POLiTiCHE PER LE DiSABiLiTÀ NEWS Disabilità/2013...(IL PROGRAMMA COMPLETO A PAG. 85) NOTIZIE...

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NUMERO 32 – GiUGNO/LUGLiO 2013 1 POLiTiCHE PER LE DiSABiLiTÀ NEWS PERiODiCO TELEMATiCO A CURA DELL'UFFiCiO POLiTiCHE PER LE DiSABiLiTÀ CGiL CORSO D'iTALiA, 25 00198 ROMA E-MAiL [email protected] EVENTI SPECIALI IV CONFERENZA NAZIONALE SULLE POLITICHE DELLE DISABILITÀ BOLOGNA 11 - 12 LUGLIO 2013 (IL PROGRAMMA COMPLETO A PAG. 85) NOTIZIE WELFARE: DA PAG. 6 SCUOLA: DA PAG. 14 LAVORO: DA PAG. 21 EUROPA: DA PAG. 36 VARIE: DA PAG. 45 DAL TERRITORIO DA PAG. 72 NOTIZIE PRINCIPALI DISABILI: CGIL E COMITATO GENITORI INCONTRANO GUERRA, PRIMI SEGNALI IMPORTANTI Pag. 32 DISABILI: CGIL, DOPO SENTENZA UE ABOLIRE NORMA SU 'REPARTI CONFINO' Pag. 38 NOTA UFFICIO GIURIDICO CGIL - SENTENZA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA 4 LUGLIO 2013 Pag.42

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NUMERO 32 – GiUGNO/LUGLiO 2013

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POLiTiCHE PER LE DiSABiLiTÀ NEWS

PERiODiCO TELEMATiCO A CURA DELL'UFFiCiO

POLiTiCHE PER LE DiSABiLiTÀ CGiL

CORSO D'iTALiA, 25

00198 ROMA

E-MAiL [email protected]

EVENTI SPECIALI

IV CONFERENZA NAZIONALE SULLE POLITICHE DELLE DISABILITÀ

BOLOGNA 11 - 12 LUGLIO 2013

(IL PROGRAMMA COMPLETO A PAG. 85)

NOTIZIE

WELFARE: DA PAG. 6

SCUOLA: DA PAG. 14

LAVORO: DA PAG. 21

EUROPA: DA PAG. 36

VARIE: DA PAG. 45

DAL TERRITORIO DA PAG. 72

NOTIZIE PRINCIPALIDISABILI: CGIL E COMITATO GENITORI INCONTRANO GUERRA, PRIMI SEGNALI IMPORTANTI

Pag. 32

DISABILI: CGIL, DOPO SENTENZA UE ABOLIRE NORMA SU 'REPARTI CONFINO'

Pag. 38

NOTA UFFICIO GIURIDICO CGIL - SENTENZA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA 4 LUGLIO 2013

Pag.42

INDICE

WELFARE PAGINA

BOLDRINI: ''FAMIGLIE CON DISABILI NON VANNO LASCIATE SOLE'' 6

DISABILI PENALIZZATI DALLA LEGGE FORNERO 7

IL COMITATO 16 NOVEMBRE AL MINISTERO DELL'ECONOMIA: "IMPEGNO A RIFINANZIARE IL FONDO"

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LA LOTTA AI ''FALSI'' INVALIDI PUNISCE QUELLI VERI. E ANCHE LO STATO CI RIMETTE

9

LIMITI DI REDDITO E PENSIONI DI INVALIDITÀ: DECRETO-LEGGE 10

PIÙ ANZIANI DISABILI MA MENO SUSSIDI 11

PENSIONE D'INVALIDITÀ, GUERRA: "GOVERNO PRONTO A FARE CHIAREZZA SUL CUMULO DEI REDDITI"

12

INVALIDITÀ: IL REDDITO È SOLO INDIVIDUALE 13

SCUOLA PAGINA

BULLISMO IN CLASSE PARLA ROSSI DORIA: "IL FENOMENO AUMENTA, I DOCENTI CHIEDONO FORMAZIONE"

14

FAND CRITICO SULLA PETIZIONE CONTRO I BES: “SU CIRCOLARE MIUR GIUDIZIO POSITIVO”

16

NO ALLE SCUOLE SPECIALI IN QUALUNQUE FORMA17

SUI BES IL MINISTERO CONCEDE IL RINVIO18

IL SIGNIFICATO DI QUEL PIANO PER L’INCLUSIVITÀ19

TAGLIO ALLE ORE DI SOSTEGNO, MINISTERO DELL'ISTRUZIONE CONDANNATO PER DISCRIMINAZIONE

20

LAVORO PAGINA

UNA SETTIMANA DEDICATA ALL'INCLUSIONE LAVORATIVA 21

SOLO 300 MILA DISABILI LAVORANO: ITALIA PEGGIO DI ZAMBIA E MALAWI 22

ADATTARE IL LAVORO AL LAVORATORE E NON VICEVERSA 23

LA CRISI DEL LAVORO È ANCORA PIÙ ASPRA PER CHI È DISABILE 26

2

NO A QUESTO ULTERIORE ATTACCO AL LAVORO DEI DISABILI 27

BLOCCO ASSUNZIONI NELLA PA SE L'ORGANICO È AL COMPLETO. LA PROTESTA: "E' INACCETTABILE"

28

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: CONTRO IL BLOCCO DELLE ASSUNZIONI 29

ASSUNZIONE DEI DISABILI, DAL GOVERNO UN FONDO DI 22 MILIONI 30

ASSUNZIONI OBBLIGATORIE DISABILI: IN PIAZZA CONTRO LA SOSPENSIONE 31

DISABILI: CGIL E COMITATO GENITORI INCONTRANO GUERRA, PRIMI SEGNALI IMPORTANTI

32

LAVORO: SI INTRAVVEDE UN’INVERSIONE DI TENDENZA 33

GUERRA: ''GARANTIRE L'INSERIMENTO LAVORATIVO DEI DISABILI'' 34

CGIL: ''IMPORTANTE INCONTRO TRA GUERRA E FAMIGLIE'' 35

EUROPA PAGINA

SULLE TRACCE DELLE CITTÀ PIÙ ACCESSIBILI D’EUROPA 36

DISABILI: CGIL, DOPO SENTENZA UE ABOLIRE NORMA SU 'REPARTI CONFINO' 38

NORME SU LAVORO DISABILI, ITALIA BOCCIATA 39

LAVORO AI DISABILI. LA CORTE DI GIUSTIZIA EU CONDANNA L'ITALIA 41

ITALIA INADEMPIENTE SUL LAVORO AI DISABILI 41

NOTA UFFICIO GIURIDICO CGIL - SENTENZA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA 4 LUGLIO 2013

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VARIE PAGINA

IL CONTRASSEGNO E LA CAPACITÀ DI DEAMBULARE 45

BETTONI (ANMIL): «QUESTA SENTENZA SIA DI MONITO A CHI BARATTA LA SALUTE CON IL SALARIO»

47

LA DISABILITÀ IN PIENA LUCE NEL MONDO 48

L’ANIEP CAMBIA NOME, MA NON CERTO GLI OBIETTIVI 49

NUOVO ISEE, ANCORA CRITICHE. ANFFAS: “BOZZA DA CAMBIARE, INSIDIE PER I DISABILI”

51

LUIGI QUERINI NUOVO PRESIDENTE UILDM 52

SI RAFFORZA IL MOVIMENTO MONDIALE DELLA DISABILITÀ 53

3

ISEE, INTESA RAGGIUNTA: TUTTE LE REGIONI D'ACCORDO SULLA RIFORMA. L'ANNUNCIO CON GIOVANNINI E DELRIO

54

LA CONTRADDITTORIETÀ DI QUELLA BOZZA SULL’ISEE 55

IL GIURAMENTO DI CRISTIAN: IL RAGAZZO DOWN ORA È ITALIANO 57

CINQUE DIRITTI MONDIALI PER I MALATI DI SLA 58

CONFERENZA DISABILITÀ, GUERRA: "CI SARANNO SEGNALI IMPORTANTI" 59

ADESIONE FP CGIL MANIFESTAZIONE COMITATO GENITORI GIOVANI DISABILI PSICHICI - 3 LUGLIO – P.ZZA MONTECITORIO – ORE 9:30

60

CONFERENZA DISABILITÀ, ECCO DI COSA SI DISCUTERÀ A BOLOGNA 61

GIRO DI VITE PER I FURBETTI DELL'ISEE 63

AL VIA LA CONFERENZA SULLA DISABILITÀ. NAPOLITANO: ''PIÙ ATTENZIONE AI DIRITTI''

64

CONFERENZA DISABILITÀ, BOMPREZZI: "ESTERREFATTO DALL'INDIFFERENZA DEI MEDIA"

65

DISABILI SEMPRE PIÙ DISCRIMINATI. FALSI INVALIDI, UN PROBLEMA CONTENUTO" 66

TRA I DISABILI TASSO DI DISOCCUPAZIONE 4 VOLTE PIÙ ALTO DEI NORMODOTATI 68

GIOVANNINI: “32 MILIONI IN PIÙ PER L’ACCESSO AL LAVORO DEI DISABILI” 69

A BOLOGNA LA CONFERENZA SULLA DISABILITÀ È UN SUCCESSO. MA ORA C'È "UNA MONTAGNA DA SCALARE"

70

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NOTIZIE DAL TERRITORIO PAGINA

“È INVALIDO”. L'INPS COSTRETTO A PAGARE 72

AL FUTURO SINDACO DI ROMA 73

MILANO, ASSISTENZA E VACANZE: LA SPENDING REVIEW COLPISCE LE PERSONE DISABILI

75

MILANO, L’ASSESSORE MAJORINO: “GARANTITI SERVIZI COMPARABILI A QUELLI DEL 2012”

76

POLITICHE REGIONALI E DISABILITÀ: CONVERGENZE E CONTRASTI 77

L'ACCOGLIENZA MAGICA DELLA PAZZINI A NOSTRO FIGLIO DISABILE80

MILANO: PAGANO LA FERMEZZA E IL DIALOGO81

RAGAZZI DISABILI, INCERTEZZA SUL FUTURO LAVORATIVO. APPELLO ALLE ISTITUZIONI

82

I LAVORATORI DISABILI SONO “ACCANTONATI”83

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WELFARE

BOLDRINI: ''FAMIGLIE CON DISABILI NON VANNO LASCIATE SOLE''

Roma - "Capisco bene la sofferenza che c'e' nelle famiglie che si trovano ad affrontare problemi di disabilita'. Lo comprendo perche' le medesime difficolta' sono state affrontate dalla mia famiglia. Uno dei miei quattro fratelli, infatti, soffre di una seria patologia ed il suo destino e' stata l'angoscia dei miei genitori per tutta la vita. Questo vissuto ci ha segnato, ma ci ha anche dato la possibilita' di sviluppare una sensibilita' maggiore". Cosi' la presidente della Camera, Laura Boldrini, nell'incontro con gli ospiti, le famiglie e gli operatori del Centro per disabili 'Arancia' di Tolentino.

"Penso che le famiglie dei disabili non possono essere lasciate sole e che il lavoro delle strutture di sostegno sia importante, dal punto di vista umano, sociale e sanitario. Per i disabili c'e' bisogno di piu' Stato, di piu' aiuto, perche' il livello di civilta' di un Paese si vede anche da questo. Le istituzioni devono avere l'umilta' e la lungimiranza di recepire le istanze che vengono dagli operatori del settore e dalle famiglie per tradurli in provvedimenti legislativi", conclude. "Nei limiti delle mie prerogative cerchero' di sostenere questa causa, seguendo l'iter delle proposte di legge in materia".

(3 giugno 2013)

Fonte: Agenzia DIRE

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DISABILI PENALIZZATI DALLA LEGGE FORNERO

Il consigliere Montoro ha chiesto l'intervento dei parlamentari biellesi. "La senatrice Favero è l'unica ad aver affrontato la questione, proponendo un disegno di legge"

Aveva mandato una lettera a tutti i candidati a Camera e Senato del Biellese prima delle elezioni per far conoscere il dramma dei disabili a seguito della riforma Fornero. Adesso Antonio Montoro, consigliere comunale in quota centrodestra, tira le somme di chi gli ha dato una risposta e di chi effettivamente si è impegnato per presentare in aula ciò che aveva promesso.

“Prima delle elezioni avevo riscontrato l’interesse di Nicoletta Favero, Wilmer Ronzani e Marina Buratti di Fare per fermare il declino (il movimento di Oscar Giannino ndr) – racconta Montoro – poi la Buratti non è riuscita a entrare alla Camera e l'unica che ha portato avanti la questione è stata la senatrice Favero, con un disegno di legge apposito”.

La questione è spinosa: con la riforma Fornero ai lavoratori con un'invalidità riconosciuta superiore al 74% è data la possibilità di richiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa, fino a un massimo di 5 anni, utile per raggiungere la pensione e l'anzianità contributiva.

“Mentre nessun beneficio pensionistico è previsto per i lavoratori con un'invalidità tra il 46% e il 74% - prosegue Antonio Montoro – questi sono equiparati di fatto alle persone sane e sono obbligati a lavorare fino a quasi 70 anni. Inoltre, bisogna ricordare come le commissioni mediche siano sempre più severe per colpa dei furbi che ne hanno approfittato negli anni; oggi raramente arrivano a dare un'invalidità superiore al 74%”.

La senatrice Favero si è mossa presentando un disegno di legge nel quale è richiesto un beneficio anche per i lavoratori con grado di disabilità compreso tra il 46 e il 74%. “Si vorrebbe dare la possibilità di ottenere per ogni anno effettivamente svolto, un mese di bonus per raggiungere in tempi più ridotti la pensione. In 35 anni di lavoro si riuscirebbero a raggiungere quasi 3 anni di contribuzione figurativa – conclude Montoro –. Questo dramma colpisce quasi 400mila famiglie e quindi ha la stessa portata del problema degli esodati. E’ impossibile immaginare che a fronte di una continua perdita di posti di lavoro un invalido in stato di disoccupazione possa ritrovare una collocazione nel mondo del lavoro. È quindi un dovere morale per la politica affrontare la questione”.

(10 giugno 2013)

Fonte: NewsBiella.it

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IL COMITATO 16 NOVEMBRE AL MINISTERO DELL'ECONOMIA: "IMPEGNO A RIFINANZIARE IL FONDO"

Il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, ha ricevuto i rappresentanti del Comitato 16 novembre, impegnandosi a verificare la rapida conclusione dell'iter di ripartizione dei fondi previsti per il 2013 e la possibilità di un "sensibile rifinanziamento" del Fondo

ROMA - Il sottosegretario all'economia, Pier Paolo Baretta, ha ricevuto stamane i rappresentanti del Comitato 16 novembre, che raccoglie i disabili gravi, tra cui i malati di Sla, e i loro familiari. La presidente del Comitato, Laura Flamini, ha sollecitato lo sblocco del Fondo di 275 milioni di euro per la non autosufficienza, stanziato con la legge di stabilità per il 2013 e il cui decreto è oggi alla registrazione della Corte dei Conti. La presidente Flamini ha anche chiesto l'aumento del Fondo e l'individuazione di nuovi criteri per la sua ripartizione. Il sottosegretario si è impegnato a verificare con la Corte dei Conti la rapida conclusione dell'iter del decreto e ad un "sensibile rifinanziamento" del Fondo. Sugli stessi temi il Comitato ha poi incontrato il sottosegretario alla Salute, Paolo Fadda.

All'incontro ha partecipato anche la deputata Franca Biondelli (Pd): "Chiediamo - ha detto - il rapido sblocco del fondo di 275 milioni per la non autosufficienza stanziato con la legge di stabilità del 2013 e ad oggi alla registrazione della Corte dei Conti. Chiediamo anche l'incremento del medesimo Fondo e l'individuazione di nuovi criteri per la sua ripartizione. Il governo si impegni per dare risposte concrete ai disabili gravi e gravissimi che necessitano assistenza 24 ore su 24".

Frattanto il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, nel question time alla Camera, ha illustrato la situazione attuale affermando che "il decreto del riparto del fondo per la non autosufficienza per il 2013 è stato sottoscritto dai ministri competenti il 20 marzo 2013 ed è al vaglio della Corte dei Conti per la necessaria autorizzazione". "Abbiamo sollecitato la Corte per la registrazione - ha detto ancora Giovannini - e il 3 maggio scorso i competenti uffici del ministero hanno provveduto ad anticipare alle Regioni la richiesta programmi attuativi sulla cui base le risorse potranno essere erogate". Nel decreto si prevede "una quota non inferiore al 30 per cento delle risorse assegnate a ogni regione, ad interventi per persone in condizione di disabilità gravissima". "Nello stesso decreto si prevedono interventi per attivazione o il rafforzamento del supporto alla persona e alla sua famiglia al fine di favorire l'autonomia e la permanenza a domicilio adeguando prestazioni all'evoluzione dei modelli di assistenza domiciliare".

(12 giugno 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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LA LOTTA AI ''FALSI'' INVALIDI PUNISCE QUELLI VERI. E ANCHE LO STATO CI RIMETTE

Rapporto sull’invalidità civile curato da Cittadinanzattiva. Iter complicati, scarsa informatizzazione, mesi di attesa: disagi immani per i cittadini e un costo di 58 milioni per lo Stato. E i falsi invalidi sono appena lo 0,04%

ROMA - Mentre si spende e si spande per la lotta ai falsi invalidi (che sono pochi, ma proprio pochi), il cittadino che prova a far domanda per l’invalidità si scontra con un “percorso labirintico e ostile”, con la burocrazia, con la scarsa informatizzazione del sistema, attendendo in media un anno per ottenere i benefici economici connessi contro i 120 giorni stabiliti dalla legge. Pochi falsi invalidi. Per lui la vita è diventata molto più difficile con i provvedimenti assunti negli ultimi anni per contrastare il fenomeno dei cosiddetti “falsi invalidi”. Che, a giudicare dall’enfasi posta dai mass media e dalla politica, dovrebbero essere moltissimi, e invece tali non sono, perché secondo i dati della Guardia di Finanza nel corso dell’intero anno 2012 ne sono stati individuati poco più di mille, esattamente 1047. Un numero che raffrontato a quello degli oltre 2 milioni e 800 mila invalidi civili del nostro paese rappresenta appena lo 0,04% del totale.

Il rapporto 2013. E’ questo uno degli elementi contenuti nel primo Rapporto nazionale sull’invalidità civile e la burocrazia, presentato oggi da Cittadinanzattiva, che nel maggio 2011 aveva lanciato la campagna “Sono un V.i.P. – Very invalid People”. Il Rapporto prende in esame 3.876 segnalazioni giunte al PIT Salute nazionale e alle sedi del Tribunale per i diritti del malato nel corso del 2012.

Un anno di attesa. I provvedimenti assunti negli ultimi anni – fa notare il Rapporto - hanno reso più difficile la concessione dell’invalidità civile. Ad esser lento e farraginoso – afferma Cittadinanzattiva - è tutto il percorso per l’accesso all’invalidità civile, con tempi più lunghi rispetto all’anno precedente: solo per essere convocati a prima visita passano in media 8 mesirispetto ai 6 del 2011, 11 mesi per ricevere il verbale rispetto ai 9 dell’anno precedente. Secondo la Corte dei Conti (relazione 2012), si attendono in media, dalla presentazione della domanda alla chiusura dell’iter, 278 giorni per accertare l’invalidità, 325 per la cecità civile, 344 per la sordità. I costi di tali ritardi ammontano nel solo 2011 a 24 milioni di euro. Se a questi si aggiungono i 34 milioni di spesa per medici convenzionati Inps, siamo ad un totale di 58 mln di euro di fatto “bruciati” dalla cosiddetta caccia ai falsi invalidi.

“Diritti negati”. “E’ inaccettabile che, per contenere la spesa assistenziale, si neghi al cittadino il diritto costituzionale all’invalidità civile, aumentando momenti accertativi e rivedendo al ribasso i criteri reddituali e sanitari per l’assegnazione delle indennità, e al contrario non si semplifichi l’attuale iter amministrativo che oltre a produrre forti ritardi, brucia solo per interessi passivi 24 milioni di euro in un solo anno. Né ci è dato sapere quanti siano e quali provvedimenti siano stati presi nei confronti di quei funzionari Inps e Asl che hanno concesso indebitamente quel numero irrisorio di indennità, accertato dalla Guardia di finanza”, commenta Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva.

(25 giugno 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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LIMITI DI REDDITO E PENSIONI DI INVALIDITÀ: DECRETO-LEGGE

Nella bozza del Decreto-legge approvato ieri dal Governo (Interventi urgenti per la promozione dell’occupazione) c’è anche un articolo che porrà fine (se convertito) alla diatriba sui limiti reddituali da conteggiare ai fini della concessione della pensione agli invalidi civili.

Come si ricorderà nella Circolare INPS 149/2012 era previsto un grave elemento di novità che riguardava i soli invalidi civili al 100% titolari di pensione di invalidità. Fino ad allora il limite reddituale considerato era quello relativo ai redditi strettamente personali. Dal 2013 sarebbe stato considerato anche quello del coniuge.

Quella decisione amministrativa di INPS non si basava su alcun dettato normativo, ma su una Sentenza Corte di Cassazione (Sezione Lavoro) n. 4677/2011 La conseguenza immediata della Circolare sarebbe stata che gli invalidi totali titolari, assieme al coniuge di un reddito lordo annuo superiore a 16.127,30 euro, avrebbero perso il diritto alla pensione (275,87 euro al mese).

In seguito alle opportune reazioni delle associazioni e di una presa di posizione del Ministero del Lavoro, con il Messaggio della Direzione Generale INPS n. 717 del 14 gennaio 2013, INPS ha sospeso l’applicazione di quella disposizione amministrativa. Ma successivamente la Corte di Cassazione (Sezione Lavoro, Sentenza n. 7320 del 22 marzo 2013) aveva ribadito il parere precedente: il reddito è quello dell’interessato e del coniuge, facendo sorgere nuovi timori

Da più parti era stato richiesto l’intervento legislativo e alla Camera era stata deposita nel frattempo una proposta di legge (atti della Camera n. 538, prima firmataria On. Margherita Miotto) finalizzata a fornire una interpretazione autentica favorevole alle persone con disabilità.

Ora, il testo di quella proposta viene ripreso dal Governo che lo inserisce del Decreto legge approvato ieri (e in attesa di pubblicazione).

Finalmente, all’articolo 9 si precisa espressamente che «Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all’articolo 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte».

Se ne attende ora la probabile conversione in legge dopo la discussione in Parlamento.

(26 giugno 2013)

Fonte: HanyLex.org

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PIÙ ANZIANI DISABILI MA MENO SUSSIDI

Ottantenni, in maggioranza donne e con pensioni in media inferiori a 25 sterline a settimana. É questo l'identikit dei circa 1,5 milioni di inglesi che ricevono l'Attendance Allowance (AA). Un assegno sociale versato in contanti settimanalmente.

Ottantenni, in maggioranza donne e con pensioni in media inferiori a 25 sterline a settimana. É questo l'identikit dei circa 1,5 milioni di inglesi che ricevono l'Attendance Allowance (AA). Un assegno sociale versato in contanti settimanalmente dal governo, di importo compreso tra le 59 e le 73 sterline, per proteggere le persone anziane con disabilità dal rischio povertà. Per un costo complessivo annuo di ben 5 miliardi annui. Questo non basta per i ricercatori dallo Strategic Society Centre e dall'Independent Age. Che invitano le autorità a fare di più per i percettori di AA che per sopravvivere devono fare spesso ricorso al sostegno di un membro della famiglia: figli (36,1%) o partner (29,8%). Ma l'elemento più sconfortante per la ricerca è che, ad eccezione dell'assegno governativo, quai un milione di anziani disabili non riceve alcun supporto finanziario dalle autorità locali. Un elemento su cui, dicono i ricercatori, Londra dovrà occuparsi presto visto il costante e inarrestabile invecchiamento della popolazione.

(27 giugno 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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PENSIONE D'INVALIDITÀ, GUERRA: "GOVERNO PRONTO A FARE CHIAREZZA SUL CUMULO DEI REDDITI"

Il viceministro alle Politiche sociali anticipa che il governo è intenzionato a risolvere con un suo intervento la questione del caos interpretativo sulla valutazione del reddito del coniuge per l'ottenimento dell'assegno di invalidità. In Parlamento c'è una proposta di legge, ma i tempi potrebbero stringersi ancora

ROMA -Il Governo è deciso a fare chiarezza sulla questione del cumulo dei redditi per la pensione di invalidità civile, e molto presto in Consiglio dei ministri potrebbe arrivare la proposta di introdurre una norma chiarificatrice per sanare la situazione, che versa in un caos interpretativo. A dirlo è il viceministro alle Politiche sociali, Maria Cecilia Guerra. Parlando alla presentazione del rapporto di Cittadinanzattiva sulla invalidità, ha affermato: "Il nostro obiettivo è accelerare il percorso del disegno legge 538 per fare chiarezza sui criteri-sottolinea Guerra -. Ma stiamo anche cercando di anticiparlo introducendo una norma per sanare la situazione interpretativa. Presto andremo in Consiglio dei ministri".

