria sviluppata.

1 Introduzione al problema

In ottica geometrica si considera trascurabile la lunghezza d’onda (λ→ 0). Nell’approssimazionedell’ottica geometrica, le leggi dell’ottica, come gia discusso nel Capitolo 1, possono essere for-mulate nel linguaggio della geometria, e l’energia puo essere vista come trasportata lungo raggidi luce.Il mezzo piu generale dove la luce si propaga, e tridimensionale, disomogeneo e non isotropo1. Inquesta tesi focalizziamo pero l’attenzione sulla propagazione della luce in un mezzo trasparente,che sia disomogeneo e isotropo. L’esempio tipico di un mezzo con queste proprieta e l’atmosfera

1Per maggiori dettagli si consultino [1, 2, 3, 4].

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terrestre2. Non verranno considerati mezzi assorbenti o non isotropi come metalli o cristalli.Supposto di aver fissato un riferimento cartesiano ortogonale e inerziale Oxyz, le proprieta ottichedi un mezzo tridimensionale generico sono caratterizzate dalla funzione scalare,

n = n(r, λ), (2.1)

che rappresenta l’indice di rifrazione. Si considereranno raggi di luce monocromatici con λparametro della funzione n. Poiche in ottica geometrica λ → 0, λ verra omessa nella nostratrattazione (nel senso che n = n(r)).Il nostro obiettivo, come gia spiegato nell’introduzione, e quello di risolvere il seguente problemainverso3:

Data una famiglia di curve -congruenza normale- costruire l’indice di rifrazione rappresentatodalla funzione n = n(x, y, z) di un mezzo tridimensionale trasparente, isotropo e disomogeneo

in modo che la luce si propaghi in tale mezzo lungo le curve della conguenza assegnate.

Al tal fine abbiamo la necessita di richiamare alcune nozioni di geometria differenziale.Diremo che le due famiglie di curve assegnate in forma parametrica mediante le equazioni:

(Γ) f(x, y, z) = c1, g(x, y, z) = c2, (2.2)

costituiscono una congruenza (Γ)4, se con esse si riempie una porzione di spazio in modo taleche ogni singola curva passi per ciascun punto (x0, y0, z0) della regione. Nell’equazione (2.2), c1

e c2 sono costanti lungo ciascuna curva fissata della famiglia, ma cambiano da curva a curva.Se esiste una famiglia di superfici della forma:

S(x, y, z) = costante, (2.3)

che taglia ognuna delle curve della congruenza ortogonalmente, la congruenza viene detta con-gruenza normale e verra indicata con Γn, altrimenti la famiglia di curve viene detta congruenzainclinata (si veda anche quanto esposto nel Capitolo 1). Nell’ottica geometrica sono di interessesolo le congruenze normali di raggi, conosciute anche come sistemi ortogonali di raggi [9].La famiglia di curve introdotta nell’equazione (2.2) rappresenta una congruenza normale Γn nellospazio se e solo se e soddisfatta l’equazione (cfr. con l’equazione (1.79) del Capitolo 1)

t · rot t = 0. (2.4)

Ci si riferira alla condizione espressa nella (2.4) come la condizione di normalita della famiglia(Γ). Se ogni curva della congruenza e una linea retta, la congruenza e detta rettilinea e devesoddisfare la seguente condizione (cfr. con l’equazione (1.78) del Capitolo 1):

rot t = 0, (2.5)

2Per maggiori delucidazioni si consultino [2, 5, 6].3Il problema inverso si puo trovare in [15, 16], e stato trattato in tre dimensioni con risultati parziali in [7] e

trattato completamente con i risultati descritti in questo capitolo in [8].4Per maggiori dettagli si veda [2].

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Come gia discusso nel Capitolo 1, l’ottica geometrica si occupa di raggi di luce, che possonoessere introdotti nei due seguenti modi:

1. Tramite il principio di Fermat:In un mezzo trasparente, i raggi lungo i quali la luce viaggia da ogni punto P1 ad ognipunto P2, in una certa regione regolare del mezzo, sono dati da [1, 2, 3]:

δ

∫ P2

P1

n ds = 0. (2.6)

2. Tramite l’ottica ondulatoria, nella quale i raggi di luce vengono definiti come traiettorieortogonali al fronte d’onda geometrico S(x, y, z) = costante. Quindi un fascio di raggi,nello spazio tridimensionale, deve essere una congruenza normale e i raggi di luce si devonoconsiderare come curve orientate, la cui direzione coincide, ovunque, con la direzione dellamedia temporale del vettore di Poynting (vedi Capitolo 1).

Osservazione: Dal principio di Fermat, non e evidente che, se si considera una famiglia di raggi,questa famiglia deve essere una conguenza normale. Percio uno dei risultati piu interessanti chestabiliremo consistera nel mostrare che il principio di Fermat implica questa proprieta.

Lo scopo di questo capitolo, come gia detto nella premessa, e duplice e consiste nel risolvereil problema inverso sia utilizzando il principio di Fermat (che di solito non viene utilizzato aquesto fine) che l’equazione iconale. In entrambi i casi si perverra ad un opportuno sistema diPDEs5, di cui verra studiata l’integrabilita e si confronteranno i risultati ottenuti mediante ledue procedure. Il sistema ottenuto applicando l’equazione iconale, rispetto a quello ottenutoutilizzando il principio di Fermat, risulta piu semplice in quanto e omogeneo.

1.1 Nozioni geometriche

Consideriamo la congruenza Γ

(Γ) f(x, y, z) = c1, g(x, y, z) = c2, (2.7)

dove c1 e c2 sono due parametri indipendenti.Il vettore tangente unitario t alla generica curva della congruenza (2.7) puo essere espressoin termini delle funzioni f(x, y, z) e g(x, y, z) della famiglia di curve date dall’equazione (2.2).Per tale scopo, si introducono i gradienti grad f = (fx, fy, fz) e grad g = (gx, gy, gz) che sonoortogonali, rispettivamente, alle superfici f(x, y, z) = c1 e g(x, y, z) = c2, per cui il prodottovettoriale

δ = grad f ∧ grad g, (2.8)

5Con tale acronimo vengono indicate le equazioni alle derivate parziali, dall’inglese “Partial DifferentialEquation”.

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e tangente in un punto alla generica curva della famiglia (2.2). Se δ1, δ2, δ3 sono le compontenticartesiane di questo vettore tangente, si ha:

δ = δ1i + δ2j + δ3k = δ1

(i +

δ2

δ1

j +δ3

δ1

k

), (2.9)

dove i, j, k sono i vettori unitari corrispondenti agli assi Ox, Oy, Oz rispettivamente, con

δ1 =∂(f, g)

∂(y, z)=

∣∣∣∣fy fzgy gz

∣∣∣∣ = fygz − fzgy,

δ2 =∂(f, g)

∂(z, x)=

∣∣∣∣fz fxgz gx

∣∣∣∣ = fzgx − fxgz,

δ3 =∂(f, g)

∂(x, y)=

∣∣∣∣fx fygx gy

∣∣∣∣ = fxgy − fygx.

(2.10)

Possiamo pero considerare un altro vettore tangente:

ε =δ

δ1

= i +δ2

δ1

j +δ3

δ1

k, (2.11)

le cui componenti sono 1, α, β. Dalla (2.10), discende immediatamente che le funzioni α(x, y, z)e β(x, y, z) possono essere scritte come:

α(x, y, z) =δ2

δ1

, β(x, y, z) =δ3

δ1

. (2.12)

Parametrizzando ogni curva della famiglia (2.2), in funzione di x (questo significa che l’equazionevettoriale parametrica di queste curve e r = xi + y(x)j + z(x)k) e differenziando le equazioni(2.2) rispetto ad x si ottiene:

fx + fyy′ + fzz

′ = 0, gx + gyy′ + gzz

′ = 0, (2.13)

dove l’apice denota la derivata rispetto a x. Utilizzando le equazioni (2.12) e (2.13) si ottiene:

y′ = α(x, y, z), z′ = β(x, y, z). (2.14)

Ci si riferira ad α e β come funzioni di “inclinazione”della famiglia (2.2).Date le funzioni α(x, y, z) e β(x, y, z), la soluzione generale del sistema costituito dalle equazioniODEs6 (2.14) nelle funzioni incognite y = y(x) e z = z(x), introduce due costanti arbitrarie c1

6Con tale acronimo vengono indicate le equazioni differenziali ordinarie dall’inglese “Ordinary DifferentialEquation”.

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e c2 e la soluzione generale e data dai due parametri dell’equazione (2.2). Si puo esprimere ilvettore tangente t nel seguente modo:

t =ε

|ε|=

ε

(1 + α2 + β2)12

, (2.15)

quindi la condizione di normalita espressa dalla (2.4) si puo scrivere come:

ε · rotε = 0, oppure αβx − βαx + αz − βy = 0. (2.16)

Si osserva che l’ipotesi di regolarita posta per le curve della congruenza della (2.2) implica chealmeno una delle funzioni δ1, δ2, δ3 sia diversa dallo zero.E immediato verificare che le seguenti proprieta risultano valide:

1. Se si definisce il vettore tangente come τ = grad g ∧ grad f , si ha che τ = −δ e i rapporti(2.12) rimangono inalterati.

2. Supponiamo di rappresentare la famiglia a due parametri dell’equazione (2.2) mediante le

equazioni F (f, g) = c1 e G(f, g) = c2 con∂(F,G)

∂(f, g)6= 0. Se si calcola la terna (δ1, δ2, δ3)

utilizzando l’equazione (2.10) e tenendo conto di quanto trovato nella (2.12), si nota chele funzioni α(x, y, z) e β(x, y, z) rimangono invariate. Quindi sebbene la descrizione delladata famiglia di curve non sia unica, la sua rappresentazione tramite la coppia α, βrisulta unica.

3. La trasformazione x→ x, y → z, z → y implica che δ1 → −δ1, δ2 → −δ3, δ3 → −δ2.

2 Primo metodo: il principio di Fermat

In questa sezione risolveremo il problema inverso presentato nella sezione precedente utilizzandoil principio di Fermat.Il principio di Fermat afferma (vedi [2]) che:

δ

∫ P2

P1

n ds = 0. (2.17)

L’elemento di linea ds, in coordinate cartesiane ortogonali e:

ds =√dx2 + dy2 + dz2. (2.18)

Se si parametrizza ogni curva della famiglia (2.2) con x, l’equazione (2.17) diventa:

δ

∫ x2

x1

n(x, y, x)√

1 + y′2 + z′2dx = 0, (2.19)

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dove con l’apice si sono indicate le derivate prime effettuate rispetto ad x. E ben noto chel’equazione variazionale (2.17) puo essere convertita nelle corrispondenti equazioni di Eulero-Lagrange. In questo caso si tratta di tre ODEs, ma a causa della parametrizzazione la primaequazione risulta un’identita7. Le due equazioni di Eulero-Lagrange sono:

ny√

1 + y′2 + z′2 − d

dx

[ny′√

1 + y′2 + z′2

]= 0,

nz√

1 + y′2 + z′2 − d

dx

[nz′√

1 + y′2 + z′2

]= 0.

