Premessa al Progetto “Diamo un futuro al nostro passato”

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Premessa al Progetto “Diamo un futuro al nostro passato”. Diamo un futuro al nostro passato. Insegnanti che hanno realizzato il progetto: Cavallo Bianca Fuda Emanuela Taverniti Rosalba Veneto Caterina Sidoti Adele - PowerPoint PPT Presentation

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Premessa al Progetto

“Diamo un futuro al nostro passato”

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Diamo un futuro al nostro passato

• Insegnanti che hanno realizzato il progetto:• Cavallo Bianca• Fuda Emanuela• Taverniti Rosalba• Veneto Caterina• Sidoti Adele

• Ursino Caterina• Pugliese Maria rosa• Caruso Nicolina• Orobello Maria• Taliano Rosetta• Laganà Teresa• Tredici Maria teresa• Mosca Benedetta• Candido Giuseppina• Coluccio Marisa

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La Calabria,una lunga lingua

di terra circondata dal Mare;un mare

pescoso,profondo che è stato culla di civiltà. Una

lingua di terra ricoperta al centro di boschi selvaggi,di

località impervie e misteriose come la Sila ,le

Serre e l’Aspromonte.

• La Calabria ,una lunga lingua di terra,circondata dal Mare,un mare

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Un grande museo all’aperto,i cui affioramenti vanno dal buio

della più antica preistoria , al neolitico,alla civiltà dei

metalli,di cui perfino Omero ricorda i viaggi a Temesa per

bronzo,dei prodi guerrieri Micenei, Megale Hellas per i

greci di occidente.

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Una terra dove è nato il nome Italia ma che della

cultura greca,anche dopo la parentesi romana,continuò a

nutrirsi durante il periodo bizantino. Una Calabria da

popoli antichi ,colonizzata da Greci e Romani,conquistata

da Barbari,Arabi e Normanni.

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È come se in un grande crogiuolo si fossero

mescolate tutte questa culture,senza contare

quelle delle età successive che,comunque ,

forse non lasciarono tracce così importanti

e profonde come le prime.

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O,forse,perché le prime hanno lasciato dietro

di sé l’alone del mito:un mito che veste le pietre;un mito che dà corpo anche ai

castelli vuoti,alle città distrutte,ai templi nudi ma solenni,anche quando di

essi non ci sono più le colonne, che sono servite

per costruire nuovi templi di nuove religioni.

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Nell’ottavo secolo a.C. rotte del Mediterraneo

vengono percorse in un solo senso:dalla Grecia,

travagliata da crisi sociali,verso occidente.

Le navi trasportavano gruppi di coloni che

speravano di rifarsi una vita su una terra che

l’oracolo di Delfi dimostrava di conoscere

bene ed indirizzava sapientemente le spedizioni delle varie città mettendo a

capo un “ecista”,una guida ,un capo,

perché su quelle navi s’imbarcavano greci che

conoscevano già la scrittura ed erano portatori di conoscenze

che le popolazioni della penisola ancora non possedevano.

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Oggi quelle colonie fondate sulla soglia del VII secolo a.C.

rappresentano un prezioso patrimonio che la società calabrese,ancora, non ha imparato ad utilizzare in

modo intelligente. Parliamo di

Sibari,Laos,Crotone,Paulonia,Locri,Medma,Metauros,Rhegion. Sono le Metropoli della Magna Grecia:di molte di esse non restano che un pugno di monete e le tombe delle loro necropoli,o le basi e qualche colonna di templi che,in antico,godettero di grande fama.

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Di molte di esse non si conosce neanche l’effettiva

localizzazione ma sopravvive ancor oggi il mistero della loro

grandezza. Ma basta un reperto per

caratterizzarle,come le statuette di terracotta delle dee medmee con le pose

ieratiche,la Persefone che da Locri è finita a Berlino,le

tavolette bronzee dell’archivio del tempio di Marasà dalla

caratteristica colonna spezzata,le mura di Reggio.

