POLITICHE PER LE DISABILITÀ NEWS · direttoriale protocollo n. 41/454 del 23 gennaio 2017,...

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NUMERO 1 - 2017 Chiuso in redazione il 31/01/2017 *Copia ad uso interno POLITICHE PER LE DISABILITÀ NEWS PERIODICO TELEMATICO A CURA DELL'UFFICIO POLITICHE PER LE DISABILITÀ CGIL CORSO D'ITALIA, 25 00198 ROMA E-MAIL [email protected] NOTIZIE PRINCIPALI PROSPETTO INFORMATIVO E OBBLIGHI ASSUNZIONALI DI LAVORATORI DISABILI PER AZIENDE DA 15 A 35 DIPENDENTI – Pag. 4 INCLUSIONE SCOLASTICA: UN DIRITTO CHE VA AL DI LA DEI VINCOLI DI BILANCIO SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.275/2016 – Pag. 10 CGIL: CASSAINTEGRATI NEI CANTIERI A SCUOLA – Pag. 27 NOTIZIE LAVORO: DA PAG. 4 SCUOLA: DA PAG. 10 WELFARE: DA PAG. 21 DAL TERRITORIO DA PAG. 26 INTERNAZIONALE: DA PAG. 35 VARIE DA PAG. 37 EVENTI Tavola rotonda “LUCI E OMBRE. I NUOVI LEA” Barletta 10 febbraio 2017 Pag. 50

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NUMERO 1 - 2017Chiuso in redazione il 31/01/2017*Copia ad uso interno

1

POLITICHE PER LE DISABILITÀ NEWS

PERIODICO TELEMATICO ACURA DELL'UFFICIO POLITICHE

PER LE DISABILITÀ CGIL

CORSO D'ITALIA, 25

00198 ROMA

[email protected]

NOTIZIE PRINCIPALI

PROSPETTO INFORMATIVO E OBBLIGHI ASSUNZIONALI DI

LAVORATORI DISABILI PER AZIENDE DA 15 A 35 DIPENDENTI

– Pag. 4

INCLUSIONE SCOLASTICA: UN DIRITTO CHE VA AL DI LA DEI

VINCOLI DI BILANCIO – SENTENZA DELLA CORTE

COSTITUZIONALE N.275/2016 – Pag. 10

CGIL: CASSAINTEGRATI NEI CANTIERI A SCUOLA – Pag. 27

NOTIZIELAVORO: DA PAG. 4

SCUOLA: DA PAG. 10

WELFARE: DA PAG. 21

DAL TERRITORIO DA PAG. 26

INTERNAZIONALE: DA PAG. 35

VARIE DA PAG. 37

EVENTI

Tavola rotonda

“LUCI E OMBRE.

I NUOVI LEA”

Barletta

10 febbraio 2017

Pag. 50

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INDICE

LAVORO

PROSPETTO INFORMATIVO E OBBLIGHI ASSUNZIONALI DI LAVORATORI DISABILI

PER AZIENDE DA 15 A 35 DIPENDENTI

4

I PERMESSI LAVORATIVI E LE ESIGENZE DI CHI PRESTA ASSISTENZA 5

LE TECNOLOGIE PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE PERSONE CON

DISABILITÀ

7

DATORI DI LAVORO, ENTRO IL 31 GENNAIO IL PROSPETTO INFORMATIVO 9

SCUOLA PAGINA

INCLUSIONE SCOLASTICA: UN DIRITTO CHE VA AL DI LA DEI VINCOLI DI BILANCIO –

SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.275/2016

10

UN PLAUSO A QUELLA SENTENZA CONTRO LE “CLASSI POLLAIO” 11

SOSTEGNO, QUASI 1 ALUNNO DISABILE SU 2 QUEST'ANNO HA CAMBIATO

INSEGNANTE

12

DELEGA INCLUSIONE, INSEGNANTI DI SOSTEGNO VINCOLATI PER 10 ANNI 13

DIDATTICA DI SOSTEGNO. DOV'È FINITA LA CONTINUITÀ 16

DELEGA SUL SOSTEGNO, IL NUOVO CHE SI ATTENDEVA NON C'È 17

WELFARE PAGINA

INVALIDITÀ CIVILE: NUOVI IMPORTI E LIMITI DI REDDITO PER IL 2017 21

NON AUTOSUFFICIENZA, DALLA CORTE DEI CONTI UN QUADRO A LUCI E OMBRE 23

CENTRO PROTESI INAIL, APRE IL NUOVO PUNTO DI ASSISTENZA A VENEZIA 25

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DAL TERRITORIO

LAVORO PER 3 RAGAZZI CON SINDROME DOWN: ASSUNTI A TEMPOINDETERMINATO

26

CGIL: CASSAINTEGRATI NEI CANTIERI A SCUOLA 27

IN CATENE PER IL DIRITTO ALLO STUDIO 28

ALUNNI SORDI, SENZA LE EDUCATRICI SONO I COMPAGNI CHE TRADUCONO CON

LA LIS

29

24 FAMIGLIE CHIEDONO AL GIUDICE IL RISPETTO DEL DIRITTO ALLO STUDIO 30

IMPARARE E SVOLGERE UN MESTIERE CON LA GUIDA DI UN'APP: BRESCIA

CAPOFILA DI UN PROGETTO UE

32

SERVIZI SANITARI PIÙ FACILI PER PERSONE CON AUTISMO E RITARDO

INTELLETTIVO

33

INTERNAZIONALE PAGINA

APERTO A MADRID L’ANNO INTERNAZIONALE DEL "TURISMO SOSTENIBILE"

DELL'ONU

35

RIFUGIATI AL GELO IN EUROPA, LA DOPPIA DISCRIMINAZIONE DELLE PERSONE

DISABILI

36

VARIE PAGINA

SOTTOTITOLI E BARRIERE, LA SFIDA DELL'ACCESSIBILITÀ PER IL GRANDE

SCHERMO

37

LO STERMINIO DELLE PERSONE CON DISABILITÀ COME “PROVA GENERALE” 40

BAMBINI DISABILI IN ATTESA DI ADOZIONE: "TANTE FAMIGLIE PRONTE AD

ACCOGLIERE"

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LAVORO

PROSPETTO INFORMATIVO E OBBLIGHI ASSUNZIONALI DI LAVORATORIDISABILI PER AZIENDE DA 15 A 35 DIPENDENTI

Di Nina Daita – Responsabile Nazionale Politiche per le Disabilità CGIL

Il Ministero del Lavoro e l’Agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro (Anpal),con la notadirettoriale protocollo n. 41/454 del 23 gennaio 2017, forniscono alcuni chiarimenti interpretativirelativamente alla presentazione del prospetto informativo e agli obblighi assunzionali dei datori dilavoro privati, in conseguenza delle modifiche apportate alla legge 12 marzo 1999, n. 68 dal decretolegislativo 14 settembre 2015, n.151

Nella nota si specifica che i datori di lavoro privati appartenenti alla fascia 15-35 dipendenti,nonché i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni, senza scopo di lucro, cheoperano nell'ambito della solidarietà sociale, dell'assistenza e della riabilitazione, non sono tenutialla presentazione, entro il 31 gennaio 2017, del prospetto informativo, se non hanno effettuato unanuova assunzione entro il 31 dicembre 2016.

Viceversa, per i suddetti datori di lavoro che abbiano effettuato una nuova assunzione, aggiuntivarispetto al numero dei dipendenti in servizio, entro il 31 dicembre 2016, resta fermo l'obbligo diinvio del prospetto informativo entro il 31 gennaio 2017, sulla base della disciplina vigente, visto ilcambiamento della loro situazione occupazionale.

Inoltre, per i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le organizzazioni che, senza scopo di lucro,operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, che abbianoeffettuato una nuova assunzione, aggiuntiva rispetto al numero dei dipendenti in servizio, entro il 31dicembre 2016, e rispetto ai quali non trovava applicazione l’abrogato comma 2 dell’articolo 2 deld.P.R. 333 del 2000, continua ad applicarsi la regola generale della richiesta di avviamento entro i60 giorni dall’insorgenza dell’obbligo.

(24 gennaio 2017)

Fonte: CGIL.it

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I PERMESSI LAVORATIVI E LE ESIGENZE DI CHI PRESTA ASSISTENZA

di Simona Lancioni

Secondo una recente Sentenza della Corte di Cassazione, i permessi retribuiti riconosciuti allavoratore dalla Legge 104/92, per prestare assistenza a un congiunto con handicap in stato digravità, possono essere utilizzati anche per consentire al lavoratore di provvedere alle proprieesigenze personali, purché l’assistenza al proprio congiunto sia comunque garantita in modoadeguato e benché tali permessi non possano considerarsi alla stregua di veri e propri periodi diferie

«Posso andare alla posta, o in un altro ufficio, negli orari di permesso, senza che ciò vengaconsiderato un abuso?». Il permesso al quale si riferisce il quesito che ci è stato rivolto è quelloretribuito, riconosciuto al lavoratore dall’articolo 33 della Legge 104/92, per prestare assistenza aun congiunto con handicap in stato di gravità. Non è la prima volta che i fruitori di questi permessisi fanno degli scrupoli circa il corretto impiego del tempo per l’assistenza e le risposte sono semprestate di buonsenso: se l’attività è svolta in un quadro complessivo finalizzato a garantire allapersona con disabilità l’assistenza necessaria, anche il disbrigo di pratiche amministrative, o fare laspesa, o lo svolgimento di attività complementari all’assistenza vera e propria (come, ad esempio,portare gli indumenti dalla sarta per farli sistemare, o recarsi all’Azienda USL per prenotare unavisita o ritirare un referto), sono compiti che possono correttamente essere svolti durante le ore o neigiorni di permesso. Ora, una recente Sentenza della Corte di Cassazione (Seconda Sezione Penale,Sentenza 54712/16) ha espresso il proprio parere sull’interpretazione delle disposizioni in materia dipermessi lavorativi per l’assistenza a un congiunto con handicap in stato di gravità, arrivando sino acontemplare anche, entro certi limiti, il soddisfacimento delle esigenze del lavoratore.

Secondo la Suprema Corte, dunque, l’interesse primario espresso nella norma che istituisce isuddetti permessi lavorativi è quello di «assicurare in via prioritaria la continuità nelle cure enell’assistenza del disabile» realizzate in ambito familiare. La Corte osserva che questa prospettivaconsente che i permessi lavorativi siano «soggetti ad una duplice lettura: a) vengono concessi perconsentire al lavoratore per prestare la propria assistenza con maggiore “continuità”; b) vengonoconcessi per consentire al lavoratore, che con abnegazione dedica tutto il suo tempo al familiarehandicappato, di ritagliarsi un breve spazio per provvedere ai propri bisogni ed esigenze personali».Ma poiché una lettura non esclude l’altra, ed essendo certo «che da nessuna parte della legge, sievince che, nei casi di permesso, l’attività di assistenza deve essere prestata proprio nelle ore in cuiil lavoratore avrebbe dovuto svolgere la propria attività lavorativa», è possibile concludere che èsufficiente che l’assistenza «sia prestata con modalità costanti e con quella flessibilità dovuta anchealle esigenze del lavoratore».

Pertanto se – sempre secondo la Cassazione – «i permessi servono a chi svolge quel gravoso[compito] di assistenza a persona [i.e. persone] handicappate, di poter svolgere un minimo di vitasociale, e cioè praticare quelle attività che non sono possibili quando l’intera giornata è dedicataprima al lavoro e, poi, all’assistenza», è tuttavia altrettanto ovvio che l’assistenza deve esserci, e chepertanto i permessi non possono essere considerati come dei veri e propri periodi di ferie dei quali illavoratore potrebbe disporre discrezionalmente. Non è dunque ammissibile che – come nel casospecifico da cui è scaturita la Sentenza – il lavoratore utilizzi i permessi per recarsi all’estero,poiché tale attività non è compatibile con lo svolgimento di alcuna attività assistenziale. Un conto,cioè, è organizzarsi il lavoro di assistenza in modo da renderlo meno gravoso e compatibile anchecon le esigenze del lavoratore, altra questione è invece assentarsi e non svolgere alcuna assistenza.

In conclusione, e in sintesi, ciò che viene espresso in questa Sentenza della Corte di Cassazione èche l’attività di assistenza non deve essere concepita come un qualcosa di totalizzante, ma come unlavoro dotato di una flessibilità tale da soddisfare contemporaneamente sia le esigenze della persona

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disabile (che rimane in ogni caso la beneficiaria della misura in questione), sia quelle del lavoratoreche assiste (o, almeno, alcune di esse).

(12 gennaio 2016)Fonte: Superando.it

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LE TECNOLOGIE PER L’INSERIMENTO LAVORATIVO DELLE PERSONE CONDISABILITÀ

Le tecnologie della comunicazione e dell’informazione sono uno strumento potente per agevolarel’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.

La legge 9 gennaio 2004, n. 4 recante "Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili aglistrumenti informatici” (cosiddetta Stanca) è finalizzata a tutelare “il diritto di ogni persona disabilead accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolanoattraverso gli strumenti informatici e telematici” (art. 1 – comma 1) ed in particolare “il diritto diaccesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblicautilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensidell'articolo 3 della Costituzione” (art. 1 – comma 2).All’art. 4 - comma 4 la legge prevede che “i datori di lavoro pubblici e privati pongono adisposizione del dipendente disabile la strumentazione hardware e software e la tecnologia assistivaadeguata alla specifica disabilità, anche in caso di telelavoro, in relazione alle mansionieffettivamente svolte”.I datori di lavoro privati possono provvedere con gli incentivi previsti dalla legge n. 68/99 perl’adattamento del posto di lavoro, mentre i datori di lavoro pubblici provvedono nell'ambito delledisponibilità di bilancio.Si riportano di seguito le definizioni di “accessibilità” e “tecnologie assistive” fornite dall’art. 2della legge n. 4/2004:a) "accessibilità": la capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalleconoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni,anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioniparticolari;b) "tecnologie assistive": gli strumenti e le soluzioni tecniche, hardware e software, che permettonoalla persona disabile, superando o riducendo le condizioni di svantaggio, di accedere alleinformazioni e ai servizi erogati dai sistemi informatici.Con Decreto del Presidente della Repubblica n. 75/2005 è stato approvato il regolamento diattuazione della legge che non specifica ulteriormente i doveri delle imprese e i diritti dei lavoratori,ma definisce esclusivamente i criteri per l’accessibilità, la valutazione dell’accessibilità, la richiestadi valutazione, il possesso dei requisiti di accessibilità (logo, ecc).Il Decreto Legge n. 179/2012 (c.d. Decreto Crescita 2.0) ha modificato l’art.4 - comma 4 dellalegge n. 4/2004 attribuendo all'Agenzia per l'Italia Digitale il compito di stabilire le specifichetecniche delle postazioni di lavoro dei dipendenti con disabilità nel rispetto della legislazionenazionale e internazionale.L’Agenzia per l’Italia Digitale, con la circolare n. 2 del 23 settembre 2015 stabilisce le specifichetecniche sull’hardware, il software e le tecnologie assistive per comporre la postazione più adeguatache i datori di lavoro, pubblici e privati, devono mettere a disposizione del dipendente con disabilità(anche in caso di telelavoro), con riferimento alla specifica disabilità e alle mansioni effettivamentesvolte.La circolare richiama leggi e provvedimenti a tutela dei diritti delle persone disabili.Si citano in proposito la legge n. 104/92, la legge n. 68/99, il decreto legislativo n. 216/2003 cheattua una importante direttiva europea per la parità di trattamento in materia di occupazione e dicondizioni di lavoro integrato dal decreto legge n. 76/2013 che introduce l’obbligo per i datori dilavoro di adottare accomodamenti ragionevoli per agevolare l’inserimento lavorativo delle personecon disabilità, la legge n. 18/2009 che recepisce la Convenzione Onu sui diritti delle persone condisabilità, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006

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La circolare fornisce ai datori di lavoro, pubblici e privati, gli elementi di riferimento e le linee diindirizzo, non esaustive e suscettibili di aggiornamenti e integrazioni, per adempiere agli obblighi dilegge. In tale ottica le specifiche tecniche saranno aggiornate in concomitanza con l’evoluzionedegli strumenti disponibili sul mercato. Esse forniscono inoltre elementi utili per l’analisi dellapostazione di lavoro del dipendente con disabilità, al fine di identificare le tecnologie assistive piùidonee per lo svolgimento dei compiti a cui il dipendente è assegnato. Le specifiche tecniche sonorivolte alle persone con disabilità, ma anche a coloro che, nell’ambiente di lavoro, hannoresponsabilità decisionali in merito all’organizzazione del lavoro e all’inserimento lavorativo deldipendente con disabilità. Sono destinate inoltre a coloro che si occupano di prevenzione evalutazione dei rischi per la salute, la sicurezza sul lavoro (per la parte riguardante l’hardware, ilsoftware e le tecnologie assistive), ai responsabili dei processi di acquisto di beni e serviziinformatici, al medico competente, alle strutture preposte e a tutte le altre figure di responsabilitàpreviste dal decreto legislativo n. 81/2008).

