Presidente Il Mediterraneo, i Normanni, il Molise · conquistava Arta, Okride, Veria, Servia,...

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Introduzione: prof.ssa Onorina Perrella Cavaliere - Presidente dell'Istituto Italiano dei Castelli - Segone Molise Moderatore: prof. Antonio Mucciaccio - Dirigente Scolastico Relazioni di: prof. Mahmoud Salem Alsheikh - Università di Firent^e prof. Gianni Perbellini - Europa Nostra prof.ssa Lamia Hadda - Università Suor Orsola Benincasa, Napoli prof, Giovanni Coppola - Università Suor Orsola Benincasa, Napoli arch. Franco Valente - Consiglio Scientifico Istituto Italiano dei Castelli prof. Luigi Marino - Università diYiren^ Il Mediterraneo, i Normanni, il Molise Riflessione sullo stato delle conoscenze della presenza normanna nel Mediterraneo e nelVItalia Meridionale 28 aprile 2016 Palazzo GIL Auditorium "A. Giovannitti" CAMPOBASSO - Via Milano informazioni: [email protected] - www.istitutoitalianocastelli.it

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Introduzione: prof.ssa Onorina Perrella Cavaliere - Presidente dell'Istituto Italiano dei Castelli - Segone Molise

Moderatore: prof. Antonio Mucciaccio - Dirigente Scolastico

Relazioni di:

prof. Mahmoud Salem Alsheikh - Università di Firent^e

prof. Gianni Perbellini - Europa Nostra

prof.ssa Lamia Hadda - Università Suor Orsola Benincasa, Napoli

prof, Giovanni Coppola - Università Suor Orsola Benincasa, Napoli

arch. Franco Valente - Consiglio Scientifico Istituto Italiano dei Castelli

prof. Luigi Marino - Università diYiren^

I l Mediterraneo, i Normanni, i l Molise

Riflessione sullo stato delle conoscenze della presenza normanna nel Mediterraneo e nelVItalia Meridionale

28 aprile 2016 Palazzo GIL Auditorium "A. Giovannitti"

CAMPOBASSO - Via Milano informazioni: [email protected] - www.istitutoitalianocastelli.it

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L'architettura fortificata del Molise costituisce un ricco patrimonio, di valenza non solo regionale, che meriterebbe una maggiore attenzione nello smdio e un rinnovato impegno nella conservazione e valorizzazione. Se riconosciamo ai resti di un'opera fortificata il valore di documento significativo, e per molti aspetti irripetibile, non possiamo legare la sua sopravvivenza soltanto alla possibilità di riutilizzo. I l rudere, in particolare, può assumere il ruolo di fossile guida per l'interpretazione di fenomeni inizialmente non compresi e l'area di sperimentazione per soluzioni conservative efficaci, collaudati a distanza di tempo. La situazione rischia di peggiorare nei casi in cui l'intervento di restauro, esaurito l'interesse che l'aveva provocato, non è seguiti da una seria politica di manutenzione ripemta nel tempo e da un impegno altrettanto forte di informazione per il pubblico.

Una preziosa occasione per lo studio delle opere fortificate del Molise è stata offerta dal Project Raphael (Les Normandspeuples d'Europe. Ee patrimoine normand européen, X-XVIII siècles - 1998) che ha coinvolto Francia (ville de Caen-Normandie), Inghilterra (York Archaeological Trust, Hampshire Count}^ Council) e Italia (Centro di Smdi Normanno-Svevi di Ariano Irpino, Comune di Termoli, Università di Firenze).

Da allora il Molise si è arricchito di una ricca bibliografia che dimostra un incremento di interesse anche se non sempre questo sembra stimolare la necessaria attenzione nelle politiche di mtela e valorizzazione.

L a Sezione Molisana dell'Istituto Italiano dei Castelli promuove questo incontro per fare il punto suUe conoscenze relative all'architettura fortificata e proporre alcune riflessioni in un panorama che va oltre i confuti regionaU per coinvolgere l'intero Mediterraneo.

Onorina Perrella

La motivazione maggiore che ha guidato il Consiglio Direttivo della Sezione Molise dell'Istimto Italiano dei Castelli a organizzare un incontro di studio sui Normanni è scamrita dal desiderio di arricchire le conoscenze degli avvenimenti che legarono questo popolo alla contea di Molise, una delle più grandi del Regno di Sicilia e quella che comandava gli snodi viari più importanti nei collegamenti fra l'Europa e il nord e il sud dell'Italia. I l nostro incontro di studio, tuttavia, attraverso gli argomenti che saranno trattati oggi, allargherà i suoi orizzonti affrontando quel tipo di ricerche e di indagini che permetteranno di approfondire ulteriormente la storia dei Normanni i quali, dopo l'anno ntiUe, seppero creare una fusione tra il nord dell'Europa e l'Italia meridionale, nelle cui terre si incontrarono e si scontrarono con i papi, le civiltà romano-longobarda, bizantina e islamica, rendendo il Mediterraneo il centro degli interessi politici ed economici dell'epoca. Giunti in tempi diversi e con diverse motivazioni nel sud della nostra penisola, i Normanni mostrarono una forte inclinazione a occupare terre, difendere e incrementare le loro conquiste, ma evidenziarono anche uno straordinario senso politico tanto da avviare e fondare uno dei primi stati moderni. Con le loro capacità guerriere, e l'aspirazione a voler formare una grande monarchia, in antitesi al concetto particolaristico del tempo, riuscirono a trasformare il Meridione in uno degH stati più potenti nell'Europa del tempo. Negli anni della conquista, avvicinandosi alla chiesa cattolica e ai benedettini, i Normanni diedero uno slancio nuovo alla culmra e all'architettura, realizzando opere di namra religiosa e castellana che ancora oggi possiamo ammirare in Italia e in Europa. Ci piacerà, perciò, prestare attenzione agli interventi degli illustri relatori presenti, per acquisire nuovi elementi su un argomento che, come molisani, ci tocca molto da vicino. Infatti, al tempo della conquista normanna dell'Italia meridionale, quello che sarà il futuro Molise non aveva ancora tale nome, lo assumerà nel 1142, quando re Ruggero I I d'Altavilla riorganizzò, nel suo complesso, la strutmra feudale e militare del Regno di SiciHa. Ma questo argomento fa parte della storia che ascolterete nell'incontro odierno. Ringrazio per questa giornata di studio tutti i gentili docenti provenienti da varie Università italiane ed Enti di Ricerca, l'Ordine degli Architetti per la collaborazione offerta aUa nostra manifestazione, il prof Antonio Mucciaccio e tutti quelli che hanno collaborato alla riuscita dell'incontro.