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Si tratta di elementi sparsi in uno scenario che

ancora oggi appare dai contorni sfocati avvolti nel mistero;un mistero

che solo a sprazzi,a squarci improvvisi,mostra nuove visioni:la teca del tempio di Zeus di Locri affiorata nell’aia di un contadino,in contrada

Pirrettina,di cui non si è mai stabilito l’esatto

contenuto e soprattutto le due

meravigliose statue dei bronzi di Riace,

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fatte emergere dalla curiosità di un sub e che oggi da sole rappresentano tutto il mito della Megale Hellas,la Magna Grecia. Ma un mistero sono anche le antiche città,spesso, coperte dai moderni abitati,come Crotone,Rhegion,Hipponion o le colonne che adornavano la cattedrale di Mileto relitti dell’antica Hipponium;o quelle degli edifici sacri di Locri,che hanno contribuito a creare un altro mito,quello della cattedrale di Gerace.

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Ora la Calabria,grazie anche al lavoro della

Soprintendenza archeologica che da anni

si batte per la tutela e la valorizzazione

di questo immenso patrimonio,è pronta a

mostrare al mondo questi tesori.

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Oggi,infatti,la Calabria può contare su una fitta rete di

musei e di importanti parchi che costituiscono da soli un

suggestivo itinerario archeologico. Questi

musei,veri luoghi della “memoria”,con i loro reperti

unici e irripetibili,testimoniano

l’incontro antico di popolazioni diverse che

hanno lasciato alle civiltà successive un tesoro inestimabile,in cui si

ritrovano cristallizzati antichi saperi e antiche storie avvolte in un guscio invisibile che ha la

suggestione del mito.

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Con il progetto “Diamo un futuro al nostro passato”,noi docenti ci siamo posti come

obiettivi per gli alunni, proprio quello di favorire lo sviluppo di un interesse nei

confronti del vasto patrimonio storico ed

artistico,cogliendo i rapporti tra cultura attuale e quella

del nostro passato e di sviluppare la cultura della difesa e della tutela del

nostro patrimonio artistico, perché come diceva

S.Dostoevskij”Un popolo che non ha l’orgoglio del proprio

passato non ha futuro”.

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Marina di Gioiosa Ionica

•La Storia e i monumenti•Secondo gli studiosi nell’attuale sito del centro civico di Marina di

Gioiosa Ionica e nelle immediate vicinanze,sorgeva anticamente un abitato latino la cui vita ebbe inizio nel I-II secolo d.C. e si spense nel x secolo d.C per poi tornare all’antico splendore in età rinascimentale.

• denominato “Costa dei Gelsomini”. Oltre la metà dei suoi abitanti sono sparsi per le campagne in piccoli agglomerati agricolo,che si susseguono a brevi intervalli,collegati da una fitta rete di viottoli. Il nucleo principale della popolazione ha costruito le sue case sulla via litoranea della via Appia-Traianea Regium_Tarentum (Reggio-Taranto) e sulla antica vestigia Greco-Romana,lungo la strada consolare interna,a circa 1 km dalla spiaggia che un tempo collegava i paesi della Locride:Siderno,Grotteria,Roccella e Caulonia. I monti di Marina di Gioiosa Ionica sono pochissimi,visto che il territorio è quasi completamente pianeggiante.A Nord ci sono le montagne appenniniche che formano la catena delle Serre ed il Monte della Limina,alle spalle di Ligonia c’è un monte detto Monte Sant’Andrea,esso sorge su una collinetta a circa 250 m.di altezza dal mare,da cui si può ammirare tutta la pianura gioiosana.

• Su altre collinette sparse sorgono le frazioni di:Junchi,Sant’Anna,Leggio,Camocelli,Drusù,Timperosse,Pantalogna,Galea,Possessione,Giardini,Scinuso,Spilinga,Carri,Romanò,Cattolica.

• Marina di Gioiosa Ionica,diversamente dalle località costiere vicine,ha avuto le prerogative ad accogliere a ridosso dei secoli XV e XVI esuli dalmati che hanno costituito il primo agglomerato autonomo moderno della cittadina e che ancora oggi offrono attraverso la perpetuazione dei cognomi la prova della continuità di quel nucleo.

• Bisognerà attendere il 1948 perché quel nucleo di gente di origine dalmata ormai ingrandito dalle migrazioni dai paesi dell’entroterra(Martone,Mammola,Grotteria,Gioiosa Ionica,San Giovanni di Gerace)avesse autonomia amministrativa e si proponesse quale Marina di Gioiosa oggi è :centro di culture diverse che nella tolleranza ha fondato la sua storia.