(23 gennaio 2017)Fonte: SuperAbile.it

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DATORI DI LAVORO, ENTRO IL 31 GENNAIO IL PROSPETTO INFORMATIVO

Nota del Ministero del Lavoro e dell’Anpal che chiariscono i termini della presentazione delprospetto informativo e quelli degli obblighi assunzionali per i datori di lavoro che occupano da 15a 35 dipendenti, oltre che per partiti politici, organizzazioni sindacali e organizzazioni senza scopodi lucro

ROMA - Il Ministero del Lavoro e l’ANPAL, con la nota n. 41/454 del 23 gennaio 2017, hannofornito alcuni chiarimenti interpretativi relativamente alla presentazione del prospetto informativo eagli obblighi assunzionali dei datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti, nonché deipartiti politici, delle organizzazioni sindacali, delle organizzazioni che, senza scopo di lucro,operano nel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, in conseguenzadelle modifiche apportate alla legge 12 marzo 1999, n. 68 dal decreto legislativo 14 settembre 2015,n.151.La nota evidenzia che questi soggetti non sono tenuti alla presentazione, entro il 31 gennaio 2017,del prospetto informativo di cui all’articolo 9, comma 6, della legge n. 68 del 1999. Viceversa, per idatori di lavoro che abbiano effettuato una nuova assunzione, aggiuntiva rispetto al numero deidipendenti in servizio, entro il 31 dicembre 2016, resta fermo l’obbligo di invio del prospettoinformativo entro il 31 gennaio 2017.Sempre per i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti, per quanto riguarda gliobblighi assunzionali, la nota chiarisce che dal 1° gennaio 2017 i suddetti datori di lavoro sonotenuti a presentare agli uffici competenti la richiesta di assunzione, non già entro 12 mesi successivialla data di assunzione effettuata nel corso del 2016, ma entro 60 giorni decorrenti dal 1° gennaio2017 (data di entrata in vigore della nuova disciplina), secondo le modalità indicate dall’articolo 7della legge 68 del 1999 e nella nota ministeriale n. 970 del 17 febbraio 2016.Per i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operanonel campo della solidarietà sociale, dell’assistenza e della riabilitazione, che abbiano effettuato unanuova assunzione, aggiuntiva rispetto al numero dei dipendenti in servizio, entro il 31 dicembre2016, e rispetto ai quali non trovava applicazione l’abrogato comma 2 dell’articolo 2 delmenzionato D.P.R. 333 del 2000, continua ad applicarsi la regola generale della richiesta diavviamento entro i 60 giorni dall’insorgenza dell’obbligo.

(24 gennaio 2017)Fonte: SuperAbile.it

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SCUOLA

INCLUSIONE SCOLASTICA: UN DIRITTO CHE VA AL DI LA DEI VINCOLI DIBILANCIO – SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.275/2016di Nina Daita – Responsabile Nazionale Politiche per le Disabilità CGIL

I diritti incomprimibili, per la Corte Costituzionale, vengono prima del pareggio di bilancio(articolo 81 della Costituzione).La sentenza nasce da una controversia fra Regione Abruzzo e la Provincia di Pescara relativamenteal trasporto degli studenti disabili.La stessa (n. 275 del 2016) ha dichiarato incostituzionale una norma della Regione Abruzzo, chevincolava un contributo del 50% della spesa necessaria e documentata dalle Province solo “neilimiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sulpertinente capitolo di spesa”.Quindi, ancora una volta, il diritto allo studio, il diritto all'inclusione scolastica delle alunne e deglialunni con disabilità prevale sui vincoli dei bilanci imposti.

(16 gennaio 2017)Fonte: CGIL.it

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UN PLAUSO A QUELLA SENTENZA CONTRO LE “CLASSI POLLAIO”

Non è certo un fatto marginale la frequente violazione della norma che stabilisce il tetto massimodi venti alunni, in un’aula scolastica, quando sia presente un alunno con disabilità. Si parla, in casidel genere, di “classi pollaio”, fenomeno che costituisce uno tra i motivi dello snaturamento delprocesso di inclusione scolastica. Per questo va letta con estremo favore una recente Sentenzaprodotta dal TAR della Campania, che censura proprio quella violazione

Tramite la recente Sentenza n. 4706/16, la Quarta Sezione del TAR della Campania (TribunaleAmministrativo Regionale) ha censurato la formazione di classi con più di venti alunni, sefrequentate da alunni con disabilità, in violazione dell’articolo 5, comma 2 del DPR (Decreto delPresidente della Repubblica) 81/09. Quest’ultimo, va precisato, stabilisce tale tetto massimo «dinorma», il che può consentire qualche eccezione; e tuttavia, gli Uffici Centrali e Decentrati delMinistero dell’Istruzione hanno sin troppo spesso rimesso quella possibilità di eccezioniall’arbitraria discrezionalità dell’Amministrazione, motivando lo sforamento del tetto di ventialunni per classe con motivi di carattere economico. A tal proposito occorre innanzitutto ricordareche la Corte Costituzionale, dapprima con la Sentenza 80/10 e assai recentemente con la Sentenza275/16, ha stabilito che il diritto all’inclusione scolastica non può essere violatodall’Amministrazione per motivi di vincoli di bilancio. Bisogna inoltre far presente agli UfficiMinisteriali che l’unica eccezione consentita è contenuta nello stesso DPR 81/09, all’articolo 4, eriguarda esclusivamente eventuali eccessi di iscrizioni: in tali casi, però, il tetto massimo può saliresolo fino a ventidue alunni, ciò che invece gli Uffici stessi e numerosi Dirigenti Scolasticicontinuano a fingere di ignorare, sforando quel limite anche quando non vi sia affatto un eccesso diiscrizioni. Finalmente, dunque, è successo che alcune famiglie e l’Associazione ANIEF si sianoribellate a questa palese e persistente violazione della normativa, ottenendo una decisione, comequella del TAR campano, che può certamente essere ritenuta “epocale”. Sino ad oggi, infatti, quasitutti i ricorsi contro l’Amministrazione Scolastica riguardavano il ridotto numero di ore di sostegnoassegnate. Adesso, invece, si comincia ad agire giudizialmente anche contro la violazione normativadel tetto massimo di venti alunni per classe, che non è certo meno importante. Ci si augura anzi cheil numero dei ricorsi per questo motivo aumenti in modo esponenziale. Proprio l’aumento delle oredi sostegno, infatti, se accompagnato a quelle che spesso vengono definite come “classi pollaio”,rischia di favorire ancor più la delega ai soli docenti per il sostegno da parte dei docenti curricolari,dal momento che questi ultimi, a causa dei troppi alunni cui badare, sono costretti a trascurare glialunni con disabilità, facendo quindi venir meno – e per colpa dell’Amministrazione – lacaratteristica basilare dell’inclusione, vale a dire la presa in carico del progetto inclusivo da parte ditutti i docenti della classe. Va aggiunto inoltre che è stata la stessa deriva verso le “classi pollaio” aspingere alcune famiglie e collegi giudicanti rispettivamente a richiedere e ad assegnare un numerodi ore di sostegno pari a quello delle ore di insegnamento e questo, favorendo ancora una volta ladelega ai soli docenti per il sostegno, sta portando a un ulteriore snaturamento della caratteristicadell’inclusione. A dare ampia diffusione alla notizia – che può preludere a una fase nuova dellaqualità dell’inclusione scolastica, nel rispetto della normativa fissata, come detto, dall’articolo 5,comma 2 del DPR 81/09 – è stata recentemente la testata «OrizzonteScuola.it», alla quale va perquesto un plauso e un ringraziamento. (Salvatore Nocera)

(5 gennaio 2017)

Fonte: Superando

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SOSTEGNO, QUASI 1 ALUNNO DISABILE SU 2 QUEST'ANNO HA CAMBIATOINSEGNANTE

Sono oltre 100 mila gli alunni con disabilità (il 43% del totale) su 233 mila che quest'anno hanno cambiato insegnante di sostegno. E' uno degli effetti della mobilità delle scuole statali secondo il rapporto di Tuttoscuola.com

ROMA - Sono oltre 100 mila gli alunni con disabilità (il 43% del totale) su 233 mila che quest'annohanno cambiato insegnante di sostegno. E' uno degli effetti della mobilità delle scuole statalisecondo il rapporto di Tuttoscuola.com, che in generale ha riguardato oltre 250 mila docenti, uno sutre.A livello generale, gli alunni che hanno iniziato l'anno scolastico con almeno un insegnante nuovosono più di 2 milioni e mezzo (33%). Secondo il rapporto, ad alimentare il clima di instabilità cheruota attorno ai docenti, non aiuta l'ingente numero di contratti a tempo determinato: circa 100 milasupplenti annuali, quasi il 13% dei posti, tra i quali 41 mila impegnati nel sostegno ai disabili.Una discontinuità didattica che non aiuterebbe gli alunni affetti da disabilità - ripartiti quasiequamente tra nord e sud - che necessitano di un rapporto con il docente nettamente maggiorerispetto agli altri ragazzi. (DIRE)

(16 gennaio 2017)Fonte: RedattoreSociale.it

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DELEGA INCLUSIONE, INSEGNANTI DI SOSTEGNO VINCOLATI PER 10 ANNI

di Sara De Carli

Trasmesso alla Camera lo schema di decreto legislativo per l'inclusione scolastica degli alunni condisabilità. Dovrà essere approvato entro il 17 marzo. Ecco le novità

Sono stati trasmessi alla Camera i testi degli otto decreti legislativi approvati il 14 gennaio dalConsiglio dei Ministri, per l’esercizio delle deleghe contenute nella legge sulla Buona Scuola. Eccouna sintesi dei 21 articoli che costituiscono il testo dello Schema di decreto legislativo recantenorme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità (n. 378). Il testo saràesaminato delle commissioni VII Cultura e XII Affari Sociali e V Bilancio, con termine il 17 marzo2017.

La premessa

Nella relazione si legge che «il concetto di "scuola inclusiva" ha avuto un’evoluzione storico-culturale» rispetto alla legge del 1971 che propose un nuovo modello di scolarizzazione degli alunnidisabili nelle classi comuni anziché nelle classi "speciali". Se inizialmente l’inclusione era«garantire il diritto di istruzione e successo formativo dei minori disabili», oggi «rappresenta unvalore fondamentale e fondante l'identità stessa delle singole istituzioni scolastiche, siano essestatali o paritarie, valido per tutti gli alunni e studenti». Citando gli atti legislativi di questi anni, tracui la Convenzione Onu, si afferma che «tutti gli atti citati vanno nella direzione di superare,necessariamente, la vecchia concezioni di "presa in carico" da parte dei docenti degli alunni e deglistudenti con disabilità di cui alla legge n. 104 del 1992, ribadendo che l'inclusione scolastica, perchésia effettiva, interessa tutte le componenti scolastiche, e non solo il docente di sostegno, ovverodirigenti scolastici, docenti, personale ATA, studenti e famiglie nonché tutti gli operatoriistituzionali deputati al perseguimento degli obiettivi di inclusione e che vivono l'esperienzascolastica inclusiva in termini di "supporto" all'alunno e allo studente con disabilità, qualificandolaquale "impegno fondamentale" per tutte le risorse umane e professionali che operano nelle scuole».Nel testo è scritto quindi che «l’inclusione riguarda tutti gli alunni e gli studenti» ed è «impegnofondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica».

Lo strumento per attuare l’inclusione è il Piano Educativo Individualizzato, parte integrante delprogetto individuale di cui alla legge 328/2000 (che sappiamo ha trovato fino ad ora scarsissimarealizzazione, quindi ben venga questa citazione esplicita). «La norma – è scritto - ricalcaappositamente il concetto di "condivisione" nell'ambito della definizione del PEI, agganciandosicosì a quell'idea cooperativa di inclusione scolastica che non riguarda solo il docente di sostegno,ma tutte le componenti scolastiche rimarcando al contempo, nell'ambito dei diritti, tutte le misurepreviste a legislazione vigente, per il supporto, anche materiale, necessario per l'inclusionescolastica».

L'articolo 3 (Prestazioni e competenze), individua le prestazioni per l'inclusione scolastica,scandendo un chi fa cosa rispetto ai compiti di Stato ed enti locali. L’articolo 4 qualifica l'inclusionescolastica come un elemento portante dei processi di valutazione e di autovalutazione delle scuole,nell'ambito del Sistema Nazionale di Valutazione (2013). Ad oggi nel Sistema di Valutazione, neiRAV e nei Piani di miglioramento, l’inclusione è un po’ una cenerentola (qui la denuncia delleassociazioni), mentre ora al comma 2 almeno formalmente vengono introdotti dei criteri relativi alprocesso di valutazione e di autovalutazione delle Istituzioni scolastiche, statali e paritarie, in temadi inclusione scolastica, obiettivi che dovrebbero consentire alle scuole di valutare la propria azioneinclusiva, di misurarla e di individuare le opportune strategie per migliorarla o consolidarla.

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Le novità operative

La disabilità di un alunno verrà certificata con una "valutazione diagnostico-funzionale" in luogodella "diagnosi funzionale" e del "profilo dinamico-funzionale". Su questa valutazione siappoggeranno le diverse provvidenze, ivi incluso il diritto al sostegno didattico, di cui l’alunno habisogno (e diritto) per una piena inclusione scolastica. La relazione afferma che «si tratta di unasemplificazione sia in termini documentali (un solo documento in luogo di due) che in terminitemporali (i due documenti, redatti da soggetti diversi, implicavano un allungamento dei tempi».L'articolo 6 modifica l'attuale assetto delle Commissioni mediche, prevedendo che siano composteda un medico specialista in medicina legale che assume le funzioni di presidente e da due medicidei quali uno scelto tra gli specialisti in neuropsichiatria infantile e l'altro tra gli specialisti inpediatria. Le Commissioni sono integrate dal medico INPS, da un rappresentante dell'Amministrazione scolastica con specifiche competenze in materia di disabilità, da uno specialista(terapista della riabilitazione) e dall'operatore sociale. L’idea è che si definisca collegialmente sia ilfunzionamento dell'alunno e dello studente con disabilità sia, in un momento successivo a quellodella redazione della valutazione diagnostico-funzionale, la tipologia di provvidenze di cui hadiritto, «invertendo l'attuale prassi» che fa sostanzialmente coincidere la condizione di gravità el’attribuzione delle provvidenze, incluso il sostegno didattico, senza che vengano rilevati i bisognieffettivi di assistenza e di educazione per il singolo alunno. «La Commissione, come integrata nellemodalità indicate, sarà maggiormente responsabilizzata nell'identificare le provvidenze sulla basedella valutazione diagnostico-funzionale e non sul solo dato della "disabilità certificata". In talmodo, si corrisponderà meglio agli effettivi bisogni dell'alunno e dello studente con disabilitànell'ambito delle provvidenze che ciascun soggetto istituzionale è tenuto ad erogare, evitandoattribuzioni "meccaniche" che nulla hanno a che vedere con i bisogni effettivi di integrazione».

L'articolo 7 definisce la procedura per l'inclusione scolastica nell'ambito delle certificazione,specificando, per ciascuna fase chi fa cosa e introducendo tempistiche certe per l'evasione dellepratiche: « La procedura, in sintesi, solleva la famiglia da numerosi incombenti burocratici perlopiùdemandati al medico di base e alla scuola».

Gli insegnanti di sostegno

L'articolo 12 istituisce i ruoli del personale per il sostegno per ciascun grado di istruzione, inclusa lascuola dell'infanzia (come previsto dalla Buona Scuola). Gli insegnanti di sostegno dovranno restare10 anni sul sostegno al posto degli attuali cinque (nel conto vale anche il servizio pregresso). «Sitratta di una disposizione di particolare rilievo che favorisce la continuità didattica ed eliminatrattamenti giuridici differenziati tra personale con contratto di lavoro a tempo determinato epersonale a tempo indeterminato», si legge nella relazione, ma non è un passaggio che garantisce lacontinuità didattica. Il docente, come spiega Tuttoscuola, resta infatti vincolato sul sostegno ma puòcambiare scuola e alunno anche ogni anno. Per diventare insegnante di sostegno nella scuoladell'infanzia e nella scuola primaria si prevede un corso di specializzazione in pedagogia e didatticaspeciale per le attività di sostegno didattico e l'inclusione scolastica, annuale e ad accessoprogrammato, con 300 ore di tirocinio e 60 crediti. che sostituisce il precedente corso annuale.Dall'anno 2019 potranno accedervi solo chi ha una laurea magistrale in Scienze della Formazioneprimaria che abbiano oltre ai crediti previsti dalla laurea altri 60 crediti formativi specifici. «Inpratica, per rafforzare le conoscenze necessarie per poter svolgere la professione di docente disostegno, si richiede agli aspiranti insegnanti una preparazione più solida sui temi dell'inclusione,corrispondente in totale a 120 CFU da acquisire 60 preventivamente allo svolgimento del corso eulteriori 60 nell'ambito del predetto corso di specializzazione, fermo restando il conseguimentopreventivo della laurea abilitante in scienze della formazione primaria quale requisito "base" per losvolgimento della funzione docente». Idem per la scuola secondaria di primo e secondo grado,tranne che la laurea richiesta è quella di ciascuna classe di concorso, con prova d’accesso al corso dispecializzazione.

