PNEI - simaiss.it · chiave biopsicosociale, dello stress. Proprio sul finire del 2011, mentre...

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rivista della società italiana di psico - neuro - endocrino - immunologia diretta da Francesco Bottaccioli PNEI NEWS I NUOVI SAPERI DELLA SCIENZA E DELLA SALUTE Rivista bimestrale - n. 2 - anno VII - Marzo Aprile 2013 MENTE INQUIETA CORPO INSANO Stress e depressione aumentano malattie e mortalità

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rivista della società italiana di psico - neuro - endocrino - immunologia diretta da Francesco Bottaccioli

PNEINEWSI NUOVI SAPERI DELLA SCIENZA E DELLA SALUTE

Rivista bimestrale - n. 2 - anno VII - Marzo Aprile 2013

MENTE INQUIETACORPO INSANOStress e depressioneaumentanomalattie e mortalità

PNEINEWS. Rivista bimestrale della Società Italiana di Psiconeuroendocrinoimmunologia.

Direttore ResponsabileFrancesco Bottaccioli - [email protected]

Hanno collaborato a questo numeroAnna Giulia Bottaccioli, Francesco Bottaccioli, Sara Carletto, Alberto Chiesa, Paola Emilia Cicerone, Gino Farchi, Lucia Galluzzo, Claudia Gandin, Silvia Ghirini, David Lazzari, Sonia Martire, Marco Pagani, Alessandro Pejrano, Emanuele Scafato

Illustrazioni di copertinaMargherita Allegri - www.margheallegri.com

Impaginazione e graficaArgento e China - www.argentoechina.it

StampaFina estampa - www.finaestampa.it

Registrazione Autorizzazione del Tribunale Bologna n° 8038 del 11/02/2010

Redazione Via Lancisi, 31 - 00161 Roma

ABBONAMENTO E INFORMAZIONIIl costo dell’abbonamento per ricevere 6 numeri di PNEINEWS è di 25 euro, in formato elettronico (Pdf) 18 euro. Per i soci SIPNEI l’abbonamento in formato elettronico è compreso nella quota annuale. L’abbonamento cartaceo per i soci SIPNEI è scontato a 20 euro.Il versamento va eseguito a favore di SIPNEIIntesa San Paolo Ag. 16 viale Parioli 16/E IBAN IT 90 B 03069 05077 100000000203 specificando la causale.

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SOMMARIOPNEINEWS - n° 2 Anno 2013 www.sipnei.it

EDITORIALE3 DI NUOVO A ORVIETO, UN APPUNTAMENTO DI ALTO LIVELLO David Lazzari

INTERVISTA Stress e salute4 DESCRIVERE E MISURARE GLI EFFETTI DELLA FELICITÀ SULLA SALUTE A colloquio con Andrew Steptoe Paola Emilia Cicerone Psicologo ed esperto di relazioni tra stress, benessere psicologico e salute fisica, Andrew Steptoe potrebbe essere definito “un epidemiologo con l’anima”. Perché il suo lavoro, che è quello di cercare di capire l’effetto protettivo della felicità sulla nostra salute, smentisce i luoghi comuni che vedono l’epidemiologia come una scienza fredda, distante dai problemi dei singoli pazienti.

DOSSIER Stress e salute7 SE LA DEPRESSIONE S’AGGRAVA, IL RISCHIO L.Galluzzo, E. Scafato,

DI MORTE NEGLI ANZIANI AUMENTA C. Gandin, S. Ghirini, S. Martire, G. Farchi In che misura la gravità dei sintomi depressivi e le sue variazioni nel tempo incidono sulla mortalità degli anziani? La remissione totale o parziale riduce la mortalità? A queste domande risponde uno studio longitudinale italiano: i risultati sono allarmanti.

10 DROGATI DI CIBO. LE BASI PSICO-NEURO-ENDOCRINE DELL’OBESITÀ E DELLA SINDROME METABOLICA Anna Giulia Bottaccioli Le più recenti ricerche hanno documentato che l’ingestione di determinati cibi (bevande zuccherate e merendine), attiva potentemente il sistema dopaminergico della ricompensa, coinvolgendo quindi gli stessi circuiti cerebrali attivati dalle sostanze psicotrope che creano dipendenza, come la cocaina e l’eroina.

12 GLI ORMONI DELLO STRESS E LA RAPPRESENTAZIONE PSICHICA Alessandro Pejrano Lo stress, con i suoi ormoni, altera l’assetto del sistema immunitario esponendoci alle infezioni, ma nel caso di un contagio grave già avvenuto e diagnosticato, alcuni processi psichici di difesa primaria come il diniego, determinano un assetto psicologico ostile all’elaborazione emotiva della patologia, ostacolando un percorso di adattamento.

