Previdenza obbligatoria e complementare: Conoscere per comprendere, comprendere per scegliere...

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Previdenza obbligatoria e complementare: Conoscere per comprendere, comprendere per scegliere Relatore Dott. Giuseppe Calderazzo INPDAP Varese

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Previdenza obbligatoria e complementare:

Conoscere per comprendere, comprendere per scegliere

Relatore

Dott. Giuseppe Calderazzo

INPDAP Varese

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La percezione della previdenza

IN ITALIA I LAVORATORI

Solo il 18% conosce approssimativamente la materia previdenziale . A 50 anni iniziano a pensare alla propria situazione. Precediamo solo il Giappone

I più informati sono i lavoratori Europei. A 35 anni si informano sul sistema previdenziale

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LE ORIGINI DELLA PREVIDENZA SOCIALE.

OBIETTIVO : illustrare lo sviluppo del nostro attuale sistema di protezione sociale; come è nato, le contraddizioni, l’uso a volte esasperato del welfare e soprattutto del sistema pensionistico ai fini della cattura del consenso “elettorale”.

Conoscere significa quindi evitare gli errori del passato, spiegare cosa si deve fare per avere una vecchiaia decorosa e cosa non si deve fare affinché le giovani generazioni non vengano sacrificate e immolate dall’egoismo delle generazioni più mature.

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Sul finire del secolo XIX e nei primi decenni del XX, in alcuni Paesi europei nascevano le prime forme di protezione sociale mediante l’istituzione di un sistema di assicurazioni sociali sia di matrice assistenziale che pensionistica. Anche nel nostro Paese si erano sperimentate differenti forme di tutela sociale attuate, nei diversi staterelli che componevano il futuro Regno d’Italia, prevalentemente da organizzazioni caritative, religiose e corporative ma anche regolate da leggi emanate dai diversi Regni tra cui il Regno di Sardegna; con l’avvento dell’unità d’Italia vengono emanate le prime leggi in materia di sicurezza sociale.

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I principali provvedimenti: dall’unificazione d’Italia all’inizio ‘900…

1862 (L.753) Legge che regola l’attività degli istituiti di carità e beneficenza

Lo Stato inizia ad occuparsi di welfare , anche se ancora in modo parziale, limitatamente ad una sommaria regolazione delle attività assistenziali ecclesiastiche e delle prime associazioni volontarie (le società di mutuo soccorso).

1881 Viene istituita una Cassa delle pensioni civili e militari a carico dello Stato (Legge n. 134 del 7 aprile 1881)

1883 Nasce la Cassa Nazionale Infortuni a carattere individuale e volontario per gli operai (Bismarck introduce l’assicurazione obblig. Malattia); la gestione viene affidata alla Cassa di Risparmio di Milano, la futura CARIPLO

LE ORIGINI DELLA PREVIDENZA SOCIALE.

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LE ORIGINI DELLA PREVIDENZA SOCIALE.

… 1898 con Legge n. 350 viene costituita Cassa Nazionale di Previdenza per

l’Invalidità e la Vecchiaia degli operai che gestisce forme facoltative di assicurazione per la vecchiaia e l’invalidità (assicurazione obbligatoria per infortuni sul lavoro). Il sistema di gestione è individuale a capitalizzazione.

1910 con la legge 520 si istituisce “l’Assicurazione obbligatoria di maternità” per le operaie.

1912 si costituisce l’INA (Istituto Nazionale Assicurazioni).

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IL PERIODO TRA LE DUE GUERRE MONDIALI.

1919/1920 E’ sancita l’obbligatorietà dell’Assicurazione di invalidità e vecchiaia per tutti i lavoratori dipendenti privati tra i 15 e i 65 anni. (1889 in Germania) L’età legale per la pensione di vecchiaia è fissata a 65 anni per uomini e donne.

1919 RDL 04.10.1935 n°1827 introduce il sistema a capitalizzazione ed il metodo di calcolo della pensione “contributivo”**

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IL PERIODO TRA LE DUE GUERRE MONDIALI.

** Caratteristiche del sistema pensionistico del 1919:

il finanziamento basato sulla contribuzione in parti uguali tra lavoratori e datori di lavoro, con un modesto intervento dello Stato che corrispondeva 100 lire per ogni pensione liquidata;

il sistema tecnico-assicurativo individuato nella “capitalizzazione” che prevedeva l'investimento dei contributi riscossi dai lavoratori attivi per il pagamento delle pensioni, con la conseguente costituzione riserve tecniche;

il metodo di calcolo “contributivo”, in base al quale le prestazioni erano calcolate in funzione dell'ammontare dei contributi versati dal singolo;

requisiti d’accesso al pensionamento, fissati in 65 anni per gli uomini e per le donne, che risultavano assai elevata per un'epoca in cui la speranza di vita era molto minore di quella attuale.

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IL PERIODO TRA LE DUE GUERRE MONDIALI.

Solo nel 1939, con il DL n° 636 del 14 aprile, l'assicurazione invalidità e vecchiaia fruì di alcune modifiche sostanziali che ne ampliarono il campo delle tutele con l’introduzione del principio della reversibilità della pensione ai superstiti rinviando, peraltro, al 1945 l'erogazione effettiva delle prestazioni. Con lo stesso D.L. l'età del pensionamento per vecchiaia fu abbassata a 60 anni per gli uomini ed a 55 per le donne, per tener conto delle speranze di vita del tempo, limiti che sono stati mantenuti fino al 1992.

Il sistema previdenziale a capitalizzazione che era stato impostato prima della guerra fu travolto dal secondo conflitto mondiale e le riserve degli enti di previdenza furono praticamente azzerate dall'inflazione e conseguentemente le prestazioni che erano già di modesto importo, divennero assolutamente insufficienti.

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IL PERIODO TRA LE DUE GUERRE MONDIALI.

