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POLITECNICO DI MILANO
Facoltà di Ingegneria Industriale e dell’Informazione Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale
Il ruolo delle startup nell'introduzione dell'innov azione digitale nel settore Retail
Relatore: Prof.Alessandro Perego Correlatori: Ing.Valentina Pontiggia
Ing.Federico Canavesi
Tesi di laurea di:
Claudia Frigerio
matricola 799487
Anno accademico: 2014-2015
2
3
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno contribuito
alla realizzazione di questa tesi:
il Prof. Alessandro Perego per avermi dato l’opportunità di svolgere questa tesi,
l’Ing. Valentina Pontiggia e l’Ing. Federico Canavesi
per il supporto e i preziosi consigli.
Un ringraziamento particolare va inoltre:
a mio marito Luca, a mio figlio Francesco,
ai miei genitori e a mia sorella Valentina.
4
Indice
Abstract 10
Executive Summary 11
I. Scenario e analisi della letteratura 11
II. Obiettivi 13
III. Metodologia 14
IV. Risultati e conclusioni 15
IV.I. Il contesto e le trasformazioni in atto 15
IV.II Le startup 16
IV.III. La classificazione dei processi e la mappatura delle innovazioni in
ambito Retail 17
IV.IV. La creazione di valore da parte delle startup per i retailer 22
1. Il contesto Retail 35
1.1. Definizione di Retail 35
1.2. Crisi, calo drastico dei consumi e lenta ripresa 38
1.2.1. Le conseguenze della crisi in Italia 41
1.2.2. Analisi dei consumi delle famiglie 44
1.3. La digitalizzazione del consumatore 46
1.3.1. Internet e l’eCommerce 47
1.3.2. Le nuove tecnologie: Smartphone, Tablet e il Mobile Commerce
50
1.3.3. L’evoluzione del consumatore multicanale 52
1.3.4. Social Network, InfoCommerce e Showrooming 54
2. Le startup 58
2.1. Definizione di startup 58
2.2. Il ciclo di vita delle startup 60
5
2.3. Il finanziamento di una startup 62
2.4. I finanziatori delle startup 64
2.4.1. I Business Angels 65
2.4.2. I Venture Capitalist 67
2.4.3. La figura dell’incubatore e dell’acceleratore d’impresa 67
2.5. Strumenti per la valutazione della startup ai fini d’investimento 68
2.5.1. Elevator pitch 68
2.5.2 Business plan 69
2.6. L’innovazione e il ruolo delle startup 70
2.7. Il contesto Europeo e Internazionale 72
2.8. Le startup in Italia 76
2.9. L’importanza delle startup nel settore Retail 83
2.9.1. Rapporto tra big player e startup nel settore Retail a livello
internazionale 86
2.9.2. Rapporto tra big player e startup nel settore Retail in Italia 90
3. Descrizione delle innovazioni digitali nei processi Retail 97
3.1. I processi Retail 97
3.1.1. Front End 98
3.1.1.1. Pre-vendita 99
3.1.1.2. Vendita 99
3.1.1.3. Post-vendita 100
3.1.2. Back End 100
3.1.2.1. Processi di gestione dei negozi (e trasversali)101
3.1.2.2. Processi di gestione del magazzino 101
3.1.2.3. Processi di relazione con l’esterno (fornitori)101
3.1.3. Omnicanalità 101
3.2. Le innovazioni digitali nei processi Retail 102
3.2.1. Front-end 102
3.2.2. Back-end 111
3.2.3. Omnicanalità 114
6
4. Censimento startup internazionali 115
4.1. Metodologia 115
4.1.1. Classificazione di retailer e Dot-Com 116
4.1.2. Classificazione dei service provider 118
4.2. Le tipologie di startup internazionali 120
4.3. Retailer 122
4.4. Dot Co m 126
4.5. Service provider 131
4.5.1. Back-end 134
4.5.2. Front-end 138
4.5.3. Omnicanalità 144
4.5.4. Rapporto tra front-end, back-end e omnicanalità 147
4.5.5. Ranking dei service provider per finanziamento ricevuto 151
5. Censimento startup nazionali 155
5.1. Metodologia 155
5.1.1. Classificazione di retailer e Dot-Com 156
5.1.2. Classificazione dei service provider 160
5.2. Le tipologie di startup nazionali 161
5.3. Retailer 164
5.4. Dot Co m 166
5.5 Service provider 168
5.5.1. Front-en 170
5.5.2. Back-en 173
5.5.3. Omnicanalità 175
5.5.4. Ranking per finanziamento ricevuto 177
6. Conclusioni 181
Bibliografia 186
Sitografia 189
7
Indice delle figure
Figura 1: Fasi dell’analisi relativa alle startup innovative in ambito Retail. 15
Figura 2: I processi Retail. 18
Figura 3: Le tipologie di startup internazionali. 22
Figura 4: L’eCommerce nel mondo. 23
Figura 5: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo
supportato a livello internazionale. 24
Figura 6: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello internazionale
suddivisi per ambito applicativo supportato. 25
Figura 7: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello
internazionale. 26
Figura 8: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello
internazionale. 27
Figura 9: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello
internazionale. 28
Figura 10: Le tipologie di startup italiane. 29
Figura 11: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo
supportato a livello nazionale. 30
Figura 12: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello nazionale
suddivisi per ambito applicativo supportato. 31
Figura 13:Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello nazionale.31
Figura 14:Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello nazionale.32
Figura 15:Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello
nazionale. 33
Figura 16: Tasso di crescita del Pil reale. 41
Figura 17: La disoccupazione in Italia. 43
Figura 18: Evoluzione del reddito procapite. 45
Figura 19: La dinamica degli acquisti online dei consumatori italiani (2009-2015).48
Figura 20: L’andamento delle vendite eCommerce B2C nei prodotti e nei servizi (2014-
2015). 49
8
Figura 21: Strumenti per l’acquisto online. 51
Figura 22: Evoluzione dei cluster dei consumatori multicanale. 52
Figura 23: InfoCommerce vs Showrooming. 55
Figura 24: Ciclo di finanziamento di una startup. 63
Figura 25: Le startup innovative per settore in Italia. 80
Figura 26: Le startup innovative per regione in Italia. 81
Figura 27: Caratteristiche di startupper e imprenditori di nuove società di capitali in
Italia. 82
Figura 28: Distribuzione per età degli startupper in Italia. 83
Figura 29: I processi Retail. 98
Figura 30: L’eCommerce nel mondo. 117
Figura 31: Le tipologie di startup internazionali. 121
Figura 32: Classificazione dei Retailer per settore merceologico a livello internazionale.
123
Figura 33: Ripartizione geografica dei retailer a livello internazionale. 124
Figura 34: Classificazione delle Dot Com per settore merceologico a livello
internazionale. 127
Figura 35: Ripartizione geografica delle Dot Com a livello internazionale. 128
Figura 36: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo
supportato a livello internazionale. 132
Figura 37: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello internazionale
suddivisi per ambito applicativo supportato. 133
Figura 38: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello
internazionale. 137
Figura 39: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello
internazionale. 141
Figura 40: Trend di apertura di startup che si occupano di indoor positioning negli
ultimi 5 anni a livello internazionale. 143
Figura 41: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello
internazionale. 145
Figura 42: Trend di apertura di startup che si occupano di sistemi Social negli ultimi 5
anni a livello internazionale. 146
9
Figura 43: Suddivisione dei service provider aperti nel 2010 a livello internazionale.147
Figura 44: Suddivisione dei service provider aperti nel 2011 a livello internazionale.148
Figura 45: Suddivisione dei service provider aperti nel 2012 a livello internazionale.149
Figura 46: Suddivisione dei service provider aperti nel 2013 a livello internazionale.149
Figura 47: Suddivisione dei service provider aperti nel 2014 a livello internazionale.150
Figura 48: Ranking per finanziamento ricevuto dai service provider a livello
internazionale. 151
Figura 49: Valore delle vendite eCommerce B2c in Italia. 157
Figura 50: Andamento delle vendite eCommerce B2c nei prodotti e servizi (2014-2015)
in Italia. 158
Figura 51: La ripartizione delle vendite eCommerce B2c per tipologia di player in Italia.
159
Figura 52: Le tipologie di startup italiane. 162
Figura 53: I fondatori di startup italiane. 163
Figura 54: Età media dei fondatori di startup italiane. 163
Figura 55: Distribuzione geografica delle startup italiane. 164
Figura 56: Classificazione delle Dot Com per settore merceologico a livello nazionale.
167
Figura 57: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo
supportato a livello nazionale. 169
Figura 58: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello nazionale
suddivisi per ambito applicativo supportato. 170
Figura 59: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello nazionale.
172
Figura 60: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello nazionale.
174
Figura 61: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello
nazionale. 176
10
Abstract
Investire in digital transformation è ormai divenuto un imperativo urgente anche per
settori tradizionali dell’economia come il Retail.
L’evoluzione tecnologica ha rivoluzionato la figura del consumatore che ora è sempre
più connesso e digitale ed assume un ruolo sempre più attivo nel processo di acquisto. Il
cliente non solo è più informato, ma è anche più esigente e con alte aspettative nei
confronti della customer experience. La diffusione delle tecnologie, inoltre, ha portato
alla nascita di nuove modalità di acquisto, in cui la sinergia tra canale online e punto
vendita è sempre più stretta: per esempio è aumentato il numero di consumatori che si
informano online prima di acquistare un prodotto in negozio o che, al contrario,
raccolgono informazioni sui prodotti all’interno del punto vendita per poi concludere
l’acquisto online.
In un contesto così complesso e mutevole, l’introduzione e lo sviluppo di innovazione
digitale può apportare benefici ai retailer sia in termini di efficacia dell’azione di
vendita, sia in termini di efficienza dei processi operativi e gestionali. Inoltre l’adozione
di un approccio omnicanale da parte dei retailer può offrire al consumatore
un’esperienza di acquisto integrata e quindi fluida su tutti i canali.
E’ proprio la necessità di innovarsi il motivo per cui l’attenzione del mondo economico
si è progressivamente focalizzata sullo scenario delle startup. Per propria natura, le
startup si pongono come obiettivo quello di introdurre innovazione, puntando su un
business model innovativo.
La collaborazione con le startup può favorire e rendere più agile il processo di
innovazione all’interno di organizzazioni complesse e di dimensione elevata.
Diventa quindi improrogabile per i big player monitorare ed entrare in contatto con le
startup, non solo per difendersi da una potenziale riduzione del proprio ruolo nel
mercato di riferimento, ma anche e soprattutto per sostenere chi è in grado di
reinventare in chiave digitale prodotti, servizi, processi, logiche e modalità di consumo.
11
Executive summary
I. Scenario e analisi della letteratura
Il termine Retail viene utilizzato per indicare la vendita al dettaglio di prodotti e/o
servizi e costituisce dunque la parte della supply chain a diretto contatto col cliente
finale.
La situazione economica internazionale è stata caratterizzata negli ultimi anni da una
profonda crisi economica con conseguente riduzione dei consumi e calo drastico della
domanda. Durante l’anno corrente ha iniziato a manifestarsi la prospettiva di una ripresa
sostenibile, anche se a livello di potere di acquisto reale non si è ancora tornati ai valori
pre-crisi. In particolare, nel settore Retail anche l’offerta ha subito sostanziali modifiche
che hanno introdotto una complessità gestionale prima inesistente: da un lato il continuo
ampliamento della gamma dei prodotti in vendita (ogni anno vengono introdotti
45.0000 nuovi prodotti nel Retail), dall’altro una costante riduzione del loro ciclo di
vita, soprattutto nell’Abbigliamento e nell’Informatica ed Elettronica di consumo,
rendono più complicata la gestione delle attività operative, con conseguente incremento
dei costi (amministrativi, logistici,..) e riducono il margine, a parità di fatturato
generato.
L’evoluzione tecnologica ha poi rivoluzionato la figura del consumatore che ora assume
un ruolo sempre più attivo nel processo di acquisto. Il cliente è sempre più connesso e
digitale: nel 2015 gli internet user italiani sfiorano quota 38 milioni (+3% rispetto al
2014) e i web shopper raggiungono i 17,7 milioni (+11% rispetto al 2014%). La
diffusione dei dispositivi Mobile è ormai un fenomeno di massa: nel 2015 gli utenti
italiani che si connettono da smartphone sono 31 milioni (+19,5% rispetto al 2014) e
aumenta il tempo medio speso giornalmente navigando da cellulare (+26,7% rispetto al
2014). L’utilizzo di tali dispositivi condiziona sempre più fasi del processo di acquisto.
12
La figura del consumatore è quindi profondamente diversa da quella del periodo pre-
crisi: la situazione economica ha notevolmente ridotto la capacità di spesa dei
consumatori, costringendoli a prendere decisioni d’acquisto sempre più ponderate. La
diffusione dei nuovi dispositivi digitali e la continua evoluzione tecnologica hanno
consentito al cliente l’accesso ad un’ingente mole di informazioni relative ai prodotti,
ampliando il numero di possibilità da valutare. Inoltre i consumatori non sono solo più
informati, ma anche più esigenti e con alte aspettative nei confronti dell’esperienza di
acquisto. Anche le modalità di acquisto sono cambiate: il consumatore può fare acquisti
senza limiti spazio temporali grazie ai dispositivi mobili e con varie modalità; nel punto
vendita fisico può usufruire di servizi relativi all’acquisto online (es. Click&Collect).
I retailer sono consapevoli del profondo cambiamento avvenuto e tuttora in atto e della
conseguente esigenza di innovare che ha assunto le caratteristiche di improrogabilità e
urgenza. In un contesto così complesso e mutevole, l’introduzione e lo sviluppo di
innovazione digitale può apportare benefici ai retailer sia in termini di efficacia
dell’azione di vendita, sia in termini di efficienza dei processi operativi e gestionali.
E’ proprio la necessità di innovarsi il motivo per cui l’attenzione del mondo economico
si è progressivamente focalizzata sullo scenario delle startup. Per propria natura, le
startup si pongono come obiettivo quello di introdurre innovazione, puntando su un
business model innovativo. Negli ultimi anni questa tipologia di impresa ha così
sdoganato l’introduzione di innovazione, che prima era unicamente appannaggio delle
grandi aziende, dotate di dipartimenti di Ricerca&Sviluppo predisposti e aventi a
disposizione budget, strumenti e risorse necessari a creare qualcosa di nuovo.
13
II. Obiettivi
Investire in digital transformation è ormai divenuto un imperativo urgente anche per
settori tradizionali dell’economia come il Retail. La collaborazione con le startup può
favorire e rendere più agile il processo di innovazione all’interno di organizzazioni
complesse e di dimensione elevata.
Il presente elaborato nasce con l’obiettivo di evidenziare il ruolo chiave che le aziende
startup assumono nel creare valore per i retailer grazie all’introduzione
dell’innovazione.
Sono state dunque sviluppate quattro domande di ricerca:
• Comprendere il contesto e le trasformazioni in atto: è stata condotta un’indagine
accurata sull’ambito di riferimento, il Retail, evidenziando i cambiamenti dello
scenario socioeconomico che lo influenzano e le evoluzioni tecnologiche che
hanno modificato la figura del consumatore.
• Comprendere il contesto in cui nascono e operano le imprese startup: sono state
analizzate le politiche pubbliche introdotte dai vari Paesi in un quadro sia
internazionale che nazionale che hanno permesso a ciascun Paese di sviluppare e
rafforzare il proprio sistema imprenditoriale, cercando meccanismi diretti ad
incentivare lo sviluppo di nuove attività.
• Comprendere i processi in ambito Retail e le innovazioni che incidono su essi:
sono stati classificati i processi Retail e mappate le innovazioni che incidono su
di essi, specificandone i benefici apportati. Sono state identificate tre categorie
d’innovazione: di back-end (ossia volte a migliorare i processi gestionali e
operativi, di relazione con i fornitori, di gestione del magazzino e di gestione dei
negozi), di front-end (ovvero che impattano sui processi di interazione con il
consumatore all’interno del punto vendita, agendo sulla dimensione della
customer experience) e a supporto dell’omnicanalità (che supportano i processi
di interazione con il consumatore attraverso nuovi canali).
• Comprendere come le startup supportino il retailer nel raggiungimento di
obiettivi orientati all’efficacia, all’efficienza e a supporto dell’omnicanalità:
sono state mappate le startup censite a livello internazionale e nazionale sulle
14
innovazioni individuate, individuando i trend, le categorie e i casi più
significativi.
III. Metodologia
Le fasi iniziali di questo studio sono state dedicate:
• alla definizione del contesto Retail a cui appartengono le startup prese in
considerazione;
• all’analisi del quadro normativo che favorisce la nascita e la crescita di queste
realtà imprenditoriali, evidenziando le differenze esistenti tra il quadro
internazionale e la realtà italiana.
A questo scopo sono stati esaminati quotidiani, riviste online, white paper e libri di
testo.
In secondo luogo, sono stati identificati i principali processi Retail e sono state mappate
su di essi le innovazioni digitali. A tale scopo sono stati vagliati paper scientifici, riviste
del settore e i risultati delle ricerche condotte dall’Osservatorio Retail Digital
Innovation del Politecnico di Milano.
Infine per analizzare le startup innovative operanti in ambito Retail è stato svolto un
censimento online attingendo da database online specializzati in startup (es.
Crunchbase), prendendo in considerazione complessivamente 954 startup italiane e
internazionali.
Le caratteristiche comuni di tali aziende sono le seguenti:
� sono nate a partire dal 2010;
� hanno ricevuto finanziamenti negli ultimi quattro anni.
Sono state escluse dall’analisi le startup che offrono soluzioni nell’ambito della
ristorazione e nell’ambito alberghiero.
15
Per tutte le startup considerate sono state raccolte informazioni relative al numero di
finanziamenti ricevuti, all’entità di tali finanziamenti (ove il dato sia pubblico), agli
investitori e alla nazione in cui sono state aperte.
Si è poi focalizzata l’attenzione sulle startup operanti in ambito Retail in Italia,
individuando complessivamente 56 aziende. Le informazioni sono state ottenute
attingendo da database online e in collaborazione con l’Osservatorio Startup Hi-tech del
Politecnico di Milano.
La figura illustra graficamente la successione della fasi dell’analisi condotta.
Figura 1: Fasi dell’analisi relativa alle startup innovative in ambito Retail.
IV. Risultati e conclusioni
I. Il contesto e le trasformazioni in atto
La situazione economica internazionale è stata caratterizzata negli ultimi anni da una
profonda crisi economica con conseguente riduzione dei consumi e calo drastico della
domanda. Durante l’anno corrente ha iniziato a manifestarsi la prospettiva di una ripresa
sostenibile, anche se a livello di potere di acquisto reale non si è ancora tornati ai valori
pre-crisi.
L’evoluzione tecnologica ha poi rivoluzionato la figura del consumatore che ora assume
un ruolo sempre più attivo nel processo di acquisto. Il cliente è sempre più connesso e
digitale: nel 2015 gli internet user italiani sfiorano quota 38 milioni (+3% rispetto al
16
2014) e i web shopper raggiungono i 17,7 milioni (+11% rispetto al 2014%). La
diffusione dei dispositivi Mobile è ormai un fenomeno di massa: nel 2015 gli utenti
italiani che si connettono da smartphone sono 31 milioni (+19,5% rispetto al 2014) e
aumenta il tempo medio speso giornalmente navigando da cellulare (+26,7% rispetto al
2014). La diffusione delle tecnologie ha portato alla nascita di nuove tendenze,
condizionando sempre più fasi del processo di acquisto. Per esempio il 54% dei
consumatori preferisce percorsi di acquisto che contemplino almeno un’interazione con
i canali digitali (online e Mobile), è aumentato il numero di consumatori che si
informano online prima di acquistare un prodotto (comprano in negozio, ma hanno
preso la decisione su canali digitali) o che al contrario raccolgono informazioni sui
prodotti all’interno del punto vendita per poi concludere l’acquisto online.
II. Le startup
Una startup è un’organizzazione temporanea in cerca di un modello di business
ripetibile, scalabile e profittevole. Per sua natura, la startup si pone come obiettivo
quello di introdurre novità, un business model da testare che ancora non sia stato
adottato dalle aziende. Sono state descritte le fasi di nascita e di sviluppo di queste
imprese e presentate le varie figure di finanziatori coinvolti nel suo sostegno.
Affinché una startup possa contribuire alla crescita del Paese in cui opera è necessario
che il sostegno a livello economico apportato dagli investitori porti alla formazione di
un’impresa economicamente sostenibile, in grado di entrare e stare nel mercato,
vendere, fatturare riuscendo a coprire l’ammontare dei costi, generare ricavi e posti di
lavoro e lo riesca a fare in definitiva in maniera autonoma. Il modo in cui questo
processo avviene è fortemente influenzato dall'ecosistema esistente nel Paese di
riferimento. Le politiche pubbliche introdotte dai vari Paesi in un quadro sia Europeo,
che internazionale hanno permesso a ciascun Paese di sviluppare e rafforzare il proprio
sistema imprenditoriale, cercando meccanismi diretti ad incentivare lo sviluppo di
nuove attività. Leader incontrastato dell’innovazione e dell’alta tecnologia restano gli
Stati Uniti che da anni possono contare su solidi rapporti tra Università e imprese e su
un sistema normativo che favorisce ed incentiva la nascita di nuove realtà
17
imprenditoriali. Solo dal 2012 le startup vengono riconosciute ufficialmente dalla
legislazione italiana, introducendo un serie di interventi normativi che mirano a
favorirne la nascita e la crescita. A tre anni dall’introduzione di tali interventi, i risultati
sono positivi ed incoraggianti, anche se la strada da percorrere è ancora lunga per
arrivare ai livelli raggiunti da altri Paesi con una cultura orientata alle startup già ben
radicata.
III. La classificazione dei processi e la mappatura delle innovazioni
in ambito Retail
Sono state identificate tre categorie di processi nel settore Retail:
• front-end: i processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita,
direttamente a contatto col cliente finale; il front-end si compone di tre fasi: pre-
vendita (ossia l’insieme delle attività che accompagnano il cliente fino al
momento della decisione di acquisto), vendita (che ha inizio quando il cliente
“mette il prodotto nel carrello” e si conclude col pagamento) e post-vendita
(ovvero l’insieme di azioni volte a mantenere una relazione con il cliente, anche
dopo che si è concluso l’acquisto, in ottica di fidelizzazione).
• back-end: i processi di back-end sono quelli che non prevedono un’interazione
con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi: processi in
negozio (attività che hanno luogo in negozio, ma che nonostante ciò non sono
catalogabili all’interno del front-end, perché non prevedono un’interazione con il
cliente), processi di gestione del magazzino (per esempio la gestione delle
scorte, il rifornimento degli scaffali, la previsione della domanda) e processi di
relazione con l’esterno (per esempio la gestione delle informazioni all’interno
della filiera).
• omnicanalità: l’omnicanalità è definita come l’utilizzo congiunto e integrato dei
diversi canali (negozi fisici, online e Mobile) a supporto del processo di
interazione azienda-consumatore (fasi di pre-vendita, acquisto e post-vendita).
18
Figura 2: I processi Retail.
Le innovazioni mappate sui processi sono state classificate come segue.
Front-end:
Innovazioni nella fase pre-vendita:
o Chioschi, totem e touch point: Device, installati in punto vendita e dotati di
schermo interattivo, che consentono ai clienti di ricevere informazioni sui
prodotti, di verificarne la disponibilità, di acquistarli online, di accedere alle
promozioni disponibili,..
o Vetrine Smart: Sistemi utilizzati per la comunicazione di prossimità, installati
di norma all’esterno del punto vendita, che hanno lo scopo di invogliare le
persone ad entrare in negozio e di promuovere la vendita attraverso i contenuti
veicolati.
o Indoor Positioning: sfruttano le tecnologie di micro-geolocalizzazione tramite
applicazioni quali ad esempio iBeacon per inviare notifiche push sullo
smartphone dei clienti con l’obiettivo di invogliarli ad entrare nel punto vendita;
guidano i visitatori all’interno del negozio e collezionano informazioni relative
alle abitudini dei consumatori in punto vendita.
19
o Cartellini interattivi: Cartellini elettronici che consentono al retailer di
modificare istantaneamente il prezzo del prodotto esposto e che, in alcuni casi,
forniscono ulteriori informazioni sul prodotto stesso (ad esempio il numero di
Like ricevuti sui social).
o Coupon digitali: Codici promozionali inviati dal retailer ai propri clienti tramite
email, sms o App. Il cliente, esibendo alla cassa il codice che gli è stato inviato,
ottiene uno sconto sui prodotti.
o Camerini Smart: Soluzioni che consentono al cliente di indossare virtualmente
vestiti ed accessori. Tali sistemi consentono inoltre al cliente di visualizzare
l’intera collezione di abiti disponibili, spesso suggerendo abbinamenti o prodotti
simili a quello selezionato.
o App in store: Iniziative Mobile sviluppate per essere utilizzate in punto vendita
dai clienti per avere maggiori informazioni sui prodotti presenti a scaffale, per
ricevere promozioni personalizzate, per velocizzare la fase di pagamento, ...
Innovazioni nella fase di vendita (acquisto e pagamento):
o Self scanning: Device utilizzati dai clienti per leggere i codici a barre dei
prodotti selezionati e inseriti nel carrello. Di recente sono stati introdotti
strumenti in grado di rilevare, tramite scansione del codice a barre, anche gli
ingredienti che compongono i prodotti.
o Online selling: Device, (di norma un tablet) in dotazione alla forza vendita o a
disposizione dei clienti, per consentire al cliente di finalizzare l’acquisto online
in negozio soprattutto nel caso di prodotti non presenti in punto vendita.
o Cassa evoluta: Tablet, integrati con il Mobile POS, per permettere ai clienti di
pagare i prodotti acquistati direttamente all’assistente vendite, senza dirigersi
alla barriera casse.
o Pagamenti innovativi: Sistemi che consentono il pagamento in modo
alternativo a quello tradizionale: ne sono un esempio i sistemi che consentono al
cliente di pagare tramite il proprio smartphone e i sistemi che abilitano il
pagamento mediante la generazione di un QR code.
20
o Self check out: Sistemi di cassa self-service per consentire al cliente di leggere i
codici a barre dei prodotti acquistati, di stampare lo scontrino e di pagare la
propria spesa in completa autonomia.
Innovazioni nella fase di post-vendita:
o Loyalty: Soluzioni digitali utilizzate per rafforzare la fedeltà dei clienti. Lo
strumento più diffuso è la Fidelity Card digitale, ovvero la tessera
dematerializzata che dà l’opportunità al cliente di usufruire di agevolazioni,
sconti esclusivi o premi.
Back-end:
Innovazioni nei processi di relazione con i fornitori:
o EDI – Electronic Data Interchange: Sistemi che consentono il trasferimento di
informazioni e documenti in formato elettronico tra imprese appartenenti alla
stessa supply chain.
o Fatturazione elettronica: Sistemi a supporto della realizzazione, dell’invio e
della ricezione di documenti relativi al Ciclo Ordine-Pagamento.
Innovazioni nei processi di gestione del magazzino:
o Sistemi di tracciamento dei prodotti (Rfid – Radio Frequency
Identification): Sistemi che consentono di tracciare i prodotti lungo la catena
distributiva.
o Sistemi di planning: Sistemi gestionali in grado di supportare i decision maker
nella pianificazione della domanda, nella gestione delle scorte e nella scelta dei
piani di distribuzione.
o Sistemi di automazione del magazzino: Sistemi che consentono di
automatizzare la messa a stock (storage), il prelievo e il sorting della merce
all’interno del magazzino.
21
o Sistemi di picking/packing: Soluzioni ICT per supportare le attività degli
operatori di magazzino nelle fasi di picking, controllo e allestimento ordini.
o Soluzioni di intelligent transportation system: Tecnologie ICT integrate nei
mezzi di trasporto per raccogliere e comunicare dati al fine di agevolare
pianificazione, progettazione, esercizio, manutenzione e gestione dei sistemi di
trasporto.
Innovazioni nei processi trasversali o di gestione dei negozi:
o Sales force automation: Costituisce uno degli strumenti volti a velocizzare le
fasi di vendita permettendo l’automazione di attività a basso a valore aggiunto.
o Sistemi ERP (Enterprise Resource Planning): Sistemi che permettono di
gestire in modo integrato i dati provenienti da tutte le funzioni interne di
un’azienda come la produzione, gli acquisti, le vendite, l’amministrazione, la
finanza e le risorse umane.
o Sistemi di business intelligence: Sistemi che si propongono di esplorare i dati
per ricavare informazioni e conoscenze utilizzabili nel corso dei processi
decisionali.
o Sistemi CRM (Customer Relationship Management): Sistemi che vengono
impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le interazioni con i
clienti.
Omnicanalità:
o Sito informativo: Sito la cui finalità è la presentazione dell’azienda e fornire
informazioni utili per la visita in store (es. orari di apertura e indirizzo, elenco
dei punti vendita, promozioni in corso,…).
o Sito eCommerce: Sito che consente l’acquisto di prodotti, eventualmente la
personalizzazione, la scelta della modalità di pagamento,…
o App/Mobile site: hanno le stesse funzionalità dei siti informativi o eCommerce,
ma sono ottimizzati per la visualizzazione e la fruizione dei contenuti tramite
dispositivi mobili (tablet e smartphone).
22
o Sistemi Social; Sono i principali social network (Facebook, Twitter, YouTube,
Google+, Instagram, Pinterest) sui quali l’azienda retailer è presente, promuove
e pubblicizza i propri articoli.
IV. La creazione di valore da parte delle startup per i retailer
Analisi a livello internazionale.
Nel mondo sono diversi i top retailer che hanno iniziato a collaborare con le startup
attraverso varie forme: acquisizione o partnership con esse o la costituzione di
incubatori e acceleratori di impresa.
Il censimento ha individuato 954 startup a livello internazionale che sono state
suddivise in tre categorie: i retailer stessi e le Dot Com che insieme costituiscono il 30%
del campione esaminato e i service provider che offrono soluzioni digitali ai retailer, che
costituiscono il rimanente 70%.
Figura 3: Le tipologie di startup internazionali.
I retailer tradizionali rappresentano il 3% delle aziende censite e hanno ricevuto
finanziamenti per sviluppare a fianco dei negozi fisici un sito eCommerce B2c. La
maggior parte è stata fondata negli Stati Uniti e opera nel settore Abbigliamento.
3%
70%
27%
Dot Com
service provider
665
260
29
retailer
Base: 954 startup
23
Le Dot Com, ovvero i retailer online privi di una rete fisica, costituiscono da sole il 27%
del campione e hanno ricevuto un finanziamento per potenziare la vendita online; anche
la maggior parte delle Dot Com è attiva nel settore Abbigliamento.
L’innovazione digitale di queste tipologie di imprese è costituita unicamente dalla
presenza di un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita di prodotti. Al
contrario dei service provider non introducono quindi soluzioni tecnologiche innovative
che portino benefici in termini di efficienza dei processi interni e di efficacia del
processo di acquisto. Tuttavia sono state prese in considerazione nell’analisi per
l’importanza che ha assunto negli ultimi anni la vendita online. Secondo le ultime stime
di eCommerce Foundation, in tutto il mondo le vendite complessive di beni e servizi
online si attesteranno sui 2.100 miliardi di dollari a fine 2015 (erano 1.840 miliardi a
fine 2014).
Figura 4: L’eCommerce nel mondo.
Fonte: Netcomm Considerando la sola Europa le previsioni per il 2015 stimano a 470 miliardi di euro il
fatturato complessivo di beni e servizi acquistati tramite eCommerce. Sviluppare un
canale online è il primo passo per sviluppare una strategia omnicanale, stategia che
assume un’importanza sempre maggiore dato il fenomeno di digitalizzazione del
consumatore di cui si è parlato in precedenza.
24
I service provider costituiscono il 70% del campione analizzato e sono stati raggruppati
in funzione della soluzione tecnologica offerta. La ricerca condotta ha rilevato che la
maggior parte dei service provider si occupa di introdurre innovazioni in ambito back-
end: sono 288 le startup mappate sulle innovazioni di back-end e costituiscono il 44%
del totale. A seguire i service provider che apportano innovazioni nel front-end: con 247
aziende costituiscono il 37% dei service provider. Infine 130 startup si occupano di
omnicanalità, per una quota pari al 19%.
Figura 5: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo supportato a livello internazionale.
44%
37%
19%
Front-end
Back-end
A supporto dell’ omnicanalità
Base: 665 startup
25
A livello di finanziamento medio ricevuto per ambito applicativo, si può osservare come
la categoria più numerosa, quella del back-end, riceva anche il finanziamento medio di
importo più elevato: 5,6 mln $. A seguire la categoria del front-end con 4,9 mln $ ed
infine l’omnicanalità con 2,4 mln $. Nel grafico è stato introdotto come riferimento il
finanziamento medio ottenuto dalla totalità dei service provider, pari a 4,3 mln $.
Figura 6: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello internazionale
suddivisi per ambito applicativo supportato.
Base: 590 startup (di cui è pubblica l’informazione sull’entità del finanziamento ricevuto)
mln $
mln $
mln $
mln $ 5.6
4.9
4.3
2.4
Back-end
Front-end
Media dei
finanziamenti
Omnicanalità
26
Tra le innovazioni introdotte in ambito back-end, che sono le più numerose, vengono
proposti: sistemi di CRM per la gestione delle informazione sulla clientela, per la
creazione di campagne di marketing e l’offerta di software di marketing automation;
sistemi di business intelligence; sistemi ERP per la gestione ottimizzata di tutti i
processi aziendali e sistemi di planning per la pianificazione della domanda e
dell’offerta.
Figura 7: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello internazionale.
Le quattro categorie citate non sono solo le più numerose ma si rivelano le più
interessanti anche analizzando l’importo del finanziamento medio da esse ricevuto, in
quanto sono le categorie che attraggono i finanziamenti maggiori: precisamente il
finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano
di ERP (4,5 mln $), seguite da CRM (4,3 mln $), business intelligence (3,8 mln $) e
infine sistemi di planning (1,9 mln $).
Analizzando le startup operanti in ambito front-end, si riscontra che la maggior parte di
esse si occupa di loyalty e soluzioni di couponing digitali, sistemi innovativi riguardanti
la fase di pagamento come cassa evoluta e pagamenti innovativi ed infine sistemi di
indoor positioning. Non trascurabili sono anche le soluzioni di online selling e i
camerini Smart.
59%18%
12%
7%4%
Base: 288 startup (5,6mln$/startup)
sistemi di business intelligence
(3,8mln $/startup)
soluzioni di CRM (4,3 mln $/startup)
sistemi ERP (4,5 mln $/startup)
Sistemi di planning (1,9 mln $/startup) Altro
(6 mln $/startup)
27
Figura 8: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello internazionale.
Le cinque categorie più numerose si rivelano le più interessanti dal punto di vista
dell’importo di finanziamento medio ricevuto: precisamente il finanziamento medio di
importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano di cassa evoluta (15,2
mln $), seguite da pagamenti innovativi (5,8 mln $) e coupon digitali (5,8 mln $); a
seguire loyalty (4,3 mln $) e infine indoor positioning (4,0 mln $).
Particolare rilevanza rivestono i sistemi di cassa evoluta e i sistemi di indoor
positioning. I sistemi di cassa evoluta hanno ottenuto il finanziamento medio maggiore
tra i service provider, ricevono finanziamenti anche nel 2015 e l’importo medio di tali
finanziamenti è il maggiore rispetto alle altre categorie non solo del front-end, ma di
tutti i service provider (3,9 mln $); l’importanza dell’adozione di Mobile POS non è
costituita unicamente dal risparmio che consegue la sostituzione dei dispositivi di cassa
tradizionali, ma assume un’importanza ancora maggiore in termini di benefici apportati
alla customer experience perché permette una miglior gestione dei momenti di picco di
affluenza, lo snellimento dei processi di checkout, una miglior interazione con il device
Mobile del cliente per il pagamento, l’ampliamento degli spazi in negozio destinati
all’esposizione dei prodotti. I sistemi di indoor positioning costituiscono
un’innovazione digitale che suscita interesse ed è sempre più implementata tra i retailer;
il negozio è ancora fermamente al centro del processo di acquisto, in quanto nonostante
21%
18%
17%
15%
14%
9%3%
3%
Base: 247 startup (4,9 mln $/startup)
sistemi di indoor positioning (4,0 mln $/startup)
sistemi di loyalty (4,3 mln $/startup)
sistemi di pagamento innovativi
(5,8 mln $/startup)
altro
sistemi di cassa evoluti
(15,2 mln $/startup)
sistemi di couponing digitali (5,8 mln $/strtup)
sistemi di online selling
(3,7 mln $/startup)
camerini Smart
(2,3 mln $/startup)
28
i progressi tecnologici, non esiste ad oggi un altro canale distributivo in grado di
sostituirlo e di replicare l’esperienza di prodotto e di brand che è in grado di offrire.
Ecco allora che il punto vendita può costituire per il retailer una preziosa opportunità
per acquisire un ingente volume di informazioni relative alla clientela e l’indoor
positioning permette di ricavare tali informazioni sul consumatore attraverso lo
smartphone, device ormai posseduto dalla maggioranza della clientela sempre più
digitalizzata. Grazie alle tecnologie utilizzate nell’indoor positioning è inoltre possibile
offrire al cliente offerte sempre più personalizzate ed un’esperienza di acquisto
ottimizzata.
Passando ad analizzare le startup operanti in ambito omnicanalità si osserva come
l’innovazione implementata maggiormente sia quella relativa ai sistemi Social; a seguire
siti eCommerce, App/Mobile site ed infine siti informativi.
Figura 9: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello internazionale.
I sistemi Social, oltre ad essere la categoria più numerosa in ambito omnicanalità, ha
anche ricevuto l’importo maggiore a livello di finanziamento medio negli ultimi quattro
anni (3,3 mln $) e relativamente al solo 2015 (1,9 mln $). Gli strumenti Social offrono
un’interazione diretta con i propri clienti e una conoscenza delle opinioni degli stessi
sull’esperienza di acquisto, fornendo spunti di ottimizzazione della strategia
commerciale. I Social Media hanno un’influenza sempre maggiore sugli acquirenti che
vengono influenzati dalle recensioni degli altri consumatori per l’acquisto. I retailer
32%
29%
29%
10%
Base: 130 startup (2,4mln$/startup)
siti eCommerce (3,2mln $/startup)
sistemi Social (3,3 mln $/startup)
App/Mobile site (1,1 mln $/startup)
siti informativi (1,7 mln $/startup)
29
possono usare a loro vantaggio tale aspetto combinando campagne Social con
promozioni in store. Le valutazioni sul lancio di iniziative pilota sui propri negozi, su
nuovi prodotti offerti nell’assortimento o sulla definizione delle prossime campagne
promozionali sono esempi di utilizzo dei Social come canali efficaci per rivedere il
posizionamento sul mercato, aumentando la vicinanza ai clienti. I Social Media
costituiscono dunque nuove opportunità per i retailer, ma anche sfide e rischi: opinioni
negative sui Social Network potrebbero in poche ore danneggiare la reputazione del
brand. È importante saper gestire la comunicazione e avere chiara una strategia di
risposta in caso di “crisi di reputazione”.
