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1 “Principio di legalità ed amministrazioni pubbliche: profili evolutivi in tema di controllo” Comunicazione di CARLO CHIAPPINELLI Consigliere della Corte dei conti al 53° CONVEGNO DI STUDI AMMINISTRATIVI – VARENNA - VILLA MONASTERO 20-22 SETTEMBRE 2007 “IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ NEL DIRITTO AMMINISTRATIVO CHE CAMBIA” 1. Premessa: un inquadramento sistematico; 2. Profili della “legittimità” 2.1 I controlli di legittimità ed il crescente rilievo della “legittimità finanziaria”; 2.2 L’accesso alla Corte Costituzionale; 3 I parametri del controllo sulla gestione; 3.1 Le prime delibere di programmazione del controllo; 3.2 Complessità dei parametri e pluralità degli effetti; 4 La “certificazione” dei contratti collettivi nazionali dei pubblici dipendenti; 5. Principio di legalità, sistema delle Autonomie e controlli finanziari. 1. Premessa: un inquadramento sistematico Non è intento di queste riflessioni affrontare la problematica in sé del principio di legalità, nelle diverse accezioni che l’evoluzione storica e la elaborazione dottrinale pongono, quanto evidenziare talune ricadute in tema di controllo. Appare invero del tutto evidente che alla rilevata dequotazione del principio di legalità 1 (almeno nella sua più tradizionale accezione) – inteso nei rapporti tra legge ed organizzazione ed azione amministrativa 2 - la funzione di controllo della Corte dei conti si trovi per più versi coinvolta. 1 Da ultimo, F. MERUSI, Sentieri interrotti della legalità: la decostruzione del diritto amministrativo, Bologna, 2007. Nella amplissima bibliografia, una raccolta diversificata di contributi in Principio di legalità e amministrazione di risultato, Atti del convegno, Palermo, 27-28 febbraio 2003 (a cura di M. IMMORDINO e A. POLICE), in Nuovi problemi di Amministrazione Pubblica - Studi diretti da F.G. SCOCA, Torino, 2004. Una aggiornata ricognizione in L. CIMELLARO, Il principio di legalità in trasformazione, in Dir. e Soc., 2006, I, p 107 ss.. 2 C. PINELLI, in Amministrazione e legalità, Atti del convegno, Macerata 21 e 22 maggio 1999, a cura di ID, osserva che (p. 307) “per inquadrare il tema del rapporto tra legalità e amministrazione nel prisma della Costituzione, riferendolo alla nostra esperienza più recente, sia utile distinguere tra azione ed organizzazione”, e che “se guardiamo alle riforme amministrative degli anni ’90 ci accorgiamo che per quanto riguarda l’organizzazione degli uffici, la riserva di legge relativa contenuta nell’art. 97 Cost. è stata rispettata pochissimo, e forse ha ottenuto un ossequio puramente nominalistico”. Sul ruolo della trasmissione degli schemi dei provvedimenti delegificanti anche alle Commissioni parlamentari competenti, possono richiamarsi le considerazioni generali di F. SORRENTINO, Lezioni sul principio di legalità, raccolte da E. RINALDI, Torino, 2001. L’A. osserva (p. 26) che “il rispetto della legalità costituzionale non può essere recuperato nel quadro della discutibile assimilazione della delegificazione alla delegazione legislativa, dalla richiesta, presente nella quasi totalità delle leggi delegificanti, del parere obbligatorio di commissioni parlamentari, che, a prescindere dal suo carattere giuridicamente non vincolante, testimonia la consapevolezza dello stesso Parlamento circa la genericità dei principi e dei criteri stabiliti e della necessità di delimitarli in qualche modo”. Stimolanti anche le osservazioni di R. BALDUZZI in Amministrazione e legalità, Atti del convegno, Macerata 21 e 22 maggio 1999, cit., p. 310 s., basate sulla lettura dei resoconti parlamentari.

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“Principio di legalità ed amministrazioni pubbliche: profili evolutivi in tema di

controllo”

Comunicazione di CARLO CHIAPPINELLI – Consigliere della Corte dei conti

al 53° CONVEGNO DI STUDI AMMINISTRATIVI – VARENNA - VILLA MONASTERO

20-22 SETTEMBRE 2007 “IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ NEL DIRITTO

AMMINISTRATIVO CHE CAMBIA”

1. Premessa: un inquadramento sistematico; 2. Profili della “legittimità” 2.1 I

controlli di legittimità ed il crescente rilievo della “legittimità finanziaria”; 2.2

L’accesso alla Corte Costituzionale; 3 I parametri del controllo sulla gestione; 3.1 Le

prime delibere di programmazione del controllo; 3.2 Complessità dei parametri e

pluralità degli effetti; 4 La “certificazione” dei contratti collettivi nazionali dei

pubblici dipendenti; 5. Principio di legalità, sistema delle Autonomie e controlli

finanziari.

1. Premessa: un inquadramento sistematico

Non è intento di queste riflessioni affrontare la problematica in sé del principio di

legalità, nelle diverse accezioni che l’evoluzione storica e la elaborazione dottrinale pongono,

quanto evidenziare talune ricadute in tema di controllo. Appare invero del tutto evidente che

alla rilevata dequotazione del principio di legalità1 (almeno nella sua più tradizionale accezione)

– inteso nei rapporti tra legge ed organizzazione ed azione amministrativa2 - la funzione di

controllo della Corte dei conti si trovi per più versi coinvolta.

1 Da ultimo, F. MERUSI, Sentieri interrotti della legalità: la decostruzione del diritto amministrativo, Bologna, 2007. Nella amplissima bibliografia, una raccolta diversificata di contributi in Principio di legalità e amministrazione di risultato, Atti del convegno, Palermo, 27-28 febbraio 2003 (a cura di M. IMMORDINO e A. POLICE), in Nuovi problemi di Amministrazione Pubblica - Studi diretti da F.G. SCOCA, Torino, 2004. Una aggiornata ricognizione in L. CIMELLARO, Il principio di legalità in trasformazione, in Dir. e Soc., 2006, I, p 107 ss.. 2 C. PINELLI, in Amministrazione e legalità, Atti del convegno, Macerata 21 e 22 maggio 1999, a cura di ID, osserva che (p. 307) “per inquadrare il tema del rapporto tra legalità e amministrazione nel prisma della Costituzione, riferendolo alla nostra esperienza più recente, sia utile distinguere tra azione ed organizzazione”, e che “se guardiamo alle riforme amministrative degli anni ’90 ci accorgiamo che per quanto riguarda l’organizzazione degli uffici, la riserva di legge relativa contenuta nell’art. 97 Cost. è stata rispettata pochissimo, e forse ha ottenuto un ossequio puramente nominalistico”. Sul ruolo della trasmissione degli schemi dei provvedimenti delegificanti anche alle Commissioni parlamentari competenti, possono richiamarsi le considerazioni generali di F. SORRENTINO, Lezioni sul principio di legalità, raccolte da E. RINALDI, Torino, 2001. L’A. osserva (p. 26) che “il rispetto della legalità costituzionale non può essere recuperato nel quadro della discutibile assimilazione della delegificazione alla delegazione legislativa, dalla richiesta, presente nella quasi totalità delle leggi delegificanti, del parere obbligatorio di commissioni parlamentari, che, a prescindere dal suo carattere giuridicamente non vincolante, testimonia la consapevolezza dello stesso Parlamento circa la genericità dei principi e dei criteri stabiliti e della necessità di delimitarli in qualche modo”. Stimolanti anche le osservazioni di R. BALDUZZI in Amministrazione e legalità, Atti del convegno, Macerata 21 e 22 maggio 1999, cit., p. 310 s., basate sulla lettura dei resoconti parlamentari.

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Senza addentrarsi nello storico dibattito circa la collocazione istituzionale della Corte dei

conti, già considerata in delicato equilibrio e cavouriana equidistanza tra Esecutivo e

Parlamento3, va evidenziato che essa acquista oggi nuova rilevanza e più articolato spessore,

non solo per la diversa dimensione qualitativa del controllo, conseguente ai profili del tutto

nuovi dell’amministrazione pubblica, su cui andrò ora a soffermarmi, ma per l’arricchirsi del

circuito Corte dei conti - Governo - Parlamento e per l’ampliarsi del Referente istituzionale. Il

raccordo della Corte dei conti è oggi, infatti, non solo con il Governo (e l’Amministrazione)

centrale, ma anche con i Governi (e le Amministrazioni) territoriali, così come destinatario dei

referti non è solo il Parlamento nazionale, ma anche le diverse Assemblee territoriali. In queste

complesse interazioni, che coinvolgono e caratterizzano l’esplicarsi dei controlli, la stessa

dimensione del principio di legalità va considerata alla luce del nuovo rapporto dello Stato con

l’U.E. ed il sistema delle Autonomie (e quindi tra fonti normative oggi sicuramente più

complesse ed interagenti4), così come dei nuovi rapporti tra Governi e Pubbliche

Amministrazioni. Un ulteriore tassello - non ininfluente nella nostra analisi - è riferibile ai

rapporti tra Governo - Amministrazioni Pubbliche da un lato e forze sociali, “mercato” e

società civile dall’altro, atteso il rilievo dei meccanismi e delle esperienze di programmazione e

concertazione nel processo di acquisizione del consenso e di assunzione delle decisioni da parte

del Governo e degli Organi della rappresentanza politica5.

Senza riprendere direttamente le complesse tematiche, sia di ordine teorico e

sistematico che storico-evolutive sottese a tali aspetti, come alle diverse accezioni ed ai

rapporti tra legalità e legittimità6, la nostra riflessione si incentra, dunque, sulle ricadute

3 G. CARBONE, La Corte dei conti, in Storia d’Italia, Annali 14, Legge, Diritto, Giustizia (a cura di L. VIOLANTE, 1998) osserva che le prevalenti impostazioni dottrinarie (F. CAMMEO, Corso di diritto amministrativo (edizione aggiornata a cura di G. Miele, Padova, 1960, p. 416, ss.). privilegiavano il ruolo del controllo nella sua contiguità ed area di collocazione con la funzione amministrativa e del Governo, considerando “accessorio” il rapporto con il Parlamento: questa impostazione incontrava consenso nella stessa cultura della magistratura contabile, incline a ritenere una sostanziale “estraneità della Corte rispetto al Parlamento”, pur in presenza di una concezione ed esaltazione del suo ruolo “costituzionale”. Va considerati che, nella costituzione materiale, a fronte di uno Statuto flessibile, e di una sostanziale supremazia del Governo sul Parlamento, si consolidava, rispetto alla connotazione referente della Corte verso il Parlamento, un più marcato rapporto nei confronti dell’Esecutivo, e più ancora, nel periodo fascista, direttamente nei confronti del Capo del Governo (art. 1 R.D. 5 febbraio 1930, n. 21), contribuendo a far configurare la Corte come “amministrazione del controllo”. Senza qui approfondire la complessa tematica, si sottolinea che un essenziale profilo che qualifica il controllo della Corte dei conti è quello della terzietà e neutralità, elementi riconosciuti sin dalle origini dell’Istituto, che ne caratterizzano le funzioni, riverberandosi sulla stessa (non) ricorribilità degli atti (C. CHIAPPINELLI, Relazioni tra controlli e giurisdizioni, in M. CAMMELLI (a cura di) Il sistema dei controlli dopo il d.lgs 286/1999, Rimini, 2001). 4 A. PIZZORUSSO, La problematica delle fonti del diritto all’inizio del XXI secolo, in Materiali ASS. IT. COST., 2007. 5 M. CARABBA, Forze sociali e spazio pubblico nella dimensione nazionale ed europea. Contrattazione, concertazione e programmazione alla prova della società italiana, Seminario SVIMEZ, Roma, 26 luglio 2007. L’A, che ripercorre alcuni modelli caratterizzanti le diverse fasi della vicenda della governance economica in Italia, adotta liberamente, come modello teorico di riferimento lo schema formulato, all’inizio degli anni ottanta, da M. SALVATI (Strutture politiche ed esiti economici, in Stato e mercato, 1982, n. 4, p. 4 ss.) osservando che la misura del ruolo esercitato per la guida politica dell’economia dai protagonisti dello sviluppo è riconducibile a tre ordini di strumenti: “decreto”, che designa l’ambito decisionale tipico della democrazia rappresentativa classica espresso dal continuum legge - attività di governo; “accordo”, che indica l’area propria dell’intesa fra i principali gruppi di interesse organizzati degli imprenditori, dei lavoratori o di altri gruppi di produttori su linee di comportamenti influenti sulle linee essenziali di politica economica; “mercato” che si riferisce ai risultati allocativi - distributivi dell’economia di mercato tutelati da regole prevalentemente affidate al diritto civile ed alla disciplina ed al controllo esercitati da poteri neutrali, al di fuori del circuito della democrazia rappresentativa. 6 Per C. RUPERTO, La legalità costituzionale (Discorso letto nella Sala della Provincia autonoma di Bolzano il 17 novembre 2001), «Legalità può, sinteticamente, significare "soggezione alla legge", o anche "rispetto della legge". In questa accezione si è parlato, almeno sin dall'Ottocento, di "principio di legalità": per esprimere, nel modello del

