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Pietro di Giovanni Olivi (+1291) [Petrus Johannis Olivi; Pierre Jean Olieu] Pietro di Giovanni Olivi nacque a Sérignan, vicino a Béziers, nella Francia meridionale intorno al 1248. All’età di soli dodici anni entrò nell’ordine dei frati minori a Béziers e, dopo aver conseguito la laurea in teologia a Parigi, ritornò a operare in Linguadoca. Divenne capo degli “Spirituali” della Francia meridionale. aderì entusiasticamente, come molti spirituali, alle idee e teorie del mistico calabrese Gioacchino da Fiore (+1202). Il Capitolo Generale di Strasburgo del 1282 lo condannò per eresia e nel 1283 7 frati teologi dell’Università di Parigi dichiararono erronee 34 sue tesi. Ma venne assolto dal Capitolo Generale di Montpellier del 1287. Fu così inviato al convento di Santa Croce a Firenze, dove insegnò come teologo dal 1287 al 1289 e dove conobbe, divenendone il maestro, Ubertino da Casale. L’Olivi morì nel convento di Narbonne il 14 Marzo 1298.

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Pietro di Giovanni Olivi (+1291)[Petrus Johannis Olivi; Pierre Jean Olieu]

Pietro di Giovanni Olivi nacque a Sérignan, vicino a Béziers, nella Francia meridionale intorno al 1248. All’età di soli dodici anni entrò nell’ordine dei frati minori a Béziers e, dopo aver conseguito la laurea in teologia a Parigi, ritornò a operare in Linguadoca.

Divenne capo degli “Spirituali” della Francia meridionale.

aderì entusiasticamente, come molti spirituali, alle idee e teorie del mistico calabrese Gioacchino da Fiore (+1202).

Il Capitolo Generale di Strasburgo del 1282 lo condannò per eresia e nel 1283 7 frati teologi dell’Università di Parigi dichiararono erronee 34 sue tesi.Ma venne assolto dal Capitolo Generale di Montpellier del 1287.Fu così inviato al convento di Santa Croce a Firenze, dove insegnò come teologo dal 1287 al 1289 e dove conobbe, divenendone il maestro, Ubertino da Casale.

L’Olivi morì nel convento di Narbonne il 14 Marzo 1298.

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Nel 1296 scrisse la sua opera principale

Postilla (o Lectura) in Apocalypsim

la “Chiesa Spirituale”

dove interpreta e spiega le profezie di Gioacchino da Fiore dichiarando che

La 3° eraquella dello Spirito era

iniziata

con l’approvazione della Regola di povertà di San Francesco

coincideva con l’ordine francescano

Dopo la sua morte, le critiche sulle sue idee iniziarono a giungere da più parti: il Capitolo Generale di Lione del 1299 ordinò il rogo del suo cadavere e dei suoi scritti e il Concilio di Vienne del 1312 condannò nuovamente la sua dottrina

La sua figura continuò ad essere un riferimento per gli spirituali: durante il periodo di sede vacante del papato tra il 1314 ed il 1316, in una cerimonia, seguita da una grandissima folla, in memoria proprio dell’Olivi, Angelo Clareno da Cingoli incitò alla ribellione gli spirituali di Narbona contro i conventuali e in ciò ebbe un grande appoggio dalla popolazione locale.

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L’Olivi tratta di Maria specialmente nelle Quaestiones quatuor de Domina

Questo trattato sulla Vergine sembra sia tra le opere che accusate di “temeraria novità” come testimoni Angelo Clareno.

Il ministro Generale, Girolamo d’Ascoli (+1279) «ordinò di portargli le tesi che aveva scritto sulla nostra Signora la Vergine Maria» e dopo averle lette «ordinò che fossero bruciate». Non sappiamo se le opere bruciate siano le quatuor quaestiones che conosciamo oggi.

Io ho accettato l’affronto e la riprensione come un onore e un bene, perciò non me ne sono dispiaciuto, né rammaricato, anzi me ne sono rallegrato. Se credete che ci si debba dolere per la perdita di quelle questioni bruciate, non ne vale la pena; mi è facile rimediarvi, riscrivendo quelle stesse questioni ed altre sulla stessa materia, non meno utili

In ogni caso, è certo che nelle quaestiones quatuor de Domina non si possono trovare «opinioni audaci e temerarie».

In effetti uno dei più grandi ammiratori dell’Olivi fu san Bernardino da Siena, che lo aveva definito “uomo angelico”.

Sappiamo però che l’Olivi disse:

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La figura della Vergine affrontata all’interno del disegno salvifico-cristologico secondo la tradizione francescana.

