Periodico - Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni ... · lo al di là della cerchia ristretta...

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Periodico - Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUA SAVOIA (TO) - Telef.: 0161/839335; Fax: 0161/839334 - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don Francesco Ricossa - Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino Anno IX - Semestre I n. 2 - Giugno - Luglio 1993 N. 34

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Periodico - Organo Ufficiale dell’Istituto Mater Boni Consilii - Loc. Carbignano, 36. 10020 VERRUASAVOIA (TO) - Telef.: 0161/839335; Fax: 0161/839334 - C/CP 24681108 - Dir. Resp.: don FrancescoRicossa - Spedizione abb. post. Gr. IV (70) - Aut. Trib. di Ivrea n. 116 del 24-2-84 - Stampa: TECA - Torino

Anno IX - Semestre I n. 2 - Giugno - Luglio 1993 N. 34

EditorialeQuesto Natale “Sodalitium” compirà die-

ci anni. Ogni anniversario è un’occasione diriflessione. Il piccolo bollettino di otto pagi-ne che iniziò allora la sua avventura è certa-mente cambiato; i suoi redattori, che pur es-sendo “tradizionalisti” ricercano il vero pro-gresso, pensano e si augurano che il cambia-mento sia stato in meglio! Ma cosa ne pense-ranno i lettori?

Ed innanzitutto, chi sono i nostri lettori?La domanda non ci lascia indifferenti. I colla-boratori di “Sodalitum” sono tutti sacerdoti.Hanno come aspirazione, pertanto, quella diSan Giovanni Bosco: “da mihi animas, cœteratolle: dammi, Signore, le anime e prendi puretutto il resto”. Ognuno di Voi, anche se maga-ri fisicamente sconosciuto, è per noi un’animache è costata il Sangue prezioso del Salvatore.Un’anima della quale il Signore chiederà con-to anche a noi. Nelle nostre intenzioni,“Sodalitium” è pertanto un modo di conti-nuare il nostro lavoro apostolico, estendendo-lo al di là della cerchia ristretta dei fedeli checi conoscono e per i quali inizialmente venivasoprattutto scritta la nostra rivista.

Da questo punto di vista, possiamo esse-re umanamente soddisfatti. Il numero deilettori aumenta e con esso l’interesse per letematiche che ci sono care, e questo ancheda parte di persone che non condividonocertamente tutte le nostre posizioni.

È proprio a questo tipo di lettori che si ri-volge questo editoriale. Si tratta, a volte, dipersone vicine alle posizioni di Mons.Lefebvre (o addirittura sacerdoti della suaFraternità). Molti di essi, hanno l’occasionedi scoprire una voce diversa nel mondo della

tradizione cattolica. Li invitiamo a saper an-dare oltre le questioni personali per cercaresinceramente, guidati dalla fede e dalla rettaragione (fondata sul principio di non con-traddizione), i motivi che giustificano il no-stro agire e senza i quali il nostro comunecomportamento sarebbe illecito davanti aDio ed alla Chiesa. In altri casi, ci leggonotanti che pensavano che la religione, o perlo-meno la religione Cattolica, non avesse piùnulla da dir loro, e scoprono, grazie alla no-stra rivista, che essi conoscevano fino ad orasolamente una caricatura del cattolicesimo.Un cattolicesimo che in realtà non conosco-no perché non gli è stato adeguatamente tra-mandato, ma che sovente non è preso neppu-re in considerazione perché si crede di cono-scerlo conoscendone le odierne falsificazioni.La scoperta che spesso i loro nemici sono an-che i nostri nemici, li porta dapprima alla cu-riosità, domani, forse, a qualche cosa di più.

Ma la nostra preoccupazione riguardaspecialmente quei lettori, tra i quali molti sa-cerdoti, che vogliono, come noi, servire laChiesa Cattolica ma che accettano, in buonafede, il Concilio Vaticano II. Preoccupa-zione, perché i nostri intendimenti potrebbe-ro essere fraintesi. Il nostro bollettino po-trebbe essere confuso, piccolo affluente diun vasto mare, con tanta stampa di tutti i ge-neri che inquina le menti ed i cuori ai giorninostri attaccando, ora subdolamente, ora a-pertamente, la Chiesa, la sua autorità, il suomagistero… Non abbiamo nulla a che fare,non abbiamo mai avuto nulla a che fare enon vogliamo avere nulla a che fare con co-storo. Vogliamo essere integralmente cattoli-ci e fin d’ora sottomettiamo tutti i nostriscritti ed i nostri atti al giudizio infallibiledella legittima suprema Autorità della

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Sommario

In copertina: l'apoteosi di san Tommaso d'Aquino, del pittore spagnolo Zurbarán (Siviglia,Museo provinciale).

Editoriale pag. 2“Il Papa del Concilio” pag. 3Rapporti tra Giudaismo e Massoneria pag. 18Dossier sul “Caso Mancino” pag. 34Wojtyla “una cum” ... Blondel, i “vescovi” luterani, il liberalismo di Stato. pag. 39La Via Regale pag. 44Vita dell'Istituto pag. 45

Chiesa. Crediamo fermamente in queste pa-role divinamente rivelate a San Paolo: “Chisi oppone all’autorità, fa contro l’ordine diDio, e quelli che così resistono si tirerannoaddosso la condanna” (Romani, XIII, 2).Ora, la prima e la più alta autorità della ter-ra è certo quella del Papa. Se, pertanto, cipermettiamo di resistere a Giovanni Paolo IIè solo perché, alla luce della fede, sappiamoche egli non è l’Autorità.

Questa affermazione può essere scanda-losa per il lettore di cui parliamo, per il qua-le, invece, Giovanni Paolo II è, come recitala formula dell’incoronazione “il primo deiprincipi e dei re, il pontefice del mondo inte-ro ed il Vicario di Cristo in terra”.Chiediamo a questo lettore un attimo di pa-zienza. Ci consideri dei cattolici come lui,ugualmente disposti, come lui, a dare la vitaper la Chiesa e per il Papa, ugualmentepreoccupati per la disastrosa situazione delleanime persino nella cattolica Italia (il paesecon la minore natalità del mondo!) e nelladiocesi del Papa, Roma, ove i cattolici prati-canti (e credenti? E in grazia di Dio?) si ag-girano tra il 10% o il 15% della popolazione.È questa la “nuova Pentecoste” profetizzatada Giovanni XXIII indicendo il Concilio?Sono questi i frutti di tanto albero? Com’èpossibile che le più gravi deviazioni dottrina-li e morali possano essere tranquillamentesostenute senza che nessuno intervenga?

Recentemente è stato edito il libro postu-mo di Mons. Gamber sulla riforma liturgica:“La réforme liturgique en question”. L’auto-re vi sostiene che il “rito moderno” ha total-mente distrutto l’antico “rito romano”, e chela riforma liturgica voluta da Paolo VI nonha aggiornato ma ha soppresso tutti i riti ec-clesiastici tradizionali come mai era statofatto fino ad allora. E poi commenta: « Così,il celebre teologo Suarez (†1617), richiaman-dosi ad autori precedenti come Gaetano(†1534), pensa che il papa sarebbe scismati-co “se non volesse - com’è nel suo dovere -mantenere l’unità e il legame con l’interocorpo della Chiesa, per esempio se cercassedi scomunicare tutta la Chiesa o se volessemodificare tutti i riti confermati dalla tradi-zione apostolica” » (pag. 37).

Questo libro è stato pubblicato con laprefazione elogiativa di tre “cardinali”: SilvioOddi, Joseph Ratzinger, Alfons Stickler. Nonci importano, in questa sede, i motivi per cuilo hanno fatto, né se si rendono conto dellagravità di quanto affermato e provato in que-

sto libro. Diciamo solo ai lettori a cui ci rivol-giamo: è veramente così assurdo o scandalo-so porsi la domanda (tremenda) sulla legitti-mità di quanto è stato fatto dal Concilio inpoi, e di quanti ne sono responsabili?

L’esempio appena addotto è solo uno trai tanti. Leggerete in questo numero l’elogiofatto da Giovanni Paolo II, questo 19febbraio, all’opera del filosofo sottilmentemodernista Blondel. Nessuno stupore, dopol’elogio all’ancor peggiore Teilhard deChardin... A questo punto, le riflessioni chepropone “Sodalitium” sono, a nostro parere,degne di attenzione e meritevoli di una ri-sposta, fosse anche critica.

A tutti i nostri lettori, che ringraziamoper l’interesse col quale ci seguono, l’auguriodi proseguire con noi lo studio appassionatodi tutto quello che concerne la Chiesa ed ilsuo Divino Fondatore. E su tutti noi, lettorie redattori, scenda la Sua benedizione conquella della Sua Santa Madre: nos cumProle pia, benedicat Virgo Maria.

Dodicesima puntata: il “Papa buono” prepara il Concilio.

“IL PAPA DEL CONCILIO”di don Francesco Ricossa

“Io sono il capo” disse, con il suo linguag-gio bonario ed un po’ dissacratore, GiovanniXXIII al Prof. Jules Isaac, “io sono il capo, madevo anche consultare gli altri, far studiaredagli uffici i problemi sollevati. Qui non sia-mo in una monarchia assoluta” (1). Questabattuta di Roncalli, (una delle tante) non èforse molto conforme ai trattati di ecclesiolo-gia. In compenso, ci mostra sul vivo le diffi-coltà reali che Giovanni XXIII doveva affron-tare e superare per attuare la sua rivoluzione.Il caso che, quel 13 giugno 1960, gli sottopo-neva il Prof. Isaac era dei più scabrosi: scon-fessare il Vangelo per dare ragione agli Ebrei.Ne riparleremo in seguito. Ma fin dal princi-pio, fin dai primi giorni dopo il Conclave del1958, Angelo Giuseppe Roncalli sapeva che,pur essendo “il capo”, doveva tenere contodegli “altri”: la Curia romana in genere, laSegreteria di Stato, il Sant’Offizio... giù giù fi-no alle umili masse cattoliche che, imbevutedi controriforma e di tradizione, egli doveva

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mutare, aggiornare, senza che la sua arditamanovra cozzasse contro simili ostacoli e, mi-seramente, naufragasse.

Per questo, nella scorsa puntata, ho rias-sunto la “strategia” roncalliana: ottenere ilconsenso della Curia e del Sant’Offizio, dan-do loro una illusoria libertà d’azione; ottenereil consenso dei fedeli, creando il mito del “Pa-pa buono”; ottenere il consenso dell’episcopa-to, creando il mito (un altro!) dell’ispirazioneprofetica del Concilio. Se quest’ipotesi può es-sere sembrata azzardata a qualche lettore, la-sciatemi dare le prove di quanto ho scritto.

Breve storia del Sant’Offizio.

La storia del Sant’Offizio è racchiusa traqueste due date: 1542 e 1964, e si svolge nellasso di tempo che va dalla riforma luteranaa quella montiniana. Nacque contro Lutero,fu ucciso da Montini.

Per capire appieno l’importanza della sop-pressione del Sant’Offizio voluta dal Concilio,occorre tracciarne, brevemente, la storia.

La Curia romana, che assiste il Papa nelgoverno della Chiesa universale, è compostadalle Sacre Congregazioni. “Per lungo tem-po - spiega l’Annuario Pontificio - gli affaridella Chiesa universale furono trattati dallaCancelleria Apostolica. Ma il numero sem-pre maggiore e la complessità delle questionida esaminare fecero sentire la necessità dicreare commissioni particolari di Cardinaliper il conveniente disbrigo degli affari am-ministrativi. La prima di tali commissionicon carattere di stabilità fu la S. CongregatioInquisitionis, istituita dal S. P. Paolo III conla Costituzione Licet del 21 luglio 1542” (2).

Prima in ordine di tempo, la Congregazionedella Santa Romana e Universale Inqui-sizione (in seguito chiamata Suprema SacraCongregazione del Sant’Offizio) era ancheprima in ordine di dignità. Appunto per que-sto era chiamata “Suprema” e, da quando ilGrande Inquisitore fra’ Michele Ghisleri,Cardinale Alessandrino, ascese al Soglio diPietro col nome di (San) Pio V, il suoPrefetto non fu altri che il Papa stesso, anchese di fatto l’ufficio era disimpegnato da unCardinale che era detto Segretario.

Difendere il gregge dai lupi anche a co-sto della propria vita è, senza dubbio, unodei compiti inalienabili del Pastore (cf. Gv.X, 11-16). L’uso di mezzi coercitivi è, poi,una prerogativa di ogni “società perfetta”;quindi, anche della Chiesa (C.JC. can. 2214§1; cf. Denz. Sch. Index G 4b).

Fin dai tempi apostolici, pertanto, il Papaed i Vescovi hanno considerato la lotta con-tro l’eresia e la condanna e la repressionedegli eretici come uno dei compiti a lorocommessi da Cristo Signore. Nel XIII sec., lagravità della minaccia costituita dall’eresiacatara costrinse Innocenzo III ed i suoi suc-cessori (3) a creare un Tribunale “contro l’e-retica pravità” che coadiuvasse l’azione deiVescovi. Si tratta della cosiddetta “inquisi-zione medioevale” che i Papi affidarono so-vente agli Ordini mendicanti, francescano esoprattutto domenicano. Ma, al fervore delXIII sec., seguì il lungo sonno dell’esilio avi-gnonese, del grande scisma e del rinascimen-to, durante il quale il Nemico potè seminarela zizzania. La zizzania crebbe, e si mostròcol volto di Lutero.

Di fronte a questo nuovo pericolo per lasalvezza di tante anime, gli organismi prepo-sti alla difesa della Fede ed alla lotta control’eresia si dimostrarono subito inadeguati.Già la Spagna, nel 1478, (4) alle prese con lefinte conversioni dei giudei e dei musulmani,aveva avuto bisogno di una nuovaInquisizione, più centralizzata e dai più ampipoteri, accordata da Papa Sisto IV. DopoLutero, era Roma stessa e la Chiesa univer-sale che avevano bisogno di una nuovaInquisizione. Se ne resero conto due perso-naggi che normalmente non se la intendeva-no molto, Sant’Ignazio ed il Card. Carafa (fu-turo Papa Paolo IV), che ne domandaronoed ottennero l’istituzione dal Papa nel 1542.Anche a lei dobbiamo se furono risparmiateall’Italia, specie sotto la guida energica diPaolo IV e San Pio V, le guerre di religione

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La cerimonia di Incoronazione di Giovanni XXIII, il 4 novembre 1958

ed il protestantesimo. Arrestato il dilagaredell’eresia, seguì un periodo di calma relativae di conseguente abbassamento della guar-dia. L’Illuminismo, la nascita delle sétte mas-soniche, tutti i movimenti preparatori dellaGrande Rivoluzione, non trovarono un serioostacolo nel Sant’Offizio, che era stato sop-presso o ridotto ai minimi termini in tutte lemonarchie cattoliche da Re settari o malconsigliati. Saranno essi stessi travolti daquella rivoluzione che avevano preparato. LaRestaurazione non fece tesoro dell’esperien-za costata così cara ed il Sant’Offizio, privoormai di “braccio secolare”, sopravvisse solopiù nella società ecclesiastica (5).

