Piana G.,Elogio dell'Immaginazione Musicale

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    Elogio dellimmaginazione musicale

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    Giovanni Piana

    Elogio

    dellimmaginazione

    musicale

    1. Se questo elogio sia necessario

    2. Extratemporalit dellimmaginazione musicale

    3. Lesigenza di un punto di vista interstorico in una rifles-

    sione sulla musica

    4. Adornismo e storicismo

    5. La maschera m etaforica

    6. Citazioni ed esempi che mostrano le ragioni della neces-sit di un elogio

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    Lautore ha riferito sullargomento di questo saggio du-rante il convegno organizzato da Nuova Consonanza, Roma, 30novembre 1994 nella giornata dedicata a Dopo Adorno, versouna nuova teoria estetica della musica.

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    1. Se questo elogio sia necessario

    In questo scritto vorrei cercare di realizzare qualcosa di simile

    ad un elogio dellimmaginazione musicale, vorrei tentare di ab-bozzare una sorta di perorazione in favore di essa. E subito ci sichieder: ma ve ne forse il bisogno? Oppure: perch mai do-vremmo sentirne il bisogno?

    In realt io credo che una simile esigenza si faccia sentireproprio nel momento in cui si avvia una riflessione sullesteticamusicale, un ripensamento dei suoi problemi. C qualcosa cheoggi si muove nella direzione di questo ripensamento, per lo picon la consapevolezza non solo della musica che cambia, masoprattutto del fatto che il cambiare della musica richiede uncambiare musica anche nei modi di pensarla, di intenderne

    il senso e gli scopi.Sia dal punto di vista dei progetti compositivi che da quelli

    della riflessione teorica, si ricomincia a considerare la musicacome forma darte piuttosto che come qualsiasi altra cosa. Sem-bra strano il notarlo. E tuttavia proprio tutti i problemi legati allartisticit della musica, e quindi alla specificit dei suoi scopie della sua destinazione, sono stati troppo a lungo messi da parteda moduli di pensieri e da orientamenti intellettuali di derivazio-ne adorniana.

    Ci troviamo dopo Adorno e si ha la sensazione che il dir-lo e il poterlo dire sia accompagnato da un non so qual senso di

    sollievo.Certamente vi ancora chi ritiene che la posizione ador-niana valga non solo per i cinquantanni precedenti agli anniCinquanta ma che, leggendo accortamente tardi scritti di occa-sione e compulsando qui e l folgoranti illuminazioni, si possafare di Adorno il profeta della fine del secondo millennio. Edanche al di l di simili entusiasmi, che non il caso di prenderein seria considerazione, vi sono forse ancora delle apparenti ov-viet, dei persistenti pregiudizi, delle remore che hanno ancora,talora inconsapevolmente, quella matrice e che interessanteportare alla luce, per contribuire in qualche misura a liberare le

    potenzialit del dibattito in corso e le forze creative che in essosi misurano.

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    In questo contesto si situa lintento del nostro elogio. Inesso si tratta soprattutto di raccogliere alcuni motivi che sem-brano di particolare importanza proprio in rapporto al cambiare

    musica in una teoria della musica, e di conseguenza per giusti-ficare anche la scelta del filo conduttore di queste mie conside-razioni.

    Alla domanda su quale necessit vi possa essere di un elo-gio dellimmaginazione musicale, cominceremo con il risponde-re notando che la stessa espressione di immaginazione musicaleda un lato pu avere un impiego del tutto ovvio, dallaltro ha in-vece bisogno di essere di essere chiarita, e per certi versi di es-sere proprio il tema di una perorazione e di una difesa. Nessunocontester infatti che si possa dire che un brano musicale operadellimmaginazione nel senso che essa il risultato di una in-

    venzione. Essa viene inventata cos come si inventa la trama diun romanzo o il soggetto di un dipinto. Ma se ci scostiamo unpoco da questo senso cos generico, e naturalmente anche cosprivo di problemi, ci imbattiamo subito in qualche difficolt.

    C infatti qualcosa che sembra fare resistenza a porrelaccento sullimmaginazione nel campo musicale, e in par-ticolare nel campo della riflessione sulla musica qualcosa chein parte dipende dalla natura peculiare della musica, in parte dainostri pregiudizi intorno ad essa ed alle funzioni immaginativein genere.

    In realt ci sembra subito di comprendere che cosa signifi-

    chi immaginare la trama di un racconto, non solo nel senso ge-nerico dellinvenzione, ma in quello del prospettarsi una se-quenza di eventi che si succedono e si intrecciano variamente gliuni agli altri; oppure che cosa significhi immaginare un perso-naggio, la sua fisionomia, la sua psicologia, il suo modo di com-portarsi. Limmaginare si esplica qui in un senso assai prossimoa quello del fantasticare nel senso usuale del termine, cio del-limmergersi in un mondo di eventi nel quale confluiscono fram-menti del reale, e quindi della memoria, dellesperienza vissuta,che vengono tuttavia organizzati secondo nuovi nessi e raccoltisecondo nuove reti di significato.

