Pretesti di scrittura testi

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www.arringo.wordpress.com Pretesti di scrittura I testi Classe IIA _a.s. 2013-2014 Ist. Compr. San Vito_ San Vito Romano(Rm)

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I testi che seguono sono stati scritti a partire da manufatti realizzati in classe (sulle modalità e gli obiettivi di questa attività, vedere sul blog Arringo, mentre i manufatti completi sono visibili al seguente link). I testi appartengono al genere giallo e sono stati elaborati in gruppo dai ragazzi, applicando: • tecniche di descrizione del luogo; • tecniche di descrizione delle persone; • diverse modalità di dialogo; • dialogo finalizzato alla descrizione del personaggio.

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Pretesti di scrittura

I testi

Classe IIA _a.s. 2013-2014

Ist. Compr. “San Vito”_

San Vito Romano(Rm)

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I testi che seguono sono stati scritti a partire da manufatti realizzati in

classe (sulle modalità e gli obiettivi di questa attività, vedere sul blog

Arringo, mentre i manufatti completi sono visibili al seguente link).

I testi appartengono al genere giallo e sono stati elaborati in gruppo dai

ragazzi, applicando:

tecniche di descrizione del luogo;

tecniche di descrizione delle persone;

diverse modalità di dialogo;

dialogo finalizzato alla descrizione del personaggio.

Buona lettura!

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ENRICO IV E GREGORIO VII

in

MISTERO NEL CASTELLO DI SASSONIA!

(classe IIA)

"Ma cosa vuoi? Sono il papa, un inviato da Dio!"

"Ma quale Dio e Dio! Io sono l'imperatore, mica l'ultimo dei servi!"

"Stai zitto! Non contano solo i soldi e le terre! Tutto questo è nulla a confronto dei

poteri spirituali!"

"Ti fa comodo è? Hai solo una piccola striscia di terra! Gregorio VII non mi

fermerai!"

"Lo vedremo Enrico IV dei miei feudi!"

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La sala del trono di Enrico IV, quel giorno, aveva assistito ad una gran bella

lite che, tuttavia non aveva scalfito la sua bellezza.

Si potevano ammirare tutt'intorno, degli

splendidi arazzi che rivestivano le pareti e che

ritraevano numerose battaglie dei precedenti

imperatori. Più in basso, dei mobili in legno di

castagno e suppellettili in ambra e argento. Al

centro della stanza, campeggiava un maestoso

trono, che assomigliava all’estensione del Sacro

Romano Impero Germanico.

Intanto nel palazzo del papa…

“Adesso avrai quel che ti meriti, caro il mio Enrico IV, ed ecco qui la tua

seconda scomunica! Così nessuno ti seguirà più!”

“Ma…” balbettò il messaggero “Siete proprio sicuri? Il si-si-signore non la

prenderà molto bene…”

“Ma cosa dici? Stai forse insinuando che Enrico IV sia più potente di me?”

“Ma…io”

“Esci! E non tornare senza consegna avvenuta!”

Quella notte, buia e tempestosa, nel palazzo

accadde l’impensabile. Con passo felpato, un uomo si

aggirava furtivo in quei corridoi deserti e silenziosi

simile a un gatto che sta per afferrare la sua preda,

camminava rannicchiato e rasente al muro. Indossava

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una lunga tunica nera, ampia e pesante. Il volto era coperto fin sopra la bocca da un

inquietante cappuccio a bocca, che lasciava intravedere delle labbra serrate dalla

concentrazione.

In chiesa, nella cattedrale di Aquisgrana, Enrico IV sedeva tra i banchi insieme

ai suoi più fedeli vassalli, d’un tratto, prima dell’ inizio dell’Eucarestia da dietro le

tende di velluto uscì Gregorio VII.

“Ma tu che ci fai qui?” chiese con stupore il papa.

“Quello che faccio tutte le domeniche…” controbatté Enrico IV.

“Ma non hai letto la scomunica?”.