Ai tempi di Giovanni XXIII competevanoal Sant’Offizio tutte le questioni riguardanti laFede ed i costumi (can. 247§1), alcune que-stioni matrimoniali (can. 247§2), i libri proibiti(il famoso Indice: can. 247§4) ed i delitti con-tro la Fede e l’unità della Chiesa (can. 247§2).

Ne era Prefetto, lo ricordo, il Papa stesso,e Segretario il Cardinale Giuseppe Pizzardo;pro-segretario il Cardinale AlfredoOttaviani, in seguito successore del Pizzardo(6). Roncalli non poteva ignorarli: Ottavianiera stato il suo “grande elettore” (6) ePizzardo era Segretario del Sant’Offizio,Prefetto della Sacra Congregazione deiSeminari e delle Università degli Studi, GranCancelliere della Pontificia UniversitàGregoriana...

Da qui la politica detta dei “binari paral-leli”: da un lato, ampia libertà d’azione alSant’Offizio; d’altro canto, Giovanni XXIIIavrebbe provveduto personalmente a disfarequanto i Cardinali avevano pazientementetessuto...

Giovanni XXIII ed il Sant’Offizio

“Il Sant’Offizio fa ciò che può per scova-re eresie nei miei scritti e nei miei progetti...ma per ora non vi è ancora riuscito!”.Battuta di Giovanni XXIII naturalmente,come ci assicura soddisfatto il CardinalSuenens (7). Battuta emblematica dei suoirapporti col Sant’Offizio e la Curia romanain genere, della quale non pensava niente dibuono, secondo la testimonianza, che ho giàriferito, di Mons. Cardinale.

I motivi di questa malcelata ostilità sononumerosi e convergenti, come abbiamo vistoassieme nelle puntate precedenti: l’indole delRoncalli, le sue idee liberali e modernizzanti,le sue esperienze giovanili. A questo proposi-

to invito i miei lettori a rileggere le prime trepuntate nei numeri 22-24 di “Sodalitium”.Giovane ed ambizioso sacerdote, donRoncalli visse appassionatamente quegli annidi lotta antimodernista voluta da San Pio X,lotta nella quale rimasero coinvolti il suoVescovo, di cui era fedele segretario, tantisuoi amici e lui stesso. I “salutari avvertimen-ti” che gli rivolse il Card. De Lai restaronobene impressi nella sua mente come un ricor-do fastidioso, irritante. Testimonia, al propo-sito, Mons. Lefebvre: « Mi ha ricevuto in u-dienza privata, nel momento in cui severa-mente criticato dai vescovi francesi e da uncerto numero di cardinali, per avere accorda-to il mio sostegno alla “Cité Catholique”(Dakar, 24 marzo 1959), essi mi avevano inqualche modo deferito al giudizio delSommo Pontefice. Ebbi così l’occasione dicomprendere il suo stato d’animo. GiovanniXXIII mi ha raccontato la storia della sua vi-ta per darmi una lezione, per dimostrarmiche non bisognava troppo manifestare senti-menti conservatori o, come disgraziatamenteera capitato a lui, fare dichiarazioni che pote-vano sembrare liberali. Ha affermato che ciòlo ha seguito per tutta la vita. Aveva acquisi-to questa certezza dopo l’elezione a SommoPontefice, prendendo conoscenza del suodossier. Per questo - mi ha detto - non erastato mai chiamato a Roma e si era sempretrovato allontanato dalla Curia, perché eragiudicato un liberale. “Allora fate attenzione,se volete far carriera - ha aggiunto - non af-fermatevi come tale in maniera troppo deci-sa”. Si potrebbe pensare che era stato moltocolpito di vedersi così attribuire una etichettadi liberale, di modernista... » (8).

Mons. Capovilla, segretario particolare diGiovanni XXIII, testimonia che quest’ultimoprovava “repulsione” per la politica antimo-dernista voluta da San Pio X (9). Questa testi-monianza concorda con quella del noto scrit-tore e giornalista Indro Montanelli, il qualeintervistò Giovanni XXIII per “Il Corrieredella Sera”. Racconta Montanelli, in un recen-te articolo commemorativo del trentennaledella morte di Roncalli: « Mi disse che (Mons.Radini Tedeschi) non amava punto la Curiaromana, tanto che una volta aveva incaricatolui, che a Roma non era mai stato, di portare ifrutti di non so quale sottoscrizione al PapaSarto (San Pio X, n.d.a.). “Il Papa Santo” ave-vo interrotto io. “Macchè Santo!”, scattò luicon stizza. Rimasi di stucco. Poi feci, sconside-ratamente: “Santo non l’ho fatto io, l’avete

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fatto voi”. Forse il Papa mi fu grato di quellabattuta da avanspettacolo che sdrammatizza-va di riflesso la sua. Si mise a ridere e, pic-chiandomi la mano sul braccio, ribatté: “Mano, si capisce ch’era Santo. Ma un Santo unpo’ anomalo perché era un uomo triste. ISanti non possono essere tristi: hanno Dio....”.Silvio Negro, che di Chiesa e di Curia sapevapiù dei Cardinali, mi spiegò in seguito il per-ché di quella antipatia. Papa Sarto era stato ilpiù fiero nemico dei “modernisti”, di cui ave-va addirittura scomunicato il più alto espo-nente, Buonaiuti; mentre Radini Tedeschi neera stato il protettore e ci aveva rimesso laporpora ed il galero. Non si può certo affer-mare, diceva Negro, che Papa Giovanni fosseun modernista, anche perché la Chiesa avevaormai risaldato quella rottura. Ma qualcosa diessa e dei drammi che aveva provocato nellacoscienza cattolica, doveva essere rimasto incorpo a Papa Roncalli » (9 bis). Il testo parla dasé e conferma la nostra tesi: quei dossier loperseguitavano (psicologicamente) da cin-quant’anni! Egli partecipava, conseguente-mente, a quell’astio tenace proprio a tutti icolpiti dalle sanzioni antimoderniste del prin-cipio del secolo, astio che si manifestava riabi-litando le “vittime” di allora (10), colpendo i“persecutori” e cercando di affossare le istitu-zioni-simbolo di quella lotta (11). Al primo po-sto, naturalmente, il Sant’Offizio.

Inizialmente, però, lo scontro non potevaessere frontale.

Giovanni XXIII applicò allora la tatticadei due binari alla quale ho già accennato.Ne parla Andrea Riccardi raccontando unpiccolo aneddoto molto istruttivo: « Il casodi Camaldoli e del suo priore generale, p.Anselmo Giabbani, pur nel suo aspetto par-ticolare, è emblematico. Con l’appoggio di p.Cordovani e di Mons. Montini, questo reli-gioso aveva intrapreso negli anni Quarantaun tentativo di riforma monastica e una nuo-va vitalizzazione della sua congregazione(12). La vicinanza personale con Fanfani, sol-lecitata dallo stesso sostituto Dall’Acqua,veniva considerata pericolosa da altri am-bienti vaticani (...). Su Giabbani ed iCamaldolesi fu aperta un’inchiesta delSant’Uffizio. Nella vicenda ci si mosse sudue registri: da un lato il lavoro delSant’Uffizio che continuava, e dall’altro ilrapporto personale del papa con Giabbani(“appena ammessi alla sua presenza - si leg-ge in un appunto personale - il papa mi ven-ne incontro e pronunziando parole di viva

condanna verso gli uomini di quel palazzac-cio ... là davanti, mi abbracciò calorosamen-te.”). Ed a Camaldoli, Giovanni inviò, a ras-sicurare il generale, p. Philippe prima, e, poi,suo nipote. Sta di fatto che, malgrado la que-stione si muovesse quasi su due binari paral-leli, il p. Giabbani non fu condannato; cosache invece avvenne appena dopo l’elezionedi Paolo VI [è tutto dire! n.d.r.] con la suadeposizione » (13).

Due registri, due binari. Roncalli da un la-to, il “palazzaccio” del Sant’Offizio dall’altro.

All’inizio del pontificato giovanneo, ilSant’Offizio e la Curia viaggiano spediti...sul loro binario. Al punto che Hebble-thwaite, indignato, assicura che i CardinaliOttaviani e Pizzardo intensificarono la loroattività di “repressione” (14). Se si pensa aquanto profondo fosse il male, a quanto gra-vi fossero le minacce per la Fede, i provvedi-menti “repressivi” adottati allora ci sembra-no del tutto inadeguati; in realtà, l’ultimosforzo efficace risale ...al 1914, ovvero alpontificato di San Pio X. Tuttavia, qualchecosa si cercò di fare.

Nel dicembre 1958, il Card. Pizzardo,nella sua qualità di Prefetto della Congre-gazione per le Università, proibì all’Uni-versità Cattolica del Sacro Cuore di Milanodi conferire la laurea honoris causa aJacques Maritain, teorizzatore della libertàreligiosa e dell’umanesimo integrale. Nel1965, Paolo VI lo chiamerà alla cerimoniaconclusiva del Concilio come rappresentantedi tutti gli intellettuali cattolici.

Nel contempo, il Card. Ottaviani, alSant’Offizio, intervenne contro il libro di donMilani, “Esperienze pastorali”, benchè pubbli-cato con l’imprimatur del Card. Dalla Costa,Arcivescovo di Firenze e, sempre a Firenze,censurò la rivista “Testimonianze” e ne cacciòil direttore, Padre Ernesto Balducci (15).

“Nel luglio 1959 Pizzardo ordina ai ve-scovi francesi di mettere fine, una volta pertutte, all’esperienza dei preti-operai” (15).

Lo slancio iniziale viene presto frenato.Già “in occasione del concistoro segreto del15 dicembre 1958” Giovanni XXIII spiegòche aveva “creato tanti nuovi cardinali perfar sì che venga condiviso il peso degli inca-richi in modo più equo”. Che la cosa riguar-dasse (anche) il Card. Pizzardo, che cumula-va la carica di Prefetto della Congregazionedelle Università e degli studi e di Segretariodel Sant’Offizio, era chiaro, e lo fu ancora dipiù quando Roncalli lo scrisse esplicitamen-

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te al Cardinale (lettera del 12 ottobre 1959).E siccome il Cardinal Pizzardo non se neandò, Giovanni XXIII lo obbligò a dare“spontaneamente” le dimissioni (16). Ricordoche anche Mons. Lefebvre, allora Arci-vescovo di Dakar e Delegato Apostolico pertutta l’Africa Francese, prima fu costretto ascegliere tra i due prestigiosi incarichi (cessòcosì di essere Delegato Apostolico), e poi glifu tolta l’arcidiocesi e fu mandato nella pic-cola diocesi di Tulle (1962)!

Il posto del Card. Pizzardo al Sant’Offiziodivenne così del Card. Ottaviani, il quale fecedel suo meglio per proseguirne la linea: il 30giugno 1962 pubblicò il celebre Monitum dicondanna della teologia del gesuita panteistaTeilhard de Chardin (pubblicamente “riabili-tato” dal “magistero” di Giovanni Paolo II)(17). Anche questo passo fu un compromessotra il “binario” del Sant’Offizio e quello diGiovanni XXIII. Testimonia Padre ColosioO.P.: « Ecco un esempio della sua debolezza.Fin da quando era nunzio a Parigi non fecemisteri circa la sua cordiale disapprovazionedelle dottrine radicalmente evoluzioniste delfamoso gesuita Teilhard de Chardin (in ognicaso gli era difficile fare altrimenti, visto chel’Enciclica Humani generis di Pio XII era di-retta principalmente contro costui. N.d.a.).

Ma, eletto papa e sollecitato da più parte amettere all’Indice le sue opere - altra abbon-dante fonte dell’odierna dilagante confusionedottrinale - se ne schermì (limitandosi ad ap-provare il Monitum del S. Uffizio del 30 giu-gno 1962, grave nel contenuto ma pratica-mente inefficace) con la storica frase: “Io so-no nato per benedire, non per condanna-re!”». Ed il Colosio soggiunge: “Ma Gesù, S.Paolo, S. Giovanni Evangelista, molti grandie Santi Papi non si limitarono a benedire -compito troppo facile e simpatico - ma eserci-tarono anche il doveroso e gravoso officio dicondannare e anatematizzare!” (18). Il diversoatteggiamento tra Giovanni XXIII ed il S.Offizio, si riscontra anche nelle questioni bi-bliche. Il 20 giugno 1961 un altro “Monitum”(avvertimento) del Sant’Offizio, meno famo-so ma non meno importante, mise in guardiacontro il dilagare dell’esegesi razionalista cheledeva le verità della fede, incurante dell’en-ciclica di Pio XII, Humani generis.

La questione merita di essere seguita at-tentamente. Si fa un gran parlare, oggi, della“Parola di Dio”, rimessa nel giusto valore, sidice, dal Vaticano II. Ma questa Bibbia che,protestanticamente, ci viene servita in tutte lesalse, è ancora creduta? Già il modernismo,condannato da San Pio X, aveva seguito il ra-zionalismo dei moderni esegeti protestanti,togliendo ogni valore oggettivo alla DivinaRivelazione. Poco a poco il modernismorialzò la testa: si tentava di immettere nellaChiesa il criticismo razionalista: evoluzioni-smo wellhauseniano e sistema del Gunkel peril Vecchio Testamento e Formgeschichte per ilNuovo (19). La porta attraverso la quale l’ere-sia ed il razionalismo cercavano di infiltrarsiera il prestigioso Pontificio Istituto Biblico,sotto la responsabilità di Padre Bea s.j., creatocardinale da Giovanni XXIII il 14 dicembre1959. Il ruolo di Bea nel pontificato diGiovanni XXIII è capitale e vi dedicheròun’ampia analisi. “Il Pontificio IstitutoBiblico” testimonia lo Spadafora “era l’animadi queste deviazioni” che avevano la spudora-tezza di pretendersi approvate dall’enciclicaDivino afflante Spiritu di Pio XII (1943). “Ilmuro - dissero - che divideva i cattolici daiprotestanti e dai razionalisti ormai è stato ab-battuto, ogni differenza eliminata: non c’è piùné giudeo, né protestante, né razionalista, mac’è soltanto lo studio della Bibbia: esegesi pu-ramente filologica-storica” (19). Essi si sentiro-no finalmente liberi dal magistero dellaChiesa, sicuri com’erano di trovare più lumi

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I Cardinali Canali ed Ottaviani durante la processione delle Palme nel 1962

nella loro intelligenza ed in quella dei filosofiesistenzialisti, per capire il senso delleScritture. Fu così che, ad esempio, il PadreLyonnet s.j., del Biblico, negò che l’epistola aiRomani di San Paolo fosse una prova del dog-ma sul peccato originale, contrariamente alledefinizioni del Concilio di Trento. “Ebbene, ilPontificio Istituto Biblico fece sua questa in-novazione, pubblicamente, in un articolo ap-parso su la Civiltà Cattolica del 3 settembre1960... mandato quindi in estratto ai Vescovid’Italia. (...) La reazione a tanto ardire si con-cretizzò nello studio eruditissimo di Mons.Antonino Romeo della Sacra Congregazionedei Seminari e delle Università: L’EnciclicaDivino afflante Spiritu e le Opiniones novae,in Divinitas 4 (1960)” (20). Evidentemente,non si trattava solo di una polemica accademi-ca tra Mons. Romeo e Padre Alonso Schokels.j., autore dell’articolo della Civiltà Cattolica.Mons. Romeo ed il suo allievo, Mons.Spadafora, ex-alunni del Pontificio IstitutoBiblico, membro della S. Congregazione per iSeminari e le Università l’uno, professore allaPontificia Università del Laterano l’altro, era-no senza dubbio appoggiati e sostenuti daiCardinali Ottaviani (S. Offizio) e Pizzardo(Studi) nonchè da Mons. Piolanti (Universitàdel Laterano) e dal Cardinal Ruffini (cf. unsuo articolo su “l’Osservatore Romano” delgiugno 1961). Ma anche i gesuiti del Biblicohanno i loro appoggi. “L’attacco - scrive colsuo solito stile Hebblethwaite - viene ispiratoda Pizzardo e, benchè apertamente direttocontro i due sfortunati gesuiti del Biblicum (ipadri Lyonnet e Zerwick, n.d.a.) mira inrealtà al cardinale Bea, che ne è il rettore dalungo tempo, e dietro di lui arriva anche a pa-pa Giovanni, abbastanza folle da ascoltareconsiglieri così poco assennati (21).