14 EMOZIONI E IMMUNITÀ: UN UPDATE Francesco Bottaccioli Le relazioni tra stress e immunità si arricchiscono di nuove conoscenze. Alcune davvero sorprendenti, come il ruolo delle ghiandole salivari nella regolazione dell’infiammazione. Altre rilevanti, come la conferma del ruolo dello stress in gravidanza e nelle prime fasi della vita.

NEUROSCIENZE Stress e salute16 ECCO COME IL CERVELLO CAMBIA DOPO LA PSICOTERAPIA Marco Pagani, Sara Carletto Gli studi di neuroimmagine condotti in pazienti affetti da Disturbo Post Traumatico da Stress (DPTS), hanno evidenziato delle modificazioni nel flusso ematico cerebrale nel volume dei neuroni e nella loro densità e, più recentemente, nel segnale elettrico cerebrale.

20 NEUROIMAGING DELLA MEDITAZIONE Alberto Chiesa I più recenti studi di neuro-immagine mostrano i significativi effetti che le meditazioni basate sulla consapevolezza possono avere sulla nostra mente e il nostro cervello.

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EDITORIALE

Di nuovo a Orvieto un appuntamento di alto livelloDavid Lazzari - Presidente SIPNEI, Coordinatore Master Gestione Integrata dello Stress, Università di Perugia, polo di Terni

Quello di Orvieto, il prossimo 25 maggio, sarà un appuntamento dove si incroceranno diverse traiettorie. Si conclude il primo

Master in “Gestione integrata dello stress in ottica PNEI” (MA.G.I.S.), si consegnano i premi dedicati alla memoria di Robert Ader, avremo ospite Andrew Steptoe.Un intreccio significativo che merita una riflessione. Con l’avvio del Master nella sede di Terni dell’Università di Perugia abbiamo voluto applicare i dati offerti dalla Pnei per una gestione “integrata”, in chiave biopsicosociale, dello stress. Proprio sul finire del 2011, mentre progettavamo il Master, decidevamo di ricordare i 35 anni del famoso articolo di George L. Engel, di lì a poco avremmo saputo che Robert Ader, considerato uno dei “padri” della PNEI, era scomparso. Forse non molti sanno che Engel e Ader, medico il primo e psicologo il secondo, pur nella differenza di età, sono stati legati da un lungo sodalizio. Al di là delle coincidenze temporali – l’articolo sull’esperimento di Ader è del 1975 e quello di Engel del 1977 – entrambi lavorano all’università di Rochester, una città sul lago Ontario nello stato di New York. Quando Engel si ritira dall’insegnamento nel 1980 sarà Ader a scrivere un articolo in suo onore (Ader & Schmale 1980) e quando la Rochester University deciderà istituire una cattedra intitolata ad Engel (“George Engel Professor of Psychosocial Medicine”) essa sarà affidata proprio a Bob Ader. Questi cenni storici già dimostrano il legame tra pnei e modello biopsicosociale e come le barriere che noi spesso vediamo tra medicina e psicologia siano molto spesso degli artefatti! E credo che non potevamo avere un testimonial migliore di Andrew Steptoe per confermare tutto questo. Steptoe è infatti un eminente psicologo ed epidemiologo, ha collaborato con Ader nella stesura del suo trattato “Psychoneuroimmunology” (Ader 2007), insieme sono stati nel board della rivista “Psychosomatic Medicine”,

che non casualmente ha ospitato l’articolo di Ader del 1975, quello in onore di Engel del 1980 e di recente quello alla memoria dello stesso Ader.Steptoe ha lavorato molto nel campo della psicologia della salute e della medicina comportamentale, sulla messa a punto di strategie per la valutazione ed il cambiamento dei fattori soggettivi legati alla salute ed alla malattia, ma soprattutto sul “peso” dei fattori psicosociali nella salute e nella cura (Steptoe 2010, 2012). Come responsabile dell’”English Longitudinal Study of Ageing research group” (http://www.ifs.org.uk/ELSA) si è occupato del “successful aging”, che è il tema del simposio pomeridiano del 25 maggio. Sarà una magnifica occasione quella che vedrà Steptoe partecipare alla consegna dei Premi Ader ai migliori diplomati del Master in quella stessa sala dove abbiamo fatto il nostro congresso sullo stress! Fuor di retorica, il MA.G.I.S. si è rivelata una proficua “fucina” di professionalità per affrontare il tema dello stress con ottiche nuove, per trasferire sul campo le tante evidenze e l’approccio integrato tipico della Sipnei. Una esperienza importante per allievi e docenti per approfondire e concretizzare: abbiamo imparato molte cose che utilizzeremo nella prossima edizione del Master.Come si vede di “carne al fuoco” ce n’è molta per fare di Orvieto una giornata ricca di stimoli, “speciale”, alla quale spero di incontrare tanti soci e amici della nostra SIPNEI!

