Polizia Penitenziaria - Aprile 2010 - n. 172

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Poste Italiane S.p.A. Sped. in A.P. DL n.353/03 conv. in Legge n.46/04 - art 1 comma 1 - Roma aut. n. 30051250-002 I vertici del Sappe riuniti ad Abano Terme

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Rivista ufficiale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

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La Copertina

Foto di gruppo dei partecipanti al XXI Consiglio Nazionale del Sappe

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L’EDITORIALE IL PULPITOConsiglio Nazionale: Subito nuove carceri!di Donato Capece

IL PULPITOMa a quanta gente interessa il carcere?di Giovanni B. De Blasis

L’OSSERVATORIO POLITICOFunzione rieducativa della penadi Giovanni Battista Durante

IL COMMENTOIl dramma dei suicidi in carceredi Roberto Martinelli

LO SPORTLo sport «d’evasione»a cura di Lalì

LE FIAMME AZZURRERetributivo, contributivo e mistoa cura di Lionello Pascone

SAPPEINFORMAI Vertici del Sappe riuniti ad Abano TermeXXI Consiglio Nazionale

Organo Ufficiale Nazionaledel S.A.P.Pe.Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria

ANNO XVIINumero 172Aprile 2010Direttore ResponsabileDonato [email protected]

Direttore EditorialeGiovanni Battista De Blasis [email protected]

Direttore OrganizzativoMoraldo Adolini

Capo RedattoreRoberto [email protected]

Comitato di RedazioneNicola Caserta Umberto Vitale

Redazione PoliticaGiovanni Battista Durante

Progetto Grafico e impaginazione © Mario Caputi (art director)

Direzione e Redazione CentraleVia Trionfale, 79/A 00136 Romatel. 06.3975901 r.a. fax 06.39733669

E-mail: [email protected] Sito Web: www.sappe.it

Le Segreterie Regionali del Sappe, sono sede delle Redazioni Regionalidi: “Polizia Penitenziaria - Società Giustizia & Sicurezza”

RegistrazioneTribunale di Roma n. 330 del 18.7.1994

StampaRomana Editrice s.r.l.Via dell’Enopolio, 3700030 S. Cesareo (Roma)

Finito di stampare:Aprile 2010

Questo Periodico è associato alla Unione Stampa Periodica Italiana

Il S.A.P.Pe. è il sindacato più rappresentativo del Corpo di Polizia Penitenziaria

Polizia Penitenziaria - SG&S n. 172 - aprile 2010

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Donato CapeceSegretario Generale Sappe

[email protected]

Direttore Responsabile

e il carcere è in larga misura destinato a raccogliere ildisagio sociale, è evidente come la società dei reclusinon possa che essere lo specchio della società degliuomini liberi. In altri termini, sembra che lo Stato badi

solo ad assicurare il contenimento all’interno delle strutturepenitenziarie.E’ giunta l’ora di ripensare la repressione penale mettendo daun lato i fatti ritenuti di un disvalore sociale di tale gravità daimporre una reazione dello Stato con la misura estrema che èil carcere, e dall’altro, anche mantenendo la rilevanza penale,indicare le condotte per le quali non è necessario il carcere(ipotizzando sanzioni diverse). E’ chiaro che una opzione diquesto tipo dovrebbe ridisegnare il sistema a partire dallenorme in materia di immigrazione e dalla individua-zione delle risorse per affrontare il tema delle di-pendenze e dei disturbi mentali fuori dal carcere.Nell’istituzione penitenziaria, e nei suoi operatori,occorre creare coesione istituzionale, coordina-mento tra le diverse istituzioni, per un operarecongiunto e mirato al contrasto della criminalità.Da tempo, sono state evidenziate reiteratamentedue caratteristiche, che costituiscono gli elementifondamentali della crisi del sistema penitenziario,vale a dire il sovraffollamento della popolazione de-tenuta e le carenze di organico del personale, cioèdue fattori inversamente proporzionali, difficili dacontrastare ma che, comunque, devono essere affrontati confermezza e con senso di responsabilità.Circa il primo aspetto, abbiamo l’adozione del braccialetto elet-tronico, facendo presente anche mediante la televisione gli in-genti oneri economici sostenuti dall’Amministrazione, da anni,in merito; ha rilevato l’importanza di ampliare le misure alter-native della pena, in modo da deflazionare le presenze in car-cere ed accrescere gli arresti domiciliari, la cui vigilanza econtrollo ben potrebbe essere affidata alla polizia penitenziaria,previo un incremento indispensabile di almeno 3.000 unità.Ultimamente è’ stata presentata ed è giacente presso la Com-missione Giustizia della Camera dei Deputati la proposta par-lamentare di creare una Direzione Generale del Corpo dipolizia penitenziaria, a cui attribuire effettivamente la gestioneistituzionale del Corpo.Il SAPPe è perfettamente consapevole delle urgenze operativedel Corpo e degli inconvenienti quotidiani che lo assillano: al-cune incongruenze è stato possibile superarle e codificarle insede di contratti collettivi e di Accordo Quadro Nazionale, peraltre occorre necessariamente la disponibilità dell’Amministra-zione se non quella del legislatore, del Parlamento, del Go-verno.

Nell’ambito del Piano carceri, approvato dal Consiglio dei Mi-nistri, abbiamo ribadito la necessità di un arruolamento imme-diato di almeno 2.000 unità, a fronte delle circa 6.000 unitàche mancano, significando, inoltre, di utilizzare strutture exmandamentali, che sarebbero già allestite e arredate ai fini diun proficuo utilizzo. In proposito, sono allo studio diverse ipo-tesi, al fine di consentire il reperimento urgente di 20.000 postidetentivi, da realizzare entro l’anno 2012. Il progetto del Mini-stro, da noi condiviso, prevede la costruzione di 17 nuovi istitutipenitenziari e la ristrutturazione di 47 padiglioni, che potreb-bero concretizzarsi in carceri galleggianti, composte di 320celle di 16 metri, da dividere in due, per un totale di 640 ri-stretti, alla stregua di esperienze poste in essere in altri Stati e

comprensive di aree accessorie per il tratta-mento e di zone operative.Chiaro è che tale ipotesi rappresenterebbe unasoluzione temporanea o quand’anche integra-tiva e sperimentale, un rimedio nelle more diinterventi edilizi consistenti e più tradizionali.Altro progetto riguarda un sistema modu-lare, vale a dire un edificio in acciaio, congrandi capacità di resistenza agli agenti at-mosferici, agli attacchi chimici o ad altriprocessi deteriorativi, che può essere so-praelevato senza particolari misure struttu-

rali e con costi competitivi e tempi diesecuzione estremamente rapidi. Si tratta di edifici con 600posti letto realizzati in quattro mesi, con un costo di circa 20milioni di euro.Non sono importanti misure preventive eclatanti, quello chedeve essere inalterato è l’esecuzione della pena, nelle formepreviste dall’ordinamento, per il periodo di tempo sentenziato,senza riduzioni nel tempo che vanificano ogni provvedimentopunitivo e non costituiscono né un risarcimento per la parte of-fesa né, tanto meno, un deterrente per la potenziale criminalità.La detenzione deve essere appunto rivisitata in una prospettivae in una direzione che guardi con un’ottica più leggera queireati che non destano allarme sociale, stabilendo, al contrario,procedure e pene più rigide quando ricorrano recidive o si trattidi reati particolarmente cruenti che colpiscono, per la dinamicae l’efferatezza, l’opinione pubblica. Infine, per quanto riguarda,in modo più specifico, la Polizia penitenziaria, sembra del tuttoinevitabile un provvedimento equiordinamentale di tutti i ruolie di tutte le qualifiche, all’interno dell’Amministrazione, se-condo una proiezione ed un raffronto inequivocabile con le car-riere del personale della Polizia di Stato: dopo la legge diriforma si sono realizzate macroscopiche differenze che nonhanno assolutamente ragion d’essere.

Consiglio Nazionale:subito nuove carceri!

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Giovanni Battista De BlasisSegretario Generale Aggiunto [email protected]

Direttore Editoriale

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Ma a quanta gente interessa la condizione delle carceri?

Al novanta per cento degli italiani non gliene frega niente

i recente è triste constatare che oramai non fa, quasi,più notizia parlare di carceri sovraffollate, degradate,da terzo mondo.Se ne è parlato talmente tanto da inflazionare (per

così dire) la notizia, da annoiare l’opinione pubblica fino alpunto da indurre l’uomo comune a rispondere «...chissene-frega di come si vive dentro il carcere, dopotutto quelli sonodelinquenti... chiudeteli dentro e buttate la chiave.»Sembra brutto, cinico e crudele dire queste cose, ma è la sa-crosanta verità.Il carcere, e le sue sofferenze, interessa soltanto chi - per scelta,per dovere o per condanna - viene a contatto con il suo mondo.Mi diceva, qualche tempo fa, un alto dirigente del Dap: «Quiin questo palazzo, abbiamo perso il senso della realtà. Pen-siamo che il carcere sia l’ombelico del mondo, che tuttal’Italia(politica, governo, stampa, opinione pubblica) siadisponibile ad ascoltarci e pronta ad aiutarci. Invece la ve-rità è che del carcere non frega niente a nessuno e noi siamoautoreferenziali ed emarginati dalla società.»Condivido, pienamente, la sua opinione.In realtà, basta soffermarsi, anche superficialmente, ad analiz-zare il fenomeno carcere dal punto di vista sociologico percomprendere come sia vero quanto affermato da quel dirigente.Quanta gente è interessata al carcere ?Proviamo a fare due rapidi calcoli.Le persone condannate o in custodia cautelare che entrano edescono dal carcere, nel corso dell’anno, sono (più o meno)centomila. Familiari, parenti ed amici, dovrebbero essere unamedia di tre ciascuno per un totale di trecentomila.Avvocati, Magistrati e personale dell’amministrazione giudizia-ria, diciamo centomila.Associazioni di volontariato, presumibilmente, diecimila. Altret-tanti diecimila tra insegnanti, religiosi, esperti e consulenti.Personale della Polizia Penitenziaria e personale civile contain totale meno di cinquantamila persone alle quali, ammesso enon concesso siano interessati, si possono aggiungere i fami-liari, per diventare potenzialmente duecentomila.Consideriamo, per eccesso, qualche altra decina di migliaia dipersone in qualche modo interessate, tra politica, locale e na-zionale, sanità, ditte esterne e altre figure.In totale, come possiamo vedere, si arriva ad assommare all’in-circa sette/ottocentomila persone.Ciò vale a dire, poco più dell’uno per cento del totale della po-polazione italiana.E il dato assume un valore ancor più significativo se confrontatocon quello di altri settori della società. Si pensi, ad esempio,alla scuola che interessa decine di milioni di persone, o alla sa-

nità che interessa - praticamente - tutti. E’ immediatamente evidente l’enorme predominanza numericarispetto al mondo penitenziario. E altrettanto si può dire dellasicurezza, dell’informazione, della politica, del turismo, dei tra-sporti e così via.Questa, seppur approssimativa, analisi dei numeri e delle per-centuali ci dimostra inconfutabilmente che quasi il novantanoveper cento della popolazione italiana è disinteressata al carcere e,probabilmente, non ne vuol nemmeno sentir parlare.Per altro verso, è pur vero che in nostro soccorso sopraggiungela solidarietà delle persone più sensibili (che, fortunatamente,non sono così poche) che si avvicinano alla realtà dell’esecuzionepenale soprattutto quando si verificano gli eventi più tragici.

Ma è altrettanto vero, purtroppo, che spesso e volentieri proprioqueste persone più sensibili alle difficoltà carcerarie sonoquelle che hanno minor potere decisionale per la risoluzionedei problemi e non possono far altro che esprimerci solidarietàe aiutarci a coinvolgere la restante opinione pubblica.E la questione finisce per avvolgersi sul suo stesso circolo vi-

zioso.Ovviamente, tutto ciò non significa affatto che siamo deputati asoccombere sotto le macerie di un sistema inevitabilmente de-stinato al collasso sociale e strutturale.Comunque, non soccomberemo senza combattere contro l’in-differenza della gente comune e contro l’autoreferenzialità deinostri dirigenti troppo spesso indaffarati a difendere la propriapoltrona situata negli ultimi piani delle loro torri d’avorio. Abbiamo disperatamente bisogno dell’aiuto della Casalinga diVoghera e del Commerciante di Benevento, ma abbiamoanche bisogno di un radicale rinnovamento della classe diri-gente dell’amministrazione penitenziaria, troppo sedimentatasul potere ed arroccata a difendere le proprie rendite di posi-zione. !

