Pinocchio Returns. Le nuove avventure di Pinocchio

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Pinocchio Returns COSIMO GIOVANNI LATELLA Le nuove avventure di Pinocchio Desidererete tornar bimbi per poter leggere questo libro

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Nessuno sa cos’è accaduto al burattino più famoso del mondo dopo il suo ritorno a casa. Questo romanzo mozzafiato racconta della variopinta alleanza trai i più noti personaggi della fiaba di Pinocchio per liberare fata Turchina imprigionata dal perfido Tremegondo e salvare i bimbi, il gioco e la fantasia. Pinocchio Returns è il libro che tutti da generazioni aspettavamo, per grandi e piccini; una storia fra la fiaba e il romanzo di avventura. Un imprevedibile percorso dalla Toscana alla Sicilia fra personaggi storici e strane fantastiche creature, ispirato dalle avventure di Jules Verne e dai mondi immaginati da Lewis Carroll. Oltre al lieto fine, il libro ci propone grandi lezioni morali sia per gli adulti, spesso vittime del proprio egoismo, sia per i piccini esaltando i valori veri e sani dell’amicizia, la solidarietà e la generosità. Cosimo “Mino” Latella (1967) è padre di tre figli e operatore olistico, erborista, naturopata, maestro riflessologo e molto altro ancora.

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Pinocchio Returns

10,90

COSIMO GIOVANNI LATELLA

Le nuove avventure di Pinocchio

Cosim

o Giovanni L

atellaP

inocchio Returns

8751537815239

ISBN ISBN 978-1523875153978-1523875153

Desidererete tornar bimbi per poter leggere questo libro

Nessuno sa cos’è accaduto al burattino più famoso del mondo dopo il suo ritorno a casa. Questo romanzo mozzafiato

racconta della variopinta alleanza trai i più noti personaggi della fiaba di Pinocchio per liberare fata Turchina imprigionata dal perfido Tremegondo e salvare i bimbi, il gioco e la fantasia.

Pinocchio Returns è il libro che tutti da generazioni aspettavamo, per grandi e piccini; una storia fra la fiaba e il romanzo di avventura. Un imprevedibile percorso dalla Toscana alla Sicilia fra personaggi storici e strane fantastiche creature, ispirato dalle avventure di Jules Verne e dai mondi immaginati da Lewis Carroll. Oltre al lieto fine, il libro ci propone grandi lezioni morali sia per gli adulti, spesso vittime del proprio egoismo, sia per i piccini esaltando i valori veri e sani dell’amicizia, la solidarietà e la generosità.

COSIMO “MINO” LATELLA (1967) è padre di tre figli e operatore olistico, erborista, naturopata, maestro riflessologo e molto altro ancora. Un cambiamento molto doloroso nella sua vita gli ha fatto conoscere luoghi del suo cuore fino ad allora inesplorati e inaccessibili, diventati una risorsa e fonte di ispirazione e che hanno generato in pochi anni numerose poesie (oltre cento), aforismi e romanzi.

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Pinocchio Returns

10,90

COSIMO GIOVANNI LATELLA

Le nuove avventure di Pinocchio

Cosim

o Giovanni L

atellaP

inocchio Returns

8751537815239

ISBN ISBN 978-1523875153978-1523875153

Desidererete tornar bimbi per poter leggere questo libro

Nessuno sa cos’è accaduto al burattino più famoso del mondo dopo il suo ritorno a casa. Questo romanzo mozzafiato

racconta della variopinta alleanza trai i più noti personaggi della fiaba di Pinocchio per liberare fata Turchina imprigionata dal perfido Tremegondo e salvare i bimbi, il gioco e la fantasia.

Pinocchio Returns è il libro che tutti da generazioni aspettavamo, per grandi e piccini; una storia fra la fiaba e il romanzo di avventura. Un imprevedibile percorso dalla Toscana alla Sicilia fra personaggi storici e strane fantastiche creature, ispirato dalle avventure di Jules Verne e dai mondi immaginati da Lewis Carroll. Oltre al lieto fine, il libro ci propone grandi lezioni morali sia per gli adulti, spesso vittime del proprio egoismo, sia per i piccini esaltando i valori veri e sani dell’amicizia, la solidarietà e la generosità.

