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Le rocce della Liguria 6 7 introduzione Prefazione di Maurizio Burlando (Direttore Parco del Beigua; European & Glo- bal Geopark; Coordinatore Nazionale Forum dei Geoparchi Italiani) Negli ultimi decenni l’attenzione per il patrimonio geologico è en- trato in pianta stabile nelle agende delle organizzazioni internazionali ed è diventato oggetto di crescente interesse anche a livello nazionale e locale. Ne sono seguite diverse iniziative finalizzate a divulgare le Scienze della Terra, ed a tutelare e valorizzare le aree ed i siti di inte- resse geologico. Attraverso le molteplici attività divulgative, si cerca incessantemen- te di avvicinare il grande pubblico a questo mondo stupefacente, certamente inanimato, ma ricco di fascino in quanto espressione e testimonianza dei processi che hanno formato e modellato il nostro Pianeta e, quindi, in grado di fornire un contributo indispensabile alla comprensione della storia evolutiva di una certa area o regione. In questo contesto si inseriscono, pertanto, Parchi geologici, Geopar- chi, percorsi tematici dedicati alla geomorfologia ed alla glaciologia, visite guidate in aree vulcaniche o carsiche, guide geologiche e testi divulgativi, trasmissioni televisive alla scoperta dei grandi misteri del- la geologia, kolossal cinematografici allestiti con spettacolari effetti speciali per raccontare Ere geologiche sempre più distanti nel tempo, riviste specializzate e, non ultimi, giochi didattici dedicati ai fossili ed ai minerali. Insomma un fiorire di elementi attrattivi che hanno posto al centro dell’attenzione le discipline geologiche per rispondere alla curiosità ed al desiderio di conoscenza del vasto pubblico, dall’età scolare agli adulti. Una curiosità ed un desiderio di conoscenza cre- scenti che hanno contagiato anche i tanti appassionati escursionisti che, con sempre maggiore assiduità, percorrono i numerosi sentieri delle nostre montagne, delle nostre valli, della nostra costa per fruire e godere delle bellezze naturali della Liguria e per avvicinarsi non solo alla fauna, alla flora e alla vegetazione locale, ma anche per leggere ed interpretare forme del paesaggio, affioramenti rocciosi, giacimenti fossiliferi e complessi fenomeni geologici. In questo contesto si inserisce la presente iniziativa editoriale, pensata e costruita anche per colmare un vuoto che si è venuto a creare, con il tempo, nelle nostre librerie. Mi riferisco, in particolare al volume Le nostre rocce – le rocce della Liguria, riconoscerle e capirne la sto- ria” , scritto dal Prof. L. Cortesogno e dal Prof. A. Palenzona, dato alle stampe ben venticinque anni fa, nel 1986, ed ormai esaurito da tempo. Quanti geologi e naturalisti, quanti studenti in Scienze Geologiche e Scienze Ambientali, quanti escursionisti, collezionisti ed appassionati hanno sfogliato e letto con interesse quell’interessantissimo manuale? Questo libro nasce con l’intenzione di regalare al lettore un’affasci- nante vetrina della spettacolare varietà di rocce e delle peculiarità geologiche presenti nel territorio regionale, focalizzando l’atten- zione su quelle maggiormente rappresentative o che affiorano con maggior frequenza in Liguria. Ma lo scopo è anche quello di poter of- frire un utile strumento conoscitivo che consenta di leggere ed inter- pretare la lunga, affascinante, complessa ed articolata storia geologica del territorio ligure. Un’edizione divulgativa, accessibile anche ai non

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Prefazione

di Maurizio Burlando (Direttore Parco del Beigua; European & Glo-

bal Geopark; Coordinatore Nazionale Forum dei Geoparchi Italiani)

Negli ultimi decenni l’attenzione per il patrimonio geologico è en-trato in pianta stabile nelle agende delle organizzazioni internazionali ed è diventato oggetto di crescente interesse anche a livello nazionale e locale. Ne sono seguite diverse iniziative finalizzate a divulgare le Scienze della Terra, ed a tutelare e valorizzare le aree ed i siti di inte-resse geologico.

Attraverso le molteplici attività divulgative, si cerca incessantemen-te di avvicinare il grande pubblico a questo mondo stupefacente, certamente inanimato, ma ricco di fascino in quanto espressione e testimonianza dei processi che hanno formato e modellato il nostro Pianeta e, quindi, in grado di fornire un contributo indispensabile alla comprensione della storia evolutiva di una certa area o regione.

In questo contesto si inseriscono, pertanto, Parchi geologici, Geopar-chi, percorsi tematici dedicati alla geomorfologia ed alla glaciologia, visite guidate in aree vulcaniche o carsiche, guide geologiche e testi divulgativi, trasmissioni televisive alla scoperta dei grandi misteri del-

la geologia, kolossal cinematografici allestiti con spettacolari effetti speciali per raccontare Ere geologiche sempre più distanti nel tempo, riviste specializzate e, non ultimi, giochi didattici dedicati ai fossili ed ai minerali. Insomma un fiorire di elementi attrattivi che hanno posto al centro dell’attenzione le discipline geologiche per rispondere alla curiosità ed al desiderio di conoscenza del vasto pubblico, dall’età scolare agli adulti. Una curiosità ed un desiderio di conoscenza cre-scenti che hanno contagiato anche i tanti appassionati escursionisti che, con sempre maggiore assiduità, percorrono i numerosi sentieri delle nostre montagne, delle nostre valli, della nostra costa per fruire e godere delle bellezze naturali della Liguria e per avvicinarsi non solo alla fauna, alla flora e alla vegetazione locale, ma anche per leggere ed interpretare forme del paesaggio, affioramenti rocciosi, giacimenti fossiliferi e complessi fenomeni geologici.

In questo contesto si inserisce la presente iniziativa editoriale, pensata e costruita anche per colmare un vuoto che si è venuto a creare, con il tempo, nelle nostre librerie. Mi riferisco, in particolare al volume “Le nostre rocce – le rocce della Liguria, riconoscerle e capirne la sto-

ria” , scritto dal Prof. L. Cortesogno e dal Prof. A. Palenzona, dato alle stampe ben venticinque anni fa, nel 1986, ed ormai esaurito da tempo. Quanti geologi e naturalisti, quanti studenti in Scienze Geologiche e Scienze Ambientali, quanti escursionisti, collezionisti ed appassionati hanno sfogliato e letto con interesse quell’interessantissimo manuale?

Questo libro nasce con l’intenzione di regalare al lettore un’affasci-nante vetrina della spettacolare varietà di rocce e delle peculiarità geologiche presenti nel territorio regionale, focalizzando l’atten-zione su quelle maggiormente rappresentative o che affiorano con maggior frequenza in Liguria. Ma lo scopo è anche quello di poter of-frire un utile strumento conoscitivo che consenta di leggere ed inter-pretare la lunga, affascinante, complessa ed articolata storia geologica del territorio ligure. Un’edizione divulgativa, accessibile anche ai non

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cui sono descritte le principali caratteristiche delle medesime rocce e quindi gli elementi per consentirne il riconoscimento sul campo. Ogni scheda, inoltre, comprende uno specifico paragrafo in cui sono segnalati ed illustrati alcuni affioramenti rappresentativi, che possono essere direttamente osservabili sul terreno.

Come già sottolineato in precedenza uno degli obiettivi principali di questo volume è quello di incoraggiare il lettore ad approfondire le discipline delle Scienze della Terra (facendo ricorso anche ad altre pubblicazioni divulgative e tecnico-scientifiche dedicate alla materia), ma soprattutto a visitare alcune delle numerose località liguri citate nelle schede tematiche, in modo tale da osservare direttamente i dif-ferenti affioramenti rocciosi immortalati nelle molte illustrazioni che arricchiscono questo libro.

Tante opportunità per interessanti escursioni in natura che tuttavia devono essere sempre condotte garantendo il massimo rispetto per gli affioramenti rocciosi, per giacimenti fossiliferi o per particolari mineralizzazioni. E’ evidente che tali testimonianze dell’inestimabile patrimonio geologico ligure non devono essere assolutamente dan-neggiate, ad esempio, asportando campioni ed utilizzando martello, mazze e scalpelli. Troppo spesso, infatti, il loro utilizzo indiscriminato ha distrutto o addirittura cancellato per sempre strutture ed infor-mazioni che si erano generate e conservate nel corso dell’evoluzione geologica della nostra regione, quindi, in taluni casi, per centinaia di migliaia di anni. La conservazione e la tutela del patrimonio geologico diventa un’assoluta necessità, finalizzata non solo a salvaguardare gli elementi necessari per arrivare alla ricostruzione scientifica dei diver-se fasi evolutive del Pianeta Terra, ma anche per garantirne la fruizio-ne ed il godimento a favore delle generazioni future.

