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POLITECNICO DI MILANO Facoltà di Ingegneria Industriale e dell’Informazione Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale Il ruolo delle startup nell'introduzione dell'innovazione digitale nel settore Retail Relatore: Prof.Alessandro Perego Correlatori: Ing.Valentina Pontiggia Ing.Federico Canavesi Tesi di laurea di: Claudia Frigerio matricola 799487 Anno accademico: 2014-2015

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POLITECNICO DI MILANO

Facoltà di Ingegneria Industriale e dell’Informazione Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale

Il ruolo delle startup nell'introduzione dell'innov azione digitale nel settore Retail

Relatore: Prof.Alessandro Perego Correlatori: Ing.Valentina Pontiggia

Ing.Federico Canavesi

Tesi di laurea di:

Claudia Frigerio

matricola 799487

Anno accademico: 2014-2015

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Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno contribuito

alla realizzazione di questa tesi:

il Prof. Alessandro Perego per avermi dato l’opportunità di svolgere questa tesi,

l’Ing. Valentina Pontiggia e l’Ing. Federico Canavesi

per il supporto e i preziosi consigli.

Un ringraziamento particolare va inoltre:

a mio marito Luca, a mio figlio Francesco,

ai miei genitori e a mia sorella Valentina.

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Indice

Abstract 10

Executive Summary 11

I. Scenario e analisi della letteratura 11

II. Obiettivi 13

III. Metodologia 14

IV. Risultati e conclusioni 15

IV.I. Il contesto e le trasformazioni in atto 15

IV.II Le startup 16

IV.III. La classificazione dei processi e la mappatura delle innovazioni in

ambito Retail 17

IV.IV. La creazione di valore da parte delle startup per i retailer 22

1. Il contesto Retail 35

1.1. Definizione di Retail 35

1.2. Crisi, calo drastico dei consumi e lenta ripresa 38

1.2.1. Le conseguenze della crisi in Italia 41

1.2.2. Analisi dei consumi delle famiglie 44

1.3. La digitalizzazione del consumatore 46

1.3.1. Internet e l’eCommerce 47

1.3.2. Le nuove tecnologie: Smartphone, Tablet e il Mobile Commerce

50

1.3.3. L’evoluzione del consumatore multicanale 52

1.3.4. Social Network, InfoCommerce e Showrooming 54

2. Le startup 58

2.1. Definizione di startup 58

2.2. Il ciclo di vita delle startup 60

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2.3. Il finanziamento di una startup 62

2.4. I finanziatori delle startup 64

2.4.1. I Business Angels 65

2.4.2. I Venture Capitalist 67

2.4.3. La figura dell’incubatore e dell’acceleratore d’impresa 67

2.5. Strumenti per la valutazione della startup ai fini d’investimento 68

2.5.1. Elevator pitch 68

2.5.2 Business plan 69

2.6. L’innovazione e il ruolo delle startup 70

2.7. Il contesto Europeo e Internazionale 72

2.8. Le startup in Italia 76

2.9. L’importanza delle startup nel settore Retail 83

2.9.1. Rapporto tra big player e startup nel settore Retail a livello

internazionale 86

2.9.2. Rapporto tra big player e startup nel settore Retail in Italia 90

3. Descrizione delle innovazioni digitali nei processi Retail 97

3.1. I processi Retail 97

3.1.1. Front End 98

3.1.1.1. Pre-vendita 99

3.1.1.2. Vendita 99

3.1.1.3. Post-vendita 100

3.1.2. Back End 100

3.1.2.1. Processi di gestione dei negozi (e trasversali)101

3.1.2.2. Processi di gestione del magazzino 101

3.1.2.3. Processi di relazione con l’esterno (fornitori)101

3.1.3. Omnicanalità 101

3.2. Le innovazioni digitali nei processi Retail 102

3.2.1. Front-end 102

3.2.2. Back-end 111

3.2.3. Omnicanalità 114

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4. Censimento startup internazionali 115

4.1. Metodologia 115

4.1.1. Classificazione di retailer e Dot-Com 116

4.1.2. Classificazione dei service provider 118

4.2. Le tipologie di startup internazionali 120

4.3. Retailer 122

4.4. Dot Co m 126

4.5. Service provider 131

4.5.1. Back-end 134

4.5.2. Front-end 138

4.5.3. Omnicanalità 144

4.5.4. Rapporto tra front-end, back-end e omnicanalità 147

4.5.5. Ranking dei service provider per finanziamento ricevuto 151

5. Censimento startup nazionali 155

5.1. Metodologia 155

5.1.1. Classificazione di retailer e Dot-Com 156

5.1.2. Classificazione dei service provider 160

5.2. Le tipologie di startup nazionali 161

5.3. Retailer 164

5.4. Dot Co m 166

5.5 Service provider 168

5.5.1. Front-en 170

5.5.2. Back-en 173

5.5.3. Omnicanalità 175

5.5.4. Ranking per finanziamento ricevuto 177

6. Conclusioni 181

Bibliografia 186

Sitografia 189

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Indice delle figure

Figura 1: Fasi dell’analisi relativa alle startup innovative in ambito Retail. 15

Figura 2: I processi Retail. 18

Figura 3: Le tipologie di startup internazionali. 22

Figura 4: L’eCommerce nel mondo. 23

Figura 5: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo

supportato a livello internazionale. 24

Figura 6: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello internazionale

suddivisi per ambito applicativo supportato. 25

Figura 7: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello

internazionale. 26

Figura 8: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello

internazionale. 27

Figura 9: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello

internazionale. 28

Figura 10: Le tipologie di startup italiane. 29

Figura 11: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo

supportato a livello nazionale. 30

Figura 12: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello nazionale

suddivisi per ambito applicativo supportato. 31

Figura 13:Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello nazionale.31

Figura 14:Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello nazionale.32

Figura 15:Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello

nazionale. 33

Figura 16: Tasso di crescita del Pil reale. 41

Figura 17: La disoccupazione in Italia. 43

Figura 18: Evoluzione del reddito procapite. 45

Figura 19: La dinamica degli acquisti online dei consumatori italiani (2009-2015).48

Figura 20: L’andamento delle vendite eCommerce B2C nei prodotti e nei servizi (2014-

2015). 49

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Figura 21: Strumenti per l’acquisto online. 51

Figura 22: Evoluzione dei cluster dei consumatori multicanale. 52

Figura 23: InfoCommerce vs Showrooming. 55

Figura 24: Ciclo di finanziamento di una startup. 63

Figura 25: Le startup innovative per settore in Italia. 80

Figura 26: Le startup innovative per regione in Italia. 81

Figura 27: Caratteristiche di startupper e imprenditori di nuove società di capitali in

Italia. 82

Figura 28: Distribuzione per età degli startupper in Italia. 83

Figura 29: I processi Retail. 98

Figura 30: L’eCommerce nel mondo. 117

Figura 31: Le tipologie di startup internazionali. 121

Figura 32: Classificazione dei Retailer per settore merceologico a livello internazionale.

123

Figura 33: Ripartizione geografica dei retailer a livello internazionale. 124

Figura 34: Classificazione delle Dot Com per settore merceologico a livello

internazionale. 127

Figura 35: Ripartizione geografica delle Dot Com a livello internazionale. 128

Figura 36: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo

supportato a livello internazionale. 132

Figura 37: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello internazionale

suddivisi per ambito applicativo supportato. 133

Figura 38: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello

internazionale. 137

Figura 39: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello

internazionale. 141

Figura 40: Trend di apertura di startup che si occupano di indoor positioning negli

ultimi 5 anni a livello internazionale. 143

Figura 41: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello

internazionale. 145

Figura 42: Trend di apertura di startup che si occupano di sistemi Social negli ultimi 5

anni a livello internazionale. 146

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Figura 43: Suddivisione dei service provider aperti nel 2010 a livello internazionale.147

Figura 44: Suddivisione dei service provider aperti nel 2011 a livello internazionale.148

Figura 45: Suddivisione dei service provider aperti nel 2012 a livello internazionale.149

Figura 46: Suddivisione dei service provider aperti nel 2013 a livello internazionale.149

Figura 47: Suddivisione dei service provider aperti nel 2014 a livello internazionale.150

Figura 48: Ranking per finanziamento ricevuto dai service provider a livello

internazionale. 151

Figura 49: Valore delle vendite eCommerce B2c in Italia. 157

Figura 50: Andamento delle vendite eCommerce B2c nei prodotti e servizi (2014-2015)

in Italia. 158

Figura 51: La ripartizione delle vendite eCommerce B2c per tipologia di player in Italia.

159

Figura 52: Le tipologie di startup italiane. 162

Figura 53: I fondatori di startup italiane. 163

Figura 54: Età media dei fondatori di startup italiane. 163

Figura 55: Distribuzione geografica delle startup italiane. 164

Figura 56: Classificazione delle Dot Com per settore merceologico a livello nazionale.

167

Figura 57: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo

supportato a livello nazionale. 169

Figura 58: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello nazionale

suddivisi per ambito applicativo supportato. 170

Figura 59: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello nazionale.

172

Figura 60: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello nazionale.

174

Figura 61: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello

nazionale. 176

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Abstract

Investire in digital transformation è ormai divenuto un imperativo urgente anche per

settori tradizionali dell’economia come il Retail.

L’evoluzione tecnologica ha rivoluzionato la figura del consumatore che ora è sempre

più connesso e digitale ed assume un ruolo sempre più attivo nel processo di acquisto. Il

cliente non solo è più informato, ma è anche più esigente e con alte aspettative nei

confronti della customer experience. La diffusione delle tecnologie, inoltre, ha portato

alla nascita di nuove modalità di acquisto, in cui la sinergia tra canale online e punto

vendita è sempre più stretta: per esempio è aumentato il numero di consumatori che si

informano online prima di acquistare un prodotto in negozio o che, al contrario,

raccolgono informazioni sui prodotti all’interno del punto vendita per poi concludere

l’acquisto online.

In un contesto così complesso e mutevole, l’introduzione e lo sviluppo di innovazione

digitale può apportare benefici ai retailer sia in termini di efficacia dell’azione di

vendita, sia in termini di efficienza dei processi operativi e gestionali. Inoltre l’adozione

di un approccio omnicanale da parte dei retailer può offrire al consumatore

un’esperienza di acquisto integrata e quindi fluida su tutti i canali.

E’ proprio la necessità di innovarsi il motivo per cui l’attenzione del mondo economico

si è progressivamente focalizzata sullo scenario delle startup. Per propria natura, le

startup si pongono come obiettivo quello di introdurre innovazione, puntando su un

business model innovativo.

La collaborazione con le startup può favorire e rendere più agile il processo di

innovazione all’interno di organizzazioni complesse e di dimensione elevata.

Diventa quindi improrogabile per i big player monitorare ed entrare in contatto con le

startup, non solo per difendersi da una potenziale riduzione del proprio ruolo nel

mercato di riferimento, ma anche e soprattutto per sostenere chi è in grado di

reinventare in chiave digitale prodotti, servizi, processi, logiche e modalità di consumo.

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Executive summary

I. Scenario e analisi della letteratura

Il termine Retail viene utilizzato per indicare la vendita al dettaglio di prodotti e/o

servizi e costituisce dunque la parte della supply chain a diretto contatto col cliente

finale.

La situazione economica internazionale è stata caratterizzata negli ultimi anni da una

profonda crisi economica con conseguente riduzione dei consumi e calo drastico della

domanda. Durante l’anno corrente ha iniziato a manifestarsi la prospettiva di una ripresa

sostenibile, anche se a livello di potere di acquisto reale non si è ancora tornati ai valori

pre-crisi. In particolare, nel settore Retail anche l’offerta ha subito sostanziali modifiche

che hanno introdotto una complessità gestionale prima inesistente: da un lato il continuo

ampliamento della gamma dei prodotti in vendita (ogni anno vengono introdotti

45.0000 nuovi prodotti nel Retail), dall’altro una costante riduzione del loro ciclo di

vita, soprattutto nell’Abbigliamento e nell’Informatica ed Elettronica di consumo,

rendono più complicata la gestione delle attività operative, con conseguente incremento

dei costi (amministrativi, logistici,..) e riducono il margine, a parità di fatturato

generato.

L’evoluzione tecnologica ha poi rivoluzionato la figura del consumatore che ora assume

un ruolo sempre più attivo nel processo di acquisto. Il cliente è sempre più connesso e

digitale: nel 2015 gli internet user italiani sfiorano quota 38 milioni (+3% rispetto al

2014) e i web shopper raggiungono i 17,7 milioni (+11% rispetto al 2014%). La

diffusione dei dispositivi Mobile è ormai un fenomeno di massa: nel 2015 gli utenti

italiani che si connettono da smartphone sono 31 milioni (+19,5% rispetto al 2014) e

aumenta il tempo medio speso giornalmente navigando da cellulare (+26,7% rispetto al

2014). L’utilizzo di tali dispositivi condiziona sempre più fasi del processo di acquisto.

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La figura del consumatore è quindi profondamente diversa da quella del periodo pre-

crisi: la situazione economica ha notevolmente ridotto la capacità di spesa dei

consumatori, costringendoli a prendere decisioni d’acquisto sempre più ponderate. La

diffusione dei nuovi dispositivi digitali e la continua evoluzione tecnologica hanno

consentito al cliente l’accesso ad un’ingente mole di informazioni relative ai prodotti,

ampliando il numero di possibilità da valutare. Inoltre i consumatori non sono solo più

informati, ma anche più esigenti e con alte aspettative nei confronti dell’esperienza di

acquisto. Anche le modalità di acquisto sono cambiate: il consumatore può fare acquisti

senza limiti spazio temporali grazie ai dispositivi mobili e con varie modalità; nel punto

vendita fisico può usufruire di servizi relativi all’acquisto online (es. Click&Collect).

I retailer sono consapevoli del profondo cambiamento avvenuto e tuttora in atto e della

conseguente esigenza di innovare che ha assunto le caratteristiche di improrogabilità e

urgenza. In un contesto così complesso e mutevole, l’introduzione e lo sviluppo di

innovazione digitale può apportare benefici ai retailer sia in termini di efficacia

dell’azione di vendita, sia in termini di efficienza dei processi operativi e gestionali.

E’ proprio la necessità di innovarsi il motivo per cui l’attenzione del mondo economico

si è progressivamente focalizzata sullo scenario delle startup. Per propria natura, le

startup si pongono come obiettivo quello di introdurre innovazione, puntando su un

business model innovativo. Negli ultimi anni questa tipologia di impresa ha così

sdoganato l’introduzione di innovazione, che prima era unicamente appannaggio delle

grandi aziende, dotate di dipartimenti di Ricerca&Sviluppo predisposti e aventi a

disposizione budget, strumenti e risorse necessari a creare qualcosa di nuovo.

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II. Obiettivi

Investire in digital transformation è ormai divenuto un imperativo urgente anche per

settori tradizionali dell’economia come il Retail. La collaborazione con le startup può

favorire e rendere più agile il processo di innovazione all’interno di organizzazioni

complesse e di dimensione elevata.

Il presente elaborato nasce con l’obiettivo di evidenziare il ruolo chiave che le aziende

startup assumono nel creare valore per i retailer grazie all’introduzione

dell’innovazione.

Sono state dunque sviluppate quattro domande di ricerca:

• Comprendere il contesto e le trasformazioni in atto: è stata condotta un’indagine

accurata sull’ambito di riferimento, il Retail, evidenziando i cambiamenti dello

scenario socioeconomico che lo influenzano e le evoluzioni tecnologiche che

hanno modificato la figura del consumatore.

• Comprendere il contesto in cui nascono e operano le imprese startup: sono state

analizzate le politiche pubbliche introdotte dai vari Paesi in un quadro sia

internazionale che nazionale che hanno permesso a ciascun Paese di sviluppare e

rafforzare il proprio sistema imprenditoriale, cercando meccanismi diretti ad

incentivare lo sviluppo di nuove attività.

• Comprendere i processi in ambito Retail e le innovazioni che incidono su essi:

sono stati classificati i processi Retail e mappate le innovazioni che incidono su

di essi, specificandone i benefici apportati. Sono state identificate tre categorie

d’innovazione: di back-end (ossia volte a migliorare i processi gestionali e

operativi, di relazione con i fornitori, di gestione del magazzino e di gestione dei

negozi), di front-end (ovvero che impattano sui processi di interazione con il

consumatore all’interno del punto vendita, agendo sulla dimensione della

customer experience) e a supporto dell’omnicanalità (che supportano i processi

di interazione con il consumatore attraverso nuovi canali).

• Comprendere come le startup supportino il retailer nel raggiungimento di

obiettivi orientati all’efficacia, all’efficienza e a supporto dell’omnicanalità:

sono state mappate le startup censite a livello internazionale e nazionale sulle

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innovazioni individuate, individuando i trend, le categorie e i casi più

significativi.

III. Metodologia

Le fasi iniziali di questo studio sono state dedicate:

• alla definizione del contesto Retail a cui appartengono le startup prese in

considerazione;

• all’analisi del quadro normativo che favorisce la nascita e la crescita di queste

realtà imprenditoriali, evidenziando le differenze esistenti tra il quadro

internazionale e la realtà italiana.

A questo scopo sono stati esaminati quotidiani, riviste online, white paper e libri di

testo.

In secondo luogo, sono stati identificati i principali processi Retail e sono state mappate

su di essi le innovazioni digitali. A tale scopo sono stati vagliati paper scientifici, riviste

del settore e i risultati delle ricerche condotte dall’Osservatorio Retail Digital

Innovation del Politecnico di Milano.

Infine per analizzare le startup innovative operanti in ambito Retail è stato svolto un

censimento online attingendo da database online specializzati in startup (es.

Crunchbase), prendendo in considerazione complessivamente 954 startup italiane e

internazionali.

Le caratteristiche comuni di tali aziende sono le seguenti:

� sono nate a partire dal 2010;

� hanno ricevuto finanziamenti negli ultimi quattro anni.

Sono state escluse dall’analisi le startup che offrono soluzioni nell’ambito della

ristorazione e nell’ambito alberghiero.

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Per tutte le startup considerate sono state raccolte informazioni relative al numero di

finanziamenti ricevuti, all’entità di tali finanziamenti (ove il dato sia pubblico), agli

investitori e alla nazione in cui sono state aperte.

Si è poi focalizzata l’attenzione sulle startup operanti in ambito Retail in Italia,

individuando complessivamente 56 aziende. Le informazioni sono state ottenute

attingendo da database online e in collaborazione con l’Osservatorio Startup Hi-tech del

Politecnico di Milano.

La figura illustra graficamente la successione della fasi dell’analisi condotta.

Figura 1: Fasi dell’analisi relativa alle startup innovative in ambito Retail.

IV. Risultati e conclusioni

I. Il contesto e le trasformazioni in atto

La situazione economica internazionale è stata caratterizzata negli ultimi anni da una

profonda crisi economica con conseguente riduzione dei consumi e calo drastico della

domanda. Durante l’anno corrente ha iniziato a manifestarsi la prospettiva di una ripresa

sostenibile, anche se a livello di potere di acquisto reale non si è ancora tornati ai valori

pre-crisi.

L’evoluzione tecnologica ha poi rivoluzionato la figura del consumatore che ora assume

un ruolo sempre più attivo nel processo di acquisto. Il cliente è sempre più connesso e

digitale: nel 2015 gli internet user italiani sfiorano quota 38 milioni (+3% rispetto al

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2014) e i web shopper raggiungono i 17,7 milioni (+11% rispetto al 2014%). La

diffusione dei dispositivi Mobile è ormai un fenomeno di massa: nel 2015 gli utenti

italiani che si connettono da smartphone sono 31 milioni (+19,5% rispetto al 2014) e

aumenta il tempo medio speso giornalmente navigando da cellulare (+26,7% rispetto al

2014). La diffusione delle tecnologie ha portato alla nascita di nuove tendenze,

condizionando sempre più fasi del processo di acquisto. Per esempio il 54% dei

consumatori preferisce percorsi di acquisto che contemplino almeno un’interazione con

i canali digitali (online e Mobile), è aumentato il numero di consumatori che si

informano online prima di acquistare un prodotto (comprano in negozio, ma hanno

preso la decisione su canali digitali) o che al contrario raccolgono informazioni sui

prodotti all’interno del punto vendita per poi concludere l’acquisto online.

II. Le startup

Una startup è un’organizzazione temporanea in cerca di un modello di business

ripetibile, scalabile e profittevole. Per sua natura, la startup si pone come obiettivo

quello di introdurre novità, un business model da testare che ancora non sia stato

adottato dalle aziende. Sono state descritte le fasi di nascita e di sviluppo di queste

imprese e presentate le varie figure di finanziatori coinvolti nel suo sostegno.

Affinché una startup possa contribuire alla crescita del Paese in cui opera è necessario

che il sostegno a livello economico apportato dagli investitori porti alla formazione di

un’impresa economicamente sostenibile, in grado di entrare e stare nel mercato,

vendere, fatturare riuscendo a coprire l’ammontare dei costi, generare ricavi e posti di

lavoro e lo riesca a fare in definitiva in maniera autonoma. Il modo in cui questo

processo avviene è fortemente influenzato dall'ecosistema esistente nel Paese di

riferimento. Le politiche pubbliche introdotte dai vari Paesi in un quadro sia Europeo,

che internazionale hanno permesso a ciascun Paese di sviluppare e rafforzare il proprio

sistema imprenditoriale, cercando meccanismi diretti ad incentivare lo sviluppo di

nuove attività. Leader incontrastato dell’innovazione e dell’alta tecnologia restano gli

Stati Uniti che da anni possono contare su solidi rapporti tra Università e imprese e su

un sistema normativo che favorisce ed incentiva la nascita di nuove realtà

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imprenditoriali. Solo dal 2012 le startup vengono riconosciute ufficialmente dalla

legislazione italiana, introducendo un serie di interventi normativi che mirano a

favorirne la nascita e la crescita. A tre anni dall’introduzione di tali interventi, i risultati

sono positivi ed incoraggianti, anche se la strada da percorrere è ancora lunga per

arrivare ai livelli raggiunti da altri Paesi con una cultura orientata alle startup già ben

radicata.

III. La classificazione dei processi e la mappatura delle innovazioni

in ambito Retail

Sono state identificate tre categorie di processi nel settore Retail:

• front-end: i processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita,

direttamente a contatto col cliente finale; il front-end si compone di tre fasi: pre-

vendita (ossia l’insieme delle attività che accompagnano il cliente fino al

momento della decisione di acquisto), vendita (che ha inizio quando il cliente

“mette il prodotto nel carrello” e si conclude col pagamento) e post-vendita

(ovvero l’insieme di azioni volte a mantenere una relazione con il cliente, anche

dopo che si è concluso l’acquisto, in ottica di fidelizzazione).

• back-end: i processi di back-end sono quelli che non prevedono un’interazione

con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi: processi in

negozio (attività che hanno luogo in negozio, ma che nonostante ciò non sono

catalogabili all’interno del front-end, perché non prevedono un’interazione con il

cliente), processi di gestione del magazzino (per esempio la gestione delle

scorte, il rifornimento degli scaffali, la previsione della domanda) e processi di

relazione con l’esterno (per esempio la gestione delle informazioni all’interno

della filiera).

• omnicanalità: l’omnicanalità è definita come l’utilizzo congiunto e integrato dei

diversi canali (negozi fisici, online e Mobile) a supporto del processo di

interazione azienda-consumatore (fasi di pre-vendita, acquisto e post-vendita).

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Figura 2: I processi Retail.

Le innovazioni mappate sui processi sono state classificate come segue.

Front-end:

Innovazioni nella fase pre-vendita:

o Chioschi, totem e touch point: Device, installati in punto vendita e dotati di

schermo interattivo, che consentono ai clienti di ricevere informazioni sui

prodotti, di verificarne la disponibilità, di acquistarli online, di accedere alle

promozioni disponibili,..

o Vetrine Smart: Sistemi utilizzati per la comunicazione di prossimità, installati

di norma all’esterno del punto vendita, che hanno lo scopo di invogliare le

persone ad entrare in negozio e di promuovere la vendita attraverso i contenuti

veicolati.

o Indoor Positioning: sfruttano le tecnologie di micro-geolocalizzazione tramite

applicazioni quali ad esempio iBeacon per inviare notifiche push sullo

smartphone dei clienti con l’obiettivo di invogliarli ad entrare nel punto vendita;

guidano i visitatori all’interno del negozio e collezionano informazioni relative

alle abitudini dei consumatori in punto vendita.

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o Cartellini interattivi: Cartellini elettronici che consentono al retailer di

modificare istantaneamente il prezzo del prodotto esposto e che, in alcuni casi,

forniscono ulteriori informazioni sul prodotto stesso (ad esempio il numero di

Like ricevuti sui social).

o Coupon digitali: Codici promozionali inviati dal retailer ai propri clienti tramite

email, sms o App. Il cliente, esibendo alla cassa il codice che gli è stato inviato,

ottiene uno sconto sui prodotti.

o Camerini Smart: Soluzioni che consentono al cliente di indossare virtualmente

vestiti ed accessori. Tali sistemi consentono inoltre al cliente di visualizzare

l’intera collezione di abiti disponibili, spesso suggerendo abbinamenti o prodotti

simili a quello selezionato.

o App in store: Iniziative Mobile sviluppate per essere utilizzate in punto vendita

dai clienti per avere maggiori informazioni sui prodotti presenti a scaffale, per

ricevere promozioni personalizzate, per velocizzare la fase di pagamento, ...

Innovazioni nella fase di vendita (acquisto e pagamento):

o Self scanning: Device utilizzati dai clienti per leggere i codici a barre dei

prodotti selezionati e inseriti nel carrello. Di recente sono stati introdotti

strumenti in grado di rilevare, tramite scansione del codice a barre, anche gli

ingredienti che compongono i prodotti.

o Online selling: Device, (di norma un tablet) in dotazione alla forza vendita o a

disposizione dei clienti, per consentire al cliente di finalizzare l’acquisto online

in negozio soprattutto nel caso di prodotti non presenti in punto vendita.

o Cassa evoluta: Tablet, integrati con il Mobile POS, per permettere ai clienti di

pagare i prodotti acquistati direttamente all’assistente vendite, senza dirigersi

alla barriera casse.

o Pagamenti innovativi: Sistemi che consentono il pagamento in modo

alternativo a quello tradizionale: ne sono un esempio i sistemi che consentono al

cliente di pagare tramite il proprio smartphone e i sistemi che abilitano il

pagamento mediante la generazione di un QR code.

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o Self check out: Sistemi di cassa self-service per consentire al cliente di leggere i

codici a barre dei prodotti acquistati, di stampare lo scontrino e di pagare la

propria spesa in completa autonomia.

Innovazioni nella fase di post-vendita:

o Loyalty: Soluzioni digitali utilizzate per rafforzare la fedeltà dei clienti. Lo

strumento più diffuso è la Fidelity Card digitale, ovvero la tessera

dematerializzata che dà l’opportunità al cliente di usufruire di agevolazioni,

sconti esclusivi o premi.

Back-end:

Innovazioni nei processi di relazione con i fornitori:

o EDI – Electronic Data Interchange: Sistemi che consentono il trasferimento di

informazioni e documenti in formato elettronico tra imprese appartenenti alla

stessa supply chain.

o Fatturazione elettronica: Sistemi a supporto della realizzazione, dell’invio e

della ricezione di documenti relativi al Ciclo Ordine-Pagamento.

Innovazioni nei processi di gestione del magazzino:

o Sistemi di tracciamento dei prodotti (Rfid – Radio Frequency

Identification): Sistemi che consentono di tracciare i prodotti lungo la catena

distributiva.

o Sistemi di planning: Sistemi gestionali in grado di supportare i decision maker

nella pianificazione della domanda, nella gestione delle scorte e nella scelta dei

piani di distribuzione.

o Sistemi di automazione del magazzino: Sistemi che consentono di

automatizzare la messa a stock (storage), il prelievo e il sorting della merce

all’interno del magazzino.

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o Sistemi di picking/packing: Soluzioni ICT per supportare le attività degli

operatori di magazzino nelle fasi di picking, controllo e allestimento ordini.

o Soluzioni di intelligent transportation system: Tecnologie ICT integrate nei

mezzi di trasporto per raccogliere e comunicare dati al fine di agevolare

pianificazione, progettazione, esercizio, manutenzione e gestione dei sistemi di

trasporto.

Innovazioni nei processi trasversali o di gestione dei negozi:

o Sales force automation: Costituisce uno degli strumenti volti a velocizzare le

fasi di vendita permettendo l’automazione di attività a basso a valore aggiunto.

o Sistemi ERP (Enterprise Resource Planning): Sistemi che permettono di

gestire in modo integrato i dati provenienti da tutte le funzioni interne di

un’azienda come la produzione, gli acquisti, le vendite, l’amministrazione, la

finanza e le risorse umane.

o Sistemi di business intelligence: Sistemi che si propongono di esplorare i dati

per ricavare informazioni e conoscenze utilizzabili nel corso dei processi

decisionali.

o Sistemi CRM (Customer Relationship Management): Sistemi che vengono

impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le interazioni con i

clienti.

Omnicanalità:

o Sito informativo: Sito la cui finalità è la presentazione dell’azienda e fornire

informazioni utili per la visita in store (es. orari di apertura e indirizzo, elenco

dei punti vendita, promozioni in corso,…).

o Sito eCommerce: Sito che consente l’acquisto di prodotti, eventualmente la

personalizzazione, la scelta della modalità di pagamento,…

o App/Mobile site: hanno le stesse funzionalità dei siti informativi o eCommerce,

ma sono ottimizzati per la visualizzazione e la fruizione dei contenuti tramite

dispositivi mobili (tablet e smartphone).

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o Sistemi Social; Sono i principali social network (Facebook, Twitter, YouTube,

Google+, Instagram, Pinterest) sui quali l’azienda retailer è presente, promuove

e pubblicizza i propri articoli.

IV. La creazione di valore da parte delle startup per i retailer

Analisi a livello internazionale.

Nel mondo sono diversi i top retailer che hanno iniziato a collaborare con le startup

attraverso varie forme: acquisizione o partnership con esse o la costituzione di

incubatori e acceleratori di impresa.

Il censimento ha individuato 954 startup a livello internazionale che sono state

suddivise in tre categorie: i retailer stessi e le Dot Com che insieme costituiscono il 30%

del campione esaminato e i service provider che offrono soluzioni digitali ai retailer, che

costituiscono il rimanente 70%.

Figura 3: Le tipologie di startup internazionali.

I retailer tradizionali rappresentano il 3% delle aziende censite e hanno ricevuto

finanziamenti per sviluppare a fianco dei negozi fisici un sito eCommerce B2c. La

maggior parte è stata fondata negli Stati Uniti e opera nel settore Abbigliamento.

3%

70%

27%

Dot Com

service provider

665

260

29

retailer

Base: 954 startup

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Le Dot Com, ovvero i retailer online privi di una rete fisica, costituiscono da sole il 27%

del campione e hanno ricevuto un finanziamento per potenziare la vendita online; anche

la maggior parte delle Dot Com è attiva nel settore Abbigliamento.

L’innovazione digitale di queste tipologie di imprese è costituita unicamente dalla

presenza di un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita di prodotti. Al

contrario dei service provider non introducono quindi soluzioni tecnologiche innovative

che portino benefici in termini di efficienza dei processi interni e di efficacia del

processo di acquisto. Tuttavia sono state prese in considerazione nell’analisi per

l’importanza che ha assunto negli ultimi anni la vendita online. Secondo le ultime stime

di eCommerce Foundation, in tutto il mondo le vendite complessive di beni e servizi

online si attesteranno sui 2.100 miliardi di dollari a fine 2015 (erano 1.840 miliardi a

fine 2014).

Figura 4: L’eCommerce nel mondo.

Fonte: Netcomm Considerando la sola Europa le previsioni per il 2015 stimano a 470 miliardi di euro il

fatturato complessivo di beni e servizi acquistati tramite eCommerce. Sviluppare un

canale online è il primo passo per sviluppare una strategia omnicanale, stategia che

assume un’importanza sempre maggiore dato il fenomeno di digitalizzazione del

consumatore di cui si è parlato in precedenza.

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I service provider costituiscono il 70% del campione analizzato e sono stati raggruppati

in funzione della soluzione tecnologica offerta. La ricerca condotta ha rilevato che la

maggior parte dei service provider si occupa di introdurre innovazioni in ambito back-

end: sono 288 le startup mappate sulle innovazioni di back-end e costituiscono il 44%

del totale. A seguire i service provider che apportano innovazioni nel front-end: con 247

aziende costituiscono il 37% dei service provider. Infine 130 startup si occupano di

omnicanalità, per una quota pari al 19%.

Figura 5: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo supportato a livello internazionale.

44%

37%

19%

Front-end

Back-end

A supporto dell’ omnicanalità

Base: 665 startup

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A livello di finanziamento medio ricevuto per ambito applicativo, si può osservare come

la categoria più numerosa, quella del back-end, riceva anche il finanziamento medio di

importo più elevato: 5,6 mln $. A seguire la categoria del front-end con 4,9 mln $ ed

infine l’omnicanalità con 2,4 mln $. Nel grafico è stato introdotto come riferimento il

finanziamento medio ottenuto dalla totalità dei service provider, pari a 4,3 mln $.

Figura 6: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello internazionale

suddivisi per ambito applicativo supportato.

Base: 590 startup (di cui è pubblica l’informazione sull’entità del finanziamento ricevuto)

mln $

mln $

mln $

mln $ 5.6

4.9

4.3

2.4

Back-end

Front-end

Media dei

finanziamenti

Omnicanalità

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Tra le innovazioni introdotte in ambito back-end, che sono le più numerose, vengono

proposti: sistemi di CRM per la gestione delle informazione sulla clientela, per la

creazione di campagne di marketing e l’offerta di software di marketing automation;

sistemi di business intelligence; sistemi ERP per la gestione ottimizzata di tutti i

processi aziendali e sistemi di planning per la pianificazione della domanda e

dell’offerta.

Figura 7: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello internazionale.

Le quattro categorie citate non sono solo le più numerose ma si rivelano le più

interessanti anche analizzando l’importo del finanziamento medio da esse ricevuto, in

quanto sono le categorie che attraggono i finanziamenti maggiori: precisamente il

finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano

di ERP (4,5 mln $), seguite da CRM (4,3 mln $), business intelligence (3,8 mln $) e

infine sistemi di planning (1,9 mln $).

Analizzando le startup operanti in ambito front-end, si riscontra che la maggior parte di

esse si occupa di loyalty e soluzioni di couponing digitali, sistemi innovativi riguardanti

la fase di pagamento come cassa evoluta e pagamenti innovativi ed infine sistemi di

indoor positioning. Non trascurabili sono anche le soluzioni di online selling e i

camerini Smart.

59%18%

12%

7%4%

Base: 288 startup (5,6mln$/startup)

sistemi di business intelligence

(3,8mln $/startup)

soluzioni di CRM (4,3 mln $/startup)

sistemi ERP (4,5 mln $/startup)

Sistemi di planning (1,9 mln $/startup) Altro

(6 mln $/startup)

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Figura 8: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello internazionale.

Le cinque categorie più numerose si rivelano le più interessanti dal punto di vista

dell’importo di finanziamento medio ricevuto: precisamente il finanziamento medio di

importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano di cassa evoluta (15,2

mln $), seguite da pagamenti innovativi (5,8 mln $) e coupon digitali (5,8 mln $); a

seguire loyalty (4,3 mln $) e infine indoor positioning (4,0 mln $).

Particolare rilevanza rivestono i sistemi di cassa evoluta e i sistemi di indoor

positioning. I sistemi di cassa evoluta hanno ottenuto il finanziamento medio maggiore

tra i service provider, ricevono finanziamenti anche nel 2015 e l’importo medio di tali

finanziamenti è il maggiore rispetto alle altre categorie non solo del front-end, ma di

tutti i service provider (3,9 mln $); l’importanza dell’adozione di Mobile POS non è

costituita unicamente dal risparmio che consegue la sostituzione dei dispositivi di cassa

tradizionali, ma assume un’importanza ancora maggiore in termini di benefici apportati

alla customer experience perché permette una miglior gestione dei momenti di picco di

affluenza, lo snellimento dei processi di checkout, una miglior interazione con il device

Mobile del cliente per il pagamento, l’ampliamento degli spazi in negozio destinati

all’esposizione dei prodotti. I sistemi di indoor positioning costituiscono

un’innovazione digitale che suscita interesse ed è sempre più implementata tra i retailer;

il negozio è ancora fermamente al centro del processo di acquisto, in quanto nonostante

21%

18%

17%

15%

14%

9%3%

3%

Base: 247 startup (4,9 mln $/startup)

sistemi di indoor positioning (4,0 mln $/startup)

sistemi di loyalty (4,3 mln $/startup)

sistemi di pagamento innovativi

(5,8 mln $/startup)

altro

sistemi di cassa evoluti

(15,2 mln $/startup)

sistemi di couponing digitali (5,8 mln $/strtup)

sistemi di online selling

(3,7 mln $/startup)

camerini Smart

(2,3 mln $/startup)

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i progressi tecnologici, non esiste ad oggi un altro canale distributivo in grado di

sostituirlo e di replicare l’esperienza di prodotto e di brand che è in grado di offrire.

Ecco allora che il punto vendita può costituire per il retailer una preziosa opportunità

per acquisire un ingente volume di informazioni relative alla clientela e l’indoor

positioning permette di ricavare tali informazioni sul consumatore attraverso lo

smartphone, device ormai posseduto dalla maggioranza della clientela sempre più

digitalizzata. Grazie alle tecnologie utilizzate nell’indoor positioning è inoltre possibile

offrire al cliente offerte sempre più personalizzate ed un’esperienza di acquisto

ottimizzata.

Passando ad analizzare le startup operanti in ambito omnicanalità si osserva come

l’innovazione implementata maggiormente sia quella relativa ai sistemi Social; a seguire

siti eCommerce, App/Mobile site ed infine siti informativi.

Figura 9: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello internazionale.