1933 La Cassa Nazionale di Previdenza per l’Invalidità e la Vecchiaia degli operai prende il nome di I.N.P.S.

1935 con il regio decreto n. 1827 l’età legale resta a 65 anni ma può essere anticipata a 60 anni con penalizzazioni economiche variabili dal 37% al 10% in funzione degli anni mancanti a 65

1939 introduzione della pensione di reversibilità ai superstiti di pensionato; con decreto legge n. 636 l’età pensionabile è ridotta a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne

1945 a fronte di 11 milioni di lavoratori le pensioni sono poco più di 1 milione

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L’assistenza Sociale nella Costituzione: ART.38

L’articolo 38 della Costituzione dispone:

1. Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.

2. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

3. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.

4. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.

5. L'assistenza privata è libera.

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L’assistenza Sociale nella Costituzione: ART.38

L’art. 38 della Costituzione rappresentò la sintesi di un lungo dibattito svoltosi nell'Assemblea Costituente intorno ai principi fondamentali cui doveva ispirarsi la legislazione in materia di assistenza e previdenza sociale, per garantire a tutti la libertà dal bisogno, condizione indispensabile per l'effettivo godimento dei diritti civili e politici.

1. Il primo comma dell'articolo 38 stabilisce che ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento ed alla assistenza sociale;

2. il secondo comma dispone che i lavoratori hanno diritto che siano provveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.

Sul rapporto tra il primo ed il secondo comma dell'art. 38 si è sviluppato un ampio dibattito che ha determinato due correnti di pensiero.

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L’assistenza Sociale nella Costituzione: ART.38

In base alla prima concezione, il primo ed il secondo comma dell'art. 38 individuano due distinti interventi di tutela, rispettivamente indirizzati ai cittadini in condizioni di bisogno (assistenza) ed ai lavoratori al verificarsi degli eventi indicati dallo stesso articolo 38 (previdenza).

La seconda concezione, che è il frutto di una lettura più evolutiva dell'art. 38, ammette la distinzione tra cittadini e lavoratori, ma la riconduce alla diversa intensità della tutela poiché previdenza ed assistenza sarebbero distinte ma non separate nell'ambito di un sistema complessivamente indirizzato alla realizzazione di un fine di solidarietà. Sul tema relativo alla separazione tra assistenza e previdenza il dibattito è ancora in corso anche se il campo è stato successivamente meglio delineato.

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L’assistenza Sociale nella Costituzione: ART.38

Il terzo ed il quarto comma dell'art. 38, riferiti all'organizzazione della tutela, recita che: "ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato" e che “l'assistenza privata è libera".

Dalla lettura di questi commi appare chiaro che un sistema di protezione sociale integralmente privatizzato sarebbe in contrasto con la Costituzione ma anche che le forme private di tutela pensionistica, assistenziale e sanitaria, ad integrazione di quelle pubbliche, godono di tutela costituzionale. In sostanza l'art. 38 fissa principi essenziali, compatibili con un'ampia gamma di possibili attuazioni legislative.

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400.000

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550.000

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La riforma “Rubinacci”.

Nel contesto economico e sociale del secondo dopoguerra, oltre ad alcuni interventi di emergenza per garantire un minimo di assistenza sociale, venne emanata la legge n° 218 del 4 aprile 1952 che fissò e razionalizzò gli adeguamenti monetari dei trattamenti pensionistici adottati immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale e riformò l'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (Riforma “Rubinacci”).

Con questa Legge il sistema tecnico della capitalizzazione viene gradualmente abbandonato (formula di calcolo pensionistico sempre contributiva).

Viene introdotta l’istituzione del regime del trattamento minimo: se la pensione a calcolo non raggiunge determinati importi viene integrata fino ad un livello minimo.

Era una prima applicazione del principio di solidarietà che l’articolo 38 aveva elevato a principio Costituzionale, tant’è che tale trattamento, era finanziato integralmente dallo Stato; solo in un secondo tempo l’apporto statale è diminuito e si è accresciuto di conseguenza il carico delle gestioni previdenziali.

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La crescita della spesa previdenziale.

1963/1966: nuova forte crescita della spesa previdenziale dovuta all’aumento della popolazione assistita ed all’incremento della pensione media.

1965 con legge n. 903 viene introdotta la pensione d’anzianità alla quale si accede con 35 anni di lavoro (contributi versati) senza requisiti di età anagrafica; parallelamente è abolito qualsiasi divieto di cumulo tra redditi da lavoro e pensione (il lavoratore poteva lavorare e percepire pensione).

1968 la pensione di anzianità si rivela un errore (in 3 anni si spendono 170 mld di lire); il Governo tenta di scambiare l’abolizione dell’anzianità introducendo l’aggancio della pensione alla retribuzione (doppia indicizzazione); con DLGS 488 si passa al retributivo (65% della retribuzione dell’ultimo triennio), abolita l’anzianità e fissato un rigoroso divieto di cumulo.

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La riforma del 1969: Riforma Brodolini

E’ in questo clima (il 1968) che viene varata la legge n° 153 del 30 aprile 1969, di importanza fondamentale nel nostro ordinamento pensionistico: la Riforma Brodolini.

- abbandono definitivo di ogni forma residua di sistema a “capitalizzazione” e

passaggio al sistema a “ripartizione” (pay as you go)

- adozione del criterio di calcolo reddituale delle pensioni “metodo retributivo”

- introduzione della pensione sociale

- istituzione della pensione di anzianità

- estensione dell’assicurazione di invalidità e vecchiaia

- introduzione della perequazione automatica delle pensioni ai prezzi e ai Salari

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I principi stabiliti dalla riforma “Brodolini”.

