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INTRODUZIONE ALL’UMANESIMO 1. PETRARCA

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INTRODUZIONE ALL’UMANESIMO

1. PETRARCA

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FRANCESCO PETRARCA (AREZZO 1304-ARQUÀ 1374)

• Fondatore dell’Umanesimo

• Centralità nella storia della cultura italiana ed europea

• Posizione di confine interna ed esterna all’Umanesimo (pioniere)

Bologna

Carpentras

Monpellier

Lombez

Gand, Aquisgrana, Liegi

1336

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PETRARCA POETA ET HISTORICUS

Progetti classicisti: - Prestigio della Roma classica- Auctoritas dell’antichità come percorso

universale e antimunicipale

Le Opere storia (esemplare, celebrativa) ed epica (rifondazione epica con al centro la Roma antica)De viris illustribusAfricaRerum memorandarum libri

Gli eventi1341 Consacrazione pubblica e riconoscimentoL’incoronazione come poeta in CampidoglioRoma:- Si contrappone a Parigi (sede della filosofia

scolastica)- Coinvolge personalità politiche come Roberto

d’Angiò, re di Napoli e la famiglia Colonna

1347 Sostegno alla rapida parabola di Cola di Rienzo (1313-1354), salutato come nuovo tribuno romanoAllontanamento dai Colonna.

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CHE COSA SI INTENDE PER ROMA CHE COSA SI INTENDE PER ITALIA

Latino e volgare

- Il suo orizzonte costituito dai colti di tutta l’Italia e di tutta l’Europa, raggiungibili grazie al latino (ma non con il volgare)- Incarna il prototipo dell’intellettuale umanista cosmopolita, a suo agio in ogni corte italiana ed europea che gli assicuri autonomia finanziaria e, nei limiti della situazione e del proprio prestigio, anche intellettuale.

Il mito di Roma

La Roma antica (di cui quella a lui contemporanea continua ad essere comunque il simbolo) è il nuovo centro intorno al quale ruota la rifondazione della nuova cultura, pensata come universale.Il primato italiano si fonda sul passato glorioso di Roma imperiale.

L’Italia dunque…

Non è un’entità politico-territoriale

È il simbolo del desiderio di recupero della passata grandezza, sulla quale rifondare e rilanciare un nuovo modello culturale

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PETRARCA, «ITALIA MIA…»1344-45

IItalia mia1, benché ’l parlar sia indarnoa le piaghe mortaliche nel bel corpo tuo sì spesse veggio,piacemi almen che’ miei sospir’ sian qualispera ’l Tevero et l’Arno,e ’l Po, dove doglioso et grave or seggio.Rettor del cielo, io cheggioche la pietà che Ti condusse in terraTi volga al Tuo dilecto almo paese.Vedi, Segnor cortese,di che lievi cagion’ che crudel guerra;e i cor’, che ’ndura et serraMarte superbo et fero,apri Tu, Padre, e ’ntenerisci et snoda;ivi fa che ’l Tuo vero,qual io mi sia, per la mia lingua s’oda.

VINon è questo ’l terren ch’i’ toccai pria?Non è questo il mio nidoove nudrito fui s’ dolcemente?Non è questa la patria in ch’io mi fido,madre benigna et pia,che copre l’un et l’altro mio parente?Perdio, questo la mentetalor vi mova, et con pietà guardatele lagrime del popol doloroso,che sol da voi riposodopo Dio spera; et pur che voi mostriatesegno alcun di pietate, vertù contra furoreprenderà l’arme, et fia ’l combatter corto:ché l’antiquo valorene gli italici cor’ non è anchor morto.

IIAi signori d’Italia, contro l’impiego delle “pellegrine spade”, cioè di truppe mercenarieCompare la coppia verde terreno-sangueIIIAlpi schermo alla tedesca rabbiaCoesistenza di Italici (mansuete gregge) e Germanici (fiere selvagge)Memoria di Mario (che beve il sangue dei nemici)

IVCesare (erbe sanguigne), nostro ferro; “vostre voglie divise”

VLatin sangue gentile vs popolazioni germaniche

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PETRARCA, «ITALIA MIA…»1344-45

IItalia mia, benché ’l parlar sia indarnoa le piaghe mortaliche nel bel corpo tuo sì spesse veggio,piacemi almen che’ miei sospir’ sianqualispera ’l Tevero et l’Arno,e ’l Po, dove doglioso et grave or seggio.Rettor del cielo, io cheggioche la pietà che Ti condusse in terraTi volga al Tuo dilecto almo paese.Vedi, Segnor cortese,di che lievi cagion’ che crudel guerra;e i cor’, che ’ndura et serraMarte superbo et fero,apri Tu, Padre, e ’ntenerisci et snoda;ivi fa che ’l Tuo vero,qual io mi sia, per la mia lingua s’oda.

VINon è questo ’l terren ch’i’ toccai pria?Non è questo il mio nidoove nudrito fui s’ dolcemente?Non è questa la patria in ch’io mi fido,madre benigna et pia,che copre l’un et l’altro mio parente?Perdio, questo la mentetalor vi mova, et con pietà guardatele lagrime del popol doloroso,che sol da voi riposodopo Dio spera; et pur che voi mostriatesegno alcun di pietate, vertù contra furoreprenderà l’arme, et fia ’l combatter corto:ché l’antiquo valorene gli italici cor’ non è anchor morto.

