Popolo Bronzo

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«Q an ch ri zo se ve ch ch Q sc b m b ar re U n d ta O b m st ti la su m le su le va sa q p re ch d ci D ri O l’ n q u cu ti tu p d A ze tu ta to d tr • 54 In apertura, bronzetto nuragico risalente al 1000 a.C. Il Popolo di Bronzo di Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti e- di n- to ) Le statuette di bronzo della civiltà nuragica costituiscono modelli dei costumi e delle tradizioni di un popolo, considerato da sempre mi- sterioso. Ne parla un’artista sarda, autrice di un testo dedicato agli antichi abitanti della Sardegna ed esperta nella ricostruzione del lo- ro abbigliamento ARCHEOLOGIA MISTERIOSA

Transcript of Popolo Bronzo

Page 1: Popolo Bronzo

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In apertura,bronzetto nuragico risalente al1000 a.C.

Il Popolodi Bronzo

di Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti

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Le statuette di bronzo della civiltà nuragica costituiscono modelli deicostumi e delle tradizioni di un popolo, considerato da sempre mi-sterioso. Ne parla un’artista sarda, autrice di un testo dedicato agliantichi abitanti della Sardegna ed esperta nella ricostruzione del lo-ro abbigliamento

ARCHEOLOGIA MISTERIOSA

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«Quando vidi per la prima volta i bronzetti sardi eroancora una bambina; erano custoditi al Museo “vec-chio”, quello del Taramelli. Gli oggetti che m’incu-riosivano di più erano tutte quelle statuette di bron-zo, quasi ammucchiate le une vicino alle altre. Le os-servavo con molta attenzione... osservavo i loro beivestiti e fantasticavo su quelle piccole persone; sì, per-chè le vedevo come persone tramutate in bronzo dachissà quale funesto incantesimo».

Q uell’incantesimo sembra rompersi nel2005, quando viene edito per la primavolta Il popolo di Bronzo (casa editriceCondaghes), una singolare raccolta di

schede illustrate, attraverso le quali 100bronzetti sardi riprendono vita, grazie allaminuziosa descrizione illustrativa di quellabambina , divenuta una valente poliedricaartista: Angela Demontis. «Volevo restitui-re dignità ai miei Antichi Antenati.Un’impresa mai tentata prima da nessu-no!», frutto di una dura e faticosa ricerca,durante la quale l’autrice si è sempre senti-ta accompagnata dal Popolo di Bronzo.Ogni piccolo, preziosissimo dettaglio deibronzetti esaminati è stato ricostruito conmaniacale precisione, poiché, come giu-stamente sottolineato dalla Demon-tis, se la scrittura era sconosciuta nel-la civiltà nuragica, è pur vero che isuoi mirabili artigiani hanno tra-mandato ai posteri un insostituibi-le patrimonio di notizie scolpitesulle statuette. «Bisogna solo capir-le e saperle leggere» afferma la bra-va pittrice, disegnatrice e modellistasarda, con la speranza che proprioquesto suo originale lavoro riesca aportare «tutti i lettori e, in particola-re, i Sardi a vedere finalmente con oc-chi diversi il piccolo grande popolo custo-dito nei nostri musei», speranza che fac-ciamo anche nostra incontrando AngelaDemontis, per commentare alcune delle minuziosericostruzioni presenti nelle 100 schede del suo libro.

Osvaldo Carigi e Stefania Tavanti: Iniziamo conl’occuparci dei guerrieri mascherati da te defi-niti, facenti parte di quei «loschi figuri conquattro braccia e quattro occhi, che presentanoun armamento guerresco davvero unico». Unacuriosità: è soltanto un caso che i sei bronzet-ti presenti nel libro provengano tutti dal san-tuario nuragico di Abini, Teti (NUORO), oproprio in questa zona si sviluppò l’adozionedella “singolare attrezzatura” in questione?Angela Demontis: «Forse non è un caso che i bron-zetti con quattro occhi e quattro braccia provenganotutti da Abìni. Può darsi che gli artigiani rappresen-tassero un tipo di personaggio epico, un loro antena-to famoso, che aveva compiuto grandi gesta e che in-dossava un “mascheramento orrido da guerra”. Untravestimento talmente “potente” da incutere terrore

nel nemico, che faceva sembrare il guerriero comeuna specie di terrificante divinità aliena. Può anchedarsi che la tecnica del mascheramento orrido fossetipica dei guerrieri di quella particolare zona dellaSardegna».