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Giovanni Battista DuranteSegretario Generale Aggiunto Sappe

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Responsabile redazione politica

Funzione riuducativadella pena, tutela

della collettività edelle vittime di reati

Intervento al seminario del 19 marzo 2010 al Comune di Bologna - 2ª parte (La prima parte è stata pubblicata sul n.171 di marzo 2010)

.4. Riorganizzazione del sistema e prospettivefuture

Partendo proprio da questo possiamo af-fermare che la pena detentiva, quindi, ilcarcere, svolge anche una funzione di si-curezza, isolando dalla società quei sog-getti che sono pericolosi, per un tempopiù o meno lungo.Per garantire tutto ciò, sicurezza da unaparte e emenda dall’altra, è necessarioprocedere ad una riorganizzazione degliistituti penitenziari, attraverso la previsionedi tre tipologie diverse, nell’ambito di cia-scuna regione. Bisogna creare istituti dimassima sicurezza, dove dovrebbero es-sere reclusi gli appartenenti alla crimina-lità organizzata ed i terroristi, istituti acustodia attenuata, destinati ai soggettimeno pericolosi, ed istituti a trattamentoavanzato, dove possono accedere coloroche sono in una fase avanzata del pro-gramma di recupero.La pena detentiva non è sempre e comun-que utile, significando con ciò che moltevolte sarebbe più utile una espiazione dellapena in forma diversa da quella detentiva.A volte c’è un eccessivo ricorso alla penadetentiva, soprattutto per reati che non de-stano grave allarme sociale e per soggettiai quali il carcere non è in condizione digarantire un’adeguata protezione, assi-stenza e, quindi, tutte quelle iniziative fi-nalizzate al recupero sociale e allaprevenzione. Tossicodipendenti, malati dimente ed emarginati hanno più bisogno dichi si fa carico dei loro bisogni, piuttostoche del carcere. Il carcere non ha nulla daoffrire a questi soggetti bisognevoli di cureed assistenza; non ha nulla da offrire, se

non il momentaneo isolamento dalla so-cietà civile, la c.d. incapacitazione. Il nostro ordinamento prevede che i sog-getti tossicodipendenti condannati a penadetentiva fino a sei anni, quattro anni perreati di particolare gravità, possano essereammessi all’esterno, attraverso gli istitutidella sospensione della pena e dell’affida-mento terapeutico, qualora abbiano termi-nato positivamente, ovvero intendanosottoporsi, ad un programma di recupero.Nonostante il nostro ordinamento contem-pli una normativa all’avanguardia, i tossi-codipendenti continuano a rimanere incarcere. Le maggiori difficoltà derivanodalla presenza di molti detenuti stranieri,la maggior parte dei quali extracomunitarie senza fissa dimora. Le istituzioni devonofare di più per affrontare questo problema.C’è anche bisogno di un maggiore impegnodegli enti locali.L’altro aspetto problematico, rispetto alquale il carcere può fare ben poco, è rap-presentato dal disagio mentale che non ri-guarda solo gli Ospedali PsichiatriciGiudiziari, ma tutti gli istituti penitenziari,dove molti soggetti soffrono di patologieche è difficile curare. Spesso questo tipo didisagio si combina con quello derivantedalla tossicodipendenza. I tanti detenuti checompiono gesti di autolesionismo o suici-dari, ricordiamo che dal 2000 ad oggi cisono stati più di 500 suicidi (14 dall’iniziodi quest’anno) e circa 1400 tentativi di sui-cidio, sono quasi sempre persone che vi-vono questo tipo di disagio. Se è vero, come è vero, che in ogni suicidioc’è il fallimento dell’istitituzione penitenzia-ria, è altrettanto vero che alcune sentenzedei tribunali civili sconcertano non poco gliaddetti ai lavori. I tribunali di Milano, Roma

e Bologna, (in quest’ultimo caso c’è stataanche la pronuncia in appello) hanno con-dannato l’Amministrazione penitenziaria arisarcire i familiari dei detenuti morti incarcere, perché l’Amministrazione nonavrebbe assolto al suo obbligo di prote-zione della persona detenuta, nel primocaso evitando che inalasse il gas della bom-boletta in dotazione, nel secondo caso evi-tando che assumesse sostanze stupefacenti,nel terzo caso evitando che si impiccasse. Il rischio maggiore di tutte queste vicendeè che qualora dovesse essere riscontrata lacolpa grave si agirebbe in rivalsa nei con-fronti del personale.Se la pena così com’è non è sempre utilebisogna evidentemente trovare delle formealternative che siano più efficaci. Dal 1975 ad oggi il nostro ordinamento èstato adeguato ai principi della citata sen-tenza n. 204 del 1974, attraverso la previ-sione di varie forme di detenzionealternativa che, nel corso del tempo, hannodimostrato di essere efficaci, laddove sonostate applicate a persone meritevoli. Distor-sioni ce ne sono anche qui: non si com-prende come sia stato possibile concederedei benefici ad un soggetto come il mostrodel Circeo, basterebbe guardarlo in facciaper capire chi si ha di fronte. Detto ciò, però, è ampiamente dimostratoche coloro che passano direttamente dalcarcere alla società esterna hanno una re-cidiva molto più alta, circa il 70%, rispettoa quelli che passano attraverso il filtro dellemisure alternative che, è bene ribadirlo, co-stituiscono una modalità diversa di espia-zione della pena, ma sono pur sempre unapena. Probabilmente è giunto il momento di pen-sare anche a qualche altra forma di espia-

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zione della pena, sicuramente più efficacedel carcere. Che senso ha condannare aduna pena detentiva chi ha rubato in un su-permercato? Sarebbe molto più efficacefargli pulire il supermercato per un certoperiodo, così come sarebbe molto più utilefar pulire i muri a chi li imbratta. Il lavorosostitutivo, come misura alternativa alla de-tenzione, per alcuni reati di minore entitàe che non destano grave allarme sociale,potrebbe essere un efficace e utile deter-rente, rispetto all’espiazione della pena incarcere. Ci convincono le iniziative del ministrodella Giustizia Alfano, relativamente allapossibilità di far scontare agli arresti do-miciliari l’ultimo anno di detenzione, cosìcome ci convince anche l’istituto dellamessa in prova per i condannati alla penadella reclusione fino a tre anni. Sono dueiniziative che hanno anche una funzionerieducativa, oltre che deflattiva, proprioperchè consentono al condannato diespiare tutta la pena, ovvero la parte resi-dua, fuori dal carcere.Il piano carceri consente di assumere2000 agenti della polizia penitenziaria,un’iniziativa importante, anche se bisognafare di più, visto che ne mancano oltre5000. La pena detentiva, ma qualsiasi tipo dipena, diventa inutile, anzi, dannosa,quando viene inflitta ed espiata a distanzadi molti anni dalla commissione del reato.Rispetto a questo problema diventa fonda-mentale la possibilità di celebrare i pro-cessi in tempi rapidi, assicurando allagiustizia i colpevoli dei reati. E’ questol’aspetto fondamentale rispetto al quale, amio avviso, deve essere incentrato il di-scorso sulla certezza della pena.

2. Tutela della collettività e dellevittime di reati.La pena è certa quando viene inflitta dalgiudice in sentenza, è incerta fino aquando è solo comminata, cioè previstadal codice e dalle leggi speciali.Quindi, certezza della pena vuol dire capa-cità di individuare i responsabili dei reati,riuscire a condannarli in tempi brevi e far-gli scontare la pena inflitta dal giudice, nelrispetto dei principi dell’ordinamento.Oggi, purtroppo, nel nostro Paese l’80%degli autori dei reati restano ignoti, su 100delitti solo 40 circa vengono portati a co-

noscenza della giustizia penale, meno didieci arrivano al processo, più della metàottengono l’assoluzione o il prosciogli-mento. Solo l’1% di coloro che delin-quono vengono condannati. Pertanto,coloro che commettono reati lo fanno conla consapevolezza di restare impuniti nel99% dei casi.Tutto ciò non fa che accrescere il senso diinsicurezza nei cittadini. Se solo l’1% dicoloro che commettono reati vengono pu-niti, come fa la gente a sentirsi tutelatadallo Stato? Ci sono reati rispetto ai quali,ormai, c’è una profonda rassegnazione daparte dei cittadini, molti dei quali fanno ladenuncia ai soli fini statistici, consapevolidel fatto che non saranno mai risarciti delmal tolto. Altri, a volte, evitano di denun-ciare. Le statistiche ci dicono che i reatisono in calo. Visto l’autorevolezza dellafonte, il Ministero dell’Interno, bisognacrederci, anche se ritengo che, probabil-mente, sono in calo solo alcuni reati. In passato si è pensato sempre troppopoco a coloro che i reati li subivano, cioèle vittime ed i loro famigliari. Al centro del-l’attenzione c’è sempre stato colui che ilreato lo commetteva. Per molti anni sono prevalse certe conce-zioni sociologiche della devianza, frutto diteorie antiproibizionistiche, che conside-ravano il reo vittima di una società oppres-siva e incapace di comprendere le sueesigenze e le sue idee, i suoi disagi. Esi-genze e idee che erano spesso prive diqualsiasi utilitarismo sociale. Ciò è avve-nuto per il fenomeno del terrorismo, maanche e troppo spesso per fenomeni de-linquenziali comuni. Caino era sempre alcentro dell’attenzione ed Abele finiva di-menticato da tutti.Si tratta di quelle teorie che consideravanoanche il carcere un’istituzione inutile e daabbattere. Credo che nessuno sia innamo-rato del carcere, come luogo di espiazionedella pena. Il carcere come tale, però,serve, è utile, con tutti i distinguo e le la-cune che sono state evidenziate. Certo, sa-rebbe meglio poter vivere in una societàdi onesti, dove non c’è bisogno del car-cere, della polizia, dei magistrati. Questa realtà, purtroppo, non esiste: èl’isola dell’utopia. Finora, nessuno è riu-scito a trovare qualcosa di meglio e di piùefficace, se non altro al fine di isolare dallasocietà quanti sono veramente pericolosi.

Negli anni, ci si è spesso dimenticati che lapena, oltre alla funzione di emenda, avevaed ha anche una funzione retributiva, intesacome retribuzione per la violazione del pre-cetto, ma anche come retribuzione per ildanno arrecato alle vittime del reato, tra lequali gli appartenenti alle Forze di poliziaed alla magistratura annoverano tanti eroi.Da alcuni anni a questa parte, grazie soprat-tutto all’impegno delle associazioni, la si-tuazione è migliorata, sia per quantoriguarda l’attenzione posta dalle istituzionia questo problema, sia per quanto riguardale iniziative concrete.

Esiste una legge nazionale, la n. 512 del1999, che prevede la costituzione di unospeciale Fondo di solidarietà, per garantirel’effettivo risarcimento dei danni liquidati insentenza.La Regione Emilia Romagna, nel 2003, haapprovato una legge, la n. 24, che ha previ-sto l’istituzione di una fondazione per il ri-sarcimento dei danni, nonché la figura delreferente per la sicurezza. Si tratta di un’ini-ziativa importante, anche se non conoscoquali siano i risultati applicativi.L’altro aspetto importante di questa legge,sia come affermazione di principio, siacome concreta possibilità di realizzazione,riguarda la sicurezza integrata, ovvero par-tecipata. Fermo restando che lo Stato e,quindi, le agenzie a ciò preposte, hannol’obbligo e il compito di tutelare la colletti-vità, garantendone la sicurezza, ogni buoncittadino deve contribuire a garantire lapropria sicurezza e quella della collettivitàin generale. Ciò può avvenire esclusiva-mente se ci sono dei valori fondamentalicondivisi da tutti, ovvero dalla maggioranzadei cittadini onesti; valori che afferiscono alprincipio di legalità. La sicurezza e la giustizia sono dei corollari 7

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Il dramma dei suicidi

e delle mortiin carcere

on la morte Daniele Bellante,31 anni, avvenuta il 13 aprilescorso nel carcere romano diRebibbia, sale a 20 (5 gli ex-

tracomunitari) il totale dei detenuti sui-cidi dall’inizio dell’anno. Il dato ufficiale del Dipartimento del-l’amministrazione penitenziaria, ripresodall’agenzia di stampa Ansa, è addirit-tura superiore all’ultima stima del Cen-tro di documentazione sul carcereRistretti Orizzonti diPadova, che conta in-vece 18 suicidi incella. Se è vero che il realemotivo di talune mortiresta da chiarire (al-cuni detenuti sono statitrovati privi di vita dopoaver utilizzato il butanodelle bombolette dacamping come sostanzastupefacente e non persuicidarsi), quel cheemerge scorrendol’elenco del Dap è chesolo sei detenuti stavanoscontando una condanna definitiva. Glialtri erano per lo più in attesa di primogiudizio (in sei), oppure ricorrenti con-tro una sentenza di primo grado o di ap-pello (due detenuti), internati in caselavoro (i due che si sono tolti la vita aSulmona), oppure con situazione giuri-dica mista (quattro). Il 2009 è statol’anno nero delle morti nelle carceri ita-liane (72 suicidi), ma da come è comin-

ciato il 2010 il dato rischia di essere benpiu’ pesante tra otto mesi. Il sovraffollamento (67.206 detenuti al31 marzo scorso contro una capienza re-golamentare di 44.236 posti e un limitetollerabile di 66.979 posti) di certo nonaiuta sotto il profilo psicologico coloroche per la prima volta mettono piede incarcere o che sono in attesa di giudizio. E’ ovvio e comprensibile che il dramma-tico fenomeno dei suicidi in carcere ci

preoccupa. La carenza di personaledi Polizia Penitenziaria(oltre 6 mila carenze inorganico!), di educa-tori, di psicologi e diPersonale medico spe-cializzato, il sovraffol-lamento dei carceriitaliani è tema che sidibatte da tempo,senza soluzione, ed èconcausa di questitragici episodi. Anche il passaggiodella sanità peniten-

ziaria al servizio nazionale pubblico (ul-timo atto del fu Governo Prodi che venneassunto contro il parere di tutti gli ope-ratori del settore) ha indubbiamente de-terminato problemi all’assistenza (anchepsicologica) ai detenuti. E per colpa diqueste scelte sbagliate, il personale diPolizia Penitenziaria è stato ed è spessolasciato solo a gestire all’interno dellenostre carceri moltissime situazioni didisagio sociale.

del più generale principio di legalità chedeve essere salvaguardato sopra ognicosa. Se viene meno la legalità vengonomeno sia la giustizia, sia la sicurezza e,quindi, la tutela della collettività.La cultura della legalità deve essere il va-lore fondante di ogni società. La famiglia e la scuola sono le istituzioniche più di ogni altra devono svolgere unruolo determinante da questo punto divista, perché sono quelle deputate più diogni altra all’educazione dei giovani, so-prattutto nella fase che va dall’infanziaall’adolescenza. Pertanto, bisogna faremolto da questo punto di vista, mettendoda parte, proprio all’interno di queste isti-tuzioni, soprattutto della scuola, ogni vel-leità politica e lasciando che i giovani siformino il proprio convincimento attra-verso lo studio, la conoscenza e le espe-rienze di vita. La cultura e, quindi, il rispetto della lega-lità sono sicuramente i migliori deterrentiper la tutela della collettività. A ciò biso-gna evidentemente contribuire anche at-traverso la riduzione del deficit, intesocome disagio e carenze socio-culturali edeconomiche. La difesa sociale e, quindi,la tutela della collettività, passano neces-sariamente attraverso la prevenzione; unaprevenzione che, ormai, non può più es-sere affidata esclusivamente alle agenziea ciò preposte.Oggi non si può più parlare di sicurezzae di tutela della collettività nel senso tra-dizionale del termine, nel senso, cioè, chetutto è demandato alle Forze di polizia. Le Forze di polizia sono gli attori princi-pali, coloro che sono responsabili dellasicurezza in generale, ognuno per la pro-pria parte di competenza, ma di sicurezzae di tutela della collettività si deve parlarein maniera integrata, con la partecipa-zione di tutti, per quanto possibile, e conl’ausilio delle tecnologie, per un controllopiù efficace delle zone a rischio, cosìcome è necessario, in ogni città, un ade-guato piano edilizio, per evitare che si for-mino agglomerati urbani tendenti aldegrado.Oggi, ogni cittadino deve rendersi partediligente. Esiste sicuramente una dimensione pub-blica della tutela della collettività che sololo Stato può e deve garantire, ma ce n’èanche una privata rispetto alla quale il cit-tadino deve cominciare a pensare da sé,almeno per quanto riguarda la difesa deipropri beni. !

