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Politecnico di Milano Scuola di Architettura e Società Corso di studi in Architettura Architettura degli Interni Tesi di Laurea Magistrale Villa Adriana e la tradizione delle architetture d'acqua nel territorio tiburtino. Valorizzazione dell'area della Valle di Tempe. Un impianto termale e una fontana scenografca. Relatore: Pier Federico Mauro Caliari Correlatore: Samuele Ossola Cludia Accetta | Elisabetta Rubini

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Politecnico di MilanoScuola di Architettura e SocietàCorso di studi in ArchitetturaArchitettura degli Interni

Tesi di Laurea MagistraleVilla Adriana e la tradizione delle architetture d'acqua nel territorio tiburtino.

Valorizzazione dell'area della Valle di Tempe. Un impianto termale e una fontana scenografca.

Relatore: Pier Federico Mauro CaliariCorrelatore: Samuele Ossola

Cludia Accetta | Elisabetta Rubini

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IndiceI. Basi dell'architettura romana

I.I Il mattone romanoI.II L'arco I.III Le volte

II. Le Termae romaneII.I Le prime terme in CampaniaII.II Terme in tarda età repubblicana e in età imperiale II.II.I Le terme in tarda età repubblicana: Termae Agrippinae II.II.II Le Terme in età imperiale: Termae Neronianae o

Alexandrinae II.II.III Terme di Tito o Titianae II.II.IV Terme di Traiano o Traianae II.II.V Terme di Caracalla o Antoninianae II.II.VI Terme Deciane II.II.VII Terme di Massimiliano e Diocliziano II.II.VIII Terme di Costantino

III. Le fontane dell'antica RomaIV. Villa Adriana e l'architettura dell'acqua V. Casi studio

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VI. Area e ConceptVII. Intervento Terme Hadrianae

VIII. Intervento Fontana Monumentale

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I. Basi dell'architettura romanaL'architettura romana è caratterizzata e conosciuta in tutto il mondo per gli elementi che hanno reso possibile e monumentale la loro arte edifcatoria: il mattone, usato prevalentemente cotto per la praticità in cantiere, la reperibilità, e la solidità; l'arco, usato usato nella sua forma a tutto sesto consentiva di coprire grandi luci e poteva essere messo in opera sia con conci di pietra che con i mattoni; le volte, derivano direttamente dall'arco e consentono di coprire spazi coperti molto ampli. L'arte edifcatoria dei romani, che arriva direttamente dalla sapienza degli Etruschi e Greci si sviluppò in modo particolare durante l'età imperiale, periodo di grande ricchezza e

foritura culturale di Roma che attirava a sé un enorme numero di architetti e ingegneri.

I.I Il mattone romanoLa nascita del mattone viene associata ai Sumeri i quali li utilizzavano principalmente crudi a eccezione di quelli usati per la costruzione delle fondamenta e delle parti strutturali.Negli anni il mattone si difuse tra Etruschi, Greci e Romani, per la praticità durante la fase di cantiere, l'economicità e la facile reperibilità. Quest'ultimi a causa della maggior resistenza fsica e alla sovente presenza dell'acqua nelle

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città data dalle esondazioni del Tevere, usavano solo mattoni cotti. In età Repubblicana erano confnati a rivestire ruoli secondari nell'edilizia del tempo e solo dopo Ottaviano l'uso si sviluppò velocissimamente e venne impiegato per la realizzazione di opere grandiose in tutto l'impero. In età imperiale i mattoni realizzati con argilla alluvionale venivano cotti in fornaci( di tipologia diferente rispetto a quelle usate per cuocere i vasi di terracotta) e venivano marchiati con stampi che riportavano l'epoca e l'area di provenienza.Le tegole romane erano realizzate per essere usata una incastrata sull'altra o sovrapposte sopra la struttura lignea dei tetti. I romani furono grandi inventori e tra le molte invenzioni ci fu quella dei coppi in cotto, un particolare tipo di

tegola.I mattoni cotti nelle fornaci erano chiamati tegulae mentre quelli crudi (solo seccati) usati in modo particolare dai Sumeri erano chiamati laterens. Le tegulae usate più ampliamente erano modulate sulla misura del piede romano ( 29,6 cm) e sono: i bipedales, con il lato 2x29,6 cm= 44,4 cm; i bassales, con il lato 2/3 x 29,6 cm =19,7 cm tutt di forma quadrata. Esistevano inoltre anche mattoni di forma triangolare i quali però derivavano dai mattoni di forma quadrata.Il mattone venne impiegato per la costruzione di diverse tipologie di murature:opus siliceum, opus quadratum, opus caementicium, opus incertum, opus

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quasi reticulatum, opus reticulatum, opus spicatum, opus craticium, opus mixtum, opus testaceum o latericium, opus signinum, opus africanum, opus vittatum.

I.II L'arcoLe prime tracce degli archi furono descritte da C.L.Wooley nelle sue opere sugli scavi di Ur in Mesopotamia e datò 1400a.C. il primo arco fuori terra, altre civiltà usarono l'arco in modo molto sporadico fno ad arrivare agli Etruschi.L'arco romano deriva direttamente dalla capacità edifcatoria degli Etruschi i

quali furono i primi nella penisola ad utilizzarlo in modo monumentale e a costruire ponti e acquedotti con questa tecnologia. Un precursore dell'arco, detto falso arco, veniva realizzato con due pietre a capanna in contrasto tra loro o con flari di massi aggettanti in cui i blocchi sovrapposti erano disposti via via in modo più sporgente fno a congiungersi creando un falso arco da cui si poteva sviluppare una falsa volta. Una falsa volta del genere è stata trovata in alcune tombe etrusche a Gamera appartenenti al IV sec. a.C.L'arco veniva usato dai romani principalmente nella sua versione a tutto sesto e divenne la tecnica principale con cui realizzare edifci con grandi luci o di dimensioni imponenti (come l'Anfteatro Flavio che è costituito interamente

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da archi strutturali) e muri resistenti grazie a una magli strutturale costituita da archi che riusciva sicuro e possibile lo scarico delle forze.L'arco alla romana poteva venire costruito con conci di pietra o mattoni e, in età imperiale, con l'afnamento delle tecniche in opera laterizia.Staticamente l'arco funziona scaricando il peso dal concio centrale (chiave di volta) ai conci laterali cosi poi da scaricare il peso sul piedritto. L'arco crea una forte spinta orizzontale che rende difcile la sua realizzazione, infatti richiede o altri archi che controbilanciano la spinta creando a sua volta una forza orizzontare o facendo uso di spallette di sostegno che permettano di contrastare la forza. Durante la costruzione dopo aver risolto il problema della

spinta orizzontale, l'arco viene posto in opera utilizzando le centine, le quali erano delle strutture lignee provvisorie utilizzate come base d'appoggio per posizionare conci e mattoni o per fare da cassaforma al getto cementizio. Prima degli Etruschi l'uso della centina risultava inutile visto le esigue dimensioni ma dopo di loro la centina risultò indispensabile, così i Romani loro diretti eredi divennero i massimi esperti di questa tecnica. Sfortunatamente essendo in legno le centine non ci sono pervenute.

I.III Le volteSotto questo termine sono comprese tutte le strutture di copertura con come

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caratteristiche di rilievo la concavità della superfcie interna e la spinta orizzontale laterale. Non utilizzate spesso dai Greci, che preferivano un sistema ad architrave con copertura piana, se ne sono ritrovate in Egitto e Mesopotamia; a Roma iniziò a prendere piede in età repubblicana ma con lo sviluppo della tecnica si difuse in modo maggiore in età imperiale. Le tipologie più utilizzate erano: la volta a botte, che deriva direttamente dall'arco ed è ottenuta mediante la traslazione secondo la generatrice lineare perpendicolare all'arco, solitamente è utilizzata per coprire spazi rettangolari e lunghi; la volta a cupola, ottenuta geometricamente dalla rotazione dell'arco attorno all'asse che passa per il centro; la volta a crociera, ottenuta da due volte

a botte incrociate che formano quattro unghie; volta a padiglione, simile alla volta a crociera è formata però da quattro spicchi; volta a vela, ovvero una volta a cupola su una base quadrata dove l'intersezione tra sostegno e cupola è un arco tutto sesto.

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II. Le Termae romane Il termine thermae deriva dal vocabolo greco thermós; il termine però non è sufcientemente espicativo del luogo poichè non si trattava si semplici luoghi con vasche di acque calde dove immergersi -gli esistenti balnea o balneum se privati- ma a veri e propri centri sociali e culturali. La loro nascita congiunge diferenti fnalità oltre a quelle igienico-terapeutiche, anche sociali e di costume inoltre la loro evoluzione è stata possibilegrazie alle tecniche costruttive avanzate che i romani riuscirono a mettere a punto tra l'età repubblicana e l'imperiale. Perfno Vincenzo Bolgherini nel suo “Dell'origine della città di Firenze” della metà del XVI sec. vuole sottolineare come questi

edifci coprisse a diverse funzioni: “Edifzii,spesso sontuosi per uso di bagni pubblici o privati […], contenevano altresì grandi bacini per esercitarsi al nuoto, basiliche e sale, nelle quali disputavano i flosof,, i retori e i poeti; luoghi dove si addestrava la gioventù alla lotta, al giuoco del disco, al pugilato, alla corsa; viali lunghi e ombreggiati di alberi per comodo del passeggio […]. Siccome i bagni faceansi comunemente con acqua calda, da ciò derivò il loro nome”.Forse Bolgherini avvicina in modo esagerato le thermae , con funzione più strettamente igienico-sociale, ai ginnasi greci, che avevano scopi educativi, però è sicuro come le thermae fossero il fulcro della vita sociale e culturale

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dell'epoca e la sua descrizione anche se pittoresca lo fanno intendere chiaramente.La terapia delle thermae nacque dalle teorie delle scuole mediche italiche e ippocratiche, queste sostenevano che la composizione del corpo fosse data da quattro elementi -acqua, fuoco, terra e aria- e la sua salute e benessere dipendesse dall'equilibrio di queste. L'equilibrio poteva essere raggiunto tramite sia l'eliminazione degli eccessi sia per contatto che per assimilazione di proprietà analoghe (caldo e freddo).Galeno nel II sec. d.C. Mise a punto il “De methodo medendi” studiato sul tempo medio di permanenza nelle strutture ovvero un pomeriggio e una

serata. Il Methodo galeniano prescrive un primo passaggio in un luogo moderatamente caldo, tepidarium, per poi continuare con un bagno bollente nel calidarium, ripassando nel tepidarium e chiudendo con un bagno freddo nel frigidarium.