O.C. e S.T.: Il guerriero mascherato con quattroocchi e quattro braccia è senz’altro il più famosobronzetto sardo, ispiratore, persino, di ipotesi ex-traterrestre, «per spiegare la sua attrezzatura dop-pia», ma anche i suoi grandi immancabili occhi e,soprattutto, quelle che sembrano, a giudicare dal-la loro forma, delle lunghe antenne, tipiche dicerta iconografia aliena.

A.D.: «Quando in archeologia ci si imbatte inqualche reperto singolare, che non si riesce a in-quadrare facilmente, gli “pseudo-studiosi” quasisempre colgono occasione per bollarlo come“extraterrestre”. Allora erano extraterrestri an-che i guerrieri Samurai, mascherati, le cui ar-mature simulavano demoni con corazze e an-tenne da insetto (coleottero corazzato), oppu-re i guerrieri Celti (i Picti), che avevano il cor-po tinto di blu per far paura al nemico. Se-condo me il nostro bronzetto iperantropicorappresenta un guerriero con “singolare” at-

trezzatura; ma potrebbe essere anche laraffigurazione di un danzatore che rievo-cava gesta divine, come fanno ancora og-

gi i danzatori indù quando inscenano leloro leggende, impersonando le divi-nità dai molti volti e molte braccia.Notare, inoltre, che questo bronzet-to, come tanti altri, è scalzo: un ex-traterrestre supertecnologico andavain giro senza scarpe?».

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Al centro,Guerriero conquattro occhi equattro braccia(Sculture dellaSardegna Nura-gica, G. Lilliu);in basso, sche-ma relativo al-l’armatura delGuerriero conquattro occhi equattro braccia(©Angela De-montis).

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O.C. e S.T.: Non èscalzo, invece, unguerriero con aipiedi un paio disandali, la cuisuola poteva es-

sere realizzata insughero. Ma il

bronzetto in que-stione presenta un’al-

tra peculiarità: più di al-tri ti ha fatto pensare aiMirmidoni (myrme-

cos=formica) diAchille, anche

se per un altroguerriero, an-ch’esso presen-

te nel tuo li-bro, ti sei

chiesta se questi non raffi-guri proprio uno dei pre-detti leggendari combat-tenti, nominati da Ome-ro nell’Iliade e da Ovi-dio nelle Metamorfosi.A.D.: «Sono rare le sta-tuette nuragiche che in-dossano i sandali, le cal-zature erano costose inantichità... forse questo si-gnore si è fatto ritrarre co-sì per millantare la sua“ricchezza”. I guerrieri po-tevano essere anche vanito-si! Questo personaggio èuno di quelli in cui sipuò iniziare a notareuna prima “evoluzio-ne” dell’impalcaturache sorregge le dop-pie armi. Special-mente visto da die-tro si vede che nonporta l’impalcaturasulle spalle come al-tri, ma le braccia fintesbucano direttamentedalle maniche insieme aquelle vere. Il suo volto equello dei successiviguerrieri, mi ha fattopensare ai Mirmidoni,perché l’elmo porta lecorna divergenti, chesembrano antenne dainsetto. Inoltre, alcu-ne specie di formi-che hanno, ben visi-bili sulla testa, due“ocelli” che, visti in-

sieme agli occhi veri,fanno sembrare l’in-setto con 4 occhi!Proprio Ovidio narrala leggenda delle for-miche di Egìna, tra-mutate da Zeus interribili guerrieri, for-se un modo poeticoper tramandare il ri-cordo del “maschera-mento orrido da

guerra simil-formica”?».