I sistemi Social, oltre ad essere la categoria più numerosa in ambito omnicanalità, ha

anche ricevuto l’importo maggiore a livello di finanziamento medio negli ultimi quattro

anni (3,3 mln $) e relativamente al solo 2015 (1,9 mln $). Gli strumenti Social offrono

un’interazione diretta con i propri clienti e una conoscenza delle opinioni degli stessi

sull’esperienza di acquisto, fornendo spunti di ottimizzazione della strategia

commerciale. I Social Media hanno un’influenza sempre maggiore sugli acquirenti che

vengono influenzati dalle recensioni degli altri consumatori per l’acquisto. I retailer

32%

29%

29%

10%

Base: 130 startup (2,4mln$/startup)

siti eCommerce (3,2mln $/startup)

sistemi Social (3,3 mln $/startup)

App/Mobile site (1,1 mln $/startup)

siti informativi (1,7 mln $/startup)

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possono usare a loro vantaggio tale aspetto combinando campagne Social con

promozioni in store. Le valutazioni sul lancio di iniziative pilota sui propri negozi, su

nuovi prodotti offerti nell’assortimento o sulla definizione delle prossime campagne

promozionali sono esempi di utilizzo dei Social come canali efficaci per rivedere il

posizionamento sul mercato, aumentando la vicinanza ai clienti. I Social Media

costituiscono dunque nuove opportunità per i retailer, ma anche sfide e rischi: opinioni

negative sui Social Network potrebbero in poche ore danneggiare la reputazione del

brand. È importante saper gestire la comunicazione e avere chiara una strategia di

risposta in caso di “crisi di reputazione”.

Analisi a livello nazionale.

La seconda parte della ricerca si è poi focalizzata sulle startup operanti in ambito Retail

in Italia, individuando complessivamente 56 aziende. Sono state individuate 19 Dot

Com finanziate e 37 startup che operano in ambito innovazione digitale e hanno

ricevuto finanziamenti da investitori istituzionali negli ultimi quattro anni: di queste 37,

2 sono retailer tradizionali che hanno ricevuto un finanziamento per lanciare il sito

eCommerce e 35 sono service provider.

Figura 10: Le tipologie di startup italiane.

62%

4%

34%

Dot Com

service provider

35

19

2

retailer

Base: 56 startup

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In Italia i service provider che introducono innovazioni in ambito front-end sono i più

numerosi, seguiti da quelli che si occupano di back-end ed infine il supporto

all’omnicanalità.

Figura 11: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo supportato a livello nazionale.

43%

26%

31%

Front-end

Back-end

A supporto dell’ omnicanalità

Base: 35 startup

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La categoria back-end riceve il finanziamento medio di importo più elevato: 3,2 mln $.

A seguire la categoria omnicanalità con 1,4 mln $ ed infine il front-end con 1,1 mln $.

Nel grafico è stato introdotto come riferimento il finanziamento medio ottenuto dalla

totalità dei service provider, pari a 1,9 mln $.

Figura 12: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello nazionale

suddivisi per ambito applicativo supportato. Nella customer experience in negozio, le principali soluzioni offerte sono loyalty,

sistemi di couponing digitali, stampanti 3D e sistemi di cassa evoluti.

Figura 13: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello nazionale.

28%

20%14%

14%

6%

6%

6%

6%

Base: 15 startup (1,1 mln $/startup)

sistemi di couponing digitali

(1,2 mln $/startup)

sistemi di loyalty (0,8 mln $/startup)

stampanti 3D (0,4 mln $/startup)

sistemi di indoor positioning (0,4 mln $/startup)

sistemi di cassa evoluti (3,3 mln $/startup)

vetrine Smart (0,8 mln $/startup)

camerini Smart

sistemi di self scanning (0,5 mln $/startup)

3.2

1.9

1.4

1.1

Back-end

Media dei

finanziamenti

Omnicanalità

Front-end

Base: 35 startup (di cui è pubblica l’informazione sull’entità del finanziamento ricevuto)

mln $

mln $

mln $

mln $

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Si confermano alcune osservazioni già effettuate nel censimento internazionale. Le

categorie di innovazioni maggiormente implementate nello scenario internazionale sono

presenti anche nelle startup nate nel nostro Paese e sono: sistemi di cassa evoluti,

sistemi di couponing digitali, sistemi di loyalty e indoor positioning. Anche in Italia, il

finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano

di cassa evoluta (3,3 mln $).

Si riscontra che la maggior parte delle startup nazionali operanti in ambito back-end si

occupa di sistemi di business intelligence; a seguire sistemi di tracciamento dei prodotti

- Rfid, EDI e sistemi ERP.

Figura 14: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello nazionale. Le innovazioni digitali più importanti sia in termini di numerosità che per importo di

finanziamento medio ricevuto (4,7 mln $) sono i sistemi di business intelligence,

appartenenti al terzo cluster, a supporto dei processi trasversali o di gestione dei negozi,

analogamente a quanto evidenziato nell’analisi internazionale, dove le innovazioni di

back-end più numerose e maggiormente finanziate erano CRM, ERP e business

intelligence. I sistemi di business intelligence vengono utilizzati per l’analisi del

comportamento dei clienti in negozio e per l’analisi dei driver che condizionano le

performance del retailer.

64%

18%

9%

9%

Base: 11 startup (3,2mln$/startup)

sistemi di tracciamento dei prodotti - RFId

(0,9 mln $/startup)

sistemi di business intelligence

(4,7 mln $/startup)

sistemi ERP (0,5 mln $/startup)

EDI (0,05 mln $/startup)

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La maggior parte delle startup operanti in ambito omnicanalità si occupa di sistemi

Social; a seguire siti informativi, App/Mobile site ed infine siti eCommerce.

Figura 15: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello nazionale. Il finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si

occupano di siti informativi (2,2 mln $), seguiti da siti eCommerce (1,4 mln $), sistemi

Social (1,0 mln $) e App/Mobile site (1,0 mln $).

Analogamente a quanto osservato per il censimento internazionale, l’innovazione a cui

si dedicano la maggior parte delle startup nella categoria omnicanalità è quella dei

sistemi Social. Però mentre nello scenario internazionale questa innovazione è anche

quella maggiormente finanziata con un finanziamento medio pari a 3,3 mln $/startup,

nello scenario italiano l’attenzione degli investitori non si è ancora focalizzata in

quest’ambito. Tuttavia le startup italiane che si occupano di quest’innovazione sono le

più numerose della categoria e sono nate recentemente, dopo il 2013, per cui è probabile

che anche in Italia si sia compresa la potenzialità degli strumenti Social per la gestione

della relazione con i propri clienti.

45%

33%

11%

11%

Base: 9 startup (1,4mln$/startup)

siti informativi (2,2mln $/startup)

sistemi Social (1,0 mln $/startup)

App/Mobile site (1,0 mln $/startup)

siti eCommerce (1,4 mln $/startup)

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In conclusione investire in digital transformation è ormai divenuto un imperativo

urgente anche per settori tradizionali dell’economia come il Retail. La collaborazione

con le startup può favorire e rendere più agile il processo di innovazione all’interno di

organizzazioni complesse e di dimensione elevata.

Diventa quindi improrogabile per i big player monitorare ed entrare in contatto con le

startup, non solo per difendersi da una potenziale riduzione del proprio ruolo nel

mercato di riferimento, ma anche e soprattutto per sostenere chi è in grado di

reimmaginare in chiave digitale processi, servizi, logiche, prodotti e modalità di

consumo. La disruptive innovation di cui le startup sono portatrici non consiste

unicamente nello sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative da introdurre nel

mercato, ma ha un’accezione più radicale che implica la creazione di business model

totalmente innovativi e rivoluzionari capaci di far perdere di significato ad intere aree di

business, perché in grado di soddisfare in modo diverso e a costi spesso irrisori le

funzionalità che le caratterizzavano.

Creare un solido e continuativo rapporto di collaborazione tra startup e big player non

porta vantaggi solo a questi ultimi. La startup che sviluppa l’idea vincente deve

imparare a “fare impresa” e quindi a gestire il successo che l’innovazione introdotta ha

portato. Nel far questo può ricevere supporto in termini di competenze per il

trasferimento tecnologico, strutture e asset, entrando in contatto con le aziende

consolidate che già li possiedono. Ne consegue che la startup e la grande azienda

possono rappresentare una per l'altra una preziosa risorsa.

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1. Il contesto Retail

In questo primo capitolo, l’obiettivo è quello di presentare il contesto in cui operano le

startup che sono oggetto dell’analisi: il settore Retail.

Sarà quindi condotta un’analisi relativa al significato del termine Retail nella tradizione

e alla sua evoluzione nel tempo.

In seguito verrà descritto il contesto socioeconomico, con particolare attenzione

all’evoluzione dei consumi dall’epoca pre-crisi al momento attuale.

Infine si analizzerà la figura del consumatore, con particolare enfasi sulle modifiche del

comportamento d’acquisto introdotte dall’evoluzione tecnologica.

1.1. Definizione di Retail

Partendo da alcune definizioni presenti nella letteratura scientifica, si vuole definire il

termine Retail. In seguito si presenteranno l’evoluzione e il significato attuale di questo

termine.

Wingate nel 1931 definisce il Retail come: “Any individual, firm, or corporation that

performs the last step in the marketing of goods from producer to consumer. He buys

from wholesaler or manufacturer and sells direct to consumer.”1 Egli identifica quindi il

Retail come qualsiasi individuo, azienda o società che esegue l’ultimo passo nella

commercializzazione di beni da produttore al consumatore. Il retailer effettua l’acquisto dal

grossista o dal produttore e vende direttamente al consumatore.

Morgenstein & Strongin nel 1983 definiscono il Retail così: “Consists of the selling of

goods and services to their ultimate consumers, that is, individuals who buy something

for personal or household use.”. Si identifica il Retail come la vendita di prodotti e

servizi al consumatore finale, il quale acquista per uso personale o domestico.2

1 Wingate, 1931 2 Morgenstein & Strongin, 1983

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Considerando la definizione di Retail e retailer del U.S. Census Bureau, nel 2001:

“Retail trade includes establishments engaged in selling merchandise in small

quantities to the general public, without transformation, and rendering services

incidental to the sale of merchandise. Store retailers operate fixed point-of-sale

locations, located and designed to attract a high volume of walk-in customers. Some

store retailers also provide after sales services, such as repair and installation.

Nonstore retailers also serve the general public, but their retailing methods differ. Such

methods include “infomercials,” paper and electronic catalogs, door-to-door

solicitation, in home demonstration, selling from portable stalls or through vending

machines.”.3 Secondo quest’ultima definizione, il Retail comprende istituti coinvolti

nella vendita di merce in piccole quantità al pubblico, senza trasformazione, e nella

fornitura di servizi correlati alla vendita di merci. I rivenditori operano in punti vendita

fissi, posizionati e progettati per attrarre un elevato volume di clienti. Alcuni rivenditori

forniscono anche servizi post-vendita, come la riparazione e l’installazione. I rivenditori

senza negozio fisico si rivolgono sempre al consumatore finale, ma con metodi di

vendita al dettaglio diversi. Tali metodi includono vendite televisive, vendita per

cataloghi di carta ed elettronici, vendita porta a porta, dimostrazioni in casa, vendita da

bancarelle o attraverso distributori automatici.

Dunque il termine Retail, traducibile come “distribuzione al dettaglio”, descrive la

vendita di beni e di servizi da parte dei negozianti ai consumatori o utilizzatori finali. Il

retailer (tradotto come negoziante o dettagliante o rivenditore) acquista beni o prodotti

in quantità più o meno rilevanti direttamente dal produttore o dai distributori per

venderli in piccole quantità al consumatore finale al fine di ricavare un profitto.

Gli elementi chiave di questa definizione sono:

• Interfaccia tra produttori/distributori e consumatori : il retailer si pone come

interfaccia tra i produttori e/o i distributori di beni e il consumatore finale che è

l’effettivo fruitore di tali prodotti.

3 Balasubramanian S., Peterson R. A., Retailing in the 21st century: reflections and prologue to research. Journal of Retailing 2002

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• Vendita di beni e/o servizi: il retailer vende al cliente beni fisici o servizi; questi

ultimi possono essere servizi legati al prodotto fisico stesso (resi, garanzie,..)

oppure servizi fini a sé stessi.

• Per uso personale: il cliente finale acquista prodotti e/o servizi per fruirne

personalmente, quindi senza finalità di trasformazione o vendita.

• Piccole quantità: la parola “Retail” deriva dal verbo francese “retailler” che

veniva usato nel settore della sartoria sin dal 1365 col significato di “dividere,

tagliare in parti” in riferimento ai tessuti; il retailer infatti vende al cliente finale

piccole quantità di beni/servizi, compatibili con la fruizione personale.

• Diverse forme di vendita: oltre al negozio fisico tradizionale vengono classificati

come retailer anche vendite porta a porta, tramite distributori automatici o

tramite il canale eCommerce.

Il mondo del Retail oggi si presenta molto diverso da quello che emerge dalle

definizioni date in precedenza.

Le cause che hanno più inciso sulla trasformazione delle imprese nel settore Retail

sono:

• la crisi e la perdurante crescita lenta o negativa nei Paesi sviluppati;

• i progressi a livello tecnologico.

La recente situazione economica dei Paesi occidentali ha avuto come conseguenza il

calo dei consumi per la riduzione del potere d’acquisto della clientela.

I progressi a livello tecnologico hanno portato innanzitutto alla digitalizzazione del

consumatore, consentendo alle aziende di raggiungere più facilmente i clienti e di

comprenderne le abitudini di acquisto; in secondo luogo, hanno permesso di

incrementare l’efficienza di alcuni processi chiave, consentendo al retailer di offrire al

cliente un’esperienza di acquisto personalizzata e all’altezza delle aspettative.4 Alle

caratteristiche tradizionali del settore Retail, espresse nelle definizioni precedenti, si

affiancano concetti sempre più rilevanti, come il tema della customer experience e il

4 PWC - Articoli - 17th-ceosurvey-retail

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legame tra il consumatore e il brand, che rendono il settore Retail attuale profondamente

diverso rispetto ai decenni precedenti.

1.2. Crisi, calo drastico dei consumi e lenta ripresa

Il Retail, come tutti gli altri settori economici, è influenzato dai consumi che a loro volta

dipendono dall’andamento dell’economia.

La crisi economica mondiale che ha avuto inizio nel 2007, chiamata anche Grande

Recessione, ha avuto origine negli Stati Uniti in seguito ad una crisi del mercato

immobiliare, innescatasi con lo scoppio di una bolla immobiliare (crisi del subprime).

Tra i principali fattori della crisi figurano gli alti prezzi delle materie prime ed una crisi

creditizia seguita a quella bancaria con conseguente crollo di fiducia dei mercati

borsistici.5

Alla crisi finanziaria scoppiata nel 2007, è seguita nel 2008 una grave crisi industriale

scoppiata nell'autunno dello stesso anno con una forte contrazione della produzione.6

La prima metà del 2008 è stata caratterizzata principalmente dall’aumento repentino

dell’inflazione, spinta dalla crescita dei prezzi delle commodity, che sarebbero poi

crollati nella seconda metà dell’anno. La parte finale dell’anno invece è stata

caratterizzata dall’arrivo in Europa della crisi finanziaria e creditizia. Il fallimento di

Lehman Brothers ha rappresentato il campanello d’allarme che ha poi spinto le

principali banche centrali a ridurre i tassi di interesse ed immettere liquidità per

sostenere il sistema bancario con lo scopo di evitare una crisi del credito.7

Nel 2009 la crisi economica ha assunto una connotazione generale, con pesanti

recessioni e vertiginosi crolli di Pil in numerosi Paesi del mondo e in special modo nel

mondo occidentale. Inoltre il 2009 è stato l’anno in cui si è verificato un aumento

considerevole della disoccupazione con conseguenze sulla diminuzione della capacità di

spesa delle famiglie e sull’aumento della propensione al risparmio.8

5 The Wall Street Journal, 8 aprile 2010 - Did 'Great Recession' Live Up to the Name? 6 Lavoce.Info - Articoli - La Grande Recessione E I Redditi Familiari. La Stampa, articolo del 15-01-2009 7 Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese - Anno 2008 vol. I 8 http://www.isfol.it/DocEditor/test/File/Dossier%20aggiornato.pdfRisposte europee all’attuale crisi socio-economica (Dossier Paesi)

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Terminata la recessione nel terzo trimestre 2009, tra la fine dello stesso anno e il 2010 si

è verificata una parziale ripresa economica.

Tra il 2010 e il 2011 si è conosciuto l'allargamento della crisi ai debiti sovrani e alle

finanze pubbliche di molti Paesi, in larga misura gravati dalle spese affrontate nel

sostegno ai sistemi bancari. Alcuni Paesi dell'Eurozona, impossibilitati a operare

manovre sul tasso di cambio o ad attuare politiche di credito espansive e di

monetizzazione, hanno evitato l'insolvenza sovrana, grazie all'erogazione di ingenti

prestiti da parte del Fondo Monetario Internazionale e dell’ Unione Europea, denominati

"piani di salvataggio", volti a scongiurare possibili default, a prezzo però di politiche di

bilancio fortemente restrittive sui conti pubblici (austerità) con freno a consumi e

produzione ed alimentazione della spirale recessiva.9

I rischi per l’economia mondiale, pur rimanendo alti, si attenuarono nel 2012 a seguito

dell’accordo raggiunto negli Stati Uniti per evitare il fiscal cliff, dell'allentamento delle

tensioni finanziarie nell'area Euro e del miglioramento delle prospettive nei Paesi

emergenti (BRICS), che comunque andranno incontro a un rallentamento del tasso di

crescita a causa dell'impatto negativo della congiuntura internazionale. A questi sviluppi

favorevoli contribuivano, seppure in minima misura, gli effetti dell’annuncio, in estate,

del piano Outright Monetary Transactions da parte della Banca Centrale Europea e la

decisione di rinnovare i prestiti alla Grecia. Complessivamente si registrava una

disparità della ripresa tra alcuni Paesi occidentali, in particolare Regno Unito, Stati

Uniti e Giappone, e l'area Euro la cui la crescita invece mostrava un tasso negativo: in

Francia e Germania la produzione industriale declinava, mentre nei Paesi dell'Europa

meridionale si evidenziavano pesanti segnali di stagnazione. La riduzione dell'inflazione

e la decelerazione dei prezzi al consumo (a causa della debolezza della domanda)

evidenziavano l'aggravarsi della condizione di deflazione e recessione.

Nella seconda metà del 2012 la dinamica dell’economia globale rimase debole e le

stime di crescita del commercio internazionale erano riviste al ribasso. Nell’area

dell’Euro, le conseguenze delle tensioni finanziarie su alcuni Paesi dell’area (Italia,

9 Tre crisi diverse in Europa: Grecia conti truccati, Irlanda crisi bancaria, Portogallo non competitivo.

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Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda) e gli effetti del consolidamento dei bilanci pubblici

si ripercuotevano sulle economie ritenute più solide (Germania e Francia).10

Nel 2013 la crescita economica internazionale è rimasta debole e inferiore ai ritmi pre-

crisi. Il raffreddamento della dinamica economica ha riguardato sia le economie

avanzate (la cui crescita è passata all’1,3% dall’1,4% nel 2012), sia quelle emergenti ed

in via di sviluppo (dove la crescita ha toccato il 4,7% nel 2013 rispetto al 5,0% nel

2012). Questi mercati hanno tuttavia mantenuto ritmi di crescita decisamente più

sostenuti di quelli delle economie mature. Sono state le economie degli Stati Uniti e del

Giappone a trainare la ripresa; anche nell’area Euro è ripartita l’attività economica,

dopo sei trimestri di contrazione, ma ha mantenuto comunque una dinamica ancora

modesta. Nel 2013 è tornata ad aumentare la propensione al risparmio, ovvero il

risparmio lordo sul reddito disponibile, dopo esser scesa nel 2007, toccando un minimo

storico dell’8,4% nel 2012.

La crescita internazionale nel 2014 è stata stabile. Il ciclo economico internazionale ha

mantenuto un ritmo di espansione in linea con quello dell’anno precedente: secondo i

dati del Fondo Monetario Internazionale, la crescita del Pil mondiale si è attestata al

3,4%; la moderata accelerazione della crescita nelle economie avanzate è stata

compensata da un lieve rallentamento nei Paesi emergenti. Il rafforzamento ciclico per

l’insieme dei Paesi avanzati è stato la risultante di dinamiche eterogenee. In particolare,

gli Stati Uniti hanno continuato a beneficiare degli effetti positivi degli stimoli di natura

fiscale e monetaria; nonostante una politica monetaria espansiva, il Giappone ha

sperimentato una stagnazione e nell’Unione Europea, infine, è emersa una debole

ripresa e l’attività economica è tornata a crescere dopo due anni di contrazione.

Per il 2015 si è osservato un graduale recupero del ciclo internazionale. Nei Paesi

avanzati continua il rafforzamento dell’attività economica e la discesa dell’inflazione ha

contribuito al lieve recupero dei consumi delle famiglie.

10 Bollettino Economico n. 71, gennaio 2013

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1.2.1. Le conseguenze della crisi in Italia

La crisi economica internazionale, iniziata nel 2008 ha determinato una contrazione dei

flussi commerciali e della produzione e ha determinato in Italia la più seria situazione di

crisi dal dopoguerra.

Tra il 2008 e il 2009 è stato registrato un calo del PIL dello 0,3%.11 La seconda

riduzione consistente si è verificata a seguito della parziale crescita del 2011. La discesa

è proseguita anche per tutto il 2012 e 2013.

Il 2015 è iniziato finalmente con una variazione del Pil italiano di segno positivo. Anche

l’Italia ha così avviato una fase di recupero, seguendo l’inversione di tendenza già in

corso nelle altre maggiori economie europee.

Figura 16: Tasso di crescita del Pil reale. Fonte: Eurostat.

Tuttavia le conseguenze a livello sociale della crisi economica sono state considerevoli:

aumento della disoccupazione, diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie,

aumento della povertà e calo della fiducia. Tutti elementi che hanno contribuito a

ridimensionare drasticamente i consumi delle famiglie e che hanno iniziato a

11 http://www.isfol.it/DocEditor/test/File/Dossier%20aggiornato.pdfRisposte europee all’attuale crisi socio-economica (Dossier Paesi)

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sperimentare un miglioramento nell’ultimo anno, ma con risultati ancora lontani dal

periodo pre-crisi.

Analizzando la situazione relativa alla disoccupazione, si può partire dall’osservare

come il Pil può essere considerato il riassunto dell’andamento economico di un Paese e

la sua crescita indica un miglioramento della situazione economica che comporta una

diminuzione della disoccupazione. Tuttavia la disoccupazione diminuirà meno

rapidamente rispetto all’aumento del Pil: innanzitutto la ripresa economica sarà

inizialmente caratterizzata da incertezza relativa alla sua qualità e durata e quindi le

aziende non riprenderanno immediatamente le assunzioni. Ci potrebbe inoltre essere la

necessità di riassorbire i lavoratori cassintegrati e riportare a orario pieno gli occupati a

orario ridotto. Per questo la riduzione della disoccupazione è di solito percentualmente

inferiore e anche ritardata di uno o due trimestri rispetto alla crescita del Pil.12

Il tasso di disoccupazione, che era pari al 6,4% all’inizio del 2008, è cresciuto

progressivamente nel corso degli anni, fino a raggiungere nuovamente un picco di

massimo nel gennaio 2014 con un tasso di disoccupazione del 12,9%.13 A novembre

2014 il tasso di disoccupazione ha toccato quota 13,4%, raggiungendo un record storico,

il valore più alto 1977.14 Ad agosto 2015 il tasso di disoccupazione è sceso all’11,9%,

in calo per il secondo mese consecutivo e ai minimi dal febbraio 2013.15 Il dato avvicina

l’Italia all’Eurozona, dove la disoccupazione si mantiene stabile all’11%. I dati

dell’ultimo anno sono quindi incoraggianti e indicano una fase in cui la ripresa

economica inizia a manifestarsi. Rimane invece elevato il tasso di disoccupazione

giovanile, oltre il 44%.

12 http://www.lavoce.info/archives/32813/per-ridurre-disoccupazione-non-basta-ripresa/ 13 http://www.wallstreetitalia.com/article/1613489/crisi-sistemica/la-verita-sull-economia-italiana-tutti-i-dati-che-non-potete-non-sapere.aspx 14 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/07/disoccupazione-istat-134-record-storico-berlino-minimi/1319025/ 15 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-09-30/istat-ad-agosto-nuovo-calo-tasso-disoccupazione-e-all-119percento-094923.shtml?uuid=

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Figura 17: La disoccupazione in Italia. Fonte: Istat.

Per quanto riguarda l’aumento della povertà, sebbene i dati dell’ultimo anno siano

incoraggianti e diano segnali di ottimismo, la situazione resta comunque critica,

soprattutto se rapportata con gli altri Paesi della comunità europea. In Italia una persona

su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale, un tasso superiore di quasi quattro

punti percentuali a quello medio dell'Unione Europea, pari al 24,4% nel 2014. La

situazione è peggiore solo di Romania (40,2%), Bulgaria (40,1%), Grecia (36,0%),

Lettonia (32,7%) e Ungheria (31,1%) ed è a livelli simili di Spagna (29,2%), Croazia e

Portogallo.16 Inoltre in Italia si deve considerare anche la situazione di disomogeneità a

livello geografico per cui al Sud quasi la metà dei residenti risulta a rischio povertà o

esclusione sociale (45,6%), contro il 22,1% del Centro e il 17,9% del Nord.

Analizzando la quota di profitto delle società non finanziarie nel secondo trimestre

2015, i dati indicano che essa si attesta al 39,9%, in aumento di 0,1 punti percentuali

16 http://www.corriere.it/economia/15_novembre_23/istat-italiano-4-rischio-poverta-o-esclusione-14percento-ha-arretrati-mutuo-affitto-bollette-96df9d22-91d3-11e5-98d3-3899a469cdf7.shtml

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rispetto al trimestre precedente ma in calo di 0,1 punti percentuali rispetto al

corrispondente trimestre del 2014.17

Per quanto riguarda i dati relativi all’inflazione, si riscontra un risultato cautamente

positivo nel 2015. A partire dall’agosto 2013, per la prima volta dal 1959, l’inflazione

aveva iniziato a scendere portando l’Italia a rischio deflazione. A maggio 2015 invece

dopo quattro mesi consecutivi di valori negativi l'indice annuo dei prezzi è risalito al

+0,2%, dal -0,1% di aprile. Nel mese di ottobre 2015, l'indice nazionale dei prezzi al

consumo aumenta dello 0,2% rispetto al mese precedente e dello 0,3% nei confronti di

ottobre 2014, con un'accelerazione di un decimo di punto percentuale, rispetto al valore

registrato a settembre (+0,2%). Ai fini della ripresa economica, l'uscita dalla deflazione

è un fattore positivo, ma i numeri sono ancora deboli. Sul fronte dei prezzi la ripresa

ancora non decolla, a dimostrazione che servono misure in grado di sostenere i consumi

in questo momento delicatissimo in cui l'economia tenta di uscire dalla crisi.18

1.2.2. Analisi dei consumi delle famiglie

L’analisi dei consumi delle famiglie può aiutare ad inquadrare la situazione economica

di un paese, in quanto ne rispecchia lo stato di benessere.

Il reddito disponibile pro-capite è diminuito vertiginosamente durante il periodo della

crisi economica. Tra il 2007 e il 2013, il reddito disponibile reale delle famiglie italiane

è diminuito del 13% in termini pro capite, tornando ai livelli del 1988, mentre la loro

spesa per consumi è scesa del 10%. La variazione del reddito disponibile delle famiglie

tra l’ottobre 2014 e l’ottobre dell’anno precedente, è stata di -1,1%.19 Nel 2015 invece i

dati registrano una seppur debole inversione di tendenza: nel II° trimestre 2015 il

reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,5% rispetto al

17 http://www.ansa.it/pmi/notizie/lavoro/2015/10/01/istat-quota-profitti-sfiora-40_36f067be-0a0a-453d-8ddf-a1cd301fb8ad.htm 18 http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2015/06/15/prezzimaggio-fuori-da-deflazione-01_4c4018d1-e1c2-4e31-a801-bb6880d767ac.html 19 http://www.repubblica.it/economia/2014/10/15/news/istat_redditi_spese_famiglie_secondo_trimestre_2014-98155668/?ref=search

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trimestre precedente e dell'1,3% rispetto al corrispondente periodo del 2014.20 Rimane

comunque un valore ancora lontano dal valore del periodo pre-crisi e ben al di sotto del

valore dell’analogo indice europeo.

Figura 18: Evoluzione del reddito procapite. Fonte: Eurostat.

Tenuto conto dell'inflazione, il potere di acquisto delle famiglie consumatrici nel

secondo trimestre del 2015 è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e

dell'1,1% rispetto al secondo trimestre del 2014. Nei primi sei mesi del 2015, nei

confronti dello stesso periodo del 2014, il potere d'acquisto ha registrato una crescita

dello 0,8%.

La spesa delle famiglie per consumi finali, in valori correnti, è aumentata dello 0,7%

rispetto al trimestre precedente e dello 0,8% rispetto al corrispondente periodo del 2014.

Nel secondo trimestre del 2015 la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici,

misurata al netto della stagionalità, è stata pari all'8,7%. Ne deriva una diminuzione di

0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, ma un aumento di 0,5 punti

percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2014.21

In Italia i consumi sono in leggera crescita, ma gli incrementi sono stati modesti. Il

potere d’acquisto delle famiglie sta trovando sostegno soprattutto nella bassa inflazione

20 http://www.istat.it/it/archivio/169527 21 http://www.istat.it/it/archivio/169527

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legata alla discesa del prezzo del petrolio e ad alcune misure della politica di bilancio. A

frenare il recupero del potere d’acquisto è invece soprattutto la decelerazione della

crescita salariale, che risente della pressione degli elevati livelli della disoccupazione.

Dopo molti anni di difficoltà è in parte normale che i consumatori stentino a modificare

in una direzione più ottimista le attese sulle prospettive dell’economia. I timori sulla

tenuta del posto del lavoro, la percezione di incertezza sui livelli futuri delle prestazioni

pensionistiche, e la stessa eventualità che vi possano essere nuovi inasprimenti della

tassazione, influenzano le decisioni di spesa. D’altra parte il tasso di risparmio delle

famiglie è attualmente su valori inferiori a quelli precedenti la crisi.

La caduta del potere d’acquisto delle famiglie, espressa a prezzi costanti rispetto al

2007, è difatti di circa 120 miliardi. Di questi, ben 47 si sono tradotti in una riduzione

del flusso annuo di risparmio, e i restanti 75 miliardi si sono tradotti in minori consumi.

Non è da escludere che per qualche tempo gli aumenti del reddito vadano ad accrescere

almeno in parte i flussi di risparmio più che i livelli della spesa.

Peraltro la caduta del potere di acquisto delle famiglie italiane è di gran lunga la più

ampia di tutti i Paesi europei.22

In conclusione i primi passi della ripresa italiana sono stati ancora molto graduali,

confermando un gap negativo rispetto alle altre maggiori economie dell’area Euro.

1.3. La digitalizzazione del consumatore

La figura del consumatore è radicalmente cambiata negli ultimi decenni, principalmente

grazie all’avvento di nuove tecnologie. Se prima il consumatore poteva essere visto

come un’entità passiva, nei confronti della quale le imprese potevano sfruttare tutti i

vantaggi di un’esistente asimmetria informativa, attualmente ciò non è più vero. Grazie

alle nuove tecnologie, il consumatore gioca un ruolo sempre più attivo avendo accesso a

nuovi canali e media: può acquisire informazioni prima non accessibili per aumentare la

consapevolezza e ponderare la decisione di acquisto e inoltre può attivare il processo di

acquisto senza limiti spazio-temporali grazie ai canali di vendita online. L’utilizzo dei

22 http://rapportocoop.it/2015/portfolio/linflazione-aiuta-il-potere-dacquisto-delle-famiglie/

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nuovi device tecnologici accompagna il consumatore anche nel tradizionale processo di

acquisto nel punto vendita fisico.

1.3.1. Internet e l’eCommerce

L’avvento di Internet ha modificato il comportamento e le abitudini del consumatore in

due modi: l’utente può cercare informazioni relative a prodotti e servizi per supportare

la decisione di acquisto ed inoltre può finalizzare l’acquisto stesso grazie all’

eCommerce.

Secondo l’Osservatorio Multicanalità 2015 che analizza i trend sulla base di diverse

tipologie di consumatori, per il 60% della nostra popolazione (con età maggiore di 14

anni) l’utilizzo di diversi canali per informarsi ed effettuare acquisti rappresenta ormai

una pratica comune che interessa tutte le fasi del processo di acquisto e le diverse

categorie merceologiche (beni e servizi). A marzo 2015 sono stati 28,5 milioni gli utenti

che si sono collegati almeno una volta a Internet, il 53% della popolazione; la total

digital audience nel giorno medio è stata di 21,5 milioni di utenti, online per circa 2 ore

in media per persona.23

Tale quotidianità ha portato all'abolizione della differenziazione tra fisico e digitale, in

un percorso sempre più personalizzato per cui il consumatore si muove tra il negozio

fisico e i siti online. Le finalità sono varie: attingere informazioni, paragonare prodotti e

prezzi, verificare lo stock di magazzino, consultare le opinioni di altri consumatori,

finalizzare l'acquisto e poi, magari, effettuare il ritiro in un punto di pick up.

Non solo cresce il numero di consumatori che ha acquistato un prodotto/servizio su

Internet nell'ultimo anno (+11%), ma è aumentata la frequenza di tali acquisti per

ciascuna persona.

Il trend dell’eCommerce è in continua crescita ed anche i dati dell’ultimo anno lo

confermano. I dati relativi all’eCommerce B2c in Italia nel 2015, evidenziano come il

fatturato sia praticamente triplicato dal 2007, raggiungendo i 15 mln €. Dai 5.032 mln €

nel 2007, si è infatti arrivati ai 15.073 del 2015, con una crescita a doppia cifra

23 http://www.zerounoweb.it/approfondimenti/mobility/l-evoluzione-dei-comportamenti-del-consumatore-multicanale.html

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constante a partire dal 2010, anche se minore rispetto ad altri paesi come gli Stati Uniti,

ma anche Germania, Francia, UK e non solo.

Figura 19: La dinamica degli acquisti online dei consumatori italiani (2009-2015).

Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Secondo le ultime stime di eCommerce Foundation, in tutto il mondo le vendite

complessive di beni e servizi online si attesteranno sui 2.100 miliardi di dollari a fine

2015 (erano 1.840 miliardi a fine 2014), ovvero il 5% sul totale complessivo delle

vendite Retail.

Analizzando la sola Europa, per fine 2015 si stima a 470 miliardi di euro il fatturato

complessivo di beni e servizi acquistati tramite eCommerce, con una preponderanza del

54% dei beni rispetto al 46% dei servizi. In Europa la popolazione di e-shopper supera i

230 milioni di individui. Nel corso del 2014 i tre Paesi europei in cima alla classifica

delle vendite online che catalizzano il 60% delle vendite sono: UK con 122 miliardi €,

Germania con 70 miliardi € e Francia con 56,8 miliardi €.

In Italia la penetrazione dell’eCommerce sul totale del mercato Retail sta crescendo e

passa dal 3,6% al 4% nell’ultimo anno. Un ruolo chiave, in questa crescita, è legato a

settori “emergenti” relativamente all’ eCommerce italiano, come ad esempio

l’Arredamento che raggiunge quota 350 milioni di €, +75% rispetto al 2014, e il

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Food&Wine enogastronomico che sfiora i 260 milioni di €, in crescita del 30% rispetto

allo scorso anno. Ne sta beneficiando sopratutto la vendita di prodotti, che nel 2015

pareggerà quella di servizi, passando dal 46 al 50% delle vendite online da siti italiani.24

I settori sottoposti a monitoraggio dall’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di

Milano sono stati i prodotti: Abbigliamento, Arredamento, C2c, Cosmetica, Couponing

di prodotto, Editoria, Food and wine, Grocery, Informatica ed elettronica,

Merchandising, che hanno registrato in un solo anno, ovvero dal 2014 al 2015 un

aumento di fatturato del +24 %, e i servizi, come: Assicurazioni, Couponing di servizi,

Ricariche, Ticketing per eventi, Turismo, con un aumento del +8%.

Figura 20: L’andamento delle vendite eCommerce B2C nei prodotti e nei servizi (2014-2015).

Fonte: Osservatorio eCommerce B2c - Netcomm

Tra i prodotti, l’Informatica fa registrare l’incremento più elevato (+26%), seguita a

ruota dall'Abbigliamento, che registra un +23%, e dall’Editoria e dal Grocery, che

balzano avanti del 21%. Il Turismo ottiene un incremento in linea con la media degli

ultimi quattro anni, pari al 9%, confermandosi così il comparto principale

dell'eCommerce con un valore di quasi 5,5 miliardi di €, pari al 37% del mercato.

L’abbigliamento passa dal 14% al 15% del mercato, e l’Informatica ed elettronica di

24 Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – Politecnico di Milano – aprile 2015

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consumo dal 12% al 13%; seguono l’Editoria con una quota del 3% e il Grocery con

l’1%. Turismo e abbigliamento si confermano inoltre i due comparti che spingono

maggiormente l'export dell’eCommerce italiano portandolo a crescere del 18% nel 2015

e a raggiungere una quota superiore ai 3 miliardi di €.25

1.3.2. Le nuove tecnologie: Smartphone, Tablet e il

Mobile Commerce

Un trend che si affermato in maniera decisiva negli ultimi anni è quello del Mobile

Commerce, l’acquisto online attraverso un dispositivo Mobile.

La diffusione dei device mobili, in particolare gli Smartphone, ha chiaramente favorito

l’accesso alla rete Internet, permettendo di abbattere anche le barriere spaziali oltre che

quelle temporali: tramite uno smartphone non solo l’utente è sempre connesso, ma lo è

ovunque.

La diffusione dei dispositivi mobili è probabilmente dovuta anche alla semplicità di

utilizzo di tali dispositivi. Usare lo Smartphone è più facile rispetto a usare il computer

perché l’utente si interfaccia con una realtà che viene progettata in modo da essere

semplice, immediata, diretta e intuitiva. In altre parole si può affermare che i nuovi

device hanno semplificato il digitale, aprendo quindi questo mondo a persone che prima

ne erano escluse.

Nel 2014 il numero di utenti che possiedono un dispositivo Mobile ha superato quello

degli utenti che possiedono un laptop. Ma non solo: anche la modalità di utilizzo dello

Smartphone è cambiata. Ormai il 65% del tempo di utilizzo di questo dispositivo è

dedicato alla navigazione e ad attività connesse alla Rete.