    Limmaginazione si appoggia qui a cose, a eventi, ad espe-rienze vissute. Si appoggia al passato. Si trova in rapporti pi o

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    meno occulti con il desiderio. Loggetto immaginario in realtassai prossimo, nella struttura fenomenologico, alloggetto deldesiderio.

    gi indicativo dellesistenza di un problema il fatto cheuna espressione come oggetto immaginario possa apparire in-vece tendenzialmente enigmatica in rapporto alla musica. Im-maginare nel linguaggio corrente richiede un complemento og-getto. Immaginare immaginare qualcosa. E si pu con qualcheragione sostenere che nellascolto, limmaginare qualcosa siacontrario alle convenienze, se non addirittura una manifestazio-ne di grossolanit e di mancanza di raffinatezza.

    Si pu essere certi che in rapporto alla musica si possa di-re, e soprattutto lo si possa con la stessa ovviet, che limma-ginazione si appoggia ad eventi e ad esperienze vissute? Dove

    cercare, nella musica, la memoria, dove il desiderio?Di contro siamo subito messi di fronte alla composizione

    come costruzione secondo regole in qualche modo simili a re-gole grammaticali. Questo probabilmente un altro dei motiviche tendono a porre in secondo piano il momento dellimma-ginario musicale. Il punto importante che vi siano delle regole,e che lopera sorga dalla loro applicazione. Tutto il resto appar-terrebbe alla psicologia della creazione o della fruizione.

    Vi qui indubbiamente una tentazione particolarmenteforte ad emarginare il problema dellimmaginario musicale, a ri-tenerlo irrilevante nella riflessione filosofica ed estetica. Questa

    tentazione pu approfittare di modi erronei di concepire lanalisimusicale oppure di malintesi e fraintendimenti legati agli svi-luppi dellinformatica musicale.

    Lanalisi della tecnica compositiva di un brano musicaledovrebbe forse essere concepita soprattutto come un momentointerno di un percorso che comincia con la musica e termina nel-la musica, cio come una dissoluzione analitica considerata stret-tamente in funzione di una nuova sintesi interpretativa, in fun-zione dunque di una possibile esecuzione. Essa viene invece ta-lora intesa come un puro e semplice smontaggio che avrebbe ilsolo scopo conoscitivo di sapere come il pezzo fatto, proiet-

    tando sul brano musicale limmagine di un congegno di cui deb-bono essere messi allo scoperto molle, viti e ruote dentate.

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    Daltro canto la ricerca informatica dellalgoritmo gene-ratore di uno stile fa pensare allopera come un teorema allin-terno di un sistema deduttivo. Si allora tentati dallanalogia tra

    un brano musicale e ci che i logici chiamano una formula benformata e non vi bisogno di immaginazione per realizzareuna simile formula. vero che una formula ben formata solouna condizione del significato, e quindi occorre che ad essa siaggiunga qualcosa affinch essa arrivi a livello significante.Tuttavia anche losservare che la semplice applicazione delle re-gole non basta, che deve esserci appunto la scintilla dellimma-ginario per far passare il prodotto di scuola allopera autentica,rappresenta una considerazione superficialmente giusta, ma trop-po debole e per molti versi insoddisfacente. In essa viene man-tenuta lopposizione tra le regole e limmaginazione, e questul-

    tima viene nuovamente messa ai margini come quel certo non soche di fondamentale importanza, di cui comunque non vale lapena di parlare.

    Lidea che vi sia una simile opposizione sembra del restofar parte della stessa essenza teorica del problema. La facoltimmaginativa non si esplica forse nella violazione della regolapiuttosto che nella sua osservanza, non si parla forse della libertdella fantasia che sfugge in via di principio ad ogni controllo?

    Rammentare questo punto sembra avere un particolare si-gnificato in rapporto alla musica novecentesca nel suo insieme.Si potrebbe sostenere che nella musica novecentesca, lidea

    della grammaticalit della musica si sia fortemente allentata, eche questo allentamento comporti una liberazione dellimma-ginario musicale. Ma questa espressione resta ancora, nella suagenericit, priva di unautentica giustificazione teorica, il suo si-gnificato resta, ad un tempo, ovvio e poco chiaro.

    2.Extratemporalit dellimmaginazione musicale

    Naturalmente limmaginazione entra a pieno diritto nellambitodelle questioni attinenti alla teoria ed alla filosofia della musica,non solo come riconoscimento generico della necessit di unin-

    effabile scintilla creativa, ma come un problema che mette inquestione la stessa capacit espressiva della musica.

