Pignotti Spartaco promo

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Sandro Pignotti SPARTACO puntoacapo

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Sandro Pignotti

SPARTACO

€ 18,00 puntoacapo

La storia di un’amicizia che travalica odio e incomprensioni. Sandro Pignotti ci conse-gna una storia di guerre e prigionia, di odio e speranza che spaventa e affascina, scritta con garbo e non di rado con ironia.

Sandro Pignotti (Sanremo 1953) ha svolto numerosi mestieri: facchino, cameriere, muratore, imbianchino e infine orafo. Ha vinto i Premi nazionali: “Città di Tag-gia” (2001) e “Concorso di poesia satirica GEF Sanre-mo” (2003). Ha pubblicato cinque raccolte poetiche: Un viaggio inconsueto (Colibrì, Milano 2014), Misto-creme (Novi L.), Vita d’aria vola (puntoacapo, Novi Ligure 2010), L’Opera Suona (ivi, 2012) e Il tappeto smeraldo (ivi, 2014) È autore di due romanzi, entrambi pubblicati da puntoacapo: Persio (2011) e Malesia (2013).

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Il Cantiere XX

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Sandro Pignotti

SPARTACO

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Dedicato a Spartaco Pignotti

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Nota dell’Autore Ho messo insieme i capitoli sulla prigionia di Spartaco ispirandomi al

suo diario pubblicato nel 1945 sul giornale La Lima e scritto una volta ritornato dopo aver trascorso due anni d’inutile guerra, per poi essere rinchiuso in un Campo di Concentramento. Alcuni fatti di quel periodo, omessi in questa narrazione, mi sono stati raccontati direttamente, ma lui mai si è dilungato a parlarmene in dettaglio.

I nomi dei luoghi dove tutto è avvenuto sono stati opportunamente modificati. Comunque l’impostazione generale del romanzo deve essere fatta risalire alla notevole personalità di Spartaco, che mi ha spinto a tra-sfigurarlo in un protagonista immaginifico, desiderando in questo termi-ne riporre anche tutti i significati possibili dello straordinario. Di una cosa in ogni modo sono sicuro: di non essere riuscito ad avvicinarmi neanche lontanamente a descrivere l’eroica umanità dimostrata in quei frangenti.

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Premessa di Robo Domandai a Spartaco qualche giorno dopo il suo arrivo come avesse

fatto a tenere un diario così puntuale nelle condizioni in cui eravamo stati, e mi rispose indicandomi la testa: – Per quanto riguarda il periodo del Campo di Prigionia è soltanto una faccenda di memoria, il resoconto scritto è posteriore. –

Questo la diceva lunga sulla differenza esistente tra noi: io avevo fino allora strenuamente cercato di espellere il malessere dei ricordi, perlome-no quello che di essi mi tormentava, e non mi era mai passato per la te-sta che forse ci sarei riuscito fissandoli in uno scritto. Nonostante la vo-glia di tentare un’ordinata narrazione delle vicissitudini fosse divenuta improcrastinabile, non potevo darle seguito senza una scorsa alle sue memorie, ritenendo che esse sarebbero state in grado di dissolvere molte delle nebbie le quali avvolgevano il mio ricordo. Finalmente, dopo aver ceduto alle mie insistenze, egli decise di lasciarmi sfogliare quelle pagine, ponendo un’unica condizione alla stesura del testo: – Vorrei darti da aggiungere per primi alcuni passi che sto mettendo insieme. –

Ovviamente accettai la richiesta: – Ti farò vedere il lavoro man mano che procede. –

Un giovedì pomeriggio mi recai da lui e sullo schermo era la scaletta dei brani di cui mi aveva accennato. Spartaco sembrava si fosse appisola-to nella sua poltrona, quindi feci per andarmene, ma mi ero appena gira-to che egli mi toccò un braccio indicando poi l’immagine: – Li puoi met-tere in memoria ed elaborarli, poi leggerò e ti dirò qualcosa. –

– Va bene – risposi e mentre il computer trasferiva tutto, aggiunsi: – Verrò lunedì prossimo a ora di colazione, così magari tra una parola e l’altra la faremo insieme. –

Alla pagina che avevo visto ne seguivano delle altre, le quali andarono a costituire la prima parte. Non ebbi alcuna difficoltà a scrivere i capitoli seguenti in cui riportai tutte le annotazioni di Spartaco in sostanza con scarse aggiunte.