Negli ultimi due anni si è assistito ad un aumento considerevole degli acquisti effettuati

da Mobile, in primo luogo dagli Smartphone, con un incremento, in media, del 42%

rispetto al 2013, con picchi anche più alti tra gli individui più evoluti da questo punto di

vista. Il 2014 si è chiuso con la crescita delle vendite da Smartphone a quota 1.087

milioni di €, mentre entro fine 2015 si prevede un’ulteriore crescita del 68% che porterà

25 http://www.corrierecomunicazioni.it/digital/37192_e-Commerce-mercato-italiano-da-17-miliardi.htm

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il canale vicino ai 2 miliardi di €. Si stima che nel 2015 gli acquisti effettuati tramite

Smartphone e Tablet raggiungeranno il 25% del totale eCommerce, che significa 1

acquisto online su 4 via Smartphone o Tablet. Dall’analisi condotta dall’Osservatorio

Multicanalità del Politecnico di Milano, in Italia lo strumento privilegiato per fare

acquisti online continua a essere il personal computer, ma dal confronto tra i dati del

2013 e quelli del 2015 risulta un fenomeno in diminuzione, mentre si osserva

l'incremento dell'utilizzo di Smartphone e Tablet anche per l'attività di eCommerce.26

Figura 21: Strumenti per l’acquisto online. Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015.

26 Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015

90%

94%

2015

2013

19%

11%

2015

2013

14%

10%

2015

2013

Smartphone

PC fisso o portatile

Tablet

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1.3.3. L’evoluzione del consumatore multicanale

Nel 2007 le persone “multicanale” erano circa 15,7 milioni. La crescente propensione

alla multicanalità, diventata ormai un fenomeno di massa in Italia, ha permesso di

focalizzare l’attenzione solo sui consumatori più evoluti. Nel 2012 il numero di

consumatori multicanale ha raggiunto la cifra di 27,8 milioni di individui maggiori di 14

anni, ovvero il 53% della popolazione italiana.

Lo shopping online continua a crescere, aumentano i consumatori che acquistano su

internet (+11% nell’ultimo anno) e aumenta la frequenza degli acquisti. Sono 4,8

milioni gli italiani che nell’arco di un anno acquistano online almeno 10 volte.27

Figura 22: Evoluzione dei cluster dei consumatori multicanale.

Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015 La nuova mappa di segmentazione del consumatore multicanale individua quattro

cluster di consumatori, più una quinta che si sta delineando in prospettiva.

• Newbie: individui che hanno da poco adottato un profilo multicanale e dal punto

di vista tecnologico si dimostrano refrattari all’innovazione, rimanendo

27 Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015

Newbie New stylesurfer

Socialshopper

Hyperreloaded

20122015

+62%

-18%

-31%

-13%

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profondamente legati ai canali tradizionali, come la televisione. Il processo

d’acquisto è poco strutturato e poco pianificato, con spiccato orientamento alla

convenienza economica. Il numero di consumatori in questo segmento scende

nel 2015 a 4,6 milioni, è il più ridotto e ancora in calo, grazie soprattutto, al

Tablet che rappresenta un utile punto di accesso per la ricerca di informazioni

(per le sue dimensioni, ma anche per la somiglianza al pc) ed eventualmente

anche per l'eCommerce.

• Old style surfer: individui aperti alle novità e con un atteggiamento positivo nei

confronti delle innovazioni tecnologiche. Il loro approccio al web tuttavia può

essere considerato “vecchio stile”, poiché è finalizzato a rendere più efficiente il

processo d’acquisto in termini di tempo. Nel 2015 risultano in diminuzione (-

31%, per un numero assoluto di 5,3 milioni di persone).

• Social shopper: costituivano il segmento numericamente più rilevante nel 2012,

raggruppando un numero di individui pari a 10,7 milioni. Nel 2015 risultano in

calo del 18% e sono pari a 8,7 milioni. I Social Shopper hanno un processo

d’acquisto strutturato, sono orientati alla ricerca di acquisti intelligenti con un

elevato rapporto qualità/prezzo; inoltre amano le novità e le tecnologie in

generale. Solitamente visitano i siti dei produttori, in quanto abbastanza fedeli

alle marche, ma allo stesso tempo disponibili alla sperimentazione; vivono bene

le interazioni tra i punti di contatto digitali e non; hanno una spiccata

predisposizione alle interazioni sociali con le aziende e gli altri consumatori.28

• Hyper reloaded: hanno uno spiccato interesse nei confronti della tecnologia e

della novità, hanno principalmente un’età compresa tra i 35 e i 55 anni d'età, con

una buona disponibilità economica e in termini numerici racchiudono 12,5

milioni di individui, in crescita rispetto al 2012 del 62%. Se ancora il cluster più

numeroso in termini assoluti è quello dei non multicanale (40% della

popolazione), al secondo posto, che pesa per il 24% del totale, ma che

rappresenta il 40% degli italiani multicanale, appartengono gli Hyper Reloaded.

In questo profilo di consumatore è forte il ruolo del Mobile lungo tutto il

processo d’acquisto.

28 http://www.zerounoweb.it/approfondimenti/mobility/l-evoluzione-dei-comportamenti-del-consumatore-multicanale.html#

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• Everywhere shopper: sono 4,8 milioni e costituiscono una nuova categoria di

persone che acquistano prodotti/servizi online almeno 10 volte all'anno, hanno

caratteristiche simili agli Hyper Reloaded ma presentano un profilo socio

economico più alto; per questi il punto vendita è generalmente solo una vetrina

(showrooming) perché finalizzano successivamente l’acquisto online, sempre

più da Mobile. Questi ultimi al contrario dei social shopper non si fermano sui

siti delle aziende, privilegiano la lettura delle opinioni altrui e, a loro volta,

contribuiscono con feedback sia positivi sia negativi. I consumatori appartenenti

a questa categoria sono in prevalenza uomini (59%) e maggiormente concentrati

nella fascia d’età 25-44 (60%) e presentano un livello socioeconomico

marcatamente sopra la media. Sono caratterizzati da uno spirito più razionale e

pianificatore, amanti della tecnologia e della lettura, sono aperti all’innovazione

senza lasciarsi trasportare dal fattore moda. Amano prendersi cura di sé e sono

guidati dal desiderio di realizzare le proprie aspirazioni individuali; utilizzano la

tecnologia in maniera pragmatica e intelligente, in cerca di un alto livello di

servizio. Per una parte di loro, 1,7 milioni, lo shopping è quotidiano, online e

offline e avviene indifferentemente da pc o Mobile.29

1.3.4. Social Network, InfoCommerce e Showrooming

C’è un’ulteriore considerazione da fare relativa al consumatore online: non solo l’utente

compra sempre più online e per farlo utilizza in maniera sempre maggiore i dispositivi

mobili, ma si sta evolvendo in un acquirente multicanale e multidevice, che non

concepisce la customer experience solo come un insieme strutturato di canali. Il canale

fisico e online mostrano confini sempre più labili e a tal proposito si possono osservare

due tipi di comportamento che caratterizzano il consumatore moderno:

l’InfoCommerce, ovvero informarsi online sulle caratteristiche e le funzionalità dei

prodotti, ma poi effettuare l’acquisto presso un punto vendita fisico e lo Showrooming,

il fenomeno opposto che prevede la visita in negozio per “toccare con mano” l’articolo e

29 http://www.primaonline.it/2015/06/10/205641/la-multicanalita-e-pratica-quotidiana-lo-dice-losservatorio-nielsen-connexia-politecnico-di-milano-48-milioni-acquistano-online-almeno-10-volte-lanno/

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valutarlo, ma poi effettuare l’acquisto online. Analizzando i trend degli ultimi anni dal

2011 ad oggi, si osserva una diminuzione del fenomeno dell’InfoCommerce e un

corrispondente aumento del fenomeno opposto dello Showrooming.

Figura 23: InfoCommerce vs Showrooming.

Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015 Per acquisire informazioni online, sia che l’acquisto avvenga poi in punto vendita o sul

sito eCommerce, i consumatori utilizzano sempre più frequentemente i Social Network.

Le opinioni generate da altri utenti su blog, forum e social media sono le fonti online

maggiormente rilevanti e sono prese in considerazione da oltre 21 milioni di

consumatori prima di effettuare l’acquisto di un prodotto. Per i retailer gli strumenti

Social offrono un’interazione diretta con i propri clienti e una conoscenza delle opinioni

degli stessi sull’esperienza di acquisto, fornendo spunti di ottimizzazione della strategia

commerciale. I Social Media hanno un’influenza sempre maggiore sugli acquirenti: il

38% dei clienti trae ispirazione per gli acquisti da prodotti visti sui canali Social, il 22%

viene influenzato dal Social Network per visitare siti web dei retailer, il 25% è connesso

a uno o più retailer su Facebook, il 36% degli utenti di Twitter ha “twittato”

un’opinione relativa a un’esperienza nell’ambito Retail (Fonte: Global trend Research

2010 2012 2013 2014 2015

InfoCommerce

Showrooming

84 80

74

67 66

26 30

34 36

40

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PlanetRetail)30. Gli acquirenti sono influenzati dalle recensioni dei consumatori e i

retailer possono usare a loro vantaggio tale aspetto combinando campagne Social con

promozioni in store. Le valutazioni sul lancio di iniziative pilota sui propri negozi, su

nuovi prodotti offerti nell’assortimento o sulla definizione delle prossime campagne

promozionali sono esempi di utilizzo dei Social come canali efficaci per rivedere il

posizionamento sul mercato, aumentando la vicinanza ai clienti. I Social Media

costituiscono dunque nuove opportunità per i retailer, ma anche sfide e rischi: opinioni

negative sui Social Network potrebbero in poche ore danneggiare la reputazione del

brand. È importante saper gestire la comunicazione e avere chiara una strategia di

risposta in caso di “crisi di reputazione”.

30 http://www.mark-up.it/social-media-per-il-retail-e-uno-strumento-di-ascolto/

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Il settore Retail, contesto dell’analisi condotta in questa tesi, è la parte della filiera che

sta a diretto contatto col cliente finale. La crisi economica e la diffusione di nuove

tecnologie hanno modificato la figura del consumatore, rispettivamente, riducendone la

capacità di spesa e creando una figura con un ruolo attivo nel processo di acquisto. Ciò

pone il retailer nella posizione di dover reagire in tempi rapidi a questi cambiamenti

introducendo nel proprio settore, considerato tradizionale, delle innovazioni in modo da

essere profittevole anche nella mutata situazione economica e quindi in grado di

attrarre, convincere e fidelizzare il consumatore odierno. Nella necessità impellente di

innovazione, un ruolo fondamentale è giocato dalle startup, che saranno oggetto di

studio del prossimo capitolo.

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2. Le start up

In questo capitolo si vogliono analizzare in termini generali le aziende startup che sono

l’oggetto del censimento svolto.

Verrà data innanzitutto una definizione di startup, descrivendone poi il ciclo di vita, il

finanziamento e le sue fasi ed infine gli attori coivolti nel finanziamento (in particolare

Business Angels, Venture Capitalist e incubatori/acceleratori d’impresa).

Il fenomeno di creazione di una startup non può essere studiato se non

contestualizzandolo nella realtà in cui nasce: sono infatti da tenere in considerazione i

fattori esogeni che possono condizionare tale processo, in particolare la componente

geografica. Si contestualizzerà quindi la nascita e lo sviluppo di questa forma di impresa

sia a livello internazionale che a livello italiano.

Infine verrà esplicitata l’importanza delle startup nel settore Retail e come esse possano

introdurre e alimentare l’innovazione digitale all’interno di questo settore tradizionale,

non solo grazie all’apporto tecnologico innovativo, ma anche grazie alla creazione di

nuovi business model disruptive. Saranno quindi presentati i reciproci vantaggi che big

player e startup nel settore Retail possono trarre entrando in contatto gli uni con le altre.

2.1. Definizione di startup

Il termine “startup” può essere tradotto dall’inglese con “avvio, lancio” e indica la fase

iniziale di attività di una nuova impresa.31

Inizialmente il termine venne usato unicamente per indicare la fase iniziale di una nuova

impresa nata nel settore Internet o delle tecnologie dell'informazione. Successivamente

il termine è diventato impropriamente sinonimo di matricola nel linguaggio di borsa.

Citando Steve Blank dal libro The Startup owners manual: “Le startup non sono

versioni in piccolo di grandi aziende. Una startup è un’organizzazione temporanea in

cerca di un modello di business ripetibile, scalabile e profittevole”.

31 http://www.treccani.it

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Il termine "ripetibile" è legato alla capacità che ha la startup di svolgere più e più volte

nel tempo un insieme di operazioni capaci di fornire ogni volta sempre gli stessi

risultati, come ad esempio riuscire ad ottenere più volte nel tempo un ricavo a fronte

dell'erogazione di un determinato servizio o prodotto, che costituisce il core business

della startup. "Scalabile” si riferisce alla potenzialità dell'attività di generare una crescita

significativa dei guadagni, in modo più veloce della crescita dei costi di base.

“Profittevole”, dalla definizione stessa, indica la necessità che arrechi profitto.32

Un'altra definizione generale largamente riconosciuta (www.uslegal.com; Ascot

Business Partner; Cyborg Technologies) è: “startup company or startup is a company

with a limited operating history. These companies, generally newly created, are in a

phase of development and research for markets.” La startup è un’impresa con una storia

operativa limitata. Queste aziende, appena create, sono nella fase di sviluppo e ricerca di

mercato.

Entrambe le definizioni pongono l’enfasi sulla “ricerca” di un business model e di un

mercato: la startup infatti, per sua natura, si pone come obiettivo quello di introdurre

novità, un business model da testare che ancora non sia stato adottato dalle aziende

esistenti, per raggiungere lo scopo finale che non è quello di trovare finanziatori, ma di

entrare nel mercato e diventare così impresa. Per far questo la startup deve comprendere

la reale potenzialità dell’idea che propone, l’utilità e l’applicabilità del proprio progetto

e, infine, imparare i processi necessari per costituire un’impresa economicamente

sostenibile. Le definizioni si riferiscono a “organizzazione temporanea”, “with a limited

operating history”, il che denota che la startup debba avere un periodo di vita ben

definito che si conclude con la validazione del business model.

32 http://www.unishare.it/universi/2015/04/fenomenologia-di-una-startup/

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2.2. Il ciclo di vita delle startup

La startup di fatto nasce quando un individuo (o un gruppo di individui organizzato in

Team) ritiene di avere un'idea per lo sviluppo di un business model innovativo.

Successiva al concepimento dell'idea, è la fase di Pre-Seed, periodo in cui l'imprenditore

studia la fattibilità del progetto. In questa fase non sono previsti solitamente

investimenti (e dunque costi) così come non sono previsti vendite e ricavi. In questa

fase, i vincoli finanziari sono stringenti e determinano il ricorso a forme di

finanziamenti informali (bootstrapping) che provengono dalle risorse personali

dell’imprenditore (autofinanziamento) o da famiglia ed amici (le 3 F: Family - Friends -

Fools).33 Solitamente questa fase si conclude con lo sviluppo di un business plan, che

costituirà la guida per lo sviluppo delle attività successive.

A seguire inizia la fase operativa, definita Early Stage che a sua volta si suddivide in

due fasi: di Seed e di Startup. La fase di Seed si ha quando il progetto imprenditoriale

ha bisogno di un periodo di tempo necessario allo sviluppo dell'idea da un punto di vista

tecnico. E' tipico per quelle startup ad alto contenuto tecnologico. Questa fase è

propedeutica a dimostrare l'effettiva efficacia dell'idea imprenditoriale e possono essere

richiesti finanziamenti per dimostrare la validità tecnica del prodotto o servizio che si

vuole portare sul mercato. Vi è un continuo processo di Business Prototyping, un

processo iterativo durante il quale l’idea iniziale del prodotto/servizio viene

continuamente modificata e adattata dopo i feedback che si ricevono dagli utenti iniziali

(i cosiddetti early adopters).

Quando il prodotto o servizio è pronto per essere venduto si entra nella fase di Startup

vera e propria, con i primi clienti e dunque i primi ricavi.

Quando iniziano a crescere il numero di clienti, le vendite e il fatturato si entra nella

fase di Early Growth. A questo punto del ciclo di vita, il rischio legato all'attività

33 http://www.unishare.it/universi/2015/05/il-ciclo-di-vita-di-una-startup/

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imprenditoriale tende ad essere ridotto, in quanto a questo punto si hanno sufficienti dati

per capire la consistenza del mercato di riferimento, ma il fabbisogno finanziario resta

elevato. L’impresa per espandersi deve sviluppare una distribuzione e una

commercializzazione del prodotto.

Superate queste fasi, si entra nell'ultima fase di crescita sostenibile, che porterà la

startup ad una Exit.

Per Exit si intende l'uscita dalla fase di startup, ma non necessariamente la

trasformazione in azienda vera e propria.

In questo momento del ciclo di vita vengono restituiti i soldi prestati dagli investitori nel

capitale di rischio e possono avvenire cinque tipologie di Exit:34

• IPO (Initial Pubblic Offering): la startup diventa pubblica e quindi viene quotata

in borsa;

• Acquisizione: l'azienda viene acquisita da terzi;

• Buyback: l'imprenditore riacquista le quote della startup (cedute

precedentemente durante la fase di raccolta di investimenti) e rimane l'unico

proprietario dell'azienda;

• Secondary Sale: l'imprenditore vende le quote della società a terzi, ma ne

mantiene una parte;

• Write-off: gli investitori si ritirano dall'investimento, solitamente quando la

startup è prossima al fallimento;

Sono molteplici i casi in cui una startup sia stata acquisita da una grande impresa, per

finalità strategiche, per entrare in possesso di asset più o meno tangibili o per eliminare

un possibile concorrente dal mercato.

34 Cumming & MacIntosh 2003

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2.3. Il finanziamento di una startup

Il reperimento di capitali necessari per avviare una startup può avvenire attraverso più

canali:

• Bootstrapping: ovvero processo di auto-finanziamento; l'investimento viene

direttamente dai risparmi del fondatore, o da un prestito da parte di quelle che in

letteratura vengono definite 3F: Family, Friends and Fools;

• Investimenti in capitale di rischio: si tratta di investimenti in equity, ossia in

cambio di partecipazioni azionarie di minoranza nella società.

Gli investimenti in capitale di debito, facendo ricorso a prestiti bancari, non vengono

generalmente utilizzati dalle startup, proprio per la natura intrinseca di incertezza che

caratterizza questo tipo di attività imprenditoriale. Il rischio che l'investimento non

generi alcun ritorno è molto elevato e quindi si potrebbe arrivare a non essere in grado

di restituire il capitale prestato; inoltre la banca esige delle garanzie prima di effettuare

un prestito che una startup non è in grado di dare.

La fonte di finanziamento privilegiata per le startup è quella erogata da investitori nel

capitale di rischio. Questi investitori si differenziano principalmente in due categorie: le

società di Venture Capital e i Business Angel.

Le società di Venture Capital sono società dotate di un fondo il cui ammontare proviene

da banche, assicurazioni, grandi imprese o fondi pensione e che si interfacciano come

un'unica entità di fronte alla startup.

I Business Angel invece sono degli investitori non istituzionali che apportano capitale

alle startup divenendo azionisti della società.

L’investimento può avvenire principalmente in tre fasi di vita della startup:

• Fase Seed: investimento nella primissima fase di sperimentazione dell'idea di

impresa, quando è ancora da dimostrare la validità tecnica del prodotto/servizio;

• Fase Early Stage: si cominciano a vedere i primi clienti e i primi ricavi;

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• Fase Later Stage: fase matura della vita di una startup, nella quale l’azienda ha

già raggiunto la parità di cassa o quasi.

Figura 24: Ciclo di finanziamento di una startup. I Seed Capital sono i primi fondi finanziari a quali l’imprenditore può accedere per

avviare una nuova attività. Il Seed Capital non è usato per avviare il business su larga

scala, ma per investigare bene le differenti opportunità.35 Generalmente non esiste un

business plan adeguatamente strutturato ed approfondito e tali operazioni vengono

realizzate da investitori altamente specializzati nella valutazione del Team

imprenditoriale e del mercato di riferimento.36

Il finanziamento di avvio o Early Stage financing è una tipologia di intervento al

capitale di rischio destinato al finanziamento della fase iniziale di sviluppo dell’azienda;

pur non conoscendo ancora la validità commerciale del prodotto/servizio, è già stata

superata con successo la fase di sperimentazione poiché il prodotto/servizio è stato già

sviluppato e testato, anche se solo a livello di prototipo, e, in alcuni casi, è stato già

brevettato. L’investitore continua ad intervenire con elevati apporti finanziari anche

35 http://www.finanziamentiprestitimutui.com/seed-capital/ 36 AIFI (2011), Libro Bianco – Proposte per lo sviluppo del venture capital in Italia

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dopo che l’attività è stata avviata ma non si ha ancora un oggettivo riscontro della

validità commerciale del prodotto-servizio.

L’ultimo finanziamento è costituito dal Later Stage o finanziamento per lo sviluppo,

utile per la crescita e l’espansione dell’azienda, finalizzato a rafforzare e ad accrescere il

business. In tal caso, l’obiettivo del fondo del Venture Capitalist è quello di

accompagnare le proprie partecipazioni ad un livello di posizionamento strategico e di

organizzazione sufficientemente appetibili per investitori di maggiori dimensioni che

possano investire un volume di risorse sufficienti all’esplosione dimensionale delle

partecipate, accompagnandole verso una ulteriore fase di sviluppo (fase di Expansion),

consentendo l’ingresso in mercati competitivi internazionali.

2.4. I finanziatori delle startup

In questo paragrafo si vogliono presentare gli attori che prendono parte al finanziamento

delle startup, prendendo in considerazione le categorie più importanti: Business Angels,

Venture Capitalis e Incubatori di impresa. Accanto ad essi esistono anche altre figure di

investitori con obiettivi economici o no-profit che hanno interesse ad investire in

aziende ancora in fase embrionale come le startup. Tra queste ricordiamo:

• i Family Office: figure professionali chiamate a gestire, amministrare e

proteggere patrimoni familiari rilevanti ed articolati37; sono strutture altamente

professionali in grado di occuparsi, in chiave personalizzata, delle esigenze di

investimento, mobiliari ed immobiliari, ma anche di quelle fiscali, legali,

previdenziali. I Family Office svolgono essenzialmente tre funzioni base: a)

pianificazione e consulenza specialistica (inclusi servizi di advisory finanziario,

fiscale, strategio e filantropico); b) gestione investimenti (inclusa la asset

allocation, il risk management, le analisi e due diligence di investimento nonché

assistenza in tutte le transazioni e vendite di beni) e c) servizi di

amministrazione (inclusi la gestione dei rapporti con i fornitori di servizi, la

37 AIFO - http://www.familyofficer.it/

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contabilità, e i servizi più propriamente relazionali fra i membri della Famiglia,

nella loro veste di beneficiari del patrimonio);38

• la Corporate Venture Capital CVC in cambio dell’investimento finanziario

riceve una quota di minoranza del patrimonio netto della società in cui investe;

l’obiettivo non è solo economico, ma anche strategico, in quanto il loro

interesse è di venire a conoscenza delle tecnologie e dei business model

innovativi concepiti dalle startup;

• le Fondazioni, organizzazioni no-profit che, attraverso la ricchezza privata,

investono per scopi pubblici o di beneficenza.

2.4.1. I Business Angels

I Business Angels sono delle persone fisiche che investono direttamente parte del

proprio patrimonio nelle fasi di avvio di un progetto imprenditoriale, assumendo anche

una responsabilità di gestione a fianco del portatore di progetto.39 Vengono anche

definiti investitori informali nel capitale di rischio di imprese, per sottolinearne la

differenza con gli investitori nel capitale di rischio di tipo formale, quali i fondi di

Venture Capital e Private Equity. Il Business Angel è una persona fisica con

disponibilità finanziaria che investe soldi propri, a sua totale e completa discrezione; il

Venture Capitalist, invece, è un gestore di fondi altrui e costituisce l’intermediario per

l'investitore.40 Il secondo aspetto che li differenzia dagli investitori istituzionale è

questo: i Business Angels, generalmente, sono ex titolari di impresa, manager in

pensione o in attività, liberi professionisti che hanno il gusto della sfida imprenditoriale,

il desiderio di poter acquisire parte di una società che operi in un business, spesso

innovativo, rischioso ma ad alto rendimento atteso, con l’obiettivo di realizzare nel

medio termine delle plusvalenze dalla vendita, parziale o totale, della partecipazione

iniziale. I Business Angels sono quindi degli “uomini di impresa”, dotati di un buon

patrimonio personale ed in grado di fornire all’impresa preziosi consigli gestionali e

conoscenze tecnico-operative, oltre a una consolidata rete di relazioni nel mondo degli

38 D.Maude - Global Private Banking and Wealth Management: The New Realities. 39 AIFI (2011), Libro Bianco – Proposte per lo sviluppo del venture capital in Italia 40 http://www.businesspeople.it/Business/Economia/La-rete-dei-business-angel-italiani.-Ecco-come-funziona_40911

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affari.41 Rispetto ai Venture Capital, i Business Angels investono cifre minori ma più

celermente, intervenendo spesso nelle primissime fasi di impresa.

In Italia nel corso degli anni sono stati creati dei veri e propri “Business Angels

Network” (BAN), luoghi di incontro il cui compito è quello di mettere in contatto

Business Angels e imprenditori.

Particolare rilievo assume il Network nazionale IBAN (Italian Business Angels

Network) e il Network europeo EBAN (European Business Angels Network). L’IBAN

coordina i BAN territoriali (Bologna, Campania, Lazio, Umbria, Sardegna, Trentino e

Veneto) che hanno la caratteristica di agevolare l’incontro tra la domanda e l’offerta

all’interno di territori piuttosto circoscritti. Un’ulteriore forma associativa è

rappresentata dai Business Angel Club ossia gruppi di investitori riuniti con lo scopo di

condividere le proprie conoscenze e confrontarsi in modo diretto. I club più rilevanti in

Italia sono:

• Italian Angels for Growth, all’interno del quale ogni socio ha dato disponibilità

per un impegno economico pari o superiore a 100.000 euro;

• Gruppo Giovani Imprenditori Assolombarda, community che supporta gli

imprenditori e li avvicina ai finanziatori;

• Club degli Investitori di Torino.

Prima di decidere di investire un’impresa i Business Angels valutano 5 o 6 aziende in

modo approfondito: caratteristiche del prodotto o servizio su cui si investe, potenziale di

crescita, capacità manageriale, competenza e motivazione del Team. Cause di rifiuto

tipiche sono: elevato livello di rischio; mancanza di fiducia dell’imprenditore; redazione

di business plan poco soddisfacenti.42

41 http://www.startupper.it/i-business-angels-italiani 42 http://www.pmi.it/economia/finanziamenti/articolo/53099/business-angel-come-attirare-lattenzione-degli-investitori.html

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2.4.2. I Venture Capitalist

I Venture Capitalist sono investitori professionisti, organizzati in piccole società, che

raccolgono fondi da investire da individui benestanti e investitori istituzionali. Sono

specializzati nel finanziare giovani imprese che tipicamente non hanno ancora prodotto

vendite, ma che hanno un potenziale di crescita e di guadagno importante: molte delle

imprese su cui s’investe sono startup che nascono attraverso il finanziamento di Venture

Capital.43 L’Associazione Italiana del Private Equity e del Venture Capital (AIFI)

definisce il Venture Capital come l'apporto di capitale azionario da parte di operatori

specializzati, in un'ottica temporale di medio-lungo termine, effettuato nei confronti di

imprese non quotate e con elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti o

servizi, nuove tecnologie, nuove concezioni di mercato.44 La filosofia di investimento di

un Venture Capitalist non è quella di assumere il controllo delle imprese partecipate o di

aumentare la sua quota di partecipazione. L'investitore istituzionale nel capitale di

rischio è per definizione un socio temporaneo, il cui obiettivo è il completamento del

progetto finanziato, al fine di consentire la remunerazione del capitale investito e il

conseguente smobilizzo dell'investimento.45 I Venture Capitalist non forniscono

solamente denaro all'azienda, ma spesso occupano seggi in consigli di amministrazione

e partecipano attivamente alle decisioni aziendali.

2.4.3. La figura dell’incubatore e dell’acceleratore d’impresa

Secondo la definizione data dalla Commissione Europea, un incubatore d’impresa è

un’organizzazione che accelera e rende sistematico il processo di creazione di nuove

imprese fornendo loro una vasta gamma di servizi di supporto integrati che includono

gli spazi fisici dell’incubatore, i servizi di supporto allo sviluppo del business e le

opportunità di integrazione e networking.46

43 Laura Bottazzi, Marco Da Rin (2001), Venture Capital in Europe and the Financing of Innovative Companies 44 http://www.aifi.it/mission/ 45 http://www.fondosocialeuropeo.it 46 http://www.incubatoritoscani.it/?page_id=99

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L’incubatore è quindi una figura di supporto all’imprenditore che vuole avviare la

propria startup, fornendo una serie di risorse tangibili ed intangibili, a fronte di un

ridotto investimento o di una quota partecipativa nell’impresa stessa. Gli incubatori

forniscono assistenza manageriale, accesso a finanziamenti, consentono l’esposizione ad

attività imprenditoriali critiche e l’utilizzo di servizi di supporto tecnico.

L'incubatore agisce come un laboratorio aiutando l'imprenditore a capire come

sviluppare l'idea iniziale, in modo da perfezionarne la fattibilità sotto il profilo tecnico,

commerciale e finanziario. Tipicamente gli incubatori sono specializzati per settore, così

da ottimizzare l'impiego delle risorse a massimizzare il supporto fornito e ammettono

solo un numero limitato di startup per ogni programma, a seguito di un accurato

processo selettivo. Le startup possono operare in ambienti di co-working, ossia in open

space a fianco di altre giovani imprese, condividendo con queste scoperte, informazioni

e contatti. Il programma termina nel momento in cui la startup è pronta ad operare in

maniera autonoma. A questo punto, se l'idea è valida e se l'incubatore lo ritiene

opportuno, è possibile offrire un servizio ulteriore definito di accelerazione.

L'acceleratore di impresa è un incubatore che, superata la fase di validazione iniziale,

investe il proprio capitale nella startup, agendo come investitore istituzionale.

2.5. Strumenti per la valutazione della startup ai fini

d’investimento

Le startup, con lo scopo di reperire finanziamenti per supportare l’avvio della propria

attività, devono presentare il proprio progetto imprenditoriale ai possibili investitori. Per

procedere alla valutazione e prendere le proprie decisioni di investimento, gli investitori

possono consultare la documentazione prodotta dalle startup in cerca di finanziamento.

Questi documenti tipicamente sono: l’elevator pitch e il business plan.

2.5.1. Elevator pitch

L’elevator pitch è un documento sintetico volto a trasmettere l’idea di business,

evidenziandone i vantaggi e le strategie di sviluppo. Spesso lo screening iniziale viene

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effettuato consultando questo documento, sulla base del quale vengono selezionate le

imprese più meritevoli alle quali sarà richiesto il business plan. Un buon elevator pitch

deve contenere:

• idea di business: descrizione concisa ed efficace del progetto e dei bisogni di

mercato che intende soddisfare;

• team: conoscenze dell’imprenditore e del suo staff;

• strategia di sviluppo: la condotta che l’impresa intende adottare per il proprio

sviluppo;

• profittabilità: breve descrizione delle previsioni economiche-finanziarie.47

2.5.2. Business plan

Il business plan è il documento che descrive il progetto imprenditoriale, le scelte

strategiche e le modalità operative, le prospettive economiche e il fabbisogno

finanziario connesso al progetto. Un business plan deve contenere:

• executive summary: la sezione più importante, deve rappresentare in maniera

concisa ma esaustiva gli argomenti che saranno approfonditi all’interno del

documento, una introduzione di poche pagine in grado di stimolare l’interesse

dell’investitore;

• società: presentazione della società, contiene una parte dedicata alle

informazioni generali quali forma giuridica, oggetto sociale, organigramma e

obiettivi e una parte dedicata alla storia dell’impresa. In tale ambito saranno

presentati i punti di forza e i successi ottenuti nonché le criticità che sussistono;

• settore: un’analisi del settore con particolare riferimento alla tipologia di clienti

cui il prodotto è rivolto nonché i fornitori e i concorrenti;

• prodotto: descrizione del prodotto venduto o del servizio erogato;

• mercato: analisi del mercato nel quale opera l’impresa e le proiezioni realistiche

sulle vendite della società;

47 http://www.pmi.it/economia/finanziamenti/articolo/53099/business-angel-come-attirare-lattenzione-degli-investitori.html

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• team: caratteristiche e ruoli delle persone che lavorano in azienda comprensivo

di conoscenze e background professionali di ciascuno di essi;

• strategie: modalità con le quali conseguire gli obiettivi prefissati;

• marketing: campagne pubblicitarie e reti distributive che si intendo utilizzare;

• piano operativo: descrizione delle attività che si intende intraprendere al fine del

raggiungimento degli obiettivi aziendali compresa la produzione e la

commercializzazione dei prodotti, le attività di ricerca e sviluppo, gli impianti e

il personale;

• piano economico finanziario: evidenzia l’ammontare dei capitali necessari a

consentire lo sviluppo del progetto imprenditoriale. Il piano deve presentare stati

patrimoniali e conti economici dei futuri 3 o 5 anni.48

2.6. L’innovazione e il ruolo delle startup

Tradizionalmente, l'innovazione si è sviluppata all’interno delle grandi aziende, dotate

di dipartimenti di Ricerca&Sviluppo predisposti e aventi a disposizione grandi somme

di budget, gli strumenti e le risorse necessarie a creare qualcosa di nuovo. Negli ultimi

anni, tuttavia, molti nuovi mercati sono nati grazie alle innovazioni introdotte da

aziende di piccole dimensioni e con un breve periodo di vita: le startup. Partendo da

un’idea e investendo in modo accurato ed ottimale tempo e risorse, sono state capaci di

sviluppare un'idea innovativa, fino a portarla sul mercato, avviando così un’impresa

economicamente sostenibile. Per questo motivo quindi l’attenzione del mondo

economico si è progressivamente accesa sullo scenario delle startup.

L’innovatività si è progressivamente trasferita dalle grandi aziende consolidate alle

piccole imprese appena nate, soprattutto per due motivi:

• le nuove tecnologie hanno ridotto l’importanza dei fattori di scala in numerosi

settori;49

48 http://www.pmi.it/economia/finanziamenti/articolo/53099/business-angel-come-attirare-lattenzione-degli-investitori.html 49 Meijaard 2001

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• l’aumento dell’innovatività ha ridotto il ciclo di vita dei prodotti e delle

tecnologie.

Le piccole imprese sono favorite in questo senso, in quanto più flessibili e

maggiormente predisposte al cambiamento. Inoltre, il crescente grado di incertezza del

mondo economico a partire dagli anni ’70 ha creato più spazi per l’ingresso di nuove

imprese innovative, con una rapida crescita di settori ad alto contenuto tecnologico.

L’innovazione nelle grandi imprese trova i due ostacoli principali nella difficoltà di

introduzione e diffusione del cambiamento e nella paura di fallire. Quando si parla di

innovazioni radicali sono necessari dei cambiamenti strutturali e l'acquisizione di

capacità specifiche (tipicamente tecnologiche) spesso non possedute all’interno

dell’azienda e difficili da integrare. Inoltre nelle grandi aziende la paura di fallire è

molto elevata, a causa di possibili conseguenze come lo spreco di budget e di risorse a

disposizione. Pertanto il management tende a non rischiare di operare in condizioni di

elevata incertezza, evitando così di investire risorse critiche quali tempo, denaro e

capitale umano per sviluppare qualcosa di cui non si ha la sicurezza di poter avere un

ritorno significativo dell'investimento realizzato.

Per loro natura invece le startup sono caratterizzate da rischio elevato ed elevata

probabilità di fallimento; tuttavia il fallimento stesso è visto in una prospettiva diversa e

con un’accezione positiva che non appartiene alle grandi aziende.

La fase di startup di un’impresa infatti segue quella in cui l’imprenditore ha un’idea e

progetta il proprio business senza però dar vita ad una struttura organizzativa, ed è

caratterizzata da costi certi a fronte di ricavi incerti. Le startup infatti solitamente

presentano un rischio più elevato rispetto alle aziende già consolidate sul mercato,

rischio che esalta sia le prospettive di guadagno sia la possibilità di perdite. Queste

compagnie, in caso di successo, traggono il loro vantaggio dal fatto che, essendo state

appena avviate, utilizzano generalmente una limitata quantità di risorse sia umane sia

finanziarie. Tuttavia si può comprendere facilmente come l’incertezza e il rischio di

fallimento siano elevate quando si parla di startup per la loro intrinseca natura

innovativa. L’incertezza può essere più o meno elevata a seconda che la startup

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introduca innovazioni incrementali o radicali: le innovazioni incrementali puntano al

miglioramento di qualcosa già esistente, operando in un contesto di incertezza

contenuta; le innovazioni radicali introducono novità mai viste prima, né dagli utenti, né

dai concorrenti, e comportano quindi la creazione di un nuovo mercato in quando

soddisfano nuovi bisogni e si rivolgono ad una nuova tipologia di domanda. Per questo

motivo le condizioni in cui opera un’azienda che introduce un’innovazione radicale

sono caratterizzate da un livello di incertezza più elevato. Operare in un contesto

caratterizzato da un elevato grado di incertezza implica maggiori possibilità di

fallimento. Tuttavia come accennato il fallimento non è visto dalla startup come un

limite, ma come uno strumento fondamentale per imparare dagli errori, evolversi e

avere successo. Negli Stati Uniti, in particolare nella Silicon Valley, culla mondiale

dell’innovazione, il fallimento non è considerato un limite, bensì un pregio, perché

stimola a voler provare, sperimentare e reiterare accelerando il raggiungimento del

successo.