II.I Le prime terme in CampaniaLe prime terme realizzate nella penisola italica, in età repubblicana, furono edifcate in campania dove l'abbondanza di acque calde e sorgenti rese spontanea la collocazione.Le prime furone le terme Stabinae a Pompei: il loro assetto iniziale risale alla

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fne del IV sec. a.C., la confgurazione un pozzo e un rango di celle rettangolari con vasche situate a nord di un cortile di forma trapezoidale usato come palestra. Il loro secondo assetto che risale al II sec. a.C. Fa forire le terme nella loro piena forma. La struttura era organizzata in due percorsi separati parallelli per uomini e donne, le varie sale erano organizzate secondo il criterio dei “bagni in linea” -cioè bagni con ambienti allungati, adiacenti uniti per il lato lungo e disposti in modo trasversale all'asse. Le due parti comunque non erano speculari poiché la zona femminile non aveva la palestra e i locali erano più piccoli. La successione delle varie sale era quella classica del methodo di Galeno: si iniziava con lo spogliatoio, l'apodyterium, seguiva il luogo per

l'ambientamento termico, tepidarium, si proseguiva con la sala per i bagni caldi, calidarium, e insife si chiudeva con la sala per i bagni freddi, frigidarium con natatio.Il sistema di riscaldamento fu descritto con dedizione da Vitruvio e ne da la paternità a Sergio Orata, allevatore di ostriche, che concepì questo sistema e lo difuse nelle case dei più ricchi nel secondo decennio del I sec.a.C. come testimonia Plinio. Questo sistema funzionava attraverso uno spazio sotterranio che prendeva il nome di ipocausto in cui circolava l'aria calda, prodotta dal praefurnium, tra una selva di pilastri che sorreggevano il solaio ove erano appoggiate le vasche creando dei balnea pensiles. Le vasche che in principio

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erano fatte per ospitare una sola persona -alvea- vennero tramutate in vasche comuni: questo passaggio fu cruciale e cambiò completamente la vita alle terme introducendo la componente sociale caratteristica della storia di queste.Tra l' 80 e il 60 a.C. i magistrati in carica integrarono le terme con un laconicum -l'attuale bagno turco- e un destrictarium -luogo di pulizia dei ginnasti con oli e polveri- che si pensa che si trovasse tra la palestra e il calidarium, distrutto dopo la costruzione di un abside. La palestra in questi anni fu ricostruita gli venne conferita molta più importanza; questo mostra come la cultura romana in tarda età repubblicana sia vicino alla cultura ellenica.

A metà del I sec.a.C. La grandezza delle terme non era più sufciente così furono ampliate a ovest raggiungendo la loro massima estensione: la palestra fu nuovamente ingrandita e sulle nuove zone aquisite furono costruite una piscina con spogliatoi e bassi bacini.L'assetto defnitivo risale alla metà del I sec.a.C. e questo tipo di disposizione fu il riferimento per tutti gli impianti costruiti negli anni a seguire non solo in tutta la penisola ma anche nell'occidente romano.Il secondo impianto termale di Pompei fu costruito vicino al centro civico tra l' 80 e il 70 a.C. e per la loro vicinanza presero il nome di terme del foro.In età repubblicana fuori dalla Campania furono realizzati pochi stabilimenti

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termali: vennero edifcate le Termae Taurinae a Civitavecchia che successivamente vennero inglobate alla villa di Traiano. Come testimonia lungamente Plinio il Giovane nella loro prima fase di costruzione dal 75 al 50 a.C il modello campano fu seguito pedessiquamente.

II.II Terme in tarda età repubblicana e in età imperialeIn età imperiale la ricchezza aumentò in modo notevolmente e ogni imperatore in carica , per dimostrare la sua magnifcenza, costruiva grandi edifci pubblici sempre più imponenti e lussuosi, tra i quali ovviamente c'erano le terme ormai fulcro della vita sociale e entrate nella routine della vita

dell'antica Roma.In questa epoca di sviluppo la tipologia delle terme si consolidò: la disposizione consequenziale venne ripresa mantenendo in modo più ferreo la simmetria assiale, mantenendo il percorso maschile e femminile separato. Gli spazi satellite intorno alle tre funzioni principali si moltiplicarono abbracciando ogni tipo di attività sociale e culturale che potesse essere svolta all'interno e le sale presentarono sempre più ricche decorazioni.I vari absidi e nicchie divennero ottime collocazioni per statue Greche o, come sembra sia più plausibile, copie di queste, così questi stabilimenti oltre ad essere centri sociali e culturali, erano spesso presenti biblioteche, divennero

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anche temporanee gallerie d'arte.Le prime grandi terme a scala monumentale di Roma furono quelle iniziate nel 25 a.C. Da Agrippa a Campo Marzio proprio accanto al primo Pantheon.

II.II.I Le terme in tarda età repubblicana: Termae AgrippinaeLe terme di Agrippa furono iniziate nel 25 a.C e iniziarono ad essere usate nel 19 a.C. quando venne inaugurato anche l'acquedotto che l'alimentava possiamo avere informazioni grazie a una piccola parte della pianta severiana e a i disegni di Andrea Palladio risalenti al 1500. Queste terme furono tra le prime a esporre nelle proprie sale grandi opere d'arte così da inaugurare la

felice tradizione delle terme come luogo di esposizione dell'arte. L'intero complesso si articolava entro un perimetro rettangolare immerso in lussureggianti giardini ed aveva accanto una palestra e una piscina. Il punto centrale e di snodo è identifcabile dalla grande sala circolare che si può ricondurre tramite gli scritti di Cassio Dione alla funzione di ginnasio laconico. Secondo il disegno a noi pervenuto, intorno alla grade sala circolare gemmavano ambienti di svariate forme, si possono identifcare dei tepidaria absidati, un calidarium quadrato, spazi più angusti a cielo aperto con una piscina e una palestra, frigida levatio.Anche si si può considerare quasi un eccezione la forma di queste terme che

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avevano nella centralità della pianta e negli assi la loro caratteristica, a una lettura più attenta si può notare come in realtà esista ancora il sistema di andata e ritorno lungo un medesimo percorso così riconducendoli comunque alla tipologia dei bagni in linea.

II.II.II Le Terme in età imperiale: Termae Neronianae o AlexandrinaeQueste terme furono le prime costruite da un lungimirante imperatore e vennero considerate particolarmente rivoluzionarie per il ferreo principio di simmetria e speculiarità adottato. Vennero edifcate tra il 62 e il 64 d.C. non molto tempo dopo la conclusione delle terme Agrippinae delle quali

utilizzarono lo stagnum come natatio e successivamente vennero completamente ricostruite da Alessandro Severo nel 227 d.C. Di queste ultime adesso ci sono pervenute alcune traccie di mura tra le fondazioni di Palazzo Madama, ma fortunatamente ci è pervenuto il disegno della pianta realizzato da Antonio da Sangallo il Giovane e da Andrea Palladio. Tutti gli spazi si articolavano entro un rettangolo perimetrale, e gli spazi principali si disponevano lungo l'asse nord-sud, afancati da sale spazialmente equivalenti. Le palestre erano adiacenti ai rispettivi apodyteria comunicanti sia con frigidarium, un grandissimo spazio cruciforme coperto da ampie volte a crociera, sia con alcune sale aperte alla luce del sole. Al frigidarium lungo l'asse

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nord-sud succedevano il tepidarium e il calidarium. Tutte le sale presentavano nicchie, esedre e un grandissimo numero di colonne e moltissime statue e opere d'arte erano esposte come inuna grande galleria. Questa ricchezza di elementi architettonici insieme alla presenza di materiali rafnati e artistici rendevano gli spazi complessi architettonicamente, intimi e al tempo stesso maestosi e lussuosi. Gli spazi principali erano coperti da volte di dimensioni mai prima d'ora realizzate, questo grazie alla tecnica del opus caementicium, mentre gli spazi secondari presentavano volte più modeste, questo per palesare la gerarchia tra gli ambienti. Gli spazi presentavano enormi fnestre chiuse da vetri posizionate in prossimità delle coperture erano utili per far entrare la luce

ed eliminare l'umidità e condensazioni. Il frigidarium per forma e grandezza era il fulcro della composizione architettonica e anche sociale della vita alle terme visto che comunicava con il maggior numero di sale, qui i romani entravano e usavano questo spazio più degli altri per gli incontri sociali, eventi, orazioni come fosse una basilica civile. La concatenazione spaziale delle terme neroniane e la loro dotazione venne presa come riferimento principe per le costruzioni postere e identifcò nella Roma del primo periodo imperiale un modello preciso che fondava una concezione dei bagni igienico-sanitaria con una più propriamente ellenica dei ginnasi dove diverse attività potevano svolgersi contemporaneamente pubblicamente.

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II.II.III Terme di Tito o TitianaeLe terme di Tito furono inaugurate nel'80 d.C. sorgevano ai piedi del colle Faguntale, nella zona che era compresa nel parco della Domus Aurea, si sviluppavano in un perimetro trapezoidale e erano rigorosamente simmetriche secondo l'asse minore. Erano state costruite per sorgere davanti all'anfteatro Flavio iniziato nel 70/44 d.C. sotto Vespasiano e inaugurato lo stesso anno delle Terme di Tito, (successore di Vespasiano). Le terme costruite completamente con la tecnica del opus testaceumn ripresero le innovazioni di Nerone (se non addirittura riadattarono i bagni della Domus). Come per gli altri complessi completamente distrutti da anni di incuranza e

saccheggiamenti, siamo riuscita a sapere la morfologia grazie ai disegni di Andrea Palladio. Dai disegni cinquecenteschi sappiamo come il frigidarium cruciforme era il fulcro del edifcio. I punti di entrata alle terme erano doppi e comunicavano sia con le palestre che con gli spogliatoi, il frigidarium poi era in linea con il tepidarium verso sud che faceva da anticamera a due calidarium e ipocausto i quali erano esposi a sud quindi al sole e al caldo: questi ambienti sporgevano dal flo della facciata e si protendevano verso i giardini i quali davano sul Colosseo e si protendevano verso questo tramite scalinate monumentali.

