Principi Di Scienza Politica Di Clark Riassunto Scienza Politica PDF

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Che cosa è la scienza politica? la scienza politica è lo studio della politica tramite l’applicazione del metodo scientifico. La scienza politica è suddivisibile in due settori: la politica comparata: lo studio dei fenomeni politici che avvengono prevalentemente all’interno di paesi. la politica internazionale: lo studio dei fenomeni politici che avvengono prevalentemente tra paesi. Un metodo comunemente usato è il metodo comparato, conosciuto anche come metodo di Mill. Esso implica la ricerca sistematica delle cause necessarie e sufficienti dei fenomeni politici e comprende il metodo della concordanza e il metodo della differenza. La causa è una condizione necessaria in assenza della quale l’evento in questione non può accadere. Una condizione sufficiente è una circostanza in presenza della quale l’evento in questione deve avere luogo. Infine, una condizione necessaria e sufficiente è una circostanza in assenza della quale l’evento in questione non si verificherà e in presenza della quale l’evento deve aver luogo. Il metodo della concordanza mette a confronto casi che concordano sul fenomeno da spiegare. Il metodo della differenza, invece, mette a confronto casi che differiscono sul fenomeno da spiegare e tutto ciò che non può essere eliminato diventa la causa del fenomeno. Per poter trarre conclusioni valide dai metodi di Mill, devono essere soddisfatti diversi presupposti particolari: il processo causale deve essere deterministico (se porta sempre a specifici risultati. Tuttavia, è meglio pensare in termini probabilistici, per il fatto che possiamo aver misurato in modo scorretto alcuni nostri casi e perché il fenomeno indagato è intrinsecamente probabilistico) Non ci possono essere effetti di interazione (cioè due o più condizioni concorrono a causare l’evento) Deve esistere un’unica causa del fenomeno Devono essere individuate tutte le cause possibili Tutte le istanze dei fenomeni sono state osservate, o tutte le istanze inosservate devono essere come i casi osservati. La scienza NON è semplicemente un insieme di conoscenze o di fatti; se fosse vero allora non potremmo appellarci alla scienza al fine di stabilire la veridicità di tale conoscenza: sarebbe un ragionamento circolare. L’insieme delle conoscenze che chiamiamo "scientifiche" può essere un prodotto della scienza, ma non è la scienza stessa. La scienza è un metodo per capire il mondo in modo provvisorio: è (un tipo di) ricerca della conoscenza che si basa sulla critica della verità, ovvero sulla possibilità che le nostre teorie o affermazioni siano sbagliate non è quindi un qualsiasi tipo di ricerca della conoscenza: non la meditazione, non la religione. Il falsificazionismo è un approccio scientifico in cui il ricercatore crea delle ipotesi verificabili sulla base di teorie formulate per spiegare il fenomeno in esame. Sottolinea il fatto che le teorie scientifiche sono messe continuamente in discussione ne che i loro meriti risiedono solo sulla loro capacità di superare test rigorosi. Le affermazioni scientifiche devono essere falsificabili. Questo significa che devono essere potenzialmente verificabili, si possono cioè immaginare delle osservazioni che potrebbero smentirle o confutarle. Affermazioni non falsificabili:

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Ottimo riassunto di scienza politica del manuale

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Che cosa è la scienza politica?

la scienza politica è lo studio della politica tramite l’applicazione del metodo scientifico. La scienza politica è suddivisibile in due settori:

la politica comparata: lo studio dei fenomeni politici che avvengono prevalentemente all’interno di paesi.

la politica internazionale: lo studio dei fenomeni politici che avvengono prevalentemente tra paesi.

Un metodo comunemente usato è il metodo comparato, conosciuto anche come metodo di Mill. Esso implica la ricerca sistematica delle cause necessarie e sufficienti dei fenomeni politici e comprende il metodo della concordanza e il metodo della differenza.

La causa è una condizione necessaria in assenza della quale l’evento in questione non può accadere. Una condizione sufficiente è una circostanza in presenza della quale l’evento in questione deve avere luogo. Infine, una condizione necessaria e sufficiente è una circostanza in assenza della quale l’evento in questione non si verificherà e in presenza della quale l’evento deve aver luogo.

Il metodo della concordanza mette a confronto casi che concordano sul fenomeno da spiegare. Il metodo della differenza, invece, mette a confronto casi che differiscono sul fenomeno da spiegare e tutto ciò che non può essere eliminato diventa la causa del fenomeno.

Per poter trarre conclusioni valide dai metodi di Mill, devono essere soddisfatti diversi presupposti particolari:

il processo causale deve essere deterministico (se porta sempre a specifici risultati. Tuttavia, è meglio pensare in termini probabilistici, per il fatto che possiamo aver misurato in modo scorretto alcuni nostri casi e perché il fenomeno indagato è intrinsecamente probabilistico) Non ci possono essere effetti di interazione (cioè due o più condizioni concorrono a causare l’evento) Deve esistere un’unica causa del fenomeno Devono essere individuate tutte le cause possibili Tutte le istanze dei fenomeni sono state osservate, o tutte le istanze inosservate devono essere come i casi osservati.

La scienza NON è semplicemente un insieme di conoscenze o di fatti; se fosse vero allora non potremmo appellarci alla scienza al fine di stabilire la veridicità di tale conoscenza: sarebbe un ragionamento circolare.

L’insieme delle conoscenze che chiamiamo "scientifiche" può essere un prodotto della scienza, ma non è la scienza stessa.

La scienza è un metodo per capire il mondo in modo provvisorio: è (un tipo di) ricerca della conoscenza che si basa sulla critica della verità, ovvero sulla possibilità che le nostre teorie o affermazioni siano sbagliate non è quindi un qualsiasi tipo di ricerca della conoscenza: non la meditazione, non la religione.

Il falsificazionismo è un approccio scientifico in cui il ricercatore crea delle ipotesi verificabili sulla base di teorie formulate per spiegare il fenomeno in esame. Sottolinea il fatto che le teorie scientifiche sono messe continuamente in discussione ne che i loro meriti risiedono solo sulla loro capacità di superare test rigorosi.

Le affermazioni scientifiche devono essere falsificabili. Questo significa che devono essere potenzialmente verificabili, si possono cioè immaginare delle osservazioni che potrebbero smentirle o confutarle.

Affermazioni non falsificabili:

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tautologie: un’affermazione vera per definizione (e.g. "i regimi democratici sono in grado di realizzare partecipazione e competizione politica") dichiarazioni su fenomeni non osservabili (e.g. "Dio esiste" o "Dio creò il mondo"). NON sono necessariamente false, ma non sono scientifiche.

Il modello scientifico

un modello è una rappresentazione semplificata della realtà e può essere formale o informale.

scelta del PROBLEMA di ricerca: problema esplicito, chiaro e rilevante teoria o modello: una teoria è un insieme di affermazioni logicamente coerenti

che ci dicono perché le cose che osserviamo accadono.

formulazione di IPOTESI (implicazioni) falsificabili: cosa si vuole spiegare (variabili dipendenti) e con che cosa (variabili indipendenti); esplicitare la relazione ipotizzata in modo che sia falsificabile. Un’ipotesi è una congettura su una relazione tra variabili, ovvero sui modi in cui due o più realtà/fenomeni sono tra loro connessi STRATEGIA di ricerca (intensiva vs. estensiva), qualitativa vs. quantitativa scelta dei CASI (ad es. campionamento) formazione dei CONCETTI e OPERAZIONALIZZAZIONE: concetti empirici vs. teorici raccolta dei DATI CONTROLLO (test) delle ipotesi. Esaminare se le implicazione del modello sono coerenti con l’osservazione della realtà. I metodi di controllo possono essere statistici, sperimentale, comparato e studio del caso.

Potere (sociale): capacità di un individuo di determinare il comportamento di un altro individuo. Il potere può essere economico, normativo/ideologico e politico. L’ultimo viene esercitato attraverso la coercizione e la legittimità.

Uscita, voce e lealtà (UVL) vengono usate per comprendere le caratteristiche centrali della politica attraverso una riformulazione di Lealtà, defezione, protesta di Hirschman, 1970.

Come reagireste ad un cambiamento che considerate deleterio? Anche se alcune persone non apprezzano determinati cambiamenti e li ritengono deleteri, altri li considerano dei miglioramenti. La politica ha spesso a che fare con vincitori e vinti. Ci sono tre possibili reazioni:

Uscita> constatare che è avvenuto un cambiamento deleterio nel proprio ambiente sociale e modificare il proprio comportamento per ottenere il miglior risultato possibile data la nuova situazione.

Voce> usare la propria voce per riportare il proprio ambiente sociale alla situazione originaria.

Lealtà > accettare che il proprio ambiente sociale sia cambiato senza apportare alcuna modifica al proprio comportamento.

La teoria dei giochi è fondamentale per capire certe situazioni strategiche, in cui le scelte di un attore dipendono da quelle degli altri attori. Un gioco è una situazione nella quale la capacità di un individuo di raggiungere i suoi obiettivi dipende dalle scelte operate da altri attori. Per risolvere un gioco, dobbiamo individuare le strategie che un agente razionale, che sta cercando di ottenere il miglior risultato possibile, utilizzerebbe. Con razionale si intende il giocatore che sceglie in base ai propri interessi. Gli interessi di ciascun giocatore si riflettono nei payoff (pagamenti o ricompense) associati ad ogni possibile esito del gioco. I giocatori preferiscono payoff superiori a payoff inferiori. Per risolvere un gioco, dobbiamo individuare le strategie che utilizzerebbe un agente razionale e per questo viene usato l’equilibrio di Nash:

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un insieme di strategie (una per ogni giocatore) tale per cui nessun giocatore ha un incentivo a cambiare unilateralmente strategia.

un gioco può essere rappresentato in due modi diversi:

a) giochi in forma estesa: albero di gioco

b) giochi in forma normale o strategica: una matrice dei payoff

Il gioco è così strutturato:

“preistoria” (o antefatto) del gioco: un evento che ha come conseguenza il trasferimento di un qualche beneficio dal cittadino allo stato (e.g. un aumento delleimposte)

il cittadino deve decidere se:

accettare il cambiamento senza cambiare il proprio comportamento: rimanere leale (L)

accettare il cambiamento e uscire (U)

cercare di riappropriarsi dei benefici persi attraverso la voce (V)

Un sottogioco è quella parte di un gioco che inizia con un nodo di scelta e comprende tutti i nodi successivi. Un Equilibrio Perfetto di Nash nei Sottogiochi (EPNS) è un insieme di strategie tale per cui ogni giocatore ha un equilibrio di Nash in ogni sottogioco (si risolvono in genere i giochi in forma estesa). Il gioco UVL ha tre sottogiochi (uno è l’intero gioco) perché ci sono tre nodi. Possiamo trovare l’EPNS utilizzato il metodo dell’induzione a ritroso, cioè partire dalla fine del gioco e ragionare all'indietro sulla base dell’assunto che i giocatori scelgono cercando di prevedere e anticipare come l’altro giocatore

risponderà alle loro scelte, ovvero tenendo in considerazione le conseguenze delle proprie scelte.

In sintesi: lo stato è disposto a far marcia indietro solo se sono soddisfatte due condizioni:

a) lo stato deve essere dipendente dal cittadino (L > 1)

b) il cittadino dispone di una minaccia credibile di uscita (U > 0).

Se il cittadino non si può avvalere di una minaccia credibile di uscita, lo stato si può avvantaggiare a suo discapito e il cittadino non può fare niente.

Il gioco Uscita, Voce e Lealtà rivela molto su cosa è e come funzionala politica come impiego del potere per influenzare gli altri.

Lo stato

Lo stato “è una comunità di persone in cui l’apparato amministrativo rivendica con successo il monopolio dell’uso legittimo della forza fisica all’interno di un determinato territorio” (Max Weber).

Una nazione è un gruppo di persone che condivide una qualche identità comune, come la lingua, la religione, l’etnia o la storia.

Uno stato nazionale è uno stato in cui una singola nazione è predominante e nel quale i confini legali, sociali, demografici e geografici dello stato stesso hanno importanti collegamenti con quelli di tale nazione. Benchè lo stato nazionale sia diventato di gran lunga diffuso, esistono ancora nazioni senza stato.

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Uno stato è un’entità che usa la coercizione e la minaccia della forza per governare in un determinato territorio. Tutti gli stati usano almeno la minaccia della forza (giustificata e impiegata in vari modi) per organizzare la vita pubblica. Tuttavia, non monopolizzano mai perfettamente l’uso della forza, non per tutti è «legittima», non riescono sempre ad imporre la loro volontà.

uno “stato fallito” è un’entità di tipo statuale che non è in grado di utilizzare la coercizione e di controllare con successo gli abitanti di un determinato territorio ( Afghanistan, Somalia, Sierra Leone, Congo).

Due prospettive sullo stato:

la prospettiva contrattualista dello stato: lo stato di natura è un termine usato per descrivere situazioni in cui non esiste uno stato, una situazione descritta come “guerra di tutti contro tutti”, in cui la vita è “solitaria, povera, violenta, brutale e breve”. Esponenti di questa teoria sono Hobbes, Locke, Rousseau. Secondo lo stato di natura vi è un dilemma, ovvero tutti starebbero meglio se ci si potesse impegnare a non approfittare gli uni degli altri (attaccandosi in momenti di vulnerabilità per trarne vantaggio) ma laddove non si possano escludere atti di violenza o furto, meglio essere l'aggressore piuttosto che la vittima. Quindi, senza un potere “comune che tenga tutti in soggezione”, la gente sceglierà di rubare e uccidere. Per rappresentare le strategie e i payoff possibili per i giocatori nei giochi in forma normale o strategica si usa la matrice dei payoff. Un giocatore ha una strategia dominante se questa strategia è la risposta migliore a tutte le strategie dell’altro giocatore. Un equilibrio di Nash basato su strategie dominanti si ha quando entrambi i giocatori hanno una strategia dominante. Lo “stato di natura” sembra astratto, ma la storia umana è stata principalmente caratterizzata da situazioni in cui nessun singolo attore era in grado di mettere in “soggezione” i membri della società. Il fatto che i giocatori riconoscano che i loro comportamenti sono reciprocamente dannosi non sembra sufficiente a far emergere la cooperazione. Far affidamento sulle promesse di buon comportamento o sulla persuasione morale può avere addirittura conseguenze nefaste dal punto di vista evolutivo, perché tali individui non sopravvivrebbero a lungo.

La soluzione di Hobbes era quella di creare qualcosa o qualcuno dotato di una forza sufficiente tale per cui gli individui ne abbiano soggezione. Egli credeva nella necessità di un potere coercitivo che costringa gli uomini a ottemperare ai patti mediante la paura derivante da qualche punizione più grande dei benefici che potrebbero aspettarsi dalla rottura dei patti stessi. Il sovrano doveva essere creato attraverso un contratto sociale implicito tra gli individui nello stato di natura. Gli individui avrebbero concordato tra loro di rinunciare ai propri diritti di natura in cambio dei diritti civili che sarebbero stati garantiti dal sovrano. gli individui nella società civile hanno un rapporto di scambio con lo stato. Il sovrano si impegna ad agire come un poliziotto in cambio di tasse pagate dai cittadini ma se lo stato esige entrate fiscali per svolgere il proprio lavoro, non è necessariamente ovvio che il cittadino preferisca lo stato di natura alla società civile: molto dipenderà dall'aliquota d'imposta. Affinchè lo stato possa costituire una soluzione allo stato di natura occorre che la punizione imposta dallo stato sia sufficientemente alta tale per cui gli individui preferiscono comportarsi bene e che l’aliquota imposta dallo stato per agire come poliziotto non sia così alta da spingere gli individui a preferire lo stato di natura alla società civile.

La prospettiva predatoria dello stato: la prospettiva contrattualistica dello stato si concentra sui conflitti di interesse fra gli individui, la prospettiva predatoria si concentra su potenziali conflitti di interesse tra i cittadini e lo stato. I detentori del potere («il sovrano», lo stato in via di formazione o formatosi)sono come gli individui nello stato di natura, anch’essi affrontano il dilemma della propria sicurezza di fronte a potenziali rivali, sono quindi spinti a utilizzare il loro potere per estrarre risorse dalla popolazione, cioè ad agire come “predatori”. Essi finiscono per assomigliare ad una forma di criminalità organizzata volta all'estorsione, ovvero un racket (Charles Tilly): lo stato non è solo una organizzazione che fornisce sicurezza in cambio di entrate tributarie (come nella prospettiva contrattualista), ma viene a rappresentare la minaccia fondamentale per la sicurezza dei cittadini che dovrebbe proteggere: offre protezione principalmente da se stesso. Secondo Tilly per restare al potere, i sovrani si impegnano in quattro attività fondamentali:

Fare la guerra: la guerra crea gli stati.

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Formazione dello stato

Protezione

Estrazione: i governanti possono estrarre risorse di cui hanno bisogno per rispondere a pressioni geopolitiche tramite l’obbedienza quasi volontaria e l’espropiazione diretta.

Tale teoria ha un orientamento quasi esclusivamente positivo, cerca cioè di spiegare come si comportano i cittadini e gli stati senza necessariamente dire che cosa dovrebbero fare. Inoltre considera i governanti come attori egoisti, massimizzatori e razionali. Essa mostra come comportamenti tesi a uno scopo inducano cambiamenti nell’ambiente istituzionale in cui agiscono gli attori politici e come questi cambiamenti modifichino a loro volta il comportamento dei leader.

Dittatura e democrazia nella storia

La parola greca demokratia significa “governo del popolo”. Sebbene la parola greca demos venga spesso tradotta con popolo, si riferisce in modo + specifico alla gente comune, cioè quelle persone con poca o nessuna indipendenza economica, senza istruzione e senza conoscenza della politica. Infatti, Platone pensava che la democrazia fosse il governo dei poveri e degli ignoranti contro i ricchi e istruiti. Egli credeva inoltre che la massa ignorante sarebbe stata facilmente vittima della demagogia, portando così a democrazie di breve durata in cui il popolo cede rapidamente il potere a un tiranno.

Aristotele classifico i regimi in base al numero di governanti che avevano. Egli credeva che i governi si dividessero in forme benefiche e corrotte. Nelle forme benefiche i governanti agivano per il bene di tutti, mentre in quelle corrotte lo facevano unicamente per il proprio. Le forme benefiche erano la monarchia, l’aristocrazia, quelle corrotte invece la tirannia, l’oligarchia e la democrazia. Si doveva scegliere il tipo di governo che aveva la forma di corruzione meno pericolosa e, secondo lui, era l’aristocrazia.

Gli stessi timori sulla democrazia furono avvertiti nel XVIII secolo quando si discuteva sull’estensione del suffragio. La democrazia è come una forma di governo del mondo antico “in cui le cariche sono distribuite per sorteggio”.

Hobbes, Locke, Kant Hegel, Montesquieu e Vico> ai loro occhi la democrazia era associata alla legiferazione diretta da parte del popolo ed era quindi possibile solo nelle città-stato del mondo antico.

Riemergere del termine “democrazia” nel discorso politico dell’Europa occidentale:

preceduto da elementi di governo rappresentativo e nozione di sovranità popolare.

solo alla fine del XVIII secolo “democrazia” diventa un termine di uso comune assieme a “aristocrazia” e “aristocratico”.

con la Rivoluzione Francese e la Rivoluzione Americana, la distinzione classica tra il governo di uno, di pochi e di molti viene gradualmente sostituita dalla distinzione tra democrazia (molti) e autocrazia/dittatura (uno o pochi).

La dittatura

La sua connotazione negativa è contraria al suo utilizzo storico: nel mondo antico, “dittatura” aveva una connotazione positiva (connotazione negativa più coerente con “tirannia”, “dispotismo” o “autocrazia”). Dictator (500 AC- 300 dC) era un magistrato straordinario romano nominato in circostanze di eccezionale emergenza con compiti di durata limitata.