2.7. Il contesto Europeo e Internazionale

Il fenomeno di creazione di una startup non può essere studiato se non

contestualizzandolo nella realtà in cui nasce: sono infatti da tenere in considerazione i

fattori esogeni che possono condizionare tale processo, in particolare la componente

geografica. Analizzando le differenze fra le diverse nazioni, il primo fattore

differenziante è l’accesso al capitale esterno: Paesi caratterizzati da mercati efficienti,

ovvero con sistemi bancari sviluppati e con la presenza sul territorio di Venture

Capitalists e Business Angels, favoriscono la nascita e lo sviluppo di nuove imprese,

mentre dove l’accesso al capitale è difficoltoso la nascita di nuove imprese non ha le

stesse facilitazioni e la maggior parte dei lavoratori autonomi è attivo nel settore

primario; si crea così la prima netta spaccatura tra il mondo occidentale e le economie in

via sviluppo.50 Da un lato quindi l’imprenditorialità è segnata dall’economia del Paese,

però esiste anche un aspetto duale della situazione, in quanto sono proprio gli

imprenditori a trasformare la realtà economica dei Paesi; la nascita di uno spirito

50 Blanchflower D. G., Oswald A., Stutzer A., “Latent entrepreneurship across nations” 2001

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imprenditoriale è ciò che permette di trasformare economie rurali e agricole in

economie industriali, trasformando Paesi arretrati in emergenti.51

Le politiche pubbliche introdotte dai vari Paesi in un quadro sia Europeo, che

internazionale hanno permesso a ciascun Paese di sviluppare e rafforzare il proprio

sistema imprenditoriale, cercando meccanismi diretti ad incentivare lo sviluppo di

nuove attività.

Leader incontrastato dell’innovazione e dell’alta tecnologia restano gli Stati Uniti che

da anni possono contare su solidi rapporti tra università e imprese. In particolare nella

Silicon Valley sono nati colossi della tecnologia come Google, Hewlett-Parkard e Cisco

System, che alimentano la nascita continua di startup che contribuiscono allo spirito

innovativo della regione e alla sua solida economia. Negli anni gli USA hanno adottato

interventi volti a semplificare e migliorare lo sviluppo e la crescita economica.

Nel 2011 è stato convertito in legge l’America Invents Act che disciplina in modo più

snello il rilascio di brevetti, permettendo il rilascio del brevetto al soggetto che richiede

per primo il deposito della domanda di protezione dello stesso, evitando la ricerca del

soggetto che aveva ideato e attuato l’invenzione.52

I programmi di governo, fortemente orientati al sostegno delle startup innovative, hanno

rappresentato uno dei fattori di successo delle migliaia di aziende ad alta tecnologia

della Silicon Valley.

Negli Stati Uniti le startup hanno creato tre milioni di posti di lavoro. Dopo il lancio da

parte del presidente Obama di “Startup America” il settore privato statunitense ha

sviluppato un partenariato tra imprenditori, multinazionali, università, fondazioni,

consapevoli del fatto che il 40% della ricchezza americana di oggi è prodotto da imprese

che trent’anni fa non esistevano nemmeno.53

Nel febbraio 2013 inoltre è stato presentato lo Startup Act 3.0, per facilitare i visti agli

investitori stranieri che arrivano in America. La normativa vuole incentivare gli

investimenti in nuove imprese, accelerare la commercializzazione della ricerca

51 Naudè W., “Entrepreneurship, developing countries, and development economics: new approaches and insights” 2010 52 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013 53 Rapporto Restart Italia, 2012

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universitaria e migliorare il processo di regolamentazione per la costituzione di un

nuovo business.

In Germania si sono introdotti interventi normativi per agevolare la nascita di idee

innovative e quindi di startup. Dal 2008 sono stati introdotti modelli societari facilitanti,

quali ad esempio la “Mini -GmbH”, che permette alle società , nella fase iniziale, di

avere un capitale sociale di solo 1 euro. Non risultano previste particolari agevolazioni

fiscali appositamente destinate alle startup ma la pressione fiscale del Paese risulta

comunque minore di altre realtà internazionali. Finanziamenti pubblici diretti alle

startup, come ad esempio, l’Exist Business Start-Up Grant, aiutano i ricercatori, laureati

e studenti universitari a sviluppare proprie idee innovative.54

La Francia è stato il primo Paese a consentire, a partire dal 2003, la costituzione di una

Société à responsabilité limitée (Sarl), con la dotazione di un capitale minimo pari ad un

centesimo di euro, per agevolare le imprese nascenti.55

Nell’introdurre gli interventi normativi a favore della nascita delle startup nel nostro

Paese nel 2012, sono stati presi molti spunti dalla realtà francese: in Francia esiste una

tipologia societaria con ridotto carico fiscale per agevolare le PMI innovative, la Jeune

Entreprise Innovante (JEI); è presente inoltre la figura della Jeune Entreprise

Universitaire (JEU), che sostiene le giovani società che valorizzano il lavoro di ricerca

di giovani dottorandi o in possesso di master da meno di cinque anni.56

Oltre agli sgravi fiscali, le imprese che investono in innovazione possono beneficiare

anche del supporto di OSEO, una public holding che facilita l’accesso ai finanziamenti

tramite sovvenzioni o prestiti a interessi zero. La sua missione è intervenire nei progetti

rischiosi, laddove sia più difficile trovare finanziatori, addossandosi parte dei rischi e

fungendo da partner delle imprese.57

In Spagna sono stati introdotti dei progetti di riforma per creare un ambiente sociale,

culturale e professionale favorevole alla nascita e allo sviluppo di imprese innovatrici,

ponendo particolare attenzione al legame tra formazione universitaria-professionale e

capacità di fare impresa, e introducendo anche agevolazioni da un punto di vista

54 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013 55 Fregonara, 2013 56 Rapporto Restart Italia, 2012 57 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013

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amministrativo, fiscale, con interventi a livello nazionale quali ad esempio il Proyecto

del ley 121/000052 del 2013.58

In Belgio dal 2010 è stata introdotta una nuova forma societaria per agevolare la nascita

di nuove imprese innovative: la Société privée à responsabilité limitée-“Starter” (SPRL-

S), variante della Société privée à responsabilité limitée (SPRL) che può essere

costituita con un capitale minimo di un euro ed avente una natura temporanea poiché la

sua durata è pari al massimo a cinque anni.59

In Gran Bretagna nel 2011 è stata lanciata StartUp Britain, una grande campagna

nazionale patrocinata dal governo ma concepita e finanziata da imprenditori, per

promuovere e accelerare la nascita di nuove imprese innovative, supportate dalle

capacità e dalle conoscenze degli imprenditori.60

L’ Austria ha recentemente introdotto un pacchetto di misure di oltre cento milioni di

euro in sei anni, destinato a giovani imprenditori, come forma di sostegno diretta anche

agli investimenti in startup.61

In ambito internazionale, al di fuori del contesto europeo, oltre agli Stati Uniti, altri

esempi interessanti di Paesi che hanno adottato interventi a sostegno dell’innovazione

sono i seguenti.

Israele, dopo aver lanciato nel 1993 il programma Yozma a favore delle startup, è

diventato in pochi anni il Paese con il più alto numero di società quotate al Nasdaq e di

brevetti pro capite high-tech nel settore medicale.62

Lo Stato di Israele oggi rappresenta un Paese ideale per gli investimenti, caratterizzato

da uno spirito imprenditoriale innovativo, tecnologie all’avanguardia e un’economia

incentrata sulla nascita e crescita delle startup. Israele investe circa il 4,25% del PIL in

R&S, che è il più alto rapporto di qualsiasi Paese al mondo, ed è il Paese con la più alta

densità di nuove imprese. Infatti, sono presenti circa 4000 startup tecnologiche sul

territorio israeliano, e circa 70 fondi di venture capital attivi, di cui 14 venture capitalist

internazionali con uffici in Israele.63

58 Cian, 2013 59 Fregonara, 2013 60 Rapporto Restart Italia, 2012 61 Rapporto Restart Italia, 2012 62 Rapporto Restart Italia, 2012 63 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013

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In Cile nel 2011 è stato lanciato programma “Startup Chile” con l’obiettivo di creare il

polo tecnologico più importante dell’America Latina, capace di attrarre investitori e

capitali e favorire la nascita di aziende innovative.64

Dall’analisi affiora come le politiche economiche degli altri Paesi abbiano giocato un

ruolo fondamentale nella promozione e nel sostegno degli sforzi innovativi delle

imprese.

2.8. Le startup in Italia

Le startup sono nate negli Stati Uniti più di 25 anni fa, ma solo dal 2012 in Italia

vengono riconosciute ufficialmente dalla legislazione italiana. Con un serie di interventi

normativi si mira a favorire la nascita e lo sviluppo delle nuove iniziative

imprenditoriali, al fine di ridurre la disoccupazione giovanile ma anche di agevolare ed

assistere le imprese nella fase di avvio, evitando che lo scenario attuale di crisi

rappresenti un ostacolo insormontabile.

Il 4 ottobre 2012 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge contenente

“Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (D.L 179/2012). La sezione IX del

Decreto (articoli 25-32) è dedicata alle misure specifiche per favorire la nascita e lo

sviluppo delle startup innovative, che per la prima volta vengono riconosciute dalla

legislazione italiana.65

Le norme sulle startup sono ispirate al Rapporto Restart, Italia! elaborato dalla Task

Force sulle startup. Composta da dodici esperti provenienti dal mondo dell’impresa, del

Venture Capital, dell’accademia, del giornalismo e della Pubblica Amministrazione, la

Ttask Force è stata istituita nell’aprile 2012 dal Ministro dello Sviluppo Economico

Corrado Passera. In seguito a un processo di gestazione, il Rapporto Restart, Italia! è

stato reso pubblico il 13 settembre 2012. Una volta approvato dal Consiglio dei

Ministri, il Decreto Legge n.179/2012 è stato firmato dal Presidente della Repubblica

64 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013 65 http://www.italiastartup.it/wp-content/uploads/2013/07/Legge_startup-SINTESI-rev.pdf

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Giorgio Napolitano ed è stato pubblicato il 18 ottobre in Gazzetta Ufficiale. L’iter di

conversione del Decreto Legge è stato completato dal Parlamento il 13 dicembre 2012.

La nuova normativa sulle startup mira a promuovere la crescita sostenibile, lo sviluppo

tecnologico e l’occupazione, in particolare giovanile, lo sviluppo di una nuova cultura

imprenditoriale, la creazione di un ecosistema maggiormente incline all’innovazione,

così come a favorire una maggiore mobilità sociale e ad attrarre in Italia talenti e

capitali dall’estero. La normativa a favore delle startup innovative non riguarda un solo

settore, ma fa riferimento potenzialmente a tutto il mondo produttivo.

I contenuti principali della nuova legge sono:

1. Definizione di startup: la normativa si riferisce esplicitamente alle “startup

innovative” per evidenziare che il target non include qualsiasi nuova impresa ma

è incentrato su quelle il cui business è chiaramente legato all’innovazione e alla

tecnologia. Per beneficiare delle misure di sostegno, la startup deve presentare le

seguenti caratteristiche: (a) avere la sede principale in Italia; (b) essere operativa

da meno di quattro anni; (c) avere meno di 5 milioni di euro di fatturato; (d) la

maggioranza delle quote o azioni rappresentative del capitale sociale e dei diritti

di voto nell’Assemblea ordinaria dei soci deve essere detenuta da persone fisiche

almeno per i primi 24 mesi di operatività; (e) non deve distribuire utili; (f) avere

come business esclusivo o prevalente l’innovazione tecnologica. La startup

soddisfa quest’ultimo requisito se almeno il 20% delle proprie spese sono in

Ricerca & Sviluppo (R&S), oppure se almeno un terzo del Team è composto di

dottorandi o dottori di ricerca o da personale che ha svolto attività di ricerca per

almeno tre anni, oppure se è proprietaria o depositaria o licenziataria di un

brevetto.

2. Definizione di startup a vocazione sociale: possiede gli stessi requisiti delle altre

startup, ma opera in alcuni settori specifici che la legge italiana considera di

particolare valore sociale.

3. Definizione di incubatore certificato: attraverso la verifica da parte

dell’incubatore o acceleratore di startup del possesso di alcuni requisiti specifici

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relativi ai locali, al management, alle attrezzature e soprattutto al track record. In

questo modo la legge mira a individuare quali strutture in Italia offrono

realmente ed efficacemente servizi di incubazione.

4. Le startup e gli incubatori certificati devono registrarsi in una sezione speciale

del Registro delle imprese creata ad hoc presso le Camere di Commercio. Questa

registrazione permette di dare pubblicità, effettuare controlli e garantire il

monitoraggio dell’impatto che la nuova legislazione avrà sulla crescita

economica e l’occupazione.

5. Abbattimento degli oneri per l’avvio d’impresa: la startup, a differenza delle

altre aziende, non dovrà pagare gli oneri di costituzione e registrazione presso le

Camere di Commercio.

6. Disciplina in materia di lavoro applicabile alle startup: la startup potrà assumere

personale con contratti a tempo determinato della durata minima di 6 mesi e

massima di 36 mesi. All’interno di questo arco temporale, i contratti potranno

essere anche di breve durata e rinnovati più volte. Dopo 36 mesi, il contratto

potrà essere ulteriormente rinnovato una sola volta, per un massimo di altri 12

mesi, e quindi fino ad arrivare complessivamente a 48 mesi. Dopo questo

periodo, il collaboratore potrà continuare a lavorare in startup solo con un

contratto a tempo indeterminato. La norma è scritta anche in modo da

contrastare il rischio di finte Partite IVA passati i 48 mesi.

7. La startup potrà remunerare i propri collaboratori con stock option e i fornitori di

servizi esterni attraverso il work for equity. Il regime fiscale e contributivo che si

applica a questi strumenti è vantaggioso e concepito su misura rispetto alle

esigenze tipiche di una startup. Anche gli incubatori certificati possono accedere

a questi strumenti.

8. Credito d’imposta: è previsto un accesso prioritario alle agevolazioni per le

assunzioni di personale altamente qualificato nelle startup innovative e negli

incubatori certificati.

9. Introduzione di incentivi fiscali per investimenti in startup provenienti da

aziende e privati per gli anni 2013, 2014 e 2015. Gli incentivi valgono sia in

caso di investimenti diretti in startup, sia in caso di investimenti indiretti per il

tramite di altre società che investono prevalentemente in startup.

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79

10. Introduzione del crowdfunding.

11. Accesso semplificato, gratuito e diretto per le startup al Fondo Centrale di

Garanzia, un fondo governativo che facilita l’accesso al credito attraverso la

concessione di garanzie sui prestiti bancari. Gli incubatori certificati possono

beneficiare dello stesso trattamento speciale riservato alle startup.

12. Sostegno ad hoc nel processo di internazionalizzazione delle startup da parte

dell’Agenzia ICE. Il sostegno include l’assistenza in materia normativa,

societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia, l’ospitalità a titolo

gratuito alle principali fiere e manifestazioni internazionali, e l’attività volta a

favorire l’incontro delle startup innovative con investitori potenziali per le fasi di

early stage capital e di capital e di espansione.

13. Introduzione di procedure volte a rendere più rapido e meno gravoso il processo

che si mette in moto nel caso in cui la startup non decolla. Questa misura mira

ad evitare che l’imprenditore possa affrontare più agevolmente il procedimento

liquidatorio e che sia limitato il rischio che resti “marchiato” come “qualcuno

che ha fallito”.

14. Lancio di un concorso per realizzare una campagna nazionale per promuovere

una migliore comprensione e consapevolezza nell’opinione pubblica,

specialmente tra i giovani, sul ruolo dell’innovazione e delle opportunità offerte

dalla nuova legislazione in materia di startup.

15. Creazione di un meccanismo di valutazione sistematica e di monitoraggio delle

politiche attraverso la raccolta costante di dati e analisi dell’impatto della nuova

normativa, con il supporto dell’ISTAT.66

A tre anni dall’introduzione di tali interventi normativi, i risultati sono positivi ed

incoraggianti. Cerved ha avviato una collaborazione con Italia Startup per analizzare il

fenomeno delle startup innovative e i dati che emrgono dall’indagine confermano il

crescente e promettente sviluppo delle startup innovative nel contesto delle nuove

imprese nate in Italia. Tra febbraio 2013 e dicembre 2014 si sono iscritte alla sezione

66 http://www.italiastartup.it/wp-content/uploads/2013/07/Legge_startup-SINTESI-rev.pdf

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speciale del Registro delle Imprese 3.295 società, delle quali più di un terzo (1.256) nate

nel 2014 (+36% sul 2013 - 923 aziende).

Più dell’80% delle startup innovative (2,6 mila) opera nel terziario, con una presenza

diffusa soprattutto nella produzione di software e nella consulenza informatica (975),

nella ricerca scientifica (478), nelle attività di supporto ai servizi di informazione, come

ad esempio i portali web (313), e negli studi di architettura e ingegneria (201). Va

segnalato comunque un buon numero di imprese innovative anche nei settori industriali

(516), soprattutto nella fabbricazione di computer (128) e nella meccanica (108). Le

imprese che operano nel commercio al dettaglio sono 81.

Figura 25: Le startup innovative per settore in Italia. Fonte: Cerved

313

128

108

101

478

975

79

81

95

201

Fabbricazioni di apparecchiature

elettriche e non ad uso domestico

Commercio al dettaglio

Altre attività professionali,

scientifiche, tecniche

Consulenza gestionale

Fabbricazioni di macchinari e

apparecchiature

Fabbricazioni di computer e prodotti

di nelettronica

Studi di architettura e ingegneria

Servizi di informazione e altri servizi

informatici

Ricerca scientifica e sviluppo

Produzione di software e consulenza

informatica

Base: valori assoluti

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81

Dal punto di vista geografico, le startup innovative si concentrano soprattutto in

Lombardia (714, il 22% del totale), Emilia Romagna (373, 11,5%) e Lazio (310, 9,5%).

Figura 26: Le startup innovative per regione in Italia.

Fonte: Cerved

94

735436

115121137142

193209231255

310373

714

101419

93

Val d'AostaMolise

BasilicataUmbriaLiguria

CalabriaFriuli Venezia Giulia

SardegnaTrentino Alto Adige

SiciliaMarche

PugliaCampania

ToscanaPiemonte

VenetoLazio

Emilia RomagnaLombardia

Base: valori assoluti

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82

Confrontando le caratteristiche degli startupper con quelle degli imprenditori di nuove

società di capitali, è maggiore tra gli startupper la presenza di chi è alla prima

esperienza (39% contro 30% nel 2014), non avendo in passato ricoperto ruoli di vertice

negli organi amministrativi o sociali di altre aziende. E’ minore la presenza femminile

(18% contro 27%). Le statistiche indicano che il nostro sistema ha una capacità limitata

di attrarre imprenditori con idee innovative dall’estero: sono infatti solo 46 gli

startupper nati all’estero nel 2014, il 4% dei fondatori.

Figura 27: Caratteristiche di startupper e imprenditori di nuove società di capitali in Italia.

Fonte:Cerved

39%

30%

startup innovative

newco

18%

27%

startup innovative

newco

4%

9%

startup innovative

newco

Senza esperienza

Base: % sul totale fondate

nel 2014

Donne

Stranieri

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Analizzando l’età degli startupper: nell’ultimo anno oltre un terzo degli startupper ha

meno di 35 anni. La presenza di under 25 è solo del 5,3 % , probabilmente per la

maggiore presenza di laureati tra coloro che fondano una startup innovativa rispetto a

chi avvia una società di capitale.67

Figura 28: Distribuzione per età degli startupper in Italia. Fonte:Cerved

2.9. L’importanza delle startup nel settore Retail

Qualsiasi settore economico, da quelli intrinsecamente più innovativi a quelli più

tradizionali, come il Retail, sta sperimentando una forte trasformazione digitale del

proprio business, a causa delle trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche in

atto.

La digital economy ha portato una vera e propria rivoluzione, cambiando quello che era

il mercato di riferimento, la figura del consumatore e i potenziali competitors. La digital

innovation ha consentito a soggetti del tutto nuovi, quali le startup, di cambiare le regole

in tutti i settori di mercato in maniera repentina e improvvisa, grazie non solo

all’introduzione di nuove tecnologie, ma anche al concepimento di business model

rivoluzionari.

67 http://www.economyup.it/startup/2624_startup-innovative-in-italia-36-in-un-anno.htm

5.3%

28.2%

32.6%

23.9%

10.0%

Base: % sul totale fondate nel 2014

oltre 55 anni

26-35 anni

36-45 anni

46-55 anni

meno 25 anni

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Anche settori più tradizionali, come turismo, trasporti, servizi bancari, Retail,

distribuzione,… non devono sottovalutare la potenzialità dirompente dell’innovazione

digitale di cui le startup sono portatrici. Ne sono un esempio imprese come AirBnb,

Uber, Spotify, che sono riuscite a trasformare radicalmente alcuni segmenti del mercato

(turismo, trasporti e musica in questi casi specifici) e a mettere in crisi alcune grandi

aziende leader del settore. Le startup infatti sono in grado di creare innovazione e

accelerare la trasformazione verso la digital economy.

Diventa quindi un imperativo per i big player anche di settori tradizionali, come il

Retail, monitorare ed entrare in contatto con realtà innovative, non solo per difendersi

da una potenziale riduzione del proprio ruolo e della propria crescita, ma anche e

soprattutto per sostenere chi è in grado di reimmaginare in chiave digitale processi,

servizi, logiche, prodotti e modalità di consumo, in modo da trarne benefici per il

proprio business.68 La disruptive innovation infatti deve essere tenuta in considerazione,

ma non deve essere considerata una minaccia, bensì un’opportunità. E i settori

tradizionali, come il Retail, non devono sentirsi immuni al cambiamento, in quanto,

come affermato da L. Downes e P. F. Nunes in “Big-bang disruption”, “today every

business is a digital business”, ovvero ogni attività economica può essere oggetto di

riconcezione alla luce delle potenzialità offerte dall’ultima ondata di tecnologie digitali

e dalle trasformazioni negli stili di vita da esse indotte.

La disruption di cui Downes e Nunes parlano ha un’accezione radicale da non

sottovalutare: non sono tanto le imprese leader in un’area di business a sparire (o quasi)

in quanto scalzate e sostituite da altre, ma sono le aree di business stesse a perdere la

loro ragion d’essere perché le funzionalità che le caratterizzavano vengono soddisfatte

in modo diverso e a costi spesso nulli (o quasi).69

L’aspetto duale è che non solo le aziende che l’innovazione la subiscono devono

monitorare le aziende innovatrici, ma anche queste ultime devono, in caso di successo,

riuscire a gestirlo con una struttura aziendale flessibile (outsourcing e scalabilità della

produzione in tempi rapidi) in modo da soddisfare la domanda crescente in tempi

rapidissimi. Con altrettanta rapidità, saper poi disinvestire gli asset per prepararsi alla

prossima innovazione “distruttiva” creata dall’innovatore stesso o da qualche altro

68 http://www.windbusinessfactor.it/news-eventi/startup-e-finanza/come-startup-rivoluzionano-economia/27664 69 http://www.digital4.biz/executive/approfondimenti/le-opportunita-della-disruptive-innovation_43672152865.htm

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player.70 Per questa ragione le startup devono entrare in contatto con le imprese del

settore già esistenti e consolidate, per imparare a “fare impresa” e quindi a gestire il

successo che l’innovazione vincente introdotta ha portato. Soprattutto in settori

tradizionali come il Retail, caratterizzato dalla presenza di big player, colossi del

mercato, le startup possono ricevere supporto in termini di competenze per il

trasferimento tecnologico, strutture e asset, entrando in contatto con queste aziende

consolidate che già li possiedono.

E’ dunque molto importante per un'azienda startup sviluppare relazioni con partner

industriali e commerciali, che spesso possono determinare la riuscita nello scopo finale

dell'azienda che, non è trovare un finanziatore, ma entrare e stare nel mercato, vendere,

fatturare, generare ricavi e posti di lavoro. La startup deve imparare a gestire molto

presto i rapporti con le big company, che oltre a quanto sviluppato internamente in

R&D, hanno sempre e comunque il radar in funzione per quanto emerge anche

dall'esterno. Ciò che emerge è che la startup e la grande azienda possono rappresentare

una per l'altra una preziosa risorsa.71

Concentrando l’attenzione sull’Italia, si può osservare a tal proposito come la realtà

industriale sia caratterizzata da una forte dicotomia: il know how tecnologico e

produttivo è ancora molto elevato, quindi sono presenti soggetti in grado di introdurre

innovazione, tuttavia la capacità di trarne un soggetto in grado di competere

globalmente (l’impresa) è una caratteristica non sempre coesistente con la capacità di

generare innovazione. In estrema sintesi non vi sono oggi le condizioni affinché in Italia

possa nascere ex-novo una grande impresa in grado di agire massivamente

sull’occupazione del territorio di pertinenza. Alla luce di ciò sono due gli obiettivi che

ragionevolmente ci si può prefissare. Primo: creare l’ecosistema adatto affinché i

soggetti industriali superstiti di dimensione significativa permangano (magari attirando

qualche investimento straniero) e crescano; secondo: creare le condizioni affinché

possano nascere molteplici PMI innovative che possano veicolare una trasformazione

70 http://ideas.sdabocconi.it/teo/archives/429 71 http://it.startupbusiness.it/news/startup-e-big-company-come-e-perche-essere-amici-spiegato-da-federico-francini-di-fujitsu/76769/

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industriale multidisciplinare, integrata con i servizi e connessa in reti d’impresa

complesse.72

2.9.1. Rapporto tra big player e startup nel settore Retail a

livello internazionale

Abbiamo già affermato come in molti Paesi le startup abbiano già trovato da tempo

terreno più fertile per nascere e svilupparsi rispetto allo scenario italiano. Con

l’obiettivo di sostenere la crescita economica e l’introduzione dell’innovazione, in

numerose nazioni sono stati introdotti interventi normativi che favoriscono il fiorire di

queste tipologie di imprese.

Anche i big player del settore Retail riconoscono la necessità di introdurre innovazioni

digitali per mantenere, difendere e accrescere la propria posizione nel mercato. Molte di

queste aziende vedono nelle startup il mezzo più rapido per raggiungere questo

obiettivo; i mezzi con cui i big player possono entrare in contatto con le startup sono

essenzialmente due: la costituzione di incubatori/acceleratori di impresa o l’acquisizione

e/o la partnership con le startup.

Vediamo degli esempi di retailer che hanno implementato incubatori/acceleratori di

impresa:

o JLAB - acceleratore di impresa di John Lewis. JLAB è un programma offerto

alle startup dal retailer John Lewis, catena di department stores con 38,100

dipendenti e un fatturato pari a £4.060 billion (2013), operante in UK nei settori

abbigliamento uomo/donna, elettronica/informatica, beauty, articoli per

bambini,…

JLAB è nato nel 2014 e offre a dieci startup la possibilità entrare in contatto con

il retailer per supportarlo nell’introduzione di innovazioni digitali e nel

72 http://www.mark-up.it/wp-content/uploads/sites/3/2014/07/056_059_MARKUP231_07_2014_Finanziamenti.pdf

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cambiamento del proprio business model.73 Lo scopo di JLAB è quello di

identificare e sviluppare innovazioni tecnologiche che saranno parte della

shopping experience del futuro e di garantire a John Lewis un vantaggio

competitivo nell’incontrare le esigenze della clientela. Le innovazioni ritenute

più importanti sono quelle che permettono la raccolta, l’elaborazione e l’analisi

dei dati finalizzati a migliorare la customer experience, le soluzioni di

pagamento innovativo e le soluzioni che permettono la riduzione di attività a

basso valore aggiunto.74 Paul Coby, IT Director di John Lewis afferma che

l’innovazione è il cuore di John Lewis e JLAB ha aperto una nuova strada per

esplorare le tecnologie che cambieranno il modo di acquistare nel futuro. La

startup vincitrice della prima edizione 2014 è stata Localz, specializzata in

“microlocation tecnology”, che utilizza le tecnologie IBeacon, WiFi, GPS, QR

code e NFC (Near-field communication) per calcolare la posizione del cliente

nel punto vendita. L’applicazione è particolarmente utile per semplificare e

velocizzare la procedura Click&Collect offerta negli store del brand.75 Altre

finaliste sono state: Space Designed (App che permette ai consumatori di creare

e visualizzare versioni 3D virtuali delle stanze delle proprie case e inserirvi

nuovi oggetti d’arredamento potenziali per vedere come stanno), Tap2Connect

(servizio post vendita che usa etichette Smart per aumentare l’engagement della

clientela), Viewsy (sensori all’interno del negozio per monitorare il

comportamento del consumatore in-store con raccolta dei dati a supporto del

processo decisionale).76 Tra le finaliste dell’edizione 2015 troviamo: Qudini

(App che aiuta il retailer a raccogliere informazioni sul comportamento della

clientela in punto vendita), a conferma dell’interesse del retailer relativo al

miglioramento della customer experience.77

73 http://jlab.co.uk/about/ 74 http://www.telegraph.co.uk/technology/news/11113542/JLAB-meet-the-startups-bringing-John-Lewis-into-the-digital-age.html 75 http://www.telegraph.co.uk/technology/news/11127958/John-Lewis-crowns-iBeacon-startup-Localz-the-winner-of-JLAB.html 76 http://www.telegraph.co.uk/technology/news/11113542/JLAB-meet-the-startups-bringing-John-Lewis-into-the-digital-age.html 77 http://www.techworld.com/startups/how-enterering-john-lewis-jlab-accelerated-my-startup-business-3625795/

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o TESCO LABS: incubatore creato da TESCO, gruppo di distribuzione britannico

attivo a livello internazionale. Si tratta del primo gruppo di distribuzione del

paese, con più di duemila punti vendita, e di uno dei maggiori d'Europa, con

273.028 dipendenti e un fatturato di £42,641 miliardi (2006). Gli obiettivi che il

retailer si propone con l’incubatore di startup sono di portare l’innovazione in

tutti i settori aziendali e migliorare la customer experience per aumentare la

retention. L’azienda britannica continua a vedere nell’innovazione uno dei driver

fondamentali della propria crescita che passa attraverso la soddisfazione del

cliente. In particolare individua nel Mobile Commerce il terreno della

competitività per le aziende del settore che in tal senso dovranno elaborare

risposte innovative.78 Non a caso sta testando un servizio di pagamenti mobili

per permettere agli utenti in tutto il Regno Unito di fare acquisti e accumulare

punti fedeltà sui loro smartphone. Al momento il servizio PayQwig è attivo in

16 Tesco Express nella città di Londra e in 26 supermercati ad Edimburgo. Al

momento del pagamento l’App genererà un QR Code che opportunamente

scansionato determina l’effettuazione del pagamento e l’accumulo dei punti

fedeltà. Inoltre ha portato nell’aeroporto londinese Gatwick l’esperimento già

testato con successo in Corea: inquadrando il codice del bene che si vuole

acquistare con lo smartphone, sarà possibile effettuare l’acquisto e farselo

recapitare a casa. I clienti hanno la possibilità di fare shopping da ampi maxi-

schermi posizionati tra i gate. La logica dunque è quella di utilizzare i tempi di

attesa trasformandoli in tempi utili per lo shopping in movimento. 79

o TARGET: ha lanciato nel 2014 un incubatore d’impresa in India, the Target

Accelerator Program, con l’obiettivo di essere supportata da startup innovative

per aumentare la propria competitività nei confronti di altri big retailer come

Walmart e Amazon. Le startup selezionate riceveranno fondi da $30,000 come

parte del programma. Il focus è di nuovo l’innovazione a supporto del

78 http://www.marketingmagazine.co.uk/article/1229346/tesco-creates-london-innovation-lab-tap-wisdom-start-up-community 79 http://smartmoney.startupitalia.eu/39112/e-commerce/shopping-facendo-foto-con-lo-smartphone-a-londra-tesco-comincia-dagli-aereoporti/

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miglioramento della customer esperience del cliente.80 Una notizia recente è

quella del lancio da parte di Target di un acceleratore di startup con l’aiuto di

Techstars. Lo scopo è quello di accelerare l’innovazione all’interno di Target,

oltre a costruire una community di startup a Minneapolis.81

Altri retailer internazionali che invece hanno acquisito startup o costituito partnership

con esse sono:

• WALMART multinazionale statunitense, fondata nel 1962, costituisce il più

grande rivenditore al dettaglio nel mondo. Per competere con grandi aziende

eCommerce come Amazon, Walmart ha fondato WalmartLabs, un laboratorio

con sede nella Silicon Valley, per introdurre innovazioni nell’ambito dello

shopping online. Successivamente con l’acquisizione di Kosmix, startup

specializzata nella progettazione di motori di ricerca, ci si è posti l’obiettivo di

ottimizzare il search engine dello store online, aumentando la conversion

dell’eCommerce di Walmart del 15%.82

• H&M ha introdotto la tecnologia IBeacon in collaborazione con la startup

svedese Shopjoy. Si tratta di un progetto pilota che coinvolgerà alcuni store

selezionati a Stoccolma.83

• MACY’S nel settembre scorso ha annunciato la collaborazione con una startup

operante nel settore online fashion, Nineteenth Amendment. La startup cura una

selezione di designers consentendo loro la presentazione delle loro collezioni sul

sito eCommerce. Inizialmente la collezione viene venduta in pre-vendita e

quando i capi sono stati esauriti si va in produzione. In tal modo si sostengono

80 http://techcrunch.com/2013/11/26/target-yes-that-target-wants-to-launch-an-accelerator-in-india-to-tap-into-its-startup-scene/ 81 http://www.startribune.com/target-begins-venture-with-techstars-to-boost-startup-firms/333947791/ 82 http://www.ninjamarketing.it/2012/12/10/walmart-ecommerce/ 83 http://swedishstartupspace.com/2015/10/30/hm-jumps-on-the-ibeacon-bandwagon-with-shopjoys-technology/

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gli stilisti indipendenti, si annullano le scorte e si coinvolge maggiormente il

cliente nell’espressione delle sue preferenze.84

• NORDSTROM: Shoes of Prey, startup che consente ai propri clienti di

realizzare ed acquistare online scarpe personalizzate, ha stipulato un accordo di

collaborazione con Nordstrom al fine di portare la propria offerta digitale negli

store del brand statunitense. Per il momento si tratta di un progetto pilota, attivo

soltanto presso cinque store. All’interno dei negozi sono stati installati

touchscreen digitali tramite i quali i clienti possono scegliere e combinare forme,

colori e materiali per modellare la propria scarpa ideale. Una volta progettate le

scarpe ed effettuato l’ordine, i clienti possono decidere di farselo recapitare in

uno degli store Nordstrom oppure al proprio domicilio.

• FUJITSU Technology Solutions: lo scorso aprile la startup italiana S5 Tech e

Fujitsu Technology Solutions hanno siglato una partnership che comprende un

accordo di distribuzione, per tutto il territorio italiano, della soluzione sviluppata

da S5 Tech per il mercato Retail che consente di trasformare la comune etichetta

elettronica in interfacce di comunicazione istantanea tra azienda e consumatore

finale.

2.9.2. Rapporto tra big player e startup nel settore Retail in

Italia

L’avvio di una nuova impresa in Italia presenta grandi complessità anche in termini di

approccio. Un percorso logico può prendere in considerazione il “tasso di innovazione”

presente nella business idea. Se ci si rivolge a un settore tradizionale con moderata

innovazione, la filiera incubatore - Venture Capital - quotazione o altra Exit strategy

non è la più adatta. Viceversa un progetto con elementi innovativi correlato al Retail o

84 http://us.fashionmag.com/news/Macy-s-launches-collaboration-with-fashion-startup-Nineteenth-Amendment,565768.html#.VlzWdF6rFdM

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al marketing può essere inviato a uno dei tanti soggetti disponibili al vaglio. La prima

categoria a cui rivolgersi è quella degli incubatori, soggetti in grado di assistere l’Early

stage (o Seed) mettendo a disposizione competenze per il trasferimento tecnologico,

strutture e asset. Molte università italiane dispongono di un acceleratore di impresa e

attraverso di esso forniscono spazi fisici, consulenze ecc. In questo ambito è possibile

cercare un finanziamento dai Business Angel disponibili a investire.

Di seguito viene presentato un elenco di incubatori con i più interessanti progetti in

ambito Retail e marketing.85

ALMACUB

www.almacube.com

AlmaCube è l’incubatore dell’Univeristà di Bologna fondato nel marzo 2013 con

Unindustria Bologna con l’obiettivo primario di generare startup eccellenti e altamente

innovative. Tra le starup in portafoglio: PoiStory, sistema informativo focalizzato sulla

valorizzazione del territorio con alcune applicazioni nel settore enogastronomico

(www.poistory.info).

AREA SCIENCE PARK

www.area.trieste.it

Consorzio per l’Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste, che gestisce e

promuove il Parco, riconosciuto nel 2005 dal Miur come Ente Pubblico Nazionale di

Ricerca. Alcune esperienze nel settore agroalimentare: tracciabilità del prosciutto San

Daniele; allungamento della shelf life in ambito dolciario (Home / Trasferimento

tecnologico / Casi di successo).

BOOX

www.boox.it

Acceleratore d’impresa di eCommerce. Offre una piattaforma di logistica ed esperti in

vari settori. In portafoglio alcune esperienze nel settore agroalimentare: Mumumìo,

marketplace locale di produttori di cibi biologici (www.mumumio.com). Cortilia,

85 http://www.mark-up.it/wp-content/uploads/sites/3/2014/07/056_059_MARKUP231_07_2014_Finanziamenti.pdf

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piattaforma eCommerce per prodotti alimentari locali da produttore a consumatore

(www.cortilia.it). Tannico, eCommerce di vini di tipo innovativo (www.tannico.it).

Shoppable, eCommerce di art decor nordico (www.shoppable.it). Navorio, shopping

club per brand e designer emergenti nel settore gioielli e accessori (www.navorio.it).

Tinybazar, eCommerce per il mondo dei bambini e gli accessori premaman

(www.tinybazar.it).

I3P INCUBATORE IMPRESE INNOVATIVE

POLITECNICO DI TORINO

www.i3p.it

Maggiore incubatore universitario italiano e uno dei maggiori a livello europeo.

Fondato nel 1999 ha finora supportato 160 startup innovative. Tra le esperienze nel

settore Retail: Genius System, sistema di eCouponing profilato per la GDO. Natural

Gentleman, sito per l’abbigliamento maschile made in Italy su misura.