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evidenziabili nel sistema dei controlli, che, se si è sicuramente spostato dai controlli preventivi

di legittimità ai controlli gestionali ed a quelli finanziari, non ha abbandonato l’ottica

complessiva della legalità, semmai valorizzandone, e forse anticipandone, taluni profili

innovativi. Il riferimento è al pensiero di V. BACHELET7, ripreso e sviluppato dalla dottrina,

tuttora ricco di stimoli, pur nelle ben diverse coordinate istituzionali ed amministrative. E’

stata, in particolare, ricordata8 l’osservazione che “man mano che l’azione pubblica ed in

particolare quella amministrativa tende ad esplicarsi non più in atti puntuali, ma in un’attività,

non agevolmente sindacabile con i tradizionali strumenti di controllo giuridico, è proprio dalla

organizzazione della pubblica amministrazione, delle sue strutture, delle sue competenze, dei

suoi procedimenti, nei suoi rapporti interni ed esterni, che viene ad essere approfondita la

posizione dei cittadini; in una parola il principio di legalità acquista un nuovo rilievo”. Si sono

rilevati nella progressiva accentuazione della rilevanza dell’attività amministrativa i presupposti

per la trasformazione ed un nuovo ruolo del principio di legalità, in conseguenza

dell’attenuazione della sua incidenza garantistica correlata ai tradizionali caratteri tipici

dell’imperatività e dell’esecutività degli atti, tipici della dottrina liberale classica. Alla crescita

dei modelli consensuali si accompagna un più generale processo di evoluzione del welfare

state, nel quale”il diritto sembra operare anziché come tecnica di direzione e controllo ab

externo dei comportamenti sociali, come modi di agevolazione dei processi di regolazione

consensuale dei conflitti sociali”. Si è osservato che da un lato, “in realtà, la crisi del principio

di legalità è la crisi della sua configurazione garantistica” , dall’altro – alla luce di principi della

Costituzione, che non si limitano a garantire, ma introducono anche vincoli di scopo – che il

principio di legalità “tende a coprire un’area più vasta di quella tradizionalmente considerata,

poiché sembra rappresentare il nesso funzionale tra principi costituzionali, criteri direttivi

contenuti nella legge e conseguenti determinazioni concrete della pubblica amministrazione”.

Viene così ad emergere una nuova dimensione del principio di legalità rispetto ad una

legislazione ed anche ad una amministrazione, che soprattutto nel settore economico-sociale,

“sembra caratterizzarsi per la sua mutabilità ed indeterminatezza”, con un conseguente

maggior spazio del giudice, - costituzionale e non -, ed, in generale, con l’esigenza di

”individuare nuove garanzie per i cittadini”.

cosiddetto "Stato di diritto", non solo il primato del legislatore, ma addirittura una sorta di identificazione tra diritto e legge, o tra giuridico e legislativo. Positivismo giuridico, del resto, è stato inteso come positivismo legale: tutto il diritto nella legge, e cioè nella legge dello Stato, il vero "padrone del diritto" (come ha efficacemente scritto il caro e illustre collega Zagrebelsky). "Legittimità" invece significa, piuttosto, conformità ad una legge, cioè corrispondenza di un atto o di un comportamento specifici al modello astratto configurato da una norma di legge. L'accezione di legittimo nel senso di "consentito" o di "permesso" deriverebbe solo come conseguenza. Questo vocabolo – com'è risaputo – esprime l'idea di un confronto o di una comparazione, e presuppone che operazioni di questo genere possano svolgersi sul piano esclusivamente formale, in certo modo sovrapponendo l'uno sull'altro i due termini implicati, di valore ovviamente diseguale, quasi a misurare la corrispondenza dei perimetri ed aspirando alla maggiore coincidenza, diciamo così, delle superfici lineari. "Conformità" indicherebbe, appunto, identità di forme, in senso geometrico e nella prospettiva mentale dell'esattezza. Il "merito", cioè il contenuto o la sostanza delle cose, resta per definizione estraneo a tale vicenda. Con questo significato, si parla spesso di legittimità degli atti amministrativi, a proposito della congruità delle determinazioni delle pubbliche amministrazioni, concepite come atti di volontà, rispetto al modello legale (sulla base del tradizionale principio, secondo cui nel diritto amministrativo, o pubblico, è, di norma, tutto vietato tranne ciò che è espressamente permesso)». 7 V. BACHELET, L'attività' tecnica della pubblica amministrazione, Milano, 1967. 8 P.A. CAPOTOSTI, Verso una nuova configurazione del principio di legalità, in Democrazia ed amministrazione in ricordo di Bachelet (a cura di G. MARONGIU e G. C. DE MARTIN) 1992, p. 133 ss.

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La dottrina si è, soffermata sull’attività di prestazione delle p.a., “che impegna così

largamente da far sostituire alla espressione di Stato sociale, quella di Stato di servizi”. In

questa ottica il principio di legalità non può fermarsi solo sulla esigenza di specifiche norme

autorizzative alla base della loro erogazione, osservandosi che sotto il profilo della legalità

sostanziale “affiora con immediatezza l’esigenza di una garanzia immediata del cittadino” 9.

In questa ottica può ritrovarsi il senso del processo riformatore in termini di efficienza e

di trasparenza avviato negli anni Novanta, che oggi va ad innestarsi nel nuovo contesto

istituzionale, cui si correlano il ruolo e le funzioni del sistema dei controlli. Va infatti

considerato che le riforme dei controlli seguono, per la loro “accessività”, l’evoluzione dell’agire

amministrativo, sempre più orientato al raggiungimento dei risultati indicati dalle norme e dai

programmi. Tali profili generali delle riforme amministrative e dei controlli assumono peculiare

rilievo per la maggiore responsabilizzazione nella acquisizione e gestione delle risorse

collettive, atteso anche il crescente rilievo del rispetto dei vincoli di derivazione comunitaria,

nel cui contesto valorizzare i nuovi strumenti, tesi a migliorare le performances amministrative

e gestionali. Più che addentrami ulteriormente nell’approfondimento teorico, vorrei svolgere

alcune considerazioni strettamente legate alla evoluzione del sistema, che hanno evidenziato

proprio queste esigenze ed inteso darvi risposta.

2. Profili della “legittimità”

Non mi soffermo qui sui principi costituzionali alla base del sistema (e sui diversi modelli

di controllo sulla gestione finanziaria10) se non per considerarne le implicazioni rese più attuali

dalla legge n. 20 del 199411, con cui si è spostato il baricentro dei controlli della Corte dei conti

9 F. LEDDA, La legalità nell'amministrazione: momenti di sviluppo e fattori di "crisi", in Democrazia ed amministrazione in ricordo di Bachelet, cit., sp. p. 162 ss. L’A. evidenzia due limiti: il primo in relazione al fatto che molte prestazioni sono sottoposte a regime di monopolio delle amministrazioni pubbliche, dall’altro che le risorse destinate sono acquisite tramite il prelievo fiscale, limitando così le disponibilità economiche del cittadino e quindi la possibilità di ottenere da altri le prestazioni richieste. L’A. sottolinea come la sostanziale legalità sia condizione di democrazia effettiva, osservando che “l’efficienza possa condizionare la libertà è affermazione che non sembra poter richiedere argomentazioni complicate” ed evidenziando che “il modello organizzativo deve essere comunque tale da consentire la massimazione del risultato secondo un corretto rapporto con le risorse disponibili”. Senza soffermarsi particolarmente sulla distinzione tra attività giuridica e di prestazione, afferma che il “problema della legalità dovrebbe essere affrontato in una prospettiva quasi sistemica per poter cogliere i collegamenti che si hanno o che si potrebbe avere fra tutte le attività delle amministrazioni, pensate come momenti di un unico processo”. Di particolare rilievo è l’affermazione che in uno Stato democratico l’unico limite all’autorità di fatto della pubblica amministrazione non può consistere nell’intervento del giudice penale o in quello “degli organi di giustizia privata che in varie forme si vanno sostituendo per un moto spontaneo, ed allo stato, difficilmente contenibile”. 10 Merita particolare attenzione la previsione dell’art. 100 Cost., in base a cui la Corte dei conti partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. 11 Legge 14 gennaio 1994, n. 20 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti). Le sintetiche formulazioni della legge 20 vanno lette alla luce della sentenza n. 29 del 1995, che le ha ampiamente esaminate, evidenziandone, da un lato, la sostanziale differenza dai tradizionali controlli contabili e di legittimità – nei quali la valutazione di conformità degli atti amministrativi rispetto alle previsioni legislative e di bilancio viene effettuata ex ante, mentre nel caso dei controlli sulla gestione rileva la situazione effettivamente realizzata con l’esercizio dell’attività amministrativa rispetto agli obiettivi programmaticamente indicati –, dall’altro la coerenza con i principi costituzionali, in cui ritrovarne il fondamento. La Consulta ha affermato che le previsioni costituzionali in materia di controlli sulle pubbliche amministrazioni (artt. 100, secondo comma, 125, primo comma, e 130 Cost., queste ultime allora vigenti) non configurano un sistema “chiuso” e “tassativo”, e dunque non possono essere interpretate quali norme preclusive di altre forme di controllo diverse e ulteriori rispetto a quelle ivi contemplate, purché per esse sia rintracciabile in Costituzione un adeguato fondamento normativo o un sicuro ancoraggio a interessi costituzionalmente

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dall’esame dei singoli atti delle amministrazioni statali - pur preservati ed in certi casi

potenziati - a quello sull’attività amministrativa, considerata nel suo concreto e complessivo

svolgimento, della generalità delle amministrazioni pubbliche.

2.1 I controlli di legittimità ed il crescente rilievo della “legittimità finanziaria”

Desidero innanzitutto richiamare qui un dato a volte trascurato nell’analisi della legge n.

20, che - nella generale riduzione dell’area dei controlli di legittimità - la ha estesa, oltre che

agli atti generali attuativi di norme comunitarie, agli atti di programmazione comportanti spese

ed ai provvedimenti dei comitati interministeriali di riparto o assegnazione di fondi (art. 3,

comma 1, lett. d). Evidente è dunque il rilievo della scelta legislativa di ancorare a parametri

giuridici tali atti, che stanno a monte della gestione, di peculiare rilevanza nel tessuto

economico amministrativo del Paese (si pensi alle delibere del CIPE)12 .

Con riguardo alla diverse dinamiche dei processi decisionali che si affermano con forza

nel sistema, la dottrina ha evidenziato i rapporti tra delegazione legislativa e delegificazione13,

con un ruolo sempre maggiore (e discusso) dei regolamenti, in particolare di quelli cd.

delegificanti. Il rilievo dei controlli di legittimità sugli atti normativi a rilevanza esterna si

conferma alla luce del percorso avviato (ma non ancora compiutamente tradottosi nella realtà

ordinamentale) ad inizio della attuale legislatura in base al decreto legge 18 maggio 2006 n.

181, convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2006, n. 233, di riordino della

Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri14. In tali provvedimenti va, in particolare,

tutelati. Rilevano in tal senso l’art. 97, primo comma, che stabilisce il principio di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione; l’art. 28, relativo alla responsabilità dei pubblici funzionari; l’art. 119, che concerne il coordinamento dell’autonomia finanziaria delle Regioni con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni; l’art. 81, che stabilisce il principio dell’equilibrio finanziario del bilancio. G. DELLA CANANEA (Indirizzo e controllo della finanza pubblica, Bologna, 1996, p. 284) osserva che “in esito alle trasformazioni del sistema amministrativo, il controllo, da garanzia della regolarità formale degli atti rispetto al modello normativo, si qualifica garanzia dei risultati, ampliando la nozione di regolarità sino a comprendere i criteri metagiuridici idonei a valutare se ed in quale misura l’azione amministrativa risponda agli obiettivi che le sono posti. Si tratta dei criteri di efficienza (relativamente al rapporto tra mezzi e risultati), di economicità (rispetto all’impiego delle risorse) e di efficacia (in ordine al raggiungimento degli obiettivi), che attengono al prodotto anziché al procedimento”. 12 Nella delibera n.2/2006 della Sezione centrale controllo di legittimità si è rilevato il contrasto di una clausola di assegnazione di risorse per la realizzazione di opere strategiche con il complesso della normativa di campo primario contenuta nella “legge obiettivo” n. 433 del 2001 e nel d.lgs. n. 190 del 2002, dalla quale emerge il principio della preventiva valutazione, da parte del CIPE, delle opere da realizzare risultanti dai progetti preliminari o definitivi ai fini della concessione dei relativi finanziamenti. La Corte ha precisato che il CIPE non può attribuire ad altri soggetti la facoltà di decidere il finanziamento di opere diverse rispetto all’iniziale progetto in assenza di esplicite disposizioni attributive di detta facoltà. 13 F. SORRENTINO, Legalità e delegificazione, in Amministrazione e legalità, Atti del convegno, Macerata 21 e 22 maggio 1999, cit., p. 3 ss.; ID. Lezioni sul principio di legalità, cit., sp. p. 25 ss. 14 Tale normativa ha recato rilevanti innovazioni all’assetto organizzativo delle amministrazioni centrali, rispetto al disegno del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (già in precedenza modificato ed integrato), non solo elevando il numero dei Ministeri, ma anche ripartendo in modo diverso le funzioni già assegnate. Per dare attuazione alla nuova definizione delle attribuzioni ministeriali, il decreto legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito con legge 17 luglio 2006, n. 233, aveva disposto che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (art. 1, comma 10), d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentiti i Ministri interessati, si procedesse alla ricognizione delle strutture da trasferire e alla individuazione dei contingenti di personale da assegnare agli uffici strumentali e di diretta collaborazione, garantendo l’invarianza della spesa. Al fine di consentire una verifica, in sede parlamentare, delle conseguenze finanziarie e, in particolare, del rispetto del principio di invarianza della spesa dei decreti attuativi, è esplicitamente contemplata (nel testo definitivamente approvato) la trasmissione degli schemi dei provvedimenti, corredati di relazione tecnica, anche alle Commissioni parlamentari competenti. In base alla normativa, con regolamenti adottati ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, vanno definiti gli assetti organizzativi ed il numero massimo delle strutture di primo livello, in modo che al termine del processo di riorganizzazione non sia superato il limite di spesa previsto per i Ministeri di origine e si resti, altresì, entro il limite della spesa sostenuta, alla data di entrata in vigore del decreto, per la totalità delle strutture considerate (art. 1, comma 23).

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verificata, la invarianza dei costi della redistribuzione delle funzioni, evidenziando quella

“legittimità finanziaria”, che sembra acquisire spessore sempre maggiore ai fini del controllo.

2.2 L’accesso alla Corte Costituzionale

Una peculiare valenza della “legittimità finanziaria” sembra sottesa anche ad una

specifica previsione normativa: in base all’art. 27 della l. 24 novembre 2000, n. 340, solo il

ricorso alla Corte Costituzionale per pretesa violazione dell’art. 81 Cost., sospende i termini del

procedimento del controllo preventivo: tale disposizione, pur non escludendo l’accesso alla

Corte Costituzionale15 con riguardo a parametri costituzionali diversi, dimostra un inequivoco

favor legislativo di considerare la Corte dei conti come sede di attivazione della Consulta

particolarmente qualificata per conoscere le eventuali violazioni degli equilibri di bilancio. Tale

assunto si rinviene in due pronunce della Corte Costituzionale (n. 384 del 199116 e n. 25 del

1993), nelle quali è importante sottolineare la considerazione che possibili violazioni dell’art.

81 della Costituzione potrebbero essere difficilmente conosciute dal Giudice delle leggi se non

attraverso il “canale” particolare rappresentato, nel nostro ordinamento, dalla Corte dei conti.

Nella stessa linea si pongono le affermazioni della stessa Consulta contenute nella

sentenza n. 244 del 1995, in cui, oltre a riaffermare la natura giurisdizionale del procedimento

di cui agli artt. 39 e 40 del t.u. C. conti, si è affermato che nell’esame del rendiconto generale

dello Stato la Corte dei conti è chiamata, in considerazione della nuova natura delle leggi di

bilancio dello Stato, anche alla verifica del rispetto dei saldi di bilancio, indicati (ai sensi della l.

n. 468 del 1978) dalla legge finanziaria. Il loro mancato rispetto può essere motivo di possibile

ricorso alla Corte Costituzionale, considerando che il bilancio dello Stato si è trasformato da

semplice strumento descrittivo di fenomeni di mera erogazione finanziaria in “mezzo di

configurazione unitaria degli obiettivi economico-finanziario, nel quadro degli indirizzi

socioeconomici elaborati dal Governo ed approvati dal Parlamento, sicché esso si pone ormai

come strumento di realizzazione di nuove funzioni di Governo … e più in generale di politica

economica e finanziaria”. Ne deriva che nella nuova fisionomia assunta dal bilancio, la funzione

di riscontro, “che costituisce l’essenza del giudizio di parificazione” attiene perciò anche alla

15 Il procedimento relativo al controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, pur non avendo natura di giudizio in senso tecnico-processuale, è stato riconosciuto dalla Corte costituzionale (sent. n. 226 del 1976) idoneo ai fini dell’accesso ad essa in base all’art. 23 della l. 11 marzo 1953, n. 87. La legittimazione della Corte dei conti a sollevare questione di legittimità costituzionale non è stata invece ammessa (sentenza n. 335 del 1995) in sede di controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, in quanto esso “non è tale da connotarsi come controllo assimilabile alla funzione giurisdizionale, e cioè preordinato alla tutela del diritto oggettivo, con esclusione di qualsiasi apprezzamento che non sia di ordine strettamente giuridico”. Analoghe argomentazioni sono alla base del ragionamento seguito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Pronunce del 26 novembre 1999 – Causa C 192(98 e Causa C 440/98, in Foro it., 1998, 200, IV, I, con nota di G. D’AURIA), secondo cui, nell’esercizio del controllo gestionale, non basato su questioni esclusivamente giuridiche, si è in presenza di pronunce non assimilabili a quelle giurisdizionali, pur essendo la Corte dei conti un Organo a competenza soggettiva magistratuale, che, in altre vesti o funzioni, svolge attività precipuamente giurisdizionale, che, come tali, consentono l’accesso alla Corte di Giustizia. 16 La Consulta, recependo le indicazioni della Corte dei Conti, ha affermato che, oltre alla copertura delle leggi di spesa per il primo triennio, prescritta dalla legge n. 468 del 1978, occorrano dei margini, anche se meno stringenti e rigorosi, di attendibile copertura anche per gli anni successivi, per garantire Parlamenti e Governi futuri dall’impatto di leggi di spesa decise in precedenza.

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verifica degli scostamenti che, negli equilibri stabiliti dal bilancio preventivo, si evidenziano in

sede consuntiva17.

Sia il controllo preventivo sugli atti del Governo che quello successivo sulla gestione del

bilancio dello Stato – sorretti, come è noto, da diretta “copertura” costituzionale – evidenziano

dunque il crescente rilievo della “legittimità finanziaria”, i cui contorni, rintracciabili nell’intero

sistema, si fondano sulla veridicità e trasparenza contabile, funzionale alla tutela degli altri

valori, quali la tutela degli equilibri finanziari e dei correlati andamenti gestionali, per i quali

ultimi è più complessa la ricostruzione dei parametri di riferimento. Ricordiamo, in proposito,

che in base al comma 4 dell’art. 3, della legge 20, la Corte dei conti svolge, anche in corso di

esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio, sulle gestioni fuori

bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle

gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. La Corte

accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell’attività

amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e

tempi dello svolgimento dell’azione amministrativa, sulla base di programmi e di criteri di

riferimento annualmente definiti. Attesa la compresenza di diversi parametri nell’enunciato

normativo, ci si è dunque interrogati, sia sul piano sistematico che operativo, se emergessero

due anime, due ottiche da raccordare: quella della legalità e quella dell’efficienza18.

3. I parametri del controllo sulla gestione.

3.1 Le prime delibere di programmazione del controllo sulla gestione.

Il tema della legalità e della regolarità contabile delle gestioni, di persistente attualità,

sollecita a un approfondimento, partendo dalle prime delibere di programmazione del controllo

sulla gestione approvate da parte della stessa Corte dei conti, dopo la l. 20 dicembre 1996 n.

639 ed il regolamento n. 1 del 13 giugno 1997 (Regolamento per l’organizzazione di collegi

regionali di controllo della Corte dei conti e di una sezione di controllo della Corte dei conti per

gli affari comunitari e internazionali). Ad esso si rapporta, “nell’ordinamento costituzionale ed

17 In base all’art. 100 Cost. la Corte dei conti esercita il controllo successivo sulla gestione del bilancio dello Stato, riferendo direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito. Si possono qui ricordare le considerazioni del Procuratore Generale in occasione della Inaugurazione solenne della Corte dei conti del regno d’Italia, nel 1862, con riguardo alla funzione referente della Corte dei conti, che “riunisce, e fa pubblicamente conoscere i risultati generali e speciali degli atti del proprio ministero lungo l’anno, non meno che lo stato della gestione dei vari dicasteri e della generale amministrazione finanziaria durante l’intero esercizio, porge dal canto suo alla Nazione la migliore assicuranza ed il maggiore appagamento possibile intorno alla loro regolarità e precisione, e nello stesso tempo assume il carattere di Autorità ausiliaria, e pressoché delegata dal Potere legislativo, somministrando al Parlamento gli elementi necessari per adempiere alla propria missione e preparando inoltre mercè la compiuta esattezza del proprio riscontro amministrativo finanziario il definitivo controllo della Potestà legislativa”. 18 Stimolanti considerazioni nelle Conclusioni di A. ROMANO, in Atti del convegno Il controllo sulla gestione delle pubbliche amministrazioni: dalla “legge” al “manuale”, Roma, Corte dei conti, 28 ottobre 1998, p. 207 ss. Per G. D’AURIA, Percorsi accidentati per il nuovo modello di controllo, ibidem, p. 239, “sarebbe utile ragionale sul fatto che la legalità è senz’altro un “valore” dell’azione amministrativa, che gli amministratori sono tenuti a perseguire e dal quale non debbono deflettere; ma essa non ha, necessariamente, lo stesso valore per il cittadino-utente di servizi, pur condotti in perfetta legalità, che sono insufficienti, esosi, inadeguati alle sue esigenze, ecc. In altri termini, la legalità (intesa come conformità dell’azione amministrativa a precetti giuridici) è senz’altro un principio-guida per l’amministratore e – in generale – per chi ha la responsabilità di una gestione (pubblica o privata); ma ciò non vuol dire che chi riceve (meglio sarebbe dire “chi subisce”) un servizio scadente, costoso, inefficiente, ecc. debba essere tuttavia soddisfatto e appagato, per la nobile ragione che il servizio è stato reso (o non reso) secondo i canoni di una astratta legalità”.

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in base alla disciplina interna ed europea”, insieme alla legittimità e la regolarità delle gestioni,

il conseguimento dei risultati dell’attività amministrativa rispetto agli obiettivi fissati nella legge

ed il funzionamento dei controlli interni delle singole amministrazioni. Si assume dunque

un’ottica funzionale, “che guarda all’assolvimento delle missioni affidate alle pubbliche

amministrazioni in vista dei risultati da raggiungere e del rispetto dei principi di imparzialità e

di buon andamento fissati dall’art. 97 della Costituzione”. L’inserimento della valutazione di

legalità all’interno del controllo sulla gestione implica una peculiare attenzione – oltre alla

disciplina sul procedimento amministrativo, l’organizzazione, il personale, l’attività contrattuale

della pubbliche amministrazioni - alle norme poste a tutela degli equilibri di finanza pubblica

(artt. 100, 81, 119 Cost. e l. 468 del 1978). Tale rilievo della natura finanziaria del controllo

appare rimarcata dal particolare riferimento nelle delibere di programmazione del controllo

sulla gestione, alla regolarità contabile, che include “accanto ai profili concernenti il rispetto

delle regole dell’ordinamento contabile, il riscontro dei consuntivi della gestione, da intendere,

secondo le regole comuni alle Istituzioni superiori di controllo (INTOSAI, Corte dei conti

europea), come esame dell’attendibilità ed affidabilità delle risultanze contabili, nonché

documentata e selettiva conoscenza delle attività gestorie”.