A questo proposito, in conclusione di questa introduzione, vale la pena richiamare la “Dichiarazione internazionale dei diritti della Memoria

della Terra” approvata a Digne (in Francia) nel 1991, al termine del I° Simposio internazionale per la protezione del Patrimonio Geologico, che sottolinea come il patrimonio geologico debba essere conside-rato un bene comune dell’Umanità, il cui mantenimento, protezio-ne e conservazione sono indispensabili, in quanto facente parte del più ampio concetto di Patrimonio Naturale e Culturale. Un monito importante, sottoscritto da centinaia di esperti internazionali, per stimolare nuovi impegni in difesa della geodiversità, la cui compro-missione o addirittura perdita devono considerarsi danni irreparabili.

Maurizio Burlando

addetti ai lavori, ricca di immagini e di informazioni, che si pone come obiettivo anche quello di integrare sia i testi di interesse territoriale più circoscritto, pubblicati da Parchi, Regione, Province, Comuni, As-sociazioni locali, sia la ricca bibliografia scientifica prodotta essenzial-mente dal mondo accademico universitario.

Un’entusiasmante cavalcata che ripercorre le Ere ed i Periodi geolo-gici che hanno lasciato una traccia, ben visibile a saperla guardare, dell’evoluzione geologica della Liguria. Una storia affascinante, ta-lora non semplice da ricostruire per effetto dei complessi processi e fenomeni che l’hanno a poco a poco condizionata, ma veramente appassionante. Un mondo che si apre e che fornisce chiavi di lettu-ra originali per spiegare lo stretto legame tra le diverse connotazioni dell’ambiente fisico (geodiversità) e le differenti specie viventi che in quei particolari ambienti trovano le condizioni ottimali per vivere, svilupparsi e riprodursi (biodiversità), per comprendere come le ca-ratteristiche geologiche e/o geomorfologiche di un dato territorio ab-biano condizionato la stessa presenza dell’uomo, per scoprire i diversi usi che le popolazioni locali hanno fatto di rocce e di pietre ornamen-tali per costruire le proprie abitazioni, i propri strumenti di lavoro ed altri utensili di uso comune.

Una ‘passeggiata’ a ritroso nel tempo, un invito alla visita ed alla sco-perta dei numerosi siti in cui è possibile vedere e toccare con mano la straordinaria varietà delle rocce presenti in Liguria; una regio-ne piccola in termini di superficie, una sottile striscia di terra che si estende per una lunghezza di circa 250 km, ma decisamente interes-sante e particolare in termini di geodiversità, in ragione delle variega-te valenze e peculiarità geologiche presenti.

Il libro è stato organizzato in due parti distinte. La prima parte fornisce un’introduzione generale alle Scienze della Terra, con approfondimenti dedicati alla struttura geologica del Pia-neta ed un’ampia trattazione della classificazione delle rocce e dei processi naturali che le originano, illustrando la terminologia e la no-menclatura geologica, utilizzata nella parte successiva. Di particolare interesse, inoltre, i due capitoli in cui vengono descritti prima l’evo-luzione geologica del territorio regionale nel corso di milioni anni, quindi i primi geologi liguri, personaggi speciali che amiamo definire “pionieri” e che, per primi, hanno iniziato a studiarla fin dalla prima metà dell’800. La seconda parte del libro, invece, è costituita da schede tematiche delle diverse tipologie di rocce che affiorano nel territorio ligure, in

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IL PIANETA TERRA

La Terra è interamente costituita da rocce, dalle più alte montagne fino a fondali oce-anici più profondi. Nel corso della storia, grazie alle continue scoperte e ricerche scientifiche di geologi, ricercatori o sem-plici appassionati si sono riconosciute e distinte centinaia e migliaia di differenti rocce e minerali, che costituiscono il nostro pianeta.Nonostante l’abbondante varietà, la maggior parte delle rocce che compongono la superficie terrestre è costituita quasi interamente da soli 8 elementi principali (ossigeno, silice, alluminio, ferro, magne-

sio, calcio, potassio e sodio), che risultano associati e combinati tra loro con percentuali così diverse, da far in modo che le rocce risultino numerose e notevolmente differenti tra loro. Sulla base di un gran numero di analisi chimiche effettuate su campioni di rocce raccolti seguendo un criterio statistico di rappresentatività nella crosta terre-stre è stata redatto un elenco degli elementi più diffusi nelle rocce, in-dipendentemente dalla loro genesi; questi sono rappresentati da: os-sigeno: 46,6%; silicio: 27,7%; alluminio: 8,1%; ferro: 5,0%; calcio: 3,6%; sodio: 2,8%; potassio: 2,6%; magnesio: 2,1% (i valori sono espressi come percentuali in peso). Questi otto elementi, che hanno ciascuno una percentuale superiore all’1%, costituiscono quasi il 99%

e sono detti elementi maggiori. Fosforo, ti-tanio, manganese e tutti quegli elementi che hanno una percentuale compresa fra 1% e 0,1% sono, al contrario, detti elementi mi-nori. Tutti gli elementi che risultano inferio-ri allo 0,1% sono detti elementi in traccia.  Se la composizione della superficie del globo risulta così disomogenea, con litologie diver-se da luogo a luogo, al contrario le sue parti più interne si mostrano alquanto più unifor-mi ed omogenee dal punto di vista geologico. Di seguito, verranno illustrate brevemente le principali caratteristiche della struttura in-terna del pianeta.Una delle principali peculiarità geologiche

della Liguria è determinata dal fatto che, no-

nostante la sua limitata estensione territo-

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figura 1.1 – colonna stratigrafica dell’andamento delle onde sismiche all’interno della Terra

riale, la nostra Regione è caratterizzata dalla presenza di quasi tutte

le tipologie di rocce presenti su tutta la Terra.

La struttura interna della Terra

Le informazioni sulle caratteristi-che fisiche, chimiche e mineralo-giche dei settori interni della Terra sono state fornite, nel corso degli anni, dall’unione di conoscenze de-rivate dalle diverse discipline geolo-giche, attraverso approcci e meto-dologie di tipo indiretto (ad esem-pio le indagini sismiche) e diretto (ad esempio gli studi petrografici e geochimici). La conoscenza sulla struttura interna della Terra è stata ottenuta principalmente mediante l’utilizzo di tecniche di sismologia per lo studio dei terremoti naturali, quindi attraverso lo studio della trasmissione delle onde sismiche. I dati sismici sono basati sullo stu-dio e sull’analisi della propagazione di onde sismiche ‘P’ o ‘Vp’ (onde

con propagazione longitudinale o compressionale) e di onde ‘S’ o ‘Vs’ (onde con propagazione trasversale o di taglio) (figura 1.1 – colonna stratigrafica dell’andamento delle onde sismiche all’interno del-la Terra); le prime si possono trasmettere con differenti velocità sia all’interno di solidi che di liquidi, mentre le seconde esclusivamente nei solidi. Anche sulla base di queste semplici considerazioni, si è ar-rivati ad identificare la presenza di tre principali discontinuità sismi-che presenti all’interno della Terra. Due di que-ste sono dovute a cam-biamenti composizionali allo stato solido, mentre una prodotta da variazio-ni fisiche, in particolare da stato solido a liquido. Nel corso degli anni, l’in-sieme delle conoscenze scientifiche ha permesso di identificare la Terra come una struttura ad

figure 1.2 e 1.3 – schematizzazione dell’interno della Terra in gusci concentrici

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duzione è accompagnato da una serie di altri eventi geologici, quali, ad esempio, un’intensa attività sismica generata da numerose sequen-ze di terremoti di varia intensità che avvengono prevalentemente lun-go il piano di subduzione. Proprio le ispezioni sismiche legate a questi fenomeni hanno consentito di ricostruire indirettamente la forma e le profondità dei differenti piani di subduzione all’interno della Ter-ra. Le velocità di subduzione di una placca sono piuttosto variabili, mediamente nell’ordine dei 2 cm all’anno e dipendono, più che altro, dalla composizione della placca subdotta e dalla sua temperatura. Le placche con temperature maggiori presenteranno una minore visco-sità e, pertanto, una velocità di subduzione maggiore.