Analisi a livello nazionale.
La seconda parte della ricerca si è poi focalizzata sulle startup operanti in ambito Retail
in Italia, individuando complessivamente 56 aziende. Sono state individuate 19 Dot
Com finanziate e 37 startup che operano in ambito innovazione digitale e hanno
ricevuto finanziamenti da investitori istituzionali negli ultimi quattro anni: di queste 37,
2 sono retailer tradizionali che hanno ricevuto un finanziamento per lanciare il sito
eCommerce e 35 sono service provider.
Figura 10: Le tipologie di startup italiane.
62%
4%
34%
Dot Com
service provider
35
19
2
retailer
Base: 56 startup
30
In Italia i service provider che introducono innovazioni in ambito front-end sono i più
numerosi, seguiti da quelli che si occupano di back-end ed infine il supporto
all’omnicanalità.
Figura 11: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo supportato a livello nazionale.
43%
26%
31%
Front-end
Back-end
A supporto dell’ omnicanalità
Base: 35 startup
31
La categoria back-end riceve il finanziamento medio di importo più elevato: 3,2 mln $.
A seguire la categoria omnicanalità con 1,4 mln $ ed infine il front-end con 1,1 mln $.
Nel grafico è stato introdotto come riferimento il finanziamento medio ottenuto dalla
totalità dei service provider, pari a 1,9 mln $.
Figura 12: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello nazionale
suddivisi per ambito applicativo supportato. Nella customer experience in negozio, le principali soluzioni offerte sono loyalty,
sistemi di couponing digitali, stampanti 3D e sistemi di cassa evoluti.
Figura 13: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello nazionale.
28%
20%14%
14%
6%
6%
6%
6%
Base: 15 startup (1,1 mln $/startup)
sistemi di couponing digitali
(1,2 mln $/startup)
sistemi di loyalty (0,8 mln $/startup)
stampanti 3D (0,4 mln $/startup)
sistemi di indoor positioning (0,4 mln $/startup)
sistemi di cassa evoluti (3,3 mln $/startup)
vetrine Smart (0,8 mln $/startup)
camerini Smart
sistemi di self scanning (0,5 mln $/startup)
3.2
1.9
1.4
1.1
Back-end
Media dei
finanziamenti
Omnicanalità
Front-end
Base: 35 startup (di cui è pubblica l’informazione sull’entità del finanziamento ricevuto)
mln $
mln $
mln $
mln $
32
Si confermano alcune osservazioni già effettuate nel censimento internazionale. Le
categorie di innovazioni maggiormente implementate nello scenario internazionale sono
presenti anche nelle startup nate nel nostro Paese e sono: sistemi di cassa evoluti,
sistemi di couponing digitali, sistemi di loyalty e indoor positioning. Anche in Italia, il
finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano
di cassa evoluta (3,3 mln $).
Si riscontra che la maggior parte delle startup nazionali operanti in ambito back-end si
occupa di sistemi di business intelligence; a seguire sistemi di tracciamento dei prodotti
- Rfid, EDI e sistemi ERP.
Figura 14: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello nazionale. Le innovazioni digitali più importanti sia in termini di numerosità che per importo di
finanziamento medio ricevuto (4,7 mln $) sono i sistemi di business intelligence,
appartenenti al terzo cluster, a supporto dei processi trasversali o di gestione dei negozi,
analogamente a quanto evidenziato nell’analisi internazionale, dove le innovazioni di
back-end più numerose e maggiormente finanziate erano CRM, ERP e business
intelligence. I sistemi di business intelligence vengono utilizzati per l’analisi del
comportamento dei clienti in negozio e per l’analisi dei driver che condizionano le
performance del retailer.
64%
18%
9%
9%
Base: 11 startup (3,2mln$/startup)
sistemi di tracciamento dei prodotti - RFId
(0,9 mln $/startup)
sistemi di business intelligence
(4,7 mln $/startup)
sistemi ERP (0,5 mln $/startup)
EDI (0,05 mln $/startup)
33
La maggior parte delle startup operanti in ambito omnicanalità si occupa di sistemi
Social; a seguire siti informativi, App/Mobile site ed infine siti eCommerce.
Figura 15: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello nazionale. Il finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si
occupano di siti informativi (2,2 mln $), seguiti da siti eCommerce (1,4 mln $), sistemi
Social (1,0 mln $) e App/Mobile site (1,0 mln $).
Analogamente a quanto osservato per il censimento internazionale, l’innovazione a cui
si dedicano la maggior parte delle startup nella categoria omnicanalità è quella dei
sistemi Social. Però mentre nello scenario internazionale questa innovazione è anche
quella maggiormente finanziata con un finanziamento medio pari a 3,3 mln $/startup,
nello scenario italiano l’attenzione degli investitori non si è ancora focalizzata in
quest’ambito. Tuttavia le startup italiane che si occupano di quest’innovazione sono le
più numerose della categoria e sono nate recentemente, dopo il 2013, per cui è probabile
che anche in Italia si sia compresa la potenzialità degli strumenti Social per la gestione
della relazione con i propri clienti.
45%
33%
11%
11%
Base: 9 startup (1,4mln$/startup)
siti informativi (2,2mln $/startup)
sistemi Social (1,0 mln $/startup)
App/Mobile site (1,0 mln $/startup)
siti eCommerce (1,4 mln $/startup)
34
In conclusione investire in digital transformation è ormai divenuto un imperativo
urgente anche per settori tradizionali dell’economia come il Retail. La collaborazione
con le startup può favorire e rendere più agile il processo di innovazione all’interno di
organizzazioni complesse e di dimensione elevata.
Diventa quindi improrogabile per i big player monitorare ed entrare in contatto con le
startup, non solo per difendersi da una potenziale riduzione del proprio ruolo nel
mercato di riferimento, ma anche e soprattutto per sostenere chi è in grado di
reimmaginare in chiave digitale processi, servizi, logiche, prodotti e modalità di
consumo. La disruptive innovation di cui le startup sono portatrici non consiste
unicamente nello sviluppo di soluzioni tecnologiche innovative da introdurre nel
mercato, ma ha un’accezione più radicale che implica la creazione di business model
totalmente innovativi e rivoluzionari capaci di far perdere di significato ad intere aree di
business, perché in grado di soddisfare in modo diverso e a costi spesso irrisori le
funzionalità che le caratterizzavano.
Creare un solido e continuativo rapporto di collaborazione tra startup e big player non
porta vantaggi solo a questi ultimi. La startup che sviluppa l’idea vincente deve
imparare a “fare impresa” e quindi a gestire il successo che l’innovazione introdotta ha
portato. Nel far questo può ricevere supporto in termini di competenze per il
trasferimento tecnologico, strutture e asset, entrando in contatto con le aziende
consolidate che già li possiedono. Ne consegue che la startup e la grande azienda
possono rappresentare una per l'altra una preziosa risorsa.
35
1. Il contesto Retail
In questo primo capitolo, l’obiettivo è quello di presentare il contesto in cui operano le
startup che sono oggetto dell’analisi: il settore Retail.
Sarà quindi condotta un’analisi relativa al significato del termine Retail nella tradizione
e alla sua evoluzione nel tempo.
In seguito verrà descritto il contesto socioeconomico, con particolare attenzione
all’evoluzione dei consumi dall’epoca pre-crisi al momento attuale.
Infine si analizzerà la figura del consumatore, con particolare enfasi sulle modifiche del
comportamento d’acquisto introdotte dall’evoluzione tecnologica.
1.1. Definizione di Retail
Partendo da alcune definizioni presenti nella letteratura scientifica, si vuole definire il
termine Retail. In seguito si presenteranno l’evoluzione e il significato attuale di questo
termine.
Wingate nel 1931 definisce il Retail come: “Any individual, firm, or corporation that
performs the last step in the marketing of goods from producer to consumer. He buys
from wholesaler or manufacturer and sells direct to consumer.”1 Egli identifica quindi il
Retail come qualsiasi individuo, azienda o società che esegue l’ultimo passo nella
commercializzazione di beni da produttore al consumatore. Il retailer effettua l’acquisto dal
grossista o dal produttore e vende direttamente al consumatore.
Morgenstein & Strongin nel 1983 definiscono il Retail così: “Consists of the selling of
goods and services to their ultimate consumers, that is, individuals who buy something
for personal or household use.”. Si identifica il Retail come la vendita di prodotti e
servizi al consumatore finale, il quale acquista per uso personale o domestico.2
1 Wingate, 1931 2 Morgenstein & Strongin, 1983
36
Considerando la definizione di Retail e retailer del U.S. Census Bureau, nel 2001:
“Retail trade includes establishments engaged in selling merchandise in small
quantities to the general public, without transformation, and rendering services
incidental to the sale of merchandise. Store retailers operate fixed point-of-sale
locations, located and designed to attract a high volume of walk-in customers. Some
store retailers also provide after sales services, such as repair and installation.
Nonstore retailers also serve the general public, but their retailing methods differ. Such
methods include “infomercials,” paper and electronic catalogs, door-to-door
solicitation, in home demonstration, selling from portable stalls or through vending
machines.”.3 Secondo quest’ultima definizione, il Retail comprende istituti coinvolti
nella vendita di merce in piccole quantità al pubblico, senza trasformazione, e nella
fornitura di servizi correlati alla vendita di merci. I rivenditori operano in punti vendita
fissi, posizionati e progettati per attrarre un elevato volume di clienti. Alcuni rivenditori
forniscono anche servizi post-vendita, come la riparazione e l’installazione. I rivenditori
senza negozio fisico si rivolgono sempre al consumatore finale, ma con metodi di
vendita al dettaglio diversi. Tali metodi includono vendite televisive, vendita per
cataloghi di carta ed elettronici, vendita porta a porta, dimostrazioni in casa, vendita da
bancarelle o attraverso distributori automatici.
Dunque il termine Retail, traducibile come “distribuzione al dettaglio”, descrive la
vendita di beni e di servizi da parte dei negozianti ai consumatori o utilizzatori finali. Il
retailer (tradotto come negoziante o dettagliante o rivenditore) acquista beni o prodotti
in quantità più o meno rilevanti direttamente dal produttore o dai distributori per
venderli in piccole quantità al consumatore finale al fine di ricavare un profitto.
Gli elementi chiave di questa definizione sono:
• Interfaccia tra produttori/distributori e consumatori : il retailer si pone come
interfaccia tra i produttori e/o i distributori di beni e il consumatore finale che è
l’effettivo fruitore di tali prodotti.
3 Balasubramanian S., Peterson R. A., Retailing in the 21st century: reflections and prologue to research. Journal of Retailing 2002
37
• Vendita di beni e/o servizi: il retailer vende al cliente beni fisici o servizi; questi
ultimi possono essere servizi legati al prodotto fisico stesso (resi, garanzie,..)
oppure servizi fini a sé stessi.
• Per uso personale: il cliente finale acquista prodotti e/o servizi per fruirne
personalmente, quindi senza finalità di trasformazione o vendita.
• Piccole quantità: la parola “Retail” deriva dal verbo francese “retailler” che
veniva usato nel settore della sartoria sin dal 1365 col significato di “dividere,
tagliare in parti” in riferimento ai tessuti; il retailer infatti vende al cliente finale
piccole quantità di beni/servizi, compatibili con la fruizione personale.
• Diverse forme di vendita: oltre al negozio fisico tradizionale vengono classificati
come retailer anche vendite porta a porta, tramite distributori automatici o
tramite il canale eCommerce.
Il mondo del Retail oggi si presenta molto diverso da quello che emerge dalle
definizioni date in precedenza.
Le cause che hanno più inciso sulla trasformazione delle imprese nel settore Retail
sono:
• la crisi e la perdurante crescita lenta o negativa nei Paesi sviluppati;
• i progressi a livello tecnologico.
La recente situazione economica dei Paesi occidentali ha avuto come conseguenza il
calo dei consumi per la riduzione del potere d’acquisto della clientela.
I progressi a livello tecnologico hanno portato innanzitutto alla digitalizzazione del
consumatore, consentendo alle aziende di raggiungere più facilmente i clienti e di
comprenderne le abitudini di acquisto; in secondo luogo, hanno permesso di
incrementare l’efficienza di alcuni processi chiave, consentendo al retailer di offrire al
cliente un’esperienza di acquisto personalizzata e all’altezza delle aspettative.4 Alle
caratteristiche tradizionali del settore Retail, espresse nelle definizioni precedenti, si
affiancano concetti sempre più rilevanti, come il tema della customer experience e il
4 PWC - Articoli - 17th-ceosurvey-retail
38
legame tra il consumatore e il brand, che rendono il settore Retail attuale profondamente
diverso rispetto ai decenni precedenti.
1.2. Crisi, calo drastico dei consumi e lenta ripresa
Il Retail, come tutti gli altri settori economici, è influenzato dai consumi che a loro volta
dipendono dall’andamento dell’economia.
La crisi economica mondiale che ha avuto inizio nel 2007, chiamata anche Grande
Recessione, ha avuto origine negli Stati Uniti in seguito ad una crisi del mercato
immobiliare, innescatasi con lo scoppio di una bolla immobiliare (crisi del subprime).
Tra i principali fattori della crisi figurano gli alti prezzi delle materie prime ed una crisi
creditizia seguita a quella bancaria con conseguente crollo di fiducia dei mercati
borsistici.5
Alla crisi finanziaria scoppiata nel 2007, è seguita nel 2008 una grave crisi industriale
scoppiata nell'autunno dello stesso anno con una forte contrazione della produzione.6
La prima metà del 2008 è stata caratterizzata principalmente dall’aumento repentino
dell’inflazione, spinta dalla crescita dei prezzi delle commodity, che sarebbero poi
crollati nella seconda metà dell’anno. La parte finale dell’anno invece è stata
caratterizzata dall’arrivo in Europa della crisi finanziaria e creditizia. Il fallimento di
Lehman Brothers ha rappresentato il campanello d’allarme che ha poi spinto le
principali banche centrali a ridurre i tassi di interesse ed immettere liquidità per
sostenere il sistema bancario con lo scopo di evitare una crisi del credito.7
Nel 2009 la crisi economica ha assunto una connotazione generale, con pesanti
recessioni e vertiginosi crolli di Pil in numerosi Paesi del mondo e in special modo nel
mondo occidentale. Inoltre il 2009 è stato l’anno in cui si è verificato un aumento
considerevole della disoccupazione con conseguenze sulla diminuzione della capacità di
spesa delle famiglie e sull’aumento della propensione al risparmio.8
5 The Wall Street Journal, 8 aprile 2010 - Did 'Great Recession' Live Up to the Name? 6 Lavoce.Info - Articoli - La Grande Recessione E I Redditi Familiari. La Stampa, articolo del 15-01-2009 7 Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese - Anno 2008 vol. I 8 http://www.isfol.it/DocEditor/test/File/Dossier%20aggiornato.pdfRisposte europee all’attuale crisi socio-economica (Dossier Paesi)
39
Terminata la recessione nel terzo trimestre 2009, tra la fine dello stesso anno e il 2010 si
è verificata una parziale ripresa economica.
Tra il 2010 e il 2011 si è conosciuto l'allargamento della crisi ai debiti sovrani e alle
finanze pubbliche di molti Paesi, in larga misura gravati dalle spese affrontate nel
sostegno ai sistemi bancari. Alcuni Paesi dell'Eurozona, impossibilitati a operare
manovre sul tasso di cambio o ad attuare politiche di credito espansive e di
monetizzazione, hanno evitato l'insolvenza sovrana, grazie all'erogazione di ingenti
prestiti da parte del Fondo Monetario Internazionale e dell’ Unione Europea, denominati
"piani di salvataggio", volti a scongiurare possibili default, a prezzo però di politiche di
bilancio fortemente restrittive sui conti pubblici (austerità) con freno a consumi e
produzione ed alimentazione della spirale recessiva.9
I rischi per l’economia mondiale, pur rimanendo alti, si attenuarono nel 2012 a seguito
dell’accordo raggiunto negli Stati Uniti per evitare il fiscal cliff, dell'allentamento delle
tensioni finanziarie nell'area Euro e del miglioramento delle prospettive nei Paesi
emergenti (BRICS), che comunque andranno incontro a un rallentamento del tasso di
crescita a causa dell'impatto negativo della congiuntura internazionale. A questi sviluppi
favorevoli contribuivano, seppure in minima misura, gli effetti dell’annuncio, in estate,
del piano Outright Monetary Transactions da parte della Banca Centrale Europea e la
decisione di rinnovare i prestiti alla Grecia. Complessivamente si registrava una
disparità della ripresa tra alcuni Paesi occidentali, in particolare Regno Unito, Stati
Uniti e Giappone, e l'area Euro la cui la crescita invece mostrava un tasso negativo: in
Francia e Germania la produzione industriale declinava, mentre nei Paesi dell'Europa
meridionale si evidenziavano pesanti segnali di stagnazione. La riduzione dell'inflazione
e la decelerazione dei prezzi al consumo (a causa della debolezza della domanda)
evidenziavano l'aggravarsi della condizione di deflazione e recessione.
Nella seconda metà del 2012 la dinamica dell’economia globale rimase debole e le
stime di crescita del commercio internazionale erano riviste al ribasso. Nell’area
dell’Euro, le conseguenze delle tensioni finanziarie su alcuni Paesi dell’area (Italia,
9 Tre crisi diverse in Europa: Grecia conti truccati, Irlanda crisi bancaria, Portogallo non competitivo.
40
Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda) e gli effetti del consolidamento dei bilanci pubblici
si ripercuotevano sulle economie ritenute più solide (Germania e Francia).10
Nel 2013 la crescita economica internazionale è rimasta debole e inferiore ai ritmi pre-
crisi. Il raffreddamento della dinamica economica ha riguardato sia le economie
avanzate (la cui crescita è passata all’1,3% dall’1,4% nel 2012), sia quelle emergenti ed
in via di sviluppo (dove la crescita ha toccato il 4,7% nel 2013 rispetto al 5,0% nel
2012). Questi mercati hanno tuttavia mantenuto ritmi di crescita decisamente più
sostenuti di quelli delle economie mature. Sono state le economie degli Stati Uniti e del
Giappone a trainare la ripresa; anche nell’area Euro è ripartita l’attività economica,
dopo sei trimestri di contrazione, ma ha mantenuto comunque una dinamica ancora
modesta. Nel 2013 è tornata ad aumentare la propensione al risparmio, ovvero il
risparmio lordo sul reddito disponibile, dopo esser scesa nel 2007, toccando un minimo
storico dell’8,4% nel 2012.
La crescita internazionale nel 2014 è stata stabile. Il ciclo economico internazionale ha
mantenuto un ritmo di espansione in linea con quello dell’anno precedente: secondo i
dati del Fondo Monetario Internazionale, la crescita del Pil mondiale si è attestata al
3,4%; la moderata accelerazione della crescita nelle economie avanzate è stata
compensata da un lieve rallentamento nei Paesi emergenti. Il rafforzamento ciclico per
l’insieme dei Paesi avanzati è stato la risultante di dinamiche eterogenee. In particolare,
gli Stati Uniti hanno continuato a beneficiare degli effetti positivi degli stimoli di natura
fiscale e monetaria; nonostante una politica monetaria espansiva, il Giappone ha
sperimentato una stagnazione e nell’Unione Europea, infine, è emersa una debole
ripresa e l’attività economica è tornata a crescere dopo due anni di contrazione.
Per il 2015 si è osservato un graduale recupero del ciclo internazionale. Nei Paesi
avanzati continua il rafforzamento dell’attività economica e la discesa dell’inflazione ha
contribuito al lieve recupero dei consumi delle famiglie.
10 Bollettino Economico n. 71, gennaio 2013
41
1.2.1. Le conseguenze della crisi in Italia
La crisi economica internazionale, iniziata nel 2008 ha determinato una contrazione dei
flussi commerciali e della produzione e ha determinato in Italia la più seria situazione di
crisi dal dopoguerra.
Tra il 2008 e il 2009 è stato registrato un calo del PIL dello 0,3%.11 La seconda
riduzione consistente si è verificata a seguito della parziale crescita del 2011. La discesa
è proseguita anche per tutto il 2012 e 2013.
Il 2015 è iniziato finalmente con una variazione del Pil italiano di segno positivo. Anche
l’Italia ha così avviato una fase di recupero, seguendo l’inversione di tendenza già in
corso nelle altre maggiori economie europee.
Figura 16: Tasso di crescita del Pil reale. Fonte: Eurostat.
Tuttavia le conseguenze a livello sociale della crisi economica sono state considerevoli:
aumento della disoccupazione, diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie,
aumento della povertà e calo della fiducia. Tutti elementi che hanno contribuito a
ridimensionare drasticamente i consumi delle famiglie e che hanno iniziato a
11 http://www.isfol.it/DocEditor/test/File/Dossier%20aggiornato.pdfRisposte europee all’attuale crisi socio-economica (Dossier Paesi)
42
sperimentare un miglioramento nell’ultimo anno, ma con risultati ancora lontani dal
periodo pre-crisi.
Analizzando la situazione relativa alla disoccupazione, si può partire dall’osservare
come il Pil può essere considerato il riassunto dell’andamento economico di un Paese e
la sua crescita indica un miglioramento della situazione economica che comporta una
diminuzione della disoccupazione. Tuttavia la disoccupazione diminuirà meno
rapidamente rispetto all’aumento del Pil: innanzitutto la ripresa economica sarà
inizialmente caratterizzata da incertezza relativa alla sua qualità e durata e quindi le
aziende non riprenderanno immediatamente le assunzioni. Ci potrebbe inoltre essere la
necessità di riassorbire i lavoratori cassintegrati e riportare a orario pieno gli occupati a
orario ridotto. Per questo la riduzione della disoccupazione è di solito percentualmente
inferiore e anche ritardata di uno o due trimestri rispetto alla crescita del Pil.12
Il tasso di disoccupazione, che era pari al 6,4% all’inizio del 2008, è cresciuto
progressivamente nel corso degli anni, fino a raggiungere nuovamente un picco di
massimo nel gennaio 2014 con un tasso di disoccupazione del 12,9%.13 A novembre
2014 il tasso di disoccupazione ha toccato quota 13,4%, raggiungendo un record storico,
il valore più alto 1977.14 Ad agosto 2015 il tasso di disoccupazione è sceso all’11,9%,
in calo per il secondo mese consecutivo e ai minimi dal febbraio 2013.15 Il dato avvicina
l’Italia all’Eurozona, dove la disoccupazione si mantiene stabile all’11%. I dati
dell’ultimo anno sono quindi incoraggianti e indicano una fase in cui la ripresa
economica inizia a manifestarsi. Rimane invece elevato il tasso di disoccupazione
giovanile, oltre il 44%.
12 http://www.lavoce.info/archives/32813/per-ridurre-disoccupazione-non-basta-ripresa/ 13 http://www.wallstreetitalia.com/article/1613489/crisi-sistemica/la-verita-sull-economia-italiana-tutti-i-dati-che-non-potete-non-sapere.aspx 14 http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/01/07/disoccupazione-istat-134-record-storico-berlino-minimi/1319025/ 15 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2015-09-30/istat-ad-agosto-nuovo-calo-tasso-disoccupazione-e-all-119percento-094923.shtml?uuid=
43
Figura 17: La disoccupazione in Italia. Fonte: Istat.
Per quanto riguarda l’aumento della povertà, sebbene i dati dell’ultimo anno siano
incoraggianti e diano segnali di ottimismo, la situazione resta comunque critica,
soprattutto se rapportata con gli altri Paesi della comunità europea. In Italia una persona
su quattro è a rischio povertà o esclusione sociale, un tasso superiore di quasi quattro
punti percentuali a quello medio dell'Unione Europea, pari al 24,4% nel 2014. La
situazione è peggiore solo di Romania (40,2%), Bulgaria (40,1%), Grecia (36,0%),
Lettonia (32,7%) e Ungheria (31,1%) ed è a livelli simili di Spagna (29,2%), Croazia e
Portogallo.16 Inoltre in Italia si deve considerare anche la situazione di disomogeneità a
livello geografico per cui al Sud quasi la metà dei residenti risulta a rischio povertà o
esclusione sociale (45,6%), contro il 22,1% del Centro e il 17,9% del Nord.
Analizzando la quota di profitto delle società non finanziarie nel secondo trimestre
2015, i dati indicano che essa si attesta al 39,9%, in aumento di 0,1 punti percentuali
16 http://www.corriere.it/economia/15_novembre_23/istat-italiano-4-rischio-poverta-o-esclusione-14percento-ha-arretrati-mutuo-affitto-bollette-96df9d22-91d3-11e5-98d3-3899a469cdf7.shtml
44
rispetto al trimestre precedente ma in calo di 0,1 punti percentuali rispetto al
corrispondente trimestre del 2014.17
Per quanto riguarda i dati relativi all’inflazione, si riscontra un risultato cautamente
positivo nel 2015. A partire dall’agosto 2013, per la prima volta dal 1959, l’inflazione
aveva iniziato a scendere portando l’Italia a rischio deflazione. A maggio 2015 invece
dopo quattro mesi consecutivi di valori negativi l'indice annuo dei prezzi è risalito al
+0,2%, dal -0,1% di aprile. Nel mese di ottobre 2015, l'indice nazionale dei prezzi al
consumo aumenta dello 0,2% rispetto al mese precedente e dello 0,3% nei confronti di
ottobre 2014, con un'accelerazione di un decimo di punto percentuale, rispetto al valore
registrato a settembre (+0,2%). Ai fini della ripresa economica, l'uscita dalla deflazione
è un fattore positivo, ma i numeri sono ancora deboli. Sul fronte dei prezzi la ripresa
ancora non decolla, a dimostrazione che servono misure in grado di sostenere i consumi
in questo momento delicatissimo in cui l'economia tenta di uscire dalla crisi.18
1.2.2. Analisi dei consumi delle famiglie
L’analisi dei consumi delle famiglie può aiutare ad inquadrare la situazione economica
di un paese, in quanto ne rispecchia lo stato di benessere.
Il reddito disponibile pro-capite è diminuito vertiginosamente durante il periodo della
crisi economica. Tra il 2007 e il 2013, il reddito disponibile reale delle famiglie italiane
è diminuito del 13% in termini pro capite, tornando ai livelli del 1988, mentre la loro
spesa per consumi è scesa del 10%. La variazione del reddito disponibile delle famiglie
tra l’ottobre 2014 e l’ottobre dell’anno precedente, è stata di -1,1%.19 Nel 2015 invece i
dati registrano una seppur debole inversione di tendenza: nel II° trimestre 2015 il
reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,5% rispetto al
17 http://www.ansa.it/pmi/notizie/lavoro/2015/10/01/istat-quota-profitti-sfiora-40_36f067be-0a0a-453d-8ddf-a1cd301fb8ad.htm 18 http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2015/06/15/prezzimaggio-fuori-da-deflazione-01_4c4018d1-e1c2-4e31-a801-bb6880d767ac.html 19 http://www.repubblica.it/economia/2014/10/15/news/istat_redditi_spese_famiglie_secondo_trimestre_2014-98155668/?ref=search
45
trimestre precedente e dell'1,3% rispetto al corrispondente periodo del 2014.20 Rimane
comunque un valore ancora lontano dal valore del periodo pre-crisi e ben al di sotto del
valore dell’analogo indice europeo.
Figura 18: Evoluzione del reddito procapite. Fonte: Eurostat.
Tenuto conto dell'inflazione, il potere di acquisto delle famiglie consumatrici nel
secondo trimestre del 2015 è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e
dell'1,1% rispetto al secondo trimestre del 2014. Nei primi sei mesi del 2015, nei
confronti dello stesso periodo del 2014, il potere d'acquisto ha registrato una crescita
dello 0,8%.
La spesa delle famiglie per consumi finali, in valori correnti, è aumentata dello 0,7%
rispetto al trimestre precedente e dello 0,8% rispetto al corrispondente periodo del 2014.
Nel secondo trimestre del 2015 la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici,
misurata al netto della stagionalità, è stata pari all'8,7%. Ne deriva una diminuzione di
0,2 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, ma un aumento di 0,5 punti
percentuali rispetto al corrispondente trimestre del 2014.21
In Italia i consumi sono in leggera crescita, ma gli incrementi sono stati modesti. Il
potere d’acquisto delle famiglie sta trovando sostegno soprattutto nella bassa inflazione
20 http://www.istat.it/it/archivio/169527 21 http://www.istat.it/it/archivio/169527
46
legata alla discesa del prezzo del petrolio e ad alcune misure della politica di bilancio. A
frenare il recupero del potere d’acquisto è invece soprattutto la decelerazione della
crescita salariale, che risente della pressione degli elevati livelli della disoccupazione.
Dopo molti anni di difficoltà è in parte normale che i consumatori stentino a modificare
in una direzione più ottimista le attese sulle prospettive dell’economia. I timori sulla
tenuta del posto del lavoro, la percezione di incertezza sui livelli futuri delle prestazioni
pensionistiche, e la stessa eventualità che vi possano essere nuovi inasprimenti della
tassazione, influenzano le decisioni di spesa. D’altra parte il tasso di risparmio delle
famiglie è attualmente su valori inferiori a quelli precedenti la crisi.
La caduta del potere d’acquisto delle famiglie, espressa a prezzi costanti rispetto al
2007, è difatti di circa 120 miliardi. Di questi, ben 47 si sono tradotti in una riduzione
del flusso annuo di risparmio, e i restanti 75 miliardi si sono tradotti in minori consumi.
Non è da escludere che per qualche tempo gli aumenti del reddito vadano ad accrescere
almeno in parte i flussi di risparmio più che i livelli della spesa.
Peraltro la caduta del potere di acquisto delle famiglie italiane è di gran lunga la più
ampia di tutti i Paesi europei.22
In conclusione i primi passi della ripresa italiana sono stati ancora molto graduali,
confermando un gap negativo rispetto alle altre maggiori economie dell’area Euro.
1.3. La digitalizzazione del consumatore
La figura del consumatore è radicalmente cambiata negli ultimi decenni, principalmente
grazie all’avvento di nuove tecnologie. Se prima il consumatore poteva essere visto
come un’entità passiva, nei confronti della quale le imprese potevano sfruttare tutti i
vantaggi di un’esistente asimmetria informativa, attualmente ciò non è più vero. Grazie
alle nuove tecnologie, il consumatore gioca un ruolo sempre più attivo avendo accesso a
nuovi canali e media: può acquisire informazioni prima non accessibili per aumentare la
consapevolezza e ponderare la decisione di acquisto e inoltre può attivare il processo di
acquisto senza limiti spazio-temporali grazie ai canali di vendita online. L’utilizzo dei
22 http://rapportocoop.it/2015/portfolio/linflazione-aiuta-il-potere-dacquisto-delle-famiglie/
47
nuovi device tecnologici accompagna il consumatore anche nel tradizionale processo di
acquisto nel punto vendita fisico.
1.3.1. Internet e l’eCommerce
L’avvento di Internet ha modificato il comportamento e le abitudini del consumatore in
due modi: l’utente può cercare informazioni relative a prodotti e servizi per supportare
la decisione di acquisto ed inoltre può finalizzare l’acquisto stesso grazie all’
eCommerce.
Secondo l’Osservatorio Multicanalità 2015 che analizza i trend sulla base di diverse
tipologie di consumatori, per il 60% della nostra popolazione (con età maggiore di 14
anni) l’utilizzo di diversi canali per informarsi ed effettuare acquisti rappresenta ormai
una pratica comune che interessa tutte le fasi del processo di acquisto e le diverse
categorie merceologiche (beni e servizi). A marzo 2015 sono stati 28,5 milioni gli utenti
che si sono collegati almeno una volta a Internet, il 53% della popolazione; la total
digital audience nel giorno medio è stata di 21,5 milioni di utenti, online per circa 2 ore
in media per persona.23
Tale quotidianità ha portato all'abolizione della differenziazione tra fisico e digitale, in
un percorso sempre più personalizzato per cui il consumatore si muove tra il negozio
fisico e i siti online. Le finalità sono varie: attingere informazioni, paragonare prodotti e
prezzi, verificare lo stock di magazzino, consultare le opinioni di altri consumatori,
finalizzare l'acquisto e poi, magari, effettuare il ritiro in un punto di pick up.
Non solo cresce il numero di consumatori che ha acquistato un prodotto/servizio su
Internet nell'ultimo anno (+11%), ma è aumentata la frequenza di tali acquisti per
ciascuna persona.
Il trend dell’eCommerce è in continua crescita ed anche i dati dell’ultimo anno lo
confermano. I dati relativi all’eCommerce B2c in Italia nel 2015, evidenziano come il
fatturato sia praticamente triplicato dal 2007, raggiungendo i 15 mln €. Dai 5.032 mln €
nel 2007, si è infatti arrivati ai 15.073 del 2015, con una crescita a doppia cifra
23 http://www.zerounoweb.it/approfondimenti/mobility/l-evoluzione-dei-comportamenti-del-consumatore-multicanale.html
48
constante a partire dal 2010, anche se minore rispetto ad altri paesi come gli Stati Uniti,
ma anche Germania, Francia, UK e non solo.
Figura 19: La dinamica degli acquisti online dei consumatori italiani (2009-2015).
Fonte: Osservatorio eCommerce B2c Secondo le ultime stime di eCommerce Foundation, in tutto il mondo le vendite
complessive di beni e servizi online si attesteranno sui 2.100 miliardi di dollari a fine
2015 (erano 1.840 miliardi a fine 2014), ovvero il 5% sul totale complessivo delle
vendite Retail.
Analizzando la sola Europa, per fine 2015 si stima a 470 miliardi di euro il fatturato
complessivo di beni e servizi acquistati tramite eCommerce, con una preponderanza del
54% dei beni rispetto al 46% dei servizi. In Europa la popolazione di e-shopper supera i
230 milioni di individui. Nel corso del 2014 i tre Paesi europei in cima alla classifica
delle vendite online che catalizzano il 60% delle vendite sono: UK con 122 miliardi €,
Germania con 70 miliardi € e Francia con 56,8 miliardi €.
In Italia la penetrazione dell’eCommerce sul totale del mercato Retail sta crescendo e
passa dal 3,6% al 4% nell’ultimo anno. Un ruolo chiave, in questa crescita, è legato a
settori “emergenti” relativamente all’ eCommerce italiano, come ad esempio
l’Arredamento che raggiunge quota 350 milioni di €, +75% rispetto al 2014, e il
49
Food&Wine enogastronomico che sfiora i 260 milioni di €, in crescita del 30% rispetto
allo scorso anno. Ne sta beneficiando sopratutto la vendita di prodotti, che nel 2015
pareggerà quella di servizi, passando dal 46 al 50% delle vendite online da siti italiani.24
I settori sottoposti a monitoraggio dall’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di
Milano sono stati i prodotti: Abbigliamento, Arredamento, C2c, Cosmetica, Couponing
di prodotto, Editoria, Food and wine, Grocery, Informatica ed elettronica,
Merchandising, che hanno registrato in un solo anno, ovvero dal 2014 al 2015 un
aumento di fatturato del +24 %, e i servizi, come: Assicurazioni, Couponing di servizi,
Ricariche, Ticketing per eventi, Turismo, con un aumento del +8%.
Figura 20: L’andamento delle vendite eCommerce B2C nei prodotti e nei servizi (2014-2015).
Fonte: Osservatorio eCommerce B2c - Netcomm
Tra i prodotti, l’Informatica fa registrare l’incremento più elevato (+26%), seguita a
ruota dall'Abbigliamento, che registra un +23%, e dall’Editoria e dal Grocery, che
balzano avanti del 21%. Il Turismo ottiene un incremento in linea con la media degli
ultimi quattro anni, pari al 9%, confermandosi così il comparto principale
dell'eCommerce con un valore di quasi 5,5 miliardi di €, pari al 37% del mercato.
L’abbigliamento passa dal 14% al 15% del mercato, e l’Informatica ed elettronica di
24 Osservatorio eCommerce B2c Netcomm – Politecnico di Milano – aprile 2015
50
consumo dal 12% al 13%; seguono l’Editoria con una quota del 3% e il Grocery con
l’1%. Turismo e abbigliamento si confermano inoltre i due comparti che spingono
maggiormente l'export dell’eCommerce italiano portandolo a crescere del 18% nel 2015
e a raggiungere una quota superiore ai 3 miliardi di €.25
1.3.2. Le nuove tecnologie: Smartphone, Tablet e il
Mobile Commerce
Un trend che si affermato in maniera decisiva negli ultimi anni è quello del Mobile
Commerce, l’acquisto online attraverso un dispositivo Mobile.
La diffusione dei device mobili, in particolare gli Smartphone, ha chiaramente favorito
l’accesso alla rete Internet, permettendo di abbattere anche le barriere spaziali oltre che
quelle temporali: tramite uno smartphone non solo l’utente è sempre connesso, ma lo è
ovunque.
La diffusione dei dispositivi mobili è probabilmente dovuta anche alla semplicità di
utilizzo di tali dispositivi. Usare lo Smartphone è più facile rispetto a usare il computer
perché l’utente si interfaccia con una realtà che viene progettata in modo da essere
semplice, immediata, diretta e intuitiva. In altre parole si può affermare che i nuovi
device hanno semplificato il digitale, aprendo quindi questo mondo a persone che prima
ne erano escluse.
Nel 2014 il numero di utenti che possiedono un dispositivo Mobile ha superato quello
degli utenti che possiedono un laptop. Ma non solo: anche la modalità di utilizzo dello
Smartphone è cambiata. Ormai il 65% del tempo di utilizzo di questo dispositivo è
dedicato alla navigazione e ad attività connesse alla Rete.