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Mahmoud Salem Elsheikh Attualità mediterranea

La presenza di una massa cosi imponente di cittadini provenienti dai Paesi Arabi e da quelli islamici pone inevitabilmente i cittadini europei in generale e gli italiani in particolare a confronto con un'altra civiltà e, sopratmtto, con un'altra religione: l'Islam. Civiltà e religione che è necessario oggi ricordare che anch'esse sono figlie di quel Mediterraneo, intorno alle cui rive sono nate, non solo le più antiche civiltà dell'uomo, ma anche le tre religioni monoteiste. Non sarebbe quindi sbagliato tracciare una sintesi dei contatti e delle mediazioni fra la civiltà arabo-islamica con l'Occidente cristiano. Gli intensi rapporti culturali tra l'Oriente musulmano e l'Occidente cristiano, non solo in terra di Spagna e in Sicilia, ma anche durante le cosiddette "crociate" e nei secoli successivi, ci devono fare riflettere sul carattere insieme composito e unitario della tradizione nata dall'esigenza di incontro e mediazione fra civiltà diverse, ma pur sempre curiose del confronto e dell'arricchimento reciproco, grazie a un'apertura mentale che, contrariamente a quello che si è sempre detto e pensato, esisteva nel Medioevo e si spera non vada smarrita oggi. In tale contesto, le tre religioni rivelate contengono valori comuni, anzi tutt'e tre, di là dalle ovvie differenze storiche, si poggiano su fondamenti comuni. E d è su questi valori che si deve insistere per costruire una nuova identità, un'identità mediterranea. Prima di essere uomini di fede o credenti, siamo esseri umani, e dobbiamo perciò individuare i valori che ci accomunano, senza però cadere nella trappola della strisciante demagogia che ci vuole "tutti uguali", perché non siamo uguali e non dobbiamo essere uguali. Siamo diversi e dobbiamo sottolineare la nostra diversità; ognuno dev'essere se stesso, conservare la sua personalità e mai rinunciare alla sua identità. L'identità non si cancella, semmai si arricchisce! La sfida che abbiamo davanti è questa: costruire una identità culmrale mediterranea nel rispetto della diversità. Non ci mancano certo né la volontà né la fantasia. Cerchiamo quindi di costruire, o "inventare" questa identità mediterranea sull'eredità delle tre religioni che ci uniscono, che, oltre tutto, non sono religioni occidentali, E in questo contesto la Terra d'Oriente assume un valore particolare. Guai comunque a pensare con una mentalità escludente, come, purtroppo, sta accadendo ultimamente. In questa complicata e difficile partita l'Italia può giocare un ruolo determinante. L'Italia, come si sa, tramite la Sicilia, è la naturale "cerniera" di collegamento fra L'Europa ed i paesi mediterranei, ed è fondamentale il suo rapporto con i problemi specifici riferibili alla sua posizione storico-geografica, nonché aUe relazioni con i paesi mediterranei appartenenti alla sua area di influenza. Con la sua posizione "baricentrica", l'Italia ha una grande responsabilità: deve centrare la sua attenzione, non solo sulla cooperazione politica ed economica, ma soprattutto su quella culturale, attivando progetti capaci di avvicinare le due sponde del Mediterraneo attraverso la valorizzazione delle diverse identità culmrali. Purtroppo, e lo dico con amarezza, l'Italia è completamente assente dalla scena culmrale mediterranea, giacché i suoi investimenti sulla cultura in generale sono ormai paragonabili ai paesi, non del Terzo ma del Quarto mondo. E , per giunta, mal amministrati. Mi scuso per la franchezza, a dir poco ingenua.