(2.20)

Al meglio delle nostre conoscenze, il sistema (2.20) e stato usato solo per risolvere il problemadiretto dell’ottica geometrica che puo essere formulato come segue:

Dato l’indice di rifrazione di un mezzo costruire le traiettorie seguite dalla luce in tale mezzo.

Il sistema dato dalle (2.20) puo essere visto come un sistema di due equazioni differenzialiordinarie non lineari del secondo ordine, nelle incognite y(x) e z(x), dove l’indice di rifrazionen(x, y, z) e una funzione data. E chiaro che, specificando le condizioni iniziali (y0, z0, y

′0, z′0),

calcolate in x = x0, si ottiene la traiettoria data dalle equazioni y(x), z(x) (ovvero un raggio diluce).Mostriamo come sia possibile trasformare il sistema (2.20), in modo da renderlo adatto a trattareil problema inverso che, come riportato nella Sezione 1, consiste nel trovare l’indice di rifrazionen(x, y, z) compatibile con la congruenza Γ data dall’equazione (2.2). A questo fine, si procedecome segue: tenendo conto dell’equazione (2.14) e che il vettore tangente ε = 1, α, β ad unraggio generico ha lunghezza |ε| =

√1 + α2 + β2, si ottiene:

y′′ = ε · grad α, z′′ = ε · grad β. (2.21)

Semplici calcoli consentono di riscrivere il sistema (2.20) come segue:αnx − (1 + β2)ny + αβnz =

[α(αα0 + ββ0)

1 + α2 + β2− α0

]n,

βnx + αβny − (1 + α2)nz =

[β(αα0 + ββ0)

1 + α2 + β2− β0

]n,

(2.22)

dove si e posto:

α0 = ε · grad α, β0 = ε · grad β. (2.23)

Effettuando un’opportuna combinazione lineare tra le equazioni del sistema (2.22) si perviene alseguente sistema:

αnx − ny = Ω1n,

βnx − nz = Ω2n,(2.24)

7Per maggiori dettagli si consultino [1, 2].

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dove

Ω1 = − ε · grad α1 + α2 + β2

, Ω2 = − ε · grad β1 + α2 + β2

, (2.25)

e α, β sono funzioni assegnate delle tre variabili x, y, z. Il precedente sistema (2.24) di due PDEslineari del primo ordine nell’unica funzione incognita n(x, y, z) collega direttamente l’indice dirifrazione con la famiglia di raggi di luce compatibile a tale funzione. Il sistema (2.24) e detto ilsistema della distribuzione dell’indice di rifrazione.

Il sistema (2.24) sintetizza la seguente

Proposizione 2.1 In un mezzo tridimensionale continuo, disomogeneo e isotropo, tutte le di-stribuzioni dell’indice di rifrazione n(x, y, z) -che permettono la creazione come raggi di lucedella data congruenza normale- devono soddisfare il sistema (2.24).

Osservazione 1: Si puo verificare che il sistema (2.24) puo anche essere derivato dalle ODEsequivalenti all’equazione vettoriale (1.58) del Capitolo 1, ossia alle equazioni differenziali deiraggi di luce. Infatti, scegliendo l’ascissa x come parametro di ogni curva della famiglia (2.2),si puo immediatamente verificare che la prima equazione scalare del sistema di ODEs diventaun’identita, mentre le altre due equazioni coincidono con le equazioni del sistema (2.24).

3 Risolubilita del sistema della distribuzione dell’indice

di rifrazione

Per studiare la risolubilita del sistema (2.24), e conveniente introdurre la nuova funzione:

N(x, y, z) = log n(x, y, z), (2.26)

cosı che il sistema (2.24) puo essere riscritto come:F ≡ αNx −Ny − Ω1 = 0,

G ≡ βNx −Nz − Ω2 = 0.(2.27)

Le (2.27) rappresentano un sistema di due PDEs indipendenti, lineari, non omogenee del primoordine nell’unica funzione incognita N(x, y, z). I coefficienti α, β, Ω1, Ω2 che compaiono nelsistema (2.27) sono funzioni note delle variabili x, y, z.

Osservazione 3: Le due equazioni sono indipendenti perche, se si considera il sistema (2.24)come un sistema algebrico lineare in tre incognite Nx, Ny, Nz, si verifica immediatamente che la

matrice

(α −1 0 −1β 0 −1 −1

)ha rango due.

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Ponendo:

x = x1, y = x2, z = x3, Nx = p1, Ny = p2, Nz = p3,

il sistema (2.27) assume la forma:F (x1, x2, x3, p1, p2, p3) = 0,

G(x1, x2, x3, p1, p2, p3) = 0.(2.28)

Per i sistemi della forma (2.28) si puo introdurre la Parentesi di Poisson tra le due funzioni F eG come segue:

[F,G] :=3∑i=1

(∂F

∂pi

∂G

∂xi− ∂F

∂xi

∂G

∂pi

). (2.29)

A questo punto diventa necessario richiamare alcune proprieta utili nella risoluzione di PDEslineari del primo ordine in un’unica funzione incognita. Molti approfondimenti su questo ar-gomento possono essere trovati in [10], ma per comodita, e stata inserita un’appendice su taleargomento.Si focalizza l’attenzione al caso in cui il sistema assume la forma (2.28), cioe contenga m = 2equazioni indipendenti in una funzione incognita N(x1, x2, x3) dipendente dalle n = 3 variabilixi (i = 1, 2, 3).

Definizione 1 Il sistema di PDEs nella forma (2.28) e detto completo se si verifica uno deiseguenti due casi:

a) la parentesi di Poisson [F,G] e una combinazione lineare delle funzioni F e G che compa-iono a primo membro delle (2.28), cioe:

[F,G] = λ1F + λ2G,

dove λi (i = 1, 2) sono funzioni solo di x1, x2, x3;

b) la parentesi di Poisson e identicamente nulla:

[F,G] = 0.

Se si verifica il caso b) il sistema viene chiamato sistema Jacobiano.Si noti che il concetto di sistema Jacobiano e un caso particolare del concetto di sistema completo.E inoltre interessante osservare che e sempre possibile trasformare un sistema completo in unsistema Jacobiano, cio si puo ottenere non in un unico modo (si veda l’Appendice A per maggioridettagli).Come dettagliatamente discusso nell’Appendice A, le condizioni di risolubilita del sistema (2.28)sono descritte dal seguente

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Teorema 2.2 Ogni soluzione del sistema di PDEs (2.28) -nell’unica funzione incognita N(x1, x2, x3)-deve anche soddisfare la seguente PDEs:

[F,G] = 0. (2.30)

Si possono presentare i seguenti due casi:

1. Se l’equazione [F,G] = 0 e una “nuova”PDE, cioe non e combinazione lineare delle duePDEs del sistema (2.28), questo sistema ammette solo la soluzione banale N(x, y, z) =costante. Questo giustifica il fatto che, in letteratura, ci si riferisce a questa situazionedicendo che il sistema (2.28) e incompatibile.

2. Se l’equazione della parentesi di Poisson (2.30) e invece una combinazione lineare delledue PDEs del sistema (2.28) o un’identita, il sistema (2.28) ammette soluzioni non banali.In questo caso il sistema viene detto compatibile.

Siamo ora in grado di dimostrare la seguente notevole

Proposizione 2.3 Il sistema di PDEs (2.27) -proveniente dal principio di Fermat- ammettesoluzioni non banali (cioe esistono funzioni che rappresentano l’indice di rifrazione n(x, y, z)) sela data famiglia di curve definita nella (2.2) e una congruenza normale, ovvero se la condizionedi normalita

αβx − βαx + αz − βy = 0,

e soddisfatta.

Dimostrazione. Calcoli diretti consentono di scrivere la parentesi di Poisson delle duefunzioni F e G nel seguente modo:

[F,G] = (αβx − βαx + αz − βy)Nx − (αΩ2x − βΩ1x + Ω1z − Ω2y). (2.31)

Sapendo che [F,G] = 0 si ha:

(αβx − βαx + αz − βy)Nx = αΩ2x − βΩ1x + Ω1z − Ω2y. (2.32)

Possiamo considerare due casi distinti:

1. Se la data famiglia di curve e conguenza normale, allora, la condizione di normalita espressanella (2.16) e soddisfatta e il primo membro della (2.32) si annulla. Dimostriamo che, inquesto caso, anche il secondo membro e identicamente nullo, cioe:

αΩ2x − βΩ1x + Ω1z − Ω2y ≡ 0, (2.33)

e quindi la parentesi di Poisson [F,G] = 0 e un’identita. Il sistema (2.27) e quindi unsistema Jacobiano che, per il Teorema 2.2, ammette soluzioni non banali.

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Rimane da dimostrare che l’equazione (2.33) e effettivamente un’identita. Per raggiun-gere questo obiettivo, differenziando l’equazione (2.16) rispetto a x, y, z, si ottengono,rispettivamente, le seguenti relazioni:

−αβxx + βαxx − αxz + βxy = 0,

αβxy + αyβx − αxβy − βαxy + αyz − βyy = 0,

αβxz + αxβx − αxβz − βαxz + αzz − βyz = 0.

(2.34)

Inoltre, dall’equazione (2.25) si ottiene:

Ω2x =−(βxx + αxβy + αβxy + βxβz + ββxz)(1 + α2 + β2) + (βx + αβy + ββz)(2ααx + 2ββx)

(1 + α2 + β2)2,

Ω1x =−(αxx + αxαy + ααxy + βxαz + βαxz)(1 + α2 + β2) + (αx + ααy + βαz)(2ααx + 2ββx)

(1 + α2 + β2)2,

Ω1z =−(αxz + αzαy + ααyz + βzαz + βαzz)(1 + α2 + β2) + (αx + ααy + βαz)(2ααz + 2ββz)

(1 + α2 + β2)2,

Ω2y =−(βxy + αyβy + αβyy + βyβz + ββyz)(1 + α2 + β2) + (βx + αβy + ββz)(2ααy + 2ββy)

(1 + α2 + β2)2.

(2.35)

Sostituendo le espressioni (2.35) nel primo membro dell’equazione (2.33) e tenendo contodelle relazioni (2.34) e della condizione di normalita data dalla (2.16), si osserva che tuttele derivate del secondo ordine nell’espressione (2.33) si annullano, e solo quelle del primoordine sono presenti. Esprimendo dalla (2.16) βy in termini di α, β, αx, αz, βx si ottiene cheil primo membro della (2.33) si annulla.

2. Se la famiglia di curve, e invece una congruenza semplice, l’equazione (2.32) non e un’i-dentita, e, in accordo al Teorema 2.2, essa va aggiunta al sistema di PDEs. Quindi questosistema diventa un sistema completo di tre equazioni indipendenti in tre variabili, il qualeammette solo la soluzione banale.

Tenendo conto della Proposizione 2.3 e del Teorema 2.2, si puo affermare che si e fornita unadimostrazione analitica del fatto che la famiglia di raggi, definita dal principio di Fermat, e unacongruenza normale. E importante sottolineare che non si puo derivare questo fatto direttamentedall’enunciato del principio di Fermat.Rimane cosı provato un altro importante risultato espresso dalla seguente

Proposizione 2.4 Il sistema di due PDEs (2.24), che risulta equivalente al sistema (2.27),in un’unica funzione incognita n(x, y, z) derivata dal principio di Fermat e compatibile (cioeammette soluzioni non banali) se la famiglia di curve a due parametri nell’equazione (2.2) e unacongruenza normale.