“Veramente non mi è arrivato nulla!”.

“Qui c’è qualcosa che non va” disse con tono pensieroso il papa.

Fu così che il papa chiese aiuto a

Matilde di Canossa, donna di gran fiuto.

“E così caro papa, la scomunica

non è arrivata…occorre approfondire.”.

Arrivati a palazzo del papa,

cominciò a perquisire tutte le stanze,

finché notò qualcosa di strano nel

camino.

“Buongiorno, Matilde sono a

vostra disposizione” disse Abelardo a

Matilde Di Canossa

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“Da quanto vi occupate del riscaldamento del palazzo?”.

“Da molti anni, quasi una vita!”.

“E i rapporti tra voi sono stati sempre buoni?”

“Ma certo, cosa vi salta in mente?”

“Mi vieni in mente che…voi sappiate che ha fatto la scomunica di Enrico IV”.

“Ma-ma-ma…io…non so nulla!”

“E invece si! Perché da anni ti occupi anche del riscaldamento del palazzo”.

“Cosa c’entra?”.

“C’entra, c’entra…altrimenti, perché ci sarebbe della cera nel camino? Avete

bruciato la lettera! Confessate!”

“E va bene! Ogni giorno devo rischiare la vita! Vi sembra giusto?”

E così Belardo andò in galera nella cella Enrico IV si prese la scomunica.

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OMICIDIO IN FABBRICA

Classe IIA

Tutti dormivano quella notte a Palermo, nessuno immaginava quello che

sarebbe successo nella grande fabbrica Chocolate.

Lì, non c'era affatto tranquillità.

Lungo l'ingresso principale, montagne di scatoloni rivolti su se stessi,

sembravano le onde di un maremoto e dicevano che non era accaduto nulla di buono.

Ad accogliere il perfetto scompiglio, una zaffata miasmatica che annunciava la morte.

Alla fine del corridoio, tracce di sangue che qua e là diventavano impronte di

scarponi da lavoro. Più in avanti, una lunga scia di sangue simile ad un boa, spingeva

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gli occhi verso il centro della stanza. Nel bel mezzo della sala comandi, giaceva un

corpo esanime, che a guardarlo sembrava morto da tempo.

L'uomo aveva gli occhi sbarrati come se avesse visto la morte in volto. Più in

basso, dei lividi violacei e bluastri erano stati testimoni di chissà quale violenza. Sotto

di essi, una bocca spalancata nel tentativo di chiamare aiuto ma invano. Dietro, sulla

schiena, nel bel mezzo di una camicia strappata, enormi macchie di sangue che

coprivano dei grandi e profondi tagli tra le costole.

"Buongiorno, signor Castellano" disse il commissario Montalbano, giunto sul

luogo del delitto la mattina seguente.

"Buongiorno signor Montalbano. Ha visto che sciagura ha colpito la mia

fabbrica?".

"Mi dispiace molto, ma bisogna fare chiarezza...Chi c'era quella sera in

fabbrica?".

"Ehm...non ricordo bene..." rispose tentennando il signor Castellano "Quella

sera ero uscito prima, perché mia moglie che non si sentiva bene".

"Allora sua moglie non avrà difficoltà a rispondere ad alcune domande...".

"No...ehm...Faccia pure...".

Così la Punto di Montalbano sfrecciò sulle

montagne di Mondello, lasciandosi alle spalle il luogo

del delitto.

"Buongiorno, signora Castellano"

"Buongiorno signor Montalbano, serve qualcosa?"

"Si...gentilmente, potrebbe dirmi dov'era sua marito ieri sera?"

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"Ehm...era a casa con me...perché stavo male".

"Era per caso nervoso?"

"Veramente...Calogero è stato sempre un grande

lavoratore. Fin da quando era piccolo, è stato lui ad

alzare i guadagni della sua famiglia! Lavorando duramente, ha contribuito moltissimo

alla gloria di Palermo! Tutto grazie alla sua azienda! Ma, in questi ultimi tempi... sì,

era un po nervoso... Stava ore e ore al telefono.".