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PETRARCA, «ITALIA MIA…»1344-45

VIISignor’, mirate come ’l tempo vola,et sì come la vitafugge, et la morte n’è sovra le spalle.Voi siete or qui; pensate a la partita:ché l’alma ignuda et solaconven ch’arrive a quel dubbioso calle.Al passar questa vallepiacciavi porre giù l’odio et lo sdegno,vènti contrari a la vita serena;et quel che ’n altrui penatempo si spende, in qualche acto più degnoo di mano o d’ingegno,in qualche bella lode,

in qualche honesto studio si converta:cos’ qua giù si gode,et la strada del ciel si trova aperta.Canzone, io t’ammoniscoche tua ragion cortesemente dica,perché fra gente altera ir ti convene,et le voglie son pienegià de l’usanza pessima et antica,del ver sempre nemica.Proverai tua venturafra’ magnanimi pochi a chi ’l ben piace.Di’ lor: – Chi m’assicura?I’ vo gridando: Pace, pace, pace. –

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PETRARCA, EPISTOLE METRICE, III 24

• L’Epistola III 24, Ad Italiam: Nella primavera del 1353 Petrarca lasciava Avignone, passava le Alpi e rientrava in Italia. Dall’alto del Monginevra salutava commosso l’Italia.

• L’Epistola ricorda Virgilio, Georgiche II 172 e segg., “Salve magna parens frugumSaturnia tellus, /magna virum: tibi res antiquae laudis et artis/ ingredior, sanctosausus recludere fontes/ Aescreumque cano Romana per oppida carmen” (‘Salve gran madre di biade, terra sacra a Saturno, genitrice di eroi: osando aprire fonti santificate, per te accedo a nozioni di antica arte e gloria, e per le città romane canto un carme ascreo [= campestre, da Ascra, patria di Esiodo])

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PETRARCA, EPISTOLE METRICE, III 24

Salve, terra santissima e cara a Dio, salve, terra ai buoni sicura,tremenda ai malvagi, terra più nobile di ogni altra e più fertile e piùbella, cinta dal duplice mare, famosa per le Alpi gloriose, venerandaper gloria d’armi e di sacre leggi, dimora delle Muse, ricca di tesorie d’eroi, che degna d’ogni più alto favore resero concordi l’arte e lanatura e fecero maestra al mondo! A te pieno di desiderio dopotanto tempo io ritorno per non lasciarti mai più. Tu alla mia vitadarai grato riposo e alfine mi concederai nel tuo seno tanta terraquanta ne ricoprano le mie fredde membra. Pieno di gioia io ticontemplo o Italia dall’alto frondoso Monginevra. Rimangono allemie spalle le nubi e un vento soave mi colpisce la fronte, , mentrel’aria, salendo con moto leggero mi accoglie. Riconosco la miapatria e glorioso la saluto: Salve mia bella madre, salve o gloria delmondoPetrarca, Rime, Trionfi, e poesie latine, a cura di F. Neri, G. Martellotti,E. Bianchi, N. Sapegno, Ricciardi,Milano-Napoli 1951, pp. 804-05

Salve, cara Deo tellus sanctissima, salvetellus tuta bonis, tellus metuenda superbis,tellus nobilibus multum generosior oris,fertilior cuntis, terra formosior omni,cincta mari gemino, famoso splendida monte,armorum legumque eadem veneranda sacrarumPyeridumque domus auroque opulenta virisque,cuius ad eximios ars et natura favoresincubuere simul mundoque dedere magistram.Ad te nunc cupide post tempora longa revertorincola perpetuus: tu diversiora vitegrata dabis fesse, tu quantam pallida tandemmembra tegant prestabis humum. Te letus ab altoItaliam video frondentis colle Gebenne.Nubila post tergum remanent; ferit ora serenusspiritus et blandis assurgens motibus aerexcipit. Agnosco patriam gaudensque saluto:Salve, pulcra parens, terrarum gloria, salve.

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Salve, terra santissima e cara a Dio, salve, terra ai buonisicura, tremenda ai malvagi, terra più nobile di ogni altra epiù fertile e più bella, cinta dal duplice mare, famosa perle Alpi gloriose, veneranda per gloria d’armi e di sacreleggi, dimora delle Muse, ricca di tesori e d’eroi, chedegna d’ogni più alto favore resero concordi l’arte e lanatura e fecero maestra al mondo! A te pieno didesiderio dopo tanto tempo io ritorno per non lasciartimai più. Tu alla mia vita darai grato riposo e alfine miconcederai nel tuo seno tanta terra quanta ne ricopranole mie fredde membra. Pieno di gioia io ti contemplo oItalia dall’alto frondoso Monginevra. Rimangono alle miespalle le nubi e un vento soave mi colpisce la fronte, ,mentre l’aria, salendo con moto leggero mi accoglie.Riconosco la mia patria e glorioso la saluto: Salve miabella madre, salve o gloria del mondo

Salve, cara Deo tellus sanctissima, salvetellus tuta bonis, tellus metuenda superbis,tellus nobilibus multum generosior oris,fertilior cuntis, terra formosior omni,cincta mari gemino, famoso splendida monte,armorum legumque eadem veneranda sacrarumPyeridumque domus auroque opulenta virisque,cuius ad eximios ars et natura favoresincubuere simul mundoque dedere magistram.Ad te nunc cupide post tempora longa revertorincola perpetuus: tu diversiora vitegrata dabis fesse, tu quantam pallida tandemmembra tegant prestabis humum. Te letus ab altoItaliam video frondentis colle Gebenne.Nubila post tergum remanent; ferit ora serenusspiritus et blandis assurgens motibus aerexcipit. Agnosco patriam gaudensque saluto:Salve, pulcra parens, terrarum gloria, salve.