(www.naturalgentleman.com)

LUISS ENLABS

www.luissenlabs.com

Join venture tra l’Università Luiss e l’acceleratore EnLabs. Oltre 1.000 i progetti

vagliati, 18 finanziati internamente e alcuni anche esternamente. Diverse le iniziative

incubate nell’ambito marketing e Retail: Spotonway, webapp che consente di

rintracciare il voucher più conveniente selezionando l’offerta di acquisto più

interessante in ambito social (https://www.spotonway.com). wineOwine, enoteca online

con offerte limitate a prezzi speciali (https://www.wineowine.com). RisparmioSuper,

sito che confronta i prezzi dei supermercati per la ricerca di offerte vantaggiose

(www.risparmiosuper.it).

H-FARM

www.h-farmventures.com

Acceleratore e incubatore di imprese high-tech con la mission di supportare la fase di

trasformazione delle aziende italiane verso il digitale. Numerose le startup e tra queste

in ambito Retail: BauZaar, sito per acquisti organizzati relativamente a prodotti di

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qualità per animali domestici e da compagnia (https://www.bauzaar.it). Pathflow,

servizio per il Retail in grado di esaminare il flusso di acquirenti all’interno del punto di

vendita finalizzato alla nuova definizione di strategie di interazione

(www.pathflow.co/it).

M31

www.m31.com/it

Acceleratore e incubatore in Italia di imprese high-tech. Attivo nel biomedicale, tlc e

software.

NANA BIANCA

http://nanabianca.it

Acceleratore d’impresa impegnato su progetti internet e Mobile. Alcune esperienze nel

settore Retail: BuruBuru, sito per il commercio elettronico del desing artigianale

(www.buru-buru.com). Family Nation, piattaforma di eCommerce verticale per famiglie

con bambini molto piccoli o in arrivo. I prodotti offerti sono caratterizzati da una

componente ecosostenibile (www.family-nation.it). Gourmant, eCommerce dedicato

alle eccellenze italiane del gusto (www.gourmant.com). Sgnam, piattaforma per

ordinare cibo a domicilio attiva in alcune città di Emilia Romagna e Toscana

(www.sgnam.it). Vino75, eCommerce dedicato al vino che seleziona la miglior offerta

italiana e straniera (https://www.vino75.com/).

POLIHUB

www.polihub.it

PoliHub è l’incubatore del Politecnico di Milano. Tra gli obiettivi della mission vi è

quella della condivisione delle conoscenze tra le diverse startup. Startup per il Retail:

9minutes, App che consente di avere pareri e consigli sugli acquisti da un network di

amici (http://9minutesapp.com).

SPEEDMIUP

www.speedmiup.it

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Speed MI Up è l’Officina di imprese e professioni di Camera di Commercio di Milano e

Università Bocconi specializzata come acceleratore d’impresa per startup innovative. È

in grado di offrire per un massimo di due anni spazi fisici di lavoro, di incontro e

rappresentanza. Progetti anche nell’ambito logistico.

STARTCUBE

www.startcube.it

Incubatore Universitario d’impresa di Padova in grado di erogare servizi finalizzati alla

nascita di nuove imprese. La domanda di partecipazione è aperta sia a soggetti con il

progetto di costituire una nuova impresa, sia a imprese già costituite.

SUPERPARTES

Acceleratore d’impresa che fornisce servizi di consulenza per 9-24 mesi cercando

investitori per le fasi successive. I soggetti supportati possono utilizzare le risorse

dell’Innovation Campus “Federico Faggin” nella struttura del laboratorio di open

innovation. Alcune esperienze in ambito Retail: RetAPPs, applicazione per iPhone e

Android evoluta che consente di comporre liste della spesa interattive, gestire le

promozioni, leggere il codice a barre durante la spesa e effettuare il pagamento in cassa

(www.retapps.it).

THE NET VALUE

Incubatore per startup nel settore digitale di Cagliari nato dall’esperienza nel mondo

digitale conseguita con Video On Line, Crs4 e Tiscali. Offre servizi di Seed Capital

articolati per nuove inziative imprenditoriali. Alcune esperienze nel settore marketing e

Retail: Shop’n’Rate, App per web e Mobile che consente ai retailer di collezionare i

feedback sulla shopping experience nel proprio punto di vendita

(www.mysteryshopeyes.it). MyChildWorld,piattaforma di social shopping che consente

di scoprire prodotti da tutto il mondo e condividerne la conoscenza via Social Network

ed effettuare l’acquisto attraverso siti partner (www.mychildworld.com). Blomming,

sito di eCommerce che offre e persone fisiche e società una piattaforma per vendere su

un social media. Con Blomming è possibile effettuare l’attività di vendita dal proprio

sito, dal blog, o dal social network. OneGratis, è una carta fedeltà virtualizzata in uno

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smartphone che prevede servizi aggiuntivi per il retailer. Non richiede nessun

investimento tecnologico (www-dev.onegratis.com).

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In questo capitolo è stata definita in termini generali l’azienda startup, illustrandone le

caratteristiche, le fasi del ciclo di vita, il suo sviluppo tramite varie fasi di finanziamento

e le figure con cui entra in contatto.

Sono state messe in evidenza le profonde differenze esistenti tra il resto del mondo (in

particolare gli USA, considerati il terreno più fertile per la nascita di nuove imprese

innovative) e l’Italia. Mentre negli Stati Uniti le startup sono presenti da più di 25 anni,

nel nostro paese solo dal 2012 vengono riconosciute ufficialmente dalla legislazione

italiana e si sono introdotti una serie di interventi normativi per favorirne la nascita e lo

sviluppo.

Infine è stata esplicitata l’importanza che le startup hanno nell’introduzione

dell’innovazione digitale, in tutti i settori e in particolar modo del settore Retail di cui ci

si occupa in questa analisi. Date le mutate condizioni economiche, sociali e culturali,

innovarsi diventa un imperativo urgente per il retailer che nell’introduzione

dell’innovazione può essere supportato e a volte anche guidato dalle startup.

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3. Descrizione delle innovazioni digitali nei

processi Retail

3.1. I processi Retail

In questa sezione si introdurranno i processi nel settore Retail, in modo da poter in

seguito presentare le innovazioni digitali introdotte in ciascun processo. L’introduzione

dell’innovazione digitale è ormai divenuta un’esigenza improrogabile per i retailer per

svariati motivi che si riportano brevemente:

• il consumatore non è più un soggetto passivo, ma prende le proprie decisioni

d’acquisto in maniera informata, grazie all’avvento delle nuove tecnologie che

lo vedono sempre più connesso e digitale;

• negli anni caratterizzati dalla crisi economica la scelta di acquisto è stata molto

più ponderata ed oculata, rispetto al passato, a causa della riduzione del potere

medio di acquisto; attualmente si assiste a una lenta e moderata ripresa dei

consumi che comunque rimangono inferiori rispetto al periodo pre-crisi;

• l’offerta ha subito sostanziali modifiche che hanno introdotto una complessità

gestionale prima inesistente per il continuo ampliamento della gamma dei

prodotti in vendita e per una costante riduzione del loro ciclo di vita; ciò rende

più complicata la gestione delle attività operative, con conseguente incremento

dei costi (amministrativi, logistici,..) e riduzione del margine, a parità di

fatturato generato.

Le innovazioni digitali nel Retail devono quindi essere orientate al raggiungimento dei

seguenti obiettivi:

• attrarre, convincere e fidelizzare il consumatore, soddisfacendo e anticipando le

sue esigenze, incrementando efficacia dell’azione di vendita;

• ridurre i costi aumentando l’efficienza dei processi.

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Sono stati identificati tre cluster di processi nel settore Retail, a cui sono stati associati

tre gruppi di innovazioni:

• i processi di front-end, a cui si rivolgono innovazioni che impattano sui processi

di interazione con il consumatore all’interno del punto vendita, agendo sulla

dimensione della customer experience;

• i processi di back-end, a cui si rivolgono innovazioni volte a migliorare i

processi gestionali e operativi, di relazione con i fornitori, di gestione del

magazzino e di gestione dei negozi;

• l’omnicanalità, a cui si rivolgono innovazioni che supportano i processi di

interazione con il consumatore attraverso nuovi canali.

Figura 29: I processi Retail.

3.1.1.Front End

In ambito Retail, per front-end, si intende l’insieme di tutti i processi che hanno luogo

nel punto vendita, direttamente a contatto col cliente finale e che quindi influenzano più

di tutti la percezione del cliente e la customer-experience.

Benché in letteratura non esista una precisa mappatura dei processi di front-end

scientificamente approvata, solitamente si fa riferimento alle tre fasi del processo di

acquisto del cliente:

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� pre-vendita;

� vendita (acquisto e pagamento);

� post-vendita.

3.1.1.1. Pre-vendita

La fase di pre-vendita comprende tutte le attività che precedono l’acquisto del

prodotto/servizio. All’interno di questa fase si spazia da azioni volte ad attirare

l’attenzione del cliente e invogliarlo ad entrare nel punto vendita o a prendere in

considerazione l’acquisto di un articolo, ad azioni mirate a fornire informazioni.

Il primo punto di contatto tra il consumatore e il negozio sono le vetrine, il loro ruolo è

di catturare l’attenzione di un passante, stimolare la sua curiosità e invogliarlo ad entrare

nello store per intraprendere l’esperienza d’acquisto. Ma non solo le vetrine possono

attrarre il consumatore: la possibilità di ottenere preventivamente offerte personalizzate

durante la navigazione in internet (tramite coupon digitali) o in real-time in prossimità

del negozio possono costituire un ottimo incentivo per acquistare. Una volta all’interno

del punto vendita, il consumatore non ha esaurito la necessità di ricevere informazioni; a

questo scopo rispondono alcune soluzioni di digitalizzazione del punto vendita, quali:

totem o touch point per visualizzare il catalogo prodotti completo o personalizzare gli

articoli; cartellini interattivi per fornire informazioni supplementari sui prodotti a

scaffale; app utilizzabili in-store, per aumentare il coinvolgimento dei consumatori a

volte anche con funzionalità 3D; sistemi di indoor positioning che lo guidano nel

percorso in store.

3.1.1.2. Vendita

La fase di vendita può essere suddivisa in due momenti: la selezione del prodotto da

acquistare e il pagamento. In questa fase si ha l’opportunità di operare politiche di

cross-selling e di up-selling: la prima ha l’obiettivo di proporre prodotti o servizi

aggiuntivi correlati alla scelta d’acquisto iniziale; la seconda mira a proporre al

consumatore un prodotto o servizio superiore rispetto alla scelta d’acquisto iniziale (un

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servizio aggiuntivo o un prodotto di gamma superiore). Anche in questa fase le

innovazioni digitali possono contribuire a migliorare la customer experience nel punto

vendita, snellendo e velocizzando il processo di pagamento, notoriamente quello meno

gradito al cliente: il cliente può essere supportato dal personale di vendita dotato di

dispositivi mobili oppure può compiere azioni in autonomia (self-scanning e self-check-

out) ed infine può pagare utilizzando il proprio smartphone.

3.1.1.3. Post-vendita

Questa fase ha inizio nel momento in cui il cliente abbandona lo store, quando il cliente

inizia a fruire del prodotto che ha comprato. In questa fase il retailer tradizionalmente

continua a interagire con il cliente in caso di erogazione di servizi post-vendita, quali

garanzie, riparazioni e customer support. Ma nell’era del consumatore multicanale, il

retailer non può limitarsi a questo: l’interazione con il cliente dopo l’acquisto costituisce

parte integrante della customer experience e contribuisce attivamente alla sua

fidelizzazione. Inoltre data la digitalizzazione del consumatore post-moderno, il retailer

deve considerare una priorità il presidiare i Social Network: continua infatti ad essere in

ascesa il trend di condividere le opinioni d’acquisto nei Social e queste opinioni sono

tenute in considerazione dall’acquirente che si appresta ad effettuare l’acquisto.

3.1.2.Back End

Il back-end è l’insieme di tutti quei processi che non prevedono un’interazione con il

cliente finale e possono concorrere a sostenere il front-end. Anche per questa categoria,

come per il front-end, non esiste una mappatura scientificamente approvata e ogni

retailer evidenzia alcune attività imprescindibili. Quindi si è scelto di raggruppare le

attività Retail di back-end in tre classi, affinchè questa classificazione risultasse

applicabile a tutti i settori merceologici. I tre sottogruppi sono:

� processi di gestione dei negozi;

� processi di gestione del magazzino;

� processi di relazione con l’esterno (fornitori).

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3.1.2.1. Processi di gestione dei negozi (e trasversali)

Questo cluster racchiude tutte le attività che hanno luogo in negozio, ma che nonostante

ciò non sono catalogabili all’interno del front-end, perché non prevedono un’interazione

con il cliente. In questa fase rientrano anche le attività di analisi dei dati per la gestione

della clientela e a supporto dei processi decisionali.

3.1.2.2. Processi di gestione del magazzino

All’interno di questa categoria si collocano le attività di pertinenza del magazzino, quali

la gestione strategica delle scorte o la previsione della domanda. In questa categoria le

innovazioni digitali possono contribuire a migliorare l’efficienza delle operazioni svolte

in magazzino, in ottica di riduzione dei costi (RFid, automazione del magazzino, sistemi

di picking/packing) e di controllo della qualità della merce durante il trasporto da

garantire al cliente (soluzioni di intelligent transportation system).

3.1.2.3. Processi di relazione con l’esterno (fornitori)

Rientrano in questa categoria le soluzioni che mirano ad ottimizzare la collaborazione di

filiera, aumentando l’efficienza dei processi, con benefici in termini di riduzione di

complessità e costo. La collaborazione di filiera produce impatti positivi non solo sulla

supply chain stessa, ma anche in ambito commerciale (crescita media delle vendite e dei

profitti).

3.1.3.Omnicanalità

L’omnicanalità è definita come l’utilizzo congiunto e integrato dei diversi canali

(negozi fisici, online e Mobile) a supporto del processo di interazione azienda-

consumatore (fasi di pre-vendita, acquisto e post-vendita). Le opportunità riconducibili

all’adozione di un approccio omnicanale sono molteplici, soprattutto se viene promosso

un cambiamento non solo tecnologico, ma anche organizzativo e culturale. Questo

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cambiamento implica la volontà di collocare il cliente al centro della strategia di vendita

offrendogli un’esperienza di acquisto integrata e quindi fluida su tutti i canali.

3.2. Le innovazioni digitali nei processi Retail

3.2.1. Front-end

Nello specifico per i processi front-end le startup sono state mappate prendendo in

considerazione le seguenti innovazioni digitali:

Fase pre-vendita

o Chioschi, totem e touch point: sono device, installati in punto vendita e dotati

di schermo interattivo, che consentono ai clienti di ricevere informazioni sui

prodotti, di verificarne la disponibilità, di acquistarli online e di accedere alle

promozioni disponibili. Sono descrivibili come interfacce touch screen che

consentono l’interazione con il visitatore all’interno del punto vendita. Le

funzionalità di tali dispositivi sono molteplici e possono supportare tutte le fasi

del processo di acquisto. Innanzitutto devono attrarre l’attenzione del visitatore

entrato nel negozio, stimolandolo ad interagire. Possono attivarsi quando il

cliente è in prossimità (passa accanto o preleva un prodotto dallo scaffale) o

possono essere sempre attivi e mostrare contenuti brand specific (cioè volti a

rafforzare l’identità di marca). Una volta catturata l’attenzione del cliente,

l’interfaccia grafica user friendly, può mostrare il catalogo completo di prodotti,

le promozioni, informazioni specifiche sul prodotto (come la provenienza dei

materiali o le fasi di lavorazione), può permettere il confronto agevole di diverse

versioni della stessa tipologia di articolo, può consentire la personalizzazione del

prodotto e infine guidare il cliente nel finalizzare l’acquisto. Al momento

dell’acquisto, possono essere implementate differenti modalità: in alcuni casi il

touch point riporta gli stessi contenuti del sito Web, per cui si acquista con le

stesse modalità del sito eCommerce, in altri casi è possibile trasferire l’acquisto

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alla cassa e pagare direttamente in negozio. Nel caso in cui il prodotto non fosse

immediatamente disponibile in stock, si può scegliere di farsi recapitare le merci

a casa o usufruire, se disponibile, del servizio Click & Collect, ovvero

concludere l’ordine online e ritirare in negozio gli acquisti. I benefici

nell’adozione di questa innovazione sono numerosi; innanzitutto si riduce

l’incidenza dello stock out, perché il consumatore può acquistare anche un

articolo non presente in negozio. Inoltre consente a punti vendita di piccole

dimensioni di esporre virtualmente una gamma di prodotti che non potrebbe mai

esporre in maniera fisica. Inoltre permette una riduzione del personale addetto

alla vendita, in quanto il touch point costituisce un assistente virtuale col quale

interagire e consente al cliente di effettuare molte operazioni in autonomia che

solitamente richiederebbero la presenza di assistenza (acquisire le informazioni

sul prodotto di interesse, verificarne la disponibilità a scaffale o a magazzino).

Infine, i contenuti multimediali relativi ai prodotti scelti stimolano i consumatori

a prendere in considerazione l’acquisto di articoli correlati o superiori,

consentendo quindi di effettuare politiche di cross-selling e up-selling. Un’altra

azione consentita da questi dispositivi è la personalizzazione del prodotto in

store che aumenta il livello di servizio percepito dall’utente e dà la possibilità

all’azienda di acquisire dati sui trend e sulle preferenze dei consumatori. In

alcuni casi i chioschi possono essere utilizzati per la realizzazione dei magic

corner che non sono concepiti per consentire l’acquisto, ma sono pensati

esclusivamente per intrattenere e divertire i visitatori dello store con contenuti

brand specific. Una soluzione di questo tipo consente al retailer di offrire una

shopping experience nuova, unica e innovativa. I benefici dei magic corner sono

relativi alla customer experience, alla brand image, alla comunicazione dei

valori della marca e alla fidelizzazione del cliente.

o Vetrine Smart o digital signage: sono sistemi utilizzati per la comunicazione di

prossimità, installati di norma all’esterno del punto vendita, che hanno lo scopo

di invogliare le persone ad entrare in negozio e di promuovere la vendita

attraverso i contenuti veicolati. Il primo punto di contatto tra il consumatore e il

negozio sono le vetrine, il loro ruolo è di catturare l’attenzione di un passante,

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stimolare la sua curiosità e invogliarlo ad entrare nel punto vendita per dare

inizio all’esperienza d’acquisto. Le vetrine intelligenti possono assolvere a

questo scopo in modo innovativo ed efficace e hanno il vantaggio di poter essere

gestite in maniera centralizzata. Il beneficio è duplice: da un lato il destinatario

della comunicazione riceve il messaggio esattamente come è stato progettato,

senza distorsioni; dall’altro viene eliminata l’attività di progettazione delle

vetrine. Oltre a fornire informazioni e veicolare contenuti relativi al brand , le

vetrine possono essere rese interattive, fornendo informazioni sugli articoli

presenti in store, sulle collezioni o sulla marca, in base alla richiesta del cliente.

o Sistemi di indoor positioning: sono sistemi pensati per guidare il cliente

all’interno del negozio mediante identificazione costante della sua posizione

grazie a tecnologie GPS o a corto raggio (come Bluetooth in tutte le sue

versioni). Essi sfruttano solitamente la tecnologia di micro-geolocalizzazione

Bluetooth tramite applicazioni quali ad esempio iBeacon. I benefici sono

molteplici: possono essere inviate all’utente notifiche push sullo smartphone con

l’obiettivo di invogliarlo ad entrare nel punto vendita; vengono guidati i

visitatori nel percorso in store, informandoli sull’ubicazione dei prodotti cercati;

vengono acquisite informazioni da parte del retailer relative alle abitudini dei

consumatori in punto vendita, permettendo la progettazione ottimizzata del

punto vendita e l’acquisizione di informazioni importanti per azioni di

marketing personalizzato.

o Cartellini interattivi: sono cartellini elettronici che consentono al retailer di

modificare istantaneamente il prezzo del prodotto esposto e che, in alcuni casi,

forniscono ulteriori informazioni sul prodotto stesso (ad esempio il numero di

Like ricevuti sui Social). Sostituiscono i tradizionali cartellini cartacei e in un

certo senso, per loro natura, li superano. Oggi infatti i cartellini digitali non sono

più “solo” un cartellino prezzo elettronico, ma possono connettere il cliente al

mondo delle informazioni online estendendo quindi in modo illimitato i

contenuti e le informazioni alle quali il cliente può accedere. Questa soluzione

permette di aumentare l’efficienza e la redditività del punto vendita attraverso

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informazioni immediate e sempre aggiornate direttamente sullo scaffale in modo

automatico, annullando il costo del materiale di consumo (carta e inchiostro) e

delle attività manuali necessarie agli aggiornamenti, poichè tutto avviene in

tempo reale e direttamente dal gestionale aziendale. Un ulteriore vantaggio

consiste nell’ offrire al cliente un’esperienza d’acquisto nuova, interattiva,

completamente soddisfacente e personalizzata. I contenuti erogati dai cartellini

interattivi digitali sono spesso inerenti a tematiche di approvazione sociale (es.

risultati di sharing o Like che i prodotti avevano guadagnato sui Social

Network), oltre che ad informazioni relative alla fruizione dei prodotti.86

o Sistemi di couponing digitali: sono codici promozionali inviati dal retailer ai

propri clienti tramite email, sms o App. Il cliente, esibendo alla cassa il codice

che gli è stato inviato, ottiene uno sconto sui prodotti in promozione. Le offerte

promozionali sono dotate di uno speciale codice, creato ad hoc ed inviato a

potenziali clienti, ad esempio mediante azioni di direct marketing digitale. Il

cliente si presenta presso il punto vendita e mostrando il codice promozionale

ricevuto aderisce all’iniziativa. Un codice voucher digitale può essere legato

solo a certi prodotti o può necessitare di un acquisto minimo per poterne

usufruire. Può essere personale, quindi utilizzabile solo da uno specifico utente

oppure può essere usato da tutti indistintamente. Si può inoltre sfruttare l’effetto

virale che può avere l’iniziativa commerciale in Internet dando la possibilità di

inoltrare lo sconto ad un amico. Si tratta di una modalità di promozione

commerciale più strutturata ed immediata, rispetto al vecchio volantino cartaceo,

che consente di monitorare in tempo reale gli effettivi ritorni dell’azione

pubblicitaria a costi ridotti in tempi rapidissimi.87

o Camerini Smart: sono soluzioni che consentono al cliente di indossare

virtualmente vestiti ed accessori. Tali sistemi consentono inoltre al cliente di

visualizzare l’intera collezione di abiti disponibili, spesso suggerendo

86 http://www.openmindtech.it/cartellino-prezzo-digitale/ 87 http://www.e-businessconsulting.it/crm/coupon-digitali/

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abbinamenti o prodotti simili a quello selezionato. Queste soluzioni, tramite

telecamera, sono in grado di acquisire l’immagine del cliente, prendendone le

misure. Quindi, grazie ad uno schermo a realtà aumentata, mostrano come un

particolare capo d’abbigliamento si adatterebbe al suo corpo. In questo modo il

visitatore dello store può capire come starebbe indosso l’indumento scelto, senza

doverlo fisicamente provare. Un’altra funzionalità è quella di individuare il capo

che è stato introdotto all’interno del camerino e proiettare contenuti multimediali

relativi a quell’articolo, permettendo al cliente di usufruire di informazioni

specifiche sul prodotto, come: la provenienza dei materiali, immagini delle

sfilate o la proposta di abbinamento con prodotti correlati. Gli schermi interattivi

possono anche consentire al cliente all’interno del camerino di interagire con la

forza vendita, inviando delle richieste d’aiuto (come la richiesta di cambio taglia

perché si è prelevata dallo scaffale quella sbagliata). Può essere data anche la

possibilità all’utente di condividere, tramite Social Network, i contenuti di cui ha

usufruito o le foto che ha scattato mentre lo specchio proiettava l’articolo sulla

sua immagine. Il modo più semplice per garantire il corretto funzionamento di

questa tecnologia è quello di attrezzare ogni articolo di etichette RFid, in modo

che il sistema sia in grado di riconoscere automaticamente il prodotto. I benefici

sono soprattutto legati all’erogazione di una shopping experience migliore,

garantendo un effetto sorpresa per i visitatori del negozio e anche riducendo

l’attesa davanti ai camerino di prova, attività poco gradita ai consumatori. Altri

vantaggi sono: consentire al retailer di effettuare politiche di cross-selling,

stimolando i consumatori a prendere in considerazione l’acquisto di altri articoli

correlati a quello scelto e creare nuovi punti di contatto con nuovi potenziali

clienti, grazie al meccanismo di “viralizzazione” che si genera tipicamente con

le condivisioni sui Social Network.

o Virtual Fitting Room: la finalità di questa innovazione è quella di consente al

cliente di provare virtualmente online i capi d’abbigliamento, consentendogli di

valutarlo prima di procedere all’acquisto online. A differenza dei camerini

Smart, viene considerato solo l’acquisto online e non quello presso i punti

vendita fisici, quindi tale innovazione è di interesse sia per le Dot Com, sia per i

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retailer che abbiano implementato un canale di vendita online. L’utente viene

invitato ad inserire le proprie misure e in base a queste viene modificata la

visualizzazione dell’abito per mostrarne al cliente l’aspetto una volta indossato,

viene poi consigliata la taglia più appropriata in base alle misure inserite. I

vantaggi principali sono: l’aumento del conversion rate (un maggior numero di

clienti acquista perché “rassicurati” dall’aver visto come il vestito effettivamente

starà loro indosso); la diminuzione del return rate sugli acquisti (i clienti

acquisteranno più facilmente la taglia giusta riducendo drasticamente il numero

di resi); la possibilità di far provare i capi d’abbigliamento da remoto per i

retailer che hanno un punto vendita, offrendo un ulteriore servizio a valore alla

clientela. Attualmente è stato implementato (ed è già disponibile per l’acquisto)

un dispositivo wearable, un metro digitale, con il quale misurare il proprio corpo

in rapporto alla vestibilità di ogni casa di moda per avere un profilo preciso

grazie al quale eliminare il pericolo di sbagliare l’acquisto.

o App in store: Sono iniziative Mobile sviluppate per essere utilizzate in punto

vendita dai clienti per avere maggiori informazioni sui prodotti presenti a

scaffale, per ricevere promozioni personalizzate, per velocizzare la fase di

pagamento. Le funzionalità specifiche sono state concepite per poter essere

utilizzate esclusivamente all’interno del punto vendita. Alcuni esempi possono

essere: App che permettono di ricavare informazioni sui prodotti all’interno del

punto vendita (es. ingredienti dei prodotti alimentari, fornendo un servizio

supplementare a chi ha problemi di allergie/intolleranze); App che, attraverso la

fotocamera dello smartphone, consentono di acquisire la propria immagine e

vedere come starebbe un capo d’abbigliamento indossato; App che consentono

di individuare all’interno dello store articoli simili a quelli presenti nello

smartphone del cliente; App con funzionalità 3D, che si attivano inquadrando

con lo smartphone gli articoli, per offrire un’esperienza interattiva di

intrattenimento.

o Augmented reality: Per augmented reality si intende la rappresentazione di una

realtà alterata in cui, alla normale realtà percepita attraverso i nostri sensi,

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vengono sovrapposte informazioni sensoriali artificiali/virtuali in tempo reale. Il

fruitore dell’applicazioni di augmented reality, vedrà sovrapposti alla realtà

oggetti virtuali o filmati, sentirà suoni, percepirà sensazioni tattili o addirittura

olfattive. Le applicazioni di questa innovazione tecnologica in ambito Retail

sono molteplici e ne vengono riportati alcuni: i cataloghi cartacei possono essere

consultati in maniera interattiva, perché se inquadrati con l’App, mostrano video

e immagini con informazioni sui prodotti e contenuti relativi al brand

(Mercatone Uno); applicazioni sviluppate in flash fruibili con ogni browser

permettono di provare i prodotti virtualmente, catturando i movimenti della

mano tramite webcam e usandoli per controllare un modello in 3D del prodotto,

senza l'ausilio di un mouse (rasoi Braun); alcune applicazioni di realtà aumentata

permettono agli utenti di vedere le soluzioni di arredamento in tempo reale,

proiettate nella propria abitazione, per valutarne l’acquisto (Ikea); grazie ad uno

specchio speciale, realizzato con l'ausilio della realtà aumentata, si possono

provare prodotti di makeup virtualmente (Sephora); infine è possibile acquistare

articoli scattando una foto al prodotto desiderato, anziché cercarlo attraverso

nomi, codici a barre o caratteristiche, in quanto l'app individua in pochi secondi

di che prodotto si tratta (Amazon).

o Stampanti 3D: Sono dispositivi in grado di realizzare qualsiasi modello

tridimensionale mediante un processo di produzione additiva, ovvero partendo

da un oggetto disegnato tramite software e replicandolo nel mondo reale con

l’ausilio di appositi materiali. La procedura prevede solitamente il

posizionamento di uno strato sopra l’altro, procedendo per sezioni trasversali.

Per il settore Retail le stampanti 3D consentono una riduzione dei costi lungo la

supply chain e la localizzazione di molte attività, migliorando al contempo il

time to market. Non sarà più necessario avere a priori una panoramica sulle

abitudini di consumo del proprio target di riferimento ma, grazie alla possibilità

di produrre oggetti in tempo reale, potranno essere soddisfatte le esigenze di

ciascuno senza la necessità di effettuare studi di marketing a monte.88

88 http://www.zero12.it/2015/06/18/innovazione-e-retail/

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Fase vendita: acquisto e pagamento

o Self scanning: sono device utilizzati dai clienti per leggere i codici a barre dei

prodotti selezionati e inseriti nel carrello. Di recente sono stati introdotti

strumenti in grado di rilevare, tramite scansione del codice a barre, anche gli

ingredienti che compongono i prodotti. Questa innovazione consente la

scansione in autonomia da parte del cliente dei prodotti da acquistare. Ai clienti

che desiderano usufruire del servizio vengono forniti dispositivi di proprietà del

punto vendita in grado di leggere i codici a barre. La tecnologia odierna consente

la sostituzione di tali apparecchiature di proprietà del retailer con strumenti di

proprietà del cliente, nello specifico gli Smartphone, posseduti da un’ampia

percentuale della clientela moderna. In questo modo si vanno a diminuire gli

asset dell’azienda con uno sgravio di capitali, a fronte dell’estensione delle

funzionalità dell’applicazione Mobile. Questo genere di soluzioni innovative è

impiegato principalmente dai player che operano nel settore della GDO. Il

beneficio principale è un’ottimizzazione in termini di tempo e di personale, che

rende più efficiente la fase di vendita: diminuisce infatti il tempo di check out,

perché l’operatore di cassa non deve scansionare tutti i prodotti.

o Online selling o sistemi di sales force automation: sono device (di norma un

tablet) in dotazione alla forza vendita o a disposizione dei clienti, per consentire

di finalizzare l’acquisto online in negozio soprattutto nel caso di prodotti non

presenti in punto vendita. Al personale addetto alla vendita è consentito mostrare

al cliente un’ampia gamma di prodotti, individuare dove si trovano questi

prodotti controllando rapidamente i livelli di inventario di tutta la rete

(magazzino, negozio, altri negozi, magazzino eCommerce) e completare la

transazione tramite tablet. In questo modo si riducono le mancate vendite e si

snelliscono le attività operative a scarso valore aggiunto degli addetti alla

vendita.

o Sistemi di cassa evoluti o Mobile POS - Pagamenti innovativi: Queste

soluzioni innovative hanno lo scopo di supportare la fase di pagamento tramite

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dispositivi Mobile. I sistemi di cassa evoluti o Mobile POS sono Tablet o

Smartphone, integrati con un lettore di carte di credito, per permettere ai clienti

di pagare i prodotti acquistati direttamente all’assistente vendite, senza dirigersi

alla barriera casse. I sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi

consentono al cliente il pagamento tramite il proprio smartphone o abilitano il

pagamento mediante la generazione di un QR code. La differenza tra le due

tipologie di innovazione è la seguente: i primi consentono il pagamento tramite

dispositivi di proprietà del negozio; i secondi invece abilitano la transazione

tramite strumenti di proprietà del cliente. I vantaggi per il cliente sono ancora

una volta legati alla shopping experience, in quanto viene snellito il processo di

pagamento, notoriamente quello meno gradito al cliente. Inoltre garantisce la

sicurezza del pagamento, riduce l’utilizzo della carta usata per gli scontrini e in

taluni casi aumenta l’acquisto d’impulso. Un altro sistema innovativo abilita il

pagamento mediante la generazione di un QR code (Powatag). Tale sistema di

pagamento si collega alla carta di credito, che deve essere indicata dall’utente

solo al momento della registrazione. Il sistema Powatag genera un QR code per

ogni articolo, cosicché l’utente registrato possa, tramite applicazione Mobile

Powatag fotografare il codice bidimensionale e pagare comodamente dal proprio

smartphone in maniera facile, sicura e veloce, senza il bisogno di inserire

nuovamente i dati della carta di credito.

o Sistemi di self check-out: sono sistemi di cassa self-service per consentire al

cliente di leggere i codici a barre dei prodotti acquistati, di stampare lo scontrino

e di pagare la propria spesa in completa autonomia.

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Fase post-vendita

o Sistemi di loyalty Soluzioni digitali utilizzate per rafforzare la fedeltà dei

clienti. Lo strumento più diffuso è la Fidelity Card digitale, ovvero la tessera

dematerializzata che dà l’opportunità al cliente di usufruire di agevolazioni,

sconti esclusivi o premi.

3.2.2. Back-end

Nello specifico per i processi back-end le startup sono state mappate prendendo in

considerazione le seguenti innovazioni digitali:

Processi di relazione con i fornitori

o EDI – Electronic Data Interchange: sono sistemi, basati su appositi protocolli

di comunicazione, che consentono il trasferimento di informazioni e documenti

commerciali in formato elettronico attraverso un canale dedicato tra sistemi

informativi di imprese appartenenti alla stessa supply chain.

o Fatturazione elettronica: sono sistemi a supporto della realizzazione, dell’invio

e della ricezione di documenti relativi al ciclo Ordine-Pagamento.

Processi di gestione del magazzino

o Sistemi di tracciamento dei prodotti (RFId – Radio Frequency

Identification): sono sistemi che consentono di tracciare i prodotti lungo la

catena distributiva. In particolare, l’RFId viene adottato per l’identificazione

automatica dei prodotti attraverso l’utilizzo di segnali radio. Spesso le etichette

vengono abbinate alle merci sin dalla produzione, per cui la tecnologia RFId

consente di tracciare e rintracciare le merci durante il trasporto e di individuare

la loro posizione all’interno del negozio o nel magazzino, in modo da

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velocizzare i processi di movimentazione e controllo. I vantaggi sono molteplici:

l’automatizzazione introdotta con l’uso di questa innovazione permette di ridurre

controlli sulla merce, con relativi risparmi di tempi e costi di controllo; inoltre

viene ridotto il fenomeno dell’out of stock, che comporta una mancata vendita di

prodotti presenti in magazzino ma non in esposizione, in quanto il tag RFId

invia una notifica per avvisare il retailer nel momento in cui qualche articolo non

è presente in esposizione.

o Sistemi di planning: sono sistemi gestionali in grado di supportare i decision

maker nella pianificazione della domanda, nella gestione delle scorte e nella

scelta dei piani di distribuzione. L’utilizzo di questi software consente di

raccogliere ed avere sempre a disposizione del management, informazioni

costantemente aggiornate circa il magazzino centrale, il magazzino dei diversi

punti vendita, gli ordini emessi verso i fornitori e provenienti dai negozi, le

informazioni di contabilità generale e su fatturazione e pagamenti. I benefici

sono relativi al miglioramento dell’efficienza dei processi.

o Sistemi di automazione del magazzino: sono sistemi che consentono di

automatizzare la messa a stock (storage), il prelievo e il sorting della merce

all’interno del magazzino.

o Sistemi di picking/packing: sono soluzioni ICT per supportare le attività degli

operatori di magazzino nelle fasi di picking, controllo ordini, allestimento ordini

(es. voice picking) con l’obiettivo di aumentarne l’efficienza.

o Soluzioni di intelligent transportation system: sono tecnologie ICT integrate

nei mezzi di trasporto per raccogliere e comunicare dati al fine di agevolare

pianificazione, progettazione, esercizio, manutenzione e gestione dei sistemi di

trasporto. La finalità riguarda il miglioramento della sicurezza della guida e

l’incolumità delle persone, la sicurezza e protezione dei veicoli e delle merci, la

qualità, nonché l’efficienza dei sistemi di trasporto per i passeggeri e le merci.

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Processi trasversali o di gestione dei negozi

o Sistemi di sales force automation: costituiscono uno degli strumenti volti a

velocizzare e ottimizzare tutte le fasi di vendita. Gli utilizzi in store di questa

tipologia di tecnologie sono solitamente volte all’automazione di attività a basso

a valore aggiunto, come per esempio monitorare costantemente il livello di

inventario, trasferire dati velocemente tra i punti vendita o dai punti vendita alla

sede centrale o ancora dalla sede centrale ai punti vendita. Esempi di utilizzo di

questa tecnologia sono la consultazione dei Tablet da parte della forza vendita

per allestire le vetrine in maniera coordinata e per gestire sconti e promozioni.

o Sistemi ERP (Enterprise Resource Planning): sono sistemi che permettono di

gestire in modo integrato i dati provenienti da tutte le funzioni interne di

un’azienda come la produzione, gli acquisti, le vendite, l’amministrazione, la

finanza e le risorse umane. Con l’acronimo ERP, ci si riferisce a “una suite di

moduli software che supportano la pianificazione e il controllo di tutte le risorse

di un’ impresa (umane, impianti, finanziarie e materiali), e integrano il ciclo

operativo e amministrativo delle aziende.89 La stessa base dati è condivisa da

tutti i moduli che compongono le soluzioni ERP. Il vantaggio fondamentale di

tali sistemi è fornire una piattaforma unica e integrata che permette un governo

integrato dell’impresa. Inoltre le soluzioni ERP sono numerose e

personalizzabili in base alle esigenze specifiche dell’azienda.

o Sistemi di business intelligence: sono sistemi che si propongono di esplorare i

dati per ricavare informazioni e conoscenze utilizzabili nel corso dei processi

decisionali, mediante logiche di estrazioni flessibili, metodologie di analisi e

modelli matematici di predizione e di ottimizzazione.

o Sistemi CRM (Customer Relationship Management): sono sistemi che

vengono impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le interazioni

89 Bracchi Giampio, Francalanci Chiara, Motta Gianmario, Sistemi Informativi d'Impresa, McGraw-Hill, 2009

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con i clienti, al fine di guidare la crescita delle vendite approfondendo e

arricchendo i rapporti con la propria clientela. Le analisi ricavate dai sistemi

CRM sono utilizzati nelle campagne di marketing promozionale e nei servizi post-

vendita.