COSIMO “MINO” LATELLA (1967) è padre di tre figli e operatore olistico, erborista, naturopata, maestro riflessologo e molto altro ancora. Un cambiamento molto doloroso nella sua vita gli ha fatto conoscere luoghi del suo cuore fino ad allora inesplorati e inaccessibili, diventati una risorsa e fonte di ispirazione e che hanno generato in pochi anni numerose poesie (oltre cento), aforismi e romanzi.

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© Cosimo Latella, 2016.

© FdBooks, 2016. Edizione 1.0

L’edizione digitale di questo libro è disponibile online

in formato .mobi su Amazon.

In copertina:

Illustrazione di Filippa Vitale.

iSbN 978-1523875153

Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore.

È vietata ogni riproduzione, anche parziale, non autorizzata.

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Cosimo Giovanni Latella

Pinocchio ReturnsLe nuove avventure di Pinocchio

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Ringrazio quei pochi che hanno creduto in me e alimentato i miei sogni. Grazie.

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Prologo

Nel ventre della balena Pinocchio, Mangiafoco, il Gatto e la Volpe, Lucignolo e il Grillo andavano incontro al loro destino, verso l’isola che appare e poi scompare nel ventre del mare. Tutto questo mentre fata Turchina in catene ormai era allo stremo. Mille pensieri correvano veloci nella loro mente e un misto tra speranza e timore avvolgeva i loro cuori: come avrebbero sconfitto Tremegondo, ripristinando la luce, i sogni e i colori?

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Cosimo Giovanni Latella

Pinocchio Returns

Le nuove avventure di Pinocchio

Quando la vita sembra incanalarsi sui binari della normalità avviene la rivoluzione che mette in gioco ogni cosa, ogni certezza, ogni respiro, ogni battito. Desidererete tornar bimbi per poter legger questo libro.

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Capitolo uNo

Pinocchio

Che bravo ragazzo era diventato Pinocchio! Da emblema della ribellione, sinonimo di guai e bischerate, era ora modello ed esem-pio per ogni figlio. Tutto sembrava volgere per il meglio a Tescia, il suo paese: la mattina a scuola, il pomeriggio nella bottega di Geppetto ad aiutare l’anziano babbo a lavorar il legno; a volte la vita scorre come il binario di un treno, troppo scontata, troppo perfetta, senza possibilità di errori e di stravolgimenti, sempre nello stesso senso. Pinocchio rasentando la perfezione era diven-tato vittima della routine, non poteva immaginare la rivoluzione che la sua vita avrebbe conosciuto da lì a pochi giorni.

Geppetto un poco si annoiava di questa nuova versione di Pinocchio: pensieri zero, preoccupazioni zero; il bravo figliolo non lo faceva più quasi alitare, come a volergli risparmiare qual-siasi sforzo. Ogni pagella ormai era talmente scontata che non prevedeva numeri inferiori a otto e il pomeriggio il ragazzo lavorava in giro per Tescia e dintorni perché il cibo a casa non dovesse mancare.

Insomma Pinocchio si stava proprio riscattando, fino a quando un dì come un improvviso terremoto apparve nella sua vita – e in quella dei nostri protagonisti – il perfido Tremegondo.

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Tremegondo

Se c’è la luce deve esserci il buio; se c’è la felicità deve esserci la tristezza; se c’è il bene deve esserci il male, almeno questa è la prassi da quando l’uomo domina l’uomo a suo danno. Se c’è Turchina quindi ci deve essere un Tremegondo, il suo opposto, il nemico. Apparentemente quest’essere malefico spuntò dal nulla in Toscana; sorse un grande regno, un nobile casato di cui mai si era sentito parlare prima e Tremegondo ne era il sovrano. Mai fino ad allora si era udito di questo potente signore, che amava circondarsi di un esercito di pretoriani noti come gli Ingufati, uomini con la testa di gufo vestiti di nero come il loro cuore e con un enorme mantello che li avvolgeva.