Salve, terra santissima e cara a Dio, salve, terra ai buonisicura, tremenda ai malvagi, terra più nobile di ogni altra epiù fertile e più bella, cinta dal duplice mare, famosa perle Alpi gloriose, veneranda per gloria d’armi e di sacreleggi, dimora delle Muse, ricca di tesori e d’eroi, chedegna d’ogni più alto favore resero concordi l’arte e lanatura e fecero maestra al mondo! A te pieno didesiderio dopo tanto tempo io ritorno per non lasciartimai più. Tu alla mia vita darai grato riposo e alfine miconcederai nel tuo seno tanta terra quanta ne ricopranole mie fredde membra. Pieno di gioia io ti contemplo oItalia dall’alto frondoso Monginevra. Rimangono alle miespalle le nubi e un vento soave mi colpisce la fronte, ,mentre l’aria, salendo con moto leggero mi accoglie.Riconosco la mia patria e glorioso la saluto: Salve miabella madre, salve o gloria del mondo

Salve, cara Deo tellus sanctissima, salvetellus tuta bonis, tellus metuenda superbis,tellus nobilibus multum generosior oris,fertilior cuntis, terra formosior omni,cincta mari gemino, famoso splendida monte,armorum legumque eadem veneranda sacrarumPyeridumque domus auroque opulenta virisque,cuius ad eximios ars et natura favoresincubuere simul mundoque dedere magistram.Ad te nunc cupide post tempora longa revertorincola perpetuus: tu diversiora vitegrata dabis fesse, tu quantam pallida tandemmembra tegant prestabis humum. Te letus ab altoItaliam video frondentis colle Gebenne.Nubila post tergum remanent; ferit ora serenusspiritus et blandis assurgens motibus aerexcipit. Agnosco patriam gaudensque saluto:Salve, pulcra parens, terrarum gloria, salve.

PETRARCA, EPYSTOLAE, III 24PETRARCA, EPISTOLE METRICE, III 24

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DE SUI IPSIUS ET MULTORUM IGNORANTIA(1367-1371)

• Risposta al giudizio di quattro aristotelici veneziani, che definivano Petrarca uomo ignorante ma buono (“breve diffinitivam hanc tulere [sententiam] me sine literis virumbonum”, De ignorantia par. 32)

• Il nome dei quattro aristotelici contendenti non viene riportato nel De ignorantia, ma ne abbiamo notizia dalle postille che accompagnano il testo in due codici (Marciano C VI 86 e Palatino Parmense 29); il più famoso è l’aristotelico Guido da Bagnolo

• Dedica a Donato Albanzani (Pratovecchio 1328-Ferrara 1404), precettore di Niccolò III d’Este, maestro a Ravenna e Venezia, ottiene a Ferrara importanti incarichi di cancelleria

Notizie

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DE SUI IPSIUS ET MULTORUM IGNORANTIA(1367-1371)

Per molti la cultura letteraria è strumento di superbia, a meno che non vada a capitare, ma è raro, in qualche anima buona e bene educata. Ecco che c’è quello che sa un sacco di cose sulle belve e sugli uccelli, sui pesci; sa qualti peli il leone ha in testa, e quante piume l’avvoltoio ha sulla coda e con quanti tentacoli il polpo imprigiona il naufrago […] Ma tutte queste cose sono in gran parte false, come s’è visto in molti casi di tal genere quando li si è avuti sott’occhio qui da noi, e comunque quelli che ce le raccontano non le hanno certo verificate: piuttosto, visto che qui non esistono, le hanno credute con più facilità, o le hanno inventate con più spudoratezza. Ma infine, fossero anche vere, non avrebbero nulla a che fare con la nostra felicità. A che cosa serve, io domando, conoscere la natura delle belve e degli uccelli, e dei pescie e dei serpenti, e ignorare e trascurare la nostra natura di uomini, e lo scopo per il quale siamo nati, e dove siamo diretti? (De suis ipsius et multorum ignorantia, a cura di E. fenzi, Mursia, Milano, 1999. trad. del curatore; pp. 24-25)

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DE SUI IPSIUS ET MULTORUM IGNORANTIA(1367-1371)

Mi ascoltino tutti gli aristotelici […] ascoltino tutti quelli che stanno in Italia e in Francia e nella litigiosaParigi, e nel petulante vico degli Strami [roue de Fouarre, dove si trovava la facoltà di artes]. Credo di averletto tutti i libri di morale di Aristotele, alcuni li ho anche sentiti esporre, e pareva persino che ne capissiqualcosa, prima che si scoprisse tutta questa mia ignoranza. Ebbene, tornando a guardare in me stesso, puòdarsi che per merito loro io mi sono trovato un po’ più erudito, ma non reso migliore, come invecesarebbe dovuto succedere, ed ho spesso deplorato dentro di me, e qualche volta anche con altri, che nonsi realizzasse nei fatti quello che l’autore stesso premette al primo libro dell’Etica, e cioè che questa partedella filosofia va imparata non per saperne di più, ma per diventare buoni. Vedo, certo, che egli definisceassai bene che cosa sia la virtù, e che la suddivide e la discute con acutezza, così come fa con tutti glielementi che appartengono da una parte al vizio e dall’altra alla virtù. E quando ho imparato tutto questo,so qualcosa di più di quello che sapevo già: ma il mio animo è rimasto tale a quello di prima, e identica èrimasta la volontà, e infine identico sono rimasto io stesso. Una cosa, infatti, è sapere, e un’altra è amare;una cosa l’intendere e l’altra il volere. Aristotele spiega che cosa sia la virtù, non lo nego. Ma la lettura deisuoi libri non offre (o ne offre in misura assai ridotta) quegli stimoli, quelle parole di fuoco che infiammanoe incalzano il cuore ad amare la virtù e ad odiare il vizio. Chi li cerca, li troverà negli autori nostri, inCicerone e Seneca, soprattutto, e (qualcuno se ne meraviglierà) in Orazio, poeta dallo stile difficile ma daicontenuti piacevolissimi.A che serve sapere che cos’è la virtùà, se una volta conosciuta non la si ama?