"La ringrazio mi è stata davvero utile!"

Nel giro di poche ore, Salvo Montalbano fu di nuovo in fabbrica.

DRIIIN

"Pronto?...Ah sì Carmine...Mm...Molto bene, nel giro di pochi minuti lo farò

confessare, grazie a presto".

TOC TOC...

"Cosa vuole ancora?" cominciò alterato Calogero.

"Lei...non mi ha detto tutta la verità!".

"Ma quale...ma quale verità vuole che le dica? Le ho già detto che ha le 9:30

ero a casa!".

"E come fa a sapere che l'omicidio è avvenuto a quell'ora?".

"Ma non so...Diamine! E va bene! Quel lurido verme! Ha avuto tutto quel che

meritava!".

"Bene così, signor Calogero. Mi racconterà tutto in macchina, con calma.".

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E anche questa volta, la Punto di Salvo sgommò al carcere di Acireale.

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MARTA

Di Claudia Martinoli, Clarissa Ilari, Mara Pisaltu

Quella sera, le strade della città erano tempestate di macchine e persone, dirette

tutte alla festa di carnevale. Di sottofondo, si sentivano le urla di ragazzi entusiasti

vestiti chi da Spider-Man chi da Trilli chi da zombie… All’ingresso della città c’era

un cartellone di vari colori, che preannunciava qualche festa. Andando più avanti,

c’erano due fabbriche, quella più avanti verde quella indietro nera, anch’esse felici

della festa. Ai loro fianchi, i palazzi dalle serrande aperte regalavano il panorama di

persone che si stavano preparando per l’avventura del Carnevale. Tutt’intorno, si

davano la mano casette dai colori dell’arcobaleno, mentre l’unico super mercato della

città era chiuso.

Ad un certo punto…

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-Aiuto! - urlò a squarciagola una ragazza.

Accorsero in molti. Una persona regnava, appesa ad un corda…Era una

ragazzina di circa 18-19 anni. Era molto pallida. Delle

voci dicevano:

-Chiamate un dottore! Sbrigatevi!

-Eccomi! sono io sono un dottore!

Ma, era troppo tardi. Era già morta da circa due

ore. Aveva una camicia rosa ormai mischiata da colore

rosso del suo sangue, i pantaloni sembravano nuovi, le scarpe non c’erano. Il collo

non aveva nessun segno rosso:era stata strozzata o ammazzata e poi appesa la testa?

Era piena di grandi bolle ed infine gli occhi sembravano che da un momento all’altro

potessero uscire dalle orbite.

Successivamente, arrivò l’investigatore:

-Cosa è successo?

-Noi non sappiamo- preoccupati sussurravano in coro i presenti.

-Be, sgombrate, su sbrigatevi!

La panda verde di De Santi sfrecciò in caserma:

-Ma, è sicuro che si tratta di omicidio?- domandava a Sparta il suo segretario.

-Bah, non saprei…

-Ascolta, vammi a fare una ricerca su questa ragazza: voglio sapere tutto di

lei!

-Subito, ispettore!

Poco dopo:

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-Ecco! Questa è la ricerca che mi ha chiesto

-Ok! Fantastico!

Il13/02/13 ha compiuto 19 anni e po…

-Ei aspetta, ma, è successo proprio il giorno della sua morte!

E’ dal lì iniziarono i sospetti. E continuò a leggere.

Ha una amica che frequenta da molto, odia stare con i ragazzi più grandi di

lei,ha un fratellino più piccolo, non ha i genitori, vive in una fattoria. Ama stare con i

bimbi, e questo spiega perché è andata alla festa, odia la pizza, ah ora si spiegano

tutte quelle bolle, forse era allergica a qualcosa,odia la solitudine…

-Ricapitolando. Ha compiuto gli anni nello stesso giorno della morte, ha delle

bolle in faccia per allergia, forse sono stati alcuni ragazzi più grandi e forse ha delle

brutte conoscenze.