O.C. e S.T.: Uno deiguerrieri facente partedei cosiddetti “bastona-tori” è tra questi sicura-mente il più intrigante,per la presenza diun’arma che non puònon ricordare, nellaforma, il boomerangaustraliano, anche se,

come giustamenteda te sottolineato,questo bastone da

lancio «non era concepito perritornare indietro se mancava ilbersaglio». Nelle sue tante va-rianti, l’arma in questione sem-bra essere una delle prove dicontatti della civiltà nuragicacon l’Antico Egitto, a comincia-re da un episodio mitologicoche vede protagonista il dioSeth, passando per l’affrescodella Tomba del faraone Ame-nemhat, per finire a quantonarrato in antiche cronache egi-zie.A.D.: «Sembrerà strano, ma unadelle armi più esibite dai bron-zetti-guerrieri è proprio il basto-ne. Bastoni, stocchi, “manganelli”ricavati dal legno, materiale soli-do, economico e di facile reperi-mento in natura. I bastoni pote-vano essere di forma dritta rego-lare o “angolati”, in questo casospecifico l’oggetto impugnato dalnostro personaggio rassomiglia aibastoni da lancio egizi chiamatiAmat. Mi sono accorta che in un

AIL POPOLO DI BRONZO

In alto a sinistra,ricostruzione a

colori delGuerriero di Uta

(©AngelaDemontis).

I disegni a coloripresenti

nell’articolo sonoun’esclusiva che

Angela Demontisha concesso a

FENIX.In alto a destra,

schemaillustrativo

dell’armatura delGuerriero con

mazza da lancio(©Angela

Demontis).In basso,statuina

chiamataGuerriero con

mazza da lancio(Sculture della

SardegnaNuragica, G.

Lilliu).

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In alto a sinistra,ricostruzione dellaDonna di Teti concappello da strega(©AngelaDemontis).In alto a destra,la statuinachiamata Donnadi Teti (Sculturedella SardegnaNuragica, G.Lilliu).In basso,Angela Demontiscon lericostruzioni delCapotribù di Uta edella Sciamana diTeti (Mandas2008, ©AngelaDemontis).

affresco tombale di Amenemhat (XII dinastia), tra levarie scene di allenamento di truppe, vi sono raffi-gurati un paio di personaggi di pelle chiara (e bar-ba) che impugnano questi bastoni angolati. Il ba-stone da lancio poteva avere diverse forme a “S”, a“V”, più o meno angolata, ed erano sempre dotatidi manico. Il manico li rendeva sbilanciati e quan-do erano lanciati per colpire il bersaglio, non tor-navano indietro come fa il boomerang. Il fatto cheun bronzetto sardo impugni un’arma solo “appa-rentemente” egiziana non deve stupire, la Sardegnaè un’isola al centro del Mediterraneo, il mare piùtrafficato dell’antichità... si viaggiava moltissimo, esi-steva già l’emigrazione e gli scambi commerciali era-no intensi, quindi venivano diffuse e condivise lemerci, le armi, la tecnologia, ecc.»

O.C. e S.T.: La donna di Teti con abito minoicoricorda appunto le celebri Dee o Sacerdotessedei Serpenti (circa 1600 a.C.), statuette femmini-li in ceramica, ritrovate nel palazzo di Cnosso, aCreta: elementi accomunanti sono il turbantecon fascia decorata, la lunga gonna a balze, la cor-ta giacca aderente che lascia scoperto il seno.Quali ipotesi potrebbe spiegare una tale incredi-bile somiglianza tra il costume delle donne sardee quello delle donne cretesi?A.D.: «Si sa, ormai da molto tempo, che antica-mente tra Sardegna e mondo minoico-miceneo esi-stevano contatti culturali. Nella nostra isola sonostati ritrovati tantissimi frammenti di ceramica mice-nea; addirittura sotto le “fondamenta” di alcuni nu-

raghi (come nel bellissimo nuraghe Arrùbiu di Or-roli) sono stati rinvenuti cocci di questotipo e pare che questa fosse una usanzadi buon augurio... come per “benedire”

la costruzione. È molto probabileche ci fossero imparentamenti di-retti o che intere famiglie migras-sero da un’isola all’altra: a Creta è

stata trovata ceramica nuragica.Quindi, con le persone, migrava an-che la “moda” e non deve stupire chelo schema di vestiario femminile mi-

noico-miceneo si sia instauratostabilmente in Sardegna, fino adarrivare addirittura ai giorni no-stri praticamente intatto. Ledonne col seno scoperto le ri-troviamo ritratte a Creta (Deedei serpenti), negli affreschi delpalazzo miceneo di Tirinto e inquelli della Casa delle Donne diAkrotiri (Santorini). I costumifemminili sardi odierni riporta-

no ancora le antiche geometrie ei ricami simbolici, le gonne sovrap-

poste o a balze, le corte giacche e glisplendidi bustini: gli antichi reggiseno! Molto pro-babilmente la camicia è arrivata con la nuova reli-gione, il Cristianesimo, che tendeva a coprire il seno,simbolo troppo potente dell’antichissimo e radicatomatriarcato».