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INTRODUZIONE ALL’UMANESIMO

II. FIRENZE

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FINE XIV-XV SECOLO:• ridefinizione della propria identità politica, riorganizzazione, a livello

interno , delle forme della gestione del potere e a livello esterno dellacostituzione di una entità statale autonoma.

• Lotta politica interna polarizzata: due gruppi: oligarchia municipale vsfamiglia Medici, banchieri

• Passaggio dalla rappresentanza sociale alla rappresentanza politica;«composizione autoritaria del dissenso» (Riccardo Fubini), gestito alivello informale dalla famiglia Medici (da Cosimo, 1434-64, da Piero(1464-69) e poi da Lorenzo 1469-92)

• Tradizione cittadina di “mecenatismo collettivo”: sono concessiincarichi amministrativi e di docenza presso lo Studio agli intellettuali

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

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“Le posizioni politiche si intrecciano con le preferenze culturali eimprimono un marchio fortemente politico all’umanesimo, che dasubito si distinse come un’avanguardia capace di far leva sul poterepolitico secolare per mettere in discussione i termini della culturatradizionale, non solo la filosofia scolastica, ma anche la culturamunicipale in volgare che a Firenze vantava di un’illustre tradizione.A progetto “statale” capeggiato dai Medici aderì il grosso delmovimento umanistico… e viceversa Cosimo trovònell’Umanesimo il sostegno ideologico e intellettuale ideale.”(Cappelli, L’umanesimo italiano..., p. 56)

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

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COLUCCIO SALUTATI STIGNANO (PISTOIA) 1331- FIRENZE 1406

E L’ELOGIO DELLA VITA ACTIVA

1375 nominato segretario della prima cancelleria

Prima della nomina scrive De vita associabili et operativa (perduto)

Epistolario: 1360 ca-1406

Platonicum, imo ipsius philosophie oraculum est, sapientibus necessariam causam essecapessende reipublice, ne improbis flagitiosisque civibus urbium relicta gubernacula pestem bonisac perniciem ferant… Laudat et extollit agriculturam Cicero, nec inepte: innocentissimum enimministerium est; ad privatos tamen privatim expectat. Diviniora autem sunt que pro multisfiunt.Dice Platone, anzi, è la filosofia stessa a insegnarlo, che i sapenti devono occuparsi dellostato perché i malvagi e i disonesti non s’impadroniscano del timone abbandonato, condanno e rovina dei buoni... Cicerone loda e celebra l’agricoltura, e giustamente: è infattionestissima occupazione, ma rivolta solo a interessi privati. Ben più alte sono le opere chegiovano a molti. (Salutati, Epistolario, a c. Di F. Novati, vol. II,Roma 1891, pp. 454-55)

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COLUCCIO SALUTATI STIGNANO (PISTOIA) 1331- FIRENZE 1406

E L’ELOGIO DELLA VITA ACTIVA

Epistolario: 1360 ca-1406

Scio diversos diversimodis etiam ad Deum ambulasse: hi secretam et solitariam viam eligunt,quales eremitas anachoretasque legimus, quales et cenobitas; nec ignoro multos negociosam etassociabilem secutos vitam etiam ad Dei gloriam pervenisse. […] Nam quamvis solitaria puteturtutior [solitaria via], non est tamen; et honeste et honesti vacare negociis, nisi sanctum, forte estsanctius quam solitarium ociari. Sancta quippe rusticitas solum sibi prodest, ut ille ait. Negociosavero sanctitas multos edificat, quia multis patet, pluresque secum ducit in celorum aditum, quiapluribus prebet exemplum.Io so che sono varie le vie per giungere al Signore: gli uni scelgono una vita segregata esolitaria, come si legge di eremiti, anacoreti, cenobiti; ma so bene che molti sono arrivatialla gloria celeste anche conducendo una vita attiva e socievole. […] Infatti, sebbene si siasoliti ritenere più sicura la vita solitaria, non per questo lo è davvero; occuparsionestamente di attività oneste, se non è santo, è tuttavia più santo che oziare in solitudine.Come dice San Girolamo, la santa rusticità giova solo a sé; un’attiva santità, invece, è diedificazione per molti, perché a molti si mostra; e molti guida per la via del cielo, perché amolti è d’esempio. (Salutati, Epistolario, vol. II, p. 453)

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COLUCCIO SALUTATI STIGNANO (PISTOIA) 1331- FIRENZE 1406

E LE FAVOLE ANTICHE

De laboribus Herculis- Appartiene agli ultimi anni della vita di Salutati e rimarrà incompiuta.- Si inserisce all’interno di una nuova polemica contro le lusinghe delle “favole” antiche e nella

disputa sulla poesia classica e la teologia degli antichi.- Salutati si schiera nettamente a favore delle favole antiche, anche in polemica con il dominicano

Giovanni Dominici, portavoce di posizioni conservatrici (condanna della realtà mondana).