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• Sono oggi testimonianze di ciò le zone archeologiche che comprendono i ruderi del Teatro Romano,i resti del portus (venuti alla luce tra i Torrenti Romanò e Lordo nel 1971 in seguito ad una mareggiata,ma poi riseppelliti),le torri.

• Il paese si estende dolcemente su un’area di 15 kmq che va dalle colline appenniniche sino alle sponde luminose del mar Ionio,abbracciando le verdi vallate dei torrenti “Torbido” e “Romanò”ed è situata quasi al centro del litorale denominato “Costa dei Gelsomini .

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Oltre la metà dei suoi abitanti sono sparsi per le campagne in piccoli agglomerati agricolo,che si susseguono a brevi intervalli,collegati da una fitta rete di viottoli. Il nucleo principale della popolazione ha costruito le sue case sulla via litoranea della via Appia-Traianea Regium_Tarentum (Reggio-Taranto) e sulla antica vestigia Greco-Romana,lungo la strada consolare interna,a circa 1 km dalla spiaggia che un tempo collegava i paesi della Locride:Siderno,Grotteria,Roccella e Caulonia. I monti di Marina di Gioiosa Ionica sono pochissimi,visto che il territorio è quasi completamente pianeggiante .

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A Nord ci sono le montagne appenniniche che formano la

catena delle Serre ed il Monte della Limina,alle spalle di Ligonia c’è un

monte detto Monte Sant’Andrea,esso sorge su una collinetta a circa 250

m.di altezza dal mare,da cui si può ammirare tutta la

pianura gioiosana.Su altre collinette sparse

sorgono le frazioni di:Junchi,Sant’Anna,Leggio,C

amocelli,Drusù,TimpeRosse,Pantalogna,Galea,Poss

essione,Giardini,Scinuso,Spilinga,Carri,Romanò,Cattoli

ca.

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Marina di Gioiosa Ionica,diversamente dalle località costiere vicine,ha avuto le prerogative ad accogliere a ridosso dei

secoli XV e XVI esuli dalmati che hanno costituito il primo

agglomerato autonomo moderno della cittadina e che ancora oggi offrono

attraverso la perpetuazione dei

cognomi la prova della continuità di quel nucleo.

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Bisognerà attendere il 1948 perché quel nucleo di gente di

origine dalmata ormai ingrandito dalle migrazioni dai

paesi dell’entroterra(Martone,Mammola,Grotteria,Gioiosa Ionica,San

Giovanni di Gerace)avesse autonomia amministrativa e si

proponesse quale Marina di Gioiosa oggi è :centro di culture diverse che nella tolleranza ha

fondato la sua storia.

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Il teatro• Il teatro di Marina di Gioiosa Jonica

costituisce un esempio intermedio del passaggio dal teatro greco a quello romano,i cui estremi evolutivi sono costituiti ,secondo la catalogazione classica,dal teatro greco addossato e dal teatro romano costruito. Il pendio rinforzato presente a Gioiosa Marina costituisce dunque una tipologia intermedia, il teatro di Pompeo,il cui anno di costruzione,il 55 a.C., può essere considerato,con quello di Marina di Gioiosa Jonica,lo spartiacque tra il tipo greco e quello romano.

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• Diviso in 5 settori,4 scale,doveva avere 20 file di posti. Delle 20 file se ne sono conservate solo 10.È stata calcolata così una capienza di ca. 1200 persone. Nella prima fase la cavea era perfettamente semicircolare,come gli edifici teatrali di Metapontion e di Rhegion.

• Il teatro fu scoperto nell’agosto del 1883 dall’archeologo

Canonico Antonio Maria De

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• Lorenzo e la sua data di costruzione risale al II-III secolo d.C.

• I lavori per l’esumazione sono stati lunghi e svolti ad intervalli. Iniziarono nel 1906-1907 per opera del barone Fortunato Lupis Crisafi,ispettore onorario alle antichità e ripresero per opera di Silvio Ferri nel 1925-1926.Il De Francis poi,nel 1959-1960 fece apportare alcuni restauri.

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• Il teatro di Marina di Gioiosa Ionica rappresenta una tappa fondamentale dell’evoluzione del teatro da greco ,che generalmente è disposto su costa a pendio naturale, a quello romano con la caratteristica cavea in muratura.

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Torre Spina del Cavallaro

• Nelle adiacenze del teatro si trova la “Torre Borraca” o “Torre Spina”,detta anche del Cavallaro.