BibliografiaAder R. Schmale A. (1980) George Libman Engel: On the Occasion of His Retirement, Psychosomatic Medicine, 42, 1: 79Ader R. (2007, edited by) Psychoneuroimmunology, Academic Press, New York.Steptoe A., (2010) Handbook of Behavioral Medicine; (2012) Stress and Cardiovascular Disease

LA GIORNATA ROBERT ADER CON ANDREW STEPTOE Ore 10-13

Intervento introduttivo di M. Bacci, Direttore del MAGISD. Lazzari, Il percorso del MAGIS, il Progetto DIPNEI e le nuove proposte di formazione

Consegna dei diplomi del MAGIS e dei Premi AderA. Steptoe, Lettura magistrale: Stress e determinanti psicosociali della Salute

Una lectio magistrale da non perdere, una giornata di primavera nella splendida città umbra...E LA PARTECIPAZIONE È GRATUITA!

Iscrivetevi con una email a [email protected] ASPETTIAMO A ORVIETO!

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INTERVISTA Stress e salute

Paola Emilia Cicerone - Giornalista scientifica

Il prof. Andrew Steptoe sarà il prossimo 25 maggio a Orvieto in occasione della cerimonia di chiusura del 1° Master in Gestione

integrata dello stress, promosso dalla SIPNEI e dall’Università di Perugia, dove terrà una lectio magistralis. Gli abbiamo chiesto di anticiparne i contenuti essenziali per i lettori di PNEINEWS.“La relazione tra salute fisica e fattori psicologici mi interessa da sempre: ho cercato di capire meglio come le emozioni possano influenzare le nostre funzioni psicologiche”, spiega Steptoe riassumendo il suo percorso di ricerca. “Mio padre era medico (Patrick Steptoe, il ginecologo che ha realizzato la prima fecondazione in vitro nel 1978 insieme a Robert Edwards, ndr ) e ha avuto una carriera molto più difficile della mia, ma la sua ostinazione di fronte a risultati scoraggianti e la sua volontà di legare la ricerca scientifica ai problemi concreti dei pazienti sono state per me di grande ispirazione”.

Non c’è dubbio che il concetto di stress sia molto vicino ai problemi della gente.E’ un elemento chiave in questo campo, per varie ragioni. Prima di tutto si tratta di un fenomeno molto comune, soprattutto in una società come la nostra, in cui siamo costantemente esposti ad un’ampia gamma di esperienze stressanti. Poi perché possiamo esaminarne gli effetti sul nostro organismo in via sperimentale e utilizzando strumenti scientificamente validati. Inoltre lo stress è un processo modificabile, possiamo ridurlo con farmaci e con interventi sul comportamento, e se riusciamo a farlo efficacemente possiamo ottenere vantaggi per la salute.

C’è chi semplifica questo concetto arrivando ad affermare che la felicità fa bene alla salute, anche alcuni dei suoi studi sembrano confermarlo. Ma come possiamo capire come vanno davvero le cose? In altri termini, come si capisce se un soggetto è in buona salute perché è felice, o è felice perché la sua salute è buona ? Ammetto che si tratti di una questione complessa. Non c’è dubbio che tra salute e felicità ci sia un rapporto biunivoco: essere malati, come

sappiamo, genera infelicità. Uno dei possibili modi di risolvere il dilemma è quello di usare studi longitudinali, seguendo un gruppo di persone - inizialmente - in buona salute per un certo numero di anni. In questo modo si riesce a chiarire la natura della relazione tra felicità e salute e a vedere cosa è venuto prima. È il metodo che abbiamo utilizzato in uno degli ampi studi realizzati all’University College London, l’English Longitudinal Study of Ageing (ELSA, studio longitudinale inglese sull’invecchiamento). Analizzando questo campione di anziani, abbiamo visto che uno stato d’animo positivo è associato a una riduzione

Psicologo ed esperto di relazioni tra stress, benessere psicologico e salute fisica, Andrew Steptoe potrebbe essere definito “un epidemiologo con l’anima”. Perché il suo lavoro, che è quello di cercare di capire l’effetto protettivo della felicità sulla nostra salute, smentisce i luoghi comuni che vedono l’epidemiologia come una scienza fredda, distante dai problemi dei singoli pazienti.

Descrivere e misurare gli effetti della felicità sulla saluteA colloquio con Andrew Steptoe

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del rischio della mortalità: le persone con queste caratteristiche arrivano a vivere anche nove anni più a lungo, e questo anche tenendo conto delle patologie di cui possono essere affetti.