Nella delibera n. 2/99 - che conferma e precisa l’impianto della delibera n.1/97 - si

afferma che nella costruzione dei parametri di valutazione debba tenersi conto oltre che delle

norme primarie, anche degli “atti normativi e programmatici del Governo e delle fonti

secondarie in genere” (par. 1 lett. a). Nella delibera n. 3/2000, viene inquadrato

sistematicamente il controllo sulla gestione affidato alla Corte dei conti all’interno della

costituzione. fiscale europea, alla luce dei principi costituzionali e delle riforme amministrativa

e dei bilanci. Per le Sezioni riunite, “Una interpretazione sistematica che collochi la disciplina

del controllo sulla gestione all’interno dei principi dell’ordinamento del bilancio e della

organizzazione amministrativa conduce…. ad individuare un diretto ancoraggio di questa

funzione al precetto posto dall’art, 100, secondo comma Cost …., completando ed integrando

l’insegnamento della Corte Costituzionale”, e tenendo fermo il riferimento ulteriore ai principi

richiamati dalla stessa Consulta (artt. 97, 28, 81,119). Di qui la considerazione che la

concezione del controllo sulla gestione come attuativo dei principi della Costituzione in materia

di finanza pubblica e di attività amministrativa “conduce a ritenere essenziale la osservanza

delle norme legislative e regolamentari in tema di organizzazione e procedimento del controllo,

in coerenza con la natura magistratuale della Corte”. Nella stessa delibera (punto 2.5,

confermato dal punto 1.2 della delibera 4/2000), si esplicita il parametro la “verifica della

legittimità”, che acquista specifica pregnanza di ordine funzionale, riferita «alla disciplina del

procedimento come “garanzia” per il cittadino-utente” e al “perseguimento degli obiettivi posti

dalle leggi ed al “buon andamento” della gestione».

Il riferimento all’art. 100 secondo comma Cost , contenuto nella delibera n. 3/2000,

appare di strategica rilevanza alla luce dei forti cambiamenti intervenuti con la riforma del

titolo V della parte II della Costituzione, con la trasformazione che potrà assumere il bilancio

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dello Stato – così come i documenti correlati, quali il DPEF - divenendo quello della Repubblica

e differenziandosi dal documento contabile del solo Stato-apparato: la questione, qui appena

accennata, è di indubbia complessità. Va comunque osservato che un autorevole riferimento

sembra rinvenirsi nella affermazione della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 179

del 2007 19, che - richiamando la precedente giurisprudenza sul fatto che il Legislatore è libero

di assegnare alla Corte dei conti qualsiasi altra forma di controllo, “purché questo abbia un suo

fondamento costituzionale” - rileva che la sussistenza di tale fondamento “è confortata, in

primo luogo, dall'art. 100 della Costituzione, il quale assegna alla Corte dei conti il controllo

successivo sulla gestione del bilancio, come controllo esterno ed imparziale. Infatti, se è vero

che, al momento dell'emanazione della Costituzione, per indicare l'intera finanza pubblica non

poteva non farsi riferimento al bilancio dello Stato, è altrettanto vero che oggi tale dizione

deve intendersi riferita non solo al bilancio dello Stato, ma anche a quello di tutti gli altri enti

pubblici che costituiscono, nel loro insieme, il bilancio della finanza pubblica allargata”.

3.2 Complessità dei parametri e pluralità degli effetti

La problematica sui parametri di controllo è da affrontare in relazione ai più generali

caratteri evolutivi del quadro normativo, con la esplicita sussunzione a livello giuridico dei

principi di buon andamento, di efficienza, efficacia, economicità (a riferimento generale, ripreso

in normative settoriali, v. art. 1 l. 241 del 1990). In una amministrazione orientata al

risultato, i profili di celerità, snellezza procedurale, efficienza, efficacia, economicità, “non è

detto che debbano necessariamente inquadrarsi nel merito amministrativo”20, assurgendo a

canoni integrativi dello stessa nozione di legittimità e di legalità, non intese in una “visione

ristretta”, che non si esaurisce nel mero riscontro norma-atto, involgendo anche tali ulteriori

aspetti in una accezione di controllo di tipo giuridico, non economico”21. Il tema è delicato e

centrale22 nella nostra riflessione: in che misura esiste (e si riflette in tema di controllo) una

dicotomia tra quelle che vengono definite correttezza del modo (procedimentalizzzazione), di

sicura valenza giuridica, e bontà del risultato, ritenuto di prevalente valenza economica?

19 La sentenza riguarda la disciplina recata dai commi 166 e ss. dell’(unico) art. 1 della legge finanziaria per il 2006 (l. 23 dicembre 2005, n. 266), relativa al controllo sugli enti locali, più avanti ripresa nel testo. 20 A. SANDULLI, La proporzionalità dell’azione amministrativa. Padova, 1998, p. 283 ss. 21 M.R.SPASIANO, Funzione amministrativa ed amministrazione di risultato, in Nuovi problemi di Amministrazione Pubblica - Studi diretti da F.G. SCOCA, Torino, 2003, p. 87. 22 A presentazione del convegno La Corte dei conti oggi e nella prospettiva di riforma (Corte dei conti. Coordinamento del controllo successivo sulla gestione della spesa - Roma, 8 giugno 1998), T. LAZZARO osservava che fra i caratteri fondamentali che costituiscono l’essenza del controllo della gestione vi è la “verifica della legalità obiettiva sull’azione amministrativa”, essendo impensabile che un’attività gestoria da parte di una pubblica amministrazione possa svolgersi in modo contrastante con quanto stabilito dalla legge; un controllo su tale attività non può prescindere da tale verifica “per necessità ontologica, prima ancora che per dettato normativo”, ricostruendo il quadro complessivo interno e comunitario per accertare la legittimità sostanziale e non meramente formale della gestione, anche attraverso la ricostruzione degli obiettivi indicati dal Parlamento e dal Governo, potendo poi valutare il grado di efficienza, efficacia, economicità della gestione stessa. Nello stesso convegno, v., in particolare, le relazioni di E. PICOZZA, Controllo e giurisdizione contabile nella prospettiva europea; M. CARABBA, Bilancio per funzioni e controllo di gestione, R. IANNELLI, La qualità dell’attività del controllo sulla gestione; A. CAROSI. I parametri di riferimento del controllo sulla gestione. Per M.T. POLITO, La Corte dei conti un dinosauro in estinzione?, ibidem, “E’ necessario considerare che in tutti i Paesi occidentali nei quali è stato adottato il manuale delle istituzioni di controllo (INTOSAI) si riconosce che le valutazioni in termini di legalità rafforzano qualsiasi giudizio sulla qualità dell’azione amministrativa; afferma, infatti l’art. 45 del menzionato manuale che “i due tipi di controllo, di legalità e di gestione, possono in realtà svolgersi in una stessa operazione, tanto più che si rafforzano a vicenda, potendo il controllo di legittimità preparare quello di gestione, quest’ultimo, sfociare nella correzione di situazioni che generano irregolarità”.

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In un’amministrazione di risultato23, i profili organizzativi e i profili funzionali sono

strettamente collegati e fortemente interdipendenti24, così come entrambi si raccordano agli

aspetti di programmazione e di bilancio, sui quali vorrei poi soffermarmi. Il principio di legalità

si coniuga o contrasta o muta a fronte di un’amministrazione di risultato, quale oggi in base al

disegno normativo viene a configurarsi? Si è anche affermato che il principio di legalità viene

ad incorporare il risultato, che “permea e connota l’esercizio della funzione”….. “il suo

perseguimento costituisce proprio il più pieno e sostanziale rispetto di quel principio di legalità

che pure taluni continuano a vedere compromesso, lasciando il risultato della funzione

amministrativa, appunto, al di fuori della stessa” 25.

Quali dunque i riflessi specificamente riferibili al controllo ed alla sua giuridicità, con

particolare riguardo a quelli gestionali, a fronte degli orientamenti dottrinali26 e

giurisprudenziali27, non di rado orientati ad escluderla, o a fortemente circoscriverla? La

tematica, di grande complessità, ha sollevato nei dibattiti differenti, se non contrapposti,

orientamenti. Non avendo certo la pretesa di esaurirne la trattazione, anche solo ricognitiva28,

vorrei qui introdurre taluni aspetti, in parte nuovi, anche alla luce delle esperienze sin qui

maturate: l’uno riferito al dimensionamento del principio di legalità negli aspetti relativi alla

programmazione dell’attività amministrativa (ed in particolare alla programmazione di

bilancio); l’altro alla misura del controllo ed alla sanzione come strettamente ed

ineliminabilmente legata al principio di legalità.

Sotto il primo aspetto, a fronte di una ben maggiore attenzione prestata ai rapporti tra

legge e regolamento, e tra fonti interne e fonti comunitarie, meno esplorato, da ultimo,

appare il confine tra legge ed atti programmazione, sia per quanto attiene ai profili procedurali

richiesti dalla legge, che per quanto concerne la sua integrazione e compiutezza. Sia sotto

l’uno che l’altro profilo, sembra evidente che lo spazio tra legge ed amministrazione non

appare più rigorosamente distinto, trovando fondamento esplicito e normativamente definito

nelle scansioni procedurali da rispettare, sia come ulteriore momento di identificazione

dell’obiettivo, che come concreta sua declinazione e traduzione operativa. In altri termini, sia a

livello governativo generale, che delle singole amministrazioni, è possibile individuare un

parametro che “sta prima”29 dell’azione, anche se non direttamente nella legge o in altra fonte

normativa (fonti comunitarie) di cui è difficile disconoscere la giuridicità, essendo esso stesso

23 L. IANNOTTA, Principio di legalità ed amministrazione di risultato, in Amministrazione e legalità, Atti del convegno, Macerata 21 e 22 maggio 1999, cit. p. 37 ss. 24 F. MERUSI, Sentieri interrotti, cit., p. 35 individua “un altro antidoto al decostruttivismo” nel controllo “ormai generalizzato della Corte dei conti, che va alla sostanza delle “decostruzioni” soggettive e dovrebbe garantire che la legalità formale si combini con la componente aziendale” della legalità: l’efficienza e l’economicità”. 25 M.R. SPASIANO, Funzione amministrativa ed amministrazione di risultato, cit., p. 224-225. L’A. sottolinea (p. 182) che “In ogni caso, responsabilità di risultato e controllo sono contenuti specifici dell’ amministrazione di risultato”. 26 Sull’autonomia tra principio di legalità e risultato amministrativo, S. PERONGINI, Principio di legalità e risultato amministrativo, Atti del convegno, Palermo, 27-28 febbraio 2003, cit., p. 39 ss. 27 V, supra, par. 2.2., anche per la diversa considerazione della legittimazione della Corte dei conti a sollevare questione di legittimità costituzionale, non ammessa in sede di controllo successivo sulla gestione. 28 Si rinvia, per la diversificazione degli interventi e delle prospettive, alla già citata raccolta di contributi contenuti in Principio di legalità e amministrazione di risultato, Atti del convegno (a cura di M. IMMORDINO e A. POLICE), Palermo, 27-28 febbraio 2003, cit.. 29 L. TRIOLO, Legalismo e legalità, Torino, 2000; v. sp. “La legalità come conformità ad una regola che “sta prima”, p. 21 ss..

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previsto dalla legge come condizione necessaria per la regolarità ed il successo dell’azione

amministrativa.

Al rilievo degli atti di programmazione generali e del CIPE (questi ultimi soggetti, come

si è visto, al controllo preventivo di legittimità) si accompagna la crescente valenza dei

processi di programmazione all’interno delle amministrazioni, anche con specifico riguardo alla

allocazione ed alla gestione delle risorse (e dunque alla programmazione del bilancio). Il

contesto riformatore che ha contrassegnato l’intero decennio degli anni Novanta - nei due

cicli del ‘93-’94 e del ’97 - è ispirato all’individuazione di un processo circolare di

pianificazione, programmazione, gestione e controllo. Ed è in questo contesto – che viene a

caratterizzare l’intera esplicazione dell’attività di Governo e delle Pubbliche Amministrazioni -

che intenderei approfondire il secondo correlato e, forse, più delicato, aspetto, rilevando che

troppo spesso si è considerata la sanzione come strettamente ed ineliminabilmente legata al

principio di legalità, non approfondendo dimensioni nuove, in parte diverse da quelle più

tradizionali, ma coerenti alla concreta evoluzione dei meccanismi istituzionali ed

amministrativi, sui quali si fonda il rinnovato sistema dei controlli. Ci sembra che la sanzione

dell’annullamento dell’atto, propria dei controlli preventivi di legittimità - che precedono

l’introduzione dell’atto nell’ordinamento, condizionandone l’acquisto di efficacia. - corrisponda

infatti ad una visione ed a una realtà di predominanza dell’atto, con i suoi attributi di

imperatività e di esecutività, tipici della dottrina liberale classica. A monte, tale vision è

sorretta da una qualità della normazione che individua in maniera generale ed astratta, ma

con sufficiente determinazione, i modelli teorici di riferimento, su cui condurre l’analisi di

conformità della fattispecie concreta.