Prosegue l’ex-gesuita: “È solo per caso chepapa Giovanni viene a sapere della campagnacontro Bea ed il Biblicum. Un esemplare foto-copiato del famoso articolo di Mons. AntonioRomeo che espone le mostruosità (sic) delBiblicum è inviato a tutti i 400 vescovi italiani,tranne a quello di Roma. Uno dei vescovi ita-liani, per caso, si trovò a menzionare questoarticolo durante un’udienza con papaGiovanni. (...) Papa Giovanni è veramente ir-ritato. Chiede a Dell’Acqua di parlare imme-diatamente al rettore del Biblicum assicuran-dogli che il papa ha piena fiducia nell’ortodos-sia del Biblicum. Giovanni ordina poi aPizzardo di scrivere una lettera di scuse a Beadove neghi di aver mai avuto conoscenza

dell’articolo di Romeo prima della sua pubbli-cazione. Pizzardo obbedisce ma non cambiaper nulla la sua condotta” (16). Infatti la que-stione non finì lì. Dapprima il “Sant’Officiopose fine alla polemica insorta... con la reazio-ne scomposta del Pontificio Istituto Biblico, a-vocando a sé la questione e imponendo silen-zio alle parti” (Spadafora). In seguito uscì, co-me detto, il Monitum. Spadafora lo com-mentò in un opuscolo che diffuse tra i Padriconciliari. Ancora una volta Giovanni XXIIInon apprezzò: “Spadafora mi mette il subbu-glio nel Concilio!” disse al vescovo Mons.Pelaia che lo riferì allo Spadafora (22). Solo nelgiugno 1962, dopo una battaglia di due anni, ilCardinal Pizzardo riuscì a vietare l’insegna-mento ai due gesuiti razionalisti del Biblicum,Lyonnet e Zerwich (23). Si trattò di una vitto-ria di Pirro, non soltanto perché di breve du-rata, ma anche perché ben poca cosa rispettoa quanto aveva appena fatto lo stessoGiovanni XXIII. « Il principale strumento dei“fondamentalisti” - scrive Hebblethwaiteconfondendo la fede nella Scrittura col fonda-mentalismo - è la Commisione Biblica... » (danon confondersi con l’Istituto Biblico, ditutt’altro indirizzo, come abbiamo visto).

« Il 21 maggio 1962 papa Giovanni si deci-de ad affrontare la situazione. Si prepara unaprova di forza con la Commissione biblica.Manda un memorandum al Segretario diStato Cicognani dove sfoga la sua impazien-za: “È ora di conchiudere su questo punto. Ola Commissione Biblica intende muoversi, la-vorare e provvedere suggerendo al SantoPadre apprestamenti opportuni alle esigenzedell’ora attuale, o val la pena che si sciolga el’Autorità superiore provveda in Domino auna ricostruzione di questo organismo”. È illinguaggio più duro finora usato da papaGiovanni ed è l’unica volta che proferisce unaminaccia. (...) Perdurando da troppo tempo lecose si trova obbligato a intervenire. “Leriforme devono incominciare dall’alto” scriveil Giovedì Santo 1962. “La dimensione ecu-menica del Concilio, sempre più chiara, impo-ne d’altra parte che si disponga dei migliori e-segeti cattolici [“migliori” da un punto di vi-sta ecumenico, evidentemente. N.d.a.]. In ca-so contrario i protestanti non potranno consi-derare seriamente il Concilio”. Il feroce me-morandum continua: “...All’umile Servo deiservi del Signore sarebbe motivo di grandeconsolazione, se, colla preparazione delConcilio ecumenico, si potesse riuscire a unaCommissione Biblica, di tale rinomanza e di-

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gnità, da divenire punto di richiamo e di ri-spetto per tutti i nostri fratelli separati che,abbandonando la Chiesa Cattolica, si rifugia-rono come a scampo sotto le ombre del Librosacro, variamente letto ed interpretato” (...).Papa Giovanni eseguirà la sua minaccia. Nelgiugno 1962 la Commissione Biblica è dotatadi un nuovo segretario e si arricchisce di con-sultori eminentissimi come Rudolf Schna-ckenburg, Bernard Rigaud e Xavier Léon-Dufour. Ma la battaglia del Biblicum - ci am-monisce Hebblethwaite - non è ancora vinta.Durerà fino alla prima sessione del Concilio »(24). La politica dei “due binari e di due regi-stri” prosegue dunque: per un Lyonnet cac-ciato dal Card. Pizzardo, c’è un Léon-Dufourpromosso da Giovanni XXIII. I rapportiperò, nel 1962, sono ben più deteriorati diquanto non lo fossero nel 1959. Il Card.Tardini, in effetti, è già morto; il Concilio ègià stato convocato; il Card. Bea è già l’ascol-tato consigliere di Giovanni XXIII... l’ora delregolamento dei conti tra i modernisti e laCuria romana si avvicina.

Come sono lontani i tempi in cui il Card.Ottaviani poteva pensare di essere il “grandeelettore “ del nuovo Papa, e di poter libera-mente applicare le decisioni della “Humanigeneris” contro i neo-modernisti! Le illusionifinirono quando Giovanni XXIII si rifiutò diricevere il Cardinale in udienza (lui, il “Papabuono”!) o quando Ottaviani, amareggiato,nell’estate del 1961, giunse al punto di darsimalato e di non presentarsi a sua volta inVaticano (25). Addirittura, si arrivò al punto diprogettare la destituzione del Card. Ottavianidal cardinalato, come era accaduto al Card.Billot all’epoca dell’Action Française: Mons.De Luca, intimo di Giovanni XXIII, lo prean-nunziò al Card. Parente (26). La cosa non sirealizzò sotto Giovanni XXIII, è vero: ci pen-serà Paolo VI a sopprimere il Sant’Offizio e arendere inutile il titolo cardinalizio del vec-chio porporato, precludendo il Conclave aiCardinali di più di 80 anni. Una misura menocruda, più ipocrita, di quella progettata dal“Papa buono”. Ma non meno efficace.Finalmente “il Palazzaccio” era sconfitto.Sciolta la polizia, ebbero via libera i ladri e gliassassini (spirituali).

Il mito del “Papa buono”

La narrazione dei rapporti tra il nostroed il Sant’Offizio, ci ha allontanati, e di mol-to, dal periodo che stiamo esaminando, ov-

vero il primo anno di pontificato di PapaGiovanni, se non addirittura i primi mesi.Ritorniamo pertanto a noi...

Oggigiorno, parlar male di GiovanniXXIII è un po’ come parlar male diGaribaldi: non è forse il Papa buono? I pro-gressisti lo esaltano come loro profeta, il po-polo lo considera già santo (27), i tradizionali-sti stessi ammettono, in genere, la sua bontà ele sue buone intenzioni, limitandosi a credereche sia stato ingannato: non avrebbe detto,sul letto di morte, di fermare il Concilio?

La fama di “Papa buono” contribuì po-tentemente a far accettare la rivoluzione reli-giosa inaugurata dal Roncalli. Dall’elezione(28 ottobre 1958) all’annuncio del Concilio(25 gennaio 1959) passarono meno di tre me-si; eppure essi furono sufficienti a farlo diven-tare per tutti “il Papa buono”. “Il 9 ottobre1958 - scrive Renzo Allegri - Pio XII morì.Tutto il mondo cattolico pianse questa figuraquasi mitica, che per 19 anni aveva guidatosaldamente i cattolici. In tutti c’era l’impres-sione che con la morte di Pio XII la Chiesa a-vesse perduto qualche cosa di insostituibile”(28). L’impressione durò pochi giorni, al mas-simo pochi mesi. “Giovanni XXIII - proseguelo stesso autore - portò la rivoluzione inVaticano. Nei primi giorni del suo pontificatosconvolse regole e regolamenti, consuetudinie secolari comportamenti come nessun altroPapa aveva mai fatto prima di lui. Era un ci-clone rivoluzionario, colpiva a sorpresa e inmodo così violento da lasciare letteralmentesenza fiato e senza parole i paladini dell’ordi-ne, i cultori delle tradizioni (...). Le battutespiritose, gli aneddoti divertenti, gli episodicommoventi resero Papa Giovanni popolaris-simo. I giornali di tutto il mondo riferivanogiornalmente, ciò che egli faceva o diceva. IlPapa diventò un personaggio da prima pagi-na” (29). “ Dopo Pacelli - scrive similmente loSpinosa - non sembrava possibile offrire almondo un nuovo pontefice. Per un ventennio,l’essenza stessa del papato l’aveva rappresen-tata lui. Pacelli era il volto della Chiesa. (...)Ma ben presto (...) il mondo ebbe non soltan-to un nuovo papa, ma anche una nuovaChiesa” (30). Lo stacco dal pontificato pacel-liano, sia nella forma come nella sostanza, fuvoluto da parte di Roncalli? Limitiamoci quiagli aspetti esteriori. Senza dubbio i due ca-ratteri erano “totalmente diversi tra loro” (31).Giovanni XXIII non ebbe quindi nessuna dif-ficoltà a comportarsi spontaneamente in ma-niera diversa, conformemente alla sua indo-

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le... Non senza qualche malizia, però, nel sot-tolineare il cambiamento, a proprio favore...Così, ad esempio, fin dal 4 novembre 1958,giorno della sua incoronazione. Lo splendidorito, che durò cinque ore, ebbe un’unica inno-vazione: Giovanni XXIII pronunciòun’Omelia. « ...Sviluppando il suo pensiero,Giovanni dà l’impressione di opporre il suopontificato - che sta appena cominciando - aquello del suo predecessore: c’è chi si aspettainfatti “nel pontefice l’uomo di Stato, il diplo-matico, lo scienziato, l’organizzatore della vi-ta collettiva, ovvero colui il quale abbia l’ani-mo aperto a tutte le norme del progresso del-la vita moderna, senza alcuna eccezione” È ilritratto di Pio XII.... » (32) commentaHebblethwaite (o forse, la sua caricatura).Invece, « “il nuovo papa, dichiarò GiovanniXXIII, attraverso il corso delle vicende dellavita, è come il figlio di Giacobbe, che incon-trandosi con i suoi fratelli di umana sventura,scopre a loro la tenerezza del cuor suo, escoppiando in pianto dice: sono io (...) il vo-stro fratello Giuseppe” Giuseppe è il secondonome di battesimo di Giovanni. In questomodo, per così dire, egli scende dal suo tronoper collocarsi allo stesso livello dei suoi fra-telli. (...) D’ora in poi - continua Hebble-thwaite - quando alcuni teorici vorranno ab-bozzare il ritratto del loro “papa ideale”, si ri-faranno a questo testo per dare consistenza ailoro sogni (cfr. HANS KUNG. Infallibile, pp.281-289, Ateneo, Bologna 1970, tutto l’ultimocapitolo: “Come potrebbe essere il papa?”) »(33).

Il 6 novembre, due giorni dopo, GiovanniXXIII si incontra con la stampa, che “si mo-strerà sempre favorevole a questo pontefi-ce” (34). “Nessun Papa aveva mai invitato igiornalisti ad una conferenza stampa”.Giovanni XXIII rivolse loro un discorso che“sembrava improvvisato” ed in fine diede labenedizione a quanti desideravano riceverla(35). Il 23 novembre, prese possesso della ba-silica di San Giovanni in Laterano. “Finchèesistettero gli Stati Pontifici, la presa di pos-sesso esprimeva il potere temporale delPapa sulla città di Roma”. Naturalmente,Giovanni XXIII non perse l’occasione dicontrapporre abusivamente potere tempora-le e spiritualità, principato e sacerdozio, co-me in occasione dell’incoronazione contrap-pose la serietà del magistero alla bontà dellapastorale: “L’ingresso del pontefice nuovoha perduto lungo la via il fasto dei tempilontani: ma quanto ha acquistato di spiritua-

lità, e di intima penetrazione! Non è più alprincipe, che si adorna dei segni della pos-sanza esteriore, che ormai si riguarda: ma alsacerdote, al padre, al pastore” (36). (Comese i Papi fino a Pio IX non fossero stati e sta-ti considerati innanzitutto dei sacerdoti, pa-dri e pastori, perché erano anche principi!).

L’entusiasmo salì alle stelle quandoGiovanni XXIII si recò a visitare l’ospedaleinfantile del Bambin Gesù il giorno diNatale, e le carceri romane di Regina Cœli ilgiorno seguente. Gesti che fanno parte dellatradizione della Controriforma, come notalo stesso Hebblethwaite, e che i Papi del pas-sato non mancavano di compiere proprioquando Roma era la capitale dei propriStati. Ma, nelle circostanze di allora, e so-prattutto alla luce degli sviluppi successivi,questi gesti furono visti come innovativi.Giovanni XXIII notò più volte nel suo dia-rio il successo dell’iniziativa: “Molta calmada parte mia, ma grande ammirazione nellacronaca romana, italiana e del mondo intero.(...) La stampa, non solo italiana ma di tuttoil mondo, continua a magnificare il mio ge-sto della visita alle carceri di ieri” (37). Nonsolo la stampa. Anche il capofila dei moder-nisti milanesi, Gallarati Scotti, crede di scor-gere in Giovanni XXIII il “Santo” prefigura-to nell’omonimo romanzo modernista diFogazzaro, messo all’indice da San Pio X. Nericopiò un passaggio e lo inviò a GiovanniXXIII: “...io scongiuro Vostra Santità di u-scire dal Vaticano....” (36). Da quella timida epia uscita, quante altre, meno timide e menopie, si sono succedute...!