La dittatura romana:

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legittimata da uno stato di necessità

pieni poteri di comando

una sola persona al comando con un mandato di breve durata Valutazioni positive della dittatura (almeno per determinati momenti), e.g.:

“l’autorità dittatoriale ha aiutato, piuttosto che danneggiato, la repubblica romana” (Machiavelli)

“se il pericolo è tale che l’apparato delle leggi diventa un ostacolo alla loro stessa garanzia, allora si nomina un capo supremo, che metta a tacere ogni legge e momentaneamente sospenda l’autorità sovrana” (Rousseau)

Misurare le democrazie e le dittature

La prospettiva di Dahl> sconsiglia la visione sostanziale della democrazia. Questo tipo di visione classifica i regimi politici in base ai risultati che producono. E’ meglio adottare la visione procedurale o minimalista della democrazia, che classifichi i regimi politici secondo le loro istituzioni. Egli identificò due visioni per classificare i regimi politici: il livello di competizione e il livello di inclusione. La competizione misura il modo in cui i cittadini sono liberi di organizzarsi in blocchi concorrenti per cercar di ottenere le politiche e i risultati che desiderano (libertà di formare dei partiti politici, libertà di parola e assemblea). L’inclusione, invece, ci dice chi partecipa al processo democratico. Urss>alti livelli di inclusione ma bassi livelli di competizione; Cina> bassi livelli di inclusione e competizione; Sudafrica>alta competizione, bassa inclusione. Dahl propone di abbandonare il termine democrazia per utilizzare poliarchia, utile a descrivere un regime politico con alti livelli sia di competizione che di inclusione.

Diffusione e diversità delle democrazie nel mondo reale, grado di democraticità:

A. Democrazia elettorale / minima: La democrazia è “un sistema istituzionale per giungere a decisioni politiche nel quale gli individui acquisiscono il potere di decidere attraverso una lotta competitiva per il voto popolare” (Schumpeter). Le sue caratteristiche sono competizione elettorale per la conquista del potere basata su libertà politiche espresse nel momento elettorale (suffragio,elezioni libere e corrette, esecutivo eletto/responsabile, opposizioni organizzate, ecc.),con libertà civili essenziali (parola, stampa, associazione, riunione).

B. Democrazia liberale: requisiti più restrittivi, cioè ogni settore democraticamente responsabilizzato/accountable, responsabilizzazione anche orizzontale (reciproca) tra poteri, ampia protezione delle libertà individuali e del pluralismo, vincoli al potere esecutivo, effettiva uguaglianza politica, fonti alternative di informazione pluralismo civile e politico, protezione libertà civili/minoranze, legalità/stato di diritto (rule of law) giudiziario indipendente.

C. Democrazia avanzata: realizzazione dell’auto-governo del popolo. Estensione della democrazia liberale attraverso la partecipazione ampia e attiva dei cittadini nelle istituzioni sociali ed economiche. Essa include ciò che le istituzioni producono come risultati: povertà e disuguaglianze estreme vengono eliminate, nozione partecipativa (vs. elettorale) e sostanziale (vs. procedurale) di democrazia, assenza di riferimenti empirici.

Indici di misurazione

L’indice di Vanhanen: Indice di democratizzazione (0-1): partecipazione X competizione. Misura la . competizione (percentuale di voti per i partiti minori (100% - x % partito maggiore) e la partecipazione (percentuale dei votanti sul totale della popolazione). Soglie per “democrazia”: 0.30 competizione, 0.10 partecipazione, 0.05 indice. E’ una misura semplice (solo due indicatori) e “oggettiva” (dati elettorali quantitativi).

Pacl > indicatore annuale di democrazia per 199 paesi dalla fine della seconda guerra. Secondo Pacl, le d. sono regimi in cui coloro che governano vengono scelti mediante elezioni competitive. Si parla di d. se 1)il capo dell’esecutivo viene eletto, 2)il legislativo viene eletto, 3)+ partiti alle elezioni, 4)alternanza al potere sotto identiche leggi elettorali. Un paese viene classificato come autoritario se non viene soddisfatta anche una delle 4 caratteristiche. Secondo Pacl la competizione implica 1)incetezza ex ante: il risultato delle elezioni non deve potersi considerare scontato prima dello svolgimento di esse, 2) incertezza ex post: il vincitore della competizione elettorale deve ricoprire

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effettivamente la carica politica in palio, 3)ripetibilità delle elezioni. La misura Pacl ha una visione minimalista della democrazia, si basa sulla nozione di competizione di Dahl, è una misura dicotomica, cioè i suoi autori classificano i regimi politici.

Polity IV> dal 1800 ad oggi fornisce una valutazione annuale del livello di democrazia e autocrazia per 184 paesi. Presi in esame cinque attributi 1. competitività nella selezione dell’esecutivo, 2. trasparenza nella selezione dell’esecutivo, 3. vincoli imposti all’esecutivo/regole decisionali, 4. regolamentazione della partecipazione politica, 5. competitività della partecipazione politica. I punteggi assegnati a ciascun paese variano da zero a dieci; a partire da queste due misure viene poi costruito un indicatore sintetico polity score che varia da -10 a +10.

Freedom house> fornisce un indicatore annuale delle libertà globali per 192 paesi e diciotto territori. Tale punteggio si basa sul livello di tutela dei diritti politici e sul livello di tutela dei diritti civili, misurato con una serie di dieci domande. Malgrado talune istituzioni siano necessarie per la democrazia, la loro presenza non sia di per sé sufficiente.

Le “democrazie elettorali” secondo FH

Dal 1997, categoria “democrazia elettorale” basata su 4 criteri relativi agli standard delle ultime elezioni nazionali (i.e. nozione minimalista e dicotomica):

i. sistema politico multipartitico competitivo

ii. suffragio universale per gli adulti

iii. elezioni condotte con regolarità e competitività (voto segreto, ragionevole sicurezza nel

voto, assenza di brogli massicci, risultati rappresentativi della volontà popolare)

iv. accesso significativo dei partiti politici maggiori all’elettorato attraverso media e

campagne elettorali aperte

Requisiti numerici: 7/12 su “Political Rights” nella Electoral Process checklist

“Democrazia elettorale” differente da “democrazia liberale”. Inoltre, tutti i paesi “Liberi” si qualificano sia come democrazie elettorali che liberali; i paesi “Pazialmente liberi” includono paesi che sono democrazie elettorali (ma non liberali) e paesi che non lo sono.

Spesso possiamo valutare le misure anche in base alla loro concettualizzazione, validità, affidabilità e replicabilità.

Concettualizzazione: le tre misure di prima possono usare una prospettiva minimalista o dicotomica.

Validità: grado in cui le nostre misure corrispondono ai concetti che dovrebbero riflettere. Quando si costruire una misura bisogna identificare gli attributi che costituiscono il concetto astratto preso in considerazione. Bisogna constatare se una determinata misura includa gli attributi corretti e la quantità di essi. Questi attributi poi bisogna aggregarli secondo delle regole. Infine, resta da decidere quale sia il livello appropriato di misurazione. Ci sono tre livelli di misurazione: quella nominale (che classifica le informazioni in categorie distinte), quella ordinale (consente di creare una graduatoria delle categorie in cui si classificano le osservazioni) e per scala a intervalli (che colloca le osservazioni su una scala e permette di determinare il grado del fenomeno che stiamo osservando).

Affidabilità: una misura affidabile produce ripetutamente e costantemente lo stesso punteggio per un determinato caso, quando il processo di misurazione non varia. Una misura affidabile non implica necessariamente una misura valida. L’affidabilità di una misura è probabile che dipenda da quanto questa si basi su fatti osservabili piuttosto che su giudizi soggettivi.

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Replicabilità: possibilità per gli studiosi tersi di riprodurre il processo attraverso il quale una misura è creata.

Spiegazioni economiche della democrazia

La teoria della modernizzazione: tutte le società passano attraverso le stessi fasi storiche di sviluppo economico. Le società sottosviluppate o immature sono caratterizzate da un ampio settore agricolo e da ridotti settori industriali e dei servizi. Alla fine questi paesi cresceranno e diventeranno società mature caratterizzate da settori agricoli ridotti, ampi settori industriali e dei servizi, urbanizzazione in aumento, elevati livelli di istruzione e crescente complessità società.

L’aumento della ricchezz aumenta la stabilità della democrazia, ma riduce la stabilità delle dittature. Lipset sostiene che la teoria della modernizzazione implica anche che la democrazia avrà maggiori probabilità di sopravvivere in paesi economica sviluppati. Lo sviluppo economico aiuterà sia l’emergere della democrazia sia la sopravvivenza della democrazia. La misura della ricchezza è determinata in Pil.

La storia della sopravvivenza: un aumento della ricchezza promuove la sopravvivenza della d., ma non influisce sulle probabilità che un paese diventi una d.. Secondo Przeworski l’aumento della ricchezza aiuta sì le democrazie a sopravvivere, ma non aiuta i paesi a diventare democratici. La scelta tra democrazia o dittatura dipende dal tipo di risultati che ci attendiamo che questi regimi producano per noi. Nelle d. i cittadini si vedono normalmente garantiti almeno uno standard di vita minimo perché le risorse sono distribuite in modo relativamente ampio. Nella dittatura, invece, i cittadini possono diventare molto ricchi sono se fanno parte della cerchia ristretta del dittatore. Una crescita della ricchezza aumenta la stabilità democratica ma non ha alcun effetto sulla stabilità delle dittature.

Vedi tabella 6.1 differenze e uguaglianze tra le due teorie.

La probabilità di una transizione di regime da un certo livello di ricchezza =numero totale della transizioni a quel livello di ricchezza diviso per il numero di casi (o anni paese) a quel livello di ricchezza.

L’evidenza empirica suggerisce che la storia della sopravvivenza non è corretta nel prevedere che la frequenza delle transizioni di regime diminuisca linearmente con la ricchezza.

Effetto dell’aumento di ricchezza sulle transizioni di regimi = numero delle transizioni alla democrazia (o dittatura) diviso in numero di anni paese in autocrazia (o democrazia), tutto diviso per il livello di ricchezza.

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I paesi sembrano avere maggiori probabilità di diventare democratici quando la loro ricchezza aumenta.

Il mondo reale assomiglia più alla teoria della modernizzazione.

La quasi rendita è la differenza tra il valore di un bene e il suo costo opportunità nel breve periodo.

Secondo l’analisi UVL, lo stato tenderà a essere sensibile ai bisogni dei proprietari di beni liquidi e indifferente rispetto ai proprietari di beni fissi (una risorsa che non può essere convertita facilmente in denaro contante). Quando gli stati dipendono dai proprietari di beni liquidi per investimenti e risorse, essi saranno più propensi ad accettare limiti al proprio comportamento predatorio.

La democrazia ha minori probabilità di emergere e sopravvivere laddove la produzione di petrolio è centrale per l’economia. Gli studiosi parlano di stati redditieri per indicare l’effetto pervasivo e negativo del petrolio. La democrazia è meno comune e meno stabile in paesi che fanno affidamento su altre risorse prima, come minerali, diamanti e rame o la cui economia è dominata da grandi proprietari terrieri. La maledizione delle risorse si riferisce al paradosso secondo il quale i paesi con abbondanza di risorse naturali tendono ad avere cattiva amministrazione, bassi livelli di sviluppo economico, guerre civili e dittature. Tuttavia, l’esistenza di dittature ricche in virtù dell’abbondanza di risorse naturale contraddice la tesi della teoria classica della modernizzazione secondo cui l’aumento di ricchezza produce democrazia.

Ruolo degli aiuti allo sviluppo, della diseguaglianza e della performance economica nel processo di democratizzazione

Aiuti allo sviluppo: fornendo aiuti ad uno stato, ri riduce la dipendenza di quello stato dai sui cittadini. Si riduce, inoltre, anche l’inventivo per lo stato a produrre buone performance economiche. Fornire aiuti alle dittature può inibire l’emergere della democrazia, può danneggiare il benessere del cittadino medio e aiutare i dittatori a mantenersi al potere attraverso la corruzione e lo sfruttamento.

Diseguaglianza: un certo numero di studi sostiene che l’emergere della democrazia in società diseguali è probabile che produca conflitti politici basati sulla ricchezza e sul reddito e grandi pressioni per una redistribuzione economica dai ricchi ai poveri. La democrazia risulta molto costosa per le élite. Tuttavia, la diseguaglianza economica dovrebbe essere dannosa per la democrazia solo in paesi in cui le elite economiche non dispongono di opzioni credibili di uscita; dove esse dispongono di queste opzioni, le elite dovrebbero essere disposte ad accettare la democrazia sapendo che i poveri avrebbero incentivi a moderare le loro richieste di redistribuzione.

Performance economica: le democrazie dovrebbero essere caratterizzate da buone performance economiche, mentre nelle dittature in cui i cittadini non dispongono di minacce di uscita credibili dovrebbero mostrare un andamento economico piuttosto buono, perché i cittadini hanno poca scelta se non continuare ad investire. Invece, nelle dittature nelle quali i cittadini hanno minacce di uscita credibili offriranno prestazioni economiche scadenti, poiché i cittadini reimpiegheranno i loro beni e risorse altrove per evitare la predazione da parte dello stato. Tutto ciò non è stato dimostrato empiricamente

Alcune ovvietà:

la probabilità che una dittatura diventi una democrazie cresce con la ricchezza misurata come reddito pro capite.

Una dittatura che produce crescita economica ha meno probabilità di diventare una democrazia

Un paese sotto dittatura ha meno probabilità di diventare una democrazia se è un produttore di petrolio.

Una buona performance economica sembra aiutare sia i regimi dittatoriali che i regimi democratici a sopravvivere.

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Determinanti culturali della democrazia

Gli argomenti primordialisti o naturalisti: trattano la cultura come qualcosa di oggettivo ed ereditato. La cultura influenza il comportamento politico fornendo linee guida ideologiche per l’azione collettiva, più di quanto il comportamento politico forgi la cultura. Quindi, la democrazia può non essere compatibile con tutte le culture. Le culture sono malleabili e possono cambiare in risposta ai comportamenti di attori sociali, economici e politici.

Gli argomenti costruttivisti: tratta la cultura come qualcosa che viene costruito o inventato. La cultura è un processo relazionale di attribuzione dei significati, attivato in specifici contesti storici e sociali.

La teoria della modernizzazione culturale: sostiene che lo sviluppo socio-economico non facilita direttamente l’emergere della democrazia, invece lo sviluppo economico produce alcuni cambiamenti culturali, come l’emergere di una cultura civica.

Almond e Verba credono che solo la cultura possa fornire la base psicologica della democratizzazione e che senza di essa le prospettive di sopravvivenza democratica sono esigue. Esistono tre tipi di cultura politica: provinciale, assoggettata e partecipativa. Solo quest’ultima risulta compatibile con la democrazia.

Una cultura partecipativa e civica riflette un particolare gruppo di atteggiamenti che include: la credenza degli individui di poter influenzare le decisioni politiche, orientamenti positivi nei confronti del sistema politico, elevati livelli di fiducia interpersonale, preferenze per un cambiamento graduale della società.

Inglehart afferma che la cultura politica è determinata dai livello di generale soddisfazione di vita, dai livelli di fiducia interpersonale e dal sostegno per un cambiamento graduale della società tra gli individui di una nazione.

Questi autori hanno incoraggiato l’uso dei sondaggi tra gli scienziati politici per esaminare la relazione tra cultura e democrazia. Il più famoso è il World Values Survey (Michigan). Tuttavia i sondaggi hanno comunque dei limiti:

Catturano solo il modo in cui la cultura influenza la stabilità democratica e non se una certa cultura favorisca l’emergere della democrazia.

Gli individui possono comprendere la stessa domanda in modi molto diversi.

Le persone tendono a concepire la democrazia in modi diversi

Religioni & democrazia

Protestantesimo: ha incoraggiato lo sviluppo economico, che a sua volta ha creato una borghesia la cui esistenza è stata una condizione necessaria per la democrazia. E’ stato visto da molti come una religione che facilità l’instaurazione e il consolidamento della democrazia.

Cattolicesimo: antitetico alla democrazia. Ha appoggiato dittature, presenza di una sola chiesa e una sola verità, struttura gerarchica netta.

Confucianesimo: fortemente incompatibile con la democrazia.

Islam: fortemente incompatibile con la democrazia per via della sua vena violenta, tale da predisporre le società musulmane all’autoritarismo. Inoltre, non dissocia la sfera politica da quella religiosa e riserva un trattamento diseguale per le donne.

Tuttavia, alcuni studiosi sostengono che ci sono elementi di queste due religioni compatibili con la democrazia. Ad esempio il sistema meritocratico del Confucianesimo, la shura (consultazione) nell’Islam. Inoltre, non c’è nulla rispetto alla teoria della democrazia, che richieda a uno stato democratico di essere

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secolare. Fu solo durante il XIX secolo che democrazia e secolarismo divennero accettabili all’interno della società cristiana occidentale.

Esiste una tesi secondo la quale la posizione di diverse religioni nei confronti delle istituzioni politiche spesso dipende non tanto dal contenuto della dottrina religiosa ma dagli interessi dei leader religiosi.

Inoltre, tutte le religioni sono storicamente state compatibili con una varietà di istituzioni politiche. Dire che una religione è democratica o non riflette il periodo storico considerato per fare questa affermazione. Sebbene le culture tendano a essere malleabili e tutte le religioni siano state compatibili con una varietà di istituzioni politiche, l’islam esercita un ‘influenza particolarmente negativa sulla democrazia. L’argomento secondo cui paesi cattolici siano antidemocratici ha perso oggi gran parte della sua forza, perché i paesi cattolici sono oggi in prevalenza democratici.

Non è stato empiricamente dimostrato se l’Islam sia deleterio per la democrazia per via del trattamento riservato alle donne.

Ci sono ragioni per pensare che elevati livelli di eterogeneità culturale possano rendere singoli paesi meno compatibili con la democrazia. Secondo altri studiosi la diversità etnica è particolarmente negativa per la democrazia perché rende difficile giungere a compromessi e perché aumento il rischio di violenze tra le diverse comunità.

I paesi musulmani hanno minori probabilità di diventare democrazie non perché sono musulmani, ma perché sono poveri. Invece, paesi a maggioranza cattolica hanno una probabilità significativamente maggiore di diventare democrazie rispetto agli altri paesi, contrariamente a quelli protestanti. Tuttavia, potrebbero faticare a rimanere democratici.

I paesi musulmani hanno minori probabilità di restare democratici non perché sono musulmani ma perché sono poveri.

Esperimenti e cultura

Gioco dell’ultimatum: gli individui si affrontano in coppia. Il primo giocatore proponente dispone provvisoriamente di una “torta” (o somma di denaro). Il proponente offre una porzione di questa torta a un secondo giocatore, detto il rispondente. Il rispondente, conoscendo sia l’offerta sia l’ammontare totale della torta, può accettare o rifiutare l’offerta del proponente. Se il proponente accetta, allora riceve l’ammontare offerto e il proponente ottiene il resto. Se, invece, il rispondente rifiuta l’offerta, nessuno riceve alcun compenso. In entrambi i casi, il gioco finisce e i due giocatori ricevono le loro vincite e lasciano il gioco.

Gioco del dittatore: è come quello dell’ultimatum eccetto che i rispondenti non hanno l’opportunità di rifiutare l’offerta. Questo gioco consente agli analisti di distinguere tra proponenti che fanno offerte buone spinti dal senso di equità e quelli che fanno offerte buone spinti dalla paura del rifiuto.

Questi giochi sono stati applicati in 15 società di piccole dimensioni sparse per il mondo. Esse si basano sul foraggio, sull’orticultura, sono formate da gruppi nomadi basati sulla pastorizia o società agricole stanziali di piccole dimensioni. I risultati ottenuti sono stati divisi in un grafico con due parametri: i benefici della cooperazione e l’integrazione con il mercato (quanto si avvalgono le persone dello scambio di mercato nella loro vita quotidiana). L’aspettativa è che società con una maggiore integrazione con il mercato faranno offerte più alte in situazioni simili al gioco dell’ultimatum. Questo comportamento può essere spiegato con la cultura del dono tipica di queste società. Essa spiega sia le offerte generose, sia il perché queste offerte vengono prontamente rifiutate (imbarazzo e ansia per doni troppo generosi).

Appare chiaro che le scelte individuali sono plasmate dalle interazioni economiche e sociali della vita di ogni giorno.

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Il gioco della democrazia spesso richiede cooperazione, competizione e compromesso. Società che già richiedono questo tipo di comportamenti nei loro giochi quotidiani dovrebbero trovare più facile adottare e sostenere le istituzioni democratiche.

Federalismo

IL federalismo viene distinto in federalismo de iure (f. nella struttura) e federalismo de facto (f. nella pratica), cioè la decentralizzazione.

Il f. ha tre componenti strutturali:

Divisione geopolitica: il governo dev’essere suddiviso in governi regionali reciprocamente esclusivi che sono legittimati dalla costituzione e non possono essere aboliti unilateralmente dal governo nazionale o centrale.