O.C. e S.T.: Un bronzetto femminile presentaun copricapo davvero singolare, che richiama al-la mente il classico cappello appuntito delle stre-ghe. Lo stesso modello viene ancora oggi usato

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ARCHEOLOGIA MISTERIOSA

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Page 5: Popolo Bronzo

In alto a sinistra,Sacerdote orantecon acconciaturalunare (Sculturedella Sardegna

Nuragica, G.Lilliu).

In alto a destra,spiegazioneschematica

dell’abbigliamentoe dell’acconciatura

del Sacerdoteorante (©Angela

Demontis).

dalle donne ye-menite di etniaHadramaut eTihama che, in-

credibilmente,indossano anche un lungo abi-to con mantello e velo, esatta-mente come il nostro bronzet-to. Le similitudini però non fi-niscono qui: questa volta an-diamo nella zona desertica delTaklamakan, in Cina, dove so-no state rinvenute mummie di4.000 anni fa…A.D.: «Questo è uno dei bron-zetti ai quali sono più affezionata.Rappresenta un valido esempiodella strepitosa eleganza femmi-nile nella Sardegna del IX secoloa.C. Inoltre la signora sorride, haun’espressione tenerissima im-pressa sul suo piccolo volto bron-zeo. L’abito è composto da duevesti sovrapposte, quella di sotto

si nota per la balza sporgente plis-settata, la tunica superiore a tubi-no rende la figura molto elegante.Il mantello, poi, è ampio, con l’in-tero lato superiore decorato dafrange o nappe. I capelli acconcia-ti in pieno “stile mediterraneo”,cioè con le ciocche ritorte (nontrecce) esattamente come i minoi-ci, micenei, greci, etruschi. Il pez-zo forte è lo stupefacente cappel-lo da “strega” che, col suo apiceallungato, dona un’aria misteriosaalla signora. Stranamente lo stes-so tipo di cappello, realizzato convegetali intrecciati, è rimasto nellatradizione yemenita di alcune et-nie, queste sfuggenti donne (diffi-cilissime da fotografare) sembra-no le fotocopie del nostro bron-zetto. Dalle fonti storiche si sache anticamente esistevano inten-si scambi commerciali tra l’esoti-co Yemen, l’antico Egitto e la ter-

ra di Palestina: ce lo rac-contano le varie spedi-zioni egiziane a caccia diincenso nella mitica ter-ra di Punt e lo racconta-no le storie sulla reginadi Saba e il re Salomone.Con gli scambi commer-ciali “viaggiava” di tutto:la tecnologia come lamoda, probabilmentequesto tipo di copricapocon apice allungato, dif-fusamente usato nel Me-diterraneo (basti vederequelli utilizzati in Gre-cia e Beozia da uomini edonne, o quelli etruschi)sono forse arrivati finnello Yemen... o vicever-sa. Oppure ci può essereun’altra spiegazione: ilcappello della mummiadel Taklamakan, moltosimile nella forma aquello del bronzetto, èrealizzato in feltro esat-tamente come i cappellida “strega” tipici dellezone celtiche del Nord-europa. Infatti, la mum-mia “cinese” aveva i ca-pelli biondi ed era alta1,80m... pare che facesseparte di un gruppo fami-gliare originario dell’O-vest-europa, migrato nel

Taklamakan forse per motivicommerciali. Il suo cappello apunta la classifica come “sciama-na”, rispecchiando il significatosimbolico di questo oggetto; danotare che nell’iconografia nordi-ca sono proprio i maghi e le stre-ghe a portare il cappello a punta.Quindi, forse, anche nel mondonuragico le sciamane indossavanoquesto tipo di copricapo che in-dicava il “mestiere” praticato?».