A fronte di quei così grandi cambiamenti della normazione e dello stesso ordinamento,

su cui la dottrina si è ampiamente soffermata, si è anche osservato, analizzando i rapporti tra

conformità a legge e successo dell’azione amministrativa, che la “dimensione giuridica come

aspetto rilevante del successo dell’azione amministrativa non deve essere collegata e

archiviata nel vecchio e più tradizionale discorso sui controlli di legittimità”.…occorrendo “un

sistema (o un insieme di sistemi di controllo esterno, ad opera di organismi in condizione di

particolare indipendenza in funzione di conoscenza-certificazione30”. L’A. sottolinea che si tratta

di costruzione giuridica di un controllo giuridico, dovendosi piuttosto interrogare sull’ausilio

delle discipline e delle tecniche non giuridiche31.

Senza soffermarmi su questa più ampia prospettiva sistematica, va dunque

approfondita la effettiva portata degli effetti del controllo ai fini di tutela della legalità, nel

30 C. MARZUOLI, Brevi cenni in tema di controllo di gestione e amministrazione di risultati, in Principio di legalità ed amministrazione di risultato, Atti del convegno, Palermo, 27-28 febbraio 2003, cit., p. 401. 31 Diversamente, sull’assoluta autonomia tra criteri aziendalistici di efficienza, efficacia, economicità e loro qualificazione come caratteri dell’azione amministrativa giuridica, N. PAOLANTONIO, in Principio di legalità ed amministrazione di risultato, Atti del convegno, Palermo, 27-28 febbraio 2003, cit., p. 393, che ne evidenzia la portata rilevante solo sotto il profilo dell’analisi “puramente economica”. L’A conclude che “ogni altro tentativo di giuridicizzare codesti concetti, almeno, si ripete, limitatamente al settore del controllo di gestione, non può che finire per ridurre …il controllo stresso ad una forma di verifica anomala, ed atipica, di legalità, intesa in senso ampio, ossia anche come riscontro di conformità a parametri non giuridici cui l’azione deve conformarsi, inclusi tra questi, gli indicatori di performances, il che non può essere l’obiettino divisato dal Legislatore delegato del 1999”.

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senso di comportare necessariamente (ed esclusivamente) la sanzione dell’annullamento

(come con riguardo ai controlli preventivi di legittimità), chiedendosi se l’ordinamento possa

prevedere (o, in parte, già preveda) una qualche altra misura od effetto giuridicamente

rilevante. C’è, in sostanza, da interrogarsi se al di fuori di questo schema non sia possibile

individuare altra conseguenza e quindi altra valenza giuridica ai controlli, restringendo così gli

effetti dei controlli gestionali con esito referente a quelli di una - sia pur qualificata e neutrale

– informativa-denunzia alla pubblica opinione (comunque, in un sistema democratico,

Stakeholder finale dell’attività di referto). L’assoluta equivalenza effetto del controllo –

sanzione merita qualche approfondimento: vorrei sottolineare che nello stesso procedimento

del controllo preventivo di legittimità l’annullamento non costituisce la sanzione esclusiva,

risultando questo, in ultima analisi, indirizzato alle Camere. Ricordiamo che in caso di

pronuncia negativa della Sezione del controllo, l’amministrazione può promuovere un’ulteriore

fase procedimentale: il Governo, previa motivata relazione, può infatti deliberare che l’atto

debba comunque “avere corso” (art. 25, comma 2, t.u. C. conti; art. 2, comma 2, lett. n) della

l. n. 400 del 1988; art. 27, comma 4 della l. n. 340 del 2000) e che sia pertanto ammesso a

“visto con riserva“. La norma (art. 26, t.u. C. conti) prevede che, ogni quindici giorni, la Corte

comunichi direttamente alle Camere l’elenco delle registrazioni eseguite con riserva,

accompagnato dalle deliberazioni relative, assicurando così il completarsi del circuito Corte -

Governo – Parlamento che caratterizza da sempre il sistema (i regolamenti parlamentari

prevedono che i presidenti della Camera e del Senato comunichino alle Assemblee le

“registrazioni con riserva” pervenute dalla Corte dei conti). Se, dunque, anche lo stesso

procedimento del controllo preventivo può risolversi, in ultima analisi, - salvo i casi di assenza

assoluta di copertura contabile (art. 25, comma 3, t.u. C. conti) cui consegue il “rifiuto

assoluto di registrazione” e l’annullamento dell’atto - in una dinamica del rapporto di fiducia tra

Governo e Parlamento che, seppure di chiara valenza politica, riveste anche una (alta)

connotazione giuridica, c’è invero da chiedersi se non vadano meglio esplorati gli aspetti

relativi agli effetti del controllo connessi alla riforma attuata nel 1994 e nel 2003.

Le norme richiamate evidenziano (la seconda ancor più esplicitamente) una funzione

collaborativa (che potrebbe più propriamente declinarsi sia nella collaboratività nei confronti

delle Amministrazioni, che nella ausiliarietà per gli Organi elettivi). Per riprendere le parole

della Consulta nella sent. 29 del 1995, la Corte dei conti infatti indirizza relazioni, con cadenza

almeno annuale, agli Organi che assumono le decisioni politiche concernenti gli obiettivi e le

strategie, al fine “di agevolare l’adozione di soluzioni dirette al raggiungimento dell’economicità

e dell’efficienza dell’azione e dell’efficacia dei relativi risultati”, e “a stimolare le iniziative di

autocorrezione sia sul piano delle decisioni legislative, dell’organizzazione amministrativa e

delle attività gestionali, sia sul piano dei controlli interni”, con esclusione di un impatto diretto

sull’efficacia giuridica dei singoli atti o sulla responsabilità di funzionari. Va sottolineata la

previsione (art. 3, comma 6 della l. n. 20 del 1994) di formulare alle amministrazioni, in

qualsiasi momento, “osservazioni” e, soprattutto, di ricevere comunicazione delle misure

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consequenzialmente adottate: tale adempimento è stato ribadito dal comma 172 dell’(unico)

art. 1 della legge finanziaria per il 2006 (l. 23 dicembre 2005, n. 266), che prevede che sia

dato riscontro alle relazioni della Corte entro sei mesi dalla data di ricevimento, sancendo così

tempi precisi di riscontro. per rendere concretamente operante quel contraddittorio, ben più

familiare all’esperienza anglosassone, che caratterizza il sistema e le finalità dei controlli con

esito referente32.

E’ importante segnalare un'altra disposizione introdotta dalla l. finanziaria per il 2006

(art.1, comma 171 l. n.266/2005), con specifico riguardo alla ricaduta contabile-finanziaria

degli esiti del controllo nella predisposizione dei documenti di bilancio. Sotto tale aspetto - a

conferma dello stretto rapporto tra effetti del controllo e programmazione di bilancio - si

prevede espressamente (con una modifica all’articolo 2 della l. n. 468 del 1978, cui viene

aggiunto il comma 3-bis) che sia tenuto conto degli esiti del controllo nella formulazione delle

previsioni di spesa, ed, in particolare, che nelle note preliminari - finalizzate ad una più

consapevole maturazione della decisione parlamentare, in modo da consentire l’effettiva

verifica della valenza programmatica, e non meramente incrementale, della nuova allocazione

delle risorse33 - siano indicate le misure adottate a seguito delle valutazioni della Corte. La

formulazione della norma appare specificamente riferita alle modalità di costruzione del

bilancio dello Stato, ma essa può rivestire valenza più ampia di principio, venendo ad

esplicitare un effetto, a nostro avviso “fisiologico”, del controllo esterno di natura finanziario-

gestionale, che partendo appunto dalle linee programmatiche, non può non refluire sulle nuove

impostazioni contabili, che vengono a giovarsi anche delle sue neutrali valutazioni.

Nella stessa linea, intesa ad assicurare comunque un esito (sia pur non sanzionatorio) al

controllo, si pone la previsione recata dai commi 166 e ss. dell’(unico) art. 1 della stessa legge

finanziaria per il 2006 (l. 23 dicembre 2005, n. 266), relativa al controllo sugli enti locali e del

SSN. In base alla normativa34, - recentemente riconosciuta in linea con i principi costituzionali

32 Si può segnalare la relazione su ”I procedimenti disciplinari nelle amministrazioni dello Stato” (Sez. centrale controllo sulla gestione, deliberazione 7/2006) nella quale viene dato conto di notevoli disfunzioni e criticità presenti in numerose amministrazioni per ciò che attiene, in particolare, ai provvedimenti disciplinari conseguenti a giudicati penali. Nel documento viene considerato, tra l’altro, come la vigente normativa di settore, frammentata in leggi speciali e contratti collettivi di lavoro, sia causa di numerosissime questioni interpretative che consentono ai condannati per reati contro l’amministrazione di evitare le pene espulsive, mediante ricorsi fondati su errori formali delle amministrazioni stesse. La lunghezza dei procedimenti penali, la pregiudiziale penale all’esercizio della funzione disciplinare, la difficoltà di usufruire, nel procedimento disciplinare, degli accertamenti compiuti dal giudice, allontanano poi nel tempo, svuotandole anche della loro efficacia deterrente, le sanzioni ai dipendenti infedeli. Alla delibera hanno fatto seguito specifiche iniziative governative, sotto forma di circolari amministrative e di un apposito d.d.l. recante integrazioni e modifiche alle disposizioni sui rapporti tra procedimento penale e procedimenti disciplinari. 33 La impostazione delle previsioni di entrata e di spesa del bilancio dello Stato è ispirata al metodo della “programmazione finanziaria” (art. 1-bis legge n. 468/1978). Secondo tale logica, il dimensionamento degli stanziamenti di bilancio, con riferimento al periodo temporale cui il bilancio medesimo si riferisce, deve essere attuato tenendo conto “degli oneri delle funzioni e dei servizi istituzionali e dei programmi e progetti presentati da ciascuna amministrazione, rimanendo preclusa ogni quantificazione basata sul mero calcolo della spesa storica incrementale” (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 279/1997); sul tema. C. CHIAPPINELLI - L. CONDEMI, Programmazione e controlli nella pubblica amministrazione, Milano, 2004, parte Prima. 34 Le norme prevedono infatti che, ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, gli organi di revisione economico-finanziaria degli enti locali e del SSN trasmettano alle competenti sezioni regionali di controllo della Corte dei conti una relazione sul bilancio di previsione e sul rendiconto dell’esercizio di competenza dell’ente. Alla Corte dei conti è anche assegnato il compito di definire unitariamente criteri e linee guida cui gli organi di revisione economico-finanziaria debbono attenersi nella predisposizione della relazione: questa deve, in ogni caso, dar conto del rispetto degli obiettivi annuali posti dal patto di stabilità interno; dell’osservanza del vincolo

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dalla Consulta con la sentenza n. 179 del 7 giugno 2007, richiamata dalla successiva ord. n

285 del 2007 - le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, qualora accertino - anche

sulla base delle relazioni sul bilancio di previsione e sul rendiconto dell’esercizio di competenza

dell’ente trasmesse dagli organi di revisione economico-finanziaria degli enti - comportamenti

difformi dalla sana gestione finanziaria o il mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di

stabilità interno, “adottano specifica pronuncia e vigilano sull’adozione da parte dell’ente locale

delle necessarie misure correttive e sul rispetto dei vincoli e limitazioni posti in caso di

mancato rispetto delle regole del patto”. Appare di importanza sistematica la considerazione,

ribadita dalla stessa Corte dei conti, che le pronunce di controllo non sono dirette a segnalare

generiche disfunzioni gestionali, ma soltanto irregolarità contabili di rilievo tale da

compromettere l'equilibrio finanziario dell'ente, e, soprattutto, che le segnalazioni della Corte

agli organi rappresentativi degli enti hanno lo scopo di sollecitare l’adozione dei correttivi

necessari per eliminare le irregolarità segnalate35. Tale funzione “collaborativa” è stata ribadita

dalla Corte costituzionale (sent. n. 179 del 2007), che ha inquadrato tale controllo - finalizzato

ad assicurare la sana gestione finanziaria degli enti locali, nonché il rispetto, da parte di questi

ultimi, del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall'ultimo

comma dell'art. 119 Cost. - nel contesto della disciplina recata dalla legge n. 131 del 2003. I