Negli ultimi due anni si è assistito ad un aumento considerevole degli acquisti effettuati
da Mobile, in primo luogo dagli Smartphone, con un incremento, in media, del 42%
rispetto al 2013, con picchi anche più alti tra gli individui più evoluti da questo punto di
vista. Il 2014 si è chiuso con la crescita delle vendite da Smartphone a quota 1.087
milioni di €, mentre entro fine 2015 si prevede un’ulteriore crescita del 68% che porterà
25 http://www.corrierecomunicazioni.it/digital/37192_e-Commerce-mercato-italiano-da-17-miliardi.htm
51
il canale vicino ai 2 miliardi di €. Si stima che nel 2015 gli acquisti effettuati tramite
Smartphone e Tablet raggiungeranno il 25% del totale eCommerce, che significa 1
acquisto online su 4 via Smartphone o Tablet. Dall’analisi condotta dall’Osservatorio
Multicanalità del Politecnico di Milano, in Italia lo strumento privilegiato per fare
acquisti online continua a essere il personal computer, ma dal confronto tra i dati del
2013 e quelli del 2015 risulta un fenomeno in diminuzione, mentre si osserva
l'incremento dell'utilizzo di Smartphone e Tablet anche per l'attività di eCommerce.26
Figura 21: Strumenti per l’acquisto online. Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015.
26 Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015
90%
94%
2015
2013
19%
11%
2015
2013
14%
10%
2015
2013
Smartphone
PC fisso o portatile
Tablet
52
1.3.3. L’evoluzione del consumatore multicanale
Nel 2007 le persone “multicanale” erano circa 15,7 milioni. La crescente propensione
alla multicanalità, diventata ormai un fenomeno di massa in Italia, ha permesso di
focalizzare l’attenzione solo sui consumatori più evoluti. Nel 2012 il numero di
consumatori multicanale ha raggiunto la cifra di 27,8 milioni di individui maggiori di 14
anni, ovvero il 53% della popolazione italiana.
Lo shopping online continua a crescere, aumentano i consumatori che acquistano su
internet (+11% nell’ultimo anno) e aumenta la frequenza degli acquisti. Sono 4,8
milioni gli italiani che nell’arco di un anno acquistano online almeno 10 volte.27
Figura 22: Evoluzione dei cluster dei consumatori multicanale.
Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015 La nuova mappa di segmentazione del consumatore multicanale individua quattro
cluster di consumatori, più una quinta che si sta delineando in prospettiva.
• Newbie: individui che hanno da poco adottato un profilo multicanale e dal punto
di vista tecnologico si dimostrano refrattari all’innovazione, rimanendo
27 Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015
Newbie New stylesurfer
Socialshopper
Hyperreloaded
20122015
+62%
-18%
-31%
-13%
53
profondamente legati ai canali tradizionali, come la televisione. Il processo
d’acquisto è poco strutturato e poco pianificato, con spiccato orientamento alla
convenienza economica. Il numero di consumatori in questo segmento scende
nel 2015 a 4,6 milioni, è il più ridotto e ancora in calo, grazie soprattutto, al
Tablet che rappresenta un utile punto di accesso per la ricerca di informazioni
(per le sue dimensioni, ma anche per la somiglianza al pc) ed eventualmente
anche per l'eCommerce.
• Old style surfer: individui aperti alle novità e con un atteggiamento positivo nei
confronti delle innovazioni tecnologiche. Il loro approccio al web tuttavia può
essere considerato “vecchio stile”, poiché è finalizzato a rendere più efficiente il
processo d’acquisto in termini di tempo. Nel 2015 risultano in diminuzione (-
31%, per un numero assoluto di 5,3 milioni di persone).
• Social shopper: costituivano il segmento numericamente più rilevante nel 2012,
raggruppando un numero di individui pari a 10,7 milioni. Nel 2015 risultano in
calo del 18% e sono pari a 8,7 milioni. I Social Shopper hanno un processo
d’acquisto strutturato, sono orientati alla ricerca di acquisti intelligenti con un
elevato rapporto qualità/prezzo; inoltre amano le novità e le tecnologie in
generale. Solitamente visitano i siti dei produttori, in quanto abbastanza fedeli
alle marche, ma allo stesso tempo disponibili alla sperimentazione; vivono bene
le interazioni tra i punti di contatto digitali e non; hanno una spiccata
predisposizione alle interazioni sociali con le aziende e gli altri consumatori.28
• Hyper reloaded: hanno uno spiccato interesse nei confronti della tecnologia e
della novità, hanno principalmente un’età compresa tra i 35 e i 55 anni d'età, con
una buona disponibilità economica e in termini numerici racchiudono 12,5
milioni di individui, in crescita rispetto al 2012 del 62%. Se ancora il cluster più
numeroso in termini assoluti è quello dei non multicanale (40% della
popolazione), al secondo posto, che pesa per il 24% del totale, ma che
rappresenta il 40% degli italiani multicanale, appartengono gli Hyper Reloaded.
In questo profilo di consumatore è forte il ruolo del Mobile lungo tutto il
processo d’acquisto.
28 http://www.zerounoweb.it/approfondimenti/mobility/l-evoluzione-dei-comportamenti-del-consumatore-multicanale.html#
54
• Everywhere shopper: sono 4,8 milioni e costituiscono una nuova categoria di
persone che acquistano prodotti/servizi online almeno 10 volte all'anno, hanno
caratteristiche simili agli Hyper Reloaded ma presentano un profilo socio
economico più alto; per questi il punto vendita è generalmente solo una vetrina
(showrooming) perché finalizzano successivamente l’acquisto online, sempre
più da Mobile. Questi ultimi al contrario dei social shopper non si fermano sui
siti delle aziende, privilegiano la lettura delle opinioni altrui e, a loro volta,
contribuiscono con feedback sia positivi sia negativi. I consumatori appartenenti
a questa categoria sono in prevalenza uomini (59%) e maggiormente concentrati
nella fascia d’età 25-44 (60%) e presentano un livello socioeconomico
marcatamente sopra la media. Sono caratterizzati da uno spirito più razionale e
pianificatore, amanti della tecnologia e della lettura, sono aperti all’innovazione
senza lasciarsi trasportare dal fattore moda. Amano prendersi cura di sé e sono
guidati dal desiderio di realizzare le proprie aspirazioni individuali; utilizzano la
tecnologia in maniera pragmatica e intelligente, in cerca di un alto livello di
servizio. Per una parte di loro, 1,7 milioni, lo shopping è quotidiano, online e
offline e avviene indifferentemente da pc o Mobile.29
1.3.4. Social Network, InfoCommerce e Showrooming
C’è un’ulteriore considerazione da fare relativa al consumatore online: non solo l’utente
compra sempre più online e per farlo utilizza in maniera sempre maggiore i dispositivi
mobili, ma si sta evolvendo in un acquirente multicanale e multidevice, che non
concepisce la customer experience solo come un insieme strutturato di canali. Il canale
fisico e online mostrano confini sempre più labili e a tal proposito si possono osservare
due tipi di comportamento che caratterizzano il consumatore moderno:
l’InfoCommerce, ovvero informarsi online sulle caratteristiche e le funzionalità dei
prodotti, ma poi effettuare l’acquisto presso un punto vendita fisico e lo Showrooming,
il fenomeno opposto che prevede la visita in negozio per “toccare con mano” l’articolo e
29 http://www.primaonline.it/2015/06/10/205641/la-multicanalita-e-pratica-quotidiana-lo-dice-losservatorio-nielsen-connexia-politecnico-di-milano-48-milioni-acquistano-online-almeno-10-volte-lanno/
55
valutarlo, ma poi effettuare l’acquisto online. Analizzando i trend degli ultimi anni dal
2011 ad oggi, si osserva una diminuzione del fenomeno dell’InfoCommerce e un
corrispondente aumento del fenomeno opposto dello Showrooming.
Figura 23: InfoCommerce vs Showrooming.
Fonte: Nielsen, Osservatorio Multicanalità, 2015 Per acquisire informazioni online, sia che l’acquisto avvenga poi in punto vendita o sul
sito eCommerce, i consumatori utilizzano sempre più frequentemente i Social Network.
Le opinioni generate da altri utenti su blog, forum e social media sono le fonti online
maggiormente rilevanti e sono prese in considerazione da oltre 21 milioni di
consumatori prima di effettuare l’acquisto di un prodotto. Per i retailer gli strumenti
Social offrono un’interazione diretta con i propri clienti e una conoscenza delle opinioni
degli stessi sull’esperienza di acquisto, fornendo spunti di ottimizzazione della strategia
commerciale. I Social Media hanno un’influenza sempre maggiore sugli acquirenti: il
38% dei clienti trae ispirazione per gli acquisti da prodotti visti sui canali Social, il 22%
viene influenzato dal Social Network per visitare siti web dei retailer, il 25% è connesso
a uno o più retailer su Facebook, il 36% degli utenti di Twitter ha “twittato”
un’opinione relativa a un’esperienza nell’ambito Retail (Fonte: Global trend Research
2010 2012 2013 2014 2015
InfoCommerce
Showrooming
84 80
74
67 66
26 30
34 36
40
56
PlanetRetail)30. Gli acquirenti sono influenzati dalle recensioni dei consumatori e i
retailer possono usare a loro vantaggio tale aspetto combinando campagne Social con
promozioni in store. Le valutazioni sul lancio di iniziative pilota sui propri negozi, su
nuovi prodotti offerti nell’assortimento o sulla definizione delle prossime campagne
promozionali sono esempi di utilizzo dei Social come canali efficaci per rivedere il
posizionamento sul mercato, aumentando la vicinanza ai clienti. I Social Media
costituiscono dunque nuove opportunità per i retailer, ma anche sfide e rischi: opinioni
negative sui Social Network potrebbero in poche ore danneggiare la reputazione del
brand. È importante saper gestire la comunicazione e avere chiara una strategia di
risposta in caso di “crisi di reputazione”.
30 http://www.mark-up.it/social-media-per-il-retail-e-uno-strumento-di-ascolto/
57
Il settore Retail, contesto dell’analisi condotta in questa tesi, è la parte della filiera che
sta a diretto contatto col cliente finale. La crisi economica e la diffusione di nuove
tecnologie hanno modificato la figura del consumatore, rispettivamente, riducendone la
capacità di spesa e creando una figura con un ruolo attivo nel processo di acquisto. Ciò
pone il retailer nella posizione di dover reagire in tempi rapidi a questi cambiamenti
introducendo nel proprio settore, considerato tradizionale, delle innovazioni in modo da
essere profittevole anche nella mutata situazione economica e quindi in grado di
attrarre, convincere e fidelizzare il consumatore odierno. Nella necessità impellente di
innovazione, un ruolo fondamentale è giocato dalle startup, che saranno oggetto di
studio del prossimo capitolo.
58
2. Le start up
In questo capitolo si vogliono analizzare in termini generali le aziende startup che sono
l’oggetto del censimento svolto.
Verrà data innanzitutto una definizione di startup, descrivendone poi il ciclo di vita, il
finanziamento e le sue fasi ed infine gli attori coivolti nel finanziamento (in particolare
Business Angels, Venture Capitalist e incubatori/acceleratori d’impresa).
Il fenomeno di creazione di una startup non può essere studiato se non
contestualizzandolo nella realtà in cui nasce: sono infatti da tenere in considerazione i
fattori esogeni che possono condizionare tale processo, in particolare la componente
geografica. Si contestualizzerà quindi la nascita e lo sviluppo di questa forma di impresa
sia a livello internazionale che a livello italiano.
Infine verrà esplicitata l’importanza delle startup nel settore Retail e come esse possano
introdurre e alimentare l’innovazione digitale all’interno di questo settore tradizionale,
non solo grazie all’apporto tecnologico innovativo, ma anche grazie alla creazione di
nuovi business model disruptive. Saranno quindi presentati i reciproci vantaggi che big
player e startup nel settore Retail possono trarre entrando in contatto gli uni con le altre.
2.1. Definizione di startup
Il termine “startup” può essere tradotto dall’inglese con “avvio, lancio” e indica la fase
iniziale di attività di una nuova impresa.31
Inizialmente il termine venne usato unicamente per indicare la fase iniziale di una nuova
impresa nata nel settore Internet o delle tecnologie dell'informazione. Successivamente
il termine è diventato impropriamente sinonimo di matricola nel linguaggio di borsa.
Citando Steve Blank dal libro The Startup owners manual: “Le startup non sono
versioni in piccolo di grandi aziende. Una startup è un’organizzazione temporanea in
cerca di un modello di business ripetibile, scalabile e profittevole”.
31 http://www.treccani.it
59
Il termine "ripetibile" è legato alla capacità che ha la startup di svolgere più e più volte
nel tempo un insieme di operazioni capaci di fornire ogni volta sempre gli stessi
risultati, come ad esempio riuscire ad ottenere più volte nel tempo un ricavo a fronte
dell'erogazione di un determinato servizio o prodotto, che costituisce il core business
della startup. "Scalabile” si riferisce alla potenzialità dell'attività di generare una crescita
significativa dei guadagni, in modo più veloce della crescita dei costi di base.
“Profittevole”, dalla definizione stessa, indica la necessità che arrechi profitto.32
Un'altra definizione generale largamente riconosciuta (www.uslegal.com; Ascot
Business Partner; Cyborg Technologies) è: “startup company or startup is a company
with a limited operating history. These companies, generally newly created, are in a
phase of development and research for markets.” La startup è un’impresa con una storia
operativa limitata. Queste aziende, appena create, sono nella fase di sviluppo e ricerca di
mercato.
Entrambe le definizioni pongono l’enfasi sulla “ricerca” di un business model e di un
mercato: la startup infatti, per sua natura, si pone come obiettivo quello di introdurre
novità, un business model da testare che ancora non sia stato adottato dalle aziende
esistenti, per raggiungere lo scopo finale che non è quello di trovare finanziatori, ma di
entrare nel mercato e diventare così impresa. Per far questo la startup deve comprendere
la reale potenzialità dell’idea che propone, l’utilità e l’applicabilità del proprio progetto
e, infine, imparare i processi necessari per costituire un’impresa economicamente
sostenibile. Le definizioni si riferiscono a “organizzazione temporanea”, “with a limited
operating history”, il che denota che la startup debba avere un periodo di vita ben
definito che si conclude con la validazione del business model.
32 http://www.unishare.it/universi/2015/04/fenomenologia-di-una-startup/
60
2.2. Il ciclo di vita delle startup
La startup di fatto nasce quando un individuo (o un gruppo di individui organizzato in
Team) ritiene di avere un'idea per lo sviluppo di un business model innovativo.
Successiva al concepimento dell'idea, è la fase di Pre-Seed, periodo in cui l'imprenditore
studia la fattibilità del progetto. In questa fase non sono previsti solitamente
investimenti (e dunque costi) così come non sono previsti vendite e ricavi. In questa
fase, i vincoli finanziari sono stringenti e determinano il ricorso a forme di
finanziamenti informali (bootstrapping) che provengono dalle risorse personali
dell’imprenditore (autofinanziamento) o da famiglia ed amici (le 3 F: Family - Friends -
Fools).33 Solitamente questa fase si conclude con lo sviluppo di un business plan, che
costituirà la guida per lo sviluppo delle attività successive.
A seguire inizia la fase operativa, definita Early Stage che a sua volta si suddivide in
due fasi: di Seed e di Startup. La fase di Seed si ha quando il progetto imprenditoriale
ha bisogno di un periodo di tempo necessario allo sviluppo dell'idea da un punto di vista
tecnico. E' tipico per quelle startup ad alto contenuto tecnologico. Questa fase è
propedeutica a dimostrare l'effettiva efficacia dell'idea imprenditoriale e possono essere
richiesti finanziamenti per dimostrare la validità tecnica del prodotto o servizio che si
vuole portare sul mercato. Vi è un continuo processo di Business Prototyping, un
processo iterativo durante il quale l’idea iniziale del prodotto/servizio viene
continuamente modificata e adattata dopo i feedback che si ricevono dagli utenti iniziali
(i cosiddetti early adopters).
Quando il prodotto o servizio è pronto per essere venduto si entra nella fase di Startup
vera e propria, con i primi clienti e dunque i primi ricavi.
Quando iniziano a crescere il numero di clienti, le vendite e il fatturato si entra nella
fase di Early Growth. A questo punto del ciclo di vita, il rischio legato all'attività
33 http://www.unishare.it/universi/2015/05/il-ciclo-di-vita-di-una-startup/
61
imprenditoriale tende ad essere ridotto, in quanto a questo punto si hanno sufficienti dati
per capire la consistenza del mercato di riferimento, ma il fabbisogno finanziario resta
elevato. L’impresa per espandersi deve sviluppare una distribuzione e una
commercializzazione del prodotto.
Superate queste fasi, si entra nell'ultima fase di crescita sostenibile, che porterà la
startup ad una Exit.
Per Exit si intende l'uscita dalla fase di startup, ma non necessariamente la
trasformazione in azienda vera e propria.
In questo momento del ciclo di vita vengono restituiti i soldi prestati dagli investitori nel
capitale di rischio e possono avvenire cinque tipologie di Exit:34
• IPO (Initial Pubblic Offering): la startup diventa pubblica e quindi viene quotata
in borsa;
• Acquisizione: l'azienda viene acquisita da terzi;
• Buyback: l'imprenditore riacquista le quote della startup (cedute
precedentemente durante la fase di raccolta di investimenti) e rimane l'unico
proprietario dell'azienda;
• Secondary Sale: l'imprenditore vende le quote della società a terzi, ma ne
mantiene una parte;
• Write-off: gli investitori si ritirano dall'investimento, solitamente quando la
startup è prossima al fallimento;
Sono molteplici i casi in cui una startup sia stata acquisita da una grande impresa, per
finalità strategiche, per entrare in possesso di asset più o meno tangibili o per eliminare
un possibile concorrente dal mercato.
34 Cumming & MacIntosh 2003
62
2.3. Il finanziamento di una startup
Il reperimento di capitali necessari per avviare una startup può avvenire attraverso più
canali:
• Bootstrapping: ovvero processo di auto-finanziamento; l'investimento viene
direttamente dai risparmi del fondatore, o da un prestito da parte di quelle che in
letteratura vengono definite 3F: Family, Friends and Fools;
• Investimenti in capitale di rischio: si tratta di investimenti in equity, ossia in
cambio di partecipazioni azionarie di minoranza nella società.
Gli investimenti in capitale di debito, facendo ricorso a prestiti bancari, non vengono
generalmente utilizzati dalle startup, proprio per la natura intrinseca di incertezza che
caratterizza questo tipo di attività imprenditoriale. Il rischio che l'investimento non
generi alcun ritorno è molto elevato e quindi si potrebbe arrivare a non essere in grado
di restituire il capitale prestato; inoltre la banca esige delle garanzie prima di effettuare
un prestito che una startup non è in grado di dare.
La fonte di finanziamento privilegiata per le startup è quella erogata da investitori nel
capitale di rischio. Questi investitori si differenziano principalmente in due categorie: le
società di Venture Capital e i Business Angel.
Le società di Venture Capital sono società dotate di un fondo il cui ammontare proviene
da banche, assicurazioni, grandi imprese o fondi pensione e che si interfacciano come
un'unica entità di fronte alla startup.
I Business Angel invece sono degli investitori non istituzionali che apportano capitale
alle startup divenendo azionisti della società.
L’investimento può avvenire principalmente in tre fasi di vita della startup:
• Fase Seed: investimento nella primissima fase di sperimentazione dell'idea di
impresa, quando è ancora da dimostrare la validità tecnica del prodotto/servizio;
• Fase Early Stage: si cominciano a vedere i primi clienti e i primi ricavi;
63
• Fase Later Stage: fase matura della vita di una startup, nella quale l’azienda ha
già raggiunto la parità di cassa o quasi.
Figura 24: Ciclo di finanziamento di una startup. I Seed Capital sono i primi fondi finanziari a quali l’imprenditore può accedere per
avviare una nuova attività. Il Seed Capital non è usato per avviare il business su larga
scala, ma per investigare bene le differenti opportunità.35 Generalmente non esiste un
business plan adeguatamente strutturato ed approfondito e tali operazioni vengono
realizzate da investitori altamente specializzati nella valutazione del Team
imprenditoriale e del mercato di riferimento.36
Il finanziamento di avvio o Early Stage financing è una tipologia di intervento al
capitale di rischio destinato al finanziamento della fase iniziale di sviluppo dell’azienda;
pur non conoscendo ancora la validità commerciale del prodotto/servizio, è già stata
superata con successo la fase di sperimentazione poiché il prodotto/servizio è stato già
sviluppato e testato, anche se solo a livello di prototipo, e, in alcuni casi, è stato già
brevettato. L’investitore continua ad intervenire con elevati apporti finanziari anche
35 http://www.finanziamentiprestitimutui.com/seed-capital/ 36 AIFI (2011), Libro Bianco – Proposte per lo sviluppo del venture capital in Italia
64
dopo che l’attività è stata avviata ma non si ha ancora un oggettivo riscontro della
validità commerciale del prodotto-servizio.
L’ultimo finanziamento è costituito dal Later Stage o finanziamento per lo sviluppo,
utile per la crescita e l’espansione dell’azienda, finalizzato a rafforzare e ad accrescere il
business. In tal caso, l’obiettivo del fondo del Venture Capitalist è quello di
accompagnare le proprie partecipazioni ad un livello di posizionamento strategico e di
organizzazione sufficientemente appetibili per investitori di maggiori dimensioni che
possano investire un volume di risorse sufficienti all’esplosione dimensionale delle
partecipate, accompagnandole verso una ulteriore fase di sviluppo (fase di Expansion),
consentendo l’ingresso in mercati competitivi internazionali.
2.4. I finanziatori delle startup
In questo paragrafo si vogliono presentare gli attori che prendono parte al finanziamento
delle startup, prendendo in considerazione le categorie più importanti: Business Angels,
Venture Capitalis e Incubatori di impresa. Accanto ad essi esistono anche altre figure di
investitori con obiettivi economici o no-profit che hanno interesse ad investire in
aziende ancora in fase embrionale come le startup. Tra queste ricordiamo:
• i Family Office: figure professionali chiamate a gestire, amministrare e
proteggere patrimoni familiari rilevanti ed articolati37; sono strutture altamente
professionali in grado di occuparsi, in chiave personalizzata, delle esigenze di
investimento, mobiliari ed immobiliari, ma anche di quelle fiscali, legali,
previdenziali. I Family Office svolgono essenzialmente tre funzioni base: a)
pianificazione e consulenza specialistica (inclusi servizi di advisory finanziario,
fiscale, strategio e filantropico); b) gestione investimenti (inclusa la asset
allocation, il risk management, le analisi e due diligence di investimento nonché
assistenza in tutte le transazioni e vendite di beni) e c) servizi di
amministrazione (inclusi la gestione dei rapporti con i fornitori di servizi, la
37 AIFO - http://www.familyofficer.it/
65
contabilità, e i servizi più propriamente relazionali fra i membri della Famiglia,
nella loro veste di beneficiari del patrimonio);38
• la Corporate Venture Capital CVC in cambio dell’investimento finanziario
riceve una quota di minoranza del patrimonio netto della società in cui investe;
l’obiettivo non è solo economico, ma anche strategico, in quanto il loro
interesse è di venire a conoscenza delle tecnologie e dei business model
innovativi concepiti dalle startup;
• le Fondazioni, organizzazioni no-profit che, attraverso la ricchezza privata,
investono per scopi pubblici o di beneficenza.
2.4.1. I Business Angels
I Business Angels sono delle persone fisiche che investono direttamente parte del
proprio patrimonio nelle fasi di avvio di un progetto imprenditoriale, assumendo anche
una responsabilità di gestione a fianco del portatore di progetto.39 Vengono anche
definiti investitori informali nel capitale di rischio di imprese, per sottolinearne la
differenza con gli investitori nel capitale di rischio di tipo formale, quali i fondi di
Venture Capital e Private Equity. Il Business Angel è una persona fisica con
disponibilità finanziaria che investe soldi propri, a sua totale e completa discrezione; il
Venture Capitalist, invece, è un gestore di fondi altrui e costituisce l’intermediario per
l'investitore.40 Il secondo aspetto che li differenzia dagli investitori istituzionale è
questo: i Business Angels, generalmente, sono ex titolari di impresa, manager in
pensione o in attività, liberi professionisti che hanno il gusto della sfida imprenditoriale,
il desiderio di poter acquisire parte di una società che operi in un business, spesso
innovativo, rischioso ma ad alto rendimento atteso, con l’obiettivo di realizzare nel
medio termine delle plusvalenze dalla vendita, parziale o totale, della partecipazione
iniziale. I Business Angels sono quindi degli “uomini di impresa”, dotati di un buon
patrimonio personale ed in grado di fornire all’impresa preziosi consigli gestionali e
conoscenze tecnico-operative, oltre a una consolidata rete di relazioni nel mondo degli
38 D.Maude - Global Private Banking and Wealth Management: The New Realities. 39 AIFI (2011), Libro Bianco – Proposte per lo sviluppo del venture capital in Italia 40 http://www.businesspeople.it/Business/Economia/La-rete-dei-business-angel-italiani.-Ecco-come-funziona_40911
66
affari.41 Rispetto ai Venture Capital, i Business Angels investono cifre minori ma più
celermente, intervenendo spesso nelle primissime fasi di impresa.
In Italia nel corso degli anni sono stati creati dei veri e propri “Business Angels
Network” (BAN), luoghi di incontro il cui compito è quello di mettere in contatto
Business Angels e imprenditori.
Particolare rilievo assume il Network nazionale IBAN (Italian Business Angels
Network) e il Network europeo EBAN (European Business Angels Network). L’IBAN
coordina i BAN territoriali (Bologna, Campania, Lazio, Umbria, Sardegna, Trentino e
Veneto) che hanno la caratteristica di agevolare l’incontro tra la domanda e l’offerta
all’interno di territori piuttosto circoscritti. Un’ulteriore forma associativa è
rappresentata dai Business Angel Club ossia gruppi di investitori riuniti con lo scopo di
condividere le proprie conoscenze e confrontarsi in modo diretto. I club più rilevanti in
Italia sono:
• Italian Angels for Growth, all’interno del quale ogni socio ha dato disponibilità
per un impegno economico pari o superiore a 100.000 euro;
• Gruppo Giovani Imprenditori Assolombarda, community che supporta gli
imprenditori e li avvicina ai finanziatori;
• Club degli Investitori di Torino.
Prima di decidere di investire un’impresa i Business Angels valutano 5 o 6 aziende in
modo approfondito: caratteristiche del prodotto o servizio su cui si investe, potenziale di
crescita, capacità manageriale, competenza e motivazione del Team. Cause di rifiuto
tipiche sono: elevato livello di rischio; mancanza di fiducia dell’imprenditore; redazione
di business plan poco soddisfacenti.42
41 http://www.startupper.it/i-business-angels-italiani 42 http://www.pmi.it/economia/finanziamenti/articolo/53099/business-angel-come-attirare-lattenzione-degli-investitori.html
67
2.4.2. I Venture Capitalist
I Venture Capitalist sono investitori professionisti, organizzati in piccole società, che
raccolgono fondi da investire da individui benestanti e investitori istituzionali. Sono
specializzati nel finanziare giovani imprese che tipicamente non hanno ancora prodotto
vendite, ma che hanno un potenziale di crescita e di guadagno importante: molte delle
imprese su cui s’investe sono startup che nascono attraverso il finanziamento di Venture
Capital.43 L’Associazione Italiana del Private Equity e del Venture Capital (AIFI)
definisce il Venture Capital come l'apporto di capitale azionario da parte di operatori
specializzati, in un'ottica temporale di medio-lungo termine, effettuato nei confronti di
imprese non quotate e con elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti o
servizi, nuove tecnologie, nuove concezioni di mercato.44 La filosofia di investimento di
un Venture Capitalist non è quella di assumere il controllo delle imprese partecipate o di
aumentare la sua quota di partecipazione. L'investitore istituzionale nel capitale di
rischio è per definizione un socio temporaneo, il cui obiettivo è il completamento del
progetto finanziato, al fine di consentire la remunerazione del capitale investito e il
conseguente smobilizzo dell'investimento.45 I Venture Capitalist non forniscono
solamente denaro all'azienda, ma spesso occupano seggi in consigli di amministrazione
e partecipano attivamente alle decisioni aziendali.
2.4.3. La figura dell’incubatore e dell’acceleratore d’impresa
Secondo la definizione data dalla Commissione Europea, un incubatore d’impresa è
un’organizzazione che accelera e rende sistematico il processo di creazione di nuove
imprese fornendo loro una vasta gamma di servizi di supporto integrati che includono
gli spazi fisici dell’incubatore, i servizi di supporto allo sviluppo del business e le
opportunità di integrazione e networking.46
43 Laura Bottazzi, Marco Da Rin (2001), Venture Capital in Europe and the Financing of Innovative Companies 44 http://www.aifi.it/mission/ 45 http://www.fondosocialeuropeo.it 46 http://www.incubatoritoscani.it/?page_id=99
68
L’incubatore è quindi una figura di supporto all’imprenditore che vuole avviare la
propria startup, fornendo una serie di risorse tangibili ed intangibili, a fronte di un
ridotto investimento o di una quota partecipativa nell’impresa stessa. Gli incubatori
forniscono assistenza manageriale, accesso a finanziamenti, consentono l’esposizione ad
attività imprenditoriali critiche e l’utilizzo di servizi di supporto tecnico.
L'incubatore agisce come un laboratorio aiutando l'imprenditore a capire come
sviluppare l'idea iniziale, in modo da perfezionarne la fattibilità sotto il profilo tecnico,
commerciale e finanziario. Tipicamente gli incubatori sono specializzati per settore, così
da ottimizzare l'impiego delle risorse a massimizzare il supporto fornito e ammettono
solo un numero limitato di startup per ogni programma, a seguito di un accurato
processo selettivo. Le startup possono operare in ambienti di co-working, ossia in open
space a fianco di altre giovani imprese, condividendo con queste scoperte, informazioni
e contatti. Il programma termina nel momento in cui la startup è pronta ad operare in
maniera autonoma. A questo punto, se l'idea è valida e se l'incubatore lo ritiene
opportuno, è possibile offrire un servizio ulteriore definito di accelerazione.
L'acceleratore di impresa è un incubatore che, superata la fase di validazione iniziale,
investe il proprio capitale nella startup, agendo come investitore istituzionale.
2.5. Strumenti per la valutazione della startup ai fini
d’investimento
Le startup, con lo scopo di reperire finanziamenti per supportare l’avvio della propria
attività, devono presentare il proprio progetto imprenditoriale ai possibili investitori. Per
procedere alla valutazione e prendere le proprie decisioni di investimento, gli investitori
possono consultare la documentazione prodotta dalle startup in cerca di finanziamento.
Questi documenti tipicamente sono: l’elevator pitch e il business plan.
2.5.1. Elevator pitch
L’elevator pitch è un documento sintetico volto a trasmettere l’idea di business,
evidenziandone i vantaggi e le strategie di sviluppo. Spesso lo screening iniziale viene
69
effettuato consultando questo documento, sulla base del quale vengono selezionate le
imprese più meritevoli alle quali sarà richiesto il business plan. Un buon elevator pitch
deve contenere:
• idea di business: descrizione concisa ed efficace del progetto e dei bisogni di
mercato che intende soddisfare;
• team: conoscenze dell’imprenditore e del suo staff;
• strategia di sviluppo: la condotta che l’impresa intende adottare per il proprio
sviluppo;
• profittabilità: breve descrizione delle previsioni economiche-finanziarie.47
2.5.2. Business plan
Il business plan è il documento che descrive il progetto imprenditoriale, le scelte
strategiche e le modalità operative, le prospettive economiche e il fabbisogno
finanziario connesso al progetto. Un business plan deve contenere:
• executive summary: la sezione più importante, deve rappresentare in maniera
concisa ma esaustiva gli argomenti che saranno approfonditi all’interno del
documento, una introduzione di poche pagine in grado di stimolare l’interesse
dell’investitore;
• società: presentazione della società, contiene una parte dedicata alle
informazioni generali quali forma giuridica, oggetto sociale, organigramma e
obiettivi e una parte dedicata alla storia dell’impresa. In tale ambito saranno
presentati i punti di forza e i successi ottenuti nonché le criticità che sussistono;
• settore: un’analisi del settore con particolare riferimento alla tipologia di clienti
cui il prodotto è rivolto nonché i fornitori e i concorrenti;
• prodotto: descrizione del prodotto venduto o del servizio erogato;
• mercato: analisi del mercato nel quale opera l’impresa e le proiezioni realistiche
sulle vendite della società;
47 http://www.pmi.it/economia/finanziamenti/articolo/53099/business-angel-come-attirare-lattenzione-degli-investitori.html
70
• team: caratteristiche e ruoli delle persone che lavorano in azienda comprensivo
di conoscenze e background professionali di ciascuno di essi;
• strategie: modalità con le quali conseguire gli obiettivi prefissati;
• marketing: campagne pubblicitarie e reti distributive che si intendo utilizzare;
• piano operativo: descrizione delle attività che si intende intraprendere al fine del
raggiungimento degli obiettivi aziendali compresa la produzione e la
commercializzazione dei prodotti, le attività di ricerca e sviluppo, gli impianti e
il personale;
• piano economico finanziario: evidenzia l’ammontare dei capitali necessari a
consentire lo sviluppo del progetto imprenditoriale. Il piano deve presentare stati
patrimoniali e conti economici dei futuri 3 o 5 anni.48
2.6. L’innovazione e il ruolo delle startup
Tradizionalmente, l'innovazione si è sviluppata all’interno delle grandi aziende, dotate
di dipartimenti di Ricerca&Sviluppo predisposti e aventi a disposizione grandi somme
di budget, gli strumenti e le risorse necessarie a creare qualcosa di nuovo. Negli ultimi
anni, tuttavia, molti nuovi mercati sono nati grazie alle innovazioni introdotte da
aziende di piccole dimensioni e con un breve periodo di vita: le startup. Partendo da
un’idea e investendo in modo accurato ed ottimale tempo e risorse, sono state capaci di
sviluppare un'idea innovativa, fino a portarla sul mercato, avviando così un’impresa
economicamente sostenibile. Per questo motivo quindi l’attenzione del mondo
economico si è progressivamente accesa sullo scenario delle startup.
L’innovatività si è progressivamente trasferita dalle grandi aziende consolidate alle
piccole imprese appena nate, soprattutto per due motivi:
• le nuove tecnologie hanno ridotto l’importanza dei fattori di scala in numerosi
settori;49
48 http://www.pmi.it/economia/finanziamenti/articolo/53099/business-angel-come-attirare-lattenzione-degli-investitori.html 49 Meijaard 2001
71
• l’aumento dell’innovatività ha ridotto il ciclo di vita dei prodotti e delle
tecnologie.
Le piccole imprese sono favorite in questo senso, in quanto più flessibili e
maggiormente predisposte al cambiamento. Inoltre, il crescente grado di incertezza del
mondo economico a partire dagli anni ’70 ha creato più spazi per l’ingresso di nuove
imprese innovative, con una rapida crescita di settori ad alto contenuto tecnologico.
L’innovazione nelle grandi imprese trova i due ostacoli principali nella difficoltà di
introduzione e diffusione del cambiamento e nella paura di fallire. Quando si parla di
innovazioni radicali sono necessari dei cambiamenti strutturali e l'acquisizione di
capacità specifiche (tipicamente tecnologiche) spesso non possedute all’interno
dell’azienda e difficili da integrare. Inoltre nelle grandi aziende la paura di fallire è
molto elevata, a causa di possibili conseguenze come lo spreco di budget e di risorse a
disposizione. Pertanto il management tende a non rischiare di operare in condizioni di
elevata incertezza, evitando così di investire risorse critiche quali tempo, denaro e
capitale umano per sviluppare qualcosa di cui non si ha la sicurezza di poter avere un
ritorno significativo dell'investimento realizzato.
Per loro natura invece le startup sono caratterizzate da rischio elevato ed elevata
probabilità di fallimento; tuttavia il fallimento stesso è visto in una prospettiva diversa e
con un’accezione positiva che non appartiene alle grandi aziende.
La fase di startup di un’impresa infatti segue quella in cui l’imprenditore ha un’idea e
progetta il proprio business senza però dar vita ad una struttura organizzativa, ed è
caratterizzata da costi certi a fronte di ricavi incerti. Le startup infatti solitamente
presentano un rischio più elevato rispetto alle aziende già consolidate sul mercato,
rischio che esalta sia le prospettive di guadagno sia la possibilità di perdite. Queste
compagnie, in caso di successo, traggono il loro vantaggio dal fatto che, essendo state
appena avviate, utilizzano generalmente una limitata quantità di risorse sia umane sia
finanziarie. Tuttavia si può comprendere facilmente come l’incertezza e il rischio di
fallimento siano elevate quando si parla di startup per la loro intrinseca natura
innovativa. L’incertezza può essere più o meno elevata a seconda che la startup
72
introduca innovazioni incrementali o radicali: le innovazioni incrementali puntano al
miglioramento di qualcosa già esistente, operando in un contesto di incertezza
contenuta; le innovazioni radicali introducono novità mai viste prima, né dagli utenti, né
dai concorrenti, e comportano quindi la creazione di un nuovo mercato in quando
soddisfano nuovi bisogni e si rivolgono ad una nuova tipologia di domanda. Per questo
motivo le condizioni in cui opera un’azienda che introduce un’innovazione radicale
sono caratterizzate da un livello di incertezza più elevato. Operare in un contesto
caratterizzato da un elevato grado di incertezza implica maggiori possibilità di
fallimento. Tuttavia come accennato il fallimento non è visto dalla startup come un
limite, ma come uno strumento fondamentale per imparare dagli errori, evolversi e
avere successo. Negli Stati Uniti, in particolare nella Silicon Valley, culla mondiale
dell’innovazione, il fallimento non è considerato un limite, bensì un pregio, perché
stimola a voler provare, sperimentare e reiterare accelerando il raggiungimento del
successo.