Nesciunt hi magistrum suum Aristotilem non sprevisse sed allegasse poetas. Nesciunt et ipsum utsermocinali philosophie traderet complementum, de arte poetica singulari libro specialiter tractavisse.Non sanno, costoro, che il loro maestro Aristotele, anziché sprezzare i poeti, si richiamò alla lorotestimonianza. Ignorano che proprio lui, perché la filosofia sermocinale [logica, retorica] fossecompiuta, trattò specificatamente dell’arte poetica in una singola opera. (Salutati, De laboribusHerculis, a c. di B.L. Ullman, Zurigo 1951, vol. 1, p. 4.)NBSalutati rivendica di essere uno dei pochi a conoscere la Poetica di Aristotele (attraverso una versione latina di un commento di Averroè); qui oppone Aristotele agli aristotelici.

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COLUCCIO SALUTATI STIGNANO (PISTOIA) 1331- FIRENZE 1406 GLI SCRITTI POLITICI E LA LODE DI FIRENZE

De Tyranno (inizi XV secolo)Risponde alle domande di uno studente di diritto canonico Antonio di Aquila- Chi è il tiranno?- È lecito uccidere il tiranno? Dante

poneva a ragione Bruto e Cassio uccisori di Cesare all’inferno?

Risposte:- È tiranno chi usurpa il potere e/o governa

senza rispettare le leggi.- È lecito uccidere il tiranno che ha usurpato il

potere; non è lecito uccidere il sovrano legittimo, anche se governa ingiustamente.

NB vs posizione del repubblicano Leonardo Bruni

• 1397 Invectiva in Florentinos di Antonio Loschi, testo centrale di propaganda di Gian Galeazzo Visconti: qui il tema della florentina libertas è contrapposto al tema della pax italiana, in nome della quale il Visconti sosteneva la necessità di uno scontro militare.

• 1303-04 Salutati risponde con l’Invectiva in Antonium Luschum

Non credam Antonium Luschum meum, qui Florentiam vidit, nec aliquem alium, quisquis fuerit, siflorentinam viderit urbem istam, esse vere florem et electissimam Italiae portionem, nisi prorsusdecipiat, negaturum. Quaenam urbs, non in Italia solum, sed in universo terrarum orbe, estmoenibus tutior, superbior palatiis, ornatior templis, formosior aedificiis? […] Ubi mercaturamaior, varietate rerum copiosior, ingeniisque subtilioribus exercitatior? Ubinam viri clariores? …ubi Dantes? Ubi Petrarca? Ubi Boccatius? (Salutati, Invectiva in Antonium Luschum, in Prosatori latinidel Quattrocento, Milano-Napoli 1952, p. 34.)

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DUE FASI DELL’UMANESIMO FIORENTINO

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

1 Ultimi decenni del Trecento, fino alla morte di Cosimo de’ Medici (1389-1464)

2 Periodo laurenziano (1468-1492)Età diversa dalla precedente; Mario Martelli (1996): filtro degli anni Sessanta

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DUE FASI DELL’UMANESIMO FIORENTINO

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

1 Ultimi decenni del Trecento, fino alla morte di Cosimo de’ Medici (1389-1464)

- Cosimo uomo ricco e colto, potente banchiere, parte dell’oligarchia cittadina- L’appoggio degli intellettuali d’avanguardia (umanisti) sono cruciali nella sua

politica- Rapporto di amicizia e di clientela con i migliori umanisti fiorentini (Niccolò

Niccoli, Ambrogio Traversari)- Polarizzazione: il latino, il greco la filosofia, la teologia identificano la parte

medicea; il volgare e la poesia si definiscono come strumenti linguistici e culturali dell’oligarchia antimedicea

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DUE FASI DELL’UMANESIMO FIORENTINO

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

1 Ultimi decenni del Trecento, fino alla morte di Cosimo de’ Medici (1389-1464)

Il controllo della politica sulla culturaEpisodio 1: Francesco Filelfo (1398-1481)

Filelfo studia a Padova, è precettore privato a Venezia; diviene amico di Guarino Veronese e Vittorino da Feltre; come segretario del bailo (ambasciatore) veneziano a Costantinopoli e parte per questa città. Qui è allievo di Giovanni Crisolora, fratello di Manuele. Sposa Teodora, figlia di Crisolora. Arriva a Firenze dopo alcune peripezie nel 1428, voluto da Cosimo, Ambrogio Traversari, Leonardo Bruni.