A questo punto il lettore potrebbe accu-sarmi di eccessiva acrimonia nei confronti delnostro. Non sono forse opere buone e sante,quelle di visitare fanciulli e carcerati? Non èforse un bene, avere un carattere aperto,semplice, schietto e amabile? E, soprattutto,non è stata forse una grande qualità diGiovanni XXIII l’amar tutti, finanche i nemi-ci? Senza dubbio, il mio è un esame critico:già tanti (troppi?) prima di me hanno scrittodi lui da agiografi più che da storici imparzia-li (38). Tuttavia, anche la rinomata bontà (obonomìa) del nostro è stata forse esagerata.Amava sì i nemici....della Chiesa; molto me-no amava i suoi, o coloro che non gli stavanosimpatici. Il giovane Roncalli non era moltocomprensivo verso il Padre Mattiussi, ad e-sempio (39) o Padre Lombardi. Non mancò difar qualche dispetto alla memoria di Pio XII(40). Non mancava di scherzare piuttosto pe-

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santemente sul Card. Ottaviani (41). E sapevaanche prendere dei toni duri, assai poco “gio-vannei”. Lo abbiamo visto a riguardo dellaCommissione Biblica. Così faceva pure neiconfronti del nipote, don Giovanni Battista(42). Se, da un lato, fu lui ad inaugurare le u-dienze “ecumeniche” in Vaticano, come ve-dremo meglio in seguito, egli seppe anche,quando non gli garbava, rifiutare un collo-quio che gli era stato domandato (43).

Un caso forse emblematico di questo a-spetto dimenticato della personalità roncallia-na, è forse quello dei suoi rapporti con PadrePio da Pietrelcina, il famoso cappuccino stim-matizzato (44). “Un santo contro l’altro”: è il ti-tolo di un dossier del settimanele Europeo del10 gennaio 1992. Ne è autore FrancobaldoChiocci, giornalista ben informato al riguardoperché si occupò della questione nel 1967,pubblicando tre volumi di documenti fornitiglidall’industriale padovano e discepolo di PadrePio, Giuseppe Pagnossin (44). I due santi “ne-mici” sono P. Pio, per l’appunto, e GiovanniXXIII. Di per sè, non sarebbe la prima volta,nella Chiesa, che dei “santi” hanno a ridire traloro: qui ci interessa solo mostrare che Ron-calli non era sempre tutto dolcezza… Primo e-pisodio: siamo nel 1923. « Il Santo Padre[Giovanni XXIII, n.d.a.] mi confidò - scriveMons. Maccari, Arcivescovo emerito di An-cona al card. Ratzinger - che, passando perFoggia come direttore nazionale delle Pon-tificie Opere Missionarie, qualcuno gli pro-spettò di salire a San Giovanni Rotondo, ovegià correva, pur fra contrasti, la fama delCappuccino “stigmatizzato” ed era fresca la“declaratio” del Sant’Uffizio del 31 maggio1923. Egli non ritenne opportuno accettare (...)» (45). Secondo episodio: « quando poi - prose-gue Mons. Maccari - diventato SommoPontefice, gli fu segnalato un lungo serviziogiornalistico della Settimana Incom, restò sor-preso e amareggiato (il settimanale raccontavatra l’altro che Papa Giovanni aveva definito“santo” Padre Pio e che il Cappuccino gli ave-va direttamente predetto la sua elezione,n.d.r.) » (46). « ...Ecco la risposta di GiovanniXXIII a queste inqualificabili invenzioni. Il 16agosto, da Castel Gandolfo, scriveva di suo pu-gno (ho in mano la fotocopia della lettera) alsegretario, Mons. Loris Capovilla: “Sarebbebene che ella scrivesse privatamente da partemia a Mons. Andrea Ceserano arc. di Manfre-donia, che quanto viene scritto su Incom dirapporti di Padre Pio con me è tutto inventato.Io non ebbi mai alcun rapporto con lui, né mai

lo vidi, o gli scrissi, né mai mi passò per lamente di inviargli benedizioni; né alcuno mi ri-chiese direttamente o indirettamente di ciò néprima, né dopo il Conclave, né mai. Appenatorna Mgr. Dell’Acqua sarà bene vedere comemeglio si possano arrestare queste invenzioni,che non fanno onore ad alcuno”. La smentita,pur misurata, è di una chiararezza inequivoca-bile e di una fermezza in un certo senso sor-prendente per chi conosce ed ammira il “Papabuono”; smonta comunque ogni manovra dichi tenta di coinvolgere la responsabilitàdell’amabilissimo Pontefice in giudizi sulla per-sona e sui particolari “carismi” di cui si ritene-va dotato Padre Pio » (47). La lettera viene di-chiarata “sorprendente” perché nettamente incontrasto con la fama di bonomìa del Roncalli.

Terzo episodio: la Visita Apostolica a SanGiovanni Rotondo, decisa il 13 luglio 1960dal Sant’Uffizio con l’accordo di GiovanniXXIII ed affidata allo stesso Mons. Maccari,coadiuvato da un prete “allegro”, tal donGiovanni Barberini. Il 19 luglio Mons.Maccari si incontrò con Giovanni XXIII chegli affidò l’incarico, ricevendo in seguito piùvolte il Maccari e seguendo l’affare da vicino.La visita apostolica, decisamente negativaper Padre Pio, accusato persino di immora-lità, si concluse con misure disciplinari neisuoi confronti. Tuttavia, il fatto che la resecelebre (e che in realtà precedette di poco lavisita) fu la sacrilega registrazione delle con-fessioni di Padre Pio, decisa da Mons.Terenzi, parroco del Divino Amore a Romaed attuata da alcuni confratelli del Padre(sembra, ma la riserva è d’obbligo per un fat-to d’inaudita gravità, con la copertura diMons. Parente, del Sant’Offizio). Alcuni han-no incolpato persino Giovanni XXIII di que-

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Mons.Terenzi ascolta le bobine dei microfoni-spia posti nel confessionale di Padre Pio

sto sacrilegio. Riferisce Mons. Maccari: « Ben più grave è l’invenzione calunniosache, a distanza di anni dalla santa morte diPapa Giovanni, fa risalire a lui la responsabi-lità dei microfoni-spia, sistemati addiritturanel confessionale di padre Pio. La notizia “in-giuriosa” la si può leggere in una breve lette-ra scritta da S. E. Mons. Loris Capovilla, indata 6 novembre 1986, a P. Antonio Cairoli(postulatore della Causa di Giovanni XXIII):“Il 4 novembre c.m. amici tedeschi mi hannoriferito quanto segue: un religioso domenica-no tedesco, p. A. E., relatore alla Congre-gazione per le Cause dei santi, ha affermatoche Giovanni XXIII avrebbe fatto collocare(o tollerato che si compisse questo delitto)microfoni-spia nel confessionale di Padre Pioda Pietrelcina” Aggiunge Capovilla, giusta-mente sdegnato: “L’affermazione stupefa-cente è ingiuriosa e calunniosa. Non azzardoalcun commento, tanta è la pena, superatasolo dalla compassione, per chi distorce e of-fende l’innocenza in modo così insidioso”.Da parte mia posso aggiungere che il “Papabuono”, quando al termine della Visita michiese se io avessi ascoltato le bobine dei mi-crofoni-spia ed io risposi che mi ero rifiutatodi farlo, mi confidò che neppure lui lo avevafatto ». Ed ecco il commento di Chiocci:“Però il Papa sapeva. È incredibile: le regi-strazioni sacrileghe (...) il Papa non volle a-scoltarle, ma arrivarono sino alla sua antica-mera. Lo si deduce proprio da questa “smen-tita” di Mons. Maccari, verso la fine del me-moriale” (48). La “smentita” di Maccari nonsmentisce, come si vede, la presunta calunnia:Giovanni XXIII “tollerò” il sacrilegio, poi-chè ne era al corrente, non punì i colpevoli epunì, invece, la vittima.

A questo punto, il quarto episodio, avve-nuto durante la Visita, sembra quasi insigni-ficante. Il 10 agosto di quell’anno, Padre Piofesteggiava i 50 anni di Messa. Due altri fratiricevono quel giorno il tradizionale tele-gramma di auguri dal Vaticano; lui no (49). Eneppure “si volle mandare la facoltà di im-partire la benedizione papale, che Pio XII gliaveva concesso dal 1957 al 1958 due volte, eneppure la benedizione apostolica pura esemplice. ‘L’Osservatore Romano’ ebbe poidisposizione di non parlare affatto del 50° diMessa di Padre Pio....” (50).

Mi scuso con il lettore se mi sono dilun-gato su di un argomento che sembra portarcifuori strada. Mi sembra di aver dimostratoche il “Papa buono” non era poi sempre così

“buono” …e che se non era nato per con-dannare... Teilhard de Chardin, questo nongli impediva di condannare padre Pio! Matant’è: il mito della santità roncalliana eragià ben saldo alla fine del 1958. Ora, i santinon sono forse Profeti continuamente ispira-ti dallo Spirito Santo...?

Giovanni convoca il Concilio… ma lo SpiritoSanto non c’entra.

“Giovanni XXIII: il Papa del Concilio”.È il titolo del libro di Hebblethwaite, checommento, ed anche dei miei modesti artico-li. In effetti, non è possibile disgiungereGiovanni XXIII e Vaticano II, non fosse al-tro per il fatto che fu lui a convocare ilConcilio, il 25 gennaio 1959, poco meno ditre mesi dopo la sua elezione.

A questo proposito ci possiamo porredue domande: come venne l’idea di convoca-re il Concilio a Giovanni XXIII? E con qualescopo lo convocò? Il presente capitoletto ri-sponderà alla prima domanda per passareinevitabilmente ad affrontare la seconda.

Il primo quesito è, apparentemente, difacile soluzione, poichè lo stesso GiovanniXXIII vi rispose esplicitamente: “L’idea delConcilio Ecumenico come è sorta? Come siè sviluppata? In un modo che, a narrarlo,sembra inverosimile, tanto fu improvviso ilpensare a quella possibilità e senz’altro ap-plicarsi ad attuarla. Da un interrogativo po-sto in un particolare colloquio con ilSegretario di Stato, procedette la constata-zione circa il mondo immerso in gravi angu-stie ed agitazioni. Rilevai, tra l’altro, come siproclami di voler la pace e l’accordo, mapurtroppo si finisce con l’acuire dissidi e ac-crescere minacce. Che cosa farà la Chiesa?Deve la mistica navicella di Cristo rimanerein balia dei flutti ed essere sospinta alla deri-va o non è piuttosto da essa che si attendenon solo un nuovo monito ma anche la lucedi un grande esempio? Quale potrebbe esse-re questa luce? L’interlocutore ascoltava inatteggiamento di riverente rispetto e attesa.A un tratto mi illuminò l’anima una grandeidea, avvertita proprio in quell’istante e ac-colta con indicibile fiducia nel DivinoMaestro, e mi salì alle labbra una parola so-lenne ed impegnativa. La mia voce la espres-se per la prima volta: un Concilio!”(Allocuzione ai pellegrini veneziani, 8 mag-gio 1962) (51). Si esprime ancora più categori-camente nel suo Diario spirituale:

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“Riassunto di grandi grazie fatte a chi ha po-ca stima di sè stesso, ma riceve le buone ispi-razioni e le applica in umiltà e fiducia (...).Seconda grazia. Farmi apparire come sem-plice e immediate di esecuzione alcune ideeper nulla complesse, anzi semplicissime, madi vasta portata e responsabilità in facciaall’avvenire, e con immediato successo. Cheespressioni son queste: cogliere le buone i-spirazioni del Signore, simpliciter et confi-denter! Senza averci mai pensato prima,vennero fuori in un primo colloquio col mioSegretario di Stato, il 20 gennaio 1959, le pa-role di Concilio Ecumenico, di Sinodo dioce-sano e di ricomposizione del codice diDiritto Canonico, e contrariamente a ognimia supposizione o immaginazione su que-sto punto. Il primo a essere sorpreso da que-sta mia proposta fui io stesso, senza che alcu-no mai me ne desse indicazione. E dire chetutto mi parve così naturale nel suo imme-diato e continuato svolgimento” (52).

La versione del protagonista, GiovanniXXIII, è dunque chiara e concordante:

1) La decisione di indire un Concilio fuuna “celeste ispirazione” (53).

2) Egli ebbe questa ispirazione solo cin-que giorni prima di annunciare pubblica-mente il Concilio, ovvero il 20 gennaio, par-lando col cardinal Tardini.

3) Mai aveva pensato prima di allora alConcilio, tanto che fu sorpreso da quello cheegli stesso diceva.

4) Mai nessuno gliene aveva parlato prima.Questa versione è quella da tutti cono-

sciuta ed ufficialmente accreditata, al puntoche Paolo VI « il 29 settembre 1963 dirà, inlode di Giovanni, che il Concilio ecumenicoera stato indetto ed avviato “per divina di-sposizione” » (54), e lo stesso Giovanni PaoloII soggiungerà:”...egli ha legato il suo nomeall’evento più grande e trasformatore del no-stro secolo: l’indizione del Concilio Ecu-menico Vaticano II, da lui intuito, com’ebbea confessare, come per una misteriosa e irre-sistibile ispirazione dello Spirito Santo...”(25/XI/1981) (55). Romano Amerio, scrittoreserio, scrive: “Non ci furono per il VaticanoII consultazioni previe circa la necessità el’opportunità di convocarlo, la decisioneessendo venuta da Giovanni XXIII per eser-cizio di carisma ordinario o forse per tocco dicarisma straordinario” e aggiunge in nota: “IlPapa stesso affermò che l’idea di convocare ilConcilio fu un’ispirazione divina, e GiovanniPaolo II lo confermò nel discorso del 26 no-

vembre 1981 commemorando il centenariodella nascita di Roncalli” (56).

Versione ufficiale, dunque, ed accredita-ta. Con un solo difetto: di essere totalmenteFALSA.