Tutto nel mondo di Pinocchio era possibile, anche l’im-possibile. Un giorno gli Ingufati piombarono in quel di Tescia con inaudita violenza, cercavano Pinocchio, e gridavano con enorme arroganza nelle viuzze di quel quieto paesino che appi-solato dimorava sulla collina: «Pinocchio dove sei?», strillavano con voce inquietante. Appena furono giunti a casa di Geppetto neanche bussarono tanto erano insolenti, demolendo con terri-ficante violenza la porta d’ingresso dell’umile dimora. Vedendo Pinocchio gli intimarono di seguirlo senza neanche degnare di uno sguardo l’anziano Geppetto, e il povero vecchio preoccu-pato per il figlio disse loro:

«Cosa volete da lui, dove deve venire il mio figliolo?».«Non è affar tuo vecchio, togliti!», gli risposero strattonan-

dolo con violenza.Pinocchio era terrorizzato, da molto ormai non provava un

simile panico, forse dal tempo del paese dei balocchi o del ventre della balena. Preso dal panico tentò di scappare, mentre il vecchio Geppetto cercava disperatamente di opporsi a quelle furie senza cuore per proteggere il figlio, ponendosi tra quello e i marrani, ma

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l’ennesimo spintone lo fece crollare al suolo esanime al punto che questa volta non dava segni di vita, sembrava proprio morto.

Pinocchio, che prima aveva cercato di fuggire, vedendo il padre a terra si fermò, si inginocchiò in preda al dolore con il volto rigato dalle lacrime abbracciando il vecchio babbo: «Padre – gridava – ti prego svegliati, padre!». Gli Ingufati, incuranti del suo dramma, lo presero di forza colpendolo violentemente e tutto all’improv-viso divenne nero. Dopo un po’ Pinocchio si svegliò, era in catene; un uomo dal volto scuro era davanti a lui, era alto e sembrava esser circondato da un alone di tenebre. Questi gli disse:

«Benvenuto Pinocchio»«Dov’è il mio babbo?», replicò Pinocchio.«Non ti curar di lui – seguitò Tremegondo – Figliolo, hai altro

a cui pensare»«Cosa volete da me? Perché mi avete trascinato qui?»«Non voglio nulla, un miserabile come te non può darmi nulla

se non la soddisfazione di veder vanificare ogni azione della mia acerrima nemica Turchina, la tua amata benefattrice»

«Che significa questo? Che c’entra Turchina?»«Turchina fa parte del passato, del tuo ma non solo, anche di

quelli a cui ella ha fatto del bene; ormai ora è in mano mia, in un posto segreto, presto morirà e con lei ogni sua buona azione»

«Cosa hai fatto alla mia signora?»«Tranquillo, è viva per ora; dovrò prima umiliarla e distrug-

gerla e poi le toglierò la vita, e tu hai l’onore di essere il primo a conoscere quanto amaro può essere il gusto della mia rabbia. Sei qui solo perché voglio che ti ricordi il volto di colui che ha spaz-zato via i tuoi sogni; addio burattino!».

Il buio ripiombò su Pinocchio. Dopo diverse ore si svegliò nell’oscuro cuore della foresta, tra inquietanti versi di animali, avvolto da tenebre così fitte da togliere il respiro. Pinocchio si sentiva strano, troppo strano, diverso dal solito; neanche il tempo

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di guardarsi attorno e si rese conto del perché il malefico Tre-megondo lo aveva salutato con quello strano addio. Si sentiva insolitamente appesantito, rigido, si guardò quindi le mani, sgranò gli occhi e il gelo piombò su di lui: era di nuovo un burattino!

Com’era possibile? «È un incubo – pensò – devo assoluta-mente svegliarmi». Ma ahimè non era un incubo, Tremegondo lo aveva di nuovo trasformato in un burattino di legno e, come aveva minacciato, il prodigio compiuto da Turchina nel trasfor-marlo in bambino era svanito nel nulla. Pinocchio fu preso dallo scoramento… cosa poteva fare? Chi poteva aiutarlo? Dov’era Turchina? Poi improvvisamente ripensò al babbo: Geppetto! che ne era stato del suo babbo? Doveva assolutamente tornare a casa e vedere cosa gli era successo, poi avrebbe pensato al resto.