Indipendenza: i governi regionali e quello nazionale devono avere basi indipendenti di autorità. Tale indipendenza viene stabilità a livello costituzionale.

Governance diretta: l’autorità deve essere condivisa tra i governi regionali e il governo nazionale; ognuno di essi governa direttamente i cittadini, per cui ogni cittadino è governato da almeno due autorità.

Lo stato federale è quello in cui la sovranità viene costituzionalmente ripartita su almeno due livelli territoriali, per cui delle unità governative indipendenti a ciascun livello hanno l’autorità finale in almeno un ambito di politica pubblica. Gli stati non federali sono stati unitari.

Gli Emirati Arabi sono un es. di dittatura federale.

Il Brasile è un es. di democrazia federale. Ha tre autorità territoriale, una statale, una federale e una municipale.

Esistono diverse forme di federalismo:

Congruente: quando le unità territoriali di uno stato federale hanno una composizione demografica simile, dove ognuna delle unità territoriale rifletterebbe in miniatura il paese nella sua totalità. (Usa e Brasile). I confini politici tendono a tagliare trasversalmente i confini geografici.

Incongruente: quando la composizione demografica delle unità territoriali differisce da un’unità all’altra e dal paese nella sua totalità. Le unità territoriali differiscono l’una dall’altra dal punto di vista linguistico. (Svizzera e Belgio). I confini politici tendono ad allinearsi con i confini geografici di questi gruppi sociali. Può trasformare dei paesi diversificati ed eterogenei che ospitano gruppi sociali geograficamente concentrati in una federazione di unità territoriali relativamente omogenee.

Simmetrico: quando unità territoriali di uno stato f. hanno gli stessi poteri rispetto al governo centrale. (Usa)

Asimmetrico: quando alcune unità territoriali di uno stato federale hanno più potere di altre nei confronti del governo centrale. Queste asimmetrie dovrebbero soddisfare i diversi bisogni e le diverse istanz che emergono dalle differenze etniche, linguistiche, demografiche o culturali tra le varie unità subnazionali.(Belgio, Canada, Malesia, Russia e Svizzera.

Il f. è diverso dalla devolution, che indica la situazione in cui uno stato unitario cede dei poteri ai governi subnazionali, ma conserva il diritto di revocarli o modificarli unilateralmente. Il potere politico risiede sostanzialmente nel governo centrale di questi paesi; i governi regionali non hanno un diritto costituzionale a mantenere nessuno dei loro poteri. Esempi: Regno Unito e India.

Quindi questi stati soddisfano solo due caratteristiche strutturali del federalismo (Indipendenza e Governance diretta) ma NON soddisfano il criterio di Divisione geopolitica .

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La decentralizzazione indica la misura in cui il potere effettivo di determinare le politiche pubbliche risiede nel governo centrale o nei governi regionali di un paese. La maggior parte degli scienziati politici considerano la d. una questione fiscale: maggiore è la quota del gettito fiscale complessivo che va al governo centrale, meno decentralizzato è lo stato.

Sono federali, sia nella struttura che nella pratica. Sono federali nella struttura, ma unitari nella pratica. Sono unitaria sia nella struttura che nella pratica. Sono unitari nella struttura, ma federali nella pratica.

Per spiegare le origini del f. gli scienziati politici hanno distinto il f. associativo e quello dissociativo.

Associativo: prodotto del processo di negoziazione dal basso in cui stati in precedenza sovrani si uniscono e concordano volontariamente di rinunciare a una parte della propria sovranità per mettere insieme le loro risorse in modo da rafforzare la sicurezza collettiva e conseguire altri obiettivi, prevalentemente economici. Sono tipicamente caratterizzate da una forma simmetriche di federalismo.

Dissociativo: prodotto di un processo dall’alto in cui il governo centrale di uno stato decide di decentralizzare il proprio potere a dei governi subnazionali per attenuare pressioni secessioniste. le federazioni d. sono caratterizzate sia da un f. incongruente sia da un f. asimmetrico.

I vantaggi:

Sono le più idonee a soddisfare le preferenze popolari nei paesi democratici in cui gli individui hanno preferenze eterogenee.

Avvicinerebbero il governo ai cittadini. I governi dovrebbero essere in grado di congegnare politiche pubbliche più vicine ai loro bisogni specifici. Dovrebbe anche accrescere la partecipazione politica.

Le strutture federali si combinano con la capacità di cittadini e investitori di trasferirsi da una regione all’altra. I governi avranno anche tutto l’interesse a fare bene, perché una performance inadeguata indurrebbe i cittadini e investitori a spostarsi in regioni megli amministrate, portando con sé le loro risorse economiche e finanziarie.

Capacità di incoraggiare la sperimentazione e l’innovazione di politiche pubbliche. Consente ai governi subnazionali di apprendere velocemente dalla sperimentazione fatta da altri, senza esporre l’intero paese al rischio di una politica sbagliata.

Barriera contro la tirannia Critiche:

Può causare la duplicazione non necessaria del governo e la sovrapposizione inefficiente di politiche potenzialmente contraddittorie.

Esaspera i problemi di azione collettiva nella formulazione e implementazione di politiche economiche e di altro tipo, specie nei pvs.

4) Cina, Danimarca,

Finlandia, India, Giappone, Svezia

1) Argentina, Brasile, Canada,

Germania, Russia, Svizzera,

Stati Uniti

2) Botswana, Repubblica

Domenicana, Guatemala,

Indonesia, Kenya, Regno Unito

3) Belgio, Malesia,

Sudafrica, Venezuela

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I politici regionali hanno pochi incentivi a prendere decisioni economiche e di altro tipo nell’interesse complessivo del sistema federale, perché si preoccupano principalmente del proprio successo elettorale.

La competizione tra governi subnazionali potrebbe portare a una armonizzazione al ribasso in cui i livelli di regolamentazione, di protezione sociale e di imposizione fiscale e le barriere al commercio si abbasserebbero in continuazione

Incremento della povertà perché i poveri migrerebbero nelle regioni che mantengono ancora qualche forma di protezione sociale. Queste regioni si troveranno costrette a ridurre la protezione sociale per effetto del maggior fabbisogno fiscale dovuto all’arrivo di immigrati poveri da altre regioni.

Amplificazione di diseguaglianze Favorisce lo scaricabarile (blame shifting) e la tendenza a prendersi i meriti (credit claiming). Aumentano i livelli di corruzione.

Bicameralismo

Il parlamento unicamerale è quello in cui le deliberazioni legislative vengono prese da una sola assemblea. Il parlamento bicamerale è quello in cui le deliberazioni legislative vengono prese da due assemblee distinte.

Il bicameralismo può essere:

Congruente: si determina quando l due camere hanno una composizione politica simile. Incongruente: le due camere differiscono nella composizione politica. Il livello di congruenza

dipende da come vengono selezionati i membri delle due camere e da chi dovrebbero rappresentare.

I membri della camera bassa vengono eletti quasi sempre tramite sistemi in cui tutti gli elettori hanno lo stesso peso. Per quelli della camera alta, invece, vengono usati 4 metodi:

Ereditarietà Nomina: nella camera facilita la selezione di individui in possesso di competenze, conoscenze o

esperienze particolari che potrebbero risultare utili nella discussione di determinate leggi. E’ antidemocratica.

Elezione diretta e indiretta I MEMBRI DELLA CAMERA BASSA dovrebbero RAPPRESENTARE TUTTI I CITTADINI SECONDO IL PRINCIPIO GENERALE una persona, un voto. In alcuni paesi (It e Jap) ciò avviene anche per i membri della camera alta. Nella stragrande maggioranza dei sistemi bicamerali, la camera alta non rappresenta pariteticamente la popolazione.

Il ruolo più comune per la camera alta in un sistema bicamerale è rappresentare i cittadini di unità geografiche subnazionali. La distribuzione frequentemente ineguale dei cittadini sulle diverse unità geografiche subnazionali di un paese conduce spesso al malapportionment nel ramo superiore del parlamento, per cui alcuni cittadini sono più rappresentati di altri. La distribuzione geografica ineguale dei cittadini porta frequentemente alla violazione del principio una persona un voto nelle camere alte a base territoriale.

Bicameralismo:

☃ Simmetrico: quando le due assemblee legislative hanno un potere costituzionale identico o quasi. L’assimmetria totale esiste quando una camera possiede il potere decisionale ultimativo.

☃ Asimmetrico: quando le due assemblee legislative hnno un potere costituzionale diseguale. La camera più bassa ha + potere.

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1. La camera alta è generalmente un attore politico importante perché gode di poteri costituzionali simili a quelli della camera bassa e perché la diversa composizione politica della camera alta fa sì che rifletta le preferenze politiche diverse rispetto all’altro ramo del parlamento.

2. La camera alta non è quasi ma un attore politico importante perché i suoi poteri costituzionali sono estremamente deboli e perché la sua composizione politica tende a riflettere quella della camera bassa.

3. La camera alta è un attore politico debole, non incide sul processo legislativo per via della sua commozione politica perché è simile a quella della camera bassa.

4. Camera alta in conflitto con quella bassa per la sua diversa composizione politica, la camera alta

non ha un ruolo significativo nel processo legislativo perché i suoi poteri costituzionali sono deboli. Le idee sul bicameralismo contemporaneo risalgono alle antiche istituzioni politiche della Grecia. Il concetto greco di governo misto presupponeva la rappresentanza di tutte le classi sociali. Sia i greci che i romani svilupparono una struttura mista di questo tipo, con la presenza di due consigli legislativi di natura consultiva che avevano funzioni molto simili e rappresentavano classi diverse.

I filosofi greci ammiravano certi aspetti del governo aristocratico (affidamento dei poteri ai colti) ma erano consapevoli del pericolo che l’aristocrazia potesse degenerare in oligarchia. Rappresentando gli interessi di diverse classi sociali, il governo misto creava praticamente un sistema di pesi e contrappesi istituzionali che avrebbero prevenuto la degenerazione del sistema politico in oligarchia.

Il parlamento b. in senso moderno apparve in Inghilterra nel XIV secolo.

Montesquieu affidava il potere esecutivo al monarca, quello legislativo all’aristocrazia e al popolo tramite due camere separate ed equipollenti. Le due assemblee legislative, insieme a un monarca investito del potere esecutivo, avrebbero creato un sistema di pesi e contrappesi in grado di assicurare la stabilità del sistema politico. L’aristocrazia, considerata colta, matura e saggia, avrebbe potuto sfruttare il suo ruolo nella camera alta per migliorare le leggi partorite dalla camera bassa del popolo.

Questa visione viene sostituita alla fine del XVIII dall’ascesa del repubblicanesimo e dalla sua enfasi sulla rappresentanza politica del popolo come entità unitaria, anziché come insieme di classi sociali contrapposte.

Alcuni paesi unitari che hanno adottato dei sistemi bicamerali reagirono alla sempre più estesa adozione dei valori democratici e alla diffusione del suffragio universale riducendo il potere della camera alta di bloccare o ribaltare le politiche portate avanti dalla camera bassa eletta dal popolo.

I membri della camera alta hanno caratteristiche preziose (saggezza, maturità e conoscenza) che i membri eletti della più popolare camera bassa non possiedono. Le camere alte possono avere un ruolo importante nel rallentamento del processo legislativo, riducendo così la possibilità di sfornare in fretta e furia delle cattive leggi; esse migliorano la qualità complessiva della legislazione.

4)Bicameralismo debole

Ita, Jap

1)Bicameralismo forte

Australia, Germania,

Svizzera, St.u

2)Bicameralismo insignificante

Austria, Bahamas, Giamaica

3)Bicameralismo debole

Canada, Francia, India,

Uk

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Alcuni stati unitari (Danimarca e Svezia) hanno tentato di democratizzare le procedure di selezione utilizzate nella camera alta. Tuttavia, la camera alta si trasforma per contenuto avvicinandosi alla camera bassa.

Nei paesi federali il b. viene difeso principalmente come mezzo istituzionale per proteggere il sistema federale e promuovere le preferenze specifiche delle diverse unità territoriali. Nei paesi unitari, invece, il b. viene difeso principalmente come mezzo istituzionale per migliorare la qualità della legislazione.

Il costituzionalismo

Designa l’impegno dei governi ad accettare la legittimità e l’autorità di un insieme di regole e principi sovraordinati che sono contenuti in una costituzione.

Un sistema di giustizia costituzionale comprende l’insieme di istituzioni e procedure destinate a proteggere le regole e i principi della costituzione. Storicamente, pochi paesi hanno avuto un sistema di giustizia costituzionale.

Il nuovo costituzionalismo descrive una situazione in cui tutte le nuove costituzioni contengono una carta dei diritti umani che viene garantita da istituzioni come le corti costituzionali. Queste istituzioni possono usare il proprio potere per invalidare le norme che violano i diritti individuali sanciti dalla costituzione, limitando sostanzialmente l’autorità legislativa.

Il progressivo sviluppo di un nuovo costituzionalismo ha coinvolto sempre più i giudici nel processo legislativo “governo dei giudici”.

La costituzione rappresenta la fonte formale dell’autorità statuale. Essa definisce le istituzioni governative e conferisce a queste istituzioni il potere di creare, applicare e interpretare le leggi. Indica anche come dovrebbero interagire tra di loro.

Quasi tutte le costituzioni in vigore al mondo sono costituzioni codificate, cioè che sono formalizzate in un documento unitario. Una costituzione non codificata ha varie fonti, che possono essere scritte o non scritte.

La costituzione rigida è quella che si può modificare solo attraverso una procedura di revisione costituzionale. Essa riconosce implicitamente che la legge costituzionale ha uno statu giuridico superiore alla legge ordinaria. Per l’approvazione di una revisione costituzionale non basta la maggioranza parlamentare. I criteri specifici per l’approvazione di una revisione costituzionale variano da paese a paese. Le costituzioni flessibili non prevedono procedure specifiche di revisione, si possono modificare in qualunque momento con una semplice maggioranza parlamentare. Esse non attribuiscono alla costituzione uno status giuridico superiore alle leggi ordinarie. Quasi tutte le costituzioni contemporanee sono rigide.

Storicamente possiamo identificare due tipi ideali di costituzione:

❀ C. basata sul principio della supremazia parlamentare: non prevede il controllo di costituzionalità, non include una carta dei diritti e non è rigida. Erano molto comuni nel passato, ma oggi sono rare.

❀ C. basata sul principio della legge sovraordinata: prevede il controllo di costituzionalità, include una carta dei diritte ed è rigida. Parte dalla premessa che lo stato può commettere errori sul piano giuridico e che i diritti degli individuano delle minoranze vadano protetti dal rischio di prevaricazione da parte dello stato.

Il controllo di costituzionalità è l’autorità conferita a un’istituzione di invalidare leggi, decisioni amministrative, provvedimenti giudiziari e altri atti di governo che violano regole costituzionali, come i diritti. Quando il controllo di costituzionalità viene effettuato da giudici ordinari si parla di controllo giudiziario.

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Il nuovo costituzionalismo descrive la situazione per cui quasi tutti i paesi possiedono oggi una costituzione rigida, una carta dei dritti e una procedura di controllo di costituzionalità per la tutela dei diritti. L’evoluzione verso il nuovo c. ebbe inizio in Europa dopo la seconda guerra con la creazione delle corti costituzionali. L’esperienza dei governi fascisti in It e Ger tolse ogni dubbio sul fatto che gli stati potessero effettivamente commettere gravi errori e che in molti casi gli individui dovessero ricevere protezione contro le prevaricazioni dello stato. La successiva adozione di costituzioni fondate sulla legge sovraordinata in altri paesi ha coinciso con il passaggio alla democrazia.

I sistemi di giustizia costituzionale variano su tante dimensioni diverse:

❀ Tipo: controllo di costituzionalità astratto che prevede il controllo di c. delle norme legislative in assenza di una vertenza giuridica concreta. Il controllo di costituzionalità concreto prevede il controllo di c. delle norme legislative in presenza di una vertenza giuridica concreta.

❀ Tempistica: il controllo di costituzionalità può avvenire a priori, cioè prima che una legge venga promulgata, o a posteriori dopo la promulgazione della legge.

❀ Giurisdizione: a cui compete il controllo di c.. può essere centralizzato, cioè designa la situazione in cui solo una corte è legittimata a effettuare il controllo, o decentralizzato, cioè una situazione in cui più corti possono interpretare la costituzione.

Il modello americano di giurisdizione costituzionale

Il controllo di c. è decentralizzato e demandato ai giudici ordinari. Nel sistema americano vi è una netta separazione dei tre poteri e quindi vi è una distinzione tra funzione giudiziaria e funzione politica. I tribunali americani dovrebbero evitare di legiferare perché la funzione legislativa è del parlamento. I giudici sono legittimati a effettuare un controllo di costituzionalità a posteriori. Tuttavia, i tribunali non possono esercitare un controllo astratto, o esprimere opinioni consultive sulla costituzionalità dei progetti di legge.

Il modello europeo

Il potere giudiziario è sempre stato subordinato a quello legislativo. Per evitare il controllo giudiziario e un governo dei giudici viene istituita la corte costituzionale. Esse hanno il monopolio sul controllo costituzionale, sono distinte dall’ordine giudiziario in senso stresso, hanno giurisdizione unicamente in materia costituzionale, possono effettuare un controllo istituzionale astratto o concreto

La teoria degli attori con potere di veto consente di comparare le istituzioni politiche dei vari paesi in modo coerente. La teoria traduce la struttura istituzionale di un determinato paese in termini di configurazione di attori con veto. Un attore con potere di veto è un attore individuale o collettivo il cui consenso è necessario per un cambiamento dello status quo politico. Ci sono due tipo di attori con veto:

Istituzionale: derivano di diritto dalla costituzione di un paese. Partitico: generati dal gioco politico.

Il federalismo, il bicameralismo e il controllo costituzionale possono essere considerati costruttivamente come forme diverse della stessa cosa, diversi tipi di attori istituzionali con veto. Tali istituzioni frappongono degli ostacoli alla capacità degli attori politici di modificare lo status quo.

La teoria indica che i paesi in cui ci sono molti attori con veto, con preferenze sulle politiche pubbliche in conflitto fra loro, tendono a essere caratterizzati da:

Maggiore stabilità delle politiche pubbliche Mutamenti più marginali delle politiche Minor variazione delle dimensioni di tali mutamenti Poteri d’agenda più deboli.

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Un concetto fondamentale di questa teoria è l’insieme vincente, cioè l’insieme delle alternative di politiche pubbliche che sconfiggerebbero lo statu quo in un confronto a coppie, quali che fossero le regole di voto impiegate. La dimensione di questo insieme determina la stabilità delle politiche. Quando è ampio, una politica pubblica è meno stabile in quanto ci sono molte alternative politiche che possono battere lo status quo in confronto a coppie. La dimensione, inoltre, determina la probabile dimensione dei mutamenti di politiche pubbliche. Quando è piccolo i mutamenti sono limitati. continuano, la dimensione dell’insieme influenza la varianza che dovremmo osservare nell’entità dei mutamenti. Infine, la dimensione incide sulla capacità di un agenda setter di influenzare l’esito di una politica pubblica.

Aumentando il numero degli attori, si riduce la dimensione dell’insieme vincente o lo lascia invariato, ma non lo fa mai aumentare.

Aumentando la distanzia ideologica tra gli attori con veto e/o dal numero degli attori con veto si riduce la dimensione dell’insieme vincente.

La teoria degli attori con veto prevede perciò che la stabilità delle politiche accresca la probabilità di instabilità del regime nelle democrazie presidenziali.

Dobbiamo aspettarci livelli più elevati di attivismo giudiziario e burocratico nei paesi federali e bicamerali che nei paesi unitari e unicamerali.

Il termine veto indica un atto formale con il quale una autorità investita di tale potere è in grado di bloccare, temporaneamente o definitivamente, una deliberazione amministrativa, legislativa o politica emessa da un altro potere.

Capitolo 8

La diffusione della democrazia Come si è diffusa la democrazia nel tempo? L’idea delle “ondate” (Huntington 1991)

1828-1926 “lunga”: ispirazione alle rivoluzioni americana e francese. I paesi sono Argentina, Francia, Gran Bretagna, Islanda, Irlanda, Italia, Svizzera e Stati Uniti.

1922-42 riflusso

1943-1962 “corta”: dopo la seconda guerra. I paesi sono Austria, Brasile, india, Israele, Italia, Giappone, Germania Ovest, ecc.