1430-34 Filelfo è in rotta con gli umanisti fiorentini: in questo periodo copleta la traduzione della Retoricadi Aristotele; nell’anno 1431-32 è il primo umanista lettore di Dante allo Studio à si schiera con l’oligarchia contro la fazione medicea; operazioni di boicottaggio ai suoi danni (es. da Carlo Marsuppini, filomediceo)

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DUE FASI DELL’UMANESIMO FIORENTINO

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

1 Ultimi decenni del Trecento, fino alla morte di Cosimo de’ Medici (1389-1464)

Il controllo della politica sulla culturaEpisodio 1: Francesco Filelfo (1398-1481)

1431-32 All’inizio di una lezione a S. Maria del Fiore attacca Niccolò Niccoli; affronta alezione la lettura dell’Etica Nicomachea, che corrisponde a un’altra scelta di campo

A Firenze in molti cercano di allontanarlo con vari pretesti, fino all’attentato fallito chegli sfregiò il viso e che si dice avesse come mandante occulto Cosimo

7 settembre 1433 Cosimo e gli altri filomedicei vengono esiliati; Filelfo esulta e scrive una Satira contro i Medici6 ottobre 1434 Ritorno di Cosimo a Firenze, allontanamento dei contestatori; Filelfo si sposta a Siena…

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DUE FASI DELL’UMANESIMO FIORENTINO

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

1 Ultimi decenni del Trecento, fino alla morte di Cosimo de’ Medici (1389-1464)

Il controllo della politica sulla culturaEpisodio 2: Certame coronario (1441)Protagonista: Leon Battista Alberti (1404-1472), letterato e architetto, legato all’oligarchia

municipaleCERTAME CORONARIO gara di poesia volgare; tema l’amicizia. Intenti:- Celebrazione della tradizione poetica cittadina- (rivendicare i valori della oligarchia)- Amicizia à riferimento implicito alla necessità di consenso in politica

Ragioni del fallimento- Infiltrati dei Medici: Carlo Marsuppini dichiarò che la gara era andata deserta e la annullò- Gesto contrario alla politica culturale dei MediciAlberti dichiara che il tema di un eventuale altro certame sarebbe stato l’

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DUE FASI DELL’UMANESIMO FIORENTINO

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

1 Ultimi decenni del Trecento, fino alla morte di Cosimo de’ Medici (1389-1464)

Leonardo Bruni (Arezzo,1370ca- Firenze1444)Studia a Firenze, frequenta il circolo di Salutati, studia il greco1405 è a Roma al servizio della Curia papale (papa Innocenzo VII)1415 partecipa al Concilio di Costanza (con Giovanni XXIII pronto ad abdicare)1415 Ritorno a Firenze: traduce le Vite di Plutarco; due orazioni di Demostene e termina la Vita di Cicerone,

elogio della vita activa1427 viene nominato cancelliere dell Repubblica

Opere principali:- Laudatio florentine urbis- Dialogi ad Petrum Paulum Histrum- Traduzione latina dell’orazione Ad adolescentes

di San Basilio

NB Importanza del legame e dell’intesa con Salutati: cultura al servizio della collettività dei concittadini

Programma di rinnovamento profondo culturale e politico- Classicità greco-romana come modello fondamentale

di condotta e di valoro- rivendicazione dell vita activa- esaltazione dell’ideale repubblicano (Firenze)

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DUE FASI DELL’UMANESIMO FIORENTINO

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

1 Ultimi decenni del Trecento, fino alla morte di Cosimo de’ Medici (1389-1464)

Leonardo Bruni (Arezzo,1370ca- Firenze1444) – Laudatio florentine urbisComposta poco dopo il 1402 – Esaltazione di Firenze come città-stato – proposta di un modello

ideologico; modello: Panathenaicus di Elio AristideLegame funzionale tra le lettere e la historia, vita civile, ideologia e pensiero politico- Magnificentia (= egemonia politica e culturale)- Libertas (partecipazione collettiva alla vita politica; sovranità e autodeterminazione della città)- Modello: antica Roma repubblicana- Conclusione: equiparazione dell’autorità della città e del suo populus sovrano con quella regale à tentativo scoperto e ardito di rivendicazione della piena sovranità rispetto a qualunque potere, compreso l’Impero.

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FIRENZE: POLITICA E CULTURA

1 Ultimi decenni del Trecento, fino alla morte di Cosimo de’ Medici (1389-1464)

Leonardo Bruni (Arezzo,1370ca- Firenze1444) – Dialogi ad Petrum Paulum Histrum- Disputatio tra Bruni, Niccolò Niccoli, Roberto de’ Rossi e Coluccio SalutatiLibro 1 senso della forma-dialogo; discipline tradizionali dibattito sulle tre corone.Libro 2 si aggiunge Ser Piero di ser Minio, successore di Salutati al cancellierato: glorie patrie, dalla figura di Cesare alla tradizione repubblicana della città; si ricompone il dissidio sulle tre corone:Niccoli: «Tanto più i tre vati fiorentini erano da apprezzare, in quanto essi seppero emergere non già in virtù della scienza del loro tempo, ma suo malgrado »- ristrutturazione delle gerarchie del sapere e attacco alla scolastica

- Necessità di integrare la produzione classica in latino e greco con la gloriosa tradizionemunicipale e cittadina. à carattere « annessionistico » della strategia bruniana

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DUE FASI DELL’UMANESIMO FIORENTINO

FIRENZE: POLITICA E CULTURA

1 Ultimi decenni del Trecento, fino alla morte di Cosimo de’ Medici (1389-1464)

Leonardo Bruni (Arezzo,1370ca- Firenze1444) – Dialogi ad Petrum Paulum HistrumSu Aristotele

Ora, per Ercole io non dico questo per offendere Aristotele; e non sono in guerra con quel sapientissimo uomo, ma con la follia di costoro. Se fossero rei soltanto della colpa dell’ignoranza, essi non sarebbero certamente meritevoli di lode, sibbene, dati i tempi, di sopportazione; ma ora, dal momento che alla loro ignoranza è congiunta tanta arroganza da arrivare a chiamarsi e giudicarsi sapienti, chi potrebbe sopportarli di buon animo? Su costoro, o Coluccio, ecco la mia opinione: non credo che neppure riguardo alla più piccola questione conoscano bene Aristotele.