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    Per rendere realmente chiaro questo punto, necessariotuttavia poter contare su alcune determinazioni generali, pren-dendo le mosse dalla distinzione fondamentale tra limmagina-

    zione fantastica e limmaginazione che si potrebbe invecechiamare immaginosa: ovvero tra

    a) limmaginazione produttiva di figure, nel senso pro-

    priamente oggettuale del termine, dove la figura , ad esempio,il personaggio di un romanzo, lunicorno che compare nel rac-conto mitico o il paesaggio raffigurato in un dipinto;

    b) limmaginazione metaforizzante in generale le cui for-mazioni sono il risultato di unificazioni, di sintesi immaginati-ve, dunque ancora produttiva di figure, ma in un senso inte-

    ramente diverso.

    Alla base sia delloperare fantastico e che delloperare immagi-noso vi la funzione valorizzante dellimmaginazione, la capa-cit di operare la trasvalutazione di dati di fatto in valori imma-ginativi. La musica trae la propria capacit espressiva propriodal fatto che essa risale alle radici di questo processo: nella mu-sica non vi sono esplicitamente immagini n nel senso dellog-getto fantastico n in quello della metafora esplicitamente for-mulata: e tuttavia gi nel primo approccio al materiale sonorocon intenti diretti allopera musicale, diventa subito attiva pro-

    prio questa funzione valorizzante che ha come primo risultatoquello di rendere ambiguo lo statuto ontologico del materiale,che diventa fondamento instabile di un processo immaginativogerminale.

    Questa funzione agisce naturalmente anche, ed anzitutto,al di fuori di un contesto propriamente musicale.

    Il verso del gufo cessa di essere un puro fatto della notte,il verso di un animale appollaiato da qualche parte nel giardino,e comincia ad appartenere al campo dei valori della notte, tin-gendosi di coloriture emotive e di oscure inquietudini.

    Il bello naturale per usare questa vecchia terminologia

    trapassa nel bello artistico attraverso una differenza che cipu apparire talora quasi insensibile, talaltra particolarmente

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    profonda. Quasi insensibile, perch lesperienza percettiva in sestessa, considerata in modo del tutto indipendente da una pro-gettualit artistica, non affatto priva di componenti immagina-

    tive; ma anche particolarmente profonda perch il valore imma-ginativo come pura componente di unesperienza vissuta e ilvalore immaginativo integrato in un progetto espressivo sonocose interamente diverse.

    Queste considerazioni tuttavia non debbono far pensare adunattenzione unilaterale puntata in direzione semantica, ed inparticolare in direzione del simbolismo. E nemmeno debbonoessere interpretate come se intendessero confermare lopposizio-ne tra il campo dazione dellimmaginario e quello delle regole,opposizione che tende a imporsi, come abbiamo mostrato, se-condo vie e angolazioni diverse. Al contrario deve essere svolta

    una critica vivace verso una simile opposizione che a ben vedereripropone vecchi schemi filosofici: in particolare, lo schema op-positivo intuizione/intelletto, dove la parola intuizione assume ilcarattere di un vago richiamo ad una genialit inafferrabile nelsuo operare e lintelletto riceve una connotazione tendenzial-mente negativa, richiamando lidea di un categorizzare astrattoestraneo allarte, lontano dal vissuto.

    In realt, una simile opposizione non in grado di inse-gnarci nulla, persino la terminologia fuorviante.

    La musica sta presso il materiale percettivo, questo certa-mente il concreto su cui poggia lesperienza musicale. Ma una

    simile affermazione sarebbe fuorviante se non notassimo che al-trettanto giustamente potremmo dire che questa esperienza ha lesue radici nella soggettivit creativa, che vive nella pienezza deisuoi vissuti, che sono emotivi e intellettuali insieme. La soggetti-vit creativa una soggettivit pensante. Ci significa che essa hamolti pensieri, che ha delle opinioni e con queste opinioni simisura continuamente con la realt. Limmaginazione non simetterebbe nemmeno in moto senza questo sfondo di pensieri,solo su questo sfondo pu prendere forma un progetto espressivo.Questo progetto peraltro non assume affatto fin dallinizio il ca-rattere di unelaborazione del materiale che abbia di mira la tra-

    duzione e la manifestazione di questi pensieri, o che sia addirittu-ra esplicitamente guidata dallintento di rappresentarli.

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    Al contrario il progetto espressivo comincia a realizzarsicome una riflessione sulle regole, sulle tecniche, come una spe-rimentazione di modi possibili di organizzazione del materiale:

    con una riflessione sulle strutture.Di fatto il problema delle regole assai poco una questio-

    ne meramente intellettuale. Una discussione intorno ad esseriguarda infatti necessariamente le forme strutturali del materialesonoro, le tecniche della sua messa in forma e delle sue trasfor-mazioni possibili.