I principi stabiliti dalla legge possono così sintetizzarsi:

a) abbandono di ogni residua forma di capitalizzazione;

b) adozione generalizzata della formula retributiva per il calcolo della pensione, svincolando definitivamente il calcolo della pensione dai contributi effettivamente versati, che fino a quel periodo venivano contabilizzati almeno in parte, con il metodo “contributivo”, e legando la prestazione alla retribuzione percepita negli ultimi anni di lavoro; sulla “retribuzione pensionabile” calcolata sulla retribuzione dell’ultimo anno per i dipendenti pubblici (che tuttavia godevano già del metodo retributivo) e degli ultimi 5 anni per i lavoratori dipendenti privati, veniva applicato un coefficiente del 2% per ogni anno di lavoro, con un massimo dell’80% per 40 anni di attività; in tal modo veniva introdotto il concetto che la pensione è un “reddito di sostituzione” del reddito da lavoro. Questa riforma ha lasciato una pesante eredità al sistema pubblico che si è riverberato per molti anni fino alla grande riforma del 1992;

c) l'erogazione di una pensione sociale ai cittadini ultra sessantacinquenni sprovvisti di assicurazione, che non avessero un minimo di reddito;

d) l'istituzione della pensione di anzianità con trentacinque anni di contribuzione pur non avendo raggiunto l'età pensionabile;

e) l'estensione all'assicurazione invalidità e vecchiaia, nei limiti della prescrizione decennale, del principio dell'automaticità delle prestazioni di cui all'art.2116 del c.c. che garantisce il diritto a pensione del lavoratore anche se i contributi non sono stati regolarmente versati dal datore di lavoro;

f) la perequazione automatica delle pensioni, che consiste nella rivalutazione delle pensioni in pagamento in base all'indice dei prezzi al consumo (in precedenza la rivalutazione avveniva con appositi provvedimenti legislativi). In seguito, a partire dal 1975 la perequazione delle pensioni venne agganciata oltre che ai prezzi anche ai salari consentendo si una tutela effettiva del valore reale delle pensioni ma anche un aggravio pesantissimo sui conti pubblici; ciò sia per la non correlazione tra contributi versati e prestazioni sia per le età estremamente basse di pensionamento. Questo doppio aggancio verrà abolito dalla grande riforma Amato del 1992.

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Gli effetti delle riforme dal 1950 alla “Brodolini”.

Il progressivo rilassamento delle fondamenta attuariali dell’assicurazione sociale (corrispondenza tra contribuzioni e prestazioni) inizia dopo la seconda guerra mondiale.

Il passaggio da iniziali formule contributive alle nuove retributive assesta un duro colpo alla previdenza pubblica: la pensione cessa gradualmente di essere vista come “ritorno” della contribuzione versata per diventare un meccanismo di prosecuzione della retribuzione, cioè un salario differito.

In questo periodo sono istituite una pluralità di Casse ed Enti di Previdenza per diverse categorie (dirigenti d’azienda – giornalisti – FFSS – professionisti e, all’interno dell’Inps, anche una pluralità di gestioni – elettrici, autoferrotranvieri, volo, telefonici, ecc.), con la relativa proliferazione di regole e privilegi di categoria sponsorizzati dai sindacati.

Nasce la cosiddetta “giungla pensionistica”.

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Gli anni ‘70 e ‘80: la 1° commissione Castellino

1970 la spesa incide per il 15% del PIL.

Alla fine degli anni ’70 la complessità del sistema previdenziale aumenta notevolmente specialmente a seguito dell’introduzione delle varie formule di indicizzazione;

1973 vengono indicizzate le pensioni sociali; la crescita delle pensioni di invalidità fa lievitare sensibilmente la spesa pensionistica sul Pil dell’1,3% nel periodo ’71-’76.

1973 il DPR 1092 consente le baby pensioni nel settore pubblico: 14 anni 6 mesi e 1 giorno per le donne coniugate con prole; 20 anni per gli statali; 25 per i dipendenti degli enti locali

1978/1980 tentativo di riforma Scotti 1981 Il sistema pensionistico è oggetto di critiche severe; i punti più controversi

evidenziati nel dalla I^ Commissione Castellino (Ministero del Tesoro), sono:

- l’età pensionabile;

- il collegamento alla retribuzione, della retribuzione pensionabile;

- la cumulabilità tra pensione ed altri redditi;

- la formula di indicizzazione

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I tentativi di riforma fino al 1991

•1983 il Governo Craxi con il ministro del Lavoro De Michelis

presenta un progetto di riforma (l’ennesimo) che però non passa

neppure in Consiglio dei Ministri

•1984 con legge n. 222 viene varata la riforma delle pensioni di

invalidità (l’unica riforma valida negli ultimi 20 anni)

 

•1984/1987 la Camera dei deputati insedia la Commissione

Cristofori per studiare la riforma pensionistica

 

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La riforma delle pensioni di invalidità

L’unico intervento specifico di grande rilevanza fu la riforma delle pensioni di invalidità, attuata con la legge n° 222 del giugno 1984 che ridusse tali prestazioni dall’abnorme numero di 5.200.000 del 1984 ai 2,5 milioni attuali (3,4 nel 1996).

Le cause che avevano prodotto questo eccessivo numero di pensioni di invalidità sono diverse.

In primo luogo la previsione legislativa che prevedeva l’erogazione di questa prestazione non solo, come avrebbe dovuto essere, per problematiche di salute (fattori medico legali) ma anche in base a requisiti “socio ambientali” che consentivano anche ai soggetti non invalidi ma che avevano poche possibilità occupazionali a causa della precaria situazione economica delle aree territoriali in cui vivevano, di fruire di queste prestazioni. Questa situazione creò un grosso contenzioso legale poiché i soggetti ai quali veniva negata la prestazione si rivolgevano alla magistratura; nelle cosiddette zone depresse la pensione di invalidità diveniva così una impropria “forma di sostegno al reddito”.