32

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Osservazione 4: Rimane quindi provato che il principio di Fermat puo essere usato per risolvereil problema inverso formulato nella Sezione 1. Ossia, si e trovato che tutti i profili dell’indicedi rifrazione, compatibili con la data famiglia di curve (2.2), sono dati da soluzioni non banalidel sistema (2.27). Ma, come conseguenza della Proposizione 2.4, il sistema (2.27) ammettesoluzioni non banali solo se la condizione di normalita αβx − βαx + αz − βy = 0 e soddisfatta.Questo fatto risulta importante in quanto permette di dichiarare che la creazione della datacongruenza (come famiglia di raggi di luce monocromatica) e possibile solo se tale conguenza euna congruenza normale, cioe solo se esiste una famiglia di superfici, che taglia ogni curva dellacongruenza ortogonalmente. In altre parole, dal principio di Fermat si puo dedurre l’esistenzadei fronti d’onda, che possono essere considerati come superfici che tagliano ortogonalmente ladata congruenza normale. E interessante osservare che, nella teoria elettromagnetica, l’approccioe opposto: dai fronti d’onda, si definiscono i raggi di luce come traiettorie ortogonali ai frontid’onda stessi e come conseguenza, si ottiene la condizione di normalita.

Osservazione 5: Il fatto che l’ottica geometrica puo essere basata sul principio di Fermat eben noto. Tuttavia, tenendo conto delle considerazioni fatte nell’Osservazione 4, si vuole sottoli-neare che si puo derivare l’intera ottica geometrica solo sulle basi della geometria delle congruenzenormali come necessaria conseguenza del principio di Fermat senza alcun riferimento alla teoriaelettromagnetica dell’ottica ondulatoria.Infatti, si puo partire con una congruenza normale Γn e definire i fronti d’onda geometrici comefamiglia di superfici mobili ortogonali ai raggi di Γn. L’equazione e φ(x, y, z, t) = 0, dove la va-riabile t rappresenta il tempo. Dalla teoria delle superfici, e nota [2], l’espressione della velocitadel fronte d’onda:

v = − 1

|grad φ|∂φ

∂tν, (2.36)

dove ν e il vettore unitario ortogonale ad un generico punto della superficie. Questo vettore

unitario e definito come ν =grad φ

|grad φ|e quindi coincide con il vettore unitario tangente t a

un raggio di luce (t ≡ ν). Senza perdita di generalita, si puo assumere che le equazioni dellesuperfici sono date nella forma φ(x, y, z, t) = S(x, y, z) − ct, dove c e la velocita della luce nelvuoto [1]. In questo caso, la velocita delle onde puo essere espressa come segue:

v = − c

|grad S|t. (2.37)

Possiamo ora ricavare l’equazione iconale, in un modo molto semplice, attraverso l’uso della solageometria delle superfici mobili. Infatti, definendo l’indice di rifrazione di un mezzo isotropotramite il rapporto della velocita della luce nel vuoto e il modulo della velocita dell’onda nel

mezzo (vedi Capitolo 1), cioe n(x, y, z) =c

v(x, y, z), si ottiene immediatamente, dall’equazione

(2.37):

|grad S|2 ≡(∂S∂x

)2

+

(∂S∂y

)2

+

(∂S∂z

)2

= n2, (2.38)

33

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che e l’equazione iconale (cfr. (1.50) del Capitolo 1). Si noti come l’equazione (2.38) implichiche:

|grad S| = n. (2.39)

Inoltre, dalla geometria differenziale, e ben noto che sussiste la seguente identita vettoriale:

d

dsgrad S = grad|grad S|. (2.40)

Questa identita e essenzialmente l’equazione vettoriale dei raggi di luce. Infatti, tenendo contodella (2.39), della relazione grad S = |grad S|s e della (2.40) si ottiene:

d

ds(ns) = grad n. (2.41)

In conclusione, usando solo il principio di Fermat e considerazioni geometriche appropriate, sonostate ottenute le equazioni fondamentali dell’ottica geometrica: l’equazione iconale e l’equazionedei raggi di luce (cfr. con equazioni (1.50) e (1.58) del Capitolo 1).

4 Secondo metodo: l’equazione iconale

La propagazione della luce puo anche essere spiegata nel contesto della teoria delle onde ed eessenzialmente basata sull’equazione iconale:(

∂S∂x

)2

+

(∂S∂y

)2

+

(∂S∂z

)2

= n2. (2.42)

Si vuole risolvere il problema inverso formulato nella Sezione 1 mediante l’utilizzo dell’equazione(2.42). Per tale scopo, tenendo conto che tutti i raggi sono ortogonali a questa famiglia, dobbiamodeterminare l’equazione della famiglia dei fronti d’onda:

S(x, y, z) = costante. (2.43)

Percio, dopo aver assegnato una congruenza normale di curve Γn, in un mezzo tridimensionale,isotropo e disomogeneo, in modo tale che la condizione di normalita (2.16) sia soddisfatta, sidevono trovare tutte le possibili distribuzioni della funzione n(x, y, z), che consente la creazionedella data congruenza normale come famiglia di raggi di luce monocromatici. Tenendo contoche la data famiglia di curve a due parametri deve essere una famiglia ortogonale di raggi, siconclude che i due vettori, grad S e ε, devono essere paralleli, e tale condizione comporta:

Sx1

=Syα

=Szβ. (2.44)

34

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L’equazione (2.44) contiene due PDEs lineari e omogenee del primo ordine nell’unica funzioneincognita S(x, y, z) che si possono scrivere come:

F1 ≡ αSx − Sy = 0,

G1 ≡ βSx − Sz = 0.(2.45)

Si puo discutere l’integrabilita di questo sistema nello stesso modo in cui si e discussa l’integra-bilita del sistema (2.27). In particolare, vale il seguente importante risultato:

Proposizione 2.5 Il sistema dato dalla (2.45) e un sistema Jacobiano.

Dimostrazione. Se si calcola la parentesi di Poisson [F1, G1], si ottiene:

[F1, G1] =

(∂F1

∂Sx∂G1

∂x− ∂F1

∂x

∂G1

∂Sx

)+

(∂F1

∂Sy∂G1

∂y− ∂F1

∂y

∂G1

∂Sy

)+

(∂F1

∂Sz∂G1

∂z− ∂F1

∂z

∂G1

∂Sz

)= (αβx − βαx + αz − βy)Sx.

(2.46)

Poiche nella teoria ondulatoria la condizione di normalita αβx−βαx+αz−βy = 0 e soddisfatta,dall’equazione (2.46) si ottiene [F1, G1] ≡ 0 e questo, tenendo conto del Teorema 2.2, completala dimostrazione.

Si ottiene quindi il seguente risultato:

Proposizione 2.6 Data una congruenza normale Γn all’interno di un mezzo tridimensionale,trasparente, continuo, disomogeneo e isotropo, la funzione iconale S(x, y, z) che definisce lafamiglia di fronti d’onda

S(x, y, z) = costante,

e la soluzione del seguente sistema di due PDEs lineari e omogenee del primo ordine:α(x, y, z)Sx − Sy = 0,

β(x, y, z)Sx − Sz = 0.(2.47)

Tutte le distibuzioni indici di rifrazione compatibili che permettono la crezione, come raggi diluce, della congruenza normale data, sono dati dalla formula:

n(x, y, z) =√S2x + S2

y + S2z . (2.48)

Osservazione 6: Dalla teoria delle PDEs e risaputo che la soluzione generale di un sistema diPDEs, come il sistema (2.47), dipende da una funzione arbitraria. Percio se S(x, y, z) e unaparticolare funzione che soddisfa il sistema di PDEs (2.47), la soluzione generale e Φ(S(x, y, z)),

35

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dove Φ(S) e una funzione arbitraria di S. Per questa ragione, i fronti d’onda possono esse-re rappresentati dall’equazione S(x, y, z) = costante, cosı come dall’equazione Φ(S(x, y, z)) =costante. Ma, globalmente, questi fronti d’onda ammettono la stessa traiettoria ortogonale (lacongruenza normale), che e la stessa famiglia di raggi di luce generata dall’indice di rifrazionen(x, y, z) =

√S2x + S2

y + S2z , cosı come dall’indice di rifrazione n(x, y, z) = ΦS

√S2x + S2

y + S2z ,

dove ΦS e la derivata della funzione arbitraria Φ(S). Come conseguenza, per costruire un mezzoche ammetta la data congruenza normale di curve Γn come raggi di luce, la scelta piu naturaleper la funzione ΦS e quella di considerare ΦS = 1, (e questo implica che Φ(S) ≡ S). Ovvia-mente, se si impongono alcune condizioni al contorno sul mezzo o alcuni vincoli sull’espressioneanalitica dell’indice di rifrazione, si determina univocamente la funzione Φ.

Osservazione 7: Si puo concludere che il problema inverso dell’ottica geometrica, formulatonella Sezione 1, puo essere risolto mediante il principio di Fermat o mediante l’equazione icona-le. L’uso del principio di Fermat conduce ad un sistema di due PDEs lineari non omogenee delprimo ordine (il sistema (2.27)) direttamente connesso alla funzione indice di rifrazione mentrel’uso dell’equazione iconale conduce ad un sistema di due PDEs lineri del primo ordine e omoge-nee, direttamente connesse ai fronti d’onda. La teoria delle onde conduce a un sistema di PDEs“piu semplice”rispetto al sistema di PDEs ottenuto seguendo l’approccio corpuscolare. La teoriadelle onde richiede che la famiglia di raggi costituisca una congruenza normale. Applicando ilprincipio di Fermat, questa informazione non e necessaria, in quanto viene automaticamentesoddisfatta se si vuole che il sistema (2.27) ammetta soluzioni non banali. Naturalmente, le dueteorie devono condurre ai medesimi risultati e quindi e possibile validare i risultati ottenuti conuna di esse usando quelli prodotti dall’altra.

5 Esempi

In questa sezione verranno esaminati quattro esempi, che vengono studiati tramite il metodobasato sull’equazione iconale. Questo approccio richiede di trovare la soluzione del sistema datodalla (2.47).La procedura, che permette di risolvere il sistema di PDEs, verra dettagliatamente spiegatanell’Appendice A. Questa procedura e basata sui due passaggi seguenti:

1. Si risolve la prima equazione del sistema (2.47) trasformandola nel seguente sistema diODEs:

dx

α(x, y, z)=dy

−1=dz

0=dS0. (2.49)

In tutti gli esempi di questa sezione, si adotta l’utile notazione usata nell’equazione (2.49)

dove appare zero al denominatore di due frazionidS0

edz

0. Questa convenzione sta a

significare che il corrispondente numeratore e nullo, cioe che, dS = 0 e dz = 0, e quindiS = c1 e z = c2, dove c1, c2 sono delle costanti arbitrarie. Questa notazione la si trova

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in [10, 11, 12, 13, 14] ed e generalmente accettata dai matematici che lavorano nel campodelle PDEs.