Le Quaestiones quatuor de Domina sono distinte secondo questi temi:

1) De consensu virginali pro Annuntiatione; 2) De duodecim victoriis beatae Virginis habitis in duodecim praeliis

tentationum; 3) De excellentia et perfectione Virginis gloriosae; 4) De dolore beatae Virginis in passione Christi .

La prima questione è una analisi del consenso di Maria alla concezione di Cristo in cui appare che non ci fu nessun atto di un santo carico di un valore così grande e singolare.

1. Al principio del consenso di Maria vi è la scelta di Dio:

che pre-elegge Maria alla divina maternità

che pre-esige da lei il consenso

Vi è, quindi, una «carità elettiva di Dio» o «grazia e carità elettiva di Dio», che è del tutto singolare rispetto a quella donata a qualunque altro santo.

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la carità elettiva di Dio spinge uno tanto più fortemente quanto più grande e profondo è l’amore.

Si realizzò, quindi, nell’opera della divina maternità la partecipazione più elevata alla perfezione, all’influsso e alla similitudine deiforme della carità elettiva e motiva di Dio, dalla quale derivava

La «carità elettiva di Dio» è tanto più forte ed efficace quanto maggiore e intenso è l’amore che la suscita, secondo il principio:

Perciò, il dono di Dio e la risposta umana devono essere proporzionati l’uno all’altro, così «lo stato della maternità divina» a cui Dio pre-eleggeva Maria rappresentava lo stato più alto per una pura creatura:

Perfetta partecipazione alla vita divina

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[la grazia di Maria] fu così grande, da essere chiamata in modo tutto particolare [singulariter] piena di grazia e benedetta più di tutti gli altri, e da sentirsi dire in maniera singolare: il Signore è con te.

2. Il secondo principio che sta' alla base del consenso di Maria si manifesta nella sua virtù e nella grazia che, secondo la testimonianza dell’angelo, risiedevano in lei con una pienezza unica e incomparabile, rispetto a qualsiasi santo sulla terra: lei è la gratia plena!

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Ora, scrive Olivi,

un’anima santa e distinta tanto più fortemente si accinge, si raccoglie e si impegna a compiere degnamente, e in modo timorato e ineccepibile, un’azione, quanto più sente e riconosce che essa è divina e alta, e bisognevole di maggiore virtù, diligenza, attenzione e assoluta perfezione, così che sia realizzata in forma appropriata e conveniente - così che l’anima stessa risulti gradita a Dio

Ma

ogni anima fedele sente che concepire Dio e diventare madre di Dio rappresenta la cosa più sublime, e per ciò stesso che l’atto che a ciò più immediatamente si riferisce è un atto perfettissimo. E tale fu esattamente il consenso della Vergine. Di conseguenza, quando essa avvertì che era stata prescelta e prevenuta a questo [cioè alla divina maternità] e che le si chiedeva tale consenso, necessariamente dal più intimo di se stessa e con l’impegno più totale di tutte le sue forze e di tutte le sue virtù si accinse, si dispose e si aprì ad accogliere in modo degno e purissimo una grazia così grande, e così singolare e inusitata. E questo avvenne appunto con il suo consenso degno e debito. Ecco perché diciamo che in questo consenso si concentrarono tutte le sue virtù e tutti i suoi sforzi, così come la grossa pietra di una macchina da guerra viene lanciata dagli impulsi estremamente energici di tutta la macchina e di tutte le sue parti.

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In conclusione, per l’Olivi un santo tanto più perfettamente compie un’azione quanto maggiormente è consapevole del suo valore.

Maria da un lato possedeva la più

alta santità

dall’altro veniva chiamata al compimento dell’opera più

sublime che si possa pensare, la divina maternità

Il suo assenso a compierla non poté che provenire dalla più profonda e perfetta adesione

L’Olivi descrive così la fenomenologia della soggettiva e personale corrispondenza alla grazia

È una corrispondenza che assume un valore unico ed esemplare nel caso del consenso di Maria al dono della divina maternità.