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L’articolo 15 prevede anche formazione in servizio per il personale della scuola, con specificheattività formative appositamente calibrate per quei docenti, curricolari e di sostegno, che insegnanoin classi in cui sono presenti alunni o studenti con disabilità. La formazione dovrà essere rivoltaanche al personale ATA, che è tenuto a parteciparvi, al personale dirigenziale, sia all'attodell'immissione in ruolo che durante lo svolgimento dell'intera carriera.

Il dirigente può proporre anche ai docenti dell’organico dell’autonomia di svolgere attività disostegno, ma solo se in possesso di specifica specializzazione. Per favorire la continuità didattica insede di conferimento delle supplenze, si prevede una disposizione per cui, in caso di fruttuosorapporto docente-alunno, il contratto a tempo determinato possa essere prorogato al medesimodocente per l’anno scolastico successivo, ma solo a lezioni avviate e fermi restando i diritti delpersonale a tempo indeterminato.

L’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica

L’articolo 17 formalizza l’esistenza di un Osservatorio permanente per l'inclusione scolastica, giàesistente, ma ora scritto nero su bianco in una fonte di rango primario. L’Osservatorio è compostodai rappresentanti delle Associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative sulterritorio nazionale nonché da altri soggetti pubblici e privati individuati dal Ministro. Quello incarica, nominato a fine agosto 2015, è stato convocato una, forse due sole volte e mai – nonostantele dichiarazioni iniziali - ha esaminato e discusso il presente testo della delega sull’inclusionescolastica, «in palese violazione di quanto afferma la Convenzione Onu, il mondo della disabilità èstato tenuto fuori dalle decisioni», chiosa Vincenzo Falabella, presidente della Fish.

La copertura finanziaria

Tutto avviene nell’ambito delle risorse disponibili, fatta eccezione per gli oneri relativiall’istituzione del GIT-gruppo per l’inclusione territoriale (art 8) per cui si prevedono 3,32 milionidi euro per il 2017 e 9,95 per il 2018, presi dal fondo della Buona Scuola (che vieneconseguentemente ridotto).

(17 gennaio 2017)Fonte: Vita.it

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(18 gennaio 2017)Fonte: Corriere della Sera

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DELEGA SUL SOSTEGNO, IL NUOVO CHE SI ATTENDEVA NON C'È

di Sara De Carli

Tra le famiglie c'era grande attesa sulla delega che doveva ridisegnare il sistema dell'inclusionescolastica degli alunni con disabilità. Gli addetti si erano divisi, in un confronto acceso. Oradavanti al testo della delega tutti dicono, delusi, che di novità sostanziali ce ne sono poche. E anzisi fa forse qualche passo indietro

Sono oltre 224.000 gli studenti con disabilità iscritti alle scuole d’Italia. Le loro famiglieguardavano con grandissime aspettative alla delega collegata alla legge 107, che doveva non soloridefinire le regole per la formazione degli insegnanti di sostegno e il loro accesso al ruolo, masoprattutto ridisegnare il sistema dell’inclusione scolastica italiana, a quarant’anni dalla leggeFalcucci.

«Nel testo che stiamo elaborando stiamo tenendo conto di tutte le criticità che sono emerse fin quisul tema dell’inclusione degli studenti disabili, per eliminarle e per spazzare via una volta per tuttele ipocrisie che sporcano un sistema d’eccellenza a confronto con gli altri paesi europei. Per questostiamo andando sempre più nella direzione di una maggiore formazione e competenza per i docentidi sostegno, che fanno un lavoro straordinario ma vanno preparati adeguatamente e in maniera piùspecializzata, ma anche e soprattutto di tutta la comunità scolastica, perché l’inclusione èresponsabilità di tutti e non soltanto di un insegnante particolare per un certo numero di ore. Stiamoandando incontro alle esigenze delle famiglie dando continuità al sostegno per i propri figli,semplificando e uniformando a livello nazionale il sistema di certificazione. Stiamo guardando a un“progetto di vita” per questi ragazzi che tenga conto delle loro abilità e che vada oltre il pianoeducativo della scuola»: così ci diceva a settembre Davide Faraone, allora sottosegretarioall’Istruzione. Lo schema di decreto è stato approvato il 14 gennaio ed è stato trasmesso allaCamera (qui il testo) realizza quelle aspettative? Lo abbiamo chiesto a tre esperti.

1. Dario Ianes

«Una delega pensata per ridurre le ore di sostegno» Docente ordinario di Pedagogia e DidatticaSpeciale all'Università di Bolzano, co-fondatore del Centro Studi Erickson di Trento.

«C’è ben poco da dire, tutte le grandi attese sono deluse, soprattutto delle associazioni difamigliari», sbotta il professore: «non vedo nessuna evoluzione concettuale del sistema». Partiamodalla continuità, tema cruciale per alunni e famiglie, che oggi vivono il caos assoluto: «il fatto chel’insegnante di sostegno prima di chiedere il passaggio sui posti comuni debba stare per dieci annisul sostegno, non garantisce alcuna continuità didattica», spiega il professore, poiché anche standosul sostegno l’insegnante potrebbe cambiare ogni anno scuola e alunno. Quanto alla formazionedegli insegnanti, con la richiesta di una formazione di base sui temi dell’inclusione per tutti gliinsegnanti, compresi quelli della scuola secondaria, «non c’è nulla e questo è un grave problema.Noi nei mesi scorsi abbiamo denunciato le preoccupazioni rispetto all’ipotesi di separazione deipercorsi universitari, che non c’è; d’accordo, non c’è quella biforcazione dei percorsi chetemevamo, però non è che io sia contento, perché anche le cose buone che c’erano nella propostaquadro di Fish e Fand, ad esempio sulla continuità, qui non ci sono».

“Non c’è quella biforcazione dei percorsi tra insegnanti di sostegno e insegnanti curricolari chetemevamo, però non è che io sia contento, perché anche le cose buone che c’erano nella propostaquadro di Fish e Fand, ad esempio sulla continuità, qui non ci sono”

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Tornando alla formazione degli insegnanti, tanto ripetuta, per Ianes «c’è solo un corso dispecializzazione sul sostegno, da 60 crediti, come oggi. I 120 crediti di cui parla il testo sono divisiin realtà in due, 60 al corso e 60 pregressi per poter accedere al corso. E cosa devo fare per maturarequei 60 crediti? Per la primaria ti puoi far riconoscer quelli fatti durante l’università, il tirocinio e latesi, quindi di fatto la formazione è uguale ad oggi. Sulla secondaria invece, che in università hasolo 6 o 7 crediti sull’inclusione, non si capisce dove uno possa andare a prenderli. Forse facendoun anno di scienze della formazione, ma è folle: 5 anni per la laurea + 3 per la formazionesecondaria per insegnare, più uno per accedere al corso di specializzazione più uno di corso: diecianni di formazione? È ridicolo».

“A pensar male, si può dire che tutta delega sia fatta per questo, per ridurre le ore di sostegno. Lasola parte dove si modificano i meccanismi è questa e non mi piace perché sono meccanismi chefrenano la spesa. Il resto sono proclami”

Ma il nodo più pericoloso per il professor Ianes si nasconde nell’articolo 8, quello che disegna ilGIT, Gruppo per l’inclusione territoriale. «Ce ne saranno 300, uno per ambito, composti da docentie dirigenti e saranno loro a quantificare la proposta di ore di sostegno. A quantificare il sostegno dicui l’alunno ha bisogno non sarà più dunque la realtà decisionale più vicina alla scuola, al ragazzo,alla famiglia, c’è questo “allontanamento” che sarà un meccanismo di freno, è scritto nellarelazione. Dopo aver avuto le ore, la scuola fa il PEI, partendo dalle risorse assegnate. Il PEI non èpiù la fonte delle risorse, c’è uno scollamento. A pensar male, si può dire che tutta delega sia fattaper questo, per ridurre le ore di sostegno. La sola parte dove si modificano i meccanismi è questa enon mi piace perché sono meccanismi che frenano la spesa, il resto sono proclami».

2. Salvatore Nocera

«Nessuna possibilità concreta di presa in carico da parte dei docenti curricolari» Avvocato,esperto tecnico della Fish in campo di inclusione scolastica

«Ho letto la relazione, il testo ancora no perché purtroppo non è accessibile ai non vedenti. Il miogiudizio è prevalentemente positivo, il testo accoglie molte delle nostre richieste, anche se ne lasciaindietro altre», afferma Nocera, precisando di parlare «a titolo personale». Positivo è il passaggio alprofilo di funzionamento, che rimanda alla disabilità come una situazione dinamica, collocata nelcontesto. Positivo è anche il collegamento fra scuole ed enti locali, perché non deve essere solo lascuola ad occuparsi degli alunni con disabilità, come pure il riferimento al PEI come parteintegrante del progetto individuale previsto dalla legge 328 e soprattutto il chiarimentosull’istruzione a domicilio in analogia con l’istruzione in ospedale.

Cinque invece per Nocera sono i punti dolenti: «Primo, non viene messa in luce l’importanzadella famiglia nella formulazione del PEI, la 328 prevede che la famiglia partecipi, qui invecequesto non è previsto. È un passo indietro inaccettabile». Secondo punto si abroga il GLIPprovinciale per il GIT, però nel GLIP erano presenti le associazioni e gli enti locali, nel GIT ci sonosolo componenti interni all’amministrazione scolastica, questo non va bene». Terzo, il numeromassimo di alunni per classe, nelle classi iniziali di ogni ciclo, qualora vi sia un alunno condisabilità: «è una manovra quasi truffaldina, si dice al massimo 22, ma la regola diceva invece giàdal 2009 al massimo 20 di norma, tranne casi eccezionali». L’avvocato cita articoli e commi, ilsucco è che «di fatto si lascia la libertà di creare classi-pollaio. Qua si va indietro, decisamente».

“Non viene messa in luce l’importanza della famiglia nella formulazione del PEI, la 328 prevedeche la famiglia partecipi, qui invece questo non è previsto, è un passo indietro inaccettabile. Siindicano 22 alunni massimi per classe, ma di fatto si lascia la libertà di creare classi-pollaio: qua siva indietro, decisamente. Non vedo alcuna novità sulla formazione che disegni la possibilità

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concreta che i curricolari si occupino di inclusione: tutta la novità che si pensava non c’è”.

Venendo alla presa in carico da parte di tutti i docenti curricolari, «non c’è nessuna novità sullaformazione che disegni la possibilità concreta che i curricolari si occupino di inclusione: tutta lanovità che si pensava non c’è. Per chi insegnerà alla scuola secondaria sei crediti erano e seirestano, noi ne chiedevamo 30». E pure per la carriera degli insegnanti di sostegno «non abbiamo laclasse di concorso separata, si prevedono 4 ruoli di sostegno ma sempre con la possibilità di passarea cattedre comuni dopo 10 anni, sì, c’è la possibilità di avere una supplenza per un anno in più, manoi chiedevamo almeno una continuità di almeno due anni o dell’intero ciclo. Questo è un puntonodale e non c’è una riga». Infine, guardando al decreto sulla valutazione degli alunni, c’è un«arretramento pauroso», arrivato del tutto a sorpresa, là dove si dice che alla fine della scuolasecondaria di primo grado gli alunni «devono fare prove d’esame equipollenti, dimostrando diconoscere elementi basilari della disciplina e non prove differenti, come previsto dalla legge 104.Moltissimi ragazzi non avranno il diploma ma solo un attestato, andranno alla scuola superiore maanche lì non potranno fare l’esame maturità, potranno avere solo un attestato. È un punto che noncondividiamo assolutamente».

Dal punto di vista politico, già lunedì pomeriggio il presidente della Fish, Vincenzo Falabella, avevaesternato la sua «amarezza» per un testo «assolutamente non condiviso, che non ha fato nemmenoun passaggio in Osservatorio, in palese violazione della Convenzione Onu sui diritti delle personecon disabilità e del nulla su di noi senza di noi. La stessa cosa è stata fatta con i Lea. Credo ci sia lavolontà deliberata di tener fuori dal confronto politico le persone con disabilità».

3. Evelina Chiocca

«La famiglia, la grande esclusa» presidente del CIIS (Coordinamento Italiano Insegnanti diSostegno)

Testi alla mano, la professoressa esamina articolo per articolo il testo della legge. «La primaosservazione che voglio fare però è complessiva: vedo poco la presenza della famiglia, chedovrebbe invece essere più partecipe», afferma. Positivo per lei è l’articolo che prevede unavalutazione della qualità dell’inclusione, «è un primo passaggio, segno di un cambiamento dicultura». Bene anche l’introduzione della valutazione diagnostico-funzionale, a sostituire i duedocumenti precedenti: «la cosa importante è l’esplicito riferimento all’approccio ICF, che ci dicenon l’elenco di ciò che manca all’alunno ma quello di ciò che l’alunno possiede, tenendo conto ditutti gli aspetti di vita del ragazzo. È un’ottica pedagogica importante».

“Vedo poco la presenza della famiglia, che dovrebbe invece essere più partecipe. E sul corso dispecializzazione sono disorientata: dove si fanno i 60 crediti necessari per accedervi?”

Perfetto anche a livello di principio il quantificare le risorse non in base a un codice standard ma inbase agli effettivi bisogni di ciascuno. Il problema è che «le risorse non discenderanno dal PEI masaranno quantificate e decise dal GIT, un soggetto dove non ci sono né famiglie né associazioni.Intanto noto che le risorse non sono più scritte nel PEI, quindi non ci sarà più possibilità di farericorso per le famiglie per chiedere più ore di sostegno. In secondo luogo il PEI viene elaborato daidocenti insieme ai genitori, ma approvato solo dai docenti, ma la famiglia non può essere esclusa inquesto modo». La professoressa si dice «disorientata» anche dal passaggio sul corso dispecializzazione: dove si fanno i 60 crediti necessari per accedervi? Durante l’università? Con unanno in più di università? Per la secondaria in particolare non si capisce proprio come si possa fare.

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«Delusione» quindi, anche sul fronte della formazione iniziale obbligatoria per tutti gli insegnanticurricolari, su cui «non vedo novità».

(18 gennaio 2017)Fonte: Vita.it

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WELFARE.....................................................................................................................

INVALIDITÀ CIVILE: NUOVI IMPORTI E LIMITI DI REDDITO PER IL 2017

Con la Circolare INPS del 17 gennaio 2017, n. 8 l’Istituto ha concluso le attività di rinnovo dellepensioni per l’anno 2017

Con la Circolare INPS del 17 gennaio 2017, n. 8 che l’Istituto ha concluso le attività di rinnovodelle pensioni e delle prestazioni assistenziali propedeutiche al pagamento delle prestazioniprevidenziali e assistenziali nell’anno 2017.

Si riportano di seguito i valori definitivi del 2016 e si rammenta che l’importo del trattamentominimo viene preso a base anche per l’individuazione dei limiti di riconoscimento delle prestazionicollegate al reddito. Il decreto 17 novembre 2016, emanato dal Ministro dell'economia e dellefinanze di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, (pubblicato sulla GazzettaUfficiale n. 274 del 23 novembre 2016), fissa nella misura dello 0,0 per cento l'aumento diperequazione automatica da attribuire alle pensioni, in via definitiva, per l'anno 2016. A seguito ditale conferma, nessun conguaglio è stato effettuato rispetto alla rivalutazione attribuita in viaprevisionale per il 2016.(Nella tabella che segue sono riportati gli importi del 2017 comparati con quelli del 2016).