La vicenda del cumulo dei redditi è scoppiata a fine 2012 quando una circolare dell'Inps (n. 149/2012) annunciava che dal primo gennaio 2013 sarebbe stata assegnata la pensione di invalidità agli invalidi con un reddito familiare, e non più personale, non superiore ai limiti di legge (quest'anno pari a euro 16.127,30). La decisione era poi stata messa in standby (messaggio Inps n. 717/2013) su suggerimento del ministero del Lavoro."Se fossero considerati i redditi anche dei coniugi - sottolinea Tonino Aceti di Cittadinanzattiva -perderebbero la pensione di invalidità 850mila persone".

La revisione dei criteri da parte dell'Inps era nata in adeguamento alle diverse sentenze della Corte di Cassazione che avevano visto l'ente di previdenza prevalere in giudizio su questioni attinentii proprio alle condizioni economiche per il riconoscimento della pensione d'inabilità. Una decisione, che però, ha visto scendere sul piede di guerra diverse associazioni, che denunciavano come considerare anche il reddito del coniuge volesse dire togliere l'invalidità a migliaia di aventi diritto. Nel marzo scorso è stata quindi annunciata la proposta di legge 538 (prima firmatariaMargherita Miotto) per risolvere la confusa vicenda. Parallelamente il ministero del Lavoro (allora guidato da Elsa Fornero), dopo aver chiesto all'Inps di sospendere l'applicazione della circolare, aveva avviato un'istruttoria per decidere come sanare la vicenda. E domani potrebbe arrivare il chiarimento, che invalidi e associazioni aspettano da diversi mesi. (ec)

(26 giugno 2013)

Fonte: SuperAbile.it

12

INVALIDITÀ: IL REDDITO È SOLO INDIVIDUALE

di Sara De Carli

Mossa a sorpresa del Governo che mette fine a un'annosa questione: il reddito da considerare per l'invalidità sarà solo quello individuale della persona disabile

Mossa a sorpresa del Governo Letta, passata peraltro ingiustamente abbastanza sotto silenzio: al contrario di quello che pensavano e suggerivano (neanche troppo velatamente) Insp, Corte di Cassazione e molti eminenti consiglieri politici, il Consiglio dei Ministri ha deciso che «il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e invalidi civili è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell’IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte».

È scritto nero su bianco nel Decreto legge n. 76 del 28 giugno 2013, noto come “Misure straordinarie per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, e della coesione sociale (in allegato, trovate l’articolo alla pagina 17). Tale frase chiarificatrice va inserita dopo il sesto comma dell’articolo 14-septies del decreto legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33.

La questione dovrebbe così essere chiusa una volta per tutte, senza più che i disabili debbamo temere colpi di mano come quello tentato dall’Inps la vigilia di Natale del 2012.

(5 luglio 2013)Fonte:: Vita.it

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SCUOLA

BULLISMO IN CLASSE PARLA ROSSI DORIA: "IL FENOMENO AUMENTA, I DOCENTI CHIEDONO FORMAZIONE"

Secondo il sottosegretario all'Istruzione cresce il numero di casi in Italia, ma c'è anche una maggiore presa di coscienza dei docenti, che chiedono più formazione. "Si può intervenire in maniera più articolata e competente"

ROMA - "Bullismo in aumento nelle scuole italiane, probabilmente per una maggiore presa di coscienza del problema". Così il sottosegretario all'Istruzione, Marco Rossi Doria, sul bullismo negli istituti scolastici dopo che recenti fatti di cronaca hanno riportato il problema sulle pagine dei quotidiani. "È vero che il fenomeno, anche nella sua definizione corretta, è in aumento - afferma Rossi Doria -, ma in questi casi c'è sempre un'ambiguità. La domanda è sempre la stessa: il fenomeno aumenta perché siamo più consapevoli o perché è realmente aumentato? Non lo sappiamo. Io penso che ci sia più consapevolezza".

Fondamentale definire con chiarezza il fenomeno bullismo. "Spesso, fatti che non riguardano il bullismo vengono inseriti in questa categoria - spiega il sottosegretario -. Faccio un esempio: una rissa tra ragazzi non è bullismo, uno sfottò momentaneo o una telefonata per prendere in giro un compagno una volta non è bullismo. C'è una tendenza a dare questa etichetta a fenomeni diversi". Una definizione ampiamente riconosciuta e condivisa del bullismo c'è, anche se abbastanza datata. "Il bullismo è stato codificato a livello internazionale sul finire degli anni 60 del secolo scorso - precisa il sottosegretario - per essere quella cosa per cui un gruppo o un singolo, manifestamente più forte della vittima, ha un comportamento che va dall'offesa verbale fino all'aggressione fisica, prolungata e ripetuta nel tempo senza la difesa esterna". Tuttavia, aggiunge Rossi Doria, per i fatti più gravi, il voto in condotta non conta più. "Occorre fare anche una distinzione tra bullismo e attività penale - aggiunge -. Se cinque persone picchiano un ragazzo più piccolo siamo oltre il bullismo, siamo nel codice penale. Possiamo sempre dire che è il prodotto più estremo nato dal bullismo, ma in quel caso si interviene col codice penale".

Per il sottosegretario, la risposta a questo fenomeno c'è e così come una maggiore consapevolezza da parte del corpo docente. "Ci sono stati molti progetti sul bullismo, direi quasi in tutte le province italiane e in varie migliaia di scuole - specifica Rossi Doria -. Sono per lo più concentrati a partire dalla scuola media. Tuttavia, gli insegnanti, che sono adulti competenti e responsabili, quando vedono una situazione di questo tipo intervengono. Su 8 milioni di ragazzini, 800mila insegnanti, la quantità di interventi educativi ragionevoli è molto elevata perché la scuola italiana, rispetto ad altri modelli, è attenta alle relazione e molti genitori delle vittime lo riconoscono".

Non mancano, però, i progetti strutturati. "Ci sono gruppi di discussione in cui si dà parola alla vittima, dove si ricrea il senso comunitario del gruppo classe, si ristabiliscono le regole e si lavora sui termini emotivi, affettivi e comportamentali dei ragazzi. Non c'è bisogno, in genere, di uno psicologo. A volte ci sono degli incontri organizzati da esperti, per aiutare gli insegnanti a capire le dinamiche che favoriscono la prevenzione". Ci sono anche progetti più specifici, necessari quando si "supera una certa soglia". "Ad esempio, quando vengono pubblicate foto di un certo tipo online - aggiunge il sottosegretario -, se ci sono reiterate telefonate o minacce sui cellulari, se un gruppo più forte fa bullismo. Ci sono progetti che vanno oltre i confini della scuola, che prendono in considerazione anche il percorso da casa". Non mancano gli istituti modello, dove il bullismo è ridotto a zero, o quasi. "Non sono tutte - spiega Rossi Doria -, ma molte. Sono quelle scuole che

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stipulano il patto educativo tra insegnanti e genitori nella condivisione e distinzione tra famiglia e scuola. Fanno prevenzione. Gli insegnanti fanno anche colloqui di gruppo o individuali con i singoli ragazzi e attività comunitarie col tempo prolungato". Dai docenti, però, è in aumento la richiesta di formazione sul fenomeno. "C'è una richiesta di formazione su tutte le materie emotivo-relazionali - aggiunge il sottosegretario -. Per questo penso che ci voglia una forte riflessione sul tema. Ne abbiamo parlato molto brevemente col ministro, siamo ancora agli inizi di questa collaborazione, ma è vero: registro una fortissima richiesta di formazione a cui la scuola già risponde, ma si può intervenire in maniera più articolata e competente". (ga)

(3 giugno 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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FAND CRITICO SULLA PETIZIONE CONTRO I BES: “SU CIRCOLARE MIUR GIUDIZIO POSITIVO”

Il presidente Pagano sottolinea ''lo scrupolo con cui si è giunti alla emanazione della circolare ministeriale n. 8 e gli sforzi profusi dal ministero per mettere in campo maggiori risorse da destinare al sostegno''

ROMA - La Fand, Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità, non condivide il giudizio negativo espresso dai promotori di una petizione on line in merito alla circolare ministeriale del Miur n. 8/2013 riguardante i Bes, ovvero i bisogni educativi speciali. Lo afferma l’organizzazione in una nota appena diffusa. “Gli organizzatori di tale petizione rimarcano la preoccupazione che in un prossimo futuro non verrà concesso il sostegno agli alunni con disabilità lieve e che il sostegno sarà oggetto di tagli con gravi conseguenze, soprattutto per le famiglie – scrive il presidente della Federazione Giovanni Pagano -. Noi invece evidenziamo che negli incontri avuti con il Miur, soprattutto in sede di Osservatorio per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, non sono emerse siffatte preoccupazioni né si è avuto sentore di tentativi in tal senso”. Pagano sottolinea invece “lo scrupolo con cui si è giunti alla emanazione della circolare ministeriale n. 8, il proficuo lavoro svolto tra il Miur e la Fand, unitamente alla Fish, e anche l’impegno e gli sforzi profusi dal ministero per mettere in campo maggiori risorse da destinare al sostegno”.

(10 giugno 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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NO ALLE SCUOLE SPECIALI IN QUALUNQUE FORMA

Roberto Speziale, presidente di Anffas, ribadisce il «no secco e definitivo a qualunque forma di limitazione all’inclusione sociale e scolastica delle persone con disabilità».

Un «no secco e definitivo» è quello che ribadisce Roberto Speziale presidente nazionale di Anffas onlus (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale). Il fatto è che sulla stampa è arrivata la notizia di una mozione approvata dal Consiglio Comunale di Palermo in merito alla “istituzione di una scuola materna per bambini affetti da sindrome autistica” e delle dichiarazioni che in merito si sono susseguite da parte di vari esponenti politici ed istituzionali di livello nazionale e locale, nonché della replica da parte dello stesso Comune di Palermo che smentisce l’intento della costituzione di una scuola speciale.

Proprio per questo Anffas onlus che rappresenta oltre 15mila famiglie in tutta Italia, tra le quali moltissime con figli o congiunti con disturbi dello spettro autistico, in una nota sottolinea «l’assoluta e ferma contrarietà nei confronti di qualsiasi tentativo, di qualsiasi natura, di creazione di classi o scuole speciali per gli alunni con disabilità».

«L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e soprattutto di quelli con disabilità intellettiva e/o relazionale è un tema complesso e delicato, che – pur essendo esattamente declinato dalla normativa nazionale ed internazionale (in primis la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità) – continua a subire costanti e spesso subdoli attacchi sia nella prassi che in atti molto spesso presentati come migliorativi, ma che nei fatti si limitano a perpetrare sistemi di esclusione e discriminazione, frutto di un retaggio che ancora in Italia - nonostante infiniti sforzi – davvero ancora non si riesce a superare», precisa quindi Roberto Speziale, presidente Nazionale dell’associazione.

Da qui deriva la necessità per il presidente Speziale di ribadire con fermezza quel «no secco e definitivo a qualunque forma di limitazione all’inclusione sociale e scolastica delle persone con disabilità, che hanno diritto ad essere incluse e ad apportare il proprio contributo in ogni aspetto della vita della comunità, a partire da quello fondamentale della scuola». Prendendo quindi spunto dalle vicenda di Palermo, conclude Speziale «desideriamo sottolineare come siano ancora necessari interventi consistenti - a partire dalla formazione e responsabilizzazione dell’intero corpo docente e non solo di quello deputato al sostegno e del personale scolastico e di assistenza in generale e alla valutazione e monitoraggio del reale rispetto delle norme e dei livelli di qualità dell’inclusione scolastica - per migliorare realmente il diritto all’istruzione degli alunni con disabilità, anche grave e gravissima, sui quali invitiamo tutte le Istituzioni a concentrare attenzione, impegno e responsabilità, piuttosto che puntare su iniziative che rischiano invece di determinare pericolose derive ed arretramenti».

(19 giugno 2013)

Fonte: Vita.it

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SUI BES IL MINISTERO CONCEDE IL RINVIO

di Sara De Carli

Con la fine delle scuole, si scalda il dibattito sui bisogni educativi speciali. E il MIUR concede un rinvio: «il prossimo anno sarà per la sperimentazione

Nessuno stop sui BES-bisogni educativi speciali. Lo ha confermato il ministro Maria Chiara Carrozza, intervenendo davanti alle commissioni VII del Senato e della Camera. La richiesta era arrivata dall’onorevole Gianluca Vacca (M5S), insegnante, a seguito del montare delle polemiche sulla circolare sui bisogni educativi speciali. «Non può essere assecondata la richiesta di sospendere l'attuazione dei BES», ha detto il ministro. Un rinvio però è arrivato, almeno sulla burocrazia. Nelle ultime settimane infatti il mondo della scuola si è accorto della direttiva sui BES-bisogni educativi speciali, emanata a fine dicembre 2012. In tutta Italia si sono moltiplicati gli incontri e le discussioni sul tema, in vista del prossimo anno scolastico, con un ulteriore crescere del dibattito sulla presunta introduzione dei BES come strumento per diminuire il numero degli insegnanti di sostegno.

Il ministro Carrozza ha precisato che questo timore è privo di fondamento e ha ribadito la volontà di condurre in organico di diritto per il prossimo anno scolastico 27mila docenti di sostegno, portando l’organico di diritto da 63.348 a 90.000, cioè dal 64% al 90% del totale (101.272). Questo per «dare segnali immediati di attenzione al precariato, soprattutto quello che lavora con una fascia della popolazione scolastica che necessita di continuità nel percorso didattico e relazionale. Tale incremento dei posti di sostegno in organico di diritto non implica assolutamente una diminuzione complessiva del numero di insegnanti di sostegno: resta inalterato che le ulteriori esigenze saranno coperte con il cd organico di fatto». Il 27 giugno poi il Miur ha dato nuove indicazioni sull’attuazione della direttiva sui BES (27 dicembre 2012) e della circolare ministeriale ad essa collegata (CM 8/2013). Tale circolare prevede che a fine anno scolastico (quindi in questi giorni) il Gruppo di lavoro per l’inclusione di ciascuna scuola elabori un Piano Annuale per l’Inclusività: la nota di tre giorni fa (in allegato) concede più tempo per la presentazione del PAI («ciascun Ufficio Scolastico Regionale definirà tempi e modi per la restituzione del PAI»), tenuto conto che il prossimo anno sarà essenzialmente un anno da utilizzare per «sperimentare e monitorare procedure, metodologie e pratiche organizzative». A questo fine il Miur invita fin da ora le scuole e gli URS a segnalare le pratiche migliori.La nota firmata da Lucrezia Stellacci, capo dipartimento del Miur, precisa poi che «il PAI non va inteso come un ulteriore adempimento burocratico, bensì come uno strumento che possa contribuire ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi». In sostanza, scrive Stellacci, il PAI non va inteso come un piano per gli alunni con BES, ma come «lo strumento per progettare la propria offerta formativa in senso inclusivo».

(01 luglio 2013)

Fonte: Vita.it

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IL SIGNIFICATO DI QUEL PIANO PER L’INCLUSIVITÀ

di Salvatore Nocera

Oltre a fissare le date entro cui dovrà essere approvato, una Nota Ministeriale dei giorni scorsi approfondisce, in modo assai utile, il significato del Piano Annuale dell’Inclusività (PAI), che «non va inteso come un ulteriore adempimento burocratico, bensì come uno strumento che possa realmente contribuire a creare un contesto educante, dove realizzare concretamente la scuola “per tutti e per ciascuno”»

L’attuale normativa per la scuola prevede come strumento programmatorio la formulazione del Piano Annuale per l’Inclusività (PAI o Piano delle Attività Inclusive), che dev’essere predisposto dal Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI) e approvato dal Collegio dei Docenti. In sostanza, esso deve annualmente individuare gli aspetti di forza e di debolezza delle attività inclusive svolte dalla scuola e quindi predisporre un piano delle risorse da offrire (e richiedere) a soggetti pubblici e del privato sociale, per impostare, in vista dell’anno scolastico successivo, una migliore accoglienza degli alunni che richiedono particolare attenzione e di quelli con diversi Bisogni Educativi Speciali. Il documento dev’essere parte integrante del Piano dell’Offerta Formativa (POF), del quale è quindi la premessa.

Per questo, nei mesi scorsi, la Circolare Ministeriale 8/13 ha previsto che il PAI debba essere approvato annualmente entro giugno. E tuttavia – alla luce della brevità di tempo intercorrente tra la data di emanazione della Circolare 8/13 (8 marzo scorso) e quella di redazione e approvazione del primo PAI, in molte scuole si è prodotta una forte resistenza per la sua formulazione, recepita e fatta propria anche dalle forze sindacali, ciò che ha costretto il Ministero a diramare nei giorni scorsi una specifica Nota (Protocollo n. 1551, del 27 giugno 2013), con la quale si demanda ai singoli Uffici Scolastici Regionali la fissazione della data entro la quale il PAI dovrà essere approvato e inviato agli stessi. Nella stessa Nota, inoltre, si precisa che l’anno scolastico 2013-2014 sarà dedicato alla sperimentazione del PAI e alla raccolta da parte del Ministero delle esperienze migliori.

Il documento citato è importante perché approfondisce nel modo seguente il significato di programmazione didattica del PAI. Vi si scrive infatti che quest’ultimo «non va inteso come un ulteriore adempimento burocratico, bensì come uno strumento che possa contribuire ad accrescere la consapevolezza dell’intera comunità educante sulla centralità e la trasversalità dei processi inclusivi in relazione alla qualità dei “risultati” educativi, per creare un contesto educante dove realizzare concretamente la scuola “per tutti e per ciascuno”» [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».La Nota Ministeriale precisa altresì che il PAI non è un piano «per i soli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES)», riguardando invece la programmazione generale della didattica della scuola, al fine di favorirne la crescita nella qualità dell’offerta formativa. In questa migliore luce chiarificatrice, quindi, il documento ben si colloca – a parere di chi scrive – nel quadro dell’autovalutazione e valutazione della qualità della scuola, che dovrà realizzarsi a seguito dell’approvazione del Decreto Legislativo 13/13.

(01 luglio 2013)

Fonte: Superando.it

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TAGLIO ALLE ORE DI SOSTEGNO, MINISTERO DELL'ISTRUZIONE CONDANNATO PER DISCRIMINAZIONE

Per il Tribunale di Milano il diritto allo studio non può essere"ridotto" per esigenze di bilancio. La vittoria di 16 alunni disabili e della Ledha, che hanno ottenuto il ripristino della presenza degli insegnanti per tutto il tempo di cui hanno bisogno

MILANO - Non ci sono più scuse: il diritto allo studio per gli alunni con disabilità va garantito sempre. Nessun taglio al bilancio può giustificare una riduzione delle ore di sostegno. È quanto ha stabilito la prima sezione civile del Tribunale di Milano che ha condannato per discriminazione il Ministero della pubblica istruzione (Miur), dopo che 16 ragazzi con disabilità, nel corso dell'anno scolastico 2012-2013, si erano visti assegnare un numero di ore di sostegno inferiore alle loro esigenze. Soddisfatto il presidente di Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità), Franco Bomprezzi "per il contenuto di questa sentenza che si inserisce splendidamente nel filone giurisprudenziale del rispetto del principio di non discriminazione, contenuto nella Convenzione Onu e reso esigibile grazie alla legge 67/2006".

Oggetto del ricorso (presentato da Ledha e da 16 famiglie) sono stati i provvedimenti adottati dal Miur tra l'aprile 2010 e il luglio 2012, con cui aveva ridotto il numero di insegnanti di sostegno a fronte di un incremento del numero di studenti con disabilità. E così, per esempio, L.T., iscritta in terza superiore, ha potuto usufruire solo di 6 ore di sostegno al posto delle 18 ore di sostegno settimanali previste dal suo piano formativo.

"Leggendo le motivazioni addotte a difesa, da parte delle istituzioni scolastiche e del Ministero non posso non rilevare con preoccupazione il continuo riferimento alla necessità di contenere i costi e la convinzione di poter agire in un quadro normativo di grande discrezionalità - sottolinea Franco Bomprezzi -. Ecco perché ancora una volta si deve chiedere alla magistratura di intervenire per ristabilire la qualità del diritto all'inclusione scolastica". L'auspicio di Ledha è che con il prossimo anno scolastico, simili episodi discriminatori non si ripetano più.

La sentenza del Tribunale di Milano, da questo punto di vista, rappresenta un importante passo in avanti. "Il giudice, oltre a sanzionare il comportamento del Ministero, per evitare possibili ripetizioni delle condotte discriminatorie accertate ha ordinato che per il prossimo anno scolastico l'Amministrazione fornisca tutte le ore che verranno indicate nel Piano educativo individualizzato per gli alunni che hanno promosso l'azione", aggiunge l'avvocato Livio Neri. È quello che, nel diritto antidiscriminatorio, viene chiamato piano di rimozione: "Ovvero una misura per evitare nel futuro il reiterarsi della discriminazione accertata". Gaetano De Luca, avvocato del Servizio legale Ledha, evidenzia inoltre come questa sentenza sia un precedente giurisprudenziale molto importante: "Il Tribunale ha riconosciuto una condotta discriminatoria non solo nel taglio delle ore di sostegno rispetto gli anni passati - spiega - ma anche nella sostanziale inadeguatezza del numero di ore rispetto a quelle ritenute necessarie dal Gruppo di lavoro operativo (Glho)" (dp)

(15 luglio 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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LAVORO

UNA SETTIMANA DEDICATA ALL'INCLUSIONE LAVORATIVA

di Carmen Morrone

Mercoledì 5 giugno a Milano si svolgeranno due importanti eventi. Alla Fiera Milano City, dalle ore 16, si terrà un incontro organizzato nell’ambito di Reatch Italia 2013, la fiera che si occupa di disabilità. Nella sede di via San Paolo 12 della Banca Popolare di Milano, dalle ore 10, si svolgerà l’annuale Career Forum Diversitalavoro.

I disabili oggi in Italia sfiorano i 4milioni. Nel 2011, quando l’Istat svolse la ricerca sull’inclusione lavorativa, erano qualche centinaio di meno. Da quel rapporto, che rimane il più recente, emergono i dati seguenti: fra le persone con disabilità fra i 15 e i 74 anni, sono 300mila quelli che lavorano, vale a dire il 16%. Le persone inattive sono l’81,2%. Le persone che non sono mai entrate nel mercato del lavoro sono 250mila, la quasi totalità donne, pari al 13%.

Per fare il punto e trovare spunti per altri scenari è stato organizzato il convegno “Categorie protette: una risorsa per il mondo del lavoro, un ‘opportunità per le aziende” a cui interveranno Francesco Conci, Direttore esecutivo Fiera Milano Congressi, Paolo Citterio, Presidente di G.I.D.P., Antonio Maria Di Marco Pizzongolo, Direttore Inps di Brescia, Francesca Contardi, Amministratore Delegato Page Personnel, Claudio Soldà, Csr & Public Affairs manager e Segretario Generale Fondazione Adecco per le pari opportunità, Francesco Levantini, IT educational specialist IBM, Claudio Messori, responsabile delle politiche di inserimento lavorativo di Anmil. L’evento promosso da Reatech Italia sarà anche l’occasione per presentare i dati di un’indagine realizzata su un campione di direttori del personale, circa i ruoli e le aree aziendali a cui sono destinati i candidati, come avviene il loro inserimento, le difficoltà che spesso le aziende incontrano nel trovarli e selezionarli. Nella mattinata, dalle 10 alle 16, a Milano si tiene il Career Forum Diversitalavoro con le sue opportunità di orientamento e lavoro. Ecco l'elenco delle aziende: A2A, ABB, Allianz, AgustaWestland, Apple, Arval Gruppo BNP Paribas, Banca Popolare di Milano, BNL Gruppo BNP Paribas, Bosch, Danone, Edison, EMC2, Eni, Ernst & Young, Henkel, H3G, Hilti, JT International Italia, IBM, Intesa Sanpaolo, L’Oréal, Mazars, Mapei, Michelin Italiana, Mondelez International, Nestlé, Pirelli, Reale Mutua Assicurazioni, Roche, Terna, TXT E-Solutions. Ernst & Young partecipa in modalità web, con annunci pubblicati sul sito. Diversitalavoro, è promossa da People, Fondazione Sodalitas, UNAR e Fondazione Adecco per le Pari Opportunità, ha l'obiettivo di facilitare l'inserimento lavorativo di persone con disabilità, di persone di origine straniera e di persone trans gender.

Durante l’anno, Diversitalavoro offre seminari e workshop gratuiti per candidati, recruiter e aziende. Il portale www.diversitalavoro.it è il modo per restare sempre aggiornati e trovare informazioni sulle iniziative, consultare le opportunità di lavoro disponibili e candidarsi direttamente inviando il proprio cv e preparando la propria partecipazione al Career Forum Diversitalavoro.