Ma cosa significa stato d’animo positivo? In altri termini, possiamo dare una definizione di felicità?Quello di felicità è un concetto multidimensionale che comprende caratteristiche molto diverse tra loro come buon umore, ottimismo, soddisfazione per la propria vita, vitalità e un atteggiamento speranzoso. In termini più generali, però, è necessario distinguere tra i sentimenti di gioia e felicità e il modo in cui valutiamo la nostra vita o ne siamo soddisfatti. Ci sono persone convinte che la loro vita vada bene così perché sono in salute, hanno un lavoro e una bella famiglia, che però non sono molto felici.

Molti studi importanti, come il celebre Whitehall study avviato da Michael Marmot nel 1985, individuano una relazione tra lo stress e lo scarso controllo sulla propria vita, particolarmente la vita lavorativa. Eppure si direbbe che non avere troppe responsabilità sia meno stressante...o è vero il contrario? Il concetto di job strain, legato a come percepiamo lo stress da lavoro, quindi al nostro vissuto personale, si riferisce a una ben precisa teoria sullo stress da lavoro, per cui un lavoro che ci mette sotto pressione può non essere stressante, se non è abbinato a una mancanza di controllo sul lavoro stesso e sui processi decisionali. Proprio questa mancanza di controllo sembra essere un elemento particolarmente problematico, e può essere legata a gravi problema di salute, per esempio a patologie cardiovascolari.

Può spiegarci meglio la correlazione tra basso livello socio economico e mortalità prematura? In particolare, lei include tra i fattori di rischio correlati a un basso livello socio economico anche la mancanza di un’adeguata rete di supporto sociale: pensa che questo concetto sia valido in tutte le culture? Sappiamo che un basso status socioeconomico - un concetto che possiamo tradurre con minor reddito o benessere economico, minore educazione o un livello lavorativo più basso - è associato a vari effetti negativi sullo stato di salute, tra cui la mortalità prematura. Come si spiega? In parte questo è legato alla diffusione di comportamenti a rischio come il fumo, la mancanza di esercizio fisico, l’abuso di alcol o la dieta squilibrata, ma sembra che debbano essere presi in considerazione anche altri elementi tra cui appunto l’isolamento sociale. Sappiamo che la vicinanza e il sostegno dei nostri simili hanno effetti benefici sulla salute e sulla longevità, probabilmente perché contribuiscono a tenere sotto controllo gli effetti dello stress. E che i contatti sociali e le reti di supporto sono più attive tra i gruppi di livello socioeconomico più elevato.

Di stress si parla molto, ma a volte sembra che gli effetti dello stress cronico siano in qualche modo sottovalutati Credo che oggi tutti si rendano conto degli effetti negativi dello stress sulla nostra salute. Evitare lo stress nella vita di tutti i giorni però è davvero molto difficile, e credo che sia necessario un impegno mirato

per comprenderne meglio gli effetti sulla nostra salute e capire quali interventi possiamo prevedere per gestirli, a livello globale.

Possiamo accennarne brevemente? Cosa sappiamo, per esempio, degli effetti dello stress sulle patologie cardiovascolari e sul sistema immunitario?Sappiamo bene che lo stress ha un effetto negativo sull’organismo e proprio un mio studio mostra che lo stress può scatenare un evento coronarico acuto, un attacco di cuore. Senza dimenticare l’effetto cumulativo a lungo termine sull’organismo dello stress cronico, che incrementa i processi alla base di patologie coronariche come l’aterosclerosi, oltre ad aumentare il rischio di morte per i cardiopatici. Per il futuro ci sono interessanti opportunità di collaborazione interdisciplinare tra cardiologi, epidemiologi e psicologi per capire meglio i meccanismi di sviluppo della malattia e individuare efficaci strumenti di prevenzione . Più in generale, lo stress modifica diversi sistemi biologici tra cui il sistema immunitario che serve a proteggerci dalle infezioni e da altri patogeni. È evidente che quando le persone sono sottoposte a stress cronico le difese immunitarie si riducono, e questo può aprire la porta a infezioni da cui, in una situazione diversa, saremmo protetti.

Esiste anche una relazione tra stress e depressione o, più in generale, tra stress e salute mentale?Esiste una stretta correlazione tra stress e depressione che, non dimentichiamolo, nella sua forma estrema è una patologia vera e propria. In generale, l’esposizione a eventi fortemente stressanti come la rottura di una relazione o la perdita di un familiare può generare uno stato