Gianni Perbellini I Normanni e il Mediterraneo

All'inizio dell'IX secolo l'Italia Meridionale, oltre che per collocazione geografica, appariva come uno dei territori più fragili della penisola, che al Nord era controllata dal Sacro Romano Impero germanico e al centro dal papato, occupato a difendere con ogni mezzo i confini dei territori della Chiesa. In effetti a quel tempo l'Italia meridionale era divisa in numerosi potentati con la Sicilia in mano ai saraceni, la Puglia e la Calabria ai bizantini, Gaeta, NapoH ed Amalfi repubbliche, Benevento, Capua e Salerno principati longobardi. I Normanni arrivati in poche centinaia come mercenari, di volta in volta al servizio dei vari potentati, riuscirono mttavia nel corso di tre generazioni a sostituire i signori locaH, a contenere le pretese del papato, ad azzerare i domini i bizantini ed a dominare ogni anarchica suddivisione, unificando Sicilia, Calabria, Puglia e Abruzzo in un solo regno. Ancora agli inizi nel 1071 Roberto il Guiscardo, dopo tre anni di assedio, conquistava la capitale del capitanato bizantino di Bari, decretando così la fine dei possedimenti dell'impero d'Oriente nel Sud d'Italia. I normanni, spregiudicati navigatori dalle coste sud occidentali della Francia, arrivati nel centro Mediterraneo dal Sud d'Italia, potevano così a spese di Bisanzio avviarsi alla conquista di questo mare, dall'antichità ricco di traffici e di commerci. I nuovi venuti mttavia costimivano un pericolo per i vecchi stati del meridione, della penisola e della Sicilia e infatti tanto il papato, che vedeva ai confini del territorio della Chiesa crescere un pericoloso rivale, quanto gli imperatori di Bisanzio che pretendevano di conservarne il predominio, non mancavano occasione per far sentire il peso della loro minacciosa influenza. Abilmente pacificato i territori e i rapporti con i papati, guadagnandone il favore, Roberto il Guiscardo nel 1080, resosi conto della disorganizzazione in Grecia e nell'Asia Minore dell'impero d'Oriente, apriva la serie delle campagne militari oltremarine contro Bisanzio. I l duca di Puglia infatti, con il favore di Gregorio V I I che contava di porre fine allo scisma greco, indiceva una spedizione contro la Grecia. Boemondo suo figlio, conquistava Valona, Jannina e si avviava sulla Strada Egnazia, mentre nel 1081 Guiscardo, a sua volta, sbarcato a Valona, si impadroniva di Corfij e quindi assediava e prendeva Durazzo, capitale dell'IUiria, ma nel 1082 era costretto a rientrare in Italia richiamato dal Papa, minacciato dalla calata in Italia dell'imperatore Enrico IV . Boemondo continuava la guerra e posto il campo a Jannina, conquistava Arta, Okride, Veria, Servia, Vodenà, Moglena, Pelegonia, Tzibikon, Trikkala, ma veniva proditoriamente sconfitto a Larissa da Alessio Comneno, perdendo tutti i territori occupati, compresa Durazzzo. Nel 1084 nuova invasione da parte di Guiscardo che, mentre il figlio Ruggero occupava Valona, prendeva Butrinto e, nononostante le sconfitte navali da parte dei veneziani, subite presso Cassiope, raggiungeva e si impadroniva di Corfù. Nell'estate successiva Ruggero conquistava Cefalonia, ma la morte del padre Guiscardo ad Ather nel 1085 poneva fine alla spedizione, concludendo così la gloriosa epopea dei normanni del ducato di Puglia. Boemondo escluso dalla successione al padre nel 1096 con il nipote Tancredi e 500 uomini, partito da Trani sbarcava a Valona, attraversava Castoria e presso Vodenà (Edessa), presa la via Egnazia, già batmta da Raimondo di Tolosa, Roberto di Fiandra e

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Roberto di Normandia si univa ai crociati a Costantinopoli. Entrato a far parte con Baldovino di Boulogne, Goffredo di Buglione e Raimondo del gmppo di comando della 1° Crociata attraversa mtta la Siria, passando da Cesarea, e raggiungeva dopo 3 anni Antiochia che conquistava dopo un awenmroso assedio di 9 mesi, guadagnandosene cosi il principato, non senza l'ostilità di Raimondo, Baldovino si era invece attribuito quello di Edessa. Sconfitto nelllOO a Melitene restava per 3 anni prigioniero dei mrchi e dopo un'ulteriore sconfitta a Balikh tornava a Roma. Trasferitosi in Francia, sposava nel 1106 Costanza la figlia del re Filippo 1. Tancredi, che lo aveva seguito con in Terra Santa, partecipava fattivamente nel 1099 alla conquista di Gerusalemme, quindi reggeva per conto di Baldovino la contea di Edessa e durante la prigionia di Boemondo quella di Antiochia, divenendone alla fine il titolare. In Sicilia invece, dopo che Ruggero I con l'aiuto del fratello Guiscardo aveva conquistato l'isola, nel 1128 Ruggero I I conte di Sicilia otteneva in eredità anche il ducato di Puglia, e col benestare del Papa, si faceva nel 1130 acclamare re, riuscendo così per la prima volta a porre i territori normanni nel Sud d'Italia sotto un unico potere. Evento questo destinato però ad innescare le pretese dell'imperatore germanico e di quello bizantino, che minacciosamente avanzavano entrambi diritti sul giovane regno. Situazione, che nel pieno delle lotte tra il papato e l'impero germanico, stava evolvendo nell'alleanza tra i due imperatori contro Roma, coinvolgendo tragicamente il regno di Sicilia, diventato così la centro della convergenza della tenaglia, come stava per accadere quando fii bandita la I I Crociata. Ruggero I I escluso dalla coalizione capeggiata da re Luigi \ T I di Francia e dall'imperatore tedesco Corrado tra il 1147 ed 1148, mentre i crociati si radunavano alle porte di Costantinopoli, si impadroniva di Corfii, che contava di farne la sua testa di ponte permanente in suolo greco, ma che era ripresa dai bizantini l'anno dopo, occupava Neapolis, devastava l'Eubea, saccheggiava Corinto e Tebe. La seconda crociata si concludeva perpetuando le divisioni del regno "Outrmer", re Luigi di ritorno dalla Palestina si tratteneva alla corte di Palermo, mentre l'imperatore Corrado e Manuele Comneno nel 1149 programmavano un'azione comune contro il re di Sicila, la cui attuazione ritardata dai contrasti interni all'impero germanico, sfilmava nel 1152, alla vigilia della calata di Corrado in Italia. Ruggero I I , che in precedenza, nonostante i primi insuccessi, continuava nel progetto di stabilire una colonia sulle coste dell'Africa settentrionale, nel 1134 aveva assunto il protettorato di al-Mahdia, e con una serie di spedizioni di successo, guidate da Giorgio di Antiochia (Gerba, Bugia 1145, Bresk, isola di Kerkenna 1143, Tripoli 1146, Gabes, Mahadia e Sus 1148, Bona 1153), riusciva a estendere il dominio normanno da Tripoli a Tunisi, pur se limitato alla stretta fascia costiera costituita dai soK centri abitati. Conquiste che, se avevano permesso al regno di Sicilia il controllo dei traffici e dei commerci nel bacino del Mediterraneo occidentale, erano destinate a dissolversi dopo la morte di Ruggero nel 1154. I l suo successore Guglielmo I si trovava infatti nella difficile condizione di contrastare le rivolte dei nobili, le rivendicazioni del papa Eugenio I I I , dell'imperatore Federico Barbarossa e le iniziative tanto diplomatiche, quanto militari di Bisanzio, che in poco tempo riuscivano ad occupare i più importanti centri da Bari fino a Brindisi, ove però fiirono sconfitti nel 1156 perdendo quanto appena conquistato. La reazione di Guglielmo I si concretava in nuova spedizione contro le coste greche, che nel 1157, con

