NORME COMPORTAMENTALI IN CASO Dl TERREMOTO. NORME COMPORTAMENTALI 05/03/20142NORME PER LA SICUREZZA.
Problemi comportamentali carr
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Interventi basati sulla comunicazione
Tratto da: Il problema di comportamento è un messaggio
E. Carr et al. - Erickson
Gestire una crisi di comportamento:
1) Quando è possibile ignorare il comportamento problematico
2) Proteggere l’individuo o gli altri dalle conseguenze fisiche del comportamento problematico
3) Fermare (o bloccare) momentaneamente l’individuo durante gli episodi di comportamento problematico
4) Spostare dalle vicinanze del luogo nel quale si sta verificando la crisi chiunque sia in pericolo a causa del comportamento problematico
5) Introdurre suggerimenti o stimoli per facilitare comportamenti non problematici
Le 5 procedure descritte non sono particolarmente brillanti, né i loro effetti durano a lungo e, cosa ancor più importante, non possono essere considerate interventi educativi, poiché un intervento deve implicare l’insegnamento di nuove abilità che, con tempo, sostituiscano il comportamento problematico.
Troppo spesso le persone in difficoltà vengono ignorate a meno che non manifestino qualche forma drammatica di comportamento.
In tali circostanze le persone imparano rapidamente che il comportamento problematico costituisce un modo efficace per ottenere l’attenzione altrui.
In molti studi è stato verificato che:La ricerca di attenzione è alla base di una
vasta gamma di comportamenti problematiciMolto spesso i comportamenti problematici
servono per aiutare l’individuo a fuggire situazioni spiacevoli
In molti casi i comportamenti problematici sono usati dalla persona per ottenere o riottenere gratificazioni tangibili (oggetto, cibo, giocattolo…)
In bambini piccoli vari comportamenti problematici si verificano per le stesse ragioni.
Il pianto può essere visto come una primitiva forma di comunicazione.
Man mano che il bambino scopre nuove forme per richiedere il pianto diventa meno frequente.
Intervento basato sulla comunicazione
Lo sviluppo delle abilità comunicative rilevanti può rendere possibile la sostituzione del comportamento problematico, in modo che diventi meno frequente o venga completamente eliminato.
Assessment funzionale
L’assessment funzionale implica il tentativo di scoprire le funzioni del comportamento problematico, cioè le ragioni per le quali il comportamento si manifesta.
IntervistaOsservazione direttaEsperimento
Strumenti per l’Assessment funzionale
I passi dell’assessment:
Descrivere Categorizzare Verificare
I passi dell’assessment:
Descrivere:
Comprende sia l’intervista sia l’osservazione diretta al fine di ottenere un quadro chiaro del contesto di interazioni nel quale si verifica il comportamento problematico, della natura specifica del comportamento e delle reazioni che il comportamento provoca nelle altre persone.
I passi dell’assessment:
Descrivere:Nome: Gary Osservatore: Rob Data : 24.3.92
Contesto generale: piantare le aiuole
Contesto interpersonale: Dopo cinque minuti di lavoro, Gary rallenta al punto di piantare una piantina ogni due minuti circa. Cal dice a Gary: “dobbiamo fare un po’ più in fretta” e gli fa vedere come fare
Comportamento problematico: Gary afferra una piantina e la fa a pezzi. Poi afferra la camicia di Cal e strappa diversi bottoni nella colluttazione che ne segue.
Reazione interpersonale: Cal si libera dalla presa di Gary e si allontana di circa tre metri. Dopo 5 minuti Gary si calma. A questo punto Cal finisce di piantare da solo
I passi dell’assessment:
Descrivere:
Molte situazioni un tempo problematiche possono essere abbandonate nel momento in cui l’intervista viene condotta.
Il comportamento degli allievi ha effetto sugli insegnanti (effetti interpersonali) che possono aver imparato ad evitare situazioni difficili.
I passi dell’assessment:
Categorizzare:
Il secondo passo richiede che tutte le informazioni raccolte nel corso della descrizione vengano raggruppate per situazioni specifiche secondo i diversi scopi che il comportamento sembra avere
I passi dell’assessment
Fasi della categorizzazione
1. Formulazione di ipotesi sullo scopo
2. Raggruppare in categorie di scopi
3. Trovare temi comuni all’interno di una categoria di ipotesi (scopo)
Fasi della categorizzazione1. Formulazione di ipotesi sullo scopo Variabili che influenzano il comportamento
problematico:Conseguenze socialmente mediate:
○ L’attenzione○ La fuga○ Gratificazioni tangibili
Fattori non sociali:○ Di natura sensoriale○ Di natura organica○ Di natura omeostatica
Fasi della categorizzazione1. Formulazione di ipotesi sullo scopo
Nome: Gary Osservatore: Rob Data : 24.3.92
Contesto generale: piantare le aiuole
Contesto interpersonale: Dopo cinque minuti di lavoro, Gary rallenta al punto di piantare una piantina ogni due minuti circa. Cal dice a Gary: “dobbiamo fare un po’ più in fretta” e gli fa vedere come fare.
Comportamento problematico: Gary afferra una piantina e la fa a pezzi. Poi afferra la camicia di Cal e strappa diversi bottoni nella colluttazione che ne segue.
Reazione interpersonale: Cal si libera dalla presa di Gary e si allontana di circa tre metri. Dopo 5 minuti Gary si calma. A questo punto Cal finisce di piantare da solo
Ipotesi (scopo): Gary dà pugni in questa situazione per evitare il lavoro (FUGA).