2.7. Il contesto Europeo e Internazionale
Il fenomeno di creazione di una startup non può essere studiato se non
contestualizzandolo nella realtà in cui nasce: sono infatti da tenere in considerazione i
fattori esogeni che possono condizionare tale processo, in particolare la componente
geografica. Analizzando le differenze fra le diverse nazioni, il primo fattore
differenziante è l’accesso al capitale esterno: Paesi caratterizzati da mercati efficienti,
ovvero con sistemi bancari sviluppati e con la presenza sul territorio di Venture
Capitalists e Business Angels, favoriscono la nascita e lo sviluppo di nuove imprese,
mentre dove l’accesso al capitale è difficoltoso la nascita di nuove imprese non ha le
stesse facilitazioni e la maggior parte dei lavoratori autonomi è attivo nel settore
primario; si crea così la prima netta spaccatura tra il mondo occidentale e le economie in
via sviluppo.50 Da un lato quindi l’imprenditorialità è segnata dall’economia del Paese,
però esiste anche un aspetto duale della situazione, in quanto sono proprio gli
imprenditori a trasformare la realtà economica dei Paesi; la nascita di uno spirito
50 Blanchflower D. G., Oswald A., Stutzer A., “Latent entrepreneurship across nations” 2001
73
imprenditoriale è ciò che permette di trasformare economie rurali e agricole in
economie industriali, trasformando Paesi arretrati in emergenti.51
Le politiche pubbliche introdotte dai vari Paesi in un quadro sia Europeo, che
internazionale hanno permesso a ciascun Paese di sviluppare e rafforzare il proprio
sistema imprenditoriale, cercando meccanismi diretti ad incentivare lo sviluppo di
nuove attività.
Leader incontrastato dell’innovazione e dell’alta tecnologia restano gli Stati Uniti che
da anni possono contare su solidi rapporti tra università e imprese. In particolare nella
Silicon Valley sono nati colossi della tecnologia come Google, Hewlett-Parkard e Cisco
System, che alimentano la nascita continua di startup che contribuiscono allo spirito
innovativo della regione e alla sua solida economia. Negli anni gli USA hanno adottato
interventi volti a semplificare e migliorare lo sviluppo e la crescita economica.
Nel 2011 è stato convertito in legge l’America Invents Act che disciplina in modo più
snello il rilascio di brevetti, permettendo il rilascio del brevetto al soggetto che richiede
per primo il deposito della domanda di protezione dello stesso, evitando la ricerca del
soggetto che aveva ideato e attuato l’invenzione.52
I programmi di governo, fortemente orientati al sostegno delle startup innovative, hanno
rappresentato uno dei fattori di successo delle migliaia di aziende ad alta tecnologia
della Silicon Valley.
Negli Stati Uniti le startup hanno creato tre milioni di posti di lavoro. Dopo il lancio da
parte del presidente Obama di “Startup America” il settore privato statunitense ha
sviluppato un partenariato tra imprenditori, multinazionali, università, fondazioni,
consapevoli del fatto che il 40% della ricchezza americana di oggi è prodotto da imprese
che trent’anni fa non esistevano nemmeno.53
Nel febbraio 2013 inoltre è stato presentato lo Startup Act 3.0, per facilitare i visti agli
investitori stranieri che arrivano in America. La normativa vuole incentivare gli
investimenti in nuove imprese, accelerare la commercializzazione della ricerca
51 Naudè W., “Entrepreneurship, developing countries, and development economics: new approaches and insights” 2010 52 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013 53 Rapporto Restart Italia, 2012
74
universitaria e migliorare il processo di regolamentazione per la costituzione di un
nuovo business.
In Germania si sono introdotti interventi normativi per agevolare la nascita di idee
innovative e quindi di startup. Dal 2008 sono stati introdotti modelli societari facilitanti,
quali ad esempio la “Mini -GmbH”, che permette alle società , nella fase iniziale, di
avere un capitale sociale di solo 1 euro. Non risultano previste particolari agevolazioni
fiscali appositamente destinate alle startup ma la pressione fiscale del Paese risulta
comunque minore di altre realtà internazionali. Finanziamenti pubblici diretti alle
startup, come ad esempio, l’Exist Business Start-Up Grant, aiutano i ricercatori, laureati
e studenti universitari a sviluppare proprie idee innovative.54
La Francia è stato il primo Paese a consentire, a partire dal 2003, la costituzione di una
Société à responsabilité limitée (Sarl), con la dotazione di un capitale minimo pari ad un
centesimo di euro, per agevolare le imprese nascenti.55
Nell’introdurre gli interventi normativi a favore della nascita delle startup nel nostro
Paese nel 2012, sono stati presi molti spunti dalla realtà francese: in Francia esiste una
tipologia societaria con ridotto carico fiscale per agevolare le PMI innovative, la Jeune
Entreprise Innovante (JEI); è presente inoltre la figura della Jeune Entreprise
Universitaire (JEU), che sostiene le giovani società che valorizzano il lavoro di ricerca
di giovani dottorandi o in possesso di master da meno di cinque anni.56
Oltre agli sgravi fiscali, le imprese che investono in innovazione possono beneficiare
anche del supporto di OSEO, una public holding che facilita l’accesso ai finanziamenti
tramite sovvenzioni o prestiti a interessi zero. La sua missione è intervenire nei progetti
rischiosi, laddove sia più difficile trovare finanziatori, addossandosi parte dei rischi e
fungendo da partner delle imprese.57
In Spagna sono stati introdotti dei progetti di riforma per creare un ambiente sociale,
culturale e professionale favorevole alla nascita e allo sviluppo di imprese innovatrici,
ponendo particolare attenzione al legame tra formazione universitaria-professionale e
capacità di fare impresa, e introducendo anche agevolazioni da un punto di vista
54 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013 55 Fregonara, 2013 56 Rapporto Restart Italia, 2012 57 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013
75
amministrativo, fiscale, con interventi a livello nazionale quali ad esempio il Proyecto
del ley 121/000052 del 2013.58
In Belgio dal 2010 è stata introdotta una nuova forma societaria per agevolare la nascita
di nuove imprese innovative: la Société privée à responsabilité limitée-“Starter” (SPRL-
S), variante della Société privée à responsabilité limitée (SPRL) che può essere
costituita con un capitale minimo di un euro ed avente una natura temporanea poiché la
sua durata è pari al massimo a cinque anni.59
In Gran Bretagna nel 2011 è stata lanciata StartUp Britain, una grande campagna
nazionale patrocinata dal governo ma concepita e finanziata da imprenditori, per
promuovere e accelerare la nascita di nuove imprese innovative, supportate dalle
capacità e dalle conoscenze degli imprenditori.60
L’ Austria ha recentemente introdotto un pacchetto di misure di oltre cento milioni di
euro in sei anni, destinato a giovani imprenditori, come forma di sostegno diretta anche
agli investimenti in startup.61
In ambito internazionale, al di fuori del contesto europeo, oltre agli Stati Uniti, altri
esempi interessanti di Paesi che hanno adottato interventi a sostegno dell’innovazione
sono i seguenti.
Israele, dopo aver lanciato nel 1993 il programma Yozma a favore delle startup, è
diventato in pochi anni il Paese con il più alto numero di società quotate al Nasdaq e di
brevetti pro capite high-tech nel settore medicale.62
Lo Stato di Israele oggi rappresenta un Paese ideale per gli investimenti, caratterizzato
da uno spirito imprenditoriale innovativo, tecnologie all’avanguardia e un’economia
incentrata sulla nascita e crescita delle startup. Israele investe circa il 4,25% del PIL in
R&S, che è il più alto rapporto di qualsiasi Paese al mondo, ed è il Paese con la più alta
densità di nuove imprese. Infatti, sono presenti circa 4000 startup tecnologiche sul
territorio israeliano, e circa 70 fondi di venture capital attivi, di cui 14 venture capitalist
internazionali con uffici in Israele.63
58 Cian, 2013 59 Fregonara, 2013 60 Rapporto Restart Italia, 2012 61 Rapporto Restart Italia, 2012 62 Rapporto Restart Italia, 2012 63 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013
76
In Cile nel 2011 è stato lanciato programma “Startup Chile” con l’obiettivo di creare il
polo tecnologico più importante dell’America Latina, capace di attrarre investitori e
capitali e favorire la nascita di aziende innovative.64
Dall’analisi affiora come le politiche economiche degli altri Paesi abbiano giocato un
ruolo fondamentale nella promozione e nel sostegno degli sforzi innovativi delle
imprese.
2.8. Le startup in Italia
Le startup sono nate negli Stati Uniti più di 25 anni fa, ma solo dal 2012 in Italia
vengono riconosciute ufficialmente dalla legislazione italiana. Con un serie di interventi
normativi si mira a favorire la nascita e lo sviluppo delle nuove iniziative
imprenditoriali, al fine di ridurre la disoccupazione giovanile ma anche di agevolare ed
assistere le imprese nella fase di avvio, evitando che lo scenario attuale di crisi
rappresenti un ostacolo insormontabile.
Il 4 ottobre 2012 il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge contenente
“Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” (D.L 179/2012). La sezione IX del
Decreto (articoli 25-32) è dedicata alle misure specifiche per favorire la nascita e lo
sviluppo delle startup innovative, che per la prima volta vengono riconosciute dalla
legislazione italiana.65
Le norme sulle startup sono ispirate al Rapporto Restart, Italia! elaborato dalla Task
Force sulle startup. Composta da dodici esperti provenienti dal mondo dell’impresa, del
Venture Capital, dell’accademia, del giornalismo e della Pubblica Amministrazione, la
Ttask Force è stata istituita nell’aprile 2012 dal Ministro dello Sviluppo Economico
Corrado Passera. In seguito a un processo di gestazione, il Rapporto Restart, Italia! è
stato reso pubblico il 13 settembre 2012. Una volta approvato dal Consiglio dei
Ministri, il Decreto Legge n.179/2012 è stato firmato dal Presidente della Repubblica
64 Studio I - Com per la Fondazione Lilly, 2013 65 http://www.italiastartup.it/wp-content/uploads/2013/07/Legge_startup-SINTESI-rev.pdf
77
Giorgio Napolitano ed è stato pubblicato il 18 ottobre in Gazzetta Ufficiale. L’iter di
conversione del Decreto Legge è stato completato dal Parlamento il 13 dicembre 2012.
La nuova normativa sulle startup mira a promuovere la crescita sostenibile, lo sviluppo
tecnologico e l’occupazione, in particolare giovanile, lo sviluppo di una nuova cultura
imprenditoriale, la creazione di un ecosistema maggiormente incline all’innovazione,
così come a favorire una maggiore mobilità sociale e ad attrarre in Italia talenti e
capitali dall’estero. La normativa a favore delle startup innovative non riguarda un solo
settore, ma fa riferimento potenzialmente a tutto il mondo produttivo.
I contenuti principali della nuova legge sono:
1. Definizione di startup: la normativa si riferisce esplicitamente alle “startup
innovative” per evidenziare che il target non include qualsiasi nuova impresa ma
è incentrato su quelle il cui business è chiaramente legato all’innovazione e alla
tecnologia. Per beneficiare delle misure di sostegno, la startup deve presentare le
seguenti caratteristiche: (a) avere la sede principale in Italia; (b) essere operativa
da meno di quattro anni; (c) avere meno di 5 milioni di euro di fatturato; (d) la
maggioranza delle quote o azioni rappresentative del capitale sociale e dei diritti
di voto nell’Assemblea ordinaria dei soci deve essere detenuta da persone fisiche
almeno per i primi 24 mesi di operatività; (e) non deve distribuire utili; (f) avere
come business esclusivo o prevalente l’innovazione tecnologica. La startup
soddisfa quest’ultimo requisito se almeno il 20% delle proprie spese sono in
Ricerca & Sviluppo (R&S), oppure se almeno un terzo del Team è composto di
dottorandi o dottori di ricerca o da personale che ha svolto attività di ricerca per
almeno tre anni, oppure se è proprietaria o depositaria o licenziataria di un
brevetto.
2. Definizione di startup a vocazione sociale: possiede gli stessi requisiti delle altre
startup, ma opera in alcuni settori specifici che la legge italiana considera di
particolare valore sociale.
3. Definizione di incubatore certificato: attraverso la verifica da parte
dell’incubatore o acceleratore di startup del possesso di alcuni requisiti specifici
78
relativi ai locali, al management, alle attrezzature e soprattutto al track record. In
questo modo la legge mira a individuare quali strutture in Italia offrono
realmente ed efficacemente servizi di incubazione.
4. Le startup e gli incubatori certificati devono registrarsi in una sezione speciale
del Registro delle imprese creata ad hoc presso le Camere di Commercio. Questa
registrazione permette di dare pubblicità, effettuare controlli e garantire il
monitoraggio dell’impatto che la nuova legislazione avrà sulla crescita
economica e l’occupazione.
5. Abbattimento degli oneri per l’avvio d’impresa: la startup, a differenza delle
altre aziende, non dovrà pagare gli oneri di costituzione e registrazione presso le
Camere di Commercio.
6. Disciplina in materia di lavoro applicabile alle startup: la startup potrà assumere
personale con contratti a tempo determinato della durata minima di 6 mesi e
massima di 36 mesi. All’interno di questo arco temporale, i contratti potranno
essere anche di breve durata e rinnovati più volte. Dopo 36 mesi, il contratto
potrà essere ulteriormente rinnovato una sola volta, per un massimo di altri 12
mesi, e quindi fino ad arrivare complessivamente a 48 mesi. Dopo questo
periodo, il collaboratore potrà continuare a lavorare in startup solo con un
contratto a tempo indeterminato. La norma è scritta anche in modo da
contrastare il rischio di finte Partite IVA passati i 48 mesi.
7. La startup potrà remunerare i propri collaboratori con stock option e i fornitori di
servizi esterni attraverso il work for equity. Il regime fiscale e contributivo che si
applica a questi strumenti è vantaggioso e concepito su misura rispetto alle
esigenze tipiche di una startup. Anche gli incubatori certificati possono accedere
a questi strumenti.
8. Credito d’imposta: è previsto un accesso prioritario alle agevolazioni per le
assunzioni di personale altamente qualificato nelle startup innovative e negli
incubatori certificati.
9. Introduzione di incentivi fiscali per investimenti in startup provenienti da
aziende e privati per gli anni 2013, 2014 e 2015. Gli incentivi valgono sia in
caso di investimenti diretti in startup, sia in caso di investimenti indiretti per il
tramite di altre società che investono prevalentemente in startup.
79
10. Introduzione del crowdfunding.
11. Accesso semplificato, gratuito e diretto per le startup al Fondo Centrale di
Garanzia, un fondo governativo che facilita l’accesso al credito attraverso la
concessione di garanzie sui prestiti bancari. Gli incubatori certificati possono
beneficiare dello stesso trattamento speciale riservato alle startup.
12. Sostegno ad hoc nel processo di internazionalizzazione delle startup da parte
dell’Agenzia ICE. Il sostegno include l’assistenza in materia normativa,
societaria, fiscale, immobiliare, contrattualistica e creditizia, l’ospitalità a titolo
gratuito alle principali fiere e manifestazioni internazionali, e l’attività volta a
favorire l’incontro delle startup innovative con investitori potenziali per le fasi di
early stage capital e di capital e di espansione.
13. Introduzione di procedure volte a rendere più rapido e meno gravoso il processo
che si mette in moto nel caso in cui la startup non decolla. Questa misura mira
ad evitare che l’imprenditore possa affrontare più agevolmente il procedimento
liquidatorio e che sia limitato il rischio che resti “marchiato” come “qualcuno
che ha fallito”.
14. Lancio di un concorso per realizzare una campagna nazionale per promuovere
una migliore comprensione e consapevolezza nell’opinione pubblica,
specialmente tra i giovani, sul ruolo dell’innovazione e delle opportunità offerte
dalla nuova legislazione in materia di startup.
15. Creazione di un meccanismo di valutazione sistematica e di monitoraggio delle
politiche attraverso la raccolta costante di dati e analisi dell’impatto della nuova
normativa, con il supporto dell’ISTAT.66
A tre anni dall’introduzione di tali interventi normativi, i risultati sono positivi ed
incoraggianti. Cerved ha avviato una collaborazione con Italia Startup per analizzare il
fenomeno delle startup innovative e i dati che emrgono dall’indagine confermano il
crescente e promettente sviluppo delle startup innovative nel contesto delle nuove
imprese nate in Italia. Tra febbraio 2013 e dicembre 2014 si sono iscritte alla sezione
66 http://www.italiastartup.it/wp-content/uploads/2013/07/Legge_startup-SINTESI-rev.pdf
80
speciale del Registro delle Imprese 3.295 società, delle quali più di un terzo (1.256) nate
nel 2014 (+36% sul 2013 - 923 aziende).
Più dell’80% delle startup innovative (2,6 mila) opera nel terziario, con una presenza
diffusa soprattutto nella produzione di software e nella consulenza informatica (975),
nella ricerca scientifica (478), nelle attività di supporto ai servizi di informazione, come
ad esempio i portali web (313), e negli studi di architettura e ingegneria (201). Va
segnalato comunque un buon numero di imprese innovative anche nei settori industriali
(516), soprattutto nella fabbricazione di computer (128) e nella meccanica (108). Le
imprese che operano nel commercio al dettaglio sono 81.
Figura 25: Le startup innovative per settore in Italia. Fonte: Cerved
313
128
108
101
478
975
79
81
95
201
Fabbricazioni di apparecchiature
elettriche e non ad uso domestico
Commercio al dettaglio
Altre attività professionali,
scientifiche, tecniche
Consulenza gestionale
Fabbricazioni di macchinari e
apparecchiature
Fabbricazioni di computer e prodotti
di nelettronica
Studi di architettura e ingegneria
Servizi di informazione e altri servizi
informatici
Ricerca scientifica e sviluppo
Produzione di software e consulenza
informatica
Base: valori assoluti
81
Dal punto di vista geografico, le startup innovative si concentrano soprattutto in
Lombardia (714, il 22% del totale), Emilia Romagna (373, 11,5%) e Lazio (310, 9,5%).
Figura 26: Le startup innovative per regione in Italia.
Fonte: Cerved
94
735436
115121137142
193209231255
310373
714
101419
93
Val d'AostaMolise
BasilicataUmbriaLiguria
CalabriaFriuli Venezia Giulia
SardegnaTrentino Alto Adige
SiciliaMarche
PugliaCampania
ToscanaPiemonte
VenetoLazio
Emilia RomagnaLombardia
Base: valori assoluti
82
Confrontando le caratteristiche degli startupper con quelle degli imprenditori di nuove
società di capitali, è maggiore tra gli startupper la presenza di chi è alla prima
esperienza (39% contro 30% nel 2014), non avendo in passato ricoperto ruoli di vertice
negli organi amministrativi o sociali di altre aziende. E’ minore la presenza femminile
(18% contro 27%). Le statistiche indicano che il nostro sistema ha una capacità limitata
di attrarre imprenditori con idee innovative dall’estero: sono infatti solo 46 gli
startupper nati all’estero nel 2014, il 4% dei fondatori.
Figura 27: Caratteristiche di startupper e imprenditori di nuove società di capitali in Italia.
Fonte:Cerved
39%
30%
startup innovative
newco
18%
27%
startup innovative
newco
4%
9%
startup innovative
newco
Senza esperienza
Base: % sul totale fondate
nel 2014
Donne
Stranieri
83
Analizzando l’età degli startupper: nell’ultimo anno oltre un terzo degli startupper ha
meno di 35 anni. La presenza di under 25 è solo del 5,3 % , probabilmente per la
maggiore presenza di laureati tra coloro che fondano una startup innovativa rispetto a
chi avvia una società di capitale.67
Figura 28: Distribuzione per età degli startupper in Italia. Fonte:Cerved
2.9. L’importanza delle startup nel settore Retail
Qualsiasi settore economico, da quelli intrinsecamente più innovativi a quelli più
tradizionali, come il Retail, sta sperimentando una forte trasformazione digitale del
proprio business, a causa delle trasformazioni economiche, sociali e tecnologiche in
atto.
La digital economy ha portato una vera e propria rivoluzione, cambiando quello che era
il mercato di riferimento, la figura del consumatore e i potenziali competitors. La digital
innovation ha consentito a soggetti del tutto nuovi, quali le startup, di cambiare le regole
in tutti i settori di mercato in maniera repentina e improvvisa, grazie non solo
all’introduzione di nuove tecnologie, ma anche al concepimento di business model
rivoluzionari.
67 http://www.economyup.it/startup/2624_startup-innovative-in-italia-36-in-un-anno.htm
5.3%
28.2%
32.6%
23.9%
10.0%
Base: % sul totale fondate nel 2014
oltre 55 anni
26-35 anni
36-45 anni
46-55 anni
meno 25 anni
84
Anche settori più tradizionali, come turismo, trasporti, servizi bancari, Retail,
distribuzione,… non devono sottovalutare la potenzialità dirompente dell’innovazione
digitale di cui le startup sono portatrici. Ne sono un esempio imprese come AirBnb,
Uber, Spotify, che sono riuscite a trasformare radicalmente alcuni segmenti del mercato
(turismo, trasporti e musica in questi casi specifici) e a mettere in crisi alcune grandi
aziende leader del settore. Le startup infatti sono in grado di creare innovazione e
accelerare la trasformazione verso la digital economy.
Diventa quindi un imperativo per i big player anche di settori tradizionali, come il
Retail, monitorare ed entrare in contatto con realtà innovative, non solo per difendersi
da una potenziale riduzione del proprio ruolo e della propria crescita, ma anche e
soprattutto per sostenere chi è in grado di reimmaginare in chiave digitale processi,
servizi, logiche, prodotti e modalità di consumo, in modo da trarne benefici per il
proprio business.68 La disruptive innovation infatti deve essere tenuta in considerazione,
ma non deve essere considerata una minaccia, bensì un’opportunità. E i settori
tradizionali, come il Retail, non devono sentirsi immuni al cambiamento, in quanto,
come affermato da L. Downes e P. F. Nunes in “Big-bang disruption”, “today every
business is a digital business”, ovvero ogni attività economica può essere oggetto di
riconcezione alla luce delle potenzialità offerte dall’ultima ondata di tecnologie digitali
e dalle trasformazioni negli stili di vita da esse indotte.
La disruption di cui Downes e Nunes parlano ha un’accezione radicale da non
sottovalutare: non sono tanto le imprese leader in un’area di business a sparire (o quasi)
in quanto scalzate e sostituite da altre, ma sono le aree di business stesse a perdere la
loro ragion d’essere perché le funzionalità che le caratterizzavano vengono soddisfatte
in modo diverso e a costi spesso nulli (o quasi).69
L’aspetto duale è che non solo le aziende che l’innovazione la subiscono devono
monitorare le aziende innovatrici, ma anche queste ultime devono, in caso di successo,
riuscire a gestirlo con una struttura aziendale flessibile (outsourcing e scalabilità della
produzione in tempi rapidi) in modo da soddisfare la domanda crescente in tempi
rapidissimi. Con altrettanta rapidità, saper poi disinvestire gli asset per prepararsi alla
prossima innovazione “distruttiva” creata dall’innovatore stesso o da qualche altro
68 http://www.windbusinessfactor.it/news-eventi/startup-e-finanza/come-startup-rivoluzionano-economia/27664 69 http://www.digital4.biz/executive/approfondimenti/le-opportunita-della-disruptive-innovation_43672152865.htm
85
player.70 Per questa ragione le startup devono entrare in contatto con le imprese del
settore già esistenti e consolidate, per imparare a “fare impresa” e quindi a gestire il
successo che l’innovazione vincente introdotta ha portato. Soprattutto in settori
tradizionali come il Retail, caratterizzato dalla presenza di big player, colossi del
mercato, le startup possono ricevere supporto in termini di competenze per il
trasferimento tecnologico, strutture e asset, entrando in contatto con queste aziende
consolidate che già li possiedono.
E’ dunque molto importante per un'azienda startup sviluppare relazioni con partner
industriali e commerciali, che spesso possono determinare la riuscita nello scopo finale
dell'azienda che, non è trovare un finanziatore, ma entrare e stare nel mercato, vendere,
fatturare, generare ricavi e posti di lavoro. La startup deve imparare a gestire molto
presto i rapporti con le big company, che oltre a quanto sviluppato internamente in
R&D, hanno sempre e comunque il radar in funzione per quanto emerge anche
dall'esterno. Ciò che emerge è che la startup e la grande azienda possono rappresentare
una per l'altra una preziosa risorsa.71
Concentrando l’attenzione sull’Italia, si può osservare a tal proposito come la realtà
industriale sia caratterizzata da una forte dicotomia: il know how tecnologico e
produttivo è ancora molto elevato, quindi sono presenti soggetti in grado di introdurre
innovazione, tuttavia la capacità di trarne un soggetto in grado di competere
globalmente (l’impresa) è una caratteristica non sempre coesistente con la capacità di
generare innovazione. In estrema sintesi non vi sono oggi le condizioni affinché in Italia
possa nascere ex-novo una grande impresa in grado di agire massivamente
sull’occupazione del territorio di pertinenza. Alla luce di ciò sono due gli obiettivi che
ragionevolmente ci si può prefissare. Primo: creare l’ecosistema adatto affinché i
soggetti industriali superstiti di dimensione significativa permangano (magari attirando
qualche investimento straniero) e crescano; secondo: creare le condizioni affinché
possano nascere molteplici PMI innovative che possano veicolare una trasformazione
70 http://ideas.sdabocconi.it/teo/archives/429 71 http://it.startupbusiness.it/news/startup-e-big-company-come-e-perche-essere-amici-spiegato-da-federico-francini-di-fujitsu/76769/
86
industriale multidisciplinare, integrata con i servizi e connessa in reti d’impresa
complesse.72
2.9.1. Rapporto tra big player e startup nel settore Retail a
livello internazionale
Abbiamo già affermato come in molti Paesi le startup abbiano già trovato da tempo
terreno più fertile per nascere e svilupparsi rispetto allo scenario italiano. Con
l’obiettivo di sostenere la crescita economica e l’introduzione dell’innovazione, in
numerose nazioni sono stati introdotti interventi normativi che favoriscono il fiorire di
queste tipologie di imprese.
Anche i big player del settore Retail riconoscono la necessità di introdurre innovazioni
digitali per mantenere, difendere e accrescere la propria posizione nel mercato. Molte di
queste aziende vedono nelle startup il mezzo più rapido per raggiungere questo
obiettivo; i mezzi con cui i big player possono entrare in contatto con le startup sono
essenzialmente due: la costituzione di incubatori/acceleratori di impresa o l’acquisizione
e/o la partnership con le startup.
Vediamo degli esempi di retailer che hanno implementato incubatori/acceleratori di
impresa:
o JLAB - acceleratore di impresa di John Lewis. JLAB è un programma offerto
alle startup dal retailer John Lewis, catena di department stores con 38,100
dipendenti e un fatturato pari a £4.060 billion (2013), operante in UK nei settori
abbigliamento uomo/donna, elettronica/informatica, beauty, articoli per
bambini,…
JLAB è nato nel 2014 e offre a dieci startup la possibilità entrare in contatto con
il retailer per supportarlo nell’introduzione di innovazioni digitali e nel
72 http://www.mark-up.it/wp-content/uploads/sites/3/2014/07/056_059_MARKUP231_07_2014_Finanziamenti.pdf
87
cambiamento del proprio business model.73 Lo scopo di JLAB è quello di
identificare e sviluppare innovazioni tecnologiche che saranno parte della
shopping experience del futuro e di garantire a John Lewis un vantaggio
competitivo nell’incontrare le esigenze della clientela. Le innovazioni ritenute
più importanti sono quelle che permettono la raccolta, l’elaborazione e l’analisi
dei dati finalizzati a migliorare la customer experience, le soluzioni di
pagamento innovativo e le soluzioni che permettono la riduzione di attività a
basso valore aggiunto.74 Paul Coby, IT Director di John Lewis afferma che
l’innovazione è il cuore di John Lewis e JLAB ha aperto una nuova strada per
esplorare le tecnologie che cambieranno il modo di acquistare nel futuro. La
startup vincitrice della prima edizione 2014 è stata Localz, specializzata in
“microlocation tecnology”, che utilizza le tecnologie IBeacon, WiFi, GPS, QR
code e NFC (Near-field communication) per calcolare la posizione del cliente
nel punto vendita. L’applicazione è particolarmente utile per semplificare e
velocizzare la procedura Click&Collect offerta negli store del brand.75 Altre
finaliste sono state: Space Designed (App che permette ai consumatori di creare
e visualizzare versioni 3D virtuali delle stanze delle proprie case e inserirvi
nuovi oggetti d’arredamento potenziali per vedere come stanno), Tap2Connect
(servizio post vendita che usa etichette Smart per aumentare l’engagement della
clientela), Viewsy (sensori all’interno del negozio per monitorare il
comportamento del consumatore in-store con raccolta dei dati a supporto del
processo decisionale).76 Tra le finaliste dell’edizione 2015 troviamo: Qudini
(App che aiuta il retailer a raccogliere informazioni sul comportamento della
clientela in punto vendita), a conferma dell’interesse del retailer relativo al
miglioramento della customer experience.77
73 http://jlab.co.uk/about/ 74 http://www.telegraph.co.uk/technology/news/11113542/JLAB-meet-the-startups-bringing-John-Lewis-into-the-digital-age.html 75 http://www.telegraph.co.uk/technology/news/11127958/John-Lewis-crowns-iBeacon-startup-Localz-the-winner-of-JLAB.html 76 http://www.telegraph.co.uk/technology/news/11113542/JLAB-meet-the-startups-bringing-John-Lewis-into-the-digital-age.html 77 http://www.techworld.com/startups/how-enterering-john-lewis-jlab-accelerated-my-startup-business-3625795/
88
o TESCO LABS: incubatore creato da TESCO, gruppo di distribuzione britannico
attivo a livello internazionale. Si tratta del primo gruppo di distribuzione del
paese, con più di duemila punti vendita, e di uno dei maggiori d'Europa, con
273.028 dipendenti e un fatturato di £42,641 miliardi (2006). Gli obiettivi che il
retailer si propone con l’incubatore di startup sono di portare l’innovazione in
tutti i settori aziendali e migliorare la customer experience per aumentare la
retention. L’azienda britannica continua a vedere nell’innovazione uno dei driver
fondamentali della propria crescita che passa attraverso la soddisfazione del
cliente. In particolare individua nel Mobile Commerce il terreno della
competitività per le aziende del settore che in tal senso dovranno elaborare
risposte innovative.78 Non a caso sta testando un servizio di pagamenti mobili
per permettere agli utenti in tutto il Regno Unito di fare acquisti e accumulare
punti fedeltà sui loro smartphone. Al momento il servizio PayQwig è attivo in
16 Tesco Express nella città di Londra e in 26 supermercati ad Edimburgo. Al
momento del pagamento l’App genererà un QR Code che opportunamente
scansionato determina l’effettuazione del pagamento e l’accumulo dei punti
fedeltà. Inoltre ha portato nell’aeroporto londinese Gatwick l’esperimento già
testato con successo in Corea: inquadrando il codice del bene che si vuole
acquistare con lo smartphone, sarà possibile effettuare l’acquisto e farselo
recapitare a casa. I clienti hanno la possibilità di fare shopping da ampi maxi-
schermi posizionati tra i gate. La logica dunque è quella di utilizzare i tempi di
attesa trasformandoli in tempi utili per lo shopping in movimento. 79
o TARGET: ha lanciato nel 2014 un incubatore d’impresa in India, the Target
Accelerator Program, con l’obiettivo di essere supportata da startup innovative
per aumentare la propria competitività nei confronti di altri big retailer come
Walmart e Amazon. Le startup selezionate riceveranno fondi da $30,000 come
parte del programma. Il focus è di nuovo l’innovazione a supporto del
78 http://www.marketingmagazine.co.uk/article/1229346/tesco-creates-london-innovation-lab-tap-wisdom-start-up-community 79 http://smartmoney.startupitalia.eu/39112/e-commerce/shopping-facendo-foto-con-lo-smartphone-a-londra-tesco-comincia-dagli-aereoporti/
89
miglioramento della customer esperience del cliente.80 Una notizia recente è
quella del lancio da parte di Target di un acceleratore di startup con l’aiuto di
Techstars. Lo scopo è quello di accelerare l’innovazione all’interno di Target,
oltre a costruire una community di startup a Minneapolis.81
Altri retailer internazionali che invece hanno acquisito startup o costituito partnership
con esse sono:
• WALMART multinazionale statunitense, fondata nel 1962, costituisce il più
grande rivenditore al dettaglio nel mondo. Per competere con grandi aziende
eCommerce come Amazon, Walmart ha fondato WalmartLabs, un laboratorio
con sede nella Silicon Valley, per introdurre innovazioni nell’ambito dello
shopping online. Successivamente con l’acquisizione di Kosmix, startup
specializzata nella progettazione di motori di ricerca, ci si è posti l’obiettivo di
ottimizzare il search engine dello store online, aumentando la conversion
dell’eCommerce di Walmart del 15%.82
• H&M ha introdotto la tecnologia IBeacon in collaborazione con la startup
svedese Shopjoy. Si tratta di un progetto pilota che coinvolgerà alcuni store
selezionati a Stoccolma.83
• MACY’S nel settembre scorso ha annunciato la collaborazione con una startup
operante nel settore online fashion, Nineteenth Amendment. La startup cura una
selezione di designers consentendo loro la presentazione delle loro collezioni sul
sito eCommerce. Inizialmente la collezione viene venduta in pre-vendita e
quando i capi sono stati esauriti si va in produzione. In tal modo si sostengono
80 http://techcrunch.com/2013/11/26/target-yes-that-target-wants-to-launch-an-accelerator-in-india-to-tap-into-its-startup-scene/ 81 http://www.startribune.com/target-begins-venture-with-techstars-to-boost-startup-firms/333947791/ 82 http://www.ninjamarketing.it/2012/12/10/walmart-ecommerce/ 83 http://swedishstartupspace.com/2015/10/30/hm-jumps-on-the-ibeacon-bandwagon-with-shopjoys-technology/
90
gli stilisti indipendenti, si annullano le scorte e si coinvolge maggiormente il
cliente nell’espressione delle sue preferenze.84
• NORDSTROM: Shoes of Prey, startup che consente ai propri clienti di
realizzare ed acquistare online scarpe personalizzate, ha stipulato un accordo di
collaborazione con Nordstrom al fine di portare la propria offerta digitale negli
store del brand statunitense. Per il momento si tratta di un progetto pilota, attivo
soltanto presso cinque store. All’interno dei negozi sono stati installati
touchscreen digitali tramite i quali i clienti possono scegliere e combinare forme,
colori e materiali per modellare la propria scarpa ideale. Una volta progettate le
scarpe ed effettuato l’ordine, i clienti possono decidere di farselo recapitare in
uno degli store Nordstrom oppure al proprio domicilio.
• FUJITSU Technology Solutions: lo scorso aprile la startup italiana S5 Tech e
Fujitsu Technology Solutions hanno siglato una partnership che comprende un
accordo di distribuzione, per tutto il territorio italiano, della soluzione sviluppata
da S5 Tech per il mercato Retail che consente di trasformare la comune etichetta
elettronica in interfacce di comunicazione istantanea tra azienda e consumatore
finale.
2.9.2. Rapporto tra big player e startup nel settore Retail in
Italia
L’avvio di una nuova impresa in Italia presenta grandi complessità anche in termini di
approccio. Un percorso logico può prendere in considerazione il “tasso di innovazione”
presente nella business idea. Se ci si rivolge a un settore tradizionale con moderata
innovazione, la filiera incubatore - Venture Capital - quotazione o altra Exit strategy
non è la più adatta. Viceversa un progetto con elementi innovativi correlato al Retail o
84 http://us.fashionmag.com/news/Macy-s-launches-collaboration-with-fashion-startup-Nineteenth-Amendment,565768.html#.VlzWdF6rFdM
91
al marketing può essere inviato a uno dei tanti soggetti disponibili al vaglio. La prima
categoria a cui rivolgersi è quella degli incubatori, soggetti in grado di assistere l’Early
stage (o Seed) mettendo a disposizione competenze per il trasferimento tecnologico,
strutture e asset. Molte università italiane dispongono di un acceleratore di impresa e
attraverso di esso forniscono spazi fisici, consulenze ecc. In questo ambito è possibile
cercare un finanziamento dai Business Angel disponibili a investire.
Di seguito viene presentato un elenco di incubatori con i più interessanti progetti in
ambito Retail e marketing.85
ALMACUB
www.almacube.com
AlmaCube è l’incubatore dell’Univeristà di Bologna fondato nel marzo 2013 con
Unindustria Bologna con l’obiettivo primario di generare startup eccellenti e altamente
innovative. Tra le starup in portafoglio: PoiStory, sistema informativo focalizzato sulla
valorizzazione del territorio con alcune applicazioni nel settore enogastronomico
(www.poistory.info).
AREA SCIENCE PARK
www.area.trieste.it
Consorzio per l’Area di Ricerca Scientifica e Tecnologica di Trieste, che gestisce e
promuove il Parco, riconosciuto nel 2005 dal Miur come Ente Pubblico Nazionale di
Ricerca. Alcune esperienze nel settore agroalimentare: tracciabilità del prosciutto San
Daniele; allungamento della shelf life in ambito dolciario (Home / Trasferimento
tecnologico / Casi di successo).
BOOX
www.boox.it
Acceleratore d’impresa di eCommerce. Offre una piattaforma di logistica ed esperti in
vari settori. In portafoglio alcune esperienze nel settore agroalimentare: Mumumìo,
marketplace locale di produttori di cibi biologici (www.mumumio.com). Cortilia,
85 http://www.mark-up.it/wp-content/uploads/sites/3/2014/07/056_059_MARKUP231_07_2014_Finanziamenti.pdf
92
piattaforma eCommerce per prodotti alimentari locali da produttore a consumatore
(www.cortilia.it). Tannico, eCommerce di vini di tipo innovativo (www.tannico.it).
Shoppable, eCommerce di art decor nordico (www.shoppable.it). Navorio, shopping
club per brand e designer emergenti nel settore gioielli e accessori (www.navorio.it).
Tinybazar, eCommerce per il mondo dei bambini e gli accessori premaman
(www.tinybazar.it).
I3P INCUBATORE IMPRESE INNOVATIVE
POLITECNICO DI TORINO
www.i3p.it
Maggiore incubatore universitario italiano e uno dei maggiori a livello europeo.
Fondato nel 1999 ha finora supportato 160 startup innovative. Tra le esperienze nel
settore Retail: Genius System, sistema di eCouponing profilato per la GDO. Natural
Gentleman, sito per l’abbigliamento maschile made in Italy su misura.
(www.naturalgentleman.com)
LUISS ENLABS
www.luissenlabs.com
Join venture tra l’Università Luiss e l’acceleratore EnLabs. Oltre 1.000 i progetti
vagliati, 18 finanziati internamente e alcuni anche esternamente. Diverse le iniziative
incubate nell’ambito marketing e Retail: Spotonway, webapp che consente di
rintracciare il voucher più conveniente selezionando l’offerta di acquisto più
interessante in ambito social (https://www.spotonway.com). wineOwine, enoteca online
con offerte limitate a prezzi speciali (https://www.wineowine.com). RisparmioSuper,
sito che confronta i prezzi dei supermercati per la ricerca di offerte vantaggiose
(www.risparmiosuper.it).