l'appoggio della flotta genovese, devastava e saccheggiava Negroponte in Eubea e la Tessaglia fin presso Costantinopoli. Come risposta Manuele Comneno partendo da Ancona attaccava in Italia le frontiere settentrionali del regno, conflitto che si sarebbe terminato soltanto nel 1158, grazie alla mediazione del papa Adriano IV . Queste vicende avevano comunque distratto Gugliemo I dai possedimenti africani, ove dal 1156 i massacri e le cospirazioni avevano ridotto il territorio alla sola al-Mahdia, persa nel 1160. Morto Guglielmo I nel 1166 e dopo la contestata reggenza della madre, veniva incoronato suo figlio Guglielmo I L Questi sosteneva il papato nelle vicende italiane fino alle paci di Costanza e di Venezia, quando consolidava un'alleanza dinastica con il Barbarossa attraverso il matrimonio, di sua figlia Costanza con Enrico figHo dell'imperatore, destinato a ipotecare la corona germanica in favore del possibile re di Sicilia. Mentre nel 1172, il mancato matrimonio del re con Maria Comnena, dopo l'alleanza stretta con Genova (1174) e Venezia (1175), aveva invece innescato la vendetta mamrata nel 1185 quando 200 navi e 80.000 uoinini, presa Durazzo e conquistata Salonicco dopo un duro assedio, avanzarono fino a Seres e Mosinopolis, ove però venivano proditoriamente sconfitti dai bizantini. La guerra comunque continuava almeno fino al 1189. Le ostilità sul fronte greco avevano però interrotto la serie dei raids sulle coste africane contro l'Egitto. Cionostante Guglielmo, che ancora nel 1174 aveva offerto la sua flotta ai crociati, sarebbe stato pronto a guidare la I I I crociata se non fosse morto nel 1189, comunque la flotta normanna al comando dell'ammiraglio Margarito si faceva onore a Laodicea. Con Guglielmo I I I , sconfitto dall'imperatore Enrico M , che si faceva incoronare nel 1184 re di Sicila, finiva il regno normanno, che però successivamente si trovava proiettato nuovamente sullo scacchiere europeo dalla politica imperiale di Federico I I , normanno per parte di madre. Anche allora nei confronti del Mediterraneo i potentati europei fino alla fine del X V I secolo quando erano stati esclusi la loro definitiva sconfitta dalle coste africane e medio-orientali, pur ammaestrati dalla lezione normanna, avevano mancato di realizzare una politica comune, perseguendo esclusivamente i successi e i benefici personali, o la loro proiezione in pattia.

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Lamia Hadda L a conquista normanna di Ras Dimas in Tunisia