O.C. e S.T.: Parliamo adessodella donna di Selèni. Questaha, come caratteristica princi-pale, un alto collare ad anelliche le cinge il collo, visibilmen-te allungato, e che si estendeverso il basso fino a ricoprirle ilpetto. La deformazione del col-lo è probabilmente dovuta al-l’accessorio. Quella di allungareil collo è un’usanza tuttora in

IL POPOLO DI BRONZO

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sota

ci-llin-deil

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vigore in alcune etnie birmane,ma se ne parla anche nell’Anti-co Testamento... A.D.: «Apparentemente sembraproprio che indossi un collare adanelli, ma in realtà è un oggettopiù complesso. Infatti questo col-lare rigato cinge il collo e poi sisviluppa verso il basso, fino a co-prire il petto della signora nuragi-ca, lateralmente ha i bordi ripie-gati. Nella parte posteriore delcollo si nota che il collare è chiu-so da un insieme di legature chesi incrociano, quindi poteva esse-re slegato e perciò non era fisso.Poteva essere realizzato in metal-lo ma anche in cuoio e, oltre adessere decorativo, doveva assume-re un significato simbolico. L’u-sanza di portare alti collari era molto diffusa nelmondo antico e si trova riprodotta in diverse sta-tuette, come quelle sumere della Dea Bau (II mil-lennio a.C.) o in quella fenicia di divinità con testaleonina ritrovata a Thinissut (III sec.a.C.). L’usanzadel collare deformante è giunta intatta sino ai nostrigiorni, basta vedere le famose donne “giraffa” birma-ne e thailandesi. Il collare in realtà non allunga ve-ramente il collo, ma deforma e abbassa le clavicole,dando così la sensazione ottica che il collo sia piùlungo. Persino molti bronzetti nuragici maschili, iguerrieri, indossano degli alti collari, che però servi-vano a proteggere la gola durante le battaglie... alcu-ni comunque sono collari molto alti, come quello diun guerriero conservato al Museo di Sassari. NelVecchio Testamento viene descritta una popolazio-ne preisraelita, insediata a Nord di Hebron, che eracaratterizzata proprio dal collo allungato: venivanochiamati Anakim, che in origine significava “dal col-lo lungo” o “popolo dal collo (o collana)”, e descrit-ti come uomini molto alti. Sempre tornando al fat-to che nell’antichità si viaggiava più di quanto sipensi ora, possono essere tante le spiegazioni delperché certi “monili” fossero usati da varie popola-zioni, apparentemente non collegate tra loro. Po-trebbe darsi persino che i personaggi con alto colla-re ritratti nei bronzetti siano proprio quella popola-zione chiamata Anakim (che è un soprannome...) in-sediatasi nell’antica Palestina. Forse un avampostonuragico...».

O.C. e S.T.: Il bronzetto con “acconciatura luna-re” - forse uno sciamano o una sciamana - è sen-za dubbio il più intrigante. Si è addirittura ipo-tizzato che il bizzarro copricapo discoidale, fis-sato sulla sua testa, possa essere un “marchinge-gno tecnologico” alimentato da celle fotovoltai-che disposte sul mantello, che, in realtà, è costi-tuito da semplici rettangoli di stoffa o pelle cu-citi insieme. Per altri invece si tratterebbe di untamburo cerimoniale, sebbene, come tu stessa

puntualizzi, è difficile pensareche qualcuno «tenga a farsivenire il mal di testa, suonan-do un tamburo posto diretta-mente sul cranio»! Qual è latua ipotesi circa lo strano co-pricapo, che, indubbiamente,ricorda la simbologia di alcu-ne divinità solari e lunari del-l’antico Egitto? A.D.: «Questo personaggio è si-curamente uno dei più bizzarridella produzione bronzisticanuragica. Secondo me, lo stranoaggeggio, che porta disinvolta-mente sulla testa, altro non èche una spettacolare, elaborata,acconciatura. Ricordiamoci chele acconciature particolari, che anoi uomini moderni sembrano