(3 giugno 2013)Fonte: Vita.it

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SOLO 300 MILA DISABILI LAVORANO: ITALIA PEGGIO DI ZAMBIA E MALAWI

Ricerca di Reatech. Sono il 16 per cento del totale. Mentre nei due paesi si arriva a oltre il 40 per cento. Per il 66,7 per cento dei direttori del personale la colpa è della normativa che prevede l'escamotage di pagare per ogni disabile non assunto

MILANO – Peggio di Zambia e Malawi. In Italia, trovare un lavoro per una persona con disabilità è come vincere al lotto. I fortunati sono 300 mila, il 16 per cento del totale. Nei due Paesi africani, secondo il World report on disability, gli impiegati sono rispettivamente il 45,5 per cento e il 42,3 per cento. Gli inattivi italiani tra le persone con disabilità sono l'81,2 per cento, quasi il doppio rispetto a chi non lavora nel resto della popolazione tra i 15 e i 74 anni. Dei 250 mila disabili che restano a casa, la quasi totalità è donna. Sono i dati della ricerca Reatech Italia, la rassegna di Fiera Milano dedicata alla disabilità. Per invertire la tendenza, Reatech Italia lancia, per ottobre, una tre giorni (dal 10 al 12) per far incontrare le aziende con i candidati. Ma prima è necessario cambiare la norma su "categorie fragili", la legge 69 del 1999. Almeno questa è la posizione del 66,7 per cento dei 4 mila direttori del personale iscritti alla G.i.d.p., l'Associazione direttori risorse umane, partner di Reatech per la ricerca. Troppo facile, infatti, evitare di assumere la quota di persone appartenenti alle "categorie protette" (oltre alle persone con disabilità vedove e orfani del lavoro, per servizio, di guerra e i profughi italiani) stabilita dalla legge. L'escamotage è previsto nella stessa normativa: basta pagare 11.184 euro all'anno per ogni invalido o disabile non assunto. Per il 25,9 per cento del campione dei direttori del personale, per l'azienda è più comodo pagare questa multa piuttosto che impelagarsi nel complesso iter di assunzione di una persona con disabilità. Il principale ostacolo è proprio la selezione, che nel 32,5 per cento dei casi richiede una società esterna specializzata, mentre nel 28,35 per cento dei casi è gestita da interni. Le agenzie del lavoro la curano nel 22,45 dei casi e l'ultimo 16,33 per cento è invece svolto da strutture pubbliche.

Nulla funziona meglio della conoscenza personale del datore di lavoro, soprattutto per un candidato con disabilità. Nel 36,5 per cento delle assunzioni, infatti, il tramite è stato un parente, amico o un conoscente; per il 22,9 per cento è stato un concorso pubblico; per l'11,5 per cento un contatto precedente; per l'8,1 per cento un annuncio. Un quarto degli occupanti con limitati problemi funzionali riferisce di avere problemi nello svolgimento dell'attività lavorativa e l'11,7 lamenta contratti troppo poco flessibili, per motivi di tempo, di contratto o di ambiente lavorativo. Per le categorie protette, infatti, la possibilità del telelavoro è presa in considerazione solo nel 4,8 per cento dei casi. Centralista e receptionist sono le mansioni più frequentemente affidate a persone con disabilità (il 17,8 per cento del totale), seguiti da servizi generali (11,8) e produzione (11).

Un ultimo dato segnalato da Reatech è quello sulla possibilità di fare carriera: il 38 per cento del campione dei direttori afferma di avere trovato dei dipendenti con disabilità cresciuti di responsabilità assumendo funzioni manageriali, contro un 62 per cento che, invece, sostiene il contrario. Sui livelli retributivi, il 65,3 per cento dei direttori non ritiene che ci siano delle differenze rispetto ad altri colleghi e che, quindi, una categoria protetta in media non abbia uno stipendio inferiore. Ma secondo un 20,4 per cento di rispondenti, molto dipende dai casi e un 14,29 per cento ritiene che invece tali lavoratori ricevano delle retribuzioni più basse rispetto a chi non appartiene a categorie protette. (lb)

(6 giugno 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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ADATTARE IL LAVORO AL LAVORATORE E NON VICEVERSA

a cura di Alessandro Del Borrello *

È sostanzialmente questo il principio che sta alla base di un’Ordinanza prodotta alla fine di marzo dal Tribunale di Avezzano (l’Aquila), che ha ritenuto sussistente la discriminazione sul posto di lavoro, nei confronti di una persona con disabilità, a causa della presenza di barriere architettoniche. Una decisione che potrà costituire un utile precedente per altri lavoratori con disabilità

È sicuramente di grande interesse l’Ordinanza prodotta il 26 marzo scorso dal Giudice Unico del Lavoro Giuseppe Giordano, del Tribunale di Avezzano (l’Aquila), che potrà senz’altro costituire un utile precedente per altre persone con disabilità. Il provvedimento ha chiuso una causa civile riguardante una discriminazione sul posto di lavoro, subita appunto da una persona con disabilità, sia per la mancata concessione dei permessi, come da Legge 104/92 (articolo 33), sia per la turnistica che per le barriere architettoniche. A conclusione, quindi, del procedimento sommario, il Giudice del Tribunale di Avezzano ha ritenuto sussistente la discriminazione, anche se unicamente per la presenza delle barriere architettoniche, condannando pertanto al risarcimento del danno l’Azienda Sanitaria, ex datrice di lavoro della persona che aveva avviato l’azione giudiziaria.Per approfondire la questione, cediamo ben volentieri la parola all’avvocato Alessandro Del Borrello del Foro di Vasto (Chieti), che ha patrocinato la causa civile.

Il caso portato all’attenzione del Tribunale di Avezzano (Giudice Unico del Lavoro dottor Giuseppe. Giordano), ha riguardato un lavoratore con disabilità che – dopo essersi rivolto all’Associazione Horizon di Vasto (Chieti), legittimata ad agire per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità – ha avviato un’azione giudiziaria contro il proprio datore di lavoro ritenendosi vittima di discriminazione sul posto di lavoro. Il Tribunale adito, richiamando il disposto di cui all’articolo 63 del Decreto Legislativo 81/08 [“Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, N.d.R.], con l’Ordinanza del 26 marzo scorso, ha sancito due importanti princìpi. Il primo riguarda l’obbligo del datore di lavoro di adottare misure idonee a garantire al lavoratore con disabilità la mobilità all’interno della postazione lavorativa. In caso di inadempienza, il datore sarà tenuto a risarcire il danno non patrimoniale, da liquidarsi in via equitativa, «insito nella lesione della dignità del lavoratore disabile che a causa della limitazione di movimento dovuta alla presenza di barriere architettoniche avverte un senso di frustrazione sentendosi discriminato rispetto agli altri lavoratori» (nella fattispecie si trattava di sedie e scrivanie che ostacolavano l’accesso del lavoratore alla sua postazione di lavoro, situata in un locale di ridotte dimensioni). Il secondo attiene alla circostanza che, allorquando si è in presenza di una «situazione accertata oggettivamente idonea a creare disagio nel lavoratore che, a causa della propria disabilità e della presenza di ostacoli ingombranti, non possa muoversi liberamente», non rileva il fatto che il lavoratore non si lamenti delle difficoltà incontrate negli spostamenti all’interno del luogo di lavoro. A parere di chi scrive tale ultimo principio può collegarsi con il consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di valore giuridico del silenzio. Secondo la giurisprudenza, infatti, «il silenzio non ha alcun valore giuridico nell’ordinamento, se non quando per legge o per contratto sia previsto che debba darsi al medesimo un significato determinato» (tra i tanti: Tribunale di Milano, 10 agosto 2007); e «anche nel rapporto di lavoro il silenzio del lavoratore in sé considerato […] non può valere come consenso, stante la sua intrinseca equivocità» (tra i tanti: Cassazione Civile, Sezione Lavoro, n. 8235/99; e si veda anche Cassazione Civile, Sezione Lavoro, n. 5437/2011 e Cassazione Civile, n. 21018/12). Anzi, nell'ambito del diritto del lavoro, la Suprema Corte ha sancito che «il silenzio, nei casi in cui esso è da equiparare ad una manifestazione tacita di volontà, non può essere valutato in materia di contratto di lavoro col medesimo metro che vale ad attribuirgli gli stessi effetti del comportamento adesivo negli altri contratti, a causa dello stato di soggezione economica del lavoratore nei confronti del datore di lavoro, che impedisce di attribuire al silenzio del primo il significato di accettazione

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delle condizioni impostegli unilateralmente dall’altra parte» (tra i tanti: Cassazione Civile, n. 2995/77).

Dunque, il datore di lavoro deve provvedere ad abbattere tutte le barriere architettoniche eventualmente presenti nei luoghi di lavoro, anche, ad esempio, assicurando spazi adeguati tra i mobili e tra questi e le componenti edilizie, per consentire al lavoratore con disabilità il passaggio e la libera e agevole mobilità, soprattutto se si serve di sedia a rotelle. Del resto, pure con la Circolare del Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale n. 102 del 7 agosto 1995, si è chiarito che, nei luoghi di lavoro, l’adeguamento alle norme sulle barriere architettoniche è obbligatorio anche ai sensi del Decreto Legislativo 626/94 (ora divenuto il già citato Decreto legislativo 81/08). Guardando poi al documento dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro, intitolato Garantire la salute e la sicurezza per i lavoratori disabili, vi si evidenzia che «il processo di fornitura delle misure per i lavoratori disabili deve essere coordinato con tutti gli aspetti della gestione della sicurezza, in particolare con la valutazione del rischio […] affinché i dipendenti assolvano le loro mansioni secondo la legislazione sulla salute e la sicurezza e quella contro la discriminazione. Gli orientamenti volti contro la discriminazione devono essere presi in considerazione in tutte le fasi del processo di gestione del rischio, affinché gli ambienti di lavoro, le attrezzature di lavoro e la sua organizzazione siano modificati o adattati ove necessario per far sì che vengano eliminati, o almeno ridotti, i rischi e la discriminazione». Nell’ottica di una corretta prevenzione, si è dunque affermato il seguente principio-guida della prevenzione: «Adattare il lavoro al lavoratore e non viceversa» (si confronti anche, in merito a tale principio, l’articolo 6, comma 2, lettera d della Direttiva 89/391/CEE, prodotta dal Consiglio d’Europa il 12 giugno 1989). In tale contesto, infine, assume rilevanza anche la Circolare del Ministero dell’Interno 4/02 (Linee guida per la valutazione della sicurezza antincendio nei luoghi di lavoro ove siano presenti persone disabili), nella quale si sono voluti evidenziare gli elementi strutturali, impiantistici e gestionali che devono essere considerati in funzione di una possibile situazione di emergenza in un luogo di lavoro dove risultino presenti persone con difficoltà di mobilità e/o di orientamento e/o percezione, anche al fine di «conseguire adeguati standard di sicurezza per tutti senza determinare alcuna forma di discriminazione tra i lavoratori».

In definitiva, va necessariamente rispettata, pure nei luoghi di lavoro, la normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche e i criteri di progettazione devono essere orientati a rendere l’ambiente di lavoro sicuro e fruibile per tutti (concetto di Universal Design, connesso a quello di Inclusive Design o Design for All), al fine non solo di una generale salvaguardia della personalità e dei diritti delle persone con disabilità – che trovano base costituzionale nella garanzia della dignità della persona e del fondamentale diritto all’uguaglianza, alla salute, alla libertà, all’autonomia e alla piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società – ma pure per avere un piano di emergenza unico che non sia discriminante. In dottrina – sulla base dell’attuale quadro normativo comunitario e nazionale (in particolare si veda l’articolo 4 della Costituzione: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società») -, è stato correttamente affermato che «il diritto al lavoro, come diritto della persona sociale, possa essere inteso anche nel risvolto del diritto ad esplicare serenamente la propria attività lavorativa al riparo, pertanto, da eventuali atti discriminatori volti anche a violare la dignità della persona. In tal modo, si getta un ponte tra il precetto costituzionale in esame e l’art. 41, secondo comma, della stessa Costituzione, laddove, infatti, si prescrive che l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno “alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Così inteso il disposto costituzionale, possiamo includere, nel suo ambito di protezione, la tutela, in senso ampio, delle condizioni di lavoro del lavoratore, secondo la comprensiva e felice rubrica dell’articolo 2087 c.c. [del Codice Civile, N.d.R.], nel quale costituisce oggetto del sinallagma

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contrattuale la protezione dei beni dell’integrità psicofisica e della personalità morale del prestatore di lavoro. […] Una tecnica di tutela dei diritti dei lavoratori particolarmente efficace può trarsi dalla corposa legislazione antidiscriminatoria, laddove, qui, dinanzi all’esercizio del potere del datore di lavoro volto ad adottare comportamenti discriminatori (in base al sesso, razza, origine etica, nazionalità, orientamento sessuale ecc.) si prefigura un provvedimento giudiziale diretto alla cessazione del comportamento illegittimo e alla sua rimozione (v. art. 4 d. lgs. n. 215/2003 e art. 4 d. lgs, n. 216/2003; art. 37 d. lgs. n. 198/2006) rispetto al quale il risarcimento del danno (anche non patrimoniale) costituisce solo un elemento aggiuntivo (se richiesto dal lavoratore)» (Pietro Lambertucci, Il diritto al lavoro tra principi costituzionali e discipline di tutela: brevi appunti, in «Rivista italiana di diritto del lavoro», anno 2010, fascicolo 1, pp. 91-120).

* Avvocato del Foro di Vasto (Chieti).

(11 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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LA CRISI DEL LAVORO È ANCORA PIÙ ASPRA PER CHI È DISABILE

Incidono la poca flessibilità nelle mansioni e la carenza di ausili. Le limitazioni portano a una disoccupazione dell'80%

Orari di lavoro poco flessibili, mansioni non adeguate (per esempio, trasportare carichi pesanti, lavorare all'aperto o in piedi), difficoltà a raggiungere il posto di lavoro a causa di barriere architettoniche, carenza di attrezzature speciali come computer con lettore di schermo in braille o telefoni con sintetizzatore vocale. Se trovare lavoro è già difficile per molti, per chi ha una malattia cronica o una disabilità diventa un percorso davvero irto di ulteriori ostacoli. Secondo la recente indagine Istat «Limitazioni nello svolgimento dell'attività lavorativa delle persone con problemi di salute», lavora circa il 16% di chi ha malattie croniche o difficoltà funzionali, come disabilità motorie, psichiche o sensoriali, o anche problemi a sedersi o alzarsi in piedi, salire le scale, tenere in mano oggetti comuni, ricordare o concentrarsi. Dati, questi, confermati dall'Ufficio per i diritti dei portatori di handicap delle Nazioni Unite. Tra chi ha una disabilità, la disoccupazione è fra il 50% e il 70% nei Paesi industrializzati, con punte dell'80% in Italia, nonostante la nostra legislazione (a partire della legge n. 68 del 1999) preveda percorsi specifici per l'inserimento nel mercato del lavoro.

Secondo l'Istat, a non lavorare sono soprattutto coloro che hanno più problemi di salute o difficoltà funzionali (oltre il 50% dei casi). Dei non occupati, il 25% dichiara che avrebbe bisogno di almeno una forma di assistenza per poter avere un'occupazione; in particolare, il 40% teme che potrebbe avere impedimenti a lavorare per un determinato numero di ore o nello svolgimento di una particolare attività. Secondo l'indagine, però, la flessibilità nelle modalità di prestazione lavorativa permetterebbe a circa il 25% dei non occupati con problemi di salute di affacciarsi al mercato del lavoro. «A causa di problemi di salute o difficoltà funzionali, — commenta Gianlorenzo Bagata, dirigente del Servizio istruzione, formazione e lavoro dell'Istat — più di 2 milioni e mezzo di persone accusano limitazioni sul lavoro. Le percentuali più alte le abbiamo registrate al Sud, con picchi in Puglia, Calabria e Sardegna». In base ai dati dell'Istituto nazionale di statistica, sono oltre un milione le persone che hanno bisogno di assistenza per lavorare, ma solo il 6,9% degli occupati con problemi di salute può disporre di modalità di prestazioni flessibili, mentre appena il 2% dei lavoratori usufruisce di attrezzature speciali, di adattamenti all'ambiente di lavoro o di assistenza personale, cioè di aiuto da parte di familiari e amici oppure da parte di personale messo a disposizione dal datore di lavoro (per esempio, l'interprete della lingua dei segni).

«La flessibilità nelle prestazioni lavorative consentirebbe a chi ha problemi di salute di poter continuare a lavorare svolgendo mansioni in base alle proprie capacità funzionali —commenta Gabriella Voltan, presidente di Anmar, Associazione nazionale dei malati reumatici — . Per esempio, per chi soffre di una malattia reumatica sono preferibili mansione più "leggere"che non richiedano troppa forza fisica, oppure lavorare in ufficio invece che all’aperto. Si eviterebbe così anche di perdere ore di lavoro a causa del peggiorare delle condizioni di salute, con risparmi sui costi della mancata produttività».

Maria Giovanna Faiella

(16 giugno 2013)

Fonte: CorriereDella Sera.it

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NO A QUESTO ULTERIORE ATTACCO AL LAVORO DEI DISABILI

Un recente Parere fornito dal Dipartimento della Funzione Pubblica blocca sostanzialmente, nella Pubblica Amministrazione, le assunzioni delle cosiddette “categorie protette”, previste dalla Legge 68/99 (“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”). Si tratta di un fatto ritenuto da più parti del tutto inaccettabile, sul quale prende una dura presa di posizione, ad esempio, il Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici

Non crediamo sia troppo azzardato prevedere prossimamente altre proteste – oltre a quella del Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici di cui riferiremo in seguito – nei confronti di quel Parere espresso il 22 maggio scorso dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio, in risposta a un quesito posto dall’INPS, con il quale – come è stato scritto ad esempio nel notiziario dell’USI-Ricerca (Sindacato Nazionale Lavoratori della Ricerca) – «ha, di fatto, bloccato nella Pubblica Amministrazione le assunzioni di personale nei confronti del quale la legge (n. 68/99 [“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, N.d.R.]) prevede particolari tutele in materia di occupazione». «Le argomentazioni uscite da Palazzo Vidoni [sede del Dipartimento della Funzione Pubblica, N.d.R.] - si legge ancora nel “Foglietto” dell’USI Ricerca – non appaiono condivisibili, in quanto subordinano le eventuali assunzioni alla disponibilità di organico, con la conseguenza che, scrive la Funzione Pubblica, “l’obbligo di coprire le quote di riserva per le categorie protette, con l’eccezione della disciplina relativa ai centralinisti non vedenti, è sospeso fintanto che le amministrazioni pubbliche non abbiano posti disponibili nella dotazione organica e, a fortiori ratione [a maggior ragione, N.d.R.], laddove presentino posizioni soprannumerarie”». «Ma la Legge 68/99 – viene correttamente rilevato – ha una finalità ben precisa, che è quella di riservare ai soggetti meritevoli di tutela occupazionale una percentuale di posti in ragione del numero dei lavoratori occupati e non della dotazione organica».

Di fronte a ciò, quindi, una dura presa di posizione, come accennavamo inizialmente, è stata assunta dal Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici – aderente anche al FORUM Disabilità-Formazione-Lavoro (organismo promosso dall’Opera don Calabria e dalla Comunità di Capodarco) – secondo i cui rappresentanti, quel recente Parere espresso dal Dipartimento della Funzione Pubblica «conferma la scarsissima considerazione in cui è tenuta la categoria dei disabili anche da parte delle autorità competenti». «Dal nostro punto di vista – prosegue poi la nota del Comitato – è inammissibile che le assunzioni dei disabili, previste dalla Legge 68/99, possano essere bloccate e che si giustifichi nella sostanza questa scelta sciagurata con la necessità di contenimento delle spese della Pubblica Amministrazione. La Legge esiste e va rispettata, senza ricorso a motivazioni che riteniamo inaccettabili». Non intendendo, quindi, «sopportare ulteriori attacchi al diritto al lavoro dei disabili», il Comitato lancia a tutte le Associazioni e i Gruppi impegnati per la difesa dei diritti delle persone con disabilità, la proposta di organizzare congiuntamente una manifestazione di protesta in Piazza Montecitorio a Roma. (S.B.)

(17 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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BLOCCO ASSUNZIONI NELLA PA SE L'ORGANICO È AL COMPLETO. LA PROTESTA: "E' INACCETTABIlE"

Il Comitato Genitori disabili psichici parla di "scelta sciagurata" in merito al recente parere espresso dal dipartimento Funzione Pubblica per cui con organico al completo è corretto il blocco delle assunzione categorie protette nella Pubblica Amministrazione: "Il contenimento della spesa non giustifica un provvedimento che taglia via diritti sanciti dalla legge 68/99". Manifestazione di protesta a Montecitorio

ROMA - "Non intendiamo sopportare ulteriori attacchi al diritto al lavoro dei disabili; la legge esiste e va rispettata, senza ricorso a motivazioni che riteniamo inaccettabili". Non ci sta, il Comitato genitori giovani disabili psichici, ad avallare il parere espresso dal dipartimento Funzione Pubblica il 22 maggio 2013, n. 23580: in esso si sostiene che "le pubbliche amministrazioni devono sospendere le assunzioni delle categorie protette se la loro dotazione organica risulta già completa o se hanno personale in soprannumero", ricorda il Comitato in una nota. Questo "conferma - dicono i genitori - la scarsissima considerazione in cui è tenuta la categoria dei disabili anche da parte delle autorità competenti".

Il contenimento della spesa non è un argomento al quale sacrificare i diritti: "E' inammissibile dal nostro punto di vista che le assunzioni dei disabili, previste dalla legge 68/99, possano essere bloccate e che si giustifichi nella sostanza questa scelta sciagurata con la necessità di contenimento delle spese della pubblica amministrazione".

Prosegue il Comitato dei genitori: "Non intendiamo sopportare ulteriori attacchi al diritto al lavoro dei disabili; la legge esiste e va rispettata, senza ricorso a motivazioni che riteniamo inaccettabili. Per questa ragione proponiamo a tutte le associazioni, gruppi, comitati che difendono i diritti dei disabili di organizzare una manifestazione di protesta in piazza Montecitorio da effettuarsi il prima possibile (la prima data utile potrebbe essere mercoledì 19 giugno)". (ep)

(18 giugno 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: CONTRO IL BLOCCO DELLE ASSUNZIONI

Dopo la dura presa di posizione assunta nei giorni scorsi contro quel Parere fornito dal Dipartimento della Funzione Pubblica, che ha sostanzialmente bloccato, nella Pubblica Amministrazione, le assunzioni delle cosiddette “categorie protette”, previste dalla Legge 68/99 (“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”), il Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici annuncia una manifestazione di protesta per il 3 luglio a Roma

Aveva assunto una dura presa di posizione, nei giorni scorsi, il Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici, nei confronti di quel Parere espresso il 22 maggio scorso dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio, in risposta a un quesito posto dall’INPS, con il quale erano state di fatto bloccate, nella Pubblica Amministrazione, le assunzioni di personale appartenente alle cosiddette “categorie protette”, come quelle tutelate ad esempio dalla Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili). Secondo infatti i rappresentanti del Comitato - aderente anche al FORUM Disabilità-Formazione-Lavoro (organismo promosso dall’Opera don Calabria e dalla Comunità di Capodarco) – quel Parere aveva confermato «la scarsissima considerazione in cui è tenuta la categoria dei disabili anche da parte delle autorità competenti». «Dal nostro punto di vista – avevano aggiunto – è inammissibile che le assunzioni dei disabili, previste dalla Legge 68/99, possano essere bloccate e che si giustifichi nella sostanza questa scelta sciagurata con la necessità di contenimento delle spese della Pubblica Amministrazione. La Legge esiste e va rispettata, senza ricorso a motivazioni che riteniamo inaccettabili».

Di fronte quindi a quello che viene ritenuto come un «ulteriore attacco al diritto al lavoro dei disabili», il Comitato stesso aveva annunciato una manifestazione di protesta in Piazza Montecitorio a Roma, della quale ora è stato confermato lo svolgimento, per mercoledì 3 luglio (ore 9.30-13), iniziativa alla quale vengono invitati a partecipare compatti tutti i gruppi e le associazioni impegnati per la difesa dei diritti delle persone con disabilità. (S.B.)

(25 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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ASSUNZIONE DEI DISABILI, DAL GOVERNO UN FONDO DI 22 MILIONI

Il governo presenterà in parlamento un emendamento a favore delle assunzioni dei lavoratori con disabilità. Letta: "Nel bilancio pubblico finora non c'era niente, l'attenzione alla categoria nel recente passato è stata insufficiente"

ROMA - Il governo incentiva le assunzioni dei lavoratori con disabilità, una categoria che "nel passato recente ha avuto un'attenzione assolutamente insufficiente": ad annunciarlo è il presidente del Consiglio Enrico Letta, che al termine del Consiglio dei ministri di ieri ha illustrato l'intenzione dell'esecutivo, in armonia con il più ampio pacchetto lavoro, di presentare un emendamento in Parlamento per garantire un fondo di 22 milioni di euro per incentivare le assunzioni dei disabili.