La falsità delle affermazioni Roncallo-Montino-Wojtyliane al proposito è accertata,documentata ed accettata da tutti gli storici. Iquali fanno i salti mortali per non dare aRoncalli del bugiardo. Imbarazzato, Hebble-thwaite scrive: « Chiaramente papa Giovanninon può voler dire di non aver mai pronun-ciato la parola “Concilio” prima di questo 20gennaio 1959: sarebbe semplicemente falso »(57). Il fedele segretario di Giovanni XXIII,Mons. Capovilla, si accorge della difficoltà ecerca di giustificarla (58) ma a giusto titoloHebblethwaite, pur coadiuvato dal Capovillanella realizzazione del suo libro, non appareaffatto convinto: « Capovilla - scrive - si ab-bandona al gioco della casistica quando spie-ga che nello spezzone della frase “senza aver-ci pensato prima” la parola “prima” significaprima di esser diventato papa. Geniale, mafuori luogo... » (59). La soluzione diHebblethwaite è di poco migliore: « La suamemoria - scrive - in quel caso gli gioca unbrutto scherzo (...). Si può solo credere che lamemoria di Giovanni ha ceduto e che la rior-ganizzazione inconscia dei suoi ricordi vuolesottolineare, ancora una volta, che l’idea delConcilio è una “ispirazione” nella sua defini-zione più alta ». Uno smemorato, dunque, manon un ingenuo. Seppur, in questo caso, in-consciamente (per Hebblethwaite) ha pursempre “l’abilità di una vecchia volpe”.Anche nel dimenticare. “È vecchio, la suamemoria qualche volta perdeva i colpi (...).Ma questa spiegazione da sola non basta.Certo, la sua memoria poteva talvolta giocar-gli dei brutti tiri, ma il processo totalmente in-conscio di rilettura dei suoi ricordi mette inluce ciò che egli voleva che si credesse a pro-posito del Concilio, piuttosto che quanto ac-cadde esattamente in questo 20 gennaio1959” (60). Certo, nel 1962 Giovanni XXIIIera vecchio. Ma vecchio non era donRoncalli, quando nel 1914, messo “con lespalle al muro” dal card. De Lai, affermavafalsamente, ma con giuramento, di non essereun seguace del Duchesne! Per quell’episodio,Hebblethwaite, non potendo ricorrere al rim-bambimento senile per giustificare le bugie diun giovane di 32 anni, utilizzò la formula“cancellare i ricordi dalla memoria” (61).Diciamo che, poichè la volpe perde il pelo ma

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non il vizio, anche nel 1962, ricordando gli av-venimenti di tre anni prima, Roncalli “cancel-lò” certi ricordi dalla memoria…! Non osereiforse formulare un giudizio così drastico, senon potessi avvalermi dell’autorità di uno sto-rico competente e per di più insospettabile (inquanto notoriamente progressista), il gesuitapadre Giacomo Martina. Ecco come descrive,a sua volta, i fatti: “Secondo il Giornaledell’anima ed un discorso dell’8 maggio 1962,Giovanni XXIII avrebbe concepito il propo-sito (di convocare un Concilio) in seguito aduna ispirazione improvvisa, nata in lui duran-te un colloquio col Segretario di Stato, Card.Tardini, il 20 gennaio 1959. L’affermazioneautobiografica - che apre singolari problemisulla veridicità del Giornale dell’anima e sulcarattere del papa - è però contraddetta damolte testimonianze, parecchie delle quali ri-salgono al papa stesso”(62).

Pertanto, come andarono realmente le co-se? Chécché ne dica Mons. Capovilla, sarebbeinteressante poter appurare se Roncalli avessepensato ad un Concilio non solo prima del 20gennaio 1959 (il che è certo) ma anche primadi essere eletto. Un indizio, e più che un indi-zio, si trova nella testimonianza del suo vec-chio amico (fin dal 1924) Dom LambertBeauduin, pioniere dell’ecumenismo e dellariforma liturgica. Alla morte di Pio XII, disseagli intimi: “Se eleggessero Roncalli tutto sa-rebbe salvo: sarebbe capace di convocare unConcilio e consacrare l’ecumenismo...” (63). Èdifficile pensare che il vecchio cospiratore par-

lasse a casaccio, e che non svelasse, piuttosto,una parte dei progetti elaborati col Roncalli intanti anni per la riforma della Chiesa. In que-sto caso la vera personalità del Roncalli non futanto quella descritta dai moderati (“una per-sonalità sostanzialmente conservatrice, trasci-nata da altri e soprattutto dalle esigenze realidei tempi ben al di là delle sue intenzioni”) mapiuttosto quella diffusa dai suoi estimatoriprogressisti: “L’uomo che nel silenzio enell’ubbidienza aveva da lungo tempo pensatoe preparato la riforma della Chiesa, aspettan-do il momento voluto dalla Provvidenza (!)per attuarla (Falconi, Zizola, Balducci...)” (64).

Accertato che non fu lo Spirito Santo adispirargli il Concilio, ed ipotizzato che sianostati piuttosto i modernisti ben prima dell’e-lezione, vediamo il ruolo dei conservatoridurante l’elezione stessa. Sì, perché unConcilio non doveva necessariamente pren-dere la piega che prese il Vaticano II!

Il Cardinale Ottaviani, che fu, come ab-biamo visto, uno dei “grandi elettori” diRoncalli, ha dichiarato almeno due volte, nel1968 e nel 1975, che si parlò di un Conciliodurante il conclave, ancor prima dell’elezio-ne del Patriarca di Venezia, quando fu chia-ro che sarebbe stato lui il prescelto. I cardi-nali Ottaviani e Ruffini, allora, accompagna-ti da altri rimasti anonimi, si recarono nellanotte del 27 ottobre 1958 nella cella di Mons.Roncalli per proporgli un ConcilioEcumenico (65). Secondo il Card. Ottaviani,il Card. Roncalli avrebbe fatta sua l’idea delConcilio già da quel momento, ovvero primaancora di essere eletto.

Il 30 ottobre, due giorni dopo la sua ele-zione, Giovanni XXIII parlò al segretarioCapovilla della “necessità di convocare unConcilio”. Il due novembre, prima ancoradell’incoronazione, dice allo stesso che “civuole un Concilio”, e questo dopo aver rice-vuto in udienza proprio il Card. Ruffini ed a-ver parlato della questione.

Ne riparla in novembre col nuovo Pa-triarca di Venezia, Giovanni Urbani, e colVescovo cappuccino di Padova, GirolamoBortignon. “Il 28 novembre la decisione èquasi presa”. “La decisione di papa Giovannidi tenere un Concilio si cristallizza nel dicem-bre 1958”. Attorno a Natale ne parla conMons. Cavagna, suo confessore, ed alcune al-tre persone. « In gennaio, Roncalli ha preso lasua decisione. Il momento esatto è forse quel-lo della notte dell’8 gennaio 1959. Comunquesia, il mattino dopo, egli incontra don Gio-

Giovanni XXIII con il segretario di Stato, Card. Domenico Tardini

vanni Rossi della Pro Civitate Christiana, cheè stato il segretario del suo “eroe” il Card.Ferrari, quarant’anni prima. Giovanni gli dice:“Ti devo dire una cosa grande, che però devipromettermi di mantenere segreta. Questanotte mi è venuta una grande idea, di fare ilConcilio ». Il Rossi tenne l’acqua in bocca... ametà, e ne fece un’allusione nel suo bollettino,La Rocca, del 15 gennaio (66).

È pertanto storicamente accertato chenon solo l’idea del Concilio non venne im-provvisamente alla mente di Roncalli duranteil colloquio col Card. Tardini del 20 gennaio,ma che addirittura il Tardini fu uno degli ulti-mi a saperlo, solo 5 giorni prima dello storicoannuncio! “Un fatto dei più sorprendenti edei più significativi è questo: papa Giovanninon dice niente a Tardini, il suo Segretario diStato” (67). Quando, il 20 gennaio, GiovanniXXIII rivela a Tardini che ha deciso di an-nunciare l’indizione del Concilio la domenicaseguente, dopo aver avuto questa idea solo ilgiorno prima (ma quante bugie racconta!),questi capì “di trovarsi di fronte ad un fattocompiuto, a una decisione già presa”. Il Card.Tardini approvò pertanto l’idea come “bella enuova”, anche se “il preteso entusiasmo diTardini non era esente da riserve” (68) comelascia capire Andreotti, messo al corrente delprogetto da Giovanni XXIII il 22 gennaio, ilquale non approva i sei anni di preparazioneal Concilio previsti dal suo Segretario di Stato(69). Commenta padre Martina: “È singolareprova della natura dei rapporti del papa colsuo segretario di Stato, cordiali ma nonprofondi, che questi venisse a conoscenza delproposito solo il 20 gennaio, quando ilPontefice aveva già irrevocabilmente decisol’iniziativa ed aveva steso il primo abbozzodel discorso ai cardinali del 25 gennaio se-guente” (70). In maniera più grossolana, ilgiornalista anglosassone Wilton Wynn (cheha avuto “l’onore” di cenare con GiovanniPaolo II) esprime lo stesso concetto dello sto-rico gesuita (Martina) e dell’altro giornalistaex-gesuita (Hebblethwaite): « Papa Giovanniriusciva regolarmente ad aggirare il vecchionemico Tardini. In qualità di segretario diStato, Tardini sarebbe (sic) dovuto essere ilcollaboratore più stretto del papa. MaGiovanni XXIII non lavorava attraverso i ca-nali “ufficiali”, preferendo invece ricorrere apersone più consone al suo carattere e nellequali riponeva la massima fiducia » (71).Anche in questo caso, cioè, Giovanni XXIIIpraticava la tattica dei due binari.

Deciso il Concilio, nel modo or ora de-scritto e non come Giovanni XXIII, PaoloVI e Giovanni Paolo II hanno fatto credere,restava da vedere come sarebbe stato ilConcilio: un conciliabolo modernista o lamanifestazione dell’infallibile magistero del-la Chiesa? Poichè noi ne conosciamo giàl’esito, dovremo, nelle prossime puntate,capire chi e cosa ci condusse a tanta rovina.

Note

1) In STJEPAN SCHMIDT S.I. Agostino Bea, ilCardinale dell’unità, Città Nuova. 1987, pag. 354.

2) Annuario Pontificio. Città del Vaticano. Tip. Po-liglotta Vaticana. Cito l’edizione del 1959, pag. 957 e 962.

3) In realtà il passaggio da una normale “inquisizio-ne” sotto il controllo dei Vescovi (sempre esistita) alla ve-ra e propria inquisizione “medioevale” fu piuttosto lungo:dal Concilio di Tours nel 1163 sotto Alessandro III allaCostituzione Excommunicamus di Gregorio IX del 1231,per cui, a rigore di termini, l’istituzione di questo tribuna-le dev’essere attribuita a questo Pontefice. Dobbiamoperò al IV Concilio del Laterano (canone 3), celebratosotto Innocenzo III, l’impulso decisivo verso la creazionedi questo tribunale per reprimere l’eresia catara.

4) Bolla Exigit sincere di Papa Sisto IV.5) Per maggiori informazioni sulla storia del-

l’Inquisizione, si possono consultare le seguenti opere:- N. EYMERICH. F. PENA. Le manuel des inquisiteurs,

A cura di Louis Sala-Molins. Mouton éd. Paris - LeHaye 1973.

- W.T. WALSCH, Characters of the Inquisition, TanBooks. Rockford, Illinois, U.S.A. 1987.

- Sull’inquisizione spagnola:B. LLORCA S.J. Bulario Pontificio de la Inquisicion

Española, Pontificia Università Gregoriana, Roma 1949.AA.VV, Historia de la Inquisicion en Espana y

America, B.A.C. - Centro de estudios inquisitoriales,Madrid. 1984.

J. MOREL, Somme contre le catholicisme libéral,1876 T. 2. Da richiedere al sac. Maury, Capty SaintDidier, F 84210 Pernes les Fontaines.

R. CANOSA, Storia dell’Inquisizione spagnola inItalia, Sapere 2000, 1992.

- sull’Inquisizione Romana:R. CANOSA, Storia dell’Inquisizione in Italia, Sapere

2000, V volumi. 1986-1990. Con un’ottima bibliografia.Naturalmente, l’Autore è critico verso l’Inquisizione.

6) Sui Cardinali Ottaviani e Pizzardo cf. quanto giàdetto su “Sodalitium” n. 31 pagg. 24-25 e n. 33 pag. 23 epag. 26 nota 16.

7) LÉON JOSEPH SUENENS, Ricordi e speranze,Paoline 1993.

8) FRANCESCO SPADAFORA, La Tradizione contro ilConcilio. L’apertura a sinistra del Vaticano II, Edi.Pol.Volpe Editore, Roma 1989. pag. 28, che cita “Fideliter”,n. 59, sept.-oct. 1987, pag. 40 s.

9) A. MELLONI, in: AA.VV. Papa Giovanni, a curadi G. Alberigo, Laterza ed. Bari 1987, pag. 31.

9 bis) Da “Il Giornale”, 3 giugno 1993, pag. 6.10) In questa chiave bisogna leggere la lettera da

lui spedita il 31 gennaio 1959 a don Angelo Pedrinelli,parroco di Carvico, già, come lui, professore al semina-rio di Bergamo. Fu destituito dalla sua carica da Mons.Radini, perché modernista. (cf. HEBBLETHWAITE, op. cit.

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pag. 464). Della riabilitazione ufficiale di mons.Lanzoni, agiografo modernista, ho già parlato (cf.“Sodalitium”, n. 24 pag. 12. Lo elogiò con un chirografodel 10/V/1963), come pure di quella di Marc Sangnier(n. 22, pag. 15). Erano note pure le sue relazioni col ca-pofila del modernismo lombardo, Gallarati Scotti, colquale era in corrispondenza. Anche l’introduzione delprocesso di beatificazione del Card. Ferrari, da lui volu-ta il 10 febbraio 1963, fu una sorta di “scanonizzazione“di san Pio X, che disapprovò la condotta pastorale delFerrari verso il modernismo (cf Oss. Rom. 23/05/1984,SI SI NO NO, n. 10 ago. 1984).

11) Un bell’esempio di letteratura di questi “perse-guitati” pieno di astio per i “persecutori” si può trovarenelle lettere di Mons. Duchesne, da me già citate (n. 23,pag. 8). Impressionante quanto accadde al santoVescovo di Arezzo, Mons. Volpi, che fu addirittura de-stituito nel 1919 (cf. ANGELO TAFI, Il Servo di DioMons. Giovanni Volpi Arezzo 1981. Presso l’autore).

12) Non dimentichiamo che il Riccardi, oltre chedocente presso l’università di Bari, è anche presidentedella tristemente celebre Comunità di Sant’Egidio, unodei frutti più avvelenati del post-concilio. Detta comu-nità è, tra l’altro, la promotrice degli incontri ecumeniciche, ogni anno, continuano quello di Assisi. Pertanto,quando il Riccardi parla di “nuova vitalizzazione”dell’ordine camaldolese, bisogna intendere invece la di-struzione di una comunità eremitica che, solo poco tem-po prima, era tra le più esemplari.

13) A. RICCARDI, in op. cit. a cura di G. ALBERIGO,pag. 150.

14) P. HEBBLETHWAITE, Giovanni XXIII. Il Papadel Concilio, Rusconi ed. Milano 1989, pag. 458.