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PRIMA PARTE

I D Queste sono le parti salienti di un antico documento divulgato dopo la

fine del Quarto Conflitto in cui si rivelano i precetti base dell’ordine se-greto dei D il quale era composto di pochissime persone, da un minimo di qualche decina a un massimo di tremila, e le sue origini affondavano tanto nel passato che nulla di non mitico si conosceva del periodo in cui erano state di meno. È stato tramandato che si dovettero al fondatore (del quale perfino il vero nome è andato disperso) i fondamenti dell’associazione, ma pur se col trascorrere dei secoli la loro formulazio-ne è cambiata, alla fine la sostanza è stata cristallizzata in due regole, un modo d’agire e una prassi. La seguente è l’ultima versione nota delle quattro norme.

La prima regola è: cercare di non rivelare mai l’appartenenza alla setta

e possibilmente non esibire neanche la propria potenza. La seconda: come il vento per le vele, l’accumulo del Denaro comanda

qualunque sia la forma e caratteristiche assunte. Il modo d’agire è: Divide et Impera. Infine la prassi afferma: per accrescere il proprio potere economico

ogni azione è consentita nel rigoroso rispetto delle leggi vigenti. La setta sin dall’Età del ferro si era spezzata in correnti: i Costruttori,

ritenenti i conflitti come degli accidenti necessari per aumentare la pro-pria possanza economica e quella minoritaria dei Distruttori che fin dal principio si costituirono, come si vedrà, con l’intento di raggiungere un differente obiettivo. Però le due fazioni avevano trovato in tutte le epo-che (almeno sino a un certo momento) dei compromessi per restare sal-damente unite, onde mantenere la propria occulta dimensione di domi-nio. Gli accordi facevano capo a una partizione finanziaria della realtà che, unanimemente condivisa e gestita con furbizia, era stata semplificata al massimo: per anni essi l’avevano divisa in un dominio, l’Energia, e due

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categorie, gli Oggetti e i Soggetti. Furono i Costruttori a stabilire che l’arricchimento non potesse essere illimitato in un’età: allora, riferendosi al modo di produrre energia, essi ritennero indispensabile il passaggio a un’altra per ricominciare l’accumulo. Gli Oggetti potevano essere di-strutti solo quando era conveniente eseguire le ricostruzioni, diventando disponibile una differenza assai elevata tra benefici e costi.

Almeno come singoli i Soggetti non valevano nulla quindi non erano considerati: mentre il numero totale degli individui e la conseguente per-centuale dei disperati era una delle condizioni ritenute essenziali per rim-polpare ulteriormente le proprie finanze.

Ai due generi fondamentali, all’incirca un paio di millenni dopo la divi-sione in correnti, se ne aggiunse un altro, il Capitale, il quale si era posto in una posizione non chiaramente identificabile con le due precedenti definizioni, avendo raggiunto un’identità contemporaneamente virtuale e reale e pian piano conseguito la chimerica possibilità di poter risorgere dopo essere stato annichilito.

Anche se alla fine prese supremazia la tesi sostenuta dai Distruttori, a questi principali dettami si era assoggettata da sempre quella risicata cer-chia, gestendo e accrescendo la forza economica che aveva trovato il modo di accumulare.

È d’uopo proseguire con lo scrivere qualcosa della prima regola giac-ché solo le altre tre sarebbero rimaste in vigore. Oggi è tornato in uso, sicuramente per rimarcare il senso di un mistero il quale sta per essere svelato, che prima d’ogni spettacolo si alzi un sipario, rimanendo nasco-sto chi lo mette in movimento: come l’ipotetica persona che lo aziona, i D restavano dietro la scena e, non comparendo mai, davano l’impressione di non esistere; di fatto a nessuno di loro era concesso di diventare una figura sociale di qualsiasi portata. Tuttavia con l’andare del tempo fu ammessa una fugace comparsa purché non si tentasse di farla diventare un’esibizione della propria potenza o divenisse la premessa per una carriera pubblica di qualunque livello, sfruttando l’appartenenza alla congrega. Nonostante la nuova interpretazione, in realtà la maggior parte dei D era talmente convinta del proprio ruolo da osservare il principio primario, guardandosi attentamente dal comparire sulla scena: seguendo alla lettera le indicazioni del misterioso fondatore, ritenevano di evitare il rischio di incorrere nella condanna all’espulsione, comminata senza ap-pello a ogni minima infrazione.

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LE OPINIONI DI SPARTACO SULLE GUERRE Forse dovrei affrontare un discorso particolare sull’arricchimento eco-

nomico, poiché è la principale e triste cagione dei cruenti scontri che perennemente perseguitano i popoli, ma per farlo non potrei trascurare le motivazioni invocate per ognuno, finendo per smarrirmi in un dedalo d’infinite storie. Perciò, tralasciando di parlare delle orrende guerricciole che sono sempre in atto, proverò a descrivere come la conquista del po-tere divenga fondamentale in caso di conflitto, se questo è totale.