1958-75 riflusso

1974- “terza ondata” (Portogallo, Grecia, Spagna)

Come avviene una transizione alla democrazia?

Modalità di transizione nella Terza ondata: a) rivoluzione o “sostituzione” dal basso. Il popolo si solleva per rovesciare un regime autoritario in una rivoluzione popolare. Portogallo, Filippine, Germania Est, Romania b) riforma o “trasformazione” dall’alto. L’èlite dirigente autoritaria introduce riforme liberali che in ultima istanza portano a una transizione democratica. Spagna, Cile, Ungheria, Turchia, Taiwan, Polonia (1), Nigeria c) negoziato governo / opposizioni: Polonia (2), Uruguay, Sudafrica, Mozambico d) imposizione esterna: Panama 1989, Afghanistan 2001? Iraq 2003? (Germania Ovest 1949, Giappone 1952). A) transizioni dal basso (bottom up) Proteste di massa hanno avuto un ruolo importante in alcune transizioni verso la democrazia ad es. “rivoluzione di velluto” in Cecoslovacchia 1989, Romania 1989, people power revolution nelle Filippine 1986, “resistenza di giugno” in Corea Sud 1987. colour revolutions anni 2000 (nonviolente, non

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sempre di successo): “rose revolution” in Georgia 2003, “arancione” in Ucraina 2004, “cedri” in Libano 2005, “zafferano” in Birmania 2007, “verde” in Iran 2009, “gelsomino” in Tunisia 2011, “25 gennaio” in Egitto 2011

Eppure il crollo del comunismo fu sostanzialmente imprevisto.

regimi comunisti apparentemente molto stabili: pochissime rivolte (Berlino 1953, Poznan 1956, Budapest 1956, Praga 1968, Polonia 1981)

Germania dell’Est (DDR) sembrava particolarmente stabile: regime molto repressivo e relativamente prospera

Perché le transizioni dal basso sono rare e difficili da prevedere? Crollo dei regimi comunisti in Europa orientale Con l’eccezioni delle rivolte già citate, i regimi comunisti dell’Europa orientale erano rimasti incontrastati per più di quarant’anni. Le rivolte che si verificarono furono represse mediante l’uso della forza e l’intervento militare diretto dell’Unione Sovietica. Processo innescato dall'elezione di Gorbaciov a leader URSS (1985), il quale aveva ereditato una crisi economica. Egli risposte a questa crisi con due politiche di riforma chiamate perestroika e glasnost per rilanciare URSS. La prima era una politica mirata alla liberalizzazione e rigenerazione dell’economia sovietica, la seconda, invece, era una politica concepita per aumentare l’apertura politica e incoraggiare la libertà di espressione. La speranza era che queste riforme fossero in grado di salvare l’Urss, invece hanno incoraggiato la sua caduta. Queste riforme incoraggiano riformisti e gruppi opposizione in Europa orientale. Ha seguito di una grande ondata di scioperi, il governo polacco convocò una conferenza nel ’88, nota come “Tavola Rotonda” con il principale gruppo d’opposizione (Solidarnośd) per raggiungere un accordo su come affrontare i problemi economici e politici. Il risultato di queste trattative fu la legalizzazione di un sindacato indipendente ed elezioni a livello nazionali l’anno successivo che produssero il primo primo ministro non comunista in Europa orientale in quarant’anni. Le cose cominciarono a cambiare quando l’Ungheria apre il confine con l’Austria e provocando la fuga dei tedeschi. Germania Est: dalle proteste del Neues Forum a Lipsia e Berlino all’apertura e crollo del Muro. Teoria dell’azione collettiva Azione collettiva nel perseguire "beni pubblici" da parte di gruppi di individui. Un bene pubblico è caratterizzato da: a) non escludibilità: una volta che il bene è prodotto, è difficile o impossibile impedirne la fruizione da parte dei consumatori. Nessuno può essere escluso b) non rivalità: il consumo di un bene da parte di un individuo non implica l'impossibilità per un altro individuo di consumarlo, allo stesso tempo. Esempi: faro, stazione dei pompieri, parco nazionale, democrazia. I beni pubblici sono desiderabili, ma i beneficiari danno effettivamente il loro contributo per produrli? La difficoltà che gruppi dì individui hanno nella fornitura di beni pubblici, che tutti i membri del gruppo desiderano, è nota come problema dell’azione collettiva (o problema del free rider). I singoli sono spesso poco incentivati a contribuire alla fornitura di un bene pubblico che andrà a beneficio di tutti. La decisione di non partecipare è attraente:

Se la protesta fallisce, non avrete pagato alcun costo né corso il rischio di subire l'ira del regime autoritario.

Se la protesta ha successo, potrete “approfittare” (free ride) della partecipazione degli altri, perché tutti possono beneficiare dell'instaurazione della democrazia.

Le forma di azione collettiva hanno meno probabilità di avere successo quando il numero dei membri del gruppo necessario per il successo dell’azione collettiva (k) è significativamente inferiore al numero di persone che ne trarrebbero beneficio (n). La decisione dipende dalle aspettative sul comportamento altrui:

in società di N individui, con K partecipanti necessari ad ottenere una transizione democratica, tre possibilità:

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a) partecipano meno di K - 1 (non è sufficiente che io partecipi) b) partecipano esattamente K - 1 (è indispensabile che io partecipi) c) partecipano K o più (è superfluo che io partecipi)

Se tutti gli individui usano questa logica, possibili solo due equilibri (in cui nessuno vorrà individualmente cambiare comportamento):

A. Nessuno partecipa (perché reputa insufficiente oppure superflua l’aggiunta della sua partecipazione). B. Partecipa l’esatto numero (K) di persone necessarie (i partecipanti sanno di essere indispensabili, i non partecipanti sanno di non esserlo). Due fattori influenzano la probabilità che ci si ritenga decisivi: 1. differenza tra K e N: se K = N tutti sanno che devono partecipare (no incentivi a free riding), ma se K < N i membri del gruppo sanno che non è indispensabile partecipare.

L’incentivo a non partecipare cresce (e dunque la probabilità di successo dell’azione collettiva si riduce) quanto maggiore la differenza tra K e N.

2. dimensione di N: se N è grande, la partecipazione individuale è improbabile che faccia differenza, sia che quasi nessuno protesti, sia che molte persone stiano già protestando

Gruppi di dimensioni maggiori hanno livelli più elevati di free riding e minori probabilità di azioni collettive di successo.

La teoria dell'azione collettiva spiega perché le dimostrazioni pubbliche di opposizione al regime sono rare nelle dittature: l’interesse comune di molti a rovesciare il regime non si traduce automaticamente in un’azione collettiva. Ma non spiega le proteste di massa. La partecipazione diventa il comportamento da spiegare. Ciò significa che i leader di gruppi interessati a qualche forma di azione collettiva avranno maggiore successo se diranno ai loro membri che il successo dipende dalla partecipazione di tutti i loro membri piuttosto che solo di alcuni di loro. La logica dell’azione collettiva aiuta a spiegare perché i partiti politici cercano di convincere i loro sostenitori che tutti i loro voti sono cruciali per il loro successo elettorale, anche se non è vero, stanno cercando di convincere i votanti a partecipare e a non defezionare. La dimensione del gruppo è importante. Quanto più grande è il gruppo, tanto più difficile è monitorare, identificare e punire quelli che non partecipano alla protesta. Il risultato è che gruppi grandi tendono a essere caratterizzati da alti livelli di non partecipazione e da una bassa probabilità che l’azione collettiva abbia successo. Gruppi piccoli possono essere più potenti di gruppi grandi in virtù della maggiore abilità del piccolo gruppo di risolvere il problema della non partecipazione. Il problema del free rider tende a danneggiare in misura maggiore l’abilità di condurre forme di azione collettiva di un gruppo più grande rispetto a quella di un gruppo piccolo. Modelli di rovesciamento Due nuovi concetti dissimulazione delle preferenze: differenza tra preferenza privata e preferenza rivelata pubblicamente (rende rare le proteste). La percezione è che la società sia pubblicamente a sostegno della dittatura e che sia inutile opporsi a essa. Anche se molte persone dissimulano le loro preferenze, vi è probabilmente un livello di protesta il quale sarebbero disposti a rivelare pubblicamente le proprie vere preferenze. Soglia rivoluzionaria individuale: vi è probabilmente un livello di protesta al quale anche chi dissimula diventa disposto a rivelare pubblicamente le proprie vere preferenze. Gli individui hanno diverse soglie rivoluzionarie: i. bassa (dissidenti): disposti ad opporsi al regime indipendentemente dal fatto che altri lo facciano ii. elevata: disposti a protestare solo se molti altri si uniscono alla protesta iii. sostenitori genuini del regime: estremamente riluttanti a protestare. La distribuzione delle soglie rivoluzionarie in una società è cruciale nel determinare se una rivoluzione si verifica o no. La dissimulazione delle preferenze implica che la distribuzione delle soglie rivoluzionarie non è nota: una società può arrivare alla soglia di una rivoluzione senza che nessuno lo sappia. La nostra incapacità di osservare le preferenze private e le soglie rivoluzionarie rende le rivoluzioni impossibili da prevedere. I fattori strutturali (privazione relativa, rimostranze o oppressione,

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recessioni economica) possono modificare preferenze private e le soglie rivoluzionarie e rendere le rivoluzioni più probabili, senza tuttavia produrre una rivoluzione. La dissimulazione delle preferenze aiuta a spiegare perché i regimi comunisti in Europa orientale erano più vulnerabili di quanto le popolazioni soggette a essi non avessero lasciato trasparire prima del 1989. Durante gli anni 80, una serie si cambiamenti strutturali abbassò le soglie rivoluzionarie in Europa orientale al punto da innescare una cascata rivoluzionaria entro i paesi e tra i paesi. Le soglie rivoluzionarie si erano abbassate anche per effetto della pessima performance economica di molti paesi dell’Europa orientale a partire dagli anni 80 e dalla dichiarazione di dichiarazione di Gorbaciov secondo la quale l’URSS non sarebbe intervenuta militarmente. Il successo di riforme pro-democratiche in un paese ridusse ulteriormente le soglie rivoluzionarie e incoraggiò dimostrazioni a favore della democrazia altrove, portando ad una cascata rivoluzionaria tra i paesi, oltre che tra gli individui. B) transizioni dall’alto (top down) Le transizioni dall’alto verso la democrazia spesso emergono da una divisione tra riformisti e conservatori in un regime autoritario. Tipicamente il regime è oggetto di una qualche forma di pressione a causa di un peggioramento delle condizione economiche e i riformisti sono saliti alla ribalta. Mentre i conservatori tendono a essere soddisfatti dello status quo, i riformisti possono preferire la liberalizzazione e l’ampliamento della base sociale della dittatura nel tentativo di guadagnare alleati e di rafforzare la loro posizione nei confronti dei conservatori. I riformisti devono aprire il regime politico attraverso un processo di liberalizzazione? Una politica di liberalizzazione comporta un’apertura controllata dello spazio politico che potrebbe includere la formazione di partiti politici, l’indizione di elezioni, la stesura di una costituzione, l’istituzione di un sistema giudiziario o di un legislativo. L’obiettivo è l’inclusione di vari gruppi di opposizione, creando una dittatura allargata. Questo tipo di regime è molto diffuso nel mondo e viene visto dagli studiosi con favore, in quanto sono segnali che queste dittature si stanno lentamente muovendo verso la democrazie piena. Tuttavia, non è vero perché la liberalizzazione può essere usata dalle elite autoritarie per cooptare o controllare gruppi di opposizione, al fine di rafforzare il proprio potere. E’ stato dimostrato che anche altre istituzioni sono strumenti utili nella mani dei dittatori. Per esempio i partiti politici possono aiutare le dittature a mobilizzare i sostenitori, pervadere la società e controllare l’opposizione anche a livello locale. Un legislativo può avere l’effetto benefico di consentire a gruppi di opposizione di esprimere le proprie richieste senza dover contrastare pubblicamente il regime autoritario. Le costituzioni scritte possono rendere le dittature più stabili ed efficaci. I riformisti non possono garantire che la liberalizzazione riuscirà a produrre una dittatura allargata. Se i riformisti liberalizzano, allora l’opposizione democratica ha due opzioni. Da un lato, può accettare le concessioni offerte ed entrare nelle istituzioni di una dittatura allargata. In questo caso, l’opposizione democratica essenzialmente accetta di mantenere le regole del gioco autoritarie, in cambio dell’accesso al potere politico formale. Dall’altro lato, l’opposizione può,invece, decidere di trarre vantaggio dalle nuove libertà per organizzarsi e mobilitarsi ulteriormente contro il regime. Se l’opposizione continua a mobilitarsi, allora questa è la prova che l’apertura controllata da parte dei riformisti è fallita. La pozione dei riformisti tenderà a essere minacciata. A questo punto, le elite autoritarie hanno due scelte. La prima è usare la forza nel tentativo di reprimere la mobilitazione popolare e restaurare l’ordine, se la repressione ha successo, allora il risultato sarà una dittatura più ristretta nella quale i riformisti pagheranno le conseguenze di avere introdotto una fallimentare politica di liberalizzazione e saranno soppiantati dai conservatori. La seconda, invece, è accettare le sue richieste e consentire l’emergere di istituzioni veramente democratiche. Il Gioco della Transizione Assunto di informazione completa: ogni giocatore sceglie prevedendo correttamente le successive mosse proprie e dell’altro giocatore. Antefatto: emerge una divisione nel regime tra riformisti e conservatori. SCELTA 1: I riformisti devono decidere se: a) aprire il regime politico (liberalizzazione) in alcune circostanze, la liberalizzazione può aumentare la stabilità del regime dittatoriale: “dittature allargate” sono sempre più diffuse e stabili, non in transizione.

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b) mantenere lo status quo. Dati i potenziali benefici, perché non tutte le dittature spingono per una liberalizzazione? Il problema è che il processo di liberalizzazione è intrinsecamente instabile. SCELTA 2: Se i riformisti liberalizzano, i gruppi di opposizione hanno due opzioni: a) accettare ed entrare in una “dittatura allargata” b) trarre vantaggio dalle nuove libertà per organizzarsi e mobilitarsi ulteriormente contro il regime, per la democrazia � se (b), l'apertura controllata è fallita e la posizione dei riformisti all’interno del regime può essere compromessa. SCELTA 3: Le élite autoritarie hanno due scelte: a) reprimere � efficace se l'opposizione è debole: ne risulta una “dittatura più ristretta” con gli hard-liners che ritornano al potere. � inefficace se l'opposizione è forte: ne risulterebbe un’insurrezione b) consentire una transizione democratica In teoria, se l’opposizione è forte, prevedendo il rischio di un’insurrezione, i riformisti rinunceranno a iniziare la liberalizzazione (Scelta 1) : così una transizione verso la democrazia NON è possibile. Interazioni ed esiti nel “Gioco della transizione” Preambolo: emerge divisione tra moderati e duri nell’élite autoritaria, con i primi, per qualche motivo in posizione dominante, che se vogliono possono scegliere di aprire lo spazio politico. i riformisti hanno il seguente ordine di preferenze: Dittatura allargata > SQ > Dittatura ristretta > Transizione > Insurrezione l’opposizione ha il seguente ordine di preferenze: Transizione > Dittatura allargata > SQ > Insurrezione > Dittatura ristretta Quando l’opposizione democratica è debole, i riformisti possono ottenere il loro esito preferito, cioè una dittatura allargata. Un’opposizione debole scegli di accettare le concessioni dei riformisti ed entrare nelle istituzioni autoritarie perché quest’alternativa è migliore dello status quo e perché sa di non essere abbastanza forte per impedire ai riformisti di reprimerla con successo, nel caso scegliesse di continuare a organizzarsi e mobilitarsi contro il regime. Quando l’opposizione democratica è forte prevarrà lo status quo. Un’opposizione forte sa che, se si organizza, allora sarà forte abbastanza da vanificare i tentativi dei riformisti di reprimerla, quindi i riformisti preferiranno democratizzare. I riformisti da parte loro sanno che un’opposizione forte risponderà alla liberalizzazione organizzandosi e che essi saranno alla fine costretti a democratizzare. Per evitare di essere costretti ad attuare una democratizzazione che non vogliono, i riformisti non apriranno e manterranno lo status quo. MA: l’assunto di informazione completa (ogni giocatore conosce tutte le informazioni sul gioco) è irrealistico. In realtà, c’è incertezza: � dissimulazione delle preferenze: élite autoritarie incerte circa la forza dell'opposizione, non sanno che partita stanno giocando. � le transizioni dall’alto si possono verificare se i moderati sono incerti sul tipo di opposizione (debole o forte) che si trovano ad affrontare. � se pensano che sia debole, apriranno lo spazio politico, e se l’opposizione è invece forte continuerà ad organizzarsi e mobilitarsi contro il regime, i moderati stessi capiranno che la repressione avrebbe esito negativo e quindi la soluzione migliore per loro è quella di permettere una ulteriore democratizzazione. Applicazione al caso della Polonia I riformisti liberalizzano per cooptare l’opposizione: includere Solidarnośd per legittimare il regime “l’obiettivo di questo gioco è quello di assorbire l'opposizione nel nostro sistema” (Gen. Jarulzelski) i. conferenza “Tavola Rotonda” (febb-apr. 1989) con Solidarnośd,leader religiosi e intellettuali per trovare un compromesso politico ii. legalizzazione di Solidarnośd. iii. elezioni politiche nazionali (65% seggi Sejm riservati ai comunisti, 35% eletti; 100% seggi Senato eletti).

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MA Solidarnośd rivela la propria forza vincendo tutti i seggi eletti del Sejm e tutti tranne uno al Senato: primo PM non comunista in Europa orientale in quarant’anni I giochi ad informazione incompleta evidenziano il ruolo importante che le informazioni e le credenze hanno in politica. Una ulteriore implicazione: gli attori politici saranno incentivati ad intraprendere azioni che influenzano le credenze di altri attori. e.g. nel preambolo del gioco, un’opposizione democratica forte eviterà azioni che segnalerebbero la sua forza ai riformisti Abbiamo ipotizzato che i riformisti non sapessero con che tipo di opposizione (debole o forte) avessero a che fare. Ma potremmo anche ipotizzare situazioni in cui l'opposizione democratica non sa con che tipo di dittatura (repressiva o liberale) ha a che fare, oppure situazioni in cui sia l'opposizione che la dittatura siano incerti gli uni degli altri. Le fasi della democratizzazione: transizione e consolidamento Transizione Consolidamento

Il consolidamento democratico Nel breve periodo: sopravvivenza del regime elettorale, nel lungo periodo: legittimazione e istituzionalizzazione del gioco democratico. Consenso sulla democrazia come ‘the only game in town’(nessun attore significativo …) manifesto nei comportamenti (routinizzazione), negli orientamenti normativi (interiorizzazione) e nelle procedure costituzionali (istituzionalizzazione). Da sostegno strumentale a sostegno intrinseco.

Democratizzazione o ibridizzazione?

“transizione” e “consolidamento”: un paradigma teleologico?

esiti terza ondata: riforme reali, riforme parziali, riforme formali, no riforme

ondata di democratizzazione, ma anche di “ibridizzazione”: nuovi tipi di regimi Tre idee diverse, terminologie e strategie di analisi in base a sovrapposizione / distanza dei regimi riformati rispetto ad una democrazia minima: a) democrazie difettive (“con aggettivi”): lacune da identificare e qualificare, ad es. democrazia delegata, democrazia illiberale, democrazia clientelare, ecc.

b) regimi ibridi (“zona grigia”): stabilizzazione di regimi misti, alternativi alla democrazia, ad es. regimi ibridi, semiautoritari, semi-democratici, autoritarismi competitivi, ecc. c) autoritarismi elettorali: non democratici, “uso autoritario delle elezioni’, ad es. pseudodemocrazie, democrazie di facciata, dittature mascherate, ecc. Come emergono gli “autoritarismi competitivi”? Fenomeno successivo alla Guerra fredda: da 10 (1985) a 36 (1995)

Elezioni fondative

autoritarismo

consolidato

autoritarismo

fragile

democrazia

fragile

democrazia

consolidata

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Risulta da cambiamenti che hanno aumentato i costi dell’autoritarismo e creato incentivi per l’adozione del multipartitismo: 1) fine del sostegno delle superpotenze per le dittature 2) fine delle alternative e diffusione/promozione del modello liberal-democratico MA pressioni selettive e superficiali: democratizzazione non inevitabile,liberalizzazione parziale si è spesso dimostrata sufficiente (“il nuovo standard era l’elettoralismo, non la democrazia”, Levitsky –Way) Autoritarismo competitivo: • competitivo (≠ façade democracy: le opposizioni potrebbero vincere) … • … ma handicap autoritari all’opposizione (i.e. non democratico: elezioni spesso non libere e quasi sempre scorrette) competizione reale ma iniqua.