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Roberto MartinelliSegretario Generale Aggiunto [email protected]

Capo Redattore

Un importante studio dell’Organizza-zione mondiale della Sanità, agenzia spe-cializzata dell’Onu per la salute, sullaprevenzione del suicidio nelle carceri, hamesso in evidenza come i detenuti, comegruppo, hanno tassi di suicidio più ele-vati rispetto alla comunità. All’interno degli istituti di pena non solovi è un numero maggiore di comporta-menti suicidari, ma gli individui che su-biscono il regime di detenzionepresentano frequenti pensieri e compor-tamenti suicidari durante tutto il corsodella loro vita. I detenuti in attesa di giudizio e i detenuticondannati hanno un tasso di tentativodi suicidio rispettivamente di 7.5 e 6volte maggiore dei maschi nella popola-zione generale. Questi dati ci riportano anche a un pro-blema di base riguardante le cause delsuicidio in ambiente carcerario. Da unaparte, le persone che infrangono la leggeportano con sé diversi fattori di rischioper il suicidio (importano il rischio), etra di loro il tasso di suicido continua adessere più elevato anche dopo la scarce-razione. Ciò non significa che l’ambiente deten-tivo non abbia un impatto nello sviluppodegli atti suicidari, e d’altra parte è pro-prio quando questi individui vulnerabilisono all’interno dell’istituzione carcera-ria, e quindi raggiungibili, che andreb-bero trattati. In più, la detenzione in sée per sé è un evento stressante anche peri detenuti sani, in quanto priva la per-sona di risorse basilari. Tra i fattori di rischio individuali che, sepresenti in qualsiasi combinazione, po-trebbero contribuire ad innalzare il ri-schio suicidario tra i detenuti è statomesso in evidenza l’impatto psicologicodell’arresto e dell’incarcerazione, le crisidi astinenza dei tossicodipendenti, laconsapevolezza di una condanna lunga,o lo stress quotidiano della vita in car-cere possono superare la soglia di resi-stenza del detenuto medio, e a maggiorragione di quello a rischio elevato. Ma non si può e non si deve chiedereunicamente al Personale del Corpo di

Nella foto,l’ingressodel carceredi Rebibbiaa Roma

Credo che il numero dei suicidi e dellemorti in carcere potrebbero ridursi pereffetto di una revisione complessiva edorganica del sistema penitenziario. E’ allora auspicabile che il Piano carceridel Governo trovi una prima urgente ap-plicazione nelle parti in cui si prevedonointerventi normativi finalizzati ad assu-mere 2mila Agenti di Polizia Penitenziariae a introdurre la possibilità di detenzionedomiciliare per chi deve scontare solo unanno di pena residua e di messa allaprova (eventualmente avvalendosi anche

di procedure di controllo come il brac-cialetto elettronico, che ha finora fornitoin molti Paesi europei una prova indub-biamente positiva) delle persone impu-tabili per reati fino a tre anni, chepotranno così svolgere lavori di pubblicautilità. In questo contesto di elevate criticità, èora che la Politica (quella con la “P” ma-iuscola, se ancora esiste) metta da partele polemiche e si impegni per una nuovapolitica della pena, necessaria e non piùdifferibile, che ripensi organicamente ilcarcere e l’Istituzione penitenziaria, va-rando una legislazione penitenziaria chepreveda un maggiore ricorso alla misurealternative alla detenzione, delineandonel contempo per la Polizia Penitenziariaun nuovo impiego ed un futuro opera-tivo, al di là delle mura del carcere, pa-rallelamente all’affermarsi del suo ruoloquale quello di vera e propria polizia del-l’esecuzione penale.

accollarsi la responsabilità di tracciareprofili psicologici che possano eventual-mente permettere di intuire l’eventualerischio di autolesionismo da parte deidetenuti. Noi questo, nonostante tutto, già lo fac-ciamo. Se non fosse infatti per la profes-sionalità, l’attenzione, il senso del doveredei poliziotti penitenziari le morti persuicidio in carcere sarebbero molte dipiù di quelle attuali. Il nostro Corpo è costituito da personeche nonostante l’insostenibile, perico-loso e stressante sovraf-follamento credono nelproprio lavoro, chehanno valori radicati eun forte senso d’identitàe d’orgoglio. Personeche lavorano ognigiorno, nel silenzio e tramille difficoltà ma conprofessionalità, uma-nità, competenza e pas-sione nel dramma dellesezioni detentive ita-liane. I poliziotti e le poliziottepenitenziari italiani nelsolo 2008 sono intervenuti tempestiva-mente in carcere salvando la vita a ben683 detenuti che hanno tentato di suici-darsi ed impedendo che i 4.928 atti diautolesionismo posti in essere da altret-tanti ristretti potessero degenerare ed ul-teriori avere gravi conseguenze. Si pensi che la pertinente Commissionedipartimentale, presieduta dal Capo delDipartimento, ha conferito nel 2008 enel 2009 ben 292 ricompense (1 enco-mio solenne, 36 encomi, 252 lodi e 2premi in denaro) a donne e uominidella Polizia Penitenziaria che si sonocontraddistinti per atti di coraggio ed al-truismo, come – moltissimi - il salvarela vita a detenuti che stavano tentando diammazzarsi in cella! Questo è un aspetto importante della re-altà quotidiana della professione del po-liziotto penitenziario, che andrebbeanche mediaticamente messo in partico-lare evidenza. !

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Sopra,il logo

dell’UnioneItaliana

Sport per tutti

(UISP)

essun agente teme i momenti nei quali l’evasione èsolo l’occasione che i detenuti hanno per praticareuno sport fuori dalle mura di un carcere. Nessunopuò altresì disconoscere l’importanza che lo sport ri-

veste nello svolgimento dell’attività trattamentale per il reinse-rimento nella società di chi oggi sta scontando una pena madomani sarà di nuovo in libertà e dovrà nuovamente confron-tarsi con altra gente attenendosi, si spera, alle regole della so-cietà civile.Lo sport è uno strumento di apprendimento indiretto relativa-mente al rispetto delle regole: rispetto del regolamento delladisciplina che si pratica, rispetto per l’avversario che ti con-

tende la vittoria, rispetto della possibilità di poter anche per-dere perché la vittoria o il prevalere su qualcun altro non sonoil diritto di nessuno, dentro o fuori il carcere, nello sport comenella vita.L’importanza dell’attività motoria in carcere non è trascurataneppure dal nostro ordinamento penitenziario che, avvalo-rando la tesi secondo cui essa rappresenta a pieno titolo unostrumento di aggregazione universale nella realtà multietnicae multiculturale del nostro sistema carcerario, la prevedeespressamente nella legge di riforma n° 354/75 .Alcuni significativi stralci della legge ci pare giusto ricordarli.

Art.1 Trattamento e rieducazione

Nei confronti dei condannati e degli internati deve essereattuato un trattamento rieducativo che tenda, anche at-traverso i contatti con l’ambiente esterno, al reinseri-

mento sociale degli stessi. Il trattamento é attuato secondoun criterio di individualizzazione in rapporto alle specifi-che condizioni dei soggetti.

Art. 17 Partecipazione della comunità esternaall’azione rieducativa

La finalità del reinserimento sociale dei condannati e degliinternati deve essere perseguita anche sollecitando ed orga-nizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o as-sociazioni pubbliche o private all’azione rieducativa.Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari conl’autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sor-veglianza, su parere favorevole del direttore, tutti coloro cheavendo concreto interesse per l’opera di risocializzazionedei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere losviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la societàlibera.

Art. 27 Attività culturali, ricreative e sportive

Negli istituti devono essere favorite e organizzate attivitàculturali, sportive e ricreative e ogni altra attività volta allarealizzazione della personalità dei detenuti e degli internati,anche nel quadro del trattamento rieducativo.Una commissione composta dal direttore dell’istituto, daglieducatori e dagli assistenti sociali e dai rappresentanti deidetenuti e degli internati cura la organizzazione delle atti-vità di cui al precedente comma, anche mantenendo con-tatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale.

L’Unione Italiana Sport per Tutti (UISP) di Roma è una delle as-sociazioni che si occupa di promuovere, gestire ed organizzareattività motorie, sportive e ludico-ricreative all’interno degli Isti-tuti di Pena. All’interno degli Istituti di Reclusione lo sport èinserito in tutte quelle attività rieducative che i detenuti sonochiamati a frequentare durante il periodo di privazione della li-bertà personale. Lo sport è a tutti gli effetti riconosciuto comeun elemento che concorre alla riabilitazione del detenuto, as-sieme, e con pari dignità, alla scuola, al lavoro, alla formazioneuniversitaria. Lo sport in carcere è collegamento con la societàesterna. Il Vivicittà, la corsa podistica dell’UISP, che attraversaormai da oltre quindici anni gli Istituti di Rebibbia è per i dete-nuti l’occasione di cimentarsi nella corsa per cui si sono allenati

Lo SPORT“D’EVASIONE”

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a cura di Lalì

[email protected]

Redazione sportiva

per l’intero anno. Oltre al Vivicittà, altre occasioni per incon-trarsi, conoscere e superare le barriere sono le amichevoli e itornei di pallavolo, calcio e tennis che si svolgono per tuttol’anno sportivo nei vari Istituti di Rebibbia.La Casa Circondariale Rebibbia Femminile, la Casa di Reclu-sione Rebibbia Penale, l’Istituto a Custodia Attenuata per tossi-codipendenti (Rebibbia Terza Casa), la Casa CircondarialeNuovo Complesso di Rebibbia e la Casa Circondariale ReginaCoeli sono gli istituti che a Roma svolgono attività sportive peri detenuti.Altri esempi di iniziative simili svolte in Italia sono quelle delcarcere di Verona, di Vicenza e, per un certo periodo, anchedalla Casa penale di Padova. Guidati dagli operatori del CentroSportivo Italiano (Csi) che offrono un supporto tecnico orga-nizzativo ai detenuti che disputano campionati, tutti i progettidi coinvolgimento verso la pratica dello sport sono nati nel1985, quando si pensò e si diede vita al primo torneo di calciosvolto in carcere.Di lì a poco gli operatori compresero quanto i due peggiori ne-mici del detenuto fossero l’ozio e la noia. Viene da aggiungereche entrambi lo diventano anche degli agenti della Polizia Pe-nitenziaria quando portano ad atti di insofferenza, ribellione oatti di autolesionismo del recluso come forma di protesta neiconfronti della condizione di privazione della libertà senza lapossibilità di avere contatti col mondo esterno che la libertàstessa rappresenta.Il vedere facce nuove, l’avere una porzione, sebbene minima,della giornata sconvolta dall’incontro con la gente libera è statoconsiderato un antidoto contro l’ozio e la noia quotidiana e giànel primo anno di lavoro furono create un buon numero di oc-casioni in cui ragazzi e adulti non reclusi potevano incontrarela popolazione detenuta grazie al filo rosso delle sport che uni-sce tanti appassionati senza che la parola detenuto o uomo li-bero conti più nei minuti di una corsa insieme o di una partita.Per superare le diffidenze delle persone esterne al sistema pe-nitenziario, diventava assolutamente necessario far crescere laconoscenza del carcere e delle relative problematiche ad essocorrelate.Anche oggi è un argomento molto sentito quello della traspa-renza dell’azione pubblica in tutti i settori che la riguardano(si legga l’articolo 21 della legge Brunetta n° 69/2009).Affinché il sistema carcerario italiano possa diventare il piùpossibile una “casa di vetro” osservabile anche dal di fuori nelrispetto dei limiti imposti dal regime di detenzione, ben ven-gano iniziative di questo tipo: guardare le strutture dove tantagente sta scontando la sua pena, venire a contatto con i reclusiaccorgendosi che si tratta innanzitutto di persone, conosceregli operatori che vigilano su di loro, comprendere quindi il la-voro quotidiano della Polizia Penitenziaria e capire che traquelle mura non c’è nulla da nascondere è, secondo chi scrive,il primo passo fondamentale perché il sistema penitenziarionon sia guardato con sospetto.Come il proferire qualcosa all’orecchio appare un ordire mi-

steriose congiure, così tenere fuori il carcere da una maggiorevisibilità arriva agli occhi degli esterni come un tentativo di co-prire chissà quali condotte maturate nel lavoro tra le celle e icorridoi. E’ bene, sul punto, fare una riflessione.

Ma tornando ai ragazzi del Csi, l’allora Provveditore agli Studidi Verona dott. Marco Janeselli si dimostrò entusiasta dei loroprogetti tanto da emanare nel 1988 una circolare che permet-teva l’iniziativa di poter accedere al carcere alle scuole che loavessero voluto.Il primo anno vi presero parte un paio di scuole, e dai colloquicon gli studenti e con i loro professori emergeva che valutavanoin modo estremamente positivo l’esperienza dando una pre-ziosa conferma: unire carcere e scuola serve, è utile non sola-mente ai detenuti che usufruiscono di una sensibile ventata diaria fresca e di positivi esempi (i giovani sono sempre moltoconsiderati dalla persona detenuta) ma soprattutto agli attori,i fruitori dell’iniziativa, ossia gli studenti.

La divisione dei sessi era pressoché assolutae tutti i minorenni in ogni modo erano esclusi.Dopo un paio di anni fu presa la decisione di portare il carcerein trasferta. I detenuti, sfruttando l’articolo 30/ter della leggeGozzini (approvata nel frattempo dal Parlamento) potevanoavere la possibilità, per una volta di incontrarsi con la comunitàesterna al di fuori del carcere.L’idea va avanti con successo e, ad oggi, i detenuti che hannopotuto usufruire di questa speciale iniziativa hanno ormai su-perato le 2000 unità.