Tipo di provvidenza Importo Limite di reddito

2016 2017 2016 2017

Pensione ciechi civili assoluti 302,23

302,23

16.532,10 16.532,10

Pensione ciechi civili assoluti (se ricoverati)

279,47

279,47 16.532,10 16.532,10

Pensione ciechi civili parziali 279,47 279,47 16.532,10 16.532,10

Pensione invalidi civili totali279,47

279,47

16.532,10 16.532,10

Assegno mensile invalidi civili parziali279,47

279,47

4.800,38 4.800,38

Pensione sordi 279,47 279,47 16.532,10 16.532,10

Indennità accompagnamento ciechi civili assoluti

899,38

911,53 Nessuno Nessuno

Indennità speciale ciechi ventesimisti 206,59 208,83

Nessuno Nessuno

Indennità accompagnamento invalidi civili totali

512,34 515,43 Nessuno Nessuno

Indennità di frequenza minorenni 279,47 279,47 4.800,38 4.800,38

Indennità comunicazione sordomuti254,39

255,79

Nessuno Nessuno

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Lavoratori con drepanocitosi o talassemia major

501,89

501,89

Nessuno Nessuno

Prestazioni di invalidità civile soggette a revisione sanitaria L’art. 25, comma 6 bis, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito nella legge 11 agosto2014, n.114 stabilisce che nelle more dell'effettuazione delle eventuali visite di revisione e delrelativo iter di verifica, i minorati civili e le persone con handicap, in possesso di verbali in cui siaprevista rivedibilità, conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefici, prestazioni eagevolazioni di qualsiasi natura.Pertanto, per le prestazioni a favore di invalidi civili per le quali nell’anno 2017 risulti memorizzatanel database una data di revisione sanitaria, il pagamento è stato impostato anche per le mensilitàsuccessive alla data di scadenza della revisione.Il pagamento è stato mantenuto anche nei confronti dei titolari di prestazione di invalidità civile che,nel corso del 2016, compiano i 65 anni e sette mesi di età e che diventeranno quindi titolari del soloassegno sociale sostitutivo di invalidità civile.DA TENERE IN CONSIDERAZIONEMaggiorazione Art. 70 della legge 388/2000A decorrere dal 1° gennaio 2001 e' concessa una maggiorazione, per tredici mensilità, dellapensione (o dell'assegno di invalidità) a favore di invalidi civili, ciechi civili e sordomuti con etàinferiore a sessantacinque anni. Pertanto a volte gli importi possono risultare diversi da quelliriportati nella Tabella. Bisogna sommare, all’importo delle pensioni o assegno mensile, € 10.33. Lamaggiorazione non riguarda le varie indennità, ma solo le prestazioni soggette a limite reddituale.La maggiorazione, viene concessa in presenza di determinati requisiti reddituali, ed è di 10,33 euromensili (ai sensi dell'art. 70, 6° comma , Legge 388/2000).

(18 gennaio 2017)

Fonte: SuperAbile.it

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NON AUTOSUFFICIENZA, DALLA CORTE DEI CONTI UN QUADRO A LUCI EOMBRE

Relazione della Corte dei Conti “Fondo per le non autosufficienze 2007-2015”. A Trento sispendono 282 euro pro-capite, a Reggio Calabria solo 26. Tra le raccomandazioni, uniformarecriteri e risorse, raccogliere dati nel Casellario dell’assistenza e implementare un modello diassistenza personale autogestita

ROMA - Come sono state spese le risorse del Fondo per la non autosufficienza negli ultimianni? E quali sono le vicissitudini che questo fondo ha attraversato, dal giorno della sua istituzionefino ad oggi? E soprattutto, cosa si può fare per ottimizzare l’impiego di queste risorse e fare inmodo che realizzino il proprio scopo? A rispondere nel dettaglio a queste e altre domande sulla nonautosufficienza in Italia è la relazione della Corte dei conti “Il fondo per le non autosufficienze(2007-2015)”, recentemente depositato e pubblicato. Sei capitoli, di cui l’ultimo dedicato alleconclusioni e le raccomandazioni, con un corredo di 21 tabelle e 3 grafici. Un esame dettagliatodella Relazione e delle sue diverse “voci” è disponibile nel dossier pubblicato su SuperAbile.it, ilportale dell’Inail sulla disabilità. Qui cerchiamo di mettere a fuoco i punti fondamentali, evidenziatidalla Corte dei Conti.

Sperimentazione. Punto di riferimento è il Programma d’azione biennale per la promozione deidiritti e l’integrazione delle persone con disabilità, approvato alla fine del 2013, che nella linead’intervento n. 3 si riferisce a “politiche, ai servizi e ai modelli organizzativi per la vitaindipendente”. Ed è proprio a partire da questa linea d’intervento che – come riferisce la Corte – èstata avviata, sempre nel 2013, la “sperimentazione di un modello di intervento unitario a favore deltema della vita indipendente nei diversi territori regionali”. Impegno che è stato confermato nei dueanni successivi. E proprio questo della sperimentazione della vita indipendente è il primo elementoannotato nella relazione.

Eterogeneità. Il secondo è la disomogeneità territoriale: Il Fondo è finora amministrato sul modellodelle politiche sanitarie: lo Stato conserva la competenza sulla definizione dei livelli essenziali delleprestazioni, sul loro finanziamento e la vigilanza sulla loro attuazione. Mentre la gestione dellerisorse e l’attivazione dei servizi è di competenza regionale. “Ma lo schema ripreso dal compartodella sanità – osserva la Corte - è di difficile attuazione nel campo delle politiche sociali”, dove nonci sono livelli essenziali delle prestazioni (mentre in ambito sanitario i Lea esistono dal 2001 e sonostati, peraltro, da poco aggiornati. Accade così che “il nostro paese registra ancora una estremaeterogeneità e disomogeneità nella diffusione dei servizi sul territorio, cui corrisponde unasignificativa sperequazione della spesa sociale”. Qualche cifra significativa: “i 282 euro pro-capiteche vengono spesi nel 2015 nella Provincia autonoma di Trento per far fronte alle specificheesigenze, contro gli appena 26 euro della Regione Calabria. Più in generale, il Sud spende, inmedia, poco più di un terzo rispetto al Nord”. Di qui la prima urgenza segnalata dalla Corte: “risultaassolutamente necessario ed urgente che vengano rafforzati tutti quei presidi e meccanismi digovernance che siano in grado di realizzare un processo di convergenza o, perlomeno, di riduzionedell’eterogeneità non solo nella spesa, ma anche nei modelli di intervento, improntati ad unaconcreta e tangibile eliminazione degli squilibri esistenti non solo tra le diverse regioni, ma ancheall’interno delle stesse regioni. Conseguentemente, il requisito anagrafico-residenziale non deverivelarsi elemento di maggior favore per alcuni cittadini rispetto a quelli che risiedono in contestiterritoriali più svantaggiati”.

Stabilizzazione. Un passo avanti in questa direzione è stato compiuto nel 2015, a seguito dellalegge di stabilità, “mediante l’avvio di un percorso di stabilizzazione delle risorse del Fondo, a

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decorrere dall’anno in corso. In sostanza, lo stanziamento di bilancio ‘strutturale’ garantirà che ilfondo diventi un valido strumento per la realizzazione degli obiettivi prefissati”.

Il piano per la non autosufficienza. Novità relativamente recente è l’approvazione del Pianotriennale per la non autosufficienza 2017-2019, da parte dei ministeri del Lavoro, sella Salute, delleFinanze e delle Autonomie regionali. Piano che ha lo scopo di “dare ulteriore specificazione alladefinizione delle ‘disabilità gravissime’, alle quali viene riservata una quota esclusiva non inferioreal 40 per cento delle risorse riservate alle regioni”. E la Corte sembra riporre molte speranze inquesto Piano: “l’esatta identificazione dei beneficiari delle risorse del Fna consentirà al Ministero diacquisire il complesso dei dati necessari a definire e dare attuazione ai livelli essenziali delleprestazioni (Lea)”. Per quanto riguarda le tempistiche, “l’acquisizione dei dati nel sistemainformativo dei servizi sociali relativi ai soggetti con ‘disabilità gravi’ è prevista per la fine del2017, riservando al 2018 la definizione graduale dei livelli essenziali delle prestazioni riconosciutea tutte le persone affette sia da disabilità ‘gravissime’ che da quelle ‘gravi’, onde pervenire adeterminare i fabbisogni finanziari sulla base delle maggiori priorità”. (cl)

(25 gennaio 2017)

Fonte: RedattoreSociale.it

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CENTRO PROTESI INAIL, APRE IL NUOVO PUNTO DI ASSISTENZA A VENEZIA

Prosegue il piano di delocalizzazione del servizio di Inail per rispondere alle esigenze degliassistiti. La struttura veneziana fornirà consulenza e ausili. Sono circa 600 le persone condisabilità da lavoro assistite ogni anno in Veneto, Friuli e Trentino. L’inaugurazione è inprogramma il 2 febbraio alle 11

VENEZIA – Prosegue il piano di delocalizzazione del servizio del Centro Protesi di Vigorso diBudrio voluto da Inail per rispondere in modo concreto alle esigenze degli infortunati. Dopol’apertura della filiale di Roma e di altri punti territoriali a Milano, Roma, Bari, Napoli, il 2 febbraioinaugura, infatti, il nuovo punto di assistenza per persone con grave disabilità a Venezia, nato comerisposta concreta dell’Inail alla richiesta degi propri assistiti di poter accedere più facilmente alservizio fornito direttamente dall’istituto. Tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige,ogni anno sono circa 600 le persone con disabilità da lavoro assistite dall’Area ausili del CentroProtesi Inail e che, fanno sapere dal Centro, “potrebbero essere un terzo in più, avendo ora adisposizione un servizio più vicino e più tempestivo”. A breve in programma anche l’apertura di unaseconda filiale in Calabria e di alcuni punti assistenza in Piemonte e Sicilia.Collocato all’interno della locale sede Inail (via Pila 51 a Venezia Marghera), il Punto di assistenzaVenezia, dopo alcuni mesi di sperimentazione, oggi svolge consulenza specialistica e forniturapersonalizzata di ausili per la vita quotidiana e lo sport, attraverso l’individuazione del dispositivotecnico più idoneo a seconda delle specifiche esigenze della persona. Nei casi molto gravi (adesempio, se la persona non è in grado di andare al Punto di assistenza) vengono organizzati accessial domicilio dell’infortunato. A Venezia opera un team – formato da medico, tecnico ortopedico,infermiere e assistente sociale – in stretta sinergia con l’Area ausili del Centro di Budrio,integrandosi nel percorso di presa in carico del lavoratore gravemente infortunato curato dalleequipe multidisciplinari Inail del Veneto. La posizione del Punto di assistenza consentirà l’accessoanche a persone provenienti da Friuli Venezia Giulia e dal Trentino.L’inaugurazione è in programma il 2 febbraio alle 11. Per Inail saranno presenti il presidenteMassimo De Felice e il presidente del Consiglio di indirizzo e vigilanza Franco Rampi, il direttorecentrale assistenza protesica e riabilitazione Carlo Biasco e il direttore regionale Inail Veneto,Daniela Petrucci. Sono attesi il presidente della Regione Veneto Luca Zaia e il sindaco di VeneziaLuigi Brugnaro. In rappresentanza degli utenti parteciperanno Angelo Gandini, presidente AnmilVeneto (Associazione invalidi e mutilati sul lavoro) e Ruggero Vilnai, presidente regionale Cip(Comitato italiano paralimpico). Il taglio del nastro è affidato a Oscar De Pellegrin, campioneparalimpico veneto, plurimedaglia d’oro di tiro con l’arco. (lp)

(30 Gennaio 2017)

Fonte: SuperAbile.it

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NOTIZIE DAL TERRITORIO

LAVORO PER 3 RAGAZZI CON SINDROME DOWN: ASSUNTI A TEMPOINDETERMINATO

Succede a Bari. I tre lavoratori sono in forze alla catena di ristorazione pugliese "Bacio di Latte".L’assunzione è arrivata al termine di un percorso di affiancamento, il tutoraggio è stato seguito daeducatori dell’Associazione italiana persone down del capoluogo pugliese

ROMA - Assunti a tempo indeterminato dopo sei mesi di tirocinio formativo. Succede a tre ragazzicon sindrome Down di Bari, che sono stati seguiti in questo percorso dalla locale sezione dell'AIPD,l'Associazione italiana persone down. I tre lavoratori sono in forze alla catena di ristorazionepugliese Bacio di Latte. L’assunzione è giunta al termine di un percorso di affiancamento che havisto ognuna delle persone impegnata in mansioni diverse in uno dei diversi punti vendita di Bari. Iltutoraggio è stato seguito da educatori dell’AIPD di Bari, sotto la supervisione di VivianaLagattolla, responsabile del SIL (Servizio di Inserimento Lavorativo) della sezione. I ragazzi, PieraStefania Mastrorosa di 22 anni, Roberto Caruso di 22 anni e Simona Signorile di 31 anni sonooccupati in tre diversi bar al centro di Bari. Roberto è cameriere in sala mentre Simona e Piera sonobanconiste.“La nostra professionalità – sottolinea Mariella De Napoli, presidente della sezione AIPD di Bari –ha incontrato l’intraprendenza di un manager attento ed esigente come Mino D’Alonzo, proprietariodella catena Bacio di Latte, coniugandosi con la determinazione dei ragazzi e delle loro famiglie,anch’esse supportate dal servizio di inserimento lavorativo per garantire il miglior esito deltirocinio. Il tutto si riferisce per altro a un protocollo che applichiamo con efficacia da circa diecianni presso la nostra Associazione e che sino ad ora ha prodotto l’assunzione di dieci giovani atempo indeterminato, tra coloro che hanno manifestato la volontà e i prerequisiti per un inserimentolavorativo e che in alcuni casi hanno svolto diversi tirocini prima di approdare all’assunzione stessa.Infatti, in ossequio al principio che “lavoratori non si nasce ma si diventa”, vogliamo ricordare chequesti ragazzi hanno seguito per anni i percorsi di autonomia dell’AIPD, grazie ai quali il nostrostaff di operatori, guidati da Margherita Mona, sostiene le persone con sindrome di Down e le lorofamiglie nella ricerca di un benessere individuale che per taluni può tradursi nell’inserimentolavorativo”.

(11 gennaio 2017)Fonte: RedattoreSociale.it

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(18 gennaio 2017)Fonte La Repubblica

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IN CATENE PER IL DIRITTO ALLO STUDIO

Dal rientro dopo le vacanze di Natale ad oggi, i servizi riguardanti gli alunni con disabilità(assistenza igienico-personale, assistenza all’autonomia e alla comunicazione, trasporto) non sonoancora partiti nella maggior parte delle scuole superiori di Palermo e in molte altre della Sicilia.Per questo, e per far sentire la propria voce, gli alunni con disabilità di Palermo, inrappresentanza degli studenti con disabilità di tutta l’Isola, si incateneranno domani, 20 gennaio,ai cancelli di un Istituto Superiore del capoluogo siciliano, iniziativa promossa dall’ANFFAS diPalermo

«Dal rientro dopo le vacanze di Natale ad oggi, i servizi di assistenza igienico-personale, autonomiae comunicazione e quello di trasporto non sono ancora partiti nella maggior parte delle scuolesuperiori di Palermo e in molte della Sicilia. Per questo, su nostra iniziativa, gli alunni con disabilitàdi Palermo, in rappresentanza degli studenti con disabilità di tutta la Sicilia, si incatenerannodomani, 20 gennaio, dalle 8 del mattino, ai cancelli dell’Istituto Superiore Majorana. sceltasimbolica, non legata necessariamente a quella specifica scuola». Lo si legge in una nota diffusadall’ANFFAS di Palermo (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettivae/o Relazionale), il cui presidente Antonio Costanza, che è anche vicepresidente dell’ANFFASSicilia, dichiara: «Troppo spesso, per gli alunni e studenti con disabilità, il diritto allo studio, piùche tale, appare come una concessione, un “problema” di cui è meglio non parlare o di cui parlaresotto voce, con la fondata speranza che lo scaricabarile di turno porti la questione, una volta e pertutte, nel dimenticatoio. Chi non dimentica, però, sono le persone con disabilità, i loro genitori efamiliari e quella parte sempre più numerosa della società civile che pretende che il dirittoall’inclusione scolastica, sancito tra l’altro dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone conDisabilità, venga reso finalmente esigibile».