2. Si impone che la soluzione ottenuta nel primo step soddisfi anche la seconda equazione delsistema (2.47). In questo modo, si trova l’equazione della famiglia dei fronti d’onda datadall’equazione (2.43), e applicando l’equazione (2.48), si ottengono le funzioni distribuzionedell’indice di rifrazione compatibili con la congruenza normale data.

5.1 Esempio 1

Si consideri in uno spazio tridimensionale, la seguente famiglia di curve a due parametri (inter-sezione di due famiglie di cilindri iperbolici rappresentati in Figura 2.1):

f(x, y, z) ≡ xy = c1, g(x, y, z) ≡ xz = c2. (2.50)

Le funzioni di “inclinazione”corrispondenti al sistema (2.50) sono date da:

α = −yx, β = −z

x. (2.51)

E facile verificare che la famiglia di curve date da (2.50) soddisfa l’equazione (2.16) e rappresentaquindi una congruenza normale.Come conseguenza del Teorema 2.2, il sistema (2.47) ammette soluzioni non banali. Tale sistemapuo essere esplicitamente scritto come:

ySx + xSy = 0,

zSx + xSz = 0.(2.52)

La prima equazione del sistema e equivalente alle seguenti ODEs:

dx

y=dy

x=dz

0=dS0. (2.53)

Dal precedente sistema di ODEs, si ottiene:S = c1,

z = c2,dx

y=dy

x,

(2.54)

l’ultima equazione del sistema precendente risulta essere un’equazione differenziale a variabili

separabili la cui soluzione e1

2x2 =

1

2y2 + k.

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Figura 2.1: Nella prima riga si e riportata la rappresentazione della famiglia di curve espressanell’equazione (2.50) con la scelta di c1 = 3, c2 = 2 , nella seconda riga si e riportata larappresentazione di tale famiglia con la scelta di c1 = −6, c2 = −5. La figura e stata creata conMathematica.

Quindi, la soluzione del sistema (2.53) e data da:S = c1,

z = c2,

x2 − y2 = c3,

(2.55)

dove c1, c2, c3 sono costanti arbitrarie. Quindi la soluzione generale della prima PDEs del sistema(2.52) e dato da

S(x, y, z) = Φ(z, x2 − y2) = c1, (2.56)

essendo Φ una funzione arbitraria dei suoi argomenti.Introducendo la nuova variabile u = x2 − y2, il primo membro della (2.56) si puo vedere come

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funzione delle due variabili z e u e si puo scrivere come:

S(x, y, z) = Φ(z, u) = c1. (2.57)

E facile verificare che l’equazione (2.57), soddisfa la prima equazione del sistema (2.52). Occorreora imporre che la funzione Φ(z, u), data dalla (2.57), soddisfi la seconda equazione del sistema(2.53). Imponendo questa condizione, si ottiene la seguente PDE:

2zΦu + Φz = 0, (2.58)

che e equivalente al seguente sistema di ODEs:

du

2z=dz

1=dΦ

0. (2.59)

L’equazionedu

2z= dz e un’equazione differenziale a variabili separabili che ammette il seguente

integrale generale z2 − u = cost.Si trova pertanto, tenendo conto che u = x2 − y2, la seguente soluzione delle (2.58):

Φ = k1,

x2 − y2 − z2 = k2,(2.60)

dove k1 e k2 sono costanti arbitrarie. Se si pone v = x2 − y2 − z2 = k2, si puo verificare come

S(x, y, z) = Φ(v) = Φ(x2 − y2 − z2), (2.61)

sia la soluzione generale del sistema di PDEs (2.52).La famiglia di fronti d’onda, che taglia ortogonalmente le curve della data congruenza normale(2.50), assume la seguente forma:

S(x, y, z) = Φ(x2 − y2 − z2) = costante. (2.62)

Tenendo conto delle equazioni (2.62) e (2.48), si ha che tutte le distribuzioni degli indici di rifra-zione n(x, y, z) compatibili che permettono la creazione come raggi di luce della data congruenzanormale (2.50), sono date dalla formula:

n(x, y, z) = 2Φvr, (2.63)

dove Φv e la derivata della funzione arbitraria Φ(v) e r =√x2 + y2 + z2. Naturalmente la piu

semplice soluzione si ottiene scegliendo Φv = 1 (vedi Osservazione 6 della sezione precedente).Quindi la famiglia di fronti d’onda e data da (si veda la Figura 2.2):

S(x, y, z) = x2 − y2 − z2 = k, (2.64)

dove k e una costante, e conseguentemente:

n(x, y, z) = 2√x2 + y2 + z2 = 2r. (2.65)

Il mezzo presenta quindi una simmetria radiale.

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Figura 2.2: La figura rappresenta i tre fronti d’onda ottenuti ponendo k = −5, k = 0, k = 5, nella(2.64) e alcune curve della congruenza normale (2.50). La figura e stata creata con Mathematica.

5.2 Esempio 2

Si consideri nello spazio tridimensionale la famiglia di curve a due parametri, rappresentata inFigura 2.3:

f(x, y, z) ≡ x− yz − x

= c1, g(x, y, z) ≡ (x− y)2(x+ y + z) = c2, (2.66)

le cui funzioni di “inclinazione”(cfr. con equazioni (2.10) e (2.12)) sono:

α =x+ z

y + z, β =

x+ y

y + z. (2.67)

Poiche la famiglia di curve considerata in questo esempio soddisfa la condizione di normaliadell’equazione (2.16), costituisce una congruenza normale.Facili calcoli mostrano che il sistema (2.47) puo essere scritto, per questo esempio, come:

(x+ z)Sx − (y + z)Sy = 0,

(x+ y)Sx − (y + z)Sz = 0.(2.68)

Il Teorema 2.2 garantisce che il sistema dato dalla (2.68) abbia soluzioni non banali. Per trovarela soluzione generale di tale sistema, si osserva che la prima equazione del sistema (2.68) eequivalente al seguente sistema di ODEs:

dx

x+ z=

dy

−(y + z)=dz

0=dS0. (2.69)

Dal precedente sistema di ODEs, si ottiene:S = c1,

z = c2,dy

dx+

y

x+ c2

= − c2

x+ c2

,

(2.70)

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Figura 2.3: Nella prima riga si e riportata la rappresentazione della famiglia di curve espressanell’equazione (2.66) con la scelta di c1 = −1, c2 = −5, nella seconda riga si e riportata larappresentazione di tale famiglia con la scelta di c1 = 1, c2 = 6. La figura e stata creata conMathematica.

dove c1,c2 sono costanti arbitrarie. La terza equazione del sistema (2.70) e una equazionedifferenziale lineare del primo ordine il cui integrale generale e:

y =c3 − c2x

x+ c2

. (2.71)

Risolvendo l’equazione (2.71) rispetto a c3 e tenendo conto che c2 = z, si ottiene:

xy + yz + xz = c3. (2.72)

Si puo immediatamente verificare che la soluzione generale della prima equazione del sistema(2.68) e:

S(x, y, z) = Φ(z, xy + yz + xz) = c1, (2.73)

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essendo Φ una funzione arbitraria.Ponendo u = xy + yz + xz, si puo scrvere l’equazione (2.73) nella forma:

S(x, y, z) = Φ(z, u), (2.74)

e semplice verificare che la funzione Φ(z, u) soddisfa la prima equazione del sistema (2.68).Occorre ora imporre che la funzione Φ(z, u) soddisfi la seconda equazione del sistema (2.68).Dopo semplici calcoli si ottiene Φz = 0 e quindi la soluzione generale del sistema (2.68) e datada:

S(x, y, z) = Φ(xy + yz + xz). (2.75)

La famiglia dei fronti d’onda, che taglia ortogonalmente le curve della congruenza normale (2.66),(si veda la Figura 2.4), assume la seguente forma:

S(x, y, z) = Φ(xy + yz + xz) = k1. (2.76)

Tenendo conto delle equazioni (2.76) e (2.48), si ha che tutte le distribuzioni degli indici di rifra-zione n(x, y, z) compatibili che permettono la creazione come raggi di luce della data congruenzanormale (2.66), sono date dalla formula:

n(x, y, z) = Φu

√(x+ y)2 + (x+ z)2 + (y + z)2. (2.77)

Ovviamente, la soluzione piu semplice si ottiene scegliendo Φu = 1 nell’equazione (2.77).

Figura 2.4: La figura rappresenta i tre fronti d’onda ottenuti scegliendo Φ = 1 ponendo k1 = −5,k1 = 0, k1 = 5 nell’equazione (2.76), e alcune curve della congruenza normale (2.66). La figurae stata creata con Mathematica.

5.3 Esempio 3

Si consideri nello spazio tridimensionale la famiglia di curve a due parametri rappresentate inFigura 2.5:

f(x, y, z) ≡ x2 + y2 + z2

y= c1, g(x, y, z) ≡ x2 + y2 + z2

z= c2. (2.78)

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Le funzioni di “inclinazione”corrispondenti alle equazioni (2.78) (cfr. con equazioni (2.10) e

Figura 2.5: Nella prima riga si riporta la rappresentazione della famiglia di curve espressa nell’e-quazione (2.78) con la scelta di c1 = −4, c2 = −5, nella seconda riga si riporta la rappresentazionedi tale famiglia con la scelta di c1 = 8, c2 = 6. La figura e stata creata con Mathematica.

(2.12)), sono date da:

α =2xy

x2 − y2 − z2, β =

2xz

x2 − y2 − z2. (2.79)

Il sistema (2.47), per tale esempio, assume la seguente forma:2xySx + (y2 + z2 − x2)Sy = 0,

2xzSx + (y2 + z2 − x2)Sz = 0.(2.80)

Poiche la famiglia di curve data dalla (2.78) soddisfa la condizione di normalita (che significache e una congruenza normale) e tenendo conto del Teorema 2.2, il sistema (2.80) ammette

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soluzioni non banali. Per trovare la soluzione generale di tale sistema, si utilizza la stessaprocedura utilizzata nella sezione precedente. La prima equazione del sistema (2.80) e equivalenteal seguente sistema di ODEs:

dx

2xy=

dy

y2 + z2 − x2=dz

0=dS0. (2.81)

da cui immediatamente si ottiene:S = c1,

z = c2,dy

dx=

1

2xy +

c22 − x2

2xy−1,

(2.82)

dove c1, c2 sono costanti arbitrarie. La terza equazione del sistema (2.82) e un’equazionedifferenziale del primo ordine di Bernoulli il cui integrale generale e:

x2 + y2 + z2

x= c3, (2.83)

dove c3 e una costante arbitraria. Quindi la soluzione del sistema (2.81) e data da:S = c1,

z = c2,x2 + y2 + z2

x= c3.