I processi orogenetici, cioè l’insieme dei meccanismi geologici che

portano alla formazione ed alla modificazione delle catene montuose,

sono concentrati principalmente lungo margini distruttivi, in seguito

alla subduzione di crosta oceanica sotto una placca adiacente. Come

già precedentemente riportato, i margini distruttivi sono caratteriz-

zati da frequenti terremoti ed abbondante attività magmatica. Tali

fenomeni sono spesso amplificati durante le fasi finali dell’evoluzione

di un margine distruttivo, quando, terminato il processo di subduzio-

ne, ha inizio la collisione tra i due margini continentali.

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LE ROCCE

Lo studio e il riconoscimento delle roccePer poter osservare e rico-noscere le diverse rocce che affiorano in Liguria sono ne-cessarie, ovviamente, alcune nozioni generali di tipo si-stematico sulla loro classifi-cazione. Proprio per questo motivo, nel presente capitolo, vengono introdotti, si spera nella maniera più semplice e chiara possibile, i concetti e le terminologie geologiche prin-cipali che possano consentire al lettore di acquisire informazioni propedeutiche alla lettura della seconda parte del libro, in cui sono raccolte le schede tecniche delle singole rocce.

Le rocce sono un’associazione naturale costituita da un aggregato di uno o più minerali, talora anche di sostanze non cristalline, che rappresenta l’equilibrio di un processo genetico che si ripete in modo piuttosto regolare e/o che si sviluppa a grande scala. La maggior par-te delle rocce è formata da masse eterogenee di più minerali (rocce polimineraliche) (figura 4.1), come per esempio le Eclogiti, rocce metamorfiche costituite essenzialmente da minerali quali pirosseno, granato e rutilo, oppure possono essere composte interamente da un unico minerale (rocce monomineraliche), come accade ad esempio

figura 4.1 – particolare dei minerali di differente

colorazione in una roccia metamorfica

figura 4.2 – affioramento in una roccia sedimentaria costituita da un unico minerale

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per le Dolomie, costituite quasi interamente da dolomite (figura 4.2 ). La determinazione della composizione mineralogica, cioè delle prin-cipali fasi mineralogiche che compongono una roccia e delle loro rispettive percentuali, risulta, pertanto, uno degli elementi di mag-giore importanza per il loro riconoscimento e la loro classificazione. Il settore della geologia che si occupa del riconoscimento delle rocce è la Petrografia, mentre lo studio dell’insieme dei processi che hanno portato alla loro genesi, costituisce il campo di studio della Petrologia.

Come già precedentemente anticipato, lo studio ed il riconoscimento

delle rocce si basa fondamentalmente sull’identificazione precisa dei minerali principali e, in secondo luogo, sulla determinazione

delle loro percentuali e dei loro rapporti reciproci. Queste distinzioni

non sono sempre facilmente eseguibili sul terreno osservando ad oc-

chio nudo una roccia in affioramento o in un singolo campione. Molto

spesso, infatti, per conoscere e classifica-

re una roccia si deve ricorrere ad analisi

più dettagliate e particolareggiate come

analisi al microscopio ed analisi chi-

miche, che possono chiarire in maniera

analitica e univoca la reale natura e

composizione della roccia o della singola

fase mineralogica esaminata.

Durante le fasi di osservazione delle roc-ce risulta di fondamentale importanza quanto meno il riconoscimento delle fasi

figura 4.3 – osservazione di un affioramento direttamente sul terreno

figura 4.4 – lente di ingrandimento

mineralogiche principali e delle varie strutture che la compongono. Lo studio di una roccia comincia, infatti, direttamente sul terreno con osservazioni semplici (foto 4.3): aspetto omogeneo o alternanza di li-velli differenti; presenza di una stratificazione, presenza di particolari allineamenti preferenziali, individuazione dei rapporti spazio-tempo-rali con le altre rocce circostanti e, ovviamente, il riconoscimento dei principali minerali presenti attraverso osservazioni ad occhio nudo o mediante lenti di ingrandimento (foto 4.4 – ). Molto spesso, però, ri-sulta necessario e più utile ricorrere a strumenti altamente sofisticati come i microscopi ottici, che consentono di effettuare un’indagine più accurata e particolareggiata delle fasi mineralogiche presenti e dei loro rapporti quantitativi. Durante questa fase di indagine, inoltre, si possono anche osservare e studiare altre due fondamentali caratte-ristiche delle rocce, quali: struttura e tessitura. La prima indica la forma dei singoli minerali componenti una roccia, le loro dimensioni e le reciproche relazioni esistenti tra loro; la seconda, invece, riguar-da la disposizione nello spazio su larga scala dei componenti della roccia, come, ad esempio, particolari orientazioni e allineamenti dei minerali costituenti. Questi due requisiti sono caratteristici di ogni tipo di roccia; infatti, rocce con eguale associazione mineralogica e simile composizione chimica possono presentare strutture e tessiture anche molto differenti tra loro. Un caso molto semplice può essere rappresentato ad esempio dal confronto tra un Calcare ed un Mar-mo: entrambe le rocce sono costituite quasi esclusivamente da calcite e la loro composizione chimica è rappresentata per la quasi totalità da carbonato di calcio (CaCO3), pur essendo due litologie completa-mente differenti e con origine ed evoluzioni geologiche notevolmente dissimili. La classificazione delle rocceLe rocce possono essere classificate scientificamente secondo diversi metodi e approcci, in particolare:

- in base alle proprietà fisico-meccaniche: rocce coerenti o compatte, rocce incoerenti o sciolte;- in base alla composizione mineralogica: rocce monomineraliche (composte da un unico minerale), rocce polimineraliche (composte da più minerali);- in base al luogo di origine: rocce endogene (cioè formatesi all’interno della Terra), rocce esogene (cioè formatesi sulla superficie terrestre)- in base al processo geologico che le ha generate: rocce magmatiche o ignee (formatesi per cristallizzazione da un fuso);

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Le rocce chimiche e biochimiche

Le rocce non detritiche che derivano da processi sedimen-tari di precipitazione chimica e biochimica sono classificate in: Evaporiti, originate da precipi-tazione diretta di sali per evap-orazione di acque in ambienti circoscritti, e rocce carbon-atiche e silicee in cui la depo-sizione è dovuta alla normale precipitazione chimica, alla quale si aggiungono processi di precipitazione biochimica (figura XX). All’interno della categoria delle rocce chimiche ricadono, anche se meno dif-fuse le rocce ferrifere, manga-nesifere e fosfatiche.

Le Evaporiti si generano in ambienti a circolazione idrica ristretta o in climi aridi (figura XX) dove l’intensa evaporazione conduce ad una progressiva concen-trazione di sali ed alla loro successiva precipitazione. Gli ambienti più idonei all’accumulo di questi sedimenti sono quelli di transizione come lagune, alcune aree litorali e sopralitorali o i laghi. In tutti ques-ti diversi ambienti si possono originare estesi depositi, solitamente lentiformi, costituiti principalmente da fasi minerali quali calcite, gesso, anidride, salgemma e altri sali meno diffusi (ad esempio i sali potassici).

Le rocce carbonatiche sono depositi sedimentari in cui minerali car-bonatici come per esempio calcite (car-bonato di cal-cio) e dolomite ( c a r b o n a t o di magnesio) costituiscono più del 50% in

presentano il prodotto del processo diagenetico di fanghi detritici, i cui granuli non sono visibili semplicemente ad oc-chio nudo, sono composte prevalentemente da quar-

zo, miche e minerali argil-losi, essenzialmente rap-presentati da illite, mont-

morillonite, caolinite, o sericite. I processi diage-

netici tendono a modificare anche in maniera notevole le caratteristiche primarie

di questi sedimenti, che, spesso, possono contenere al loro interno anche quantitativi di acqua superiori all’80%, espulsa solo successi-vamente per compattazione, comportandone una riduzione volumet-rica fino al 30%, per poi decrescere ulteriormente fino al 10-15% per aumento di pressione e temperatura. Un fango può essere composto dall’insieme di minerali argillosi e carbonati di calcio; proprio per questo, sulla base delle percentuali di questi componenti, si possono distinguere le argilliti in Argille e Marne. Analogamente alle Ruditi e alle Arenarie, anche le Lutiti si formano tanto in ambiente continen-tale, quanto in quello marino; nel primo caso, hanno origine in zone di tipo fluvio-lacustre, lagunare o eolico e sono interessate frequent-emente dalla presenza di materiali organici; nel secondo caso, invece, si originano in ambiente di piattaforma, scarpata o fondo oceanico.