Mentre camminava, nel buio pesto, con un cielo da cui sem-brava esser sfuggita anche la luna, all’improvviso sentì una voce che lo chiamava: «Pinocchio! Pinocchio fermati!». Chi lo stava avvertendo? chi poteva essere, in quella foresta e a quell’ora della notte? Pinocchio si atterrì, poi si girò e con sua sorpresa vide davanti agli occhi il Grillo parlante e gli chiese:

«Ehi, ma tu sei vivo? Non eri morto a causa della mia stupidità e della mia insolenza?»

«Sì lo ero, ma Turchina poco prima di essere catturata ha tro-vato il modo di riportarmi in vita affinché, come una volta, io ti potessi proteggere e avere cura di te»

«Oh mio caro amico, non sai come sono contento di vederti, sono così disperato… ma dimmi, cosa è successo?»

«Di te non mi fido birbante, ma devo ubbidire alla mia signora rischiando di rimanere deluso un’altra volta».

Pinocchio quasi a volerlo rassicurare rispose: «Grillo, sono cambiato vedrai, ma adesso ti prego racconta».

Allora il Grillo iniziò a narrare quanto accaduto alcuni giorni prima.

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Capitolo due

Alcuni giorni prima a Villa Gaia

Instancabili cantavano gli uccellini tra fiori di mille colori e far-falle che svolazzavano allegre, ogni cosa era magica attorno alla dimora della fatina, eppure Turchina era inquieta: uno strano pre-sentimento la tormentava. Armonium il fedele cane parlante di Turchina mentre cercava coccole le chiese:

«Cos’ha la mia padrona, vi vedo preoccupata, che succede?»«Mio fido Armonium – rispose Turchina – strani pensieri

entrano ed escono dal mio cuore, la mia mente rumina come fosse una lepre e una nuvola grigia e cupa copre i miei occhi; quando mi sento in questo modo deve succeder qualcosa di terribile, è sempre stato così. Devo andare dalla mia maestra fata Nuvolina, solo lei potrà aiutarmi», e mentre accarezzava il pelo lungo di Armonium gli disse: «Chiama Octavius, fagli preparare la car-rozza, partiamo subito».

Octavius era un simpatico cocchiere, un orsetto lavatore con un bellissimo cappello tricorno con l’orlo arrotolato e piegato in modo da formare tre punte; da tempo non si usavano più quei copricapo ma la fata amava adornare chi la circondava con quel particolare e vistoso abbigliamento. Come la giacca che faceva indossare al suo cocchiere, una sorta di redingote a doppiopetto a vita altissima corta davanti e lunga dietro, con code al ginoc-chio fra le quali fuoriusciva la lunga coda di Octavius morbida

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e a righe scure. Il collo della giacca era molto alto e ribattuto e scendeva sulle spalle in due grandi revers richiudibili a bottoni, spesso lasciati aperti di modo da mostrare la formidabile cravatta bianca. Le maniche attillate erano plissettate alla spalla e svasate sul polso aperto, che ricopriva la mano fino a mezzo palmo; più che un cocchiere Octavius sembrava un vero gentiluomo della Corte di Francia.

Turchina seguita da Armonium salì sulla carrozza, ancora un po’ di tempo e avrebbe avuto le risposte che cercava. Dopo qual-che ora di viaggio finalmente giunsero da Nuvolina.

«Ti aspettavo Turchina», l’accolse Nuvolina.«Sentivo di dover venire da te, da quando ho aperto gli occhi

sono turbata… hai qualcosa da dirmi o è solo un presentimento?».Nuvolina l’abbracciò teneramente poi la fece sedere e le disse:

«Purtroppo Tremegondo è tornato e vuole riportare le tenebre nel mondo dei bimbi, vuole far sparire di nuovo la fantasia e il gioco e annullare quanto di buono tu hai fatto per loro»

«È terribile, cosa posso fare?»«Nulla, solo ciò che tu hai ripristinato può salvare il mondo dei

bimbi. Pinocchio sarà il primo dopo di te a essere colpito, proteg-gilo e spera che possa salvarci tutti, sai cosa fare».