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Il consenso di Maria

mette in luce l’estrema iniziativa e libertà della Vergine

non “dissolte” sotto la forza della Dei electrix gratiama in certo modo da essa sollecitate

in coerenza con il carattere di amore singolare che contrassegna la grazia di elezione

La «mozione» divina, che previene e muove il cuore di Maria

non ne paralizza e non ne spegne l’impulso e l’inclinazione, che si trovano, invece, sollecitati

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3. All’origine del consenso di Maria vi è un terzo principio: la cooperazione della gerarchia degli

angeli, dal cui ministero è retto tutto l’ordine umano. La figura di Maria e il suo consenso si trovano così disposti

dentro un’economia di salvezza dove gli angeli

nulla più desideravano e a nulla più miravano che all’universale salvezza e redenzione degli eletti. Ma nell’ora in cui l’angelo Gabriele è stato inviato alla Vergine, era a conoscenza di tutti loro che, tramite il consenso della Vergine, doveva formarsi da parte di Dio il capo e il principio della nostra salvezza, ossia Cristo in quanto uomo. Per questo tutta la corte o gerarchia angelica in quell’ora, con tutti i suoi desideri e i suoi sforzi, si concentrava sulla Vergine, al fine di aiutarla ad accogliere degnamente e a portare a compimento un’opera così grande.

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4. Vi è anche un quarto principio che prepara il consenso di Maria nell’annunciazione, nella forma del merito, è stato quello di

tutto il popolo dei santi che l’hanno preceduta.

e che,

implicitamente o esplicitamente, sopra ogni cosa, avevano desiderato il loro Salvatore nella vita eterna.

Tutto in loro: intenzioni, desideri, meriti: concorreva a invocare il Salvatore e a farlo introdurre da parte di Dio nel mondo, e tutto, di conseguenza, era volto verso la Vergine e l’opera mediante la quale sarebbe venuto il Salvatore.

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Il Padre la sceglie

Lo Spirito la riempie di grazia e virtù

gli angeli si fanno intermediari

Tutta la storiaUomini e donne che hanno atteso il Cristo

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Tale atto assomma in sé tutte le più perfette virtù: era altissimo il suo oggetto e di estrema elevatezza le ragioni del suo compimento.

Il risultato di tutto questo è il consenso di Maria

L’oggetto del consenso di Maria consisteva nella maternità divina

Per disporsi in modo giusto a questo atto, bisognava che Maria

vi dispiegasse e vi facesse confluire tutti i suoi affetti, dischiudendoli dal più intimo della sua anima.

Necessitava poi che la Vergine

comprendesse perfettissimamente e in profondità avvertisse la singolarità dell’oggetto cui consentiva e la singolarità dell’offerta e dell’atteggiamento che tale singolarità comportava.Che credesse nel modo più stabile e robusto, che si sottomettesse umilissimamente a tale oggetto e si annientasse, così che, totalmente dimentica di sé, cercasse con tutte le sue forze di lasciarsi trasformare in esso, così da coincidere con esso, per quanto è possibile mediante la via dell’amore, e diventare un’unica e identica cosa.

il diventare madre di Dio comporta in Maria una morte mistica: la forza della sua carità deve realizzare in lei come una «kenosis-povertà», uno svuotarsi di sé per riempirsi del del Verbo. La Vergine è chiamata diventare una sola cosa con lui.

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un dilatarsi e un erigersi estremo nell’abisso della Trinità e dell’Unità, ossia nella relazione originale e personale, secondo cui Dio esiste in sé stesso e secondo cui dice relazione al Padre e allo Spirito Santo che ne procede.

L’obliarsi e l’annichilirsi di Maria per la via dell’amore significava

Olivi mette in luce la relazione trinitaria e cristologica che la divina maternità viene a istituire in Maria.

Significa

un inviscerarsi a quella sorprendente umiliazione di Cristo, che il Figlio di Dio intendeva assumere, così che, annientando se stesso, diventasse un bambino nel suo grembo, capace di soffrire e si sottoporsi a pene acerbissime per i peccati di tutti e di essere per tutti l’espressione esemplare della vita crocifissa. Questo, dunque, ha significato il suo consentire al crocifisso o al crocifiggendo, il suo accondiscendere al prezzo della sovrabbondante soddisfazione di tutti i peccati, al merito, ossia al valore meritorio e impetratorio e al mediatore della riparazione di tutti gli eletti, che avrebbe formato da sé e ricevuto dentro di sé

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Il consenso nell’annunciazione

comporta

una stretta comunione con il mistero trinitario

un ingresso senza riserve nello stato del Cristo crocifisso, una volontà di perfetta sequela della passione del figlio

Maria è colei che fin dall’annunciazione intende condividere la croce di Gesù

Olivi usa l’espressione: “inviscerari” - inviscerarsi all’umiliazione di Cristo,Entrare nelle viscere, nel grembo,Nella più profonda intimità del dolore di Cristo

Questo comportò in Maria una specie di morte mistica

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Il consenso dell’annunciazione mostra la disponibilità della madre di Dio

all’intimo e sommo atto del martirio, con il quale il martire si offre a Dio in totale olocausto

cioè a quella «ineffabile morte» e a quell’«ineffabile incendio , che la infiammò nella stessa concezione».