    Naturalmente le regole possono essere ereditate da unatradizione ed essere riunite nellunit di un linguaggio; oppurequesta unit linguistica pu essere diventata un problema: sitratta di due situazioni molto diverse, ma la sostanza della que-stione non muta. Infatti non sembra affatto corretto riportare ri-

    portare lidea della regola unicamente allesistenza di una unitlinguistica riconosciuta vincolando la regola alla convenzione inuna forma che pu essere fuorviante.

    Certamente il parlare di regole fa pensare anzitutto allaconvenzione, al fatto che esse esistono in quanto vengono osser-vate e dunque in quanto vi il rimando ad una unit intesa comelingua comune. Inoltre la regola, proprio in quanto semplice-mente convenuta, pu apparire come qualcosa che viene im-posto dal di fuori, e che contiene perci i rischi di unappli-cazione astratta, dello schema gi predisposto che va semplice-mente memorizzato e applicato nei luoghi previsti. Tuttavia non

    bisogna dimenticare che il problema delle regole si pone nonappena abbiamo a che fare con una Gestalt percettiva e fatuttuno con la creazione dellopera intesa come Gestaltung cio come una plasmazione concreta del materiale, come suoordinamento e organizzazione interna. Per questo motivo vi uncerto margine di equivoco quando si afferma che limmagina-zione musicale si esplica pi nellinfrazione della regola chenella sua osservanza. Questa affermazione riceve un significatoovvio solo se si ha di mira lo stereotipo linguistico, il paradig-ma scolasticamente iterato, appunto, senza immaginazione.

    Dal punto di vista teorico importante invece notare come

    le latenze immaginative che si manifestano nel brano musicale eche fanno parte della sua pregnanza di significato affiorino at-

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    traverso lazione del rapporti relazionali interni, quindi attraver-so tensioni create attraverso il gioco sintattico-combinatorio: ilquale non per nulla astratto proprio per il fatto che in gra-

    do di generare queste tensioni. Linerenza reciproca di connes-sioni strutturali e valenze simbolico-immaginative rappresenta

    la forza e il mistero dellespressione musicale. Il brano musicalepu cos presentarsi come un sentiero ben delineato perchben definito certamente il percorso sonoro, e chiaramenteidentificabili gli eventi sonori che accadono in esso, le differen-ze timbriche e dinamiche, i rapporti di affinit e di contrasto,tutto ci che costituisce la dimensione percettiva del brano stes-so; e tuttavia questo sentiero, che noi nellascolto andiamo per-correndo, attraversa un paesaggio che trae il suo fascinodallindeterminatezza e dalla mobilit, dallincertezza dei suoi

    confini, da bagliori inattesi e da improvvise oscurit, dal mo-strarsi e dal celarsi di possibili direzioni di senso.

    Questo paesaggio appartiene allimmaginario musicale,esso un risultato, una proiezione dellimmaginazione musicale.

    Occorre dunque prendere atto di una situazione partico-larmente complessa.

    Le operazioni immaginative hanno una doppia originenella percezione e nel pensiero e il reale stesso dunque illoro presupposto. Con reale intendo il mondo umano, il mondostorico-sociale, il mondo circostante culturale nel quale lartista immerso, dal quale egli attinge forme e modi di espressione

    che si presentano intanto come dati, come premesse da cui pren-dere le mosse: quel mondo che intriso nei suoi vissuti, checondiziona i suoi pensieri e le sue opinioni, ma che rappresentaanche il tema di giudizi e di valutazioni, di scelte e prese di po-sizioni. E al reale appartiene naturalmente anche luniverso deglioggetti sonori, essi sono pezzi del mondo, come gli alberi, glianimali, i fiumi e le montagne.

    Tuttavia limmaginazione agisce come uno strappo ri-spetto alla realt, come un balzo al di fuori del cerchio del reale,che si manifesta tanto nella fantasticheria in senso comune chenellesercizio dellimmaginazione in direzione della produzione

    artistica. Questa azione caratterizza larte in genere, anzi essa sirealizza ovunque limmaginazione sia in opera, nel gioco, nella