H-FARM
www.h-farmventures.com
Acceleratore e incubatore di imprese high-tech con la mission di supportare la fase di
trasformazione delle aziende italiane verso il digitale. Numerose le startup e tra queste
in ambito Retail: BauZaar, sito per acquisti organizzati relativamente a prodotti di
93
qualità per animali domestici e da compagnia (https://www.bauzaar.it). Pathflow,
servizio per il Retail in grado di esaminare il flusso di acquirenti all’interno del punto di
vendita finalizzato alla nuova definizione di strategie di interazione
(www.pathflow.co/it).
M31
www.m31.com/it
Acceleratore e incubatore in Italia di imprese high-tech. Attivo nel biomedicale, tlc e
software.
NANA BIANCA
http://nanabianca.it
Acceleratore d’impresa impegnato su progetti internet e Mobile. Alcune esperienze nel
settore Retail: BuruBuru, sito per il commercio elettronico del desing artigianale
(www.buru-buru.com). Family Nation, piattaforma di eCommerce verticale per famiglie
con bambini molto piccoli o in arrivo. I prodotti offerti sono caratterizzati da una
componente ecosostenibile (www.family-nation.it). Gourmant, eCommerce dedicato
alle eccellenze italiane del gusto (www.gourmant.com). Sgnam, piattaforma per
ordinare cibo a domicilio attiva in alcune città di Emilia Romagna e Toscana
(www.sgnam.it). Vino75, eCommerce dedicato al vino che seleziona la miglior offerta
italiana e straniera (https://www.vino75.com/).
POLIHUB
www.polihub.it
PoliHub è l’incubatore del Politecnico di Milano. Tra gli obiettivi della mission vi è
quella della condivisione delle conoscenze tra le diverse startup. Startup per il Retail:
9minutes, App che consente di avere pareri e consigli sugli acquisti da un network di
amici (http://9minutesapp.com).
SPEEDMIUP
www.speedmiup.it
94
Speed MI Up è l’Officina di imprese e professioni di Camera di Commercio di Milano e
Università Bocconi specializzata come acceleratore d’impresa per startup innovative. È
in grado di offrire per un massimo di due anni spazi fisici di lavoro, di incontro e
rappresentanza. Progetti anche nell’ambito logistico.
STARTCUBE
www.startcube.it
Incubatore Universitario d’impresa di Padova in grado di erogare servizi finalizzati alla
nascita di nuove imprese. La domanda di partecipazione è aperta sia a soggetti con il
progetto di costituire una nuova impresa, sia a imprese già costituite.
SUPERPARTES
Acceleratore d’impresa che fornisce servizi di consulenza per 9-24 mesi cercando
investitori per le fasi successive. I soggetti supportati possono utilizzare le risorse
dell’Innovation Campus “Federico Faggin” nella struttura del laboratorio di open
innovation. Alcune esperienze in ambito Retail: RetAPPs, applicazione per iPhone e
Android evoluta che consente di comporre liste della spesa interattive, gestire le
promozioni, leggere il codice a barre durante la spesa e effettuare il pagamento in cassa
(www.retapps.it).
THE NET VALUE
Incubatore per startup nel settore digitale di Cagliari nato dall’esperienza nel mondo
digitale conseguita con Video On Line, Crs4 e Tiscali. Offre servizi di Seed Capital
articolati per nuove inziative imprenditoriali. Alcune esperienze nel settore marketing e
Retail: Shop’n’Rate, App per web e Mobile che consente ai retailer di collezionare i
feedback sulla shopping experience nel proprio punto di vendita
(www.mysteryshopeyes.it). MyChildWorld,piattaforma di social shopping che consente
di scoprire prodotti da tutto il mondo e condividerne la conoscenza via Social Network
ed effettuare l’acquisto attraverso siti partner (www.mychildworld.com). Blomming,
sito di eCommerce che offre e persone fisiche e società una piattaforma per vendere su
un social media. Con Blomming è possibile effettuare l’attività di vendita dal proprio
sito, dal blog, o dal social network. OneGratis, è una carta fedeltà virtualizzata in uno
95
smartphone che prevede servizi aggiuntivi per il retailer. Non richiede nessun
investimento tecnologico (www-dev.onegratis.com).
96
In questo capitolo è stata definita in termini generali l’azienda startup, illustrandone le
caratteristiche, le fasi del ciclo di vita, il suo sviluppo tramite varie fasi di finanziamento
e le figure con cui entra in contatto.
Sono state messe in evidenza le profonde differenze esistenti tra il resto del mondo (in
particolare gli USA, considerati il terreno più fertile per la nascita di nuove imprese
innovative) e l’Italia. Mentre negli Stati Uniti le startup sono presenti da più di 25 anni,
nel nostro paese solo dal 2012 vengono riconosciute ufficialmente dalla legislazione
italiana e si sono introdotti una serie di interventi normativi per favorirne la nascita e lo
sviluppo.
Infine è stata esplicitata l’importanza che le startup hanno nell’introduzione
dell’innovazione digitale, in tutti i settori e in particolar modo del settore Retail di cui ci
si occupa in questa analisi. Date le mutate condizioni economiche, sociali e culturali,
innovarsi diventa un imperativo urgente per il retailer che nell’introduzione
dell’innovazione può essere supportato e a volte anche guidato dalle startup.
97
3. Descrizione delle innovazioni digitali nei
processi Retail
3.1. I processi Retail
In questa sezione si introdurranno i processi nel settore Retail, in modo da poter in
seguito presentare le innovazioni digitali introdotte in ciascun processo. L’introduzione
dell’innovazione digitale è ormai divenuta un’esigenza improrogabile per i retailer per
svariati motivi che si riportano brevemente:
• il consumatore non è più un soggetto passivo, ma prende le proprie decisioni
d’acquisto in maniera informata, grazie all’avvento delle nuove tecnologie che
lo vedono sempre più connesso e digitale;
• negli anni caratterizzati dalla crisi economica la scelta di acquisto è stata molto
più ponderata ed oculata, rispetto al passato, a causa della riduzione del potere
medio di acquisto; attualmente si assiste a una lenta e moderata ripresa dei
consumi che comunque rimangono inferiori rispetto al periodo pre-crisi;
• l’offerta ha subito sostanziali modifiche che hanno introdotto una complessità
gestionale prima inesistente per il continuo ampliamento della gamma dei
prodotti in vendita e per una costante riduzione del loro ciclo di vita; ciò rende
più complicata la gestione delle attività operative, con conseguente incremento
dei costi (amministrativi, logistici,..) e riduzione del margine, a parità di
fatturato generato.
Le innovazioni digitali nel Retail devono quindi essere orientate al raggiungimento dei
seguenti obiettivi:
• attrarre, convincere e fidelizzare il consumatore, soddisfacendo e anticipando le
sue esigenze, incrementando efficacia dell’azione di vendita;
• ridurre i costi aumentando l’efficienza dei processi.
98
Sono stati identificati tre cluster di processi nel settore Retail, a cui sono stati associati
tre gruppi di innovazioni:
• i processi di front-end, a cui si rivolgono innovazioni che impattano sui processi
di interazione con il consumatore all’interno del punto vendita, agendo sulla
dimensione della customer experience;
• i processi di back-end, a cui si rivolgono innovazioni volte a migliorare i
processi gestionali e operativi, di relazione con i fornitori, di gestione del
magazzino e di gestione dei negozi;
• l’omnicanalità, a cui si rivolgono innovazioni che supportano i processi di
interazione con il consumatore attraverso nuovi canali.
Figura 29: I processi Retail.
3.1.1.Front End
In ambito Retail, per front-end, si intende l’insieme di tutti i processi che hanno luogo
nel punto vendita, direttamente a contatto col cliente finale e che quindi influenzano più
di tutti la percezione del cliente e la customer-experience.
Benché in letteratura non esista una precisa mappatura dei processi di front-end
scientificamente approvata, solitamente si fa riferimento alle tre fasi del processo di
acquisto del cliente:
99
� pre-vendita;
� vendita (acquisto e pagamento);
� post-vendita.
3.1.1.1. Pre-vendita
La fase di pre-vendita comprende tutte le attività che precedono l’acquisto del
prodotto/servizio. All’interno di questa fase si spazia da azioni volte ad attirare
l’attenzione del cliente e invogliarlo ad entrare nel punto vendita o a prendere in
considerazione l’acquisto di un articolo, ad azioni mirate a fornire informazioni.
Il primo punto di contatto tra il consumatore e il negozio sono le vetrine, il loro ruolo è
di catturare l’attenzione di un passante, stimolare la sua curiosità e invogliarlo ad entrare
nello store per intraprendere l’esperienza d’acquisto. Ma non solo le vetrine possono
attrarre il consumatore: la possibilità di ottenere preventivamente offerte personalizzate
durante la navigazione in internet (tramite coupon digitali) o in real-time in prossimità
del negozio possono costituire un ottimo incentivo per acquistare. Una volta all’interno
del punto vendita, il consumatore non ha esaurito la necessità di ricevere informazioni; a
questo scopo rispondono alcune soluzioni di digitalizzazione del punto vendita, quali:
totem o touch point per visualizzare il catalogo prodotti completo o personalizzare gli
articoli; cartellini interattivi per fornire informazioni supplementari sui prodotti a
scaffale; app utilizzabili in-store, per aumentare il coinvolgimento dei consumatori a
volte anche con funzionalità 3D; sistemi di indoor positioning che lo guidano nel
percorso in store.
3.1.1.2. Vendita
La fase di vendita può essere suddivisa in due momenti: la selezione del prodotto da
acquistare e il pagamento. In questa fase si ha l’opportunità di operare politiche di
cross-selling e di up-selling: la prima ha l’obiettivo di proporre prodotti o servizi
aggiuntivi correlati alla scelta d’acquisto iniziale; la seconda mira a proporre al
consumatore un prodotto o servizio superiore rispetto alla scelta d’acquisto iniziale (un
100
servizio aggiuntivo o un prodotto di gamma superiore). Anche in questa fase le
innovazioni digitali possono contribuire a migliorare la customer experience nel punto
vendita, snellendo e velocizzando il processo di pagamento, notoriamente quello meno
gradito al cliente: il cliente può essere supportato dal personale di vendita dotato di
dispositivi mobili oppure può compiere azioni in autonomia (self-scanning e self-check-
out) ed infine può pagare utilizzando il proprio smartphone.
3.1.1.3. Post-vendita
Questa fase ha inizio nel momento in cui il cliente abbandona lo store, quando il cliente
inizia a fruire del prodotto che ha comprato. In questa fase il retailer tradizionalmente
continua a interagire con il cliente in caso di erogazione di servizi post-vendita, quali
garanzie, riparazioni e customer support. Ma nell’era del consumatore multicanale, il
retailer non può limitarsi a questo: l’interazione con il cliente dopo l’acquisto costituisce
parte integrante della customer experience e contribuisce attivamente alla sua
fidelizzazione. Inoltre data la digitalizzazione del consumatore post-moderno, il retailer
deve considerare una priorità il presidiare i Social Network: continua infatti ad essere in
ascesa il trend di condividere le opinioni d’acquisto nei Social e queste opinioni sono
tenute in considerazione dall’acquirente che si appresta ad effettuare l’acquisto.
3.1.2.Back End
Il back-end è l’insieme di tutti quei processi che non prevedono un’interazione con il
cliente finale e possono concorrere a sostenere il front-end. Anche per questa categoria,
come per il front-end, non esiste una mappatura scientificamente approvata e ogni
retailer evidenzia alcune attività imprescindibili. Quindi si è scelto di raggruppare le
attività Retail di back-end in tre classi, affinchè questa classificazione risultasse
applicabile a tutti i settori merceologici. I tre sottogruppi sono:
� processi di gestione dei negozi;
� processi di gestione del magazzino;
� processi di relazione con l’esterno (fornitori).
101
3.1.2.1. Processi di gestione dei negozi (e trasversali)
Questo cluster racchiude tutte le attività che hanno luogo in negozio, ma che nonostante
ciò non sono catalogabili all’interno del front-end, perché non prevedono un’interazione
con il cliente. In questa fase rientrano anche le attività di analisi dei dati per la gestione
della clientela e a supporto dei processi decisionali.
3.1.2.2. Processi di gestione del magazzino
All’interno di questa categoria si collocano le attività di pertinenza del magazzino, quali
la gestione strategica delle scorte o la previsione della domanda. In questa categoria le
innovazioni digitali possono contribuire a migliorare l’efficienza delle operazioni svolte
in magazzino, in ottica di riduzione dei costi (RFid, automazione del magazzino, sistemi
di picking/packing) e di controllo della qualità della merce durante il trasporto da
garantire al cliente (soluzioni di intelligent transportation system).
3.1.2.3. Processi di relazione con l’esterno (fornitori)
Rientrano in questa categoria le soluzioni che mirano ad ottimizzare la collaborazione di
filiera, aumentando l’efficienza dei processi, con benefici in termini di riduzione di
complessità e costo. La collaborazione di filiera produce impatti positivi non solo sulla
supply chain stessa, ma anche in ambito commerciale (crescita media delle vendite e dei
profitti).
3.1.3.Omnicanalità
L’omnicanalità è definita come l’utilizzo congiunto e integrato dei diversi canali
(negozi fisici, online e Mobile) a supporto del processo di interazione azienda-
consumatore (fasi di pre-vendita, acquisto e post-vendita). Le opportunità riconducibili
all’adozione di un approccio omnicanale sono molteplici, soprattutto se viene promosso
un cambiamento non solo tecnologico, ma anche organizzativo e culturale. Questo
102
cambiamento implica la volontà di collocare il cliente al centro della strategia di vendita
offrendogli un’esperienza di acquisto integrata e quindi fluida su tutti i canali.
3.2. Le innovazioni digitali nei processi Retail
3.2.1. Front-end
Nello specifico per i processi front-end le startup sono state mappate prendendo in
considerazione le seguenti innovazioni digitali:
Fase pre-vendita
o Chioschi, totem e touch point: sono device, installati in punto vendita e dotati
di schermo interattivo, che consentono ai clienti di ricevere informazioni sui
prodotti, di verificarne la disponibilità, di acquistarli online e di accedere alle
promozioni disponibili. Sono descrivibili come interfacce touch screen che
consentono l’interazione con il visitatore all’interno del punto vendita. Le
funzionalità di tali dispositivi sono molteplici e possono supportare tutte le fasi
del processo di acquisto. Innanzitutto devono attrarre l’attenzione del visitatore
entrato nel negozio, stimolandolo ad interagire. Possono attivarsi quando il
cliente è in prossimità (passa accanto o preleva un prodotto dallo scaffale) o
possono essere sempre attivi e mostrare contenuti brand specific (cioè volti a
rafforzare l’identità di marca). Una volta catturata l’attenzione del cliente,
l’interfaccia grafica user friendly, può mostrare il catalogo completo di prodotti,
le promozioni, informazioni specifiche sul prodotto (come la provenienza dei
materiali o le fasi di lavorazione), può permettere il confronto agevole di diverse
versioni della stessa tipologia di articolo, può consentire la personalizzazione del
prodotto e infine guidare il cliente nel finalizzare l’acquisto. Al momento
dell’acquisto, possono essere implementate differenti modalità: in alcuni casi il
touch point riporta gli stessi contenuti del sito Web, per cui si acquista con le
stesse modalità del sito eCommerce, in altri casi è possibile trasferire l’acquisto
103
alla cassa e pagare direttamente in negozio. Nel caso in cui il prodotto non fosse
immediatamente disponibile in stock, si può scegliere di farsi recapitare le merci
a casa o usufruire, se disponibile, del servizio Click & Collect, ovvero
concludere l’ordine online e ritirare in negozio gli acquisti. I benefici
nell’adozione di questa innovazione sono numerosi; innanzitutto si riduce
l’incidenza dello stock out, perché il consumatore può acquistare anche un
articolo non presente in negozio. Inoltre consente a punti vendita di piccole
dimensioni di esporre virtualmente una gamma di prodotti che non potrebbe mai
esporre in maniera fisica. Inoltre permette una riduzione del personale addetto
alla vendita, in quanto il touch point costituisce un assistente virtuale col quale
interagire e consente al cliente di effettuare molte operazioni in autonomia che
solitamente richiederebbero la presenza di assistenza (acquisire le informazioni
sul prodotto di interesse, verificarne la disponibilità a scaffale o a magazzino).
Infine, i contenuti multimediali relativi ai prodotti scelti stimolano i consumatori
a prendere in considerazione l’acquisto di articoli correlati o superiori,
consentendo quindi di effettuare politiche di cross-selling e up-selling. Un’altra
azione consentita da questi dispositivi è la personalizzazione del prodotto in
store che aumenta il livello di servizio percepito dall’utente e dà la possibilità
all’azienda di acquisire dati sui trend e sulle preferenze dei consumatori. In
alcuni casi i chioschi possono essere utilizzati per la realizzazione dei magic
corner che non sono concepiti per consentire l’acquisto, ma sono pensati
esclusivamente per intrattenere e divertire i visitatori dello store con contenuti
brand specific. Una soluzione di questo tipo consente al retailer di offrire una
shopping experience nuova, unica e innovativa. I benefici dei magic corner sono
relativi alla customer experience, alla brand image, alla comunicazione dei
valori della marca e alla fidelizzazione del cliente.
o Vetrine Smart o digital signage: sono sistemi utilizzati per la comunicazione di
prossimità, installati di norma all’esterno del punto vendita, che hanno lo scopo
di invogliare le persone ad entrare in negozio e di promuovere la vendita
attraverso i contenuti veicolati. Il primo punto di contatto tra il consumatore e il
negozio sono le vetrine, il loro ruolo è di catturare l’attenzione di un passante,
104
stimolare la sua curiosità e invogliarlo ad entrare nel punto vendita per dare
inizio all’esperienza d’acquisto. Le vetrine intelligenti possono assolvere a
questo scopo in modo innovativo ed efficace e hanno il vantaggio di poter essere
gestite in maniera centralizzata. Il beneficio è duplice: da un lato il destinatario
della comunicazione riceve il messaggio esattamente come è stato progettato,
senza distorsioni; dall’altro viene eliminata l’attività di progettazione delle
vetrine. Oltre a fornire informazioni e veicolare contenuti relativi al brand , le
vetrine possono essere rese interattive, fornendo informazioni sugli articoli
presenti in store, sulle collezioni o sulla marca, in base alla richiesta del cliente.
o Sistemi di indoor positioning: sono sistemi pensati per guidare il cliente
all’interno del negozio mediante identificazione costante della sua posizione
grazie a tecnologie GPS o a corto raggio (come Bluetooth in tutte le sue
versioni). Essi sfruttano solitamente la tecnologia di micro-geolocalizzazione
Bluetooth tramite applicazioni quali ad esempio iBeacon. I benefici sono
molteplici: possono essere inviate all’utente notifiche push sullo smartphone con
l’obiettivo di invogliarlo ad entrare nel punto vendita; vengono guidati i
visitatori nel percorso in store, informandoli sull’ubicazione dei prodotti cercati;
vengono acquisite informazioni da parte del retailer relative alle abitudini dei
consumatori in punto vendita, permettendo la progettazione ottimizzata del
punto vendita e l’acquisizione di informazioni importanti per azioni di
marketing personalizzato.
o Cartellini interattivi: sono cartellini elettronici che consentono al retailer di
modificare istantaneamente il prezzo del prodotto esposto e che, in alcuni casi,
forniscono ulteriori informazioni sul prodotto stesso (ad esempio il numero di
Like ricevuti sui Social). Sostituiscono i tradizionali cartellini cartacei e in un
certo senso, per loro natura, li superano. Oggi infatti i cartellini digitali non sono
più “solo” un cartellino prezzo elettronico, ma possono connettere il cliente al
mondo delle informazioni online estendendo quindi in modo illimitato i
contenuti e le informazioni alle quali il cliente può accedere. Questa soluzione
permette di aumentare l’efficienza e la redditività del punto vendita attraverso
105
informazioni immediate e sempre aggiornate direttamente sullo scaffale in modo
automatico, annullando il costo del materiale di consumo (carta e inchiostro) e
delle attività manuali necessarie agli aggiornamenti, poichè tutto avviene in
tempo reale e direttamente dal gestionale aziendale. Un ulteriore vantaggio
consiste nell’ offrire al cliente un’esperienza d’acquisto nuova, interattiva,
completamente soddisfacente e personalizzata. I contenuti erogati dai cartellini
interattivi digitali sono spesso inerenti a tematiche di approvazione sociale (es.
risultati di sharing o Like che i prodotti avevano guadagnato sui Social
Network), oltre che ad informazioni relative alla fruizione dei prodotti.86
o Sistemi di couponing digitali: sono codici promozionali inviati dal retailer ai
propri clienti tramite email, sms o App. Il cliente, esibendo alla cassa il codice
che gli è stato inviato, ottiene uno sconto sui prodotti in promozione. Le offerte
promozionali sono dotate di uno speciale codice, creato ad hoc ed inviato a
potenziali clienti, ad esempio mediante azioni di direct marketing digitale. Il
cliente si presenta presso il punto vendita e mostrando il codice promozionale
ricevuto aderisce all’iniziativa. Un codice voucher digitale può essere legato
solo a certi prodotti o può necessitare di un acquisto minimo per poterne
usufruire. Può essere personale, quindi utilizzabile solo da uno specifico utente
oppure può essere usato da tutti indistintamente. Si può inoltre sfruttare l’effetto
virale che può avere l’iniziativa commerciale in Internet dando la possibilità di
inoltrare lo sconto ad un amico. Si tratta di una modalità di promozione
commerciale più strutturata ed immediata, rispetto al vecchio volantino cartaceo,
che consente di monitorare in tempo reale gli effettivi ritorni dell’azione
pubblicitaria a costi ridotti in tempi rapidissimi.87
o Camerini Smart: sono soluzioni che consentono al cliente di indossare
virtualmente vestiti ed accessori. Tali sistemi consentono inoltre al cliente di
visualizzare l’intera collezione di abiti disponibili, spesso suggerendo
86 http://www.openmindtech.it/cartellino-prezzo-digitale/ 87 http://www.e-businessconsulting.it/crm/coupon-digitali/
106
abbinamenti o prodotti simili a quello selezionato. Queste soluzioni, tramite
telecamera, sono in grado di acquisire l’immagine del cliente, prendendone le
misure. Quindi, grazie ad uno schermo a realtà aumentata, mostrano come un
particolare capo d’abbigliamento si adatterebbe al suo corpo. In questo modo il
visitatore dello store può capire come starebbe indosso l’indumento scelto, senza
doverlo fisicamente provare. Un’altra funzionalità è quella di individuare il capo
che è stato introdotto all’interno del camerino e proiettare contenuti multimediali
relativi a quell’articolo, permettendo al cliente di usufruire di informazioni
specifiche sul prodotto, come: la provenienza dei materiali, immagini delle
sfilate o la proposta di abbinamento con prodotti correlati. Gli schermi interattivi
possono anche consentire al cliente all’interno del camerino di interagire con la
forza vendita, inviando delle richieste d’aiuto (come la richiesta di cambio taglia
perché si è prelevata dallo scaffale quella sbagliata). Può essere data anche la
possibilità all’utente di condividere, tramite Social Network, i contenuti di cui ha
usufruito o le foto che ha scattato mentre lo specchio proiettava l’articolo sulla
sua immagine. Il modo più semplice per garantire il corretto funzionamento di
questa tecnologia è quello di attrezzare ogni articolo di etichette RFid, in modo
che il sistema sia in grado di riconoscere automaticamente il prodotto. I benefici
sono soprattutto legati all’erogazione di una shopping experience migliore,
garantendo un effetto sorpresa per i visitatori del negozio e anche riducendo
l’attesa davanti ai camerino di prova, attività poco gradita ai consumatori. Altri
vantaggi sono: consentire al retailer di effettuare politiche di cross-selling,
stimolando i consumatori a prendere in considerazione l’acquisto di altri articoli
correlati a quello scelto e creare nuovi punti di contatto con nuovi potenziali
clienti, grazie al meccanismo di “viralizzazione” che si genera tipicamente con
le condivisioni sui Social Network.
o Virtual Fitting Room: la finalità di questa innovazione è quella di consente al
cliente di provare virtualmente online i capi d’abbigliamento, consentendogli di
valutarlo prima di procedere all’acquisto online. A differenza dei camerini
Smart, viene considerato solo l’acquisto online e non quello presso i punti
vendita fisici, quindi tale innovazione è di interesse sia per le Dot Com, sia per i
107
retailer che abbiano implementato un canale di vendita online. L’utente viene
invitato ad inserire le proprie misure e in base a queste viene modificata la
visualizzazione dell’abito per mostrarne al cliente l’aspetto una volta indossato,
viene poi consigliata la taglia più appropriata in base alle misure inserite. I
vantaggi principali sono: l’aumento del conversion rate (un maggior numero di
clienti acquista perché “rassicurati” dall’aver visto come il vestito effettivamente
starà loro indosso); la diminuzione del return rate sugli acquisti (i clienti
acquisteranno più facilmente la taglia giusta riducendo drasticamente il numero
di resi); la possibilità di far provare i capi d’abbigliamento da remoto per i
retailer che hanno un punto vendita, offrendo un ulteriore servizio a valore alla
clientela. Attualmente è stato implementato (ed è già disponibile per l’acquisto)
un dispositivo wearable, un metro digitale, con il quale misurare il proprio corpo
in rapporto alla vestibilità di ogni casa di moda per avere un profilo preciso
grazie al quale eliminare il pericolo di sbagliare l’acquisto.
o App in store: Sono iniziative Mobile sviluppate per essere utilizzate in punto
vendita dai clienti per avere maggiori informazioni sui prodotti presenti a
scaffale, per ricevere promozioni personalizzate, per velocizzare la fase di
pagamento. Le funzionalità specifiche sono state concepite per poter essere
utilizzate esclusivamente all’interno del punto vendita. Alcuni esempi possono
essere: App che permettono di ricavare informazioni sui prodotti all’interno del
punto vendita (es. ingredienti dei prodotti alimentari, fornendo un servizio
supplementare a chi ha problemi di allergie/intolleranze); App che, attraverso la
fotocamera dello smartphone, consentono di acquisire la propria immagine e
vedere come starebbe un capo d’abbigliamento indossato; App che consentono
di individuare all’interno dello store articoli simili a quelli presenti nello
smartphone del cliente; App con funzionalità 3D, che si attivano inquadrando
con lo smartphone gli articoli, per offrire un’esperienza interattiva di
intrattenimento.
o Augmented reality: Per augmented reality si intende la rappresentazione di una
realtà alterata in cui, alla normale realtà percepita attraverso i nostri sensi,
108
vengono sovrapposte informazioni sensoriali artificiali/virtuali in tempo reale. Il
fruitore dell’applicazioni di augmented reality, vedrà sovrapposti alla realtà
oggetti virtuali o filmati, sentirà suoni, percepirà sensazioni tattili o addirittura
olfattive. Le applicazioni di questa innovazione tecnologica in ambito Retail
sono molteplici e ne vengono riportati alcuni: i cataloghi cartacei possono essere
consultati in maniera interattiva, perché se inquadrati con l’App, mostrano video
e immagini con informazioni sui prodotti e contenuti relativi al brand
(Mercatone Uno); applicazioni sviluppate in flash fruibili con ogni browser
permettono di provare i prodotti virtualmente, catturando i movimenti della
mano tramite webcam e usandoli per controllare un modello in 3D del prodotto,
senza l'ausilio di un mouse (rasoi Braun); alcune applicazioni di realtà aumentata
permettono agli utenti di vedere le soluzioni di arredamento in tempo reale,
proiettate nella propria abitazione, per valutarne l’acquisto (Ikea); grazie ad uno
specchio speciale, realizzato con l'ausilio della realtà aumentata, si possono
provare prodotti di makeup virtualmente (Sephora); infine è possibile acquistare
articoli scattando una foto al prodotto desiderato, anziché cercarlo attraverso
nomi, codici a barre o caratteristiche, in quanto l'app individua in pochi secondi
di che prodotto si tratta (Amazon).
o Stampanti 3D: Sono dispositivi in grado di realizzare qualsiasi modello
tridimensionale mediante un processo di produzione additiva, ovvero partendo
da un oggetto disegnato tramite software e replicandolo nel mondo reale con
l’ausilio di appositi materiali. La procedura prevede solitamente il
posizionamento di uno strato sopra l’altro, procedendo per sezioni trasversali.
Per il settore Retail le stampanti 3D consentono una riduzione dei costi lungo la
supply chain e la localizzazione di molte attività, migliorando al contempo il
time to market. Non sarà più necessario avere a priori una panoramica sulle
abitudini di consumo del proprio target di riferimento ma, grazie alla possibilità
di produrre oggetti in tempo reale, potranno essere soddisfatte le esigenze di
ciascuno senza la necessità di effettuare studi di marketing a monte.88
88 http://www.zero12.it/2015/06/18/innovazione-e-retail/
109
Fase vendita: acquisto e pagamento
o Self scanning: sono device utilizzati dai clienti per leggere i codici a barre dei
prodotti selezionati e inseriti nel carrello. Di recente sono stati introdotti
strumenti in grado di rilevare, tramite scansione del codice a barre, anche gli
ingredienti che compongono i prodotti. Questa innovazione consente la
scansione in autonomia da parte del cliente dei prodotti da acquistare. Ai clienti
che desiderano usufruire del servizio vengono forniti dispositivi di proprietà del
punto vendita in grado di leggere i codici a barre. La tecnologia odierna consente
la sostituzione di tali apparecchiature di proprietà del retailer con strumenti di
proprietà del cliente, nello specifico gli Smartphone, posseduti da un’ampia
percentuale della clientela moderna. In questo modo si vanno a diminuire gli
asset dell’azienda con uno sgravio di capitali, a fronte dell’estensione delle
funzionalità dell’applicazione Mobile. Questo genere di soluzioni innovative è
impiegato principalmente dai player che operano nel settore della GDO. Il
beneficio principale è un’ottimizzazione in termini di tempo e di personale, che
rende più efficiente la fase di vendita: diminuisce infatti il tempo di check out,
perché l’operatore di cassa non deve scansionare tutti i prodotti.
o Online selling o sistemi di sales force automation: sono device (di norma un
tablet) in dotazione alla forza vendita o a disposizione dei clienti, per consentire
di finalizzare l’acquisto online in negozio soprattutto nel caso di prodotti non
presenti in punto vendita. Al personale addetto alla vendita è consentito mostrare
al cliente un’ampia gamma di prodotti, individuare dove si trovano questi
prodotti controllando rapidamente i livelli di inventario di tutta la rete
(magazzino, negozio, altri negozi, magazzino eCommerce) e completare la
transazione tramite tablet. In questo modo si riducono le mancate vendite e si
snelliscono le attività operative a scarso valore aggiunto degli addetti alla
vendita.
o Sistemi di cassa evoluti o Mobile POS - Pagamenti innovativi: Queste
soluzioni innovative hanno lo scopo di supportare la fase di pagamento tramite
110
dispositivi Mobile. I sistemi di cassa evoluti o Mobile POS sono Tablet o
Smartphone, integrati con un lettore di carte di credito, per permettere ai clienti
di pagare i prodotti acquistati direttamente all’assistente vendite, senza dirigersi
alla barriera casse. I sistemi per l’accettazione di pagamenti innovativi
consentono al cliente il pagamento tramite il proprio smartphone o abilitano il
pagamento mediante la generazione di un QR code. La differenza tra le due
tipologie di innovazione è la seguente: i primi consentono il pagamento tramite
dispositivi di proprietà del negozio; i secondi invece abilitano la transazione
tramite strumenti di proprietà del cliente. I vantaggi per il cliente sono ancora
una volta legati alla shopping experience, in quanto viene snellito il processo di
pagamento, notoriamente quello meno gradito al cliente. Inoltre garantisce la
sicurezza del pagamento, riduce l’utilizzo della carta usata per gli scontrini e in
taluni casi aumenta l’acquisto d’impulso. Un altro sistema innovativo abilita il
pagamento mediante la generazione di un QR code (Powatag). Tale sistema di
pagamento si collega alla carta di credito, che deve essere indicata dall’utente
solo al momento della registrazione. Il sistema Powatag genera un QR code per
ogni articolo, cosicché l’utente registrato possa, tramite applicazione Mobile
Powatag fotografare il codice bidimensionale e pagare comodamente dal proprio
smartphone in maniera facile, sicura e veloce, senza il bisogno di inserire
nuovamente i dati della carta di credito.
o Sistemi di self check-out: sono sistemi di cassa self-service per consentire al
cliente di leggere i codici a barre dei prodotti acquistati, di stampare lo scontrino
e di pagare la propria spesa in completa autonomia.
111
Fase post-vendita
o Sistemi di loyalty Soluzioni digitali utilizzate per rafforzare la fedeltà dei
clienti. Lo strumento più diffuso è la Fidelity Card digitale, ovvero la tessera
dematerializzata che dà l’opportunità al cliente di usufruire di agevolazioni,
sconti esclusivi o premi.
3.2.2. Back-end
Nello specifico per i processi back-end le startup sono state mappate prendendo in
considerazione le seguenti innovazioni digitali:
Processi di relazione con i fornitori
o EDI – Electronic Data Interchange: sono sistemi, basati su appositi protocolli
di comunicazione, che consentono il trasferimento di informazioni e documenti
commerciali in formato elettronico attraverso un canale dedicato tra sistemi
informativi di imprese appartenenti alla stessa supply chain.
o Fatturazione elettronica: sono sistemi a supporto della realizzazione, dell’invio
e della ricezione di documenti relativi al ciclo Ordine-Pagamento.
Processi di gestione del magazzino
o Sistemi di tracciamento dei prodotti (RFId – Radio Frequency
Identification): sono sistemi che consentono di tracciare i prodotti lungo la
catena distributiva. In particolare, l’RFId viene adottato per l’identificazione
automatica dei prodotti attraverso l’utilizzo di segnali radio. Spesso le etichette
vengono abbinate alle merci sin dalla produzione, per cui la tecnologia RFId
consente di tracciare e rintracciare le merci durante il trasporto e di individuare
la loro posizione all’interno del negozio o nel magazzino, in modo da
112
velocizzare i processi di movimentazione e controllo. I vantaggi sono molteplici:
l’automatizzazione introdotta con l’uso di questa innovazione permette di ridurre
controlli sulla merce, con relativi risparmi di tempi e costi di controllo; inoltre
viene ridotto il fenomeno dell’out of stock, che comporta una mancata vendita di
prodotti presenti in magazzino ma non in esposizione, in quanto il tag RFId
invia una notifica per avvisare il retailer nel momento in cui qualche articolo non
è presente in esposizione.
o Sistemi di planning: sono sistemi gestionali in grado di supportare i decision
maker nella pianificazione della domanda, nella gestione delle scorte e nella
scelta dei piani di distribuzione. L’utilizzo di questi software consente di
raccogliere ed avere sempre a disposizione del management, informazioni
costantemente aggiornate circa il magazzino centrale, il magazzino dei diversi
punti vendita, gli ordini emessi verso i fornitori e provenienti dai negozi, le
informazioni di contabilità generale e su fatturazione e pagamenti. I benefici
sono relativi al miglioramento dell’efficienza dei processi.
o Sistemi di automazione del magazzino: sono sistemi che consentono di
automatizzare la messa a stock (storage), il prelievo e il sorting della merce
all’interno del magazzino.
o Sistemi di picking/packing: sono soluzioni ICT per supportare le attività degli
operatori di magazzino nelle fasi di picking, controllo ordini, allestimento ordini
(es. voice picking) con l’obiettivo di aumentarne l’efficienza.
o Soluzioni di intelligent transportation system: sono tecnologie ICT integrate
nei mezzi di trasporto per raccogliere e comunicare dati al fine di agevolare
pianificazione, progettazione, esercizio, manutenzione e gestione dei sistemi di
trasporto. La finalità riguarda il miglioramento della sicurezza della guida e
l’incolumità delle persone, la sicurezza e protezione dei veicoli e delle merci, la
qualità, nonché l’efficienza dei sistemi di trasporto per i passeggeri e le merci.
113
Processi trasversali o di gestione dei negozi
o Sistemi di sales force automation: costituiscono uno degli strumenti volti a
velocizzare e ottimizzare tutte le fasi di vendita. Gli utilizzi in store di questa
tipologia di tecnologie sono solitamente volte all’automazione di attività a basso
a valore aggiunto, come per esempio monitorare costantemente il livello di
inventario, trasferire dati velocemente tra i punti vendita o dai punti vendita alla
sede centrale o ancora dalla sede centrale ai punti vendita. Esempi di utilizzo di
questa tecnologia sono la consultazione dei Tablet da parte della forza vendita
per allestire le vetrine in maniera coordinata e per gestire sconti e promozioni.
o Sistemi ERP (Enterprise Resource Planning): sono sistemi che permettono di
gestire in modo integrato i dati provenienti da tutte le funzioni interne di
un’azienda come la produzione, gli acquisti, le vendite, l’amministrazione, la
finanza e le risorse umane. Con l’acronimo ERP, ci si riferisce a “una suite di
moduli software che supportano la pianificazione e il controllo di tutte le risorse
di un’ impresa (umane, impianti, finanziarie e materiali), e integrano il ciclo
operativo e amministrativo delle aziende.89 La stessa base dati è condivisa da
tutti i moduli che compongono le soluzioni ERP. Il vantaggio fondamentale di
tali sistemi è fornire una piattaforma unica e integrata che permette un governo
integrato dell’impresa. Inoltre le soluzioni ERP sono numerose e
personalizzabili in base alle esigenze specifiche dell’azienda.
o Sistemi di business intelligence: sono sistemi che si propongono di esplorare i
dati per ricavare informazioni e conoscenze utilizzabili nel corso dei processi
decisionali, mediante logiche di estrazioni flessibili, metodologie di analisi e
modelli matematici di predizione e di ottimizzazione.
o Sistemi CRM (Customer Relationship Management): sono sistemi che
vengono impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le interazioni
89 Bracchi Giampio, Francalanci Chiara, Motta Gianmario, Sistemi Informativi d'Impresa, McGraw-Hill, 2009
114
con i clienti, al fine di guidare la crescita delle vendite approfondendo e
arricchendo i rapporti con la propria clientela. Le analisi ricavate dai sistemi
CRM sono utilizzati nelle campagne di marketing promozionale e nei servizi post-
vendita.