A fianco,Cecilia Maffei con le compagne di staffetta

Sopra, una fasedella mani-festazioneVivicittà a Roma Rebibbia

sotto,bandiera elogo CSI

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Non è l’incontro sportivo il nucleo centrale dell’iniziativa bensìl’accoglienza. Chi non è disposto a questo, non viene preso inconsiderazione. E’ questa la ragione per la quale sono spessonegati gli incontri con le varie nazionali siano esse di preti odi musicisti, dove il detenuto è presentato come una specie diattrazione da circo e poi lasciato solo con i propri compagni,dove in sostanza è solamente messo in mostra.Ognuna delle uscite è invece un’accoglienza nella quale per al-cune ore non si mette in gioco solo l’ospite ma anche la co-munità che ospita l’evento: è solo parlando con il detenuto edi suoi familiari, mangiandoci a tavola assieme che viene la vo-glia anche di sapere (e di capire) come si sta dentro, cosa siaspetta fuori dalla gente, come pensa di essere giudicato, se èdisposto a cambiare vita.

Tra le attività più significative del Csi in quel di Vicenza, va ri-cordato il quadrangolare di maggio 2002 disputatosi tra unaformazione di detenuti, il Vicenza calcio e la squadra degliagenti di Polizia Penitenziaria di Vicenza.Da segnalare, ancora, l’iniziativa ormai giunta al terzo anno infavore dei detenuti della sezione alta sorveglianza: un docentedi educazione fisica si reca in carcere due volte alla settimana.Una volta al mese, invece, al selezione calcistica del campionatodilettanti impegna i carcerati in una partita. Lo stesso C.S.I. haanche organizzato corsi che hanno diplomato 6 allenatori dicalcio e 3 arbitri tra i detenuti. Non più di un anno fa è uscito illibro di Francesco Ceniti, giorna-lista della Gazzetta dello Sportche si intitola Un carcere nelpallone. E’ il racconto umanodelle vicende del Free Opera, laformazione nata all’interno delcarcere di Opera (Milano), in-teramente formata da detenuti.Storie di uomini e calciatori,intrecciate indissolubilmente,storie di sport ma soprattuttostorie di vita, perché micro-cosmo di vita è il carcere.

A fianco,detenuti

giocano acalcio

sotto, lacopertina

del libro diFrancesco

Ceniti

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ontinuano a pervenire numerose richieste dispiegazioni, sia dalle segreterie sindacali che– soprattutto – dai colleghi, in merito alla vi-cenda della tassazione dei buoni pasto, so-

praggiunta al recente aumento del valore degli stessi.Tanti colleghi, talvolta con la condivisione dei nostri di-rigenti sindacali locali, hanno lamentato l’ingiusta rite-nuta fiscale operata dall’amministrazione sui nuovibuoni pasto che, a loro dire, vanificherebbe l’aumentoottenuto di recente che aveva elevato allo stesso livellodel pubblico impiego il valore dei tickets restaurant.Tutto ciò è vero soltanto in parte ed è opportuno, al ri-guardo, chiarire alcuni aspetti della vicenda.L'imposizione fiscale sui buoni pasto (o tickets restau-rant come dir si voglia) deriva sic et simpliciter dal-l'applicazione della normativa tributaria previgente ,nella fattispecie il T.U. delle imposte sui redditi, cheprevede sui buoni pasto percepiti da tutto il pubblicoimpiego una franchigia esentasse di 5,29 euro, superatala quale deve essere imposto un contributo pari al 9,1per cento.Da questa previsione normativa è derivato che, a se-guito della rideterminazione a 7 euro dei nostri buonipasto ottenuta nella recente coda contrattuale (DPR51/2009), è sopravvenuta, appunto, l’applicazione diun'imposta fiscale del 9,1 per cento sulla differenzatra 5 euro e 29 (franchigia esente) e 7 euro, pari a euro1,71.La tassa che ne deriva, pertanto, è di euro 0,15 per cia-scun ticket corrisposto, che per effetto di questa rite-nuta diventa, al netto, di euro 6,85.Ovviamente, come già detto, tale tassazione è applicataa tutto il pubblico impiego.In conclusione, seppure la tassazione dei buoni nonera mai stata applicata al nostro comparto a causa delvalore inferiore ai 5,29 euro precedentemente perce-pito, la ritenuta subita si limita, tutto sommato, a soliquindici centesimi per ogni ticket.

La tassazione dei Buoni Pasto (tikets restaurant)

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Lionello PasconeCoordinatore Nazionale

Anppe

Associazione NazionalePolizia Penitenziaria

Retributivo, contributivo

e misto...on la riforma del sistema pen-sionistico del 1995, i lavora-tori con 18 anni dicontribuzione maturata al 31

dicembre 1995, hanno mantenuto il c.d.criterio retributivo, con il quale, il com-puto della pensione viene calcolato unica-mente in riferimento all’ultima fasedell’attività lavorativa, certamente più fa-vorevole, potendosi beneficiare degli scattidi anzianità, degli adeguamenti contrat-tuali, delle progressioni di carriera.Chi in quella data aveva meno di 18 annidi anzianità contributiva è stato collocatoin un regime misto di computo pensioni-stico, retributivo per il periodo anterioreal 31 dicembre 1995, contributivo, peril periodo successivo.Gli assunti dopo l’anno fatidico sono as-soggettati ad un regime di computo esclu-sivamente contributivo basato su unalogica di capitalizzazione virtuale dei con-tributi versati durante l’arco dell’interavita lavorativa. La sommatoria dei contributi versati de-termina un montante individuale cheviene rivalutato annualmente, conside-rando come tasso di capitalizzazione la va-riazione media del PIL (Prodotto InternoLordo) calcolato dall’Istat.I rallentamenti economici, come quelloattuale, si riflettono sulle rivalutazioni delmontante pensionistico, che deriva dallaconversione in rendita del totale dellesomme accantonate al raggiungimentodell’età pensionabile, moltiplicandolo perun coefficiente di trasformazione che tieneconto delle probabilità di sopravvivenzadell’assicurato alla pensione di povertà,assolutamente inadeguata al sostenta-mento primario.Viene in mente la famigerata Legge 180,quella dei malati di mente; la disposta

chiusura dei manicomi avrebbe dovutoavere, come correlato, la creazione di spe-cifici centri di cura e di assistenza, che nonsono stati mai attivati, con un disastrosoeffetto sui familiari, gravati dalla esclusivitànella gestione dei malati, nonchà sulla co-munità sociale.Analogamente, con la riforma del sistemapensionistico, sarebbero dovuti decollarei c.d. Fondi Pensione che, per la maggiorparte dei lavoratori, non hanno trovatoconcretezza, a causa del rimbalzello poli-tico di rinvio, per la sconvenienza nell’at-tuazione da parte dei Governi di turno.Cosa ancor più grave è che la carenza e laframmentarietà dell’informazione non in-generano, nei lavoratori la sana percezionedel pericolo di avere un domani a disposi-zione una pensione che non permetterà as-solutamente di sbarcare il lunario.Chi va in macchina non percepisce spessoil pericolo della velocità e muore; chi la-vora e non percepisce il pericolo pensioneè destinato a morire di fame.I saggi, ricchi di pregiata esperienza, quelliche un tempo erano i riferimenti della co-

munità sociale, saranno costretti, claudi-canti, a cercarsi, finché avranno forza, unaoccupazione in nero o, alternativamente,a mendicare.La longevità, già penalizzante nel vecchiosistema pensionistico a causa del conge-lamento dell’assegno di pensione a frontedel lievitare dei costi di sostentamento or-dinario, sanitario e di assistenza, con ilnuovo regime pensionistico diventerà fat-tore di deflagrazione sociale.E’ necessario fornire ai lavoratori esatteinformazioni sul pericolo pensione, met-tendoli in condizione di effettuare scelte disalvataggio.E’ urgente che la classe politica di governocrei i giusti compensativi di garanzia at-tuando i correlati meccanismi di salva-guardia previsti all’atto della riforma delsistema pensionistico, per scongiurarel’imponente pericolo ed assicurare dignitàa chi lavora onestamente per una vita. Bisogna attivarsi, ora, per scongiurarel’imponente pericolo, assicurando dignitàa chi lavora onestamente per una interavita. !

14Polizia Penitenziaria - SG&S n. 167 - novembre 2009Polizia Penitenziaria - SG&S n. 172 - aprile 2010

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In data 26 Marzo, in occasione dellaSanta Pasqua nella Chiesa Cattedrale diNapoli è stato celebrato il Precetto Pa-squale Interforze, organizzato que-st’anno dall’Amministrazione Peniten-ziaria Regionale.La solenne Liturgia Eucaristica è stata of-ficiata da Sua Eccellenza ReverendissimaCardinale Crescenzio Sepe , ArcivescovoMetropolita di Napoli e concelebrata daiCappellani delle varie Forze di Polizia. La Cerimonia, organizzata dal Provvedi-

AVELLINO: unadelegazione dell’ANPPe

partecipa al precetto Pasquale

torato Regionale dell’Amministra-zione Penitenziaria Campania in ma-niera impeccabile, ha visto lapartecipazione delle massime AutoritàCivili e Militari della Regione .L’A.N.P.Pe (Associazione Nazionale Po-lizia Penitenziaria) con una propriarappresentanza e con il Gonfalone con-cesso per Decreto dal Presidente dellaRepubblica ha partecipato alla manife-stazione A margine dell’evento Sua Eccellenza

Cardinale Sepe ha incontrato una dele-gazione del S.A.P.Pe composta dal Segre-tario Nazionale Emilio Fattorello e deidelegati Carlo Lettieri e Attilio Russo. !

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Per evitare gli acciacchi dellavecchiaia, niente di meglio del servizio di volontariatoSe poi ci si dedica all’aiuto dei più piccoli nei compiti scolastici, anche il cervello netrae beneficio. Un gruppo di ricercatori dell’Università della California ha intervistatopiù di un migliaio di ultrasettantenni in buone condizioni di salute: un quarto si pren-deva cura dei nipotini, il 28 per cento svolgeva attività di volontariato mentre meno del20 per cento era ancora impegnato in un lavoro retribuito. «Rispetto a chi si godevala pensione senza fare nulla, tutti costoro, dopo tre anni, avevano meno probabilitàdi trovarsi in condizione di fragilità, cioè di aver perso peso, forza e voglia di muo-versi» Difficile, però, stabilire quale fosse la causa e quale la conseguenza: si potrebbeobiettare che all’inizio dello studio erano verosimilmente più attivi proprio coloro chestavano meglio. «Tenendo conto di questo, emerge che solo il volontariato ha uneffetto davvero protettivo». Una prova in più a sostegno del lavoro presentato l’annoscorso al Congresso annuale dell’American Geriatrics Society, secondo cui i pensionatioltre i 65 anni che fanno volontariato hanno un rischio di morire che è pari alla metàdi quello degli altri loro coetanei. Sono stati sottoposti a risonanza magnetica del cervello otto volontari seguendo unprogramma che prevede di affiancare tutori anziani ai bambini delle elementari in con-dizioni disagiate, per aiutarli in lettura e in matematica. Non è un impegno da poco:circa duemila uitracinquantacinquenni, in una ventina di città degli Stati Uniti, seguonocorsi di aggiornamento di almeno quaranta ore prima di dedicarsi a questa attività cheli assorbe per non meno di 15 ore settimanali. «Ma i frutti ci sono da ambo le parti» commenta la ricercatrice. Oltre ai miglioramentinei bambini, ce ne sono anche sulle volontarie: «Sebbene le donne che abbiamo esa-minato fossero considerate, all’inizio dello studio, ad alto rischio di declino co-gnitivo, perché, oltre a essere a basso reddito e non particolarmente colte, già“perdevano qualche colpo” nei test - spiega la ricercatrice, dopo sei mesi di sostegnoai bambini, la situazione appariva ribaltata: le aree del loro cervello, responsabilidella cosiddetta “funzione esecutiva” da cui alla fine dipende l’autonomia, appa-rivano come riattivate».

La Segreteria provinciale di Ragusa (conil Presidente Giovanni La Magra), nellariunione del Consiglio Direttivo del 15marzo 2010, ha deliberato l’istituzionedel premio «SEMPER JUSTITIA FIDELIS»da assegnare a tutti coloro che sono fe-deli alla giustizia. Il premio per la prima edizione è statoassegnato alla Sezione ANPPe AntonioTramacere di Rovigo.La consegna del premio avverrà il 17aprile 2010 a Venezia, in occasione dellacelebrazione della Madonna della Sfidadirettamente nelle mani del presidentedella sezione ANPPe di Rovigo Cav. Ro-berto Tramacere.

Alessandria: Volontariato ANPPe

Busto Arsizio: lutto

in sezione

Nei giorni scorsi è deceduta lafiglia di Francesco La Polla,socio della sezione di Busto Ar-sizio.La Redazione e la Segreteria Na-zionale si stringono attorno alcarissimo amico per il gravis-simo lutto.

La sezione ANPPe di Alessandria ha iniziato una collaborazione con la locale poliziamunicipale per il servizio di volontari sociali. L’associato Sovrinten-dente Capo in congedoMilano Antonio, iscrittoA.N.P.P.E. di Alessandria,ha iniziato nel mese dimarzo il servizio presso lestrutture comunali che ri-chiedono questo tipo diintervento. Presto inizie-ranno il servizio altri volon-tari che copriranno tutto ilfabbisogno comunale.

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Ragusa: istituito il premio «semperJustitia Fidelis»

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Nella foto,Giovanni La Magra

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Nelle foto,gli iscritti ela sede diReggio Calabria

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Il 30 marzo 2010, una delegazioneANPPe della sezione di Reggio Calabriaè stata invitata ufficialmente al precettoPasquale avvenuto nella Chiesa di «SanGiorgio Al Corso» di Reggio Calabria.L’invito ufficiale, pervenuto da partedella Marina Militare per il precetto pa-squale, è stato la prima uscitaufficiale della delegazione della se-zione ANPPe di Reggio Calabria.Felicitazioni e congratulazioni per qestanuova sezione che va ad aggiungersi allealtre presenti e numerosissime di tuttoil territorio nazionale.