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posizionali dei Basalti è rappresentata dai piani di saturazione e sottosatura-zione in silice. Le tre principali tipolo-gie di Basalto sono rappresentati da: Basalti tholeiitici, tipici delle effusioni magmatiche lungo le dorsali oceaniche (MORB) e costituenti vasti settori dei fondali oceanici; Olivin-basalti e Ba-salti alcalini, più diffusi nei bacini di retro-arco nei margini convergenti.

Origine:Il Basalto è generato dalla veloce so-lidificazione di un magma in tre differ-enti condizioni geologiche: a contatto con l’aria (eruzioni subaeree), come ac-cade nei crateri dei vulcani emersi, con generazione di colate laviche; nei livelli più superficiali dei vulcani (basalti col-onnari) o della crosta oceanica (filoni basaltici), in cui si ha una rapida cris-tallizzazione del fuso in risalita, oppure a contatto diretto con l’acqua di mare (eruzioni sottomarine), come succede nelle dorsali oceaniche, in cui i Basalti assumono una tipica forma arrotonda-ta a cuscino (fotografia XY – Bellini), con un peduncolo rivolto verso il basso (pillow lava) in seguito al rapido raf-freddamento della loro parte esterna e al rotolamento lungo i ripidi pendii dei fondali oceanici. I fusi basaltici si formano a differenti profondità all’interno della Terra a seguito della fusione parziale del sot-tostante mantello terrestre e hanno frequentemente temperature superiori ai 1200°C. I numerosi studi geologici effettuati fino ad oggi sui basalti li-guri hanno evidenziato forti analogie mineralogiche, strutturali e chimiche con quelli che costituiscono gli at-tuali fondali oceanici. Queste evidenze hanno portato ad interpretare queste rocce come rappresentative di parte di un’antica crosta oceanica che formava nel Giurassico (circa 160Ma) l’oceano della Tetide Ligure. Queste rocce sono state portate fino alle attuali posizioni in seguito ad imponenti movimenti

BASALTO

rocce magmatiche effusive presenti sulla superficie terrestre. Questa roc-cia, in passato definita anche con il ter-mine ‘Diabase’, la cui colorazione varia da verde chiaro fino a nera, è formata prevalentemente da minerali femici quali pirosseni (ortopirosseni e clino-pirosseni) e, in percentuali minori, da plagioclasio (con elevate concentrazio-ni in calcio - Ca) ed olivina. In parecchi casi, i Basalti possono assumere anche una caratteristica colorazione rossastra per la presenza di minerali secondari di alterazione, rappresentati, ad esempio, da ossidi di ferro (ematite). Rispetto ad altre rocce magmatiche, presenta con-tenuti chimici relativamente elevati in magnesio e calcio e piuttosto bassi in silice (molto spesso minore del 50%), sodio e potassio. La giacitura, la strut-tura e la tessitura di un Basalto posso-no fornire ai Geologi peculiari infor-mazioni sugli ambienti in cui è stato originato. Ad esempio, può presentare una tessitura da porfirica a microcri-stallina nei basalti originati alquanto lentamente, fino a vetrosa, in quelli cri-stallizzati bruscamente. Le varie tipo-logie di basalto possono essere rappre-sentate, sinteticamente, nel cosiddetto ‘tetraedro basaltico’ (diagramma XY), in cui queste rocce sono classificate sulla base dei minerali che contengono e la divisione fra i diversi termini com-

Classificazione:Il Basalto è una roccia magmatica ef-fusiva, il cui corrispondente intrusivo è il Gabbro. Risulta una delle principali litologie che costituiscono la parte più superficiale della crosta oceanica del-la Terra e, proprio per questo motivo, risulta una delle più comuni e diffuse

BASALTO

Schema:Categoria roccia magmaticaSottocategoria roccia effusivaClassificazione roccia femicaMinerali principali

pirosseno, plagioclasio, olivina

Minerali accessori

anfibolo, magnetite, biotite, ematite, apatite, quarzo, vetro

Tessitura porfirica, microcristallina o vetrosa

Colore da verde scuro, rosso, a nero

Principali varietà

tholeiite, olivin basalto, basanite

Ambiente di formazione

dorsali oceaniche, eruzioni vulcaniche, hot spot

Campione di Basalto tagliato e lucidato - Er-

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geologici avvenute nei milioni di anni, preservando però ancora molte carat-teristiche distintive della loro formazi-one ed evoluzione. Le differenti tipolo-gie di basalti che affiorano nel territo-rio ligure sono presenti come pillow lavas, Basalti massicci e filoni di Ba-salto all’interno di rocce femiche ed ul-trafemiche (fotografia XY – Bellini).

Distribuzione e localizzazione:Affioramenti di Basalti sono presenti in diverse località della Liguria centro-orientale, e le loro composizioni mine-ralogiche e strutture primarie risulta-

si riescono anche ad individuare strut-ture magmatiche (peduncoli), la cui posizione fornisce ai geologi impor-tanti informazioni riguardo l’orien-tazione e la giacitura stratigrafica di queste rocce, via via adattatisi su quelli

a 400 metri, oppure nei dintorni di S. Stefano d’Aveto al limite con il confi-ne regionale dell’Emilia-Romagna (ad esempio presso il Monte Penna e il Monte Pennino). Affioramenti di Ba-salti massicci ed a pillows sono di gran lunga osservabili alle spalle di Lavagna (Ge), risalendo la strada provinciale della Val Graveglia, dove all’interno di un’ex cava (Cava Molana), ubicata poco prima del bivio stradale per Zerli, si possono osservare, nei blocchi lasciati dalle passate lavorazioni, strutture ge-nerate dall’intensa fratturazione e dai processi di ossidazione determinatisi in seguito alla circolazione di soluzioni acquose all’interno delle fratture. Infi-ne, importanti affioramenti di Basalti (massicci e a pillows) di facile accessi-bilità sono presenti lungo la spiaggia del Faro presso Framura (Sp), in cui si possono ammirare grossi pillow lavas e particolari strutture di colata (lave a corda) nei Basalti massicci. In provin-cia di La Spezia, sono presenti limitati affioramenti presso il promontorio di Punta Bianca.

Descrizione di un affioramento-tipo:Risalendo la Val Graveglia, nell’im-mediato entroterra di Lavagna (Ge), lungo la strada provinciale n° 26 pri-ma del bivio per il paesino di Zerli, si trova un magnifico affioramento di Ba-salti a pillows, che costituiva il fronte di cava di precedenti attività estrattive (Cava Molana) figuraXY. In questo affioramento ed in alcuni altri spaccati presenti per esempio presso il ponte di Lagoscuro, si possono osservare splen-didi esempi di Basalti a pillows che, nonostante la loro lunga e complessa storia geologica dai fondali oceanici, risultano ancora piuttosto ben pre-servati nelle forme e nelle strutture. Infatti, osservando attentamente gli affioramenti, si riescono facilmente a notare le forme tondeggianti e sferoi-dali, caratteristiche di queste litologie fotografia XY. Esaminando con cura,

BASALTO

no abbastanza ben preservate. Qui di seguito verranno citati solamente gli affioramenti ritenuti maggiormente rappresentativi. Interessanti affiora-menti di Basalti si possono osservare in maniera discontinua nelle zone com-prese tra Erzelli (Ge) e Voltaggio (Al), in cui affiorano come corpi di Basalti a pillows, Basalti massicci e filoni basal-tici. Estesi corpi di Basalti a pillows e massicci adeguatamente conservati co-stituiscono ampie pietraie ed affiorano nella zona di Bargone, nell’entroterra di Sestri Levante (Ge), dove raggiungo-no sequenze geologiche di potenza fino

BASALTO

Particolare di un affioramento di Porfido, affiorante nell’entroterra savonese. Particolare di un affioramento di Porfido,

affiorante nell’entroterra savonese.

Particolare di un affioramento di Porfido,

affiorante nell’entroterra savonese.