• Di forma cilindrica,con base a scarpata,coronamento merlato,monofora,oblunga con arco a tutto sesto, è stata costruita intorno alla metà del ‘500 utilizzando le pietre del vicino teatro.

• Veniva utilizzata come dispositivo di avvistamento,segnalazione e difesa contro le incursioni nemiche(saracene,turche,corsare,barbare) che venivano dal mare.

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• Da varie fonti si può desumere che accanto alla torre vi fosse un piccolo insediamento umano. Assieme a Torre Galea e ad altre torri (Torre Vecchia,Torre dei Giardini) di cui oggi non rimane traccia che nelle vie che portano ancora i loro nomi,Torre Spina rientra in un progetto unitario di un più complesso sistema di avvistamento.

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Torre Galea• La bellissima “Torre Galea” che si

trova in contrada Galea,a circa 2 km dal centro del paese,rappresenta una monumentale costruzione (maniero con trittico di torri) che, secondo gli studiosi,risale al periodo vicereale spagnolo (metà secolo XVI), ma le cui strutture architettoniche e la tipologia stilistica non lasciano dubbi sulla sua appartenenza allo stile aragonese. Doveva essere destinata alla difesa contro le incursioni nemiche,ma da varie fonti si desume che la sua funzione principale fu quella di

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•residenza,sia pure secondaria e rurale,del signore del luogo. Alta ed elegante,la torre ha pianta quadrata ed è affiancata da due torrioni cilindrici angolari coronati da mensole litiche. È fornita di un cortile d’accesso ed al suo interno vi sono stanze abitabili. Attorno alla torre vi sono ancora resti di case stalle e magazzini per il servizio della tenuta.

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Geracela rupe dove si posò

lo sparviero• Deriva dal greco jerax,

"sparviero", in ricordo del rapace che, secondo la leggenda, avrebbe indicato agli abitanti di Locri il luogo in cui rifondare la città, al riparo dalle incursioni saracene.

• Per altri il toponimo trova la sua spiegazione nell'antico nome bizantino Aghia (Santa) Ciriaca, o in jerà akis, "vetta sacra".

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• La Storia • • VIII-VII sec. a.C., s'ipotizza che i

coloni greci provenienti dalla Locride, fondata sulla costa ionica la polis di Locri Epizephiri (che raggiungerà il suo massimo splendore nel V sec. a.C.), abbiano, con un piccolo insediamento, anche la rupe su cui in seguito sorgerà la città di Gerace.

• • VII-VIII sec. d.C., l'abbandono di Locri da parte dei suoi abitanti comporta la fondazione, da parte degli stessi, di un insediamento in un luogo più elevato e sicuro, chiamato dai Bizantini Santa Ciriaca. Il nome del kàstron compare per la prima volta nel 787.

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• • X sec., la fortezza bizantina resiste ai ripetuti assalti degli Arabi, nelle cui mani cade soltanto nel 986.

• • 1045, viene consacrata la Cattedrale di rito greco. Nel 1059, con la conquista di Roberto il Guiscardo, Gerace passa ai Normanni, sotto i quali conosce un periodo di grande prosperità. Nonostante la politica filo-latina dei Normanni, il rito greco sarà abolito soltanto nel 1480.

• • XII-XVII sec., dai Normanni la città passa agli Angioini e in seguito agli Aragonesi. Sede di una delle più antiche diocesi della Calabria, Gerace è in questo periodo un centro di forte spiritualità e cultura, ma sempre sottoposto a feudatari.

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• Nel 1348 diventa contea con gli Angioini (suo primo conte è Enrico Caracciolo), poi marchesato con gli Aragonesi (primo marchese è Tommaso Caracciolo; nel 1502 passa a Consalvo de Aragona) e nel 1609 assurge al rango di Principato con Giovan Francesco Grimaldi.

• • 1806, con l'abolizione della feudalità da parte dei Francesi, Gerace diventa capoluogo di circondario e tale rimane con i Borboni.

• • 1847, sono eseguite le condanne a morte di cinque giovani capi carbonari che avevano cospirato contro il potere borbonico.