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II.II.IV Terme di Traiano o TraianaeLe Terme di Traiano furono costruite su una lotto rettangolare che sorgeva su alcuni ambienti della Domus Aurea -ormai distrutta, abbandonata e saccheggiata- interrati e usati come sostruzione, furono tra le poche costruzioni di cui la paternità è quasi certa: l'incarico fu dato a Apollodoro di Damasco. I lavori durarono circa cinque anni tra il 104 e il 109 d.C. e furono inaugurate quell'anno. I resti giunti a noi sono esigui cosi come per le altre terme la confgurazione e la struttura è a noi palesata dai disegni di Palladio e degli altri architetti del XVI e XVII sec.Anche queste terme,ormai la tradizione costruttiva della tipologia è

consolidata, sono organizzate in modo che gli spazi principale siano allineati lungo un asse principale. Apollodoro, grande architetto e innovatore, inserisce nelle sue terme molte innovazioni in modo particolare negli spazi secondari,sempre comunque rispettando la tipologia neroniana. Il vestibolo, posto a nord, era l'ingresso e immetteva in modo diretto alle piscine, natatio, che erano poste davanti agli spogliatoi, apodyteria, che risultavano frammentati ed elaborati. Dopo essere entrati negli spogliatoi, uscendo da questi ci si trovava nelle palestre circondate da quadriportici attraverso i quali si poteva raggiungere attraverso percorsi che partivano lateralmente dalla palestra al calidarium, il tepidarium e il frigidarium (disposti in sequenza).

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L'asse tra natatio e calidarium qui segna uno degli assi principali per la costruzione architettonica del complesso. Apollodoro aveva sottolineato l'esistenza di nuovi assi trasversali al principale longitudinale, creando una successione di ambienti secondari. Le terme di Traiano dovevano essere tra le più ricche e magnifcenti e gli ambienti dovevano essere lo sfondo per ricche collezioni d'arte formate prevalentemente da statue, qui c è la certezza che vi era collocato il Laocoonte, adesso nella collezione dei Musei Vaticani, gli ambienti secondari e laterali erano occupati da attività ricreative-culturali come biblioteche, ninfei, sale di riposo o dedicate alla letteratura, al dibattito o all'ascolto degli oratori. Tutti gli spazi erano circondati da colonne di diverse

grandezze e gli ornamenti tra marmi e mosaici dovevano essere maestosi. Apollodoro complicò il classico impianto delle terme mantenendosi comunque legato alla tradizione ma evolvendole, plasmandole e concependo nuove caratteristiche spaziali che diventeranno il nuovo esempio per gli impienti posteri. La ricchezza di questo impianto oltre che da una ricchezza di forme e spazi è costituito anche dalla compenetrazione degli spazi uno nell'altro attraverso viste e scorci i quali però non erano assolutamente concepiti per dare al visitatore una visione sincronica e completa e dello stabilimento ma per attrarre e sollecitare lo sguardo del visitatore conducendolo verso nuovi spazi.

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II.II.V Terme di Caracalla o AntoninianaeLe terme di Caracalla o anche dette Antoninianae dal nome della fonte da cui venivano alimentate, collocate nella valle tra i colli Celio e Aventino, furono edifcate tra il 212 e il 217 d.C.; erano state concepite per essere usate principalmente dal popolo pur essendo particolarmente ricche. Ad oggi queste terme sono le uniche di età imperiale le cui rovine si sono conservate abbastanza da riuscire a farci leggere l'impianto, e per fno molte fniture di marmo e mosaico. Come le altre terme furono studiate lungamente e disegnate da Andrea Palladio e gli altri architetti del XVI sec. L'impianto, completamente mutuato dalle terme di Traiano, si sviluppa all'interno di un perimetro

unitario quasi quadrato dove il lato maggiore misura 400 metri circa. Il terreno sul quale poggia l'edifcio è sostenuto in modo artifciale da due piani di camere sotterrane. L'edifcio termale si presentava al visitatore con un entrata a otto porte e altrettanti vestiboli che poi confuivano attraverso passaggi nel giardino -che circondava tutto lo stabilimento- nelle palestre. L'edifcio termale era situato all'interno del giardino nella parte nord vicinissimo alle entrate in modo da lasciare la maggior parte del giardino libera a sud. Natatio, frigidarium e calidarium erano posti tutti sull'asse principale orientato nord-sud mentre i tepidarium erano posti lateralmente come due ali che collegavano tutti gli spazi. I passaggi tra gli spazi terapeutici erano stretti e sviluppati

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diagonalmente con diverse angolature per non disperdere il calore e i vapori. Il calidarium, una rotonda che si apriva sul giardino, era lo spazio esposto più a sud e era coperto da una cupola ribassata che non doveva avere nulla da invidiare a quella del Pantheon. Era principalmente realizzato in vetro cosi da far entrare la luce e il calore. Il frigidarium si può ancora intuire che era un imponente area basilicale coperta da volte a crociera suddivisa in tre campate. Furono costruite interamente in opus caementicium e la tecnica usata dalle maestranze consisteva di lavorare su terrapieni che poi venivano eliminati a poco a poco che le decorazioni che venivano realizzate dall'alto verso il basso venivano portate avanti. Visto la sezione veramente molto sottile delle

coperture si puo pensare che non siano state sufcienti le centine per realizzarle ma che siano stati usate delle armature metalliche, questa teoria sembra essere sostenuta da alcune incisioni del Canaletto che rappresenterebbero queste stesse terme e da alcuni ritrovamenti nella zona archeologica di Villa Adriana che ne testimoniano l'utilizzo. Queste terme presentavano fnestre nella parte in cui le pareti confnavano con le volte sia per questioni igieniche-tecniche (eliminazione di vapori e umidità in eccesso) sia per un maggior confort visivo, la luce da queste fnestre a forma di semicercho tripartite poteva entrare in modo naturale senza che il sole potesse disturbare l'atmosfera rilassante. Le fniture dovevano essere veramente

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opulenti, ricchissime di marmi bianchi, mosaici e opere d'arte queste terme dovevano essere tra le più maestose mai costruite. Tutto era circondato da un grande giardino dove erano poste due palestre gemelle, quasi all'altezza del calidarium lateralmente. La grande cisterna posta all'estremo sud del perimetro del giardino era mascherata da mezzo stadio creato ad hoc il quale era situato tra due biblioteche e aveva funzione di ospitare attivita ricreative come l'arte dell'oratoria o l'ascolto di letture.

II.II.VI Terme DecianeNel 242 d.C. Decio, che fu imperatore dal 249 al 251 d.C., ordinò l'edifcazione

di un nuovo piccolo impianto termale sul colle Aventino sull'antica casa di Traiano. I resti a noi pervenuti sono esigui ma in base a questi pochi resti e soprattutto ai disegni di Andrea Palladio, possiamo concludere che le dimensioni di questo impianto dovevano essere veramente le più piccole mai costruite.

II.II.VII Terme di Massimiliano e DioclizianoLe terme volute da Massimiliano dedicate a Diocliziano e a tutto il popolo di Roma furono le più grandi mai costruite in tutta l'epoca imperiale. La costruzione durò otto anni dal 298 al 306 d.C. Si rifanno sia al complesso delle

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terme di Traiano sia a quelle di Caracalla dando vita nel nuovo complesso all'unione perfetta delle due architetture preesistenti. L'impianto prende forma entro un perimetro quadrato, l'entrata, composta da quattro porte conduce ai vestiboli. Le sale terapeutiche erano situate sullo stesso asse, dall'entrate a poste in questo ordine: natatio, frigidarium, cruciforme tripartito, tepidarium, con esedre laterali quadrate, e calidarium che sporgeva all'estremo sul dal corpo delle terme per afacciarsi nei giardini proprio come nelle terme di Caracalla che però a diferenza di queste è di forma di parallelepipedo e coperto da tre volte a crociera. Le palestre, due, simmetriche erano poste ai lati del frigidarium. Tra gli ambienti principali tantissimi piccoli ambienti satellite

andavano a creare nuovi spazi nati come per gemmazione che vanno ad arricchire l'impianto delle terme. Dalle terme Antoninianae mutua l'orientamento nord-sud e gli accessi al corpo centrale realizzato con la tecnica del opus testaceum, inoltre da queste prende anche il sistema delle fnestrature semicircolari tripartite e chiuse da lastre di vetro che migliorano il confort, l'igiene e da cui si riesce a tenere sotto controllo l'eccesso di umidità o calore. A noi queste terme ci sono pervenute grazie al restauro e conservazione fatta da Michelangelo che grazie al progetto papale di Santa Maria degli Angeli riadattò il frigidarium in Chiesa. Attraverso le rovine riusciamo comunque a comprendere come queste terme erano ricche vi visuali ritmate da

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restringimenti e zone di respiro lungo gli assi principali, da zone che alternavano ombra e luce, e dal continuo movimento delle pareti che a volte curvavano in modo dolce e a volte creando angoli. Queste terme esternamente dovevano essere nude e semplicissime in opposizione con la ricchezza e lo sfarzo degli interni che oltre dalle forme architettoniche era dato dai materiali di fnitura come marmi e mosaici pavimentali e murali, che andavano a fare da sfondo a innumerevoli opere d'arte. Nei giardini dedicati alle più svariate attività, nella parte più a sud c'era la grande esedra, posta tra le due biblioteche, la quale doveva essere luogo di teatro. Sappiamo che queste biblioteche ospitarono i volumi della biblioteca Ulpia del foro di Traiano. Le

due torri cilindriche che vanno a chiudere il perimetro esterno del giardino possono essere considerate una novità.