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    festa, nel mito, nella religione, nel rito; ed anche nel campo mu-sicale essa si fa sentire in tutta la sua energia. Le esperienze vis-sute dellautore o dello spettatore debbono passare sullo sfondo,

    e cos i suoni debbono essere estratti dai contesti causali obbiet-tivi per essere integrati in un altro scenario: il silenzio stesso cheprecede lesecuzione fa ad esso da sipario che lo dischiude. Laconsiderazione cos spesso ripetuto secondo la quale la musicaha una temporalit propria trae uno dei propri sensi importantiproprio dal fatto che quel silenzio come il cera una voltadelle fiabe che, prospettando il racconto in un passato immemo-rabile, spezza la catena del tempo e dispone il racconto in untempo chiuso, fuori della temporalit obbiettiva. Nella musica lacatena del tempo spezzata anzitutto per il fatto che il brano si

    sviluppa in un presente puramente decorrente che a sua volta,chiuso, e che dunque privo di un passato vero e proprio e di unfuturo autentico dunque in una sorta di presente assoluto incu-neato nel presente reale con il quale essenzialmente privo dirapporti. Questa peculiarit del tempo musicale che talvolta stata sopravvalutata in senso metafisico pretendendo che in essasi effettui il passaggio dalla dimensione superficiale e mera-mente psicologica alla dimensione metafisico-ontologica dellatemporalit, deve essere restituita ad una corretta interpretazionefenomenologica riscoprendo anzitutto il legame che attraverso diessa si istituisce con limmaginario.

    Tutto ci si riflette naturalmente sulla modalit della-scolto. Come ascoltatori dobbiamo infatti poter tagliare i fili del-la storicit, dobbiamo inoltrarci sui sentieri della musica con lacoscienza implicita di questa peculiare extratemporalit, di que-sto tempo-fuori-dal-tempo che le appartiene in quanto produzio-ne espressiva. Solo a questa condizione potranno liberamente a-gire le tensioni immaginative, i paesaggi immaginari che il bra-no musicale espone.

    Ma naturalmente il mondo sempre l; il reale che statoposto a distanza e superato in una dimensione interamente diver-sa pu talvolta diventare improvvisamente vicino, pu irrompere

    sulla scena dellimmaginario e non in modo ovvio, come unrumore estraneo, che reca disturbo, ma in modo tale da interve-

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    dovrebbero farsi valere punti di vista strettamente relativizzatiallesperienza musicale presa di volta in volta in considerazione.

    Con ci ci si rimetterebbe tutta la ricchezza dei problemi

    che scaturisce dalla possibilit di scorgere connessioni fra pro-blemi nella diversit delle soluzioni, e quindi di rendere real-mente conto e di trarre profitto, intanto sul piano teorico, e forseanche su quello creativo, proprio da questa diversit. Occorresottolineare con particolare decisione che il puro e semplice ri-conoscimento della molteplicit non comporta per nulla linte-resse verso il molteplice: al contrario, quanto pi si sottolineanodifferenze da cui non possiamo essere toccati perch manca ilterreno comune necessario per un incontro, tanto pi apparequesto un modo di sancire il disinteresse verso di esso, creandoun terreno propizio per la riproposta di schemi pregiudiziali di

    valutazione.Da questo punto di vista rappresenta un motivo su cui ri-

    flettere il fatto che lesperienza musicale novecentesca, sia stataspesso considerata allinterno di schematismi fortemente ridutti-vi al punto che rappresenta un compito ancora attuale il ripen-sarla al di fuori di essi per rimettere in luce potenzialit emargi-nate da visioni unilaterali. Peraltro, proprio negli interessi di unaelaborazione teorico-filosofica di grande respiro, non basta n ilriferimento al presente, n in generale il riferimento alla tradi-zione musicale europea, ma occorre far valere un punto di vistainterstorico, cio un punto di vista che sappia passare attraverso

    le diverse tradizioni storiche per attingere ovunque stimoli peruna rinnovata riflessione di principio.Detto in breve e con un esempio: dovremmo poter entrare

    in contatto con trattati sanscriti scritti dieci o venti secoli fa, do-vremmo poterci sentire contemporanei a quei trattati, cercare dicapire che cosa era per essi la musica, perch questo ci che lamusica anche ed ancora .

    4. Adornismo e storicismo

    Se a partire da queste considerazioni volgiamo lo sguardo ad

    Adorno, che abbiamo rammentato di sfuggita allinizio come unpunto di vista a lungo dominante, appena il caso di dire quanto

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    poco riusciamo a trovare esigenze come queste non dico soddi-sfatte, ma semplicemente poste. Forse esse sono anzi, per ragio-ni di principio, implicitamente negate.

    La filosofia della musica di Adorno ha sempre voluto es-sere una filosofia della musica moderna (nuova), e se tentassimodi considerare la sua produzione sotto il profilo di una filosofiadella musica sic et simpliciterresteremo forse sorpresi di frontealla scarsit del materiale che potremmo trarre da essa. La veri-t, solo apparentemente paradossale, che in Adorno c unafilosofia della musica moderna senza che ci sia una filosofiadella musica.

    Si tratta di un paradosso solo apparente per il fatto cheAdorno non ha di mira una riflessione filosofica sulla musicasviluppata in stretta prossimit con la sua teoria. Il progetto

    complessivo di Adorno, in rapporto alla problematica musicale,resta legato allassillo di fornire una chiave filosofica per unavicenda culturale di particolare importanza nella storia della mu-sica novecentesca.