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Gerace:Il castello

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Cenni storici sulla Cattedrale

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Cenni storici sulla Cattedrale

• La primitiva costruzione dell'edificio, tra i più antichi e imponenti della regione, risalirebbe alla fine dell’XI secolo, aggiunte e ricostruzioni a seguito di vari terremoti si sono poi stratificate nel tempo, sino ai più recenti restauri avviati nel 1930. Costituita da una chiesa inferiore e cripta e dalla basilica superiore a tre navate con transetto, cupola alla crociera e absidi orientate secondo lo stile bizantino, la Cattedrale di epoca normanna presenta elementi costruttivi e decorativi di notevole interesse artistico.

• All'interno l'altare maggiore settecentesco in marmi

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• policromi, opera di maestranze siciliane (Palazzotto e Amato), voluto dal Vescovo Mons. Del Tufo nel 1731 e dotato dallo stesso di 12 candelieri in bronzo fusi a Napoli. Notevole la Cappella quattrocentesca intitolata al S.S. Sacramento di patronato dei feudatari Caracciolo e per conto degli stessi realizzata e abbellita, nel corso del XVI sec,, con rivestimento a tarsie marmoree e arco trionfale. Stucchi tardo ottocenteschi sostituiscono gli affreschi originari. Nella stessa cappella è il dipinto, recentemente restaurato, raffigurante l'ultima Cena, di scuola settecentesca napoletana.

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Portale gotico della chiesa di

San Francesco

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CHIESA DI S. FRANCESCO - Cenni

storici:• La bella chiesa di S. Francesco

d'Assisi fu edificata a Gerace nel 1252 sui resti di un preesistente edificio romanico a navata unica. L'imponente struttura gotica era affiancata su un lato da un suggestivo chiostro e dall'omonimo convento, e sull'altro dalla cappella di Santa Maria de Jesu. La facciata9 sulla quale si apre un pregevole portale‑ gotico ad arco acuto, con triplice archivolto intagliato in stile arabo‑normanno, è inoltre decorata da una modanatura, da diversi capitelli e da un'immagine raffigurante il sole. L'interno della chiesa,

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• sobrio e disadorno. custodisce il magnifico altare maggiore del XVI secolo, e il bellissimo Arco trionfale, entrambi in stile barocco e decorati da intarsi in marmo policromo, e il sarcofago di Nicola Ruffo del XIV secolo. Dell'antica cappella annessa alla chiesa rimangono solo un sarcofago e frammenti di due colonne in stile gotico; dopo il restauro è invece tornata alla luce un'ala del chiostro, e parti di quello che età il ricchissimo monastero dei padri Conventuali, adibito dal 1806 al 1897 a prigione. L'intero complesso architettonico, abbandonato e manomesso dalla fine del secolo scorso, è stato recuperato grazie a ripetuti interventi di restauro iniziati fin dal 195 1.

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Stilo –Cenni storici Stilo, il cui nome deriva dal greco

“Stylos”,in latino “Stilum”e significa colonna, sorge alle radici del monte Consolino.Le origini di questa cittadina risalgono probabilmente alla distruzione di Caulonia da parte di Dionigi di Siracusa ed al conseguente esodo dei suoi abitanti. Nel luglio del 962, sarebbe avvenuta la battaglia tra Ottone II di Baviera contro i Bizantini, affiancati dai Saraceni di Sicilia, timorosi dell'arrivo dei Germanici. Già nel X secolo, Stilo veniva considerato il più noto centro Bizantino della Calabria. Nel secolo XI fu dominio dei Normanni che eressero e rinforzarono il castello sulla vetta del monte Consolino ed in seguito con gli Angioini, Stilo divenne "città Regia", con privilegi. La cittadina conserva sia. nella conformazione urbana che nell' architettura, uno stampo medievale, ad eccezione del monumento bronzeo di Tommaso Campanella, (opera del nostro secolo) illustre filosofo ed autore de 'La città - del Sole".

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Nella zona più elevata si possono osservare diversi palazzi seicenteschi, con balconi in ferro che sembrano ricamati e portali con finiture sottili che confermano una grande tradizione artigianale, famosa dal tempo dei Normanni per la ricchezza delle miniere.                                                                                        

• Famose sono le "Laure", scavate nella montagna, rifugio di eremiti. A Stilo possiamo ammirare: la Chiesa di San Biagio, la Chiesa dei Domenicani,la Porta Stefanina, San Giovanni fuori le mura, il castello Normanno sul monte Consolino,la chiesa di San Francesco. Il Duomo è una costruzione rifatta; conserva ancora il portale Gotico di epoca Angioina e l'orientamento est-ovest di tipologia Normanna. Vicino al portale sono visibili due piedi che secondo alcune credenza dovrebbero simboleggiare la vittoria del Cristianesimo sul Paganesimo. All'interno si nota un tabernacolo in marmo, un interessante altare del 1700 e vari arredi sacri. Vi è anche custodita una pala d'altare del '600, il famoso Paradiso di G.B. Caracciolo, detto il Battistello. Ma Stilo è soprattutto importante  per la Cattolica e anche per le "Porte" e "La Cinta Muraria".