Nel Mediterraneo medievale si scontravano tre importanti culmre: cristiano-occidentale, cristiano-orientale e arabo-islamica. I Normanni, sopratmtto con Ruggero I I (r. 1095-1154) si trovarono verso il primo trentennio del X I I secolo a decidere di affermare il loro potere mettendo in campo una serie di spedizioni navali verso la vicina Ifriqiya, I l sogno africano che ogni sovrano occidentale avrebbe voluto realizzare stava per avverarsi. I l primo scontro tra Normanni di Sicilia e Ifriqiyeni di Mahdiya avvenne nell'agosto del 1123. La spedizione navale salpata da Marsala (riportata anche dalle fonti arabe successive agli avvenimenti quali: Tijani, Ibn al-Athir, Ibn Khaldun e Ibn Abi Dinar che si rifanno mtte alla cronaca perduta di Ibn Shaddad) era formata da circa trecento navi che trasportavano trentamila uomini e un migliaio di cavalli. I l poeta arabo Ibn Hamdis nel suo famoso Cantiniere descrisse enfaticamente e in ogni dettaglio la disfatta normanna, avvenuta sia presso la fortezza che sull'isolotto di al-Ahàsi, oggi conosciuto come al-Ja^ra, simato proprio di fronte Qasr Tabsa o ad-Dimas, come è stato segnalato nel Nut^hat al-Mushtaq di al-Idrisi. Alla sconfitta contribuirono numerosi fattori. Una tempesta fece affondare molti vascelli mentre altri si riparavano a Pantelleria. I l vento contrario che costrinse il 20 luglio la flotta normanna a fermarsi nell'isoletta (Ja^rai) di al-Ahasi e avanzare a remi. I due ammiragli, Giorgio d'Antiochia e Abd al-Rahmàn il Cristiano, posero il campo suU'isola e seguirono le mura della città di Mahdiya fino al vicino borgo di ZawHa. Nel frattempo al-Ahasi era stata presa dagli Arabi e il tentativo di sorpresa di attaccare Mahdiya fallito. Inoltre, tre giorni dopo, la presa della fortezza di ad-DImàs si rivelò uno scacco per le tmppe normanne. I cento soldati normanni che erano riusciti ad introdursi all'interno del fortilizio vi rimasero intrappolati e vennero in seguito tmcidati nella notte dal 7 all'8 agosto del 1123. Le tmppe normanne non potendo soccorrerli levarono l'ancora alla volta della Sicilia. La sconfitta ifriqiyena aveva arrecato un grave danno d'immagine al non ancora re di Sicilia Ruggero I L La rivincita di Ruggero I I non si fece attendere, dopo aver conquistato l'isola di Djerba (1135) e le isole di Kerkenna (1145-1146) in Tunisia e la città di Tripoli (1146) in Libia, nell'estate del 1148 l'ammiraglio Giorgio d'Antiocliia giunse davanti al porto di Mahdiya in Tunisia con duecentocinquanta-trecento galee e lasciò la città per due ore al saccheggio di mtte le sue ricchezze. Subito dopo vennero prese altre due importanti città del litorale mnisino senza grossi problemi: Susa e Sfax (1148). Dopo solo qualche anno i Normanni avevano conquistato la costa nordafricana da Tripoli in Libia a Bona (armale Annaba in Algeria) concedendo ai musulmani di praticare la loro reKgione. Nel 1148 a conclusione delle conquiste venne realizzata l'epigrafe fimeraria quadrilingue (latino, ebraico, greco, arabo), conservata a Palermo presso il Palazzo della Zisa, dove l'ormai re Ruggero I I viene indicato come Malik Itàliya iva-Ankuharda wa-Qillawrìyya wa-Siqilliyja jva-lfriqiya,

Atmalmente l'area archeologica di Ras Dimas versa in un totale stato di abbandono. Le rovine della fortificazione sono seppellite dal terreno e formano una sorta di collinetta artificiale. Tipologicamente il castello lascia ipotizzare un impianto quadrangolare con quattro torri circolari agli angoli sul tipo degH schemi planimetrici difensivi dei ribat di Susa, Lamta e Monastir.

Giovanni Coppola Castelli normanno-svevi nell'Italia Meridionale

I primi insediamenti normanni nacquero per esigenze miHtari, a completamento deHa conquista: si trattava di vecchie fortificazioni che i nuovi conquistatori avevano occupato negH ex territori longobardi, bizantini e arabi, adattandole aUe nuove esigenze di difesa miHtare, o costruite ex novo secondo tipologie importate dalla Normandia che sostanzialmente potevano essere di due tipi diversi: motte e dongioni. Del mtto sconosciuto ai principi longobardi deU'ItaHa meridionale prima deUa venuta dei Normanni, il castello di terra, del tipo keep-and-bailej, prevede la costmzione di una coUinetta di forma troncoconica, con un diametro osciUante tra i dieci e i cinquanta metri, e un'altezza variabile da un minimo di tre ad un massimo di quindici metri. In ItaHa meridionale conosciamo, grazie agH scavi condotti àii^'équipe archeologica àé^'Écoie Francaise de Rome, tre esempi che possono risalire ad un tale impianto fortificato: San Marco Argentano e Scribla, in Calabria, Vaccarizza in PugHa. Le torri in pietra, o donjons, cinte da mura e da un fossato, erano anch'esse un portato normanno e la loro costmzione dovette generaHzzarsi nel corso del X I I secolo. La tipologia prevedeva la costmzione di una torre principale che rappresentava il cuore del complesso fortificato: eretta nel punto più protetto, costimiva al contempo la residenza e l'ultimo baluardo in caso di attacco. Ne esistevano due tipologie principaH: a pianta rettangolare e a pianta quadrata. SuUa base del confronto con la madrepatria possiamo ipotizzare che i masti normanni avessero un'altezza variabile, tra i 15 e i 20 metri, e uno spessore dei muri che diminuiva gradatamente verso l'alto. Da ricognizioni archeologiche condotte su numerosi esempi europei più datati è emerso che il mastio, o dongione, non era altro che la trasformazione della grande aula caroHngia in pietra, che gH inglesi appunto chiamano stone hall. In Europa del nord, gH esempi di donjons normanni che presentano una tale tipologia sono i grandi torrioni paraUelepipedi deUa Francia occidentale e deU'Inghilterra, opera di signori che volevano conciHare necessità residenziaH e difensive. In Normandia, tra queUi più conosciuti, ricordiamo: Doué-la-Fontaine, Falaise, Domfront, Arques, Chambois, Vire, Caen, il cui modeUo venne esportato in Inghilterra da GugHekno il Conquistatore, dopo la conquista del 1066, con la costruzione deUa imponente Torre di Londra e dei castelH di Rochester, Colchester, Farnham, Castie Rising, Scarborough, Middleham, Portchester, Peveril, Richmond, etc. Fra i più importanti masti dell'ItaHa meridionale ancora osservabiH in alzato, anche se ai piani alti alcuni esempi presentano visibiH rifacimenti federiciani, ricordiamo: in Abmzzo, Castel di Ieri e Pereto e nella provincia aquilana; in MoHse: Gratino nella provincia di Campobasso; in Campania: il Castrum lapidum di Capua; quelH attestati tra i fiumi GarigHano e Volmrno, Caiazzo, Presenzano, Baia-Latina e Raviscanina, e queUi nella contea di Fondi, tra cui RoccagugHekna, Fondi, Itri e Minmrno. Altri masti normanni molto ben conservati sono: Girifalco presso Lorella dei Lombardi, Ariano Irpino e Cervinara in Irpinia anche qui con alcuni rifacimenti suUe parti alte in epoca federiciana; Tertiveri, Montecorvino, Panni, Civitate e Torremaggiore (Fiorentino-Torre Fiorentina) in Capitanata; Torre Maestra a BiscegHe e Torre Quercia a Ruvo di PugHa e Conversano in Terra di Bari; Craco, Melfi, Monticchio, Monte Serico, Grottole e Tito-Torre di Satriano,