Inoltre la pensione di invalidità era utilizzata anche in sostituzione della pensione di vecchiaia da quei lavoratori che con i loro contributi non raggiungevano i requisiti minimi per quest’ultima prestazione e quindi chiedevano l’invalidità per la quale erano sufficienti versamenti volontari e contribuzioni irrisorie; in questo modo anche molte casalinghe accedevano alla pensione. In questi anni vi fu un enorme incremento di pensioni di invalidità erogate a soggetti che avevano superato l’età pensionabile. La legge n° 222 abolì qualsiasi riferimento ai fattori socio economici e stabilì che ai fini della concessione della prestazione era rilevante solo la situazione sanitaria legata alla incapacità lavorativa del richiedente.

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La situazione del Paese all’alba del 1992. L’inizio del ciclo di riforme.

All’alba del 1992 il Governo Amato, nell’emergenza economica del momento caratterizzato tra l’altro da una grave crisi politico istituzionale, varò la prima vera riforma del sistema previdenziale, che finalmente si muoveva nella direzione di un contenimento della spesa con l’obiettivo di dare certezza alle giovani generazioni e stabilità al sistema pubblico. Inizia così finalmente il ciclo delle riforme, di cui si discuteva oramai da 15 anni.

Gli obiettivi :

la sostenibilità finanziaria e l’equilibrio delle diverse gestioni nel tempo; il raggiungimento dell’equità tra le generazioni e all’interno della stessa generazione; le possibilità per ognuno di programmarsi il proprio futuro previdenziale non basandosi

soltanto sul cosiddetto primo pilastro, cioè sulla previdenza pubblica di base obbligatoria, ma anche sulla possibilità di assicurarsi una seconda pensione, quella complementare, con cui realizzare su base volontaria il secondo pilastro previdenziale attraverso lo sviluppo dei fondi pensione.

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La situazione del Paese all’alba del 1992. L’inizio del ciclo di riforme.

1992 RIFORMA AMATO: legge n°421/92, D. Lgs n°503/92 1993 ISTITUZIONE DELLA PREVIDENZA COMPLEMETARE: D. Lgs

n°124/93 1994 PRIVATIZAZIONE Casse Liberi Professionisti: D. Lgs 509/94 RIFORMA ENTI PUBBLICI: D. Lgs. 479/94 1995 RIFORMA DINI: Legge 335/95 1996 ISTIT. NUOVE CASSE LIBERI PROFESS.: D. Lgs. 103/96 1997 REVISIONE PRODI: Legge 449/97 1994 LA COMMISSIONE CASTELLINO II 1995 LA COMMISSIONE ONOFRI 2001 LA COMMISSIONE BRAMBILLA 2004 RIFORMA BERLUSCONI: Legge 243/04 2007 LEGGE 247/07 2010 DL 78 CONVERTITO IN LEGGE 122/10 (MANOVRA FINANZIARIA)

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La riforma Amato: D. Lgs 503/92

La riforma realizzata dal D. Lgs 503/92 ha operato sull’intero sistema e cioè da un lato sullo stock delle pensioni in pagamento e dall’altro sia sui requisiti occorrenti ai lavoratori attivi per ottenere le prestazioni sia sui livelli delle prestazioni medesime incidendo, in particolare sui lavoratori neoassunti e per quelli con meno di 15 anni di contribuzione.

Si realizza così per la prima volta una riforma equitativa che distribuisce i sacrifici su tutte le generazioni presenti nel sistema, sia a livello di già pensionati che di lavoratori attivi.

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La riforma Amato

PER I PENSIONATI DISTRIBUISCE I SACRIFICI IN MODO EQUITATIVO TRA

Rivalutazione delle pensioni al solo costo vita e non anche alla dinamica salariale

Soppressione di alcuni scatti della contingenza in due anni (1992/93)

Rivalutazione delle pensioni con cadenza annuale e non più semestrale

PER I LAVORATORI IN SERVIZIO

Per i lavoratori con meno di 15 anni di contribuzione la pensione si calcola sull’intera vita lavorativa

Introduce blocchi e finestre per i trattamenti di anzianità

Inizia il processo di equiparazione tra lavoratori dipendenti pubblici e privati

Innalza gradualmente l’età di pensionamento di vecchiaia di 5 anni : da 60 a 65 per gli uomini e da 55 a 60 per le donne.

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Riforma Amato (D. Lgs n. 503/1992)

Innalzamento graduale del minimo contributivo utile da 15 a 20 anni

Aumento graduale del periodo di calcolo della retribuzione pensionabile, dagli ultimi 5 agli ultimi 10

Introduzione del divieto parziale di cumulo tra pensione e lavoro autonomo.

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Riforma Amato

Più precisamente la riforma prevede che:

 

le pensioni vengano rivalutate al solo costo della vita e non anche alla dinamica salariale; è questa la norma che nel tempo produrrà i maggiori risparmi di spesa;

vengono soppressi alcuni scatti di rivalutazione delle pensioni al costo della vita con una effettiva riduzione di circa 7,7 punti percentuale;

la rivalutazioni delle pensioni è prevista con cadenza annuale e non più semestralmente.

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Riforma Amato.

Per quanto concerne i lavoratori in servizio, il D. Lgs 503/92 introduce norme tendenti a una migliore correlazione tra contribuzioni e prestazioni stabilendo che:

per i lavoratori con meno di 15 anni di contribuzione la pensione venga calcolata sull’intera vita lavorativa;

il periodo di calcolo della retribuzione pensionabile passa dagli ultimi 5 a 10 anni per i lavoratori dipendenti del settore privato e da 10 a 15 anni per gli autonomi;

vengono introdotti blocchi temporanei per i trattamenti di anzianità (quelli con 35 anni di contribuzione) per limitare la spesa corrente giunta a livelli da “bancarotta”, e il parziale divieto di cumulo tra redditi da lavoro e pensione, data la bassa età di pensionamento in vigore;

inizia il processo di equiparazione del sistema pensionistico dei dipendenti pubblici a quello meno favorevole dei privati ( i pubblici fino al 1992 potevano andare in pensione , i maschi con solo 21 anni di servizio, e le donne con 15 anni, 6 mesi e 1 g compresi i riscatti di laurea, maternità, malattie e servizio militare);

viene innalzata gradualmente l’età di pensionamento di vecchiaia di 5 anni, a regime, 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne rispetto ai 60 e 55 precedenti mentre il periodo minimo per fruire delle prestazioni pensionistiche passa da 15 a 20 anni.