"Abbiamo scoperto - dice Letta - che nel bilancio pubblico erano stati completamente eliminati i fondi a favore delle assunzioni dei disabili, e non solo perché per precedenti modifiche normative - aggiunge - questa categoria di lavoratori era stata inclusa dentro ad una categoria riservata più generale della quale facevano parte anche altre categorie di lavoratori speciali che si trovano a non avere alcuna menomazione fisica ma altri tipi di caratteristiche, come ad esempio i figli di vittime del dovere. E' ovvio - dice Letta - che questa assimilazione nel tempo ha svantaggiato i lavoratori disabili". "Se a questo si aggiunge il taglio delle cifre che servivano per incentivare le assunzioni dei disabili - afferma il presidente del Consiglio - ci siamo trovati di fronte ad una situazione in cui non c'era nulla: abbiamo quindi deciso di investire e di portare a 22 milioni di euro la cifra di intervento specifico per incentivare l'assunzione dei lavoratori disabili, dentro la categoria riservata più generale".

Il provvedimento, specifica Letta, non fa parte dei decreti approvati dal governo ma sarà materialmente costituito da un emendamento che l'esecutivo presenterà in Parlamento e che "sarà approvato", dice Letta. "Riteniamo si tratti di una scelta molto importante perchè nell'ambito dell'intervento sul lavoro abbiamo voluto dare un segno molto netto a una delle categorie di lavoratori più svantaggiata, rispetto alla quale l'attenzione nel passato recente è stata assolutamente insufficiente". Il premier è intervenuto sul tema anche sul suo account twitter: "Tra le scelte del cdm, il sostegno all'assunzione di lavoratori disabili. Il fondo ad hoc era azzerato, avra' una dotazione di 22 milioni di euro". (ska)

(26 giugno 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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ASSUNZIONI OBBLIGATORIE DISABILI: IN PIAZZA CONTRO LA SOSPENSIONE

Il 3 luglio la manifestazione promossa dal Comitato genitori giovani disabili psichici. Chiedono che sia rivisto il parere della Funzione pubblica, che sospende l'obbligo di assunzione per le amministrazioni pubbliche. L' interrogazione di Gribaudo

ROMA - Difendere la legge 68/99 e il diritto al lavoro delle persone disabili da essa sancito: è questo l'obiettivo della manifestazione promossa dal Comitato genitori giovani disabili psichici, che si svolgerà domani dalle 9.30 alle 13.00 in piazza Montecitorio a Roma. In particolare, oggetto della protesta è la possibilità di sospensione degli obblighi di assunzione per le pubbliche amministrazioni previsti dalla legge: la richiesta di sospensione è stata rivolta dall'Inps al dipartimento della Funzione pubblica, che il 22 maggio ha risposto (nota n. 23580) che "l'obbligo di coprire le quote di riserva per le categorie protette, con l'eccezione della disciplina relativa ai centralinisti non vedenti, è sospeso fintanto che le amministrazioni pubbliche non abbiano posti disponibili nella dotazione organica e, a fortiori ratione, laddove presentino posizioni soprannumerari". Non solo quindi è possibile sospendere le assunzioni obbligatorie, ma addirittura è vietato effettuarne, perché "in presenza di soprannumerarietà, eventuali assunzioni, anche di categorie protette, oltre a violare il principio generale del divieto di assumere in presenza di posti disponibili nella dotazione organica, andrebbero ad alimentare la soprannumerarietà o le eccedenze, producendo, a fronte dell'occupazione di una categoria protetta, il rischio della perdita del posto di lavoro del personale già di ruolo che si determinerebbe quale possibile conseguenza della dichiarazione di esubero e di messa in disponibilità". Molto critico il Comitato, che denuncia "la gravità delle conseguenze di quanto previsto nel parere, che prescinde anche dalla copertura delle quote di legge: conseguenze che toccano indistintamente ognuno di noi".

Sulla questione, è stata anche presentata un'interrogazione parlamentare da parte della deputata Pd Chiara Gribaudo: "la sospensione dell'obbligo di copertura delle quote - stante anche l'attuale contesto storico, caratterizzato da una crisi economica che ha relegato in una posizione di marginalità sociale una parte della popolazione - sembra non tener conto delle difficili condizioni in cui versano tali persone e, soprattutto, dei principi costituzionali che ispirano la disciplina di tale materia", si legge nell'interrogazione, rivolta ai ministri per la Funzione pubblica e la semplificazione e del Lavoro e delle politiche sociali per sapere "se, anche in ragione della straordinarietà dell'attuale contesto economico e sociale, non ritengano necessario rivedere la sospensione dell'obbligo". Nella stessa interrogazione, Chiara Gribaudo chiede anche di conoscere i dati sui lavoratori disabili assunti e sui posti di lavoro e le mansioni per questi disponibili; dati che le aziende, pubbliche e private, sono obbligate a fornire in base all'articolo 9 (comma 6) della stessa legge 68/99. Nessuna risposta è giunta finora dalla Commissione competente (Lavoro pubblico e privato). (cl)

(2 luglio 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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DISABILI: CGIL E COMITATO GENITORI INCONTRANO GUERRA, PRIMI SEGNALI IMPORTANTI

Incontro dopo manifestazione di stamani in piazza Montecitorio

Roma, 3 luglio - “Con l'impegno assunto oggi dal viceministro Cecilia Guerra registriamo con apprezzamento un primo e importante segnale di tendenza, rispetto al nulla degli ultimi anni, per quanto riguarda i diritti dei disabili nell'accesso al lavoro”. E' quanto affermano in una nota il Comitato genitori giovani disabili psichici e l'ufficio politiche per la disabilità della Cgil Nazionale al termine della manifestazione che si è tenuta oggi in piazza Montecitorio e diretta a rivendicare i diritti dei disabili per l’accesso al lavoro nella Pubblica amministrazione.

La manifestazione, ricordano il Comitato genitori giovani disabili psichici e la Cgil Nazionale, “era tesa a scongiurare il blocco delle assunzioni nella Pa delle persone con disabilità, ex legge 68 del 1999, così come invece è previsto da un parere del dipartimento della Funzione Pubblica dello scorso 22 maggio”. Oggi una delegazione di manifestanti ha potuto incontrare il viceministro al lavoro e alle politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, “che si è impegnata sul punto al centro della manifestazione - riferiscono - e che ha inoltre ribadito l'impegno del governo a stanziare i 22 milioni di euro, annunciati dal Ministro del Lavoro Giovannini, per rifinanziare il fondo per l'assunzione di lavoratori disabili”.

Un incontro, quello con il viceministro Guerra, che viene giudicato “positivamente”, così come “grande apprezzamento è stato rivolto nei confronti della norma, contenuta nel decreto lavoro, che stabilisce in maniera definitiva che per gli invalidi civili al 100%, per avere la pensione di invalidità, si fa riferimento al reddito individuale e non a quello coniugale, come prevedeva una recente circolare dell'Inps”.

In conclusione, l'Ufficio politiche per le disabilità CGIL afferma: “Si vede un netto segnale di inversione di tendenza relativo alle problematiche dei disabili, segno che un governo si può dire capace e forte quando mette al centro del suo agire la tutela dei più deboli”.

(3 luglio 2013)

Fonte: CGIL.it

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LAVORO: SI INTRAVVEDE UN’INVERSIONE DI TENDENZA

Sono più di uno, infatti, i segnali positivi che arrivano dall’incontro avuto con il viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Cecilia Guerra, da parte del Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici e dell’Ufficio Politiche per la Disabilità della CGIL Nazionale, al termine di una manifestazione indetta a Roma, contro il blocco delle assunzioni di persone con disabilità nella Pubblica Amministrazione

«Con l’impegno assunto oggi dal viceministro Guerra, registriamo con apprezzamento un primo e importante segnale di inversione di tendenza, rispetto al nulla degli ultimi anni, per quanto riguarda i diritti delle persone con disabilità nell’accesso al lavoro».Lo dichiarano in una nota il Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici – aderente anche al FORUM Disabilità-Formazione-Lavoro – e l’Ufficio Politiche per la Disabilità della CGIL Nazionale, al termine della manifestazione indetta in Piazzale Montecitorio a Roma (della quale avevamo ampiamente riferito nei giorni scorsi), volta a scongiurare le conseguenze di quel Parere espresso il 22 maggio scorso dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio, che aveva di fatto bloccato, nella Pubblica Amministrazione, le assunzioni di personale nei confronti del quale la Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) prevede particolari tutele.

Durante l’iniziativa, una delegazione di manifestanti ha potuto quindi incontrare il viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Cecilia Guerra, che oltre ad impegnarsi a risolvere la questione al centro della protesta, ha anche ribadito l’impegno del Governo a stanziare i 22 milioni di euro, annunciati dal ministro Enrico Giovannini, in sede di approvazione del cosiddetto “Pacchetto lavoro” – fatto visto con soddisfazione anche dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – per rifinanziare il Fondo per l’assunzione di lavoratori con disabilità, sempre ai sensi della Legge 68/99.

Si è trattato quindi di un incontro giudicato “positivamente” dai promotori della manifestazione, che in tale occasione hanno anche espresso grande apprezzamento per la norma, contenuta anch’essa nel cosiddetto “Pacchetto lavoro”, che ha stabilito in maniera definitiva come ai fini della pensione di invalidità civile, si debba fare riferimento al solo reddito individuale e non anche a quello del coniuge, come aveva invece stabilito, alla fine del 2012, la discussa Circolare 149/12 dell’INPS. (S.B.)

(3 luglio 2013)

Fonte: Superando.it

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GUERRA: ''GARANTIRE L'INSERIMENTO LAVORATIVO DEI DISABILI''

Oggi il viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, ha incontrato una delegazione del Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici, che sono scesi in piazza per scongiurare il blocco delle assunzioni nella PA

Roma - Oggi il viceministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, ha incontrato una delegazione del Comitato Genitori Giovani Disabili Psichici, che sono scesi in piazza per scongiurare il blocco delle assunzioni nella Pa delle persone con disabilita', che potrebbe conseguire al parere del dipartimento di Funzione pubblica della presidenza del Consiglio dei ministri. Lo rende noto un comunicato del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

Durante l'incontro, si legge nella nota, "il viceministro ha preso l'impegno di approfondire la questione sollevata e di "riprendere il percorso di confronto sulla revisione del decreto relativo agli esoneri parziali previsti dalla legge 92/2012". Inoltre, ha garantito che "il tema dell'inserimento lavorativo delle persone con disabilita' sara' al centro della Conferenza nazionale sulle politiche per la disabilita' che si terra' a Bologna i prossimi 12 e 13 luglio".(DIRE)

(3 luglio 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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CGIL: ''IMPORTANTE INCONTRO TRA GUERRA E FAMIGLIE''

"Con l'impegno assunto oggi dal viceministro Cecilia Guerra registriamo con apprezzamento un primo e importante segnale di tendenza, rispetto al nulla degli ultimi anni, per quanto riguarda i diritti dei disabili nell'accesso al lavoro"

Roma - "Con l'impegno assunto oggi dal viceministro Cecilia Guerra registriamo con apprezzamento un primo e importante segnale di tendenza, rispetto al nulla degli ultimi anni, per quanto riguarda i diritti dei disabili nell'accesso al lavoro". E' quanto affermano in una nota il Comitato genitori giovani disabili psichici e l'ufficio Politiche per la disabilita' della Cgil Nazionale al termine della manifestazione che si e' tenuta oggi in piazza Montecitorio e diretta a rivendicare i diritti dei disabili per l'accesso al lavoro nella Pubblica amministrazione.

La manifestazione, ricordano il Comitato genitori giovani disabili psichici e la Cgil "era tesa a scongiurare il blocco delle assunzioni nella Pa delle persone con disabilita', ex legge 68 del 1999, cosi' come invece e' previsto da un parere del dipartimento della Funzione Pubblica dello scorso 22 maggio". Oggi una delegazione di manifestanti ha potuto incontrare il viceministro al lavoro e alle politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, "che si e' impegnata sul punto al centro della manifestazione - riferiscono - e che ha inoltre ribadito l'impegno del governo a stanziare i 22 milioni di euro, annunciati dal Ministro del Lavoro Giovannini, per rifinanziare il fondo per l'assunzione di lavoratori disabili".

Un incontro, quello con il viceministro Guerra, che viene giudicato "positivamente, cosi' come grande apprezzamento e' stato rivolto nei confronti della norma, contenuta nel decreto lavoro, che stabilisce in maniera definitiva che per gli invalidi civili al 100%, per avere la pensione di invalidita', si fa riferimento al reddito individuale e non a quello coniugale, come prevedeva una recente circolare dell'Inps". In conclusione, l'ufficio Politiche per le disabilita' Cgil afferma: "Si vede un netto segnale di inversione di tendenza relativo alle problematiche dei disabili, segno che un governo si puo' dire capace e forte quando mette al centro del suo agire la tutela dei piu' deboli".

(DIRE)

(3 luglio 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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EUROPA

SULLE TRACCE DELLE CITTÀ PIÙ ACCESSIBILI D’EUROPA

a cura di Adam Integrated Communications

È sostanzialmente questo l’obiettivo del Progetto “A Ruota Libera”, promosso e finanziato dalla Fondazione Cesare Serono, “interpretato” al meglio da Pierluca Rossi – noto documentarista e persona con sclerosi multipla – e supportato da Village for all (V4A), il marchio di qualità del turismo accessibile. Dopo quella di Firenze, arriveranno le guide di Lecce, Verona e via via di tutte le più importanti città d’arte italiane

Com’è ben noto, le città italiane non possono essere certo considerate a misura di disabile. Scale, marciapiedi sconnessi, mezzi pubblici non sempre dotati delle strutture idonee perché tutti possano accedervi, stazioni senza ascensori o ascensori che non sempre funzionano: sono solo alcuni esempi di ciò che rende gli spostamenti di un disabile molto simili a un vero e proprio percorso a ostacoli.In ambito comunitario, l’Italia non è certo tra le nazioni che si sono segnalate per l’attenzione all’accessibilità delle proprie città. La Commissione Europea, ad esempio, ha istituito nel 2010 uno specifico riconoscimento, l’Access City Award [se ne legga ampiamente anche nel nostro giornale, N.d.R.], che premia la città ritenuta nella sua globalità la più accessibile sul territorio della Comunità.L’iniziativa non vuole solo premiare i più meritevoli, ma intende essere d’ispirazione per tutti e, soprattutto, condividere azioni innovative e buone pratiche. A parte poi le città vincitrici – la spagnola Avila nel 2010, l’austriaca Salisburgo nel 2011 e la tedesca Berlino nel 2012 -, ogni anno diverse città ricevono una menzione speciale per iniziative specifiche correlate all’accessibilità. Ma nessuna città italiana figura in questa lista positiva*.

«Proprio partendo da queste considerazioni è nato il Progetto A Ruota Libera», presentato nei giorni scorsi a Firenze [se ne legga anche nel nostro giornale, N.d.R.], come dichiara Gianfranco Conti, direttore generale della Fondazione Cesare Serono, promotrice e finanziatrice dell’iniziativa. «La Fondazione Cesare Serono – spiega ancora Conti – organizzazione senza fini di lucro, da anni si occupa di persone con disabilità, dei loro diritti e della loro qualità di vita. Le barriere architettoniche sono da sempre uno dei peggiori nemici per coloro che si muovono con difficoltà. Inoltre, sono un ostacolo che si frappone tra un disabile e le infinite bellezze delle nostre città d’arte. Abbiamo pensato di combinare mobilità, turismo e arte». A ruota libera, dunque, si prefigge essenzialmente tre obiettivi. Fare cultura, ovvero fare in modo che le Istituzioni si occupino sempre più del problema, anche in considerazione del fatto che le barriere sono un importante indicatore della sensibilità e del grado di civiltà delle Pubbliche Istituzioni. Proprio in considerazione del fatto che le barriere sono un problema irrisolto, è necessario “importare” il know how da quei Paesi che rispetto all’Italia sono almeno un passo avanti. Da ultimo, ma non ultimo, verranno messe a punto e pubblicate delle guide che suggeriranno per le città d’arte italiane degli itinerari a misura di disabile.

Se comunque la Fondazione Cesare Serono è la promotrice e la finanziatrice del progetto, Pierluca Rossi ne è il principale interprete. Dopo avere infatti girato il mondo per più di vent’anni con la videocamera in mano, realizzando documentari e reportage per i principali canali televisivi e/o riviste, Rossi è stato colpito dalla sclerosi multipla che in pochi anni lo ha costretto in carrozzina. Non si è tuttavia abbattuto e ha continuato a fare il suo mestiere, ovviamente con un’ottica e una sensibilità diverse. «Dopo anni passati a combattere la mia malattia – dice lui stesso – che mi ha

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spesso confinato in casa, ho capito che a tutti quelli che sono in una sedia a rotelle servivano una motivazione e uno strumento. La motivazione sono le bellezze di cui l’Italia è ricca, e lo strumento sono i nostri itinerari che permetteranno a quelli come me di apprezzarle in tutta sicurezza». Le guide con i percorsi a dimensione di persona con disabilità saranno dunque il primo importante tassello del progetto. Per questo sono stati identificati, misurati e descritti due itinerari che, percorsi a piedi, non presentano ostacoli per i disabili. Essi congiungono complessivamente ventidue tra i maggiori punti d’interesse storico, artistico e culturale di Firenze, dalla Galleria degli Uffizi alla Chiesa di Santo Spirito, da Santa Maria Novella al Duomo. Gli itinerari, inoltre, comprendono anche suggerimenti su dove mangiare, bere o forniscono informazioni su servizi utili per chi viaggia (toilette, bancomat, farmacie ecc.), sempre dal punto di vista del disabile.

Valutare l’accessibilità di una struttura, per altro, è l’aspetto più delicato e il rischio di scivolare nella soggettività è sempre in agguato. Per risolvere questo problema, ci si è affidati al contributo di Village 4 All (V4A), il noto marchio di qualità del turismo accessibile, che ha messo a disposizione della Fondazione Cesare Serono la metodica V4AInside. «Affianchiamo con entusiasmo il progetto A Ruota Libera – afferma Roberto Vitali, fondatore e presidente di Village for all – perché perfettamente in linea con il nostro motto, che è semplicemente A ciascuno la sua vacanza. Il metodo da noi creato – V4AInside – costituisce un’innovazione tecnologica e organizzativa nel processo di raccolta ed elaborazione dei dati relativi all’accessibilità delle strutture».

Per quanto riguarda poi la pubblicazione delle guide con i percorsi, essa sarà curata dalla casa editrice Polaris, che farà nascere una nuova collana appositamente per questo progetto, dal titolo “Itinerari accessibili: istruzioni per l’uso”. Dopo Firenze, sono in programma Lecce e Verona, quindi Milano, anche in previsione dell’Expo 2015 e via via tutte le più importanti città d’arte italiane. «Vorrei citare anche i rappresentanti del Comune di Berlino – conclude Gianfranco Conti – che ci hanno ospitato in aprile, mettendo a nostra completa disposizione la loro competenza e umanità. Ci hanno infatti permesso di visitare, studiare e filmare quanto da loro fatto e che ha giustificato l’assegnazione del premio della Commissione Europea, come città più accogliente in ambito comunitario per il 2012. Si è trattato di un’esperienza unica che ci sarà di grande aiuto in Italia». Altre trasferte internazionali sono del resto in programma, per comprendere quale sia la strada più giusta per stare al passo dei Paesi più avanzati nel settore. Prossime tappe, in tal senso, Salisburgo e Avila, le altre città, come detto, premiate dalla Commissione Europea rispettivamente nel 2011 e nel 2010. Da ricordare infine che A Ruota Libera è interamente finanziato dalla Fondazione Cesare Serono, ma sono stati in molti i sostenitori che hanno fornito il loro supporto, ovvero Fiat (autovetture attrezzate per disabili), Olmedo (allestimenti auto), Canon (attrezzature per riprese), Toshiba (hardware), Homelidays (soggiorni nelle città d’arte), ProMedicare (carrozzine e in particolare quella studiata espressamente per Pierluca Rossi) e Avid (software per il montaggio).

*A proposito dell’Access City Award, iniziativa per altro assai apprezzabile, riteniamo comunque opportuno segnalare le riserve espresse anche su queste pagine ad esempio da Giulio Nardone, presidente dell’ADV (Associazione Disabili Visivi), che nell’articolo intitolato Va premiata anche l’accessibilità percettiva, si è soffermato sulla totale “dimenticanza”, nei requisiti richiesti per il Premio, degli ausili tattili per le persone non vedenti e ipovedenti, ciò che «rischia di rafforzare – ha scritto Nardone – l’erroneo concetto che dove si può entrare in sedia a ruote, lì vi sia l’accessibilità». L’auspicio, quindi, è che il Progetto A Ruota Libera stia invece tenendo conto, nel suo svolgimento, anche dell’importanza delle barriere percettive e non solo di quelle riguardanti la disabilità motoria.

(20 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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DISABILI: CGIL, DOPO SENTENZA UE ABOLIRE NORMA SU 'REPARTI CONFINO'

'Cancellare misura manovra ferragosto Tremonti-Sacconi, ridare dignità a soggetti più fragili'

Roma, 4 luglio - “Dopo la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, che ha condannato l'Italia per le norme sul lavoro per i disabili, il primo atto da fare è quello di abolire l'articolo 9 della legge 138/11 (la cosiddetta manovra di ferragosto targata Tremonti-Sacconi) che prevedeva la sterilizzazione delle norme previste dalla legge 68/99 sul collocamento per i disabili e riproponeva il rischio dei reparti 'confino'”. E' quanto afferma il segretario confederale della Cgil, Serena Sorrentino, in merito a quanto stabilito oggi da una sentenza dalla Corte europea.

“Ciò che è accaduto nella crisi - prosegue la dirigente sindacale - è che le aziende potendo derogare le compensazioni territoriali e non avendo più vincoli stringenti sull'attuazione delle previsioni sul collocamento hanno penalizzato i lavoratori diversamente abili”. La sentenza di oggi, osserva, “interviene sulla 'mancata imposizione a tutti i datori di lavoro dell'adozione di provvedimenti pratici ed efficaci a favore di tutti i disabili: non avendo stabilito questo obbligo, l'Italia è venuta meno ai propri impegni derivanti dal diritto dell'Unione'. Ripristinare congruamente il fondo per l'inclusione dei lavoratori disabili, abolire l'articolo 9 della manovra dell'agosto del 2011 e investire nella formazione dei lavoratori più fragili sono la risposta da dare a questa sentenza - conclude Sorrentino - che ci chiede di ripristinare dignità nel lavoro dei soggetti più fragili”.

(4 luglio 2013)

Fonte: CGIL.it

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NORME SU LAVORO DISABILI, ITALIA BOCCIATA

La Corte: Roma non ha adottato tutte le misure per garantire alle persone con handicap un normale percorso professionale

MILANO - Italia bocciata per le norme sull'inserimento dei disabili nel mondo del lavoro. In una sentenza emessa giovedì, la Corte di Giustizia europea stabilisce che il nostro Paese non ha applicato in modo completo i principi europei in materia di diritto al lavoro per le persone con handicap e invita governo e Parlamento a porre rimedio al più presto a tale mancanza. In pratica, i Paesi membri devono imporre a tutti i datori di lavoro l'adozione di provvedimenti pratici ed efficaci a favore di tutti i disabili: non avendo stabilito questo obbligo, l'Italia è venuta meno ai propri impegni derivanti dal diritto dell'Unione.

L'ITER - La condanna della Corte segue una procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea con cui Bruxelles lamentava che «le garanzie e le agevolazioni previste a favore dei disabili in materia di occupazione dalla normativa italiana non riguardano tutti i disabili, tutti i datori di lavoro e tutti i diversi aspetti del rapporto di lavoro». Inoltre, l'attuazione dei provvedimenti legislativi è stata affidata all'adozione di misure ulteriori da parte delle autorità locali o alla conclusione di apposite convenzioni tra queste e i datori di lavoro e pertanto non conferisce ai disabili diritti azionabili direttamente in giudizio. La sentenza ha confermato l'impianto accusatorio della Commissione, che aveva concluso la propria pratica con il deferimento proprio ai giudici di Lussemburgo. Se l'Italia non si adeguerà, la Commissione potrebbe avviare una nuova procedura di infrazione che potrebbe concludersi con pesanti multe.