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in Basilicata; Amendolea, torre Pallotta ad Altomonte e Terranova di Sibari in Calabria; i grandi masti siciliani di Adrano, Paterno e Motta Sant'Anastasia. I l periodo immediatamente successivo a quello normanno è conosciuto come l'epoca del grande imperatore Federico I I (1194-1250. In Italia, delle duecentocinquanta stmtture militari difensive censite a partire dalla ricca documentazione federiciana e angioina dallo Statutum de reparatione castronm (1241-1245 ca.), vale la pena di ricordare brevemente, durante l'incontro di Campobasso, i seguenti castelli: in Toscana il castello di Prato; in Lazio, Rocca Janula, in Puglia, i castelli di Bari, Brindisi, Lucerà, Trani e Castel del Monte, anche se questo non può essere considerato un castello vero e proprio; in Campania, la porta-ponte fortificata di Capua e il castello di Matinale di Cancello; in Basilicata, il castello di Lagopesole; in Calabria quelli di Cosenza e di Roseto Capo Spulico (castello Mazzario); in SiciHa, i castelH di Augusta, Siracusa (Castel Maniace) e Catania (Castel Ursino); lungo la costa adriatica il casteUo di TermoH e tanti altri meno conosciuti, anche se con una tipologia certa e facilmente ascrivibiH aUe reaHzzazioni sveve. TaH manufatti sono stati mtti edificati con impianti tipologici, costmttivi e formaH molto simiH e con una chiara e precisa volontà di evocare uno stesso Hnguaggio architettonico nel quadro di un sistema simboHco ben organizzato e prestabiHto. Proprio per questo motivo il sistema dei castelH federiciani va letto, come la costmzione di simboH, immagini e messaggi che servono a ricordare Yauctoritas imperiale attraverso una semantica del potere costantemente seguita e curata daU'Hnperatore stesso.

Franco Valente I Normanni. La Contea di Boiano e la Contea di MoHse

Pandolfo I V di Capua ebbe i Normanni al proprio servizio nel 1026, ma tre anni dopo, nel 1029, se H trovò contro perché miHtavano per Sergio IV , duca di NapoH. Già alcuni avvenimenti verificatisi verso la metà deU'XI secolo ai limiti deUe terre di S. Vincenzo avevano fatto intuire ai monaci volmrnensi che qualcosa stava per modificare il corso di una consoHdata tradizione amministrativa anche se attraversata da burrascose lotte interne. I l primo normanno che appare nel territorio che corrisponde aU'atmale MoHse è Rainulfo Drengot che, inviato nel 1042 da Guaimario principe di Salerno su richiesta deU'abate Ilario che lo aveva chiamato per contrastare Pandolfo di Capua che, alleatosi con i BorreUo, aveva usurpato le terre di S. Vincenzo che vanno da Alfedena fino a CoUi a Volmrno: lam filii Borrelli superJilios Anserii surrexerant, et uno occiso perfraudem, aliis fide captis, Alfidenam, Montem Nigrum, et alias terras huius monasterii abstulerunt... (Chronicon Vulmrnense). Nel 1050 Roberto d'AltaviUa, proveniente da AuteviMe la Guichard neU'attuale Normandia, conquistava la contea di Larino. L'anno seguente una delegazione, preoccupata deUe azioni particolarmente oppressive dei normanni, si recò da papa Leone I X per chiedere un suo diretto intervento. Leone I X capì immediatamente che il nuovo dominatore deU'ItaHa meridionale rappresentava un pericolo per la Chiesa e organizzò una spedizione miHtare ponendosi personalmente a capo deU'esercito. I l 10 giugno del 1053 il papa da Sale inviava una lettera aU'abate Liutfredo di S. Vincenzo al Volmrno con la quale interveniva per concludere la causa vertente tra lo stesso abate Liutfredo e Alberto monaco, il quale, iUegalmente, aveva assunto il titolo di abate di S. Maria in Castagneto, che era ceHa di S. Vincenzo. Otto giorni dopo l'impresa, però, si concluse male per le forze papaH che furono sconfitte definitivamente il 18 giugno 1053 a Civitate quando il papa fii fatto prigioniero. La complessa storia dei BorreUo, che neU'XI secolo condizionarono la vita poHtica deU'Alto MoHse e di parte deU'Abmzzo, è ancora avvolta neUa nebbia del passato. Poco si sa di queUo che avvenne neUe immediate vicinanze del monastero di S. Vincenzo al Volmrno nei primi decenni del nuovo miUennio, ma certamente la loro presenza dovette diventare piuttosto invadente stando a quanto U Chronicon riporta per il periodo immediatamente successivo aUa morte di Liutfredo, quando, su soUecitazione degH stessi BorreUo, fu eletto abate Giovanni V (1053-1076), deUa famigHa dei conti dei Marsi, dai quaU discendevano. Tra i personaggi che sono a fianco di Roberto d'AltaviUa neUa storica battagHa di Civitate, dove U 18 giugno 1053 Leone I X veniva battuto e preso prigioniero, vi era anche Rodolfo che diventerà U titolare deUa contea cha avrà Boiano come capitale. La successiva contea di MoHse territoriaHnente è cosa del mtto diversa, anche se tenuta ancora dai conti di MouHns, ormai itaHanizzati in conti di MoHse. La presenza normanna, al di là deUe invenzioni letterarie, nei primi anni fii devastante per le popolazioni locaH che si videro private di quei pochi diritti che faticosamente si erano conquistati durante la dominazione longobarda. Specialmente con la canceUazione deU'aUodio, che definiva i beni immobUi di una particolare famigHa e che erano