II.II.VIII Terme di CostantinoCostantino costruì il suo complesso termale nei pressi del col Esquilino, adesso tagliato da Via Nazionale. Possiamo dedurre comunque che il suo impianto fosse simmetrico, il frigidarium di tipologia basilicale, il tepidarium circolare, il calidarium costituito da una pianta complessa con un nucleo circolare e tre esedre molto sporgenti collocate in semicerchio.

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Oltre tre secoli di sperimentazioni spaziali hanno reso la tipologia delle terme una delle più studiate, disegnate e messe in opera. Con infnite varianti rispettando la tipologia sviluppata su un asse principale le terme tra la tarda età repubblicana e l'età imperiale costituiscono una collezione di piante tutte diverse tra loro ma allo stesso tempo tutte ricchissime dal punto di vista architettonico e storico.

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III. Le prime fontane dell'antica RomaIn età pre repubblicana l'acqua a Roma la popolazione faceva uso dell'acqua attingendo direttamente dal Tevere o raccogliendo quella piovana in pozzi.Durante l'età Repubblicana i romani iniziarono a usufruire delle fonti spontanee costruendoci attorno le prime fontane che avevano però funzione pratica, e il numero era insufciente per coprire la necessità di acqua di tutta la popolazione, così che ancora si usava ampiamente attingere dal Tevere. Delle fontane Repubblicane non ci rimane quasi nulla, ma attraverso le fonti letterarie -molte leggende e storie si legano a questi luoghi per la forte simbologia che aveva l'acqua- sappiamo le collocazioni e i nomi.

La difusione in tarda età repubblicana degli acquedotti fece crescere in modo esponenziale il numero delle fontane che potevano sorgere anche in luoghi lontani dalle sorgenti e in questo modo oltre ad avere una funzione strettamente pratica iniziarono a diventare oggetti di arredo urbano. Dopo l'età repubblicana le fontane perdendo la funzione di fonte dell'acqua quotidiana iniziarono a diventare sempre più complesse e ad essere considerate occasioni per magnifcenti monumenti.

III.I Meta SudansUna delle fontane più famose e all' avanguardia per quei tempi era la Meta

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Sudans. Situata nei pressi dell'anfteatro favio prende il suo nome dalla somiglianza che ha con i pilastri che erano posti nei circhi, le metae, che erano usati per segnalare la fne della pista. Nel 1936 la fontana ormai ridotta a un rudere venne rimossa ma possiamo apprendere la sua morfologia da una stampa del 1500. Grazie alle stampe si può intuire che la composizione della fontana che doveva essere molto semplice; oltre al pilastro sembra fosse composta da una vasca circolare dove l'acqua veniva raccolta. La sua particolarità è data dalla tecnologia di fuoriuscita dell'acqua: non fuoriusciva tramite un getto ma tramite “sudorazione” dello stesso pilastro che era realizzato da una pietra particolarmente porosa che rendeva possibile la

fuoriuscita dell'acqua attraverso essa.III.II Trofei di MarioIl ninfeo di Alessandro Severo, comunemente passato alla storia come “Trofei di Mario” era un ninfeo monumentale costituito da un nicchione centrale il quale aveva ad entrambi i lati due archi e su un secondo livello inferiore a quello appena descritto una serie di nicchie più piccole. I resti ci fanno capire che la costruzione doveva essere particolarmente imponente ma il suo aspetto originale lo possiamo desumere da alcune monete dell'epoca che lo rappresentano. La nicchia centrale, i due archi e le nicchie più piccole accoglievano statue e gruppi marmorei rafguranti armi e corazze conquistati

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da Gaio Mario nelle sue battaglie contro Cimbri e Teutoni ( i trofei da cui prendono il nome). Recentemente i gruppi marmorei analizzati con tecniche più evolute furono ridatati e si pensa che dunque le statue si riferivano alle vittorie di Domiziano sui Catti. Inoltre si è scoperto che le statue sono di un epoca precedente al ninfeo, dunque non dovevano essere state costruite per questo ma viceversa e dunque devono essere state ricollocate. III.III Ninfeo dei LiciniiEretto intorno al IV sec. e tutt'ora visitabile come rovina, doveva presentarsi come uno dei più ricchi e lussuosi ninfei dell'epoca, decorato con afreschi e

marmi preziosi, mentre il gioco d'acqua si andava a sviluppare in centro all'aula con numerose statue. Il ninfeo era collocato nei giardini della villa della famiglia Licinii, da cui prende il nome. Ancora adesso si trascina il nome -Tempio di Minerva Medica- che gli fu dato, erroneamente, trovando una statua della Dea Minerva, che doveva decorare gli interni, così confondendo circa la natura delle rovine.

III.IV MarforioMarforio, adesso collocata in Palazzo Nuovo nei Musei Capitolini, faceva parte di quelle statue, molto comuni all'epoca, che rappresentavano allegorie di fumi

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e mari. Originariamente doveva essere collocata a nord del Foro Romano con il suo bacino per poi essere spostata nel 1588 da Sisto V in Campidoglio, senza la vasca che venne lasciata nel luogo originale per essere convertita in abbeveratoio per gli animali e in seguito nel 1816 essere trasferita da Pio VII sotto le statue dei Dioscuri davanti a Palazzo del Quirinale. Si pensa che Marforio dovesse essere la rappresentazione del Tevere e che la conchiglia che porta nella mano destra fu aggiunta a posteriori quando l'intero braccio gli fu ricostruito.

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IV Villa Adriana e l'architettura dell'acqua

Nello studio del progetto di Villa Adriana non è possibile scindere l’elemento acqua, dall’elemento architettura. L’acqua non è mai percepibile come un vuoto, una pausa tra un fatto architettonico e un altro, è trattata anch’essa come un volume, come un elemento primario della composizione e della sintassi del progetto.Tutto il progetto della villa presenta gerarchie labili; interno ed sterno, architettura e paesaggio, assumono spesso pari importanza; questo avviene già a partire dall’impianto planimetrico dove anche architettura e acqua, a livello

progettuale, sono trattati allo stesso modo: una vasca d’acqua con funzione scenografca, paesaggistica, è sede di centri compositivi tanto quanto l’abside di un’architettura monumentale. Si può comprendere questo rapporto tra i vari elementi osservando gli assi che connettono le principali architetture d’acqua con il resto della villa.

Teatro marittimo o recinto dell’isolaE’ una costruzione estremamente originale, per quanto ne sappiamo, un esempio unico nell’ambito dell’architettura romana. Si tratta infatti di un ambiente privato.

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Tutti gli elementi del progetto sembrano concorrere a conferisce carattere introspettivo all’architettura:La pianta è defnita dalle dimensioni dei cerchi concentrici e dalla disposizione degli spazi. La forma circolare attribuisce autonomia all’edifcio, perciò sono le strutture adiacenti a collegarsi ad esso, non viceversa; si trova a un livello più basso rispetto agli edifci adiacenti; il recinto si apriva a nord tramite una spaziosa sala d’ingresso verso un ninfeo, sul lato ovest dell’anello due passaggi conducono alla sala absidata, da quello meridionale partiva un percorso sotterraneo comunicante con il giardino stadio e con l’ambiente assiale della terrazza est ovest.

Il portico ad anello ha una struttura molto elegante: quaranta colonne ioniche lisce, poste a distanza regolare una dall’altra salvo che vicino all’asse principale, sostenevano un attico. Invece l’isola ha colonne ioniche scanalate, è divisa in ventidue spazi, ingegnosamente adattati all’ambiente circolare, che formano tre appartamenti e un cortile a esedra, disposti attorno a un peristilio centrale. Tutti gli ambienti comunicano con quelli adiacenti tranne l’ambiente nord che ha piscina e pavimento riscaldati; i corridoi curvi d’ingresso conducono dai ponti al peristilio centrale.Anche o soprattutto l’acqua è un mezzo per conferire isolamento, è contenuta in un canale anulare,continuo, che funge da barriera, ed era originariamente

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attraversabile solo grazie a una passerella in legno semovibile.Il Teatro marittimo, considerando anche la sua forma, si presta a distribuire una nutrita serie di raggi ed è una delle centralità più importanti; collega punti periferici della villa tra cui la tholos di Roccabruna, e segna l’organizzazione degli edifci più prossimi: si noti come un raggio passante per la centralità del recinto sia anche asse di simmetria del padiglione di Tempe, un altro raggio è parallelo al grande muro del Pecile, un terzo defnisce l’orientamento delle terme con Heliocaminus, altri due assi collegano il teatro marittimo alla sala quadrilobata della Piazza d’Oro e al centro del frigidarium delle Grandi Terme.

Terme con HeliocaminusL’edifcio prende il nome dal vano circolare identifcato con una stufa solare, in realtà si trattava di un sudatio, un ambiente per bagni di vapore riscaldato con il consueto sistema romano.Queste terme costituiscono una variazione sul tema della tipologia tipica delle terme romane con vari ambienti comunicanti; sono caratterizzate da un gruppo cospicuo di stabilimenti termali tradizionali ma di dimensioni ridotte e disposti in modo asimmetrico.E’ molto importante notare come i lati a sud ovest siano sistemati in modo da sfruttare al massimo il sole pomeridiano in inverno, caratteristica introdotta a

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partire dalle terme adrianee. La struttura presenta un frigidarium con vasca esterna con un portico su tre lati e una vasca semicircolare interna, dava quindi la possibilità di immergersi in acqua sia all’aperto sia al coperto.

Piazza d’oro o Cortile dell’AcquaLa Piazza d’Oro è costituita da un edifcio principale, il quadriportico, contenuto tra due elementi a pianta centrale, la tholos d’ingresso con copertura a volta ad ombrello, la sala quadrilobata, un ninfeo rivolto verso la valle di Tempe e l’arena gladiatoria, posizionata su una terrazza a una quota

intermedia rispetto al fondovalle.Il Cortile dell’ Acqua, caratterizzato dal vestibolo e giochi d’acqua interni, è stato aggiunto dopo il completamento della residenza e degli edifci circostanti e corrisponde, all’in circa, a un recinto per cerimonie. Il centro del Cortile era ornata da aiuole separate da un lungo e poco profondo canale che traccia visivamente un asse di continuità tra la tholos di ingresso e il grande ninfeo che conclude la piazza d’oro con sei fontane di cui una centrale, quattro collocate sulle diagonali principali e una grande fontana curva che chiude assialmente il Cortile dell'Acqua. Il muro esterno del cortile non ha varchi evidenti; si trattava dunque di un luogo appartato.