Fasi della categorizzazione2. Raggruppare in categorie di scopi Una volta che il gruppo di lavoro abbia formulato le
proprie ipotesi il passo successivo consiste nel raggruppare per categorie le ipotesi (scopo).
Molto spesso si troverà che le 3 categorie che implicano problemi di comportamento mediati socialmente (attenzione, fuga, gratificazioni tangibili) giustificano la maggio parte degli episodi.
Quasi sempre il comportamento problematico ha scopi multipli, cioè può essere messo in atto dalla stessa persona in contesti diversi per scopi diversi.
Fasi della categorizzazione3. Trovare temi comuni all’interno di una categoria di ipotesi
Nome: Val ; Temi comuni nella categoria “Attenzione”
Attività o lavori
indipendenti
L’insegnante parla con un
uomo
Attività di gruppo
Momenti di transizione
altro
36 34 25 8 5
I passi dell’assessment:
Verificare:Ultimo passo richiede di cambiare la
reazione sociale al comportamento problematico, oltre al contesto sociale e fisico, al fine di accertare meglio se un caso particolare di comportamento problematico abbia veramente uno scopo specifico (o una funzione).
Programmazione d’intervento: Insegnare a chiedere attenzione:
Dicendo “finito” quando svolge un’attività autonoma
Salutando quando l’insegnante parla con qualcuno
Dicendo “tocca a me” in situazioni di gruppo
Programmazione dell’intervento: Oltre al training di comunicazione è
importante:
L’aumento della tolleranza alla dilazione del rinforzamento
Insegnare ad operare scelte
La costruzione dell’alleanza Il rapporto costituisce una parte
importante dell’approccio basato sulla comunicazione che presuppone ci siano due persone che vogliono interagire.
La presenza di una delle due parti costituisce un segnale (o stimolo discriminativo) perché l’altra inizi e mantenga la comunicazione.
La costruzione dell’alleanza I fase:
Trasformarsi in un segnale che anticipa il rinforzamento: se ci si associa ripetutamente a un’ampia gamma di attività, di persone e di cose positive per una certa persona, alla fine la propria presenza diventerà un segnale del fatto che si è protagonisti di molte attività gradite.
La costruzione dell’alleanza I fase:
All’inizio le situazioni preferite vengono offerte incondizionatamente (in modo non contingente). Non si chiede alla persona in difficoltà di guadagnare o di chiedere tali rinforzatori, la persona potrebbe rifiutarli o magari non sapere come chiedere. In ogni caso il tentativo di costruire un rapporto sarebbe minato alla base.
La costruzione del rapporto I fase:
L’intervento inizia a funzionare quando la persona inizia a rispondere alla presenza dell’educatore, lo guarda, sorride, cerca la vicinanza fisica…
L’idea fondamentale è quella che l’educatore e la persona con problemi di comportamento possono interagire in un contesto di esperienze condivise gratificanti.
La costruzione del rapporto II fase:
Trasformarsi in un segnale che faciliti l’avvicinamento e la comunicazione semplice: obiettivo è quello che la persona ci si avvicini quando ciò è opportuno e che comunichi in qualunque maniera.
La costruzione del rapporto II fase:
In questa fase insegniamo il comportamento sostitutivo seguendo strategie comportamentali
La costruzione dell’alleanza II fase:
Abbiamo raggiunto un buon risultato se la persona verrà frequentemente a cercarci e ci farà molte richieste
Questa fase dell’intervento potrebbe essere faticosa o noiosa….dura solo alcuni gorni
Aumentare la tolleranza alla dilazione della gratificazione
Una volta che le alternative ai comportamenti problematici siano ben stabilizzate, è giunto il momento di insegnare alla persona con difficoltà una migliore tolleranza alla “dilazione del rinforzamento”.
Aumentare la tolleranza alla dilazione della gratificazione
La tattica fondamentale consiste nel richiedere alla persona di completare un compito prima che venga esaudita la sua richiesta.
Si può aumentare gradualmente la qualità e la quantità dei compiti richiesti per svolgere l’attività in modo da produrre dilazioni via via maggiori.
Aumentare la tolleranza alla dilazione della gratificazione
È molto importante assicurarsi che periodi di lavoro siano associati a successivi periodi durante i quali la persona ottiene ciò che desidera.
Se i periodi di lavoro segnalano semplicemente l’impossibilità di avere ciò che si desidera, è facile che si presentino comportamenti problematici.
Sequenza dei passaggi di insegnamento
1. L’individuo esprime una richiesta2. In risposta a tale richiesta l’insegnante chiede
all’individuo di svolgere un’attività costruttiva, con la promessa che al termine ci sarà il rinforzamento
3. Quando l’attività è completata l’individuo esprime nuovamente la propria richiesta
4. L’insegnante riconosce che l’attività è stata completata in maniera corretta e prosegue soddisfacendo la richiesta iniziale
Altre strategie per migliorare la collaborazione:
La contestualizzazione positiva delle richieste
Fornire alternative di scelta
La generalizzazione La generalizzazione non programmata
costituisce l’eccezione piuttosto che la regola. Se si desidera che i miglioramenti comportamentali si verifichino in varie situazioni, con diverse persone, in diversi ambienti e di fronte a vari compiti, occorre prevedere un intervento che coinvolga varie persone, vari ambienti e vari compiti.
La generalizzazione non programmata si verifica di solito quando è stata condotta la procedura di generalizzazione programmata in un numero elevato di situazioni.
Il sostegno per chi sostiene le persone disabili
Genitori, insegnanti e operatori hanno bisogno di supporto, esattamente come le persone disabili. Non sono distributori automatici di rinforzatori. Non tenere conto di ciò significa aumentare la probabilità che si creino problemi di mantenimento.