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ereditabiK, e la definitiva formazione del feudo che in realtà era una forma di concessione in qualche modo mediata. Nel Meridione italiano sul piano pratico il passaggio, sia pur doloroso, fii facilitato dalla estrema polverizzazione dell'organizzazione del potere reale che già aveva dato luogo a forme di sottomissione volontaria da parte di gmppi di contadini che non erano in grado di assicurarsi una difesa minima dei loro beni e che si affidavano ad un signore o un abate con un atto che giuridicamente fu definito come commendaùo e che consisteva nel cedere al signore le proprie terre che venivano riassegnate per un uso che poteva essere anche ereditato. In questo quadro particolare rilievo assunse la famiglia dei BorreUo che, pur essendosi mostrati come i principaH avversari deU'espansione normanna neUe valH del Sangro e del Trigno, poi non esitarono a schierarsi con Ì conquistatori quando U loro potere si andava consoHdando su tutta l'ItaHa meridionale. Una serie di documenti controversi non ci consentono di chiudere definitivamente la questione deUa unicità del conte Rodolfo. Nella ricostmzione fatta da Gennaro Morra e da Raffaele TuUio, condividendo anche la convinzione di EveHna Jamison, Rodolfo avrebbe avuto come erede suo figHo Guimondo che daU'unione con Emma d'EvoH avrebbe avuto un secondo Rodolfo che sarebbe l'autore deUa donazione del casteUo di BaHieo a Montecassino nel 1092. In questo periodo la contea di Boiano si accresce fino al punto da inglobare interamente le sei diocesi di Boiano, Isernia, Venafro, Trivento, Guardialfiera e Limosano e parte deUe diocesi di Larino e TermoH. Ancora non si è in grado di ricostruire in maniera precisa U sistema deUe difese, che sicuramente non erano più di carattere sostanzialmente passivo come queUe longobarde, di questa parte del territorio sul quale in ogni modo si estendevano gH interessi di Montecassino con U diretto controUo deUe chiese e dei monasteri che da esso dipendevano e deUe pertinenze che a taH complessi facevano capo. Le scheletriche elencazioni dei privUegi riconosciuti aU'abbazia di Montecassino, per queUo che a noi interessa, contengono elementi che, sia pur minimi, sono però sufficienti a farci capire qualcosa. Dunque, se quasi nuUa siamo in grado di capire deUa strutmra fisica di gran parte dei centri abitati del MoHse normanno, al contrario abbiamo un'idea abbastanza precisa deUa dislocazione, della distribuzione e del valore economico dei feudi che esistevano nel periodo che va tra la fine del regno di Ruggero I I d'AltaviUa e l'inizio del dominio di GugHelmo I I . Ciò è possibUe daU'anaHsi del Catalogus Baronum che, aUa metà del secolo X I I , riportava l'elenco dei feudi in qualunque modo assegnati ai vari feudatari normanni, aggiornato fino al secolo successivo.