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Nel cortile si riassume l’introversione spaziale caratteristica della Villa: dal vestibolo cupolato al ninfeo, passando per le gallerie laterali, il visitatore conosceva un mondo privato fatto di giochi d’acqua, giardini, opere d’arte e architetture, un paesaggio interno dalla natura ordinata e controllata. Ma bastava un passo al di fuori dell’alto muro nord orientale e ecco ofrirsi alla vista l’esteso panorama della valle e dei territori a levante e settentrione. ( cit. MacDonald W. L. , Pinto J. A. Villa Adriana. La costruzione e il mito da Adriano a Louis Kahn)La Piazza d’Oro ha un ruolo fondamentale nella gerarchia delle centralità di Villa Adriana; presenta infatti quattro centralità: il centro della sala

quadrilobata, il centro del quadriportico, il centro del ninfeo nord e il centro dell’arena gladiatoria. Distribuisce dunque molti assi. In particolare si noti che il centro della sala quadrilobata intesse relazione biunivoche con le altre centralità che collega o a cui è collegato, poiché può dunque essere considerato sia un punto di irradiamento che un terminale.

PecileAmpio terrazzo caratterizzato dai lati corti leggermente curvi e dalla presenza dell’ ampia piscina (106,80 x 26 m.), profonda in media 1,50 m., adibita nell'età dell'Imperatore Adriano probabilmente a peschiera, è di altissimo

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valore paesaggistico.

Palazzo Residenza, Stadio e complesso Termale sono collegati da un quadriportico con peschiera; nelle pareti di contenimento della vasca sono state scavate nicchie destinate ad accogliere probabilmente statue. Il Giardino Stadio presenta un Ninfeo semicircolare, che si sviluppa a gradoni in altezza, dove si alternano fontane a scala. L’edifcio con tre esedre ospita una fontana a forma di mostrada.

Grandi TermeArchitettura con impianto tradizionale; si compone di una sala centrale con volta a crociera, una grande palestra esterna, e due vasche al chiuso. Probabilmente destinate al numeroso personale che viveva e lavorava a Villa Adriana, hanno un impianto planimetrico tradizionale.

Piccole TermeLa pianta delle Piccole terme non ha antecedenti storici, l'interno appare come un reticolo di ambienti, relazionati tra loro dai rapporti geometrici, funzionali, una grande varietà di forme, fttamente articolate anche nelle altezze.

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CanopoComplesso monumentale costituito da uno scenografco canale denominato Euripo concluso dal Serapeo: un Ninfeo con una grande nicchia semicircolare centrale, sormontata da una semi cupola, completamente pensato in funzione dell’acqua, con giochi molto suggestivi. Come molte architetture adrianee, il Canopo presenta l’accostamento di stili lontani nel tempo e nei luoghi e rappresenta la necessità di unifcare il vasto impero.Il canale e il prospiciente vialetto colonnato conferiscono una spinta in avanti alla prospettiva, intensifcata dal muro con contraforti del parco superiore in

alto a sinistra e dal ripido fanco terrazzato a destra. In origine due padiglioni gemelli fancheggiavano lo specchio d’acqua davanti alla grande volta, parzialmente crollata, del ninfeo; al di là di questo in inoltra nella parete del colle, un ampio e profondo vano assiale, la cui sommità è raggiungibile tramite scale.

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V Casi studio

V.I Museo di Arte Romana di Mérida, Rafael Moneo, Mérida.Il museo di arte romana di Mérida, progettato dall’architetto spagnolo Josè Rafael Moneo, si trova sopra i resti dell’antica Colonia Iulia Augusta Emerita fondata nel 25 a.C., esattamente di fronte alle rovine romane del Teatro e dell’Anfteatro voluto da Agrippa nel 19 a.C.Il progetto sviluppato e realizzato dal 1980 al 1985 raccoglie vari reperti tra cui statue, epigraf, mosaici, steli funerarie appartenenti al periodo storico che va dal I al IV secolo a.C.

La collezione, da cui emerge l’importanza che ebbe la città nella storia in quanto capitale della Lusitania ( una delle tre province in cui era divisa l’Hispania Romana), era prima ospitata nel convento di Santa Clara ma l’avanzare degli scavi richiese la costruzione di nuovi spazi espositivi. L’edifcio è un grande volume quasi cieco, dal carattere monumentale, cosi come lo erano le grandi architetture romane di Agrippa. L’antica via romana separa in due il grande blocco, dividendo funzionalmente le due parti: la parte più ampia, solida e compatta ha carattere prevalentemente espositivo mentre la parte minore funge da snodo e ospita i servizi (ufci, sale conferenza, biblioteca, cafetteria, laboratori di restauro). I due blocchi rimangono tuttavia

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legati da un attraversamento sospeso sui resti archeologici di un’antica strada basolata.La materialità del muro in mattoni che rievoca la muratura romana diventa la caratteristica predominante di tutto il museo, sfondo ideale delle antichità esposte. La sala espositiva principale è attraversata da una serie di mura parallele in cui si aprono vaste arcate. La visuale prospettica attraverso queste sezioni ad arco rivela la dimensione dell’edifcio ed esprime la continuità dello spazio interno. Queste mura defniscono anche delle navate laterali che si articolano su tre livelli. La bianca superfcie marmorea dei resti archeologici dialoga e contrasta con il muro in laterizio montato a secco dove al posto del

tradizionale giunto di malta troviamo una fessura d’ombra. I setti interni inoltre fungono da contraforti visibili dall’esterno e donano così ritmicità alla facciata. L’entrata principale del museo ripropone il tema dell’arco, sopra il quale si articola una nicchia al cui interno è inserita una statua, posta a enfatizzare il continuo rapporto tra marmo e mattoni.La luce naturale, altro concetto fondamentale della progettazione dell’edifcio, entra zenitalmente attraverso ampi lucernari sovrastanti la sala; grazie a fnestre disposte verso nord e posizionate nelle navate laterali ed infne dalle fnestre a sud, schermata da una parete interna.

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Planimetricamente l’edifcio ha un’inclinazione diversa rispetto all’assetto delle rovine: la sovrapposizione della griglia generata dalla città moderna e la giacitura degli antichi resti è volta a sottolineare la stratifcazione verticale voluta da Moneo.Al piano interrato è possibile percorrere un suggestivo percorso ipogeo in cui appare ancor più chiara la perfetta armonia generatasi tra l’edifcio e le rovine.Il progetto appare pienamente consapevole dell’atmosfera antica che l’edifcio genera ma risulta anche in grado di mantenere ben visibile una chiave di lettura moderna, rielaborando componenti fondamentali dell’architettura romana.

V.II Terme di Vals, Peter Zumthor, Vals.A Vals, un piccolo paese dei Grigioni in Svizzera, negli anni Sessanta del ‘900 venne edifcato un complesso alberghiero, sorto per accogliere i turisti attratti dalla fonte termale presente.Nel 1991 l’amministrazione decide di afdare a Peter Zumthor l’incarico per la costruzione di un edifcio termale in grado di ospitare nuovi visitatori.L’architetto svizzero decide così di incastonare il progetto nella montagna, evitando ogni possibilità di dialogo con il resto delle preesistenze ma concentrando l’attenzione sul rapporto con la natura circostante: pietra, luce e

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acqua prendono armoniosamente parte al progetto.Zumthor spiega così il proprio intervento: "La nuova costruzione è un grande volume in pietra, coperto di erba, incastrato nella montagna con cui forma un tutt’uno; un oggetto solitario che si oppone all’integrazione con le strutture esistenti, per lasciare emergere ciò che, in relazione al tema, appariva più importante: esprimere un intenso rapporto con l’energia primigenia e la geologia del paesaggio montuoso, con la sua imponente topografa. Nello sviluppare questa idea, ci faceva piacere pensare che l’edifcio potesse trasmettere l’impressione che fosse più vecchio della costruzione che gli sta accanto, una presenza senza tempo nel paesaggio. Montagna, pietra, acqua,

costruire in pietra, con la pietra, dentro la montagna, costruire fuori dalla montagna, essere dentro la montagna: il tentativo di dare a questa catena di parole un’interpretazione architettonica ha guidato il progetto e, passo dopo passo, gli ha dato forma."1

Dominato dalla dimensione orizzontale, l’edifcio è un grande volume di pietra addossato al pendio e scavato all’interno attraverso un continuum spaziale in cui si trovano diverse cavità nelle quali l’architetto ha lavorato articolando luce e oscurità, sfruttando le qualità specchianti delle vasche per il bagno e l’opacità dell’aria satura di vapore e generando diferenti suoni grazie al contatto tra acqua e pietra.

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L’edifcio esternamente appare come un solido monolite ma si rivela come una “pietra svuotata” in cui si articolano caverne geometriche. All’edifcio si accede attraversando un lungo corridoio che porta alla zona degli spogliatoi, superata la quale ci si trova nell’area coperta.La muratura che chiude gli ambienti attorno alla vasca centrale coperta sostiene a sbalzo una copertura in calcestruzzo; gli sbalzi convergono verso il centro e fanno apparire la copertura leggera e pesante al tempo stesso, come se aleggiasse nel vuoto lasciando al di sotto spazio libero. I pilastri massivi compatti sono disposti secondo un ordine spaziale calcolato percepibile ma tuttavia nascosto e al loro interno racchiudono una serie di ambienti in cui

trovano spazio vasche tematizzate e trattamenti termali specifci. I pilastri cingono anche il perimetro della grande vasca centrale alla quale si accede tramite una passerella d’accesso.Esternamente nella zona solarium l’edifcio si apre in punti prescelti al paesaggio circostante con profondi varchi in facciata, nei quali sono disposte ordinatamente le sedute. Al piano inferiore si collocano gli ambienti destinati a fanghi, cromoterapia ed altri trattamenti; gli impianti sono collocati al di sotto del piano inferiore.Ogni superfcie è ricoperta in pietra, in tal modo la texture rende omogenea e compatta

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A partire dagli stretti corridoi in penombra dell’ingresso la spazialità delle terme di Vals s’intensifca in un crescendo "dimensionale", "luministico", "prospettico" a produrre una serie di forti efetti sensoriali, passando per piscine d’acqua a diverse temperature, per "sfondamenti" murari aperti verso il paesaggio alpino, vagando per spazi chiusi o intercomunicanti dai nomi evocativi riferiti alle diverse "atmosfere" dell’itinerario termale (quali "pietra che suona", "bagno di fuoco", "blocco dei massaggi", "pietra del sudore"…).