I PUNTI - In particolare, si legge nella sentenza, l'Italia «è venuta meno agli obblighi» derivanti dal diritto comunitario a causa di un recepimento incompleto e non adeguato di quanto previsto dalla direttiva varata alla fine del 2000 sulla parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di lavoro. Una norma con la quale è stato stabilito un quadro generale di riferimento per la lotta alla discriminazioni delle persone diversamente abili. La Corte ha stabilito che gli Stati membri devono prevedere l'obbligo, per i datori di lavoro, di adottare provvedimenti efficaci e pratici (sistemando i locali, adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro o la ripartizione dei compiti) in funzione delle esigenze, per consentire ai disabili di accedere a un lavoro, di svolgerlo, di avere una promozione o di ricevere una formazione, senza tuttavia imporre al datore di lavoro un onere sproporzionato.

I SINDACATI - Secondo la Cgil, «il primo atto da fare è quello di abolire l'articolo 9 della legge 138/11 (la cosiddetta "manovra di Ferragosto" targata Tremonti-Sacconi) che prevedeva la sterilizzazione delle norme sul collocamento per i disabili e riproponeva il rischio dei reparti-confino». A dirlo è il segretario confederale Serena Sorrentino: «Ciò che è accaduto nella crisi è che le aziende potendo derogare le compensazioni territoriali e non avendo più vincoli stringenti sull'attuazione delle previsioni sul collocamento hanno penalizzato i lavoratori diversamente abili». Ora è necessario «ripristinare il fondo per l'inclusione dei lavoratori disabili, abolire l'articolo 9 della manovra dell'agosto del 2011 e investire nella formazione dei lavoratori più fragili». Pietro Cerrito, segretario confederale della Cisl, sottolinea che «la condanna della Ue non coglie di sorpresa: infatti abbiamo denunciato a più riprese il mancato funzionamento della legge 68. Ribadiamo la richiesta di introdurre nel "Pacchetto lavoro" norme che comportino corsie protette per i disabili».

I POLITICI - Quella della Corte di Giustizia europea è «una sentenza giusta» per la deputata Pd Ileana Argentin, che ha presentato una proposta di legge che obbliga tutti gli uffici pubblici a dare lavori in appalto soltanto a società private che rispettino la legge 68, che obbliga all'assunzione dei disabili. Per Laura Coccia, deputata Pd, «non è più rinviabile l'elaborazione di un sistema di inserimento in armonia con le quote per attuare nel migliore modo possibile la legislazione

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vigente». Licia Ronzulli, europarlamentare del Pdl, ricorda che «il lavoro è una via che consente a tutti di vivere nel pieno del proprio essere ed è sinonimo di libertà, rispetto della dignità e abbattimento di un limite». In una nota congiunta, i deputati del Pd Davide Faraone e Giovanna Martelli, entrambi componenti della Commissione Lavoro della Camera, promettono: «Ci muoveremo da subito perché vengano approntati provvedimenti efficaci e di sostanza, così da rispondere, oltre che ai richiami della Ue, alle aspettative di migliaia di persone».

I NUMERI - La Federazione italiana superamento handicap (Fish) ricorda che in Italia solo il 16% delle persone con disabilità fra i 15 e i 74 anni lavora (circa 300mila individui), contro il 49,9% del totale della popolazione, e che solo l'11% delle persone con handicap che lavorano ha trovato occupazione attraverso un Centro pubblico per l'impiego. La percentuale di chi non è mai entrato nel mercato del lavoro e non cerca di entrarvi (250mila persone, per la quasi totalità donne) è molto più elevata tra chi ha limitazioni funzionali gravi (il 18,5%, contro l'8,8% di chi ha limitazioni funzionali lievi). «La Fish non può che accogliere con favore una sentenza di portata storica - afferma il presidente Pietro Barbieri -, da anni sosteniamo la carenza di politiche inclusive e di servizi efficaci. I dati drammatici sull'occupazione delle persone con disabilità già erano disarmanti e brutali. Ora attendiamo un segnale dal governo, qualche interrogazione parlamentare, ma soprattutto misure concrete».

IL PORTABANDIERA - La sentenza europea è una «grande vittoria» per tutti ottenuta dopo molto tempo e in occasione della quale «l'Europa ha dato prova di civiltà». Così la vede Lorenzo Torto, giovane disabile abruzzese che si è fatto portabandiera della battaglia per l'eliminazione in Italia di ogni discriminazione nell'ambito del mondo del lavoro. A marzo Torto aveva lanciato il suo appello dai banchi della commissione Petizioni del Parlamento Ue presieduta da Erminia Mazzoni, che aveva quindi sollecitato la Corte a pronunciare il verdetto sull'Italia. «Quello di oggi è un grande risultato - ha aggiunto Torto -, ringrazio tutti quelli che ci hanno creduto e hanno contribuito al suo raggiungimento».

(4 luglio 2013)

Fonte: CorriereDellaSera.it

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VARIE

IL CONTRASSEGNO E LA CAPACITÀ DI DEAMBULARE

di Simona Lancioni *

L’ambiguità della normativa nazionale rischia ingiustamente di escludere dal diritto al contrassegno – proprio in una fase che vede quello europeo sostituirsi via via a quello tradizionale arancione – quelle persone con disabilità, come ad esempio chi soffre di autismo, non caratterizzate da un «deficit sensibile della capacità deambulatoria». La Regione Toscana ha fatto chiarezza. E altrove?

Recentemente la Regione Toscana ha approvato la Delibera di Giunta Regionale (DGR) n. 1161 del 17 dicembre 2012 (Linee di indirizzo in materia di accertamento del deficit sensibile della capacità deambulatoria), atto emanato per superare le ambiguità della normativa nazionale in materia di concessione del contrassegno per auto al servizio delle persone con disabilità. In tale documento, il deficit sensibile della capacità deambulatoria – uno dei requisiti per i quali è riconosciuto il diritto al rilascio del contrassegno – non dev’essere inteso in senso restrittivo, considerando esclusivamente le infermità a carico degli arti inferiori, come chiarisce la Regione. Esso va infatti riferito anche a «tutte le patologie acute o croniche che influiscono sulla motricità dell’individuo determinando un handicap nella mobilità».

Ebbene, in un interessante post, pubblicato sul suo blog (titolo: Come si permette un autistico di avere il permesso per il parcheggio?), Gianluca Nicoletti – giornalista, conduttore radiofonico e padre di Tommy (un riccioluto adolescente autistico) - risponde a un dubbio espresso da una signora. Dopo aver letto un’intervista rilasciata a una rivista, nella quale Nicoletti parla del suo libro Una notte ho sognato che parlavi. Così ho imparato a fare il padre di mio figlio autistico (Mondadori, 2013), in cui racconta il proprio rapporto con Tommy, la signora si è chiesta: «Com’è possibile che un ragazzo che va in bici, gioca a golf (quindi nessun impedimento motorio) possa aver diritto al parcheggio per disabili???». Il giornalista considera questo clima di sospetto verso le disabilità che non hanno un’evidenza immediata, come l’effetto collaterale della martellante campagna mediatica sui cosiddetti “falsi invalidi”, e spiega cosa comporti avere una disabilità di tipo cognitivo e relazionale come l’autismo: «Un autistico adulto è come una bomba sempre sul punto di poter esplodere, molto spesso ha una massa fisica e muscolare che ne rende difficilissima la gestione nel caso di crisi oppositive, vale a dire si pianta in mezzo alla strada e non si muove più, comincia a dare schiaffi, pugni, graffi a chi lo stia accompagnando, entra in comportamenti problema che potrebbero sfociare in atti auto ed etero lesionisti. Ancora di più potrebbe avere una crisi epilettica e in quel caso la vicenda si fa ancora più complicata, soprattutto per strada. Per un autistico anche il solo aspettare a un semaforo, fare un percorso piuttosto che un altro, passare per una strada particolarmente rumorosa potrebbe essere motivo dello scatenarsi di uno di questi problemi [grassetti nostri nella citazione, N.d.R.]».

Ma il problema non è solo dell’uomo (o della donna) qualunque che non sa niente di autismo. È anche questo, certamente, ma non solo questo. Il problema è che anche alcuni medici – che invece cos’è l’autismo dovrebbero saperlo – si comportano come se non lo sapessero e tale comportamento è determinato dall’ambiguità del testo normativo che disciplina la materia. La normativa (articolo 381 del DPR 495/92 prima e articolo 1 del DPR 151/12 poi) individua nelle persone disabili con «capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta», e in quelle cieche (articolo 12 del DPR 503/96), i principali soggetti aventi diritto al contrassegno per auto al servizio delle persone con disabilità. È proprio l’espressione «capacità di deambulazione impedita o sensibilmente ridotta» a suscitare incertezze interpretative nei medici preposti a produrre le certificazioni per il

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rilascio dei contrassegni. Ne consegue che, per alcuni, essa va intesa in senso restrittivo (e, dunque, solo come incapacità fisica di deambulare), per altri, in modo più ampio (sino ad includere, ad esempio, l’incapacità di uscire di casa in autonomia, senza la presenza costante di un accompagnatore). Accade così che persone disabili con difficoltà deambulatorie simili ottengano valutazioni difformi e trattamenti diseguali.

Per ovviare a questa ambiguità, alcune Regioni hanno disciplinato la materia e tra queste – come detto all’inizio – c’è ad esempio la Regione Toscana che, con la citata Delibera di Giunta Regionale (DGR) 1161/12, ha approvato appunto le Linee di indirizzo in materia di accertamento del deficit sensibile della capacità deambulatoria (contenute nell’Allegato A della Delibera stessa), da utilizzare per il rilascio del contrassegno disabili. In merito al deficit della capacità deambulatoria, il documento stabilisce che «il deficit sensibile della capacità deambulatoria non rappresenta […] un concetto restrittivo, che si limita esclusivamente alle infermità a carico degli arti inferiori, bensì in esso sono contenute tutte le patologie acute o croniche che influiscono sulla motricità dell’individuo determinando un handicap nella mobilità».

A questo punto, per altro, è quasi superfluo sottolineare che le suindicate Linee di indirizzo sono vincolanti solo per i medici che operano in Toscana. In assenza, infatti, di disposizioni regionali analoghe, molte persone disabili (o chi per loro) dovranno ancora continuare a “contrattare” con i medici (non in senso economico, naturalmente) i propri limiti di deambulazione. Con buona pace del principio di uguaglianza e della certezza del diritto.

* Responsabile di Informare un’H – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa). Il presente approfondimento è già apparso nel sito di tale Centro, con il titolo “Contrassegno per disabili e capacità deambulatoria” e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

(3 giugno 2013)

Fonte: Superando.it)

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BETTONI (ANMIL): «QUESTA SENTENZA SIA DI MONITO A CHI BARATTA LA SALUTE CON IL SALARIO»

Il presidente di Anmil, Franco Bettoni, commenta la decisione della Corte di appello sui casi Eternit di Casale Monferrato e di Bagnoli

«Tutto quello che si poteva dire di positivo su questa sentenza è stato ampiamente commentato da più parti, per una giustizia che restituisce un po’ di dignità e ripaga in parte il dolore di migliaia di famiglie di Casale Monferrato e Bagnoli, per cominciare un elenco davvero senza fine», è quanto afferma il Presidente dell’ANMIL Franco Bettoni che della lotta all’amianto ha fatto uno dei nuovi obiettivi dell’Associazione che raccoglie oltre 440.000 vittime del lavoro e sa bene quanto sia frustrante per chi subisce a danno della propria salute gli effetti di un’economia senza regole e senza rispetto per i lavoratori.

«Siamo lieti di questa sentenza che deve molto al Procuratore Guariniello e all’ex Ministro per la Salute Balduzzi, ma anche alla tenacia e alla forza di non arrendersi di associazioni come la nostra, di familiari e quanti hanno capito che l’amianto non è un problema di quartiere», aggiunge Bettoni.

«Quello che però ci lascia attoniti – spiega il Presidente dell’ANMIL - è il commento dell’avvocato difensore dell'imprenditore svizzero il quale, essendo di parte, ovviamente non poteva accogliere con gioia la sentenza, ma quando ha dichiarato: ‘Adesso quale imprenditore straniero investirà in Italia? Schmidheiny investì molto sulla sicurezza, spese 75 miliardi dell'epoca e non ne ebbe profitto. Ora è stato condannato 18 anni. E' un incentivo?’, forse non ha riflettuto sul fatto che la vita e la salute non possono barattarsi con uno stipendio. Il caso Ilva è per noi una piaga non un rimedio alla disoccupazione; e nel rappresentare circa 1 milione e mezzo di persone tra associati e familiari, possiamo dire con forza che se il motivo per attirare gli investimenti dei paesi stranieri deve essere quello di garantire a imprenditori come Schmidheiny l’incolumità, allora che questa sentenza faccia il giro del mondo e porti il nostro paese nelle liste di quelli che al lavoro e ai lavoratori sanno attribuire il giusto valore».

(4 giugno 2013)

Fonte: Vita.it

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LA DISABILITÀ IN PIENA LUCE NEL MONDO

Ci sono passaggi apparentemente “lontani” dalla realtà quotidiana, ma che tuttavia scandiscono con chiarezza la “storia dei diritti”, e che come tali sono destinati a diventare punti di riferimento per tutti. Uno di questi è certamente costituito dal recente lancio della nuova Agenda, presentata alle Nazioni Unite, contro la povertà nel mondo e per uno sviluppo sostenibile, nel quale la disabilità è costantemente in piena evidenza

Va certamente letto anche come un successo della pressante azione svolta in questi anni dal movimento mondiale delle persone con disabilità, il fatto che l’importante iniziativa lanciata il 30 maggio scorso dalle Nazioni Unite, volta a eliminare entro il 2030 la povertà nel mondo e a dirigere l’economia verso uno sviluppo sostenibile, contenga numerosi e sostanziali riferimenti alla disabilità.

Il documento prodotto, infatti, denominato A New Global Partnership: Eradicate Poverty and Transform Economies through Sustainable Development, costituisce la logica evoluzione degli “Obiettivi di Sviluppo del Millennio” (Millennium Development Goals), lanciati nel 2000 e tra i suoi passaggi più innovativi, vi è senz’altro la ferma volontà di «non lasciare indietro nessuno» (testualmente «Leave No One Behind»), con una serie di azioni cogenti da sviluppare via via nei prossimi anni, basate su cinque obiettivi fondamentali.

Fatto di notevole significato, più di cinquemila gruppi della società civile, da oltre centoventuno Paesi, hanno contribuito, con le loro raccomandazioni, all’elaborazione della nuova agenda e tra questi anche l’IDA (International Disability Alliance) e l’IDDC (International Disability and Development Consortium), con tutte le organizzazioni ad esse aderenti. Oggi, quindi, i loro rappresentanti esprimono soddisfazione, per quello che viene ritenuto come «un grande successo», guardando, ad esempio, al grande numero di riferimenti riguardanti la disabilità presenti nel documento. In particolare, viene sottolineata l’importanza del fatto che uno dei princìpi trasversali del Rapporto dovrà essere la disponibilità di dati disaggregati e specifici sulla disabilità, ciò che solo potrà consentire di valutare l’effettività dei risultati conseguiti. «La disabilità – si aggiunge poi – è pienamente menzionata sia nella parte dedicata alla povertà, sia in quella concernente la qualità dell’educazione e la necessità di un’istruzione che venga coltivata per tutta la vita». «In sostanza – è la conclusione – sono numerosi i “gruppi vulnerabili” della società ad essere menzionati, ma le persone con disabilità sono sempre in piena evidenza, in ogni parte del documento». (S.B.)

(4 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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L’ANIEP CAMBIA NOME, MA NON CERTO GLI OBIETTIVI

di ANIEP *

Se infatti la “storica” organizzazione nata nel 1957 ha deciso di diventare Associazione Nazionale per la Promozione e la Difesa dei Diritti delle Persone Disabili, restano invariati gli obiettivi, rafforzando anzi la determinazione di difendere i diritti delle persone con disabilità, «lesi fino ad oggi in modo cinico e indegno», come conclude la mozione approvata all’Assemblea Nazionale di Igea Marina (Rimini)

Nata nel 1957 come Associazione Nazionale Invalidi per Esiti di Poliomielite, nel 1999 l’ANIEP – pur mantenendo l’acronimo come ragione di profonda radice, contrassegnata dall’attività di una figura come quella di Gianni Selleri e delle persone con poliomielite che si battono da sempre per tutte le persone con disabilità – divenne Associazione Nazionale per la Promozione e la Difesa dei Diritti Civili e Sociali degli Handicappati, fino ai giorni scorsi, quando cioè, nel corso dell’Assemblea Nazionale dell’Associazione, a Igea Marina (Rimini), oltre alla definizione di alcune modifiche statutarie, in linea con i princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, è stata anche approvata la modifica del nome, che verrà presto ufficialmente ratificato come Associazione Nazionale per la Promozione e la Difesa dei Diritti delle Persone Disabili.Non cambiano invece gli obiettivi, per questa battagliera organizzazione aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), come ben si evince anche dalla mozione conclusiva approvata dall’Assemblea a Igea Marina, cui ben volentieri diamo spazio qui di seguito.

L’anno trascorso ha segnato un ulteriore drammatico peggioramento della condizione delle persone disabili e delle loro famiglie, penalizzate duramente dalla disoccupazione ben superiore a quella media, dalla diminuzione dei servizi e anche dai risultati della campagna sui “falsi invalidi”, che ha prodotto il taglio di migliaia di posizioni pensionistiche legittime. Nel generale silenzio sul tema, le recenti parole del presidente del Consiglio Enrico Letta ci hanno confortato: «Dobbiamo poi ricordarci – ha detto infatti nel suo discorso programmatico – che l’Italia migliore è un’Italia solidale. È per questo che il Governo non può che valorizzare la rete di protezione dei cittadini e dei loro diritti, con misure tese al miglioramento dei servizi, da quelli sanitari a quelli del trasporto pubblico, locale e pendolare, con una particolare attenzione per i disabili e i non autosufficienti». L’ANIEP ha apprezzato questa frase, così come le nomine di Enrico Giovannini a ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e di Maria Cecilia Guerra a viceministro e sottosegretario dello stesso Dicastero: si tratta infatti di due persone che hanno una conoscenza reale e profonda della gravissima situazione socio-economica in cui versano le persone disabili e le loro famiglie.

Tuttavia, bisogna osservare che nei quattro punti programmatici previsti per i primi cento giorni del Governo, neppure una parola ha richiamato questa emergenza, anche se la discussione prevista per una Proposta di Legge che estenderebbe agli invalidi di età inferiore a 60 anni e con redditi esigui la maggiorazione della pensione da 275 a 630 euro, dimostra che l’impoverimento grave subito negli ultimi due anni è presente all’attenzione del nuovo Esecutivo. Si tratta di una Proposta di Legge di iniziativa popolare giacente alla Camera dal 2008, e che ora è stata finalmente assegnata in sede referente alla Commissione Affari Sociali. Essa, per altro, potrebbe gravare sul Fondo per la Non Autosufficienza, nemmeno finanziato per il 2014. È altresì urgente anche la discussione parlamentare sulla Proposta di Legge dell’onorevole Margherita Miotto, che fornendo l’interpretazione autentica della norma, dissolverebbe l’iniqua ambiguità prodotta dalla Circolare dell’INPS 149/12, la quale aveva previsto di togliere l’esigua pensione a centinaia di migliaia di invalidi civili al 100%, considerando da quest’anno non più il solo reddito personale, ma anche quello del coniuge, facendolo oltretutto con un semplice atto amministrativo, basato su una Sentenza del 2011 della Corte di Cassazione (4677/11), ribadita due anni dopo dalla Cassazione stessa (7320/13).

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Ma pur essendo indubbiamente importanti nelle economie familiari, le provvidenze economiche non esauriscono certo la complessità delle scelte strategiche necessarie. Al Governo in carica, ad esempio, l’ANIEP chiede priorità su temi centrali che sono già stati discussi ampiamente, ma che poi sono stati travolti dal crollo della passata Legislatura, come il Fondo per la Non Autosufficienza, il finanziamento per la Vita Indipendente, il potenziamento dell’inclusione scolastica, la rilettura delle norme sull’inclusione lavorativa, l’adozione di un nuovo e aggiornato Nomenclatore degli Ausili, la definizione compiuta dei LIVEAS (Livelli Essenziali di Assistenza Sociale), un nuovo impulso alla progettazione accessibile, il riconoscimento della poliomielite pregressa come malattia cronica e invalidante (Proposta di Legge C.5183, presentata il 9 maggio 2012, approvata dalle Commissioni e fermata per mancata copertura finanziaria), mentre si attendono ancora con preoccupazione le decisioni relative all’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) e le misure per la partecipazione alla spesa dei servizi.

A fronte del prezioso lavoro svolto dall’Osservatorio Nazionale per la Proposta di Programma di Azione Biennale sulla Disabilità, l’ANIEP individua quindi la necessità di intervenire con sollecitudine su questa grande emergenza sociale, che non dev’essere dimenticata ancora una volta, nel nome di un risanamento finanziario sterile, che considera le politiche sociali e il welfare come costi da tagliare nei tempi di crisi e non invece, come si dovrebbe, come scelte strategiche per la promozione della crescita di cui c’è urgente necessità, in un àmbito rivolto al superamento dell’insostenibile disuguaglianza fra i cittadini. Nelle agende parlamentari, dunque, devono tornare al più presto i diritti delle persone disabili, così come ha sottolineato nel maggio scorso lo stesso presidente del Senato Pietro Grasso, un’ulteriore affermazione che sembra rassicurare sull’intento del Governo in carica. L’ANIEP, pertanto, attendendo che alle parole seguano i fatti, è pronta come sempre alla protesta e alla proposta, determinata a difendere diritti legittimi lesi fino ad oggi in modo cinico e indegno.

* Già Associazione Nazionale Invalidi per Esiti di Poliomielite e finora Associazione Nazionale per la Promozione e la Difesa dei Diritti Civili e Sociali degli Handicappati, entro breve diventerà ufficialmente Associazione Nazionale per la Promozione e la Difesa dei Diritti delle Persone Disabili.

(5 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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NUOVO ISEE, ANCORA CRITICHE. ANFFAS: “BOZZA DA CAMBIARE, INSIDIE PER I DISABILI”

Secondo il presidente Speziale c’è il rischio concreto che la riforma si traduca in una disparità di trattamento sul territorio nazionale e in una seria minaccia alla vita delle persone con disabilità. Mozione approvata dall’Assemblea nazionale

ROMA – Il nuovo Isee porta con sé delle insidie per le persone con disabilità e le loro famiglie: si tratta di un vero e proprio “cavallo di Troia” che va modificato quanto prima. C’è molta preoccupazione all’Anffas, l’associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale, che nel fine settimana appena trascorso ha celebrato la propria Assemblea nazionale con l’approvazione di una mozione che chiede immediati cambiamenti per evitare disparità e discriminazioni.

A Trento si sono radunati oltre 130 associazioni socie e più di 200 persone tra uditori ed ospiti, tra cui anche l’On. Livia Turco, socia onoraria di Anffas Onlus, e Pietro Barbieri, Presidente Fish e Forum Terzo Settore cui Anffas Onlus aderisce. L’Assemblea Nazionale di Anffas, dopo aver preso atto delle modifiche intervenute all’art. 2 della bozza di decreto di riforma Isee - redatto a seguito del confronto tra il Governo e la Conferenza dei Presidenti delle Regioni - e aver rilevato l’inserimento di due clausole che portano l’Isee, ritenuto già livello essenziale, a tener conto delle prerogative regionali, attraverso la mozione approvata richiederà al governo, soprattutto nella persona del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Viceministro per le Politiche Sociali, l’eliminazione di tali riferimenti regionali al fine di evitare che un intervento regionale possa svuotare la portata della riforma.

“Questa bozza di decreto – afferma Roberto Speziale, presidente nazionale di Anffas - è un vero e proprio cavallo di Troia e va modificata per delle ragioni ben precise. Non è infatti accettabile che l’Isee - un livello essenziale delle prestazioni - sia derogato dalla legislazione regionale, che si possa escludere o limitare a priori, solo per condizioni economiche, l’accesso alle prestazioni sociali e socio-sanitarie e che si faccia utilizzare agli enti erogatori dei criteri diversi ed ulteriori rispetto a quello dell’Isee per regolamentare l’accesso alle prestazioni”.

Conclude il presidente: “C’è il rischio concreto che questa riforma si traduca in una disparità di trattamento sul territorio nazionale concernente, tra le altre cose, i costi di compartecipazione e l’accesso a prestazioni e servizi, e in una seria minaccia alla vita delle persone con disabilità, in particolare quelle con disabilità intellettiva e/o relazionale, e delle loro famiglie, soggetti che già si trovano in una situazione critica poiché già pesantemente colpiti dall’attuale crisi finanziaria e da costanti e continui tagli alle risorse per le politiche sociali ”.

(10 giugno 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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LUIGI QUERINI NUOVO PRESIDENTE UILDM

Il nuovo presidente nazionale Uildm è Luigi Querini, per quasi vent'anni presidente della sezione locale di Pordenone

Luigi Querini è il nuovo presidente nazionale UILDM. È stato nominato sabato 8 giugno, nella riunione di insediamento della nuova direzione nazionale, eletta a fine maggio. Il presidente, come l’intero consiglio direttivo, resterà in carica per i prossimi tre anni, fino alla primavera 2016. Succede ad Alberto Fontana, che ha guidato la UILDM per nove anni.