Capitolo 9 Gli argomenti teorici che cercando di collegare il tipo di regime con la crescita economica si concentrano su tre fattori: diritti di proprietà, incentivi ai cittadini rivolti al consumo anziché all’investimento e autonomia dittatoriale. Diritti di proprietà Le democrazie godono di livelli di crescita economica più elevati delle dittature pechè sono basate su uno stato di diritto e tutelano i diritti di proprietà. La democrazie pone dei limiti alla possibilità che i regimi

applichino confische arbitrarie di proprietà private. La democrazie incoraggi gli investimenti e quindi lo sviluppo. La democrazia contribuisce a garantire lo stato di diritto, che a sua volta contribuisce ad assicurare diritti di proprietà stabili che incoraggiano gli investimenti promotori della crescita. L’evidenza empirica è debole. Barro constata che lo stato di diritto incoraggia in modo significativo la crescita economica quando esami i dati di circa 100 paesi tra il 1960 e il 1995. Dato che esiste una simile relazione tra stato di diritto e percentuale di investimenti sul prodotto interno lordo, ne deduce che uno dei modi in cui un miglior stato di diritto promuove la crescita è incoraggiando gli investimenti. Nei dati analizzati risulta che alcuni paesi hanno un punteggio alto in un indice dello stato di diritto, ma uno basso in un indice dei diritti elettorali (democrazia). Solitamente sono paesi governati da dittatori che sostengono i diritti di proprietà e un sistema legale affidabile (le leggi vengono applicate in modo regolare, ma non necessariamente in modo equo e giusto). Gli investitori, si preoccupano più dell’affidabilità che dell’equità. Questo perché leggi affidabili, giuste o meno, permettono loro di fare previsioni attendibili sulle possibilità di ottenere un ritorno dai loro investimenti. All’estremo opposto ci sono paesi che hanno punteggio elevato nell’indice dei diritti elettorali, ma basso nell’indice dello stato di diritto. Questi paesi sono caratterizzati da forme di competizione elettorale piuttosto avanzate, ma la tutela legale dei diritti di proprietà è in gran parte assente. Il fallimento dello stato di diritto e della tutela dei diritti di proprietà si presentano sia nelle democrazie che nelle dittature. L’indice dei diritti elettorali non predice l’indice dello stato di diritto e promuovere la democrazie in quando favorisce la crescita economica suona bene ma è falso. L’esatta relazione tra democrazie e crescita economica rimane comunque una questione contesa. Un motivo per cui la democrazie potrebbe fallire nella tutela dei dritti di proprietà può essere dedotto dal modello sulla dimensione della spesa pubblica cioè il modello Meltzer-Richard (MR). Ognuno paga una quota t del proprio reddito in tasse il governo divide il gettito fiscale in parti uguali tra tutti i membri della società chiunque abbia un reddito superiore alla media è un

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contribuente netto al sistema fiscale, chiunque abbia un reddito inferiore alla media è un beneficiario netto i beneficiari netti preferiscono tasse elevate, i contribuenti netti preferiscono tasse basse. L’esatto livello dell’aliquota desiderata sarà dato dalla distanza tra il loro livello di produttività e la media sociale. Chi ha un livello di produttività molto vicino alla media sociale vorrà aliquote vicino allo zero, perché si aspetterà ben pochi benefici dal sistema fiscale; chi invece ha un livello di produttività basso vorrà tasse alte come coloro che hanno già abbandonato il mercato del lavoro, perché si aspetterà di trarre grandi benefici dal sistema di tassazione e trasferimento di reddito. Assumiamo che le dittature attuino una politica fiscale a favore dei ricchi e le democrazie – in cui una parte più ampia della popolazione è rappresentata – ne attuino una a favore dei poveri. Il modello innesca anche la possibilità che i poveri si impossessino di una parte delle proprietà dei ricchi tramite il meccanismo della ridistribuzione. Un passaggio da dittatura a democrazia porterà a tasse più alte e una ridistribuzione della ricchezza dai ricchi ai poveri. Date le imposte più elevate nelle democrazie, i ricchi sono meno propensi ad investire e quindi la crescita economica rallenterà. Due critiche al modello MR: a) la partecipazione politica è direttamente proporzionale al reddito: i poveri votano/partecipano meno dei ricchi, l'aliquota fiscale in una democrazia non sarà molto più alta che in una dittatura b) “dipendenza strutturale dello stato dal capitale” (teoria marxista): i capitalisti hanno un potere di veto sulle politiche statali poiché la mancanza di adeguati investimenti crea problemi ai governanti. Si inserisce qui il modello di Przeworski . il modello inizia con un sistema economico composto da due gruppi: uno dei due (P) deriva il proprio reddito dal profitto (capitalisti); l’altro (w) dal salario (salariati). Per ogni livello di sviluppo tecnologico nelle società, esiste un livello massimo di produzione che l’economica può raggiungere. Potremmo pensare che i frutti di questa produzione possano venire divisi tra i due gruppi in modi diversi. Il punto M indica che chi vive di profitto riceverà una parte maggiore del massimo rendimento sociale rispetto a chi vive di reddito, in linea con la gran parte dell’esperienza storica. Gli individuo possono sempre scegliere come allocare le proprie risorse. Chi vive di profitto mette sempre a confronto quello che potrebbe ottenere investendo il capitale con la soddisfazione che potrebbe trarne semplicemente consumandolo. Chi vive di salario, invece, confronta quello che potrebbe ottenere da un’ora di lavoro extra con il valore che dà a un’ora extra di tempo libero. Se uno dei due gruppi riceve meno dell’intero investimento fatto in capitale o in lavoro allora chi vive di profitto comincerà a consumare di più del proprio capitale, anziché investirlo, e chi vive di salario comincerà a prendersi più tempo libero anziché a lavorare. Come risultato, le risorse della società saranno sottoutilizzate e ci sarà un declino del rendimento sociale al di sotto delle possibilità tecnologiche. Si parla quindi della frontiera delle possibilità del capitalismo. Concludendo, la produzione di un’economia capitalista sarà sempre al di sotto delle possibilità tecnologiche, a meno che chi gode i profitti e chi guadagna i salari non dividano tra loro il rendimento sociale nel modo indicato dal punto M. La teoria della dipendenza strutturale dello stato dal capitale sostiene che i capitalisti hanno un potere di veto nei confronti delle politiche statali in quanto la mancanza di investimenti a livelli adeguati può creare gravi problemi ai dirigenti dello stato. La democrazia potrebbe non essere così negativa per investimenti e crescita come suggerito dal modello MR. Consumo vs investimento La democrazia incoraggia i lavoratori a consumare immediatamente le loro risorse anziché investirle. I poveri sono più propensi a consumare che a investire perché non possono permettersi di distogliere il loro reddito dai consumi immediati e investirlo per il futuro. Quando i lavoratori possono organizzarsi in partiti politici o in sindacati hanno la possibilità di far salire i salari, riducendo così i profitti dei capitalisti e di conseguenza l’investimento complessivo. In una dittatura, se il dittatore guarda al futuro può obbligare la popolazione a risparmiare e favorire la crescita economica. Anche questo argomento non riesce a fornire una previsione chiara che ci dica se siano le democrazie o le dittature a produrre una maggiore crescita economica.

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Autonomia da interessi particolari I leader democratici sono più soggetti alle pressioni dei gruppi d’interesse perché possono facilmente perdere le loro cariche elettive senza il sostegno politico e finanziario di questi gruppi. i dittatori sono più autonomi da tali pressioni ma due tesi opposte circa gli effetti di tale autonomia: a) positivi: l’autonomia dai gruppi è un bene per la crescita economica. Il dittatore autonomo non ha bisogno di spendere in modo inefficiente per soddisfare le domande dei diversi gruppi sociali b) negativi: l’autonomia dai gruppi è un male per la crescita economica il dittatore autonomo agirà in modo predatorio perché non c'è nessuno ad imporgli dei limiti, e le elite economiche non investiranno. Evidenza empirica degli effetti della democrazie sulle prestazioni dei governi Gli argomenti teorici causali non sono del tutto convincenti E l’evidenza empirica? Diverse teorie sul tipo di regime suggeriscono che le democrazie siano migliori delle dittature nel promuovere il benessere materiale dei loro cittadini, specie nei confronti dei più poveri. Una prima idea è che, in una d., il voto dei poveri può far decadere dal loro incarico i leader politici se non attuano politiche tese a migliorare la loro situazione. Ne risulta che i leader democratici sono incentivati ad aiutare i poveri. Una seconda idea ha a che vedere con il fatto che generalmente i regimi democratici sono caratterizzati da una maggiore libertà di stampa rispetto alle dittature. Questo significa che è più probabile che i governi democratici siano consapevoli dei gravi problemi che si trovano ad affrontare soprattutto i poveri. la terza idea è che i leader democratici forniscono più beni pubblici e maggiore ridistribuzione della ricchezza dai ricchi ai poveri di quanto non facciano i dittatori. L’evidenza empirica suggerisce che non sappiamo realmente se, come o perché il tipo di regime influenzi la crescita economica o una serie di altri risultati politici ritenuti generalmente importanti per garantire una buona qualità di vita. In realtà le istituzioni politiche hanno un gran peso nel determinare la qualità della performance che un governo è incentivato a produrre. I risultati di 18 studi diversi (in Przeworski – Limongi 1993): 8 risultati: i regimi autoritari sono cresciuti più velocemente 8 risultati: i regimi democratici sono cresciuti più velocemente 5 risultati: il tipo di regime non ha alcun effetto In definitiva, “non sappiamo se la democrazia favorisca o ostacoli la crescita economica. . . . sospettiamo che la politica sia importante, ma i ‘regimi’ non colgono le differenze rilevanti. Sembrerebbe non esserci alcuna forte relazione tra democrazia e benessere materiale Tuttavia, i dati appaiono triangolari: sebbene raramente la performance delle democrazie sia scarsa, spesso non è migliore di quella di un certo numero di dittature la performance delle democrazie è migliore di alcune dittature, ma non di tutte. La Teoria del Selettorato Assunto: tutti i leader politici sono motivati dal desiderio di conquistare e mantenere cariche politiche. C’è sempre competizione politica: che si osservi competizione o meno, qualcuno sfida sempre un leader politico in carica la natura competitiva della politica costringe i leader politici a comportarsi, come minimo, come se desiderassero conquistare e mantenere cariche politiche (anche quando hanno altri obiettivi). Se tutti i leader hanno gli stessi obiettivi (indotti) di conquista e mantenimento del potere, ci si potrebbe attendere che tutti cerchino di ottenere buoni risultati economici. Invece c’è varianza nei risultati: alcuni producono buoni risultati economici, altri no; alcuni forniscono beni pubblici, altri no; alcuni sono cleptocrati o corrotti, altri no; alcuni attuano politiche che portano pace e prosperità, altri guerra e miseria. Una buona performance economica non si traduce necessariamente in longevità al potere. BDM S forniscono una lista dei primi 25 leader (1955- 2002)migliori per quanto riguarda il raggiungimento di pace e prosperità e, per lo stesso periodo, una lista di 25 leader migliori in termini di durata. Le buone performance conducono a una breve durata al potere. La teoria del selettorato

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Alcuni ambienti istituzionali in cui i leader lottano per stare in carica li incoraggiano a comportarsi in modo benefico per la società, mentre altri ambienti a comportarsi in un modo che beneficia solo se stessi e pochi altri. Ogni paese ha un insieme basilare di istituzioni o di regole che governano le interazioni tra i cittadini residenti entro i confini del paese stesso. Tra queste ci sono le regole che definiscono chi non ha diritto di suffragio, chi fa parte del selettorato e chi fa parte della coalizione vincente. I non aventi diritto di suffragio sono tutti quei residenti che non possiedono il diritto legale di partecipare alla scelta del governo. Due dimensioni istituzionali a) dimensione del selettorato (S): l'insieme di persone che possono partecipare alla scelta del leader. Il selettorato non corrisponde sempre all’elettorato. In alcune forme di dittatura, il selettorato è piuttosto ridotto o piuttosto ampio. In una d. comprende tutti quelli che hanno diritto di voto. b) dimensione della coalizione vincente (V): le persone il cui appoggio è necessario perché il leader rimanga al potere. Se il leader non è capace di conservare la lealtà della sua coalizione vincente, perderà la sua posizione a favore di un avversario. Nelle democrazie la coalizione vincente è sempre piuttosto ampia e comprende gli elettori necessari a eleggere il candidato o il governo vincente. La coalizione vincente in una dittatura è quasi sempre ristretta. L’elemento che distingue dittature da democrazie è V: tutte le dittature hanno coalizioni vincenti ridotte, tutte le democrazie hanno coalizioni vincenti ampie. L’elemento che distingue tra tipi di dittature è S: dittature con elezioni manipolate hanno un selettorato ampio, dittature di giunte o monarchie (non parlamentari) hanno un selettorato più ridotto. E’ estremamente difficile misurare le dimensioni della coalizione vincente e del selettorato di un paesi nel mondo reale. Secondo la teoria del selettorato per rimanere al potere i leader distribuiscono una combinazione di: • beni pubblici (e.g. infrastrutture, istruzione, ecc.) di cui beneficiano tutti • beni privati di cui beneficiano i membri della “coalizione vincente” (V) I leader devono anche scegliere un’aliquota fiscale: determina quanto possono distribuire in beni pubblici e privati, nonché il residuo da trattenere per se stessi. A seconda dell’aliquota scelta, i cittadini decideranno come investire il loro tempo tra attività economicamente produttive e tempo libero. Nello stesso momento in cui il leader in carica decide l’aliquota fiscale e annuncia la propria offerta di beni pubblici e privati, anche uno sfidante offre al selettorato una combinazione di beni pubblici, beni privati e aliquota fiscale, nel tentativo di mettere insieme un’altra coalizione vincente. La dimensione della coalizione vincente (V) influenza il modo in cui i leader distribuiscono beni pubblici e privati. Il problema di fondo è quindi evitare la defezione dei membri della coalizione vincente. Quando V è piccola, i leader preferiscono fornire beni privati, quando V è grande, i leader preferiscono fornire beni pubblici. V/S genera una regola della lealtà: a) quando V/S è piccolo, i membri di V saranno estremamente fedeli (e.g. dittature con elezioni manipolate) b) quando V/S è grande, i membri di V saranno meno fedeli (e.g. democrazie e monarchie / giunte militari). La forza della regola della lealtà è determinata dal rapporto v/s, che stabilisce la probabilità che ha un membro del selettorato di far parte della coalizione vincente. La presenza o assenza di una forte regola della lealtà ha importanti implicazioni sulle prestazioni dei leader in carica. I leader politici di sistemi con v/s piccolo e forte lealtà hanno maggiori opportunità di dar vita e cleptocrazie e corruzione rispetto ai leader con v/s grande e lealtà debole. La cleptocrazia si ha quando la corruzione è organizzata dai leader politici allo scopo di arricchirsi personalmente. Un leader resta in carica finché mantiene la lealtà della coalizione V anche un ipotetico sfidante offrirà una combinazione di beni pubblici e privati al selettorato, cercando di costruire/ottenere il sostegno di una coalizione vincente. Un membro di V insoddisfatto valuta costi e benefici della defezione: non ha garanzie di far parte della coalizione vincente del prossimo leader e rischia quindi di perdere l’accesso a beni privati. Il rischio è dato dal rapporto V/S: la probabilità che un membro del selettorato sia nella coalizione vincente (futura).

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La forte lealtà che incoraggia i leader di sistemi con v/s piccoli a darsi alla cleptocrazie fa sì che in genere gli stessi leader siano poco incentivati a produrre buone politiche pubbliche. I membri della coalizione vincente in questi paesi sono leali perché il leader fornisce loro più beni privati di quanti potrebbe fornire qualsiasi sfidante e temono di venire tagliati fuori dalla coalizione del prossimo leader se scelgono la defezione. Ne consegue che finché i membri della coalizione vincente ricevono sufficienti bustarelle, non si preoccupano più di tanto del benessere materiale dei cittadini. Essi riconosco che, per mantenere il potere devono accontentare i loro sostenitori con beni privati. Se la lealtà è bassa (i.e. V/S è grande), i leader devono investire molto nell’accontentare i membri di V, aumentando le risorse a disposizione attraverso una riduzione della propria predazione e una migliore performance economica. La performance del governo dovrebbe migliorare in sistemi politici dove v/s è grande piuttosto che in sistemi dove v/s è piccolo. La dimensione della coalizione vincente Tutti i leader preferiscono acquistare il sostegno della coalizione vincente utilizzando beni privati anziché beni pubblici. Un leader in carica è sempre in grado di sconfiggere uno sfidante se la competizione è limitata alla distribuzione di beni privati. Gli sfidanti non possono garantire in modo credibile di far entrare aspiranti defezionisti nella propria coalizione vincente. Tuttavia, gli sfidanti cercano di sconfiggere i leader in carica mettendo l’accento sulla promesse di beni pubblici. Questo non aiuta a spiegare perché gli stessi sfidanti, una volta al potere, mantengono spesso lo stato di corruzione preesistente e fanno ben poco per aumentare la fornitura di beni pubblici. Anche se tutti i leader in carica preferiscono servirsi di beni privati per conservare la lealtà della coalizione vincente, non sempre questo è possibile. Molto dipende dalle dimensione della coalizione vincente: man mano che aumenta, la quota di beni privati che va a ogni membro diminuisce. Le competizioni politiche in paesi democratiche vertono su beni pubblici, perché i leader democratici non hanno abbastanza risorse per comprare con beni privati tutte le persone di cui hanno bisogno per vincere un’elezione.

Quando V e V/S sono di piccole dimensioni, ci saranno politiche scadenti: i leader hanno pochi inventivi a occuparsi dello stato dell’economica nazionale o del benessere materiale dei cittadini. L’unico fattore che trattiene questi leader da u’attività predatoria eccessiva è il rischio che i cittadini si rifiutino di lavorare e che non ci sia più niente da depredare.

quando V è piccolo, ma V/S è grande, ci saranno politiche mediocri.

quando V e V/S sono di grandi dimensioni, ci saranno politiche buone: crescita economica. I leader preferiscono sistemi politici con V e V/S piccoli I membri di V preferiscono sistemi politici con V piccolo e V/S grande I membri di S e i residenti preferiscono sistemi politici con V e V/S grandi Aspettative teoriche (fig. 9.7) coerenti con l’evidenza empirica (fig.9.4) che mostra che le democrazie generano risultati complessivamente buoni, mentre le dittature producono risultati più eterogenee. La istituzioni politiche hanno effetto sulle politiche pubbliche ritenute universalmente importanti per il benessere materiale dei cittadini in tutto il mondo.