V.III Kimbell Art Museum, Louis Kahn, Forth Worth.

l Kimbell Art Museum si trova a Forth Worth in Texas, Stati Uniti. Nel 1966 venne afdato l'incarico all'architetto Louis Kahn e la realizzazione completa terminò nel 1972. "Uno spazio aperto, illuminato da luce naturale, che potesse conciliare monumentalismo e dialogo con il contesto circostante", erano questi gli obiettivi progettuali che Kahn voleva raggiungere.La comprensione del complesso è immediata appena lo si osserva, come se fosse appartenente all’antichità classica: il carattere monumentale dell’opera richiama fortemente l’architettura romana studiata da Kahn in Italia ed in particolare a Villa Adriana.

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L'edifcio si articola in una serie di gallerie parallele, coperte da volte a botte, che ospitano le sale del museo, l’ingresso, la cafetteria e l’auditorium; tra una galleria voltata e l’altra ci sono gallerie più basse e strette (side gallery) dove trovano sede i servizi. Alcune gallerie sono interrotte da corti quadrate e infne sono presenti due gallerie aperte che fungono da portico di ingresso. Nel piano interrato si collocano gli ufci e la biblioteca e ad un livello inferiore trovano spazio i locali tecnici. All'esterno un giardino rialzato ed uno specchio d'acqua con piccole cascate allestiscono l'ingresso principale.Le volte sono composte da due travi a guscio in cemento armato lunghe 30 metri e alte 6 sorrette da due soli pilastri alle estremità: questo permette

di avere una pianta libera e un modulo ripetibile all'infnito accostando alla galleria principale una side gallery oppure un’altra galleria voltata. Non servono ulteriori appoggi perché il sistema, in cemento rinforzato e precompresso, distribuisce uniformemente il proprio peso e le spinte statiche su tutta la sua estensione fno ai pilastri, che scaricano il peso su altri supporti di sezione maggiore posti nei piani interrati e poi sulle fondazioni. Il sistema della copertura può essere defnito un ibrido poiché non è propriamente una volta per via della fessura che corre lungo tutta la linea di chiave, né una vera e propria trave a guscio in quanto sono presenti dei travetti a croce che collegano le travi in coincidenza della fessura. Il lato inferiore del guscio

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inoltre è forato per circa un metro da un canale in cui si trovano l’impianto elettrico e quello di areazione. Gli unici carichi accidentali che la copertura è in grado di sostenere sono quelli della pioggia e di una leggera neve, ed è anche per questo che è stato possibile poggiare le travi su due soli pilastri. Kahn sceglie di inserire materiali forti e durevoli, oltre che piacevoli esteticamente: un senso di serenità accompagna il progetto in cui travertino, cemento, legno,metallo, vetro convivono elegantemente. Secondo l'architetto infatti il cemento è "un nobile materiale se usato nobilmente", in grado di unire bellezza e funzionalità strutturale; non a caso Kahn studia approfonditamente il colore e l'aspetto che il cemento dovrà assumere,

optando per un grigio chiaro con lievi toni lavanda, ottenuti dalla mistura di cemento e sabbia. Varie prove furono fatte proprio in Texas per testare le qualità delle superfci anche in relazione al sole e ai toni del travertino. Il travertino è stato importato direttamente da Tivoli in lastre pre-tagliate, al fne di rievocare le qualità monolitiche e le antiche rovine che Kahn ha osservato durante i suoi viaggi in Italia, Grecia ed Egitto. La sua texture si articola sui muri interni ed esterni, sui pavimenti delle gallerie e delle scale, mantenendo le sue qualità naturali.

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L’uso dei materiali procede parallelamente al maestrale uso della luce, che risulta protagonista nel progetto di Kahn, riportandoci ancora una volta alle atmosfere mediterranee anche grazie alla luce argentea presente in Texas.E’ all’interno dell’edifcio che Kahn riesce a manipolare la luce in modo esemplare : i raggi del sole entrano nelle fessure delle volte ed attraverso un corpo rifettente si difondono sui muri. Lo stesso Kahn ammette che la bellezza di questa luce e tale da rendere accettabile l’inganno della struttura della galleria che non è né una volta a botte né una trave a guscio; infatti la chiave di volta, il punto da cui dovrebbero avere inizio tutte le spinte della struttura, è immateriale, ma esprime tutta la forza che la luce naturale gli

conferisce. Dunque i raggi non entrano direttamente attraverso una semplice fessura, ma permeano all’interno dopo essere passati attraverso dei diaframmi. Nel Kimbell anche il piano interrato degli ufci e della biblioteca gode della luce solare poichè sono presenti dei pozzi attraverso cui la luce può raggiungere i piani interrati.In accordo con il direttore Richard Brown, le collezioni ( arte antica e moderna proveniente dai vari continenti) sono principalmente illuminate dalla luce solare, in modo che i visitatori possano costantemente relazionarsi con l'ambiente esterno.

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L'architetto ha inoltre deciso di nominare le tre corti interne con nomi che ne rispecchiano le caratteristiche: la Green Court con il softto creato da una vigna; la Blue Court con la fontana che rifette il cielo e la Yellow Court, situata presso il laboratorio di restauro.Complessivamente, l'intervento è in grado di instaurare un buon rapporto con il visitatore, riportandone la monumentalità ad un livello umano.

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VI. Area e Concept

VI.I Il tempietto di Venere Cnidia. Uno degli elementi coinvolti dal progetto è il Tempietto di Venere; sorge su un poggio su cui successivamente il conte Fede fece edifcare la sua dimora. Il nome è dovuto al ritrovamento negli anni ’50 di una replica della famosa statua marmorea eseguita da Prassitele rafgurante Afrodite e con esso viene indicato non solo la struttura circolare ma tutto l’insieme del terrazzamento.Si tratta di un giardino belvedere il cui fulcro è un tempietto rotondo ad imitazione del famoso Tempio di Afrodite Euploia di cui parla Luciano

attorno al quale si trovava nella parte occidentale un portico a semicerchio pavimentato con opus sectile alle cui estremità sorgevano due padiglioni, uno dei quali oggi è inglobato nel casino, mentre l’altro è visibile solo come segno a terra. Le caratteristiche che hanno permesso di associarlo all’originale greco sono le dimensioni quasi identiche e la posizione panoramica, anche se recentemente è stata ritrovata la dedica del tempio ad Atena.La struttura circolare associata al portico può essere interpretata, oltre ad un aspetto dell’eclettica cultura dell’imperatore, come volontà di consolidamento dell’unità dell’impero: caratteristica comune a molte architetture adrianee è quella di accostare stili lontani nel tempo e nei luoghi, qui visibile nel

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contrasto tra il tempio greco centrale e il portico che lo avvolge, realizzato con arcate su colonne, di chiara origine ellenistica orientale.

Grosse modifche furono apportate alla zona dal conte Giuseppe Fede che nel 1704 edifcò la sua residenza in prossimità della costruzione circolare e sistemò il terreno circostante con piantumazioni di pini marittimi e cipressi che caratterizzano ancor oggi il paesaggio della Villa.Il tempio gode di uno sguardo privilegiato sulla natura circostante e questo è possibile grazie alla realizzazione di sostruzioni. Si tratta di un’opera cementizia con orientamento est ovest i cui prospetti sono articolati tramite

la presenza di nicchie con funzione sia strutturale che estetica. Quello orientale, lungo il quale corre la galleria scavata nel tufo di cui è visibile l’accesso, è caratterizzato da una serie di nicchie rettangolari fancheggiate da semicolonne in muratura e poste su un alto podio. Altro elemento di questo afaccio è la presenza asimmetrica di un ninfeo absidato ricoperto di tartari nella parte nord, nella cui vasca natatoria confuisce l’acqua proveniente dalla Conserva posta sulla terrazza soprastante.Il prospetto occidentale risulta articolato in modo analogo ma meno accentuato, con un rivestimento a tartari e pomici e una serie di rientranze.Si discosta da quanto appena detto il lato settentrionale che risulta irregolare,

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oltre che per l’ampliamento del conte Fede, per la presenza di speroni con funzione statica e di una scala che permetteva l’accesso alla zona del Tempietto.