Giudici di Palazzo della Consulta evidenziando i caratteri del nuovo tipo di controllo, dettato da

esigenze di tutela dell'unità economica della Repubblica e di coordinamento della finanza

pubblica, hanno rilevato come esso, se è ascrivibile alla categoria del riesame di legalità e

regolarità, “ha tuttavia la caratteristica, in una prospettiva non più statica (com'era il

tradizionale controllo di legalità-regolarità), ma dinamica, di finalizzare il confronto tra

fattispecie e parametro normativo alla adozione di effettive misure correttive”. Si è quindi

precisato che la verifica affidata alla Corte dei conti non è invasiva dell’autonomia degli enti,

ma è diretta a rappresentare agli Organi elettivi la reale ed effettiva situazione finanziaria, in

modo che gli stessi possano responsabilmente assumere le decisioni più opportune, sia

nell’interesse dell’ente amministrato che della più vasta Comunità cui l’ente appartiene,

previsto in materia di indebitamento dall’articolo 119, ultimo comma, della Costituzione; di ogni grave irregolarità contabile e finanziaria in ordine alle quali l’amministrazione non abbia adottato le misure correttive segnalate dall’organo di revisione. 35 Un bilancio della prima attuazione di queste disposizioni si rinviene nella Relazione del Presidente della Corte dei conti su “Lo stato dei controlli e della giurisdizione al 1 gennaio 2006”, in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario 2007 (1 febbraio 2007): vi si legge che i quesiti rivolti ai revisori, oltre a far emergere le irregolarità contabili individuate dallo stesso legislatore (violazione del patto di stabilità e dell’art. 119 Cost., per quanto attiene al divieto d’indebitamento), hanno mirato all’evidenziazione anche di altre criticità in grado di incidere gravemente sugli equilibri di bilancio. E’ stata, dunque, riservata attenzione alla presenza di debiti fuori bilancio, alla sovrastima delle entrate e alla conservazione dei residui attivi, alla non corretta contabilizzazione di voci strategiche, all’incidenza delle entrate straordinarie e agli oneri connessi alla gestione delle società partecipate. Si è rimarcato che ...”in non pochi casi le misure correttive proposte dalla sezione regionale – che hanno riguardato soprattutto il mancato rispetto, in sede di previsione di bilancio, del patto di stabilità – sono state accolte attraverso variazioni di bilancio”. Si osserva, infatti, che “il carattere collaborativo di questo controllo, se è più evidente quando si svolge sul bilancio preventivo, suscettibile di essere variato dopo la sua approvazione, non è estraneo neppure al controllo sui rendiconti. In questo caso, infatti, se non è più possibile intervenire per modificare un atto contabile divenuto definitivo nella rappresentazione di una gestione già svolta in modo irregolare, tuttavia gli accertamenti e le pronunce della Corte potranno ancora produrre effetti diretti o indiretti a vantaggio dell’ente, costretto a seguire percorsi di risanamento già previsti dalla legge o comunque imposti dai principi di sana gestione”.

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“cosicché la sua previsione non lede l’autonomia degli enti che costituiscono la Repubblica, ma,

al contrario, è diretto a rafforzarla”.

Nessun obbligo, nessuna sanzione, dunque, per i nuovi (ma anche per tutti i controlli),

al di fuori dell’annullamento? O vanno invece meglio approfonditi, alla luce delle disposizioni -

vecchie e nuove - che ho richiamato e dell’intero contesto sistematico, un doveroso

comportamento dell’amministrazione – di cui andrebbero meglio approfonditi i contorni

operativi atti a renderlo di maggiore effettività e cogenza - a provvedere, a rispondere, a

motivare o meglio motivare (se del caso, naturalmente, anche in difformità da quanto

osservato dall’Organo di controllo? E’ questo l’interrogativo di fondo, che ci appare di

particolare attualità ed in grado di poter sorreggere adeguatamente una riposta alle nuove

esigenze del sistema, che evidenzia maggiore autonomia della amministrazione, maggiori

poteri di indirizzo del vertice politico, ma richiede anche maggiore responsabilità nel motivare e

rappresentare le ragioni alla base dalle scelte effettuate e dell’impiego delle risorse pubbliche.

Un riferimento più immediato è al già richiamato rilievo degli atti di programmazione

dell’attività amministrativa, che ispirano l’intero sistema. In tale ottica c’è invero da chiedersi

se alla (necessaria) predefinizione delle missioni e degli obiettivi, a partire dalla legge e dalla

programmazione di bilancio, non debbano seguire, nelle verifiche esterne, effetti più diretti del

controllo in termini di necessaria risposta alle osservazioni dell’Organo di controllo, volte a

stimolare l’amministrazione al raggiungimento degli obiettivi indicati dal Parlamento e dal

Governo, e per i quali sono state apprestate specifiche risorse pubbliche.

Un profilo particolarmente delicato, sul quale conviene avviare più approfondita

meditazione, riguarda i casi di assoluta inadempienza ed inazione, rispetto all’attuazione di

compiti ed all’utilizzo di risorse appositamente allocate nei documenti di bilancio, normativi e

programmatici. Non v’è per essi una legittima attesa del cittadino-utente - prima ancora che

dell’Organo di controllo - a conoscere il perché di ingiustificate omissioni ed inadempienze, di

mancato utilizzo di risorse, di sostanziale inazione degli apparati pubblici?36 E, soprattutto,

assicurando l’effettiva doverosità di una risposta dell’amministrazione agli ammonimenti ad

agire (senza ovviamente che l’Organo di controllo si sostituisca in alcun modo ad essa) non si

dovrebbe favorire la realizzazione di leggi e programmi, evitando ritardi, sprechi e inefficienze?

Si evidenziano dunque due profili funzionali, prima ancora che normativi, di risposta cui si

36 In questa prospettiva si assiste ad un più cospicuo peso dei cittadini-utenti, che tendono ad incidere con il loro giudizio, oltre che in occasione delle scadenze elettorali, nel corso della gestione amministrativa (G. NAPOLITANO, Servizi pubblici e rapporti di utenza, Padova, 2001, p. 223 ss.). Con riguardo specifico agli enti locali si segnala la considerazione di S. RODRIGUEZ (I controlli sugli atti degli enti locali nel mutato assetto costituzionale, in Giur. it., 2004, p. 1293 ss.),“che lo spazio sottratto alle verifiche di legittimità con la soppressione dei controlli esterni e preventivi possa essere recuperabile attraverso il sindacato giurisdizionale”. Vedasi al riguardo anche gli art. 9 e 70 del t.u.E.L. e la discussione sul tema dell’azione popolare nei rapporti con i controlli in Ass. cost., Commissione per la Costituzione, Resoconto II Sottocommissione, 29 luglio 1946. F. PINTO, La disciplina dei controlli interni tra legge e autonomia normativa locale, in Atti del convegno Autonomie locali, garanzie di legalità e sana gestione, Roma, 21 aprile 2004 (a cura di G. C. DE MARTIN), Roma 2005, p. 43, ricorda che durante una ricerca negli Stati Uniti sui rapporti tra enti locali e sistema del governo federale, “alla domanda, fatta in un colloquio all’università di Harvard, ma chi controlla gli enti locali? l’interlocutore statunitense, con l’atteggiamento di chi avesse ricevuto la domanda più stupida del mondo, e probabilmente nella sua logica lo era, ha risposto “the people and the judge of course”, il popolo e il giudice dunque”.

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correlano i nuovi controlli, sia con riguardo ai decisori politici, che (per certi versi,

fisiologicamente prima) con quelli amministrativi.

In definitiva la possibilità di accompagnare una misura diversa dall’annullamento, ma

non per questo collocantesi al di fuori della giuridicità - nel senso di considerare una

previsione procedimentale dell’esito del controllo, con gli effetti di più esplicita assunzione di

responsabilità - significa non relegare i nuovi controlli al di fuori della legalità, ovvero, per

adverso, ricondurre sic et simpliceter alla legalità l’intera area di quanto riconducibile ai principi

di buon andamento, di efficienza, efficacia, economicità.

4. La “certificazione” dei contratti collettivi nazionali dei pubblici dipendenti

In tale linea di riflessione sulla possibile pluralità degli esiti del controllo, in coerenza ad

una diversa e più complessa dinamica dei processi decisionali pubblici, ed, in particolare, di

quelli che caratterizzano il settore, richiamo una particolare ed innovativa tipologia di verifica,

sia con riguardo ai parametri di riferimento ed alla loro costruzione, che agli effetti che ne

conseguono. Mi riferisco alla “certificazione” dei contratti collettivi nazionali dei pubblici

dipendenti, che ha sostituto il controllo preventivo37 sulla autorizzazione governativa alla

sottoscrizione degli accordi (a sua volta sostituita dal parere dei comitati di settore, costituiti

nell’ambito di ciascun comparto di contrattazione).

La Corte dei conti, effettua. un esame di compatibilità fra i costi contrattuali quantificati

dall’Aran e gli strumenti di programmazione e di bilancio indicati dall’art. 1 bis della l. n. 468

del 1978, verificando la correttezza della quantificazione, e valutando la compatibilità dei costi

della contrattazione con i vincoli di bilancio ed i parametri indicati nei documenti di

programmazione economica e finanziaria (che si richiamano anche agli accordi sulla politica dei

redditi)38. Il procedimento previsto dagli art. 40 ss. del d. lgs. n. 165 del 2001 è complesso. In

caso di certificazione non positiva, l’Aran (art. 47, comma 6), sentito il Comitato di settore o il

Presidente del Consiglio dei Ministri, “assume le iniziative necessarie per adeguare la

quantificazione dei costi contrattuali ai fini della certificazione, ovvero, qualora non lo ritenga

37 La diversità dai controlli preventivi di legittimità è evidenziata anche nella sent. n. 171 del 2005 della Corte costituzionale, in tema di contrattazione collettiva dei pubblici dipendenti, nella specie della Provincia autonoma di Trento). La Consulta ha ritenuto, in sede di conflitto di attribuzione, che - data la mancanza di una esplicita previsione, diversamente da quanto prima previsto per il controllo preventivo di legittimità dall’art. 60, comma 3, della legge provinciale 3 aprile 1997, n. 7 - non spetta alla Corte dei conti l’esame della contrattazione della provincia di Trento. La Consulta ha infatti affermato che i procedimenti di controllo contabile si debbono svolgere secondo la disciplina statale, ma in modo tale che il necessario adeguamento legislativo provinciale li renda compatibili con l’ordinamento di appartenenza, senza che in proposito possano essere invocati eventuali vincoli derivanti da norme fondamentali di riforma economico-sociale (v. M PIERONI, Il controllo della Corte dei conti sul costo del lavoro pubblico (a proposito di un conflitto di attribuzione sollevato dalla Provincia autonoma di Trento nei confronti della Corte dei conti), in Lav. nelle p.a. 2006, 1, I, pag. 102). 38 A conferma di una diversa dinamica del processo decisionale può essere utile ricordare che è previsto dalla norma un ruolo maggiore dei Comitati di settore per la quantificazione degli oneri contrattuali e l’assicurazione della copertura degli incrementi retributivi all’interno della evoluzione dell’andamento dei singoli bilanci. L’art. 47, comma 3, del d.lgs. n. 165 del 2001 come modificato dall’art. 17 della legge n. 448 del 2001, prevede la coerenza degli atti di indirizzo dei diversi Comitati di settore con le scelte operate dal Ministro per la funzione pubblica per il settore statale. La giurisprudenza contabile ha più volte fatto riferimento al principio di sostenibilità degli oneri contrattuali, che non richiede una puntuale analisi dell’andamento dei singoli bilanci aziendali, ma la ricostruzione di un complessivo scenario evolutivo dei conti dell’intero settore, sulla base di indicatori che diano affidamento sui margini di tenuta complessiva del sistema (Corte dei Conti, SS.RR., del. n. 41/CONTR/CL/06 del 19.ottobre 2006). Tale impostazione di sostenibilità si rinviene anche in talune avanzate esperienze straniere, in cui la sua verifica è condizione per la approvazione ed il finanziamento dei programmi di spesa.