Capitolo 10 Etica consequenzialista: le istituzioni producono buoni risultati. Etica deontologica: valutano le istituzioni senza prendere in considerazione i risultati che producono, si chiedono se le istituzioni siano intrinsecamente buone, eque o giuste. Il problema della decisione collettiva In presenza di due sole opzioni, la regola della maggioranza non presenta problemi. MA se ci sono più di due opzioni? Tre attori razionali compongono un gruppo che sembra essere incapace di prendere una decisione razionale per il gruppo nel suo complesso. Un attore è razionale se, rispetto ad un insieme di esiti, possiede un ordinamento di preferenze completo e transitivo. Un attore ha un ordinamento di preferenze completo

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se può confrontare ogni coppia di elementi (che chiameremo x e y) in un insieme di risultati in uno dei seguenti modi: l’attore preferisce x a y, preferisce y a x, o è indifferente tra i due. Un attore ha un ordinamento di preferenze transitivo se, per qualsiasi x, y, e z nell’insieme di risultati, si dà il caso che se x è debolmente preferito a y e y è debolmente preferito a z, allora x deve essere debolmente preferito a z. Paradosso di Condorcet: un insieme di individui con preferenze razionali non ha necessariamente preferenze razionali quando agisce come collettività/gruppo. La razionalità individuale non è sufficiente per assicurare la razionalità collettiva. Individui razionali hanno ordinamenti di preferenze completi e transitivi: indica che x è preferito a y dall’individuo i: data una scelta tra x e y, l’individuo sceglierebbe x. Il paradosso di Condorcet: un esempio Un consiglio comunale composto da tre persone deve decidere se: a) incrementare i servizi sociali (I) b) diminuire i servizi sociali (D) c) mantenere i livelli correnti di servizi sociali (C)

Torneo round-robin (o “girone all’italiana”): pone ogni alternativa in competizione con ogni altra alternativa in un insieme di votazioni a coppie. I consiglieri votano su tutti i possibili confronti a coppia delle alternative, utilizzando la regola della maggioranza: l’alternativa che vince il maggior numero di confronti è la scelta del gruppo. MA il gruppo “non è in grado di decidere": ogni alternativa vince uno ed un solo giro. Questo insieme di preferenze, in combinazione con questa procedura, produce “maggioranze cicliche” (non una maggioranza), ovvero instabilità. Dunque è possibile che un insieme di individui razionali formi un gruppo con preferenze intransitive. La razionalità individuale e la regola della maggioranza non garantiscono che un’alternativa emerga come un vincitore Condorcet (ovvero un’alternativa che batte tutte le altre in una serie di confronti a coppie). Il paradosso di Condorcet chiarisce che restringere il processo decisionale collettivo a insieme di individui razionali non garantisce che il gruppo nel suo complesso mostri tendenze razionali. L’intransitività a livello collettivo è improbabile quando l’insieme di opzioni disponibili è ridotto, ma è praticamente certo che, applicata a una competizione tra coppie di alternative, la regola di maggioranza

non riuscirà a produrre un risultato stabile quando l’insieme di opzioni disponibili diventa cospicuo. E’ impossibile dire che la maggioranza decise, se non in circostanze molto particolari. L’intransitività a livello collettivo dovrebbe essere frequente ma, osserviamo una sorprendente stabilità nei processi decisionali collettivi del mondo reale. Quando più è grande il numero dei votanti o, soprattutto, il numero delle alternative tanto più sono probabili le maggioranze cicliche. L’instabilità della regola della maggioranza Poiché molte decisioni in democrazia includono molti “votanti" o un gran numero di

alternative (e.g. specifica quota di bilancio 0-100% da devolvere a servizi sociali), se le decisioni vengono prese impiegando un torneo round-robin, dovremmo osservare una grande instabilità politica.

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Nella realtà osserviamo però più stabilità politica di quanto il paradosso di Condorcet suggerirebbe. Un motivo per cui non osserviamo instabilità è che, oltre al torneo round robin, vengono utilizzati meccanismi decisionali alternativi: le istituzioni sono importanti. Prendiamo in esame : 1. il metodo di Borda 2. un agenda setter (colui che definisce l’agenda) potente 1) Metodo di Borda Ciascun elettore elenca un ordinamento completo di preferenze e assegna a ogni elemento nell’ordinamento di preferenze un valore che riflette le proprie preferenze. Vince l'alternativa che raccoglie più "punti". In questo caso il Metodo di Borda non produce una risposta chiara. Ma immaginiamo una quarta alternativa: «Tagli futuri alla fornitura di servizi sociali (FT)».

Le modifiche alle regole decisionali adottate da un gruppo possono cambiare la decisione finale. Anche all'interno della stessa regola decisionale (ad esempio, il metodo di Borda), modifiche arbitrarie al processo (ad es. introdurre un’alternativa che totalizza meno punti ogni altra e che non è una prima scelta per nessuno) possono cambiare il risultato (dall’indifferenza ad un ordinamento transitivo) La decisione collettiva risulta influenzata da un’alternativa «irrilevante»: il metodo di Borda NON soddisfa la condizione chiamata «indipendenza da alternative irrilevanti» (necessaria ad evitare che l’introduzione di una simile alternativa sia semplicemente una strategia politica per cambiare il peso attribuito alle altre alternative e determinare così la decisione finale). 2) Agenda setter Che cosa succederebbe se uno degli attori avesse il potere di decidere l'ordine in cui si svolgono le votazioni? Imporre un’agenda o un ordine del giorno trasforma il processo di voto in un gioco sequenziale. Ritorniamo all’esempio delle 3 alternative: a) incrementare (I) b) diminuire (D) c) mantenere i livelli correnti di fornitura di servizi sociali (C) Anche gli ordinamenti di preferenza sono quelli originali. Un agenda è un piano che determina l'ordine in cui si svolgono le votazioni (ovvero l’ordine del giorno). Se i consiglieri danno un “voto sincero” (i.e. votano per la loro “alternativa maggiormente preferita”) allora ciascuno dei possibili confronti a coppie produce un risultato diverso. Un voto strategico è quel voto con il quale un individuo non vota a favore della propria opzione preferita, in quanto ritiene che, in questo modo, otterrà alla fine un esito migliore rispetto a quello che otterrebbe agendo altrimenti. Gli inventivi per votare strategicamente non sono l’unico aspetto che gli studiosi trovano deplorevole rispetto alle agende di voto. Un altro elemento è che agende alternative possano produrre esiti molto diversi, anche mantenendo costanti tutte le preferenze degli attori.

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MA gli attori strategici “pensano al futuro e ragionano a ritroso”. Data un’agenda del tipo "I vs. D, poi il vincitore è contrapposto a C", pensare strategicamente equivale a chiedersi: • “se I vince nel I turno, cosa succede nel II turno?” • “se D vince al I turno, cosa succede al II turno?” In altre parole … • poiché I vince in un confronto I vs. C e C vince in un confronto D vs. C, votare per I al primo turno produce I alla fine, mentre votare per D al primo turno produce C come risultato finale • dunque il I turno di voto è IN REALTÀ un voto tra il I e C.

Di conseguenza, data un’agenda del tipo: Primo turno: I vs. D Secondo turno: Vincitore del 1 ° turno vs. C 1. Destra e Sinistra formeranno una coalizione al 1° turno a sostegno di I, che vincerà (nonostante la maggioranza dei consiglieri abbia una preferenza "sincera" per D) 2. I sconfiggerà C al secondo turno Esiste un’agenda in grado di produrre l'alternativa maggiormente preferita di ogni attore. L’agenda setter (l’attore strategico a cui è conferito il potere di organizzare l'agenda o ordine del giorno) sceglierà quell'agenda che produce la sua alternativa maggiormente preferita come risultato finale. Una ragione per la quale la politica è più stabile di quanto prevede il Paradosso di Condorcet è perché viene data, ad uno o più attori, la possibilità di definire l'agenda. La stabilità viene raggiunta a scapito dell'equità: l’agenda setter è come un dittatore (viene sempre scelta la sua alternativa preferita). La presenza di un’agenda setter NON soddisfa la condizione chiamata «non dittatorialità».

Teoria del votante mediano La funzione di utilità è una scala numerica nella quale i numeri più elevati rappresentano posizioni superiori all’interno dell’ordinamento di preferenze di un individuo. Indica il grado di soddisfazione di un individuo rispetto alle alternative disponibili. Un ordinamento delle preferenze ad un solo massimo ( single-peaked) è caratterizzato da una funzione di utilità che raggiunge il valore massimo in qualche punto e diminuisce quando si allontana da questo punto in entrambe le direzioni. Il teorema del votante mediano afferma che, in una votazione che prevede confronti tra coppie di alternative, condotti con la regola di maggioranza, nessuno alternativa può sconfiggere quella preferita dal votante mediano:

se il numero dei votanti è dispari

se le preferenze dei votanti sono a un solo massimo rispetto a una singola dimensione politica

se i votanti votano sinceramente Quando i votanti sono disposti lungo una sola dimensione sulla base dei loro punti ideali, il votante mediano è l’individuo che ha almeno la metà di tutti i votanti alla sua destra e almeno la metà di tutti i votanti alla sua sinistra. Questo teorema mostra che possiamo evitare le difficoltà che abbiamo trovato con il paradosso di Condorcet , quali quelle legate all’intransitività a livello collettivo e alle maggioranze cicliche, se siamo disposti sia a escludere certi ordinamenti di preferenze sia a ridurre lo spazio politico a una sola dimensione.

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Ma nella realtà lo spazio politico può essere bidimensionale e produrre maggioranze cicliche. E.g. • rappresentanti di tre gruppi sociali (Capitale, Lavoro e Agricoltura) votano su come dividersi le sovvenzioni • ogni rappresentante vuole massimizzare le sovvenzioni per il proprio gruppo • punti ideali, e.g. Agricoltura vuole assegnare 0% a Lavoro e Capitale perché significa assegnare 100% ad Agricoltura.

Curve di indifferenza: obliqua (per A), verticale (per C), orizzontale (per L). Anche se una pari distribuzione appare equa, ci sono molte altre alternative preferite da una maggioranza di rappresentanti (ad esempio, P1).

Ma se A o L propongono P1, ci sono numerose alternative (ad esempio, P2) che possono batterlo. Fig 10.8 e lo stesso vale per P3, P4, P5, ecc ... fig 10.9

Il teorema del caos Se ci sono due o più dimensioni politiche, e tre o più elettori con preferenze nello spazio politico che votano tutti in modo sincero, allora, tranne in un raro caso di distribuzione di punti ideali, non vi sarà alcun vincitore Condorcet. Di conseguenza, chi controlla l’ordine delle votazioni è in grado di determinare il risultato finale. Questo teorema suggerisce che, se non siamo abbastanza fortunati da avere un insieme di attori che non hanno preferenze che conducono a maggioranze cicliche, accadrà una delle due cose:

il processo decisionale rimarrà indeterminato e gli esiti della politica saranno instabili

ci sarà un attore che avrà il potere di determinare l’ordine delle votazioni in modo tale da produrre l’esito che preferisce.

In assenza di istituzioni che forniscano a un attore il potere di controllare l’agenda nelle circostanze cui si applica il Teorema del Caos, risultati stabili sono ancora meno probabili che nelle circostanze cui si applica il paradosso di Condorcet. Gli insiemi di preferenze che impediscono il verificarsi di maggioranze cicliche in scenari a due o più dimensioni sono estremamente rari e molto particolari. La lezione importante da trarre dal Teorema del Caos è che, se la politica non può essere ridotta a una sola dimensione, allora c’è un’ampia serie di circostanze in cui

a) non si avranno esiti stabili b) esiti stabili saranno imposti da qualunque attore controlli l’agenda. c) I risultati del Teorema del Caos evidenziano l’importanza di studiare gli effetti delle istituzioni

politiche all’interno delle quali si compiono scelte collettive. Il teorema di Arrow Dimostra che è impossibile progettare qualsiasi sistema decisionale per aggregare le preferenze di un insieme di individui che possa garantire la produzione di un risultato razionale e soddisfare quello che egli ha ritenuto essere uno standard minimo di equità. Per condizioni minime si intende che violazioni di tali condizioni di equità avrebbero condotto a una procedura ingiusta in modo a tutti evidente. Ecco 4 condizioni di equità che tutti i processi decisionali devono soddisfare:

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1. non dittatorialità (D): non ci deve essere nessun individuo che determini completamento l’esito del processo decisionale collettivo senza tenere conto delle preferenze degli altri membri del gruppo. Un meccanismo che consente a un singolo individuo di determinare gli esiti collettivi per tutti gli altri è intrinsecamente ingiusto. 2. ammissibilità universale (U): qualsiasi regola decisionale equa deve funzionare con qualsiasi insieme logicamente possibile di ordinamenti di preferenze individuali. Arrow ritiene inopportuno escludere dai processi decisionali collettivi alcuni individui semplicemente sulla base delle loro tipologie di preferenze. 3. indipendenza da alternative irrilevanti (I): quando i gruppi scelgono tra un sottoinsieme di alternative, la scelta del gruppo dovrebbe essere influenzata soltanto dal modo in cui tali alternative sono ordinate e non dal modo in cui sono ordinate alternative irrilevanti e che non appartengono al sottoinsieme. 4. unanimità (o ottimalità paretiana) (P) [se tutti preferiscono X a Y, il gruppo non deve scegliere Y quando X è disponibile]. La teoria di Arrow dimostra che, se desideriamo garantire la transitività a livello collettivo e esiti stabili, ogni processo decisionale deve sacrificare almeno una delle condizioni di Arrow. C'è una tensione tra stabilità, equità e libertà degli attori di formare le proprie preferenze (e.g. ammissibilità). Se si desidera la stabilità, è necessario: imporre delle restrizioni alle preferenze … oppure ... imporre dei limiti su chi è autorizzato a presentare proposte (agenda)… oppure ... La varietà di democrazie

se le democrazie mirano a soddisfare le condizioni di equità di Arrow, allora in democrazia c'è una tensione tra equità e "razionalità"/"transitività di gruppo".

in effetti, ci sono molti modi diversi di organizzare una democrazia e la grande varietà di democrazie può essere pensata come tentativi alternativi di gestire le tensione tra l'equità e risolutezza decisionale che deve affrontare qualsiasi meccanismo decisionale di gruppo.

Capitolo 11 Il governo è composto dal capo politico dell’esecutivo e dai ministri che dirigono i vari dipartimenti del governo. Nelle democrazie in cui vige la responsabilità legislativa, i legislativi possono destituire i governi con uno voto di sfiducia. La responsabilità legislativa implica che una maggioranza legislativa abbia il potere costituzionale di destituire il governo dal suo incarico senza giusta causa. Nelle democrazie in cui vige la responsabilità legislativa, il meccanismo al quale il legislativa può ricorrere per destituire un governo è chiamato voto di sfiducia. Se una maggioranza di legislatori vota contro il governo, allora il governo deve rassegnare le dimissioni. Alcuni paesi adottano una versione leggermente diversa, chiamata voto di sfiducia costruttivo. Esso richiede che quelli che si oppongono al governo indichino anche chi dovrebbe sostituire il governo, se quello in carica perde. Questa procedura tende a ridurre l’instabilità del governo. Esistono anche i voti di fiducia. Essi sono proposti dai governi, mentre i voti di sfiducia sono proposti dal legislativo. Questo perché se un governo è incerto circa la propria capacità di ottenere un adeguato sostegno legislativo per far approvare una qualche legge, può decidere di trasformare il voto su questa legge in un voto sulla sopravvivenza del governo stesso. I governi possono usare i voti di fiducia nel tentativo di unire un partito diviso o per umiliare i critici che disapprovano il governo pubblicamente, ma che, in realtà, non sono disposti a votare per farlo cadere.

I presidenti possono essere eletti direttamente se gli elettori votano per il candidato che desiderano eleggere; o eletti indirettamente se gli elettori votano per eleggere un’assemblea il cui compito consiste

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nell’eleggere un presidente. I governi sono responsabili di fronte a un presidente in modo diretto, se il presidente può sciogliere, in modo unilaterale, il governo nella sua interezza o destituire un ministro alla volta. Sono responsabili di fronte al presidente in modo indiretto, se il presidente può destituire il governo sciogliendo il legislativo. democrazia parlamentare: la sopravvivenza del governo dipende solo da una maggioranza legislativa democrazia presidenziale: la sopravvivenza del governo non dipende da una maggioranza legislativa democrazia mista (o semipresidenziale): la sopravvivenza del governo dipende da una maggioranza legislativa e da un presidente eletto in modo indipendente.

Democrazie parlamentari Governi parlamentari governo/esecutivo: un primo ministro (capo del governo) e un gabinetto (cabinet) composto da ministri che dirigono i vari dipartimenti/ministeri del governo. Il primo ministro è il capo politico dell’esecutivo e leader del governo. La posizione del primo ministro è indicata con diversi titolo nei vari paesi. Il gabinetto è composto dai ministri, il cui compito consiste nel partecipare al gabinetto stesso e nel dirigere uno dei ari dipartimenti del governo. Il dipartimento del quale il ministro è a capo è definito come il portafoglio del ministro. Ogni ministro è direttamente responsabile nei confronti del governo per ciò che accade nel suo dipartimento. Si parla di responsabilità ministeriale. C’è anche la responsabilità collegiale del gabinetto: i ministri devono sostenere pubblicamente le decisioni collettive del gabinetto (o dimettersi). Formazione del governo Un governo necessita della “fiducia” del legislativo – i.e. di una maggioranza legislativa – sia per ottenere che per rimanere al potere. Un voto di investitura è un voto formale all’interno del legislativo per determinare se un governo proposto possa entrare in carica. Nuovi governi si formano in due circostanze: dopo nuove elezioni oppure, tra due elezioni, a seguito delle dimissioni/sfiducia del governo in carica. Il capo dello stato presiede il processo di formazione del governo, ma svolge un ruolo più o meno attivo: in alcuni paesi, è coinvolto semplicemente nel giuramento del governo altrove designa un formatore (oppure un informatore che a sua volta sceglie un formatore) per avviare il processo di formazione del governo. L’informatore è qualcuno che si suppone non abbia ambizioni politiche personali e il cui compito consiste nell’individuare coalizioni politicamente fattibili e nel raccomandare persone che sarebbero buoni formatori. Il formatore è in genere il primo ministro designato e il leader del partito con la maggioranza dei seggi. Il primo ministro/formatore ha facoltà di indicare i membri del governo: � nei governi monopartito, il primo ministro ha enormi poteri discrezionali � nei governi di coalizione, il primo ministro ha poteri più limitati. Voto di investitura (e.g. “fiducia” in Italia): voto formale per determinare se un governo proposto può entrare in carica. In alcuni paesi non occorre (e.g. UK): il capo dello stato nomina direttamente il gabinetto in modo ufficiale. MA a è sempre necessario il sostegno implicito di una maggioranza. Una volta che si è formato il governo, il sostegno di una maggioranza legislativa può essere o non essere dimostrato attraverso un voto formale di investitura. Se il voto di investitura fallisce, allora il processo di formazione del governo comincia da capo. Se il voto di investitura da esito positivo, allora il capo di stato nomina il gabinetto proposto dal formatore. A questo punto, il governo è libero di governare fino a quando è sconfitto in un voto di sfiducia o fino a quando è necessaria una nuova elezione. Se il governo è sconfitto in un voto di sfiducia o sono indette nuove elezioni, allora il governo al potere resta in carica per amministrare il paese come governo ad interim o provvisorio. Esso governa nel periodo di transizione fino alla formazione di un nuovo governo. Gli scienziati politici dividono i politici in due categorie:

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quelli che sono a caccia di cariche: mira ai benefici intrinseci della carica

quelli che sono interessati alle cariche: mira a influenzare le politiche HP1: Office-seeking politicians Implicazioni della logica office-seeking: un formatore può ottenere il sostegno di altri partiti al governo semplicemente offrendo posizioni ministeriali. Legge di Gamson (regola della proporzionalità): i portafogli ministeriali sono distribuiti tra i partiti di governo in maniera strettamente proporzionale al numero di seggi con cui contribuiscono alla maggioranza legislativa. I partiti che entrano in un governo non vogliono altri partner oltre a quelli strettamente necessari alla formazione di una maggioranza legislativa. Si formerà una coalizione minima vincente (CMV): senza partiti che non siano necessari a controllare una maggioranza legislativa si sceglierà la CMV minore: la CMV con il più basso numero di seggi in eccesso. HP2: Policy-seeking politicians Un formatore può ottenere che altri partiti entrino nel governo semplicemente offrendo concessioni politiche probabilmente dovrà offrire maggiori concessioni politiche ai partiti più grandi rispetto a quelli più piccoli. Non potrà attuare la sua politica ideale, ma una politica di coalizione situata tra i punti ideali di tutti i suoi partner della coalizione. Per minimizzare il costo delle concessioni, preferirà coalizioni con i partiti situati vicino al suo punto ideale. Si formerà una coalizione connessa: i partiti della coalizione si trovano l’uno direttamente accanto all'altro nello spazio politico. Si sceglierà la CMV minore connessa, ovvero quella che, coalizzando partiti vicini, raccoglie solo i seggi strettamente necessari. In realtà, è probabile che la competizione politica obblighi i politici ad agire come se fossero interessati a entrambe: è difficile vincere le elezioni dicendosi non interessati alle politiche pubbliche, ed è difficile attuare politiche a cui si è interessati senza preoccuparsi di ottenere le cariche necessarie. Un governo deve essere sostenuto da una maggioranza legislativa, ma l’evidenza empirica mostra che spesso si formano altri tipi di governo. Un governo di minoranza è un governo in cui il partito o i partiti al potere non dispongono esplicitamente di una maggioranza dei seggi legislativi. Questi governi possono essere governi di minoranza a partito unico o a colazione di minoranza. Un governo di minoranza può esistere solo finché l’opposizione decide di non farlo cadere. Per molto tempo i governi di minoranza furono considerati un’anomalia antidemocratica e infelice. Strøm sostenne che nei regimi parlamentari, i governi di minoranza dovrebbero essere considerati un esito normale e democratico della competizione partitica. Egli mise in luce la frequenza con cui i governi di minoranza di formavano nelle democrazie dell’Europa occidentale e la relativa stabilità che caratterizzava questi gabinetti. Compongono l’1/3 di tutti i governi in Europa occidentale e sono particolarmente frequenti in alcuni paesi (Danimarca 82%, Svezia 81%, Norvegia 65%). Quando/perché si sviluppano i governi di minoranza?