VI.II Valle di TempeL’ originale valle di Tempe è una gola che separa il Monte Olimpo dal Monte Ossa, nella quale scorre il Peneo, prima di sfociare nel mare Egeo.La scarpata di tufo venne intagliata per rendere più simile all’originale questa valle grande ma non particolarmente suggestiva creando uno strapiombo. Sapendo che a un’estremità della Valle si trovava la fonte di Afrodite, e all’altra

il tempio dedicatogli; il passaggio che dal tempio punta a sud est appare come un lungo itinerario ideato per rievocare la valle greca. Inoltre esisteva un sentiero che percorreva la valle e molte aperture della Villa sono rivolte verso di essa.“ la villa era un luogo in cui panorami e interventi sul paesaggio rimandavano spesso al passato storico, letterario e mitologico, e che le teorie artistiche che li guidavano erano tutt’altro che improvvisate. In tal modo, le suggestioni intellettuali e sensoriali così evocate sottolineavano ulteriormente il contenuto culturale della villa stessa” Valle di Tempe è il nome con cui viene indicata la depressione naturale situata

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adest della Villa lungo il corso d’acqua della Ferrata. Essa prende il nome dall’omonima valle greca situata nel nord della Tessaglia, una gola che separa il Monte Olimpo dal Monte Ossa, nella quale scorre il Peneo, prima di sfociare nel mare Egeo caratterizzata dal un andamento lungo e stretto con pareti in roccia profondamente scavate dalle acque del fume Peneo.L’unico fattore comune tra i due siti è la forte presenza materica del suolo: il confne est della villa tiburtina è in parte defnito da pareti verticali ricavate scavando direttamente negli aforamentidi tufo presenti, salti di quota autonomi o, più spesso, integrati nel sistema di terrazze digradanti che distinguono l’afaccio orientale. Attualmente questa sua

particolarità risulta attenuata dal crollo dialcuni dei muri di contenimento e dal materiale asportato dagli scavi nelle terrazze soprastanti e gettato nella Valle, che in parte nasconde anche l’originale tracciato della Via Carrabile.L’afaccio orientale si apre a nord con la presenza del Tempietto della Venere di Cnido e del Casino Fede che, con le loro opere sostruttive, rendono l’idea di come era impostata tutta la zona.Procedendo verso sud, alla stessa quota del Tempietto di Venere, vi è un’altra terrazza, quella di Tempe, creata artifcialmente tramite l’inserimento di un muro di contenimento che insiste nella parte meridionale su un aforamento

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di tufo ed è rinforzato da una serie di contraforti distanti circa 7,50 m.La scarpata di tufo venne intagliata per rendere più simile all’originale questa valle grande ma non particolarmente suggestiva creando uno strapiombo. Sapendo che a un’estremità della Valle si trovava la fonte di Afrodite, e all’altra il tempio dedicatogli; il passaggio che dal tempio punta a sud est appare come un lungo itinerario ideato per rievocare la valle greca. Inoltre esisteva un sentiero che percorreva la valle e molte aperture della Villa sono rivolte verso di essa.Si ricordi che “ la villa era un luogo in cui panorami e interventi sul paesaggio rimandavano spesso al passato storico, letterario e mitologico, e che le teorie

artistiche che li guidavano erano tutt’altro che improvvisate. In tal modo, le suggestioni intellettuali e sensoriali così evocate sottolineavano ulteriormente il contenuto culturale della villa stessa” Con il passare del tempo, parte della muratura è crollata e il proflo attuale di questa terrazza non risulta più netto e pulito come era in origine, ovvero perfettamente orizzontale in cui era ben visibile il solco della Via Carrabile: infatti, anche a causa di un analogo crollo della terrazza soprastante, il terrazzamento è oggi raccordato alla quota superiore da un declivio e non più da pareti .A metà della Valle ed adiacente alla Terrazza di Tempe vi è l’omonimo

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Padiglione o Torre, un corpo sporgente dal poggio artifciale sotto cui passava la Via Carrabile attraverso una galleria voltata a botte. Compositivamente il belvedere est risulta la chiusura di tutto il sistema che comprende le Biblioteche, gli Hospitalia e il Triclinio imperiale. Si noti come sia possibile individuare un asse principale, tangente alle Biblioteche e passante per uno dei bracci del cortile ad esse adiacente, che funge da sistema distributivo di tutta l’area a cui si accostano gli altri ambienti: nella zona verso oriente esso si identifca come una serie di passaggi coperti che permette l’accesso diretto alle diverse costruzioni e che nella parte terminale si immette nell’attuale terrazza belvedere.

A sud del Padiglione, la Valle di Tempe acquista una maggiore valenza tettonica per la marcata presenza di aforamenti di tufo accuratamente modellati artifcialmente per ottenere, assieme a delle opere in muratura, dei netti salti di quota. Questo attualmente è in parte nascosto dalla vegetazione ma è visibileampiamente nelle viste ad opera degli artisti francesi del XIX sec. che ritraggono le opere di contenimento del terreno sotto l’area repubblicana della Villa. In una prima zona vi è lo scavo intufo, sovrastato da una parete che presenta una serie di nicchie, lungo il quale si trova il sedime della Via Carrabile che tramite una salita raggiungeva un

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pianoro prima di diventare ipogea. Nel fanco di quest’ultimo, interamente costituito da roccia scavata, si trova una cavità naturale .Nella zona di Piazza d’Oro, subito dopo l’accesso carrabile, il prospetto è caratterizzato da una serie di arcate simili a quelle dello Stallone, mentre più a sud si ha un semplice muro che cela la galleria del percorso sotterraneo.Complessivamente la Valle di Tempe risulta quindi un paesaggio artifciale interamente modellato dall’uomo ma che rimarca la sua appartenenza alla natura per gli elementi e i materiali utilizzati e per la costante apertura verso l’esterno .

VI.III Terrazzamento

Il terrazzamento che ospita il padiglione di Tempe e si afaccia sulla valle, come si è detto, è retto da un muro di sostruzione realizzato in laterizio e caratterizzato dalla presenza di contraforti.Attualmente presenta vari punti di dissesto: crolli e conseguente accumulo di detriti hanno fortemente modifcato l’area prospiciente la torre e il rapporto tra questa e la valle; i contraforti sono visibili solo parzialmente, nessuno è visibile nella sua intera dimensione, sia per cedimenti sia perché in parte coperti dal terreno o dalla vegetazione. La vegetazione spontanea copre diversi

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punti del muro in questione e anche del muro di sostruzione del superiore terrazzamento , per lo più crollato e di difcile individuazione. L’area pianeggiante del terrazzamento, invece, presenta una piantumazione ordinata di quercie. Una visione complessiva delle architetture di quest’area, le dimensioni e in parte l’aspetto originale di questa zona della villa, si possono desumere dall’analisi dei disegni realizzati dai Pensionnaire nel corso del 1800.

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VII. Intervento Terme Hadrianae

A partire dalle considerazioni sulla valorizzazione del sito archeologico di Villa Adriana, si è individuata la Terrazza di Tempe come area privilegiata per la progettazione di una spa.L’interesse per il sito è nato dall’osservazione della suggestiva valle, che si apre con il tempietto di Venere Cnidia che si afaccia a strapiombo e ha subito suggerito immagini interessanti per la realizzazione di una fontana monumentale. Sapendo che all’altra estremità della valle si trovava la fonte di Afrodite, si è voluto segnare la connessione tra questi punti d’acqua inserendo

il progetto delle terme come ideale collegamento d’acqua tra questi.Dall’analisi degli assi è emerso che la disposizione del Terzo Teatro, delle Palestre e del Tempio di Venere Cnidia è di tipo radiale, con gli assi centrali che convergono nello stesso punto e inclinati con angoli di 45°. Prendendo in considerazione l’asse relativo al Tempio di Venere Cnidia e ruotando anch’esso di 45°, considerando il centro del Tempio come punto base della rotazione, si ottiene un asse parallelo all’andamento del muro di sostruzione della terrazza di Tempe.Il muro di sostruzione si impone all’attenzione sia per la sua giacitura, che determina una stretta connessione con gli altri edifci che interessano la valle,

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sia per la sua forte valenza materica, laterizi e tufo, e volumetrica, enfatizzata dai contraforti, che domina e segnala la direzionalità della valle.La Terrazza di Tempe, come si è detto, è un terrazzamento artifciale sostenuto dal muro di sostruzione che afaccia sulla valle, nell’ambito di riferimento si tratta dunque di una zona a basso impatto archeologico. La possibilità di efettuare scavi in funzione delle vasche d’acqua necessarie all’ impianto termale è un vantaggio progettuale rispetto ad altri siti all’interno della villa. Rispetto al percorso di visita del sito, per come è organizzato tutt’oggi, risulta essere una zona deflata.Al di là di ciò, l’afaccio sulla valle è panoramico e interessante, così anche il

collegamento visivo tra le due architetture che interessano quest’area: il tempietto di Venere Cnidia e la Torre di Tempe. Il progetto si confgura come un nuovo fatto architettonico che si aggiunge a quelli adrianei, con la volontà di aggiungere un nuovo afaccio sulla valle e allo stesso tempo ricostituire il legame tra questa e la villa che la rovina del padiglione di Tempe e del muro stesso di sostruzione hanno compromesso.Si prospetta inoltre una nuova fruizione dei percorsi che attraversano la valle, poiché costituiscono un ingresso privilegiato, carrabile, estraneo ai trafci turistici. In quest’ottica la Torre di Tempe si presenta come un landmark fondamentale che segna l’ingresso principale del complesso termale.

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A partire dallo studio degli assi, si è considerata la direzionalità del muro di sostruzione come elemento di connessione con il progetto planimetrico della villa ed è dunque stata scelta anche come direzionalità principale del progetto; inoltre l’area del terrazzamento si presenta come un rettangolo concluso tra due livelli di muri di contenimento e allungato con la stessa direzione del muro stesso.Seguendo la disposizione planimetrica scelta, per defnire le dimensioni del lotto che avrebbe occupato il progetto si è tenuto conto delle proporzioni auree, individuando un rettangolo aureo che avesse come dimensione di partenza il lato corto uguale allo spazio della profondità del terrazzamento.

Come si è detto l’ingresso principale è segnalato, per chi arriva dalla valle, dalla presenza della torre, caratterizzata dalle tre alte arcate, con archi a tutto sesto in laterizi, archetipo dell’architettura romana che ha fortemente infuenzato anche il progetto della spa, consentendo anche e nuovamente di inserire una nuova architettura in armonia con le importanti preesistenze.Un riferimento determinante, in particolare per la trattazione del muro di sostruzione, sono state le tavole dei pensionnaires, disegni realizzati nel corso dell’800 che rappresentano in modo particolareggiato le rovine, inoltre propongono una ricostruzione delle architetture, in parte basata sui dati che le rovine forniscono, in parte immaginifca. Il muro di sostruzione viene

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rappresentato di considerevole altezza, circa 8 metri, raggiungendo così la stessa quota della torre. Nei disegni viene completato con un’architettura che si svolge con un doppio colonnato coperto per tutta la sua lunghezza. Si è dunque progettato di ricostruire il muro fno alla quota indicata nei disegni dei pensionnaires e la facciata del complesso termale che si afaccia sulla valle è una successione ordinata di archi a tutto sesto scanditi secondo il ritmo dei contraforti del muro. Sia il muro ricostruito sia la struttura di progetto sono rivestiti in laterizi, precisamente mattoni bipedali, il disegno dei mattoni in facciata, tra un arco e l’altro, suggerisce la continuazione in altezza dei contraforti; sia questo, sia il fatto stesso che sia stato usato lo stesso materiale

garantisce unità al prospetto generale.