à Ricostruzione critica, dialogo con l’antichità vs accettazione passiva

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STUDI GRECI E TRANSLATIO STUDIORUM

Manuele Crisolora, disegno di anonimo italiano, sec. XV

Cosa c’era già:- Il dibattito intellettuale in Italia (es. poeti contro filosofi, Platone contro Aristotele) riflette urti e conflitti interni alla realtà bizantina- Tommaso d’Aquino nel 1260 si faceva tradurre dal greco aristotele e i suoi commentatori da un confratello (Guglielmo di Moerbeke)- Scambi continui e vasti tra il mondo greco e il mondo latino; movimenti di persone. - Aristotele era mediato per lo più dai commentatori latini e arabi: linguaggio filosofico stabile e

condiviso; gergo specialistico lontano dal latino classico (tecnico, con grecismi e neologismi)- È questa la base culturale nella quale Petrarca contrappone Platone e Aristotele

Cosa c’è di nuovo:- Proporzioni più vaste: sotto la pressione turca c’è una migrazione di dotti verso l’Europa- Studio della lingua greca, accesso a testi nuovi, di storia, poesia, filosofia. Accesso diretto a

testi già conosciuti

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MANUELE CRISOLORA IN ITALIA(Costantinopoli 1350ca-Costanza 1415)

• Erudito bizantino, al servizio dell’Imperatore

• Apparteneva al circolo dei dotti “filolatini” (per l’unificazione delle due chiese, occidentale e orientale per fini di stabilità politica dell’impero)

• Convinzione che esista un’unica civiltà occidentale, fondata sulla comune appartenenza alla matrice classica

• 1394 Crisolora inviato in Italia per ottenere aiuti contro l’avanzata dei Turchi (per la stessa ragione 1400 a Pavia, poi corti di Francia e Inghilterra)

• 1397 Il cancelliere Coluccio Salutati invita Crisolora a Firenze: inizio dei corsi di lingua greca, e di una scuola (scambio di informazioni, lavoro comune) che continuò anche dopo che Crisolora se ne era andato (anche Milano seguirà l’esempio di Firenze)

Manuele Crisolora, disegno di anonimo italiano, sec. XV

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MANUELE CRISOLORA A MILANO

• Si trattiene fino al 1403

• Svolge un’intensa attività diplomatica

• È affiancato da un gruppo di bizantini

• Lascia il segno nei gruppi dell’avanguardia umanistica tra Milano e Pavia

• Ha tra i suoi discepoli Umberto Decembrio, Antonio Loschi, Pier Paolo Vergerio

• Sostenuto da Gian Galeazzo Maria Sforza, traduce la Repubblica di Platone (in collaborazione con Decembrio) – in un momento in cui in Italia si confrontano diversi modelli politici, il modello signorile milanese, quello oligarchico-repubblicano di Firenze, quello aristocratico di Venezia

• Scrive gli Erotèmata, manualetto di grammatica greca

Manuele Crisolora, disegno di anonimo italiano, sec. XV

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MANUELE CRISOLORA A ROMA

• Si trattiene fino dal 1410

• Viene chiamato da papa Alessandro V

• Ritrova alcuni suoi antichi discepoli (per via della politica culturale della Curia, che inseriva molti intellettuali nell’amministrazione)

• Ha tra i suoi discepoli anche Cencio de’ Rustici, pioniere degli studi greci a Roma

• 1411 Scrive Synkrisis (Comparazione) tra Roma e Costantinopoli

• Al servizio della Curia va a Costanza, per seguire i lavori del Concilio ecumenico convocato per porre fine ai dissidi interni alla Chiesa (fine dello scisma d’Occidente).

• Muore a Costanza nel 1415 per un attacco di febbre

Manuele Crisolora, disegno di anonimo italiano, sec. XV

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MANUELE CRISOLORA, SYNKRISIS (1411)

• Prende la forma di un’epistola all’imperatore Manuele II

• Le due città imperiali affratellate da un legame genetico

• Rivendica la tradizione bizantina, minacciata dai Turchi

Manuele Crisolora, disegno di anonimo italiano, sec. XV

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MANUELE CRISOLORA, EROTEMATA

• Sono “domande e risposte” sulla lingua greca, che riassumono il sapere linguistico bizantino e semplificano le classi di parole e il sistema dei casi

• Enorme successo: 120 mss conosciuti, numerose stampe tra Quattrocento e Cinquecento

• Ne faevano uso i grandi pedagogisti del XV secolo, come Guarino Veronese

• Rivendica la tradizione bizantina, minacciata dai Turchi

Manuele Crisolora, disegno di anonimo italiano, sec. XV

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MANUELE CRISOLORA, VALUTAZIONE DELLA SUA FIGURA

Crisolora non fu solo il grammatico, il maestro, l’erudito, l’instancabile diplomatico: fu anche il ponte tra due culture, l’una delle quali destinata, nel breve volgere di qualche decennio, ad essere travolta. Crisolora era venuto in Italia con la speranza di procurare, diffondendo la conoscenza delle lettere greche, salvezza alla patria in agonia: non riuscì a scongiurare la catastrofe, ma creò tuttavia le condizioni perché Bisanzio, prossima alla inevitabile fine, trasfondesse il suo spirito nella cultura umanistica. (Rollo, Problemi e prospettive della ricerca su Manuele Crisolora, in Manuele Crisolora e il ritorno del greco in Occidente, Atti del Convegno internazionale, Napoli 26-29 giugno 1997, a c. di R. Maisano e A. Rollo, 1998, p. 85)