LO PSICOLOGO CHE AMA MOZART E STUDIA IL CUORE

Andrew Steptoe si è laureato in psicologia a Cambridge nel 1972 e specializzato nel 1975 all’Università di Oxford. Nel 1977 ha cominciato a insegnare alla St. George’s Hospital Medical School dell’Università di Londra dove è rimasto fino al 2000, quando si è trasferito allo University College di Londra con un incarico di ricerca finanziato dalla British Hearth Foundation, il primo mai assegnato a uno psicologo. Attualmente dirige l’Istituto di Epidemiologia e Assistenza Sanitaria dell’University College di Londra, dove ancora oggi insegna psicologia e dove ha seguito l’English Longitudinal Study of Ageing, uno dei più importanti studi epidemiologici sull’invecchiamento mai realizzati. È stato fondatore e direttore del British Journal of Health Psychology e direttore associato di altre 7 riviste scientifiche internazionali. E’ autore di diversi saggi tra cui Depression and Physical Illness (2002) Handbook of Behavioral Medicine (2010) e Stress and Cardiovascular Disease (2012) e di due libri sulla musica di Mozart. È Past-President della International Society of Behavioral Medicine e membro di numerose accademie scientifiche.

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INTERVISTA Stress e salute

depressivo negli individui vulnerabili. Uno degli aspetti affascinanti di questo quadro è proprio il fatto che non tutti reagiscono allo stesso modo dopo un lutto o un altro evento stressante. C’è una grande variabilità, e alcuni soggetti mostrano una maggiore resistenza. Comprendere meglio questa capacità di reagire agli eventi ci potrebbe essere d’aiuto per gestire queste situazioni.

Un suo saggio è dedicato proprio alla relazione tra depressione e patologie organiche.Ci sono prove convincenti che i sintomi depressivi contribuiscano allo sviluppo di alcune malattie, anche se ovviamente non di tutte. Mi sono occupato in particolare della relazione tra depressione e malattie cardiovascolari, diabete, cancro e la fragilità legata all’età avanzata, esaminando i dati scientifici che confermano alcune di queste associazioni e i meccanismi biologici e comportamentali coinvolti nel processo.

Ma la felicità, o almeno la sensazione di essere felici, ha molto a che vedere col modo in cui prendiamo la vita: si può essere felici anche con una grave disabilità, per fare un esempio. Possiamo fare qualcosa per migliorare il nostro modo di vedere la vita? Uno degli elementi affascinanti, quando si parla di felicità e di benessere percepito, è proprio il modo in cui le persone riescono ad adeguarsi alle situazioni più drammatiche. Ci sono persone che soffrono di disabilità o malattie croniche e spesso riportano livelli di felicità simili a quelli di individui sani. Quanto ad intervenire per migliorare la situazione, per

esempio per migliorare l’autostima che è uno degli elementi in gioco, è tutt’altro che facile. Io e altri ricercatori stiamo testando strumenti mirati proprio a migliorare il benessere percepito, ma è difficile ottenere risultati validi.

Da uno dei suoi studi emerge che il benessere psicologico giova sia agli uomini che alle donne, ma con effetti diversi: per esempio gli uomini sembrano ingrassare meno mentre le donne hanno marker infiammatori più contenuti. Può spiegarci meglio?Si tratta di uno studio finalizzato ad individuare i fattori biologici che potrebbero spiegare la relazione tra benessere psicologico e salute. Abbiamo individuato diversi elementi legati ad una riduzione dei rischi per la salute, come livelli più bassi di colesterolo o di infiammazione. E sì, i risultati sono diversi per uomini e donne, anche se al momento non siamo ancora in grado di spiegarne in motivi. Stiamo ancora lavorando nel tentativo di trovare una valida spiegazione.

Per concludere una domanda personale. Posso chiederle quali sono i suoi interessi al di fuori del lavoro, i suoi strumenti per combattere lo stress?La mia grande passione da quando ero uno studente è la musica classica e soprattutto il canto, ho anche scritto un saggio sulle opere di Mozart in una prospettiva storico culturale. Ma il mio obiettivo più recente è correre una mezza maratona: un obiettivo piuttosto ambizioso, visto che non ho mai corso più di un paio di miglia per volta…

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Lucia Galluzzo, Emanuele Scafato, Claudia Gandin, Silvia Ghirini, Sonia Martire, Gino Farchi, per il Gruppo di Lavoro ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging) - Istituto Superiore di Sanità (ISS), Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute (CNESPS), Reparto Salute della Popolazione e suoi Determinanti - Roma

In un interessante editoriale di qualche anno fa sulla depressione nell’anziano, Alan Gelenberg sottolineava che “old age is not for the

fainthearted”1. In effetti, l’avanzare dell’età porta con sé una serie di perdite e sofferenze - quali il progressivo deterioramento delle capacità funzionali e cognitive, e la graduale scomparsa dei propri cari - che innescano un susseguirsi di ferite psicologiche e condizioni patologiche, più o meno gravi e non sempre facili da affrontare, in grado di compromettere lo stato di benessere psico-fisico, favorendo la comparsa di episodi depressivi. La depressione maggiore e ancor più i sintomi depressivi sono condizioni molto comuni tra gli anziani. Sebbene le differenze metodologiche tra i vari studi impediscano di definirne i tassi di prevalenza in modo univoco, la letteratura scientifica è concorde nel riferire una frequenza più alta nelle donne e nei Paesi dell’Europa Meridionale, con una prevalenza di sintomi depressivi in Italia di circa il 30% per gli uomini e il 50% per le donne2.