Particolare di un affioramento di Porfido,

affiorante nell’entroterra savonese.

Particolare di un affioramento di Porfido, affiorante nell’entroterra savonese.

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Origine:Le Anfiboliti sono il risultato di un me-tamorfismo di grado medio-elevato, in particolare, in condizioni di tempera-tura comprese tra 600-700°C e di pres-sioni tra 3-11 Kbar circa. Mostrano una composizione mineralogica e chimica piuttosto variabile e non sempre risulta di semplice comprensione il protolite dal quale si sono formate. Infatti, come precedentemente accennato, possono avere origine per trasformazione me-tamorfica di Gabbri, Basalti ed Eclo-giti, ma anche di Marne e Tufi. Per quanto riguarda le varietà presenti nel territorio ligure, le numerose ricerche e gli studi geologici hanno dimostra-to che queste litologie derivano quasi esclusivamente dalla trasformazione di rocce a composizione basaltica e, solo in minima percentuale, da prece-denti rocce eclogitiche. Le rocce anfi-bolitiche affioranti in Liguria risultano molto interessanti dal punto di vista geologico, poiché la loro formazione è da attribuire ad eventi metamorfici che hanno interessato alcuni settori della crosta continentale, in epoche prece-denti alla formazione e consunzione dell’antico oceano della Tetide Ligure (orogenesi ercinica), in cui, al contra-rio, si sono originate gran parte delle altre rocce metamorfiche liguri. Per questo motivo, le Anfiboliti, come po-che altre rocce ancora oggi presenti nel nostro territorio, conservano ancora al loro interno preziosissime informazio-ni per la ricostruzione degli eventi più antichi che hanno interessato la storia geologica ligure.

Distribuzione e localizzazione:Queste rocce metamorfiche non sono molto diffuse nel territorio ligure e si trovano quasi esclusivamente nel suo settore occidentale. Magnifici affiora-menti si rinvengono, ad esempio, nei pressi del promontorio di Arenzano (Ge), in località Marina Grande, dove queste rocce risultano intensamen-

te ripiegate ed associate ad altri tipi di rocce metamorfiche (Micascisti e Scisti a biotite/granato). Corpi di anfi-boliti affiorano alquanto abbondante-mente nell’immediato entroterra della provincia savonese, in particolare nelle zone di Quiliano e Calizzano, dove si possono osservare anche come ban-de pluricentimetriche di colore scuro (melanocratiche), costituite da orne-blenda, e di colore più chiaro (leuco-cratiche), formate da concentrazioni di plagioclasio bianco. In queste zone, le

prodotto di un metamorfismo di alta temperatura e pressione medio eleva-ta (facies anfibolitica) e non devono essere confuse con le ‘Orneblenditi’, non presenti in Liguria, che sono rocce ignee intrusive originatesi all’interno delle camere magmatiche e stretta-mente associate a rocce di tipo gabbri-co. Affiorano come corpi di dimensio-ni metriche, ma più frequentemente come bande relativamente sottili (5-50cm) all’interno di altre rocce meta-morfiche, come per esempio i Micasci-sti. Sulla base del tipo di roccia dalla quale hanno avuto origine (protolite), posso essere suddivise in Ortoanfibo-liti, nel caso derivino dalla trasforma-zione di rocce gabbriche, basaltiche o eclogitiche, oppure Paraanfiboliti, se si originano, invece, da quelle se-dimentarie a composizione marnoso-tufacea. Particolari Anfiboliti possono essere composte anche da abbondanti concentrazioni di plagioclasio, dando luogo alle Leucoanfiboliti, ma anche questa varietà non è presente lungo il territorio ligure. Le Anfiboliti sono caratterizzate spesso da strutture in-tensamente foliate, con scistosità ben marcate dal regolare allineamento dei cristalli prismatici neri di anfibolo e dai plagioclasi di colore bianco (foto-grafia XY di un campione del Dipte-ris – Collezione Dott. Capelli), visibili molto spesso anche semplicemente ad occhio nudo.

Classificazione:L’Anfibolite è una roccia metamorfica che si presenta di colore variabile dal verde al nero, ed è composta princi-palmente da anfiboli (principalmente nella varietà orneblenda che costitui-sce tra il 60-90% in volume) e, in per-centuali minori, da altre fasi mineralo-giche quali plagioclasio, granato, bio-tite, epidoti, rutilo, titanite ed apatite (fotografia XY). Le Anfiboliti sono il

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante

nell’entroterra di Savona

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante

nell’entroterra di Savona

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante

nell’entroterra di Savona

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante

nell’entroterra di Savona

Schema:Categoria roccia metamorficaFacies metamorfica anfibolitica

Roccia originaria

basalto, gabbro, arenaria e tufo

Minerali principali orneblenda, plagioclasio

Minerali accessori

actinolite, tremolite, biotite, granato, magnetite, epidoto, titanite

Tessitura foliata

Colore da verde chiaro a nero

Principali varietà ortoanfibolite, paranfibolite

Ambiente di formazione

aree di basamento in crosta continentale

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di conseguenza, quando forti deforma-zioni interessano rocce caratterizzate al loro interno da forti contrasti di densità. Le strutture ‘boudinate’ non sono caratteristiche esclusivamente delle Anfiboliti, ma possono essere pre-senti anche in molte altre rocce meta-morfiche che presentino forti contrasti di competenza.

le una piega (antiforme) costituita da Anfiboliti e da orizzonti pluricentime-trici di Scisti a biotite e granato, litotipi con i quali risultano, in queste aree, fortemente deformate. E’ relativamen-te frequente una giacitura a bande piuttosto sottili (da 7 a 40cm), ripetu-tamente intercalate con livelli di Mica-scisti che generalmente risultano forte-mente arricchiti in plagioclasio, biotite e granato, minerali che conferiscono a queste rocce metamorfiche singolari sfumature cromatiche (bianche, nere e rosse), visibili anche negli affioramenti presenti in maniera discontinua lungo tutta la passeggiata a mare.

ParticolaritàLa struttura a ‘boudinage’ nelle anfi-boliti - Le anfiboliti che affiorano nella parte più meridionale del promontorio di Arenzano (Ge) sono caratterizzate da particolari strutture deformative. A scala macroscopica, infatti, queste lito-logie conservano ancora perfettamente alcune strutture di antichi eventi de-formativi (Paleozoici > 230 milioni di anni fa e Mesozoici 150 milioni di anni fa), perfettamente preservate no-nostante la loro lunga e complessa evo-luzione geologica successiva. In seguito all’incessante azione di in-tense deformazioni, i minerali che co-stituiscono queste rocce si sono dispo-sti secondo direzioni ed orientazioni preferenziali, andando a formare una scistosità ben marcata e chiaramente riconoscibile anche ad occhio nudo sul terreno (fotografia XY). La differente competenza reologica e la variabile tendenza alla ricristallizza-zione metamorfica delle fasi minera-logiche presenti hanno determinato la formazione di una particolare struttu-ra deformativa, denominata ‘boudina-ge’, per cui porzioni più competenti di forma ovoidale o lenticolare (‘boudins’) vengono isolati ed avvolti da rocce meno competenti e più plastiche. Que-sto tipo di struttura può svilupparsi,

anfiboliti risultano spesso associate ad altre rocce metamorfiche quali Gneiss ed Eclogiti.

Descrizione di un affioramento-tipo:In corrispondenza del promontorio e della passeggiata a mare di Arenza-no (Ge) affiora un ridottissimo lembo di rocce metamorfiche antichissime, tra le quali si possono osservare me-ravigliosi esempi di Anfiboliti. Infatti, proprio sul margine sud-occidentale di questo promontorio (fotografia XY), negli scogli immediatamente ad est della spiaggia di Marina Grande, sono presenti corpi di Anfiboliti che mostra-no una notevole uniformità litologica e mettono in evidenza nette variazioni di grana dei loro minerali costituenti, che in alcuni affioramenti raggiungono an-che dimensioni eccezionali, addirittura fino a 4-5 centimetri. In questo settore, queste rocce mostrano una colorazione variabile dal verde scuro al nero e sono caratterizzate da una marcata scistosi-tà, spesso intensamente ripiegata (fo-tografia XY), visibile chiaramente ad occhio nudo grazie al regolare allunga-mento dei cristalli di anfibolo, qui rap-presentato dalla varietà orneblenda. Nella fotografia XY di uno scoglio del promontorio sopracitato è riconoscibi-

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante nell’entroterra di Savona

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante

nell’entroterra di Savona

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante

nell’entroterra di Savona

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante

nell’entroterra di Savona

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante

nell’entroterra di Savona

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ARENARIA

non risultino un buon materiale da costruzione, poiché si rivelano molto sensibili all’azione erosiva dell’umidità e del gelo.