Se anche prima Maria era pronta a sostenere, più di ogni altro, ogni genere di morte e di martirio per amore di Dio, «quanto più incomparabilmente lo era in quest’ora!». Olivi intende l’ora della concezione come un’ora di crocifissione della Vergine con Cristo:

la Vergine si trova crocifissa con Cristo nell’ora della concezione!

Fin dall’istante della sua concezione ci fu nell’anima di Cristo tutto un atto interiore col quale soddisfece per tutti, e nel suo intimo volere si dispose con assoluta prontezza a ogni genere di sofferenza e di morte che Dio voleva e domandava.

Perché, come insegna la Lettera agli Ebrei (10,5-7)

La crocifissa concepì il Crocifisso - Crucifixa crucifixum concepit.

Così che la madre era così intimamente unita al figlio che

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Nella quarta questione si sofferma sul dolore che Maria patì ai piedi della croce, contro coloro che negavano che la vergine avesse sofferto per la morte del Figlio. Olivi ribadisce che la madre soffrì insieme al Figlio cooperando attivamente all’opera della redenzione. La sua sofferenza fu reale, con perfetta volontà e carità:di fronte al Cristo così orribilmente martoriato e

crocifisso sarebbe stato assai sconveniente che la Madre sua si abbandonasse a qualche gioia; anzi, sarebbe stato ancora più sconveniente se allora, dal profondo delle sue viscere e midolla, e con tutte le sue forze, i suoi affetti, i suoi sensi e i suoi pensieri, non avesse patito con Cristo e non si fosse totalmente applicata a questa compassione. Così allora ella era mossa da Dio.

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Tra i sette argomenti che dimostrato questa verità, l’Olivi presenta la partecipazione di Maria al “merito della passione di Cristo”:

Se infatti Cristo con le sue sofferenze e la sua volontà di patire ha propriamente causato la nostra redenzione e riparazione, da questo risulta sufficientemente che colui il quale dentro di sé partecipa a questa volontà e passione di Cristo, e la esperimenta, partecipa di più al merito della redenzione; e questo merito è la radice e il principio di tutti i meriti per qualsiasi uomo redento.

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E continua affermando la “totale associazione“ della Vergine al Cristo:

Questa associazione non esisterebbe se ella non fosse stata concrocifissa insieme al Cristo al di sopra di ogni comprensione. Cosicché la gloria che ella possiede è tanto superiore a quella di tutti i santi in quanto la sua crocifissione presso il Cristo fu superiore e più acerba di tutte le sofferenze dei santi.

Nel discorso successivo, l’Olivi spiega che la passione e morte di Cristo furono in vista della liberazione dal peccato e della riapertura del cielo per l’umanità. Così Maria, partecipando alla sofferenza di Cristo, fu anche lei liberata dal peccato originale e

prima della sua assunzione al cielo dovette sperimentare in modo ineffabile la passione e la morte sulla Croce di Cristo.

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L’Olivi tratta la questione della Concezione di Maria nel III libro Sententiarum. A noi è pervenuto sinora solo un frammento che si trova nella Biblioteca Universitaria di Padova (codice 1540). Egli dice che credere che sia stata preservata dal peccato originale per i meriti di Cristo è

haereticum ac impium et blasphemum ... est quidem haereticum.

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Nel II libro Sententiarum in due riprese afferma che la purificazione della Vergine dal peccato non poteva avvenire prima della concezione del Figlio.

Nelle Quaestiones quatuor de Domina dice che fu nel momento in cui la Vergine diede il suo assenso all’angelo che lo Spirito Santo venne in lei e la purificò «ab omni originali infectione». Tale atto fa parte un processo di purificazione che arrivò al suo culmine in quell’assenso, nel quale la Vergine fu liberata dall’influsso di satana.

Per Olivi è chiaro che la croce è l’apice della missione di Cristo. Per i suoi meriti è stata donata all’intera umanità la redenzione e la riparazione dal peccato. Al sacrificio di Cristo, Olivi unisce la madre, che fu con lui “concrocifissa”. L’attiva partecipazione di Maria alla passione del Figlio non inizia al Calvario ma già al suo «sì» nell’annunciazione. Quando, dunque, la Vergine accettò la volontà di Dio a realizzare l’opera della redenzione, in quel momento anche in lei si realizza – in modo anticipato – il dono della redenzione che Cristo avrebbe meritato tramite la croce.