15) cf. HEBBLETHWAITE, l. c. . Don Lorenzo Milani,ebreo (mal) convertito, relegato a Barbiana, piccolaparrocchia di montagna, divenne, poco dopo la suamorte prematura, uno dei simboli della rivolta studen-tesca del 1968. Pacifista, violentemente classista, ribelleall’autorità (l’obbedienza non è più una virtù, diceva).Su di lui si veda: DOMENICO MAGRINI, Don LorenzoMilani, ed. Civiltà Brescia 1983.

Padre Balducci fu degno compare ed amico delMilani. Poco prima di morire rilasciò un’intervista dallaquale si deduce che il Balducci apostatò totalmente dal-la fede cristiana.

Se il Sant’Offizio colpiva un padre Balducci,Giovanni XXIII, da parte sua, si affrettava a ricevere inudienza il 5 febbraio 1959 e ad elogiare qual “trombadello Spirito Santo nella pianura padana” don PrimoMazzolari, un prete della stessa risma degli altri due (cf.HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 458).

16) Cf. HEBBLETHWAITE, op. cit., pagg. 478-479.17) “Vengono pubblicate alcune opere, stampate an-

che dopo la morte dell’autore, Padre Pietro Teilhard deChardin, che riscuotono un non piccolo favore. Tra-lasciando il giudizio su quegli argomenti pertinenti allescienze positive, in materia filosofica e teologica è abba-stanza evidente che le suddette opere contengono ambi-guità tali, e anzi gravi errori, da offendere la dottrina cat-tolica. Per la qual cosa gli Em.mi e Rev.mi Padri dellaSuprema sacra Congregazione del Sant’Offizio esortanotutti gli Ordinari nonchè i Superiori degli Istituti religiosi,e i Presidi delle Università a tutelare efficacemente gli a-nimi, particolarmente quelli dei giovani, dai pericoli delleopere di Padre Teilhard de Chardin e dei suoi seguaci”.(Monitum del 30/VI/1962). Appena eletto, nel giugno del1963, Paolo VI fece invitare il più noto di questi seguaci,Padre de Lubac, al VI Congresso Tomista Internazionale,

per presentare “un’esposizione favorevole al pensiero delPadre Teilhard de Chardin” (lettera di P. Boyer a P. deLubac). Infine Giovanni Paolo II elogiò pubblicamenteTeilhard in occasione del suo centenario (“lettera delCard. Casaroli, a nome del S. Padre, al Rettore del-l’Istituto Cattolico di Parigi” in L’Osservatore Romano,10/VI/1981) e ne consacrò, per così dire, la dottrina dandola porpora cardinalizia al suo discepolo, il solito de Lubac.Su Teilhard, si veda l’articolo di DON CURZIO NITOGLIA,in “Sodalitium”, n. 25, pag. 13-21.

18) P. INNOCENZO COLOSIO O.P., Discussioni sulla“bontà” del Papa Giovanni XXIII, in Rassegna diAscetica e Mistica, agosto-settembre 1975, n. 3 pag. 241.

19) SPADAFORA, op. cit., pagg. 7-9. Il testo delMonitum è riportato a pag.10.

20) Sul caso Romeo vi è un’abbondante letteratura.Hebblethwaite ne parla, a modo suo, nelle pagg. 578-579. Ben più interessante quanto riferito dal discepoloed amico del Romeo, anch’egli noto esegeta, Mons.Francesco Spadafora: cf. SPADAFORA, op. cit., pagg. 7-9;CAVATERRA, op. cit., pagg. 192-193. SI SI NO NO ( n.18, 31/10/1986). Il biografo del Card. Bea, PadreSchmidt, ne fa un accenno alle pagine 339-340, parlandodi “una dolorosa polemica da parte di una università ro-mana contro il Pontificio Istituto Biblico, accusato dimancare in fatto di ortodossia”.

21) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 579.22) SPADAFORA, op. cit., pagg. 9 e 29.23) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 588. Il lettore

non si preoccupi per la loro sorte temporale: si era or-mai nel clima conciliare, per cui Lyonnet e Zerwich ven-nero in seguito “riabilitati” et ultra.... Appena eletto,Montini li richiamò al loro posto. Wojtyla ha poi alta-mente elogiato P. Lyonnet in occasione della sua morte,avvenuta nel 1986. (Cf. SI SI NO NO, anno XII n. 1831/10/1986. L’elogio funebre per il Padre Lyonnet s.j.sanziona il tradimento dell’esegesi cattolica?).

24) HEBBLETHWAITE, op. cit., pagg. 579-581. Va dettoperò che la commissione biblica era anch’essa alquantosabotata dal Card. Tisserand, che la dirigeva dal 1937.

25) CAVATERRA, op. cit., pagg. 60 e 68. Si noti chel’autore minimizza costantemente le divergenze traOttaviani, Giovanni XXIII e Paolo VI.

26) A. RICCARDI, op. cit., pag. 151 e nota 63 a pag. 171.27) Non tutti, per la verità... Un taxista pugliese di

mia conoscenza, giocando sul fatto che nel suo dialettola lettera “a” si pronuncia “e”, invece di chiamarlo il“papa della pace” lo definiva il “papa della pece”. Èl’eccezione che conferma la regola!

28) RENZO ALLEGRI. Il Papa che ha cambiato ilmondo, Reverdito editore, Gardolo di Trento 1988, pag.161. La figura di Pio XII era giudicata a quel modo an-che dai cosiddetti “laici” e persino dagli ebrei, che oggigli sono così ostili.

29) ALLEGRI. op. cit., pag. 171 e 185.30) ANTONIO SPINOSA, Pio XII. L’ultimo Papa,

Mondadori 1992, pag. 375.31) SPINOSA op. cit., p.383.32) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 417.33) HEBBLETHWAITE. op. cit., pagg. 417 e 419.34) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 420.35) P. PAOLO TANZELLA, Papa Giovanni, Collegio

Missionario S. Cuore Andria 1973, pag. 262.36) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 422.37) HEBBLETHWAITE, op. cit., pagg. 428-430.38) Non che gli agiografi non siano storici imparzia-

li, se sono corretti e se il personaggio di cui raccontanola vita è veramente un santo.

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39) cf. “Sodalitium”, n. 23, pagg. 4-6.40) cf. “Sodalitium”, n. 32, pag. 33, nota 13.41) “Alfredo è un carissimo amico. Peccato che sia

mezzo cieco e che abbia delle mascelle che tremano co-me una laguna veneta sotto lo scirocco”. Frase riportatada GIULIO ANDREOTTI. A ogni morte di Papa. I Papi cheho conosciuto, Rizzoli, Milano 1980, pag. 70.

42) Cf. la lettera, veramente spazientita, del 2 ago-sto 1954 al nipote, che intendeva preparargli i festeggia-menti per il suo giubileo sacerdotale.

43) Così, ad esempio, rifiutò udienza al presidentedella Confindustria, il 9 luglio 1962. Evidentemente, conl’intento di favorire il centro-sinistra. Cf.HEBBLETHWAITE, op. cit., pagg. 517-518.

44) Padre Pio da Pietrelcina (1887-1968), sacerdotecappuccino, per 50 anni stimmatizzato, dal 1918 fino allamorte, quando le ferite scomparvero misteriosamente.Subì due “persecuzioni”: la prima, dal 1922 al 1933, su i-stigazione del Vescovo di Manfredonia, e la seconda,dal 1960 al 1965, nel clima del crac del banchiereGiuffré, che coinvolse l’Ordine Cappuccino. Le “perse-cuzioni” si concretizzarono in severe limitazioni del suoministero sacerdotale. Sarebbe falso e semplicistico pre-sentare questi episodi come una lotta tra conservatori eprogressisti nella Chiesa: tra i sostenitori di Padre Piotroviamo il Card. Siri e molti futuri “tradizionalisti”, maanche Montini e Lercaro. E tra gli avversari, GiovanniXXIII, ma anche, costantemente, il Sant’Offizio, il qua-le, bisogna ricordarlo, aveva istituzionalmente il compi-to di vagliare e mettere alla prova tutti i fenomeni misti-ci (o presunti tali) che avvenissero nella Chiesa. Quantoa Padre Pio stesso, fu certamente fedele alla Tradizionedella Chiesa ed alla liturgia tradizionale. PadrePellegrino, suo confratello, mi testimoniò come PadrePio consigliasse a tutti i Padri conciliari che venivano atrovarlo, di far interrompere il Vaticano II, e come eglisoffrisse per ogni sia pur minima riforma liturgica. Némai disse la Messa in italiano. Va detto, però, che ob-bedì a Paolo VI che egli credeva essere l’Autorità. Sulle“persecuzioni” contro Padre Pio si possono leggere idocumentati volumi di FRANCOBALDO CHIOCCI E

LUCIANO CIRRI: Padre Pio. Storia di una vittima 3 vol. Ilibri del No. Roma, 1967; e quelli di GIUSEPPE

PAGNOSSIN, Il Calvario di Padre Pio, 2 vol., presso l’au-tore, Padova 1978.

45) Mons. Carlo Maccari, Arcivescovo emerito diAncona-Osimo. Memoriale al Card. Ratzinger del 27novembre 1990. Estratti pubblicati su “l’Europeo”, n. 1-2, 3 o 10 gennaio 1992. pag. 64. A pag. 68 del medesimosettimanale Padre Gerardo di Flumeri dichiara al pro-posito che Mons. Roncalli non si recò da P. Pio perchédissuaso da Mons. Cesarano. Contestando quindi la di-chiarazione di Mons. Maccari, afferma: “Certe interpre-tazioni fanno male anche alla memoria di PapaGiovanni, lo fanno passare per un bugiardo”.

46) Quante ne fanno dire a Padre Pio! (il quale, es-sendo morto, non può smentire). Avrebbe così predettol’elezione di Karol Wojtyla, la “ribellione” di Mons.Lefebvre, le missioni carismatiche di innumerevoli au-to-proclamati figli spirituali… ecc. ecc.

47) “L’Europeo”, ibidem, pag. 64. La lettera diGiovanni XXIII è stata pubblicata in: Giovanni XXIII.Lettere 1958-1963, Edizioni Storia e Letteratura, Roma1978. Cf. C. MACCARI, Il Papa, il frate e io. in: Il Sabato,23 febbraio 1991, pag. 67.

48) “L’Europeo”, ibidem, pag. 66.49) CHIOCCI-CIRRI, op. cit., vol. 2, pagg. 582-583.50) PAGNOSSIN, op. cit., vol. 2, pag. 94.

51) Discorsi, messaggi, colloqui del Santo PadreGiovanni XXIII. 1958-1963, 5 vol., Tipografia PoliglottaVaticana, 1960-1967, vol.4, pag. 258. cf. HEBBLE-THWAITE, op. cit., pagg. 445-446.

52) GIOVANNI XXIII. Il Giornale dell’anima,Edizioni di Storia e Letteratura. V edizione. Roma1967. pagg. 359-360. Testo parzialmente riportato daHebblethwaite, pagg. 446-447. Con queste parole sichiude il diario di Giovanni XXIII.

53) Cf. Giornale dell’anima, op. cit., pag. 359, nota1, nella quale Loris Capovilla ripete le parole stesse diPapa Giovanni.

54) Insegnamenti di Paolo VI, Tipografia PoliglottaVaticana, vol. I, 1963, pag. 168. Citato da CAPOVILLA, in:AA.VV., Come si è giunti al Concilio Vaticano II,Massimo, Milano, 1988. pag. 38.

55) Insegnamenti di Giovanni Paolo II, Tip. Pol.Vaticana,vol. IV, 2/1981, pagg. 752-757, citato da LORIS

CAPOVILLA, in: AA.VV. Come si è giunti al ConcilioVaticano II, Massimo, Milano, 1988. pag. 24.

56) ROMANO AMERIO; Iota unum. Studio sulle va-riazioni della Chiesa Cattolica nel secolo XX, Ricciardied., Milano-Napoli. 1985, pag. 43. Amerio intende sot-tolineare l’anomala improvvisa decisione, accettando laversione di ben due “papi”... ma il “forse” che vi inseri-sce mostra come egli non ci creda troppo...

57) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 446.58) Si veda, ad esempio, la nota già citata a pag. 359

del Giornale dell’anima, e l’intervento di Capovilla in“Come si è giunti al Concilio Vaticano II”, op. cit., pag. 38.

59) HEBBLETHWAITE, op. cit., pag. 447.60) Tutte quete citazioni sono riprese da HEB-

BLETHWAITE, op. cit., pagg. 444-447.61) Cf. “Sodalitium”, n. 23, pag. 9.62) G. MARTINA, La Chiesa in Italia negli ultimi

trent’anni, Studium, Roma 1977, pagg. 85-86. SecondoMartina, quindi, non ci possiamo fidare neppure deldiario privato di Giovanni XXIII (evidentemente questisapeva che sarebbe stato pubblicato...).

63) L. BOUYER, Dom Lambert Beauduin, un hom-me d’Eglise, Castermann. 1964, pag. 180-181, citato daD. BONNETERRE, Le Mouvement liturgique, Fideliter,1980, pag. 112.

64) MARTINA, op. cit., pag. 71. Martina è piuttostocritico contro il “Giovanni del mito” costruito dagli sto-riografi ultraprogressisti (cf. pagg. 71-75). È innegabileche essi trascurino tutti i fatti che rendono più comples-sa la loro tesi o che paiono addirittura smentirla.Tuttavia il “conservatorismo” di Giovanni XXIII erapiuttosto superficiale.

65) Hebblethwaite, op. cit., pagg. 400 e 437. Le di-chiarazioni del Card. Ottaviani furono raccolte dal setti-manale Epoca (8/12/1968) e dal diplomatico americanoBernard R. Bonnot che le cita nel suo libro (dal titolo si-gnificativo) Pope John XXIII, an Astute Pastoral Leader,Alba House, New York, 1979, pag. 13. Ancora una voltala scelta del Card. Ottaviani non si rivelò felice.

66) Per tutte queste citazioni, si veda HEBBLE-THWAITE, op. cit., 432, 434, 435, 436, 440, 441. Si vedapure CAPOVILLA in “Come si è giunti al ConcilioVaticano II” op. cit., pagg. 35-37.

67) HEBBLETHWAITE, op. cit., 435.68) Cf. HEBBLETHWAITE, op. cit., pagg. 443-448.69) ANDREOTTI, op. cit., pagg. 77-78. HEBBLE-

THWAITE, op. cit., pag. 448.70) MARTINA, op. cit., pag. 86.71) WILTON WYNN, Custodi del Regno, Frassinelli

1989, pag. 81.

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RAPPORTI TRA GIU-DAISMO E MASSONERIA

di don Curzio Nitoglia

INTRODUZIONE

Qualche mese fa il gran maestro dellaMassoneria italiana, recentemente dimissio-nario, Giuliano Di Bernardo, dichiarava a LaStampa di Torino: “Si comincia coi massoni esi finisce cogli ebrei” (3 novembre 1992). El’ex gran maestro, Armando Corona, aggiun-geva: “Le persecuzioni dei massoni e degliebrei vanno sempre appaiate”.