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Riforma Amato: considerazioni finali.

Come conseguenza di tale riforma le prestazioni diventavano più coerenti con i contributi versati nel corso della vita lavorativa.

A breve distanza dalla riforma, Amato propose la prima legge organica delle forme di previdenza complementare (D. Lgs 124/93), cioè del cd secondo pilastro, che consentì di iniziare anche in Italia a progettare i fondi pensione.

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La Legge 335/95: RIFORMA DINI

La legge 335 proseguendo l’opera di razionalizzazione del sistema pensionistico pubblico, ha completamente modificato il funzionamento del sistema previdenziale agendo sia sulle modalità di calcolo delle prestazioni sia sui requisiti sia sul funzionamento degli enti gestori, con l’intento di riportare il sistema in equilibrio. Si è inoltre proseguito il processo di equiparazione tra lavoratori pubblici e privati.

Il punto qualificante della riforma è rappresentato dalla introduzione del metodo contributivo che prevede la stretta correlazione tra i contributi versati nel corso dell’intera vita lavorativa e le prestazioni di rendita. La rendita è correlata alla speranza di vita media del soggetto al momento del pensionamento , previsto in modo flessibile tra i 57 e i 65 anni , abolendo a regime, la pensione di anzianità.

La correlazione è ottenuta attraverso il meccanismo dei “coefficienti di trasformazione” che trasformano, appunto, il montante accumulato in rendita. Il montante è costituito dalla sommatoria di tutti i contributi versati nel corso della vita lavorativa che ogni anno vengono capitalizzati al tasso pari alla media quinquennale del PIL. E’ in pratica una capitalizzazione “virtuale” poiché il sistema rimane a ripartizione e quindi i contributi versati servono , e non bastano, per il pagamento delle pensioni.

La Riforma per evitare eccessive penalizzazioni ai lavoratori prossimi alla quiescenza e a causa dei persistenti problemi sindacali, agisce in modo graduale e suddivide , come la precedente riforma Amato, i lavoratori in tre classi alle quali si applicano differenti modalità di calcolo.

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Il rafforzamento del metodo contributivo

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Prima della Riforma del 1995 il tasso di sostituzione (rapporto tra pensione e salario percepito in precedenza) era in media pari a 61,4% ed era assicurato indipendentemente dall’età anagrafica di pensionamento Dopo la riforma quello stesso tasso di sostituzione (61,4%) viene raggiunto all’età di 62 anni e con 37 anni di anzianità contributiva Per i nuovi assunti a partire dal 1° gen. 1996 si applicherà esclusivamente il

sistema di calcolo “Contributivo”; Per i lavoratori con meno di 18 anni di anzianità contributiva al 31/12/1995 è stato

previsto che le prestazioni pensionistiche verranno calcolate fino a tale data con il precedente metodo retributivo più favorevole, mentre a partire dal 1° gen. 1996, si applicherà, con il criterio del “pro rata”, il metodo contributivo;

Per i lavoratori con almeno 18 anni di anzianità contributiva, al 31/12/1995, è previsto il mantenimento del metodo di calcolo “Retributivo” ma in questo lungo periodo transitorio vengono aumentati progressivamente i requisiti di anzianità contributiva e di età anagrafica ogni 18 mesi fino al raggiungimento dei 57 anni di età; in assenza del requisito anagrafico gli anni di contribuzione per accedere al pensionamento passano dai 35 ai 40 previsti nel 2008. Inoltre, si provvede ad un accorpamento delle aliquote contributive prevedendo a regime il 33% per il lavoratori dipendenti pubblici e privati, il 20% per tutti gli altri lavoratori.

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La riforma Dini – L. 335/1995.

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Lavoratori con almeno 18 anni di anzianità cont.

Al 31 dic. ‘95

RETRIBUTIVO

Lavoratori con meno di 18 anni di anzianità cont.

al 31 dic. ‘95

MISTO

Lavoratori di nuova assunzione al 1 gen. ‘96

CONTRIBUTIVO

Età per il pensionamento di vecchiaia: graduale elevazione dagli attuali 57 (F) e 62 (M) anni fino a 60 (F) e 65 (M) anni a decorrere dal 1 gen. 2000Misura della pensione: la pensione calcolata interamente con il metodo retrib.Requisito contributivo minimo: 15 anniPensione di anzianità: vedere schema successivo

Età per il pensionamento di vecchiaia: accelerazione Amato, graduale elevazione dai 57 (F) e 62 (M) anni fino a 60 (F) e 65 (M) anni a decorrere dal 1 gen. 2000Misura della pensione: la pensione si compone di 2 quote, la 1° (q. A) calcolata con il metodo retrib. per l’anzianità maturata fino al 31/12/95 e la 2° (q.B) con il metodo contrb. Per l’anzianità maturata dopo questa dataRequisito contributivo minimo: graduale elevazione dagli attuali 17 anni a 20 anni dal 1 feb. 2000Pensione di anzianità: vedere schema successivo

Età per il pensionamento di vecchiaia: flessibile tra i 57 ed i 65 anniMisura della pensione: montante dei contributi versati durante l’intera vita lavorativa, rivalutati in base alle variazioni del PIL nominale , per la trasformazione del capitale in pensione annua si utilizzano i coefficienti di trasformazioneRequisito contributivo minimo: 5 anni di contribuzione purché la pensione non risulti inferiore a 1,2 volte l’assegno socialePensione di anzianità: abolita a regime (è consentita solo con 40 anni di anz.)