Depressione-mortalità: una relazione complessaNegli ultimi decenni il rapporto tra depressione e mortalità è stato investigato in numerosi studi, dalla maggior parte dei quali risulta che la presenza di depressione è legata a un aumento di mortalità, soprattutto negli uomini, con una forte correlazione con le patologie cardiovascolari3. La depressione è associata ad innumerevoli fattori comportamentali, biologici, funzionali e socio-demografici. Tuttavia, la relazione appare bidirezionale e complessa ed è probabile che la depressione e gran parte di queste variabili si influenzino a vicenda4. Inoltre, questi stessi fattori sono risultati indipendentemente associati anche alla mortalità, e proprio questa relazione reciproca e complessa potrebbe essere alla base dei meccanismi che regolano l’influenza della depressione sulla mortalità�. In considerazione della natura intermittente e ricorrente della sintomatologia depressiva, gli studi più recenti si stanno progressivamente orientando verso l’analisi dei cambiamenti longitudinali nel decorso della malattia, piuttosto che dei risultati di singole misurazione, in quanto le variazioni nella durata e nella gravità determinerebbero differenti livelli di rischio di morte6, con effetti negativi proporzionali alla persistenza dell’esposizione4. Nonostante questo crescente interesse, gli studi che

hanno valutato l’influenza della transizione tra i vari livelli di gravità è ancora limitato e i pochi che lo hanno fatto si sono concentrati sugli aspetti negativi dell’associazione, tralasciando di analizzare l’eventuale impatto del miglioramento dei sintomi depressivi sulla mortalità. L’obiettivo della nostra analisi è stato di conseguenza quello di valutare se e in che misura i livelli di gravità dei sintomi depressivi e il loro cambiamento nel tempo influissero positivamente o negativamente sulla mortalità della coorte di anziani dello studio epidemiologico longitudinale ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging)7.

Campione e metodi dello studioLa coorte ILSA, costituita da un campione randomizzato e stratificato di 5632 soggetti, di età compresa tra i 65 e gli 84 anni, selezionati dalle liste anagrafiche degli 8 centri italiani coinvolti, è stata esaminata nel corso di tre indagini in due fasi, iniziate rispettivamente nel 1992, 1995 e 2000, con l’obiettivo di studiare la prevalenza, l’incidenza, i fattori protettivi e di rischio delle più frequenti patologie ed alterazioni funzionali età correlate.La valutazione dei sintomi depressivi è stata eseguita attraverso la somministrazione della versione italiana in 30 item della Geriatric Depression Scale8, uno strumento di screening valido ed affidabile, specificamente ideato per gli anziani. Applicando i livelli di cut-off suggeriti dagli autori, i sintomi depressivi sono stati classificati come assenti (score 0-9), lievi (10-19) e gravi (20-30). I dati utilizzati nella presente analisi, più estesamente descritta in un precedente articolo7, sono relativi:•ai partecipanti alla prima valutazione GDS (n=3214), •a coloro che, a distanza di 3 anni, hanno eseguito la seconda misurazione (n=2070), •alle variazioni nella gravità dei sintomi depressivi (stabilità, miglioramento, peggioramento) rilevate negli esaminati in entrambe le valutazioni (n=1941),•alla mortalità totale osservata nel periodo intercorso tra l’esecuzione delle due misurazioni GDS e la fine del follow-up (mortalità a 10 e 7 anni). La stima del rischio relativo di morte (MHR) è stata ottenuta applicando il modello di regressione di Cox, con aggiustamento per età e per altri

In che misura la gravità dei sintomi depressivi e le sue variazioni nel tempo incidono sulla mortalità degli anziani? La remissione totale o parziale riduce la mortalità? A queste domande risponde uno studio longitudinale italiano: i risultati sono allarmanti.

Se la depressione s’aggrava, il rischio di morte negli anziani aumenta

DOSSIER Stress e salute

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DOSSIER Stress e salute

potenziali fattori di confondimento (fattori sociodemografici, biologici e antropometrici, comorbidità, stili di vita, disabilità, deterioramento cognitivo). L’associazione è stata considerata statisticamente significativa nel caso in cui l’Intervallo di Confidenza (IC) non includesse l’uno.