Mestamente e molto preoccupata Turchina tornò sui suoi passi; aveva fiducia in Pinocchio, sebbene fosse ancora un ragazzo aveva dimostrato di essersi meritato di diventare umano ma era ancora troppo giovane e indifeso per caricarsi sulle spalle un peso simile. Tuttavia non esistevano alternative.

Giunta a Villa Gaia Turchina pensò a come avrebbe potuto aiutare Pinocchio prima ancora che Tremegondo potesse realiz-zare le sue mosse, così come aveva fatto in passato pensò all’unico che realmente poteva guidare Pinocchio, il Grillo, e con un sor-tilegio lo materializzò innanzi a lei riportandolo in vita. Appena apparso, il Grillo iniziò a toccarsi dicendo: «Sono vivo! Che gioia!

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Ero stanco di passare attraverso i muri, e in verità mi mancava non essere più il bersaglio dei capricci di quel birichino di Pinocchio, grazie Turchina! Ma perché mi hai fatto tornare?»

«Grillo c’è poco da scherzare, è tornato Tremegondo e vuole spazzare via la fantasia e il gioco e il magico mondo che allieta i bimbi, vuole togliere di mezzo me e tutti coloro che amo. Ti ho fatto tornare affinché se dovesse succedermi qualcosa tu possa proteggere Pinocchio e metterlo al corrente di tutto, potrebbe essere travolto dall’ira di quel folle malvagio senza sapere nulla e senza essere preparato»

«Turchina conta pure su di me, a costo della mia vita proteg-gerò il nostro mondo»

«Preparerò una pozione docile che potrai utilizzare per pro-teggere Pinocchio, le pozioni docili agiscono nel modo in cui tu vorrai usarle»

«Che vuol dire?»«Vuol dire che essa si adatterà ai tuoi bisogni e al momento

in cui ne avrai bisogno, dovrai capire come utilizzarla e funzio-nerà come tu desideri, ma ricordati: il sortilegio funziona solo per un giorno e una notte, dopodiché l’effetto svanirà. Adesso vai e ricordati, dovrai apparire solo se Pinocchio avrà bisogno di te».

Nel giro di qualche ora la situazione a Villa Gaia precipitò, gli Ingufati come una devastante orda malefica piombarono e cattu-rarono Turchina, che fu sopraffatta nonostante i suoi poteri, e né Assiodoro né i suoi fedeli servitori poterono far nulla per opporsi a quei malvagi individui. Così legata e imbavagliata fu trasportata nell’oscuro maniero di Tremegondo.

Quando fu giunta al castello l’accolse una spettrale risata, Tremegondo guardandola impettito come un pavone le disse: «Benvenuta Turchina! Non avresti mai pensato che sarei tornato, magari credevi che il mio esilio come signore del Paese dei baloc-chi sarebbe stato eterno, che la mia malvagità si sarebbe limitata

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solo alla feccia dei ragazzi, ma come vedi sono tornato. Io e i miei sudditi abbiamo lavorato senza sosta per trasformare i birbanti in asini e quando il potente Xilios ha avuto il ciuco numero diecimila mi ha voluto concedere un’altra opportunità, a patto che in breve mi dimostri capace di eliminare dalla faccia della Terra il gioco e cancellare la fantasia e la spensieratezza di ogni bimbo sotto il sole» e continuava a ridere con il suo ghigno malefico Ah ah ah!, come si divertisse al suono delle sue parole, poi aggiunse: «Ma la cosa più brutta sai qual è, Turchina? È che tu vedrai tutto questo, sì, vedrai i tuoi cari, i tuoi affetti colpiti per primi e non potrai fare nulla mia dolcissima fatina e inizierai a morire dentro, lentamente e inesorabilmente! Ahahahah! – e si rivolse ai suoi sgherri – Por-tatela nelle segrete!».