In condizioni di guerra tra Stati è abbastanza facile stabilire chi coman-da e chi sia comandato, ma per i D è meno semplice chiarire come siano i rapporti quando le armi sono a riposo. La fine dell’età del petrolio e della produzione ad esso legata aveva scatenato una crisi, divenuta tanto acuta che il caos conseguente per poco non aveva condotto immediata-mente la Terza Guerra, che però le due fazioni D volevano di comune accordo rinviare, pensando che non fosse ancora arrivato il momento giusto, fondamentalmente per il successivo motivo: l’economia indu-striale era pressoché collassata, il mondo degli scambi andava ricostruito ed essi si trovarono quindi d’accordo nel ritenere che non potesse esserci affare maggiore di quello da gestire con profitto; l’importante era, in qualsiasi modo si fossero trasformati i prodotti e i metodi di fabbricazio-ne, mantenere il controllo delle risorse energetiche. In conformità a que-sta logica i Costruttori siglarono un patto con i Distruttori e molte cen-trali a fusione furono rapidamente costruite seguendo i parametri di massima sicurezza, almeno come fu dichiarato. E cominciò l’età dell’uranio.

I Distruttori avevano acquisito il controllo di quel patrimonio, lascian-do astutamente alle nazioni la gestione dei materiali radioattivi, ma le conseguenze presto sarebbero diventate intollerabili, giacché anche se era stato risolto il problema dell’eliminazione delle scorie, la fonte princi-pale d’inquinamento, gli incidenti di contaminazione più o meno gravi erano all’ordine del giorno visto il numero elevato di centrali esistenti; inoltre, l’approvvigionamento dell’uranio che opportunamente modifica-to era necessario per raggiungere la fusione divenne assai complesso, scarsamente controllato e oneroso – complesso e scarsamente controlla-to a causa di una serie di leggi pensate e scritte in modo da ingarbugliar-

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ne l’uso, oneroso per volontà di chi ne gestiva il mercato. In sostanza la situazione era dunque in un precario equilibrio e una simile instabilità, raggiunto alla fine il suo limite massimo, avrebbe dovuto trovare uno sbocco differente: anche quella realtà si sarebbe frantumata, portando all’avvento di nuove età. Si poteva facilmente immaginare che anche il tempo dell’uranio sarebbe arrivato alla fine, e le lezioni del passato avrebbero dovuto suggerire alle nazioni di prendere accordi preventivi; tuttavia i governi avevano evitato scrupolosamente d’intessere i trattati sufficienti e necessari a formare dei seri blocchi sovranazionali i quali avrebbero potuto forse avere la forza di opporsi alla tracotante logica dei D e garantire la pace. Infine furono proprio le nazioni a dichiarare guerra ad altre che ricercarono un aiuto e alleati, e così via.

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LA TERZA Pur se come esemplificazione riduttiva, s’immagini la trama

dell’economia come un tappeto in costruzione: qualcuno terrà in pugno o manovrerà le fila e dal suo agire esso acquisterà, dopo alcuni passaggi, un definitivo disegno. In quel motivo sono compresi gli scenari delle crisi e delle guerre le cui folli vicende pare girino intorno alle medesime azioni orripilanti che i cosiddetti ‘normali’ compiono, qualunque siano i motivi indotti dalle ideologie del momento, a prescindere dalle armi uti-lizzate e da chi e perché ne consente l’uso. Per giustificarle sono state addotte svariate spiegazioni le quali fanno riferimento ogni volta all’arcaico detto: Mors Tua, Vita Mea.

Un mare di valide analisi è stato speso per spiegare le mosse finali con cui i D riuscirono ad avviare il Terzo Conflitto, ma una di queste mi ha impressionato per la sua efficace semplicità. Nonostante gli eventi del futuro fossero diventati prevedibili grazie ai super-calcolatori e ai nuovi algoritmi inventati alla bisogna, la parola d’ordine era stata che uno smarrimento diffuso avrebbe blindato l’unica verità consentita ovvero che non esistesse alcuna garanzia d’obbiettività perciò tutto era stato spacciato per precario, aleatorio e in ogni caso contestabile. L’operazione era ovvia, si voleva indurre nel popolo la coscienza che le teorie, anche quelle sino allora considerate valide, fossero fallaci ed effimere, condu-cendo ad azzardi: ognuno vuoi per un motivo o l’altro doveva essere preso dall’incertezza. Ogni mezzo di comunicazione, non importava se schierato in sintonia o con i rari dell’opposizione, otteneva il medesimo risultato di far confluire ognuno in questa logica, non essendo possibile mettersi di traverso all’opinione imperante e anche chi credeva di non partecipare era coinvolto, dovendo seguire volente o nolente le decisioni della maggioranza.