RisultatiLa prevalenza dei sintomi depressivi di grado lieve o grave osservata a distanza di 3 anni nei 3214 (46.7% donne e 53.3% uomini) e nei 2070 (46.8% donne e 53.2% uomini) partecipanti rispettivamente alla prima e alla seconda valutazione GDS non mostrava differenze sostanziali. In entrambe le misurazioni era più elevata nelle donne (52.1% prima GDS e 50.1% seconda) che negli uomini (30.9% prima GDS e 26.8% seconda), con una frequenza di depressione grave circa tre volte più alta nelle donne (prima GDS: donne 12.7% vs. uomini 4.0%; seconda GDS: donne 10.7% vs. uomini 3.7%).

Mettendo in relazione i sintomi depressivi rilevati nelle due valutazioni GDS con la mortalità osservata rispettivamente a 10 anni e 7 anni (periodo tra la valutazione stessa e la fine del follow-up), la gravità risulta essere un forte predittore di mortalità negli anziani, con livelli di rischio circa due volte più elevati per i sintomi gravi che per i lievi, un effetto lievemente ridotto nelle donne e più evidente per il periodo di follow-up minore (risultati non presentati in questo articolo).Incrociando i risultati ottenuti nelle due misurazioni GDS è stata quantificata la transizione nei livelli di gravità dei sintomi depressivi per i 1941 soggetti (46.1% donne e 53.9% uomini) sottoposti ad entrambe le valutazioni (Grafico 1), da cui si evidenza una maggiore proporzione di remissione totale o parziale nelle donne.Infine, per il gruppo costituito dai 1941 partecipanti a entrambe le valutazioni, sono stati analizzati gli effetti della gravità dei sintomi depressivi rilevati alla baseline, e delle sue variazioni nel corso del tempo, rispetto alla mortalità a 7 anni (Tabella 1). I risultati ottenuti confermano l’associazione tra gravità e mortalità. Inoltre, la remissione totale o parziale del sintomo depressivo

è significativamente associata ad una riduzione del rischio di morte pari al 45% per le donne e al 41% per gli uomini. Al contrario, il peggioramento appare associato ad un incremento del rischio (78% donne e 27% uomini), ma negli uomini non raggiunge il livello di significatività statistica del 5%. Di conseguenza i dati dei due sessi sono stati analizzati anche in forma aggregata, evidenziando una correlazione significativa tra le variazioni di gravità e la mortalità a 7 anni: rispetto a coloro con stabilità dei sintomi, il rischio proporzionale di morte risulta ridotto del 44% in caso di miglioramento, mentre aumenta del 46% nei soggetti peggiorati. Le associazioni osservate, sebbene leggermente indebolite, non sono significativamente modificate dall’aggiustamento per le numerose covariate successivamente inserite nel modello per controllare il ruolo degli altri probabili confondenti.

Gravità, peggioramento e riduzione dei sintomi depressivi sono potenti predittori di mortalitàI risultati del nostro studio confermano l’associazione tra depressione e incremento della mortalità negli anziani, mostrando che i livelli di gravità più elevati sono forti predittori di mortalità negli anni successivi, con un rischio sostanzialmente raddoppiato nei soggetti con sintomi gravi. Inoltre, i mutamenti nella gravità avvenuti in un intervallo di circa 3 anni si rivelano potenti predittori della mortalità nei 7 anni successivi, anche dopo aver operato l’aggiustamento per un vasto numero di potenziali fattori confondenti, avvalorando l’ipotesi secondo cui l’utilizzo di misurazioni ripetute longitudinalmente siano uno strumento valido per chiarire la relazione tra depressione nell’anziano e mortalità, in quanto consentono di verificare se i sintomi depressivi rilevati riflettono una condizione temporanea o cronica. Ma il risultato più innovativo della nostra ricerca consiste nell’aver evidenziato non solo gli effetti negativi della persistenza e del peggioramento dei sintomi depressivi sulla mortalità degli anziani ma anche i benefici della remissione totale o parziale: ad un aumento di mortalità di circa il

Grafico 1. Variazioni nella gravità dei sintomi depressivi (SD) nei soggetti sottoposti ad entrambe le misurazioni (n=1941)