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Il rafforzamento del metodo contributivo (segue)

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Con il vecchio metodo retributivo la pensione veniva calcolata moltiplicando un coefficiente, 2%, per il numero di anni di lavoro; per es. se una persona ha lavorato 35 anni, la pensione sarà pari al 70% della media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni, se lavoratore dipendente privato, o ultimo mese se pubblico; è evidente il completo slegamento tra la prestazione e i contributi versati, nonché gli abusi che questo sistema consentiva, generando così enormi disavanzi nei bilanci previdenziali.

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La revisione Prodi del 1997

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Nel 1996 il Governo Prodi prosegue nell’opera di revisione del sistema previdenziale, raggiungendo, quale elemento qualificante, la completa equiparazione nelle modalità di calcolo tra i dipendenti pubblici e quelli privati; inoltre, interviene, attraverso la legge finanziaria n°449/97, anche su alcuni punti della precedente riforma Dini, accelerandone l’andata a regime. Per perseguire questi obiettivi costituisce la Commissione Onofri con il compito di effettuare una analisi delle compatibilità macroeconomiche della spesa sociale.La Commissione elaborò un progetto di riforma del Welfare State che riguardava, oltre agli impatti economici della spesa pensionistica sul bilancio dello Stato, il riordino del sistema degli ammortizzatori sociali e la razionalizzazione degli interventi assistenziali nonché il richiamo ad una più rapida applicazione delle misure della Riforma Dini e l’accelerazione del lungo periodo di transizione per l’andata a regime del sistema stesso.La “revisione” Prodi del 1997, sulla scorta delle raccomandazioni della Commissione , ha ridotto i tempi per l’aumento delle aliquote contributive al 19% dei lavoratori autonomi e dei parasubordinati ad eccezione degli iscritti anche ad un altro ente di previdenza di base, per i quali l’aliquota è fissata al 10%; ha ridotto i tempi del periodo di entrata a regime dei requisiti di età e anzianità contributiva per i lavoratori dipendenti e per gli autonomi per la pensione di anzianità e ha dato corso alle molte deleghe contenute nella riforma Dini tra le quali i decreti attuativi della previdenza complementare e il diritto di opzione al metodo contributivo.

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La revisione Prodi del 1997 - conclusioni

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• Aumento aliquote contributive degli autonomi e dei parasubordinati • (a regime 19%)*

• Innalzamento dei requisiti di età e anzianità contributiva per i lavoratori dipendenti e per gli autonomi (pensione di anzianità)

• Si conclude l’equiparazione del sistema pensionistico del settore pubblico e si armonizzano i “fondi speciali” (settori elettrici, telefonici,aviazione e altri) alle regole più stringenti del settore privato.

* esclusi i parasubordinati iscritti anche ad un altro ente di previdenza obbligatoria.

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Le nuove regole ed i requisiti dal 2004 al 2008; il Bonus e la Totalizzazione: Legge 243/2004

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Per garantire la stabilizzazione del rapporto tra spesa previdenziale e PIL e la sostenibilità del sistema, alla luce della positiva situazione di aumento della speranza di vita, si procede all’aumento dei requisiti per l’accesso alle prestazioni, in linea con le precedenti riforme.

L’intervento opera su due fronti:

1. il primo, introdotto a livello sperimentale fino al 2007 , consiste nell’incentivazione alla permanenza al lavoro mediante l’introduzione di un “Bonus”;

2. il secondo prevede, a partire dal 2008 l’elevazione dei requisiti di età per il pensionamento.

Inoltre, la legge introduce da subito la “certificazione dei diritti pensionistici” e prevede norme per l’ulteriore armonizzazione del calcolo della pensione affinché, a parità di contributi versati, ci sia uguaglianza nelle prestazioni.

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Garantire la sostenibilità del sistema pensionistico.

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GARANTIRE LA SOTENIBILITA’ DEL SISTEMA PENS. NEL MEDIO E LUNGO PERIODO.

- Adeguamento dei requisiti per l’accesso alle prestazioni

Nella fase transitoria → forme incentivanti volontarie (BONUS)A regime → nuovi requisiti

- Certificazione del diritto alla pensione

- Revisione del sistema di calcolo delle pensioni dei vari fondi al fine di ottenere uguale trattamento a parità di anzianità e retribuzione pensionabile

- Estensione delle coperture previdenziali (co.co.co. , co.co.pro. , associati in partecipazione, prestazioni occasionali sopra i 5.000 €)

- Equità e Totalizzazione

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Lo squilibrio

• riduzione dei livelli occupazionali

• mutamento del mercato del lavoro

• contenimento costo del lavoro

• bassa natalità allungamento della vita media

pensioni baby

pensioni generose

solidarietà intergenerazionale contributi-pensioni non regge

metodo di calcolo(33-80%)

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SPERANZA DI VITA anni

allungamento della vita media

UNA GRANDE CONQUISTA CHE DETERMINA PERO’ UNA VORAGINE DI SPESA CHE NESSUNA FINANZA PUBBLICA PUO’ SOSTENERE

All’inizio del ‘900 era di 45

DONNA

UOMO

78,6ITALIA

82,8

78,6

NEL 1970 UN UOMO AVEVA

AVANTI A SE’ UNA MEDIA DI 11

ANNI OGGI NE HA 17

(dal momento del ritiro dal lavoro)

NEL 1970 LA DONNA AVEVA AVANTI A SE’

UNA MEDIA DI 14 ANNI

OGGI 23

(dal momento del ritiro dal lavoro)

Europa : Svezia 78,9 – Piu’ longeva –Italia al secondo posto - Lituania la piu’ bassa 65 anni gli uomini