(2.84)

Si puo scrivere la soluzione generale della prima PDE del sistema (2.80) come segue:

S(x, y, z) = Φ

(z,x2 + y2 + z2

x

)= c1, (2.85)

essendo Φ una funzione arbitraria. Introducendo la nuova variabile u =x2 + y2 + z2

x, si puo

scrivere la soluzione (2.85) nella forma:

S(x, y, z) = Φ(z, u). (2.86)

E semplice verificare che l’equazione (2.86) soddisfa la prima equazione del sistema (2.80). Oc-corre ora imporre che la funzione Φ(z, u) soddisfi la seconda equazione del sistema (2.80). Impo-nendo tale condizione si ottiene Φz = 0 per cui la soluzione generale del sistema di PDEs (2.80)e data da:

S(x, y, z) = Φ(u) = Φ

(x2 + y2 + z2

x

). (2.87)

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La famiglia dei fronti d’onda che taglia ortogonalmente le curve della congruenza normale datadall’equazione (2.78) (si veda la Figura 2.6), viene scritta come segue:

S(x, y, z) = Φ(u) = Φ

(x2 + y2 + z2

x

)= c1. (2.88)

Tenendo conto delle equazioni (2.87) e (2.48), si ha che tutte le distribuzioni degli indici di rifra-zione n(x, y, z) compatibili che permettono la creazione come raggi di luce della data congruenzanormale nell’equazione (2.78), sono date dalla formula:

n(x, y, z) = Φu

[1 +

(yx

)2

+(zx

)2]

= Φu sec2 α, (2.89)

dove α e l’angolo formato dal vettore posizione r con l’asse delle x. Ovviamente, si ottiene lasoluzione piu semplice scegliendo Φu = 1 nell’equazione (2.89).

Figura 2.6: La figura rappresenta i due fronti d’onda ottenuti scegliendo Φ = 1 ponendo c1 = −5,c1 = 5 nell’equazione (2.88), e alcune curve della congruenza normale (2.78). La figura e statacreata con Mathematica.

5.4 Esempio 4

Si consideri nello spazio tridimensionale la famiglia di curve a due parametri, rappresentata inFigura 2.7:

f(x, y, z) ≡ 2x2 − y2 = c1, g(x, y, z) ≡ 3y2 + 2z2 = c2. (2.90)

Le cui funzioni di “inclinazione”corrispondenti (cfr. con equazioni (2.10) e (2.12)) sono:

α =2x

y, β = −3x

z. (2.91)

45

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Figura 2.7: La figura rappresenta nella prima riga il grafico con la scelta di c1 = 5, c2 = 5nell’equazione (2.50), nella seconda riga il grafico delle curve corrispondenti alla scelta di c1 = −1,c2 = 30. La figura e stata creata con Mathematica.

Il sistema (2.47), in questo caso, assume la seguente forma:2xSx − ySy = 0,

3xSx + zSz = 0.(2.92)

Poiche la famiglia di curve data dalla (2.90) soddisfa la condizione di normalita (che significa chee una congruenza normale) il sistema (2.92) ammette soluzioni non banali in vista del Teorema2.2. Per trovare la soluzione generale di tale sistema, si utilizza la stessa procedura utilizzatanelle sezioni precedenti. La prima equazione del sistema (2.92) e equivalente al seguente sistemadi ODEs:

dx

2x=

dy

−y=dz

0=dS0, (2.93)

46

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eseguendo facili calcoli si ottiene: S = c1,

z = c2,dx

2x=

dy

−y,

(2.94)

dove c1,c2 sono costanti arbitrarie. Si noti che la terza equazione del sistema (2.94) e unaequazione differenziale a variabili separabili la cui soluzione e:

ln |y√x| = c3, (2.95)

dove c3 e una costante arbitraria. Quindi, la soluzione del sistema (2.93) e data da:S = c1,

z = c2,

ln |y√x| = c3,

(2.96)

e la soluzione generale della prima PDEs del sistema (2.92) e:

S(x, y, z) = Φ(z, ln |y√x|) = c1, (2.97)

essendo Φ una funzione arbitraria.Introducendo la nuova variabile u = ln |y

√x|, si puo scrivere la soluzione (2.97) nella forma:

S(x, y, z) = Φ(z, u). (2.98)

E semplice verificare che l’equazione (2.98) soddisfa la prima equazione del sistema (2.92). Oc-corre imporre che la funzione Φ(z, u) soddisfi la seconda equazione del sistema (2.92). Imponendoquesta condizione, si ottiene la seguente PDE:

3

2Φu + zΦz = 0. (2.99)

L’equazione (2.99) e equivalente al sistema di ODEs:

2

3du =

dz

z=dΦ

0, (2.100)

Dal precedente sistema di ODEs, si ottiene:Φ = k1,2

3du =

dz

z.

(2.101)

47

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La terza equazione e un’equazione differenziale a varibili separabili, la cui soluzione e2

3u =

ln |z|+ k2.Quindi la soluzione del sistema (2.100) e data da:Φ = k1,

2

3u− ln |z| = k2,

(2.102)

dove k1 e k2 sono costanti arbitrarie. Se si pone v =2

3u− ln |z|, si puo verificare come

S(x, y, z) = Φ(v) = Φ

(2

3u− ln |z|

)= Φ

(ln

3√|xy2||z|

), (2.103)

sia la soluzione generale del sistema di PDEs (2.92).La famiglia di fronti d’onda, che taglia ortogonalmente le curve della data congruenza normale(2.90), assume la seguente forma (si veda la Figura 2.8):

S(x, y, z) = Φ

(ln

3√|xy2||z|

)= k1. (2.104)

Tenendo conto delle equazioni (2.104) e (2.48), si ha che tutte le distribuzioni indici di rifrazionen(x, y, z) compatibili che permettono la creazione come raggi di luce della data congruenzanormale nella equazione (2.90), sono date dalla formula:

n(x, y, z) = Φv

√1

9x2+

4

9y2+

1

z2, (2.105)

dove Φv e la derivata della funzione arbitraria Φ(v). Si ha certamente, una soluzione piu semplicescegliendo Φv = 1.

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Figura 2.8: La figura rappresenta i tre fronti d’onda ottenuti scegliendo Φ = 1 ponendo k1 = −1,k1 = 0, k1 = 1 nell’equazione (2.104), e alcune curve della congruenza normale (2.90). La figurae stata creata con Mathematica.

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Capitolo 3

Problema inverso in due dimensioni

In questo capitolo studiamo il seguente problema inverso in ottica geometrica:Data una famiglia di curve a un parametro -piu precisamente una congruenza- costruire

l’indice di rifrazione rappresentato dalla funzione n = n(x, y) di un mezzo bidimensionaletrasparente, isotropo e disomogeneo in modo che la luce si propaghi in tale mezzo lungo le curvedella conguenza assegnata.

Tale problema risulta essere un caso particolare del problema tridimensionale studiato nelcapitolo precedente. Infatti, ponendo nelle equazioni (2.12) del Capitolo 2 β = 0 (o α = 0),l’indice di rifrazione dipenderebbe solo da due variabili indipendenti. Per verificare questo fattosi osservi che il sistema (2.24) del Capitolo 2 si ridurrebbe ad una sola equazione e se peresempio β = 0, si ha per la seconda delle (2.25) del Capitolo 2 che Ω2 = 0, per cui dalla secondaequazione del sistema (2.24) si ottiene nz = 0 e quindi che n = n(x, y). Considereremo dei raggiche giacciono in piani perpendicolari all’asse z del sistema di riferimento cartesiano in modo chel’indice di rifrazione n(x, y) risulti costante lungo le rette parallele all’asse z.

In generale, l’indice di rifrazione dipende dalla frequenza, e quindi dalla lunghezza d’onda(vedi Introduzione). In questo capitolo si assume che tutti i raggi siano costituiti da una famigliamonoparametrica (abbiano cioe la stessa frequenza). La funzione n(x, y, λ) descrive l’indicedi rifrazione che, in generale, dipende anche dalla lunghezza d’onda λ che risulta essere unparametro comune a tutte le curve della famiglia. Ricordando che in ottica geometrica λ → 0(cfr. Introduzione, Capitolo 1 e Capitolo 2), λ verra omessa nella nostra trattazione.

Si utilizzeranno il principio di Fermat e l’equazione iconale per risolvere il problema inversoin due dimensioni. In altre parole, data una famiglia di raggi di luce monocromatica in un mezzotrasparente, disomogeneo e isotropo, f(x, y) = c0, dove c0 e una costante lungo ogni raggio (chevaria da raggio a raggio), si vuole trovare l’indice di rifrazione in modo tale che la luce si propaghiin tale mezzo lungo le curve della congruenza assegnata.

Si dimostrera che la funzione n(x, y) che rappresenta l’indice di rifrazione e soluzione diun’equazione differenziale lineare alle derivate parziali del primo ordine, chiamata equazionedell’indice di rifrazione. Tale equazione verra ricavata direttamente dal principio di Fermat ede equivalente a quella ottenuta dalle equazioni (2.24) del Capitolo precedente.

51

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Inoltre, in analogia con quanto fatto nel Capitolo precedente, si presentera anche un altro metodo,basato sull’equazione iconale, che consente la ricostruzione dell’indice di rifrazione rappresentatoda n = n(x, y).

Si ritiene importante sottolineare che i problemi in due dimensioni furono i primi ad essererisolti: in [17, 19, 20, 21] si e considerato il caso in cui il mezzo ottico giace su un piano, mentrein [22, 23] si e analizzato il caso in cui il mezzo sia distribuito su una superficie di R3, mentre lasoluzione del problema tridimensionale, discussa nel Capitolo precedente, e stata fornita in [8].

1 Equazione differenziale alle derivate parziali dell’indice

di rifrazione trovata mediante il principio di Fermat

In questa sezione risolveremo il problema inverso enunciato nella sezione precedente utilizzandoil principio di Fermat.In particolare, ricordiamo che stiamo assumendo che i raggi di luce giacciano in piani perpendi-colari all’asse z (del fissato sistema di riferimento) e che l’indice di rifrazione sia costante lungoogni retta parallela all’asse z. Assegnata, in tali piani, la famiglia monoparametrica di raggi diluce -congruenza normale- (si suppone che il mezzo sia trasparente, isotropo ed disomogeneo)tramite l’equazione:

f(x, y) = c0, (3.1)

con c0 costante per ogni raggio, ma varia da raggio a raggio, si vuole determinare la funzione-indice di rifrazione- n = n(x, y) in modo che la luce si propaghi lungo le curve della congruenzaassegnata.

Presentiamo la soluzione di questo problema facendo uso del principio di Fermat. Taleprincipio (vedi Capitoli 1, 2 e [2]), ammette la seguente formulazione matematica

δ

∫ P2

P1

n ds = 0. (3.2)

L’elemento di linea ds, in coordinate cartesiane ortogonali, assume la forma:

ds =√dx2 + dy2, (3.3)

quindi, parametrizzando in funzione di x, l’equazione (3.2) puo essere riscritta come:

δ

∫ x2

x1

n(x, y)√

1 + y′2dx = 0. (3.4)

E ben noto [18] che l’equazione variazionale (3.4) e equivalente al sistema di due ODEs diEulero-Lagrange, ma a causa della parametrizzazione la prima equazione risulta un’identita, percui l’equazione variazionale assume la forma:

ny√

1 + y′2 − d

dx

[n

y′√1 + y′2

]= 0. (3.5)

52

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Tramite semplici calcoli si ottiene:

y′nx − ny +y′′

1 + y′2n = 0. (3.6)

Questa e l’equazione differenziale dei raggi di luce. Se nell’epressione (3.6) si soppone assegnatol’indice di rifrazione, ovvero e assegnata la funzione n = n(x, y), la funzione incognita risultaessere la y = y(x) che fornisce la traiettoria dei raggi di luce (che e univocamente determinatase viene assegnata la condizione iniziale y0 = y(x0)).Questo e il modo piu semplice per utilizzare il principio di Fermat, ovvero applicandolo perrisolvere il problema diretto (vedi anche Introduzione).