Origine:Analogamente ad altre rocce sedimen-tarie, le Arenarie sono sedimenti cla-stici che derivano dal parziale o totale smantellamento di formazioni rocciose più antiche in seguito all’azione erosiva degli agenti atmosferici, ma mostrano clasti a grana molto fine. Si possono generare sia in ambiente di tipo con-tinentale, che in quello marino. Quel-le ‘continentali’ si possono formare in ambiente desertico, dove danno origi-ne a particolari strutture sedimentarie (dune eoliche), ma sono frequenti an-che in ambiente alluvionale, dove si lo-calizzano principalmente entro paleo-alvei fluviali. Al contrario, le ‘marine’, invece, sono costituite dal progressivo deposito di sedimenti in ambiente ma-rino marginale, ad esempio in prossi-mità dei delta fluviali e delle spiagge, ma risultano estremamente diffuse anche in ambiente sottomarino come depositi torbiditici di conoide insieme ad altri tipi di rocce sedimentarie (Con-glomerati ed Argilliti). In ambienti di conoide sottomarina, la loro deposizio-ne è spesso il risultato di estese frane sottomarine (slumpings), innescate da imponenti movimenti tettonici e tellurici. Comunemente, nei depositi torbiditici le Arenarie si trovano stra-tigraficamente interposte tra Conglo-merati alla base e sedimenti argillitici al di sopra, con i quali evidenziano ge-neralmente contatti litologici piuttosto sfumati e graduali. Quando si effettua-no osservazioni sul terreno bisogna, tuttavia, considerare l’ipotesi che i pro-cessi tettonici possono aver invertito o modificato questa naturale successione degli strati della sequenza torbiditica.

Distribuzione e localizzazione: In Liguria, corpi di Arenarie risultano

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ARENARIA

Descrizione di un affioramento-tipo:Arenarie di Monte Gottero (Monte Zatta) – Gli studi effettuati nel corso degli anni dai Geologi hanno dimo-strato che questa tipologia di Arenarie, affioranti nell’entroterra di Lavagna (Ge), rappresenta una deposizione sedimentaria di conoide prevalente-mente di tipo torbiditico (frane sotto-marine), datata al Cretaceo e con uno spessore di circa 800 metri e ricondu-cibile ad un’antica copertura sedimen-taria giurassica, formatasi in seguito alla lenta deposizione gravitativa sui fondali oceanici della Tetide ligure.

affioranti in numerose località, e risul-tano molto spesso presenti anche come livelli di potenza più ridotta all’interno di spesse sequenze sedimentarie (ad esempio i sottili orizzonti pluricenti-metrici di livelli arenacei all’interno della sequenza di conglomerati affio-ranti lungo la Val Gargassa nei dintor-ni di Rossiglione, in provincia di Geno-va). In ogni caso, le principali zone nel settore orientale della Liguria in cui si trovano i più interessanti affioramenti di Arenarie sono comprese tra la Val Lavagna e la Val Magra, nei dintorni del monte Gottero e del monte Zatta, dove queste rocce formano spessi de-positi e considerevoli sequenze stra-tigrafiche, conosciute con il nome di ‘Arenarie del Monte Gottero’. Altri bellissimi esempi sono osserva-bili lungo gran parte del litorale del-le Cinque Terre (Sp), in cui affiorano alquanto in continuo, mostrando di frequente piegamenti e strutture di de-posizione sedimentaria marina, come si può osservare, ad esempio, in alcuni affioramenti presenti lungo il percorso pedonale costiero tra Corniglia e Rio-maggiore, appartenenti alla formazio-ne geologica del ‘Macigno’. Importanti sequenze arenacee si trovano nei pres-si di S.Stefano Magra (Sp), dove sono conosciute con il nome di “Arenarie di Casanova”, formazione geologica co-stituita prevalentemente da Arenarie a grana media di rocce ‘verdi’ (Serpenti-niti, Gabbri e Basalti). Nel settore occidentale del territorio ligure, gli affioramenti più significativi sono osservabili nell’estremo ponente ligure, nella zona di Bordighera e di San Remo (località San Romolo-Borel-lo) dove sono presenti come Arenarie torbiditiche a grana grossolana, ma, principalmente, nel savonese lungo il settore costiero tra Noli e Loano, in cui sono presenti come ampi corpi di Quarzo-areniti con splendide variazio-ni cromatiche, variabili tra il bianco, il rosso ed il verde.

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arena-

ria di Riomaggiore (SP).

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arena-

ria di Riomaggiore (SP).

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arena-

ria di Riomaggiore (SP).

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arena-

ria di Riomaggiore (SP).

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arena-

ria di Riomaggiore (SP).

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Le Arenarie presenti nella zona del Monte Zatta, analogamente a quelle affioranti più ad est nel Monte Gottero e nel Monte Ramaceto, sono depositi sedimentari a grana variabile da fine a grossolana, in cui risultano abbon-danti minerali quali quarzo, feldspati e miche. Queste rocce si rivelano molto interessanti per i Geologi, poiché mo-strano in questi settori un’estesa di-stribuzione ed un’ottima continuità di affioramento. Tali caratteristiche con-sentono di seguire progressivamente e con continuità tutte le loro variazioni strutturali e composizionali, nonchè i rapporti con le altre litologie con cui si trovano a diretto contatto (foto X e Y Monte Zatta - Belmonte). Le Arenarie sono costituite da livelli e strati di po-tenza piuttosto variabile, solitamente metrica, di colorazione grigia con sot-tili bande nerastre, per i frequenti livel-li a composizione argillitica presenti al loro interno. In differenti affioramen-ti presenti lungo i versanti del Monte Zatta si possono osservare bellissime strutture sedimentarie come, ad esem-pio, laminazioni ondulate, incrociate e convolute, originatesi in seguito ad una successione di eventi deposiziona-li piuttosto discontinua nel tempo. Le osservazioni effettuate dai ricercatori hanno dimostrato che le Arenarie del Monte Zatta risultano chiaramente e nettamente delimitate da rocce di tipo argillitico sia superiormente che infe-riormente.

ARENARIA

ParticolaritàIl Macigno – Le Arenarie che costitu-iscono questa formazione geologica, affiorante abbondantemente lungo la costa litoranea di Rio Maggiore nelle Cinque Terre in provincia di La Spe-zia (fotografia XY), rappresentano una particolare sequenza torbiditica di conoide sottomarina, originatasi tra l’Oligocene superiore ed il Miocene inferiore (circa tra 20-30 milioni di anni fa). Sono costituite da alternanze ritmiche di strati quarzoso-feldspatici (Arcose) e strati prevalentemente mi-cacei (Grovacche). Risultano alquanto frequenti intervalli siltoso-marnosi di spessore centimetrico. Al loro interno sono molto frequenti e facilmente ri-conoscibili strutture sedimentarie che si sono formate in ambiente marino in seguito all’azione delle correnti di torbida, come per esempio lamina-zioni incrociate, ondulate e convolute (fotografia XY) e che possono essere facilmente riconoscibili anche sempli-cemente ad occhio nudo.Le ‘Quarziti di Ponte di Nava’ – Que-ste particolari arenarie di età triassi-ca (circa 240Ma) affiorano piuttosto estesamente lungo le Alpi Marittime e, principalmente, nel tratto di costa compreso fra Noli e Loano, nel savo-nese, dove costituiscono alte e ripide falesie a picco sul mare (foto XY). Le Quarziti sono una varietà di Arenarie che mostrano una composizione mi-neralogica omogenea, rappresentata quasi interamente da quarzo (> 90% in volume) ed una grana alquan-to grossolana. La loro colorazione è grigio-biancastra, anche se, talvolta, presentano delle delicate sfumature verdoline o violacee per la presenza al loro interno di piccole percentuali di fillosillicati di origine secondaria, come ad esempio la clorite, oppure sot-tili orizzonti di Peliti. Queste singola-ri litologie rappresentano il prodotto di antichi depositi sedimentari molto