Turchina fu condotta in prigione dagli Ingufati, un grande cancello fu aperto e venne consegnata a Fiocco, il nano carceriere. Una delle guardie ordinò: «Servo, rinchiudila!».

La scaraventarono a terra e Fiocco la prese segregandola in un angusta cella, fredda e senz’aria. Turchina era devastata e nono-stante solitamente fosse l’emblema dell’allegria e della positività questa volta era drammaticamente preoccupata per se stessa e i suoi cari e piangeva a dirotto.

Dopo aver sistemato Turchina, Tremegondo ordinò di pren-dere Pinocchio; gli Ingufati quindi partirono di gran carriera per catturare il ragazzo.

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Capitolo tre

Pinocchio torna a casa: il dramma

Questo era quanto accaduto, il resto purtroppo lo sappiamo. Quando il Grillo seguendo le indicazioni di Turchina raggiunse lo sfortunato Pinocchio, esplose fra i due amici una gioia antica. Ebbe quindi tempo e modo di raccontare delle pessime notizie in arrivo, della reclusione di Turchina e che gli Ingufati erano sulle loro tracce. Mentre camminavano insieme verso casa, Pinocchio avvertiva che ora non era più solo, il Grillo era sulla sua spalla.

A un tratto mentre procedevano a tastoni nel buio più totale e con il solo firmamento che li illuminava, una rauca e strana voce ragliò nel silenzio: «Pinocchio! Iaaa Iaaa».

Pinocchio si fermò terrorizzato, quella notte sembrava essere un ricettacolo di sorprese: «Chi è?», gridò preoccupato.

La voce rispose: «Sono io! Iaaa Iaa sono Lucignolo!», ragliava il ciuchino.

«Chi sei?» «Sono io, Lucignolo!»«Impossibile, Lucignolo è morto! L’ho visto spirare con i miei

occhi».Il Grillo precisò: «Beh se è per questo anche io ero morto!».La creatura si avvicinò a Pinocchio e al Grillo: era realmente

un ciuchino: «Sono io amico mio, sono proprio io»«Ma è impossibile, ti ho visto morire»

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«Sì in realtà così feci credere a quel malvagio del mio padrone, mi lasciai picchiare senza fiatare e senza reagire, fino a quando mi credette morto e mi gettò in un fosso. Per lui non ero degno (per mia fortuna) neppure di essere sepolto, e se anche mi avesse sepolto era meglio morire che vivere in quel modo!».

I grandi occhi di Pinocchio divennero lucidi e si riempirono di lacrime, come ciò fosse stato possibile era un dilemma che avrebbe risolto col senno del poi: «Amico mio, sono così con-tento!» e corse ad abbracciarlo.

«Ho perso la libertà di essere un uomo – gli disse Lucignolo – ma non quella di vivere libero, seppur da ciuchino; almeno mi consolo con questo. Ma tu che fai a quest’ora, al buio, nella foresta?».

Pinocchio iniziò quindi a raccontare gli sconvolgenti avve-nimenti degli ultimi giorni e poi disse: «Sto tornando dal mio babbo, spero solo di trovarlo vivo».

«Vengo con te Pinocchio, per quanto posso ti voglio aiutare, salite in groppa!»

«Grazie amico» replicò il burattino, e i tre si avviarono verso Tescia.

All’alba giunsero in paese, Pinocchio si precipitò verso casa gridando: «Babbo, babbo!!», ma non si sentì nessuna risposta.

Poi una voce: «Pinocchio, Pinocchio vieni qui», era mastro Ciliegia che lo chiamava.

Mastro Ciliegia lo guardò stupito poi disse: «Ma che ti è suc-cesso, sei di nuovo un burattino?»

«Mastro, è complicato spiegare adesso. Dov’è il mio babbo?»«Il tuo babbo è qui Pinocchio, entra», e fece segno con la

mano.Pinocchio mise piede nella piccola e fredda casa, vide Gep-

petto che inerme giaceva a letto e corse verso di lui: «Babbo, babbo!», gridò. Pinocchio piangendo seguitava a chiamarlo, ma inutilmente; ormai da molte ore non riprendeva conoscenza.