«Parlare di inclusione scolastica – aggiunge Costanza – è particolarmente complesso in Sicilia,perché, per poter essere inclusi, gli alunni con disabilità devono prima di tutto essere messi nellecondizioni di accedere fisicamente a scuola, un aspetto che a molte persone con disabilità vieneancora oggi negato, per la mancanza di quei servizi essenziali in grado di permettere al diritto allostudio di essere garantito. E non è tanto un problema di risorse economiche, quanto una questione dicarattere civile e culturale». «Apprendiamo con fiducia – conclude il Presidente dell’ANFFASPalermo – le dichiarazioni del sindaco Leoluca Orlando sull’anticipo delle somme necessarie allaripresa dei servizi nelle scuole, ma non possiamo abbassare la guardia e chiediamo a gran voce cheogni Istituzione Regionale faccia la propria parte, affinché, una volta e per tutte, il diritto allo studionon venga più erogato in ritardo e a singhiozzo. Gli alunni con disabilità siciliani non sono studenti“di serie B”. Invitiamo dunque tutti coloro che condividono l’iniziativa ad aderire alla nostraprotesta, ribadendo che la scelta della scuola superiore dove si svolgerà la manifestazione èsimbolica: sarà infatti come se fossimo incatenati davanti ai cancelli di tutte le scuole palermitane».(S.B.)

(19 gennaio 2016)Fonte: Superando.it

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ALUNNI SORDI, SENZA LE EDUCATRICI SONO I COMPAGNI CHE TRADUCONOCON LA LIS

All'istituto comprensivo Barozzi di Milano i 20 alunni sordi riescono a seguire le lezioni grazie aicompagni. Dal 9 gennaio infatti non ci sono più le educatrici che li affiancavano. Colpa delrimpallo di responsabilità tra Regione e Città metropolitana su chi deve stanziare i fondi necessariall'assistenza di 2.500 alunni con disabilità del milanese

MILANO - Ai 20 alunni sordi della scuola ci pensano ora i compagni a tradurre con la lingua deisegni quel che dice l'insegnante. Dal 9 gennaio, infatti, nell'Istituto Comprensivo Barozzi di Milanonon ci sono più le nove educatrici, che affiancavano i ragazzini non udenti. È questo uno deglieffetti del rimpallo di responsabilità tra Regione e Città Metropolitana su chi e quanto devestanziare i fondi per coprire la spesa degli assistenti in classe per i 2.500 alunni disabili presentinelle scuole. Solo il 10 gennaio scorso i due enti hanno trovato un accordo, al quale però non sonoancora seguiti i fatti, ossia quegli atti amministrativi che certificano l'esistenza dei fondi nel bilancioe autorizzano quindi i dirigenti scolastici a stipulare i contratti con gli educatori o con le cooperativesociali che forniscono questo tipo di servizi. "Ad oggi io non ho uno straccio di comunicazioneformale da parte della Città Metropolitana -sottolinea Elvira Ferrandino, dirigente scolasticodell'Istituto comprensivo Barozzi-. E quindi non posso fare contratti se non ho i soldi necessari".Per ogni bambini seguito dalle educatrici alla Barozzi servono circa 7mila euro per ogni annoscolastico.

Nonostante tutte le difficoltà e i ritardi di Regione e Città metropolitana, i bambini sordi non hannosaltato un giorno di lezione. E da lunedì alcune delle educatrici ritorneranno nell'istituto di viaBocconi, grazie al fatto che facendo un po' di calcoli la dirigenza della scuola è riuscita a trovare lacopertura per le prossime due settimane, utilizzando la rimanenza dei fondi che erano disponibilifino alla fine di dicembre. Ma si tratta di una specie di quadratura del cerchio. "È veramentedifficile lavorare in queste condizioni -afferma sconsolata Elvira Ferrandino-. Se entro duesettimane non arrivano comunicazioni certe, le educatrici saranno di nuovo senza lavoro. Dobbiamoinfatti anche considerare il danno per queste lavoratrici, molto competenti e appassionate: nonsiamo in grado di garantire loro una sicurezza economica nel tempo. C'è chi poi cambia lavoro". Eproprio ieri le nove educatrici hanno scritto una lettera aperta per denunciare la situazione (vedilancio di Redattore sociale).

Dal 2008 l'Istituto comprensivo Barozzi ha avviato il progetto di didattica inclusiva destinato aglialunni sordi. "Nei primi anni riuscivamo ad avere anche la presenza di uno psicologo -racconta ladirigente scolastica-. E facevamo corsi di Lis per gli altri alunni e il corpo docente". Ora tuttoquesto è un sogno. Per fortuna che i bambini imparano velocemente e molti di quelli udenti hannocomunque imparato la Lis dai compagni sordi. Cosa che è tornata utile in questi giorni, altrimentiper i 20 bambini non udenti sarebbe stato un grosso problema riuscire a capire la lezione. (dp)

(27 gennaio 2017)

Fonte: RedattoreSociale.it

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24 FAMIGLIE CHIEDONO AL GIUDICE IL RISPETTO DEL DIRITTO ALLO STUDIO

Supportate dal Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi della Federazione LEDHA, benventiquattro famiglie di alunni con disabilità hanno presentato un ricorso al Tribunale di Milanocontro la Città Metropolitana, per non avere garantito, sin dall’inizio dell’anno scolastico, ilnumero di ore di assistenza alla comunicazione o assistenza educativa di cui i loro figli hannobisogno per frequentare regolarmente le lezioni, a parità di diritti con i loro compagni, e quindi peraccertarne la discriminazione

Antonella frequenta la quinta elementare: avrebbe bisogno di 18 ore settimanali di assistenza allacomunicazione ma ha potuto usufruire di appena 7 ore settimanali di assistenza. Inoltre, l’assistentealla comunicazione ha potuto iniziare le proprie attività solo a partire dal 10 novembre 2016, a bendue mesi dall’inizio dell’anno scolastico. Sara frequenta la prima superiore e avrebbe bisogno diessere affiancata per 14-15 ore a settimana da un’educatrice. Tuttavia, a causa delle difficoltà dellaCittà Metropolitana di Milano, Sara è rimasta priva di assistenza fino al 1° dicembre 2016 e anchequando il servizio è stato attivato, le sono state garantite solo 5 ore di assistenza a settimana. I nomi,naturalmente, sono di fantasia, ma le storie sono più che reali e sono solo due tra le tante situazioniche hanno portato ben ventiquattro famiglie – supportate dal Centro Antidiscriminazione FrancoBomprezzi della LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce lacomponente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) – apresentare un ricorso al Tribunale di Milano contro la Città Metropolitana, per non avere garantito,sin dall’inizio dell’anno scolastico, il numero di ore di assistenza alla comunicazione o assistenzaeducativa di cui i loro figli hanno bisogno per frequentare regolarmente le lezioni, a parità di diritticon i loro compagni, e quindi per accertarne la discriminazione. Il ricorso, va detto, coinvolge ancheil Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, oltre che i singoli istituti scolastici frequentati daquesti bambini e ragazzi «per avere omesso di individuare nel PEI (Progetto EducativoIndividualizzato), pur adottato, il numero di ore di assistenza educativa e/o alla comunicazionenecessarie».

«Il taglio delle ore di assistenza erogate – spiega Laura Abet, avvocato del CentroAntidiscriminazione Franco Bomprezzi – è stato giustificato dalla Città Metropolitana di Milanocon la mancanza di risorse economiche. Di fronte a questa situazione, molte famiglie hanno pagatodi tasca propria le spese necessarie per garantire ai propri figli le ore di assistenza di cui hannobisogno».

Nel ricorso, dunque, si chiede innanzitutto al Giudice di ordinare alla Città Metropolitana di Milanodi assegnare ai figli dei ricorrenti «le ore di assistenza educativa e/o alla comunicazione» stabilitedal PEI e di coprirne i relativi costi. Inoltre, si chiede di risarcire gli alunni per il danno subìto,oltreché di risarcire i genitori per le spese sostenute in questi mesi, allo scopo di garantire ai proprifigli la possibilità di frequentare la scuola. «E si tratta di importi anche significativi – sottolineaAbet -, in alcuni casi anche di 1.500-1.800 euro per due-tre mesi di scuola. Inoltre, ciò che è ancorapiù importante, si chiede al Giudice di adottare un Piano di rimozione della discriminazione, cosìcome previsto dall’articolo 28, comma 5 del Decreto Legislativo 150/11, che preveda lariorganizzazione del servizio con onere di reperimento delle risorse esclusivamente a caricodell’Amministrazione Pubblica, senza oneri anticipatori a carico delle famiglie, garantendo lacontinuità del servizio, oltre ovviamente al divieto di reiterare in futuro analoghi provvedimenti».

«La mancanza di risorse economiche – commenta Marco Rasconi, presidente di LEDHA Milano –non può essere una giustificazione. Quello allo studio, infatti, è un diritto incomprimibile e diconseguenza non può essere limitato per mancanza di risorse economiche. Questo ricorso, a fiancodelle famiglie, è un atto dovuto e invitiamo tutti i genitori che si trovino in questa situazione acontattarci».

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«Malgrado l’impegno della politica – aggiunge Alberto Fontana, presidente della LEDHA – restanodiverse situazioni di criticità e abbiamo molte segnalazioni di bambini e ragazzi che ancora ogginon possono andare a scuola per la mancanza di assistenti. Per questo è importante che le Istituzionimantengano gli impegni presi. Inoltre, sollecitiamo Associazioni, Cooperative ed Enti Gestori deiservizi a informare le famiglie sui loro diritti e su come possano agire per tutelarli». A tal proposito,ricordiamo che qualche giorno fa – sempre per denunciare una serie di gravi disagi riguardanti lefamiglie di alunni con disabilità e le carenze in àmbito di assistenza educativa o alla comunicazione– erano intervenute con una nota, ripresa dal nostro giornale, numerose organizzazioni impegnateproprio nei servizi di assistenza agli alunni con disabilità. (S.B.)

(27 gennaio 2017)

Fonte: Superando.it

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IMPARARE E SVOLGERE UN MESTIERE CON LA GUIDA DI UN'APP: BRESCIACAPOFILA DI UN PROGETTO UE

La sfida del ristorante “21 Grammi”: tirocinanti con disabilità intellettiva possono imparare inautonomia i lavori di sala e cucina. Il locale, nato per dare formazione lavorativa ai ragazzi consindrome di Down, sperimenta l'applicazione sviluppata grazie a un progetto finanziato dallaCommissione europea

Imparare il mestiere con un'app. Al 21 Grammi hanno preso pagine e pagine di mansionario e lehanno organizzate in un'applicazione che permette ai tirocinanti con disabilità intellettiva diimparare in autonomia i lavori di sala e cucina. Il locale di viale Italia, nato per dare formazionelavorativa ai ragazzi con sindrome di Down, si è prestato nei mesi scorsi per testare l'applicazionesviluppata grazie a un progetto finanziato dalla Commissione europea di cui Brescia è appuntocapofila. “Quando il tirocinante è formato - spiegano gli educatori all’edizione bresciana delCorriere della Sera - non deve più dipendere dai colleghi. I clienti così vedono una persona adultache se la cava da sola, non sempre e solo un lavoratore fragile”.“On my own... at work (Omo)”, questo il titolo del progetto finanziato dalla Commissione europeaattraverso un programma Erasmus +, ha come obiettivo l'inserimento lavorativo delle persone condisabilità intellettiva. L'app destinata ai tirocinanti è disponibile per smartphone e tablet e aiuta iragazzi a ricordare la sequenza dei compiti, gli strumenti da utilizzare e la modalità di azionerichiesta da una determinata mansione. “L'applicazione - spiega Alessio Belleri, l'educatore che haseguito la sperimentazione - è di per sé un contenitore vuoto che il datore di lavoro deve adattare alproprio contesto”. Per questo il locale è stato tutto mappato, le fasi di lavoro fotografate e la app èstata personalizzata sulle mansioni di ogni tirocinante. Dopo le spiegazioni iniziali, il lavoratore alleprime armi affronta i suoi compiti supportato dall'applicazione che gli ricorda passo passo ilprocedimento. “Dopo massimo cinque o sei volte, il tirocinante è formato e può svolgere quellamansione da solo, non deve chiedere al collega o dipendere da lui. Questo aspetto è moltoimportante per l'autostima del tirocinante, per il lavoro dei colleghi, ma anche per i clienti chevedono una persona adulta che se la cava da sola, non sempre e solo un lavoratore fragile” spiegaBelleri. L'autonomia è il grande obiettivo di questo progetto, che prevede anche di riuscire ainnescare una rivoluzione: “Bisogna ampliare il focus: non basta occuparsi della persona consindrome di Down - spiega Belleri - ma bisogna lavorare sul contesto. Creando le giuste condizioni,il lavoratore con disabilità intellettiva può essere autonomo e per le aziende assumerlo è unvantaggio non più solo fiscale o per ottemperare a un obbligo di legge: gli studi dimostrano che lapresenza di lavoratori con disabilità in azienda migliora la tonalità affettiva e la capacità di faregruppo”. Il modo migliore per cambiare il contesto è farlo partecipare al progetto. Al 21Grammi sisono inventati un “tavolo in formazione”: i clienti che accettano di sedersi lì partecipano allaformazione del tirocinante compilando alla fine una scheda valutativa. Quando tornerà, il clientepotrà valutare i miglioramenti del ragazzo.

(28 gennaio 2017)

Fonte: SuperAbile.it

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SERVIZI SANITARI PIÙ FACILI PER PERSONE CON AUTISMO E RITARDOINTELLETTIVO

Strategia già adottata in altre occasioni dall’Associazione friulana ProgettoAutismo FVG, il“videomodelling” si basa su filmati che presentano il modo appropriato di mettere in atto uncomportamento o precise sequenze di azioni, per raggiungere un determinato obiettivo. Rientra orain questa serie anche “Dottore Amico”, nuovo video che facilità l’accessibilità ai servizi sanitari edi primo soccorso alle persone con autismi e ritardi intellettivi e che è gratuitamente disponibile atutti, per precisa volontà di chi lo ha realizzato

Strategia adottata dall’Associazione friulana ProgettoAutismo FVG, a partire dalla serie ABCVideomodelling, quest’ultima – il videomodelling, appunto – si basa su filmati che presentano ilmodo appropriato di mettere in atto un comportamento o precise sequenze di azioni, perraggiungere un determinato obiettivo. Si tratta, in altre parole, di un intervento che sfrutta lapotenzialità dell’apprendimento osservativo delle persone con autismo e che può essere utilizzato acasa, dagli educatori e in ospedale dal personale sanitario, consistendo in una tecnica diapprendimento per imitazione (modelling). In sostanza, l’insegnamento dell’abilità avvienemediante l’esposizione ripetuta a una videoregistrazione nella quale un modello eseguecorrettamente e lentamente un compito costituito da una sequenza di comportamenti. Incollaborazione con l’Azienda Ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Udine,ProgettoAutismo FVG ha realizzato ora Dottore Amico, videomodelling che facilita l’accessibilitàai servizi sanitari e di primo soccorso per le persone con autismi e ritardo intellettivo, utile ancheper bambini in fascia prescolare e scolare. L’iniziativa è nata da un’idea dei genitoridell’Associazione ed è stata progettata in collaborazione con Alessia Domenighini, consulentecomportamentale e responsabile delle attività della stessa ONLUS, con la consapevolezza dellenumerose criticità vissute dalle persone con autismo e dalle loro famiglie nell’accesso ai servizi dibase, comprese le cure ospedaliere anche di primo soccorso e gli esami di routine che costituisconospesso un momento molto stressante e problematico.

«Il progetto – spiega Elena Bulfone,presidente di ProgettoAutismo FVG – è stato realizzato con ilprezioso ausilio del personale medico e infermieristico dell’Ospedale Santa Maria dellaMisericordia di Udine e facilitato dall’interessamento del commissario straordinario Mauro Delendie di Federica Rolli, già coordinatrice sociosanitaria dell’Azienda Socio Sanitaria n. 4 e attualegeneral manager dell’Azienda Servizi alla Persona di Ferrara. Grazie poi all’importante opera dicoordinamento di Roberto Cocconi, abbiamo potuto interfacciarci con numerosi reparti ospedalieri,realizzando un lavoro molto completo e sfaccettato». Dottore Amico è strutturato in tre differentiparti: la visita dal medico di base; i trattamenti ospedalieri più comuni, quali il prelievo di sangue,l’elettrocardiogramma, l’elettroencefalogramma, la visita radiologica, l’ingessatura, la tomografiacomputerizzata, l’applicazione dei punti di sutura, la preparazione per un intervento, l’accesso alpronto soccorso; le visite dentistiche (visita di controllo, pulizia dei denti, cura delle carie). ,Lespese di realizzazione sono state interamente a carico di ProgettoAutismo FVG e il video, peresplicita volontà dei genitori dell’Associazione, è fruibile gratuitamente nel sito della stessa e inYouTube.

«È fondamentale – sottolinea a tal proposito Bulfone – diffondere gratuitamente le buone praticheche facilitano la vita alle famiglie e agli operatori che lavorano con persone con autismo, affinché lagrave situazione di isolamento ed emarginazione possa terminare, per lasciare spazioall’accoglienza e alla vera accessibilità. La nostra Associazione si spende da anni per promuoverel’inclusione, organizzando corsi e aggiornando vari materiali, allo scopo di creare un circolovirtuoso di cui tutti possano fruire. Chi infatti riceve denaro pubblico deve, a nostro avviso, metterloa frutto per il benessere di tutta la comunità e non solo per le persone che fruiscono dei servizi

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diretti offerti sul territorio». (S.B.)