“bizzarre”, erano un’usanza diffusissima nell’anti-chità, ancora oggi molte popolazioni indossano stra-nissimi copricapo o acconciature che servono anchea identificare le etnie o il personaggio che le porta.Sono dei simboli identificativi, come i costumi ingenerale. Basta vedere le donne di certe etnie inMongolia e Cina, che raccolgono i capelli in formeassurde, modellandoli come se avessero delle enor-mi appendici ai lati della testa (acconciature riporta-te persino negli episodi di Star Wars!). Anche gli uo-mini possono avere i capelli raccolti in maniera biz-zarra, come si può vedere nelle bellissime statue-sol-dato del famoso esercito di terracotta in Cina o co-me certi indù che formano una crocchia raccoltasulla fronte e la ricoprono con stoffe variopinte... intal modo sembra che abbiano un enorme bozzosulla testa. Quindi, il nostro bronzetto, a mio pare-

ARCHEOLOGIA MISTERIOSAIn alto,la copertina dellibro di AngelaDemontis.In basso,.l’autrice conbandoliera epugnalenuragico.

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re, rappresenta un personaggio(donna? uomo?) con i capelli rac-colti, nascosti sotto un copricapocon elemento discoidale frontalee con il tutto fasciato da una stof-fa probabilmente variopinta. Illembo frontale della stoffa si arro-tola, dando lo spessore giusto percingere meglio il volto ed essere,infine, fissato sotto il mento. Po-steriormente, la stoffa, tirata e tesasull’elemento discoidale, viene

raggruppata e fissata da anelli so-vrapposti, dando così l’idea di un“tubo” verticale. Qualcuno invececrede ancora che ci si trovi difronte a un oggetto tecnologico opersino a un casco extraterrestre!È facile e fa vendere bene, l’idea-re teorie vedendo oggetti tecno-logici ovunque nell’antichità, an-ziché pensare a soluzioni piùsemplici e ovvie, la normalità non

paga. Con questa tecnica si puòdire qualunque cosa non verifica-bile: allora, forse, anche i favolosicopricapo piumati dei Maya edegli Aztechi (che giravano in cia-batte e a malapena erano dotatidi mutande...) in realtà possonoessere visti come “caschi spazia-li”… e le donne medievali forseavevano davvero la testa a formadi cono allungato!».

IL POPOLO DI BRONZO

Chi sono gli autoriOsvaldo Carigi - Nato a Roma nel 1953,

collabora con AdrianoForgione da Maggio 2007.Pubblica regolarmente suFENIX e saltuariamentesu NEXUS e la spagnolaMAS ALLA’. Da Maggio2009 lavora in coppia conStefania Tavanti.

Stefania Tavanti - Natanel 1966 a Firenze, lavoranel campo dell’editoriadal 1995. Appassionatada sempre di archeologia,pubblica incollaborazione conOsvaldo Carigi sulleriviste FENIX, MASALLA’ e NEXUS.

Chi è Angela DemontisNata nel 1968, figlia di una scultrice e di unpittore, si diploma al Liceo Artistico di Cagliari,dove coltiva la grande passione per l’arte e per lastoria antica. Lavora ormai da vent’annirealizzando numerose opere, che spaziano dallaritrattistica al disegno scientifico, dai modelli aigrandi pannelli dipinti. Collabora per diversianni con Musei Naturalistici come disegnatrice scientifica. Nel2005 pubblica la ricerca sui costumi nuragici dal titolo Il popolodi Bronzo (casa editrice Condaghes). In occasione dellamanifestazione Nuragus-Telethon 2008 le viene conferito ilpremio “Donna di Nuragus 2008” per aver saputo valorizzare lacultura sarda con la sua pubblicazione. Dal 2007 al 2009 lavora alsuo progetto di ricostruzione di alcuni costumi nuragici e realizzauna grande mostra itinerante, sotto l’egida della Provincia diCagliari, con 10 manichini e 16 pannelli esplicativi, un connubiotra archeologia sperimentale e arte. I manichini sono abbigliati concostumi, armi e attrezzi a grandezza naturale, ricostruiti con imateriali e le tecniche di lavorazione usate dagli antichi sardi. Lamostra verrà ospitata, da Aprile 2010 per due mesi, al MuseoArcheologico di Cagliari, per poi itinerare nel resto della Sardegna.