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78 77 7470

6458,6 57 54,8 55 54

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

pensione

2005201020152020202520302035204020452050

ETA’ 60 ANNI 40 CONTRIBUTI

RAPPORTO TRA PENSIONE ED ULTIMO STIPENDIO

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0102030405060708090

100110120130140150

anni 0 anni 5 anni 10 anni 15

ev. retribuzvalore pensrapp pens/retrib

Evoluzione tra retribuzione e pensione media

2,5% dinamica salariale

Inflazione 1,5%

- 20- 25,5

- 33,4- 44,8

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Liberalizzazione dell’età pensionabile nel sistema contributivo Età Divisori Coefficienti di

trasformazione

(tabella A allegata alle legge 335/1995)

57 21,1869 4,720 %

58 20,5769 4,860 %

59 19,9769 5,006 %

60 19,3669 5,163 %

61 18,7469 5,334 %

62 18,1369 5,514 %

63 17,5269 5,706 %

64 16,9169 5,911 %

65 16,2969 6,136 %

66 15,6777 6,378 %

67 15,0659 6,638 %

68 14,4548 6,918 %

69 13,8481 7,221 %

70 13,2403 7,553 %

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DAL 2010

EtàAnni

Coeff. di Trasformazione

57 4,419 % - 6,38

58 4,538 % - 6,63

59 4,664 % - 6,83

60 4,798 % - 7,07

61 4,940 % - 7,39

62 5,093 % - 7,64

63 5,287 % - 7,87

64 5,432 % - 8,10

65 5,620 % - 8,41

Età

Anni Coeff.

57 4,720 %

58 4,860 %

59 5,006 %

60 5,163 %

61 5,334 %

62 5,514 %

63 5,706 %

64 5,911 %

65 6,136 %

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Lavoratore (entra a 30 anni) 35 anni di lavoro a 65 anni di età

Retribuzione mensile x 13 euro 1.692

Montante Contributivo 22 000 x 35 anni 33 % Euro 254.100Età al pensionamento anni 65 coeff. 6,136 % “ 15.591Pensione mensile lorda x 13 Euro 1.199,35

Dal 2010

Anni 65 coeff. 5,620 euro 14.280,42

Pensione mensile lorda x 13 euro 1.098

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Nuove misure per lo sviluppo della Previdenza Complementare.

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La legge 243/04 interviene anche sulla Previdenza Complementare dando al Governo un ampia Delega a riordinare l’intera materia con l’obiettivo di “favorirne lo sviluppo” che, nonostante le modificazioni apportate dalla varie riforme tra cui quella introdotta dal D. Lgs n°47/2000, non aveva prodotto i risultati sperati.

La legge prevede che nella riscrittura del testo, anche sottoforma di “Testo Unico”, vengano adottate tutte le possibili misure per:

1. Aumentare i flussi contributivi alle forme pensionistiche complementari eliminando i vincoli che limitavano la possibilità di contribuzione al 12% del reddito dichiarato e alla percentuale di TFR devoluto; viene introdotto il criterio del “silenzio assenso” che prevede, salvo diversa decisione del lavoratore, la devoluzione dell’intero TFR ai Fondi Pensione;

2. l’eliminazione degli ostacoli alla libera adesione e portabilità della posizione pensionistica complementare che impedivano ai lavoratori dipendenti di poter scegliere la forma pensionistica a cui aderire; a tal fine prevede un ampliamento dei soggetti gestori e promotori di fondi pensione;

3. nuove e più coerenti forme di “Governance” dei fondi pensione e la realizzazione di una “unitarietà e omogeneità del sistema di vigilanza sull’intero settore della Complementare” affidandola alla Covip.

A seguito di questa impostazione è stato emanato il D. Lgs n°252 del 5 Dic. 2005 che, sotto forma di T.U. , riscrive e innova l’intera materia.

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LA MANOVRA FINANZIARIA 2011/13

D.L. 78/2010 CONVERTITO IN LEGGE 122/2010

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Le novità:

Una NUOVA FINESTRA MOBILE che ritarderà di 12 mesi (365 gg) l’uscita di tutti i lavoratori dipendenti

INTRODUZIONE DI REQUISITI “DINAMICI”: si saprà solo poco tempo prima se e quando andare in pensione perché dal 2015 in poi i requisiti richiesti varieranno ogni 3 anni in relazione alla variazione della speranza di vita dei lavoratori.

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I nuovi requisiti “dinamici”.

I nuovi requisiti “dinamici” della nuova manovra:

Le dipendenti pubbliche avranno come requisito anagrafico della pensione di vecchiaia i 65 anni (a partire dal 1° gennaio 2012)

Stop alle ricongiunzioni in entrata e in uscita per i lavoratori con contribuzione mista: Art. 12, co. 12-septis: è oneroso dal 1/07/2010 chiedere la ricongiunzione dei periodi di

contribuzione obbligatoria, volontaria e figurativa dall’INPDAP all’INPS (l’onere è la risultante di un complesso conteggio basato su diverse variabili quali l’età, la retribuzione percepita alla data della domanda e il sesso)

Art. 12, co. 12-decies: modifica i criteri di determinazione dell’onere di ricongiunzione per il passaggio dei contributi da INPS a INPDAP (applicando i coefficienti della riserva matematica applicati nel privato)

Art. 12- co. 12-undicies: ha abrogato la L. 322/58 riguardante il trasferimento gratuito dei contributi dall’INPDAP all’INPS

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Decorrenza Pensioni di vecchiaia (Esempi)

Requisiti maturati entro il 31/12/2010

MATURAZIONE REQUISITI

DECORRENZA DELLA PENSIONE

31 gennaio 2010I trimestre

1° luglio 2010

30 giugno 2010II trimestre

1° ottobre 2010

31 agosto 2010III trimestre

1° gennaio 2011

30 novembre 2010IV trimestre

1° aprile 2011

Requisiti maturati dal 01/01/2011 *

MATURAZIONE REQUISITI

DECORRENZA DELLA PENSIONE

31 gennaio 20111° febbraio 2012

30 giugno 20111° luglio 2012

31agosto 20111° settembre 2012

30 novembre 20111° dicembre 2012

* Se al 31 dicembre 2010 sono stati raggiunti i requisiti per la pensione di anzianità, si applicano le previgenti disposizioni in materia di decorrenza.