Franco Denisi

Il 20 marzo 2010 è terminata la siste-mazione della nuova sede ANPPe di Reg-gio Calabria sita in via Sn Pietro, 15.La nuova sezione, istituita da pochimesi, già conta più di dieci iscritti ed haa disposizione, come è ben visibile dallefoto inviate, degli ottimi locali per le at-tività statutarie.Ben presto verrà allestita anche una salariunione per i vari incontri che si suc-cederanno nel tempo.

Reggio Calabria: partecipazioneal precetto Pasquale

Reggio Calabria: allestita lanuova sede locale ANPPe

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XXI Consiglio Nazionale

I vertici del Sappe riuniti ad Abano Termel 2009 è stato contraddistinto dalPiano edilizio per le carceri,presentato nel mese di aprile dalCapo del Dipartimento, approvato

solo il 13 gennaio 2010 dal Consiglio deiMinistri e ancora del tutto inattuato,anche se in questi giorni è stata firmatal’ordinanza dal Presidente del Consigliodei Ministri che conferisce l’incaricostraordinario delle carceri al Dott. Ionta:ormai il sovraffollamento della popola-zione detenuta e le carenze di organicosono una emergenza sempre più criticama di fronte a cui non viene assuntoalcun effettivo, concreto provvedimento.In proposito, il SAPPe ha sempre rispo-sto, proponendo una nuova politicadella pena, prevedendo un maggiore ri-corso alle misure alternative alla deten-zione e l’adozione di procedure dicontrollo mediante strumenti elettronicio altri dispositivi tecnici, come il brac-

cialetto elettronico; efficienza delle mi-sure esterne e garanzia della funzione direcupero fuori dal carcere potranno farsì che cresca la considerazione dellapubblica opinione su queste misure: sene è parlato ampiamente in occasione

del Convegno tenuto a Roma l’8 marzoscorso, alla presenza dei Vertici ministe-riali e del D.A.P..Rispetto ad una situazione così dirom-pente per l’organizzazione penitenziariaè necessario interrogarsi su che cosa faree quali iniziative intraprendere. Rite-niamo che la politica debba dare delle ri-sposte certe ed immediate. Il piano carceri è una prima e importanterisposta, ma bisogna fare ancora di più.Una attenta analisi consente di affermareche un numero rilevante di detenuti fa in-gresso in carcere per fattispecie minori,di non particolare gravità e che non ap-paiono per nulla allarmanti social-mente.Una riflessione equilibrata sulle normepenali che producono carcere e che noncomportano un reale ritorno in terminidi soddisfazione delle istanze di sicu-rezza, potrebbe condurre ad interventinormativi, secondo valutazioni da farecaso per caso, che possono essere orien-tati verso forme di depenalizzazione, op-pure verso l’introduzione di sanzioni omisure cautelari (obbligatoriamente) al-

ternative al carcere. Il fenomeno implica, inoltre, una neces-saria discussione sui tempi del processo(che certamente incidono notevolmentesulle vicende della custodia) e sul rap-porto tra la custodia cautelare e il dibat-timento.In un momento in cui si riconoscono unasituazione di emergenza e una condi-zione di detenzione che non garantisce ladignità della persona e l’umanità dellapena e si pensa alla costruzione di nuovispazi detentivi, non si può non rifletteresui modelli di custodia e sui necessari in-

Nelle foto,alcune

fasi del ConsiglioNazionaledel Sappe

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terventi nella organizzazione della deten-zione. Non è solo risolvendo il problemadel sovraffollamento (se e quando si ri-solverà) che si migliorerà la qualità deltempo che le persone trascorrono in car-cere.Le difficoltà del sistema penitenziario col-piscono tutto il Paese. La situazione di sovraffollamento carce-rario rischia di diventare uno strumentodi stabilizzazione anche da parte dellacriminalità organizzata che, in modo na-scosto, è in grado di approfittare delletensioni e di stimolarle per collassare ilsistema penitenziario, che è fragile, per-ché senza mezzi, poliziotti, educatori, ri-sorse finanziarie. Tanto più sarà in crisi il presidio di lega-lità e sicurezza che il carcere rappre-senta, tanto più la criminalità organizzatapotrà strumentalizzare tale disagio e raf-forzarsi. Un reale ostacolo alla criminalità orga-nizzata può opporsi solo investendo ade-guate risorse finalizzate al rafforzamentodei presidi di legalità: condizione essen-ziale è allora una maggiore presenzadello Stato sul territorio, attraverso leForze dell’Ordine, tutte le forze di polizia,anche penitenziaria, perché la criminalitàorganizzata non vive solo nella società li-bera ma esiste ed agisce anche nelle car-ceri, dove recluta, istruisce, progetta eordina. Appare opportuno ricordare che l’ultimarelazione dei servizi segreti lancia l’al-larme proprio sulla possibilità che i bossmafiosi continuino a comandare da die-tro le sbarre.

il liogo delConsiglioNazionaledel Sappe

zione delle pene presso ildomicilio e sulla messa alla prova, cheintende accompagnare il piano di ade-guamento edilizio con norme che con-sentano di eseguire le pene più brevianche in luoghi diversi dagli istituti peni-tenziari, o destinando il colpevole a pre-stazioni lavorative di pubblica utilità,fermo restando il principio che la deten-zione, anche se breve, va comunque ese-guita: l’attuale sistema sanzionatorioappare superato, quello che la collettivitàchiede - e che il SAPPe evidenzia da anni- è la certezza della pena.

Ciò deve farci rendere conto di quantosia sempre più importante sviluppare l’at-tività investigativa e di intelligence dellapolizia penitenziaria, al fine di evitare talifenomeni, consentendo anche quella rac-colta di informazioni necessaria allo svi-luppo delle indagini di polizia.

In tale direzione riteniamo che vada po-tenziata l’attività del NIC(Nucleo InvestigativoCentrale) e modificatatutta quella normativache, attualmente, nonconsente alla polizia pe-nitenziaria di entrare afar parte delle struttureinterforze, come la DIA: inproposito, è stato istituitoil Ruolo tecnico del Corpodi polizia penitenziaria.Un’attenzione particolareva posta, in merito, allaBozza di disegno di leggedel Ministro della Giustizia sulla esecu-

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Caro Papà, mimanchi. Siamostati insieme per

pochi mesi e non mi ri-cordo niente di te. Hoimparato a conoscertisolo attraverso i raccontidella mamma che mi di-ceva molte cose bellesulla nostra vita insieme.Mi sarebbe piaciuto co-noscerti e trascorrere deibei momenti con te,come tutti i papà fannocon i propri figli. Maquesto non ci è stato per-messo perché ti hannoportato via da me quando ancora nonpotevo capire cosa stava succedendo. Non mi ricordo il momento in cuihanno detto che non c’eri più e sonocresciuta con il vuoto della tua as-senza. Quella sera quando te ne sei an-dato, io la mamma e Ilenia, che eranella sua pancia, abbiamo corso ungrande pericolo e tu sei morto per sal-varci. Tante volte mi sono chiesta per-ché ti hanno portato via da me e aquesta domanda non ho mai saputorispondere. La mia vita con te sarebbe stata più fa-cile perché è molto difficile cresceresenza un padre. Ogni volta che ti penso, ti immaginofelice e sorridente, come nelle pochefoto che abbiamo insieme. Per quelloche sei stato, ti voglio bene e sei il mioeroe».

Questa e la letterache FedericaMontalto hascritto nei giorniscorsi al padreGiuseppe, AgenteScelto del Corpodi Polizia Peniten-ziaria in servizioall'Ucciardone,ucciso in un ag-guato mafiosoquindici anni fa aTrapani in con-trada Palma.Federica è statatra gli studenti

che hanno partecipato al concorso in-detto dal Comune di Erice (TP), riservatoagli studenti delle otto scuole ericine, ele-mentari, medie e superiori, dedicato aGiuseppe Montalto. Un concorso inserito all'interno delle ma-nifestazioni Non ti scordar di me, il ciclodi manifestazioni indetto per il terzo annoconsecutivo dal Comune per ricordare levittime della strage di Pizzolungo del 2aprile 1985. Il ricordo di Barbara Rizzo e dei gemel-lini Giuseppe e Salvatore Asta, a 25 annidalla strage in cui furono uccisi da quel-l'autobomba destinata al pm Carlo Pa-lermo, si è intrecciato quest’anno conquello di Giuseppe Montalto.

Gli studenti si sono misurati con diversielaborati dedicati a Montalto. Sono stati proiettati i video:

«Un futuro che viene dal passato»del primo circolo didattico;«Insieme»dell’Alberghiero;«Giuseppe: l’amico che ognuno vor-rebbe avere»dell’istituto comprensivo Castronovo;«Giuseppe Montalto: l’eroismo dellaquotidianità»del comprensivo Pagoto;«Il diario dei quattro giorni dopo l’uc-cisione» del comprensivo Rubino;«Facciamo che» del secondo circolo di-dattico;«Un faro di luce nel mondo» della media Di Stefano.Anche Liliana Riccobene, la moglie diGiuseppe Montalto, oggi è diventata te-stimone della lotta alla mafia, incontragli studenti eracconta la sua storia. Ri-spetto al 1995, lei riconosce che tra igiovani c'è più voglia di fare. E questo èaccaduto anche per suo merito, per il sa-crificio di Giuseppe Montalto e di altri ca-duti, e di altri che ancora oggimantengono un impegno diuturno e ca-rico di sacrifici, ma di grande fedeltà alloStato ed ai suoi cittadini liberi.

La notizia è tratta dal sito web Antimafia2000, non la troverete sul quello dellaPolizia Penitenziaria, non la troverete sualtre pagine web o cartacee dell'Ammini-strazione penitenziaria. Il perché di unsimile comportamento omissivo non loconosciamo, possiamo però segnalarequalche riferimento al lettore che potrà

Nella foto:GiuseppeMontalto

In una lettera FedericaMontalto ricorda il suo papà

ucciso dalla mafia:e il DAP ?

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farsi un'idea del contesto in cui matu-rano certe inadempienze del DAP.

L'INTERESSE DEL DAP IN MERITOALLA QUESTIONE DEL RICORDODEI CADUTI

11 luglio 2006: durante una riunionedella Commissione Ricompense tenutasipresso il DAP, il rappresentante del Sappepropose di realizzare un volume cartaceoin memoria dei caduti della Polizia Peni-

Nella fotoi funerali di GiuseppeMontalto

Era il 23 dicembre del 1995 quando in contrada Palma, in pro-vincia di Trapani, Giuseppe Montalto fu assassinato davantigli occhi della moglie: erano in auto, fermi, sul sedile poste-riore la loro figlioletta, Federica di 10 mesi. La moglie Lilianaancora non lo sapeva, ma in grembo stava crescendo un'altraloro figlia, Ylenia.

Un omicidio per il quale i boss si erano messi pure a gara pereseguirlo. L'alcamese Nino Melodia ebbe a lamentarsi del fattoche alla fine Giovanni Brusca, uomo d'onore di San GiuseppeJato, che nel 1995 faceva il latitante tra le campagne di Trapanie Valderice, non gli disse più nulla. L'ordine di morte era arrivato dall'Ucciardone. Dai boss paler-mitani, dai Madonia: «Ninuccio manda a dire che vuole fattauna cortesia, vuole eliminata una guardia carceraria chesi comporta male».

È a Salemi che si svolsero i summit per decidere e organizzarel'omicidio di Giuseppe Montalto, nella villetta di Rosario Ca-landrino si trovarono i capi mafia di Trapani con Messina De-naro, ebbero anche l'aiuto di una gola profonda dentrol''ufficio della Motorizzazione per individuare chi fosse quel-l'agente: dal carcere infatti avevano fatto sapere che quello dauccidere aveva una Fiat Tipo targato Torino. E così GiuseppeMontalto fu individuato.

fonte: www.poliziapenitenziaria.net

I killer lo attesero la sera del 23 dicembre 1995 davanti casadei suoi suoceri. Non fece in tempo a salire in auto che fu uc-ciso con due colpi di pistola, cadendo addosso alla giovanemoglie che sedeva nel sedile di fianco. «Il regalo di Natale ai detenuti così - raccontarono poi i pen-titi durante il processo - si fanno il Natale più allegro».Quei giorni del 1995 erano stati pesanti per gli agenti dell'Uc-ciardone, più volte avevano ricevuto chiari segnali di pressioneda parte dei detenuti al 41 bis. In questo clima, da aprile 1995 in poi, maturò il delitto. A sca-tenarlo fu il fatto che Montalto impedì al boss palermitano Raf-faele Ganci di passare una lettera al catanese Nitto Santapaola.

Giuseppe Montalto fù ucciso per aver svolto il proprio do-vere al servizio dello Stato e nel 1997 gli è stata assegnata laMedaglia d'oro al Valore Civile con la seguente motivazione:"Preposto al servizio di sorveglianza di esponenti del clanmafioso denominato Cosa Nostra, nonché di criminali sot-toposti al regime carcerario 41 bis, assolveva il propriocompito con fermezza, abnegazione e alto senso del dovere.Proditoriamente fatto segno a colpi d'arma da fuoco in unvile attentato tesogli con efferata ferocia da appartenentiall'organizzazione criminosa, sacrificava la vita a difesadello Stato e delle istituzioni. Località Palma (Trapani), 23

dicembre 1995."

tenziaria. Proposta accolta favorevol-mente dal DAP stesso.• Nel 2006, il Sappe indirizzò al DAP unadelle tante lettere in cui si auspicavanoiniziative per ricordare i caduti delCorpo: un sacrario, un libro, etc. e il 29gennaio del 2008 il DAP espresse laprima timida risposta, manifestando l'in-tenzione di volersi occupare del sacra-rio.• Ma è qualche giorno dopo, il 1° feb-braio del 2008 il DAP fece il primo passoformale, istituendo un gruppo di lavoro

incaricato di «procedere ad attività diricerca e alla realizzazione di un vo-lume dedicato alle vittime apparte-nenti al Corpo».• Il 19 luglio 2008, ancora il Sappescrive al DAP per conoscere gli sviluppidel lavoro svolto dal gruppo di lavoro in-caricato di realizzare il volume cartaceo.• Il 15 ottobre 2008, giorno in cui (inquell'anno) si celebra la Festa del Corpodi Polizia Penitenziaria, non ci sono an-cora notizie sul sacrario ai caduti delCorpo.• Il 24 novembre 2008 ancora nessunsegnale da parte del DAP riguardo il vo-lume cartaceo così come nessuna notiziail 20 gennaio 2009.• Il 15 settembre 2009 muro di gommadel DAP riguardo alle attività del gruppodi lavoro incaricato di realizzare il vo-lume cartaceo alla memoria dei cadutidel Corpo.• Il 12 ottobre 2009 (tre anni e mezzodopo) la prima risposta del DAP ri-guardo lo stato dei lavori per la realizza-zione del volume cartaceo.