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ARENARIA

maturi e fortemente rimaneggiati, che, secondo le ricostruzioni geologiche, si sono formati molto probabilmente in un ambiente di spiaggia durante fasi di avanzamento del mare, avvenute all’inizio dell’era Mesozoica (circa 260 milioni di anni). Le Quarziti risultano debolmente metamorfosate dalla tetto-nica alpina e si rivelano prive di resti fossiliferi.Le Filliti di S.Giustina ed i giacimen-ti fossiliferi di Sassello – ‘Filliti’ è un termine acquisito dalla nomenclatura geologica tedesca che contraddistingue particolari rocce sedimentarie argillo-se, che hanno subito un lieve metamor-fismo; molto spesso, però, questo termi-ne viene anche utilizzato per indicare fossili vegetali. Le Filliti risultano alquanto abbondanti in alcune rocce sedimentarie diffuse nell’entroterra di Albisola (Sv), in particolare nella zona di S.Giustina. Queste particolari rocce ricoprono dal punto di vista geologico una notevole importanza, in quanto caratterizzate, appunto, dall’abbon-dante presenza di fossili. Proprio nella località di Santa Giustina (sito gestito dal Geoparco del Beigua) (fotografia XY) e nelle rocce sedimentarie nei din-torni di Sassello (Sv) è stata scavata, nel tempo, la ricchissima collezione di fossili continentali e marini da parte dello studioso Perrando. Questi siti, infatti, risultano tra i più significati-vi ed abbondanti giacimenti fossiliferi oligocenici dell’Italia nord-occidentale; infatti, i numerosi reperti fossili rinve-nuti ( foglie, tronchi di albero, coralli, foraminiferi, alghe e molluschi) (foto-grafia X e Y) hanno permesso di data-re con precisione queste rocce a circa 30 milioni di anni fa e di ipotizzarne una formazione in un antico ambiente di tipo tropicale.

La Lignite di Cadibona (Sv) – In quest’area del ponente ligure, all’inter-no delle Arenarie e di altre rocce sedi-

mentarie (Conglomerati e Marne) che poggiano direttamente sul substrato cristallino costituito da Gneiss, sono presenti numerosi livelli di Lignite, un carbon-fossile di colore nero. Dal punto di vista geologico, i depositi di Lignite sono testimoni di bacini continentali prevalentemente di tipo lacustre e pa-ludoso, all’interno dei quali, in Ligu-ria, sono stati rinvenuti importanti resti fossili perfettamente preservati che hanno permesso di datarli all’Oli-gocene (circa 30 milioni di anni fa). Il più importante reperto fossile è rappre-sentato sicuramente dall’Anthracotht-rium (foto XY), un preistorico mam-mifero erbivoro delle dimensioni di un ippopotamo, che viveva in antichi am-bienti lacustri e paludosi. In passato, i depositi di Lignite, principalmente quelli di Cadibona (Sv), sono stati ab-bondantemente sfruttati per l’estrazio-ne di questo particolare carbon-fossile attraverso la realizzazione di miniere, dismesse nel secondo dopoguerra.

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arena-

ria di Riomaggiore (SP).

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Classificazione:Le Arenarie sono rocce sedimentarie costituite da sabbie litificate, con clasti di dimensioni comprese tra 1/16mm e 2mm. I granuli che le compongono sono rappresentati prevalentemente da quarzo, feldspati e miche, oppure da frammenti litici, cioè da piccoli pezzet-ti di altre rocce. Analogamente ai Con-glomerati, anche i clasti delle Arenarie sono legati tra loro da una matrice co-stituita da granuli di dimensioni infe-riori oppure da un cemento molto fine, formatosi dalla precipitazione diretta di minerali in soluzioni sovrassature in silice o calcite. La diversa natura dei clasti e della matrice determinano nel-le Arenarie singolari variazioni croma-tiche, con colori che possono oscillare

dal grigio, al giallo, al verde, al rosso o al bruno. Nelle successioni geologiche, gli studi tessiturali, composizionali e giaciturali di queste rocce hanno rico-perto sempre una notevole importan-za, poiché queste rocce permettono di capire il rapporto tra minerali stabili (di difficile alterazione come per esem-pio quarzo e feldspati) (Arenaria ma-tura), e minerali instabili (facilmente alterabili come per esempio le miche) (Arenaria meno matura). Le Arenarie sono rocce sedimentarie ‘più mature’ dei Conglomerati, in quanto i loro cla-sti risultano maggiormente elaborati, mostrando dimensioni e composizioni più omogenee e bordi alquanto arro-tondati. Risultano generalmente ben stratificate e, spesso, al loro interno appare evidente una progressiva dimi-nuzione della granulometria dei clasti passando dal basso verso l’alto del me-desimo strato (fotografia XY). Sono caratterizzate di frequente da inter-calazioni limose ed argillitiche. Nello schema qui sotto riportato (fig. XY), è stata ridisegnata una delle più impor-tanti schematizzazioni (classificazione secondo Pettijohn) per la classificazio-ne delle Arenarie tra le innumerevoli proposte fino ad oggi dai geologi sedi-mentari. Le Arenarie si suddividono in

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arena-

ria di Riomaggiore (SP).

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arenaria di Riomaggiore (SP).

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arena-

ria di Riomaggiore (SP).

Strutture di flusso ed onde fossili in un’Arena-

ria di Riomaggiore (SP).

Schema:Categoria roccia sedimentariaTipo roccia clasticaMinerali principali

quarzo, feldspato, calcite, miche, clorite

Minerali accessori ossidi, solfuri

Tessituraclastica con granuli di dimensioni tra 1/16mm e 2mm in matrice

Colore variabile e distribuito in modo irregolare

Principali varietà

arcose, grovacca, quarzoarenite

Ambiente di formazione

conoidi alluvionali, depositi fluviali, correnti di torbida sottomarine, piattaforma continentale

ARENARIA

due categorie principali: le cosiddette Arcose, che contengono circa il 25% di granuli feldspatici, oltre a minerali quali quarzo, biotite e muscovite, gene-rate dalla sedimentazione diretta di materiale di origine granitica o gneissica, dopo un breve trasporto, e le Grovac-che, Arenarie meno mature per composizione e struttura, dove i differenti elementi di quarzo, feldspato, miche e frammen-ti di altre rocce sono immersi in una matrice detritica (oltre il 70%). Le Quarziti sono una particolare varietà di Arenarie, rappresentate da rocce molto compatte e costituite per più del 90% da quarzo di origine detritica. Si segnala come le Arenarie, in generale,

ARENARIA

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CEMENTO o MATRICEMatrice

detritica tra 15% e 75%

Matrice detritica tra 0% e 15% (interstizi vuoti o riempiti da cemento

di precipitazione chimica)

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Feldspati > frammenti di roccia

Grovacche feldspatiche

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frammenti di roccia > Feldspati

Grovacche litiche

Subarenarie ProtoquarzitiOrtoquarziti con

selce >5%

% elementi stabili (quarzo)

generalmente <75%

<75% 75% < > 95% > 95%

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mantello terrestre, con successiva par-ziale ‘contaminazione’ delle rocce della crosta continentale sovrastante che at-traversavano i fusi magmatici durante la risalita verso la superficie. Queste rocce, che si presentano spesso molto foliate, derivano probabilmente anche da prodotti piroclastici, generati in se-guito ad eruzioni vulcaniche, che han-no subito anche un successivo ridotto rimaneggiamento sedimentario. Tutto il ciclo vulcanico, avvenuto in alcuni li-mitati settori della Liguria verso la fine dell’era paleozoica, è successivamente ricoperto da potenti sedimenti detri-tici continentali, rappresentati dalla formazione geologica del ‘Verrucano’ (vedi particolarità scheda Arenarie).