Luigi Marino Risorse locaH e tecniche costruttive di età normanna

NeUa ricostmzione di un quadro storico, e queUo dell'architetmra in particolare, si può rischiare di riferirsi a orizzonti di riferimento ampi ma non sempre ben coUaudati, anche se, per molti aspetti, pericolosamente rassicuranti. In un tale contesto, limitate possono apparite le attenzioni alla cosiddetta "storia locale" e a queUa che si dwfinisce "culmra subalterna". La storia locale non rappresenta la derivazione, più o meno diretta e in scala ridotta, dei grandi avvenimenti storici, ma costituisce U luogo nel quale si sviluppa, fin daU'inizio, una storia "... degli uomini nei loro stretti rapporti con la terrd' (Braudel, 1950). Storia locale e cultura del costruire I I rapporto tra tecnica e U sociale ha una lunga storia; l'attenzione si è focaUzzata sopratmtto intorno aUe relazioni tra l'uomo e U suo ambiente per mezzo deUa tecnologia. La "tecnologia culmrale" si occupa, tra l'altro, dei mezzi d'azione suUa materia e sulle modaHtà con cui l'uomo ha utUizzato le risorse locaH modificandole per renderle utUizzabiH con sempHcità, con prezzi sostenibiH ed efficacia appHcativa. GH oggetti materiali assumono un molo di prova obbiettiva, testimoni e campioni significativi. Anche neUa storia del costruito per comprendere pienamente un oggetto, sia esso un utensUe o un elemento costmttivo, è necessario esaminare le tracce sopravvissute per dedurne il funzionamento e le attività nelle quaH è stato impHcato integrando le informazioni che provengono dagH archivi di carta con quelH che si possono (e si devono) ricavare dagH archivi del suolo. Non si tratta, evidentemente, di una sempHce sommatoria di notizie presenti in una culmra; fondamentaH sono le relazioni che si riesce a coinvolgere in ogni fase deUa complessa catena operatoria che anche la più sempHce azione sul territorio comporta. La conoscenza di materiaH locaH e tecnologie tradizionaH, coUaudate da impieghi ripemti nel tempo, in osservanza di regole dell'arte (sopratmtto se di valenza locale), può rappresentare una ricchezza di cui disporre ancora oggi, soprattutto quando i nuovi materiaH e le tecnologie "innovative" si rivelano non adeguati a risolvere i problemi costmttivi e manutentivi. Un sintomo grave di questa simazione è costituito daU'impoverimento del lessico del costruire tradizionale anche presso gH addetti ai lavori. Uopus galMcum La soluzione costmttiva di cui ci occupiamo è un singolare apparecchio murario costituito da barre di legno affogate in un terrapieno prima e nel calcestmzzo, poi, collocate trasversaHnente aUe muramre ma, anche se più di rado, anche longimdinalmente. Sarà utiHzzato in epoca medievale -sembra derivare daU'^;/j gallicum, citato (e repHcato) da GiuHo Cesare- anche atu-averso l'esperienza bizantina, quando verrà impiegato anche con funzione antisismica. Nel Molise Sopravvivono numerosi esempi di stmtmre fortificate che presentano fori riconducibUi a tracce di muro gallico. DaUe prime segnalazioni dei rinvenimenti di tracce di barre di legno neUa torre di MagHano U catalogo deUe presenze di questo singolare apparecchio murario si va ampHando (Pesche, Civita di Bojano, Pescolanciano, CasteUerce, Roccaravindola, S.Maria OHveto, Castropignano, TermoH...) e conferma la vivacità, anche nel costruire, che c'era neUa regione all'epoca deU'arrivo dei Normanni. Si può immaginare che l'uso di elementi di legno affogati in murature legate con calcestmzzo non sia episodico ma costituisca una procedura di vasto impiego e, con buona probabUità, in costante migHoramento con interessanti adattamenti locaH.

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Mahmoud Salem Elsheikh Cibo e identità' culturale

Res non naturaìis. Così i medici e i filosofi antichi, a cominciare da Ippocrate, definirono il cibo, includendolo fi:a le "cose" della vita che non appartengono all'ordine "namrale" bensì a quello "artificiale". Ossia alla cultura che l'uomo stesso costmisce e gestisce. Sì, perché anche se il concetto di cibo si collega immediatamente al concetto di Namra, il cibo subisce un processo culturale che prevede l'addomesticamento, la trasformazione e la reinterpretazione della Natura. Questo processo di elaborazione accompagna il cibo lungo mtto il percorso che lo conduce alla bocca dell'uomo. E si tratta appunto di iter culturale. In quanto, a differenza dell'animale, l'uomo non utilizza solo e semplicemente ciò che trova in namra, ma crea il proprio cibo. I l cibo quindi è cultura quando si prepara, perché una volta acquisiti i prodotti-base della sua alimentazione, l'uomo procede alla loro trasformandone mediante il fiioco e l'uso di una elaborata tecnologia che si esprime nelle pratiche di cucina. I l cibo è cultura anche quando si consuma, perché l'uomo, pur potendo mangiare di mtto, sceglie il proprio cibo, con criteri legati sia alle sue condizioni economiche, ai valori nutrizionali, al gusto, sia a certi valori simbolici (ma anche ambientali) di cui il cibo stesso è investito. Attraverso mtti questi processi il cibo si configura come elemento decisamente caratterizzante dell'identità umana e come uno dei più efficaci stmmenti per comunicarla. Come la lingua parlata, il sistema alimentare contiene e trasporta la culmra di chi la pratica, è depositario delle tradizioni e dell'identità di gruppo. Costituisce pertanto uno straordinario veicolo di auto-rappresentazione e di scambio culmrale: è stmmento di identità, ma anche il primo atto che si compie per entrare in contatto con culture diverse, giacché mangiare il cibo altmi è più facile — almeno in apparenza — che decodificarne la lingua. Più ancora della parola il cibo si presta a mediare fra culture diverse, aprendo i sistemi di cucina a ogni sorta di invenzioni, incroci e contaminazioni. In questa ottica ci piace ricordare l'interculmralità del Mediterraneo, costimita anche attraverso il cibo. La storia racconta di passate stagioni di unità mediterranea, quella appunto della pax romana, imposta con la forza; ma sopratmtto quella, successiva, di una lunga coabitazione, o meglio di un grande mescolamento di etnie, di religioni, di nazionalità, di culture, verificatisi alla fine del primo millennio in Spagna, ma anche in Sicilia. E sono questi i tratti costimtivi di una "civiltà mediterranea", ben anteriore a quella che sarà poi chiamata "civiltà europea". DeUa quale radici e valori umanistici vengono, a guardare bene, daUa riva sud del Mediterraneo. Questa visione globale, cara pure a Braudel, ci porta a considerare anche l'omogeneità degU spazi, dove le divisioni continentaH e stamaH sbiadiscono e si stemperano neUa M E D I T E R R A N E I T A ' . Mediterraneità che passa attraverso U mare, l'uUvo, le viti, U grano, elementi che accomunano le popolazioni del bacino rispetto ad una presunta e mai definita "civiltà europea". Normalmente le culmre si diversificano anche con le consuemdini alimentari: le zone deU'oHo e del burro, la culmra del vino e queUa deUa birra, vero ''valium'' che daU'antichità divide l'Europa.