Querini, classe 1954, è stato presidente della Sezione Provinciale UILDM di Pordenone per quasi vent’anni, dal 1994 al 2013. È stato eletto quest’anno per la prima volta all’interno della Direzione Nazionale. Al suo fianco la direzione ha nominato, confermandoli nelle cariche che già ricoprivano nel corso del mandato precedente, Enzo Marcheschi come vicepresidente, Matteo Falvo come segretario e Antonella Vigna come tesoriere. A questi e a tutti gli altri componenti della nuova Direzione Nazionale - Carlo Fiori, Francesco Lombardo, Maria Macrì (confermati), Roberto Maggi e Anna Mannara (nuovi) - tutta la UILDM porge le più vive felicitazioni e i migliori auguri di buon lavoro e di fattiva e concreta collaborazione, sia con le 76 Sezioni locali UILDM, sia con le tante organizzazioni, istituzioni ed enti, locali e nazionali, con cui l’Associazione da sempre lavora quotidianamente.

(10 giugno 2013)

Fonte: Vita.it

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SI RAFFORZA IL MOVIMENTO MONDIALE DELLA DISABILITÀ

Infatti, il recente riconoscimento legale dell’IDA (International Disability Alliance) – nata nel 1999, come alleanza tra alcune organizzazioni mondiali impegnate in àmbito di disabilità e vera e propria “voce” di circa un miliardo di persone con disabilità in tutto il mondo – rafforzerà certamente l’organismo, assicurando, in futuro, maggiore solidità anche alle sue varie componenti

Nata nel 1999 come alleanza tra alcune organizzazioni mondiali impegnate in àmbito di disabilità, l’IDA (International Disability Alliance), è attualmente costituita da otto organismi globali (DPI-Disabled Peoples’ International, DSI-Down Syndrome International, II-Inclusion International, IFHOH-International Federation of Hard of Hearing People, WBU-The World Blind Union, WFD-World Federation of the Deaf, WFDB-World Federation of Deafblind e WNUSP-The World Network of Users and Survivors of Psychiatry) e da quattro territoriali (AODP- Arab Organization of Disabled People, EDF-European Disability Forum, RIADIS-The Latin American Network of Non-Governmental Organizations of Persons with Disabilities and their Families e PDF-Pacific Disability Forum).

Vera e propria “voce” di circa un miliardo di persone con disabilità in tutto il mondo, l’IDA ha certamente giocato un ruolo chiave negli anni di negoziati che hanno portato – nel 2006 – alla definizione all’approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e due anni fa si è deciso di iniziare a lavorare per ottenerne il riconoscimento legale (legal incorporation), processo giunto alla sua positiva conclusione nei giorni scorsi, con l’Assemblea Generale Costitutiva di Ginevra.

«Il riconoscimento legale dell’IDA – ha dichiarato Yannis Vardakastanis, attuale presidente dell’organizzazione, oltreché presidente dell’EDF – costituisce certamente un passaggio fondamentale, per il rafforzamento e uno sviluppo sostenibile di essa, assicurando anche, in futuro, maggiore solidità agli organismi che compongono l’Alleanza. Del resto, in questi ultimi tre anni l’IDA ha fatto grandi progressi, dal punto di vista della tutela a livello mondiale, sviluppando anche notevolmente la propria capacità di fornire assistenza tecnica alle organizzazioni nazionali e in particolare a quelle del Sud del mondo. Il riconoscimento legale, quindi, è un’evoluzione naturale di tale processo».

Il primo Consiglio della “nuova” IDA – durante il quale verranno eletti i componenti dell’Ufficio Esecutivo – è in programma dal 13 al 15 luglio a New York, ovvero nei giorni che precederanno il Forum della Società Civile e la Conferenza degli Stati Parte, previsti dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. (S.B.)

(11 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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ISEE, INTESA RAGGIUNTA: TUTTE LE REGIONI D'ACCORDO SULLA RIFORMA. L'ANNUNCIO CON GIOVANNINI E DELRIO

Alle 14.30, dopo la Conferenza unificata, conferenza stampa con Errani e i due ministri per comunicare l'accordo di tutte le regioni sulla riforma dello strumento che misura la capacità economica per accedere ai servizi sociali

ROMA - Regioni tutte d'accordo sulla riforma dell'Isee. L'intesa è stata sancita nella conferenza unificata Stato-Regioni e comunicata ufficialmente in conferenza stampa dal presidente della conferenza Vasco Errani, i ministri del Welfare Enrico Giovannini e quello agli Affari regionali Graziano Delrio.

E' uno sblocco decisivo per la vicenda dell'"Indicatore della situazione economica equivalente" - cioè lo strumento che "misura" la capacità economica degli individui di accedere ai servizi sociali e dal quale dipendono le tariffe più o meno agevolate (o gratuite) che si possono ottenere. L'iter del decreto di riforma era stato infatti fermato alla fine della scorsa legislatura dal veto della Lombardia (in questi casi è necessaria l'unanimità), che invece poco meno di un mese fa aveva ottenuto le modifiche richieste. Ora il decreto - particolarmente atteso dagli enti locali che erogano i servizi sociali - potrà passare all'esame e all'approvazione definitiva del Parlamento.

(14 giugno 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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LA CONTRADDITTORIETÀ DI QUELLA BOZZA SULL’ISEE

Non è ancora norma il nuovo ISEE, l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, che serve a valutare il reddito di un nucleo familiare e segnatamente – rispetto alle persone con disabilità e alle loro famiglie – l’accesso alle varie prestazioni e la partecipazione alla spesa. E tuttavia, le recenti modifiche approvate alla bozza di Decreto in discussione presentano aspetti per lo meno confusi e contraddittori

Come avevamo già ampiamente scritto anche su queste pagine, la Legge 214/11, meglio nota a suo tempo come “Manovra Salva-Italia”, aveva previsto, all’articolo 5, un successivo Decreto del Presidente del Consiglio – su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze -, per rivedere sia le modalità di determinazione che i campi di applicazione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente).Si tratta di un intervento – è sempre opportuno ribadirlo – che interessa milioni di famiglie italiane: l’ISEE, infatti, è idealmente lo strumento che serve a calcolare il reddito di un nucleo familiare e che già prima della revisione attualmente in atto considerava tutti i redditi IRPEF dei componenti, insieme al 20% del patrimonio della famiglia, sottoponendo la somma risultante a una scala di equivalenza: quanto più numeroso, cioè, è il nucleo, tanto più basso sarà l’ISEE. È uno strumento, quindi, che ha la sua razionalità, ma che negli anni è stato usato solo per alcune prestazioni sociali agevolate, e non per tutte. Per altre, invece, ci si è riferiti al reddito IRPEF (ad esempio per le pensioni di invalidità), per altre ancora al reddito dell’interessato e del coniuge (assegno sociale). Fino ad oggi, la determinazione dell’ISEE è stata disciplinata dal Decreto Legislativo 109/98 e successive modificazioni e regolamentazioni. Intervenire dunque su tale strumento significa, innanzitutto, modificare i suoi tre elementi costitutivi e cioè l’Indicatore della Situazione Reddituale (ISR), l’Indicatore della Situazione Patrimoniale (ISP) e le Scale di Equivalenza per la ponderazione della composizione del nucleo. Significa inoltre ridefinire i campi di applicazione (a quali servizi e prestazioni si applica) e decidere se, in taluni casi, anziché all’ISEE dell’intero nucleo ci si debba riferire alla sola situazione del singolo cittadino che richiede prestazioni agevolate.

Alla scadenza della scorsa Legislatura, avevamo lasciato la bozza dello schema del Decreto ISEE giacente sui tavoli del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: il Governo, infatti, non aveva fatto in tempo ad approvare il nuovo regolamento. Ora sembrano profilarsi alcune accelerazioni verso l’approvazione di una norma che tuttavia – è bene precisarlo – non è ancora in vigore. Già lo scorso anno, per altro, lo schema del Decreto era stato esaminato e approvato dal Consiglio di Stato, ma successivamente – anche in forza di una Sentenza della Corte Costituzionale (297/12) -, era stato sottoposto alla “ratifica” della Conferenza Stato Regioni, che non aveva però raggiunto un’intesa, a causa dell’opposizione della Regione Lombardia. Nel frattempo si è insediato il nuovo Governo Letta, con Enrico Giovannini ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali e Maria Cecilia Guerra viceministro alle Politiche Sociali. Proprio per superare, quindi, l’opposizione della Regione Lombardia, la precedente bozza di Decreto è stata oggetto di modificazioni e il testo è ora in attesa di approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, per poi passare successivamente all’esame consultivo delle Commissioni di Camera e Senato, prima dell’approvazione definitiva e, quindi, della pubblicazione e dell’entrata in vigore.

Una nota di commento su una delle significative rielaborazioni cui la bozza di Decreto è stata sottoposta nelle ultime settimane, rimandando i Lettori all’ampio ed esauriente approfondimento sulla questione proposto dal Servizio HandyLex.org. In particolare, infatti, va segnalata la riscrittura dell’articolo 2, comma 1, che sotto il profilo tecnico appare senz’altro confusa e contraddittoria. Da un lato, infatti, si conferma che l’ISEE è un «livello essenziale», ma dall’altro si afferma che

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«sono fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie» e ancora «tenuto conto delle disposizioni regionali in materia e delle attribuzioni regionali specificamente dettate in tema di servizi sociali e sociosanitari».

Si tratta di una contraddizione in termini che porterà quasi certamente a un gran numero di contenziosi e, prima ancora, a un’applicazione totalmente disomogenea da Regione a Regione. Ed è anche una formulazione che vanifica – almeno per quanto concerne l’àmbito sociale e quello socio-sanitario – la piena coercitività del futuro regolamento. (C.G.)

(18 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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IL GIURAMENTO DI CRISTIAN: IL RAGAZZO DOWN ORA È ITALIANO

Lieto fine per la vicenda del giovane di origine colombiana che era stato dissuaso dal presentare domanda di cittadinanza perché giudicato incapace di effettuare il giuramento richiesto. Oggi la conclusione del caso. Chaouki: “Una grande festa”

ROMA – Emozionato e in abito elegante nonostante il grande caldo che avvolge la città. Cristian Ramos si è presentato così stamane all’anagrafe centrale di Roma in via Petroselli per pronunciare quel giuramento che completa l’iter per l’ottenimento della cittadinanza italiana. Il giovane, con sindrome di Down, è nato nel nostro paese da padre italiano (che non lo ha riconosciuto) e madre colombiana, che lo ha cresciuto in questi venti anni e che festeggia insieme a lui oggi un traguardo che fino a pochi mesi fa sembrava irraggiungibile.

Al compimento del diciottesimo anno di età infatti, la signora Gloria aveva espresso l’intenzione di presentare per Cristian la domanda di richiesta della cittadinanza italiana, ma aveva rinunciato quando si era sentita dire che l’iter non si sarebbe potuto concludere a causa della disabilità del figlio, che in quanto disabile non avrebbe potuto effettuare un giuramento valido. Ne era nata una mobilitazione generale, in particolare sui mezzi di comunicazione, che aveva spinto l’allora ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ad invitare la famiglia Ramos a presentare ugualmente la domanda con la rassicurazione che la prefettura l’avrebbe vagliata con attenzione e flessibilità.

Dall’Aipd, l’associazione italiana persone down, che vede Cristian fra i propri iscritti, era stato fatto notare la necessità di modificare la normativa attuale in tema di acquisizione della cittadinanza (L. 91/92) per renderla coerente con il dettato dell’art. 18 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall'Italia con L. 18/09. La Convenzione impone che la cittadinanza non possa venire negata in ragione della disabilità. La stessa Gloria, madre di Cristian, ha fatto appello perché “venga fatta una legge che dia questo diritto a tutti”.

Al giuramento di Cristian era presente anche Khalid Chaouki, deputato e responsabile nazionale Nuovi Italiani per il Pd, che ha seguito la vicenda: “Sono felice di aver preso parte a questo giuramento che è stato per tutti una grande festa: ringraziamo il Ministero dell’Interno e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per il felice esito di questa complessa vicenda che, speriamo, sia di buon auspicio per una riforma globale della legge sulla cittadinanza”.

(19 giugno 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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CINQUE DIRITTI MONDIALI PER I MALATI DI SLA

Si celebra oggi la giornata mondiale contro la Sla. Diffusi i 5 diritti fondamentali da realizzare a livello mondiale. Eventi e convegni per tutto il week end

Cinque diritti fondamentali, da promuovere a livello globale. Sono i diritti dei malati di Sla raccolti in “The Family –Tree of National ALS/MND Charter”: si tratta di una campagna sui diritti dei pazienti lanciata a livello mondiale proprio oggi, in occasione dell’edizione 2013 della Giornata mondiale sulla Sla. Eccoli in sintesi:

• Le persone malate di SLA hanno diritto a una diagnosi precoce e a una corretta informazione sulla malattia.

• Le persone malate di SLA hanno diritto a trattamenti specifici per la cura della malattia. • Le persone malate di SLA hanno diritto essere trattati come individui, con dignità e rispetto. • Le persone malate di SLA hanno diritto a massimizzare la qualità della propria vita. • Chi si prende cura di persone malate di SLA ha diritto a essere considerato, rispettato,

ascoltato e ben supportato.

AISLA, così come tutte le associazioni che fanno parte dell’Alliance, ha declinato questi principi facendo emergere le necessità specifiche del nostro Paese. Ognuno di essi si articola quindi in diritti più dettagliati, che vanno a dare corpo al diritto principale e senza cui esso rimarrebbe solo un valore assiologico. Un esempio? In Italia il ritardo diagnostico medio dall’esordio dei sintomi è di circa 11 mesi che può arrivare anche a 24 per quei pazienti residenti in aree distanti dai centri di riferimento. Questo comporta un ritardo nella presa in carico e di conseguenza nell’attivazione delle cure, con una minore possibilità di accesso ai trattamenti sperimentali. Il diritto a una diagnosi precoce quindi non può realizzarsi senza rapido accesso a visite specialistiche neurologiche; accesso tempestivo a informazioni sulla malattia; attentocounseling genetico.

Si celebra oggi in tutto il mondo il Global Day, la Giornata mondiale sulla SLA, una malattia neurodegenerativa dell’età adulta di cui non si conoscono ancora le cause e per la quale non esistono ancora terapie efficaci. Il 21 giugno, e nel corso dell’intero mese, AISLA (Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica) promuoverà in tutta Italia, grazie all’impegno e alla collaborazione delle 57 sezioni locali, i Family Day, momenti di condivisione, conviviali e insieme informativi dedicati ai malati, alle famiglie, ai care giver, ai medici, ai ricercatori e a tutte le figure coinvolte nella presa in carico dei problemi legati alla malattia. Tutte le iniziative e gli appuntamenti del Global Day sono consultabili sul sito www.aisla.it. In particolare la sede nazionale AISLA di Milano organizza un pomeriggio di informazione e sensibilizzazione sulla malattia aperto a tutta la cittadinanza per sabato 22 giugno a partire dalle ore 14,30 presso la Sala Conte Biancamano del Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano (ingresso gratuito da via Olona 6/bis previa registrazione all’indirizzo [email protected] o al numero 02/43986673). Fondazione AriSLA dal canto suo celebrerà la Giornata mondiale sulla SLA con un focus specifico sulla ricerca: il 21 giugno si terrà infatti a Milano, presso il Centro Congressi Fondazione Cariplo, il IV Convegno Nazionale “Nuove prospettive di ricerca. Per un futuro senza SLA!”. Largo spazio sarà dedicato quest’anno alle tecnologie al servizio dei pazienti e ai sistemi innovativi per la comunicazione.

(21 giugno 2013)

Fonte: Vita.it

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CONFERENZA DISABILITÀ, GUERRA: "CI SARANNO SEGNALI IMPORTANTI"

Il viceministro al Welfare si esprime sulle attese per la due giorni organizzata a Bologna: "Consapevoli del momento difficile, lavoriamo su passi concreti". Giudizio positivo sul lavoro dell'Osservatorio in scadenza ad ottobre: si va verso la riconferma?

ROMA - "E' viva la consapevolezza della crisi acuta che il paese sta attraversando nel momento in cui organizziamo la quarta Conferenza nazionale sulle politiche della disabilità: stiamo lavorando con i passi che ci sono possibili in questo momento difficile ma dei segnali importanti ci saranno sicuramente". Il viceministro al Lavoro e Politiche sociali, Maria Cecilia Guerra, sfoggia un cauto ottimismo mentre lavora alla preparazione della Conferenza che il 12 e 13 luglio prossimo vedrà riunirsi al Palazzo dei Congressi della Fiera di Bologna l'intero mondo della disabilità. Del resto, dice, "quello che stiamo facendo è un percorso vero", che deve arrivare a dare risultati concreti per la vita quotidiana di milioni di persone con disabilità.

Il riferimento, quando parla, è al "confronto serrato" - come lo definisce lei stessa - fra istituzioni, associazioni, enti locali, parti sociali ed esperti realizzato all'interno dell'Osservatorio nazionale che lei segue in prima persona da oltre un anno e mezzo, prima come sottosegretario del governo Monti e ora come viceministro in quello Letta. Un organismo che ha varato il Programma di azione biennale (a breve atteso in Consiglio dei Ministri) che sarà il protagonista della Conferenza nazionale, chiamata a "dare gambe al provvedimento", cioè a delineare i primi passi da compiere per la sua attuazione e per monitorarne l'avanzamento nel corso del tempo.

Un lavoro ormai definito e da avPiù anziani disabili ma meno sussidi viare quanto prima, anche perchè l'Osservatorio nazionale (che era entrato in vigore nell'ottobre 2010) ha per legge un mandato di tre anni ed è dunque prossimo alla scadenza (il 22 ottobre, mancano quattro mesi). Sarà rinnovato o la sua esperienza terminerà qui? Il viceministro Guerra pensa ad una "relazione che illustri la sussistenza dei motivi che spingono alla conferma", di fatto augurandosi che l'esperimento non si fermi qui. Ma la decisione non spetterà solo a lei o al suo dicastero, ma all'intero Consiglio dei ministri: è la stessa legge 18/2009, che ha ratificato la Convenzione Onu, che prevede una congiunta "valutazione della perdurante utilità dell'organismo". (ska)

(25 giugno 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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ADESIONE FP CGIL MANIFESTAZIONE COMITATO GENITORI GIOVANI DISABILI PSICHICI - 3 LUGLIO – P.ZZA MONTECITORIO – ORE 9:30

Il “Comitato genitori giovani disabili psichici” ha indetto una manifestazione nazionale, per il 3 luglio p.v. Ore 9:30/13:00 a Roma p.zza Montecitorio alla quale hanno già aderito molte Associazioni di categoria.

La manifestazione è tesa a scongiurare il blocco delle assunzioni nella P.A. delle persone con disabilità, ex legge 68/99, così come previsto dal parere n. 23580 del 22 maggio u.s. del Dipartimento di Funzione Pubblica della PCM.

Sia rispetto ai temi alla base della iniziativa sia per la proficua collaborazione da tempo attivata fra la Fp Cgil e il Comitato stesso, aderiamo convintamene alla manifestazione a sostegno del diritto al lavoro per i giovani disabili psichici.

Pertanto, invitiamo le strutture regionali e territoriali della FP-CGIL a garantire nei limiti della rispettive disponibilità la loro presenza alla iniziativa del 3 luglio.

la Segretaria GeneraleRossana Dettori

(27 giugno 2013)

Fonte: Fpcgil.it

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CONFERENZA DISABILITÀ, ECCO DI COSA SI DISCUTERÀ A BOLOGNA

Nella due giorni si cercano idee concrete per realizzare le azioni indicate dal Piano d’azione. Tra le proposte la riforma del sistema di accertamento e la creazione del “disability-case manager”. Ecco un primo quadro complessivo

ROMA – Ci sono il sistema di accertamento e le criticità lavorative, le difficoltà della vita indipendente e i necessari adeguamenti alla normativa su accessibilità e mobilità, oltre alla tutela di alunni e studenti disabili e alle sfide poste dalla riabilitazione. Senza dimenticare la cooperazione internazionale. La Conferenza nazionale sulle politiche della disabilità di Bologna, prevista il 12 e 13 luglio prossimo, verterà sui temi inseriti nel Programma d’azione biennale, il documento che racchiude tutte le azioni che a giudizio dell’Osservatorio nazionale devono essere svolte per migliorare la vita delle persone disabili. L’obiettivo della Conferenza sarà proprio quello di individuare forme concrete per attuare le indicazioni contenute nel Programma d’azione. Ecco una breve sintesi delle principali questioni

Sistema di accertamento. A fronte dell’attuale metodo di valutazione, “ancorato sa una visione medico-legale della disabilità”, il Programma propone la riforma del sistema di accertamento attraverso nuovi strumenti, che tengano conto della “condizione di disabilità globale”. Si avanza anche l’ipotesi di riforma delle attuali forme di assistenza economica, in relazione al “rischio di impoverimento” che riguarda in particolare le persone disabili. “Progettazione personalizzata”, “budget integrato” e “integrazione socio-sanitaria” sono le parole chiave dell’azione proposta.

Lavoro e occupazione. La criticità che emerge con forza è la mancanza di un dato sulla disoccupazione relativo alle persone con disabilità: a tal proposito, il Programma prevede che questo dato, insieme a quello sugli esoneri, sia ricavato e reso noto, attraverso l’integrazione delle fonti amministrative e statistiche. C’è poi il problema del “tasso di scopertura” dei posti riservati: nel 2011, erano 37.000 i posti per lavoratori disabili non occupati: una questione questa che dovrà essere risolta, secondo l’Osservatorio, anche attraverso un aggiornamento della legislazione (legge n. 68/99) e l’ottimizzazione del collocamento mirato. Rifinaziamento del fondo nazionale per la legge 68/99, potenziamento del part-time e del telelavoro sono alcune delle azioni proposte.

Vita indipendente. “Una progettualità volta all’assistenza indiretta, all’incentivazione della domiciliarità e, pur in modo residuale, al supporto a percorsi di autonomia personale”: è quella introdotta in Italia dalla legge 162/98, che ha dato vita in alcuni casi, secondo l’Osservatorio, a “vere e proprie forme di innovazione sociale”. Criticità si rilevano però nei criteri di individuazione degli “aventi diritto”, come pure nella disomogeneità e frammentarietà degli interventi. L’obiettivo è quindi “fissare criteri guida per la concessione di contributi, per la programmazione degli interventi e servizi e la redazione dei progetti individualizzati”, sulla base dell’articolo 9 (“Vita indipendente ed inclusione”) della Convenzione Onu. Lo stesso capitolo del documento contiene la proposta dell’abrogazione degli istituti giuridici dell’interdizione e dell’interdizione, “prevedendo un contestuale e coordinato rafforzamento dell’istituto dell’amministrazione di sostegno”.

Accessibilità e mobilità. Sull’accessibilità, la normativa italiana ha bisogno di essere adeguata agli standard europei: è quindi questo il primo obiettivo, di carattere legislativi, indicato in questo capitolo del Programma. Esiste però intanto, in Italia, uno “Schema di Regolamento per la eliminazione delle barriere architettoniche”, che deve essere applicato mediante regolamenti attuativi. Così come dovrebbero essere attuati i Regolamenti europei in materia di trasporto delle persone a mobilità ridotta. Necessario anche procedere al più presto all’approvazione del nuovo Nomenclatore degli ausili. Altre azioni vengono proposte in materia di trasporto pubblico e privato, formazione, fondo per l’abbattimento delle barriere e aggiornamenti normativi.

Scuola e formazione. Gli alunni con “Bes” (Bisogni educativi speciali) e le relative forme di tutela

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aprono il capitolo del Programma dedicato alla scuola : al riguardo, si chiede l’elaborazione di linee guida e indicatori di qualità e l’integrazione della legislazione vigente, al fine di garantire l’inclusione scolastica di questi alunni. Tra gli altri obiettivi relativi al sistema formativo, c’è la lotta all’evasione scolastica degli alunni con disabilità, anche attraverso l’introduzione, nella legislazione attuale del concetto di “accomodamento ragionevole” e l’ottimizzazione del percorso di formazione obbligatoria (iniziale e in servizio) dei docenti.

Salute, diritto alla vita, abilitazione e riabilitazione. Sostegno alla fase prenatale e neonatale per i bambini con disabilità e le loro famiglie, assistenza specifica per le donne con disabilità durante la gravidanza e la maternità e “sostegno intensivo” alle disabilità più gravi: sono questi alcuni degli obiettivi proposti nel Programma in ambito sanitario. Tra le proposte, c’è quella istituire la figura del “disability-case manager”, che faccia da “facilitatore e veicolo per un’informazione corretta sulla salute, nel momento in cui il cittadino si trovi di fronte a scelte di cura e presa in carico particolarmente complesse”. Il servizio in cui questa figura opererà sarà il Punto unico di accesso.