3.2.3. Omnicanalità
Le innovazioni a supporto dell’omnicanalità prese in considerazione per la mappatura
delle startup sono le seguenti:
o Sito informativo: sito che non consente l’acquisto online, ma la cui finalità è la
presentazione dell’azienda e fornire informazioni utili per la visita in store (es.
orari di apertura e indirizzo, elenco dei punti vendita, promozioni in corso,…).
o Sito eCommerce: sito che consente di consultare ed acquistare i prodotti,
eventualmente di personalizzarli, di scegliere la modalità di pagamento,
l’indirizzo di spedizione della merce acquistata e richiedere eventuali rimborsi.
o App o Mobile Site: hanno le stesse funzionalità dei siti informativi o
eCommerce, ma sono ottimizzati per la visualizzazione e la fruizione dei
contenuti tramite dispositivi mobili (Tablet e Smartphone).
o Sistemi Social: sono i principali social network (Facebook, Twitter, YouTube,
Google+, Instagram, Pinterest) sui quali l’azienda retailer è presente e sui quali
promuove e pubblicizza i propri articoli. I Social Network hanno assunto
un’importanza rilevante perché possono influenzare l’opinione dei consumatori,
che si informano su tali portali prima di effettuare l’acquisto di un prodotto e si
basano sulle opinioni degli altri utenti per decidere se finalizzarlo o meno.
Costituiscono dunque un’opportunità in termini di diffusione della brand
awareness e sono da presidiare ai fini di tutelare la brand reputation.
115
4. Censimento startup internazionali
Negli ultimi anni tutti i settori dell’economia a livello mondiale sono stati investiti da
profondi cambiamenti: da un lato lo scenario socioeconomico caratterizzato da una
profonda crisi economica che ha ridotto drasticamente i consumi e la capacità di spesa
del consumatore; dall’altro la figura del consumatore stesso si è trasformata grazie alla
rivoluzione tecnologica, creando un consumatore sempre più digitalizzato, consapevole
e con un ruolo attivo nel processo di acquisto.
L’innovazione digitale è diventata quindi un imperativo categorico per i retailer che
vogliono sopravvivere e crescere ed in questo processo, che è obbligatorio affrontare, le
startup possono costituire un valido aiuto per i retailer.
Molti top retailer internazionali hanno infatti iniziato a collaborare, in varie forme, con
le startup: alcuni hanno creato incubatori di startup, altri le hanno acquisite, altri ancora
hanno costituito delle partnership con esse.
Le startup possono infatti favorire e rendere più agile e rapido il processo di
innovazione all’interno di organizzazioni complesse e di dimensione elevata.
L’obiettivo del lavoro di tesi, che verrà presentato in questo capitolo e nel successivo, è
stato quello di mappare le startup operanti nel settore Retail a livello internazionale e
nazionale che presentassero un alto contenuto di innovazione digitale. Lo scopo è quello
di fotografare l’attuale livello di importanza raggiunto dalle startup nell’introduzione
dell’innovazione digitale in ambito Retail.
4.1. Metodologia
Per analizzare le startup innovative legate al Retail è stato svolto un censimento online
attingendo da database online specializzati in startup (es. Crunchbase), prendendo in
considerazione complessivamente 954 startup italiane e internazionali.
116
Le caratteristiche comuni di tali aziende sono le seguenti:
� sono nate a partire dal 2010;
� hanno ricevuto finanziamenti negli ultimi quattro anni.
Sono state escluse dall’analisi le startup che offrono soluzioni nell’ambito della
ristorazione e nell’ambito alberghiero.
Per tutte le startup considerate sono state raccolte informazioni relative al numero di
finanziamenti ricevuti, all’entità di tali finanziamenti (ove il dato sia pubblico), agli
investitori e alla nazione in cui sono state aperte.
Sono state individuate tre diverse tipologie di iniziative:
� i retailer, ossia operatori che vendono prodotti tramite negozio fisico e hanno
ricevuto dei finanziamenti per sviluppare al fianco del negozio fisico un sito
eCommerce B2c;
� le Dot Com, ossia retailer che vendono prodotti esclusivamente online tramite
un sito eCommerce B2c e sono privi di una rete fisica di negozi; hanno ricevuto
finanziamenti per potenziare il canale di vendita online;
� i service provider di soluzioni innovative, che offrono ai retailer soluzioni
digitali a supporto dell’attività di vendita, dei processi interni, dei processi di
gestione della supply chain e dell’omnicanalità; operano quindi in ambito B2b.
4.1.1. Classificazione di retailer e Dot-Com
Le prime due categorie di startup analizzate sono i retailer tradizionali e le Dot Com.
Mentre i retailer hanno un negozio fisico, a cui hanno affiancato un canale di vendita
online, le Dot Com sono presenti unicamente online con un sito eCommerce B2c.
L’innovazione digitale di queste tipologie di imprese è costituita unicamente dalla
presenza di un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita di prodotti. I
117
finanziamenti ricevuti sono utili a creare per i retailer o potenziare per le Dot Com, un
canale di vendita online.
Al contrario dei service provider non realizzano quindi soluzioni tecnologiche
innovative che portino benefici in termini di efficienza dei processi interni e di efficacia
del processo di acquisto.
Tuttavia sono state prese in considerazione nell’analisi per l’importanza che ha assunto
negli ultimi anni la vendita online, un trend in costante crescita. Secondo le ultime stime
di eCommerce Foundation, in tutto il mondo le vendite complessive di beni e servizi
online si attesteranno sui 2.100 miliardi di dollari a fine 2015 (erano 1.840 miliardi a
fine 2014).
Figura 30: L’eCommerce nel mondo.
Fonte: Netcomm Considerando la sola Europa le previsioni per il 2015 stimano a 470 miliardi di euro il
fatturato complessivo di beni e servizi acquistati tramite eCommerce. Sviluppare un
canale online è il primo passo per sviluppare un strategia omnicanale, stategia che
assume un’importanza sempre maggiore dato il fenomeno di digitalizzazione del
consumatore di cui si è parlato in precedenza.
I retailer e le Dot Com sono stati classificati in base al settore merceologico in cui
operano.
118
Sono stati considerati i seguenti settori merceologici:
� Abbigliamento
� Arredamento
� Alimentare
� Elettronica/Informatica
� Profumerie
Questa suddivione è significativa in quanto le priorità di investimento per il futuro di
queste due tipologie di impresa cambiano in funzione del settore.
Tipicamente i retailer, possedendo anche un punto vendita fisico, che operano nel
settore Abbigliamento, guardano con forte interesse a innovazioni “esperienziali” in
punto vendita, mentre quelli del settore Alimentare si focalizzano su soluzioni per
semplificare la fase di check-out.
4.1.2. Classificazione dei service provider
Le startup che sono state censite nella categoria service provider offrono ai retailer
servizi a supporto dell’attività di vendita, in tutte le fasi del processo di acquisto
multicanale e sono stati raggruppati in funzione della soluzione tecnologica offerta.
Investire in innovazione digitale è un obbligo per tutti i settori dell’economia, dati i
profondi cambiamenti che hanno caratterizzato il contesto socioeconomico negli ultimi
anni e il settore Retail non fa eccezione.
Innanzitutto i retailer si trovano nella condizione di dover gestire i cambiamenti in atto
nel consumatore, che è sempre più digitalizzato, informato e consapevole e gioca un
ruolo attivo nel processo di acquisto.
In secondo luogo, i retailer devono affrontare una complessità sempre crescente nei
processi di back-end: negli ultimi anni da un lato è aumentata la gamma dei prodotti
offerti, dall’altro si è ridotto il ciclo di vita medio del prodotto. Questi due fenomeni
119
complicano la gestione delle attività operative, generando un incremento dei costi e, di
conseguenza, la riduzione del margine, a parità di fatturato generato.
Le soluzioni tecnologiche innovative sviluppate dai service provider possono soddisfare
l’obiettivo del miglioramento dell’efficacia del processo di aquisto in punto vendita
oppure quello della progettazione di processi più efficienti.
Un terzo obiettivo che può essere soddisfatto dall’introduzione di innovazioni digitali è
quello di supportare il retailer nel percorso verso l’omnicanalità evoluta, che non può
fermarsi alla sola costituzione di un sito eCommerce, ma che deve portare all’utilizzo
integrato e congiunto di diversi canali (fisico, online e Mobile) per garantire al cliente
un’esperienza fluida e continua.
Si sono quindi classificati i service provider in funzione dei processi supportati in
ambito Retail. Tali processi sono stati suddivisi in tre macrocategorie:
• front-end: i processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita,
direttamente a contatto col cliente finale e possono essere suddivisi nelle tre fasi
che caratterizzano il processo di acquisto: pre-vendita, acquisto e pagamento,
post-vendita;
• back-end: i processi di back-end sono quelli che non prevedono un’interazione
con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi: processi di
relazione con i fornitori, processi di gestione del magazzino e processi
trasversali di gestione dei negozi;
• omnicanalità: in questa classe sono state raggruppate tutte le innovazioni digitali
a supporto dell’omnicanalità.
Il cluster di service provider che è stato mappato nelle varie fasi di front-end fornisce
innovazioni in grado di migliorare l’efficacia del processo di acquisto e di relazione con
i clienti, al fine di ottimizzare la customer experience in punto vendita; gli obiettivi
perseguiti possono essere ad esempio l’aumento dei ricavi o del livello di servizio
percepito dal cliente.
120
Il secondo cluster di service provider mappato nel back-end fornisce innovazioni
orientate all’efficienza come ad esempio l’obiettivo di riduzione dei costi. Ma non solo:
nel caso di innovazioni implementate nei processi trasversali di gestione dei negozi,
esse possono indirettamente supportare anche il front-end, apportando
contemporaneamente benefici di efficacia ed efficienza. Si pensi ad esempio ai sistemi
CRM che vengono impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le
interazioni con i clienti. Le analisi ricavate dai sistemi CRM possono essere utilizzate
nelle campagne di marketing per creare messaggi promozionali sempre più personalizzati
ed efficaci, inviabili anche in real time tramite azioni di marketing di prossimità,
supportando quindi la customer experience e la brand awareness.
Il terzo cluster di service provider supporta il retailer con innovazioni relative
all’omnicanalità, conseguendo sia benefici in termini di efficacia, come ad esempio
l’aumento delle vendite rendendo il percorso d’acquisto disponibile su più canali (anche
da Tablet e Smartphone), sia benefici in termini di efficienza, come ad esempio la
riduzione dei costi di personale rendendo disponibili al cliente informazioni online.
4.2. Le tipologie di startup internazionali
Questo capitolo ha come scopo la presentazione dei risultati del censimento svolto a
livello internazionale con le relative considerazioni che si possono trarre dall’analisi dei
dati ricavati dalla ricerca.
Con le dovute esclusioni riportate in precedenza, il cluster di analisi delle startup a
livello internazionale, che operano nel settore Retail e che apportano innovazioni
digitali, è composto complessivamente da 954 startup.
Le startup sono state suddivise in tre diverse tipologie di iniziative:
� i retailer, che hanno sviluppato al fianco del negozio fisico un sito eCommerce
sono 29 e costituiscono il 3% del totale;
121
� le Dot-Com, che vendono prodotti esclusivamente online sono una categoria
consistente: con 260 aziende costituiscono il 27% delle startup analizzate;
� i service provider, che offrono ai retailer servizi a supporto dell’attività di
vendita, in tutte le fasi del processo di acquisto multicanale, e operano quindi
prevalentemente in ambito B2b, sono la categoria di startup più numerosa e con
665 aziende costituiscono il 70% del campione analizzato.
Graficamente la suddivisione tra tipologie di startup che hanno ricevuto finanziamenti
in ambito internazionale è la seguente:
Figura 31: Le tipologie di startup internazionali.
70%
3%
27%
Dot Com
service provider
665
260
29
retailer
Base: 954 startup
122
4.3. Retailer
I retailer, presi in considerazione nell’analisi, sono degli esercenti che hanno sviluppato
al fianco del negozio fisico un sito eCommerce B2c.
L’innovazione digitale di queste startup è costituita sostanzialmente dall’aver affiancato
al punto vendita un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita dei prodotti al
consumatore. I finanziamenti ricevuti sono utili a creare o potenziare il canale di vendita
online.
I retailer sono stati presi in considerazione nell’analisi per l’importanza che ha assunto
negli ultimi anni la vendita online, un trend in costante crescita che ha eroso i profitti
dei retailer tradizionali.
Intraprendere un percorso verso l’omnicanalità diventa indispensabile per i
commercianti che vogliono rimanere competitivi e mantenere o accrescere la propria
quota di mercato. Affiancare un sito eCommerce al proprio spazio di vendita fisico è
solo il primo passo, non certo esaustivo, verso l’omnicanalità. Tuttavia si rende
necessario sia per guadagnare spazio in un settore dove le Dot Com hanno il peso
maggiore sul valore delle vendite, sia per iniziare a instaurare un cambiamento
organizzativo e culturale che porti a compimento nel miglior modo e il più rapidamente
possibile una strategia realmente omnicanale. Tale percorso diventa improrogabile alla
luce dei dati relativi alla digitalizzazione del consumatore: innanzitutto il cliente è
sempre più connesso sia da pc che da vari dispositivi Mobile e ha delle aspettative
relative al percorso di acquisto che deve necessariamente essere online perché si
desidera che sia sempre disponibile, accessibile da qualsiasi dispositivo, personale,
linkato con i Social, giudicato dall’esperienza degli altri; in secondo luogo è in atto la
penetrazione dell’online nel tessuto del Retail tradizionale, in quanto i punti vendita
diventano anche luoghi dell’acquisto online (In Store Online Purchase) o di ritiro della
merce ordinata online (Click &Collect).
I retailer considerati costituiscono il 3% della totalità delle startup (29 aziende) e sono
stati classificati in base al settore merceologico in cui operano: la maggior parte opera
123
nel settore Abbigliamento (21 aziende pari al 73%), seguito da quello Alimentare (2
aziende pari al 7%), Arredamento (2 aziende pari al 7%), Profumerie (2 aziende pari al
7%) ed Elettronica/informatica (1 azienda pari al 3%).
Il 3% (1 azienda) si occupa di articoli non appartenenti ai settori considerati.
Figura 32: Classificazione dei Retailer per settore merceologico a livello internazionale. In media negli ultimi quattro anni, i retailer hanno ricevuto 21,3 mln $ (considerando
però il finanziamento medio senza Best and Worst in class, l’importo scende a 12,8 mln
$). Si tratta di una cifra superiore sia al finanziamento medio ricevuto dalle Dot Com,
sia a quello ricevuto da qualsiasi categoria presa in considerazione tra i service provider.
A conferma dell’interesse attuale degli investitori nella figura dei retailer, la ricerca ha
rilevato che nel solo 2015 questa tipologia di startup ha ricevuto a livello internazionale
finanziamenti di importo medio elevato pari a 8,7 mln $.
73%
7%
7%
7%3%3%
Abbigliamento
Arredamento
Alimentare
Base: 29 startup
Elettronica/Informatica
Profumerie
Altro
124
E’ stata effettuata un’ulteriore classificazione dei retailer in base all’area geografica di
nascita, i cui risultati hanno confermato il ruolo predominante degli Stati Uniti
nell’introduzione e nel sostegno dell’innovazione e delle imprese che la veicolano. Si
può infatti osservare che il 68% delle startup è stato fondato nel Nord America.
Considerando solo gli Stati Uniti la percentuale scende al 64%. A seguire l’Europa, con
il 26% dei retailer. In Asia e Australia è stato fondato il 6% delle imprese considerate.
Figura 33: Ripartizione geografica dei retailer a livello internazionale.
Considerando il ranking per finanziamento ricevuto, si confermano le osservazioni fatte
nell’analisi precedente: tra i dieci retailer che hanno ricevuto il finanziamento medio
maggiore si trovano sette aziende che operano esclusivamente nel settore
Abbigliamento; inoltre otto di esse sono state fondate negli Stati Uniti.
1. Harry’s - Profumerie - 2011 - USA - 287,1 mln $
2. Warby Parker - Abbigliamento - 2010 - USA - 115,5 mln $
3. Casper - Arredamento - 2013 - USA - 70 mln $
4. The Black Tux - Abbigliamento - 2012 - USA - 40 mln $
5. Lenskart.com - Abbigliamento - 2010 - IND - 35,9 mln $
6. Mayet - Abbigliamento - 2011 - USA - 25,5 mln $
6%
26%
68%
Asia e
Australia
Europa
Nord
America
Base: 29 startup
125
7. Frank&Oak - Abbigliamento - 2012 - CAN - 20 mln $
8. Violet Grey - Profumerie - 2012 - USA - 16,1 mln $
9. Jack Erwin - Abbigliamento - 2013 - USA - 11,75 mln $
10. Roka Sports - Abbigliamento - 2011 - USA - 10 mln $
Sono sette i retailer che operano esclusivamente nel settore Abbigliamento, presenti nel
ranking dei retailer maggiormente finanziati (Warby Parker al 2° posto con 115,5 mln
$, The Black Tux al 4° posto con 40 mln $, Lenskart.com al 5° posto con 35,9 mln $,
Mayet al 6° posto con 25,5 mln $, Frank&Oak al 7° posto con 20 mln $, Jack Erwin al
9° posto con 12 mln $ e Roka Sports al 10° posto con 10 mln $). Warby Parker è un
retailer statunitense fondato nel 2010 che produce e commercializza online occhiali da
vista e da sole. Lo stesso articolo viene trattato da Lenskart.com, retailer indiano nato
nel 2010.
The Black Tux è un’azienda fondata nel 2012 negli Stati Uniti che offre un servizio di
noleggio di abiti e smoking per uomo. Mayet è una startup statunitense fondata nel 2011
che commercializza abbigliamento sartoriale di lusso. Frank&Oak offre un servizio
supplementare alla propria clientela: sottoscrivendo un abbonamento è possibile
ricevere periodicamente una box con capi scelti secondo le preferenze del cliente; il
cliente paga solo i capi che decide di tenere. Jack Erwin si occupa della produzione e
vendita di scarpe maschili artigianali. Roka Sports è un retailer statunitense che produce
e vende costumi e mute per nuotatori; è sponsor per tutti gli eventi U.S. IRONMAN®.
Sono presenti due retailer, tra i primi dieci finanziati, operanti nel settore merceologico
Profumerie (Harry’s al 1° posto con 287,1 mln $ e Violet Grey all’8° posto con 16,1
mln $). Harry’s è stata fondata nel 2011 negli Stati Uniti e si occupa della produzione e
della vendita di rasoi e creme da barba, offrendo anche la possibilità di sottoscrivere un
abbonamento periodico. Violet Grey è un’azienda, anch’essa americana, che
commercializza prodotti di skin care, hair care e makeup.
Casper è l’unico retailer tra i primi dieci finanziati che opera nel settore Arredamento,
producendo e vendendo materassi prodotti con tecnologia innovativa e brevettata ed è
stato fondato nel 2013 negli Stati Uniti.
126
Dalla ricerca condotta si osserva come siano stati premiati, a livello di finanziamento, i
retailer operanti nel settore Abbigliamento che hanno offerto servizi disruptive, offrendo
una risposta efficiente ad alcune problematiche che il settore pone e che, se risolte,
possono garantire un elevato vantaggio competitivo per l’azienda e un ingente profitto
per l’investitore.
Alcune delle sfide del settore sono: accessibilità di prezzo (Frank&Oak offre box in
abbonamento che consentono un risparmio sul prezzo di vendita); qualità artigianale
mantenendo margini di profitto (Mayet e Jack Erwin commercializzano prodotti
artigianali di alta qualità); personalizzazione del prodotto (Warby Parker permette la
personalizzazione dei propri occhiali); soddisfare un nuovo segmento di mercato, quello
della moda maschile (The Black Tux, Frank&Oak, Jack Erwin); monetizzazione dei
capi non usati dalla clientela, tramite la vendita, lo scambio o l’introduzione dell’affitto
(The Black Tux).
Gli investitori istituzionali hanno compreso le enormi potenzialità del settore e hanno
iniziato ad introdurre nel proprio portafoglio, accanto alle imprese High Tech, anche
aziende del settore fashion; inoltre esistono alcuni Venture Capitalist (Forerunner
Ventures, Burch Creative Capital) ed alcuni acceleratori (TrueStart, New York Fashion
Tech Lab) specializzati nel settore.
4.4. Dot Com
La seconda tipologia di startup considerata è quella delle Dot Com: sono aziende che
vendono prodotti esclusivamente online, sono quindi privi di una rete fisica di negozi e
si rivolgono direttamente al consumatore finale (ambito B2c).
I finanziamenti ricevuti sono principalmente rivolti allo sviluppo della vendita online e
l’innovazione digitale di questa tipologia di startup è costituita unicamente dalla
presenza di un canale eCommerce attraverso cui vendere i prodotti. La loro finalità non
è dunque quella di aiutare i retailer nell’introduzione di soluzioni tecnologiche
innovative.
127
Sono state incluse nel censimento in quanto il trend delle vendite online non ha smesso
di crescere nemmeno nel recente periodo di crisi economica e il fatturato della vendita
di prodotti-servizi da siti eCommerce è in costante crescita in tutto il mondo.
La loro numerosità (260 startup pari al 27%) e gli importi dei finanziamenti percepiti
confermano l’importanza di questa categoria di startup.
Le Dot Com sono state classificate in base al settore merceologico in cui operano: la
maggior parte opera prevalentemente nel settore Abbigliamento (166 aziende pari al
64%), seguito da quello Alimentare (18 aziende pari al 7%), Arredamento (17 aziende
pari al 7%), Elettronica/informatica (12 aziende pari al 4%) e Profumerie (11 aziende
pari al 4%).
Il 12% (32 startup) vende prodotti appartenenti a più categorie merceologiche, mentre il
2% (4 aziende) si occupa di articoli non appartenenti ai settori considerati.
Figura 34: Classificazione delle Dot Com per settore merceologico a livello internazionale. In media negli ultimi quattro anni, le Dot Com hanno ricevuto un finanziamento medio
pari a 8,9 mln $ (finanziamento medio senza Best and Worst in class: 7,9 mln $).
Se paragonato al finanziamento medio ricevuto dai retailer e dalla categoria dei service
provider che ha ricevuto il finanziamento maggiore si tratta di un importo inferiore.
64%7%
7%
4%4%
12%
Abbigliamento
Arredamento
Alimentare
Base: 260 startup
Profumerie
Tutti
Elettronica/ Informatica
128
Si può però osservare che l’apertura di un canale eCommerce risulta meno onerosa dal
punto di vista economico dell’implementazione di soluzioni tecnologiche a supporto
dell’innovazione per il settore Retail.
A conferma del continuo interesse degli investitori per la vendita online, le Dot Com
analizzate hanno ricevuto finanziamenti anche nel 2015, di importo medio pari a 1,3
mln $.
E’ stata effettuata un’ulteriore classificazione delle Dot Com in base all’area geografica
di nascita. Si può osservare che il 53% delle startup è stato fondato nel Nord America.
Considerando solo gli Stati Uniti, la percentuale scende al 49%. A seguire l’Europa, con
il 30% delle Dot Com nate nel Vecchio Continente: tra i Paesi europei il maggior
numero di questa tipologia di startup è nata nel Regno Unito. In Asia e Australia è stato
fondato il 9% delle imprese considerate; a seguire il 5% in Sud America e il 3% in
Medio Oriente e Africa.
Figura 35: Ripartizione geografica delle Dot Com a livello internazionale.
53%
30%
3%
5%
9%
Medio Oriente e Africa
Sud America
Asia e Australia
Europa
Nord America
Base: 260 startup
129
Viene confermato dai dati che gli Stati Uniti siano i leader nel favorire la nascita di
startup innovative, in questo caso Dot Com, grazie a interventi legislativi e normativi
già in atto da tempo (come l’America Invents Act che disciplina il rilascio dei brevetti,
l’iniziativa Startup America di Obama e lo lo Startup Act 3.0) e una cultura che ritiene
l’innovazione fondamentale per il sostegno dell’economia e la creazione di nuovi posti
di lavoro.
Considerando il ranking per finanziamento ricevuto, si confermano le osservazioni fatte
nell’analisi precedente: tra le dieci Dot Com che hanno ricevuto il finanziamento medio
maggiore si trovano quattro aziende che operano esclusivamente nel settore
Abbigliamento; inoltre la metà di esse è stata fondata negli Stati Uniti.
1. Instacart - Alimentare - 2012 - USA - 274 mln $
2. Dafiti - Abbigliamento - 2010 - BRA - 249,3 mln $
3. Westwing - Arredamento - 2011 - DEU - 178,8 mln $
4. Dollar Shave Club - Profumerie - 2012 - USA - 147,8 mln $
5. Moda Operandi - Abbigliamento - 2010 - USA - 138,50 mln $
6. Lazada Vietnam - Elettronica/Informatica - 2012 - VNM - 100 mln $
7. Takealot.com - Tutti - 2010 - ZAF - 100 mln $
8. The RealReal - Abbigliamento - 2011 - USA - 83 mln $
9. The Iconic - Abbigliamento - 2011 - AUS - 72 mln $
10. Naturebox - Alimentare - 2012 - USA - 58,5 mln $
Le quattro aziende che operano esclusivamente nel settore Abbigliamento sono quattro:
Dafiti al 2° posto con 249,3 mln $, Moda Operandi al 5° posto con 138,5 mln $, The
RealReal all’8° posto con 83 mln $ e The Iconic al 9° posto con 72 mln $. Dafiti è nata
in Brasile nel 2010 ed è leader nel mercato del fashion Retail online in Sud America.
Moda Operandi e The RealReal sono entrambe state fondate negli Stati Uniti. The
RealReal offre la vendita online di abbigliamento e accessori di lusso di seconda mano,
verificandone le condizioni e l’autenticità. Ha sviluppato una partnership con Neiman
Marcus per aiutare la clientela a riciclare i propri articoli firmati, introducendo la
130
possibilità di essere rimborsati tramite gift card. Infine The Iconic è stata fondata in
Australia nel 2011.
Tra le Dot Com che operano nel settore Alimentare, nel ranking delle prime dieci
aziende finanziate, si trovano: Instacart al 1° posto con 274 mln $ e Naturebox al 10°
posto con 58,5 mln $. Instacart è un’azienda statunitense fondata nel 2012 che si
occupa della vendita e consegna a domicilio di generi alimentari. Garantisce la
consegna in appena un’ora, al momento la più rapida disponibile sul mercato, e grazie a
questo servizio si è aggiudicata una partnership con il retailer americano Target e con
Whole Foods, leader negli Stati Uniti nella distribuzione di prodotti naturali e biologici.
Naturebox, altra startup statunitense, vende e consegna a domicilio snack biologici con
sottoscrizione di abbonamento mensile.
Opera nel settore Profumerie la startup Dollar Shave Club che occupa il 4° posto nel
ranking con 147,8 mln $, e offre un sito eCommerce per l'acquisto di rasoi e lamette da
barba tramite abbonamento periodico.
L’unica Dot Com presente nel ranking, operante nel settore Arredamento è Westwing,
aperta nel 2012 in Germania, ha ricevuto 178,8 mln $, classificandosi al 3° posto. In
Italia opera come Dalani.
Lazada Vietnam si occupa della vendita online di telefoni cellulari, articoli elettronici,
articoli per la casa e giocattoli e si classifica al 6° posto con 100 mln $.
Al 7° posto con 100 mln $ ricevuti si trova Takealot.com, Dot Com che vende prodotti
appartenenti a più categorie merceologiche (abbigliamento, accessori per la casa,
elettronica di consumo,...) ed è stata fondata nel 2010 in Sud Africa.
131
4.5. Service provider
I service provider offrono ai retailer servizi a supporto dell’attività di vendita, in tutte le
fasi del processo di acquisto multicanale, e possono essere raggruppati in funzione della
soluzione tecnologica offerta.
Nel censimento effettuato sono state mappate all’interno di questa categoria 665 aziende
che costituiscono il 70% del campione analizzato.
I service provider sono stati classificati in funzione dei processi supportati in ambito
Retail. Tali processi sono stati suddivisi in tre macrocategorie:
• front-end: i processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita,
direttamente a contatto col cliente finale e possono essere suddivisi nelle tre fasi
che caratterizzano il processo di acquisto: pre-vendita, acquisto e pagamento,
post-vendita;
• back-end: i processi di back-end sono quelli che non prevedono un’interazione
con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi: processi di
relazione con i fornitori, processi di gestione del magazzino e processi
trasversali di gestione dei negozi;
• omnicanalità: in questa classe sono state raggruppate tutte le innovazioni digitali
a supporto dell’omnicanalità.
132
La ricerca condotta ha rilevato che la maggior parte dei service provider si occupa di
introdurre innovazioni in ambito back-end: sono 288 le startup mappate sulle
innovazioni di back-end e costituiscono il 44% del totale. A seguire i service provider
che apportano innovazioni nel front-end: con 247 aziende costituiscono il 37% dei
service provider. Infine 130 startup si occupano di omnicanalità, per una quota pari al
19%.
Il grafico mostra la ripartizione a livello macro dei service provider tra le tre categorie
di riferimento.
Figura 36: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo supportato a livello internazionale.
44%
37%
19%
Front-end
Back-end
A supporto dell’ omnicanalità
Base: 665 startup
133
Volendo fare una comparazione a livello di finanziamento medio ricevuto per ambito
applicativo, si può osservare come la categoria più numerosa, quella del back-end,
riceve anche il finanziamento medio di importo più elevato: 5,6 mln $.
A seguire la categoria del front-end con 4,9 mln $ ed infine l’omnicanalità con 2,4 mln
$. Nel grafico è stato introdotto come riferimento il finanziamento medio ottenuto dalla
totalità dei service provider, pari a 4,3 mln $, per evidenziare che sia il cluster back-end
che quello front-end hanno ricevuto finanziamenti superiori alla media.
Figura 37: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello internazionale
suddivisi per ambito applicativo supportato. Questi dati evidenziano come le innovazioni di back-end siano le più diffuse tra le
startup operanti nel settore Retail e ad esse è stata allocata la maggior parte degli
investimenti. L’interesse è quindi quello di ottimizzare e rendere più efficienti i processi
back-end con innovazioni che portano benefici tangibili quali ad esempio la riduzione
dei costi.
Base: 590 startup (di cui è pubblica l’informazione sull’entità del finanziamento ricevuto)
mln $
mln $
mln $
mln $ 5.6
4.9
4.3
2.4
Back-end
Front-end
Media dei
finanziamenti
Omnicanalità
134
4.5.1.Back-end
Le soluzioni innovative in ambito back-end hanno lo scopo di ottimizzare i processi che
non prevedono un’interazione con il cliente finale, garantendo in tal modo una riduzione
dei costi e una gestione più efficiente degli investimenti. Ciò consente di sostenere e
rendere più efficaci anche gli investimenti sostenuti in ambito front-end. Spesso i
retailer si focalizzano sugli aspetti relativi alla customer experience e alla multicanalità,
concentrando lì i loro sforzi innovativi e gli investimenti. Tuttavia trascurare la parte di
back-end potrebbe inficiare anche i risultati ottenibili negli altri ambiti, vanificando lo
sforzo innovativo ed economico.90
A sostenere tale tesi è anche uno dei maggiori retailer internazionali, John Lewis, che
afferma che i retailer non possono concentrare i loro sforzi innovativi unicamente in
innovazioni relative alla customer experience, seppur sofisticate, ma devono dare la
dovuta importanza anche al supporto fornito dalle innovazioni di back-end. Paul Coby,
chief information officer in John Lewis, ha infatti recentemente affermato che, sebbene
per avere successo nel settore Retail attuale sia fondamentale avere ottime tecnologie
front-end, ciò potrebbe essere reso inutile dall’assenza di un back-end riprogettato per
far fronte ai picchi della customer demand. Il soddisfacimento della domanda deve
essere accurato e puntuale perché questo si aspetta il consumatore moderno e ciò risulta
impossibile senza un adeguato investimento nei vari aspetti del back-end. Un esempio
su tutti: la distribuzione. I settori relativi alla logistica e distribuzione devo essere resi
flessibili ed affidabili in modo da rispondere adeguatamente alla variazione della
domanda e non devono risultare inadeguati in caso di picchi (es. festività, Black
Friday,…).
L’affidabilità garantita al cliente attraverso processi di back-end adeguatamente
presidiati e monitorati risulta fondamentale per la fidelizzazione del cliente e per
rafforzare la Brand Awareness. Se dunque le innovazioni apportate in ambito front-end
e omnicanalità supportano i retailer nell’attrarre i consumatori, le innovazioni in ambito
back-end aiutano invece a mantenere una clientela faticosamente acquisita. Mantenere
90 http://www.computerweekly.com/news/2240237932/Retail-technology-useless-without-back-end-support-says-John-Lewis
135
un cliente, nonostante la natura sempre meno fedele del consumatore moderno e a
dispetto della concorrenza delle sempre più numerose Dot Com, è un risultato ottenibile
dando la giusta importanza all’investimento in innovazioni di back-end.
Si è già anticipato che i processi di back-end sono quelli che non prevedono
un’interazione con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi:
• processi di relazione con i fornitori,
• processi di gestione del magazzino,
• processi trasversali di gestione dei negozi.
All’interno di ogni sottogruppo di processi sono state individuate le innovazioni digitali
di competenza, che riportiamo brevemente per rendere più fruibili le considerazioni
fatte in seguito.
Innovazioni nei processi di relazione con i fornitori:
o EDI – Electronic Data Interchange: Sistemi che consentono il trasferimento di
informazioni e documenti in formato elettronico tra imprese appartenenti alla
stessa supply chain.
o Fatturazione elettronica: Sistemi a supporto della realizzazione, dell’invio e
della ricezione di documenti relativi al Ciclo Ordine-Pagamento.
Innovazioni nei processi di gestione del magazzino:
o Sistemi di tracciamento dei prodotti (Rfid – Radio Frequency
Identification): Sistemi che consentono di tracciare i prodotti lungo la catena
distributiva.
o Sistemi di planning: Sistemi gestionali in grado di supportare i decision maker
nella pianificazione della domanda, nella gestione delle scorte e nella scelta dei
piani di distribuzione.
136
o Sistemi di automazione del magazzino: Sistemi che consentono di
automatizzare la messa a stock (storage), il prelievo e il sorting della merce
all’interno del magazzino.
o Sistemi di picking/packing: Soluzioni ICT per supportare le attività degli
operatori di magazzino nelle fasi di picking, controllo e allestimento ordini.
o Soluzioni di intelligent transportation system: Tecnologie ICT integrate nei
mezzi di trasporto per raccogliere e comunicare dati al fine di agevolare
pianificazione, progettazione, esercizio, manutenzione e gestione dei sistemi di
trasporto.
Innovazioni nei processi trasversali o di gestione dei negozi
o Sales force automation: Costituisce uno degli strumenti volti a velocizzare le
fasi di vendita permettendo l’automazione di attività a basso a valore aggiunto.
o Sistemi ERP (Enterprise Resource Planning): Sistemi che permettono di
gestire in modo integrato i dati provenienti da tutte le funzioni interne di
un’azienda come la produzione, gli acquisti, le vendite, l’amministrazione, la
finanza e le risorse umane.
o Sistemi di business intelligence: Sistemi che si propongono di esplorare i dati
per ricavare informazioni e conoscenze utilizzabili nel corso dei processi
decisionali.
o Sistemi CRM (Customer Relationship Management): Sistemi che vengono
impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le interazioni con i
clienti.
Dalla ricerca effettuata si riscontra che le innovazioni digitali più importanti sia in
termini di numerosità che per importo di finanziamento medio ricevuto sono
appartenenti al terzo cluster, a supporto dei processi trasversali o di gestione dei negozi.
Infatti sistemi di CRM, sistemi di business intelligence e sistemi di ERP sono tra le
soluzioni più offerte per innovare il back-end.
Tra le altre innovazioni sono degni di menzione anche i sistemi di planning che
supportano invece l’innovazione nei processi di gestione del magazzino.
137
Questi risultati confermano l’importanza di innovare innanzitutto in ambito di gestione
della clientela, con il supporto dei sistemi CRM: una miglior conoscenza del cliente
permette una personalizzazione più accurata nell’offerta e porta quindi a facilitarne la
fidelizzazione. In secondo luogo la digitalizzazione è fondamentale anche nella gestione
della supply chain (sistemi ERP) e nella previsione della domanda (sistemi di business
intelligence e sistemi di planning): una più accurata previone della domanda e una
catena di distribuzione e logistica adeguata garantiscono il soddisfacimento della
domanda di una clientela sempre più esigente.
Nel grafico seguente, si riporta la mappatura delle startup censite in ambito back-end,
suddivise per innovazione supportata.
La maggior parte delle startup operanti in ambito back-end si occupa di CRM (171
aziende pari al 59%); a seguire business intelligence (52 aziende pari al 18%), ERP (35
aziende pari al 12%) e sistemi di planning (13 aziende 4%). Infine sono state
raggruppate nel rimanente 7% l’insieme di startup che offrono innovazione nei processi
di gestione del magazzino, ad esclusione dei sistemi di planning già considerati, e la
totalità delle innovazioni nei processi di relazione con i fornitori.
Figura 38: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello internazionale.
59%18%
12%
7%4%
Base: 288 startup (5,6mln$/startup)
sistemi di business intelligence
(3,8mln $/startup)
soluzioni di CRM (4,3 mln $/startup)
sistemi ERP (4,5 mln $/startup)
Sistemi di planning (1,9 mln $/startup) Altro
(6 mln $/startup)
138
Come già anticipato dal grafico precedente, le quattro categorie più numerose
corrispondenti a CRM, business intelligence, ERP e sistemi di planning si rivelano le
più interessanti anche analizzando l’importo del finanziamento medio da esse ricevuto;
sono infatti le categorie che attraggono i finanziamenti maggiori: precisamente il
finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano
di ERP (4,5 mln $), seguite da CRM (4,3 mln $), business intelligence (3,8 mln $) e
infine sistemi di planning (1,9 mln $).
Inoltre l’interesse degli investitori nelle quattro categorie è stato confermato anche
nell’anno corrente, in quanto tali categorie ricevono finanziamenti anche nel 2015. Tra
esse quella che ha ricevuto il maggior importo nel 2015 è CRM (1 mln $).
Ad ulteriore conferma dell’interesse ancora attuale in tali innovazioni, si è potuto
constatare che è stata aperta almeno una startup che si occupa di queste quattro
innovazioni dal 2014 in avanti.
Tra tutte le startup aperte nel 2014 (considerando la totalità di back-end, front-end e
omnicanalità) il 25% si occupa di CRM (13), il 6% di business intelligence (3), il 6% di
sistemi di planning (3) e il 4% di ERP (2).