Anche nella recensione al libro “Israele el’umanità” comparsa sulla rivista delGrand’Oriente di Italia “Hiram” (novembre‘92) si può leggere la seguente frase del rabbi-no cabalista Benamozegh: “Quel che è certo èche LA TEOLOGIA MASSONICA CORRI-SPONDE abbastanza bene A QUELLADELLA CÀBALA” (E. BENAMOZEGH, Israe-le e l’umanità, Marietti Torino, 1990, pag. 49).

Il ripetersi di queste affermazioni varia-mente evidenziate ha motivato l’interesseper l’argomento e suscitato la curiosità diapprofondire i rapporti esistenti tra Giu-daismo e Massoneria; da questo studio è na-to il presente articolo.

L’ORIGINE DELLA MASSONERIA(ARGOMENTI DI AUTORITÀ EBRAI-CHE, MASSONICHE E CATTOLICHE)

Bernard Lazare, noto scrittore ebreo, af-ferma: «È certo... che VI FURONO DEGLIEBREI ALLA CULLA DELLA MASSO-NERIA, DEGLI EBREI CABALISTI, co-me lo provano alcuni riti conservati...» (B.LAZARE, L’antisemitisme, Documents etTémoignages, Vienne 1969, pag. 167).

L’ebreo convertito, Joseph Lémann, scri-ve: «Che vi sia NEL GIUDAISMO UNAPREDISPOSIZIONE ALLA MASSONE-RIA: è incontestabile. Questa predisposizionegli viene dal suo odio contro Cristo... È... notostoricamente che ... l’antagonismo ebraico, incerca di una rivincita, lungi dal respingere ilconcorso delle società segrete, le ha sempre u-tilizzate... secondo i propri interessi controGesù Cristo e la sua Chiesa..». (J. LÉMANN,

L’entrée des Israelites dans la société française,Avallon, Paris 1886 (1987), pag. 234).

Puech, il grande storico (massone) dellereligioni, scrive: «Spesso antisemitismo edodio antimassonico sono andati assieme (...)la maggior parte dei nomi sacri e delle paroled’ordine dei diversi gradi massonici sonoebraici. Da sottolineare l’esoterismo cabali-stico delle due Colonne, dei tre Pilastri, dellastessa disposizione degli Ufficiali nel Tempio.(...) Occorre mostrare come le diverse formedella Tradizione occidentale esoterica(...Càbala giudaica, ermetismo cristico deiTemplari...) siano integrati, avviluppati nellapiramide massonica» (H. C. PUECH, Storiadelle religioni. Esoterismo, spiritismo, masso-neria, Universali Laterza, Bari 1981, pagg.160, 163, 178). Il gran rabbino di Francia JoSitruk ha recentemente affermato: “Il Giu-daismo impregna tutto il mondo moderno,specialmente con la Rivoluzione francese e ladichiarazione dei diritti dell’uomo” (France-Inter, 21 dic. 1988).

Il giornale israelitico ‘The Jewish Tribune’ha scritto: “La Massoneria è basata sulGiudaismo” (New York, 28 ottobre 1927).

Mac Gowan: “La Massoneria è fondatasull’antica Legge d’Israele” (Freemason, 2 apr.1930), che è quella talmudica e non mosaica.

Rudolf Klein: “Il nostro rituale è ebreo, dal-l’inizio alla fine” (La logia, n.ri 7-8 del 1928).Anche l’autorevole rivista dei Gesuiti “La Civiltàcattolica” riprendeva tale tesi scrivendo: “IlGiudaismo non tardò... ad intromettersi [nellaMassoneria] e... ad informarla col suo spirito, adindirizzarla ai suoi intendimenti, ad incorporarsela(...). Per tentare l’abbattimento della Religione cri-stiana... occorreva agli ebrei lavorare sott’acqua, edissimulatamente mandare avanti altri, e dietro lo-ro nascondersi (...): insomma bisognava dare l’as-salto con soldatesche non proprie (...). Ed a questaimpresa han posto mano, mettendosi a capo delmondo occulto, per mezzo della Massoneria che sison assoggettata. (...) Si tiene per certo che tuttaintera la compagine della Massoneria è regolatada un sinedrio ebraico (...). Nell’atto pratico,GIUDAISMO E MASSONERIA SI CON-FONDONO E S’IMMEDESIMANO, come ilferro colla mano dell’assassino che lo vibra (...). ILFINE ULTIMO AL QUALE IL GIUDAISMOMIRA... PER MEZZO DEL MASSONISMO(...) E IL DOMINIO UNIVERSALE, L’IMPE-RO DEL MONDO” (La Civiltà Cattolica, serieXIV, vol. 8, 1890 citata in R. PIPERNO, L’antisemi-tismo moderno, Universale Cappelli, Rocca SanCasciano 1964, pagg. 124 - 129).

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La questione ebraica

Gli autori finora citati, ebrei o massoni,dicono chiaramente che tra Massoneria eGiudaismo vi è un rapporto assai stretto: maqual’è la natura di questo rapporto?

Nella seconda edizione delle Costituzionidi Anderson-Desaguliers (Londra 1738),troviamo questo passaggio: il Massone è te-nuto “ad osservare la legge morale come ve-ro NOACHIDE” (1). Cosa significa ciò?«Dal punto di vista del Giudaismo, il NOA-CHISMO è la sola religione ancora in vigoreper l’umanità non ebrea, i giudei esercitandola funzione di sacerdoti dell’umanità ed es-sendo sottomessi... alla legge di Mosè» (U.FIDELE. Le décalogue de Satan. Ciclostilatoin proprio, sine loco et data, pag. 36).

Ancor meglio spiega un grande speciali-sta, il rabbino di Livorno Benamozegh:«L’Ebraismo ammette un duplice culto: [ilculto laico, noachide, dell’umanità ed il culto,sacerdotale, di Israele] (...). Il legame chenell’ebraismo, riuniva i due culti... è l’organiz-zazione del genere umano in sacerdoti [gliIsraeliti ndr] e laici [i non israeliti, ndr] ... Ilcompimento della legge noachide [è]... quelminimo di religione e di moralità a cui nessu-na società al mondo può rinunciare se nonvuole estinguersi irrimediabilmente. (...) [ilnoachide è uno straniero] non sottomesso allareligione mosaica. Si tratta dei “proseliti dellaporta” [non del tutto convertiti all’ebraismo,ndr], i quali sono concittadini senza esserecorreligionari; si differenziano dai “proselitidi giustizia”, del tutto convertiti all’ebraismo.(...) Il noachide (o proselito della porta) nonera sottomesso alla circoncisione...: è il gentileche ha accettato i sette precetti di Noè e nonsi è né circonciso né battezzato» (E. BENA-MOZEGH, op. cit., pagg. 198-213).

IL MASSONE dovendo sottomettersi al-la legge noachide, NON È PERCIÒNIENT’ALTRO CHE IL FEDELE LAICODEL PRETE EBREO che è sottomesso allalegge mosaica o meglio ancora talmudica.

Infatti è noto che il massone vuol ricostrui-re il Tempio di Salomone, ma qual’è il sensovero e nascosto di tale asserto? «QuandoSalomone procedette al censimento, degli stra-nieri o noachidi (i massoni di oggi, ndr) ... [es-si] vennero scelti per lavorare all’edificazionedel Tempio» (ibidem, op. cit., pagg. 213 - 214).

DUNQUE IL MASSONE, ODIERNONOACHIDE, per sua libera scelta, DEVECOSTRUIRE IL TEMPIO D’ISRAELE,SOTTO LE DIPENDENZE DEL GIU-DEO, SUO SACERDOTE E MAESTRO.

Ma cosa significa esattamente ricostruireil Tempio? Ecco cosa risponde Benamozegh:«La casa di Dio (il Tempio, ndr)... era un’im-magine e come un riassunto dell’intero uni-verso. L’attento esame della sua architettu-ra... rivela il suo carattere eminentementesimbolico. (...) In tal modo era simboleggiatala separazione esistente tra il genere umanoed il popolo sacerdotale. (...) Così il luogosanto, ossia il recinto di mezzo, non rappre-sentava l’uomo in generale, ma in specialmodo l’Israelita; il sagrato tutto il resto dellafamiglia di Adamo, e l’insieme dell’edificio,tutto il nostro universo. (...) I rabbini poste-riori al Talmud (...) confermarono tutti laconcezione di religione universale che si ri-vela... nella forma del Tempio.

(...) Vediamo ora che parte abbiano avu-to i gentili nell’edificazione del santuario... ÈHiram, che su richiesta di Salomone, forni-sce i materiali e gli artisti necessari alla co-struzione del Tempio. (...) Hiram, che laScrittura ha cura d’indicare come figlio dimadre ebrea e di padre originario di Tiro,come se nella sua persona Israele e laGentilità si associassero per l’opera divina»(E. BENAMOZEGH, op. cit., pagg. 263-268).

COSTRUIRE IL TEMPIO SIGNIFICADUNQUE FONDARE LA RELIGIONEUNIVERSALE IN CUI IL GIUDEO È ILSACERDOTE ED IL MASSONE IL SEM-PLICE FEDELE, infatti: “Quali sono lecondizioni proclamate essenziali perché lapreghiera dei gentili sia ascoltata da Dio?La loro adorazione deve essere in primoluogo conforme a quella degli israeliti (...).Devono poi riconoscere la missione sacer-dotale degli ebrei” (ibidem, pagg. 269-270).Pertanto, commenta U. FIDELE, «UN BU-ON MASSONE NON SAREBBENIENT’ALTRO CHE UN “LAICO” D’I-SRAELE. In altre parole: LA MASSONE-RIA ERA, fin dalle sue origini, UN’OR-GANIZZAZIONE DESTINATA A GIU-DAIZZARE I ‘GOIM’ (i non ebrei)» (op.cit., pag. 36). Benamozegh conferma a suavolta: “La religione universale, non consistein una pura e semplice conversione dei gen-tili al mosaismo, ma nel dovuto riconosci-mento da parte dell’umanità della veritàdella dottrina d’Israele” (E. BENAMOZEGH,op. cit., pag. 271). In breve IL MASSONEDEVE AIUTARE, da buon laico fedele, ILSUO MAESTRO E SACERDOTEEBREO, A CONVINCERE TUTTI I PA-GANI CHE L’UNICA VERA RELIGIO-

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NE È QUELLA TALMUDICA, della qua-le i pagani entreranno a far parte non a tito-lo pieno, ma come noachidi.

«L’edizione del 1738 [delle Costituzioni diAnderson] va oltre, travalica i limiti delCristianesimo - scrive il professor Vannoni -in quanto dichiara che la religione su cui tuttigli uomini convengono è rappresentata daiprincìpi del noachismo. Cristo è superato inuna regressione temporale fino al patriarcaantidiluviano Noè, ‘Noah’ in ebraico. (...)Occorre notare... che IL VECCHIO TESTA-MENTO narra di Noè, ma NON FA PARO-LA DEI PRINCIPII NOACHICI, PER IQUALI SI DEVE RICORRERE AL TAL-MUD. Dunque CON LA SECONDA EDI-ZIONE DELLE COSTITUZIONI DI AN-DERSON LA MASSONERIA COMPIEUN PASSO PIÙ LUNGO... ANDANDOAD ATTINGERE NEL TALMUD I PRO-PRI FONDAMENTI IDEOLOGICI UFFI-CIALI» (G. VANNONI, op. cit., pagg. 45-46).

È lecito perciò concludere già fin d’orache LA MASSONERIA È UNA SOCIETÀD’ORIGINE TALMUDICA!

La “Verité Israélite”, una rivista ebraicadi Parigi, nel 1861, riassumeva molto bene irapporti che esistono tra Giudaismo eMassoneria: “Questi rapporti sono più intimidi quanto non si pensi. Il Giudaismo devemantenere per la Massoneria in genere, unaviva e profonda simpatia (...) [LO SPIRITODELLA MASSONERIA] È LO SPIRITODEL GIUDAISMO NEI SUOI DOGMIFONDAMENTALI, è il suo ideale, è il suolinguaggio, è quasi la sua organizzazione (...)Il Tempio che bisogna costruire, da quandoil santuario di Gerusalemme è stato distrut-to... è il santuario morale, il divino asilo incui si riuniranno un giorno... tutti gli uominiriconciliati” (“Vérité Israélite”, 80 rue Tai-tbout, tome 5, 1861, pag. 74).

“L’UNITÀ DEL GENERE UMANOALLA QUALE EBREI E MASSONI LA-VORANO - commenta Leon de Poncins - Èl’UNIFICAZIONE DEL MONDO SOTTOLA LEGGE EBREA” (L. DE PONCINS,Christianisme et franc-maçonnerie, D.P.F.,Chiré-en Montreuil 1975, pag. 112).

Alcuni autori pensano che il Giudaismosia l’origine e la causa della Massoneria, peresempio mons. Jouin: “I MASSONI SONOTRA LE MANI DEI GIUDEI che impri-mono una direzione unica alle logge sparse emoltiplicate da essi in tutto l’universo.Queste logge massoniche, d’altronde saran-

no soppresse coll’avvento del Supergovernod’Israele (il nuovo ordine mondiale, ndr).

(...) I massoni sono, con i giudei, i fedelidella Contro-Chiesa: subiscono l’unica dire-zione d’un anti-papismo mondiale... I MAS-SONI COMPONGONO IL TERZ’ORDI-NE MENDICANTE DEGLI EBREI.

Al contrario, a sentire certi massoni, non esi-ste né parentela né fraternità tra loggia e ghetto.

(...) In Ungheria, invece, in cui la dissolu-zione delle Logge (1920) ha dato luogo alla di-vulgazione di più documenti... si ha la provache vi è una questione ebraica ed una questio-ne massonica, e che l’una e l’altra sono indisso-lubilmente connesse. (...) La questione masso-nica dipende da quella ebraica... BISOGNADUNQUE AFFERMARE CHE LA MAS-SONERIA È FIGLIA DEL GIUDAISMO?NON SAREBBE UN ERRORE, MA SIMANCHEREBBE DI PRECISIONE: ILGIUDAISMO È IL NONNO DELLA MAS-SONERIA CHE HA COME PADRE IL RI-NASCIMENTO, L’ILLUMINISMO E LARIFORMA PROTESTANTE. Ma le influen-ze del Giudaismo sono assai forti nell’Uma-nesimo, nell’Illuminismo e nel Protestan-tesimo” (MONS. E. JOUIN, Le péril judéo-maçonnique, II tome, Revue internationaledes Societés Secrètes, Paris 1921, pagg. 1-7).