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40% nei soggetti peggiorati, corrisponde un’analoga riduzione del rischio in caso di miglioramento. L’aver dimostrato la reversibilità dell’associazione depressione-mortalità potrebbe rafforzare l’ipotesi di una reale relazione causa-effetto. È stato ipotizzato che il calo motivazionale legato all’umore depresso sarebbe alla base di stili di vita non salutari, inattività fisica, mancato rispetto delle prescrizioni terapeutiche, isolamento sociale e relazionale, che potrebbero portare, o essere a loro volta associati, a un deterioramento del sistema neuroendocrino e immunitario, con conseguente riduzione delle funzioni fisiche e cognitive9. In ogni caso, l’esatto meccanismo che regola l’associazione depressione-mortalità è ancora una questione aperta che merita di essere approfondita attraverso ulteriori studi specifici.Alla luce delle caratteristiche stesse della sintomatologia depressiva nell’anziano, che si presenta come condizione reversibile, caratterizzata da un andamento fluttuante1, molteplici possono essere le implicazioni future delle associazioni da noi osservate ed i margini di intervento per affrontare una condizione così diffusa tra gli anziani, eppure così spesso sottovalutata. In una prospettiva di salute pubblica, i risultati del nostro studio suggeriscono l’opportunità di estendere la diagnosi precoce attraverso l’utilizzo di semplici strumenti di screening, migliorare l’efficacia dei trattamenti farmacologici e non, potenziare la ricerca per individuare i fattori e i processi che regolano le variazioni nel decorso dei sintomi depressivi e mettere in atto interventi volti a ridurre l’impatto dei fattori di rischio potenzialmente modificabili, al fine di evitare sofferenze inutili, l’eccessivo ricorso ai servizi socio-sanitari e l’impatto negativo sulla qualità della vita

Bibliografia (Endnotes)1 Gelenberg A. Depression is still underrecognized and undertreated. Arch Intern Med 1999;159:1657-82 Dalle Carbonare L, Maggi S, Noale M, Giannini S, Rozzini R, Lo Cascio V, et al. Physical disability and depressive symptomatology in an elderly population: a complex relationship. The Italian Longitudinal study on aging (ILSA). Am J Geriat Psychiat 2009;17:144-543 Wulsin LR, Vaillant GE, Wells VE. A systematic review of the mortality of depression. Psychosom Med 1999;61:6-174 Schoevers RA, Geerlings MI, Deeg DJ, Holwerda TJ, Jonker C, Beekman AT. Depression and excess mortality: evidence for a dose response relation in community living elderly. Int J Geriat Psych 2009; 24:169-765 Schulz R, Drayer RA, Rollman BL. Depression as a risk factor for non-suicide mortality in the elderly. Biol Psychiat 2002;52:205-256 Geerlings SW, Beekman AT, Deeg DJ, Twisk JW, Van Tilburg W (2002). Duration and severity of depression predict mortality in older adults in the community. Psychol Med 2002;32:609-187 Scafato E, Galluzzo L, Ghirini S, Gandin C, Rossi A, Farchi G, for ILSA Working Group. Changes in depression and mortality: the Italian Longitudinal Study on Aging. Psychol Med 2012;42:2619-298 Brink TL, Yesavage JA, Lum O, Heersema PH, Adey M, Rose TL. Screening tests for geriatric depression. Clin Gerontologist 1982;1:37-449 Schulz R, Beach SR, Ives DG, Martire LM, Ariyo AA, Kop WJ. Association between depression and mortality in older adults: the Cardiovascular Health Study. Arch Intern Med 2000;160:1761-8

Tabella 1. Associazione tra la gravità dei sintomi depressivi alla prima misurazione, le variazioni intercorse tra le due valutazioni, e la mortalità a 7 anni (n=1941)

Sintomi Depressivi

Mortalità a 7 anni

Donne Uomini Uomini e Donne

MHR (IC 95%) MHR (IC 95%) MHR (IC 95%)

Gravità alla prima GDS a

Assenti b 1.00 1.00 1.00

Lievi 1.55 (1.09-2.21) 1.51 (1.13-2.02) 1.53 (1.22-1.91)

Gravi 1.91 (1.08-3.37) 2.35 (1.19-4.65) 1.98 (1.29-3.04)

Variazioni nella gravità a

Stabili b 1.00 1.00 1.00

Migliorati 0.55 (0.32-0.95) 0.59 (0.37-0.93) 0.56 (0.40-0.79)

Peggiorati 1.78 (1.24-2.57) 1.27 (0.93-1.73) 1.46 (1.15-1.84)

Variazioni nella gravità con aggiustamento per altri confondenti c

Stabili b 1.00 1.00 1.00

Migliorati 0.58 (0.33-1.01) 0.69 (0.43-1.11) 0.63 (0.44-0.90)

Peggiorati 1.65 (1.12-2.42) 1.25 (0.92-1.72) 1.34 (1.05-1.71)

a) Modello di regressione di Cox con aggiustamento per età. I dati aggregati per sesso sono aggiustati anche per genere.

b) Categoria di riferimento.

c) Modello di regressione di Cox con aggiustamento per le altre covariate risultate significativamente associate ai tempi di sopravvivenza con procedura di selezione forward stepwise: fumo, disabilità nelle attività quotidiane (ADL) e comorbidità (per le donne e per entrambi i sessi); fumo, situazione di convivenza e comorbidità (per gli uomini).

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