L’ispettore iniziò a pensare.“Se esploro meglio la casa, può darsi che trovo

qualche indizio in più”. E tornò a casa della vittima.

Avvicinandosi, intravide dei gruppi di ragazzi vicino l’abitazione: tra di loro,

una sola ragazza. Allora scese per andare a vedere,

- Salve ragazzi!Sono l’ispettore De Santi

-E che vo da noi che t’avemo fatto?

-Buono, ragazzo, le domande le faccio io. Chi siete? E chi è questa ragazza che

è con voi?

-Ficcanaso! Lei è n’amica nostra, fatte gli affari tuoi: C’ha 19 anni, è grande

abbastanza!

-Può bastare: però datemi i documenti.

De Santi prese il cellulare e chiamò il segretario.

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-Sparta, segnati questi nomi e appena puoi, dimmi quanto più possibile. Mi

interessa soprattutto la ragazza.

Mentre perlustrava la casa, squillò il cellulare:

-Ispettore, ho quello che cerca: la ragazza, in particolare, ha un dato che ci

interessa. Indovini? Compie gli anni il 13/02/13 ama la pizza ha un fratello più

grande, ultimamente ha litigato con una sua amica…Abbiamo controllato i tabulati

telefonici: le cose tra le due non funzionavano.

-Ma è proprio tutto l’opposto della sua amica! Forse anche lei può entrarci

qualcosa nell’omicidio di Marta! Dobbiamo escogitare un piano.

-Possiamo mandare una lettera alla sua amica, da parte di Marta e vedere che

reazione avrà!

-All’opera.

Ciao amica mia.

Sai ti scrivo una lettera perché non ho soldi al

telefono…Ho bisogno di parlarti. Puoi venire domani a

casa mia?

Marta

E la lettera volò alla casa dell’amica di Marta.

-Corri! Andiamo vieni con me so dove andare! -esclamò felice l’investigatore .

Aspettarono fuori dall’abitazione e quando videro uscire la ragazza a tutta

velocità da casa, la bloccarono.

-Dove va, signorina?

-Perché ce l’avete con me? Marta non l’ho uccisa io!

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-Ma noi non abbiamo parlato di Marta…Perché dice questo? E perché corre

fuori casa?

-Basta!

-Signorina, le conviene parlare, abbiamo prove a sufficienza- azzardò

l’ispettore.

-Basta, si, si, l’ho uccisa io! Marta non voleva mai andare a grandi feste e

quella sera era il mio e il suo compleanno! Io volevo andare a casa sua a festeggiare

ma lei preferiva stare alla festa di carnevale e diceva che voleva restare un pochino a

mangiar qualcosa.

-Ma che motivo c’era di ucciderla?

-Marta era povera e il giorno prima aveva rubato a casa mia. Io e ei miei

facemmo finta di niente, ma poi glielo dimmo, ma niente da fare. Lei negò tutto e non

ci diede indietro i soldi…Quello che aveva preso a casa valeva molto di più di 2 colpi

di pistola. Le sparai e l’ appendemmo e…

-E poi è scappata…anzi, siete scappati: avrà avuto di sicuro dei

complici…Sparta sai cosa devi fare…

E da quel giorno, Marta poté finalmente riposare in pace e per sempre..

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DELITTO ALL' HOTEL KIME

Leonardo Cianfriglia (e gruppo)

Era un giorno tipico d' inverno a Los Santos: il cielo era coperto da tristi nuvole

grigie a mo' di mantello; sul monte Zac troneggiava un maestoso hotel a 5 stelle di

nome Kime. Il palazzo era di color bianco panna: conteneva al suo interno ottocento

stanze, ma solo una era la più lussuosa. Già dalla hall si poteva sentire il profumino

del pollo arrosto preparato dalla cucina e tutte le stanze dei clienti avevano due smart

TV e tutti i letti erano originari della Francia. Le case, dalla più grande alla più

piccina, erano variopinte da tinte rosso, blu, verde, giallo e sembravano ''ruotare''

intorno al Kime; erano irregolari e l'unico edificio ''solitario'' era la triste e cinerea

fabbrica, che ''sputava'' ogni giorno fumo nero dalla sua ciminiera. La strada

principale era Wall Street ed era popolata da migliaia di persone: auto che all'ora di

punta si riunivano in piazza. Clacson, grida di bambini, rumori di motori erano per

strada le tre parole principali.