(31 gennaio 2017)

Fonte: Superando.it

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INTERNAZIONALE

APERTO A MADRID L’ANNO INTERNAZIONALE DEL "TURISMO SOSTENIBILE"DELL'ONU

Cerimonia ufficiale di apertura nella capitale spagnola: il turismo è un forte motore di crescita cheoggi rappresenta circa il 10% del Pil globale. In Italia gli eventi si apriranno a febbraio alla Fieradi Bergamo

ROMA – Si è aperto con la cerimonia ufficiale a Madrid, Spagna, l’Anno internazionale delTurismo sostenibile per lo sviluppo, dell’Organizzazione mondiale per il turismo dell’Onu - Unwtoil cui slogan è ‘Travel, Enjoy, respect’ ovvero "Viaggia, divertiti/assaggia". Il turismo e’ un fortemotore di crescita che già ora rappresenta circa il 10% del PIL globale, impiega il doppio delledonne di ogni altro settore e dovrà saper gestire in modo sostenibile una previsione di 1,8 miliardi dituristi internazionali nel 2030, 600 milioni più degli attuali. In Italia gli eventi previsti per questoanno internazionale si aprono alla Fiera di Bergamo il 17-18-19 febbraio con Agri Travel & SlowTravel Expo, il primo salone internazionale dedicato alla promozione del turismo rurale e slow.

Sarà il cibo al centro dell’evento fieristico, tra agricoltura, cultura, turismo e sostenibilità. Turismoaccessibile, cammini, percorsi eno-gastronomici, viaggi a cavallo e in bicicletta alla scoperta delpaesaggio, ospitalità diffusa, agriturismi, fattorie didattiche, nuove tecnologie per agevolare ilturista saranno gli spunti che si potranno approfondire grazie alla partecipazione di realtà da tuttaItalia, dall’Europa e dal resto del mondo che animeranno il ricco programma di workshop,presentazioni e incontri B2B che si svolgeranno nei tre giorni dell’evento. Lo scambio di know-howed esperienze e la ricerca di soluzioni reciprocamente vantaggiose per favorire strategie per lapromozione del turismo rurale sono lo scopo del Salone, con un’attenzione particolareall’agroalimentare come leva di marketing turistico e alla green economy come scommessa per ilrilancio dell’economia turistica.

(19 ngennaio 2017)Fonte: SuperAbile.it

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RIFUGIATI AL GELO IN EUROPA, LA DOPPIA DISCRIMINAZIONE DELLE PERSONEDISABILI

L’organizzazione Human Rights Watch, in un focus sui centri di accoglienza in Grecia, denuncial’inadeguatezza per le persone con disabilità. Tra i casi più eclatanti quello di un’anziana donna insedia a rotelle, che non ha potuto farsi la doccia per un mese

ROMA – L’ondata di neve e gelo che ha colpito l’Europa negli ultimi giorni non accenna adiminuire. Tra le persone più in difficoltà ci sono i migranti bloccati ai confini d’Europa, a Belgradocome in Grecia, molti di loro vivono in condizioni al limite del disumano. In particolare, chi tra diloro ha una disabilità sta incontrando serie difficoltà nell’ottenere servizi di base come alloggio,servizi igienico-sanitari, ma anche cure mediche. Lo denuncia l’organizzazione Human RightsWatch, in un focus sui centri di accoglienza in Grecia.

Tra i casi più eclatanti quello di un’anziana donna in sedia a rotelle, che non ha potuto farsi ladoccia per un mese."Le persone con disabilità vengono trascurate e non riescono a ottenere servizidi base, anche se sono tra i rifugiati e gli immigrati più a rischio", sottolinea Shantha Rau Barriga,direttore diritti dei disabili di Human Rights Watch.

Human Rights Watch ricorda che sono ancora troppo pochi i programmi mirati a rispondere ai dirittie alle esigenze dei richiedenti asilo, rifugiati, e altri migranti con disabilità. “L'accordo tra l’UnioneEuropea e la Turchia, le chiusure dei confini lungo la rotta dei Balcani, la cattiva gestione, e lamancanza di coordinamento tra i governi dell'Ue hanno lasciato circa 62.700 richiedenti asilo e altrimigranti intrappolati in Grecia. Secondo la Commissione europea, a partire dal 12 gennaio 2017,solo 7448 persone sono state trasferiti o sono in programma di essere trasferite nell'ambito delmeccanismo Ue Relocation - circa il 12 per cento dei 66.400 posti concordato nel 2015 – scrivono -.E i migranti in Grecia vivono in deplorevoli condizioni, senza accesso ai servizi e alloggi adeguati.Migliaia di rifugiati stanno sopportando condizioni invernali estremamente dure in tende fragili intutta la Grecia, con temperature fino a -14 gradi. Quelli con disabilità sono tra quelliparticolarmente a rischio”.

Sulla base delle ricerche svolte in Grecia continentale e sulle isole greche nel mese di ottobre 2016e gennaio 2017, e di follow-up interviste telefoniche a dicembre 2016 e gennaio 2017, HumanRights Watch ha scoperto, inoltre, che i richiedenti asilo e i rifugiati con disabilità non sono spessocorrettamente identificati, in parte a causa di un processo di registrazione affrettata. Senzaun'adeguata comprensione delle dimensioni e esigenze, le agenzie umanitarie non possonorispondere in modo efficace. Per esempio, i servizi di salute mentale, tanto necessari per irichiedenti asilo e gli altri migranti, sono inadeguati. La metà dei migranti che Human Rights Watchha intervistato sta affrontando questa situazione portandosi dietro traumi, ansia o depressionedovuta alla violenza subita nei paesi d'origine, ma anche all'incertezza e l'insicurezza nei campi.

(23 gennaio 2017)Fonte: SuperAbile.it

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VARIE

SOTTOTITOLI E BARRIERE, LA SFIDA DELL'ACCESSIBILITÀ PER IL GRANDESCHERMO

Per una persona disabile andare al cinema non sempre è un’impresa semplice. E non solo per lebarriere architettoniche. Ma un disegno di legge delega approvato dal Parlamento promettemaggiori opportunità per tutti

ROMA - Immagini in bianco e nero, attori dai movimenti goffi e accelerati, qualche didascalia perle scene cruciali, nessun sonoro. A guardarle oggi, le prime pellicole cinematografiche fannosorridere, ma tra quelle prime bobine nasceva un nuovo linguaggio in grado di parlare a tutti. A piùdi un secolo dalla sua nascita il cinema ha fatto notevoli passi avanti, dal 3D alla realtà virtuale, mal’obiettivo di diventare realmente accessibile a chiunque è ancora da raggiungere, soprattutto inItalia. Per una persona con disabilità, andare al cinema con gli amici non è un’impresa semplice.Audiodescrizioni e sottotitoli non sono sempre disponibili e nelle case cinematografiche nessunopensa ancora a produzioni accessibili sin dall’inizio. Qualcosa, però, potrebbe cambiare a breve. IlParlamento italiano, infatti, ha da poco approvato un disegno di legge delega di riordino del cinemae dell’audiovisivo, che introduce alcune novità in merito. In due commi la roadmap per i prossimianni: il primo chiede di promuovere la fruizione del cinema e dell’audiovisivo, tenendo conto delle“specifiche esigenze delle persone con disabilità, secondo i principi stabiliti dalle convenzioniinternazionali sottoscritte dall’Italia in materia”. Il secondo chiede che il riconoscimento di incentivie contributi sia “subordinato” anche alle “specifiche esigenze delle persone con disabilità, conparticolare riferimento all’uso di sottotitoli e audiodescrizione”. Al cinema accessibile è dedicato unfocus pubblicato nel numero di dicembre del magazine SuperAbile Inail.

Su questo tema è la prima volta che la Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilitàviene tirata in ballo, e non è poco. Il testo, infatti, riconosce il diritto “a prendere parte su base dieguaglianza con gli altri alla vita culturale e invita a prendere tutte le misure appropriate perassicurare che le persone con disabilità godano dell’accesso a programmi televisivi, film, teatro ealtre attività culturali, in forme accessibili”. Ma c’è di più. La Convenzione, ratificata dall’Italia nel2009, riguarda tutte le disabilità. “È una svolta storica – spiega Stefano Tortini, vicepresidentenazionale dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti –. La legge chiede di commisurare ifinanziamenti a quanto il produttore si adopera per rendere il prodotto accessibile. Un vincolo ancorpiù efficace dell’obbligo”. L ’intento della legge, quindi, è quello di incentivare una produzionecinematografica che preveda già in fase di progettazione la resa accessibile. Un passo che potrebbeportare la piena fruibilità in qualsiasi cinema d’Italia. “Una volta ottenuto il prodotto accessibile –continua Tortini –, per le sale sarà piuttosto semplice la messa in opera”. Tuttavia, per capire qualisaranno le norme nel dettaglio, bisognerà attendere i decreti attuativi, ma Tortini assicura: “Dalgoverno c’è la garanzia che si lavorerà per rafforzare i principi espressi”.

Ma cosa significa rendere accessibile un film? Non è solo una questione di barriere architettonichenelle sale. La resa accessibile riguarda soprattutto la sottotitolazione per i sordi e l’audiodescrizioneper i ciechi. “La prima non è da confondere con i sottotitoli presenti in diverse lingue – raccontaDaniela Trunfio, del progetto “Torino + Cultura accessibile” della Fondazione Carlo Molo, da anni

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impegnata per la resa accessibile degli audiovisivi –. Quella per i sordi è facilitata, più leggibile enon va oltre le due righe per schermata. Deve contenere la descrizione del sonoro, avere un colorediverso per ogni personaggio e scorrere su una banda nera che non sia all’interno della pellicola”.L’audiodescrizione, invece, “si inserisce nei momenti muti del film – continua – e deve avere unacapacità descrittiva tale da permettere a chi non vede di capire dove si trova”. I costi non sonoeccessivi, se paragonati a quelli di realizzazione di un film. Si parla di non più di 2.500 euro apellicola e con il digitale si potrebbe inserire tutto in un unico pacchetto da distribuire in tutte lesale. Oggi, invece, non è così. “Tutte le rese accessibili sono fatte a posteriori”, osserva Trunfio, enonostante non manchino le aziende che lavorano su questo fronte, è una corsa contro il tempo. “Sedevo rendere accessibile una pellicola con la distribuzione, i tempi sono strettissimi – spiega –.Ormai un film non resta più in programmazione per molto tempo. E poi, dopo il lavoro fatto, te loritrovi in televisione di nuovo non accessibile”.

Per questo da anni le associazioni si battono per la resa accessibile del grande schermo, portando laquestione anche al centro di eventi importanti, come la Festa del Cinema di Roma. “Tutto è natocon il Roma Fiction Fest nel 2009 e con la nostra richiesta di rendere accessibile l’evento – raccontaLaura Raffaeli, presidente di Blindsight Project, associazione romana impegnata a favore deidisabili sensoriali, da anni alle prese con la resa accessibile del festival –. Quell’anno abbiamoavuto audiodescrizione e sottotitolazione per tutte le opere presentate, la prima volta in Europa. Dalì abbiamo chiesto di ripetere l’esperienza nel 2010 e poi l’accessibilità per quella che sarebbediventata la Festa del Cinema di Roma”. Le pellicole rese accessibili, però, sono solo quelleitaliane. “Ogni anno sono sempre meno - spiega Raffaeli –, quest’anno erano soltanto due: Solecuore amore di Daniele Vicari e 7 minuti di Michele Placido”. Quella di Roma, però, è una sorta dipunta di un iceberg fatto da tante iniziative sparse lungo lo Stivale. Tante: dai festival alle rassegne,persino i concorsi. Tutte con una storia importante alle spalle e un lavoro certosino di resaaccessibile, ma con un limite spesso invalicabile: quello di non riuscire a fare rete e condividere illavoro fatto.

Una svolta potrebbe arrivare dalle app per i telefonini. Sono già diverse quelle attive e permettonoagli utenti di utilizzare audiodescrizione e sottotitoli ovunque attraverso il proprio terminale. Anchein questo caso, però, non mancano i limiti. I film presenti sulle diverse applicazioni non sono tuttiquelli in programmazione, ma opere presentate in eventi particolari o riguardanti solo le ultimeuscite.

L’accessibilità in fase di produzione risolverebbe tutti i problemi a monte. Ma non solo. Potrebbesostenere anche la creazione di nuove figure professionali. Ci hanno provato all’Università diBologna, avviando nel 2013 un master in Screen translation nella sede di Forlì, che ha affiancato aitradizionali percorsi di doppiaggio e sottotitolaggio l’audiodescrizione e la sottotitolazione in temporeale. Ma ci sono anche diversi corsi realizzati al di fuori del circuito universitario. Come accade nelcapoluogo piemontese, dove “Torino + Cultura accessibile” cura un corso riservato a studentilaureati. “Creiamo figure che all’estero viaggerebbero come delle schegge – racconta Trunfio –. InInghilterra queste professioni già ci sono. In Francia si rendono accessibili anche le collezioni d’artee le opere teatrali. C’è una cultura diversa: con la resa accessibile sono andati oltre il cinema”.

Per rendere pienamente fruibile a tutti la visione di un film, però, sottotitoli o audiodescrizioni nonbastano. Per chi ha disabilità intellettive serve uno sforzo in più: contano anche l’ambiente e lemodalità di proiezione. Per l’Associazione italiana persone Down (Aipd) bastano sempliciaccorgimenti, a partire dall’accessibilità dei posti in sala. “Il sistema delle lettere combinato con inumeri risulta difficile per individuare il posto – spiega Anna Contardi, coordinatrice nazionale dell’Aipd –. Avere all’ingresso della sala una mappa dei posti a sedere potrebbe essere utile”. C’è poil’esigenza di schede delle pellicole accessibili a tutti: “Bisognerebbe pensare a un sito istituzionalead alta comprensibilità con le trame dei film”, aggiunge.

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Per le persone con autismo, invece, servono accortezze in tutte le fasi della proiezione, ma sicontano sulle dita di una mano le esperienze promosse in Italia che ne tengano conto. Iniziativesperimentali, spesso legate alla disponibilità economica degli enti locali. Per Laura Raffaeli, però,non è solo una questione di risorse. C’è un “problema di cultura: la spesa molto spesso è ridicola. Econ le nuove tecnologie lo sarà sempre di più”. Intanto la premessa scritta dalla legge delega volutaproprio dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, promette bene, ma per le associazionibisogna continuare a vigilare sui decreti attuativi del governo, affinché le promesse diventino realtà.

(2 gennaio 2017)

Fonte: RedattoreSociale.it

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LO STERMINIO DELLE PERSONE CON DISABILITÀ COME “PROVA GENERALE”

di Domenico Massano

«Seguendo la cronologia delle operazioni di sterminio naziste – scrive Domenico Massano – si puòragionevolmente concludere che essendo stato l’omicidio delle persone con disabilità il primo,precedendo quello degli zingari e quello degli ebrei, con buona probabilità è servito anche da“prova generale” per i successivi». Nella Giornata della Memoria di oggi, 27 gennaio,presentiamo un’approfondita ricognizione su uno dei momenti più terribili e tragici della storiaumana, prendendo le mosse dal “Programma di Eutanasia” del regime nazista e dal Processo diNorimberga ai “medici disumani”

«Questa raccolta di documenti fu pubblicata per la prima volta 10 anni fa. Sono testimonianze cheerano e restano spaventose. Il tempo non potrà mai attenuarne l’orrore» (1). Con queste paroleinizia la seconda edizione del testo in cui Alexander Mitscherlich, con Fred Mielke, si propose didescrivere, analizzare e testimoniare, quanto accadde nel corso del processo dei medici nazisti,iniziato a Norimberga il 9 dicembre 1946 e terminato il 19 luglio 1947. Tra i crimini contestati ai 23imputati – di cui 20 erano medici – vi erano anche quelli legati al cosiddetto “Programma diEutanasia”, in cui, tra il 1939 e il 1945, trovarono la morte circa 200.000 persone con disabilità ocon disturbi psichici (oltre 70.000 nell’ambito del solo Programma Aktion T4). Tutti gli imputati sidichiararono non colpevoli. Al termine del processo sette di loro furono assolti, sette furonocondannati a morte, gli altri a pene detentive di diversa durata. Alexander Mitscherlich era ilpresidente della Commissione di Osservatori inviata dall’Ordine dei Medici della GermaniaOccidentale per il processo. Di essa facevano parte anche il dottor Fred Mielke e la psichiatra AliceRicciardi von Platen. Nessuno di loro aveva ancora raggiunto i 40 anni e, probabilmente, ci siaspettava da parte loro un diplomatico silenzio nello stilare il resoconto delle vicende processuali.Silenzio che, presumibilmente, avrebbe aperto loro le porte verso una brillante carriera sanitaria. Itre incaricati decisero, invece, non solo di raccontare fedelmente la cronaca del processo, ma dicontribuire attivamente a quel grande percorso di chiarimento delle responsabilità che neldopoguerra ritenevano «avrebbe dovuto esserci nel nostro paese» (2), ma che, secondo quantoamaramente dovettero costatare alcuni anni dopo, non ci fu. A settant’anni di distanza dallaconclusione del processo, e in occasione della Giornata della Memoria di oggi, 27 gennaio, credovalga la pena ricordare quanto scrissero i diversi componenti della Commissione Medica, perprovare a capire le ragioni di questa rimozione e valutare se, come io credo, abbiano ancora oggiqualcosa, o molto, da insegnarci.