E’ interessante osservare che ogni anno dal 2010 al 2015, le categorie più numerose
operanti in ambito back-end sono sempre costantemente nell’ordine CRM, business
intelligence ed ERP.
4.5.2.Front-end
I processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita, direttamente a
contatto col cliente finale e le innovazioni introdotte in questo ambito hanno l’obiettivo
di migliorare l’efficacia del processo di acquisto e di relazione con i clienti, al fine di
ottimizzare la customer experience in punto vendita; gli obiettivi perseguiti possono
essere ad esempio l’aumento dei ricavi o del livello di servizio percepito dal cliente.
139
L’ambito front-end può essere suddiviso in tre sottofasi che rispecchiano la suddivione
del processo di acquisto: pre-vendita, vendita (acquisto e pagamento), post-vendita.
All’interno di ogni sottogruppo di processi sono state individuate le innovazioni digitali
di competenza, che riportiamo brevemente per rendere più fruibili le considerazioni
fatte in seguito.
Innovazioni nella fase pre-vendita:
o Chioschi, totem e touch point: Device, installati in punto vendita e dotati di
schermo interattivo, che consentono ai clienti di ricevere informazioni sui
prodotti, di verificarne la disponibilità, di acquistarli online, di accedere alle
promozioni disponibili.
o Vetrine smart: Sistemi utilizzati per la comunicazione di prossimità, installati
di norma all’esterno del punto vendita, che hanno lo scopo di invogliare le
persone ad entrare in negozio e di promuovere la vendita attraverso i contenuti
veicolati.
o Indoor Positioning: sfruttano le tecnologie di micro-geolocalizzazione tramite
applicazioni quali ad esempio iBeacon per inviare notifiche push sullo
smartphone dei clienti con l’obiettivo di invogliarli ad entrare nel punto vendita;
guidano i visitatori all’interno del negozio e collezionano informazioni relative
alle abitudini dei consumatori in punto vendita.
o Cartellini interattivi: Cartellini elettronici che consentono al retailer di
modificare istantaneamente il prezzo del prodotto esposto e che, in alcuni casi,
forniscono ulteriori informazioni sul prodotto stesso (ad esempio il numero di
Like ricevuti sui social).
o Coupon digitali: Codici promozionali inviati dal retailer ai propri clienti tramite
email, sms o App. Il cliente, esibendo alla cassa il codice che gli è stato inviato,
ottiene uno sconto sui prodotti.
o Camerini smart: Soluzioni che consentono al cliente di indossare virtualmente
vestiti ed accessori. Tali sistemi consentono inoltre al cliente di visualizzare
l’intera collezione di abiti disponibili, spesso suggerendo abbinamenti o prodotti
simili a quello selezionato.
140
o App in store: Iniziative mobile sviluppate per essere utilizzate in punto vendita
dai clienti per avere maggiori informazioni sui prodotti presenti a scaffale, per
ricevere promozioni personalizzate, per velocizzare la fase di pagamento, ..
Innovazioni nella fase di vendita (acquisto e pagamento):
o Self scanning. Device utilizzati dai clienti per leggere i codici a barre dei
prodotti selezionati e inseriti nel carrello. Di recente sono stati introdotti
strumenti in grado di rilevare, tramite scansione del codice a barre, anche gli
ingredienti che compongono i prodotti.
o Online selling: Device, (di norma un tablet) in dotazione alla forza vendita o a
disposizione dei clienti, per consentire al cliente di finalizzare l’acquisto online
in negozio soprattutto nel caso di prodotti non presenti in punto vendita.
o Cassa Evoluta: Tablet, integrati con il Mobile POS, per permettere ai clienti di
pagare i prodotti acquistati direttamente all’assistente vendite, senza dirigersi
alla barriera casse.
o Pagamenti innovativi: Sistemi che consentono il pagamento in modo
alternativo a quello tradizionale: ne sono un esempio i sistemi che consentono al
cliente di pagare tramite il proprio smartphone e i sistemi che abilitano il
pagamento mediante la generazione di un QR code.
o Self check out: Sistemi di cassa self-service per consentire al cliente di leggere i
codici a barre dei prodotti acquistati, di stampare lo scontrino e di pagare la
propria spesa in completa autonomia.
Innovazioni nella fase di post-vendita:
o Loyalty: Soluzioni digitali utilizzate per rafforzare la fedeltà dei clienti. Lo
strumento più diffuso è la Fidelity Card digitale, ovvero la tessera
dematerializzata che dà l’opportunità al cliente di usufruire di agevolazioni,
sconti esclusivi o premi.
141
Dalla ricerca effettuata si riscontra che la maggior parte delle startup operanti in ambito
front-end si occupa di loyalty (53 aziende pari al 21% ), seguite da indoor positioning
(44 aziende, pari al 18%) e da pagamenti innovativi (43 aziende pari al 17%); a seguire
cassa evoluta (37 aziende, pari al 15%) e coupon digitali (34 aziende, pari al 14%). Non
trascurabili sono anche online selling (8 aziende, pari al 3%) e camerini Smart (7
aziende pari al 3%). Le altre categorie costituiscono in totale ciascuna meno del 2%
(meno di 5 aziende per categoria) e nel complesso il 9% (21 aziende).
Figura 39: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello internazionale.
Le cinque categorie più numerose si rivelano le più interessanti sotto più punti di vista.
Come già anticipato dal grafico precedente, esse ricevono finanziamenti medi di
importo maggiore rispetto alle altre: precisamente il finanziamento medio di importo
maggiore è stato ricevuto dalle startup che si occupano di cassa evoluta (15,2 mln $),
seguite da pagamenti innovativi (5,8 mln $) e coupon digitali (5,8 mln $); a seguire
loyalty (4,3 mln $) e infine indoor positioning (4,0 mln $). L’ordine resta invariato
anche considerando i finanziamenti senza Best and Worst in class.
L’interesse degli investitori nelle cinque categorie è stato confermato anche nell’anno
corrente, in quanto tali categorie ricevono finanziamenti anche nel 2015. Tra esse quella
che ha ricevuto il maggior importo nel 2015 è cassa evoluta (3,9 mln $).
21%
18%
17%
15%
14%
9%3%
3%
Base: 247 startup (4,9 mln $/startup)
sistemi di indoor positioning (4,0 mln $/startup)
sistemi di loyalty (4,3 mln $/startup)
sistemi di pagamento innovativi
(5,8 mln $/startup)
altro
sistemi di cassa evoluti
(15,2 mln $/startup)
sistemi di couponing digitali (5,8 mln $/strtup)
sistemi di online selling
(3,7 mln $/startup)
camerini Smart
(2,3 mln $/startup)
142
Ad ulteriore conferma dell’interesse ancora attuale in tali innovazioni, si è potuto
constatare che è stata aperta almeno una startup che si occupa di queste cinque
innovazioni dal 2014 in avanti.
Tra tutte le startup aperte nel 2014 (considerando la totalità di back-end, front-end e
omnicanalità) il 14% si occupa di indoor positioning (7), il 6% di cassa evoluta (3) e di
copon digitali (3), il 2% di pagamenti innovativi (1) e loyalty (1).
Tra le innovazioni digitali nel front-end due meritano un approfondimento:
� i sistemi di cassa evoluta hanno ottenuto il finanziamento medio maggiore tra i
service provider, ricevono finanziamenti anche nel 2015 e l’importo medio di
tali finanziamenti è il maggiore rispetto alle altre categorie non solo del front-
end, ma di tutti i service provider (3,9 mln $); negli anni, una quota consistente
di startup continua a scegliere di implementare questo tipo di innovazione
digitale.
Per i retailer l’importanza dell’adozione di Mobile POS non è costituita
unicamente dal risparmio che consegue la sostituzione dei dispositivi di cassa
tradizionali, ma assume un’importanza ancora maggiore in termini di benefici
apportati alla customer experience. L’adozione di sistemi di cassa evoluta
consente al cliente di vivere una migliore esperienza in store perché permette
una miglior gestione dei momenti di picco di affluenza, lo snellimento dei
processi di checkout, una miglior interazione con il device Mobile del cliente per
il pagamento, l’ampliamento degli spazi in negozio destinati all’esposizione dei
prodotti,…
� i sistemi di indoor positioning costituiscono un’innovazione digitale che
continua a suscitare interesse e viene sempre maggiormente implementata dai
retailer; analizzando il trend di nascita delle startup di questa categoria, si può
osservare come questo si mantenga costante nel corso degli anni e come quindi
non decresca negli ultimi anni (2013 e 2014) come invece accade per altre
tipologie di startup. Il grafico mostra l’andamento dell’apertura delle startup che
143
implementano questa innovazione: come si può notare non c’è una diminuzione
negli ultimi anni, ma il trend rimane costante.
Figura 40: Trend di apertura di startup che si occupano di indoor positioning negli ultimi 5 anni
a livello internazionale.
Le aziende nate nel 2014 che si occupano di indoor positioning sono il 14%
della totalità delle aziende nate nel 2014 (seconde solo a CRM, la categoria più
numerosa) e costituiscono il 16% (8 su 44) del totale delle aziende che fanno
indoor positioning. Considerando il solo front-end, tra le startup nate nel 2014
ben il 47% si dedica all’indoor positioning.
Dalla ricerca PWC Total Retail 201591 emerge chiaramente come il negozio sia
ancora fermamente al centro del processo di acquisto. I dati rivelano che il 36%
dei consumatori intervistati compra in un negozio almeno una volta alla
settimana, quasi il doppio rispetto al PC (20%) e quattro volte tanto rispetto a
Tablet e Smartphone (10%). Nonostante i progressi tecnologici, non esiste ad
oggi un altro canale distributivo in grado di sostituire il negozio e di replicare
l’esperienza di prodotto e di brand che è in grado di offrire. Tra le motivazioni di
preferenza del negozio come canale di acquisto, il 60% del campione globale
indica la possibilità di “vedere, toccare e provare la merce” e il 53% avere la
gratificazione istantanea di possedere il prodotto dopo l’acquisto. Ecco allora
che il negozio può costituire il luogo dove acquisire un ingente volume di
91 https://www.pwc.com/it/it/industries/retail-consumer/assets/docs/total-retail-2015.pdf
2010 2011 2012 2013 2014
5
12
9
Base: 44 startup
10
8
144
informazioni relative alla clientela e l’indoor positioning permette di ricavare tali
informazioni sul consumatore attraverso lo Smartphone, device ormai posseduto
dalla maggioranza della clientela sempre più digitalizzata. Grazie alle tecnologie
utilizzate nell’indoor positioning è inoltre possibile offrire al cliente offerte
sempre più personalizzate ed un’esperienza di acquisto ottimizzata. Un esempio
è l’ottimizzazione del servizio Click and Collect, che si sta diffondendo
velocemente per il gradimento dimostrato dal consumatore: con le tecnologie
di indoor positioning è possibile riconoscere quando il cliente entra in negozio e
velocizzare quindi il servizio, rendendolo ancora più efficiente e gradito.
4.5.3.Omnicanalità
In quest’ultimo cluster relativo ai service provider, sono state mappate le startup che
introducono innovazioni digitali in ambito Retail a supporto dell’omnicanalità.
Le innovazioni considerate in questa categoria sono quattro e vengono riportate
brevemente per rendere più fruibili le considerazioni fatte in seguito.
o Sito informativo: Sito la cui finalità è la presentazione dell’azienda e fornire
informazioni utili per la visita in store (es. orari di apertura e indirizzo, elenco
dei punti vendita, promozioni in corso,…).
o Sito eCommerce: Sito che consente l’acquisto di prodotti, eventualmente la
personalizzazione, la scelta della modalità di pagamento,…
o App/Mobile site: Hanno le stesse funzionalità dei siti informativi o eCommerce,
ma sono ottimizzati per la visualizzazione e la fruizione dei contenuti tramite
dispositivi mobili (Tablet e Smartphone).
o Sistemi Social; Sono i principali social network (Facebook, Twitter, YouTube,
Google+, Instagram, Pinterest) sui quali l’azienda retailer è presente, promuove
e pubblicizza i propri articoli.
145
Dalla ricerca effettuata si riscontra che la maggior parte delle startup operanti in ambito
omnicanalità si occupa di sistemi Social (41 aziende pari al 32%); a seguire siti
eCommerce (38 aziende pari al 29%); a seguire App/Mobile site (38 aziende pari al
29%) ed infine siti informativi (13 aziende pari al 10%).
Figura 41: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello internazionale.
Come già anticipato dal grafico precedente, il finanziamento medio di importo maggiore
è stato ricevuto dalle startup che si occupano di sistemi Social (3,3 mln $), seguiti da siti
eCommerce (3,2 mln $), siti informativi (1,7 mln $) ed infine App/Mobile site (1,1 mln
$).
Tutte le categorie considerate ricevono finanziamenti nel 2015 tranne siti informativi e
l’innovazione che ha ricevuto il maggior importo relativamente al 2015 è sistemi Social
(1,9 mln $).
Ad ulteriore conferma si osserva che nel 2014 è stata aperta almeno una startup in tutte
le categorie tranne siti informativi.
Tra tutte le startup aperte nel 2014 (considerando la totalità di back-end, front-end e
omnicanalità) il 10% si occupa di sistemi Social (7), il 4% di siti eCommerce (2) e di
App/Mobile site (2).
32%
29%
29%
10%
Base: 130 startup (2,4mln$/startup)
siti eCommerce (3,2mln $/startup)
sistemi Social (3,3 mln $/startup)
App/Mobile site (1,1 mln $/startup)
siti informativi (1,7 mln $/startup)
146
Analizzando quindi le innovazioni digitali in ambito omnicanalità, la categoria che
risulta particolarmente interessante è quella dei sistemi Social: le startup che sviluppano
questa innovazione aperte nel 2014 (7) costituiscono il 10% del totale delle startup
aperte nel 2014 e il 12,5% della categoria; analizzando il trend di nascita delle startup di
questa categoria, si può osservare come questo si mantenga costante nel corso degli anni
e come quindi non decresca negli ultimi anni (2013 e 2014) come invece accade per
altre tipologie di startup. Il grafico mostra l’andamento dell’apertura delle startup che
implementano questa innovazione: come si può notare non c’è una diminuzione negli
ultimi anni, ma il trend rimane costante.
Figura 42: Trend di apertura di startup che si occupano di sistemi Social negli ultimi 5 anni
a livello internazionale.
Tra le startup nate nel 2014 e operanti nel settore omnicanalità, ben il 58% è costituito
da sistemi Social.
Gli strumenti Social offrono un’interazione diretta con i propri clienti e una conoscenza
delle opinioni degli stessi sull’esperienza di acquisto, fornendo spunti di ottimizzazione
della strategia commerciale. I Social Media hanno un’influenza sempre maggiore sugli
acquirenti: il 38% dei clienti trae ispirazione per gli acquisti da prodotti visti sui canali
Social, il 22% viene influenzato dal Social Network per visitare siti web dei retailer, il
25% è connesso a uno o più retailer su Facebook, il 36% degli utenti di Twitter ha
“twittato” un’opinione relativa a un’esperienza nell’ambito Retail (Fonte: Global trend
2010 2011 2012 2013 2014
3
9
10 11
7
Base: 40 startup
147
Research PlanetRetail)92. Gli acquirenti sono influenzati dalle recensioni dei
consumatori e i retailer possono usare a loro vantaggio tale aspetto combinando
campagne Social con promozioni in store. Le valutazioni sul lancio di iniziative pilota
sui propri negozi, su nuovi prodotti offerti nell’assortimento o sulla definizione delle
prossime campagne promozionali sono esempi di utilizzo dei Social come canali
efficaci per rivedere il posizionamento sul mercato, aumentando la vicinanza ai clienti. I
Social Media costituiscono dunque nuove opportunità per i retailer, ma anche sfide e
rischi: opinioni negative sui Social Network potrebbero in poche ore danneggiare la
reputazione del brand. È importante saper gestire la comunicazione e avere chiara una
strategia di risposta in caso di “crisi di reputazione”.
4.5.4.Rapporto tra front-end, back-end e omnicanalità
Il censimento ha permesso di analizzare come si sia evoluta negli anni l’attenzione delle
startup nello sviluppo di innovazioni digitali appartenenti ai tre cluster considerati:
front-end, back-end e omnicanalità.
Nel 2010 le startup implementavano prevalentemente (46%) innovazioni relative
all’ambito front-end, secondariamente (37%) all’ambito back-end ed infine
all’omnicanalità (17%) .
Figura 43: Suddivisione dei service provider aperti nel 2010 a livello internazionale.
92 http://www.mark-up.it/social-media-per-il-retail-e-uno-strumento-di-ascolto/
Front-end
Back-end
A supporto dell’ omnicanalità
Base: 82 startup
37%
46%
17%
148
Progressivamente dal 2010 al 2013 l’attenzione delle startup si è spostata verso l’ambito
back-end e omnicanalità: in questi anni vediamo la progressiva diminuzione delle
startup in ambito front-end e il progressivo aumento in ambito back-end e omnicanalità.
Nel 2011 infatti resta invariata rispetto al 2010 la percentuale relativa all’omnicanalità
(17%), mentre c’è un inversione di tendenza rispetto al 2010 perché la maggior parte
delle aziende si rivolge all’ambito back-end (da 37% a 45%) e secondariamente
all’ambito front-end (da 46% a 39%).
Figura 44: Suddivisione dei service provider aperti nel 2011 a livello internazionale.
Front-end
Back-end
A supporto dell’ omnicanalità
Base: 183 startup
45%
39%
17%
149
Nel 2012 e 2013 cresce la percentuale delle statup nell’omnicanalità (20% e 23%),
ambito che rimane cmq all’ultimo posto; continua a crescere l’interesse nel back-end
(da 45% a 47% e 48%) e continua a decrescere l’interesse in ambito front-end (da 39%
a 33% e 29%).
Figura 45: Suddivisione dei service provider aperti nel 2012 a livello internazionale.
Figura 46: Suddivisione dei service provider aperti nel 2013 a livello internazionale.
Quindi dal 2010 al 2013 l’ambito front-end è diminuito del 37%, l’ambito back-end è
aumentato del 30% e l’ambito omnicanalità è aumentato del 35%.
Questa osservazione è a conferma di quanto riportato in precedenza relativamente
all’importanza dell’innovazione del settore back-end per i retailer: trascurando
l’implementazione a supporto del back-end si mettono a rischio anche le innovazioni
introdotte nel front-end e nell’omnicanalità.
Front-end
Back-end
A supporto dell’ omnicanalità
Base: 184 startup
47%
33%
20%
Front-end
Back-end
A supporto dell’ omnicanalità
Base: 148 startup
48%
29%
23%
150
Nel 2014 torna a crescere l’interesse nei confronti del front-end a scapito di entrambe le
altre categorie: rispetto al 2013 il front-end aumenta da 29% a 33%, il back-end
diminuisce da 48% a 46% e l’omnicanalità diminuisce da 23% a 21% tornando a una
situazione simile a quella del 2012.
Figura 47: Suddivisione dei service provider aperti nel 2014 a livello internazionale.
Complessivamente considerando le variazioni dal 2010 al 2014 si rileva una
diminuzione dell’ambito fron-end del 28%, un aumento dell’ambito back-end del 24% e
un aumento dell’ambito omnicanalità del 23,5%.
Questo rinnovato interesse nei confronti delle innovazioni in ambito front-end potrebbe
essere spiegato grazie all’innovazione relativa all’indoor positioning. Come già
accennato le startup che si occupano dell’indoor positioning nel 2014 costituiscono il
47% delle innovazioni del front-end e il 14% delle startup in generale, seconde solo alla
categoria CRM. Generalmente si è affermato che alcuni processi in ambito back-end
possano supportare anche le innovazioni introdotte nel front-end, riferendosi alle
innovazioni di back-end trasversali a supporto dei negozi (quindi CRM, business
intelligence, ERP,..), ma per l’innovazione indoor positioning il rapporto diventa duale
in quanto le informazioni ricavate in punto vendita grazie alla tecnologia di indoor
positioning possono supportare i processi di back-end (CRM, fornendo i dati relativi
alle preferenze e al comportamento d’acquisto della clientela; sistemi di planning,
aiutando nella previsione della domanda e nella organizzazione fisica del punto
vendita,…).
Front-end
Back-end
A supporto dell’ omnicanalità
Base: 53 startup
46%
33%
21%
151
4.5.5.Ranking dei service provider per finanziamento
ricevuto
Analizziamo ora quali sono le dieci startup appartenenti al cluster dei service provider
che hanno ottenuto il maggior importo dai finanziatori.
Figura 48: Ranking per finanziamento ricevuto dai service provider a livello internazionale.
A conferma dei risultati dell’analisi svolta, tra le prime dieci startup che hanno ricevuto
i finanziamenti medi di importo maggiore, si trovano 3 startup che si occupano di
sistemi di cassa evoluti (iZettle al 1° posto con 175,8 mln $, Revel Systems al 2° posto
con 128,5 mln $ e SumUp al 10° posto con 44,3 mln $). Questo tipo di innovazione ha
infatti ricevuto il finanziamento medio di importo maggiore tra tutti i service provider.
iZettle (http://www.izettle.com/) è una startup svedese, con headquarter a Stoccolma,
che propone un Mobile POS e facilita il business delle piccole-medie imprese con un
servizio di micro-finanziamenti. E’ già presente in dodici Paesi con circa un milione di
utenti registrati e propone due prodotti: iZettle Lite e iZettle Pro Contactless. iZettle
Lite è un dispositivo a costo zero, che si connette tramite cavo a smartphone e tablet.
iZettle Pro Contactless si collega tramite wireless e bluetooth e gestisce pagamenti
anche con carte contactless e con ApplePay. L’App permette di creare un inventario dei
1 3 4 5
6 7
Revel Systems
128.5 M$ Sistemi di
cassa evoluti
iZettle 175.8 M$ Sistemi di
cassa
evoluti
Social Touch 58.8 M$
Programmi Social
Unified 54 M$
Soluzioni di CRM
8
Kinetic Social
49,5 M$ Programmi
Social
9
Main Street Hub 66 M$
Soluzioni di CRM
2
Bonial 67,5 M$ Sistemi di
Indoor positioning
10
SumUp 44,3 M$ Sistemi di
cassa evoluti
Saltside Technologies
65 M$ Sito eCommerce
Parametric Sound
60.7 M$ Digital signage
152
prodotti e organizzarli in cartelle. Sono inoltre disponibili servizi aggiuntivi come
registratori di cassa e stampanti per ricevute.
Revel Systems (https://revelsystems.com/) è stata fondata nel 2010 negli Stati Uniti, con
headquarter a San Francisco e numerosi uffici a livello internazionale. E’ stata la prima
azienda di Mobile POS a permettere di gestire i pagamenti con ApplePay e continua la
collaborazione con Apple.
SumUp (http://sumup.com/) startup irlandese nata nel 2011 fornisce un lettore di carte di
credito collegabile con lo smartphone del retailer per l’accettazione di pagamenti.
Al 3° posto nel ranking si trova una startup che implementa sistemi di indoor
positioning, che dalla ricerca è risultata essere un’altra innovazione in ambito front-end
con elevate potenzialità. Bonial (http://www.bonial.com/) è stata fondata nel 2012 in
Germania e opera in 11 Paesi in tutto il mondo. I retailer possono raggiungere la
clientela con offerte personalizzate su smartphone grazie a sistemi di geolocalizzazione.
Il cliente può cercare offerte nei negozi nelle vicinanze, cercare i punti vendita dei
retailer preferiti e visualizzare cataloghi e offerte. Altre startup che si occupano della
stessa innovazione, anche se non rientrano nelle prime dieci startup finanziate, sono
Cubeacon, Lufthouse e Rover.
L’ultima innovazione di front-end che si trova tra le prime dieci startup finanziate è
relativa alle vetrine Smart o digital signage ed è sviluppata da ParametricSound
(http://www.parametricsound.com), startup nata nel 2010 negli Stati Uniti. Si occupa
della progettazione di prodotti audio innovativi con lo scopo di migliorare la customer
experience in-store: vengono implementate soluzioni audio, in grado di attivarsi in base
alla vicinanza del cliente, con la finalità di attrarre l’attenzione del visitatore e offrire
un’esperienza in store unica.
Pur non rientrando tra le prime dieci startup finanziate, citiamo le startup che
implementano alcune tra le soluzioni più offerte per supportare la customer experience
in punto vendita: sistemi per l’accettazione di couponing e loyalty, con programmi
Mobile basati su NFC e QR code o Social vengono sviluppati da Gaminside, MoPals,
153
Walmoo e Xopik; sistemi di pagamenti innovativi con soluzioni di Mobile Payment sono
implementati da Avance pay e nanoPay.
Tra le innovazioni in ambito back-end si osserva che i sistemi CRM, che costituiscono
la categoria più numerosa tra i service provider, vengono implementati da due startup
(MainStreet Hub al 4° posto con 66 mln $ e Unified all’8° posto con 54 mln $).
MainStreet Hub (http://www.mainstreethub.com/) è stata fondata nel 2010 negli Stati
Uniti e offre una piattaforma di servizi di marketing tramite social media, web e email
per consentire ai retailer di aumentare la propria clientela e fidelizzarla. Unified nata nel
2011 negli Stati Uniti realizza una piattaforma con servizi di marketing automation:
analisi dei dati, strumenti per il coinvolgimento della clientela, contenuti pubblicitari sui
Social Media. Altri esempi di aziende che sviluppano piattaforme per campagne di
marketing efficaci e software di marketing automation sono Groove e Hatchbuck.
Tra le soluzioni più offerte per innovare il back-end, di cui non si trovano però startup
tra le prime dieci finanziate, ci sono: sistemi di business intelligence, sviluppati ad
esempio da RetSKU e sistemi ERP, oggetto di i-drive.
La startup più finanziata che implementa soluzioni a supporto dell’omnicanalità, nello
specifico siti eCommerce è SaltsideTechnologies (http://saltside.se/) che occupa il 5°
posto nel ranking con 65 mln $ di finanziamento ricevuti. E’ stata fondata nel 2011 in
Svezia e sviluppa piattaforme eCommerce nelle economie emergenti (es. Bangladesh,
Ghana, Nigeria e Sri Lanka). Altre startup che introducono questa innovazione sono
Evergage e Shopline.
L’innovazione a supporto dell’omnicanalità più implementata tra i service provider e
che riceve il maggior finanziamento medio della categoria è sistemi Social. Tra le prime
dieci startup finanziate, due implementano questo tipo di innovazione (Social Touch al
7° posto con 58,8 mln $ e KineticSocial al 9° posto con 49,5 mln $). Social Touch
(http://social-touch.com) è una startup cinese fondata nel 2011 che implementa una
piattaforma per l'analisi e la gestione dei dati su Social Media e l'integrazione di azioni
di marketing nei Social Media. KineticSocial (http://www.kineticsocial.com) nata nel
154
2011 negli Stati Uniti realizza una piattaforma per la creazione e la gestione dei Social
Network per le aziende con servizi di marketing. Altri esempi di aziende che
introducono questo tipo di innovazione con campagne di marketing sui Social Network
utilizzando web influencer o programmi di monitoraggio della reputazione sui Social
Network sono Datalytics, In Network, Insightpool e Primeloop.
Un’altra innovazione a supporto dell’omnicanalità è relativa allo sviluppo di App o
Mobile site e se ne occupano startup che non rientrano tra le prime dieci finanziate
come Apps Foundry e TeliApp.
155
5. Censimento startup nazionali
Il fenomeno di creazione di una startup non può essere analizzato se non
contestualizzandolo nella realtà in cui nasce. Abbiamo già affermato come in molti
Paesi le startup abbiano già trovato da tempo terreno più fertile per nascere e svilupparsi
rispetto allo scenario italiano. Con l’obiettivo di sostenere la crescita economica e
l’introduzione dell’innovazione, in molti Paesi (primi fra tutti gli Stati Uniti) sono stati
introdotti interventi normativi che favoriscono il fiorire di queste tipologie di imprese.
Le startup sono nate negli Stati Uniti più di 25 anni fa, ma solo dal 2012 in Italia
vengono riconosciute ufficialmente dalla legislazione italiana. Il 4 ottobre 2012 il
Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legge, ispirato al Rapporto Restart,
Italia!, nel quale una specifica sezione è dedicata alle misure per favorire la nascita e lo
sviluppo delle startup innovative. Inoltre l’entrata in vigore del piano Europeo di Fondi
Pubblici 2014-2020 costituisce un ulteriore elemento facilitante, che permette di
affermare che una nuova impresa nascente trova in Italia nel 2015 condizioni
oggettivamente migliori rispetto agli anni precedenti.
In questo capitolo si vogliono dunque presentare i risultati della ricerca svolta a livello
nazionale, focalizzandosi sulle startup nate in Italia che introducono innovazione
digitale nel settore Retail.
5.1. Metodologia
Per l’analisi relativa alle startup innovative operanti in ambito Retail fondate in Italia, le
informazioni sono state ottenute attingendo da database online e in collaborazione con
l’Osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano.
Complessivamente sono state censite 56 aziende, con le seguenti caratteristiche:
� sono state fondate a partire dal 2010;
� hanno ricevuto finanziamenti negli ultimi quattro anni.
156
Per tutte le startup considerate sono state raccolte informazioni relative al numero di
finanziamenti ricevuti, all’entità di tali finanziamenti (ove il dato sia pubblico) e agli
investitori.
Sono state individuate tre diverse tipologie di iniziative:
� i retailer, ossia operatori tradizionali che vendono i prodotti tramite negozio
fisico e hanno ricevuto finanziamenti per sviluppare al fianco del punto vendita
un sito eCommerce B2c;
� le Dot Com, ossia operatori online, privi di una rete fisica di negozi; anch’essi
hanno ricevuto finanziamenti per potenziare il canale di vendita online;
� i service provider di soluzioni innovative, che offrono ai retailer soluzioni
digitali a supporto dell’attività di vendita, dei processi interni, dei processi di
gestione della supply chain e dell’omnicanalità; operano quindi in ambito B2b.
5.1.1. Classificazione di retailer e Dot-Com
Le prime due categorie di startup analizzate sono i retailer tradizionali e le Dot Com.
Mentre i retailer hanno un negozio fisico, a cui hanno affiancato un canale di vendita
online, le Dot Com sono presenti unicamente online con un sito eCommerce B2c.
L’innovazione digitale di queste tipologie di imprese è costituita unicamente dalla
presenza di un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita di prodotti. I
finanziamenti ricevuti sono utili a creare per i retailer o potenziare per le Dot Com, un
canale di vendita online.
Al contrario dei service provider non introducono quindi soluzioni tecnologiche
innovative che portino benefici in termini di efficienza dei processi interni e di efficacia
del processo di acquisto.
Tuttavia sono state prese in considerazione nell’analisi per l’importanza che ha assunto
anche in Italia negli ultimi anni la vendita online. I dati relativi all’eCommerce B2c in
Italia nel 2015, evidenziano come il fatturato sia praticamente triplicato dal 2007,
157
raggiungendo i 15 mln €. Dai 5.032 mln € nel 2007, si è infatti arrivati ai 15.073 del
2015, con una crescita considerevole, anche se minore rispetto ad altri paesi come gli
Stati Uniti, ma anche Germania, Francia, UK, e non solo.
Figura 49: Valore delle vendite eCommerce B2c in Italia.
Fonte: ’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management Politecnico di Milano Il trend di crescita indica l’importanza di realizzare un sito eCommerce ben funzionante,
non solo congegnato per la vendita elettronica, ma affiancato da una strategia di
marketing in grado di direzionare al sito web un traffico qualificato e un’utenza
fortemente targettizzata capace di generare conversioni il più possibile durevoli, costanti
se non crescenti nel tempo.
158
I settori sottoposti a monitoraggio dall’Osservatorio eCommerce B2c del Politecnico di
Milano sono stati i prodotti: Abbigliamento, Arredamento, C2c, Cosmetica, Couponing
di prodotto, Editoria, Food and wine, Grocery, Informatica ed elettronica,
Merchandising, che hanno registrato in un solo anno, ovvero dal 2014 al 2015 un
aumento di fatturato del +24 %, e i servizi, come: Assicurazioni, Couponing di servizi,
Ricariche, Ticketing per eventi, Turismo, con un aumento del +8%.
Figura 50: Andamento delle vendite eCommerce B2c nei prodotti e servizi (2014-2015) in Italia. Fonte: ’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management Politecnico di Milano
159
Analizzando la ripartizione delle vendite eCommerce B2c per tipologia di player, si può
notare che il peso delle Dot Com è pari a 56% in crescita del 20% rispetto al 2014,
mentre quello dei retailer tradizionali è pari al 44%, in crescita del 9% rispetto all’anno
precedente.
Figura 51: La ripartizione delle vendite eCommerce B2c per tipologia di player in Italia.
Fonte: ’Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management Politecnico di Milano
Analogamente a quanto proposto per lo scenario internazionale, i retailer e le Dot Com
sono stati classificati in base al settore merceologico in cui operano.
Sono stati considerati i seguenti settori merceologici:
� Abbigliamento
� Arredamento
� Alimentare
� Elettronica/Informatica
� Profumerie
Questa suddivione è significativa in quanto le priorità di investimento per il futuro di
queste due tipologie di impresa cambiano in funzione del settore.
160
5.1.2. Classificazione dei service provider
Le startup che sono state censite nella categoria service provider offrono ai retailer
soluzioni innovative a supporto dell’attività di vendita, dei processi interni, dei processi
di gestione della supply chain e dell’omnicanalità; operano quindi in ambito B2b.
Le soluzioni tecnologiche innovative sviluppate dai service provider possono soddisfare
l’obiettivo del miglioramento dell’efficacia del processo di aquisto in punto vendita
oppure quello della progettazione di processi più efficienti.
Un terzo obiettivo che può essere soddisfatto dall’introduzione di innovazioni digitali è
quello di supportare il retailer nel percorso verso l’omnicanalità evoluta, che non può
fermarsi alla sola costituzione di un sito eCommerce, ma che deve portare all’utilizzo
integrato e congiunto di diversi canali (fisico, online e Mobile) per garantire al cliente
un’esperienza fluida e continua.
Si sono quindi classificati i service provider in funzione dei processi supportati in
ambito Retail. Tali processi sono stati suddivisi in tre macrocategorie:
• front-end: i processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita,
direttamente a contatto col cliente finale e possono essere suddivisi nelle tre fasi
che caratterizzano il processo di acquisto: pre-vendita, acquisto e pagamento,
post-vendita;
• back-end: i processi di back-end sono quelli che non prevedono un’interazione
con il cliente finale e si possono suddividere in tre sottogruppi: processi di
relazione con i fornitori, processi di gestione del magazzino e processi
trasversali di gestione dei negozi;
• omnicanalità: in questa classe sono state raggruppate tutte le innovazioni digitali
a supporto dell’omnicanalità.
Il cluster di service provider che è stato mappato nelle varie fasi di front-end fornisce
innovazioni in grado di migliorare l’efficacia del processo di acquisto e di relazione con
161
i clienti, al fine di ottimizzare la customer experience in punto vendita; gli obiettivi
perseguiti possono essere ad esempio l’aumento dei ricavi o del livello di servizio
percepito dal cliente.
Il secondo cluster di service provider mappato nel back-end fornisce innovazioni
orientate all’efficienza come ad esempio l’obiettivo di riduzione dei costi. Ma non solo:
nel caso di innovazioni implementate nei processi trasversali di gestione dei negozi,
esse possono indirettamente supportare anche il front-end, apportando
contemporaneamente benefici di efficacia ed efficienza. Si pensi ad esempio ai sistemi
CRM che vengono impiegati dalle aziende per gestire, registrare e valutare le
interazioni con i clienti. Le analisi ricavate dai sistemi CRM possono essere utilizzate
nelle campagne di marketing per creare messaggi promozionali sempre più personalizzati
ed efficaci, inviabili anche in real time tramite azioni di marketing di prossimità,
supportando quindi la customer experience e la brand awareness.
Il terzo cluster di service provider supporta il retailer con innovazioni relative
all’omnicanalità, conseguendo sia benefici in termini di efficacia, come ad esempio
l’aumento delle vendite rendendo il percorso d’acquisto disponibile su più canali (anche
da Tablet e Smartphone), sia benefici in termini di efficienza, come ad esempio la
riduzione dei costi di personale rendendo disponibili al cliente informazioni online.
5.2. Le tipologie di startup nazionali
Questo capitolo ha come scopo la presentazione dei risultati del censimento svolto a
livello nazionale con le relative considerazioni che si possono trarre dall’analisi dei dati
ricavati dalla ricerca.
Il cluster di analisi delle startup a livello nazionale, che operano nel settore Retail e che
apportano innovazioni digitali, è composto complessivamente da 56 startup.
162
Le startup sono state suddivise in tre diverse tipologie di iniziative:
� i retailer, che hanno sviluppato al fianco del negozio fisico un sito eCommerce
sono 2 e costituiscono il 4% del totale;
� le Dot-Com, che vendono prodotti esclusivamente online con 19 aziende
costituiscono il 34% delle startup analizzate;
� i service provider, che offrono ai retailer soluzioni innovative, sono la categoria
di startup più numerosa e con 35 aziende costituiscono il 62% del campione
analizzato.
Graficamente la suddivisione tra tipologie di startup che hanno ricevuto finanziamenti
in ambito nazionale è la seguente.
Figura 52: Le tipologie di startup italiane.
62%
4%
34%
Dot Com
35
19
2
retailer
Base: 56 startup
service provider
163
Sono state raccolte informazioni più dettagliate su un sottoinsieme di 37 startup relative
ai fondatori e alla loro distribuzione geografica in Italia.
Il 78% (29 startup) è stata fondata da un team di più persone, mentre il 22% (8 startup)
da un singolo.
Figura 53: I fondatori di startup italiane. Analizzando l’età media dei fondatori, si trova che il 51% (19 startup) ha tra i 30 e 40
anni, il 30% (11 startup) ha più di 40 anni e il 14% (5 startup) ha meno di 30 anni. Per 2
startup il dato non è disponibile.
Figura 54: Età media dei fondatori di startup italiane.
78%
22%
Singolo
Team
Base: 37 startup
+ 40 anni
30-40 anni
- 30 anni
Base: 37 startup
51%
30%
14% 5%
n.d.