Manuele Crisolora, disegno di anonimo italiano, sec. XV

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CONCILIO DI BASILEA FERRARA-FIRENZE (1431-1445)

• Ultimo tentativo di unificazione della Chiesa romana

• Rafforzamento della chiesa latina

• Maggior interessa per il mondo greco

• Per gli intellettuali, desiderio di reformatio della Chiesa, attraverso il ritorno alle radici greche, una sapientia primigenia fondata sulle radici greche

NB: idea di un rinnovamento che parte da una più profonda conoscenza delle radici

Vicende del concilio1431 papa Martino V convoca un concilio a Basilea (applicazione di un del decreto Frequens del Concilio di Costanza che prevedeva riunioni periodiche)

Martino VNuovo papa dopo il Concilio di Costanza (1414-18)Paladino della ricostruzione dello stato pontificio; nel 1420 torna a Roma

1431 morte di papa Martino V, successione di Eugenio IV, papa di origine veneziana; e accordo tra Imperatore Giovanni VIII Paleologo e papa Eugenio IV; inizio del Concilio a Basilea. Obiettivo: aiuto militare contro i Turchi; unione della chiesa di Occidente e di Oriente; riforma della Chiesa riunificata.

1437 Il Concilio si sposta a Ferrara1439 il Concilio si sposta a Firenze

Oddone ColonnaPapa Martino V1417-1431

Gabriele CondulmerPapa Eugenio IV 1431-1447.

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CONCILIO DI BASILEA FERRARA-FIRENZE(1431-1445)

QUESTIONI PRINCIPALI IN GIOCO

PROBLEMI DOTTRINARI per l’unificazione delle Chiese di Oriente e di Occidente

Dottrina e processione dello Spirito Santo dal Padre al Figlio

Questione degli azimi nell’eucarestia

Dottrina del purgatorio

Dottrina del primato romano su tutta la Chiesa

1

2

3

4

APPOGGIO MILITARE dell’Occidente contro i Turchi

Sollecitata da Giovanni VIII Paleologo, imperatore d’Oriente dal 1425 al 1448

Nel 1339 a Firenze fu proclamata l’unione tra le Chiese e bandita una crociata contro i Turchi

UNIONE con le altre chiese scismatiche d’Oriente

Giacobiti di Siria e Mesopotamia, Armeni, Chiesa Caldea, Chiesa Maronita

Il concilio di Costanza aveva condannato al rogo Jan Hus, il movimento hussita dava grandi problemi all’Imperatore Sigismondo (1368-1437), promotore del concilio di Basilea

Controllo della Chiesa sulle eresie in Occidente

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CONCILIO DI BASILEA FERRARA-FIRENZE(1431-1445)

Tutti i problemi dottrinari furono affrontati da una prospettiva teologica, ma anche giuridica, politica, con strumenti di ricerca storici e filologici, in particolare sui sinodi antichi (Traversari).

Il concilio portò in Italia per più di 10 anni illustri intellettuali bizantini, a Venezia, a Ferrara, a Firenze

Altri protagonistiAmbrogio Traversari(1386-1439)Generale dell’ordine camaldolense; consigliere di Martino V e Eugenio IV; conoscente di Crisolora, grecista

Leonardo Bruni(1370-1444), dal 1405-15 segretario apostolico a Roma; dal 1427 cancelliere della repubblica fiorentina Il concilio poté giungere a termine

a Firenze grazie al finanziamento della famiglia Medici.

Cosimo dei Medici1389-1464All’epoca del concilio era da pochi anni tornato a Firenze (1434) in posizione egemonica

Ripercussioni politiche e culturali in Italia

Arricchimento del mondo intellettualeConfronto tra le élites culturali dei due mondiStimolo all’approfondimento della lingua e della cultura greca

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“Il processo di avvicinamento era cominciato… già al principio del secolo grazie a Crisolora, ma continuava ad essere imperfetta la conoscenza della poesia e della letteratura, nonché quella della filosofia... Il Concilio fu una tappa fondamentale in questo processo: il trauma dell’avanzata musulmana poneva l’Occidente nella necessità di definire un ambito culturale comune che riconoscesse la comune matrice greco-latina. L’umanesimo si prestava perfettamente a questo intento e lo dimostrò al Concilio, che se sul piano diplomatoco e religioso fu un fallimento, nel campo dell’alta cultura fu un successo di dimensioni storiche: lo possiamo paragonare a un gigantesco “congresso” di studi biblici e patristici nel segno della sintesi estrema e dell’alleanza fondativa della cultura occidentale alle soglie dell’era moderna.”, Cappelli, L’umanesimo italiano, p. 120

CONCILIO DI BASILEA FERRARA-FIRENZE (1431-1445)

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PIERO DELLA FRANCESCA BATTESIMO DI CRISTO

Piero della Francesca (1415-1492)Tempera su tavola, 167 x 116, National Gallery, LondraIntorno al 1445

Tela commissionata dall’Abbazia Camaldolense di San SepolcroAbrogioTraversari era priore dell’abbazia

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PIERO DELLA FRANCESCA BATTESIMO DI CRISTO