Distribuzione e localizzazione:I Porfidi e le rocce di tipo ignimbritico presenti lungo il territorio ligure sono presenti esclusivamente nel suo set-tore occidentale, prevalentemente nella provincia di Savona. Interessanti affioramenti si possono osservare in provincia di Savona, ad esempio lungo spaccati stradali presenti lungo la stra-da provinciale SP490 che raggiunge il Colle del Melogno, salendo da Finale Ligure, dove i Porfidi si trovano spesso associati a rocce di tipo sedimentario. Altre masse ignimbritiche (Rioliti) di

spessore alquanto moderato si possono invece osservare nei dintorni del lago di Osiglia (Sv), dove rappresentano antiche colate laviche poco estese con spessori compresi tra 400 e 550m e chiamate geologicamente con il nome di ‘Porfidi di Osiglia’. Altri affioramenti facilmente accessibili in cui si possono incontrare ed osservare queste rocce si trovano lungo la strada compresa tra Murialdo e Calizzano (Sv), all’altezza della passerella sul Torrente Bormida, dove risultano associate ad altre li-tologie metamorfiche. Particolari Me-tarioliti a tessitura ignimbritica che affiorano raramente nel ponente ligure sono conosciute con il nome formazio-nale di “Metarioliti di Case Lisetto”.

Particolare di un’anfibolite foliata, affiorante nell’entroterra di Savona Particolare di un affioramento di Porfido, affio-

rante nell’entroterra savonese.

IGNIMBRITE E PORFIDOIGNIMBRITE E PORFIDO

Schema:

Categoriaroccia piroclastica ed ipoabissale

Minerali principali

quarzo, feldspato alcalino, feldspatoidi, clorite, fengite

Minerali accessori sericite, biotite, vetro

Tessituragranulare, massiccia, porfirica

Coloregrigio, bruno, rossastro - violaceo

Principali varietà ------------------------------

Ambiente di formazione

eruzioni vulcaniche, nubi ardenti

Classificazione:L’Ignimbrite, il cui nome deriva dal latino ‘ignis’ (fuoco) ed ‘imber’ (piog-gia), cioè ‘roccia ardente proveniente da una nube di polvere’, è una partico-lare roccia mista effusiva e piroclastica, legata ad eventi magmatici. Si forma in seguito ad eruzioni vulcaniche a com-posizione prevalentemente acida (sili-ce minore del 50%) e mostra splendi-de variazioni cromatiche dal grigio al rosso–violaceo, prevalentemente nelle litologie che sono state interessate da successivi processi di alterazione ed ossidazione. Queste singolari rocce vulcaniche sono costituite da minerali di dimensioni variabili (fenocristalli) di quarzo, feldspato alcalino (sanidi-no ed albite), biotite e, in alcuni casi, feldspatoidi, immersi in una matrice

più fine costituita prevalentemente da parti vetrose e da frammenti vulcanici. La grana delle fasi mineralogiche che compongono queste rocce è alquanto variabile, anche se normalmente risul-ta medio–fine (fotografia XY). I feno-cristalli si possono presentare allunga-ti e con caratteristiche forme ovali, in seguito a meccanismi di formazione e messa in posto della roccia. Le Ignim-briti, talvolta, possono contenere al loro interno frammenti ellittici di colo-re rosso scuro a composizione vetrosa, chiamati ‘fiamme’ e derivati da bran-delli di lave pomicee.

Origine:Gli episodi vulcanici che avvengono nel settore ligure in epoca tardo-pale-ozoica (Carbonifero-Permiano, circa 300 milioni di anni fa), danno origine ad imponenti effusioni acide (ricche in silice) e principalmente a carattere ignimbritico, sottoforma di colate e filoni, a composizione ‘granitica’ (da riolitica a riodacitica) con prodotti la-vici subordinati (Porfidi del Melogno). I ricercatori hanno stabilito che que-sto vulcanismo può essere compatibile sia per processi di fusione della crosta continentale (a composizione granuli-tica ed anfibolitica), sia per fusione del

Particolare di un affioramento di Porfido,

affiorante nell’entroterra savonese.

Particolare di un affioramento di Porfido,

affiorante nell’entroterra savonese.

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Descrizione di un affioramento-tipo I Porfidi di Osiglia – Affiorano al-quanto estesamente nei dintorni di Osiglia, in provincia di Savona, località facilmente raggiungibile percorrendo la strada provinciale che sale da Finale Ligure verso il passo del Melogno. In particolare, i Porfidi affiorano in corri-spondenza della parte più settentrio-nale del lago (AGGIUNGERE foto-grafia LAGO OSIGLIA XY), dove ri-sultano a stretto contatto tettonico con rocce di tipo metamorfico, derivanti da antichi sedimenti, che risultano dispo-sti al di sopra. Sono rocce vulcaniche e piroclastiche a composizione riolitica, che presentano di frequente singolari colorazioni verdastre per la presenza del minerale sericite. In queste aree, i Porfidi mostrano un aspetto compatto e massiccio e tessiture magmatiche ab-bastanza ben preservate. I fenocristalli costituenti sono rappre-sentati da quarzo, feldspati potassici con percentuali minori di plagioclasio e clorite, circondati da una matrice vetrosa di colore scuro. Queste rocce, principalmente le facies piroclastiche, presentano frequentemente al loro interno inclusi di dimensioni variabili di Peliti metamorfiche di colore nero (Filladi) e fiamme vulcaniche di colore rossastro, che conferiscono a queste li-

IGNIMBRITE E PORFIDO

tologie delle splendide sfumature cro-matiche.

Particolarità La formazione di Eze – Questa parti-colare formazione geologica che affiora in maniera discontinua in provincia di Savona, è costituita da rocce mag-matiche (Andesiti effusive ed ipoabis-sali), parzialmente metamorfosate in condizioni di scisti verdi (fotografia XY – Vigo). Queste rocce magmatiche a composizione acida, che vengono identificate dal punto di vista geolo-gico con il nome ‘Formazione di Eze’, sono state volutamente inserite nelle particolarità di questa scheda, poichè risultano molto spesso associate ed in-terdigitate con i Porfidi del Melogno. Mostrano una colorazione variabile dal verde (nei livelli maggiormente massici) al rosso (nei corpi più alterati ed ossidati) e sono costituite da fenocri-stalli feldspatici, talvolta osservabili anche semplicemente ad occhio nudo. Nonostante un margine di incertezza, i Geologi ritengono che le rocce apparte-nenti alla formazione delle ‘Andesiti di Eze’ risultino il prodotto di un’intensa attività vulcanica, che ebbe origine in questi settori della nostra regione verso la fine del Paleozoico (circa 280 milio-ni di anni fa).

Migmatite in un affioramento in provincia di

Savona.

Migmatite in un affioramento in provincia di

Savona.

Migmatite in un affioramento in provincia di

Savona.

Schema:

Categoriaroccia magmatica - metamorfica

Sottocategoria roccia anatetticaRoccia originaria

granito, anfibolite, gneiss, pelite

Minerali principali

quarzo, feldspato potassico, plagioclasio, biotite, anfibolo

Minerali accessori

magnetite, zircone, apatite, muscovite, cordierite, sillimanite, andalusite, epidoto, granato

Tessitura occhiadina, scistosa listata

Colore bianco, nero, grigio

Principali varietà

embrechite, agmatite, arterite, nebulite

Ambiente di formazione

aree di basamento in crosta continentale

MIGMATITE

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Classificazione:La Migmatite (dal greco μ   = mescolanza) è una roccia alquanto sin-golare, poiché può essere considerata una litologia ‘mista’, composta da par-ti magmatiche, a composizione acida (neosoma), e da parti metamorfiche di chimismo intermedio o leggermen-te basico, solitamente compatibili con condizioni di facies anfibolitica o gra-nulitica (paleosoma) (fotografia XY - Scambelluri). Tale peculiarità confe-risce a queste rocce particolari croma-tismi, definiti dal contrasto delle aree magmatiche di colore bianco chiaro, che risultano frammiste ed interdigita-te in modo eterogeneo a quelle meta-morfiche di colore più scuro. Neosoma e paleosoma possono formare strutture a bande (stromatitiche), variamente ri-piegate e contorte, ed i cui contatti pos-sono essere più o meno netti e sfumati, fino a rendere quasi irriconoscibile il limite tra esse. Dal momento che ne-osoma e paleosoma mostrano dimen-sioni variabili da centimetriche a mul-timetriche, queste rocce risultano più facilmente distinguibili e riconoscibili osservandole direttamente in un affio-ramento sul terreno, piuttosto che su un singolo campione a mano. Le Mig-

matiti sono caratterizzate da numerose strutture e tessiture, alcune delle quali consentono di distinguere e classificare queste rocce; in particolare: Agmatite (Migmatite iniettata in vene e frattu-

Particolare di un affioramento di Porfido, affiorante nell’entroterra savonese.