164
Dal punto di vista della distribuzione geografica delle startup italiane, si osserva che il
51% (19 startup) è stata fondata nella zona Nord (9 in Lombardia, 6 in Veneto, 3 in
Piemonte e 1 in Friuli Venezia Giulia); il 33% (12 startup) nella zona Sud e Isole (3 in
Sardegna, 3 in Campania, 2 in Calabria, 2 in Sicilia, 1 in Puglia e 1 in Abruzzo) e il
16% (6 startup) in zona Centro (4 in Lazio e 2 in Toscana).
Figura 55: Distribuzione geografica delle startup italiane.
5.3. Retailer
I retailer, presi in considerazione nell’analisi, sono degli esercenti che hanno sviluppato
al fianco del negozio fisico un sito eCommerce B2c.
L’innovazione digitale di queste startup è costituita sostanzialmente dall’aver affiancato
al punto vendita un canale eCommerce attraverso cui veicolare la vendita dei prodotti al
consumatore. I finanziamenti ricevuti sono utili a creare il canale di vendita online.
I retailer considerati costituiscono il 4% della totalità delle startup (2 aziende), operano
entrambi nel settore Alimentare e sono:
• Primo Taglio: startup del Gruppo Amodio, nata nel 2014 che si occupa della
vendita e della consegna a domicilio di prodotti alimentari freschi italiani; ha
ricevuto un finanziamento di importo pari a 1.5 mln €. In termini di fatturato,
51%
33%
16%
Nord
Sud e Isole
Centro
Base: 37 startup
165
l’obiettivo è quello di raggiungere 15 mln € di ricavi in 2/3 anni. Si tratta dunque
di un retailer che ha affiancato al negozio offline un canale eCommerce nel
mercato food con: un approccio multicanale integrato, con particolare attenzione
al Mobile; una logistica integrata fino all’ultimo miglio che consente di
consegnare prodotti freschissimi a casa del consumatore; una strategia di
comunicazione aggressiva, in cui i canali Social saranno utilizzati per attività di
engagement e per la gestione del customer service (l’investimento in
comunicazione per il progetto è di diverse centinaia di migliaia di euro, di cui il
70% è stato dedicato alle operazioni di promozione digital).
• Eataly Net: startup nata nel 2012 che si occupa della vendita di prodotti
alimentari italiani di alta qualità. La start-up è partecipata al 60% da Eataly, al
30% dal fondo di venture capital 360 Capital Partners e al 10% da Franco
Denari, Amministratore Delegato della società, ed è partita con un investimento
iniziale di 2,5 mln € nel 2013. I dati pubblicati sono 60 mila ordini, 300 mila
utenti al mese, 30 milioni di pagine viste nel 2014 solo per il sito italiano, a cui
si aggiungono 25 mila ordini e 10 milioni di visite se si considera il sito dedicato
agli Stati Uniti. Per un totale di oltre 5 milioni di fatturato global. Gli aspetti
curati maggiormente, data la tipologia di iniziativa, sono: la logistica,
particolarmente importante per la consegna di prodotti alimentari; l’ ottica
omnicanale, con strategie di marketing tramite Social Network, la possibilità di
acquistare direttamente dal cellulare tramite il sito Mobile e l’ App per
smartphone; l’uso della geolocalizzazione per veicolare le offerte ai clienti o
segnalare eventi; la sinergia tra canale online e negozi fisici molto stretta,
soprattutto per quello che riguarda il coinvolgimento del cliente (ad es. a chi
acquista online viene offerto un voucher per partecipare a uno dei corsi di cucina
che si tengono nei negozi).93
93 http://www.digital4.biz/executive/interviste/cibo-e-vino-online-eataly-alla-conquista-del-mondo_43672151825.htm
166
5.4. Dot Com
La seconda tipologia di startup considerata è quella delle Dot Com: sono aziende che
vendono prodotti esclusivamente online, sono quindi privi di una rete fisica di negozi e
si rivolgono direttamente al consumatore finale (ambito B2c).
I finanziamenti ricevuti sono principalmente rivolti al potenziamento della vendita
online e l’innovazione digitale di questa tipologia di startup è costituita unicamente
dalla presenza di un canale eCommerce attraverso cui vendere i prodotti. La loro finalità
non è dunque quella di aiutare i retailer nell’introduzione di soluzioni tecnologiche
innovative.
Sono state incluse nel censimento in quanto il trend delle vendite online non ha smesso
di crescere nemmeno nel recente periodo di crisi economica, il fatturato della vendita di
prodotti-servizi da siti eCommerce è in costante crescita in Italia e le Dot Com
dominano questo scenario rispetto ai retailer tradizionali.
Le Dot Com sono state classificate in base al settore merceologico in cui operano: la
maggior parte opera prevalentemente nel settore Abbigliamento (9 aziende pari al 47%),
seguito da quello Alimentare (4 aziende pari al 21%) e Arredamento (4 aziende pari al
4%).
L’11% (2 startup) vende prodotti appartenenti a più categorie merceologiche.
167
Figura 56: Classificazione delle Dot Com per settore merceologico a livello nazionale. In media negli ultimi quattro anni, le Dot Com hanno ricevuto un finanziamento medio
pari a 1,9 mln $.
Analizzando il trend di nascita di questa tipologia di startup, si ha che il 32% delle Dot
Com analizzate è nato nel 2013 (6 aziende), il 32% nel 2012 (6 aziende), il 21% nel
2011 (4 aziende) e il 15% nel 2010 (3 aziende).
Per il ranking per finanziamento ricevuto, consideriamo le startup che hanno ricevuto un
finanziamento maggiore di 1 mln €:
1. LoveTheSign - Arredamento - 2012 - 5,4 mln $
2. Ulaola- Abbigliamento - 2011 - 5,1 mln $
3. PrivateGriffe- Abbigliamento - 2012 - 3,9 mln $
4. Cortilia - Alimentare - 2010 - 2,1 mln $
5. eBOOX - Arredamento - 2011 - 1,9 mln $
6. Buru Buru - Arredamento - 2012 - 1,8 mln $
7. DrexCode - Abbigliamento - 2013 - 1 mln $
47%
21%
21%
11%
Abbigliamento
Arredamento
Alimentare
Base: 19 startup
Tutti
168
Vengono presentate nel dettaglio le più interessanti:
Ulaola è una startup partecipata dall’incubatore certificato Digital Magics che aggrega
prodotti Made in Italy, selezionati attraverso l’accordo con Confartigianato,
costituendosi quindi come un intermediario tra artigiani e piccole aziende e il mondo
dell’eCommerce; attualmente le piccole imprese italiane che vendono online
costituiscono solo l’8%, a fronte della media europea del 20%. Questa startup ha
recentemente siglato un accordo con Amazon, per entrare nel progetto Amazon“Made
in Italy”, una nuova vetrina di Amazon.it e Amazon.co.uk interamente dedicata alle
startup e alle piccole medie imprese artigiane con filiera di produzione interamente
italiana.
PrivateGriffe mette a disposizione degli utenti un sito eCommerce in cui è permesso
acquistare ma anche vendere e creare una community in cui scambiare opinioni e
consigli.
Cortilia è il primo eCommerce di prodotti alimentari a filiera corta nato prendendo
spunto da esperienze come i gruppi di acquisto solidale, i modelli di consumo
sostenibile e la green economy.
eBoox è una startup che include tre differenti progetti ognuno con un sito eCommerce
dedicato: Tannico nel mercato del vino, Shoppable nel design e home decor e Kidme
nel mercato degli articoli per bambini.
DrexCode ha creato una piattaforma online di noleggio di vestiti di lusso, che offre un
catalogo di abiti e accessori di fascia alta provenienti dalle ultime collezioni dei più
famosi marchi di moda.
5.5. Service provider
I service provider, che offrono ai retailer soluzioni innovative, sono la categoria di
startup più numerosa e con 35 aziende costituiscono il 62% del campione analizzato.
I service provider sono stati classificati in funzione dei processi supportati in ambito
Retail.
169
Tali processi sono stati suddivisi in tre macrocategorie:
• front-end: i processi di front-end sono quelli che impattano sui processi di
interazione con il consumatore all’interno del punto vendita, agendo sulla
dimensione della customer experience;
• back-end: le innovazioni relative ai questa categoria di processi sono volte a
migliorare i processi gestionali e operativi, di relazione con i fornitori, di
gestione del magazzino e di gestione dei negozi;
• omnicanalità: sono i processi che supportano i processi di interazione con il
consumatore attraverso nuovi canali.
In Italia i service provider che introducono innovazioni in ambito front-end sono i più
numerosi (15 aziende pari al 43%), a seguire i service provider che si occupano di back-
end (11 aziende, 31%) ed infine il supporto all’omnicanalità è il focus di 9 startup pari
al 26%.
Il grafico mostra la ripartizione a livello macro dei service provider tra le tre categorie
di riferimento.
Figura 57: Classificazione dei service provider in funzione dell’ambito applicativo supportato a livello nazionale.
43%
26%
31%
Front-end
Back-end
A supporto dell’ omnicanalità
Base: 35 startup
170
Volendo fare una comparazione a livello di finanziamento medio ricevuto per ambito
applicativo, si può osservare come la categoria back-end, riceve il finanziamento medio
di importo più elevato: 3,2 mln $.
A seguire la categoria omnicanalità con 1,4 mln $ ed infine il front-end con 1,1 mln $.
Nel grafico è stato introdotto come riferimento il finanziamento medio ottenuto dalla
totalità dei service provider, pari a 1,9 mln $, evidenziando che il cluster back-end ha
ricevuto finanziamenti superiori alla media.
Figura 58: Importo dei finanziamenti medi dei service provider a livello nazionale
suddivisi per ambito applicativo supportato.
5.5.1.Front-end
I processi di front-end sono quelli che hanno luogo nel punto vendita, direttamente a
contatto col cliente finale e le innovazioni introdotte in questo ambito hanno l’obiettivo
di migliorare l’efficacia del processo di acquisto e di relazione con i clienti, al fine di
ottimizzare la customer experience in punto vendita; gli obiettivi perseguiti possono
essere ad esempio l’aumento dei ricavi o del livello di servizio percepito dal cliente.
In Italia i service provider che introducono innovazioni in ambito front-end sono i più
numerosi (15 aziende pari al 43%).
3.2
1.9
1.4
1.1
Back-end
Media dei
finanziamenti
Omnicanalità
Front-end
Base: 35 startup (di cui è pubblica l’informazione sull’entità del finanziamento ricevuto)
mln $
mln $
mln $
mln $
171
L’ambito front-end può essere suddiviso in tre sottofasi che rispecchiano la suddivione
del processo di acquisto: pre-vendita, acquisto e pagamento, post-vendita.
Di seguito saranno analizzate le innovazioni digitali di competenza di questa categoria
di processi che sono implementate dalle startup italiane.
Riportiamo brevemente la definizione delle innovazioni di front-end implementate dalle
startup italiane:
o Loyalty: Soluzioni digitali utilizzate per rafforzare la fedeltà dei clienti. Lo
strumento più diffuso è la Fidelity Card digitale, ovvero la tessera
dematerializzata che dà l’opportunità al cliente di usufruire di agevolazioni,
sconti esclusivi o premi. Fase: post-vendita.
o Sistemi di couponing digitali: Codici promozionali inviati dal retailer ai propri
clienti tramite email, sms o App. Il cliente, esibendo alla cassa il codice che gli è
stato inviato, ottiene uno sconto sui prodotti. Fase: pre-vendita.
o Stampanti 3D: Dispositivi in grado di realizzare qualsiasi modello
tridimensionale mediante un processo di produzione additiva, ovvero partendo
da un oggetto disegnato tramite software e replicandolo nel mondo reale con
l’ausilio di appositi materiali.
o Sistemi di cassa Evoluti o Mobile POS: Tablet, integrati con il Mobile POS,
per permettere ai clienti di pagare i prodotti acquistati direttamente all’assistente
vendite, senza dirigersi alla barriera casse. Fase: vendita - pagamento.
o Vetrine Smart: Sistemi utilizzati per la comunicazione di prossimità, installati
di norma all’esterno del punto vendita, che hanno lo scopo di invogliare le
persone ad entrare in negozio e di promuovere la vendita attraverso i contenuti
veicolati. Fase: pre-vendita.
o Sistemi di indoor positioning: sfruttano le tecnologie di micro-
geolocalizzazione tramite applicazioni quali ad esempio iBeacon per inviare
notifiche push sullo smartphone dei clienti con l’obiettivo di invogliarli ad
entrare nel punto vendita; guidano i visitatori all’interno del negozio e
collezionano informazioni relative alle abitudini dei consumatori in punto
vendita. Fase: pre-vendita.
172
o Camerini Smart: Soluzioni che consentono al cliente di indossare virtualmente
vestiti ed accessori. Tali sistemi consentono inoltre al cliente di visualizzare
l’intera collezione di abiti disponibili, spesso suggerendo abbinamenti o prodotti
simili a quello selezionato. Fase: pre-vendita.
o Sistemi di self scanning. Device utilizzati dai clienti per leggere i codici a barre
dei prodotti selezionati e inseriti nel carrello. Di recente sono stati introdotti
strumenti in grado di rilevare, tramite scansione del codice a barre, anche gli
ingredienti che compongono i prodotti. Fase: vendita - acquisto.
Si riscontra che la maggior parte delle startup nazionali operanti in ambito front-end si
occupa di loyalty (4 aziende pari al 28% ), seguite da sistemi di couponing digitali (3
aziende, pari al 20%) , da stampanti 3D (2 aziende pari al 14%) e sistemi di cassa
evoluti (2 aziende pari al 14%); a seguire vetrine Smart, sistemi di indoor positioning,
camerini Smart e self scanning (ciascuna categoria costituita da 1 azienda, pari al 6%).
Graficamente:
Figura 59: Classificazione dei service provider in ambito front-end a livello nazionale. Si confermano alcune osservazioni già effettuate nel censimento internazionale. Le
categorie di innovazioni maggiormente implementate nello scenario internazionale sono
28%
20%14%
14%
6%
6%
6%
6%
Base: 15 startup (1,1 mln $/startup)
sistemi di couponing digitali
(1,2 mln $/startup)
sistemi di loyalty (0,8 mln $/startup)
stampanti 3D (0,4 mln $/startup)
sistemi di indoor positioning (0,4 mln $/startup)
sistemi di cassa evoluti (3,3 mln $/startup)
vetrine Smart (0,8 mln $/startup)
camerini Smart
sistemi di self scanning (0,5 mln $/startup)
173
presenti anche nelle startup nate nel nostro Paese e sono: sistemi di cassa evoluti,
sistemi di couponing digitali, sistemi di loyalty e indoor positioning.
Anche in Italia, il finanziamento medio di importo maggiore è stato ricevuto dalle
startup che si occupano di cassa evoluta (3,3 mln $).
5.5.2.Back-end
Le soluzioni innovative in ambito back-end hanno lo scopo di ottimizzare i processi che
non prevedono un’interazione con il cliente finale, garantendo in tal modo una riduzione
dei costi e una gestione più efficiente degli investimenti. I processi di back-end si
possono suddividere in tre sottogruppi: processi di relazione con i fornitori, processi di
gestione del magazzino e processi trasversali di gestione dei negozi.
All’interno di ogni sottogruppo di processi riportiamo brevemente le innovazioni
implementate dalle startup italiane:
o Sistemi di business intelligence: Sistemi che si propongono di esplorare i dati
per ricavare informazioni e conoscenze utilizzabili nel corso dei processi
decisionali, mediante logiche di estrazioni flessibili, metodologie di analisi e
modelli matematici di predizione e di ottimizzazione. Cluster: processi
trasversali di gestione dei negozi.
o Sistemi di tracciamento dei prodotti (Rfid – Radio Frequency
Identification): Sistemi che consentono di tracciare i prodotti lungo la catena
distributiva. In particolare, l’RFId viene adottato per l’identificazione automatica
dei prodotti attraverso l’utilizzo di segnali radio. Cluster: processi di gestione del
magazzino.
o EDI – Electronic Data Interchange Sistemi, basati su appositi protocolli di
comunicazione che consentono il trasferimento di informazioni e documenti in
formato elettronico tra imprese appartenenti alla stessa supply chain. Cluster:
processi di relazione con i fornitori.
174
o Sistemi ERP (Enterprise Resource Planning) Sistemi che permettono di
gestire in modo integrato i dati provenienti da tutte le funzioni interne di
un’azienda come la produzione, gli acquisti, le vendite, l’amministrazione, la
finanza e le risorse umane. Cluster: processi trasversali di gestione dei negozi.
Si riscontra che la maggior parte delle startup nazionali operanti in ambito back-end si
occupa di sistemi di business intelligence (7 aziende pari al 64%), seguite da sistemi di
tracciamento dei prodotti - Rfid (2 aziende, pari al 18%), da EDI (1 azienda pari al 9%)
e sistemi ERP (1 azienda pari al 9%). Graficamente:
Figura 60: Classificazione dei service provider in ambito back-end a livello nazionale. Dalla ricerca effettuata si riscontra che le innovazioni digitali più importanti sia in
termini di numerosità che per importo di finanziamento medio ricevuto (4,7 mln $) sono
sistemi di business intelligence, appartenenti al terzo cluster, a supporto dei processi
trasversali o di gestione dei negozi, analogamente a quanto evidenziato nell’analisi
internazionale, dove le innovazioni di back-end più numerose e maggiormente
finanziate erano CRM, ERP e business intelligence.
64%
18%
9%
9%
Base: 11 startup (3,2mln$/startup)
sistemi di tracciamento dei prodotti - RFId
(0,9 mln $/startup)
sistemi di business intelligence
(4,7 mln $/startup)
sistemi ERP (0,5 mln $/startup)
EDI (0,05 mln $/startup)
175
5.5.3.Omnicanalità
In quest’ultimo cluster relativo ai service provider, sono state mappate le startup che
introducono innovazioni digitali in ambito Retail e a supporto dell’omnicanalità.
Le innovazioni considerate in questa categoria sono quattro e vengono riportate
brevemente per rendere più fruibili le considerazioni fatte in seguito.
o Sito informativo: sito la cui finalità è la presentazione dell’azienda e fornire
informazioni utili per la visita in store (es. orari di apertura e indirizzo, elenco
dei punti vendita, promozioni in corso,…).
o Sito eCommerce: sito che consente l’acquisto di prodotti, eventualmente la
personalizzazione, la scelta della modalità di pagamento,…
o App/Mobile site: hanno le stesse funzionalità dei siti informativi o eCommerce,
ma sono ottimizzati per la visualizzazione e la fruizione dei contenuti tramite
dispositivi mobili (Tablet e Smartphone).
o Sistemi Social: sono i principali social network (Facebook, Twitter, YouTube,
Google+, Instagram, Pinterest) sui quali l’azienda retailer è presente, promuove
e pubblicizza i propri articoli.
176
Dalla ricerca effettuata relativa alle realtà italiana si riscontra che la maggior parte delle
startup operanti in ambito omnicanalità si occupa di sistemi Social (4 aziende pari al
45%); a seguire siti informativi (3 aziende pari al 33%); a seguire App/Mobile site (1
azienda pari all’11%) ed infine siti eCommerce (1 azienda pari al 11%).
Figura 61: Classificazione dei service provider in ambito omnicanalità a livello nazionale.
Come già anticipato dal grafico precedente, il finanziamento medio di importo maggiore
è stato ricevuto dalle startup che si occupano di siti informativi (2,2 mln $), seguiti da
siti eCommerce (1,4 mln $), sistemi Social (1,0 mln $) e App/Mobile site (1,0 mln $).
Analogamente a quanto osservato per il censimento internazionale, l’innovazione a cui
si dedicano la maggior parte delle startup nella categoria omnicanalità è quella dei
sistemi Social. Però mentre nello scenario internazionale questa innovazione è anche
quella maggiormente finanziata con un finanziamento medio pari a 3,3 mln $/startup,
nello scenario italiano l’attenzione degli investitori non si è ancora focalizzata in
quest’ambito. Tuttavia le startup italiane che si occupano di quest’innovazione sono le
più numerose della categoria e sono nate recentemente, dopo il 2013, per cui si può
affermare che anche in Italia si è compresa la potenzialità degli strumenti Social per la
gestione della relazione con i propri clienti.
45%
33%
11%
11%
Base: 9 startup (1,4mln$/startup)
siti informativi (2,2mln $/startup)
sistemi Social (1,0 mln $/startup)
App/Mobile site (1,0 mln $/startup)
siti eCommerce (1,4 mln $/startup)
177
5.5.4.Ranking per finanziamento ricevuto
Analizziamo ora quali sono le dieci startup italiane che hanno ottenuto il maggior
importo dai finanziatori:
1. Decisyon - service provider - back-end - business intelligence - 27 mln $
2. DoveConviene - service provider - omnicanalità - sito informativo - 11 mln $
3. Jusp - service provider - front-end - sistemi di cassa evoluta - 6,3 mln $
4. LoveTheSign - Dot Com - 5,4 mln $
5. Ulaola - Dot Com - 5,1 mln $
6. Private Griffe - Dot Com - 3,9 $
7. Risparmio Super - service provider - omnicanalità - sito informativo - 3,5 mln $
8. BeMyEye - service provider - omnicanalità - App/Mobile site - 2,8 mln $
9. Altilia - service provider - back-end - business intelligence - 2,6 mln $
10. Eataly Net - retailer - 2,5 mln $
11. Cortilia - Dot Com - 2,1 mln $
12. Promoqui - service provider - front-end - coupon digitali - 2 mln $
13. eBoox - Dot Com - 1,9 mln $
14. Buru Buru - Dot Com - 1,8 mln $
15. Kuldat - service provider - back-end - business intelligence - 1,7 mln $
16. Vivocha - service provider - front-end - sistemi di loyalty - 1,5 mln $
17. Primo Taglio - retailer - 1,5 mln $
18. Affaredelgiorno - service provider - front-end - coupon digitali - 1,4 mln $
19. WIB - service provider - omnicanalità - sito eCommerce - 1,35 mln$
Classificando le startup italiane in base all’importo totale del finanziamento ricevuto, si
osserva come tra le prime 10 ci siano 3 Dot Com e un retailer: le Dot Com sono
LoveTheSign al 4° posto con 5,4 mln $, Ulaola al 5° posto con 5,1 mln $ e Private
Griffe al 6° con 3,9 mln; il retailer in 10a posizione con 2,5 mln $ è Eataly Net. Quindi
considerando le prime 10 posizioni, il 40% delle aziende finanziate non introducono
innovazioni digitali, se non siti eCommerce per il commercio online.
178
Passando a considerare i soli service provider nel ranking, osserviamo come i primi 10
service provider per importo di finanziamento ricevuto occupano posizioni comprese tra
la prima e la diciannovesima.
Tre di essi si occupano di sistemi di business intelligence (Decisyon al 1° posto con 27
mln $, Altilia al 9° posto con 2,6 mln $ e Kuldat al 15° con 1,7 mln $ ). I sistemi di
business intelligence sono le uniche innovazioni di back-end che si trovano tra i primi
10 service provider.
Particolare attenzione merita la startup Decisyon che occupa il podio tra le startup
italiane finanziate, con ben 27 mln $ di finanziamento ricevuto: nata a Latina, si occupa
di business intelligence con l’obiettivo di analizzare i driver che condizionano le
performance dei retailer, in modo da ottimizzare i processi decisionali, grazie a un
soluzione unificata con un sistema di collaborazione, di decision making e di gestione
delle attività transazionali. Ha ricevuto il cospicuo finanziamento dal fondo Axel
Johnson assieme ad altri nove soggetti statunitensi e inglesi.
Altilia , che è ospitata all’interno di TechNest, l’incubatore di imprese dell’Università
della Calabria, sviluppa tecnologie semantiche capaci di estrapolare conoscenza, in
automatico e real time, dall’enorme mole di dati contenuta in pagine web e documenti
elettronici condivisi in Internet e nelle intranet aziendali. Attualmente la startup ha
chiuso tre rilevanti accordi, rispettivamente per fraud detection, price inteligence e
semantic searching nel settore eCommerce, per operatori del calibro di Banzai e ICE
(Istituto per il Commercio Estero).
Kuldat è una piattaforma web di marketing intelligence dedicata alla ricerca e all’analisi
del mercato, che vuole aiutare le aziende a far crescere il proprio business, intercettando
per loro le direzioni di sviluppo più favorevoli, ampliando la loro clientela, migliorando
le strategie di vendita del prodotto.
Altra startup che si occupa di business intelligence da citare perché focalizzata
esclusivamente sul settore Retail, anche se non rientra tra le prime dieci finanziate, è
Pathflow che analizza il comportamento del cliente all’interno del punto vendita per
misurare quantitativamente la customer experience.
179
Tra i primi dieci service provider finanziati, le startup che introducono innovazioni di
front-end sono quattro (Jusp al 3° posto con 6,3 mln $, Promoqui al 12° posto con 2
mln $, Vivocha al 16° posto con 1,5 mln $ e Affaredelgiorno al 18° posto con 1,4 mln
$).
Jusp si occupa di sistemi di cassa evoluta, è attualmente incubata al PoliHub e sviluppa,
accanto al Mobile POS, dei servizi aggiuntivi, quali la rendicontazione in tempo reale,
la gestione dei prodotti, dei clienti e dei dipendenti. Ha appena siglato un accordo
strategico con Fastweb per distribuire attraverso la rete del gruppo di Tlc il proprio
prodotto.
Tre delle startup della categoria front-end si occupano di sistemi di couponing digitali:
Promoqui e Affaredelgiorno. Quest’ultima ha introdotto un’innovazione nel formato dei
buoni sconto erogati, permettendo di salvarli sul proprio Smartphone per essere
utilizzati una volta arrivati in cassa o di caricarli sulla Carta fedeltà del proprio
supermercato.
L’ultima startup della categoria front-end è Vivocha che si occupa di sistemi di loyalty:
ha sviluppato una piattaforma totalmente cloud in grado di aiutare i clienti a migliorare i
propri processi di vendita o assistenza online, interagendo via chat, call-back, video e
VoIP con i clienti.
Si segnala che l’unica startup italiana che implementa sistemi di indoor positioning,
innovazione di forte interesse a livello internazionale, riceve 400 mila $ di
finanziamento e si colloca al 40° posto tra le startup in generale e al 26° posto
considerando solo i service provider: GiPSTech. Questa startup si occupa di
geolocalizzazione indoor colmando le lacune di Wi-Fi, beacon e IoT integrandoli in un
sistema che punta sul geomagnetismo terrestre, un’innovazione radicale che abiliterà
nuovi servizi agli utenti e alle aziende, in quanto conoscendo con precisione come si
muove un utente od un oggetto si potranno erogare servizi ed analizzare utilmente i dati
raccolti nei più svariati settori.
Tra i primi dieci service provider finanziati, le startup che introducono innovazioni a
supporto dell’omnicanalità sono quattro (DoveConviene al 2° posto con 11 mln $,
Risparmio Super al 7° posto con 3,5 mln $, BeMyEye all’8° posto con 2,8 mln $ e WIB
al 19° posto con 1,35 mln $).
180
Le prime due startup della categoria sviluppano siti informativi. DoveConviene ha
sviluppato una piattaforma digitale che costituisce un'edicola digitale geolocalizzata che
rende disponibili volantini e cataloghi dei principali retailer e brand di ogni categoria
permettendo il confronto di offerte e prezzi; nell’ultimo anno l’utenza è in crescita del
40% e 200 top brand hanno investito per essere presenti nella piattaforma. Risparmio
Super sviluppa un sito informativo che permette di risparmiare sulla spesa grazie al
confronto dei prezzi e delle offerte.
BeMyEye offre un App utilizzabile da lavoratori in crowdsourcing che possono visitare
migliaia di negozi in Italia e fornire informazioni utili per le aziende in tempo reale
(valutazione dei punti vendita, controllo scaffali, mistery shopping, controllo hostess,
personale di vendita) abbattendo i costi di trasferta e consentendo rilevazioni multiple.
WIB ha concepito un distributore completamente automatico, dal quale i consumatori
possono acquistare attraverso l’interfaccia touch-screen o attraverso la piattaforma
eCommerce, ritirando l’oggetto presso il distributore; i metodi di pagamento sono
svariati (carte di credito, di debito, Paypal, Nfc).
Si citano inoltre, anche se non rientrano tra le prime dieci finanziate, due startup della
categoria omnicanalità che si occupano di sistemi Social, l’innovazione più sviluppata
nell’omnicanalità, la cui importanza è confermata anche a livello internazionale:
Datalytics, che monitora la reputazione del brand sui Social Network e Buzzoole, che
migliora le campagne di marketing sfruttando i Social.
181
6. Conclusioni
Il presente elaborato nasce con l’obiettivo di evidenziare il ruolo chiave che le aziende
startup assumono nell’introduzione dell’innovazione nel settore Retail. Lo studio si è
articolato attraverso un censimento a livello internazionale attingendo da database
online specializzati in startup e focalizzandosi successivamente sulla situazione italiana,
in modo da fotografare il livello di collaborazione tra big player e startup nello scenario
mondiale ed evidenziare le principali differenze riscontrate nell’analogo rapporto nel
nostro Paese.
La motivazione di tale ricerca è da ricondurre all’importanza che l’innovazione digitale
ha assunto in questi ultimi anni. Investire in digital transformation è ormai divenuto un
imperativo urgente anche per settori tradizionali dell’economia come il Retail. La
collaborazione con le startup può favorire e rendere più agile il processo di innovazione
all’interno di organizzazioni complesse e di dimensione elevata.
Nel primo capitolo, dopo aver fornito una definizione del settore Retail a cui si è rivolta
la ricerca, si è contestualizzato il recente scenario socioeconomico e il cambiamento
della figura del consumatore.
La situazione economica internazionale è stata caratterizzata negli ultimi anni da una
profonda crisi economica con conseguente riduzione nei consumi e calo drastico della
domanda. Durante l’anno corrente ha iniziato a manifestarsi la prospettiva di una ripresa
sostenibile, anche se a livello di potere di acquisto reale non si è ancora tornati ai valori
pre-crisi. In particolare nel settore Retail, anche l’offerta ha subito sostanziali modifiche
che hanno introdotto una complessità gestionale prima inesistente: da un lato il continuo
ampliamento della gamma dei prodotti in vendita, dall’altro una costante riduzione del
loro ciclo di vita.
L’evoluzione tecnologica ha poi rivoluzionato la figura del consumatore che ora assume
un ruolo sempre più attivo nel processo di acquisto. Il cliente è sempre più connesso e
digitale grazie alla diffusione dei dispositivi Mobile che condizionano sempre più fasi
del processo di acquisto.
182
In un contesto così complesso e mutevole, l’introduzione e lo sviluppo di innovazione
digitale può apportare benefici ai retailer sia in termini di efficacia dell’azione di
vendita, sia in termini di efficienza dei processi operativi e gestionali.
Nel secondo capitolo si è passati a definire l’oggetto dell’analisi: la startup, definendone
le fasi di nascita e di sviluppo e le varie figure di finanziatori coinvolti nel suo sostegno.
Affinché una startup possa contribuire alla crescita del Paese in cui opera è necessario
che il sostegno a livello economico apportato dagli investitori porti alla formazione di
un’impresa economicamente sostenibile, in grado di entrare e stare nel mercato,
vendere, fatturare riuscendo a coprire l’ammontare dei costi, generare ricavi e posti di
lavoro e lo riesca a fare in definitiva in maniera autonoma. Il modo in cui questo
processo avviene è fortemente influenzato dall'ecosistema esistente nel Paese di
riferimento. Le politiche pubbliche introdotte dai vari Paesi in un quadro sia Europeo,
che internazionale hanno permesso a ciascun Paese di sviluppare e rafforzare il proprio
sistema imprenditoriale, cercando meccanismi diretti ad incentivare lo sviluppo di
nuove attività. Leader incontrastato dell’innovazione e dell’alta tecnologia restano gli
Stati Uniti che da anni possono contare su solidi rapporti tra Università e imprese e su
un sistema normativo che favorisce e incentiva la nascita di nuove realtà
imprenditoriali. Solo dal 2012 le startup vengono riconosciute ufficialmente dalla
legislazione italiana, introducendo un serie di interventi normativi che mirano a
favorirne la nascita e la crescita. A tre anni dall’introduzione di tali interventi, i risultati
sono positivi ed incoraggianti, anche se la strada da percorrere è ancora lunga per
arrivare ai livelli raggiunti da altri Paesi con una cultura orientata alle startup già ben
radicata.
Il motivo per cui l’attenzione del mondo economico si è progressivamente accesa sullo
scenario delle startup è il fatto che negli ultimi anni siano state portatrici di innovazione,
che prima era unicamente appannaggio della grandi aziende, dotate di dipartimenti di
Ricerca&Sviluppo predisposti e aventi a disposizione budget, strumenti e risorse
necessari a creare qualcosa di nuovo. Il crescente grado di incertezza del mondo
economico ha fatto in modo che attualmente siano proprio le startup ad avere le
caratteristiche più favorevoli alla creazione di innovazione: queste realtà imprenditoriali
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sono più flessibili e maggiormente predisposte al cambiamento rispetto alle grandi
imprese; inoltre data la loro natura intrinsecamente ad alto rischio, non hanno paura del
fallimento, che anzi assume un’accezione positiva in quanto strumento fondamentale
per imparare dagli errori, evolversi e avere successo.
Diventa quindi un imperativo per i big player anche di settori tradizionali, come il
Retail, monitorare ed entrare in contatto con le startup, non solo per difendersi da una
potenziale riduzione del proprio ruolo nel mercato di riferimento, ma anche e soprattutto
per sostenere chi è in grado di reimmaginare in chiave digitale processi, servizi, logiche,
prodotti e modalità di consumo. La disruptive innovation di cui le startup sono portatrici
non consiste unicamente nello sviluppare soluzioni tecnologiche innovative da
introdurre nel mercato, ma ha un’accezione più radicale che implica la creazione di
business model totalmente innovativi e rivoluzionari capaci di far perdere di significato
ad intere aree di business, perché in grado di soddisfare in modo diverso e a costi spesso
irrisori le funzionalità che le caratterizzavano.
Creare un solido e continuativo rapporto di collaborazione tra startup e big player non
porta vantaggi solo a quest’ultimi. La startup che sviluppa l’idea vincente deve imparare
a “fare impresa” e quindi a gestire il successo che l’innovazione introdotta ha portato.
Nel far questo può ricevere supporto in termini di competenze per il trasferimento
tecnologico, strutture e asset, entrando in contatto con le aziende consolidate che già li
possiedono. Ne consegue che la startup e la grande azienda possono rappresentare una
per l'altra una preziosa risorsa.
Nel terzo capitolo è stata introdotta la classificazione dei processi Retail e la descrizione
delle relative innovazioni digitali, su cui è stata poi effettuata la mappatura delle startup
censite. Le innovazioni digitali apportano infatti benefici diversi a seconda del processo
Retail in cui vengono implementate.
Innovazioni introdotte in ambito front-end impattano sulla percezione del cliente e sulla
customer experience e perseguono obiettivi di efficacia del processo di acquisto. Le
soluzioni innovative in ambito back-end hanno lo scopo di ottimizzare i processi che
non prevedono un’interazione con il cliente finale, quali i rapporti con i fornitori o la
gestione del magazzino, garantendo in tal modo una riduzione dei costi e una gestione
più efficiente degli investimenti. In ambito back-end rientrano anche le innovazioni a
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supporto dei processi trasversali o di gestione dei negozi, orientate a migliorare la
gestione delle informazioni e a supportare i processi decisionali.
Infine sono state considerate anche le innovazioni a supporto dell’omnicanalità, che
comprendono le iniziative digitali per interagire con la clientela sempre più connessa e
digitalizzata.
Nel quarto paragrafo sono stati presentati i risultati del censimento condotto tra le
startup a livello internazionale. Nel mondo sono diversi i top retailer che hanno iniziato
a collaborare con le startup attraverso varie forme: acquisizione o partnership con esse o
la costituzione di incubatori e acceleratori di impresa. Il censimento ha individuato 954
startup a livello internazionale che sono state suddivise in tre categorie: i retailer stessi e
le Dot Com che insieme costituiscono il 30% del campione esaminato e i service
provider che offrono soluzioni digitali ai retailer.
I retailer tradizionali rappresentano il 3% delle aziende censite e hanno ricevuto
finanziamenti per sviluppare a fianco dei negozi fisici un sito eCommerce B2c. La
maggior parte è stata fondata negli Stati Uniti e opera nel settore Abbigliamento. Le Dot
Com, ovvero i retailer online privi di una rete fisica, costituiscono da sole il 27% del
campione e hanno ricevuto un finanziamento per potenziare la vendita online; anche la
maggior parte delle Dot Com è attiva nel settore Abbigliamento.
I service provider costituiscono il 70% del campione analizzato e sono stati raggruppati
in funzione della soluzione tecnologica offerta. Tra le innovazioni introdotte in ambito
back-end, che sono le più numerose, vengono proposti: sistemi di CRM per la gestione
delle informazione sulla clientela, per la creazione di campagne di marketing e l’offerta
di software di marketing automation; sistemi di business intelligence; sistemi ERP per
la gestione ottimizzata di tutti i processi aziendali e sistemi di planning per la
pianificazione della domanda e dell’offerta. Tra le soluzioni a supporto della customer
experience nel front-end assumono particolare rilevanza i sistemi di cassa evoluta
(MobilePOS) e i sistemi di indoor positioning. Infine a supporto dell’omnicanalità le
startup analizzate si concentrano principalmente sullo sviluppo di programmi Social con
campagne di marketing tramite Social Network o monitoraggio della reputazione.
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Nell’ultimo capitolo della trattazione sono stati presentati i risultati del censimento
relativo alle startup in ambito Retail presenti in Italia. Sono state individuate
complessivamente 56 aziende, 19 Dot Com finanziate e 37 startup che operano in
ambito innovazione digitale e hanno ricevuto finanziamenti da investitori istituzionali
negli ultimi quattro anni: di queste 37, 2 sono retailer tradizionali che hanno ricevuto un
finanziamento per lanciare il sito eCommerce e 35 sono service provider (31% nel back-
end, 43% nella customer experience in punto vendita e 26% a supporto
dell’omnicanalità). Nel back-end le soluzioni più offerte riguardano sistemi di business
intelligence per l’analisi del comportamento dei clienti in negozio e per l’analisi dei
driver che condizionano le performance del retailer. Nella customer experience in
negozio, le principali soluzioni offerte sono i sistemi per l’accettazione di couponing e
di loyalty con startup che organizzano programmi fedeltà personalizzati per i propri
clienti. Nell’omnicanalità troviamo invece programmi Social, con startup che
monitorano la reputazione del brand sui Social Network o migliorano le campagne di
marketing sfruttando i Social.
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