Le turbolenze economiche già avevano prodotto un diffuso smarri-mento, buttando tanti sul lastrico e facendoli diventare figure affamate e ricattabili invece che persone libere, quindi i D avevano incanalato tutti quei disperati nell’unico obiettivo di credere che non importasse quando e come arrivava la morte, la sola cosa importante era che fosse in nome dell’ideale stabilito. I restanti furono persuasi sfruttando la minaccia stri-sciante di perdere la propria posizione sociale e anche se non semplice fu

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la sua attuazione, risolvere questa difficoltà era stato il capolavoro finale; infatti quelli furono, chi con più facilità chi con meno, dapprima convin-ti a pensare che le proprie idee e posizioni fossero le uniche fondate, poi incanalati a rifugiarsi in varie ideologie fideistiche, preparandosi ad accet-tare come inevitabile il prossimo scontro con gli altri blocchi.

In questo caotico scenario i D provocarono un altro tracollo commen-surabile in tutto e per tutto con quello avvenuto con la fine del petrolio; quindi, preparati ad affrontare quella situazione, trasferirono un’altra volta delle somme enormi nelle loro mani e in un consiglio generale fu immediatamente concordato d’iniziare un conflitto mondiale, dopo di che furono avviati dei negoziati sul come si sarebbe dovuto gestire il tempo successivo, ma ogni trattativa fu presto abbandonata poiché più si discuteva più diveniva forte la confusione. Solo in seguito riuscirono a mettersi d’accordo sulla concezione che da sempre aveva trovato accesi sostenitori nella minoranza dei Distruttori: l’ultima generazione dei D decise quasi all’unanimità che superata la fase di lotta aperta dovesse arrivare l’ora di rendere diventare manifesto il precedente arcano con-trollo del pianeta.

Nei millenni, quella possibilità era stata ostacolata dal costante accre-scersi della popolazione, nonostante le carestie, le varie epidemie, le guerre locali e tutti i modi inventati e attuati per eliminare grandi quanti-tà di persone, ma finalmente sembrava che quel momento fosse arrivato: la guerra totale avrebbe annientato quasi tutti. Ottenuta l’intesa con i Costruttori sull’obiettivo di raggiungere un potere assoluto palese, i Di-struttori soffiarono con immensa forza sulle vele delle già accese discor-die tra le fazioni, facendo cozzare senza ritegno le une contro le altre. Purtroppo, avendo ormai per scopo il conflitto totale, con rapidità i po-poli della Terra furono persuasi a considerare qualunque altro dominio come un elemento da abbattere. Per far ciò, tra l’altro, alcuni gruppi sele-zionati d’individui furono pagati per non esprimere alcuna opposizione ai loro diktat, obbedendo supinamente agli ordini anche quando questi comportavano decisioni a dir poco scandalose. Poi alcuni di quei merce-nari furono segretamente inviati a mettere in pratica quello per cui erano stati condizionati e addestrati: seminar zizzania e terrore a costo della vita. Comunque, nessuno sconvolgimento doveva far trapelare gli scopi e gli esiti che infine ne sarebbero scaturiti; quello che successe non si può pensare come una ricerca di anarchia, la quale è una forma di auto-governo collettivo, cioè il contrario di quel che accadde.

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Solamente dopo aver preparato il terreno e ottenuto un pieno caos, i Distruttori seminarono ai quattro venti l’errata informazione che alcune recenti scoperte avrebbero risolto, almeno provvisoriamente, i problemi dovuti all’approvvigionamento dell’uranio, e quindi che questa età anco-ra non fosse arrivata alla fine. Fu anche diffusa la falsa notizia che quell’elemento fosse lungi dall’esaurirsi e che qualcuno ne conservasse un bel po’ ben nascosto: tutto ciò per aumentare la confusione e aizzare ulteriormente una parte contro l’altra. Tuttavia alcuni di quei dati erano tragicamente veritieri: infatti gli eserciti nazionali avevano una scorta d’armi totali le quali contenevano forti quantità d’uranio e sostanze alta-mente radioattive. L’opera svolta aveva ottenuto fossero assai rare le voci avverse; solo alcuni si erano sgolati, urlando per la pace e protestan-do a più non posso che l’inattendibile e irreale interpretazione dei fatti avrebbe condotto a un’esiziale guerra universale. Quei pochi furono ini-zialmente tacciati di falsità per poi essere messi in disparte e ignorati; le loro idee furono derise e quindi escluse dagli onnipresenti media con-trollati in toto dai Distruttori. In seguito i dissenzienti furono arrestati con l’accusa di codardia e sommariamente eliminati quando iniziò il con-flitto finale; i più fortunati, tuttavia, sforzandosi di definire fortuna l’imprigionamento, furono trasferiti in qualche posto isolato. Tra loro ci furono molti Costruttori e ciò causò una frattura insanabile nel clan.