Solo recentemente [17] e stato mostrato come sia possibile riformulare l’equazione (3.6) inmodo da renderla idonea a risolvere il problema inverso. A tal fine, differenziando l’equazionedella famiglia dei raggi di luce (3.1) rispetto a x, si ottiene:

y′ = −fxfy. (3.7)

Sia γ(x, y) la funzione di “inclinazione”delle traiettorie ortogonali alla famiglia (3.1), definite nelseguente modo:

γ(x, y) =fyfx. (3.8)

Si possono scrivere y′ e y′′ come funzioni di γ:

y′ = −1

γ, y′′ =

Ω

γ3, (3.9)

doveΩ(x, y) = γγx − γy. (3.10)

E importante notare che a ogni funzione f(x, y) corrisponde una funzione γ(x, y) e viceversa, adogni γ(x, y) corrisponde una famiglia (3.1). Sostituendo (3.9) e (3.10) nella (3.6) e considerandonx e ny come le derivate parziali dell’unica funzione incognita n(x, y), otteniamo:

∂n

∂x+ γ(x, y)

∂n

∂y= Ω1(x, y)n, (3.11)

con

Ω1(x, y) =Ω

1 + γ2. (3.12)

L’equazione (3.11) puo essere chiamata equazione dell’indice di rifrazione. Si tratta di una PDEdel primo ordine nella funzione incognita n(x, y), la cui soluzione fornisce tutti i possibili indicidi rifrazione che permettono ai raggi di luce di propagarsi lungo la famiglia di raggi di luceassegnata.Nella sezione 3 applicheremo l’equazione (3.11) in alcuni importanti esempi.

53

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2 Equazione differenziale alle derivate parziali dell’indice

di rifrazione trovata mediante l’equazione iconale

In questa sezione si formulera il problema inverso utilizzando l’equazione iconale.L’equazione iconale nel caso bidimensionale assume la seguente forma:(

∂S∂x

)2

+

(∂S∂y

)2

= n2. (3.13)

Si vuole risolvere il problema inverso mediante l’utilizzo dell’equazione (3.13). Per raggiungerequesto obiettivo, tenendo conto che tutti i raggi sono ortogonali alla famiglia di curve, dobbiamodeterminare l’equazione della famiglia dei fronti d’onda:

S(x, y) = costante. (3.14)

In altre parole, assegnata una congruenza normale di curve, in un mezzo bidimensionale, isotropoe disomogeneo, si devono trovare tutte le possibili distribuzioni della funzione n(x, y) (tramitel’equazione (3.13)) che consente la creazione della data congruenza normale come famiglia diraggi di luce monocromatici.Si consideri un vettore tangente al fronte d’onda:

ε = fxi + fyj = i +fyfx

j = i + γj,

le cui componenti risultano essere 1, γ (si e tenuto conto della definizione (3.8)). Tenendo contoche la data famiglia di curve monoparametrica deve essere una famiglia ortogonale di raggi, siconclude che i due vettori, grad S e ε, devono essere paralleli, e tale condizione comporta:

Sx1

=Syγ. (3.15)

L’equazione (3.15) e una PDE lineare e omogenea del primo ordine nell’unica funzione incognitaS(x, y) che si puo scrivere come:

F ≡ γSx − Sy = 0. (3.16)

Abbiamo ottenuto quindi il seguente risultato:

Proposizione 3.1 Data una congruenza normale all’interno di un mezzo bidimensionale, tra-sparente, continuo, disomogeneo e isotropo, la funzione iconale S(x, y) che definisce la famigliadi fronti d’onda

S(x, y) = costante,

e la soluzione della seguente PDE lineare e omogenea del primo ordine:

γ(x, y)Sx − Sy = 0. (3.17)

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Tutte le distibuzioni indici di rifrazione compatibili che permettono la crezione, come raggi diluce, della congruenza normale data, sono dati dalla formula:

n(x, y) =√S2x + S2

y . (3.18)

La procedura per risolvere la PDE e stata spiegata nel Capitolo 2.

3 Indici di rifrazione

In questa sezione si applichera la teoria sviluppata in questo capitolo a due interessanti esempi.In entrambi i casi, verra imposta una particolare restrizione alla forma dell’indice di rifrazionecercato.

3.1 Indici di rifrazione radiali

In questa sezione, anziche utilizzare la famiglia di curve espressa nella forma (3.1), considereremola famiglia di curve in coordinate polari r e θ avente equazione:

f(r, θ) = c0, (3.19)

la funzione di “inclinazione”corrispondente risulta essere definita come segue:

δ(r, θ) =fθfr. (3.20)

Anche in questo caso vi e una corrispondenza biunivoca tra la famiglia monoparametrica (3.19)e la funzione di inclinazione (3.20).

Si propone il seguente problema: data una famiglia di curve nella forma (3.19), trovare tuttigli indici di rifrazione che dipendono solo dalla distanza r da un punto fissato O (indice di ri-frazione a simmetria radiale) n = n(r), r =

√x2 + y2, e che sono compatibili con la famiglia

(3.19) di raggi di luce.

Risoluzione mediante il Principio di Fermat:

L’equazione dell’indice di rifrazione (3.11) assume la forma:

rnr +δ

rnθ +

(1 +

Ψ

δ2 + r2

)n = 0, (3.21)

dove

Ψ = δ2 + r(δθ − δδr), (3.22)

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Si vuole che la soluzione n sia funzione solo di r, cioe n = n(r), qualunque sia δ = δ(r, θ).

Per far sı che la soluzione della (3.21) assuma questa forma, dobbiamo avere necessariamente(Ψ

δ2 + r2

= 0 che conduce alla condizione:

(r2 + δ2)(δδrθ − δθθ) + [(r2 − δ2)δr + 2δδθ − 2rδ]δθ = 0. (3.23)

In tal modo, si arriva alla seguente proposizione:

Proposizione 3.2 La funzione di “inclinazione”(3.20) di tutte le famiglie di curve (3.19) com-patibili con l’indice di rifrazione radiale n = n(r) soddisfa la condizione differenziale (3.23).

Esempio 1:Si puo verificare che la famiglia di rami di coniche

f(r, θ) = −r cos θ +√r2 cos2 θ − 4r + 4 = c0, (3.24)

soddisfa la condizione (3.23) e quindi l’indice di rifrazione sara una funzione radiale n = n(r).La funzione di “inclinazione”risulta:

δ =fθfr

=r sin θ + r2 cos θ sin θ√

r2 cos2 θ−4r+4

− cos θ + r cos2 θ−2√r2 cos2 θ−4r+4

.

Piu precisamente l’equazione (3.21) diventa:

nr +

(r − 2)√

1r

2(r − 2)32

− 1

2

(1

r

) 32 √

r − 2

n = 0.

Si verifica facilmente che la funzione

n = n(r) = n0

√|r − 2|r

,

dove n0 e una costante arbitraria, soddisfa tale equazione.

Risoluzione mediante l’equazione iconale:

Siaf(r, θ) = −r cos θ +

√r2 cos2 θ − 4r + 4 = c0,

la famiglia di curve, la funzione di “inclinazione”risulta:

δ =fθfr

=r sin θ + r2 cos θ sin θ√

r2 cos2 θ−4r+4

− cos θ + r cos2 θ−2√r2 cos2 θ−4r+4

.

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L’equazione (3.17), in questo caso, assume la seguente forma:(r sin θ +

r2 cos θ sin θ√r2 cos2 θ − 4r + 4

)Sr +

(cos θ − r cos2 θ − 2√

r2 cos2 θ − 4r + 4

)Sθ = 0.

Che e equivalente al seguente sistema di ODEs:

dr(r sin θ + r2 cos θ sin θ√

r2 cos2 θ−4r+4

) =dθ(

cos θ − r cos2 θ−2√r2 cos2 θ−4r+4

) =dS0.

Dal precedente sistema di ODEs si ottiene:S = c1,

dr(r sin θ + r2 cos θ sin θ√

r2 cos2 θ−4r+4

) =dθ(

cos θ − r cos2 θ−2√r2 cos2 θ−4r+4

) .In questo caso l’integrazione della seconda equazione presenta notevoli difficolta analitiche1.L’approccio basato sull’equazione (3.11) e quindi preferibile.

3.2 Indici di rifrazione omogenei

In questa sottosezione si vuole risolvere il seguente problema: Data una famiglia di raggi (3.1),trovare tutti gli indici di rifrazione che soddisfano la seguente ulteriore richiesta n(x, y) =

xmR(yx

), ovvero sia una funzione omogenea2 di grado m.

In particolare, consideriamo il seguente caso:

L’indice di rifrazione n sia una funzione omogenea di grado m, e γ e una funzione non omogeneadi grado zero.

Risoluzione mediante il principio di Fermat:

Abbiamo:

n(x, y) = xmR(z), (3.25)

essendo z =y

x. L’equazione (3.11) in questo caso diventa:

mR− zR′ = xΩ1R− γR′ (3.26)

1Si potrebbe integrare tale equazione tramite un opportuno programma come Mathematica o Matlab.2Una funzione f(x1, . . . , xn) dicesi omogenea di grado m, essendo m un numero reale, se per ogni valore della

variabile t risulta f(tx1, . . . , txn) = tmf(x1, . . . , xn).

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dove l’apice indica la derivata rispetto a z e Ω1 dato dalla (3.12).Poiche γ e una funzione non omogenea di grado zero 3, si ha:

xγx + yγy 6= 0. (3.27)

Il secondo membro dell’equazione (3.26) deve essere una funzione di z, cioe omogeneo in x, y digrado zero. Allora:

x(xΩ1R− γR′)x + y(xΩ1R− γR′)y = 0, (3.28)

che conduce a:R′

R= ρ, (3.29)

dove

ρ =x(xΩ1x + yΩ1y + Ω1)

xγx + yγy. (3.30)

Ma ρ(x, y) deve essere omogeneo di grado −14, cioe:

xρx + yρy + ρ = 0 (3.31)

e questo conduce alla condizione per la data famiglia di curve:

(xγx + yγy)[x2Ω1xx + 2xyΩ1xy + y2Ω1yy + 2(xΩ1x + yΩ1y)] =

(x2γxx + 2xyγxy + y2γyy)(xΩ1x + yΩ1y + Ω1).(3.32)

Allora si puo affermare la seguente proposizione:

Proposizione 3.3 Qualunque famiglia di raggi γ(x, y) che soddisfa (3.27) e (3.32) e compatibilecon tutti gli indici di rifrazione omogenei (3.25) trovati dalla (3.29).