Cooperazione internazionale. L’obiettivo indicato nel Programma è stato raggiunto proprio alcuni giorni fa: si tratta dell’approvazione del Piano di azione per le persone con disabilità della Cooperazione Italiana. Tra le altre azioni individuate, c’è la creazione di un “accommodation fund”, sulla base delle risorse disponibili, che sostenga la promozione e realizzazione di progetti indirizzati alle persone con disabilità, basati sull’approccio a doppio binario”. (cl)

(3 luglio 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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GIRO DI VITE PER I FURBETTI DELL'ISEE

di Sara De Carli

Nasce la Banca dati delle prestazioni sociali agevolate, soggette a Isee. In GU le nuove regole per smascherare chi ne usufruisce senza diritto

Nasce la “banca dati delle prestazioni sociali agevolate”. È un nuovo strumento per rafforzare i controlli sull’Isee, attraverso cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali spera di scovare i “falsi bisognosi”. La banca dati sarà infatti costituita di tutte le informazioni sulla fruizione di prestazioni sociali regolate dall’Isee, che arriveranno all’Inps attraverso enti erogatori e servizi sociali, in forma indiviale ma anonima. Il decreto (del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 149 del 27 giugno 2013.

È un sistema – dice il decreto – che rientra nel Sistema informativo dei servizi sociali previsto dalla legge 328 del 2000, che servirà alla programmazione delle prestazioni e dei servizi e socio-sanitari. La banca dati sarà costituita delle informazioni «sulle prestazioni sociali agevolate e sui soggetti che ne hanno beneficiato» (art. 2) e le informazioni in essa contenute saranno nel dettaglio tre: dati identificativi dell’ente erogatore e del beneficiario; tipologia delle prestazioni sociali agevolate; informazioni relative alle caratteristiche e al valore economico delle prestazioni sociali agevolate.

Dove scatta il controllo? Là dove la banca dati, in base allo scambio di informazioni con l’Agenzia delle Entrate, rilevi una discordanza fra il reddito dichiarato e quanto indicato nella DSU, si ricalcola il nuovo Isee in base al reddito maggiore «ai fini di una immediata irrogazione della sanzione». «Le informazioni della banca dati – recita infatti esplicitamente l’articolo 4 – sono raccolte e utilizzate al fine di rafforzare i controllo connessi all’erogazione delle prestazioni sociali agevolate».

Lo stesso Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, d’altronde, nel Rapporto sull’Isee 2012, scriveva nero su bianco che l’Isee è viziato da «comportamenti opportunistici», tali per cui «per il 60% della popolazione Isee il patrimonio non ha alcun effetto sull’indicatore». Nel Mezzogiorno ad esempio «il 96% della popolazione Isee (contro l’80% nella media nazionale) dichiara di non possedere nemmeno un conto corrente o un libretto di deposito».(4 luglio 2013)

Fonte: Vita.it

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AL VIA LA CONFERENZA SULLA DISABILITÀ. NAPOLITANO: ''PIÙ ATTENZIONE AI DIRITTI''

Il messaggio del Presidente della Repubblica apre i lavori a Bologna.''Attenzione verso diritti persone disabili per evitare che il disagio sociale si traduca, come avviene in troppi casi, in emergenza''. Apprezzamento per il lavoro dell’Osservatorio nazionale

BOLOGNA - I lavori della IV conferenza nazionale sulla disabilità si aprono con il messaggio del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, letto alla platea gremita della Sala Europa del Palazzo dei Congressi di Bologna, dalla vice ministro al Lavoro e alle Politiche sociali, Maria Cecilia Guerra. “Rivolgo un saluto cordiale a tutti i partecipanti della Conferenza e desidero esprimere il più vivo apprezzamento all’Osservatorio nazionale per l’attività che ha svolto in questi anni, la sua opera di monitoraggio è uno strumento fondamentale per fornire elementi conoscitivi necessari a migliorare e mettere a punto interventi adeguati su questi temi”.

Napolitano ha sottolineato nel suo messaggio come alla prestazione dei servizi sanitari e di cura vada affiancata l’eliminazione degli ostacoli alla mobilità e all’inserimento delle persone disabili nel mondo della scuola e del lavoro. “Il tema del lavoro - ha detto il Presidente - richiede misure di inclusione efficaci ed è importante che il primo programma di azione italiana tratti di questo tema in modo serio e approfondito, anche in risposta alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea”. Napolitano ha concluso il suo messaggio ricordando che “serve maggiore attenzione verso i diritti delle persone disabili per evitare che il disagio sociale si traduca in emergenza come avviene purtroppo in troppi casi. La Conferenza è una preziosa occasione di impegno per questioni di rilevanza sociale. Auguro buon lavoro al ministro Enrico Giovannini, agli organizzatori e a tutti i partecipanti”. (lp)

(12 luglio 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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CONFERENZA DISABILITÀ, BOMPREZZI: "ESTERREFATTO DALL'INDIFFERENZA DEI MEDIA"

Il giornalista di Invisibili apre i lavori a Bologna: ''Esterrefatto da indifferenza dei colleghi su questi temi. Mi aspettavo almeno qualche titolo sui quotidiani nazionali. E'' un brutto segnale''

BOLOGNA - Il giornalista Franco Bomprezzi apre i lavori della IV Conferenza nazionale sulla disabilità ricordando tutte quelle precedenti a partire dal 2001. “In quella circostanza - ha detto Bomprezzi - lo slogan del gruppo di lavoro su comunicazione e cultura, ‘Liberi di vivere come tutti’, che io coordinavo mi venne scippato dall’allora ministro del Lavoro, Livia Turco, che lo portò a slogan dell’intera conferenza. Oggi è un obiettivo che ci poniamo con forza, ancora di più dopo la Convenzione Onu sui diritti delle persone disabili”. Allora, nel 2001, ha continuato Bomprezzi, “venivamo dagli anni del risarcimento del danno, dalle politiche obbligatorie, dalla cultura del bisogno e per la prima volta si parlava delle persone disabili come portatori di diritti”. Da allora, “c’è stata grande dignità e la sala piena di oggi è la riprova che questo mondo quando è chiamato a confrontarsi con la politica è pronto, anche in un momento difficile come quello che stiamo vivendo”.

Bomprezzi si è detto, invece, “esterrefatto”, come giornalista, “dall’indifferenza dei colleghi. Mi aspettavo almeno qualche titolo sui quotidiani nazionali, anche per dare forza alle politiche di governo. E’ un brutto segnale”. Bomprezzi, che fa quotidianamente informazione sul suo blog Invisibili su Corriere.it, ricorda che “la disabilità diventa notizia solo se estrema e negativa, solo è un’emergenza conclamata intorno a casi singoli e non quando è progettazione condivisa intorno ai casi di tutti”. La Conferenza quindi è un momento importante per “mettere insicurezza le politiche di welfare per le persone disabili”, ha detto il giornalista, “ed è importante che il governo abbia rispettato la scadenza”, anche in questo momento. “Siamo passati a una cultura dei diritti e non vogliamo tornare indietro - ha continuato - Ricordo quando il nostro mondo era frammentato e ognuno andava per i fatti suoi, adesso l’interlocuzione politica e sociale è competente forte, condivisa. Oggi esiste una cultura della disabilità che è patrimonio del Paese e la nostra cultura è portata all’estero come modello di inclusione. Per questo pesa ancora di più il contrasto tra politiche, leggi, coscienza e una realtà che è drammaticamente diversa perché il peso della crisi ha fatto sentire in maniera eccessiva la sua spada sulle famiglie e sulle persone”.

Bisogna mettere al centro la persona, il lavoro, l’inclusione scolastica, i diritti conquistati con battaglie condivise, quindi. “Dal nostro mondo può venire ricchezza per il Paese, non solo problemi”, ha concluso Bomprezzi. (lp)

(12 luglio 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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DISABILI SEMPRE PIÙ DISCRIMINATI. FALSI INVALIDI, UN PROBLEMA CONTENUTO"Il viceministro del Welfare Guerra nel suo intervento alla Conferenza sulla disabilità aperta oggi a Bologna. ''La crisi sta peggiorando la situazione. Vanno rimosse le barriere, ambientali e culturali, per permettere alle persone disabili di essere protagoniste''.

BOLOGNA - “Riconoscere alle persone disabili i diritti di tutti”. Lo ha detto Maria Cecilia Guerra in apertura del suo intervento alla IV Conferenza nazionale sulla disabilità in corso a Bologna. “La ratifica da parte del nostro Paese della Convenzione Onu sui diritti dei disabili è vincolante e non va pensata con leggerezza - ha detto Guerra - Per la prima volta, si afferma che le persone disabili hanno pari opportunità, facendo propria l’enunciazione dei diritti umani del 1948. Non si vuole fare dei disabili delle categorie protette e speciali, ma riconoscere loro i diritti che hanno tutte le altre persone. Questa affermazione si sposa con una concezione nuova della disabilità”. Guerra ha ricordato infatti, che “la disabilità non è una condizione oggettiva della persona, ma deriva dall’interazione e dal rapporto con l’ambiente e spesso nasce o risulta aggravata da barriere, architettoniche, ambientale e culturali. Se riconosciamo questa definizione allora l’impegno che abbiamo sottoscritto con la ratifica è quello di rimuovere queste barriere per permettere ai disabili di essere protagonisti della propria vita e delle proprie scelte, protagonismo sintetizzato dal motto ‘nulla su di noi, senza di noi’”. La Conferenza è l’occasione per avviare un confronto pubblico sul Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità. Approvato dal Consiglio dei ministri, il Programma passerà in Conferenza unificata e dovrà avere l’ok da Comuni, Province e Regioni e poi verrà adottato come Decreto del Presidente della Repubblica. “Il percorso - ha sottolineato Guerra - coinvolge tutta la filiera istituzionale e ha un senso se ciascuno di coloro che lo sottoscrive, considera vincolante la messa a punto degli impegni”. In questo senso, la Conferenza è un momento importante e nella tavola rotonda del 13 luglio le istituzioni sono chiamate a rispondere a obiezioni, domande, sollecitazioni da parte dei gruppi di lavoro. Le conclusioni saranno trasmesse al Parlamento per individuare eventuali correzioni alla normativa. “E’ importante - ha continuato il vice ministro - che le istituzioni si mettano in filiera e agiscano insieme. Abbiamo zone d’Italia, come l’Emilia-Romagna, in cui c’è una grande attenzione, ma ci sono dislivelli territoriali insostenibili se vogliamo parlare di diritti umani”.“Se parliamo di disabilità, dobbiamo ricordarci che parliamo di persone e allora le dobbiamo considerare nella loro interezza, oltre alle caratteristiche personali va tenuto conto anche dell’interazione con l’ambiente”. Il Programma di azione biennale va in questo senso prevedendo linee di intervento che riguardano il riconoscimento e la certificazione, il lavoro, la scuola, i servizi, la mobilità e la salute. Guerra ha tenuto a insistere in particolare sulla questione del lavoro. “Rilevante disoccupazione di lungo periodo, non partecipazione ai programmi di formazione e abbandono scolastico sono le 3 situazioni che riguardano spesso le persone con disabilità - ha spiegato guerra - e che determinano molto spesso esclusione sociale e povertà. Se interveniamo solo sulla disabilità senza vedere la necessità di affrontare il problema sociale della povertà o quello di garantire alti livelli di partecipazione scolastica o l’inserimento in alti segmenti del mercato del lavoro, non faremo molta strada”.

La crisi sta peggiorando la situazione. “La crisi non colpisce tutti nello stesso modo, ma colpisce in modo particolare le persone che possono essere più facilmente messe ai margini - ha affermato poi Guerra - e i disabili sono sicuramente più esposti”. Tutti gli studi dimostrano un forte legame tra le condizioni del mercato del lavoro e le condizioni delle persone disabili. Ecco perché, “bisogna accendere dei fari su marginalità e crisi per evitare che il nostro Paese, che pure ha una legislazione avanzata e ha precorso, in certi i casi, i tempi, faccia dei tragici passi indietro”. La crisi poi si unisce alla discriminazione. “L’Unar ci dice che sono in aumento gli episodi di discriminazione verso le

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persone disabili - prosegue il vice ministro - La casistica è nota e arriva spesso sui giornali, ma spesso la discriminazione si intreccia ad esempio con l’immigrazione: è il caso di un bambino a cui, a Caserta, è stato negato il sostegno perché figlio di immigrati irregolari e privo della documentazione necessaria o quello di tante persone Lgbt che in un contesto discriminatorio non riescono a esprimere la propria affettività”. Gli episodi di discriminazione “hanno radici nei deficit culturale profondo del nostro Paese. E’ una questione di vigilanza su cui ciascuno di noi è chiamato a rispondere per non cadere nel luogo comune di chi di fronte alla diversità reagisce discriminando”.

Questa, secondo il vice ministro, è “la cosa più grave che sta dietro la campagna dei falsi invalidi”, ha detto Guerra, “se ci sono persone che usufruiscono di agevolazioni indebitamente vanno perseguite, ma sappiamo che il problema è contenuto. Quello che la campagna ha fatto però è creare un’immagine che ha segnato nel profondo la sensibilità delle persone che sono state “additate come parassite o vessate da procedimenti di verifica e doppie visite su cui è necessario intervenire”. (lp)

(12 luglio 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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TRA I DISABILI TASSO DI DISOCCUPAZIONE 4 VOLTE PIÙ ALTO DEI NORMODOTATI

Conferenza nazionale sulla disabilità. Il dibattito tra i sindacati. Daita (Cgil): tra il 2000 e oggi dimezzati i nuovi avviamenti al lavoro. Da Cerrito (Cisl) forte attacco all’Inps: per accertare l’invalidità impiega una media di ben 278 giorni

BOLOGNA – Se tra i cosiddetti normodotati la disoccupazione si aggira sul 12 per cento, tra i disabili in cerca di lavoro supera abbondantemente il 40, quattro volte di più. Nel giorno dell’annuncio che, dopo oltre tre anni, verrà rifinanziato il fondo per l’inserimento lavorativo dei disabili, fatto dal ministro Giovannini, i sindacati confederali alla Conferenza nazionale di Bologna hanno snocciolato cifre molto preoccupanti sull’argomento. Il dato del 40 per cento di disoccupati è stato espresso da Nina Daita della Cgil, la quale ha anche sottolineato come dal 2000, primo anno di applicazione della legge 68/99 sono più che dimezzati i nuovi avviamenti al lavoro delle persone disabili iscritte agli uffici di collocamento. Nell’ultima rilevazione elaborata dall’Isfol, questi erano 750 mila e gli avviamenti al lavoro 22 mila. Altri dati sono stati illustrati da Sergio Ricci della Uil, secondo cui lavora solo il 16% di tutti i disabili tra i 15 e i 74 anni (non solo quelli iscritti al collocamento) e solo uno su dieci il lavoro lo ha trovato attraverso gli uffici pubblici territoriali. Un settore dove domina l’informalità, ma anche la discriminazione di genere, con le donne disabili che molto più difficilmente rispetto ai maschi riescono ad avere accesso a un’occupazione.

La paura che attraversato un po’ tutta la IV Conferenza nazionale è stata che nell’attuale periodo di difficoltà economica siano le persone più deboli a subire le conseguenze più veloci e concrete. Per questo si sono moltiplicati gli appelli e le ricette a contrastare la tendenza che emerge dai dati degli ultimi 4 anni, in cui, come ha detto il rappresentante dell’Ugl Giovanni Scacciavillani, “si sono consolidate politiche sociali restrittive che si sono abbattute come coltellate sulle persone più deboli, come i disabili”. Ne è un esempio, ha sottolineato, “la campagna di criminalizzazione dei falsi invalidi, che non è mai stata accompagnata da una compagna contro i medici che hanno dato le false certificazioni”. Un clima, ha detto Scacciavillani in modo pessimistico, che “ormai degradato i diritti a mere aspettative”.

Tra le ricette, da segnalare l’invito di Ricci a “sfruttare meglio le agevolazioni fiscali per le assunzioni di disabili”, quello di Daita a riconoscere tra le categorie svantaggiate anche i disabili con invalidità tra il 46 e il 77 per cento, e quello di aggiungere anche i giovani disabili tra i requisiti che debbono avere i cittadini tra 18 e 29 anni per rientrare nelle agevolazioni previste dal recente “pacchetto lavoro”.

Una indicazione quest’ultima venuta da Pietro Cerrito, segretario confederale della Cisl, che nel suo intervento ha tra l’altro lanciato un durissimo attacco all’Inps. “L’istituto che dovrebbe tutelare maggiormente questa categoria – ha affermato – è invece quello che le causa i maggiori problemi. Basti parlare del tempo richiesto per l’accertamento della disabilità, che è oggi in media di ben 278 giorni, con punte di oltre 350 per cecità e sordità”. Secondo Cerrito va lanciato a livello politico un segnale forte all’Inps, “i cui vertici sono oggi molto sordi a queste istanze”.

Nell’intervento di Cerrito anche un forte appello all’integrazione sociosanitaria, “che deve diventare uno dei primi terreni del confronto tra governo, regioni e parti sociali”, appello che sarebbe poi stato raccolto dal presidente della Conferenza delle regioni Vasco Errani.

(13 luglio 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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GIOVANNINI: “32 MILIONI IN PIÙ PER L’ACCESSO AL LAVORO DEI DISABILI”

Il ministro interviene alla giornata conclusiva della Conferenza sulla disabilità a Bologna. Risorse già disponibili nel 2013. “Abbiamo la possibilità di aumentare il fondo da due a 12 milioni quest'’anno e a 22 milioni l''anno prossimo”

BOLOGNA – In aumento le risorse per l’accesso al lavoro dei disabili: 10 milioni in più già sul 2013. Li promette il ministro per il Lavoro e le Politiche sociali Enrico Giovannini, intervenendo alla Conferenza nazionale sulla disabilità in corso a Bologna. “E’ stata una decisione del Governo- puntualizza Giovannini- in occasione del decreto lavoro abbiamo preso questa decisione che poi come veicolo normativo seguirà le migliori strade amministrative. Ma- sottolinea il ministro- abbiamo la possibilità di aumentare da due a 12 milioni quest’anno e a 22 milioni l’anno prossimo il fondo per le assunzioni disabili”. Per mettere in campo questi fondi, precisa ancora Giovannini, “lo strumento normativo lo stiamo valutando”. Nel corso del suo intervento il ministro ha anche fatto il punto sugli interventi già messi in atto: “nel decreto lavoro abbiamo già fatto interventi che aiutano e che segnalano da questo punto di vista l’attenzione verso per esempio l''inabilità, chiarendo dopo anni di contestazioni, anche giudiziarie, che il reddito che conta per la pensione di inabilità è quello individuale. Questo è un passaggio molto importante che sana tra l’altro migliaia di contenziosi”.

(13 luglio 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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A BOLOGNA LA CONFERENZA SULLA DISABILITÀ È UN SUCCESSO. MA ORA C'È "UNA MONTAGNA DA SCALARE"

Partecipazione folta, molti applausi e quasi nessuna polemica. Bilancio positivo nonostante i pochi giorni di preparazione. Protagonista il Programma biennale d'azione sulla disabilità, che il ministro Giovannini dà già "per approvato"

BOLOGNA - "E' andata pure troppo bene...". Sembrano quasi increduli gli organizzatori (sia politici che funzionari) della IV Conferenza nazionale sulla disabilità, conclusasi ieri a Bologna. Partecipazione folta e clima positivo, molti applausi e quasi nessuna polemica, ad eccezione della notizia, poi smentita, dell'ascensore guasto che avrebbe bloccato "una cinquantina di disabili". Una vicenda che ha poi finito per ritorcersi sia contro chi l'aveva diffusa (il presidente dell'associazione Fiaba), sia indirettamente contro l'informazione locale e nazionale, che della prima giornata di lavori non aveva quasi parlato, salvo riprendere appunto il lancio di un'agenzia scaturito da una "telefonata".

Cominciamo dalla partecipazione: "In realtà avevamo prenotato solo metà della sala grande - svela un funzionario del ministero del Lavoro e delle politiche sociali - perché prevedevamo al massimo 4-500 persone. Poi invece la sala è servita tutta: 750 preiscritti e quasi 200 che si sono presentati direttamente". Un risultato sorprendente, se si pensa che il primo annuncio dell'evento era quasi sfuggito al viceministro Guerra solo il 30 maggio e che la conferma della data era arrivata solo il 18 giugno, quando si era avuta la conferma della partecipazione di Giovannini.

Quanto al clima, ha colpito l'applauso finale alla viceministra Maria Cecilia Guerra, responsabile diretta dell'organizzazione di "una conferenza diversa dalle altre", come ha rilevato il ministro Enrico Giovannini, e anche il consenso all'intervento di quest'ultimo, il quale dopo aver ricordato il padre disabile dall'età di 12 anni a causa della poliomielite, ha affermato in un modo che non è sembrato formale di aver vissuto una mattinata "di arricchimento straordinario". Tra le varie attestazioni pubbliche di apprezzamento bastino le parole di Giovanni Pagano, presidente della Fand, a sottolineare "l'ottima riuscita della conferenza e della sua preparazione: abbiamo sempre avuto in questi mesi degli interlocutori disponibili al dialogo, che hanno ascoltato e spesso accolto le nostre proposte". Il riferimento era al programma biennale d'azione sulla disabilità, il documento stilato dall'Osservatorio nazionale e grande protagonista dell'incontro bolognese. Un documento che il ministro Giovannini ha definito "una montagna di 140 azioni, che io mi sento impreparato a scalare e della quale dovremo imparare a distinguere le cose importanti da quelle urgenti, altrimenti ne ricaveremmo solo un senso di frustrazione". Ma anche un documento che per lo stesso Giovannini costituisce una "pietra miliare" e che è "intriso di concretezza", tanto da "darlo per approvato" già qui a Bologna, nonostante debba ancora sottostare al passaggio della Conferenza stato regioni per poi diventare, se non ci saranno ostacoli, un decreto del Presidente della Repubblica.

Quelle 140 azioni sono dunque da mettere in sequenza e da monitorare, ha aggiunto Giovannini, individuando le priorità da attuare e non cambiandole in corsa: "Non facciamoci prendere dall'idea che tanto non cambia nulla - ha detto il ministro rivolto alle associazioni - Siate equlibrati, solo lavorando insieme faremo passi avanti: la burocrazia ama il cambiamento delle priorità perché ciò costituisce un alibi per non fare davvero nulla". Un atteggiamento che poco prima avevano del resto mostrato di condividere gli stessi sindacati. Secondo Cerrito (Cisl) "il programma avrà valore se daremo segnali sulle cose che si possono fare subito", mentre per Scacciavillani (Ugl), "se realizzato il programma segnerà una svolta per il mondo della disabilità".