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Nella suite del Kime successe l'improbabile, quando un'impiegata entrò nella

94 e i suoi occhi si sbarrarono dall'orrore. La vittima era piuttosto pallida: la testa

presentava dei tagli sulla fronte. La pancia era ricoperta dai lividi.Le gambe

possedevano dei solchi di proiettili. Le mani legate con un fil di ferro e trafitte da

siringhe. Sotto i piedi, c'erano dei buchi molto piccoli che erano stati sicuramente dei

chiodi. La faccia bianca come il latte e il sangue formava una coperta. La schiena

aveva dei grandi, larghi e numerosi tagli e sembrava che avesse lasciato la sua firma

sul corpo della vittima.

L'ispettor Lonk si incamminò verso il team con il suo aiutante Roger. Sul luogo

del delitto Lonk incominciò a formulare domande a raffica.

-Come si chiamava la vittima?.

-Christian- rispose la cameriera Maria.

-Dove si trovava il giorno 10 settembre 2001?

-A festeggiare con Christian e i miei amici- rispose convinta Maria.

-Era un po’ strano quel giorno…

Roger esclamò:

-Conosce il nome di qualche suo amico?

-Ehm sì rispose insicura Maria. Sandro e Luigi: il primo, alto e robusto; il

secondo; un po’ mingherlino…

- Dove lavorava Christian? domandò Lonk.

-Si svegliava sempre presto…per andare a lavorare in quella cupa fabbrica.

-Ok, grazie signora! esclamarono in coro i due investigatori.

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Un giorno, Roger andò a comprare il pane al supermercato, che era situato

vicino alla fabbrica accennata dalla cameriera. Ad un certo punto, Lonk notò in

lontananza due tipi che sembravano quelli descritti da Maria:

-Ehi, Roger, non ti sembrano due facce sconosciute?

-E chi sono? si incuriosisce l’aiutante.

-Gli amici di Christian!

-Ah, giusto! esclamò Roger.

I due investigatori sfrecciarono con la loro Panda. Destinazione hotel Kime.

Andarono alla stanza 94 e scoprirono delle foto di Christian, abbracciato insieme a

Luigi e Sandro e dietro di questi, disegni molto particolari come la svastica, la L e la

S. Ritornarono al supermercato e li notarono di nuovo con quei segni particolari sul

giubbotto e sulle braccia. Successivamente Lonk e Roger non esitarono a inseguirli e

con la loro squadra anticrimine. Li arrestarono, portandoli in carcere.

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SULLA LAMA DI UN COLTELLO

Federica Ceci (e gruppo)

Era sera, una tranquilla sera, o cosi sembrava nella caotica Hollywood: vicino

alla vecchia fabbrica, passeggiavano persone importanti come Selena Gomez e Demi

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Lovato. La fabbrica era affiancata da un hotel a 5 stelle chiamato “Lady Diana” e da

misteriosi palazzi, alti e bassi: un piccolo supermercato ma ampio e una vecchia

enoteca del signor Testa. Da li uscivano ed entravano persone di ogni genere,

compresi i vip. Con questo viavai, non si sapeva mai quello che succedeva. Le

automobili correvano all’impazzata alzando polvere e fuliggine, suonando clacson e

facendo un rumore terribile con le loro urla tanto che nessuno riusciva a dormire. Tra

queste persone, c’era la moglie del signor Testa che andò in cucina a prendere

dell’acqua, dove il marito preparava le bottiglie del vino, da vendere ai clienti.