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Mastro Ciliegia si fece più vicino: «È così da quando l’ho trovato. Ho chiamato il dottor Bernardo – un grande cane San Bernardo con sembianze umane che lavorava come medico condotto nel circondario – mi ha detto che solo un miracolo potrebbe salvarlo».

Pinocchio non riusciva a controllarsi, aveva sempre fatto sof-frire con le sue bischerate quel pover’uomo e neanche metter la testa a posto lo aveva protetto. Se Geppetto era in quelle condi-zioni era colpa sua: gli Ingufati cercavano lui non il suo povero babbo, e per giunta l’unica che poteva fare il miracolo di gua-rire Geppetto – se un miracolo era necessario – era rinchiusa in chissà quale posto. Tuttavia il nuovo spirito di Pinocchio lo fece reagire a quella rivoluzione; in qualche modo avrebbe dovuto affrontare Tremegondo e ristabilire l’ordine naturale delle cose!

«Mastro posso lasciarvi in custodia il mio povero babbo? Devo trovare Turchina e liberarla: è l’unica che può salvare il mio bab-bino, vi prego!», chiese Pinocchio a Mastro Ciliegia.

«Vai pure Pinocchio, conosco Geppetto ormai da più di ses-sant’anni, è come mio fratello; fai ciò che devi».

Pinocchio quindi decise di partire… ma dove sarebbe andato con un asino e un grillo? Come avrebbe fatto da solo? Era sol-tanto un ragazzo, per giunta un burattino!

Mentre camminava, con Lucignolo che gli faceva la testa quanto un pallone raccontando delle sue avventure da asino libero, la sua mente marciava senza sosta per trovar soluzione; alla fine un’illuminazione: Mangiafoco! Sì, alla fine quel dolce omone travestito da orco era stato l’unico a parte Geppetto e Turchina che a modo suo lo aveva aiutato, risparmiandogli la vita e donandogli le monete d’oro, e poi Tremegondo col suo malefico piano avrebbe colpito anche lui e i suoi burattini, che tanta gioia donavano ai bimbi. Sì, Mangiafoco poteva essere la soluzione, Pinocchio avrebbe dovuto trovarlo e tentare di

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intenerirlo per farsi aiutare, facendo leva sulla sua sensibilità malcelata dietro quell’aspetto fiero.

Nel frattempo l’arcinemico Tremegondo si stava dileguando per portare a termine il suo piano al riparo da sgradite sorprese. Ma come? Vediamolo.

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Capitolo quattro

Tremegondo sparisce

«Ora che abbiamo Turchina e che Pinocchio è ritornato burattino devo portare a termine il mio piano e aspettare; è tempo di tor-nare all’Isola che appare e scompare nel ventre del mare», pensò Tremegondo. Riunì quindi i suoi uomini e con un sortilegio tra-sportò il suo maniero con tutti gli abitanti nell’Isola che appare e scompare, che si trovava nel Mare del Sud e che da suo esilio era divenuta la sua dimora e base segreta.

In un batter d’occhio ogni pietra del regno malefico di Treme-gondo sparì lasciando solo brulla terra di quel che era stato, un nobile casato. Nel ventre del mare ogni traccia del malefico svanì e la dolce Turchina insieme a esso. Col passare dei giorni la fatina era sempre più spenta, prigioniera dell’arcinemico.

Intanto Fiocco, schiavo del malvagio padrone, vedendo la dolce fatina che ormai faticava persino a nutrirsi, intenerito cer-cava di consolarla: «Fatina dolce non ti scoraggiare, non ti fare abbattere dal mio malvagio padrone, per me non c’è speranza di libertà ma per te sì, vedrai che chi ti ama ti libererà».

Turchina lo guardò e disse: «Perché per te non c’è speranza? Non puoi tu scappare da questo inferno, invece di continuare a servirlo?»