    Questa chiave, come si sa, una chiave tutta giocata neitermini di una sociologia filosofica. Vorrei che a tutte queste pa-role fosse dato il loro giusto peso. importante infatti che siparli di una chiave, cos come il fatto che si sottolinei il riferi-mento ad una sociologia filosofica. Parlare di sociologia filoso-fica in riferimento ad Adorno significa essenzialmente parlare diuna sociologia dedotta da una filosofia della storia.

    Di conseguenza la sua indagine indubbiamente uninda-gine rivolta al significato, ma questo significato si trova tuttogi scritto in quella filosofia della storia, con la sua necessariaunilateralit, con i suoi vincoli, le sue limitazioni e restrizioni.Del resto, almeno in larga parte, proprio a questa circostanza dovuta la fortuna che Adorno ha avuto in Italia: limpianto he-geliano di Adorno conferiva infatti ai suoi discorsi un che di fa-miliare ad una cultura immersa da sempre in tematiche storici-stiche. Io penso che Adorno possa essere considerato, per quantoriguarda lambito della cultura italiana, un episodio interno aglisviluppi dello storicismo.

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    5. La maschera metaforica

    Su questo sfondo assume un diverso risalto il nostro elogio

    dellimmaginazione musicale. Nelle considerazioni precedenti ci sembrato importante avanzare un problema di senso del-lespressione musicale mettendo laccento sugli elementi tecni-co-costruttivi dellopera: limmaginazione gioisce delle tecni-che, limmaginare nella musica un immaginare attraverso lepossibilit compositive dei suoni, e dunque un immaginare at-traverso le tecniche, attraverso la struttura.

    Abbiamo tuttavia anche attirato lattenzione sul fatto che,senza incorrere in alcuna incoerenza, il compositore pu essereprospettato anche come un sognatore di suoni la composi-zione stessa come una revrie, per usare un termine caro a

    Bachelard, e la dimensione dellascolto come unadesione aquesta revrie, una dimensione a cui si accede aprendosi a di-namismi immaginativi latenti, ad un mondo che non ha formadi mondo, in cui non vi sono n cose n fatti, ma direzioni disenso e di valore.

    Abbiamo dunque operato una connessione tra problemadel senso e problema delle funzioni immaginative, e cos facen-do abbiamo difeso la necessit di un approccio al problema delsenso che tenesse la presa sulla superficie fenomenologica e suinessi effettivamente proposti dalla costruzione musicale. Laf-ferramento di quelli che potremmo chiamare vettori immagina-

    tivi interni dellopera rappresenta il primo passo un passo chepu essere effettuato ovviamente solo se la loro esistenza vieneanzitutto riconosciuta.

    Ma solo il primo passo. Vi sono infatti i contesti in cui silocalizza il progetto compositivo nel suo insieme, contesti chenon sono semplicemente leggibili in quella superficie fenome-nologica. E la comprensione di questi contesti di fondamentaleimportanza per penetrare nella complessit degli strati di sensodi cui lopera costituita.

    Potremmo dire che una fenomenologia dellespressionenon pu fare a meno di una dialettica dellespressione ma iltermine di dialettica deve essere allora liberato da ogni ri-

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    chiamo al piano di una filosofia della storia e indicare invece es-senzialmente la dinamica dei rapporti tra immaginazione e real-t. Questi rapporti non sono definiti una volta per tutte nelle loro

    modalit; e nemmeno definito una volta per tutte il grado diprossimit o di distanza dal mondo che sta allorizzonte.

    Una via assai diversa quella di misconoscere la presenzadi componenti espressive interne fondate sulle valorizzazioniimmaginative e di concepire la funzione immaginativa come unapura capacit di produrre maschere metaforiche: alla funzioneprimaria della valorizzazione, come operazione che sta alla radi-ce delle immagini, delle figure nel duplice senso in cui ne ab-biamo parlato in precedenza, si sostituisce una funzione di meratrasposizione e rappresentazione sul piano musicale di significatigiacenti interamente altrove.

    In Adorno ci si imbatte di continuo in valutazioni che par-tono da questo presupposto implicito, e questo tanto pi per ilfatto che si tenta di evitare lobiezione di riduzionismo e siteorizza una sorta di significato sociale interno che investe ancheed in primo luogo gli aspetti formali dellopera.

    Vorrei sottolineare che dal nostro punto di vista si tendera dare un peso allanalisi strutturale del brano proprio perch sirichiede che lattenzione venga portata anzitutto alla Gestaltpercettiva, e dunque alle regole di cui essa il risultato. Nellostesso tempo si sostiene che questa analisi deve estendersi ne-cessariamente al di l del piano fenomenologico strettamente

    inteso proprio per il fatto che mentre lopera musicale come talesegue un tracciato ben delimitato, non invece delimitato ilcampo dei significati possibili che quel tracciato attraversa. Que-sto campo reca naturalmente in s i segni della storicit, in varieforme che di volta in volta debbono essere accertate e ricono-sciute.