Entrò e vide una scena atroce: suo marito steso sul tavolo, inanime. Provò a

chiamarlo in ogni modo ma niente non si svegliava. Provò a girarlo e vide un coltello

conficcato nella schiena. Era un coltello di

classe che sembravano da collezione. Il signor

Testa indossava un paio di occhiali sporchi di

sangue, un grembiule che aveva l’odore del

vino avariato, una camicia con tagli profondi

sulla schiena che dicevano che non era morto

per natura. Sui pantaloni, c’erano gocce di

sangue, qua e la. Il viso era pieno di lividi neri

e viola, le labbra esangui e sottili e gli occhi sbarrati come se avesse visto la morte in

faccia. La signora chiamò subito i carabinieri e l’ambulanza anche se sapeva che non

sarebbe servito a niente.

Il giorno seguente, il paese era pieno di volanti della polizia . dalla signora

Testa, si presentò un commissario chiamato “la volpe” per la sua incredibile astuzia.

Bussarono alla porta eee …

-Toc, Toc!

-Chi è? – rispose la signora Testa, affranta per la tragedia appena accaduta-

- Sono il commissario “la volpe”- esclama

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-Certo vengo subito-

-Salve!

-Buongiorno!

-Vorrei farle alcune domande riguardo suo marito.

-Certamente! Venga pure! Si accomodi!

-Grazie. Senta lei sapeva se per caso suo marito aveva dei nemici?

-No. A quanto ne so io, no! Credo di no!

-Come sarebbe “credo”?

- “Credo”, perché ultimamente c’era un signore che veniva spesso e qualche

volta lo sentivo che alzava la voce.

-Mmm… interessante … Sa per caso come si chiama questo signore?

-Certo. Si chiama … Smith. Carl Smith.

-Grazie mille. Andremo subito a parlargli.

-Grazie a lei e spero che mi porti delle buone notizie.

Il commissario la volpe sfrecciò con la sua Mercedes a casa del signor Smith in

via Wall Street, 32.

Il commissario bussò con forza alla porta:

-E lei chi è scusi?

-Sono il commissario la Volpe. Lei è il signor Carl Smith?

-Certo sono io! Entri pure si accomodi.

-Grazie.

Entrati il commissario cominciò con le domande.

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-Dove si trovava ieri sera, tra le 22 e le 23?

-Ero a lavoro.

-Da solo, senza nessuno che gli faceva compagnia?

- Si erano tutti usciti!

- Questa è una bugia. Abbiamo controllato nell’azienda dove lavora e lei ha

lasciato lì’azienda alle 21. E aveva tutto il tempo di tornare a casa e uccidere il signor

Testa!! – sbraitò.

-Questo non è vero. Si sono uscito alle 21 è vero. Ma perché mai dovrei averlo

ucciso?

-Perché il signor Testa aveva mandato suo figlio a lavorare nella sua azienda e

ha scoperto che lo faceva lavorare in nero. Cosi lei è andato nel pomeriggio

nell'enoteca e ha scoperto che il signor Testa aveva capito tutto. Se la notizia si fosse

diffusa in giro, l’azienda avrebbe chiuso e lei sarebbe andato in rovina!

-Non è vero! Non è vero! Non è vero!

Il commissario guardò nella credenza e vide dei coltelli.

-Lei colleziona dei coltelli?

-Si perché?

-Perché l’arma che ha ucciso il signore è identica ai suoi coltelli e qui si vede a

occhio nudo che ne manca uno! Non ci vuole tanto a confrontare le sue impronte con

quelle che abbiamo trovato sul coltello!

-E va bene! Sono stato io! L’ho ucciso io quell'idiota non volevo che mi

mandasse in rovina!

-Ma in rovina ci va ugualmente perché passerà un po’ di tempo al fresco.

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Cosi il commissario portò in carcere il

signor Carl Smith, ringraziò la signora e

lasciò Hollywood trionfante.