«No dolce fatina anche io sono prigioniero come te, vittima del destino che mi ha voluto schiavo»

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«Ma tu non sei libero? fammi capire»«No, il mio signore mi ha rinchiuso qui da quando sono pic-

colo, non so cosa c’è oltre queste mura, conosco solo il grigiore di questa fredda e desolante prigione»

«Cioè non hai mai visto il sole, l’azzurro del cielo, il verde degli alberi e dell’erba fresca e il grande mare blu?»

«No, ricordo solo com’è la luce, ma non rammento altro; io sono suo figlio, un figlio di cui si vergogna come si imbarazze-rebbe di quelli come me chiunque abbia un cuore piccolo e privo d’amore, e mi ha rinchiuso qui dove nessuno mi avrebbe visto e saputo di me. Da piccolo lo pregavo, lo imploravo, ma adesso questo è il mio mondo, non saprei vivere lì fuori».

La dolce mano della fatina si allungò verso il viso spento del piccolo uomo per accarezzarlo, poi ella disse: «O dolce cucciolo d’uomo con il cuore ricco d’amore, possiamo certo sopravvivere senza la luce del sole ma non senza amore. Vedrai, usciremo da qui e ti porterò con me, insieme riassaporeremo il profumo della libertà»

«Stai certa fatina che io ti aiuterò con tutto me stesso a ritrovar la libertà», rispose Fiocco con lo sguardo commosso.

Mentre nelle segrete Turchina e Fiocco si alleavano contro il malvagio tiranno che li aveva privati della libertà, il cuore dell’i-sola era un pulsare non di vita ma di malvagità; da lì Tremegondo portava avanti il suo piano, seducendo e corrompendo ogni mae-stro di scuola, ogni tata, ogni padre, affinché l’unico principio esistente fosse l’amore per il denaro, per il dovere, per il lavoro e affinché non ci fosse più spazio per l’amore, l’affetto, il gioco, la fantasia e le cose semplici che non hanno prezzo né per com-prarle né per goderne. Più gli uomini si spegnevano dentro, più i bambini che per natura erano bisognosi d’amore soffrivano, divenendo sempre più ribelli e birichini, anche quelli che eran tanto carini. Il Paese dei balocchi divenne la meta più ambita per

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ogni bimbo e ragazzo che lì credevan di poter trovare ciò di cui avevano bisogno, così la marea di ciuchini divenne inarrestabile e praticamente ormai non esisteva una casa che non piangesse per la scomparsa di un dolce bimbo trasformato in ciuchino.

La cieca avidità di Tremegondo oscurava ogni cosa; aveva sot-tratto a coloro che lo circondavano le cose belle della vita, ma aveva privato anche se stesso e il suo cuore della linfa vitale dell’a-more, rendendosi simile a un blocco di inerte marmo.

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Capitolo CiNque

Mangiafoco

Intanto Pinocchio dopo aver lasciato il povero babbo era ancora alla ricerca di Mangiafoco; non sapeva in realtà né come né se quest’ultimo lo avrebbe aiutato ma non aveva molte alternative. Insieme a Lucignolo e al Grillo vagarono per ogni paese e città d’Italia, fino a quando un giorno Pinocchio udì inaspettatamente e con grande gioia due voci non proprio amiche:

«Venghino, signori venghino, non perdetevi l’esilarante, l’u-nico grande spettacolo dei burattini di Mastro Mangiafoco. Venite bimbi, bravi e monellacci, a seguir l’avventure di Arlec-chino, Pulcinella e Balanzone, solo tre lire!».

Gli arcinemici Yellow Fox e Blue Cat erano lì davanti a lui, quante mazzate avrebbero meritato quei due bischeri, eppure Pinocchio era contento di vederli.

«Guardali questi due avvoltoi, sempre pronti ad adescare i più stupidi», ammonì il Grillo.

«Grillo, oh Grillo, sempre a lamentarti stai. Andiamo, abbiamo trovato Mangiafoco, lasciali perdere questi due bischeri», replicò Pinocchio.

Blue Cat non mancò di riconoscerlo: «Ohi ohi, guarda chi c’è, il burattino dispettoso», fece con ghigno beffardo.

«Sei venuto a cercar lavoro pezzo di legno – seguitò Yellow Fox – o a investire i tuoi denari?», disse ridendo.