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Bologna: Mirko Maragno, un ciclista promettente

Il figlio del nostro collega Gianni Maragno si è confer-mato un buon ciclista passando alla categoria Allievi ri-servata ai nati nel ‘96-’97. Nella sua giovane carriera ha partecipato dall’anno 2007a molte gare ciclistiche di prestigio, prima nella catego-ria G6 giovanissimi, poi in quella degli esordienti EmiliaRomagna, ottenendo buoni piazzamenti. Complimenti al nostro piccolo atleta e al collega GianniMaragno da parte della Rivista per l’impegno profusoche sicuramente verrà premiato.

Festa del guadagnato pensionamento del V. Sovr. te Marco AntonioPorcu, della C.C. di Sanremo, iscritto al Sappe dal 1991. Il collega è stato collocato a riposo dalla CMO Ligure, dopo 30 anni dionorato servizio, per motivi di salute .Alla festa ha partecipato il Vice segretario Sappe della Liguria CosimoGalluzzo, il Segretario Provinciale Vincenzo Russo e il Segretario localeMassimiliano Sanna presenti in tutta la fase dei festeggiamenti. La festasi è tenuta al Ristorante Il pozzo dei desideri di Sanremo. Durante ifesteggiamenti è stato letto un comunicato scritto dal Vice SegretarioRegionale Sappe Cosimo Galluzzo e dedicato al caro amico MarcoPorcu, un momento veramente toccante che ha commosso i diversipartecipanti, colleghi e non. Presenti ad onorare il carissimo collegae militante Sappe da una vita, anche l'ex medico responsabile del pe-

nitenziario sanremese Dr.ssa Sonia Scian-dra e l'attuale medico incaricato LucaCambiaso con la presenza particolaredella affezionatissima infermiera profes-sionale Nadia Castro.

Sanremo: festeggiato il pensionamento delcollega marco Porcu

Turi: presentata larichiesta per unnuovo carcereIl Sindaco del Comune di Turi Vincenzo Gigan-telli, in data 9 febbraio 2010, ha avanzato formalerichiesta al Presidente del Consiglio Silvio Berlu-sconi per la «realizzazione del nuovo Carcere diTuri ai sensi della legge 23 dicembre 2009, n. 191e del DPCM 13 gennaio 2010 “Dichiarazionedello stato di emergenza conseguente all’ecces-sivo affollamento degli Istituti Penitenziari presentisul territorio nazionale”. Nella nota si legge «Siritiene di poter affermare con orgoglio che la po-polazione turese ha sempre accettato la presenzadi una tale istituzione nella consapevolezza dellasua utilità in un sistema istituzionale improntatoalla legalità, al rispetto delle regole ed, al con-tempo, alla pari dignità di tutti gli uomini indiffe-rentemente. Tale consapevolezza ha indottol’Amministrazione a valorizzare ulteriormentel’istituzione con la previsione di strutture chehanno l’obiettivo di integrare le politiche nazionalidi tutela e garanzia della popolazione carceraria.». « In funzione degli scopi indicati, con la pre-sente, in qualità di Sindaco del Comune di Turi,intendo sottoporre alle SS. LL. la proposta di rea-lizzazione di una nuova infrastruttura carcerarianel territorio del nostro Comune, in applicazionedelle procedure straordinarie previste dal DPCM13 gennaio 2010, facendo ricorso alle sommestanziate con la legge finanziaria 2010, art. 1comma 219.

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nei testi di formazione ed aggiornamentoprofessionale per le Forze di Polizia. La (scontata) con-ferma viene con lapubblicazione dellenuove edizioni di al-cuni importanti vo-lumi. Iniziamo con la se-conda edizione diElementi di di-ritto penale per laPolizia giudizia-ria, a cura di Lorisd’Ambrosio e PieroLuigi Vigna (199 pagine,prezzo ! 22), che illustra i principalireati alla cui prevenzione e repressioneè chiamata la Polizia giudiziaria. L’analisidei reati è completata da riferimenti giu-risprudenziali e processuali (compe-tenza, arresto, fermo) e dalla indicazione

degli elementi che differenziano levarie fatti-specie. Nuova edi-zione ancheper gli Ele-menti diprocedurapenale perla Poliziagiudiziaria,a cura di PieroLuigi Vigna(186 pagine,

prezzo ! 22), che con unaesposizione completa ediagevole lettura espone, oltreai princìpi fondamentali cheregolano il codice di proce-dura penale, gli istituti cherilevano per l’attività dellaPolizia giudiziaria, con utiliesemplificazioni e puntualirichiami alle norme del co-dice. Si tratta di uno strumentofinalizzato a rendere più

agevole l’opera della polizia giu-diziaria e ad accrescerne la pro-fessionalità. Seconda edizione anche per laGuida alla redazione

degli atti di Poli-zia giudiziaria, acura di Loris d’Am-brosio (pagine 140,prezzo ! 22), unostrumento di valido aiuto per gliUfficiali e gli Agenti, indispen-sabile guida per una correttaredazione degli atti di poliziagiudiziaria e per una spedita ecompleta compilazione. Arriva l’undicesima edizionedel Prontuario dei con-

trolli di Polizia, di Giovanni Calesini(400 pagine, prezzo ! 34), agile e ta-scabile prontuario che reca una descri-zione sintetica di tutte le violazioni, consanzioni, procedure ed Autorità compe-tenti in materia penale ed amministrativa. Diciannovesima edizione per il volumesecondo della Legislazione com-plementare, anch’esso a cura diPiero Luigi Vigna (768 pagine perun prezzo di 42!), che raccogliele norme penali speciali di mag-gior interesse per gli apparte-nenti al Comparto Sicurezza.Trova il suo naturale completa-mento ne «I codici perl’udienza penale - Volume I»,i cui commenti e annotazioniagevolano una corretta inter-pretazione delle singole dispo-sizioni per una loro

applicazione pratica. Ultima segnalazione, lanuova edizione del fon-damentale Atti di Po-lizia giudiziaria, diBasilio Buzzanca e Fau-sto De Santis (pagine720, integrate da Cd romcon tutti gli atti stampa-bili, prezzo ! 46),un’opera in grado di darerisposta certa ad ogni do-manda che l’operatore di

polizia giudiziaria sipone nell’espleta-mento dell’attività diPolizia GiudiziariaComprende oltre 170formule di atti di Poli-zia Giudiziaria conl’indicazione degliadempimenti chel’operatore deve osser-

vare durante l’esecu-zione e immediatamente dopo. Dedica ampiospazio agli atti nelprocedimento pe-nale dinanzi al giu-dice di pace e aquelli depenaliz-zati. Dispone di tabellesinottiche, del pron-tuario dell’arresto edel fermo aggiornatoe di un CD Rom coni verbali copiabili estampabili.

La nuova edizione èaggiornata con lepiù recenti disposi-zioni, in particolarecon il D.L. 23 feb-braio 2009, n. 11,conv. in legge 23aprile 2009, n. 38“Misure urgenti inmateria di sicurezzapubblica e di contra-sto alla violenza ses-suale, nonché in

tema di atti persecutori” e con la legge15 luglio 2009, n. 94 “Disposizioni inmateria di sicurezza pubblica” (c.d.pacchetto sicurezza). La puntualità degli aggiornamenti appor-tati si prefigge lo scopo di mantenere illavoro sempre fresco, attuale e sicuropunto di riferimento di tutti gli operatoridelle forze polizia, dei frequentatori deicorsi di formazione e aggiornamento,delle polizie locali, degli investigatori pri-vati, dei magistrati e degli avvocati.

erremme! 25

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Gamer

due registi action Neveldine e Tayklor, cultori del-l’adrenalina cinematografica e già autori di Crank edel sequel Crank 2, escono un po’ fuori dai proprischemi e si azzardano nel genere prison movie sha-kerato con la science fiction.

Il leitmotiv del loro film è il presupposto che «Siamo tutticontrollati da qualcuno. Chi ha in mano il joystick dellanostra vita?»La storia è calata in un futuro prossimo venturo (il film è am-bientato nel 2034) dominato da sesso e violenza. In questo al-trove futuristico Kable, interpretato da Gerard Butler, è l’eroedi un programma tv-videogioco (Slayers) in cui venti detenuti,gestiti da altrettanti gamer, devono combattere all’ultimo san-gue tra di loro come antichi gladiatori romani per ottenerecome premio finale la libertà dal carcere.Nel prologo della storia il produttore di videogames Ken Castle(Michael C. Hall) lancia Society: un nuovo gioco con cui èpossibile comandare a distanza un essere umano, con loscopo di vivere una vita virtuale a pagamento. Dopo il successo di questo videogame, Castle lancia un altrogioco: Slayer. Il nuovo gioco, sempre a pagamento, consiste nel controllaredei condannati a morte che si impegnano in missioni moltopericolose con l’ obiettivo di ottenere la liberazione. La prima edizione di questo videogioco ha come protagonista,appunto, Kable, un detenuto condannato per omicidio, cheaccetta di essere controllato dal diciassettenne Simon (LoganLerman) per ottenere la libertà. Ovviamente, Kable si ribellaalle regole del gioco e comincia a lottare contro il sistema.Gamer, per alcuni versi, è quasi un remake de L’implacabile(The Running Man, 1987), con Arnold Schwarzenegger.

La scheda del Film

In alto, lalocandina

del film

sotto,alcunescene

Regia: Mark Neveldine, Brian Taylor Altri titoli: Citizen GameSoggetto e Sceneggiatura: Mark Neveldine, Brian TaylorFotografia: Ekkehart Pollack Musiche: Robb Williamson, Geoff Zanelli Montaggio: Fernando Villena, Peter Amundson, Doobie WhiteScenografia: Jerry Fleming Arredamento: Betty BerberianCostumi: Alix Friedberg Produzione: Lakeshore Entertainment, Albuquerque Studios Distribuzione: MoviemaxPersonaggi ed Interpreti:Kable: Gerard ButlerKen Castle: Michael C. HallGina Parker Smith: Kyra SedgwickSimon: Logan LermanRick Rape: Milo VentimigliaTrace: Alison LohmanSandra: Zoe BellFreek: John LeguizamoAngie: Amber VallettaHackman: Terry CrewsHumanez Dude: Aaron Yoo(Chris 'Ludacris' Bridges) Humanz Brother: Ludacris DJ Twist: Efren RamirezScotch: Johnny WhitworthKat: Christine PriceDelia: Brighid FlemingGenere: Fantascienza, Thriller Durata: 95 minuti Origine: USA, 2009

• Vietato

ai minori

di 14 anni

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a cura diG. B. De Blasis

Cella 211

l giovane Juan Oliver (interpretato da un convincenteAlberto Ammann) è riuscito a farsi assumere comeguardia penitenziaria. Per non sembrare troppo sprov-veduto il primo giorno di servizio, decide di rendersiconto in anticipo del nuovo luogo di lavoro e si presenta

in carcere ventiquattro ore prima.Purtroppo per lui questa non si rivela una scelta felice. Infatti,mentre si trova all’interno del braccio di massima sicurezza,viene colpito alla testa da un pezzo di intonaco che si staccadal soffitto e perde conoscenza. Si risveglierà, più tardi, all’in-terno della cella 211 dove i suoi colleghi l’avevano disteso perandare a cercare soccorso. Nel frattempo, però, proprio all’in-terno della massima sicurezza è scoppiata una rivolta dei dete-nuti capeggiata dal pericolosissimo Malamadre.A questo punto, l’unica speranza di salvezza per Juan Oliver èquella di fingersi anch’egli un detenuto e mimetizzarsi tra glialtri nel cuore della rivolta.Cella 211 è un film di genere che si ispira apertamente al pri-son-movie americano laddove il protagonista, Juan, è un per-sonaggio ordinario calato in un contesto straordinario.Ma un occhio il regista Daniel Monzon lo strizza anche al mae-stro Hitchock allorquando decide di rovesciare i ruoli con ilpersonaggio principale che si finge oppositore per sopravviveree che si scopre, alla fine, capo carismatico e principale fautoredella rivolta carceraria.Una rivolta che, come accade nel miglior cinema di genere, hauna forte connotazione politica e affronta argomenti come lacondizione carceraria e la denuncia delle violenze di regime,le questioni diplomatiche con il governo basco e la gestionedei terroristi dell'ETA.E non manca, infine, la condanna del ruolo strumentalmentefondamentale dei media sull'opinione pubblica.

La scheda del FilmRegia: Daniel MonzónTitolo originale: Celda 211Altri titoli: Cellule 211 - Cell 211Tratto dal romanzo: Celda 211 di Francisco P. GandullSoggetto: Francisco Peréz Gandull (romanzo)Sceneggiatura: Jorge Guerricaechevarría, Daniel Monzón Fotografia: Carles GusiMusiche: Roque BañosMontaggio: Cristina Pastor Scenografia: Antón LagunaCostumi: Montse SanchoProduzione: La Fabrique 2, La Fabrique de Films, Morena Films, Telecinco Cinema, VACA FilmsDistribuzione: Bolero Film Personaggi ed Interpreti:Malamadre: Luis TosarJuan Oliver: Alberto AmmannUtrilla: Antonio ResinesElena: Marta EturaApache: Carlos BardemAlmansa: Manuel MorónReleches: Luis ZaheraTachuela: Vicente RomeroArmando Nieto: Fernando SotoElvis: Jesús CarrozaDirettore del carcere: Manolo SoloGermán: Félix CuberoCalígula: Juan Carlos MangasGenere: Drammatico Durata: 104 minuti Origine: Francia, Spagna 2009

A fianco,la locandina

sotto, alcunescene del film

PRESENTATO ALLA 6ª EDIZIONE DELLE'GIORNATE DEGLI AUTORI' (VENEZIA,2009).