Posso dire poco o nulla sulle altre innumerevoli cagioni dell’imminente guerra, giacché riesco solo a figurarmele come mucchi di foglie d’autunno. Aggiungo che, se prima il Pianeta si era riscaldato rendendo vasti territori inabitabili, vari cataclismi avevano poi causato, oltre a mi-lioni di vittime, l’inizio di un freddo intenso che stava rapidamente con-gelando i territori del profondo Nord e del lontano Sud, facendo anche diventare temperate quelle zone vicine all’equatore che in precedenza erano divenute caldissime e desertiche. Era cominciata un’età glaciale. Il congelamento, avanzando, avrebbe lasciato vivibili solo pochi territori equatoriali, il che avrebbe condizionato per molti secoli il futuro dell’umanità; sono anche convinto che questo sia stato decisivo per crea-re le condizioni ottimali del nuovo scenario. Sommandosi al gelo che procedeva conquistando lande sempre più estese e causando un rapido massacro di genti e distruzione di terre, anche la Guerra e si rivelò fatale per miliardi d’individui, il che per i Distruttori era il principale obiettivo per ottenere il risultato agognato.

La Terza Guerra cessò soltanto non quando furono annientati gli eser-

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citi, i quali in ogni caso fecero una fine veloce e ingloriosa, bensì allorché fu ridotta al lumicino ogni attività per sostenerli; basandosi su questo criterio, furono bombardate, da una parte e dall’altra, fabbriche e città, presumendo di non poter e voler fare alcuna distinzione tra militari e civili. Come previsto dai Distruttori, la guerra si spense per auto-consunzione e i freddi numeri dei resoconti storici raccontano che scam-pò soltanto il diciotto per cento di venticinque miliardi di persone.

Il numero dei sopravvissuti nei primi anni del dopoguerra si ridusse ulteriormente della metà; quindi i Distruttori superstiti riuscirono a orga-nizzare una riunione, districandosi tra enormi difficoltà e aggirando i territori resi inabitabili dalle armi di distruzione totale che avevano avuto come risultato la devastazione del pianeta. Grazie all’iniziale patto strap-pato ai Costruttori, la genia dei Distruttori aveva conseguito quelli che da sempre erano stati i suoi fondamentali obiettivi: la riduzione della popolazione e il controllo totale. Perciò, valutando positivamente le di-rette conseguenze della nuova situazione (il probabile comando di un mondo finalmente da dominare senza ostacoli o scomode complicazioni come il tramare nell’ombra stabilito dalla prima regola), essi vennero infine allo scoperto. Furono sfruttate nuove tecnologie sviluppate duran-te quel periodo, con molti sistemi per produrre energia che erano stati tenuti nascosti sino a quel momento. Adesso il pianeta era nelle condi-zioni ottimali per costruire e attivare nuove centrali solari in grado di trasformare direttamente anche il calore in energia elettrica.

I Distruttori si rimboccarono le maniche, fondarono le Dinastie, stabi-lendo la fine degli Stati Storici, la dissoluzione dei confini e definendo le nuove regole del neonato Stato del Mondo la cui capitale fu fondata in una regione che lambiva il Mar Mediterraneo e confinante con l’ex de-serto del Sahara, nell’entroterra del territorio che era stato della storica Cartagine. I confini geografici dello Stato si spingevano a Nord sino alle Alpi Marittime e a Sud oltrepassavano seppur di poco il Tropico, giran-do come una fascia attorno al globo; questo perché le calotte dell’Artide e dell’Antartide si erano estese fin lì, e solo l’ex area tropicale e pochi altri territori erano abitabili. Quel manipolo di vincenti, decidendo che le Dinastie dovessero essere a capo del pianeta, decise come prima cosa che tutti avrebbero dovuto parlare la stessa lingua, anche se cadenze molto diverse tradivano il paese d’origine; poi fu elaborata la Nuova Co-stituzione: un bel castello di regole che decretò, in sostanza, la nascita del potere supremo delle Dinastie D.

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