    In Adorno invece il riferimento alla storicit, e quindilambito del significato, esclusivamente determinato da unateleologia filosofico-storica, e tende necessariamente ad una fis-sazione ed a una determinazione univoca. Di conseguenza glielementi strutturali, le regole di articolazione e di organizzazio-

    ne interna debbono essere considerate come una faccenda me-ramente tecnica, finch non arriva lilluminazione filosofica che

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    propone la maschera metaforica e nello stesso tempo la toglieriportandola al suo preteso significato reale come significato so-ciale. Questa illuminazione ha il carattere di una chiave, ignota

    anzitutto allautore (le cui idee, i cui progetti, le cui opinionidebbono, come si sa, essere del tutto messe da parte come irrile-vanti), ignota allascoltatore, per lo pi considerato come irretitonelle maglie della societ amministrata; ed nota soltanto alcritico della cultura che la rivela ed al quale si deve supporresia stata rivelata dallo spirito del tempo, e dunque dallo spiritoassoluto che compie il suo cammino. Non si pu non notare, te-nendo conto degli stessi termini che sto ora utilizzando, che nonsolo la posizione di Adorno appartiene ad unaltra epoca, ma chesi avverte come antiquata persino la polemica nei suoi confronti.

    Come esempio di ci che intendo dire parlando di chia-

    ve mi limiter a citare linterpretazione adorniana della ripresanella forma-sonata in Beethoven che sarebbe nullaltro che unatrasposizione musicale, e quindi una maschera metaforica, delgesto di rinuncia al compimento della rivoluzione borghese, unvero e proprio riflesso di una volont di conservazione di ordineideologico sociale [1] .

    In ogni caso lidea che il paesaggio immaginario sia esat-tamente ci che va tolto dalla superficie della musica per co-glierne il senso effettivo corrisponde ad una tentazione ben pre-sente nello storicismo in genere essa non riguarda dunque soloAdorno. Ed in realt essa penetra anche ampiamente allinterno

    dellarea della semiologia e dellermeneutica.

    6.Citazioni ed esempi che mostrano le ragioni della necessi-t di un elogio

    Mi sia consentito un ultimo riferimento in proposito. Vi unpunto, nel saggio di NietzscheIl caso Wagner(1888) [2] in cuiegli attacca il contenuto mitico del dramma musicale wagneria-no come una pura scorza [3] , dentro la quale non troviamoaltro che la sfera reale, moderna anzi la sfera borghese, edassimila i personaggi femminili wagneriani a Madame Bovary.

    Ora, per il critico storicista questo passo rappresenta una formi-dabile intuizione interpretativa, bench essa debba essere mutata

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    di segno. Questa circostanza ha infatti per Nietzsche un sensonegativo e rappresenta per lui il crollo di una grande illusione, e dunque una simile osservazione guidata da unintenzione de-

    nigratoria e di pesante derisione: per il critico storicista - e nonparlo di uno qualunque, tutte le citazioni che seguono sono tratteda Massimo Mila [4] - essa corrisponde invece alla pura verit,ed anzi la grandezza di Wagner sta proprio nel fatto che il mito in Wagner metafora e rivestimento della realt [5] , una pura esemplice scorza dentro la quale si pu scorgere un robusto rea-lismo [6] . Motivo di apprezzamento allora il fatto che, adesempio, Fricka cito letteralmente, lo confesso, con un certodisagio, con un imbarazzo crescente non altro che un co-munissimo esemplare di moglie gelosa, Brunilde una ragazzagenerosa che sui banchi delluniversit avrebbe certamente fatto

    il 68, Sigfrido un giovane eroe pieno di entusiasmo che partecon tante illusioni alla conquista del mondo (...) e ci si rompe leossa, Wotan un cinquantenne deluso, un marito stufo, uno cheha sognato di combattere le belle battaglie e poi invece si ac-conciato a tutti i compromessi per far carriera [7].