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possibile, convoca le organizzazioni sindacali ai fini della riapertura delle trattative”. Le

iniziative assunte dall’Aran a seguito della valutazione espressa dalla Corte dei conti sono

comunicate in ogni caso al Governo ed alla stessa Corte dei conti, che riferisce al Parlamento

“sulla definitiva quantificazione dei costi contrattuali, sulla loro copertura finanziaria e

compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio”. La “certificazione” va

sicuramente ad ascriversi alla area dei controlli finanziari, potendosi peraltro distinguere

concettualmente, nell’ambito dello stesso esame di verifica della correttezza della

quantificazione e valutazione della compatibilità dei costi della contrattazione con “gli strumenti

di programmazione e di bilancio”, una pluralità interagente di parametri e di conseguenze39. Al

parametro della veridicità contabile della quantificazione operata dovrebbe fisiologicamente

seguire una correzione o, comunque, un diverso accertamento della stessa, mentre a fronte

della valutazione della compatibilità dei costi della contrattazione con i vincoli di bilancio

rilevano maggiormente gli “spazi” della valutazione governativa, con lo spostamento, anche

qui, della problematica nel circuito dei rapporti Governo – Parlamento (il che richiama, per

certi versi, l’esito finale del procedimento della cd. “registrazione con riserva” degli atti

sottoposti a controllo preventivo).

Due, quindi le considerazioni, che proverei a evidenziare:

• la conferma del crescente rilievo della “legittimità finanziaria”;

• l’emergere nel procedimento di verifica di misure, e conseguenti effetti, diverse

dall’annullamento (ma non per questo inesistenti o ininfluenti con riguardo al

principio di legalità).

5. Principio di legalità, sistema delle Autonomie e controlli finanziari

La tematica del principio di legalità assume specifica valenza nel nuovo ordinamento

costituzionale dei rapporti tra Stato ed Autonomie, anche per l’esigenza di assicurare un

efficace coordinamento della finanza pubblica, in linea con gli obiettivi di stabilizzazione fissati

dall’Unione Europea e la nuova posizione costituzionale delle Autonomie, come più volte

ribadito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che richiama il rispetto degli obblighi

comunitari a fondamento e giustificazione delle norme di contenimento della spesa e dei

correlati controlli finanziari, sia interni che esterni40.

39 Il procedimento è stato ulteriormente integrato, anche con riguardo ai tempi di conclusione, dal comma 548 dell’art. 1 della l. 27 dicembre 2006 n. 296. 40 Il filo conduttore delle pronunce adottate negli ultimi anni si scorge nel bilanciamento tra autonomia degli enti e vincoli finanziari, da rispettare anche in relazione agli obblighi comunitari. Sotto tale profilo, di particolare significato, nel riconoscimento dell’autonomia degli enti territoriali, è l’accoglimento (sentenza n. 417 del 2005 ) delle censure prospettate avverso i commi 9, 10, 11 dell’art. 1 del d.l. n. 168 del 2004, convertito dalla l. n. 191 del 2004, in quanto introducenti vincoli puntuali (riguardanti spese per studi e incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione, missioni all’estero, rappresentanza, relazioni pubbliche e convegni, acquisto di beni e servizi), facendone conseguire l’incostituzionalità anche delle altre disposizioni strumentali rispetto ad essi (disciplinanti adempimenti consequenziali, controlli, obblighi di motivazione o informazione, ipotesi di responsabilità disciplinare ed erariale per la loro violazione). Per la Consulta, infatti, se non è contestabile il potere del legislatore statale di imporre agli enti autonomi, per ragioni di coordinamento finanziario connesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagli obblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anche se questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni

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Il tema dei parametri di riferimento – già sopra affrontato in via generale – appare

ancora più sensibile per i controlli relativi alle Autonomie territoriali. Nel passaggio dai controlli

di legittimità41 ai controlli gestionali, si è considerato che “il timore di un calo generalizzato di

legalità a seguito della riforma del Titolo V presuppone che il rispetto di tale principio possa

venire garantito solo dal tradizionale controllo preventivo esterno sugli atti”; di primario rilievo

è dunque l’interrogativo se il controllo esterno della Corte dei conti sulla gestione equivalga,

semplicemente, ad un passaggio “dalla legalità all’efficienza” dei parametri di controllo, ovvero

non si debba “piuttosto parlare di un passaggio dalla legalità formale alla legalità sostanziale,

intesa come congruità dell’azione pubblica rispetto agli obiettivi prestabiliti nelle leggi, di cui

l’efficienza è un aspetto”42. Lo stesso A. non si nasconde le difficoltà che il nuovo modello di

controllo sta incontrando proprio sotto il profilo dei parametri di riferimento, osservando che

“mentre, infatti, in assenza di una legge di attuazione dell’art. 119 Cost., i controlli sulle

gestioni finanziarie si basano sul rispetto del Patto di stabilità, i criteri e gli standard espressivi

di un principio di legalità sostanziale dell’azione amministrativa degli enti locali sono ancora da

impostare”, e che occorra “rimediare alla paradossale situazione per cui il solo parametro

davvero stringente in tutta l’area dei controlli deriva di fatto da una fonte non nazionale”.

L’accentuarsi della natura finanziaria del controllo - di sempre maggiore valenza

nell’attuale evoluzione dell’ordinamento, che postula un’esigenza di garanzia più complessa

degli equilibri finanziari dello Stato e delle Autonomie - è dunque argomento oggi

particolarmente attuale, anche se non esplorato in tutte le sue angolazioni ed in particolare con

riguardo al principio di legalità.

Ricordo che al principio di legalità sostanziale ha fatto esplicito riferimento la sent. 425

del 2004. del Corte costituzionale, esaminando le disposizioni di indebitamento e di

investimento previste dall’art. 3, commi 17,18, 19 della l. finanziaria per il 2004 (l. 350 del

2003)43.

indirette all’autonomia di spesa degli enti, va peraltro ribadito il principio per cui le norme che fissano vincoli puntuali relativi a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli enti locali non costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost., e ledono pertanto l’autonomia finanziaria di spesa garantita dall’art. 119 Cost. Gli stessi principi appaiono confermati, in sintesi, nella successiva sent. n. 449 del 15 dicembre 2005. 41 Per gli enti territoriali la dottrina ha affrontato la problematica relativa alla abrogazione degli artt. 125, primo comma, e 130 Cost., (effettuata dall’art. 9 della l. cost. n. 3 del 2001), chiedendosi se vi sia stata una semplice “decostituzionalizzazione” della materia, ovvero una sorta di implicita soppressione del regime degli “etero-controlli” per gli enti territoriali, in correlazione alla loro nuova posizione costituzionale, con la conseguente inammissibilità di forme e strumenti di controllo che non trovino esplicito fondamento in Costituzione. Sia consentito il rinvio, anche per i richiami dottrinali e bibliografici, in parte qui riportati, a C. CHIAPPINELLI, “I controlli”, in G. CORSO - V. LOPILATO, (a cura di), Il diritto amministrativo dopo le riforme costituzionali, Milano, 2006. Si ricorda che per gli enti locali con il d.l. n. 786 del 1981, conv. dalla l. n. 51 del 1982, era stata istituita la “Sezione enti locali” (oggi Sezione delle Autonomie), con il compito di esaminare la gestione finanziaria degli enti con popolazione superiore agli ottomila abitanti, e di riferire al Parlamento, in maniera aggregata, i risultati delle rilevazioni e delle analisi compiute. Tali controlli sono stati mantenuti fermi dal comma 7 dell’art. 3 della l. n. 20 del 1994, che ha richiesto espressamente che le relazioni della Corte sugli enti locali contengano anche valutazioni sul funzionamento dei controlli interni. Ancora attuali sono le sentenze della Consulta n. 422 e n. 961 del 1988, che avevano evidenziato il rilievo della funzione referente della Corte dei conti anche con riguardo alle esigenze di coordinamento della finanza pubblica rimesse al Parlamento. 42 C. PINELLI, Quali controlli per gli enti locali dopo la riforma del titolo V , in Atti convegno Autonomie locali, garanzie di legalità e sana gestione, cit., p. 32. 43 La Consulta ha confermato che anche le Regioni a statuto speciale sono chiamate a concorrere al conseguimento degli obiettivi posti dai vincoli comunitari, facendo parte la loro finanza della “finanza pubblica allargata” per la quale lo Stato ha poteri di coordinamento sent. 36 del 2004), dovendosi escludere che ogni ente faccia in proprio le scelte di individuazione di tali nozioni, di rilevanza ai fini del rispetto dei criteri, anche tecnici, derivanti dall’appartenenza alla

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Atteso il rilievo primario dei controlli finanziari, che coinvolgono anche la responsabilità

dello Stato nei confronti della Unione europea (patto di stabilità e crescita) e che trovano

fondamento negli artt. 81 (equilibrio di bilancio), 117, 1 comma (vincoli comunitari), 119

(coordinamento della finanza pubblica) e 120 (unità economica), i controlli sulle Autonomie

vanno assumendo una diversa fisionomia, sostituendo alle originarie norme costituzionali (art.

125, comma 1, e 130 Cost.), già considerate nate “vecchie”44, un nuovo assetto, a garanzia di

autonomia, di efficienza, ed insieme di legalità.

L’evoluzione del sistema ha portato la Corte dei conti a privilegiare, in coerenza con le

sue origini ed il suo stesso “DNA” e con i principi affermati nella giurisprudenza costituzionale, i

moduli del controllo finanziario, anche in relazione alle esigenze poste dall’U.E.. Ricordo che

l’art. 7 della l. n. 131 del 2003 affida ad essa, ai fini del coordinamento della finanza pubblica,

la verifica del rispetto degli equilibri di bilancio da parte dì comuni, province, città

metropolitane e regioni, anche in relazione al Patto di stabilità ed ai vincoli derivanti

dall’appartenenza all’U.E.45. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, nel

rispetto della natura collaborativa del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi

posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo la rispettiva

competenza, nonché la sana gestione finanziaria46 degli enti locali ed il funzionamento dei

controlli interni, riferendo sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai Consigli degli enti

controllati47.

U.E., in quanto, trattandosi di vincoli unitari, solo lo Stato può validamente definirli. La Consulta ha invece ritenuto fondate le censure avanzate con riguardo alle norme che affidavano al Ministro dell’economia e delle finanze, sentito l’ISTAT, il potere di disporre con proprio decreto modifiche alle tipologie di “indebitamento” e di “investimenti” ai fini di cui all’art. 119, sesto comma, della Costituzione, non essendo sufficiente il semplice richiamo ai criteri europei. Per la Corte costituzionale, esse si traducevano infatti in una sostanziale delegificazione delle statuizioni contenute nella legge, violando il principio di legalità sostanziale, in base a cui l’esercizio di un potere amministrativo, incidente sull’autonomia regionale e locale, può essere ammesso solo sulla base di previsioni legislative che predeterminino in via generale il contenuto delle statuizioni governative (sent. n. 301 del 2003). 44 Per M. NIGRO, “I costituenti sul punto del controllo pensarono vecchio” (Conclusioni del Convegno di Parma sul tema “Controlli sugli enti locali: Prospettive di riforma”, Parma 25-26 ottobre 1984, in Reg. Gov. Loc., 1984, n. 4, p. 219 ss.). La tematica è stata oggetto del 52° Convegno di studi amministrativi, Varenna, 21-22-23 settembre 2006, sul tema I controlli sulle autonomie nel nuovo quadro costituzionale, Milano 2007. 45 Per la Corte costituzionale (ordinanza n. 285 del 4 luglio 2007, con cui ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 93, comma 2, 226 e 274 del t.u.E.L, relative alla “latitudine” del giudizio di conto per gli enti locali), con le misure delineate dall’art. 7 della legge n. 131 del 2003, e la forma di controllo disciplinata dai commi da 166 a 169 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, devoluta alla Corte dei conti, quale organo imparziale dello Stato-Comunità, “si è venuto a realizzare un quadro complessivo utile per soddisfare l’esigenza degli equilibri di bilancio”, in linea con le esigenze di tutela dell’unità economica della Repubblica e del coordinamento della finanza pubblica, nonché del rispetto del patto di stabilità interno e del vincolo in materia di indebitamento posto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost.. Tale nuovo assetto “rende ancor più ragione delle affermazioni della sentenza n. 378 del 1996 in ordine all’esigenza di un “più compiuto inserimento del riscontro della gestione degli enti locali in una visione complessiva del contesto di finanza pubblica, anche al fine di evitare improduttive duplicazioni dell’attività di controllo, così da giustificare l’attenuazione del significato del riscontro contabile in via giurisdizionale”. 46 Il concetto è di derivazione comunitaria: in base all’art. 248 del Trattato CE la Corte dei conti controlla la legittimità e la regolarità delle entrate e delle spese ed accerta, appunto, la “sana gestione finanziaria” dell’Unione e degli organismi da essa creati, riferendo “su ogni caso di irregolarità” al Parlamento europeo e al Consiglio. A tali Organi la Corte presenta una dichiarazione in cui attesta la affidabilità dei conti e la legittimità e la regolarità delle relative operazioni. Si ricorda che, negli Stati membri, il controllo comunitario si effettua in collaborazione con le Istituzioni nazionali di controllo. V. anche art. 27 del Regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee, Reg. (CE, Euratom) N. 1605/2002 del Consiglio del 25 giugno 2002. 47 La norma riafferma la valenza “collaborativa” del controllo gestionale nei confronti degli enti di autonomia territoriale, volto a rimuovere disfunzioni e a privilegiare modelli efficienti ed efficaci dell’azione amministrativa, stimolando iniziative di autocorrezione e coerenti indirizzi da parte degli organi di direzione politica. In tale linea si prevede che le Regioni e (di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito) anche i Comuni, le Province e le Città metropolitane possano richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della

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In tale contesto, si colloca anche la richiamata disciplina recata dai commi 166 e ss.

dell’(unico) art. 1 della legge finanziaria per il 2006 (l. 23 dicembre 2005, n. 266), relativa al

controllo sugli enti locali e del SSN, che, come si è anticipato, ha di recente superato lo

scrutinio del Giudice costituzionali (sentenza n. 179 del 7 giugno 2007).