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Decorrenza pensioni con 40 anni di anzianità contributiva (Esempi)

Requisiti maturati entro il 31/12/2010

Maturazione requisiti

Decorrenza della pensione

28 febbraio 2010I trimestre

1° luglio 2010(con 57 anni entro

il 30/06/2010)

1° gennaio 2011(con età inferiore

a 57 anni)

30 aprile 2010II trimestre

1° ottobre 2010(con 57 anni entro

il 30/09/2010)

1° gennaio 2011(con età inferiore

a 57 anni)

31 luglio 2010III trimestre

1° gennaio 2011

30 novembre 2010

IV trimestre1° aprile 2011

Requisiti maturati dal 01/01/2011 *

Maturazione requisiti Decorrenza della pensione

28 febbraio 20111° marzo 2012

30 aprile 20111° maggio 2012

31 luglio 20111° agosto 2012

30 novembre 20111° dicembre 2012

* Se al 31 dicembre 2010 sono stati raggiunti i requisiti per la pensione di anzianità, si applicano le previgenti disposizioni in materia di decorrenza.

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Decorrenza pensioni di anzianità con meno di 40 anni di contribuzione (Esempi)

Requisiti maturati entro il 31/12/2010

Maturazione requisiti Decorrenza della pensione

31 maggio 2010I semestre

1° gennaio 2011

31 luglio 2010II semestre

1° luglio 2011

Requisiti maturati dal 01/01/2011*

Maturazione requisiti Decorrenza della pensione

31 maggio 20111° giugno 2012

31 luglio 20111° agosto 2012

* Se al 31 dicembre 2010 sono stati raggiunti i requisiti per la pensione di anzianità, si applicano le previgenti disposizioni in materia di decorrenza.

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Decorrenza pensioni dirette in regime di totalizzazione (Esempi)

Requisiti maturati entro il 31/12/2010

Maturazione requisiti

Presentazione domanda

Decorrenza della pensione

31 marzo 2010 18 luglio 2010 1° agosto 2010

31 ottobre 2010 20 marzo 2011 1° aprile 2011

Requisiti maturati dal 01/01/2011 *

Maturazione requisiti Decorrenza della pensione

31 marzo 2011 1° ottobre 2012

31 ottobre 2011 1° maggio 2013

* Se al 31 dicembre 2010 sono stati raggiunti i requisiti per la pensione di anzianità, si applicano le previgenti disposizioni in materia di decorrenza.

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Cosa può fare il dipendente pubblico per veder riconosciuti tutti i contributi?

1. Pagarsi l’onere della ricongiunzione in entrata o in uscita 

2. Chiedere l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria versandosi i contributi fino alla maturazione dei requisiti

3. Chiedere la totalizzazione a norma del D.Lgs 42/2006

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Le totalizzazioni: novità.

Le Totalizzazioni seguiranno le regole degli autonomi: chi raggiunge il diritto alla pensione con la totalizzazione aspetterà ben 18 mesi.

Le condizioni per l’esercizio della facoltà: Compimento del 65° anno di età e anzianità contributiva di almeno 20 anni Possesso di anzianità contributiva non inferiore a 40 anni La totalizzazione è consentita per periodi assicurativi non coincidenti di durata non

inferiore a 3 anni.

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I tassi di sostituzione in dettaglio

Tassi di sostituzione lordi - pensionamento a 63/65 anni con 35 anni di contribuzione

Fonte: Ragioneria generale dello Stato – Le tendenze di medio lungo periodo nel sistema pensionistico e socio sanitario – aggiornamento 2009

La riduzione dei tassi di sostituzione dipende in misura significativa dalla revisione triennale dei coefficienti di trasformazione

Anno di pensionamento

2008 2020 2030 2040 2050 2060

Sistema di calcolo Retributivo Misto (10 retrib. + 25

contrib.)

Contributivo Contributivo Contributivo Contributivo

Tasso di sost. a 63 anni 68,7 60,1 55,0 52,4 51,8 50,8Tasso di sost. a 65 anni 68,7 62,6 58,4 55,5 54,8 53,7

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Alcune valutazioni

ATTENZIONE!VA EVIDENZIATO CHE I TASSI DI SOSTITUZIONE ESPOSTI RIGUARDANO UNA

SITUAZIONE TIPO. LA CORRETTA INDIVIDUAZIONE DEL TASSO DI SOSTITUZIONE DEVE TENERE CONTO DELLE CARATTERISTICHE DELLA STORIA CONTRIBUTIVA E DI CARRIERA PERSONALI

Determinante fare emergere il concetto se dopo il pensionamento si intende mantenere lo stesso tenore di vita del periodo attivo i livelli di copertura appaiono sufficienti?...

Se non sono ritenuti sufficienti è importante che se ne acquisisca la consapevolezza in tempo utile per potervi porre

rimedio si individui la soluzione più idonea a compensare la

riduzione dei tassi di sostituzione si tengano sempre presenti le proprie esigenze previdenziali con il

continuo monitoraggio nel tempo al fine di calibrare al meglio le soluzioni

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Alcune valutazioni

È indispensabile non lasciarsi condizionare dalle nuove norme. Ogni lavoratore ha una aspettativa e una storia di lavoro e conseguentemente anche un percorso contributivo individuale. La scelta non deve essere avventata o emotiva. Resta il fatto che dopo una vita di lavoro, la decisione deve essere libera, appropriata e conveniente. Le tappe importanti della vita devono essere sempre raggiunte con passo sicuro, non in fuga, individuando il miglior momento per adottare qualsiasi decisione con serenità, secondo le proprie esigenze e mai per timore. Si potrebbero commettere errori irreversibili e rischiare anche una doppia e pesante penalizzazione.

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Grazie

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Dott. Giuseppe Calderazzo

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