✮ Ipotesi della forza dell’opposizione: governi di minoranza sono più probabili quando l'opposizione è forte (situazione a sua volta favorita da un sistema di commissioni parlamentari forti). Quanto è più potente il sistema delle commissioni, tanto maggiore è l’influenza dell’opposizione e tanto minore è l’incentivo per i partiti di opposizione di entrare nel governo, perché possono influenzare le politiche senza essere effettivamente nel gabinetto.

✮ i governi di minoranza sono più probabili quando la struttura dei gruppi di interesse è corporativa piuttosto che pluralista. Luebbert sostiene che i governi di minoranza siano più probabili nei paesi in cui i partiti non governativi possono esercitare una forte influenza sulle politiche. La capacità dei gruppi di opposizione di influenzare le politiche dipende dal fatto che, in un paese, le relazioni tra i gruppo di interesse siano corporative o pluraliste. Un paese pluralista è un paese in cui i gruppi di interesse competono nel mercato politico al di fuori del processo formale di formazione delle politiche. Un paese corporativo è un paese in cui i principali attori sociali ed economici hanno un ruolo istituzionale formale nel processo di formazione delle politiche. In questi paesi, i gruppi di interesse sono organizzati in associazioni nazionali, specializzate, gerarchiche e monopolistiche che contrattano tra loto e con il governo per elaborare politiche pubbliche.

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Il corporativismo è una modalità di rappresentanza extra-parlamentare che costringe i governi a collaborare con grandi attori sociali ed economici: a questi gruppi non occorre essere rappresentati nel governo per influenzarne le politiche. Le opposizioni possono influenzare le politiche senza entrare nel governo.

✮ governi di minoranza sono meno probabili quando è necessario un voto di investitura formale perché i potenziali governi di minoranza incontrano un ostacolo maggiore per ottenere l’incarico rispetto a quanto accade nei paesi in cui non è richiesto alcun voto di investitura. Obbliga i partiti d’opposizione a sostenere apertamente un governo di minoranza, che per essi è probabilmente meno accettabile di un sostegno tacito.

✮ governi di minoranza sono più probabili quando c'è un partito“forte”. Un governo di minoranza è in grado di stare al potere se i partiti di opposizione non riescono a raggiungere un accordo su chi lo sostituisca. Partiti "forti" = partiti di centro relativamente grandi che hanno partiti di opposizione su entrambi i loro lati sono spesso in grado di formare un governo di minoranza. L’evidenza empirica è a sostegno delle affermazioni di Luebbert e di Strøm, in base alle quali i paesi con alti livelli di corporativismo e di forza dell’opposizione hanno maggiori probabilità di avere governi di minoranza. Inoltre, i governi di minoranza sono meno probabili quando è previsto il voto di investitura. Un governo a maggioranza sovradimensionata: più partiti del necessario per controllare una maggioranza legislativa. Sono relativamente frequenti: ca. 20% dei governi in Europa occidentale, particolarmente in alcuni paesi: ca. 50% in Olanda e Italia. I governi a maggioranza sovradimensionata sono più frequenti durante periodi di crisi economica, politica o militare. Di solito vengono indicati come governi di unità nazionale dopo IIGM (Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda). L’idea è che mettendo insieme i partiti che coprono tutto lo spettro ideologico e dando loro un motivo per essere coinvolti nel sistema politico esistente sia possibile superare una crisi che affligga il paese. Anche se spesso godono di un forte sostegno popolare, questo particolare tipo di governo tende a essere di breve durata. I partiti politici che non sono tenuti a sostenere una maggioranza legislativa sono spesso rapidamente spinti verso l’opposizione. Il motivo è che il desiderio dei politici di godere del maggior numero possibile di cariche e di influenzare il più possibile le politiche pubbliche prevale sul desiderio degli elettori che i partiti lavorino insieme per salvare un paese da qualunque cosa lo minacci. I governi a maggioranza sovradimensionata sono necessari per cambiare la costituzione. Gli emendamenti costituzionali spesso richiedono maggioranze superiori al 50 %: una maggioranza soprannumeraria è in questo caso legalmente necessaria, non «fuori misura». I governi di maggioranza sovradimensionata dovuti a ragioni strategiche tra i partner della coalizione o tra gli attori all’interno dei partiti. Se una coalizione minima vincente entra in carica, qualunque partito del gabinetto può far cadere il governo semplicemente rassegnando le dimissioni. Questa situazione comporta la possibilità di ricatto da parte di un singolo partito insoddisfatto. Per prevenire questo scenario, i partiti maggiori della coalizione possono decidere di formare una coalizione a maggioranza soprannumeraria, in modo tale che il governo non cada se un singolo partito decide di rassegnare le dimissioni. Le coalizioni pre-elettorali “Coalizione di governo”: si forma dopo un’elezione “Coalizione pre-elettorale” si forma prima delle elezioni: un insieme di partiti che non competono da soli nelle elezioni risultano anche da processo di contrattazione su cariche e politiche piuttosto frequenti. Essa influenza i risultati delle elezioni, ha un forte impatto sul processo di formazione del governo e ha implicazioni normative e politiche significative. Esse accettano pubblicamente di coordinare le loro campagne, potrebbero aiutare a conquistare voti e/o seggi, aiutano i partiti ad entrare nel governo.

Le coalizioni pre-elettorali possono assumere diverse forme. 1) Gli accordi tra i partiti sulle candidature rappresentano un livello alto di coordinazione elettorale, perché i partiti concordano di

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presentare un candidato di coalizione in ogni collegio, piuttosto che un candidato per ogni partito. Gli accordi sulle candidature sono una tipica forma di coordinazione elettorale nei paesi con collegi uninominali.

2) Rappresentano un livello di coordinazione elettorale relativamente alto, perché implicano che i partiti coinvolti accettino un’unica lista di candidati di coalizione.

3) Gli elettori possono esprimere due voti a diversi livelli elettorali. In questi paesi, le coalizione elettorali spesso prendono la forma di indicazioni fornite dai leader di partito ai propri sostenitori, indicazioni in base alle quali i sostenitori sono invitati a esprimere un voto per il loro partito e il secondo voto per il loro partner di coalizione.

4) Nei paesi in cui gli elettori possono ordinare le proprie preferenze rispetto i candidati e le preferenze sono trasferibili, le coalizioni elettorali prendono la forma di indicazioni fornite dai leader di partito ai loro sostenitori, indicazioni in base alle quali i sostenitori sono invitati a mettere al primo posto il loro partito e, al secondo posto, il partner di coalizione.

5) Governare insieme in caso di successo alle urne. L’emergere di coalizioni pre-elettorali è il risultato di un processo di contrattazione tra i leader di partito. Ciò può richiedere di delineare una piattaforma comune alla coalizione. Ci sono vantaggi elettorali derivanti dal concorrere alle elezioni come coalizione che non sono più rilevanti nel contesto post-elezioni. Ciò è particolarmente vero nei paesi con sistemi elettorali non proporzionali che penalizzano i piccoli partiti. Le coalizioni elettorali possono influenzare la probabilità di vittoria elettorale.

I governi basati su coalizioni pre-elettorali sono più omogenei dal punto di vista ideologico rispetto a coalizioni di governo che non si basano su patti elettorali. Il motivo è che è probabile che il vincolo di compatibilità ideologica con il quale si confronta le potenziali coalizioni sia più forte prima delle elezioni piuttosto che dopo. Hanno anche diverse implicazioni normative: limitano contrattazione post-elettorale al di fuori del controllo degli elettori e un governo che potrebbe non rifletterne le preferenze, aiutano gli elettori a identificare le alternative di governo e a esprimere il loro sostegno per una di esse. Esse aumentano anche la trasparenza del processo democratico e forniscono alle coalizioni un andato comparabile a quello dei singoli partiti. Sono una possibile risposta alla critica secondo la quale la qualità della democrazia rappresentativa risulta attenuata nei paesi che utilizzano sistemi elettorali proporzionali perché i governi sono privi di un chiaro mandato da parte degli elettori. Durata dei governi, formazione e sopravvivenza Il processo di formazione del governo può essere complesso (procedure istituzionali, numero di attori, contrattazione, incertezza informazione, etc.) e per questo lungo. E’ semplicemente parte integrante della maggiora parte dei sistemi parlamentari che i risultati elettorali, di solito, non determina l’identità del governo. Al contrario, le elezioni sono il preludio di quello che può essere un periodo piuttosto lungo di negoziati, nei quali i leader di partito contrattano sulla composizione del gabinetto di governo. Ritardi di diversi mesi non sono rari. Una serie di studi mostra che l’incertezza relativa al processo di formazione del governo incide sui tassi di cambio dei mercati, sulla volatilità della borsa e sul tipo di azioni nelle quali gli operato finanziari decidono d investire. I ritardi nella formazione del governo hanno conseguenze concrete per molte persone. Alcuni studiosi sostengono che i ritardi sono causati dal clima di incertezza relativa alle preferenze dei soggetti coinvolti nel processo di formazione del governo. Alcuni ritengono che i ritardi sono causati dalla complessità del contesto di contrattazione. Più complessa è la situazione nella quale si svolge la contrattazione, più la contrattazione è lunga. in media, 31,8 giorni in Europa occidentale il ritardo più lungo: e.g. Belgio 2010-2011 (poi 208 gg. in Olanda) una volta formato, quanto tempo dura? I governi a maggioranza a partito unico durano più a lungo in media 967 giorni. Le coalizioni minime vincenti durano poco tempo meno, 864 giorni. Entrambi durano in più rispetto ai governi di minoranza o ai governi a maggioranza soprannumerica. Dipende anche da come misuriamo la durata: sono tutti concordi nel ritenere che un governo finisca se la composizione partitica del

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gabinetto cambia, perché un partito lascia la coalizione o perché un nuovo partito si unisce al governo, o perché cambia il primo ministro o perché c’è stata un’elezione generale. La capacità dei governi di scegliere il momento per indire un’elezione è nota come programmazione endogena delle elezioni. I gabinetti durano più a lungo se sono governi di maggioranza, se sono governi a partito unico e se il governo presenta una limitata dispersione ideologica tra i partiti che lo compongono. Per quanto riguarda il legislativo, si è constatato che la presenza d un maggior numero di partiti nel legislativo comporta una riduzione della durata del governo. Per quanto riguarda le caratteristiche del paesi, alcuni hanno riscontrato che la richiesta di un voto di investitura per il governo ne diminuisce la durata media. I governi possono finire per motivi tecnici (e.g. un’elezione obbligata dai termini costituzionali o la morte del primo ministro) o discrezionali (da parte del governo o dell'opposizione, e.g. un voto di sfiducia, elezioni anticipate). L’instabilità di gabinetto non implica instabilità ministeriale. L’esperienza di portafoglio è misurata come la quantità media di esperienza in termini di giorni, che i ministri maturano nell’ambito dello specifico portafoglio ministeriale che detengono. L’esperienza politica è misurata come la quantità media di esperienza, in termini di giorni, che i ministri maturano nell’ambito di qualunque portafoglio ministeriale significativo. La durata del gabinetto non coincide necessariamente con l’esperienza politica o l’esperienza di portafoglio. Ipotesi di Lowell (1896) sull’instabilità dei governi di coalizione: “maggiore è il numero di gruppi discordanti che formano la maggioranza, più arduo è soddisfarli tutti e più debole ed instabile la posizione dell’esecutivo”. Il timing delle elezioni esogeno (scadenza prefissata, e.g. US) o endogeno (il governo o un altro attore, e.g. capo dello stato, può scegliere quando indire nuove elezioni, all’interno di una durata massima della legislatura, e.g. UK) Tre diverse teorie per spiegare il timing delle elezioni presupposti comuni: i politici vogliono vincere le elezioni e gli elettori considerano i governi responsabili della passata performance economica a) surfing politico: il governo attende una fase espansiva/le condizioni economiche ottimali per indire elezioni. b) ciclo economico-politico: il governo manipola attivamente l'economia per generare una crescita nel breve periodo e quindi indire nuove elezioni: l'elezione è seguita da una recessione economica e l'economia passa quindi attraverso cicli di espansione e recessione. c) segnalazione: il governo è informato sui futuri trend economici meglio degli elettori e quindi sceglie di indire nuove elezioni prima di una recessione attesa ma l'atto stesso di indire elezioni anticipate manda un segnale agli elettori che l’economia peggiorerà: se gli elettori sono ingenui, hanno la memoria corta, o l'opposizione non è preparata, allora il governo può comunque preferire elezioni anticipate. Governi presidenziali Il governo nelle democrazie presidenziali comprende il presidente (capo dell’esecutivo e capo dello stato) e il gabinetto che egli nomina (i.e. il formatore è sempre il presidente). Esso non può essere sfiduciato: la sopravvivenza del governo non dipende da una maggioranza legislativa. Nelle democrazie presidenziali non c’è alcuna incertezza circa l’identità del formatore, infatti il presidente è sempre il formatore e quindi nomina chi vuole al gabinetto. Inoltre, include sempre il partito del presidente, a prescindere dalla sua dimensione legislativa Se il governo non riesce a conquistare l'appoggio dell'opposizione in una democrazia presidenziale, allora il partito del presidente governa da solo. Di conseguenza,i membri della delegazione legislativa di un partito di governo possono spesso votare contro le leggi promosse dal gabinetto senza il timore di andare a nuove elezioni. Nelle democrazie presidenziali, una coalizione di portafoglio non implica una coalizione legislativa, nella misura in cui accade invece nelle democrazie parlamentari. Governi di minoranza nelle democrazie presidenziali non necessitano il supporto implicito di una maggioranza legislativa e dovrebbero essere quindi più frequenti rispetto a quelli parlamentari.

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Se i politici fossero interessati solo alle cariche, dovrebbero esserci pochi governi di coalizione nei regimi presidenziali, ma se il presidente è interessato anche alle politiche può essere disposto e/o preferire formare una coalizione. E’ probabile che dipenda dal suo potere legislativo. Tutti i presidenti hanno il potere di emettere un decreto, cioè un atto presidenziale a forza di legge. La portata e la forza di questi decreti varia da paese a paese. In altri paesi i presidenti possono emettere decreti leggi, decreti che hanno immediata forza di legge. I governi di coalizione sono piuttosto frequente nelle democrazie presidenziali. Composizione dei gabinetti presidenziali I presidenti nominano gabinetti che contengono una percentuale maggiore di ministri indipendenti. Un ministro indipendente è un ministro che non proviene dal legislativo, potrebbe essere un tecnocrate, un collaboratore stretto o un rappresentante di un gruppo di interesse. In media, i presidenti ripartiscono i portafogli ministeriali anche in modo meno proporzionale rispetto ai primi ministri. I primi ministri nominano quasi sempre ministri partitici in modo da costruire la maggioranza legislativa della quale hanno bisogno per rimanere al potere. Le democrazie presidenziali avranno meno ministri partitici e un minor grado di proporzionalità del gabinetto rispetto a quelle parlamentari. Alcuni gabinetti presidenziali saranno più simili a quelli parlamentari di altri. Ciò è dovuto alla variabilità dei poteri legislativi dei presidenti. E’ probabile che i presidenti che hanno un potere di decretazione relativamente debole, i cui partiti nel legislativo sono piccoli e presentano bassi livelli di disciplina, nomino gabinetti più simili a quelli delle democrazie parlamentari.

Formazione e dissoluzione del governo Democrazie miste democrazia mista: la sopravvivenza del governo dipende da una maggioranza legislativa e da un presidente eletto in modo indipendente. Nell’Europa Orientale molti stati hanno adottato forme miste di democrazie tra la fine degli anni 80 e i primi 90, in seguito alla loro transizione alla d. Il governo comprende un primo ministro e un gabinetto. l’esecutivo comprende il governo e il presidente: il presidente fa parte dell’esecutivo, ma non del governo. Sia il presidente sia il primo ministro sono coinvolti nella quotidiana amministrazione dello stato. Di solito,il presidente ha più influenza in materia di politica estera, mentre il primo ministro ne ha di più in materia di politica interna. I periodi in cui politici di diversi partiti o blocchi politici detengono le posizioni di presidente e di primo ministro sono definiti come periodi di coabitazione. Il governo deve godere del sostegno di una maggioranza legislativa per restare in carica. Così, può essere necessario che un presidente nomini un primo ministro di un partito di opposizione, quando il partito o il blocco politico del presidente non controlla una maggioranza dei seggi legislativi. Pochi studi sulla formazione del governo nei sistemi misti. Lo studio più recente è stato proposto da Strøm. Egli sostiene che sia il presidente sia il primo ministro abbiano il potere di veto sulle nomine ministeriali. Così, il presidente non è tanto forte quanto lo sarebbe in un regime presidenziale e il primo ministro non è tanto forte quanto lo sarebbe in un regime parlamentare. Potremmo aspettarci che le democrazie miste presentino sia caratteristiche proprie delle democrazie parlamentari sia caratteristiche proprie delle democrazie presidenziali. Alcuni suggeriscono che tale processo sia un ibrido che alterna fasi diverse:

✮ quando il partito del presidente controlla una maggioranza legislativa,assomiglia ad una democrazia presidenziale;

✮ quando il partito del presidente non controlla la maggioranza legislativa,assomiglia ad una democrazia parlamentare.

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Per concludere:

✮ Presidenzialismo :assenza di responsabilità legislativa, il governo lavora al servizio del presidente. Divisione del potere esecutivo e quello legislativo.

✮ Sistemi parlamentari: la composizione del governo è controllata dal legislativo. Fusione dei poteri esecutivo e legislativo.

✮ Sistemi misti: i gabinetti possono essere formati e riformati per iniziativa presidenziale o per iniziativa legislativa.

Capitolo 12 Le elezioni Tutti i paesi indipendenti del mondo, a regime democratico o non, hanno tenuto prima poi elezioni nazionali nel periodo postbellico. All’inizio del 2007 solo sei paesi- Bhutan, Brunei, Cina , Eritrea, Qatar, Arabia Saudita non avevano tenuto elezioni nazionali nel periodo post bellico. Le elezioni nelle dittature variano grandemente. Alcune elezioni sono poco più che referendum in cui gli elettori possono esprimere solo un sì o un no. Alcune dittature, invece, consentono elezioni in cui i votanti possono scegliere tra più candidati di un unico partito. Altre dittature, permettevano in realtà agli elettori di scegliere tra i candidati di vari partiti. Alcuni regimi consentono praticamente a tutti i cittadini maggiorenni di votare, mentre altri impongono forti restrizioni al diritto di voto. Nella maggior parte dei regimi non democratici , le elezioni hanno un esito scontato, ossia la vittoria del partito di governo o di qualche altro candidato sostenuto dall’elitè dominante. L’esito scontato delle votazioni è spesso il risultato della coercizione esercitata sugli elettori, della manipolazione del voto, o semplicemente di un calcolo arbitrario dei risultati. Tuttavia, queste forme di consultazione del corpo elettorale abbiano conseguenze significative. Le dittature indicono elezioni perché pensano che sia nel loro interesse. Infatti, è un tentativo di mantenere in questi paesi la parvenza di una competizione democratica e di assicurarsi la tolleranza e i flussi di finanziamento della comunità internazionale. Nei regimi autoritarie le elezioni possono essere un meccanismo per risolvere i conflitti tra le èlites, un’arena per la distribuzione clientelare degli incarichi e uno strumento a disposizione dei leader per ottenere informazioni sulla performance dei funzionari locali. Elezioni a senso univo possono minare la volontà dei gruppi di opposizione di contestare il regime, perché questi gruppi non hanno modo di conoscere il vero livello di opposizione che esiste nella società. Le elezioni nelle dittature offrono infine ai cittadini la possibilità di manifestare la propria insoddisfazione per il regime in carica. L’astensione o l’annullamento della scheda possono segnalare lo scontento e il volere degli elettori. Quindi, le elezioni possono rappresentare una importante strategia di sopravvivenza. Evidenze empiriche ci confermano che i dittatori che indicono elezioni rimangono al potere più a lungo di quelli che non chiamano i cittadini alle urne. Nelle democrazie, le elezioni assolvono una funzione pratica e simbolica. Sul piano pratico sono il mezzo principale attraverso il quale i cittadini scelgono i propri rappresentanti. Sul piano simbolico, invece, la legittimazione di un governo democratico deriva dal fatto che è stato scelto attraverso un processo elettorale. Le elezioni comportano sempre l’attribuzione di voti a candidati e/o partiti politici, ma le regole specifiche utilizzate dai vari sistemi elettorali variano fra loro. Tutte le democrazie contemporanee consentono il suffragio universale. Tuttavia a volte ci sono delle restrizioni in base all’età, alla salute mentale, la cittadinanza, la residenza, le condanne penali e la registrazione a registri elettorali.