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Stilo:veduta panoramica dalla

Cattolica

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Chiesa di San Francesco - Cenni

storici• :• La Chiesa di Stilo consacrata a  San

Francesco, con l'annesso Convento e la possente torre campanaria, fu edificata nel corso del XV secolo. La facciata, su cui si apre un elegante Portale, è stata ricostruita agli inizi del XVIII secolo e rappresenta uno dei più alti esempi di barocco calabrese del '700. L'edificio, sovrastato da una cupola, conserva al suo interno pregevoli opere, tra cui diversi affreschi del pittore stilese Francesco Cozza, un altare ligneo in stile barocco abilmente intagliato da artigiani locali, un coro anch'esso in legno e una bella statua marmorea dell'Immacolata risalente al XVIII secolo. Adiacente alla Chiesa è il convento dei Frati Minori, che conserva in parte il bel chiostro in stile toscano, con archi granitici realizzati da un abile scalpellino.

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Fontana dei Delfini - Cenni storici:

• È comunemente chiamata "Fontana Gebbia" ma conosciuta anche come "Fontana dei Delfini". In tale esempio, si può storicamente affermare che Stilo subì anche l'influsso arabo nell'arte, per l'incursione dello stesso popolo, soprattutto durante la battaglia del 982 che vide sconfitto l'Imperatore Ottone II dai Bizantini alleati agli Arabi. Così, oltre al nome, che vuole indicare il luogo da dove sgorgava l'acqua, (il Consolino), anche il nucleo scultorio centrale in pietra, che rappresenta appunto due delfini attorcigliati, sono di puro stampo arabo. Invece tutto il complesso architettonico restante, costituito da tre archi coronati a loro volta da un cornicione ben sagomato, è del classico stile barocco proprio del '700. Narra la tradizione, che fino a qualche anno addietro esisteva, non molto lontano dalla ubicazione di tale fontana, un masso in granito locale, spianato e a foggia di sedile, che sarebbe servito come trono a qualche "Califfo" arabo di passaggio, nelle trattazioni con i suoi dipendenti. Era conosciuta appunto come "Pietra del Califfo" e di essa non rimane più nulla.

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Bivongi

• Bivongi sorge in una vallata a 270 mt. s.l.m., sulla sponda destra del fiume Stilaro, con un territorio di 25.3 kmq.,circondata dal monte Consolino e dai rilievi delle Serre Calabre. La sua storia ha inizio nell’anno 1000 ed è legata al convento degli Apostoli, frangia del monastero greco dell’Arsafia (i ruderi sono visibili  e posizionati nell'odierno comune di Monasterace, sul fiume Assi) che Ruggero il Normanno concesse alla Certosa di Serra S. Bruno. I ruderi si possono scorgere ancora in alto, su di una collina oltre il fiume. Recenti lavori di restauro della chiesa matrice hanno riportato alla luce i resti di una primitiva chiesa con un altare del 1300. Di essa risulta che nel 1325 il cappellano pagasse alla Diocesi la decima di un tarì. La chiesa attuale del secolo XVII, completata dopo il terremoto del 1783, è intitolata a San Giovanni Decollato. Nel 1985 è stata elevata a Santuario di Maria SS. Mamma Nostra, Madonna alla quale si attribuiscono diversi miracoli, venerata da tutti i bivongesi, anche da quelli emigrati all’estero. Rinomati sono i prodotti agricoli, ed il vino che possiede la Denominazione d’origine controllata, è commercializzato dalla Cantina Sociale di Bivongi.