3.2.3. Omnicanalità

Le innovazioni a supporto dell’omnicanalità prese in considerazione per la mappatura

delle startup sono le seguenti:

o Sito informativo: sito che non consente l’acquisto online, ma la cui finalità è la

presentazione dell’azienda e fornire informazioni utili per la visita in store (es.

orari di apertura e indirizzo, elenco dei punti vendita, promozioni in corso,…).

o Sito eCommerce: sito che consente di consultare ed acquistare i prodotti,

eventualmente di personalizzarli, di scegliere la modalità di pagamento,

l’indirizzo di spedizione della merce acquistata e richiedere eventuali rimborsi.

o App o Mobile Site: hanno le stesse funzionalità dei siti informativi o

eCommerce, ma sono ottimizzati per la visualizzazione e la fruizione dei

contenuti tramite dispositivi mobili (Tablet e Smartphone).

o Sistemi Social: sono i principali social network (Facebook, Twitter, YouTube,

Google+, Instagram, Pinterest) sui quali l’azienda retailer è presente e sui quali

promuove e pubblicizza i propri articoli. I Social Network hanno assunto

un’importanza rilevante perché possono influenzare l’opinione dei consumatori,

che si informano su tali portali prima di effettuare l’acquisto di un prodotto e si

basano sulle opinioni degli altri utenti per decidere se finalizzarlo o meno.

Costituiscono dunque un’opportunità in termini di diffusione della brand

awareness e sono da presidiare ai fini di tutelare la brand reputation.

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4. Censimento startup internazionali

Negli ultimi anni tutti i settori dell’economia a livello mondiale sono stati investiti da

profondi cambiamenti: da un lato lo scenario socioeconomico caratterizzato da una

profonda crisi economica che ha ridotto drasticamente i consumi e la capacità di spesa

del consumatore; dall’altro la figura del consumatore stesso si è trasformata grazie alla

rivoluzione tecnologica, creando un consumatore sempre più digitalizzato, consapevole

e con un ruolo attivo nel processo di acquisto.

L’innovazione digitale è diventata quindi un imperativo categorico per i retailer che

vogliono sopravvivere e crescere ed in questo processo, che è obbligatorio affrontare, le

startup possono costituire un valido aiuto per i retailer.

Molti top retailer internazionali hanno infatti iniziato a collaborare, in varie forme, con

le startup: alcuni hanno creato incubatori di startup, altri le hanno acquisite, altri ancora

hanno costituito delle partnership con esse.

Le startup possono infatti favorire e rendere più agile e rapido il processo di

innovazione all’interno di organizzazioni complesse e di dimensione elevata.

L’obiettivo del lavoro di tesi, che verrà presentato in questo capitolo e nel successivo, è

stato quello di mappare le startup operanti nel settore Retail a livello internazionale e

nazionale che presentassero un alto contenuto di innovazione digitale. Lo scopo è quello

di fotografare l’attuale livello di importanza raggiunto dalle startup nell’introduzione

dell’innovazione digitale in ambito Retail.

4.1. Metodologia

Per analizzare le startup innovative legate al Retail è stato svolto un censimento online

attingendo da database online specializzati in startup (es. Crunchbase), prendendo in

considerazione complessivamente 954 startup italiane e internazionali.

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Le caratteristiche comuni di tali aziende sono le seguenti:

� sono nate a partire dal 2010;

� hanno ricevuto finanziamenti negli ultimi quattro anni.

Sono state escluse dall’analisi le startup che offrono soluzioni nell’ambito della

ristorazione e nell’ambito alberghiero.

Per tutte le startup considerate sono state raccolte informazioni relative al numero di

finanziamenti ricevuti, all’entità di tali finanziamenti (ove il dato sia pubblico), agli

investitori e alla nazione in cui sono state aperte.

Sono state individuate tre diverse tipologie di iniziative:

� i retailer, ossia operatori che vendono prodotti tramite negozio fisico e hanno

ricevuto dei finanziamenti per sviluppare al fianco del negozio fisico un sito

eCommerce B2c;

� le Dot Com, ossia retailer che vendono prodotti esclusivamente online tramite

un sito eCommerce B2c e sono privi di una rete fisica di negozi; hanno ricevuto

finanziamenti per potenziare il canale di vendita online;

� i service provider di soluzioni innovative, che offrono ai retailer soluzioni

digitali a supporto dell’attività di vendita, dei processi interni, dei processi di

gestione della supply chain e dell’omnicanalità; operano quindi in ambito B2b.

4.1.1. Classificazione di retailer e Dot-Com

Le prime due categorie di startup analizzate sono i retailer tradizionali e le Dot Com.

Mentre i retailer hanno un negozio fisico, a cui hanno affiancato un canale di vendita

online, le Dot Com sono presenti unicamente online con un sito eCommerce B2c.

L’innovazione digitale di queste tipologie di imprese è costituita unicamente dalla

presenza di un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita di prodotti. I

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finanziamenti ricevuti sono utili a creare per i retailer o potenziare per le Dot Com, un

canale di vendita online.

Al contrario dei service provider non realizzano quindi soluzioni tecnologiche

innovative che portino benefici in termini di efficienza dei processi interni e di efficacia

del processo di acquisto.

Tuttavia sono state prese in considerazione nell’analisi per l’importanza che ha assunto

negli ultimi anni la vendita online, un trend in costante crescita. Secondo le ultime stime

di eCommerce Foundation, in tutto il mondo le vendite complessive di beni e servizi

online si attesteranno sui 2.100 miliardi di dollari a fine 2015 (erano 1.840 miliardi a

fine 2014).

Figura 30: L’eCommerce nel mondo.

Fonte: Netcomm Considerando la sola Europa le previsioni per il 2015 stimano a 470 miliardi di euro il

fatturato complessivo di beni e servizi acquistati tramite eCommerce. Sviluppare un

canale online è il primo passo per sviluppare un strategia omnicanale, stategia che

assume un’importanza sempre maggiore dato il fenomeno di digitalizzazione del

consumatore di cui si è parlato in precedenza.

I retailer e le Dot Com sono stati classificati in base al settore merceologico in cui

operano.

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Sono stati considerati i seguenti settori merceologici:

� Abbigliamento

� Arredamento

� Alimentare

� Elettronica/Informatica

� Profumerie

Questa suddivione è significativa in quanto le priorità di investimento per il futuro di

queste due tipologie di impresa cambiano in funzione del settore.

Tipicamente i retailer, possedendo anche un punto vendita fisico, che operano nel

settore Abbigliamento, guardano con forte interesse a innovazioni “esperienziali” in

punto vendita, mentre quelli del settore Alimentare si focalizzano su soluzioni per

semplificare la fase di check-out.

4.1.2. Classificazione dei service provider

Le startup che sono state censite nella categoria service provider offrono ai retailer

servizi a supporto dell’attività di vendita, in tutte le fasi del processo di acquisto

multicanale e sono stati raggruppati in funzione della soluzione tecnologica offerta.

Investire in innovazione digitale è un obbligo per tutti i settori dell’economia, dati i

profondi cambiamenti che hanno caratterizzato il contesto socioeconomico negli ultimi

anni e il settore Retail non fa eccezione.

Innanzitutto i retailer si trovano nella condizione di dover gestire i cambiamenti in atto

nel consumatore, che è sempre più digitalizzato, informato e consapevole e gioca un

ruolo attivo nel processo di acquisto.

In secondo luogo, i retailer devono affrontare una complessità sempre crescente nei

processi di back-end: negli ultimi anni da un lato è aumentata la gamma dei prodotti

offerti, dall’altro si è ridotto il ciclo di vita medio del prodotto. Questi due fenomeni

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complicano la gestione delle attività operative, generando un incremento dei costi e, di

conseguenza, la riduzione del margine, a parità di fatturato generato.

Le soluzioni tecnologiche innovative sviluppate dai service provider possono soddisfare

l’obiettivo del miglioramento dell’efficacia del processo di aquisto in punto vendita

oppure quello della progettazione di processi più efficienti.

Un terzo obiettivo che può essere soddisfatto dall’introduzione di innovazioni digitali è

quello di supportare il retailer nel percorso verso l’omnicanalità evoluta, che non può

fermarsi alla sola costituzione di un sito eCommerce, ma che deve portare all’utilizzo

integrato e congiunto di diversi canali (fisico, online e Mobile) per garantire al cliente

un’esperienza fluida e continua.

Si sono quindi classificati i service provider in funzione dei processi supportati in

ambito Retail. Tali processi sono stati suddivisi in tre macrocategorie:

• front-end: i processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita,

direttamente a contatto col cliente finale e possono essere suddivisi nelle tre fasi

che caratterizzano il processo di acquisto: pre-vendita, acquisto e pagamento,

post-vendita;

• back-end: i processi di back-end sono quelli che non prevedono un’interazione

con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi: processi di

relazione con i fornitori, processi di gestione del magazzino e processi

trasversali di gestione dei negozi;

• omnicanalità: in questa classe sono state raggruppate tutte le innovazioni digitali

a supporto dell’omnicanalità.

Il cluster di service provider che è stato mappato nelle varie fasi di front-end fornisce

innovazioni in grado di migliorare l’efficacia del processo di acquisto e di relazione con

i clienti, al fine di ottimizzare la customer experience in punto vendita; gli obiettivi

perseguiti possono essere ad esempio l’aumento dei ricavi o del livello di servizio

percepito dal cliente.

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Il secondo cluster di service provider mappato nel back-end fornisce innovazioni

orientate all’efficienza come ad esempio l’obiettivo di riduzione dei costi. Ma non solo:

nel caso di innovazioni implementate nei processi trasversali di gestione dei negozi,

esse possono indirettamente supportare anche il front-end, apportando

contemporaneamente benefici di efficacia ed efficienza. Si pensi ad esempio ai sistemi

CRM che vengono impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le

interazioni con i clienti. Le analisi ricavate dai sistemi CRM possono essere utilizzate

nelle campagne di marketing per creare messaggi promozionali sempre più personalizzati

ed efficaci, inviabili anche in real time tramite azioni di marketing di prossimità,

supportando quindi la customer experience e la brand awareness.

Il terzo cluster di service provider supporta il retailer con innovazioni relative

all’omnicanalità, conseguendo sia benefici in termini di efficacia, come ad esempio

l’aumento delle vendite rendendo il percorso d’acquisto disponibile su più canali (anche

da Tablet e Smartphone), sia benefici in termini di efficienza, come ad esempio la

riduzione dei costi di personale rendendo disponibili al cliente informazioni online.

4.2. Le tipologie di startup internazionali

Questo capitolo ha come scopo la presentazione dei risultati del censimento svolto a

livello internazionale con le relative considerazioni che si possono trarre dall’analisi dei

dati ricavati dalla ricerca.

Con le dovute esclusioni riportate in precedenza, il cluster di analisi delle startup a

livello internazionale, che operano nel settore Retail e che apportano innovazioni

digitali, è composto complessivamente da 954 startup.

Le startup sono state suddivise in tre diverse tipologie di iniziative:

� i retailer, che hanno sviluppato al fianco del negozio fisico un sito eCommerce

sono 29 e costituiscono il 3% del totale;

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� le Dot-Com, che vendono prodotti esclusivamente online sono una categoria

consistente: con 260 aziende costituiscono il 27% delle startup analizzate;

� i service provider, che offrono ai retailer servizi a supporto dell’attività di

vendita, in tutte le fasi del processo di acquisto multicanale, e operano quindi

prevalentemente in ambito B2b, sono la categoria di startup più numerosa e con

665 aziende costituiscono il 70% del campione analizzato.

Graficamente la suddivisione tra tipologie di startup che hanno ricevuto finanziamenti

in ambito internazionale è la seguente:

Figura 31: Le tipologie di startup internazionali.

70%

3%

27%

Dot Com

service provider

665

260

29

retailer

Base: 954 startup

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4.3. Retailer

I retailer, presi in considerazione nell’analisi, sono degli esercenti che hanno sviluppato

al fianco del negozio fisico un sito eCommerce B2c.

L’innovazione digitale di queste startup è costituita sostanzialmente dall’aver affiancato

al punto vendita un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita dei prodotti al

consumatore. I finanziamenti ricevuti sono utili a creare o potenziare il canale di vendita

online.

I retailer sono stati presi in considerazione nell’analisi per l’importanza che ha assunto

negli ultimi anni la vendita online, un trend in costante crescita che ha eroso i profitti

dei retailer tradizionali.

Intraprendere un percorso verso l’omnicanalità diventa indispensabile per i

commercianti che vogliono rimanere competitivi e mantenere o accrescere la propria

quota di mercato. Affiancare un sito eCommerce al proprio spazio di vendita fisico è

solo il primo passo, non certo esaustivo, verso l’omnicanalità. Tuttavia si rende

necessario sia per guadagnare spazio in un settore dove le Dot Com hanno il peso

maggiore sul valore delle vendite, sia per iniziare a instaurare un cambiamento

organizzativo e culturale che porti a compimento nel miglior modo e il più rapidamente

possibile una strategia realmente omnicanale. Tale percorso diventa improrogabile alla

luce dei dati relativi alla digitalizzazione del consumatore: innanzitutto il cliente è

sempre più connesso sia da pc che da vari dispositivi Mobile e ha delle aspettative

relative al percorso di acquisto che deve necessariamente essere online perché si

desidera che sia sempre disponibile, accessibile da qualsiasi dispositivo, personale,

linkato con i Social, giudicato dall’esperienza degli altri; in secondo luogo è in atto la

penetrazione dell’online nel tessuto del Retail tradizionale, in quanto i punti vendita

diventano anche luoghi dell’acquisto online (In Store Online Purchase) o di ritiro della

merce ordinata online (Click &Collect).

I retailer considerati costituiscono il 3% della totalità delle startup (29 aziende) e sono

stati classificati in base al settore merceologico in cui operano: la maggior parte opera

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nel settore Abbigliamento (21 aziende pari al 73%), seguito da quello Alimentare (2

aziende pari al 7%), Arredamento (2 aziende pari al 7%), Profumerie (2 aziende pari al

7%) ed Elettronica/informatica (1 azienda pari al 3%).

Il 3% (1 azienda) si occupa di articoli non appartenenti ai settori considerati.

Figura 32: Classificazione dei Retailer per settore merceologico a livello internazionale. In media negli ultimi quattro anni, i retailer hanno ricevuto 21,3 mln $ (considerando

però il finanziamento medio senza Best and Worst in class, l’importo scende a 12,8 mln

$). Si tratta di una cifra superiore sia al finanziamento medio ricevuto dalle Dot Com,

sia a quello ricevuto da qualsiasi categoria presa in considerazione tra i service provider.

A conferma dell’interesse attuale degli investitori nella figura dei retailer, la ricerca ha

rilevato che nel solo 2015 questa tipologia di startup ha ricevuto a livello internazionale

finanziamenti di importo medio elevato pari a 8,7 mln $.

73%

7%

7%

7%3%3%

Abbigliamento

Arredamento

Alimentare

Base: 29 startup

Elettronica/Informatica

Profumerie

Altro

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E’ stata effettuata un’ulteriore classificazione dei retailer in base all’area geografica di

nascita, i cui risultati hanno confermato il ruolo predominante degli Stati Uniti

nell’introduzione e nel sostegno dell’innovazione e delle imprese che la veicolano. Si

può infatti osservare che il 68% delle startup è stato fondato nel Nord America.

Considerando solo gli Stati Uniti la percentuale scende al 64%. A seguire l’Europa, con

il 26% dei retailer. In Asia e Australia è stato fondato il 6% delle imprese considerate.

Figura 33: Ripartizione geografica dei retailer a livello internazionale.

Considerando il ranking per finanziamento ricevuto, si confermano le osservazioni fatte

nell’analisi precedente: tra i dieci retailer che hanno ricevuto il finanziamento medio

maggiore si trovano sette aziende che operano esclusivamente nel settore

Abbigliamento; inoltre otto di esse sono state fondate negli Stati Uniti.

1. Harry’s - Profumerie - 2011 - USA - 287,1 mln $

2. Warby Parker - Abbigliamento - 2010 - USA - 115,5 mln $

3. Casper - Arredamento - 2013 - USA - 70 mln $

4. The Black Tux - Abbigliamento - 2012 - USA - 40 mln $

5. Lenskart.com - Abbigliamento - 2010 - IND - 35,9 mln $

6. Mayet - Abbigliamento - 2011 - USA - 25,5 mln $

6%

26%

68%

Asia e

Australia

Europa

Nord

America

Base: 29 startup

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7. Frank&Oak - Abbigliamento - 2012 - CAN - 20 mln $

8. Violet Grey - Profumerie - 2012 - USA - 16,1 mln $

9. Jack Erwin - Abbigliamento - 2013 - USA - 11,75 mln $

10. Roka Sports - Abbigliamento - 2011 - USA - 10 mln $

Sono sette i retailer che operano esclusivamente nel settore Abbigliamento, presenti nel

ranking dei retailer maggiormente finanziati (Warby Parker al 2° posto con 115,5 mln

$, The Black Tux al 4° posto con 40 mln $, Lenskart.com al 5° posto con 35,9 mln $,

Mayet al 6° posto con 25,5 mln $, Frank&Oak al 7° posto con 20 mln $, Jack Erwin al

9° posto con 12 mln $ e Roka Sports al 10° posto con 10 mln $). Warby Parker è un

retailer statunitense fondato nel 2010 che produce e commercializza online occhiali da

vista e da sole. Lo stesso articolo viene trattato da Lenskart.com, retailer indiano nato

nel 2010.

The Black Tux è un’azienda fondata nel 2012 negli Stati Uniti che offre un servizio di

noleggio di abiti e smoking per uomo. Mayet è una startup statunitense fondata nel 2011

che commercializza abbigliamento sartoriale di lusso. Frank&Oak offre un servizio

supplementare alla propria clientela: sottoscrivendo un abbonamento è possibile

ricevere periodicamente una box con capi scelti secondo le preferenze del cliente; il

cliente paga solo i capi che decide di tenere. Jack Erwin si occupa della produzione e

vendita di scarpe maschili artigianali. Roka Sports è un retailer statunitense che produce

e vende costumi e mute per nuotatori; è sponsor per tutti gli eventi U.S. IRONMAN®.

Sono presenti due retailer, tra i primi dieci finanziati, operanti nel settore merceologico

Profumerie (Harry’s al 1° posto con 287,1 mln $ e Violet Grey all’8° posto con 16,1

mln $). Harry’s è stata fondata nel 2011 negli Stati Uniti e si occupa della produzione e

della vendita di rasoi e creme da barba, offrendo anche la possibilità di sottoscrivere un

abbonamento periodico. Violet Grey è un’azienda, anch’essa americana, che

commercializza prodotti di skin care, hair care e makeup.

Casper è l’unico retailer tra i primi dieci finanziati che opera nel settore Arredamento,

producendo e vendendo materassi prodotti con tecnologia innovativa e brevettata ed è

stato fondato nel 2013 negli Stati Uniti.

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Dalla ricerca condotta si osserva come siano stati premiati, a livello di finanziamento, i

retailer operanti nel settore Abbigliamento che hanno offerto servizi disruptive, offrendo

una risposta efficiente ad alcune problematiche che il settore pone e che, se risolte,

possono garantire un elevato vantaggio competitivo per l’azienda e un ingente profitto

per l’investitore.

Alcune delle sfide del settore sono: accessibilità di prezzo (Frank&Oak offre box in

abbonamento che consentono un risparmio sul prezzo di vendita); qualità artigianale

mantenendo margini di profitto (Mayet e Jack Erwin commercializzano prodotti

artigianali di alta qualità); personalizzazione del prodotto (Warby Parker permette la

personalizzazione dei propri occhiali); soddisfare un nuovo segmento di mercato, quello

della moda maschile (The Black Tux, Frank&Oak, Jack Erwin); monetizzazione dei

capi non usati dalla clientela, tramite la vendita, lo scambio o l’introduzione dell’affitto

(The Black Tux).

Gli investitori istituzionali hanno compreso le enormi potenzialità del settore e hanno

iniziato ad introdurre nel proprio portafoglio, accanto alle imprese High Tech, anche

aziende del settore fashion; inoltre esistono alcuni Venture Capitalist (Forerunner

Ventures, Burch Creative Capital) ed alcuni acceleratori (TrueStart, New York Fashion

Tech Lab) specializzati nel settore.

4.4. Dot Com

La seconda tipologia di startup considerata è quella delle Dot Com: sono aziende che

vendono prodotti esclusivamente online, sono quindi privi di una rete fisica di negozi e

si rivolgono direttamente al consumatore finale (ambito B2c).

I finanziamenti ricevuti sono principalmente rivolti allo sviluppo della vendita online e

l’innovazione digitale di questa tipologia di startup è costituita unicamente dalla

presenza di un canale eCommerce attraverso cui vendere i prodotti. La loro finalità non

è dunque quella di aiutare i retailer nell’introduzione di soluzioni tecnologiche

innovative.

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Sono state incluse nel censimento in quanto il trend delle vendite online non ha smesso

di crescere nemmeno nel recente periodo di crisi economica e il fatturato della vendita

di prodotti-servizi da siti eCommerce è in costante crescita in tutto il mondo.

La loro numerosità (260 startup pari al 27%) e gli importi dei finanziamenti percepiti

confermano l’importanza di questa categoria di startup.

Le Dot Com sono state classificate in base al settore merceologico in cui operano: la

maggior parte opera prevalentemente nel settore Abbigliamento (166 aziende pari al

64%), seguito da quello Alimentare (18 aziende pari al 7%), Arredamento (17 aziende

pari al 7%), Elettronica/informatica (12 aziende pari al 4%) e Profumerie (11 aziende

pari al 4%).

Il 12% (32 startup) vende prodotti appartenenti a più categorie merceologiche, mentre il

2% (4 aziende) si occupa di articoli non appartenenti ai settori considerati.

Figura 34: Classificazione delle Dot Com per settore merceologico a livello internazionale. In media negli ultimi quattro anni, le Dot Com hanno ricevuto un finanziamento medio

pari a 8,9 mln $ (finanziamento medio senza Best and Worst in class: 7,9 mln $).

Se paragonato al finanziamento medio ricevuto dai retailer e dalla categoria dei service

provider che ha ricevuto il finanziamento maggiore si tratta di un importo inferiore.

64%7%

7%

4%4%

12%

Abbigliamento

Arredamento

Alimentare

Base: 260 startup

Profumerie

Tutti

Elettronica/ Informatica

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Si può però osservare che l’apertura di un canale eCommerce risulta meno onerosa dal

punto di vista economico dell’implementazione di soluzioni tecnologiche a supporto

dell’innovazione per il settore Retail.

A conferma del continuo interesse degli investitori per la vendita online, le Dot Com

analizzate hanno ricevuto finanziamenti anche nel 2015, di importo medio pari a 1,3

mln $.

E’ stata effettuata un’ulteriore classificazione delle Dot Com in base all’area geografica

di nascita. Si può osservare che il 53% delle startup è stato fondato nel Nord America.

Considerando solo gli Stati Uniti, la percentuale scende al 49%. A seguire l’Europa, con

il 30% delle Dot Com nate nel Vecchio Continente: tra i Paesi europei il maggior

numero di questa tipologia di startup è nata nel Regno Unito. In Asia e Australia è stato

fondato il 9% delle imprese considerate; a seguire il 5% in Sud America e il 3% in

Medio Oriente e Africa.

Figura 35: Ripartizione geografica delle Dot Com a livello internazionale.

53%

30%

3%

5%

9%

Medio Oriente e Africa

Sud America

Asia e Australia

Europa

Nord America

Base: 260 startup

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Viene confermato dai dati che gli Stati Uniti siano i leader nel favorire la nascita di

startup innovative, in questo caso Dot Com, grazie a interventi legislativi e normativi

già in atto da tempo (come l’America Invents Act che disciplina il rilascio dei brevetti,

l’iniziativa Startup America di Obama e lo lo Startup Act 3.0) e una cultura che ritiene

l’innovazione fondamentale per il sostegno dell’economia e la creazione di nuovi posti

di lavoro.

Considerando il ranking per finanziamento ricevuto, si confermano le osservazioni fatte

nell’analisi precedente: tra le dieci Dot Com che hanno ricevuto il finanziamento medio

maggiore si trovano quattro aziende che operano esclusivamente nel settore

Abbigliamento; inoltre la metà di esse è stata fondata negli Stati Uniti.

1. Instacart - Alimentare - 2012 - USA - 274 mln $

2. Dafiti - Abbigliamento - 2010 - BRA - 249,3 mln $

3. Westwing - Arredamento - 2011 - DEU - 178,8 mln $

4. Dollar Shave Club - Profumerie - 2012 - USA - 147,8 mln $

5. Moda Operandi - Abbigliamento - 2010 - USA - 138,50 mln $

6. Lazada Vietnam - Elettronica/Informatica - 2012 - VNM - 100 mln $

7. Takealot.com - Tutti - 2010 - ZAF - 100 mln $

8. The RealReal - Abbigliamento - 2011 - USA - 83 mln $

9. The Iconic - Abbigliamento - 2011 - AUS - 72 mln $

10. Naturebox - Alimentare - 2012 - USA - 58,5 mln $

Le quattro aziende che operano esclusivamente nel settore Abbigliamento sono quattro:

Dafiti al 2° posto con 249,3 mln $, Moda Operandi al 5° posto con 138,5 mln $, The

RealReal all’8° posto con 83 mln $ e The Iconic al 9° posto con 72 mln $. Dafiti è nata

in Brasile nel 2010 ed è leader nel mercato del fashion Retail online in Sud America.

Moda Operandi e The RealReal sono entrambe state fondate negli Stati Uniti. The

RealReal offre la vendita online di abbigliamento e accessori di lusso di seconda mano,

verificandone le condizioni e l’autenticità. Ha sviluppato una partnership con Neiman

Marcus per aiutare la clientela a riciclare i propri articoli firmati, introducendo la

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possibilità di essere rimborsati tramite gift card. Infine The Iconic è stata fondata in

Australia nel 2011.

Tra le Dot Com che operano nel settore Alimentare, nel ranking delle prime dieci

aziende finanziate, si trovano: Instacart al 1° posto con 274 mln $ e Naturebox al 10°

posto con 58,5 mln $. Instacart è un’azienda statunitense fondata nel 2012 che si

occupa della vendita e consegna a domicilio di generi alimentari. Garantisce la

consegna in appena un’ora, al momento la più rapida disponibile sul mercato, e grazie a

questo servizio si è aggiudicata una partnership con il retailer americano Target e con

Whole Foods, leader negli Stati Uniti nella distribuzione di prodotti naturali e biologici.

Naturebox, altra startup statunitense, vende e consegna a domicilio snack biologici con

sottoscrizione di abbonamento mensile.

Opera nel settore Profumerie la startup Dollar Shave Club che occupa il 4° posto nel

ranking con 147,8 mln $, e offre un sito eCommerce per l'acquisto di rasoi e lamette da

barba tramite abbonamento periodico.

L’unica Dot Com presente nel ranking, operante nel settore Arredamento è Westwing,

aperta nel 2012 in Germania, ha ricevuto 178,8 mln $, classificandosi al 3° posto. In

Italia opera come Dalani.

Lazada Vietnam si occupa della vendita online di telefoni cellulari, articoli elettronici,

articoli per la casa e giocattoli e si classifica al 6° posto con 100 mln $.

Al 7° posto con 100 mln $ ricevuti si trova Takealot.com, Dot Com che vende prodotti

appartenenti a più categorie merceologiche (abbigliamento, accessori per la casa,

elettronica di consumo,...) ed è stata fondata nel 2010 in Sud Africa.

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4.5. Service provider

I service provider offrono ai retailer servizi a supporto dell’attività di vendita, in tutte le

fasi del processo di acquisto multicanale, e possono essere raggruppati in funzione della

soluzione tecnologica offerta.

Nel censimento effettuato sono state mappate all’interno di questa categoria 665 aziende

che costituiscono il 70% del campione analizzato.

I service provider sono stati classificati in funzione dei processi supportati in ambito

Retail. Tali processi sono stati suddivisi in tre macrocategorie:

• front-end: i processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita,

direttamente a contatto col cliente finale e possono essere suddivisi nelle tre fasi

che caratterizzano il processo di acquisto: pre-vendita, acquisto e pagamento,

post-vendita;

• back-end: i processi di back-end sono quelli che non prevedono un’interazione

con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi: processi di

relazione con i fornitori, processi di gestione del magazzino e processi

trasversali di gestione dei negozi;

• omnicanalità: in questa classe sono state raggruppate tutte le innovazioni digitali

a supporto dell’omnicanalità.

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La ricerca condotta ha rilevato che la maggior parte dei service provider si occupa di

introdurre innovazioni in ambito back-end: sono 288 le startup mappate sulle

innovazioni di back-end e costituiscono il 44% del totale. A seguire i service provider

che apportano innovazioni nel front-end: con 247 aziende costituiscono il 37% dei

service provider. Infine 130 startup si occupano di omnicanalità, per una quota pari al

19%.

Il grafico mostra la ripartizione a livello macro dei service provider tra le tre categorie

di riferimento.

Figura 36: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo supportato a livello internazionale.

44%

37%

19%

Front-end

Back-end

A supporto dell’ omnicanalità

Base: 665 startup

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Volendo fare una comparazione a livello di finanziamento medio ricevuto per ambito

applicativo, si può osservare come la categoria più numerosa, quella del back-end,

riceve anche il finanziamento medio di importo più elevato: 5,6 mln $.

A seguire la categoria del front-end con 4,9 mln $ ed infine l’omnicanalità con 2,4 mln

$. Nel grafico è stato introdotto come riferimento il finanziamento medio ottenuto dalla

totalità dei service provider, pari a 4,3 mln $, per evidenziare che sia il cluster back-end

che quello front-end hanno ricevuto finanziamenti superiori alla media.

Figura 37: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello internazionale

suddivisi per ambito applicativo supportato. Questi dati evidenziano come le innovazioni di back-end siano le più diffuse tra le

startup operanti nel settore Retail e ad esse è stata allocata la maggior parte degli

investimenti. L’interesse è quindi quello di ottimizzare e rendere più efficienti i processi

back-end con innovazioni che portano benefici tangibili quali ad esempio la riduzione

dei costi.

Base: 590 startup (di cui è pubblica l’informazione sull’entità del finanziamento ricevuto)

mln $

mln $

mln $

mln $ 5.6

4.9

4.3

2.4

Back-end

Front-end

Media dei

finanziamenti

Omnicanalità

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4.5.1.Back-end

Le soluzioni innovative in ambito back-end hanno lo scopo di ottimizzare i processi che

non prevedono un’interazione con il cliente finale, garantendo in tal modo una riduzione

dei costi e una gestione più efficiente degli investimenti. Ciò consente di sostenere e

rendere più efficaci anche gli investimenti sostenuti in ambito front-end. Spesso i

retailer si focalizzano sugli aspetti relativi alla customer experience e alla multicanalità,

concentrando lì i loro sforzi innovativi e gli investimenti. Tuttavia trascurare la parte di

back-end potrebbe inficiare anche i risultati ottenibili negli altri ambiti, vanificando lo

sforzo innovativo ed economico.90

A sostenere tale tesi è anche uno dei maggiori retailer internazionali, John Lewis, che

afferma che i retailer non possono concentrare i loro sforzi innovativi unicamente in

innovazioni relative alla customer experience, seppur sofisticate, ma devono dare la

dovuta importanza anche al supporto fornito dalle innovazioni di back-end. Paul Coby,

chief information officer in John Lewis, ha infatti recentemente affermato che, sebbene

per avere successo nel settore Retail attuale sia fondamentale avere ottime tecnologie

front-end, ciò potrebbe essere reso inutile dall’assenza di un back-end riprogettato per

far fronte ai picchi della customer demand. Il soddisfacimento della domanda deve

essere accurato e puntuale perché questo si aspetta il consumatore moderno e ciò risulta

impossibile senza un adeguato investimento nei vari aspetti del back-end. Un esempio

su tutti: la distribuzione. I settori relativi alla logistica e distribuzione devo essere resi

flessibili ed affidabili in modo da rispondere adeguatamente alla variazione della

domanda e non devono risultare inadeguati in caso di picchi (es. festività, Black

Friday,…).

L’affidabilità garantita al cliente attraverso processi di back-end adeguatamente

presidiati e monitorati risulta fondamentale per la fidelizzazione del cliente e per

rafforzare la Brand Awareness. Se dunque le innovazioni apportate in ambito front-end

e omnicanalità supportano i retailer nell’attrarre i consumatori, le innovazioni in ambito

back-end aiutano invece a mantenere una clientela faticosamente acquisita. Mantenere

90 http://www.computerweekly.com/news/2240237932/Retail-technology-useless-without-back-end-support-says-John-Lewis

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un cliente, nonostante la natura sempre meno fedele del consumatore moderno e a

dispetto della concorrenza delle sempre più numerose Dot Com, è un risultato ottenibile

dando la giusta importanza all’investimento in innovazioni di back-end.

Si è già anticipato che i processi di back-end sono quelli che non prevedono

un’interazione con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi:

• processi di relazione con i fornitori,

• processi di gestione del magazzino,

• processi trasversali di gestione dei negozi.

All’interno di ogni sottogruppo di processi sono state individuate le innovazioni digitali

di competenza, che riportiamo brevemente per rendere più fruibili le considerazioni

fatte in seguito.

Innovazioni nei processi di relazione con i fornitori:

o EDI – Electronic Data Interchange: Sistemi che consentono il trasferimento di

informazioni e documenti in formato elettronico tra imprese appartenenti alla

stessa supply chain.

o Fatturazione elettronica: Sistemi a supporto della realizzazione, dell’invio e

della ricezione di documenti relativi al Ciclo Ordine-Pagamento.

Innovazioni nei processi di gestione del magazzino:

o Sistemi di tracciamento dei prodotti (Rfid – Radio Frequency

Identification): Sistemi che consentono di tracciare i prodotti lungo la catena

distributiva.

o Sistemi di planning: Sistemi gestionali in grado di supportare i decision maker

nella pianificazione della domanda, nella gestione delle scorte e nella scelta dei

piani di distribuzione.

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o Sistemi di automazione del magazzino: Sistemi che consentono di

automatizzare la messa a stock (storage), il prelievo e il sorting della merce

all’interno del magazzino.

o Sistemi di picking/packing: Soluzioni ICT per supportare le attività degli

operatori di magazzino nelle fasi di picking, controllo e allestimento ordini.

o Soluzioni di intelligent transportation system: Tecnologie ICT integrate nei

mezzi di trasporto per raccogliere e comunicare dati al fine di agevolare

pianificazione, progettazione, esercizio, manutenzione e gestione dei sistemi di

trasporto.

Innovazioni nei processi trasversali o di gestione dei negozi

o Sales force automation: Costituisce uno degli strumenti volti a velocizzare le

fasi di vendita permettendo l’automazione di attività a basso a valore aggiunto.

o Sistemi ERP (Enterprise Resource Planning): Sistemi che permettono di

gestire in modo integrato i dati provenienti da tutte le funzioni interne di

un’azienda come la produzione, gli acquisti, le vendite, l’amministrazione, la

finanza e le risorse umane.

o Sistemi di business intelligence: Sistemi che si propongono di esplorare i dati

per ricavare informazioni e conoscenze utilizzabili nel corso dei processi

decisionali.

o Sistemi CRM (Customer Relationship Management): Sistemi che vengono

impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le interazioni con i

clienti.

Dalla ricerca effettuata si riscontra che le innovazioni digitali più importanti sia in

termini di numerosità che per importo di finanziamento medio ricevuto sono

appartenenti al terzo cluster, a supporto dei processi trasversali o di gestione dei negozi.

Infatti sistemi di CRM, sistemi di business intelligence e sistemi di ERP sono tra le

soluzioni più offerte per innovare il back-end.

Tra le altre innovazioni sono degni di menzione anche i sistemi di planning che

supportano invece l’innovazione nei processi di gestione del magazzino.

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Questi risultati confermano l’importanza di innovare innanzitutto in ambito di gestione

della clientela, con il supporto dei sistemi CRM: una miglior conoscenza del cliente

permette una personalizzazione più accurata nell’offerta e porta quindi a facilitarne la

fidelizzazione. In secondo luogo la digitalizzazione è fondamentale anche nella gestione

della supply chain (sistemi ERP) e nella previsione della domanda (sistemi di business

intelligence e sistemi di planning): una più accurata previone della domanda e una

catena di distribuzione e logistica adeguata garantiscono il soddisfacimento della

domanda di una clientela sempre più esigente.

Nel grafico seguente, si riporta la mappatura delle startup censite in ambito back-end,

suddivise per innovazione supportata.

La maggior parte delle startup operanti in ambito back-end si occupa di CRM (171

aziende pari al 59%); a seguire business intelligence (52 aziende pari al 18%), ERP (35

aziende pari al 12%) e sistemi di planning (13 aziende 4%). Infine sono state

raggruppate nel rimanente 7% l’insieme di startup che offrono innovazione nei processi

di gestione del magazzino, ad esclusione dei sistemi di planning già considerati, e la

totalità delle innovazioni nei processi di relazione con i fornitori.

Figura 38: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello internazionale.

59%18%

12%

7%4%

Base: 288 startup (5,6mln$/startup)

sistemi di business intelligence

(3,8mln $/startup)

soluzioni di CRM (4,3 mln $/startup)

sistemi ERP (4,5 mln $/startup)

Sistemi di planning (1,9 mln $/startup) Altro

(6 mln $/startup)

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Come già anticipato dal grafico precedente, le quattro categorie più numerose

corrispondenti a CRM, business intelligence, ERP e sistemi di planning si rivelano le

più interessanti anche analizzando l’importo del finanziamento medio da esse ricevuto;

sono infatti le categorie che attraggono i finanziamenti maggiori: precisamente il

finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano

di ERP (4,5 mln $), seguite da CRM (4,3 mln $), business intelligence (3,8 mln $) e

infine sistemi di planning (1,9 mln $).

Inoltre l’interesse degli investitori nelle quattro categorie è stato confermato anche

nell’anno corrente, in quanto tali categorie ricevono finanziamenti anche nel 2015. Tra

esse quella che ha ricevuto il maggior importo nel 2015 è CRM (1 mln $).