I sistemi elettorali maggioritari E’ quello in cui vincono i candidati o i partiti che ottengono il maggior numero di voti. Alcuni sistemi richiedono che il candidato o il partito vincente ottenga la maggioranza assoluta de voti (sistemi

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maggioritari assoluti), altri invece richiedono che più voti di chiunque altro (sistemi maggioritari relativi o a maggioranza semplice). Esistono 8 varietà di sistemi elettorali maggioritari: 4 collegi uninominali (mutu, va, cb, sdt) e 4 collegi plurinominali (vbp, vsnt, vb, vs).

MUTU (I sistemi maggioritari a turno unico) Il più semplice e il + comune. Viene impiegato principalmente nel Regno Unito, nelle ex colonie britanniche e negli Usa. Esso prevede che gli elettori votino in collegi uninominali, in cui possono votare un solo candidato; si solito lo fanno mettendo una croce accanto al nome del candidato prescelto. Il candidato che ottiene il maggior numero di voti, anche senza raggiungere la maggioranza assoluta, viene eletto in quel distretto. Questo sistema viene anche definito first-past-the-post. I vantaggi sono:

Semplicità

Economico

Viene eletto solo un rappresentante per ciascun distretto. La responsabilità per quanto accade nel distretto è direttamente tutta del suddetto rappresentante.

Rende facile per i votanti identificare chi è responsabile delle politiche del loro distretto e far sì che ne risponda in occasioni delle successive elezioni.

Corrispondono a governi di maggioranza monocolore Gli svantaggi sono:

Produrre risultati poco rappresentativi

Far eleggere dei legislatori che non rappresentano i desideri dei votanti

Il partito che ottiene una % significativa del tot dei voti a livello nazionale può benissimo ottenere pochi seggi parlamentari xk non è arrivato primo in molti collegi

Tende a favorire i partiti più grandi

Induce gli elettori a votare strategicamente, anziché in linea con le proprie preferenze

Promuove la creazione di partiti etnici o di clan nei paesi in cui i gruppi etnici e i clan sono concentrati a livello regionale. Ciò può dar luogo a roccaforti di partito in cui non c’è competizione elettorale. L’utilizzo di questo sistema in Africa ha contribuito a produrre paesi che sono divisi in roccheforti di partito geograficamente separate, con pochi incentivi per partiti a cercare consensi al di fuori della regione di origine e della propria a base politico-culturale.

Voto alternativo il voto ordinale richiede agli elettori di classificare uno o più candidati o partiti in ordine di preferenza. Un sistema elettorale maggioritario che prevede il voto ordinale prende il nome di voto alternativo. Esso, utilizzato nei collegi uninominali, è un sistema elettorale in cui gli elettori esprimono le proprie preferenze classificando i candidati secondo un ordine di gradimento. Viene eletto il candidato che riceve la maggioranza assoluta. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta, il candidato che ha ottenuto meno voti viene eliminato e i suoi voti vengono riallocati finché un candidato non ottiene la maggioranza assoluta dei voti ( sistema totalmente ordinale) o la maggioranza assoluta dei voti validi rimasti (sistema parzialmente ordinale). I voto alternativo viene chiamato ballottaggio istantaneo. Le Fiji usano questo sistema. Tuttavia, è piuttosto insolito, nel senso che consente preferenze standard indicate dai partiti politici e preferenze personali indicate dall’elettore. Gli elettori che non condividono la classificazione predisposta dal loro partito preferito possono decidere di classificare direttamente i candidati. L’Irlanda utilizza un sistema Va totalmente ordinale per eleggere il suo presidente. I vantaggi:

o Solidi legami tra i cittadini e i loro rappresentanti o Gli elettori hanno una maggiore opportunità di trasmettere informazioni sulle proprie

preferenze o Gli elettori hanno meno interesse per il voto strategico

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o Inducono i candidati e i partiti a procurarsi anche le seconde scelte di altri. Esse possono rivelarsi cruciali per la loro elezione.

o I candidati vengono eliminati uno alla volta, finché uno di loro non ottiene la maggioranza assoluta.

Gli svantaggi: o Il candidato vincente non ottiene una vera maggioranza o Richiede una discreta capacità di leggere e far di conto x gli elettori o Per le autorità il conteggio può essere costoso e prolungato

Sistemi a doppio turno E’ un sistema elettorale maggioritario che può comportare due turni di votazione. I candidati o partiti vengono eletti automaticamente al 1 turno se ottengono un determinato livello di consensi. Se nessuno ottiene questo livello di consensi, si tiene un 2 turno , normalmente una/due settimane dopo. I SDT vengono chiamati anche sistemi elettorali con ballottaggio o a doppio voto perché possono comportare due turni di votazione. Essi si dividono in due tipologie:

SDT a maggioranza assoluta: sistemi elettorali incentrati sul candidato che si applicano a collegi uninominali n cui gli elettori dispongono di un singolo voto. Ogni elettore sceglie il candidato preferito; chi ottiene la maggioranza assoluta dei voti al primo turno viene eletto automaticamente. Se nessuno la ottiene, i due candidati più votati vanno al ballottaggio. Vince chi dei due ottiene il maggior numero di voti al ballottaggio. Poiché al secondo turno ci sono solo due candidati, il vincitore ha necessariamente il sostegno di una maggioranza assoluta dei votanti. Di solito viene usato per eleggere il presidente in molti paesi.

SDT a maggioranza semplice o relativa: se un tizio ottiene la maggioranza assoluta, tutti i candidati che superano una soglia prestabilita di consensi possono partecipare al 2 turno. Qui, il candidato che ottiene il maggior numero di voti, anche senza la maggioranza assoluta, viene legittimamente eletto. La Francia lo usa spesso.

I vantaggi: o Lasciano molta scelta agli elettori o Gli elettori hanno meno interesse ad agire strategicamente perché hanno una seconda possibilità di

incidere sull’esito della consultazione o Inducono i candidati che arrivano al secondo turno a guardare oltre la loro base elettorale e a

ricercare compromessi con i leader dei partiti che sono già stati eliminati nel tentativo di conquistarne i sostenitori

o È più adatto ai paesi afflitti da analfabetismo Gli svantaggi:

o Calo di affluenza alle urne fra i due turni o Generano una traduzione sbilanciata dei voti in seggi o Penalizza la rappresentanza

Conteggio di Borda

Sistema elettorale incentrato sul candidato che viene utilizzato nei collegi uninominali o plurinominali in cui gli elettori devono usare dei numeri per indicare le preferenze attribuite a tutti i candidati in lizza. A queste preferenze viene poi attribuito un valore che riflette l’ordine di preferenza espresso dall’elettore. Questi valore vengono poi sommati e vengono eletti i candidati che hanno ottenuto i voti più pesanti. Tende a favorire i candidati che godono di un vasto supporto popolare. Induce comunque gli elettori ad agire strategicamente.

Voto singolo non trasferibile Equivalente di un sistema MUTU applicato ai collegi plurinominali. I votanti eleggono + di un candidato in ciascun distretto. Vengono eletti i candidati che ottengono il maggior numero di voti. I candidati sanno esattamente di quanti voti hanno bisogno per essere eletti. Vantaggi:

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o Generare risultati più proporzionali o Migliorare la rappresentanza dei partiti più piccoli e delle minoranze etniche

Svantaggi: o Incentivare la contrapposizione e le fazioni all’interno dei partiti perché i candidati di un partito

competono anche con i candidati del loro stesso partito. Quindi vengono incoraggiati comportamenti clientelari

o I candidati non sono interessati a costruire ampie coalizioni o Dilemmi strategici per partiti politici e gli elettori

Voto di blocco

È un sistema elettorale incentrato sul candidato che viene usato nei collegi plurinominali in cui gli elettori hanno a disposizione tanti voti quanti sono i seggi da assegnare. Vengono eletti i candidati che ottengono il maggior numero di voti. Svantaggi: rischia di produrre risultati altamente di sproporzionali se gli elettori concentrano i propri voti sui candidati dello stesso partito.

Voto di partito in blocco Si usa nel collegi plurinominali. Gli elettori hanno a disposizione un solo voto e lo attribuiscono a una lista di candidati di partito anziché un singolo candidato. Gli elettori scelgono il partito o l’elenco di persone a cui vorrebbero far conquistare tutti i seggi da assegnare. Il partito che ottiene il maggior numero di voti conquista i seggi. È utile per promuovere la rappresentanza delle minoranze.

Voto supplementare Sistema elettorale incentrato sul candidato che si utilizza nei collegi uninominali, in cui gli elettori devono classificare come minimo un candidato e come massimo due in ordine di preferenza. Il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti di prima preferenza viene eletto automaticamente. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta vengono eliminati tutti i candidati, tranne i primi due. I voti di seconda preferenza di coloro che avevano votato per i candidati eliminati vengono poi riallocati per determinare il vincitore.

Sistemi elettorali proporzionali E’ un sistema elettorale basato s una quota o su un divisore che viene impiegato in collegi plurinominali. La logica che sta alla base è quella di ridurre la disparità tra la percentuale di voti attribuita a un partito e la percentuale di seggi che vengono ad essi assegnati. I sistema pr differiscono fra loro per il livello di proporzionalità dei risultati. Tutti i sistemi pr hanno due elementi in comune. Uno è l’utilizzo di collegi o circoscrizioni plurinominali. La seconda è che usano una quota o divisore per stabilire chi viene eletto in ciascun collegio. I vantaggi rispetto a quelli maggioritari:

o Traduzione più accurata dei voti in seggi o Risultati più proporzionali o Le minoranze sono meglio rappresentate o Meno interesse a votare strategicamente o I voti hanno meno probabilità ad andare sprecati o Sistema fondamentale per le società etnicamente e religiosamente divise

Svantaggi: o L’ultimo punto viene messo in dubbio. I sistemi pr replicano in parlamento le divisioni presenti nelle

società, senza creare incentivi alla cooperazione e all’accomodamento tra i diversi partiti etnici. o Si producono governi di coalizione o Consentono ai piccoli partiti estremisti a ottenere una rappresentanza parlamentare o Concessioni sproporzionate per i partiti piccoli rispetto al livello effettivo di consenso di cui godono

presso il corpo elettorale

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o I partiti più piccoli possono usare il loro potere negoziale per strappare concessioni al partito più grande

o I sistemi pr creano un legame debole tr gli elettori e i loro rappresentanti. I sistemi PR si distinguono in sistemi a rappresentanza proporzionale di lista e il voto singolo trasferibile. sistemi a rappresentanza proporzionale di lista: ogni partito presenta una lista di candidati in ciascun distretto plurinominale. I partiti ottengono un numero di seggi proporzionato alla loro % complessiva di voti. I sistemi d lista differiscono per formula specifica per allocazione dei seggi ai partiti, l’ampiezza del distretto e l’utilizzo di diversi livelli elettorali per la ripartizione dei seggi, uso di soglie elettorali e il tipo di lista di partito impiegato.

Formule elettorali: la quota indica quanti voti garantiscono a un partito un seggio in un

determinato distretto. Essa si definisce come Qn=

dove Vd= numero tot voti validi nel

distretto d; Md= n seggi disponibili nel distretto d; n= modificatore della quota. Quando n=0 il sistema impiega la quota di Hare; quando n=1 il sistema impiega la quota di Droop; quando n=2 il sistema impiega la quota di Imperiali ; quando n=3 il sistema impiega la quota di Imperiali rinforzata. Il problema dei seggi residui sorge in tutti i sistemi PR di lista che utilizzano delle quote per allocare i seggi. Per allocare questi seggi si utilizzano diversi metodi: il resto più grande (RG), la media più elevata (ME) e la media più elevata modificata (MEM). Il più comune è RG. Il ME richiede che il numero di voti ottenuti da ciascun partito venga diviso per il numero di seggi che ciascun partito ottiene automaticamente. Un sistema PR di lista che non impiega le quote per tradurre i voti in seggi si chiama sistema basato sul divisore e sono d’Hondt, Sainte-Laguë e Sainte-Laguë modificato. Qui il numero totale dei voti ottenuti da ciascun partito in un distretto viene diviso per una sedie di numeri chiamati divisori per ottenere dei quozienti. Il sistema d’Hondt è il più diffuso.

Hare RG + proporzionalità

Droop RG

Sainte-Laguë

Imperiali Rg

Sainte-Laguë mod.

d’Hondt

Imperiali ME - proporzionalità

Ampiezza del distretto e livelli elettorali: L’ampiezza è il numero di rappresentanti che vengono eletti in quel distretto. I sistemi elettorali sono più proporzionali quando il distretto è grande. L’ampiezza influenza anche la solidità del vincolo tra i parlamentari eletti e i loro elettori. All’aumentare dell’ampiezza del distretto e con essa del territorio ricompreso nel distretto, oil legame tra i rappresentanti e gli elettori tende a indebolirsi. Alcuni paesi hanno tentato di creare un legame relativamente forte e un elevato livello di proporzionalità allocando i seggi su due livelli elettorali. Esso è il livello a cui i voti vengono tradotti in seggi. Il liv + basso è quello del distretto o della circoscrizione elettorale. Dei liv + elevati vengono costituiti raggruppando insieme vari collegi di liv inferiore; si creano tipicamente a livello regionale o nazionale.

Soglie elettorali: fissa la percentuale minima di voti che deve ottenere un partito per avere una rappresentanza parlamentare. Può essere imposta dalla legge soglia formale, oppure è una proprietà matematica soglia naturale. Le soglie formali vengono introdotte spesso nel tentativo di ridurre la frammentazione del sistema partitico impedendo ai partiti piccolissimi di ottenere la rappresentanza parlamentare. Un modo utile è combinare una soglia formale con il meccanismo dell’apparentamento. Esso consente ai piccoli partiti di raggrupparsi e di formare un cartello elettorale. I partiti che compongono il cartello restano separati sulla scheda e fanno campagna elettorale separatamente; tuttavia, i voti ottenuti da ciascun partito vengono conteggiati come se appartenessero all’intera coalizione. Esso aiuta i partiti estremisti a conquistare una quota di seggi proporzionale al loro consenso politico, tuttavia non gli permette di conquistare una rappresentanza parlamentare.

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Tipi di lista: lista chiusa, dove l’ordine dei candidati eletti è determinato dal partito e gli elettori non possono esprimere la preferenza per un determinato candidato. Uno dei vantaggi è che i partiti possono includervi più facilmente candidati che potrebbero altrimenti avere difficoltà a essere eletti. Lista aperta, gli elettori possono indicare non solo il partito preferito ma anche il loro candidato preferito al suo interno. Queste liste indeboliscono il controllo dei leader di partito sui candidati. Ne deriva che nei sistemi a lista aperta i candidati politici hanno tutto l’interesse a coltivare un voto personale anziché un voto di partito. Infine, c’è la lista libera, dove gli elettori hanno a disposizione più voti che possono allocare a loro piacimento, all’interno di una singola lista di partito o su liste diverse. La possibilità di votare per candidati di diverse lista di partito prende il nome di panachage. La possibilità di dare più di un voto a un singolo candidato particolarmente favorito si chiama cumulazione.

Voto singolo trasferibile E’ un sistema elettorale incentrato sul candidato che si utilizza nei distretti plurinominali. I candidati che superano una determinata quota di voto come prima scelta vengono eletti immediatamente. Negli scrutini successivi i voti dei candidati eliminati e i voti ottenuti in eccedenza dai candidati eletti vengono riaccolti ai candidati rimanenti finché non si assegnano tutti i seggi. Il meccanismo esatto e l’entità precisa della quota utilizzata variano da un paese all’altro. La quota + comune è quella di Droop. I vantaggi:

o Gli elettori possono comunicare le proprie preferenze o Il VST è un sistema elettorale proporzionale che non richiede l’esistenza di partiti politici o Può indurre i candidati a ricercare il consenso di gruppi esterni al proprio di sostenitori e a fare una

campagna elettorale tendenzialmente centrista o Funziona nei distretti plurinominali e produce risultati + proporzionali dei sistemi maggioritari o Tende a creare un solido legame tra rappresentanti e rappresentati o Riducono l’incentivo degli elettori ad agire strategicamente perché i loro voti hanno meno

probabilità di andare sprecati Svantaggi:

o Indebolire l’unità interna dei partiti e di renderli meno coesi o Diventa difficile da gestire nei grandi distretti e, di conseguenza, tende a produrre risultati che non

sono proporzionali

Sistemi elettorali misti Si utilizzano in parallelo due sistemi elettorali che impiegano formule diverse. Un sistema usa una formula maggioritaria per allocare i seggi, mentre l’altro usa una formula proporzionale. E’ un sistema in cui i votanti eleggono i loro rappresentanti con due sistemi diversi, uno maggioritario e uno proporzionale. Sistema elettorale indipendente misto E’ quello in cui la componente maggioritaria e quella proporzionale del sistema elettorale sono implementate l’una indipendente dall’altra. Viene anche definito parallelo. La forma più comune comporta l’utilizzo delle formule maggioritaria e proporzionale in due livelli elettorali separati. L’equilibri specifico varia da paese a paese. Sistema elettorale dipendente misto E’ quello in cui l’applicazione della formula proporzionale dipende dalla distribuzione dei seggi o dei voto prodotta dalla formula maggioritaria. Ciò accade perché la componente proporzionale viene usata per compensare l’eventuale disproporzionalità prodotta dalla formula maggioritaria a livello di collegio. Questo tipo di sistema si chiama anche mixed member proportional system. I sistemi dipendenti misti comportano l’utilizzo di formule maggioritarie e proporzionali in due livelli elettorali separati. Nella maggior parte dei sistemi elettorali dipendenti misti gli elettori hanno a disposizione due voti. Danno il primo ad un rappresentante eletto a liv di collegio e l’altro a una lista di partito che si presenta in un

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livello elettorale + elevato. Si può anche fare il voto disgiunto, cioè un voto ad un partito e l’altro ad un altro partito. Qui emergono due problemi: alcuni candidati competono x un seggio di collegio, ma sono presenti anche nella lista di partito; alcuni partiti ottengono + seggi nei collegi di quanto non sarebbe giustificato dai voti conseguiti dallo loro lista di partito. Il seggio fluttuante c’è quando in un sistema elettorale dipendente misto il numero dei parlamentari non è necessariamente fisso e può dipendere dal risultato della consultazione elettorale. Svantaggi:

o Possono creare due categorie di legislatori, una che risponde a un distretto geografico e una che è + condizionata dal partito. Questa circostanza può influenzare la coesione del partito.

Una panoramica dei sistemi elettorali usati nel mondo La % dei paesi che impiegano sistemi elettorali maggioritari declina man mano che ci spostiamo dall’estremo autoritario all’estremo democratico. Una spiegazione è che i regimi autoritari tendono ad adottare sistemi maggioritari perché sono più facili da manipolare. Diversi tipi di dittatura scelgono diversi tipi di sistemi elettorali. Le dittature monopartitiche usano sistemi maggioritari, mentre i sistemi proporzionali sono più usati dalle monarchie assolute tradizionali. Varie spiegazioni sono state proposte del perché i paesi hanno i sistemi elettorali che hanno. Tali spiegazioni si concentrano su aspetti come l’interesse dei partiti politici, le preoccupazioni di carattere generale, i precedenti storici, le pressioni esterne ed eventi specifici. Alcuni sistemi elettorali sono anche stati scelti per caso.