Alice Ricciardi von Platen fu la prima a scrivere nel 1948 il libro Il nazismo e l’eutanasia deimalati di mente, mentre i suoi colleghi, un anno dopo, documentarono il loro lavoro nel testoMedicina disumana. Documenti del “Processo dei medici” di Norimberga (preceduto nel 1947 daun breve opuscolo documentativo). Entrambi i libri passarono non solo inosservati, ma fu come nonfossero mai apparsi. La loro sorte «è avvolta ancora oggi nell’oscurità» (3) e il loro contenuto «furimosso dalle nostre coscienze» (4). L’analisi che Mitscherlich offre di questa rimozionenell’introduzione alla seconda edizione del suo lavoro è la seguente: «E qui è opportuno soffermarsiun po’ sulla sorte (finora assai singolare) di questo libro e dell’opuscolo che lo precedette, “DasDiktat der Menschenverachtung”. […] Uscito l’opuscolo, cominciarono a giungerci proteste dialcuni studiosi il cui nome figurava in quei documenti. […] Ma nessuno di coloro che avevanolavorato nell’apparato hitleriano inserì nella sua difesa la semplice frase: Mi dispiace. Qui siprofilava già quello che si potrebbe definire l’isolamento dei colpevoli, cioè il riversare tutte lecolpe sulle spalle dei criminali patologici, altro aspetto di quell’ostinazione a non voler vedere ecapire che a mio avviso, se continuerà, segnerà la fine della nostra esistenza storica» (5).

Porre l’accento su una mancanza, su un «Mi dispiace», credo che non solo sia centrale nell’analisi

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di quanto accaduto, ma sia soprattutto indicativo della persistenza, anche in seguito, di un certoatteggiamento che, secondo l’Autore, continuava a non riconoscere nelle vittime persone di egualvalore.È interessante notare, inoltre, come questo processo di “patologizzazione” di alcuni per salvare tuttigli altri, questo riversare le colpe su pochi “colpevoli”, non venga da Mitscherlich accettato inmaniera esclusiva, bensì solo in relazione a una redistribuzione della responsabilità, diretta e/oindiretta, nell’àmbito di una ben più ampia platea istituzionale: «È innegabile – scrive – che ladittatura di Hitler fu criminale, tanto al vertice quanto al gradino più basso, quello degli aguzzini,ignoranti o istruiti che fossero. Di un’oscurità sconcertante è la funzione svolta dal grande stratointermedio; ma è chiaro che senza la complicità di questo, senza la sua tolleranza e indifferenza, iprogetti delittuosi non avrebbero mai potuto tradursi in azione. […] Dei circa 90.000 medici cheesercitavano in Germania in quell’epoca, circa 350 si macchiarono di crimini. In sé, la cifra è alta,soprattutto se si pensa alle dimensioni dei delitti; ma in rapporto a tutto il corpo dei medici restasolo una piccola frazione: circa un trecentesimo. […] Ma il nocciolo della questione è un altro. Se350 furono coloro che commisero direttamente dei crimini, c’era tutto un apparato che li mise incondizione ed offrì loro la possibilità di degenerare. Essi non uccisero pazienti che avevano in cura.[…] L’analisi del caso patologico particolare è necessaria, naturalmente, ma non sviscera il rapportotra causa ed effetto, non sviscera la catena di motivi che rende possibile simili delitti» (6).Mitscherlich, quando ormai la guerra è terminata da quindici anni, teme che non sia stato ancoracolto l’insegnamento e il monito legato a tali crimini. L’averli relegati in un passato ormai superato,attribuendo tutte le colpe ai pochi condannati e ritenendosi quasi immunizzati dal ripetersi di taliavvenimenti, non è accettato dall’Autore: «Ché questa documentazione non riguarda storia morta,ma avvenimenti verificatisi nei nostri tempi. […] E perciò non basta aver paura che certe cosepossano ripetersi; bisogna anche capire che quelle cose sono state fatte da uomini che, quandovennero al mondo, non erano mostri, ma spesso in maniera del tutto normale, grazie a doti normali,arrivarono a farsi un’istruzione e ad occupare posti importanti nella società, prima di narcotizzare eparalizzare le facoltà umane che avevano acquisito e di risprofondare nelle bassezze degli istintibestiali distruttivi. […] Ma ci è parso necessario far forza al nostro amor proprio, cioè alla stima checerchiamo di avere di noi stessi, e tentare di individuare il rapporto che c’è tra questi fenomeni diabbrutimento di paralisi della coscienza e la nostra “società civile”. Alla base di queste azioni c’ètutta una gamma di atteggiamenti che vanno dalla perversione congenita e dalle peggiori forme didegenerazione alla “tolleranza” servile, quella forma minore disumanità che da un lato ècaratterizzata dall’egoismo dell’istinto di conservazione e dalla vile sopravvalutazione di superiori,e dall’altro da una capacità enorme, che sconfina nel virtuosismo, di tacitare la voce della coscienza[grassetti nostri in questa e nelle successive citazioni, N.d.R.]» (7). Mitscherlich apparteneva, comei suoi colleghi, al mondo sanitario e lo conosceva dall’interno. Era, inoltre, un membro rispettato diquella “società civile” che non temeva di chiamare in causa. L’aver riconosciuto la preoccupanteattualità di alcuni degli aspetti più “comuni” e “normali” degli atteggiamenti e comportamenti, chefurono sfondo e, soprattutto, presupposto del “Progetto Eutanasia”, rappresentava per lui unpotenziale pericolo di riproposta, magari in modi e forme diversi, di tali crimini e violenze.

Tali preoccupazioni vennero condivise anche dall’altro membro della Commissione, la citataRicciardi von Platen, che con uno sguardo forse maggiormente rivolto al futuro, nell’introduzionedel suo testo ammoniva: «La dimensione raggiunta dall’Eutanasia negli istituti tedeschi dimostracome, una volta intrapresa la strada dell’annientamento delle cosiddette vite indegne, non ci sianopiù limiti: sostenuti da considerazioni di carattere ideologico e materiale si annienta la vitaanormale sino al punto in cui non si è annientata la vita stessa. […] Nell’epoca dell’interessecollettivo, evidentemente, il diritto del singolo alla tutela statale non è più un fatto scontato. Ma sele tendenze distruttive dovessero avere il sopravvento, l’interesse collettivo si trasformerebbe inminaccia di sterminio nei confronti degli individui malati ed indifesi. Finché l’umanità vivrà, solouna parte degli individui sarà conforme alla norma dell’essere umano medio» (8). Si potrebbe

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pensare che l’enormità dell’accaduto e la “patologizzazione” degli autori dei crimini sianosufficienti per metterci al riparo dal ripetersi di simili derive criminali. Mitscherlich, Mielke,Ricciardi von Platen, tuttavia, non la pensavano così. Erano stati testimoni del processo, del climain cui si era svolto e degli atteggiamenti con cui i loro resoconti furono accolti. Alcuni loroammonimenti mantengono intatta tutta la loro attualità, e portano in primo piano la necessità dicontinuare a studiare, a ricordare quanto accaduto, cercando, al contempo, di rileggerlo, dicontestualizzarlo nella nostra società odierna, in particolare provando a chiedersi se sia statadefinitivamente superata la logica di un bio-potere che, secondo Michel Foucault, ha governato lemoderne società, fondandosi su un’idea razzista per cui «la morte dell’altro, la morte della cattivarazza, della razza inferiore (o del degenerato, o dell’anormale), è ciò che renderà la vita in generalepiù sana; più sana e più pura» (9). Concetti che si ritiene essere lontani dalla nostra attuale cultura eciviltà, e che inducono a derubricare la morte dell’“altro” a caso fortuito o inevitabile, aun’eccezione legata, per lo più, a sofferenze personali e/o comportamenti accidentali. L’analisi diFoucault, però, prosegue ulteriormente: «Sia ben chiaro che quando parlo di messa a morte nonintendo semplicemente l’uccisione diretta, ma anche tutto ciò che può essere morte indiretta: il fattodi esporre alla morte o di moltiplicare per certuni il rischio di morte, o più semplicemente la mortepolitica, l’espulsione, il rigetto» (10). Intesa in questi termini la «morte indiretta» è stata non solopresupposto e precondizione dell’attuazione del “Programma eutanasia”, preceduto da anni diostracismo, tagli di risorse, violenze e stigmatizzazioni delle persone con disabilità o con disturbipsichici, ma è anche qualcosa che interroga l’attuale “società civile”. Credo infatti che le morti delpassato ci riguardino ogni volta in cui non ci indigniamo, non prendiamo posizione o ci giriamodall’altra parte di fronte a piccole ingiustizie e/o violazioni dei diritti di cui siamo testimoni nelnostro quotidiano. Il fatto che, oggi come allora, ci siano persone che non voltano lo sguardo, checontinuano a battersi, nelle grandi così come nelle piccole cose, per la dignità, la garanzia e ilrispetto dei diritti di tutti, è, credo, non solo la speranza, ma anche l’impegno della memoria.

Il “Progetto Eutanasia” della Germania nazista «Il genocidio nazista non si è verificato in un vuoto.Esso fu soltanto il metodo più radicale per escludere alcune classi umane dalla comunità nazistatedesca. La linea politica di esclusione seguì e si sviluppò nel corso di oltre cinquant’anni diopposizione scientifica all’eguaglianza fra gli uomini» (11). Nel 1920 apparve un libro dal titoloL’autorizzazione all’eliminazione delle vite non più degne di essere vissute, in cui gli autori, AlfredHoche (1865-1943), uno psichiatra, e Karl Binding (1841-1920), un giurista, svilupparono unconcetto di “eutanasia sociale”: il malato incurabile, secondo gli Autori, era da considerarsi nonsoltanto come un portatore di sofferenze personali, ma anche di sofferenze sociali ed economiche.Da un lato il malato provocava sofferenze nei suoi parenti e, dall’altro, sottraeva importanti risorseeconomiche che sarebbero state più utilmente utilizzate per le persone sane. Lo Stato, dunque,arbitro della distribuzione delle ricchezze, doveva farsi carico del problema che questi malatirappresentavano. Ucciderli avrebbe pertanto portato a un duplice vantaggio: porre fine allasofferenza personale e consentire una distribuzione, più razionale e utile, delle risorse economiche(12).Tuttavia, la motivazione economica non appariva ancora sufficiente per passare dalla teorizzazionealla pratica della soppressione delle cosiddette “vite indegne di essere vissute”. Il nazismo avrebbecompletato le teorie “economiche” aggiungendovi il suo progetto razziale. Già al tempo dellapubblicazione del Mein Kampf, fra il 1924 e il 1926, Hitler aveva dichiarato che la sacra missionerazziale del popolo tedesco era quella di «raccogliere e conservare […] i più preziosi fra glielementi originari di razza e […] di sollevarli con lentezza, ma in modo sicuro, in una posizione dipredominio». Hitler fu chiarissimo sulla necessità della sterilizzazione («i mezzi medici piùmoderni»), a sostegno di una visione immortalizzante della razza mediata dallo Stato («un futuromillenario»). Per lui il rischio era assoluto: «Se non è più presente la forza per lottare per la propriasalute, cessa il diritto di vivere in questo mondo di lotta» (13). Il nazismo predicava un progetto di“igiene della razza” su base “eugenetica”, vale a dire coltivava l’idea di ottenere un miglioramento

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della “razza” germanica coltivando e favorendo i caratteri ereditari favorevoli, “eugenici”, eimpedendo lo sviluppo dei caratteri ereditari sfavorevoli, “disgenici”. All’interno di questo progettonon trovavano ovviamente posto i malati incurabili e le persone con disabilità o con disturbipsichici. Queste persone erano sostanzialmente una minaccia non soltanto per l’economia tedesca,ma, cosa ancor più grave, un terribile pericolo di degenerazione per la razza tedesca nel suocomplesso.

È opportuno, però, ricordare che se «l’eugenetica condusse, a lunga scadenza, agli orroridell’olocausto hitleriano», questa deriva criminale trovò il suo “humus vitale” nella teorizzazione enell’istituzionalizzazione dell’eugenetica in moltissimi Paesi democratici (Stati Uniti, Svezia,Svizzera…) (14).

Il movimento nazionalsocialista giunse al potere nel gennaio del 1933, con la nomina di Hitler comeCancelliere da parte del Presidente del Reich. Il 14 luglio 1933 fu promulgata la legge sullasterilizzazione, con il macchinoso nome di Legge per la prevenzione di nuove generazioni affette damalattie ereditarie. Tale norma aprì l’offensiva contro le persone con disabilità e servì da pietraangolare per la legislazione eugenetica e razziale del regime. Alle politiche di sterilizzazione furonoaffiancate politiche di eugenetica positiva, ossia di incoraggiamento e promozione delle nasciteritenute “positive” per il regime.

Relativamente a queste misure promozionali di soggetti “puri”, è doveroso ricordare il ProgettoLebensborn o Fonte della vita. Himmler aveva voluto questo istituto al fine di «creare nelle SS […]un’élite biologica, un nucleo razziale da cui la Germania potesse attingere per rinvigorire un’ereditàariana ora pericolosamente diluita attraverso generazioni di mescolanza razziale». Nell’àmbito delprogetto nazista che doveva sfociare nell’omicidio delle “vite non degne di essere vissute”,un’attenzione particolare venne dedicata alla preparazione dell’opinione pubblica fin dagli AnniTrenta, attraverso un oculato e mirato programma propagandistico. Le organizzazioni nazisteprepararono opuscoli, poster e film, dove si mostrava il costo di mantenimento degli istituti medicipreposti alla cura dei malati incurabili, e in cui si affermava che il denaro risparmiato poteva esserespeso con più profitto per il “progresso” del popolo tedesco “sano”. Nel 1939, secondo quantotestimoniato dal dottor Brandt al Processo di Norimberga, il padre di un bambino, di nome Knauer,si rivolse alla Cancelleria del Führer (KdF), pregandolo di autorizzarlo a ricorrere all’eutanasia:«Hitler mi incaricò di occuparmi di quella faccenda e di partir subito per Lipsia, per costatare sulluogo se le cose che gli erano state dette rispondevano a verità. Si trattava di un bambino che eranato cieco e sembrava idiota, e a cui inoltre mancavano una gamba e parte di un braccio […]. Imedici sostennero che mantenere in vita un bambino simile era veramente ingiustificato. Qualcunoosservò che era più che naturale che negli istituti di maternità, in casi simili, i medici stessi dipropria iniziativa somministrasse loro l’eutanasia, senza star tanto a discutere» (15). Brandt, dopo ilconsulto con i medici, fece uccidere il bambino. In seguito al “caso Knauer”, Hitler autorizzòPhilipp Bouhler, direttore della Cancelleria del Führer, e Karl Brandt, a istituire un programma disoppressione dei bambini portatori di difetti fisici e/o mentali. Verso l’estate del 1939 lapianificazione era stata terminata e le prime uccisioni avvennero nell’ottobre dello stesso anno. Perl’uccisione furono creati i cosiddetti “Reparti per l’assistenza esperta dei bambini”. Il primo“reparto” fu aperto nella clinica di Heinze a Brandenburg-Gorden e, nella circolare che neannunciava la creazione, si dichiarava che «sotto esperta supervisione medica il reparto dipsichiatria infantile a Gorden fornirà tutti gli interventi terapeutici disponibili resi possibili darecenti scoperte scientifiche». Furono istituiti altri ventidue reparti simili in tutta la Germania, sulmodello di quello di Gorden (16). L’attuazione della politica di eutanasia infantile fu così lasciataagli specialisti, ai medici dei reparti infantili e la scelta della tecnica di soppressione era lasciata allaloro discrezione.