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Nuvola [email protected]

Il restauro di tre porte delle celle

della Vicariaovvero del carcere S. Francesco di Trapani

ell’ottobre del 2008, duranteuna visita alla Vicaria (il vecchiocarcere di Trapani, altrimentidetto San Francesco), il Com-

missario Giuseppe Romano notò che inun angolo dell’androne d’ingresso giace-vano tre porte in legno, due delle qualiappartenevano a delle celle, l’altra erauna porta di sbarramento, di quelle chechiudevano il corridoio della Sezione de-tentiva.

Quelle porte giacevano nel più totale de-grado e quindi, preso da un lampo digenio, chiese al Presidente del ConsiglioProvinciale, Peppe Poma (in quanto ilvecchio carcere è di proprietà della Pro-vincia Regionale di Trapani) se, il Carceredi Trapani si potesse intestare il compitodi restaurare, a costo zero, quelle portee riportarle così al loro antico e tristesplendore.Il Presidente Poma si dimostrò disponi-bile e quindi, dopo aver ricevuto il bene-stare anche dall’architetto Luigi Biondo,della Soprintendenza Beni Culturali diTrapani e chiaramente del Presidentedella Provincia Regionale avv. MimmoTurano, il solerte commissario (che for-tunatamente non aveva incarichi partico-lari di docenze, commissioni, corsi variecc. come quasi tutti gli altri commis-sari...) organizzò il trasporto delle porteal Carcere di San Giuliano.Qui, grazie alla disponibilità dell’alloradirettore, dottoressa Francesca Vazzana,nonché al Capo Area Educatori, dotto-ressa Luisa Marchica, fu elaborato un

progetto, su basevolontaria cheprevedeva la par-tecipazione di n.2detenuti – fale-gnami o restaura-tori – cheavrebbero ese-guito il restaurosotto l’espertaguida dell’assi-stente capo di Po-lizia PenitenziariaLeonardo Di Bella,

nel tempo libero, provetto restauratoredi mobili antichi.Ed è qui, nella falegnameria dell’IstitutoPenale che iniziò il lavoro di restauro,sotto la guida del Commissario Romano,novello storico delle carceri, dal qualeemerse che:a) Le porte c.d. sicure appartenevano adue celle del 1° piano, la n.16 e la n.17.La terza porta, come già detto è un por-toncino di sbarramento dal quale si ac-cedeva all’interno della sezione. Le porteversavano in un grave stato di degrado.Dall’esame delle due porte emerse che lecerniere che giravano sui cardini, nonerano altro che dei chiodi forgiati dal fab-bro ed inseriti a martellate nel legno.Questi chiodi venivano denominati anti-camente chiàncani. Le porte erano originali ed avevano piùdi due secoli di vita, nel corso dei qualiavevano subito continue riparazioni; in-fatti si trovarono delle zeppe di legno lad-dove vi erano dei nodi delle tavole cheerano saltati via; laddove si formavanodei buchi, erano state sovrapposte delle

Sopra, lostato in

cui sonostate

ritrovate le porte

Usualmente, nel Medioevo, il termine “Vicaria” indicavala circoscrizione territoriale su cui aveva giurisdizioneun vicario, cioè il funzionario o comunque un soggettodelegato all’esercizio di un potere decentrato. Nel Regno di Sicilia, la Gran Corte della Vicaria – divisain due ruote – una per le cause civili e una per quellepenali, fu il Tribunale cui spettò la suprema giurisdi-zione.Sin da allora, le strutture carcerarie quasi sempre an-nesse ai tribunali penali provinciali, destinate a conte-nere i detenuti in attesa di giudizio, andarono anch’esseassumendo il nome di “Vicarie”.28

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lapazze di legno, oltre che per coprire ibuchi anche per rinforzare la sicurezzadelle stesse. Gli spioncini furono aggiuntisuccessivamente all’installazione delleporte, poiché inizialmente, sulla portadovevano esserci solo delle minuscolebocche di lupo.Ma, grande sorpresa ed emozione su-scitò nei restauratori la scoperta di quelliche a prima vista potevano sembrare deipiccoli graffi sulla porta, in realtà ad unesame più attento si rivelarono dellestecche (tanto per prendere in prestitouna parola dal linguaggio militare); inquesta stecca, ogni piccola tacca rappre-sentava un mese di galera; infatti ogni 12piccole incisioni ve n’era una più lungache stava ad indicare l’anno trascorso;inoltre da una porta affiorarono dal-l’oblio in cui erano state relegate dallavernice e dalla polvere da oltre 150 anni,delle frasi incise sul legno di larice pro-babilmente con un chiodo che suscita-rono nel Commissario Romano,un’intensa commozione; queste frasi, fu-rono scritte con ogni probabilità da pa-trioti liberali che, venivano trasferiti allaVicarìa, provenienti da ogni parte d’Ita-lia, in transito, per essere poi trasferiti al

loro destino definitivosull’Isola di Favi-gnana (Ergastolo diSanta Caterina o ilBagno Penale di SanGiacomo); Su unaporta fu inciso, daun detenuto,

l’anno:1843.b) La porta di sbarramento, in legno diLarice, inizialmente era a due mezzinema col tempo, forse per intuibili ragionidi sicurezza, fu modificata. Infatti, unavolta sverniciata furono visibili i segni didue ferri che chiudevano la mezzina, unasorta di porta a libro. Visibili anche deitappi in legno dove c’era probabilmenteuna ulteriore serratura di sicurezza.Infine, dopo un lavoro durato un paio dimesi le tre porte della Vicarìa, vera-mente irriconoscibili da come eranostate prese in consegna, vedevano la lucee presto saranno esposte al pubblico af-finchè tutti possano ammirare questi do-cumenti della sofferenza umana.Per la riuscita del progetto, del quale ilCommissario Romano, che è stato il pro-motore e materialmente colui che ha se-guito tutte le fasi del restauro fino allacostruzione di un carrello in metallo suruote in modo da trasportare le porteper eventuali mostre, subì anche dei me-schini attacchi sindacali, ma grazie allasua tenacia oggi i cittadini trapanesi sisono riappropriati di un pezzetto di sto-ria della loro città.Il Commissario Romano ha dimostratoche anche la PoliziaPenitenziaria puòfare cultura.

La stessa porta «prima e dopo»

I GRAFFITI DEL DOLOREDal restauro sono emerse delle frasi in-cise nel legno, dai detenuti, che espri-mono la sofferenza della dura prigionia:NON VE SARA’ PIU’ UOMO IN QUESTA(CELLA?) CHE PASSERA’ TUTTE LE SVEN-TURE... da Pietro Min (Mineo – Minore?)LA CAMERA DEL PIU’ UOMO SVENTORATOINFELICEANNOCENTI PATIRE LO STESSO MORIRE(ovvero patire la galera da innocente èlo stesso che morire)

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Sopra colleghi in moto(Trapani 1950 circa);sotto l’ingresso della Casadi Reclusione di Favignana

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orse per evitare una paralisi dellecarceri rumene ed allontanareintuibili proposte da parte deinostri organi di governo, il Mi-

nistro degli esteri di quel Paese, Diaco-nescu, ha precisato che un Accordo conl’Italia prevede il rimpatrio dei suoi con-cittadini, per scontare la pena in Roma-nia, solo se sono stati condannati in viadefinitiva. Se i processi da noi avessero un iter piùcelere non sarebbero poi così pochi i ro-meni da spedire in quei carceri visto cheloro coprono il 5,71% dei delitti com-messi in Italia. Il 16% dei reati com-messi da stranieri porta la firma di unromeno. Al 30 giugno 2008 su 20617 detenutistranieri in carcere, i romeni erano2828. Nel 2007 a Roma su 3577 stranieriarrestati i rumeni erano 2.689. Il binomio stupro=romeno riempie laterribile cronaca di questi ultimi tempied allora prima di rassegnarmi all’ideache solo i romeni stuprano ho dato percuriosità uno sguardo al rapporto ONU2006 sulla violenza per apprendere, consorpresa, che in 89 dei 192 Stati membrila violenza sessuale non viene punita eanche lì dov’è reato non è detto che siriesca a condannare chi lo ha com-messo.Uno dei posti al mondo dove la donna èpiù rispettata e questo reato è meno fre-quente è l’Indonesia dove la religioneislamica invece lascia immaginare unatotale soggezione della donna (gli stuprili fanno i loro soldati in guerra, per sfre-gio o per torturare il nemico) o il Giap-pone, dove addirittura nellametropolitana, per evitare il fenomenodel palpeggiamento, esistono vagoni“Women only”, solo per donne.Non è possibile, per problemi di spazio,fare il giro del mondo ma può essereutile guardare cosa succede oltre i con-

fini più vicini a casa nostra, tenendo pre-sente che in Italia l’art.609 bis del codicepenale punisce la violenza sessuale conuna pena da 5 a 10 anni che diventa da 6a 12 in presenza di aggravanti, quale adesempio quella commessa su minore dei14 anni.

ROMANIASecondo uno studio citato nel rapportoONU, la Romania resta tra i Paesi europeiquello con l’indice più alto di violenzaalle donne, con 2226 casi nel 2003 e2198 nel 2004. La mentalità dell’uomo romeno – salvoche nelle grandi città - non è cambiatamolto e quindi in certi ambienti carat-terizzati da povertà, promiscuità, disoc-cupazione, consumo esagerato di alcol ostupefacenti la donna è vista come laproprietà assoluta del capofamiglia. Ogni anno in Romania, soprattutto incampagna, migliaia di donne anziane ominorenni vengono stuprate e percosse.La violenza in famiglia è molto diffusa male mogli soffrono in silenzio e quelle cheosano chiedere il divorzio vengono mi-nacciate di morte, tanto che il più dellevolte la polizia è chiamata dai vicini dicasa e non dalle dirette interessate.

Il Codice penale romeno, che dopo la ca-duta di Ceasescu ha abolito l’ergastolo,punisce lo stupro con la reclusione da 3a 10 anni e, se sussistono le aggravanti,lo stupratore può stare dietro le sbarreanche 20 o 25 anni.

ALBANIAIn alcune zone dell’Albania le tradizioniancora legittimano la subordinazionedella donna all’uomo. La violenza familiare, subìta mediamenteda una donna su tre da mariti e partners,è considerata normale e tollerata daistituzioni, polizia e apparato giudi-ziario. In questi territori vige ancora la legge delKanun, un codice di leggi creato intornoal 1400 e trasmesso per secoli, oral-mente, di generazioni in generazioni. Si tratta di una vera e propria raccoltadelle tradizioni giuridiche e degli usi al-banesi di cui determinati strati socialinon riescono a liberarsi.La legge del Kanun legittima la vendettae quando una famiglia subisce un omici-dio si deve vendicare su tutti i familiaridell’altra famiglia entro le prime 24 ore. Secondo un articolo di questo codice ilmarito ha diritto di consigliare e correg-gere la moglie, e, quando disprezza lesue parole e i suoi ordini, può bastonarlae legarla. Se una donna è stuprata davanti alla fa-miglia deve suicidarsi per evitare che ildisonore ricada sui consanguinei.

FRANCIAIn Francia lo stupro è punito con 15 annidi carcere che diventano 20 se lo stupra-tore è un parente o una persona cheabusa della sua autorità sulla vittima. Dal 1990 è riconosciuto anche lo stuproconiugale, intendendosi per stupro qual-siasi atto di penetrazione sessuale, diqualunque natura esso sia, commesso

Aldo Maturo*[email protected]

Stupratori senza confini

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arrivare in tribunale. Forse anche perquesto il 94 per cento dei colpevoli restalibero.L’archiviazione è ricorrente se risultache la vittima e il colpevole già si cono-scevano.

RUSSIASecondo i dati riportati nel rapporto, il40% delle donne sposate è soggetta aviolenza fisica da parte di mariti ubriachima non arrivano al 10% quelle che li de-nunziano perché è necessario non soloriempire dei questionari dalla polizia maanche andare in ospedale per farsi farela certificazione medica.Nella maggioranza dei casi i mariti cheviolentano o picchiano la propria mo-glie non vanno incontro ad alcun tipodi persecuzione da parte della legge.Uno dei motivi è che la legge russa nonriconosce la violenza domestica comeun crimine distinto. I mariti non vengono considerati colpe-voli e la polizia liquida le denunce comeaffari interni alla coppia.E questo in un Paese dove già dal giornoprima dell’8 marzo, Festa della Donna,non si trova più una rosa neanche a pa-garla a peso d’oro perché le donne quelgiorno, semel in anno, vengono som-merse di fiori.

SVIZZERALa Svizzera ha la normativa antistupropiù severa d’Europa ed è previsto l’erga-stolo per criminali sessuomani o vio-lenti, particolarmente pericolosi erefrattari alla terapia.Dal 2004 la violenza sessuale domestica,

sulla persona attraverso la violenza,l’obbligazione, la minaccia o la sor-presa.Anche in questo Paese i dati sono allar-manti con 14.000 casi di stupro nel2005, di cui molti avvenuti nel quartieriperiferici, le banlieues, dove si assistecon sempre maggior frequenza al feno-meno degli stupri collettivi.

BELGIOIn Belgio il reato di stupro è stato rico-nosciuto solo nel 1989 e prevede unapena fino a 20 anni di carcere. Secondo il citato rapporto ONU vengonodenunciati in media sette casi di violenzaal giorno di cui il 50 per cento riguardadonne di oltre 18 anni. Quelli conosciuti, secondo gli addetti ailavori, sarebbero un terzo di quelli effet-tivamente consumati. In sede proces-suale solo una percentuale di circa il40% arriva ad una condanna. Tre volte su quattro lo stupro viene com-messo da persone conosciute e il colpe-vole va ricercato nell’ambito familiareallargato o sul luogo di lavoro, senza di-stinzione di ceto o di razza.

GERMANIAOgni giorno viene violentata più di unaventina di donne. Nel 2005 ci sono stati 8.133 stupri, 6.519violenze sessuali su donne tra i 20 e i 60anni e 13.962 su bambini. E questo in un posto dove solo uno su 20viene denunziato.Il 33,4 per cento degli stupratori stra-

nieri è di origine turca, seguiti dai serbie dagli italiani.Le pene vanno da 1 a 10 anni con un mi-nimo di 5 anni se la violenza è stata com-messa con armi. E’ consideratanaturalmente aggravante la violenza digruppo.