    Che cosa importa a me, esclama ad un certo punto Mila,dei Nibelunghi e dei Ghibicunghi? Egli risponde con una solaparola: Niente [8] . Risposta che ha da un lato un vago saporelapalissiano perch sarebbe certamente la risposta delluomodella strada se lo interrogassimo cos: Ti importa forse qualco-sa dei Nibelunghi e dei Ghibicunghi?; dallaltro, a me sembra

    quasi sinistra formulata da un cultore di cose dellarte.Lo stesso critico cita con favore la regia dellAnello realiz-zata da Chreau a Bayreuth, con la direzione di Boulez, nel 1976[9]. Ad essa il semiologo Jean-Jacques Nattiez ha dedicato unintero libro [10], nel quale, sia detto ai margini, presente anchelintenzione di un incontro tra semiologia ed ermeneutica [11] .Naturalmente non qui il caso di entrare nel merito della que-stione anche perch questi riferimenti wagneriani sono daparte mia del tutto occasionali, ed hanno una pura funzione illu-strativa rispetto ai problemi di ordine generale che abbiamo toc-cato in precedenza. La regia di Chreau va certamente conside-

    rata, almeno in parte, uno dei tanti episodi di sociologizzazionenellambito del teatro musicale che sono stati sono stati la norma

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    pi che leccezione in questi ultima trentina danni episodi chepossono essere considerati come una possibile concretizzazionedi una tendenza teorica in rapporto alla quale certamente

    dobbligo richiamare il nome di Adorno.In questo caso Chreau lesse Adorno su sollecitazione di

    Boulez, ed alcuni tratti vistosamente adorniani sono rimasti nellasua regia [12] .

    Il punto che ci interessa notare tuttavia che loperazioneinterpretativa condotta parte dallassunto tacito (e forse nemme-no troppo) che il senso possa essere dato soltanto in due modi: oattraverso la riduzione al presente storico del compositore o at-traverso la riduzione al presente storico dellascoltatore; even-tualmente attraverso luna e laltra insieme, come fa del restoChreau con ambientazioni che richiamano sia il Novecento che il

    primo Ottocento [13].Lessenziale togliere di mezzo lextratem-poralit immaginativa reinchiodando saldamente le operazioni

    immaginative al terreno della determinatezza storica.

    Dobbiamo essere grati a Chreau di aver formulato conmolta chiarezza questo punto. Egli dice una volta: Io ho sempredetto di non comprendere la parola Zeitlosigkeit(atemporalit).Ogni mitologia una mitologia di una epoca precisa [14].

    Era proprio il caso, io credo, di tentare una difesa dei di-ritti dellimmaginazione: per una riapertura di una riflessione atutto campo sullestetica e la teoria della musica.

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    Note:

    [1] Su questo punto si vedano le osservazioni di AntonioSerravezza, Musica, filosofia e societ in Adorno, Dedalo, Bari1976, pp. 34-36. Si fa qui riferimento allultimo capitolo dellIn-troduzione alla sociologia della musica di Adorno, trad. it., Einau-di, Torino 1971, pp. 250-252.

    [2] F. Nietzsche,Il caso Wagner, Mondadori, 1975.[3] ivi, p. 24.[4] M. Mila, Tra Wagner e Nietzsche , Quaderni di M/R,

    4. Si tratta di un intervento ad un Convegno su Wagner eNietzsche, tenuto a Torino nel 1983.

    [5] ivi, p. 31.[6] ivi, p. 27.

    [7] ivi, p. 25.[8] ivi, p. 25. A dir tutta la verit egli dice non a me, ma

    a noi.[9] Quando ci si accorge del realismo profondo che sotto

    il velame del mito fa dellAnello del Nibelungo, una storiaideale ed eterna delluomo, allora non pi possibile privarsi diquesto specchio della nostra vita, e perfino la pazza messa inscena di Chreau a Bayreuth, in ambienti moderni, con Fricka inabito da sera e il commendator Wotan simile a un autorevolecinquantenne in caccia davventure, non ci sembra poi tanto dis-sennata (pp. 25-26). Cosicch sarebbe proprio il piattume che

    qui Mila chiama realismo profondo che renderebbe giustiziadellaspetto universalmente umano del dramma wagneriano,aspetto che il mito notoriamente cela!

    [10] Ttralogies. Wagner, Boulez, Chreau. Essai surlinfidelit. Paris, Christian Bourgois Editeur, 1983.

    [11] Non sorprender dunque che siano in questione,dallinizio alla fine dellopera, la semiologia e nella conclusionei rapporti tra semiologia ed ermeneutica ivi, p. 12.

    [12] cfr. ivi, pp. 76-78.[13] Lambientazione riguarda il primo ottocento e il sor-

    gere della societ industriale; e vi sono allusioni al novecento, a

    New York ecc. Commenta Nattiez che Chreau reintroducesulla scena il mondo industriale del 1848 per far comprendere

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    che il mito del Nibelungo raccontato in questa data concerne an-che quellepoca ma cos facendo dice anche allo spettatore del1976: Vedete che io non mi lascio gabbare da ci che Wagner

    raccontava nel 1848 (cfr. ivi, p. 79).[14] La dichiarazione, citata da Nattiez a p. 79, conte-

    nuta in unintervista a Boulez ed a Chreau realizzata da CarloSchmid sotto il titolo Mithologie et Ideologie, pubblicata nelprogramma Rheingold 1977 del festival di Bayreuth.