Dopo la sterilizzazione obbligatoria e l’uccisione dei bambini, l’uccisione degli adulti rappresentòl’ulteriore passo la cui autorizzazione e copertura “legale” arrivò con una lettera che Hitler stesso

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indirizzò a Bouhler e Brandt nell’ottobre 1939 (successivamente retrodatata al 1° settembre 1939):«Al capo (della Cancelleria) del Reich Bouhler e al dottor Brandt viene affidata la responsabilità diespandere l’autorità dei medici, che devono essere designati per nome, perché ai pazienticonsiderati incurabili secondo il miglior giudizio umano disponibile del loro stato di salute possaessere concessa una morte pietosa» (17).

La sede dell’organizzazione fu stabilita al civico numero “4” della Tiergartenstrasse di Berlino.Proprio da questo indirizzo fu ricavato il nome in codice per l’operazione di eutanasia: T4. Cosìcome per l’eutanasia infantile, la seconda sezione del KdF -la già citata Cancelleria del Führer al cuivertice vi era Bouhler – diretta da Victor Brack, fu quella cui fu assegnato il compito di coordinarel’eutanasia degli adulti, affidandone direttamente a Brack la direzione e il coordinamento.

Brack assunse lo pseudonimo di Jennerwein, e insieme al collaboratore Werner Blackenburg, cheutilizzava lo pseudonimo Brenner, iniziò il reclutamento del personale che doveva integrare quellogià presente e scelsero personalmente tutti gli uomini e le donne che avrebbero dovuto far partedella T4. Tutto il personale aderì volontariamente

In seguito furono fondati sei centri di uccisione, anche se, nel corso dello sviluppo del programma,lavorarono insieme non più di quattro centri. I primi due centri, istituiti nel gennaio 1940, cui comea tutti gli altri fu poi assegnata una sigla in codice, furono quelli di Brandeburgo (B), dove si eranotenuti gli esperimenti, e di Grafeneck (A). A maggio del 1940 fu aperto il centro di Hartheim (C) e agiugno quello di Sonnenstein (D). A settembre del 1940 Bernburg (Be) sostituirà Brandeburgo e adicembre Hadamar (E) sostituirà Grafeneck. Queste sostituzioni si resero necessarie, viste lecrescenti critiche provenienti dalla popolazione, e spinsero i dirigenti della T4 a prestare maggioreattenzione alla segretezza e alla dissimulazione dell’operazione, come con l’istituzione dei centri dismistamento in cui i pazienti facevano tappa prima di essere portati alla destinazione finale (18).

Centro di uccisione è la definizione che Henry Friedlander utilizza per definire gli Istituti destinatialla soppressione delle persone selezionate, perché ritiene che sia la più adeguata per descrivere«luoghi in cui gli esseri umani erano uccisi con una procedura che prendeva a modello laproduzione industriale», distinguendoli dai campi di concentramento, poiché in questi ultimi granparte dei prigionieri moriva per fame, malattie, lavori forzati e/o esecuzioni sommarie (19). Neicentri di uccisione l’utilizzo di farmaci per via iniettiva, come testimonierà Karl Brandt, fusperimentato con scarso successo, sia per i tempi del decesso sia giacché la morte con questaprocedura era giudicata “inumana”. Fu così fatta la proposta dell’impiego del monossido dicarbonio e lo stesso Brandt, in un successivo colloquio con Hitler, gli consiglierà l’impiego del gascome metodo più umano di uccisione delle vittime. La scelta, il numero e l’organizzazione delpersonale rispondevano a un’esigenza strettamente correlata all’uccisione delle persone, ossia, comeben descrive Friedlander: «Se la camera a gas fu un’invenzione della Germania nazista, unacreazione ancora più rilevante fu il metodo approntato per trascinare le vittime nelle camere a gas,ucciderle e disfarsi dei loro corpi, come in una catena di montaggio. […] Ogni partecipante potevasentirsi ridotto al rango di non più di una piccola rotella in una grande macchina medica che avevala sanzione ufficiale dello stato» (20).

La concomitanza di diversi fattori (l’impossibilità di mantenere il segreto sull’operazione e lecrescenti proteste della cittadinanza, i sermoni di denuncia del vescovo Clemens August von Galen,e il probabile raggiungimento del numero di vittime previsto) (21), portarono Hitler a ordinare lasospensione dell’operazione T4 il 24 agosto 1941. Tale ordine, tuttavia, se da una parte obbligòdirigenti e responsabili a ridimensionarne l’impianto organizzativo, dall’altra non ebbe l’effetto disospendere gli omicidi, bensì esclusivamente quello di imporre un cambiamento del metodo con cuierano effettuati.

Si aprì così una nuova fase, comunemente definita di “eutanasia selvaggia”, e in cui i medicipotevano decidere di loro iniziativa chi doveva o no morire e come ucciderlo. Non si uccidevano

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più le persone nelle camere a gas, si uccidevano nelle corsie degli ospedali, con farmaci e/o perinedia (22). Le professioni sanitarie, in particolare gli psichiatri, assunsero il comando delleoperazioni e ponderarono attentamente i modi “scientificamente” migliori per uccidere i pazienti.Parallelamente al proseguimento delle uccisioni delle persone con disabilità negli ospedali vi fuinoltre anche la prosecuzione del progetto di ampliamento del raggio d’azione della T4, le cuipratiche erano state esportate già nella primavera del 1941 – prima dell’ordine di sospensione diHitler – nei campi di concentramento, sotto la sigla 14f13, e si erano estese in modo indiscriminatoa un vasto numero di prigionieri e, in particolare, agli ebrei.

Nell’àmbito dell’operazione 14f13 assistiamo all’ampliamento delle potenziali vittime, attraversoun passaggio che appare significativo e rende più chiaro l’anello di congiunzione tra lo sterminiodei disabili e quello degli ebrei. Oltre alle persone con disabilità e inabili al lavoro, in precedenzaselezionate e uccise, gli ebrei diventano una categoria di persone da uccidere, pur con l’inutileformalità, come si è visto, della visita medica. Con la conclusione della T4, inoltre, il personaleimpiegato nel progetto di eutanasia fu reclutato per portare avanti le azioni di sterminio coordinate egestite dalle SS. Particolarmente significative in tal senso sono le valutazioni che lo storico EdouardHusson fa sui collegamenti tra il programma T4 e Reinhard Heydrich, braccio destro di Himmler e,probabilmente, l’artefice e il principale ideatore della “soluzione finale”.

Il coinvolgimento delle SS e l’interesse di Heydrich sugli sviluppi del programma T4, fin dal suoinizio, erano legati all’idea che il sistema “eutanasia” avesse tutte le caratteristiche di una“soluzione definitiva”, e che ci fosse la possibilità di ampliarlo ad altri gruppi di persone, nonappena ve ne fossero stati i presupposti. Nel novembre del 1941, un centinaio di funzionari e mediciimpiegati nella T4 furono inviati in Polonia per lavorare, sotto le direttive di Odilo Globocnik eAdolf Eichmann, alla realizzazione del campo di sterminio di Belzec. Belzec, insieme a Sobibor eTreblinka, facevano parte di un unico progetto finalizzato allo sterminio degli ebrei di Polonia, cheprenderà il via nel 1942 e sarà definito Aktion Reinhard, in relazione al nome del suo ideatore,morto nel giugno del 1942 (23). Nel mese di dicembre 1941 arrivò a Belzec anche Christian Wirth,che aveva avuto una parte centrale nella realizzazione della prima camera a gas a Brandeburgo.Wirth fu poi promosso ispettore di tutti e tre i centri, subordinato solo a Globocnick. Dopo la fine diAktion Reinhard nel 1943, il gruppo della T4, composto di ben novantadue persone, sotto ladirezione di Wirth, si trasferì sulla riviera adriatica, occupando e cercando di trasformare la vecchiaRisiera di San Sabba, vicino a Trieste, in un campo di sterminio.

Secondo diversi Autori vi fu una stretta relazione tra lo sterminio dei disabili e la “soluzione finale”attuata dai nazisti e finalizzata all’eliminazione degli ebrei. Secondo Friedlander, in particolare, gliebrei non furono l’unico gruppo di persone selezionato con criteri biologici, ma tale criterio fuapplicato anche alle persone con disabilità, secondo il medesimo crescendo che passò attraverso ladefinizione di normative discriminatorie, l’attuazione di politiche ostracizzanti e in ultimo larealizzazione del programma di omicidio di massa per l’eliminazione definitiva. Seguendo conattenzione la cronologia delle operazioni di sterminio naziste si può ragionevolmente concludereche essendo stato l’omicidio delle persone con disabilità il primo, precedendo quello degli zingari equello degli ebrei, con buona probabilità è servito anche da modello e “prova generale” per isuccessivi. Il successo dell’operazione convinse i gerarchi nazisti che era possibile indurre uomini edonne comuni a uccidere un gran numero di persone innocenti, con la copertura e la cooperazionedelle strutture burocratiche e culturali/scientifiche. Per Friedlander, dunque, lo sterminio dellepersone con disabilità non fu solo la premessa della soluzione finale, ma il suo primo capitolo (24).Nell’opera di Raul Hilberg La distruzione degli Ebrei d’Europa, Christopher R. Browning (25)evidenzia come il numero delle pagine e gli approfondimenti legati all’argomento siano staticonsiderevolmente aumentati tra la prima edizione del 1961 e quella, riveduta e ampliata, del 1985,in cui l’Autore afferma che: «L’eutanasia era la prefigurazione concettuale e nello stesso tempotecnica e amministrativa della “soluzione finale” che sarebbe stata attuata nei campi di sterminio»

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(26).

Se il nazismo contribuì allo sviluppo parossistico di questi nuovi meccanismi di potere, èimportante rilevare come gli stessi siano, tuttavia, presenti in tutte le società moderne chefunzionino secondo le modalità del bio-potere (27). Occorre sviluppare un’analisi approfondita diquesti meccanismi, proprio a partire dalla loro manifestazione estrema. Il rischio di banalizzarli odimenticarli non solo sarebbe ingenuo, ma, forse, sarebbe un nuovo passo verso la loro tacitaaccettazione e verso le loro potenziali derive.

(27 gennaio 2017)

Fonte: Superando.it

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BAMBINI DISABILI IN ATTESA DI ADOZIONE: "TANTE FAMIGLIE PRONTE ADACCOGLIERE"

Sono certamente più di 300 i bambini “con bisogni speciali” senza famiglia, che in istitutoattendono un’adozione o un affido. Tante sono però anche le famiglie pronte ad accoglierli. Matribunali e servizi spesso non le conoscono, o non sanno dove cercarle. Dalla parte dei bambini èla onlus che si occupa di questo

ROMA – Sono tanti i bambini con disabilità che avrebbero bisogno di una famiglia. Nell’attesa,vivono in strutture sanitarie, in cui rischiano di passare tutta la vita: gli ultimi dati del Dipartimentoper la Giustizia Minorile parlano di almeno 300 minori disabili in attesa di adozione. Ci sono anchetante famiglie disposte ad accoglierli. Ma non ci riescono, in molti casi, perché mancano lacomunicazione, il contatto, una modalità d’incontro tra chi chiede aiuto e chi vorrebbe offrirlo. Celo racconta l’esperienza della onlus "Dalla parte dei bambini" nata, un paio d’anni fa, proprio percreare questo contatto, da un lato andando a cercare le famiglie disponibili, dall’altro andandoletteralmente a scovare i bambini disabili che aspettano di essere accolti.

Una volta creato “l’abbinamento”, la procedura è, almeno in teoria, “d’urgenza”: tempi più brevi erequisiti più “leggeri” rispetto alle adozioni “normali”. Nel caso di queste “speciali” possonoadottare anche i single. E non c’è il vincolo dell’età. Eppure sono ancora tanti i bambini “conbisogni speciali” (per lo più disabili, ma non solo) che attendono una famiglia, di cui avrebberoparticolarmente bisogno. Ne è convinta Emilia Russo, mamma e volontaria a tempo pieno di “Dallaparte dei bambini”.

“Dobbiamo superare l 'idea che non ci siano famiglie disponibili ad affrontare l'impresa, per quantodifficile, di accogliere un bambino con bisogni speciali. Di queste famiglie ce ne sono tante e noi cisiamo date il compito di andare a trovarle”. C'è una costola dell'associazione, che si chiama“Affidiamoci”, che si occupa in particolare di single, per fare in modo che anche questi abbiano lapossibilità – riconosciuta loro dalla legge – di accogliere questi bambini. E poi c'è la onlus, con lasua sede centrale a Udine e le varie sedi distaccate, che opera attraverso diversi progetti.

“C'è 'Aiutiamoci' – ci racconta Emilia Russo – che attiva un sostegno tra famiglie nel momento incui una di queste sia in temporanea difficoltà. E poi c'è 'Prontamente', una sorta di servizio di prontaaccoglienza, tramite un gruppo di famiglie ‘pronte’, appunto, ad accogliere immediatamente ilminore che abbia una situazione di urgenza”. E c'è, sopratutto, il gran lavoro di costruzione di rete econtatti: “In particolare con i tribunali e i servizi sociali, con cui dobbiamo muoverci sempre inpunta di piedi, per conquistare la loro fiducia. Una volta che ci conoscono e che accettano l'aiutoche possiamo offrire, ci segnalano i casi dei bambini e noi iniziamo la ricerca”. Ricerca che sisvolge innanzitutto “tra le famiglie che già ci hanno manifestato la loro disponibilità: sono tantequelle che ci contattano, per manifestare il loro desiderio di accogliere un bambino 'speciale'. Sonoconsapevoli delle difficoltà e pronte ad affrontarle. E noi facciamo di tutto per conoscerle una peruna, comprendere insieme a loro cosa e quanto possano offrire e valutare, di volta in volta, se sianoadatte al caso che ci viene segnalato”.

Qualora non si trovi subito, tramite questa rete di conoscenza, le famiglia giusta per il bambino,allora viene pubblicato un “appello”: è questo lo strumento fondamentale di cui la onlus si serve per“scovare” la famiglia giusta. “Abbiamo delle linee guida per la scrittura di questi appelli, chedevono dire il necessario, ma nulla di più, nel rispetto della privacy del minore. Pubblichiamo ediffondiamo questi appelli su internet e sui social: le famiglie ci contattano per avere piùinformazioni e farsi conoscere. Quando ne troviamo una che ci sembra adatta, scriviamo una

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presentazione per il tribunale o i servizi sociali, che valuteranno il caso e procederannoeventualmente all'affidamento. La cosa bella è che, in questa fase, le famiglie di solito sipreoccupano: 'andremo bene? ci daranno l'idoneità?'. come se questa fatica, che si apprestano acompiere, dovessero conquistarsela!". Il compito dell’associazione, in teoria, finisce qui, quando la“palla” passa a giudici e assistenti sociali. In realtà, però, “le famiglie restano nella rete, ricevonosupporto e a loro volta ne danno all'associazione", moltiplicando così le energie a disposizione dellaonlus. "FInora tutte le storie che abbiamo costruito sono a lieto fine: non ci sono state 'restituzioni'".Un termine brutto, ma un rischio reale, perché di fronte alla duplice sfida di adozione e disabilità,qualcuno potrebbe soccombere.

Tutto questo complicato lavoro è portato avanti da Emilia e dalle sue amiche - “non possochiamarle colleghe”, ci dice – a titolo volontario, ma praticamente a tempo pieno. “I miei figli midicono che ho il telefono incorporato – ci racconta – perché in effetti la maggior parte del lavoroconsiste in telefonate con le famiglie e con i servizi. Ero un avvocato, prima del terzo figlio. Poi,con mio marito, abbiamo deciso di rinunciare a tante cose materiali, per poterci dedicare a questocompito, in cui crediamo molto: accogliere bambini con particolari bisogni”. Oggi Emilia di figli neha tre: due biologici e uno adottato. “Aveva 11 anni, nella sua relazione era descritto come ‘autisticoe idrocefalo’. Ma aveva semplicemente vissuto sempre in istituto, con 9 educatori che gli ruotavanoaccanto ogni giorno. Oggi Filippo ha 9 anni – ci racconta ancora Emilia -, continua ad averequalche difficoltà nella gestione delle emozioni e degli stati di rabbia, ma non ha neanche bisognodel sostegno a scuola. Filippo è la prova che i cosiddetti bisogni speciali a volte derivanodall'istituzionalizzazione – conclude – E questo ci motiva ancora di più a continuare a impegnarci,per trovare una famiglia ad ogni bambino”. (cl)

(31 gennaio 2017)

Fonte: RedattoreSociale.it

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Rassegna stampa realizzata daUfficio Politiche per le Disabilità – CGIL Nazionale

A cura di Valerio SerinoTel.: 06.8476514

E-mail: [email protected]

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