GRAN BRETAGNASecondo le statistiche del Ministero degliInterni inglese le donne stuprate nel 2004-2005 sono state 13.322 cui si aggiungono19.000 episodi di molestie sessuali. La maggioranza delle donne comunquenon presenta la denunzia e due terzi diquelle che lo fanno la ritirano prima di

all’interno della coppia legalmente rico-nosciuta o di fatto, eterosessuale o omo-sessuale, è perseguibile d’ufficio, e nonsolo in seguito a querela da parte dellavittima. Questa può abbandonare il tetto coniu-

gale in caso di pericolo così come la Po-lizia può allontanare da casa il maritoper almeno 30 giorni.Nonostante tale severità nel 2005 ci sonostati 646 stupri.

POLONIAFino a 10 anni fa lo stupro era conside-rato un reato secondario, un criminecontro la moralità e addirittura in qual-che processo si era valutato se l’atteg-giamento provocatorio delle vittimeavesse influito sul comportamento delcolpevole.Con l’ingresso in Europa, Varsavia è statainvitata a rivedere la normativa e la penaè stata portata a 12 anni.Nel 2005 ci sono stati comunque 1987casi di stupro, considerati dagli osser-vatori di dieci volte inferiore a quelloreale.Terminiamo qui il giro per constatareche la violenza sulle donne è un feno-meno connesso alla bestialità dell’uomo,l’uomo senza confine perché il criminenon ha bandiere. Sapere che 89 Paesi al mondo sui 192 fa-centi parte dell’ONU non punisce questoreato ci dice che per la donna la dignitàe il rispetto sono obiettivi culturali an-cora tutti da conquistare.

* Avvocato, già Dirigente dell’Amministrazione Penitenziaria

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Cosa succede nelle prigioni cubane?Fidel Castro ha assicurato più volte che aCuba i prigionieri non vengono torturati enon ci sono esecuzioni extragiudiziali. Il giornalista cubano dissidente AlejandroGonzález Raga, in carcere tra il 2003 e il2008, lo smentisce in un’intervista a ElPaís.«Ho visto prigionieri entrare in cellasulle loro gambe e impiccarsi 24 oredopo. Ho visto prigionieri scompariredopo una notte di pestaggi che tutti po-tevamo sentire per le urla. Nelle carcericubane ci sono esecuzioni extragiudi-ziali, ma non c’è nessuno che possa en-trare per verificarlo”.González Raga è entrato nell’obiettivo delgoverno dopo aver fondato un’agenzia distampa indipendente nella sua città e dopoaver partecipato al progetto Varela, un’ini-ziativa che consisteva nel raccogliere25mila firme per chiedere all’Assembleanazionale di aprire il paese alla democra-zia. La conseguenza dell’iniziativa è stata,nel 2003, la condanna di 75 dissidenti a untotale di 1.400 anni di prigione. GonzálezRaga è stato condannato a 14 anni. Dopoaverne scontati cinque è stato esiliato inSpagna.«Quella di Orlando Zapata non è laprima morte per sciopero della famenelle prigioni cubane. Ci sono almenododici casi documentati. La novità peril governo cubano in questo caso è rap-presentata dall’impatto mediatico che lamorte di Zapata ha avuto in tutto ilmondo». «Di fronte a questa situazione la comu-nità internazionale dovrebbe fare frontecomune, come ha fatto nei confronti delSudafrica a i tempi dell’apartheid. In Su-dafrica le forze al potere discriminavanoper il colore della pelle. A Cuba per il co-lore delle idee».

Castrazione chimica per gli stupratori della provinciadi MendozaNegli ultimi mesi del 2009 i crimini ses-suali nella provincia Argentina di Mendoza,ad ovest del Paese, sono saliti del 30% edè stato stimato che il 70% dei detenuti è re-cidivo: una volta libero le possibilità chetorni a colpire sono molto alte. A questoproposito il Governatore Celso Jaque ha

deciso di prendere seri provvedimenti:pochi giorni fa ha firmato un decreto cheautorizza la castrazione chimica per gli uo-mini condannati per stupro. I trattamenti farmacologici dovrebbero ini-ziare tra poco e i detenuti verranno messidi fronte ad una scelta: sottoporvisi o per-dere completamente i benefici previsti dallalegge. Se non si sottoporanno al tratta-mento, non potranno ottenere alcunosconto di pena e non potranno avanzare ri-chiesta per la libertà vigilata: saranno co-stretti a scontare le loro condanne finoall’ultimo giorno. In molti si stanno già schierando controquesta soluzione che, va ricordato, non èdefinitiva. C’è chi sostiene che la sua effica-cia non è provata al 100% o anche chi,come alcuni psicologi, ricordano che nonè solo la libido a spingere gli stupratori: Ri-durre la libido di un violentatore non ri-solve gli altri problemi che costituiscono ilprofilo di uno stupratore e e il suo deside-rio di minacciare gli altri. Ha detto la sua anche la signora MaríaElena Leuzzi, madre di una vittima e mem-bro dell’Aviv, Ayuda a Víctimas de Violación:Fino a quando non dimostreranno che que-sto trattamento è efficace al 100%, l’unicasoluzione è evitare che queste persone pos-sano tornare in libertà. Possiamo solo tenerli in carcere, semprenelle migliori condizioni possibili.

Il governo decide di non costruirenuove carceri, ricorrerà allemisure alternativeIl governo islandese ha deciso di non co-struire nuove carceri, optando per le mi-sure alternative alla detenzione, nonostantel’aumento delle persone in attesa di scon-tare la pena carceraria. La crescita della popolazione residente e lapresenza nell’isola di organizzazioni crimi-nali internazionali ha causato un aumentodei condannati, a cui l’amministrazione sta-tale ha risposto pianificando pene alterna-tive per i crimini meno gravi e per i soggettiritenuti non pericolosi. Già ora i reclusipossono già beneficiare della libertà con-dizionale dopo aver scontato i tre quartidella pena. Attualmente il paese nordico possiede celledisponibili solo per 145 persone. L’Islandapresenta l’indice di popolazione carcerariapiù basso al mondo, 42 detenuti ogni 100mila persone. Una nullità confrontato coni 754 reclusi ogni 100 mila abitanti degliStati Uniti.

Accusato di omicidio di unabimba, libero dopo 17 annicon la prova del DNAIn carcere, a causa di un ergastolo peromicidio, torna libero grazie alla prova delDNA dopo 17 anni. E’ successo in Giap-pone. Protagonista un ex autista di autobus di unasilo, 63 anni, scagionato da ogni accusa eriabilitato ora a tutti gli effetti. Le disavventure dell’uomo iniziarono nel1991, quando la polizia ritenne compati-bile con il suo DNA del materiale organicoritrovato sul cadavere di una bambina diquattro anni uccisa nel maggio del 1990.

Dal lavoro in fabbrica al carcereper il lancio di un sassoNon vanno a scuola e a volte crescono inun clima tale che si ritrovano in carcere,condannati come se fossero uomini, scon-tando anni di prigione per aver tirato unsasso. Sono una parte dei bambini della Turchia,soprattutto quelli che vivono nelle aree aest del Paese, a maggioranza curda. Qui spesso i bambini sono avviati al lavoroancora piccoli per aiutare la famiglia, sal-tando la scuola. Un’emergenza sociale, se-condo le associazioni umanitarie sentite dalquotidiano Hurriyet, che il governo sta cer-cando di fronteggiare, ma con provvedi-menti che a volte rimangono solo sullacarta. Stando ai dati rilasciati dal Ministerodella Giustizia - non aggiornati dopo il2008 - su 2.622 minori dietro le sbarre inTurchia, 1.440 subiscono lo stesso tratta-mento di detenuti adulti e non scontano laloro pena in istituti idonei. Fra il 2006 e il 2007 quelli finiti sotto pro-cesso secondo la legge anti terrorismo peraver tirato sassi contro la polizia sono stati1.056. Di questi 208 sono finiti in carcere.L’ultima, una quindicenne curda, a gennaioè stata condannata a otto anni di prigione.Nel rapporto 2009 sui progressi della Tur-chia la Ue cita il sistema giudiziario mino-rile come una grossa fonte dipreoccupazione per l’assenza di tribunalidei minori e le leggi antiterrorismo che ac-cusano di terrorismo i bambini che parte-cipano a manifestazioni, nel sud e nelsudest del paese. Un recente rapporto Usa sui diritti umaniin Turchia punta il dito sul sistema giudi-

ISLANDA

GIAPPONECUBA

ARGENTINA

TURCHIA

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fonte: www.pianetacarcere.it

ziario minorile per i bambini accusati diterrorismo, sui matrimoni tra bambini, sullavoro minorile e sull’accesso dei minoriall’educazione e ai servizi sanitari. Il governo si sta preparando a cambiare leleggi antiterrorismo per i minori, ridu-cendo le pene per chi lancia pietre e in-viando i bambini ai tribunale dei minori,ma per Sahin Antakyalioglu, presidenteCentro Diritti Minori di Ankara, non basta,perchè la Turchia viola la Convenzione Onusui diritti dei minori, di cui è firmataria. «I bambini possono essere giudicati daitribunali minorili, ma non serve a nientese non vengono esclusi completamentedalla giurisdizione della legge antiterro-rismo. Non vanno considerati terroristie dovrebbero essere giudicati solo per illancio delle pietre». Critica anche la situazione nel mondo dellavoro. Secondo statistiche ufficiali si cal-cola che i bambini fra i 6 e i 17 anni chelavorano fin Turchia siano 960mila. Il go-verno islamico-moderato sta cercando difronteggiare la situazione, con una campa-gna per incentivare la scolarizzazione.

Il ministero dell’Interno yemenita ha smen-tito le notizie sull’evasione in massa di de-tenuti da un carcere della turbolentaprovincia meridionale di al-Dhalee, dopoun’esplosione. Una fonte del ministero, ci-tata dall’agenzia di stampa locale Saba, haaffermato che si tratta di «indiscrezioniprive di fondamento».�Secondo le notizie,invece, sarebbero oltre 30 i detenuti fuggitidal carcere dopo l’esplosione di un ordi-gno avvenuta in seguito a una serie di vio-lenze scoppiate tra i prigionieri arrestatidurante le manifestazioni secessioniste deigiorni scorsi e gli agenti della sicurezza. «I 20 elementi sovversivi che erano statiarrestati per rissa e atti criminali sonoancora in carcere e nessuno di loro hatentato di fuggire» ha detto la fonte. Secondo quest’ultima sarebbe stato «unodegli elementi sovversivi, identificatonella persona di Faiys Saleh Basbas, alanciare una bomba nascosta tra i vestitiprima che i detenuti fossero perquisiti». La deflagrazione, ha precisato la fonte, haprovocato il ferimento di Basbas e di altrisei detenuti.

Ma, secondo gli addetti ai lavori, intervistatidal quotidiano Hurriyet, nonostante negliultimi 10 anni la situazione sia migliorata,alle migliori intenzioni non corrispondonosempre i risultati più efficaci.«Il sistema di protezione dei minori inTurchia - ha spiegato a Hurriyet Sahin An-takyalioglu, presidente Centro Diritti Minoridi Ankara - In molte aree del Paesequando si parla di diritti dei minori, laTurchia fallisce il rispetto delle regolecontenute nelle convezioni internazio-nali. Il motivo maggiore è che le personeche operano in questi sistema hanno fal-lito nel comprendere l’’essenza delle con-venzioni internazionali e il sistema diprotezione dei fanciulli. La misure sem-plicemente rimangono sulla carta».

Ministro dell’Interno smentisce evasione di detenuti da un carcere del Sud !

YEMEN

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Lettera al Direttore

o letto l’articolo apparso all’ul-tima pagina della vostra rivistaPolizia Penitenziaria n.169 delmese di gennaio 2010 condivi-

dendone appieno il contenuto.Ritengo utile da tempo che organi distampa accedano con frequenza negliistituti penitenziari per dare giusto risaltoal lavoro svolto dalla Polizia Penitenziariala cui immagine è spesso, pubblicamentee infondatamente, insidiata da eventi lut-tuosi che si verificano all’interno degliistituti per cause non ricollegabili al-l’operato della polizia penitenziaria.Al riguardo ritengo rappresentare che, alfine di sgomberare il campo da dubbiche potevano sorgere tra l’opinione pub-blica a seguito di tragici eventi verificatisi

presso questa struttura, si è ritenuto pro-muovere, come da allegati articoli distampa, un incontro con organi di infor-mazione finalizzati allo scopo sopra illu-strato nonché con esponenti enti locali aseguito di un tentativo -recente- di suici-dio scongiurato dalla prontezza di inter-vento di uomini del reparto.Il tutto in una struttura - al pari dellealtre - sovraffollata con le note comuniproblematiche derivanti dalla forza in or-ganico.Tanto trasmetto auspicando il diffondersidi tali iniziative che sinceramente dannoconforto, motivazione e incoraggiamentoal reparto.Voglia gradire i miei cordiali saluti,

F.to Il Direttore della Direzione Istituto Penitenziario Castrovillari

Dott. Fedele Rizzo

La lettera del collega Spanu che ab-

biamo pubblicato sul numero 169, in-

dirizzata fra l’altro al direttore de Il

Manifesto, era evidentemente polemica

e provocatoria nei confronti di certa

stampa e di certo giornalismo senza-

zionalista e morboso che si interessa

al carcere soltanto quando c’è da sbat-

tere il mostro in prima pagina.

Il giornalismo che ci piace, e che è

sempre gradito all’interno degli isti-

tuti, è quello con la “G” maiuscola,

quello interessato ai fatti raccontati

fedelmente.

Questa è la stampa che vorremmo tutti

i giorni a raccontare quello che suc-

cede dentro le mura del carcere.

© 2

010

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De

Blas

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IL MONDO DELL’APPUNTATO CAPUTO

IL DAP GALLEGGIANTE

AVANTI!AVANTI!

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Sappe: la forza nelle radici.

radici salde e profondesostengono

gli alberi piu’ grandi.

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