Secondo Pietro Barbieri, presidente della Fish, l'importanza del programma biennale d'azione è che recepisce appieno le indicazioni della Convenzione Onu sulle persone con disabilità. "Ho molti

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dubbi - ha affermato - che noi siamo il paese dalla normativa più avanzata, come spesso ci diciamo compiaciuti. La legge quadro sulla disabilità (104 del 1992) in realtà non aveva previsto diritti, ma solo interventi. Così i disabili hanno dovuto continuare a marciare sul doppio binario del recinto e della contenzione da una parte e della lotta per la vita indipendente dall'altro: la Convenzione è il grimaldello per affermare la scelta che d'ora in poi si lavorerà solo sulla strada dell'indipendenza". A patto però, ha affermato Barbieri, "che le risorse siano uguali e i diritti applicati in tutto il paese, superando il solito schema a macchia di leopardo". (st)

(14 luglio 2013)

Fonte: SuperAbile.it

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NOTIZIE DAL TERRITORIO

(2 giugno 2013)Fonte: Il Gazzettino

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AL FUTURO SINDACO DI ROMA

di fratel Giuseppe Brunelli e Luigi Politano *

«Sentiamo forte, in questo momento, il bisogno di richiamare l’attenzione sua e quella di tutti gli Amministratori della cosa pubblica, poiché vediamo sempre più ridursi le già scarse opportunità di inclusione lavorativa e sociale per le persone con disabilità»: si apre così il messaggio rivolto al futuro Sindaco di Roma, da parte delle tante organizzazioni aderenti al FORUM – Disabilità-Formazione-Lavoro di Roma

Scriviamo a nome delle associazioni, enti, rappresentanze sindacali (sono quaranta) e dei molti professionisti del settore sociale e sanitario, che a Roma hanno aderito al FORUM – Disabilità-Formazione-Lavoro, promosso dall’Opera don Calabria e dalla Comunità di Capodarco. Sentiamo forte, in questo momento, il bisogno di richiamare l’attenzione sua e quella di tutti gli Amministratori della cosa pubblica, poiché vediamo sempre più ridursi le già scarse opportunità di inclusione lavorativa e sociale per le persone con disabilità. Noi sentiamo l’urgente necessità di promuovere nuovi percorsi che siano solide occasioni di inclusione a tutto tondo, vale a dire di esercizio della cittadinanza e di senso di appartenenza ai diversi contesti. Per questo abbiamo centrato la nostra attenzione prima di tutto sul tema del lavoro poiché costituisce il vero termine di paragone per riconoscere la validità di un percorso inclusivo, coerente e unitario, segno facilmente percepibile della propria autorealizzazione, dell’esercizio di un ruolo attivo nella società e del raggiungimento di livelli soddisfacenti di autonomia psicologica ed economica. Si tratta di un percorso che inizia con il sostegno rispettoso alla vita in famiglia, che prosegue con la scuola, la formazione e il lavoro e si completa con l’opportunità di vivere una vita in un habitat sociale normale (il cosiddetto “Dopo di Noi”!). Del resto è ciò che ci indica la nostra Costituzione, e che viene riaffermato dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

La Convenzione ha ormai più di sei anni e sono passati anche più di quattro anni dalla ratifica dell’Italia [Legge 18/09, N.d.R.]. Abbiamo la forte sensazione che i diversi attori facciano fatica – se non resistenza – a raccogliere la sfida lanciata da quel Trattato e pertanto temiamo che quei solenni princìpi restino una pura enunciazione ideale. In realtà noi vogliamo che quei princìpi siano incardinati in ogni azione politica che possa rafforzare il riconoscimento del diritto al lavoro delle persone con disabilità, e rimuovano gli ostacoli che limitano la libertà e il pieno sviluppo della persona umana. Non possiamo però negarci il fatto che comunque l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità incontri spesso notevoli ostacoli. Gli stessi Servizi che dovrebbero sostenere le persone con disabilità, a causa del prevalere del modello bio-medico individuale, spesso sono strutturati per offrire interventi parziali di compensazione delle condizioni deficitarie della persona e poco, o quasi nulla, per aiutare ad esercitare il diritto di cittadinanza, promovendo un ruolo sociale attivo.

I Servizi di Roma Capitale di aiuto alla persona e alla famiglia, di mobilità, di assistenza scolastica, di sostegno all’abitare, di promozione delle opportunità lavorative sono attualmente in sofferenza, sia in termini quantitativi e sia, soprattutto, in termini qualitativi. Spesso hanno subìto revisioni che – partendo da una preoccupazione di mancanza di risorse finanziarie – hanno ignorato il parere dei diretti interessati e mostrato pesantemente lo smarrimento del vero motivo del loro esistere: lo star bene delle persone. Sappiamo benissimo quali effetti negativi produce sulla salute e sul benessere delle persone l’assenza di un sostegno o la presenza di un sostegno sbagliato, o non continuativo, o non personalizzato o, comunque, non aderente al contesto di vita. Per tutto questo chiediamo a lei, futuro Sindaco di una grande città come Roma, di sostenere e promuovere un diverso approccio politico nel governo della città, segnando una forte discontinuità con il passato.

Noi crediamo che tutti gli attori debbano orientarsi alla “co-costruzione” del progetto di vita in una

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dimensione evolutiva e personalizzata, innescando processi di abilitazione dei contesti e producendo la piena partecipazione della persona con disabilità all’esperienza sociale e alla realizzazione del proprio progetto di vita. Questa prospettiva permetterebbe il passaggio da un welfare dei servizi a un welfare comunitario, mettendo al centro di ogni intervento le persone e non le strutture e le prestazioni ed evidenziando che il loro star bene dipende soprattutto dalle relazioni e dalla costruzione di legami di comunità in un’armonica connessione delle varie dimensioni: sociale, economico, ambientale, abitativo, oltre che sanitario. Abbiamo bisogno di riattivare il protagonismo delle famiglie e della società civile e di promuovere un decisivo cambiamento del ruolo del Terzo Settore: non più esecutore di programmi predefiniti, ma partner, co-responsabile e co-produttore del benessere e dei legami di comunità e, infine, di costruire un’organizzazione dei servizi responsabilmente condivisa e sostenuta da tutti gli attori coinvolti, secondo principi di equità, di solidarietà, di partecipazione e di sussidiarietà (come, ad esempio, si prospetta attraverso il modello operativo del budget di salute [in sintesi si può dire che quest’ultimo analizzi i vari aspetti della persona durante il suo percorso di vita, sotto il profilo del sostegno educativo, assistenziale, sociosanitario, dei servizi sostitutivi della famiglia, formativo, lavorativo ecc., considerando la persona stessa nel suo complesso, in coerenza con quanto previsto anche dall’articolo 14 della Legge 328/00].

Si tratta di promuove sinergie “istituzionali”, per arrivare alla tanto sospirata integrazione sociosanitaria dei servizi e superare la loro organizzazione a “canne d’organo” che attualmente non permette un valido dialogo tra i suoi vari componenti.

L’istituzione del Distretto Sociosanitario – punto unico di riferimento per tutti i cittadini in relazione a programmazione, indirizzo, coordinamento, valutazione, rapporti amministrativi e accesso unico per i servizi sociali, sociosanitari e sanitari – potrebbe risultare un primo passo di semplificazione e di rispetto dell’unitarietà della persona. L’inserimento, poi, in ognuno dei Distretti Sociosanitari del Servizio per l’Inclusione Lavorativa (SIL) delle persone con disabilità completerebbe il sistema delle risposte. Sono i sostegni necessari per mettere in atto condizioni di sviluppo, grazie alle quali si renderanno disponibili opportunità occupazionali altrimenti impossibili, permettendo una limpida applicazione della Legge 68/99 [“Norme per il diritto al lavoro dei disabili”, N.d.R.], e consentendo la sperimentazione di nuove modalità di inclusione socio/lavorativa, attraverso borse lavoro o altri incentivi. Noi crediamo che un tale diverso approccio, oltre a significare uno stile e un diverso modo di occuparsi della cosa pubblica, potrebbe sicuramente produrre un benefico influsso sulla vita di tutti i cittadini e, con molta probabilità, permetterebbe di esercitare una sana riorganizzazione della spesa, senza ridurre servizi e qualità della vita per tutti i cittadini.

Già in una lettera indirizzata a suo tempo al futuro Presidente della Regione Lazio, avevamo evidenziato questi temi e crediamo che lei possa autorevolmente sostenere questo percorso di cambiamento, negli incontri istituzionali con il Presidente della Regione.Siamo infine a sua completa disposizione per avviare, dal basso, una nuova stagione di buona qualità sociale per tutti i cittadini di Roma, partendo, ovviamente, da coloro che da soli fanno fatica a tenere il passo.

* In rappresentanza rispettivamente dell’Opera don Calabria di Roma e della Comunità di Capodarco, per il FORUM – Disabilità-Formazione-Lavoro.

(3 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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MILANO, ASSISTENZA E VACANZE: LA SPENDING REVIEW COLPISCE LE PERSONE DISABILI

La denuncia della Ledha: 2 delibere del comune sanciscono il taglio del 30 per cento del contributo che spetta a chi sceglie di "assumere" direttamente l'assistente familiare e del 50 per cento i fondi per i soggiorni estivi

MILANO - La spending review colpisce le persone disabili a Milano. Il Comune la cita espressamente nelle due delibere con le quali ha tagliato del 30 per cento il contributo economico che spetta a chi sceglie di "assumere" direttamente l'assistente familiare (al posto di usufruire dell'assistenza domiciliare offerta da Palazzo Marino), e del 50 per cento i fondi per i soggiorni estivi. È quanto denuncia la Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha), secondo cui l'assessorato per le Politiche sociali non avrebbe consultato l'associazione prima di decidere questi tagli. Con la prima delibera (numero 1205/2013) il Comune riduce il contributo per l'assistenza domiciliare indiretta. Per le persone con disabilità che decidono di rivolgersi a un'assistente familiare di fiducia invece di quello inviato dal Comune, il taglio del 30% comporterà ovviamente una spesa maggiore. "Si tratta di una lesione del diritto di scelta sancito dalla legge 18/2009 con cui l'Italia ha ratificato la Convenzione ONU dei diritti delle persone con disabilità -sostiene la Ledha-. Un testo che, all'articolo 19, ribadisce per le persone con disabilità la possibilità di scegliere, su base di uguaglianza con gli altri, il proprio luogo di residenza e dove e con chi vivere e non siano obbligate a vivere in una particolare sistemazione. Di fronte a questo taglio, le persone con disabilità che si sono costruite una vita (casa, lavoro ecc.) e le loro famiglie si vedranno costrette ad affrontare maggiori costi in un momento in cui sono già indebolite dalla crisi economica". Inoltre nell'intento di risparmiare, il Comune rischia di spendere di più. "L'effetto sarà quello di spingere la persone con disabilità a richiedere di fruire dell'assistenza domiciliare diretta - aggiunge la Ledha -. Un'opzione che, paradossalmente, potrebbe rivelarsi controproducente per il Comune. Numerose ricerche, compiute dagli anni Sessanta a oggi da parte dei movimenti per la vita indipendente, hanno infatti dimostrato che l'assistenza domiciliare diretta costa molto di più al Comune che è chiamato a erogare questi interventi tramite cooperative accreditate. Un servizio che, inoltre, è più rigido rispetto alla definizione di un contratto di lavoro con un assistente personale che viene invece 'tarato' sulle necessità del singolo". La delibera, infine, riduce il limite di reddito familiare che da diritto a un contributo per i trasporti (da 5 a 2 volte il reddito minimo vitale annuo): "È una chiara indicazione della volontà di escludere dal contributo quante più persone possibili -sottolinea la Ledha-. Aumentando così la forbice di discriminazione tra lavoratori normodotati e persone invece che non possono fare a meno di un servizio trasporto ad hoc in quanto ancora oggi la rete dei servizi pubblici milanesi non può garantire un utilizzo costante e puntuale".Anche la residenzialità non resta indenne: i contributi per i buoni sociali per progetti residenziali che consentivano di avviare percorsi in strutture sperimentali vedono una diminuzione del 30%. La vita delle persone con disabilità ne esce mortificata ancora una volta e le spinge verso l'ingresso in strutture residenziali, sradicando le persone dal proprio contesto sociale e con un maggior costo per l'Amministrazione e alimentando una lista di attesa già critica da anni. La spending review colpisce anche le vacanze. Con l'approvazione della delibera numero 1204/2013 il Comune ha ridotto del 50% i fondi per i cosidetti "soggiorni di sollievo". E i problemi non finiscono qui: "A oggi non è ancora stato individuato il soggetto che dovrà gestire l'organizzazione dei soggiorni -denuncia la Ledha-: reperire offerte, organizzare uno sportello per le persone con disabilità... Una situazione nebulosa che a distanza di meno di un mese dall'inizio dei soggiorni di sollievo lascia perplessi: siamo di fronte a un ritardo che mette a serio rischio l'organizzazione di queste iniziative. In ogni caso anche qui la possibilità di scegliere delle persone viene lesa ancora una volta e quindi ci aspettiamo che molti cittadini milanesi con disabilità si troveranno costretti a rinunciare ad un periodo di vacanza con un incremento dei costi assistenziali che ricadranno sulle persone e sulle famiglie". (dp)

(4 giugno 2013) Fonte: RedattoreSociale.it

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MILANO, L’ASSESSORE MAJORINO: “GARANTITI SERVIZI COMPARABILI A QUELLI DEL 2012”

L’assessore risponde alla denuncia della Ledha: “L’attuale taglio operato sul capitolo dell’assistenza domiciliare indiretta dovrà essere recuperato nel corso dell’anno. In aumento le risorse per abbattere le liste di attesa”

MILANO - "Intendiamo garantire nel corso del 2013 i servizi assolutamente comparabili a quelli erogati nel 2012. L’attuale taglio operato sul capitolo dell’assistenza domiciliare indiretta dovrà, nelle nostre intenzioni, essere recuperato nel corso dell’anno". Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali, risponde così alle critiche delle Ledha ai tagli al bilancio decidi dalla giunta Pisapia su alcuni servizi per le persone disabili (vedi lanci precedenti). "Inoltre, aumenteremo le risorse in bilancio riguardanti gli interventi rivolti a far scorrere le liste di attesa, in alcuni casi ferme dal 2009, relative a Centri diurni disabili, Centri socio educativi, Servizi formazione autonomia, Centri aggregazione disabili e le residenzialità”.

Oggi pomeriggio l'assessore Majorino ha incontrato le associazioni che si occupano di disabilità. “Valuto positivamente l’esito della riunione. In particolare, tengo a ribadire come le preoccupazioni espresse in questi giorni dall’arcipelago dell’associazionismo della disabilità siano da noi assolutamente condivise”. “Come richiesto dall’associazionismo – conclude Majorino – riavvieremo il confronto sulla compartecipazione alla spesa con l’obiettivo di arrivare ad una proposta unitaria e condivisa. Affinché le valutazioni espresse oggi possano trovare una concreta attuazione abbiamo deciso di incontrarci di nuovo già a partire dalla prossima settimana”. (dp)

(4 giugno 2013)

Fonte: RedattoreSociale.it

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POLITICHE REGIONALI E DISABILITÀ: CONVERGENZE E CONTRASTI

Intervista a Lorena Rambaudi* di Giorgio Genta

I budget dell’assistenza, la compartecipazione alle spese, i progetti di domiciliarità, la solitudine dei familiari assistenti di cura, ma anche questioni più generali, come i rischi di regressione sociale e la sfiducia nelle Istituzioni: temi quanto mai delicati e discussi, di cui parliamo con Lorena Rambaudi, assessore alle Politiche Sociali della Regione Liguria e anche coordinatrice del medesimo settore nella Conferenza Stato-Regioni

Lorena Rambaudi è assessore alle Politiche Sociali della Regione Liguria ed è coordinatrice – nel medesimo ruolo – della Confertenza Stato-Regioni. Una lunga militanza politica e un brillante cursus honorum costruito “dal basso”, nonché un’indiscussa competenza specifica nel settore (Rambaudi proviene dal mondo della cooperazione sociale), l’hanno portata a occupare importanti posizioni di governo locale in una Regione dove le problematiche delle fasce deboli hanno un impatto particolarmente significativo.

Lorena – mi permetto di darti del tu perché ci conosciamo da molti anni e ci siamo seduti allo stesso tavolo a innumerevoli convegni – oggi la situazione delle persone con disabilità viene considerata a rischio di regressione sociale, non solo per motivi economici, ma anche culturali. Qual è la tua opinione in materia e cosa “mette in piedi” la tua Regione per contrastare tale tendenza?

«Le persone con disabilità, come tutte le fasce fragili e deboli, sono oggi a rischio più che in passato, perché la politica dei tagli e di un disimpegno dello Stato Sociale porta a una difficoltà dei servizi sul territorio. Bisogna mettere in atto politiche integrate sanitarie e sociali per dare un supporto reale.

La Regione Liguria ha cercato in questi anni di mantenere i propri impegni anche sul piano economico, non riuscendo però a compensare i tagli nazionali. Siamo ben consapevoli che sul territorio i servizi non danno risposte a tutti i bisogni, ma la situazione è di grande emergenza e noi stiamo cercando in ogni modo di far fronte ai tagli.

Per noi è importante affermare in primo luogo culturalmente questo fatto: non si può abbandonare lo Stato Sociale e ci dev’essere un livello di responsabilità di tutti gli Enti – dallo Stato, alle Regioni, ai Comuni – accompagnato da risorse finanziarie, professionali e progettuali, per dare qualche risposta in più alle persone e far sì che l’Amministrazione Regionale mantenga il più possibile il proprio livello d’impegno».

La Liguria ha scelto di gestire il budget dell’assistenza alle persone con disabilità attraverso i Distretti Sociali. Alla luce dell’esperienza degli ultimi anni, credi sia stata una scelta felice?

«L’idea di gestire il budget attraverso i Distretti Sociali è una scelta adeguata perché credo che sia il territorio a dover programmare i propri interventi. L’alternativa sarebbe quella di finanziare progetti della Regione fuori contesto temporale. I Comuni, invece, sono a contatto con i cittadini e tutti i giorni chiamati a dare risposte. Possono quindi fare scelte oculate di programmazione e avendo grande vicinanza con le persone, devono avere maggior capacità di programmare i propri interventi e le proprie risorse, anche in forma associata, in base alle priorità dei problemi emergenti».

Alcune associazioni e alcune persone che si occupano con competenza e passione di disabilità affermano di non condividere l’impostazione di compartecipazione alla spesa attuata dalla Regione anche nei confronti delle persone con disabilità grave. Cosa rispondi a queste contestazioni?

«La compartecipazione alla spesa è un tema molto delicato e credo che la politica debba avere il

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coraggio di affrontarlo senza ritenere i servizi alla persona come servizi a totale carico pubblico. In questo modo, infatti, il sistema non regge e far partecipare le persone in base alla propria capacità economica è una politica di equità che permette di indirizzare le risorse alle fasce di popolazione che davvero non possono permettersi un’assistenza di tipo privatistico, avendo risorse molto limitate. Un sistema di compartecipazione il più equilibrato possibile non deve mettere in difficoltà le famiglie, ma dev’essere rivolto a chi può contribuire».

Ritieni che siano attuabili anche in Liguria le politiche di incentivazione del “restiamo a casa” (o “torniamo a casa”), che tanto clamore e consenso stanno ottenendo ad esempio in Sardegna, con relativo travaso di risorse dal “sanitario” al “sociale” e con la creazione di molti nuovi posti di lavoro?

«I progetti i di domiciliarità sono un obiettivo per la Regione Liguria e per tutte le Regioni italiane. Noi abbiamo bisogno di interventi adeguati a sostegno di persone anche con gravi patologie e non autosufficienti, ma che possano vivere nella propria casa. Questo, però, non è un processo facile, perché si tratta di un cambiamento culturale e organizzativo, oltreché di destinazione delle risorse. Travasare infatti risorse dalla spesa sanitaria a quella sociale non è così facile, perché ci sono delle regole molto precise e vincolanti, che richiederebbero, ad esempio, la ridefinizione da parte dello Statocentrale dei LEA [Livelli Essenziali di Assistenza, N.d.R.] sociosanitari.

Noi stiamo lavorando mettendo le basi perché ciò possa accadere, ma questo, ripeto, è un tema molto delicato e complesso».

La “famiglia con disabilità” è particolarmente esposta a rischi di impoverimento, discriminazione ed esclusione sociale. In particolare sul caregiver familiare si scarica tutta la carenza del sistema assistenziale pubblico verso i cosiddetti “gravissimi”. Come pensi di restituire un minimo di serenità e di pari opportunità alla donna (e più raramente all’uomo) che si prende cura di un familiare che ne ha assoluto bisogno?

«I servizi e il sistema pubblico devono valorizzare l’intervento a sostegno della famiglia, con attività anche di formazione e supporto del caregiver, per cercare di fornire servizi anche di sollievo, che possano andare ad integrare le cure familiari. Oggi, purtroppo, abbiamo una situazione che tende alla presa in carico totale attraverso la gestione nell’ambito di strutture residenziali e c’è quindi un’assenza di sostegno alla famiglia attraverso le modalità di intervento domiciliare. L’obiettivo dev’essere quindi quello di colmare questa carenza che si viene a creare, in alternativa al ricovero in una struttura, e poter fornire anche dei supporti alla famiglia che decide di prendersi cura della persona».

La crisi di fiducia a livello nazionale nei partiti e nella politica trova facile alimento nella constatazione e nel raffronto tra il “molto-che-si-spreca” (nella migliore delle ipotesi) e il “poco-che-ben-si-impiega”. E in tal senso le Regioni non hanno certo dato il buon esempio! A quando una significativa inversione di tendenza, apprezzabile anche dalle famiglie che vivono con pensioni di invalidità irrisorie, rispetto alle spese che sono obbligate a sostenere?

«La crisi di fiducia nella politica esiste indubbiamente, ma la gestione delle amministrazioni e della cosa pubblica non può far a meno della politica, anzi della buona politica. Certamente abbiamo avuto e abbiamo molti esempi negativi e oggi ci troviamo di fronte a cittadini delusi e sfiduciati. Però credo che si debba ripartire dalle azioni concrete e da chi in politica si sacrifica e lavora con correttezza e competenza. Attraverso l’operato di queste persone, infatti, si può ripartire per riconquistare quella fiducia indispensabile a poter superare l’apparente distonia tra chi prende le decisioni e chi vive poi le situazioni. E per concludere una notazione personale, riguardante il “bagno senza barriere” di Loano (Savona). Rispetto a questo, mi fa piacere informarti che insieme all’assessore Berlangieri [Angelo Berlangieri, assessore al Turismo, alla Cultura e allo Spettacolo della Regione Liguria, N.d.R.], abbiamo lanciato il progetto per le Bandiere Lilla, che è

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un riconoscimento ai Comuni e ai territori della Regione che hanno maturato l’esperienza di un turismo accessibile e dedicato a tutti. Sono molti i Comuni che hanno aderito all’iniziativa e c’è un percorso di verifica delle situazioni concrete che porterà all’assegnazione della bandiera, naturalmente a chi se la meriterà. Anche la tua Loano partecipa a questa iniziativa, avendo maturato negli anni un interesse su questo tema, stimolato anche da cittadini tenaci come te!».

Grazie Lorena, per l’intervista e per l’aneddoto conclusivo che mi permetto di raccontare. Parecchi anni fa, a Loano, lanciammo l’idea di un servizio di ausili per la balneazione, da utilizzare gratuitamente nelle spiagge attrezzate comunali. Era la famosa (!!!) Giornata dell’integrazione balneare. Rambaudi all’epoca era assessore al Sociale della provincia di Savona e non solo partecipò istituzionalmente con il suo Assessorato all’evento, ma anche “fisicamente”, facendo il bagno in mare a fianco delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi. Qualcuno disse che fu un bell’esempio di governo (provinciale) balneare!

* Assessore alle Politiche sociali, al Terzo Settore, alla Cooperazione allo Sviluppo, alle Politiche Giovanili e alle Pari Opportunità della Regione Liguria. Coordinatrice delle Politiche Sociali in sede di Conferenza Stato-Regioni.

(10 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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(12 giugno 2013)

Fonte: Il Tirreno

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MILANO: PAGANO LA FERMEZZA E IL DIALOGO

Ne è pienamente convinta la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), ritenendo che sia stata appunto la fermezza, nel dichiarare la posizione del mondo della disabilità, e la capacità di mantenere aperto il dialogo con l’Assessorato competente, a favorire alcuni positivi risultati, tra i quali, soprattutto, l’annullamento di due Delibere che avrebbero colpito pesantemente le persone con disabilità

Una buona notizia arriva da Milano, dove il Comune ha annullato quelle due Delibere emesse il 24 maggio scorso, che avevano colpito le persone con disabilità, con pesanti tagli trasversali alle risorse (n. 1002/13, su numero di proposta 1205 e n. 1004/13, su numero di proposta 1204), in particolare rispetto all’assistenza domiciliare indiretta e ai contributi per i trasporti. Sulla questione – come avevamo riferito – si era duramente espressa la LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità), componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

«L’annullamento di quelle Delibere – commenta Marco Rasconi, presidente di LEDHA Milano – è certamente una buona notizia, innanzitutto perché rassicura le persone con disabilità che vedevano minacciato il loro progetto di vita e la loro indipendenza. Inoltre, questa decisione permette alle associazioni di continuare il dialogo con l’Assessorato al di fuori di un’ottica emergenziale».

La decisione è stata comunicata al termine della riunione del Tavolo Permanente per la Disabilità cui hanno partecipato, tra gli altri, anche i rappresentanti di LEDHA Milano e del Terzo Settore. In tale occasione, poi, è stato avviato anche un confronto con l’Assessorato, per rimettere mano a tutto il sistema dei trasporti. Dal canto suo, Pierfrancesco Majorino, assessore comunale alle Politiche Sociali e alla Cultura della Salute, si è impegnato a portare in Giunta, già il 21 giugno, le Delibere per lo sblocco delle liste di attesa riguardanti gli inserimenti nei Centri Diurni (residenzialità, SFA-Servizi Formazione e Autonomia, CSE-Centri socio Educativi). «In generale – sottolinea ancora Rasconi – si tratta di risultati importanti, frutto non solo della fermezza con cui abbiamo dichiarato la posizione del mondo della disabilità, esponendo dettagliatamente le ricadute pesanti che i tagli avrebbero avuto sulla vita delle persone con disabilità, ma anche della capacità da parte nostra di mantenere aperto il dialogo con l’Assessorato». (S.B.)

(20 giugno 2013)

Fonte: Superando.it

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(8 luglio 2013)

Fonte: La Provincia – Edizione Latina

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(9 luglio 2013)

Fonte: Latina Oggi

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Rassegna stampa realizzata daUfficio Politiche per le Disabilità – CGIL Nazionale

A cura di Valerio SerinoTel.: 06.8476514

E-mail: [email protected]

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