Ad ulteriore conferma dell’interesse ancora attuale in tali innovazioni, si è potuto

constatare che è stata aperta almeno una startup che si occupa di queste quattro

innovazioni dal 2014 in avanti.

Tra tutte le startup aperte nel 2014 (considerando la totalità di back-end, front-end e

omnicanalità) il 25% si occupa di CRM (13), il 6% di business intelligence (3), il 6% di

sistemi di planning (3) e il 4% di ERP (2).

E’ interessante osservare che ogni anno dal 2010 al 2015, le categorie più numerose

operanti in ambito back-end sono sempre costantemente nell’ordine CRM, business

intelligence ed ERP.

4.5.2.Front-end

I processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita, direttamente a

contatto col cliente finale e le innovazioni introdotte in questo ambito hanno l’obiettivo

di migliorare l’efficacia del processo di acquisto e di relazione con i clienti, al fine di

ottimizzare la customer experience in punto vendita; gli obiettivi perseguiti possono

essere ad esempio l’aumento dei ricavi o del livello di servizio percepito dal cliente.

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L’ambito front-end può essere suddiviso in tre sottofasi che rispecchiano la suddivione

del processo di acquisto: pre-vendita, vendita (acquisto e pagamento), post-vendita.

All’interno di ogni sottogruppo di processi sono state individuate le innovazioni digitali

di competenza, che riportiamo brevemente per rendere più fruibili le considerazioni

fatte in seguito.

Innovazioni nella fase pre-vendita:

o Chioschi, totem e touch point: Device, installati in punto vendita e dotati di

schermo interattivo, che consentono ai clienti di ricevere informazioni sui

prodotti, di verificarne la disponibilità, di acquistarli online, di accedere alle

promozioni disponibili.

o Vetrine smart: Sistemi utilizzati per la comunicazione di prossimità, installati

di norma all’esterno del punto vendita, che hanno lo scopo di invogliare le

persone ad entrare in negozio e di promuovere la vendita attraverso i contenuti

veicolati.

o Indoor Positioning: sfruttano le tecnologie di micro-geolocalizzazione tramite

applicazioni quali ad esempio iBeacon per inviare notifiche push sullo

smartphone dei clienti con l’obiettivo di invogliarli ad entrare nel punto vendita;

guidano i visitatori all’interno del negozio e collezionano informazioni relative

alle abitudini dei consumatori in punto vendita.

o Cartellini interattivi: Cartellini elettronici che consentono al retailer di

modificare istantaneamente il prezzo del prodotto esposto e che, in alcuni casi,

forniscono ulteriori informazioni sul prodotto stesso (ad esempio il numero di

Like ricevuti sui social).

o Coupon digitali: Codici promozionali inviati dal retailer ai propri clienti tramite

email, sms o App. Il cliente, esibendo alla cassa il codice che gli è stato inviato,

ottiene uno sconto sui prodotti.

o Camerini smart: Soluzioni che consentono al cliente di indossare virtualmente

vestiti ed accessori. Tali sistemi consentono inoltre al cliente di visualizzare

l’intera collezione di abiti disponibili, spesso suggerendo abbinamenti o prodotti

simili a quello selezionato.

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140

o App in store: Iniziative mobile sviluppate per essere utilizzate in punto vendita

dai clienti per avere maggiori informazioni sui prodotti presenti a scaffale, per

ricevere promozioni personalizzate, per velocizzare la fase di pagamento, ..

Innovazioni nella fase di vendita (acquisto e pagamento):

o Self scanning. Device utilizzati dai clienti per leggere i codici a barre dei

prodotti selezionati e inseriti nel carrello. Di recente sono stati introdotti

strumenti in grado di rilevare, tramite scansione del codice a barre, anche gli

ingredienti che compongono i prodotti.

o Online selling: Device, (di norma un tablet) in dotazione alla forza vendita o a

disposizione dei clienti, per consentire al cliente di finalizzare l’acquisto online

in negozio soprattutto nel caso di prodotti non presenti in punto vendita.

o Cassa Evoluta: Tablet, integrati con il Mobile POS, per permettere ai clienti di

pagare i prodotti acquistati direttamente all’assistente vendite, senza dirigersi

alla barriera casse.

o Pagamenti innovativi: Sistemi che consentono il pagamento in modo

alternativo a quello tradizionale: ne sono un esempio i sistemi che consentono al

cliente di pagare tramite il proprio smartphone e i sistemi che abilitano il

pagamento mediante la generazione di un QR code.

o Self check out: Sistemi di cassa self-service per consentire al cliente di leggere i

codici a barre dei prodotti acquistati, di stampare lo scontrino e di pagare la

propria spesa in completa autonomia.

Innovazioni nella fase di post-vendita:

o Loyalty: Soluzioni digitali utilizzate per rafforzare la fedeltà dei clienti. Lo

strumento più diffuso è la Fidelity Card digitale, ovvero la tessera

dematerializzata che dà l’opportunità al cliente di usufruire di agevolazioni,

sconti esclusivi o premi.

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141

Dalla ricerca effettuata si riscontra che la maggior parte delle startup operanti in ambito

front-end si occupa di loyalty (53 aziende pari al 21% ), seguite da indoor positioning

(44 aziende, pari al 18%) e da pagamenti innovativi (43 aziende pari al 17%); a seguire

cassa evoluta (37 aziende, pari al 15%) e coupon digitali (34 aziende, pari al 14%). Non

trascurabili sono anche online selling (8 aziende, pari al 3%) e camerini Smart (7

aziende pari al 3%). Le altre categorie costituiscono in totale ciascuna meno del 2%

(meno di 5 aziende per categoria) e nel complesso il 9% (21 aziende).

Figura 39: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello internazionale.

Le cinque categorie più numerose si rivelano le più interessanti sotto più punti di vista.

Come già anticipato dal grafico precedente, esse ricevono finanziamenti medi di

importo maggiore rispetto alle altre: precisamente il finanziamento medio di importo

maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano di cassa evoluta (15,2 mln $),

seguite da pagamenti innovativi (5,8 mln $) e coupon digitali (5,8 mln $); a seguire

loyalty (4,3 mln $) e infine indoor positioning (4,0 mln $). L’ordine resta invariato

anche considerando i finanziamenti senza Best and Worst in class.

L’interesse degli investitori nelle cinque categorie è stato confermato anche nell’anno

corrente, in quanto tali categorie ricevono finanziamenti anche nel 2015. Tra esse quella

che ha ricevuto il maggior importo nel 2015 è cassa evoluta (3,9 mln $).

21%

18%

17%

15%

14%

9%3%

3%

Base: 247 startup (4,9 mln $/startup)

sistemi di indoor positioning (4,0 mln $/startup)

sistemi di loyalty (4,3 mln $/startup)

sistemi di pagamento innovativi

(5,8 mln $/startup)

altro

sistemi di cassa evoluti

(15,2 mln $/startup)

sistemi di couponing digitali (5,8 mln $/strtup)

sistemi di online selling

(3,7 mln $/startup)

camerini Smart

(2,3 mln $/startup)

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142

Ad ulteriore conferma dell’interesse ancora attuale in tali innovazioni, si è potuto

constatare che è stata aperta almeno una startup che si occupa di queste cinque

innovazioni dal 2014 in avanti.

Tra tutte le startup aperte nel 2014 (considerando la totalità di back-end, front-end e

omnicanalità) il 14% si occupa di indoor positioning (7), il 6% di cassa evoluta (3) e di

copon digitali (3), il 2% di pagamenti innovativi (1) e loyalty (1).

Tra le innovazioni digitali nel front-end due meritano un approfondimento:

� i sistemi di cassa evoluta hanno ottenuto il finanziamento medio maggiore tra i

service provider, ricevono finanziamenti anche nel 2015 e l’importo medio di

tali finanziamenti è il maggiore rispetto alle altre categorie non solo del front-

end, ma di tutti i service provider (3,9 mln $); negli anni, una quota consistente

di startup continua a scegliere di implementare questo tipo di innovazione

digitale.

Per i retailer l’importanza dell’adozione di Mobile POS non è costituita

unicamente dal risparmio che consegue la sostituzione dei dispositivi di cassa

tradizionali, ma assume un’importanza ancora maggiore in termini di benefici

apportati alla customer experience. L’adozione di sistemi di cassa evoluta

consente al cliente di vivere una migliore esperienza in store perché permette

una miglior gestione dei momenti di picco di affluenza, lo snellimento dei

processi di checkout, una miglior interazione con il device Mobile del cliente per

il pagamento, l’ampliamento degli spazi in negozio destinati all’esposizione dei

prodotti,…

� i sistemi di indoor positioning costituiscono un’innovazione digitale che

continua a suscitare interesse e viene sempre maggiormente implementata dai

retailer; analizzando il trend di nascita delle startup di questa categoria, si può

osservare come questo si mantenga costante nel corso degli anni e come quindi

non decresca negli ultimi anni (2013 e 2014) come invece accade per altre

tipologie di startup. Il grafico mostra l’andamento dell’apertura delle startup che

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143

implementano questa innovazione: come si può notare non c’è una diminuzione

negli ultimi anni, ma il trend rimane costante.

Figura 40: Trend di apertura di startup che si occupano di indoor positioning negli ultimi 5 anni

a livello internazionale.

Le aziende nate nel 2014 che si occupano di indoor positioning sono il 14%

della totalità delle aziende nate nel 2014 (seconde solo a CRM, la categoria più

numerosa) e costituiscono il 16% (8 su 44) del totale delle aziende che fanno

indoor positioning. Considerando il solo front-end, tra le startup nate nel 2014

ben il 47% si dedica all’indoor positioning.

Dalla ricerca PWC Total Retail 201591 emerge chiaramente come il negozio sia

ancora fermamente al centro del processo di acquisto. I dati rivelano che il 36%

dei consumatori intervistati compra in un negozio almeno una volta alla

settimana, quasi il doppio rispetto al PC (20%) e quattro volte tanto rispetto a

Tablet e Smartphone (10%). Nonostante i progressi tecnologici, non esiste ad

oggi un altro canale distributivo in grado di sostituire il negozio e di replicare

l’esperienza di prodotto e di brand che è in grado di offrire. Tra le motivazioni di

preferenza del negozio come canale di acquisto, il 60% del campione globale

indica la possibilità di “vedere, toccare e provare la merce” e il 53% avere la

gratificazione istantanea di possedere il prodotto dopo l’acquisto. Ecco allora

che il negozio può costituire il luogo dove acquisire un ingente volume di

91 https://www.pwc.com/it/it/industries/retail-consumer/assets/docs/total-retail-2015.pdf

2010 2011 2012 2013 2014

5

12

9

Base: 44 startup

10

8

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informazioni relative alla clientela e l’indoor positioning permette di ricavare tali

informazioni sul consumatore attraverso lo Smartphone, device ormai posseduto

dalla maggioranza della clientela sempre più digitalizzata. Grazie alle tecnologie

utilizzate nell’indoor positioning è inoltre possibile offrire al cliente offerte

sempre più personalizzate ed un’esperienza di acquisto ottimizzata. Un esempio

è l’ottimizzazione del servizio Click and Collect, che si sta diffondendo

velocemente per il gradimento dimostrato dal consumatore: con le tecnologie

di indoor positioning è possibile riconoscere quando il cliente entra in negozio e

velocizzare quindi il servizio, rendendolo ancora più efficiente e gradito.

4.5.3.Omnicanalità

In quest’ultimo cluster relativo ai service provider, sono state mappate le startup che

introducono innovazioni digitali in ambito Retail a supporto dell’omnicanalità.

Le innovazioni considerate in questa categoria sono quattro e vengono riportate

brevemente per rendere più fruibili le considerazioni fatte in seguito.

o Sito informativo: Sito la cui finalità è la presentazione dell’azienda e fornire

informazioni utili per la visita in store (es. orari di apertura e indirizzo, elenco

dei punti vendita, promozioni in corso,…).

o Sito eCommerce: Sito che consente l’acquisto di prodotti, eventualmente la

personalizzazione, la scelta della modalità di pagamento,…

o App/Mobile site: Hanno le stesse funzionalità dei siti informativi o eCommerce,

ma sono ottimizzati per la visualizzazione e la fruizione dei contenuti tramite

dispositivi mobili (Tablet e Smartphone).

o Sistemi Social; Sono i principali social network (Facebook, Twitter, YouTube,

Google+, Instagram, Pinterest) sui quali l’azienda retailer è presente, promuove

e pubblicizza i propri articoli.

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Dalla ricerca effettuata si riscontra che la maggior parte delle startup operanti in ambito

omnicanalità si occupa di sistemi Social (41 aziende pari al 32%); a seguire siti

eCommerce (38 aziende pari al 29%); a seguire App/Mobile site (38 aziende pari al

29%) ed infine siti informativi (13 aziende pari al 10%).

Figura 41: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello internazionale.

Come già anticipato dal grafico precedente, il finanziamento medio di importo maggiore

è stato ricevuto dalle startup che si occupano di sistemi Social (3,3 mln $), seguiti da siti

eCommerce (3,2 mln $), siti informativi (1,7 mln $) ed infine App/Mobile site (1,1 mln

$).

Tutte le categorie considerate ricevono finanziamenti nel 2015 tranne siti informativi e

l’innovazione che ha ricevuto il maggior importo relativamente al 2015 è sistemi Social

(1,9 mln $).

Ad ulteriore conferma si osserva che nel 2014 è stata aperta almeno una startup in tutte

le categorie tranne siti informativi.

Tra tutte le startup aperte nel 2014 (considerando la totalità di back-end, front-end e

omnicanalità) il 10% si occupa di sistemi Social (7), il 4% di siti eCommerce (2) e di

App/Mobile site (2).

32%

29%

29%

10%

Base: 130 startup (2,4mln$/startup)

siti eCommerce (3,2mln $/startup)

sistemi Social (3,3 mln $/startup)

App/Mobile site (1,1 mln $/startup)

siti informativi (1,7 mln $/startup)

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146

Analizzando quindi le innovazioni digitali in ambito omnicanalità, la categoria che

risulta particolarmente interessante è quella dei sistemi Social: le startup che sviluppano

questa innovazione aperte nel 2014 (7) costituiscono il 10% del totale delle startup

aperte nel 2014 e il 12,5% della categoria; analizzando il trend di nascita delle startup di

questa categoria, si può osservare come questo si mantenga costante nel corso degli anni

e come quindi non decresca negli ultimi anni (2013 e 2014) come invece accade per

altre tipologie di startup. Il grafico mostra l’andamento dell’apertura delle startup che

implementano questa innovazione: come si può notare non c’è una diminuzione negli

ultimi anni, ma il trend rimane costante.

Figura 42: Trend di apertura di startup che si occupano di sistemi Social negli ultimi 5 anni

a livello internazionale.

Tra le startup nate nel 2014 e operanti nel settore omnicanalità, ben il 58% è costituito

da sistemi Social.

Gli strumenti Social offrono un’interazione diretta con i propri clienti e una conoscenza

delle opinioni degli stessi sull’esperienza di acquisto, fornendo spunti di ottimizzazione

della strategia commerciale. I Social Media hanno un’influenza sempre maggiore sugli

acquirenti: il 38% dei clienti trae ispirazione per gli acquisti da prodotti visti sui canali

Social, il 22% viene influenzato dal Social Network per visitare siti web dei retailer, il

25% è connesso a uno o più retailer su Facebook, il 36% degli utenti di Twitter ha

“twittato” un’opinione relativa a un’esperienza nell’ambito Retail (Fonte: Global trend

2010 2011 2012 2013 2014

3

9

10 11

7

Base: 40 startup

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147

Research PlanetRetail)92. Gli acquirenti sono influenzati dalle recensioni dei

consumatori e i retailer possono usare a loro vantaggio tale aspetto combinando

campagne Social con promozioni in store. Le valutazioni sul lancio di iniziative pilota

sui propri negozi, su nuovi prodotti offerti nell’assortimento o sulla definizione delle

prossime campagne promozionali sono esempi di utilizzo dei Social come canali

efficaci per rivedere il posizionamento sul mercato, aumentando la vicinanza ai clienti. I

Social Media costituiscono dunque nuove opportunità per i retailer, ma anche sfide e

rischi: opinioni negative sui Social Network potrebbero in poche ore danneggiare la

reputazione del brand. È importante saper gestire la comunicazione e avere chiara una

strategia di risposta in caso di “crisi di reputazione”.

4.5.4.Rapporto tra front-end, back-end e omnicanalità

Il censimento ha permesso di analizzare come si sia evoluta negli anni l’attenzione delle

startup nello sviluppo di innovazioni digitali appartenenti ai tre cluster considerati:

front-end, back-end e omnicanalità.

Nel 2010 le startup implementavano prevalentemente (46%) innovazioni relative

all’ambito front-end, secondariamente (37%) all’ambito back-end ed infine

all’omnicanalità (17%) .

Figura 43: Suddivisione dei service provider aperti nel 2010 a livello internazionale.

92 http://www.mark-up.it/social-media-per-il-retail-e-uno-strumento-di-ascolto/

Front-end

Back-end

A supporto dell’ omnicanalità

Base: 82 startup

37%

46%

17%

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Progressivamente dal 2010 al 2013 l’attenzione delle startup si è spostata verso l’ambito

back-end e omnicanalità: in questi anni vediamo la progressiva diminuzione delle

startup in ambito front-end e il progressivo aumento in ambito back-end e omnicanalità.

Nel 2011 infatti resta invariata rispetto al 2010 la percentuale relativa all’omnicanalità

(17%), mentre c’è un inversione di tendenza rispetto al 2010 perché la maggior parte

delle aziende si rivolge all’ambito back-end (da 37% a 45%) e secondariamente

all’ambito front-end (da 46% a 39%).

Figura 44: Suddivisione dei service provider aperti nel 2011 a livello internazionale.

Front-end

Back-end

A supporto dell’ omnicanalità

Base: 183 startup

45%

39%

17%

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149

Nel 2012 e 2013 cresce la percentuale delle statup nell’omnicanalità (20% e 23%),

ambito che rimane cmq all’ultimo posto; continua a crescere l’interesse nel back-end

(da 45% a 47% e 48%) e continua a decrescere l’interesse in ambito front-end (da 39%

a 33% e 29%).

Figura 45: Suddivisione dei service provider aperti nel 2012 a livello internazionale.

Figura 46: Suddivisione dei service provider aperti nel 2013 a livello internazionale.

Quindi dal 2010 al 2013 l’ambito front-end è diminuito del 37%, l’ambito back-end è

aumentato del 30% e l’ambito omnicanalità è aumentato del 35%.

Questa osservazione è a conferma di quanto riportato in precedenza relativamente

all’importanza dell’innovazione del settore back-end per i retailer: trascurando

l’implementazione a supporto del back-end si mettono a rischio anche le innovazioni

introdotte nel front-end e nell’omnicanalità.

Front-end

Back-end

A supporto dell’ omnicanalità

Base: 184 startup

47%

33%

20%

Front-end

Back-end

A supporto dell’ omnicanalità

Base: 148 startup

48%

29%

23%

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Nel 2014 torna a crescere l’interesse nei confronti del front-end a scapito di entrambe le

altre categorie: rispetto al 2013 il front-end aumenta da 29% a 33%, il back-end

diminuisce da 48% a 46% e l’omnicanalità diminuisce da 23% a 21% tornando a una

situazione simile a quella del 2012.

Figura 47: Suddivisione dei service provider aperti nel 2014 a livello internazionale.

Complessivamente considerando le variazioni dal 2010 al 2014 si rileva una

diminuzione dell’ambito fron-end del 28%, un aumento dell’ambito back-end del 24% e

un aumento dell’ambito omnicanalità del 23,5%.

Questo rinnovato interesse nei confronti delle innovazioni in ambito front-end potrebbe

essere spiegato grazie all’innovazione relativa all’indoor positioning. Come già

accennato le startup che si occupano dell’indoor positioning nel 2014 costituiscono il

47% delle innovazioni del front-end e il 14% delle startup in generale, seconde solo alla

categoria CRM. Generalmente si è affermato che alcuni processi in ambito back-end

possano supportare anche le innovazioni introdotte nel front-end, riferendosi alle

innovazioni di back-end trasversali a supporto dei negozi (quindi CRM, business

intelligence, ERP,..), ma per l’innovazione indoor positioning il rapporto diventa duale

in quanto le informazioni ricavate in punto vendita grazie alla tecnologia di indoor

positioning possono supportare i processi di back-end (CRM, fornendo i dati relativi

alle preferenze e al comportamento d’acquisto della clientela; sistemi di planning,

aiutando nella previsione della domanda e nella organizzazione fisica del punto

vendita,…).

Front-end

Back-end

A supporto dell’ omnicanalità

Base: 53 startup

46%

33%

21%

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4.5.5.Ranking dei service provider per finanziamento

ricevuto

Analizziamo ora quali sono le dieci startup appartenenti al cluster dei service provider

che hanno ottenuto il maggior importo dai finanziatori.

Figura 48: Ranking per finanziamento ricevuto dai service provider a livello internazionale.

A conferma dei risultati dell’analisi svolta, tra le prime dieci startup che hanno ricevuto

i finanziamenti medi di importo maggiore, si trovano 3 startup che si occupano di

sistemi di cassa evoluti (iZettle al 1° posto con 175,8 mln $, Revel Systems al 2° posto

con 128,5 mln $ e SumUp al 10° posto con 44,3 mln $). Questo tipo di innovazione ha

infatti ricevuto il finanziamento medio di importo maggiore tra tutti i service provider.

iZettle (http://www.izettle.com/) è una startup svedese, con headquarter a Stoccolma,

che propone un Mobile POS e facilita il business delle piccole-medie imprese con un

servizio di micro-finanziamenti. E’ già presente in dodici Paesi con circa un milione di

utenti registrati e propone due prodotti: iZettle Lite e iZettle Pro Contactless. iZettle

Lite è un dispositivo a costo zero, che si connette tramite cavo a smartphone e tablet.

iZettle Pro Contactless si collega tramite wireless e bluetooth e gestisce pagamenti

anche con carte contactless e con ApplePay. L’App permette di creare un inventario dei

1 3 4 5

6 7

Revel Systems

128.5 M$ Sistemi di

cassa evoluti

iZettle 175.8 M$ Sistemi di

cassa

evoluti

Social Touch 58.8 M$

Programmi Social

Unified 54 M$

Soluzioni di CRM

8

Kinetic Social

49,5 M$ Programmi

Social

9

Main Street Hub 66 M$

Soluzioni di CRM

2

Bonial 67,5 M$ Sistemi di

Indoor positioning

10

SumUp 44,3 M$ Sistemi di

cassa evoluti

Saltside Technologies

65 M$ Sito eCommerce

Parametric Sound

60.7 M$ Digital signage

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prodotti e organizzarli in cartelle. Sono inoltre disponibili servizi aggiuntivi come

registratori di cassa e stampanti per ricevute.

Revel Systems (https://revelsystems.com/) è stata fondata nel 2010 negli Stati Uniti, con

headquarter a San Francisco e numerosi uffici a livello internazionale. E’ stata la prima

azienda di Mobile POS a permettere di gestire i pagamenti con ApplePay e continua la

collaborazione con Apple.

SumUp (http://sumup.com/) startup irlandese nata nel 2011 fornisce un lettore di carte di

credito collegabile con lo smartphone del retailer per l’accettazione di pagamenti.

Al 3° posto nel ranking si trova una startup che implementa sistemi di indoor

positioning, che dalla ricerca è risultata essere un’altra innovazione in ambito front-end

con elevate potenzialità. Bonial (http://www.bonial.com/) è stata fondata nel 2012 in

Germania e opera in 11 Paesi in tutto il mondo. I retailer possono raggiungere la

clientela con offerte personalizzate su smartphone grazie a sistemi di geolocalizzazione.

Il cliente può cercare offerte nei negozi nelle vicinanze, cercare i punti vendita dei

retailer preferiti e visualizzare cataloghi e offerte. Altre startup che si occupano della

stessa innovazione, anche se non rientrano nelle prime dieci startup finanziate, sono

Cubeacon, Lufthouse e Rover.

L’ultima innovazione di front-end che si trova tra le prime dieci startup finanziate è

relativa alle vetrine Smart o digital signage ed è sviluppata da ParametricSound

(http://www.parametricsound.com), startup nata nel 2010 negli Stati Uniti. Si occupa

della progettazione di prodotti audio innovativi con lo scopo di migliorare la customer

experience in-store: vengono implementate soluzioni audio, in grado di attivarsi in base

alla vicinanza del cliente, con la finalità di attrarre l’attenzione del visitatore e offrire

un’esperienza in store unica.

Pur non rientrando tra le prime dieci startup finanziate, citiamo le startup che

implementano alcune tra le soluzioni più offerte per supportare la customer experience

in punto vendita: sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty, con programmi

Mobile basati su NFC e QR code o Social vengono sviluppati da Gaminside, MoPals,

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Walmoo e Xopik; sistemi di pagamenti innovativi con soluzioni di Mobile Payment sono

implementati da Avance pay e nanoPay.

Tra le innovazioni in ambito back-end si osserva che i sistemi CRM, che costituiscono

la categoria più numerosa tra i service provider, vengono implementati da due startup

(MainStreet Hub al 4° posto con 66 mln $ e Unified all’8° posto con 54 mln $).

MainStreet Hub (http://www.mainstreethub.com/) è stata fondata nel 2010 negli Stati

Uniti e offre una piattaforma di servizi di marketing tramite social media, web e email

per consentire ai retailer di aumentare la propria clientela e fidelizzarla. Unified nata nel

2011 negli Stati Uniti realizza una piattaforma con servizi di marketing automation:

analisi dei dati, strumenti per il coinvolgimento della clientela, contenuti pubblicitari sui

Social Media. Altri esempi di aziende che sviluppano piattaforme per campagne di

marketing efficaci e software di marketing automation sono Groove e Hatchbuck.

Tra le soluzioni più offerte per innovare il back-end, di cui non si trovano però startup

tra le prime dieci finanziate, ci sono: sistemi di business intelligence, sviluppati ad

esempio da RetSKU e sistemi ERP, oggetto di i-drive.

La startup più finanziata che implementa soluzioni a supporto dell’omnicanalità, nello

specifico siti eCommerce è SaltsideTechnologies (http://saltside.se/) che occupa il 5°

posto nel ranking con 65 mln $ di finanziamento ricevuti. E’ stata fondata nel 2011 in

Svezia e sviluppa piattaforme eCommerce nelle economie emergenti (es. Bangladesh,

Ghana, Nigeria e Sri Lanka). Altre startup che introducono questa innovazione sono

Evergage e Shopline.

L’innovazione a supporto dell’omnicanalità più implementata tra i service provider e

che riceve il maggior finanziamento medio della categoria è sistemi Social. Tra le prime

dieci startup finanziate, due implementano questo tipo di innovazione (Social Touch al

7° posto con 58,8 mln $ e KineticSocial al 9° posto con 49,5 mln $). Social Touch

(http://social-touch.com) è una startup cinese fondata nel 2011 che implementa una

piattaforma per l'analisi e la gestione dei dati su Social Media e l'integrazione di azioni

di marketing nei Social Media. KineticSocial (http://www.kineticsocial.com) nata nel

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2011 negli Stati Uniti realizza una piattaforma per la creazione e la gestione dei Social

Network per le aziende con servizi di marketing. Altri esempi di aziende che

introducono questo tipo di innovazione con campagne di marketing sui Social Network

utilizzando web influencer o programmi di monitoraggio della reputazione sui Social

Network sono Datalytics, In Network, Insightpool e Primeloop.

Un’altra innovazione a supporto dell’omnicanalità è relativa allo sviluppo di App o

Mobile site e se ne occupano startup che non rientrano tra le prime dieci finanziate

come Apps Foundry e TeliApp.

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5. Censimento startup nazionali

Il fenomeno di creazione di una startup non può essere analizzato se non

contestualizzandolo nella realtà in cui nasce. Abbiamo già affermato come in molti

Paesi le startup abbiano già trovato da tempo terreno più fertile per nascere e svilupparsi

rispetto allo scenario italiano. Con l’obiettivo di sostenere la crescita economica e

l’introduzione dell’innovazione, in molti Paesi (primi fra tutti gli Stati Uniti) sono stati

introdotti interventi normativi che favoriscono il fiorire di queste tipologie di imprese.

Le startup sono nate negli Stati Uniti più di 25 anni fa, ma solo dal 2012 in Italia

vengono riconosciute ufficialmente dalla legislazione italiana. Il 4 ottobre 2012 il

Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge, ispirato al Rapporto Restart,

Italia!, nel quale una specifica sezione è dedicata alle misure per favorire la nascita e lo

sviluppo delle startup innovative. Inoltre l’entrata in vigore del piano Europeo di Fondi

Pubblici 2014-2020 costituisce un ulteriore elemento facilitante, che permette di

affermare che una nuova impresa nascente trova in Italia nel 2015 condizioni

oggettivamente migliori rispetto agli anni precedenti.

In questo capitolo si vogliono dunque presentare i risultati della ricerca svolta a livello

nazionale, focalizzandosi sulle startup nate in Italia che introducono innovazione

digitale nel settore Retail.

5.1. Metodologia

Per l’analisi relativa alle startup innovative operanti in ambito Retail fondate in Italia, le

informazioni sono state ottenute attingendo da database online e in collaborazione con

l’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano.

Complessivamente sono state censite 56 aziende, con le seguenti caratteristiche:

� sono state fondate a partire dal 2010;

� hanno ricevuto finanziamenti negli ultimi quattro anni.

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Per tutte le startup considerate sono state raccolte informazioni relative al numero di

finanziamenti ricevuti, all’entità di tali finanziamenti (ove il dato sia pubblico) e agli

investitori.

Sono state individuate tre diverse tipologie di iniziative:

� i retailer, ossia operatori tradizionali che vendono i prodotti tramite negozio

fisico e hanno ricevuto finanziamenti per sviluppare al fianco del punto vendita

un sito eCommerce B2c;

� le Dot Com, ossia operatori online, privi di una rete fisica di negozi; anch’essi

hanno ricevuto finanziamenti per potenziare il canale di vendita online;

� i service provider di soluzioni innovative, che offrono ai retailer soluzioni

digitali a supporto dell’attività di vendita, dei processi interni, dei processi di

gestione della supply chain e dell’omnicanalità; operano quindi in ambito B2b.

5.1.1. Classificazione di retailer e Dot-Com

Le prime due categorie di startup analizzate sono i retailer tradizionali e le Dot Com.

Mentre i retailer hanno un negozio fisico, a cui hanno affiancato un canale di vendita

online, le Dot Com sono presenti unicamente online con un sito eCommerce B2c.

L’innovazione digitale di queste tipologie di imprese è costituita unicamente dalla

presenza di un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita di prodotti. I

finanziamenti ricevuti sono utili a creare per i retailer o potenziare per le Dot Com, un

canale di vendita online.

Al contrario dei service provider non introducono quindi soluzioni tecnologiche

innovative che portino benefici in termini di efficienza dei processi interni e di efficacia

del processo di acquisto.

Tuttavia sono state prese in considerazione nell’analisi per l’importanza che ha assunto

anche in Italia negli ultimi anni la vendita online. I dati relativi all’eCommerce B2c in

Italia nel 2015, evidenziano come il fatturato sia praticamente triplicato dal 2007,

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raggiungendo i 15 mln €. Dai 5.032 mln € nel 2007, si è infatti arrivati ai 15.073 del

2015, con una crescita considerevole, anche se minore rispetto ad altri paesi come gli

Stati Uniti, ma anche Germania, Francia, UK, e non solo.

Figura 49: Valore delle vendite eCommerce B2c in Italia.

Fonte: ’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management Politecnico di Milano Il trend di crescita indica l’importanza di realizzare un sito eCommerce ben funzionante,

non solo congegnato per la vendita elettronica, ma affiancato da una strategia di

marketing in grado di direzionare al sito web un traffico qualificato e un’utenza

fortemente targettizzata capace di generare conversioni il più possibile durevoli, costanti

se non crescenti nel tempo.

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I settori sottoposti a monitoraggio dall’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di

Milano sono stati i prodotti: Abbigliamento, Arredamento, C2c, Cosmetica, Couponing

di prodotto, Editoria, Food and wine, Grocery, Informatica ed elettronica,

Merchandising, che hanno registrato in un solo anno, ovvero dal 2014 al 2015 un

aumento di fatturato del +24 %, e i servizi, come: Assicurazioni, Couponing di servizi,

Ricariche, Ticketing per eventi, Turismo, con un aumento del +8%.

Figura 50: Andamento delle vendite eCommerce B2c nei prodotti e servizi (2014-2015) in Italia. Fonte: ’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management Politecnico di Milano

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Analizzando la ripartizione delle vendite eCommerce B2c per tipologia di player, si può

notare che il peso delle Dot Com è pari a 56% in crescita del 20% rispetto al 2014,

mentre quello dei retailer tradizionali è pari al 44%, in crescita del 9% rispetto all’anno

precedente.

Figura 51: La ripartizione delle vendite eCommerce B2c per tipologia di player in Italia.

Fonte: ’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management Politecnico di Milano

Analogamente a quanto proposto per lo scenario internazionale, i retailer e le Dot Com

sono stati classificati in base al settore merceologico in cui operano.

Sono stati considerati i seguenti settori merceologici:

� Abbigliamento

� Arredamento

� Alimentare

� Elettronica/Informatica

� Profumerie

Questa suddivione è significativa in quanto le priorità di investimento per il futuro di

queste due tipologie di impresa cambiano in funzione del settore.

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5.1.2. Classificazione dei service provider

Le startup che sono state censite nella categoria service provider offrono ai retailer

soluzioni innovative a supporto dell’attività di vendita, dei processi interni, dei processi

di gestione della supply chain e dell’omnicanalità; operano quindi in ambito B2b.

Le soluzioni tecnologiche innovative sviluppate dai service provider possono soddisfare

l’obiettivo del miglioramento dell’efficacia del processo di aquisto in punto vendita

oppure quello della progettazione di processi più efficienti.

Un terzo obiettivo che può essere soddisfatto dall’introduzione di innovazioni digitali è

quello di supportare il retailer nel percorso verso l’omnicanalità evoluta, che non può

fermarsi alla sola costituzione di un sito eCommerce, ma che deve portare all’utilizzo

integrato e congiunto di diversi canali (fisico, online e Mobile) per garantire al cliente

un’esperienza fluida e continua.

Si sono quindi classificati i service provider in funzione dei processi supportati in

ambito Retail. Tali processi sono stati suddivisi in tre macrocategorie:

• front-end: i processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita,

direttamente a contatto col cliente finale e possono essere suddivisi nelle tre fasi

che caratterizzano il processo di acquisto: pre-vendita, acquisto e pagamento,

post-vendita;

• back-end: i processi di back-end sono quelli che non prevedono un’interazione

con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi: processi di

relazione con i fornitori, processi di gestione del magazzino e processi

trasversali di gestione dei negozi;

• omnicanalità: in questa classe sono state raggruppate tutte le innovazioni digitali

a supporto dell’omnicanalità.

Il cluster di service provider che è stato mappato nelle varie fasi di front-end fornisce

innovazioni in grado di migliorare l’efficacia del processo di acquisto e di relazione con

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i clienti, al fine di ottimizzare la customer experience in punto vendita; gli obiettivi

perseguiti possono essere ad esempio l’aumento dei ricavi o del livello di servizio

percepito dal cliente.

Il secondo cluster di service provider mappato nel back-end fornisce innovazioni

orientate all’efficienza come ad esempio l’obiettivo di riduzione dei costi. Ma non solo:

nel caso di innovazioni implementate nei processi trasversali di gestione dei negozi,

esse possono indirettamente supportare anche il front-end, apportando

contemporaneamente benefici di efficacia ed efficienza. Si pensi ad esempio ai sistemi

CRM che vengono impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le

interazioni con i clienti. Le analisi ricavate dai sistemi CRM possono essere utilizzate

nelle campagne di marketing per creare messaggi promozionali sempre più personalizzati

ed efficaci, inviabili anche in real time tramite azioni di marketing di prossimità,

supportando quindi la customer experience e la brand awareness.

Il terzo cluster di service provider supporta il retailer con innovazioni relative

all’omnicanalità, conseguendo sia benefici in termini di efficacia, come ad esempio

l’aumento delle vendite rendendo il percorso d’acquisto disponibile su più canali (anche

da Tablet e Smartphone), sia benefici in termini di efficienza, come ad esempio la

riduzione dei costi di personale rendendo disponibili al cliente informazioni online.

5.2. Le tipologie di startup nazionali

Questo capitolo ha come scopo la presentazione dei risultati del censimento svolto a

livello nazionale con le relative considerazioni che si possono trarre dall’analisi dei dati

ricavati dalla ricerca.

Il cluster di analisi delle startup a livello nazionale, che operano nel settore Retail e che

apportano innovazioni digitali, è composto complessivamente da 56 startup.

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Le startup sono state suddivise in tre diverse tipologie di iniziative:

� i retailer, che hanno sviluppato al fianco del negozio fisico un sito eCommerce

sono 2 e costituiscono il 4% del totale;

� le Dot-Com, che vendono prodotti esclusivamente online con 19 aziende

costituiscono il 34% delle startup analizzate;

� i service provider, che offrono ai retailer soluzioni innovative, sono la categoria

di startup più numerosa e con 35 aziende costituiscono il 62% del campione

analizzato.

Graficamente la suddivisione tra tipologie di startup che hanno ricevuto finanziamenti

in ambito nazionale è la seguente.

Figura 52: Le tipologie di startup italiane.

62%

4%

34%

Dot Com

35

19

2

retailer

Base: 56 startup

service provider

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Sono state raccolte informazioni più dettagliate su un sottoinsieme di 37 startup relative

ai fondatori e alla loro distribuzione geografica in Italia.

Il 78% (29 startup) è stata fondata da un team di più persone, mentre il 22% (8 startup)

da un singolo.

Figura 53: I fondatori di startup italiane. Analizzando l’età media dei fondatori, si trova che il 51% (19 startup) ha tra i 30 e 40

anni, il 30% (11 startup) ha più di 40 anni e il 14% (5 startup) ha meno di 30 anni. Per 2

startup il dato non è disponibile.

Figura 54: Età media dei fondatori di startup italiane.

78%

22%

Singolo

Team

Base: 37 startup

+ 40 anni

30-40 anni

- 30 anni

Base: 37 startup

51%

30%

14% 5%

n.d.