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Illustre cittadino di Bivongi è stato Tommaso Martini, pittore del ‘700 discepolo del Solimena, le cui opere arricchiscono il patrimonio iconografico di varie chiese della Calabria e dell’Italia centrale.  Nel territorio, a circa due km. dall’abitato, sulla dorsale tra i fiumi Stilaro e Assi, si trova la Basilica bizantino-normanna di San Giovanni Théristis (XI sec.). Oggi, dopo novecento anni, il Monastero è ridivenuto sede di monaci greco-ortodossi esicasti del monte Athos, allontanatesi da questi luoghi a seguito dello scisma del 1054. In epoca basiliana il monastero è stato il più importante della Calabria meridionale, con una scuola di emanuensi ed una grande biblioteca che Chalckeopulos, nel 1551, censiva consistente in dieci casse contenenti 820 documenti. Possedeva inoltre molte rendite, giacché in Calabria non vigeva il diritto bizantino di divieto ai monasteri di possedere beni immobili. San Giovanni, vissuto nella prima metà dell’XI secolo, fu detto Thèrestis (mietitore) per un miracolo riguardante la mietitura avvenuto in zona Marone di Monasterace, situata verso la marina. Il monastero può essere visitato con la guida dei religiosi che vi dimorano. Il corso medio-alto dello Stilaro offre uno scenario incomparabile in tutte le stagioni, dalla fioritura di ginestre in primavera ai contrasti di colore nell’autunno. Molti laghetti naturali, contornati da bianchi e levigati scogli granitici, offrono nelle calde ore estive l’occasione di un tuffo rinfrescante in acque limpide. Area picnic è il Parco Vignali, attraversato da un ruscello ed attrezzato per il gioco, lo sport e la cottura all’aperto. Piacevole è la risalita del fiume fino alla cascata del Marmarico, alta 105 mt. raggiungibile a piedi attraverso un sentiero che si inoltra nel bosco.

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• Il Cenobio, l'unico in Italia fondato dai monaci del monte Athos (in Grecia) e di cui rimangono soltanto i ruderi, si trova ai piedi del monte Consolino nelle Serre (tra le valli delle fiumare Assi e Stilaro) ed è dedicato a San Giovanni Theristys (il Mietitore).L'architettura normanna si nota all'interno nei pilastri angolari collegati dai quattro archi che sorreggono la cupola. Quelli della navata e del presbiterio sono a sesto acuto (stile gotico). La cupola poggia su una base cubica che, all'altezza delle quattro finestrelle, diventa ottagonale. Sulle pareti rimangono tracce di affreschi. Lo stile bizantino si nota, invece, nei muri perimetrali esterni costruiti con pietra concia e cotto. Le lesene (pilastro ornamentale lievemente sporgente da un muro) all'esterno dell'abside formano archi ogivali e rappresentano i più antichi elementi architettonici squisitamente arabi in chiese bizantine.

Bivongi:Il Monastero di San Giovanni Theristys

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• Il monastero è stato intitolato a San Giovanni Theristys perché si racconta che nell'XI° secolo, in questo territorio, sia vissuto San Giovanni, un giovane monaco nato a Palermo. Dopo che gli Arabi attaccarono le campagne di Stilo e resero schiava sua madre, il giovane fuggì per ritornare nella sua terra d'origine e ricevere il battesimo. A S. Giovanni si attribuiscono molti miracoli tra i quali quello dell'improvvisa mietitura del grano a Maroni. Da qui l'appellativo "Theristys

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La notizia di tale prodigio giunse alla corte di Ruggero il Normanno che concesse numerose elargizioni al monastero.Con la costituzione dell'Ordine Basiliano d'Italia nel 1579 l'edificio divenne uno dei maggiori cenobi della congregazione religiosa greco-ortodossa ("uniate"). Fu sede di noviziato e importante convento basiliano, fornito anche di una ricca biblioteca. Nel XVII° secolo, a causa delle scorrerie di alcuni briganti, i monaci abbandonarono il cenobio e si trasferirono a Stilo nel convento di S. Giovanni Theristys fuori le mura

• (oggi San Giovanni Nuovo) dove vennero traslate le reliquie del "Mietitore" e dei

• Santi Nicola e Ambrogio.All'inizio del XIX° secolo, in seguito alle leggi napoleoniche, il cenobio divenne proprietà del comune di Bivongi e poi fu venduto. Solo nel 1980 è ritornato in possesso del Comune. I monaci greco-ortodossi del monte Athos vivono stabilmente nel monastero da l 1994.

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Bivongi:S.Giovanni Theristys