Vanno, infine, considerate anche le stesse sedi di raccordo e confronto istituzionale che

emergono e caratterizzano la nuova e policentrica realtà istituzionale, sia nei rapporti fra

Regioni ed Enti locali (Consigli delle Autonomie) che tra le Autonomie e lo Stato (sistema delle

Conferenze), che incidono anche sull’assetto dei sistemi di monitoraggio e di raccolta di dati48,

funzionali agli organi di decisione politica (ed allo stesso esercizio del controllo esterno

referente). Si pongono due aspetti di rilevanza strategica: l’uno che concerne i rapporti fra

controlli interni ed esterni, con le differenze, strutturali e funzionali, evidenziate dalla dottrina e

dalla stessa Corte costituzionale49; l’altro, connesso, di attivare un più articolato rapporto con

gli Organi a legittimazione democratica destinatari dei referti50, con i decisori politici e con

quelli amministrativi, circa l’utilizzo e la gestione delle risorse collettive.

Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri in materia di contabilità pubblica. E’ significativa la previsione (art. 7, comma 9) che le Sezioni regionali di controllo possano essere integrate da membri di designazione delle Autonomie, regionali e locali, così come quella della potestà delle Regioni a statuto speciale, nell’esercizio della loro competenza, di adottare particolari discipline nel rispetto delle suddette finalità. In dottrina si è osservato che “l’attribuzione della funzione di controllo esterno sulla gestione degli enti locali a un organo unico come la Corte dei conti, che sempre più la normazione positiva ha caratterizzato come organo della Repubblica nella pregnante accezione dell’art. 114, facendole perdere i residui connotati di organo ausiliario del Governo centrale, non solo non contrasta, ma è complementare con il potenziamento delle autonomie locali e con il principio di differenziazione” (F. STADERINI, Il controllo sulle Regioni e gli enti locali nel nuovo sistema costituzionale italiano, in Riv. Corte Conti, n. 2/2003, p. 309 ss.,). Per P. MADDALENA, Il controllo successivo sulla gestione esercitato dalla Corte dei conti:l’organizzazione della Corte dei conti per l’esercizio delle funzioni di controllo, in Cons. Stato, 2002, II, c. 519 ss., “L’esigenza che ogni apparato pubblico operi realmente in base a principi di legalità, imparzialità ed efficienza è oggi ribadita dalla modifica della parte seconda, titolo V, della Costituzione, che rilancia l’importanza del controllo successivo sulla gestione esercitato dalla Corte dei conti in base ai principi di armonizzazione dei bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario nell’evoluzione del complesso quadro normativo in materia di controlli e di contabilità pubblica”. Per F. CARINGELLA, I controlli sugli atti amministrativi, Corso di diritto amministrativo, Milano, 2003, II, p. 1657, “Le Autonomie territoriali sono garantite dalla caratterizzazione soggettiva dell’organo di controllo”; l’A. riprende le parole della Consulta, secondo cui l’attribuzione alla Corte dei conti del controllo sulle gestioni degli enti territoriali va intesa non in termini di contrapposizione di un potere statale alle Autonomie, ma come previsione di un compito essenzialmente collaborativo posto al servizio di esigenze pubbliche costituzionalmente tutelate. 48 Un rilievo particolarmente significativo assumono gli accordi e le intese nel settore della sanità, che prevedono espressamente funzioni di monitoraggio della spesa relativa ai “livelli essenziali di assistenza” (c.d. LEA) da garantire sull’intero territorio nazionale (V.Intesa sancita tra Governo e Regioni in data 23 marzo 2005, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge n. 131 del 5 giugno 2003, in attuazione dell’articolo 1, comma 173, della l. n. 311 del 30 dicembre 2004). 49 V. la sentenza della Corte costituzionale n. 267 del 6 luglio 2006, in Giur. Cost., n. 4/2006, p. 2797, con nota di C. CHIAPPINELLI, Evoluzione dell’ordinamento e controlli: le funzioni degli Organismi regionali e della Corte dei conti. Nella sentenza è stato rilevato che la possibilità data dall’art. 7 della legge n. 131 del 2003, alle Regioni a statuto speciale, di adottare particolari discipline, nel rispetto delle finalità indicate dalla stessa normativa, “non pone in nessun caso in discussione la finalità di uno strumento, quale il controllo sulla gestione delle risorse collettive, affidato alla Corte dei conti, in veste di Organo terzo a servizio dello Stato-comunità”, volto a garantire il rispetto dell'equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva. La Corte costituzionale evidenzia, infatti, che la necessità di coordinamento della finanza pubblica, “nel cui ambito materiale si colloca il controllo esterno sulla gestione”, riguarda anche le Regioni e le Province ad autonomia differenziata, la cui finanza, come già affermato dalla stessa Corte, fa parte della “finanza pubblica allargata”. La Consulta ha sottolineato le garanzie costituzionali di indipendenza, proprie dei componenti della Corte dei conti, rimarcando, sotto il profilo funzionale, la non fungibilità del controllo affidato alle Sezioni regionali della Corte dei conti, in quanto componenti dell'unitario sistema di controlli esercitati dalla stessa Corte nel suo complesso, svolto, a fini di coordinamento dell'intera finanza pubblica, anche con riguardo al rispetto dei vincoli comunitari. V. anche L. CAVALLINI CADEDDU, I controlli sulla gestione delle autonomie nella sentenza della Corte costituzionale n. 267 del 2006, in Le Regioni, n. 2/2007. 50 Significativi, in tal senso, gli spunti di riflessione enucleabili dalla “Convenzione sulle modalità di collaborazione tra la sezione regionale di controllo della Corte dei conti, il Consiglio delle Autonomie per la Toscana e la regione Toscana, in merito all’esercizio della funzione di controllo sulla gestione degli enti autonomi territoriali”. In base ad essa il Consiglio delle Autonomie per la Toscana rappresenta per la sezione regionale di controllo della Corte dei conti “l’organo di

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In definitiva, anche alla luce del crescente rilievo di regole e vincoli di finanza pubblica

nazionale e sopranazionale e delle più recenti innovazioni normative, un essenziale contributo

è richiesto alla rinnovata esplicazione delle forme di controllo51 e di garanzia52.

Una attenzione particolare meritano gli aspetti attinenti alla perequazione delle risorse

finanziarie ed alla armonizzazione dei bilanci e del coordinamento della finanza pubblica e del

sistema tributario, materie di estrema attualità e rilevanza istituzionale, e che contribuiscono

per tanti versi a qualificare la stessa attuale valenza ed estrinsecazione del principio di legalità

e di quella finanziaria in particolare. Alla sua garanzia – nei diversi profili che va assumendo,

nel senso di richiedere più trasparenti processi decisionali e rendere più conoscibile l’azione

amministrativa nel complesso bilanciamento dei poteri e delle responsabilità che l’ordinamento

oggi disegna - l’imparziale contributo della Corte dei conti appare sicuramente coerente con

la forte evoluzione del sistema.

riferimento per la programmazione e le questioni di carattere generale inerenti l’esercizio dei controlli nei confronti degli enti autonomi territoriali”. Sul ruolo degli Organi di controllo tra Esecutivi e Parlamenti, v. M BARZELAY, Organismi centrali di controllo e performance auditing: un’analisi comparativa delle strategie organizzative nell’OCSE, Problemi di Amministrazione pubblica, n. 3/1998, p. 473 sg. 51 M. CAMMELLI, nelle Conclusioni del convegno Controlli strategici, controlli direzionali e controlli di valutazione (Corte dei conti. Seminario permanente sui controlli - Roma, 23 settembre 1999, p. 164 - 165), osserva che “Il dato di fondo cui dobbiamo fare riferimento è rappresentato dal fatto che la legge non è più il principale strumento di governo delle amministrazioni pubbliche”……… e che “per l’eclisse della legge nella funzione di governo degli apparati emerge un problema istituzionale (anzi costituzionale, poiché attiene alla forma di governo) di prima grandezza, vale a dire la necessità che per vie nuove e diverse si riannodi il collegamento con le assemblee rappresentative, in modo da garantire che la (fisiologica) come si è detto riduzione della legge non si traduca in una patologica e inaccettabile diminuzione del ruolo di indirizzo e di controllo di queste ultime. Possiamo ammettere, sul piano concettuale, la scissione tra legalità-garanzia (da mantenere) e legalità-indirizzo (da superare) solo sostituendo alla legge altre forme di raccordo che consentano al Parlamento di esercitare il ruolo che gli spetta: tra queste, appunto, nuove modalità di controllo esterno atte a dar conto del funzionamento (in termini affidabilità e resa effettiva) dell’intero sistema dei controlli interni, e, più in generale del sistema amministrativo”. 52 Nel nuovo bilanciamento di poteri, da ricercare nell’equilibrio tra il maggiore riconoscimento delle Autonomie e la tutela dei valori di coesione, appare essenziale il ruolo degli Organi di garanzia previsti dall’ordinamento. Per E. BALBONI, Le garanzie esterne per la sana gestione finanziaria e le esigenze di una loro armonizzazione, in Autonomie locali…, cit., p. 82-83, “Certamente ricade oggi sulla Corte dei conti una quota importante della responsabilità di far sì che le ragioni dell’autonomia si compongano armonicamente con gli interessi unitari della Repubblica”……”La Corte dei conti può essere vista, anche per effetto delle recentissime riforme, come “garanzia della legalità dei conti; rievocando le sue antiche e nobili origini essa può rappresentare un felice incontro tra modello liberale-giacobino ed aspettative, intimamente recepite sul piano culturale e fattuale, di una sana amministrazione”. Per l’A.. “stiamo già assistendo, in questi ultimi anni, ad un crescente rilievo, anche politico, dei corpi tecnici ed amministrativi – ivi comprese evidentemente le Autorità di garanzia e le Agenzie – alle quali però un’opinione pubblica sempre più avvertita richiede competenza e rettitudine. Nel campo della vita degli enti politici territoriali ciò impegna a vedere autonomia e responsabilità come le due facce di un’unica moneta”. F. STADERINI, Il controllo sulle Regioni e gli enti locali…, cit, p. 309 ss., osserva che il controllo della Corte dei conti, che si caratterizza per la sua natura collaborativa, è stato ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale anche nei confronti delle autonomie regionali sulla base di una serie di disposizioni (come il principio del buon andamento) diverse da quelle ora abrogate (art. 125, primo comma, e 130), e ritiene pertanto che la riforma costituzionale del 2001 “non solo non abbia introdotto nessuna statuizione che possa ritenersi in contrasto con questa decisione, ma al contrario contenga nuovi principi, quelli sul coordinamento finanziario e sulla perequazione tributaria, che ancor più legittimano la previsione di controlli esterni sull’andamento gestionale e finanziario”-