Esempio 2: Le funzioniγ =√axm − 1, (3.33)

soddisfano la condizione (3.32). Dalla (3.30) si ha ρ = 0, allora, dalle (3.29) e (3.25) si ottiene

R′

R= 0,

il che implican = n0x

m. (3.34)

3Si ricordi il teorema di Eulero sulle funzioni omogenee di cui si riporta l’enunciato:Teorema di Eulero: Condizione necessaria e sufficiente affinche una funzione f(x1, . . . , xn), continua con lesue derivate prime nel suo insieme di definizione, sia omogenea di grado m, e che sia verificata identicamente la

relazione:∂f

∂x1x1 + . . .+

∂f

∂xnxn = mf(x1, . . . , xn).

4Si applichi di nuovo il teorema di Eulero per trovare l’equazione (3.31).

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dove n0 e una costante arbitraria.

Risoluzione mediante l’equazione iconale:

Sia γ =√axm − 1 la funzione di “inclinazione”. L’equazione (3.17), in questo caso, assume

la seguente forma: (√axm − 1

)Sx − Sy = 0.

Che e equivalente al seguente sistema di ODEs:

dx√axm − 1

=dy

−1=dS0.

Dal precedente sistema di ODEs si ottiene:S = c1,dx√

axm − 1=dy

−1.

Anche in questo caso l’integrazione della seconda equazione presenta notevoli difficolta analiti-che5. L’approccio basato sull’equazione (3.11) e quindi preferibile.

5Si potrebbe integrare tale equazione tramite un opportuno programma come Mathematica o Matlab.

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Appendice A

Sistemi di PDEs di primo ordine

In questa appendice viene descritta la teoria relativa ai sistemi di PDEs di primo ordine. Si trattadei sistemi che si sono presentati nei Capitoli 2, 3 quando sono state derivate le equazioni checonsentono di risolvere i problemi inversi dell’ottica geometrica. Si rimanda a [10] per ulterioridettagli.

1 Sistemi di equazioni lineari

Si consideri un sistema di m equazioni lineari omogenee, in una sola funzione incognita u =u(x1, . . . , xn), di n variabili x1, . . . , xn

X1(u) = a11p1 + . . .+ a1npn = 0,...

......

...

Xm(u) = am1p1 + . . .+ amnpn = 0,

(A.1)

dove si e posto pk = uxk , i coefficienti aik sono funzioni continue e derivabili con derivata continuanelle variabili xs e Xk(u) denota il primo membro della k-esima equazione. Si deve trovare unafunzione u che soddisfi contemporaneamente tutte le equazioni del sistema (A.1). Si esclude dallasoluzione del sistema (A.1) la soluzione banale u = costante che non presenta alcun interesse. Sisuppone che le equazioni del sistema (A.1) siano linearmente indipendenti, cioe che non esistanofattori λk = λk(xs), s = 1, . . . , n, con λk non tutti nulli tali che:

m∑k=1

λkXk(u) = 0,

identicamente rispetto a xs in un dominio di variazione di queste variabili e di ps.Se questi λk esistessero, il primo membro di una delle equazioni del sistema (A.1) potrebbe essereespresso come combinazione lineare dei primi membri delle altre equazioni. Questa equazione

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sarebbe quindi conseguenza delle altre e potrebbe essere cancellata.Supponiamo che m ≥ n e si considerino le prime n equazioni del sistema. Poiche queste equazionisono linearmente indipendenti, il determinante composto dai loro coefficienti deve essere nonnullo. Ma allora il sistema omogeneo rispetto a ps ha la sola soluzione nulla p1 = . . . = pn = 0 dacui risulta u = costante, cioe per m ≥ n il sistema non ha soluzioni, tranne quella banale. Non equindi restrittivo supporre che m < n e d’ora in avanti ci atterremo sempre a questa condizione.

Stabiliamo alcune utili proprieta. Se u1 e u2 sono due funzioni qualsiasi delle variabiliindipendenti x1, . . . xn, si hanno seguenti le due identita:

Xk(u1 + u2) = Xk(u1) +Xk(u2),

Xk(u1u2) = u1Xk(u2) + u2Xk(u1).(A.2)

Sostituendo nell’espressione Xi(u) la funzione u con il primo membro della k-esima equazione,cioe con l’espressione di Xk(u) e tenendo conto delle identita (A.2) si ottiene:

Xi(Xk(u)) =n∑s=1

Xi(aks)uxs +n∑s=1

aksXi(uxs),

e analogamente

Xk(Xi(u)) =n∑s=1

Xk(ais)uxs +n∑s=1

aisXk(uxs).

E evidente che, ricorrendo alle derivate seconde della funzione u il secondo addendo a secondomembro dell’equazione precedente, si puo scrivere nel seguente modo:

n∑s=1

aksXi(uxs) =n∑s=1

aks

n∑t=1

aituxsxt =n∑

s,t=1

aitaksuxsxt ,

effettuando una permutazione degli indici i, k, l’ultima espressione rimane invariata, cioe:

n∑s=1

aisXk(uxs) =n∑s=1

aksXi(uxs).

Si e ottuta cosı la seguente formula:

Xi(Xk(u))−Xk(Xi(u)) =n∑s=1

[Xi(aks)−Xk(ais)] (uxs), (A.3)

nella quale il secondo membro rappresenta una funzione lineare omogenea di ps = uxs concoefficienti dipendenti da xk.

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Si puo estendere la definizione di Parentesi di Poisson al caso in cui appaiono un numeroqualsiasi di variabili mediante la seguente formula:

[ϕ, ψ] =n∑j=1

(ϕpjψxj − ϕxjψpj). (A.4)

Sostituendo nella formula precedente ϕ = Xi(u) e ψ = Xk(u), si ottiene:

ϕpj = aij, ψxj =n∑s=1

∂aks∂xj

ps, ϕxj =n∑s=1

∂ais∂xj

ps, ψpj = akj.

Ponendo quanto trovato nella (A.4), si ottiene:

[Xi(u), Xk(u)] =n∑s=1

(n∑j=1

aij∂aks∂xj−

n∑j=1

akj∂ais∂xj

)ps,

ossia:

[Xi(u), Xk(u)] =n∑s=1

[Xi(aks)−Xk(ais)] ps.

Confrontando quanto trovato con il secondo membro della (A.3), si giugne alla seguente impor-tante identita:

[Xi(u), Xk(u)] = Xi(Xk(u))−Xk(Xi(u)). (A.5)

Se u verifica tutte le equazioni del sistema (A.1), cioe se

Xl(u) = 0 (l = 1, . . . ,m),

deve verificare anche la seguente equazione linearmente omogenea:

[Xi(u), Xk(u)] = 0, (A.6)

qualunque siano gli indici i e k. Al variare degli indici i e k con i, k = 1, . . . ,m, si ottengonom(m− 1)

2nuove equazioni lineari omogenee che sono conseguenza del sistema (A.1). Alcune di

queste possono essere delle identita, cioe tutti i loro coefficienti in pk possono risultare nulli. Siaggiungono le nuove equazioni che non risultano identita a quelle del sistema (A.1), verificandoogni volta che l’equazione aggiunta non sia una combinazione lineare delle equazioni presenti.In caso contrario, tali equazioni vengono omesse.Procedendo in questo modo con tutte le equazioni, otteniamo un nuovo sistema in cui il numerodi equazioni puo essere maggiore di m. Per il nuovo sistema verra costruita la parentesi di Poissoncomposta dai primi membri, senza ripetere, ovviamente, la parentesi di Poisson gia costruita peril sistema iniziale e aggiungendo le nuove equazioni ottenute al sistema.Continuando questo procedimento si possono presentare due casi:

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1. Se il numero di equazioni del sistema ottenuto e uguale a n, questo sistema ha la solasoluzione banale u = costante e, di conseguenza, il sistema iniziale risulta avere comeunica soluzione quella banale.

2. Se il numero di equazioni del sistema ottenuto e inferiore a n, cioe per tutte le nuove equa-zioni costruibili mediante la parentesi di Poisson sono combinazioni lineari delle equazionidel sistema stesso, esso viene detto sistema completo.

In tal modo, viste le considerazioni precedenti, segue che il sistema iniziale considerato o hala soluzione banale, oppure e equivalente ad un sistema completo, e si pone cosı il problemadell’integrazione dei sistemi completi.Si puo supporre, senza perdita di generalita, che il sistema iniziale (A.1) sia (gia) un sistemacompleto, cioe che tutte le parentesi di Poisson possibili [Xi(u), Xk(u)] siano combinazioni linearidei primi membri delle equazioni, come segue:

[Xi(u), Xk(u)] =m∑l=1

β(i,k)l Xl(u), (A.7)

dove i coefficienti β(i,k)l sono funzioni di xk, oppure che queste parentesi si annullino identica-

mente.

2 Sistemi completi di Jacobi

In questa sezione vengono discusse alcune proprieta fondamentali dei sistemi completi.Consideriamo le nuove variabili indipendenti:

yk = ϕk(x1, . . . , xn) (k = 1, . . . , n),

e supponiamo che questa trasformazione possa essere esplicitata rispetto a xk. Il sistema (A.1)nelle nuove variabili indipendenti assumera la forma:

Yj(u) = bj1∂u

∂y1

+ . . .+ bjn∂u

∂yn= 0 (j = 1, . . . ,m),

dove, per la regola di derivazione delle funzioni composte, si ha:

bjl =n∑s=1

ajs∂ϕl∂xs

= Xj(yl). (A.8)

Qualunque sia le funzione u si ha Yj(u) = Xj(u); il secondo membro viene espresso mediante levariabili indipendenti xk, il primo membro mediante le variabili indipendenti yk. Di conseguenza,qualunque siano gli indici i e k si ha:

Xi(Xk(u)) = Yi(Yk(u)),

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eXi(Xk(u))−Xk(Xi(u)) = Yi(Yk(u))− Yk(Yi(u)).

Tenuto conto delle (A.5) e (A.7) si puo scrivere:

Yi(Yk(u))− Yk(Yi(u)) =m∑l=1

γ(i,k)l Yl(u),

dove i coefficienti γ(i,k)l si ottengono dai coefficienti β

(i,k)l con il passaggio alle nuove variabili

indipendenti. Abbiamo cosı provato la seguente

Proposizione A.1 Se il sistema (A.1) e completo, allora ogni sistema ottenuto per sostituzionedelle variabili indipendenti sara ancora completo.

Dimostriamo ora un’altra proprieta dei sistemi completi. Costruiamo m combinazioni lineari deiprimi membri delle equazioni del sistema (A.1):

Zj(u) = dj1X1(u) + . . .+ djmXm(u) (j = 1, . . . ,m),

dove si suppone che i coefficienti djl siano dipendenti da xk e che il determinante di questicoefficienti sia non nullo. Sotto tali ipotesi il sistema di equazioni:

Zj(u) = 0 (j = 1, . . . ,m), (A.9)

risultera equivalente al sistema iniziale (A.1). Vale, inoltre, la seguente

Proposizione A.2 Se il sistema (A.1) e completo, allora ogni sistema equivalente ad esso (cfr.come il sistema (A.9)) risulta completo.