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Dal punto di vista della distribuzione geografica delle startup italiane, si osserva che il

51% (19 startup) è stata fondata nella zona Nord (9 in Lombardia, 6 in Veneto, 3 in

Piemonte e 1 in Friuli Venezia Giulia); il 33% (12 startup) nella zona Sud e Isole (3 in

Sardegna, 3 in Campania, 2 in Calabria, 2 in Sicilia, 1 in Puglia e 1 in Abruzzo) e il

16% (6 startup) in zona Centro (4 in Lazio e 2 in Toscana).

Figura 55: Distribuzione geografica delle startup italiane.

5.3. Retailer

I retailer, presi in considerazione nell’analisi, sono degli esercenti che hanno sviluppato

al fianco del negozio fisico un sito eCommerce B2c.

L’innovazione digitale di queste startup è costituita sostanzialmente dall’aver affiancato

al punto vendita un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita dei prodotti al

consumatore. I finanziamenti ricevuti sono utili a creare il canale di vendita online.

I retailer considerati costituiscono il 4% della totalità delle startup (2 aziende), operano

entrambi nel settore Alimentare e sono:

• Primo Taglio: startup del Gruppo Amodio, nata nel 2014 che si occupa della

vendita e della consegna a domicilio di prodotti alimentari freschi italiani; ha

ricevuto un finanziamento di importo pari a 1.5 mln €. In termini di fatturato,

51%

33%

16%

Nord

Sud e Isole

Centro

Base: 37 startup

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l’obiettivo è quello di raggiungere 15 mln € di ricavi in 2/3 anni. Si tratta dunque

di un retailer che ha affiancato al negozio offline un canale eCommerce nel

mercato food con: un approccio multicanale integrato, con particolare attenzione

al Mobile; una logistica integrata fino all’ultimo miglio che consente di

consegnare prodotti freschissimi a casa del consumatore; una strategia di

comunicazione aggressiva, in cui i canali Social saranno utilizzati per attività di

engagement e per la gestione del customer service (l’investimento in

comunicazione per il progetto è di diverse centinaia di migliaia di euro, di cui il

70% è stato dedicato alle operazioni di promozione digital).

• Eataly Net: startup nata nel 2012 che si occupa della vendita di prodotti

alimentari italiani di alta qualità. La start-up è partecipata al 60% da Eataly, al

30% dal fondo di venture capital 360 Capital Partners e al 10% da Franco

Denari, Amministratore Delegato della società, ed è partita con un investimento

iniziale di 2,5 mln € nel 2013. I dati pubblicati sono 60 mila ordini, 300 mila

utenti al mese, 30 milioni di pagine viste nel 2014 solo per il sito italiano, a cui

si aggiungono 25 mila ordini e 10 milioni di visite se si considera il sito dedicato

agli Stati Uniti. Per un totale di oltre 5 milioni di fatturato global. Gli aspetti

curati maggiormente, data la tipologia di iniziativa, sono: la logistica,

particolarmente importante per la consegna di prodotti alimentari; l’ ottica

omnicanale, con strategie di marketing tramite Social Network, la possibilità di

acquistare direttamente dal cellulare tramite il sito Mobile e l’ App per

smartphone; l’uso della geolocalizzazione per veicolare le offerte ai clienti o

segnalare eventi; la sinergia tra canale online e negozi fisici molto stretta,

soprattutto per quello che riguarda il coinvolgimento del cliente (ad es. a chi

acquista online viene offerto un voucher per partecipare a uno dei corsi di cucina

che si tengono nei negozi).93

93 http://www.digital4.biz/executive/interviste/cibo-e-vino-online-eataly-alla-conquista-del-mondo_43672151825.htm

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5.4. Dot Com

La seconda tipologia di startup considerata è quella delle Dot Com: sono aziende che

vendono prodotti esclusivamente online, sono quindi privi di una rete fisica di negozi e

si rivolgono direttamente al consumatore finale (ambito B2c).

I finanziamenti ricevuti sono principalmente rivolti al potenziamento della vendita

online e l’innovazione digitale di questa tipologia di startup è costituita unicamente

dalla presenza di un canale eCommerce attraverso cui vendere i prodotti. La loro finalità

non è dunque quella di aiutare i retailer nell’introduzione di soluzioni tecnologiche

innovative.

Sono state incluse nel censimento in quanto il trend delle vendite online non ha smesso

di crescere nemmeno nel recente periodo di crisi economica, il fatturato della vendita di

prodotti-servizi da siti eCommerce è in costante crescita in Italia e le Dot Com

dominano questo scenario rispetto ai retailer tradizionali.

Le Dot Com sono state classificate in base al settore merceologico in cui operano: la

maggior parte opera prevalentemente nel settore Abbigliamento (9 aziende pari al 47%),

seguito da quello Alimentare (4 aziende pari al 21%) e Arredamento (4 aziende pari al

4%).

L’11% (2 startup) vende prodotti appartenenti a più categorie merceologiche.

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Figura 56: Classificazione delle Dot Com per settore merceologico a livello nazionale. In media negli ultimi quattro anni, le Dot Com hanno ricevuto un finanziamento medio

pari a 1,9 mln $.

Analizzando il trend di nascita di questa tipologia di startup, si ha che il 32% delle Dot

Com analizzate è nato nel 2013 (6 aziende), il 32% nel 2012 (6 aziende), il 21% nel

2011 (4 aziende) e il 15% nel 2010 (3 aziende).

Per il ranking per finanziamento ricevuto, consideriamo le startup che hanno ricevuto un

finanziamento maggiore di 1 mln €:

1. LoveTheSign - Arredamento - 2012 - 5,4 mln $

2. Ulaola- Abbigliamento - 2011 - 5,1 mln $

3. PrivateGriffe- Abbigliamento - 2012 - 3,9 mln $

4. Cortilia - Alimentare - 2010 - 2,1 mln $

5. eBOOX - Arredamento - 2011 - 1,9 mln $

6. Buru Buru - Arredamento - 2012 - 1,8 mln $

7. DrexCode - Abbigliamento - 2013 - 1 mln $

47%

21%

21%

11%

Abbigliamento

Arredamento

Alimentare

Base: 19 startup

Tutti

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Vengono presentate nel dettaglio le più interessanti:

Ulaola è una startup partecipata dall’incubatore certificato Digital Magics che aggrega

prodotti Made in Italy, selezionati attraverso l’accordo con Confartigianato,

costituendosi quindi come un intermediario tra artigiani e piccole aziende e il mondo

dell’eCommerce; attualmente le piccole imprese italiane che vendono online

costituiscono solo l’8%, a fronte della media europea del 20%. Questa startup ha

recentemente siglato un accordo con Amazon, per entrare nel progetto Amazon“Made

in Italy”, una nuova vetrina di Amazon.it e Amazon.co.uk interamente dedicata alle

startup e alle piccole medie imprese artigiane con filiera di produzione interamente

italiana.

PrivateGriffe mette a disposizione degli utenti un sito eCommerce in cui è permesso

acquistare ma anche vendere e creare una community in cui scambiare opinioni e

consigli.

Cortilia è il primo eCommerce di prodotti alimentari a filiera corta nato prendendo

spunto da esperienze come i gruppi di acquisto solidale, i modelli di consumo

sostenibile e la green economy.

eBoox è una startup che include tre differenti progetti ognuno con un sito eCommerce

dedicato: Tannico nel mercato del vino, Shoppable nel design e home decor e Kidme

nel mercato degli articoli per bambini.

DrexCode ha creato una piattaforma online di noleggio di vestiti di lusso, che offre un

catalogo di abiti e accessori di fascia alta provenienti dalle ultime collezioni dei più

famosi marchi di moda.

5.5. Service provider

I service provider, che offrono ai retailer soluzioni innovative, sono la categoria di

startup più numerosa e con 35 aziende costituiscono il 62% del campione analizzato.

I service provider sono stati classificati in funzione dei processi supportati in ambito

Retail.

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Tali processi sono stati suddivisi in tre macrocategorie:

• front-end: i processi di front-end sono quelli che impattano sui processi di

interazione con il consumatore all’interno del punto vendita, agendo sulla

dimensione della customer experience;

• back-end: le innovazioni relative ai questa categoria di processi sono volte a

migliorare i processi gestionali e operativi, di relazione con i fornitori, di

gestione del magazzino e di gestione dei negozi;

• omnicanalità: sono i processi che supportano i processi di interazione con il

consumatore attraverso nuovi canali.

In Italia i service provider che introducono innovazioni in ambito front-end sono i più

numerosi (15 aziende pari al 43%), a seguire i service provider che si occupano di back-

end (11 aziende, 31%) ed infine il supporto all’omnicanalità è il focus di 9 startup pari

al 26%.

Il grafico mostra la ripartizione a livello macro dei service provider tra le tre categorie

di riferimento.

Figura 57: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo supportato a livello nazionale.

43%

26%

31%

Front-end

Back-end

A supporto dell’ omnicanalità

Base: 35 startup

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Volendo fare una comparazione a livello di finanziamento medio ricevuto per ambito

applicativo, si può osservare come la categoria back-end, riceve il finanziamento medio

di importo più elevato: 3,2 mln $.

A seguire la categoria omnicanalità con 1,4 mln $ ed infine il front-end con 1,1 mln $.

Nel grafico è stato introdotto come riferimento il finanziamento medio ottenuto dalla

totalità dei service provider, pari a 1,9 mln $, evidenziando che il cluster back-end ha

ricevuto finanziamenti superiori alla media.

Figura 58: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello nazionale

suddivisi per ambito applicativo supportato.

5.5.1.Front-end

I processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita, direttamente a

contatto col cliente finale e le innovazioni introdotte in questo ambito hanno l’obiettivo

di migliorare l’efficacia del processo di acquisto e di relazione con i clienti, al fine di

ottimizzare la customer experience in punto vendita; gli obiettivi perseguiti possono

essere ad esempio l’aumento dei ricavi o del livello di servizio percepito dal cliente.

In Italia i service provider che introducono innovazioni in ambito front-end sono i più

numerosi (15 aziende pari al 43%).

3.2

1.9

1.4

1.1

Back-end

Media dei

finanziamenti

Omnicanalità

Front-end

Base: 35 startup (di cui è pubblica l’informazione sull’entità del finanziamento ricevuto)

mln $

mln $

mln $

mln $

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L’ambito front-end può essere suddiviso in tre sottofasi che rispecchiano la suddivione

del processo di acquisto: pre-vendita, acquisto e pagamento, post-vendita.

Di seguito saranno analizzate le innovazioni digitali di competenza di questa categoria

di processi che sono implementate dalle startup italiane.

Riportiamo brevemente la definizione delle innovazioni di front-end implementate dalle

startup italiane:

o Loyalty: Soluzioni digitali utilizzate per rafforzare la fedeltà dei clienti. Lo

strumento più diffuso è la Fidelity Card digitale, ovvero la tessera

dematerializzata che dà l’opportunità al cliente di usufruire di agevolazioni,

sconti esclusivi o premi. Fase: post-vendita.

o Sistemi di couponing digitali: Codici promozionali inviati dal retailer ai propri

clienti tramite email, sms o App. Il cliente, esibendo alla cassa il codice che gli è

stato inviato, ottiene uno sconto sui prodotti. Fase: pre-vendita.

o Stampanti 3D: Dispositivi in grado di realizzare qualsiasi modello

tridimensionale mediante un processo di produzione additiva, ovvero partendo

da un oggetto disegnato tramite software e replicandolo nel mondo reale con

l’ausilio di appositi materiali.

o Sistemi di cassa Evoluti o Mobile POS: Tablet, integrati con il Mobile POS,

per permettere ai clienti di pagare i prodotti acquistati direttamente all’assistente

vendite, senza dirigersi alla barriera casse. Fase: vendita - pagamento.

o Vetrine Smart: Sistemi utilizzati per la comunicazione di prossimità, installati

di norma all’esterno del punto vendita, che hanno lo scopo di invogliare le

persone ad entrare in negozio e di promuovere la vendita attraverso i contenuti

veicolati. Fase: pre-vendita.

o Sistemi di indoor positioning: sfruttano le tecnologie di micro-

geolocalizzazione tramite applicazioni quali ad esempio iBeacon per inviare

notifiche push sullo smartphone dei clienti con l’obiettivo di invogliarli ad

entrare nel punto vendita; guidano i visitatori all’interno del negozio e

collezionano informazioni relative alle abitudini dei consumatori in punto

vendita. Fase: pre-vendita.

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o Camerini Smart: Soluzioni che consentono al cliente di indossare virtualmente

vestiti ed accessori. Tali sistemi consentono inoltre al cliente di visualizzare

l’intera collezione di abiti disponibili, spesso suggerendo abbinamenti o prodotti

simili a quello selezionato. Fase: pre-vendita.

o Sistemi di self scanning. Device utilizzati dai clienti per leggere i codici a barre

dei prodotti selezionati e inseriti nel carrello. Di recente sono stati introdotti

strumenti in grado di rilevare, tramite scansione del codice a barre, anche gli

ingredienti che compongono i prodotti. Fase: vendita - acquisto.

Si riscontra che la maggior parte delle startup nazionali operanti in ambito front-end si

occupa di loyalty (4 aziende pari al 28% ), seguite da sistemi di couponing digitali (3

aziende, pari al 20%) , da stampanti 3D (2 aziende pari al 14%) e sistemi di cassa

evoluti (2 aziende pari al 14%); a seguire vetrine Smart, sistemi di indoor positioning,

camerini Smart e self scanning (ciascuna categoria costituita da 1 azienda, pari al 6%).

Graficamente:

Figura 59: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello nazionale. Si confermano alcune osservazioni già effettuate nel censimento internazionale. Le

categorie di innovazioni maggiormente implementate nello scenario internazionale sono

28%

20%14%

14%

6%

6%

6%

6%

Base: 15 startup (1,1 mln $/startup)

sistemi di couponing digitali

(1,2 mln $/startup)

sistemi di loyalty (0,8 mln $/startup)

stampanti 3D (0,4 mln $/startup)

sistemi di indoor positioning (0,4 mln $/startup)

sistemi di cassa evoluti (3,3 mln $/startup)

vetrine Smart (0,8 mln $/startup)

camerini Smart

sistemi di self scanning (0,5 mln $/startup)

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presenti anche nelle startup nate nel nostro Paese e sono: sistemi di cassa evoluti,

sistemi di couponing digitali, sistemi di loyalty e indoor positioning.

Anche in Italia, il finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle

startup che si occupano di cassa evoluta (3,3 mln $).

5.5.2.Back-end

Le soluzioni innovative in ambito back-end hanno lo scopo di ottimizzare i processi che

non prevedono un’interazione con il cliente finale, garantendo in tal modo una riduzione

dei costi e una gestione più efficiente degli investimenti. I processi di back-end si

possono suddividere in tre sottogruppi: processi di relazione con i fornitori, processi di

gestione del magazzino e processi trasversali di gestione dei negozi.

All’interno di ogni sottogruppo di processi riportiamo brevemente le innovazioni

implementate dalle startup italiane:

o Sistemi di business intelligence: Sistemi che si propongono di esplorare i dati

per ricavare informazioni e conoscenze utilizzabili nel corso dei processi

decisionali, mediante logiche di estrazioni flessibili, metodologie di analisi e

modelli matematici di predizione e di ottimizzazione. Cluster: processi

trasversali di gestione dei negozi.

o Sistemi di tracciamento dei prodotti (Rfid – Radio Frequency

Identification): Sistemi che consentono di tracciare i prodotti lungo la catena

distributiva. In particolare, l’RFId viene adottato per l’identificazione automatica

dei prodotti attraverso l’utilizzo di segnali radio. Cluster: processi di gestione del

magazzino.

o EDI – Electronic Data Interchange Sistemi, basati su appositi protocolli di

comunicazione che consentono il trasferimento di informazioni e documenti in

formato elettronico tra imprese appartenenti alla stessa supply chain. Cluster:

processi di relazione con i fornitori.

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o Sistemi ERP (Enterprise Resource Planning) Sistemi che permettono di

gestire in modo integrato i dati provenienti da tutte le funzioni interne di

un’azienda come la produzione, gli acquisti, le vendite, l’amministrazione, la

finanza e le risorse umane. Cluster: processi trasversali di gestione dei negozi.

Si riscontra che la maggior parte delle startup nazionali operanti in ambito back-end si

occupa di sistemi di business intelligence (7 aziende pari al 64%), seguite da sistemi di

tracciamento dei prodotti - Rfid (2 aziende, pari al 18%), da EDI (1 azienda pari al 9%)

e sistemi ERP (1 azienda pari al 9%). Graficamente:

Figura 60: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello nazionale. Dalla ricerca effettuata si riscontra che le innovazioni digitali più importanti sia in

termini di numerosità che per importo di finanziamento medio ricevuto (4,7 mln $) sono

sistemi di business intelligence, appartenenti al terzo cluster, a supporto dei processi

trasversali o di gestione dei negozi, analogamente a quanto evidenziato nell’analisi

internazionale, dove le innovazioni di back-end più numerose e maggiormente

finanziate erano CRM, ERP e business intelligence.

64%

18%

9%

9%

Base: 11 startup (3,2mln$/startup)

sistemi di tracciamento dei prodotti - RFId

(0,9 mln $/startup)

sistemi di business intelligence

(4,7 mln $/startup)

sistemi ERP (0,5 mln $/startup)

EDI (0,05 mln $/startup)

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5.5.3.Omnicanalità

In quest’ultimo cluster relativo ai service provider, sono state mappate le startup che

introducono innovazioni digitali in ambito Retail e a supporto dell’omnicanalità.

Le innovazioni considerate in questa categoria sono quattro e vengono riportate

brevemente per rendere più fruibili le considerazioni fatte in seguito.

o Sito informativo: sito la cui finalità è la presentazione dell’azienda e fornire

informazioni utili per la visita in store (es. orari di apertura e indirizzo, elenco

dei punti vendita, promozioni in corso,…).

o Sito eCommerce: sito che consente l’acquisto di prodotti, eventualmente la

personalizzazione, la scelta della modalità di pagamento,…

o App/Mobile site: hanno le stesse funzionalità dei siti informativi o eCommerce,

ma sono ottimizzati per la visualizzazione e la fruizione dei contenuti tramite

dispositivi mobili (Tablet e Smartphone).

o Sistemi Social: sono i principali social network (Facebook, Twitter, YouTube,

Google+, Instagram, Pinterest) sui quali l’azienda retailer è presente, promuove

e pubblicizza i propri articoli.

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Dalla ricerca effettuata relativa alle realtà italiana si riscontra che la maggior parte delle

startup operanti in ambito omnicanalità si occupa di sistemi Social (4 aziende pari al

45%); a seguire siti informativi (3 aziende pari al 33%); a seguire App/Mobile site (1

azienda pari all’11%) ed infine siti eCommerce (1 azienda pari al 11%).

Figura 61: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello nazionale.

Come già anticipato dal grafico precedente, il finanziamento medio di importo maggiore

è stato ricevuto dalle startup che si occupano di siti informativi (2,2 mln $), seguiti da

siti eCommerce (1,4 mln $), sistemi Social (1,0 mln $) e App/Mobile site (1,0 mln $).

Analogamente a quanto osservato per il censimento internazionale, l’innovazione a cui

si dedicano la maggior parte delle startup nella categoria omnicanalità è quella dei

sistemi Social. Però mentre nello scenario internazionale questa innovazione è anche

quella maggiormente finanziata con un finanziamento medio pari a 3,3 mln $/startup,

nello scenario italiano l’attenzione degli investitori non si è ancora focalizzata in

quest’ambito. Tuttavia le startup italiane che si occupano di quest’innovazione sono le

più numerose della categoria e sono nate recentemente, dopo il 2013, per cui si può

affermare che anche in Italia si è compresa la potenzialità degli strumenti Social per la

gestione della relazione con i propri clienti.

45%

33%

11%

11%

Base: 9 startup (1,4mln$/startup)

siti informativi (2,2mln $/startup)

sistemi Social (1,0 mln $/startup)

App/Mobile site (1,0 mln $/startup)

siti eCommerce (1,4 mln $/startup)

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5.5.4.Ranking per finanziamento ricevuto

Analizziamo ora quali sono le dieci startup italiane che hanno ottenuto il maggior

importo dai finanziatori:

1. Decisyon - service provider - back-end - business intelligence - 27 mln $

2. DoveConviene - service provider - omnicanalità - sito informativo - 11 mln $

3. Jusp - service provider - front-end - sistemi di cassa evoluta - 6,3 mln $

4. LoveTheSign - Dot Com - 5,4 mln $

5. Ulaola - Dot Com - 5,1 mln $

6. Private Griffe - Dot Com - 3,9 $

7. Risparmio Super - service provider - omnicanalità - sito informativo - 3,5 mln $

8. BeMyEye - service provider - omnicanalità - App/Mobile site - 2,8 mln $

9. Altilia - service provider - back-end - business intelligence - 2,6 mln $

10. Eataly Net - retailer - 2,5 mln $

11. Cortilia - Dot Com - 2,1 mln $

12. Promoqui - service provider - front-end - coupon digitali - 2 mln $

13. eBoox - Dot Com - 1,9 mln $

14. Buru Buru - Dot Com - 1,8 mln $

15. Kuldat - service provider - back-end - business intelligence - 1,7 mln $

16. Vivocha - service provider - front-end - sistemi di loyalty - 1,5 mln $

17. Primo Taglio - retailer - 1,5 mln $

18. Affaredelgiorno - service provider - front-end - coupon digitali - 1,4 mln $

19. WIB - service provider - omnicanalità - sito eCommerce - 1,35 mln$

Classificando le startup italiane in base all’importo totale del finanziamento ricevuto, si

osserva come tra le prime 10 ci siano 3 Dot Com e un retailer: le Dot Com sono

LoveTheSign al 4° posto con 5,4 mln $, Ulaola al 5° posto con 5,1 mln $ e Private

Griffe al 6° con 3,9 mln; il retailer in 10a posizione con 2,5 mln $ è Eataly Net. Quindi

considerando le prime 10 posizioni, il 40% delle aziende finanziate non introducono

innovazioni digitali, se non siti eCommerce per il commercio online.

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Passando a considerare i soli service provider nel ranking, osserviamo come i primi 10

service provider per importo di finanziamento ricevuto occupano posizioni comprese tra

la prima e la diciannovesima.

Tre di essi si occupano di sistemi di business intelligence (Decisyon al 1° posto con 27

mln $, Altilia al 9° posto con 2,6 mln $ e Kuldat al 15° con 1,7 mln $ ). I sistemi di

business intelligence sono le uniche innovazioni di back-end che si trovano tra i primi

10 service provider.

Particolare attenzione merita la startup Decisyon che occupa il podio tra le startup

italiane finanziate, con ben 27 mln $ di finanziamento ricevuto: nata a Latina, si occupa

di business intelligence con l’obiettivo di analizzare i driver che condizionano le

performance dei retailer, in modo da ottimizzare i processi decisionali, grazie a un

soluzione unificata con un sistema di collaborazione, di decision making e di gestione

delle attività transazionali. Ha ricevuto il cospicuo finanziamento dal fondo Axel

Johnson assieme ad altri nove soggetti statunitensi e inglesi.

Altilia , che è ospitata all’interno di TechNest, l’incubatore di imprese dell’Università

della Calabria, sviluppa tecnologie semantiche capaci di estrapolare conoscenza, in

automatico e real time, dall’enorme mole di dati contenuta in pagine web e documenti

elettronici condivisi in Internet e nelle intranet aziendali. Attualmente la startup ha

chiuso tre rilevanti accordi, rispettivamente per fraud detection, price inteligence e

semantic searching nel settore eCommerce, per operatori del calibro di Banzai e ICE

(Istituto per il Commercio Estero).

Kuldat è una piattaforma web di marketing intelligence dedicata alla ricerca e all’analisi

del mercato, che vuole aiutare le aziende a far crescere il proprio business, intercettando

per loro le direzioni di sviluppo più favorevoli, ampliando la loro clientela, migliorando

le strategie di vendita del prodotto.

Altra startup che si occupa di business intelligence da citare perché focalizzata

esclusivamente sul settore Retail, anche se non rientra tra le prime dieci finanziate, è

Pathflow che analizza il comportamento del cliente all’interno del punto vendita per

misurare quantitativamente la customer experience.

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Tra i primi dieci service provider finanziati, le startup che introducono innovazioni di

front-end sono quattro (Jusp al 3° posto con 6,3 mln $, Promoqui al 12° posto con 2

mln $, Vivocha al 16° posto con 1,5 mln $ e Affaredelgiorno al 18° posto con 1,4 mln

$).

Jusp si occupa di sistemi di cassa evoluta, è attualmente incubata al PoliHub e sviluppa,

accanto al Mobile POS, dei servizi aggiuntivi, quali la rendicontazione in tempo reale,

la gestione dei prodotti, dei clienti e dei dipendenti. Ha appena siglato un accordo

strategico con Fastweb per distribuire attraverso la rete del gruppo di Tlc il proprio

prodotto.

Tre delle startup della categoria front-end si occupano di sistemi di couponing digitali:

Promoqui e Affaredelgiorno. Quest’ultima ha introdotto un’innovazione nel formato dei

buoni sconto erogati, permettendo di salvarli sul proprio Smartphone per essere

utilizzati una volta arrivati in cassa o di caricarli sulla Carta fedeltà del proprio

supermercato.

L’ultima startup della categoria front-end è Vivocha che si occupa di sistemi di loyalty:

ha sviluppato una piattaforma totalmente cloud in grado di aiutare i clienti a migliorare i

propri processi di vendita o assistenza online, interagendo via chat, call-back, video e

VoIP con i clienti.

Si segnala che l’unica startup italiana che implementa sistemi di indoor positioning,

innovazione di forte interesse a livello internazionale, riceve 400 mila $ di

finanziamento e si colloca al 40° posto tra le startup in generale e al 26° posto

considerando solo i service provider: GiPSTech. Questa startup si occupa di

geolocalizzazione indoor colmando le lacune di Wi-Fi, beacon e IoT integrandoli in un

sistema che punta sul geomagnetismo terrestre, un’innovazione radicale che abiliterà

nuovi servizi agli utenti e alle aziende, in quanto conoscendo con precisione come si

muove un utente od un oggetto si potranno erogare servizi ed analizzare utilmente i dati

raccolti nei più svariati settori.

Tra i primi dieci service provider finanziati, le startup che introducono innovazioni a

supporto dell’omnicanalità sono quattro (DoveConviene al 2° posto con 11 mln $,

Risparmio Super al 7° posto con 3,5 mln $, BeMyEye all’8° posto con 2,8 mln $ e WIB

al 19° posto con 1,35 mln $).

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Le prime due startup della categoria sviluppano siti informativi. DoveConviene ha

sviluppato una piattaforma digitale che costituisce un'edicola digitale geolocalizzata che

rende disponibili volantini e cataloghi dei principali retailer e brand di ogni categoria

permettendo il confronto di offerte e prezzi; nell’ultimo anno l’utenza è in crescita del

40% e 200 top brand hanno investito per essere presenti nella piattaforma. Risparmio

Super sviluppa un sito informativo che permette di risparmiare sulla spesa grazie al

confronto dei prezzi e delle offerte.

BeMyEye offre un App utilizzabile da lavoratori in crowdsourcing che possono visitare

migliaia di negozi in Italia e fornire informazioni utili per le aziende in tempo reale

(valutazione dei punti vendita, controllo scaffali, mistery shopping, controllo hostess,

personale di vendita) abbattendo i costi di trasferta e consentendo rilevazioni multiple.

WIB ha concepito un distributore completamente automatico, dal quale i consumatori

possono acquistare attraverso l’interfaccia touch-screen o attraverso la piattaforma

eCommerce, ritirando l’oggetto presso il distributore; i metodi di pagamento sono

svariati (carte di credito, di debito, Paypal, Nfc).

Si citano inoltre, anche se non rientrano tra le prime dieci finanziate, due startup della

categoria omnicanalità che si occupano di sistemi Social, l’innovazione più sviluppata

nell’omnicanalità, la cui importanza è confermata anche a livello internazionale:

Datalytics, che monitora la reputazione del brand sui Social Network e Buzzoole, che

migliora le campagne di marketing sfruttando i Social.

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6. Conclusioni

Il presente elaborato nasce con l’obiettivo di evidenziare il ruolo chiave che le aziende

startup assumono nell’introduzione dell’innovazione nel settore Retail. Lo studio si è

articolato attraverso un censimento a livello internazionale attingendo da database

online specializzati in startup e focalizzandosi successivamente sulla situazione italiana,

in modo da fotografare il livello di collaborazione tra big player e startup nello scenario

mondiale ed evidenziare le principali differenze riscontrate nell’analogo rapporto nel

nostro Paese.

La motivazione di tale ricerca è da ricondurre all’importanza che l’innovazione digitale

ha assunto in questi ultimi anni. Investire in digital transformation è ormai divenuto un

imperativo urgente anche per settori tradizionali dell’economia come il Retail. La

collaborazione con le startup può favorire e rendere più agile il processo di innovazione

all’interno di organizzazioni complesse e di dimensione elevata.

Nel primo capitolo, dopo aver fornito una definizione del settore Retail a cui si è rivolta

la ricerca, si è contestualizzato il recente scenario socioeconomico e il cambiamento

della figura del consumatore.

La situazione economica internazionale è stata caratterizzata negli ultimi anni da una

profonda crisi economica con conseguente riduzione nei consumi e calo drastico della

domanda. Durante l’anno corrente ha iniziato a manifestarsi la prospettiva di una ripresa

sostenibile, anche se a livello di potere di acquisto reale non si è ancora tornati ai valori

pre-crisi. In particolare nel settore Retail, anche l’offerta ha subito sostanziali modifiche

che hanno introdotto una complessità gestionale prima inesistente: da un lato il continuo

ampliamento della gamma dei prodotti in vendita, dall’altro una costante riduzione del

loro ciclo di vita.

L’evoluzione tecnologica ha poi rivoluzionato la figura del consumatore che ora assume

un ruolo sempre più attivo nel processo di acquisto. Il cliente è sempre più connesso e

digitale grazie alla diffusione dei dispositivi Mobile che condizionano sempre più fasi

del processo di acquisto.

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In un contesto così complesso e mutevole, l’introduzione e lo sviluppo di innovazione

digitale può apportare benefici ai retailer sia in termini di efficacia dell’azione di

vendita, sia in termini di efficienza dei processi operativi e gestionali.

Nel secondo capitolo si è passati a definire l’oggetto dell’analisi: la startup, definendone

le fasi di nascita e di sviluppo e le varie figure di finanziatori coinvolti nel suo sostegno.

Affinché una startup possa contribuire alla crescita del Paese in cui opera è necessario

che il sostegno a livello economico apportato dagli investitori porti alla formazione di

un’impresa economicamente sostenibile, in grado di entrare e stare nel mercato,

vendere, fatturare riuscendo a coprire l’ammontare dei costi, generare ricavi e posti di

lavoro e lo riesca a fare in definitiva in maniera autonoma. Il modo in cui questo

processo avviene è fortemente influenzato dall'ecosistema esistente nel Paese di

riferimento. Le politiche pubbliche introdotte dai vari Paesi in un quadro sia Europeo,

che internazionale hanno permesso a ciascun Paese di sviluppare e rafforzare il proprio

sistema imprenditoriale, cercando meccanismi diretti ad incentivare lo sviluppo di

nuove attività. Leader incontrastato dell’innovazione e dell’alta tecnologia restano gli

Stati Uniti che da anni possono contare su solidi rapporti tra Università e imprese e su

un sistema normativo che favorisce e incentiva la nascita di nuove realtà

imprenditoriali. Solo dal 2012 le startup vengono riconosciute ufficialmente dalla

legislazione italiana, introducendo un serie di interventi normativi che mirano a

favorirne la nascita e la crescita. A tre anni dall’introduzione di tali interventi, i risultati

sono positivi ed incoraggianti, anche se la strada da percorrere è ancora lunga per

arrivare ai livelli raggiunti da altri Paesi con una cultura orientata alle startup già ben

radicata.

Il motivo per cui l’attenzione del mondo economico si è progressivamente accesa sullo

scenario delle startup è il fatto che negli ultimi anni siano state portatrici di innovazione,

che prima era unicamente appannaggio della grandi aziende, dotate di dipartimenti di

Ricerca&Sviluppo predisposti e aventi a disposizione budget, strumenti e risorse

necessari a creare qualcosa di nuovo. Il crescente grado di incertezza del mondo

economico ha fatto in modo che attualmente siano proprio le startup ad avere le

caratteristiche più favorevoli alla creazione di innovazione: queste realtà imprenditoriali

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sono più flessibili e maggiormente predisposte al cambiamento rispetto alle grandi

imprese; inoltre data la loro natura intrinsecamente ad alto rischio, non hanno paura del

fallimento, che anzi assume un’accezione positiva in quanto strumento fondamentale

per imparare dagli errori, evolversi e avere successo.

Diventa quindi un imperativo per i big player anche di settori tradizionali, come il

Retail, monitorare ed entrare in contatto con le startup, non solo per difendersi da una

potenziale riduzione del proprio ruolo nel mercato di riferimento, ma anche e soprattutto

per sostenere chi è in grado di reimmaginare in chiave digitale processi, servizi, logiche,

prodotti e modalità di consumo. La disruptive innovation di cui le startup sono portatrici

non consiste unicamente nello sviluppare soluzioni tecnologiche innovative da

introdurre nel mercato, ma ha un’accezione più radicale che implica la creazione di

business model totalmente innovativi e rivoluzionari capaci di far perdere di significato

ad intere aree di business, perché in grado di soddisfare in modo diverso e a costi spesso

irrisori le funzionalità che le caratterizzavano.

Creare un solido e continuativo rapporto di collaborazione tra startup e big player non

porta vantaggi solo a quest’ultimi. La startup che sviluppa l’idea vincente deve imparare

a “fare impresa” e quindi a gestire il successo che l’innovazione introdotta ha portato.

Nel far questo può ricevere supporto in termini di competenze per il trasferimento

tecnologico, strutture e asset, entrando in contatto con le aziende consolidate che già li

possiedono. Ne consegue che la startup e la grande azienda possono rappresentare una

per l'altra una preziosa risorsa.

Nel terzo capitolo è stata introdotta la classificazione dei processi Retail e la descrizione

delle relative innovazioni digitali, su cui è stata poi effettuata la mappatura delle startup

censite. Le innovazioni digitali apportano infatti benefici diversi a seconda del processo

Retail in cui vengono implementate.

Innovazioni introdotte in ambito front-end impattano sulla percezione del cliente e sulla

customer experience e perseguono obiettivi di efficacia del processo di acquisto. Le

soluzioni innovative in ambito back-end hanno lo scopo di ottimizzare i processi che

non prevedono un’interazione con il cliente finale, quali i rapporti con i fornitori o la

gestione del magazzino, garantendo in tal modo una riduzione dei costi e una gestione

più efficiente degli investimenti. In ambito back-end rientrano anche le innovazioni a

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supporto dei processi trasversali o di gestione dei negozi, orientate a migliorare la

gestione delle informazioni e a supportare i processi decisionali.

Infine sono state considerate anche le innovazioni a supporto dell’omnicanalità, che

comprendono le iniziative digitali per interagire con la clientela sempre più connessa e

digitalizzata.

Nel quarto paragrafo sono stati presentati i risultati del censimento condotto tra le

startup a livello internazionale. Nel mondo sono diversi i top retailer che hanno iniziato

a collaborare con le startup attraverso varie forme: acquisizione o partnership con esse o

la costituzione di incubatori e acceleratori di impresa. Il censimento ha individuato 954

startup a livello internazionale che sono state suddivise in tre categorie: i retailer stessi e

le Dot Com che insieme costituiscono il 30% del campione esaminato e i service

provider che offrono soluzioni digitali ai retailer.

I retailer tradizionali rappresentano il 3% delle aziende censite e hanno ricevuto

finanziamenti per sviluppare a fianco dei negozi fisici un sito eCommerce B2c. La

maggior parte è stata fondata negli Stati Uniti e opera nel settore Abbigliamento. Le Dot

Com, ovvero i retailer online privi di una rete fisica, costituiscono da sole il 27% del

campione e hanno ricevuto un finanziamento per potenziare la vendita online; anche la

maggior parte delle Dot Com è attiva nel settore Abbigliamento.

I service provider costituiscono il 70% del campione analizzato e sono stati raggruppati

in funzione della soluzione tecnologica offerta. Tra le innovazioni introdotte in ambito

back-end, che sono le più numerose, vengono proposti: sistemi di CRM per la gestione

delle informazione sulla clientela, per la creazione di campagne di marketing e l’offerta

di software di marketing automation; sistemi di business intelligence; sistemi ERP per

la gestione ottimizzata di tutti i processi aziendali e sistemi di planning per la

pianificazione della domanda e dell’offerta. Tra le soluzioni a supporto della customer

experience nel front-end assumono particolare rilevanza i sistemi di cassa evoluta

(MobilePOS) e i sistemi di indoor positioning. Infine a supporto dell’omnicanalità le

startup analizzate si concentrano principalmente sullo sviluppo di programmi Social con

campagne di marketing tramite Social Network o monitoraggio della reputazione.

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Nell’ultimo capitolo della trattazione sono stati presentati i risultati del censimento

relativo alle startup in ambito Retail presenti in Italia. Sono state individuate

complessivamente 56 aziende, 19 Dot Com finanziate e 37 startup che operano in

ambito innovazione digitale e hanno ricevuto finanziamenti da investitori istituzionali

negli ultimi quattro anni: di queste 37, 2 sono retailer tradizionali che hanno ricevuto un

finanziamento per lanciare il sito eCommerce e 35 sono service provider (31% nel back-

end, 43% nella customer experience in punto vendita e 26% a supporto

dell’omnicanalità). Nel back-end le soluzioni più offerte riguardano sistemi di business

intelligence per l’analisi del comportamento dei clienti in negozio e per l’analisi dei

driver che condizionano le performance del retailer. Nella customer experience in

negozio, le principali soluzioni offerte sono i sistemi per l’accettazione di couponing e

di loyalty con startup che organizzano programmi fedeltà personalizzati per i propri

clienti. Nell’omnicanalità troviamo invece programmi Social, con startup che

monitorano la reputazione del brand sui Social Network o migliorano le campagne di

marketing sfruttando i Social.

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