Il progetto del complesso termale si basa sullo studio delle tipologie tradizionali di terme romane: costituite da vari ambienti distinti ma comunicanti, ognuno con una sua funzione specifca. Inoltre sempre richiamando gli usi dei Romani, le terme non solo si presentano come luogo di relax e cura del corpo, ma anche come spazio di socialità e soprattutto di divulgazione culturale e artistica.Quindi oltre alle funzioni prettamente legate alla spa, il progetto prevede luoghi di svago e ristoro come un cocktail bar e un ristorante e soprattutto due

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spazi espositivi, pensati per ospitare mostre e anche eventi culturali in genere. Le opere d’arte, in particolare scultoree, non solo hanno questi spazi dedicati, ma entrano a far parte del progetto generale e sono inserite sia all’interno sia all’esterno delle strutture, proprio come succedeva nelle terme romane.

Gli imput preliminari che hanno defnito la forma del complesso termale sono dettati da: volontà di separare le singole funzioni e allo stesso tempo garantirne il collegamento, l’esempio delle terme romane e altri riferimenti contemporanei che sono stati oggetto di studio, e il rapporto con l’arco a tutto sesto e l’integrazione con l’elemento della stoà.

Con queste premesse sono stati progettati dei padiglioni che si impostano perpendicolarmente sulla stoà, ciascuno a partire da un arco, quasi ne fosse idealmente un’estrusione: infatti i padiglioni hanno copertura a volte a botte e seguono le dimensioni delle arcate.Parte delle volte si allungano fno al limite interno della terrazza segnato dal pendio, residuo del secondo muro di contenimento; altre volte si interrompono, creando un efetto sfrangiato, dinamico. In particolare, l’arretramento di tre volte al centro consente la realizzazione di una seconda entrata che si connette al percorso di visita della villa.Le volte possono essere efettiva copertura dei padiglioni, oppure copertura di

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portici, che possono confgurarsi come luoghi di passaggio o di sosta a seconda di quante volte sono coinvolte.I padiglioni voltati , come si è detto seguono la dimensione in larghezza delle volte: 6m, e si alternano con elementi a tetto piano larghi 2,5m. Dunque l’area risulta suddivisa da questo modulo e nella vista dall’alto si nota l’intreccio dato dalla direzionalità della stoà e quella, ortogonale, dei padiglioni.In pianta però è un ulteriore layer a defnire percorsi e fruibilità degli spazi: infatti la principale direzione degli spazi interni dei padiglioni e dei percorsi che li collegano torna a seguire l’andamento longitudinale della stoà. In questo modo si hanno degli ambienti interni in cui possono alternarsi

suggestivamente softti piani e softti voltati.Il progetto si caratterizza anche per la stretta connessione tra interno ed esterno e permeabilità visiva, garantita dalla presenza di grandi superfci vetrate che, nel caso dei padiglioni voltati occupano tutta la superfcie sotto l’arco. Oltre a ciò è garantita una interessante varietà di ambienti: coperti e chiusi, coperti e aperti, aperti; che si alternano in modo non solo suggestivo e armonico ma anche funzionale.

Come si è detto è possibile accedere al complesso termale dalla valle di Tempe, raggiungendo in auto le vicinanze della torre. Si raggiunge la quota della torre

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e delle terme salendo una scala inserita in una porzione completamente ricostruita del muro di sostruzione. Naturalmente è prevista la possibilità di utilizzare un ascensore e in generale l’intero complesso appare accessibile alle persone disabili.Arrivati alla quota d’ingresso ci si trova di fronte le tre arcate della torre, lo spazio aperto circostante è organizzato a terrazza pavimentata, sulla destra vediamo l’ingresso della spa. Il prospetto si confgura come continuazione ad angolo del portico afacciato sulla valle, del quale è aperto in facciata un arco, simmetrica a questo, all’altra estremità della facciata, è posizionata una nicchia che contiene la copia di una

delle cariatidi della collezione di villa Adriana. L’entrata è un’arcata più ampia, dà accesso allo spazio aperto, in cui si alternano superfci pavimentate e superfci d’acqua, che permea tutto il progetto e connette tra loro i padiglioni. Un basamento in marmo bianco corre lungo tutta la facciata, e continua all’interno su tutte le superfci.Una volta entrati ci si trova sulla destra il primo spazio espositivo, dedicato a esposizioni temporanee, il secondo spazio espositivo è situato in conclusione dell’intero complesso, adiacente all’ambiente del ristorante. Entrando a destra, invece, si trova l’entrata del cocktail bar, prima tappa del percorso, interno e caldo, che connette tutti gli ambienti con funzioni

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prettamente legate alla spa, fno alla piscina all’aperto, dal lato opposto del complesso. Queste funzioni comprendono un bagno turco con una vasca ad acqua calda, caratterizzato dall’uso del marmo bianco, già presente come basamento in tutto il progetto, e dalle pavimentazioni realizzate a mosaico con un disegno geometrico. Oltre al bagno turco sono presenti due saune, una raggiunge la temperatura di 70°C, riproponendo l’efetto del tiepidarium romano, l’altra raggiunge i 90°C, riproponendo il calidarium. Le saune sono rivestite a listelli di legno, dello stesso materiale sono anche le sedute. Anche in questo caso parte delle superfci sono rivestite a mattoni, altre in marmo.Altro elemento della spa è la piscina all’aperto, in parte con copertura in parte

scoperta, raggiunge la profondità di 2m e conclude il percorso termale.

Come si è detto, il materiale che principalmente defnisce il progetto è il laterizio, come evocazione della romanità e anche di ambientazioni calde e accoglienti, nel caso delle saune è accostato in armonia con il legno, in altri casi è accostato con il marmo bianco; certamente anche il marmo richiama l’architettura romana, il contrasto cromatico con il laterizio consente di segnalare alcune dimensioni, aggiunge un ulteriore layer utile alla defnizione degli spazi, inoltre crea un dialogo interessante con l’acqua fatto di rifessi lucidi.

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L’ingresso laterale, come preannunciato, si apre su uno spiazzo libero, ricavato dall’interruzione delle coperture, una striscia pavimentata circondata ai lati da vasche d’acqua collega il complesso termale al percorso di visita di Villa Adriana. L’entrata, completamente vetrata, è preannunciata dalla presenza di due statue, appartenenti alla collezione di villa Adriana; una tettoia costituisce un ulteriore fltro tra esterno ed interno e aggiunge al prospetto un elemento orizzontale di continuità.

In direzione longitudinale il progetto perde progressivamente volume, con

spazi aperti più grandi, integrati anche dalla piscina all’aperto, e porticati che digradano fno al verde dell’ultima porzione di terrazzamento.

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VIII. Intervento Fontana Monumentale

Il tempietto di Venere Cnidia, afacciato a strapiombo sulla valle di Tempe, presenta già in origine un rapporto con l’acqua defnito dal ninfeo di età Repubblicana posizionato alla quota inferiore. Le rovine mostrano alcune colonne del tempio dorico, assemblate per anastilosi e la giacitura in pianta dei vari elementi che costituivano quest’architettura ; in particolare il portico e gli absidi. L’osservazione dei resti dei basamenti delle colonne del portico ha suggerito la rievocazione di tale volume, sono state progettate due fle di colonne disposte a semicerchio in

corrispondenza delle colonne originali, sormontate da una copertura piana. Questo intervento consente la realizzazione di un fronte completo, che riqualifca le rovine del tempio dorico e la statua di Venere, dando loro una cornice e impedendo che il casino Fede, con il suo volume imponente, sofochi le rovine. Le colonne di nuova progettazione, hanno carattere evocativo: un perno d’acciaio sostiene un fusto rivestito in legno, e collega la sommità della colonna alla trabeazione. La trabeazione è anche copertura del portico; è costituita da una canalina d’acciaio che collega ogni colonna del cerchio più esterno a quella corrispondente più interna, e da elementi piani cassettonati.

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Una volta ricostituito questo semicerchio, che rimane comunque interrotto in corrispondenza di un crollo sopra al ninfeo, è stato possibile progettare una vasca, uno specchio d’acqua, che ricopra tutta la superfcie e accentui l’efetto dell’alternarsi tra luce e ombra del colonnato. Si è voluto ottenere lo stesso gioco di rifessi anche per gli elementi del tempio dorico, così anche il basamento circolare, rialzato, al cui centro è posizionata la Venere, è diventato una vasca d’acqua. Quest’ultima è impreziosita da una pavimentazione a mosaico che riprende motivi geometrici già presenti all’interno di villa Adriana.

Il fatto che il sistema del tempio sia organizzato su due livelli, ha subito suggerito la possibilità di sfruttare il dislivello per una discesa d’acqua che si è confgurata come una cascata ordinata inserita tra due muri di ricostruzione, uno che dialoga con il ninfeo, l’atro che ricostruisce la successione di arcate del muro di sostruzione. In questo modo viene ripristinato tutto il fronte, rivalutando l’ingresso della valle. In continuità con la preesistenza, il materiale prevalente in questa operazione ricostruttiva è il laterizio.

Enfatizzando il transito dell’acqua dall’alto verso il basso, si è progettato un

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percorso d’acqua dal livello più alto del complesso della fontana a quello inferiore: dunque l’acqua spinta in un elemento cavo all’interno delle colonne, fuoriesce dalle canaline posizionate in corrispondenza di ogni colonna, inserite nella copertura piana del portico; da queste l’acqua si getta nella vasca semicircolare, scivola verso il bordo e si incanala nella cascata scendendo al livello inferiore dove è accolta da una vasca che costeggia tutto il muro ricostruito. Afancata a questa vasca, se ne trova un’altra, di acqua ferma, di pertinenza del ninfeo, che così recupera la sua funzionalità.

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