Dimostrazione. La parentesi di Poisson [Zi(u), Zk(u)] rappresenta una somma di espres-sioni della forma:

dipXp(dkqXq(u))− dkqXq(dipXp(u)),

ossia considerando quanto espresso dalla (A.2), una somma di espressioni della forma:

dip[Xp(dkq)Xq(u)) + dkqXp(Xq(u))]− dkq[Xq(dip)Xp(u) + dipXq(Xp(u))] =

dipXp(dkq)Xq(u)− dkqXq(dip)Xp(u) + dipdkq[Xp(Xq(u))−Xq(Xp(u))].

Tenuto conto che tutte le espressioni Xp(Xq(u))−Xq(Xp(u)) sono combinazioni lineari di Xj(u),si vede che la parentesi di Poisson [Zi(u), Zk(u)] si esprime mediante Xj(u) e, di conseguenza,mediante Zj(u), e questo dimostra la completezza del sistema (A.9).

Introduciamo ora una nuova nozione, che e un caso particolare della nozione di completezza

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Definizione 2 Il sistema (A.1) si chiama sistema di Jacobi o sistema Jacobiano se tutte leparentesi di Poisson [Xi(u), Xk(u)] si annullano identicamente, cioe se tutti i coefficienti di psin queste parentesi sono identicamente nulli.

Si puo dimostrare che:

Proposizione A.3 Si puo trasformare un sistema completo in un sistema Jacobiano medianteoperazioni algebriche elementari.

Dimostrazione. Si consideri il sistema iniziale (A.1) e lo si supponga completo. Poichele sue equazioni sono linearmente indipendenti, la matrice dei suoi coefficienti ha rango m epossiamo risolvere le equazioni del sistema rispetto a m grandezze ps. Si puo supporre, senzaperdita di generalita, che le equazioni del sistema siano esplicitabili rispetto a p1, . . . , pm; al postodel sistema (A.1) si puo scrivere un sistema nella forma:

p1 + c1,m+1pm+1 + . . .+ c1,npn = 0,

p2 + c2,m+1pm+1 + . . .+ c2,npn = 0,...

......

...

pm + cm,m+1pm+1 + . . .+ cm,npn = 0.

(A.10)

Questo sistema, in accordo con la Proposizione A.2, e completo. Si dimostra che il sistema (A.10)e anche un sistema Jacobiano. Per mostrare questo fatto procediamo come segue. Come fatto inprecedenza, si denotino con Xi(u) i membri dell’equazioni del sistema (A.10). Si deve dimostrare

che tutti i coefficienti β(i,k)l presenti nella formula (A.7) siano identicamente nulli. Dalla forma del

sistema (A.10) e dalla definizione di parentesi di Poisson deriva immediatamente che l’espressionea primo membro della (A.7) non contiene ps, per s ≤ m, e che a secondo membro il coefficiente

di ps, per s ≤ m, e uguale a β(i,k)l . Ne segue immediatamente che tutti i coefficienti β

(i,k)l devono

essere nulli, vale a dire che il sistema (A.10) e un sistema Jacobiano.

Osservazione: Un sistema Jacobiano non deve avere necessariamente la forma (A.10). Maconsiderando quanto e stato dimostrato precedentemente, un sistema completo ridotto alla forma(A.10) risulta essere un sistema Jacobiano.

3 Integrazione di sistemi completi

In questa sezione mostreremo come sia possibile determinare la soluzione di un sistema completo.In virtu della Proposizione A.3, invece di integrare il sistema completo (A.1) si puo integrare ilsistema Jacobiano equivalente (A.10).Si consideri la prima equazione di questo sistema e il corrispondente sistema di equazionidifferenziali ordinarie:

dx1

1=dx2

0= . . . =

dxm0

=dxm+1

c1,m+1

= . . . =dxnc1,n

. (A.11)

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Si noti che la notazione usata nell’equazione (A.11), dove appare zero al denominatore di alcune

frazioni, sta a significare che il corrispondente numeratore e nullo, come ad esempio perdx2

0cioe

che, dx2 = 0, e quindi x2 = costante. Questa notazione la si trova in [10, 11, 12, 13, 14] ed egeneralmente accettata dai matematici che lavorano nel campo delle PDEs.Il sistema (A.11) ammette i seguenti n− 1 integrali indipendenti:

ϕ2(x1, . . . , xn) = C2, . . . , ϕn(x1, . . . , xn) = Cn,

e i primi membri delle equazioni scritte devono essere soluzioni della prima delle equazioni delsistema (A.10). Si osservi che e possibile scrivere direttamente gli m− 1 integrali cioe:

x2 = costante, . . . , xm = costante.

Si considerino le n− 1 nuove variabili:

ys = ϕs(x1, . . . , xn) (s = 2, . . . , n). (A.12)

Dal fatto che gli integrali sono indipendenti segue che le equazioni scritte devono essere esplici-tabili rispetto alle n− 1 variabili xk, e si puo considerare una funzione ϕ1(x1, . . . , xn) tale che ilcambiamento di variabili

ys = ϕs(x1, . . . , xn) (s = 1, . . . , n).

si possa esplicitare rispetto a tutte le variabili xk. Se per esempio le equazioni del sistema (A.10)sono esplicitabili rispetto a x1, . . . , xn−1 e sufficiente considerare ϕ1 = xn.Se si trasforma il sistema (A.10) nelle nuove variabili indipendenti, utilizzando la formula (A.8)e tenendo conto che ϕ2, . . . , ϕn sono soluzioni della prima delle equazioni del sistema (A.10),

si vede che la prima equazione si riduce alla forma∂u

∂y1

= 0. Utilizzando questa equazione,

possiamo cancellare tutti i termini contenenti∂u

∂y1

dalle altre m − 1 equazioni e, in vista della

loro indipendenza lineare, esplicitare queste rispetto ad alcune delle m− 1 derivate∂u

∂ys. Si puo

supporre, senza perdita di generalita, che sia possibile esplicitare le suddette equazioni rispetto

a∂u

∂y2

, . . . ,∂u

∂ym. Il sistema assumera, dunque, la seguente forma:

Y1(u) =∂u

∂y1

= 0,

Y2(u) =∂u

∂y2

+ h2,m+1∂u

∂ym+1

+ . . .+ h2,n∂u

∂yn= 0,

......

......

...

Ym(u) =∂u

∂ym+ hm,m+1

∂u

∂ym+1

+ . . .+ hm,n∂u

∂yn= 0.

(A.13)

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Il sistema iniziale era Jacobiano, di conseguenza, completo, e percio il sistema trasformato deveessere ancora completo. Ma poiche e esplicitabile rispetto alle derivate, esso deve essere unsistema Jacobiano. Si deriva che la trasformazione di un sistema Jacobiano in nuove variabiliindipendenti, per la Proposizione A.1, conduce sempre ad un sistema Jacobiano.La prima delle equazioni del sistema (A.13) mostra che la funzione u non dipende da y1. E faciledimostrare che i coefficienti presenti nelle altre equazioni del sistema (A.13) non contengono y1.Infatti, ogni espressione:

Y1(Yi(u))− Yi(Y1(u)) =∂hi,m+1

y1

∂u

∂ym+1

+ . . .+∂hi,ny1

∂u

∂yn= 0,

deve annullarsi identicamente poiche il sistema (A.13) e Jacobiano, dimostrando l’affermazioneprecedente. Si puo dunque omettere la prima equazione nel sistema (A.13) e integrare le altresupponendo che u sia indipendente da y1. In questo modo si ottiene un sistema di m−1 equazionicon n − 1 variabili indipendenti. Applicando a questo sistema l’operazione sopraindicata, siottiene un sistema di m − 2 equazioni in n − 2 variabili indipendenti e via di seguito. Infine,si ottiene una sola equazione per la funzione u di n −m + 1 variabili indipendenti. Denotandoqueste variabili con y1, . . . , yn−m+1 si avra un’equazione della forma:

∂u

∂y1

+ g2∂u

∂y2

+ . . .+ gn−m+1∂u

∂yn−m+1

= 0,

dove le varibili indipendenti yj sono funzioni delle variabili indipendenti iniziali x1, . . . , xn. Ilsistema di equazioni differenziali ordinarie corrispondente all’ultima equazione avra gli n − mintegrali indipendenti:

ψ1(y1, . . . , yn−m+1) = C1, . . . , ψn−m(y1, . . . , yn−m+1) = Cn−m,

e la cui soluzione generale avra la forma:

u = Ψ(ψ1, . . . , ψn−m),

dove Ψ e una funzione arbitraria. La stessa formula fornisce la soluzione generale del sistemainiziale (A.1).

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Conclusioni

Nella tesi si e studiato il seguente problema inverso in ottica geometrica

Data una famiglia di curve -congruenza normale- costruire l’indice di rifrazione rappresentatodalla funzione n = n(x, y, z) di un mezzo tridimensionale trasparente, isotropo e disomogeneo

in modo che la luce si propaghi in tale mezzo lungo le curve della conguenza assegnate.

Tale problema e stato risolto facendo ricorso sia al principio di Fermat che all’equazione iconalein un mezzo tridimensionale disomogeneo e isotropo. Un analogo problema inverso e statoaffrontato e risolto anche nel caso di un mezzo bidimensionale.

Nel caso tridimensionale, riportato nel Capitolo 2, abbiamo dimostrato che il principio diFermat implica che la famiglia di raggi di luce assegnata deve essere una congruenza normale eabbiamo provato che la funzione che rappresenta l’indice di rifrazione deve soddisfare il sistema(2.24).Impostando il problema inverso con l’equazione iconale si ottiene invece un sistema di PDEslineari e omogenee in cui la funzione incognita e direttamente connessa ai fronti d’onda. Ladeterminazione di tale funzione consente, mediante l’utilizzo dell’equazione (2.48), di trovare lafunzione indice di rifrazione cercata.Ovviamente entrambe le procedure devono condurre al medesimo risultato.Nel caso tridimensionale, a illustrazione della teoria sviluppata, sono stati analizzati quattroesempi mediante la procedura basata sull’equazione iconale.

Nel caso bidimensionale, riportato nel Capitolo 3, e stato affontato il problema sulla falsarigadel problema tridimensionale.

E importante tener presente che nel Capitolo 2 si e considerata la propagazione della luce inun mezzo trasparente, continuo, disomogeneo e isotropo dalla prospettiva dell’ottica geometrica.Per un lungo periodo tali studi hanno presentato un interesse puramente accademico. Questoera principalmente dovuto alla difficolta di costruire un mezzo di indice di rifrazione variabilecon un alto grado di accuratezza come richiede l’ottica. Negli utlimi 50 anni, la situazione ecambiata grazie all’avvento della tecnica delle microonde e delle loro applicazioni e anche poiche imezzi disomogenei giocano un ruolo importante nell’ottica integrata e nella fibra ottica. A causadi queste importanti applicazioni fisiche, lo studio svolto risulta particolarmente interessante.Tuttavia l’integrazione delle equazioni (2.24) (o le analoghe (2.45)) presenta, in generale, notevoli

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difficolta analitiche e richiede, quindi, il ricorso a specifiche tecniche numeriche (ma questo tipodi trattazione esula dagli obiettivi di questa tesi) .

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