Un altro autorevole autore, il Drumontscrive: «La lotta contro la Fede [dei cristia-ni]... è la persecuzione di tre religioni che vo-gliono opprimerne un’altra. Se gli EBREI,assieme ai MASSONI, si sono distinti per unodio speciale contro Colui che hanno croci-fisso, se furono il capo del movimento [rivo-luzionario] (...) essi furono poi aiutati daiPROTESTANTI [che odiavano la Chiesa edil Vicario di Cristo]...

La Massoneria è un ordine religioso in ri-volta (...). L’ORIGINE GIUDAICA DEL-LA MASSONERIA È MANIFESTA...APRITE QUALSIASI RITUALE E TUT-TO VI PARLA DEL GIUDAISMO. Ka-dosch, 30° grado, vuol dire Santo in ebraico...

SIMPATIA E TENEREZZA PER GE-RUSALEMME ED I SUOI RAPPRESEN-TANTI; ODIO PER CRISTO ED I CRISTIA-NI: TUTTA LA MASSONERIA È QUI.

(...) La Massoneria fu una sorta diGiudaismo aperto [ai pagani]... un ufficio dipubblicità in cui gli ebrei fraternizzavanocon degli uomini che non avrebbero potutoincontrare a casa loro.

Nascosto e riparato dietro questa mac-china di guerra che lo nascondeva, l’ebreo

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poté compiere il male, senza esserne il re-sponsabile... » (E. DRUMONT, La FranceJuive, Paris 1885, Marpon et Flammarioned., pagg. 310 - 329) (2).

GLI EBREI NELLA PREPARAZIONEDELLA MASSONERIA

È anche molto interessante la testimonian-za del celebre autore ebreo James Dar-mesteter: “L’ebreo cerca i punti più vulnerabi-li della Chiesa, ed egli ha al suo servizio - perpoterli scoprire - oltre la conoscenza dei Librisanti, la sagacia dell’oppresso. Egli è il dottoredell’incredulo, tutti i rivoltosi spirituali si rivol-gono a lui, nell’ombra o in piena luce.

Egli lavora nell’immenso laboratorio del-la bestemmia... è lui che forgia tutto quell’ar-senale assassino di ragionamenti e d’ironiache armerà gli scettici del Rinascimento ed ilibertini; e quel certo sarcasmo di Voltairenon è che l’ultima eco d’una parola mormo-rata, ... sei secoli prima, nell’ombra del ghet-to, o meglio ancora ai tempi di Celso ed’Origene, alla culla stessa della religionedel Cristo” (J. DARMESTETER, Coup d’oeilsur l’histoire du peuple juif, Paris 1881).

Da tutte queste correnti anticristiane èinfine nata la Massoneria, figlia del Paga-nesimo rinascimentale, dell’Illuminismo edel Libero Esame protestantico, nipotedell’odio giudaico contro Nostro SignoreGesù Cristo e pronipote di Lucifero. “LaMassoneria moderna... si ricollega, non soloalla Massoneria operativa ove si sono infil-trati dei membri onorari che l’hanno trasfor-mata in Massoneria speculativa, ma anchealle sétte, alle società segrete, occultiste e ca-baliste, che le sono anteriori, e nelle quali siritrova l’elemento giudaico” (MONS. E.JOUIN, op. cit., pag. 7. - Cf. anche MONS. H.DELASSUS, La Conjuration antichrétienne,Lille 1910, Desclée, Tome II, pagg. 420 - 428;564 - 577; 613 - 628; 675 - 688).

GLI EBREI ALL’ORIGINE DELLAMASSONERIA

“Le Logge martiniste furono mistiche,mentre gli altri ordini della Massoneria era-no piuttosto razionalisti; ciò ci permette diaffermare che le società segrete rappresenta-no i due aspetti dello spirito ebreo: il razio-nalismo pratico ed il panteismo... che sfocianella magia cabalistica... Gli ebrei sono riu-sciti ad essere i buoni agenti delle società se-

grete, poiché le dottrine di queste societàs’accordavano con le loro proprie...” (B.LAZARE, op. cit., pag. 167).

Una rivista massonica degli Stati Unitiscriveva: “L’autore (dell’articolo, ndr) haspesso notato come un ebreo, educato nell’or-todossia giudaica riceva la luce massonica. (...)Alcuni fratelli ebrei che vengono dall’Europa,ove la razza giudaica è perseguitata, trovanola luce e la libertà massoniche così confortan-ti, che credono ritrovarvi il Giudaismo più pu-ro... Ma la vera ragione per la quale l’ebreoistruito nelle Scritture e nel Rituale della suaReligione è famigliare coi dettagli che la piùantica Massoneria gli offre, è che le cerimonieebree riproducono attualmente tutti i segnimassonici, la maggior parte dei nostri simbolied una gran parte della fraseologia dei gradimassonici” (“Square and Compasses”, Nou-velle-Orléans, febbr. 1921, pag. 13).

Anche il padre gesuita Caprile scrive:“NELLA MASSONERIA ANDARONO ACONFLUIRE UNA QUANTITÀ d’idee eDI ELEMENTI proprii di correnti... cabalisti-che... ATTINTI ALL’EBRAISMO. (...) L’an-no massonico si ottiene aggiungendo 4000all’anno corrente (...). IL RITO SCOZZESESEGUE L’ANNO GIUDAICO computatoaggiungendo a quello in corso la cifra 3760...”(G. CAPRILE S.J., Massoni e Massoneria, ed.La Civiltà cattolica, Roma 1958, pagg. 8 - 9)

Ed ancora, se il dottor Isaac-M. Wise (ilnome stesso è indicatore) dice: “LA MAS-

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Il F .˙. Ebreo Sayer, primo Gran Maestro della Gran Loggia di Londra

SONERIA È UN’ISTITUZIONE EBREA,LA CUI STORIA, I REGOLAMENTI, IDOVERI, LE PAROLE D’ORDINE E LESPIEGAZIONI SONO EBREE DAL-L’INIZIO ALLA FINE” (“The Israelite”, 3e 17 agosto 1855), Mons. Jouin può conclu-dere: “LA MASSONERIA È UN’ISTITU-ZIONE MARCHIATA FIN DALLA SUANASCITA CON UN’IMPRONTA EBREA,COL SUO DUPLICE CARATTERE DEI-CIDA E SATANICO” (MONS. E. JOUIN, op.cit., pag. 14).

Notevole interesse riveste l’affermazionea tale proposito del giornalista BernardLazare: “ERA INEVITABILE CHEL’EBREO AVESSE UN RUOLO NELLERIVOLUZIONI: E LO HA AVUTO. (...) Italmudisti furono ad un dato momento deifilosofi razionalisti. (...) Questi razionalisti...(dal X al XV secolo, fino al Rinascimento)furono gli ausiliari di ciò che potrebbe esserechiamata la rivoluzione generale nell’uma-nità. Aiutarono l’uomo... a sbarazzarsi deivincoli religiosi.

(...) Nel tempo in cui il cattolicesimo e laFede cristiana erano il fondamento degliStati, combatterli o fornire delle armi a colo-ro che li attaccavano, significava fare operarivoluzionaria... GLI EBREI... APPOG-GIARONO IL MATERIALISMO ARA-BO, CHE SCOSSE COSÌ FORTEMENTELA FEDE CRISTIANA e sparse l’incredu-lità, A TAL PUNTO CHE SI AFFERMÒL’ESISTENZA DI UNA SOCIETÀ SE-GRETA CHE AVEVA GIURATO LA DI-STRUZIONE DEL CRISTIANESIMO.(...) GLI EBREI FURONO ASSAI NUME-ROSI NELLE SOCIETÀ SEGRETE cheformarono l’armata combattente rivoluzio-naria, NELLE LOGGE MASSONICHE,NEI GRUPPI DELLA CARBONERIA,NELL’ALTA VENDITA ROMANA, dap-pertutto, in Francia, in Germania, in Sviz-zera, in Austria, in Italia.

(...) Sono stati tra i fondatori del capitali-smo industriale e finanziario ed hanno pro-testato con veemenza contro il capitale (...).Furono tra coloro che prepararono la rivolu-zione col pensiero e tra coloro che la tradus-sero in atto.

(...) Marx, discendente da una famiglia dirabbini... ereditò tutta la forza logica dei suoiavi, fu un talmudista lucido e chiaro... chefece della sociologia ed applicò le sue qualitànative d’esegeta alla critica dell’economiapolitica. Fu animato da quel vecchio materia-

lismo ebraico che sognò sempre un paradisorealizzato sulla terra... ma non fu solo un lo-gico, fu anche un rivoltato, un agitatore, un a-spro polemista e prese questo dono del sar-casmo e dell’invettiva, ... alle fonti ebraiche”(B. LAZARE, op. cit., pagg. 162 - 170).

DIREZIONE EBRAICA DELLA MAS-SONERIA?

Oggi più che mai, la Massoneria è la pa-drona del mondo, in quanto è la “mobilizza-zione delle forze del male che attaccano la so-cietà e la religione” (MONS. E. JOUIN, op. cit.,pag. 85 - 87). L’ideale massonico è quindi “lasupremazia della ragione sulla Fede, la pro-clamazione dei diritti dell’uomo (...). È il libe-ro esame, la morale libera ed indipendente, lalibertà di coscienza... che sfocia nella laicizza-zione della società, in breve è il ritorno al pa-ganesimo” (ibidem). L’IDEALE MASSONI-CO - ideale rivoluzionario e pagano - È OP-POSTO A QUELLO CATTOLICO... DIQUI IL VERO FINE INTERNAZIONALEDELLA MASSONERIA: LA DISTRUZIO-NE DEL CATTOLICESIMO... LA PARO-LA D’ORDINE DELLA MASSONERIA ÈSTATA BEN RIASSUNTA DA TIGROT-TO: “NOI COSPIRIAMO SOLO CONTROROMA”... In Francia, la rivista [massonica]“L’Acacia”, chiama continuamente laMassoneria: “la Contro-Chiesa, la Chiesadell’eresia, cioè dell’opinione; la Chiesa del li-bero pensiero e del libero esame” (MONS. E.JOUIN, op. cit., pagg. 85 - 90).

Proprio in relazione all’ispirazione ebrai-ca della Massoneria e del suo asservimentoai fini di dominio mondiale degli ebrei, rive-ste particolare interesse l’affermazione delmassone Findel: “Un dì, sono intervenutocon calore per gli ebrei, poiché mi sembrava-no degli oppressi. Ora ho capito che sono inostri oppressori” (J-G. FINDEL, VermischteSchriften, t. II, pag. 92; Leipzig 1902).

Gli ebrei usano i massoni per scatenarela Rivoluzione in tutte le nazioni.

ANTAGONISMO DI FINI ED IDENTITÀDI LAVORO TRA MASSONERIA EGIUDAISMO

«La REPUBBLICA UNIVERSALE,frutto della rivoluzione sociale, è soltanto ilpenultimo atto del dramma massonico.Quale sarà l’ultimo? Il SUPERGOVERNOEBREO. La rovina è compiuta, perciò la

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Massoneria, che è soltanto opera di distru-zione, deve scomparire. (...) [Infatti] l’anta-gonismo della Massoneria e del Giudaismo èirriduttibile. I MASSONI VOGLIONO LAREPUBBLICA UNIVERSALE COME FI-NE ULTIMO, la fraternità, l’umanitarismo,il regno del popolo (...).

GLI EBREI VEDONO NELLA RE-PUBBLICA UNIVERSALE SOLTANTOIL TRAMPOLINO PER DOMINARE LENAZIONI DECADUTE... E STABILIREIL SUPER-GOVERNO D’ISRAELE, ba-sato su una dittatura, un’autocrazia, una ti-rannia sconosciute... nel passato. IL LAVO-RO giudaico massonico è lo stesso; IL FINEe l’ideale degli ebrei e dei massoni è opposto“per diametrum”.

Così IL VERO NEMICO È L’EBREO...[nella Storia] ci si trova davanti due città:quella di Dio e quella di Satana, da venti se-coli la città di Dio è la Chiesa cattolica e lacittà del male è il popolo ebreo, popolo in-ternazionale, sparso su tutta la terra (...).Qui la lotta eterna del bene e del male, diCristo e di Satana, si gioca tra il popolo cat-tolico ed il popolo ebreo» (MONS. JOUIN, op.cit., pagg. 100 - 116).

CHE FARE?

Dopo tutto quello che si è detto quali ri-medi si possono approntare?

Non certo i pogrom.Né il ghetto (è ormai lontana la Cristianità

medievale in cui, come diceva Leone XIII “lafilosofia del Vangelo governava gli Stati”); an-che la conversione degli Ebrei è un misterodella Fede la cui realizzazione non dipende danoi. Solo un rimedio ci è dato: LA NOSTRACONVERSIONE: infatti IL GIUDAISMOIMPERANTE È IL CASTIGO DEL CAT-TOLICO TIEPIDO. Il Giudaismo penetranella società nella misura in cui essa rigetta ilRegno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo.«Più rigetterete la povertà di Gesù Cristo peradorare il vitello d’oro, più l’ebreo monopo-lizzerà la fortuna pubblica e cambierà in ban-che i nostri palazzi più belli. Più rigetterete lapurezza di Gesù Cristo, più l’ebreo semineràla corruzione dei costumi... Più rigetterete l’u-miltà di Gesù Cristo, più esalterete l’uomo...per farne un “dio”, più tali vane adulazionidel pensiero umano lo circonderanno d’igno-ranza e di tenebre... LA CONVERSIONE ÈL’UNICO RIMEDIO. Fate rientrare GesùCristo e l’ebreo indietreggerà, i mercanti del

Tempio vedranno le loro tavole rovesciate...In una parola cessiamo di giudaizzarci. Alloral’ebreo ridiverrà l’ebreo errante e si rinchiu-derà nei ghetti, aspettando la sua conversionesincera, il giorno in cui noi ridiverremo since-ramente cattolici» (MONS. E. JOUIN, op. cit.,pagg. 118 - 119).

LA TEOLOGIA DELLA MASSONERIAE QUELLA DELLA CÀBALA

Il rabbino di Livorno Elia Benamozeghammette l’identità tra le due teologie; ana-lizziamo ora più in profondità, in cosa essaconsista.

«I DOGMI DELLA MASSONERIASONO QUELLI DELLA CÀBALA, ed inparticolare quelli del libro ‘Zohar’. Questofatto non è palese in nessun documento mas-sonico. È questo uno dei grandi segreti chegli ebrei hanno saputo serbare per se stessi.(...) L’insegnamento della dottrina massoni-ca è velato... sotto tre “ decorazioni” ed“emblemi”, che sono derivati dall’invisibileautorità suprema della Massoneria, come itre ‘Sefiroth’ superiori e i sette inferiori ema-nano dall’inscrutabile ‘Ensoph’ della Càbala.

(...) Secondo la Massoneria cabalistica, iltriangolo equilatero è un emblema dellaTrinità infinita... di cui l’uomo è un’emana-zione finita. ...I tre punti (.˙.) rappresentanouna forma limitata...dell’Essere infinito cheè rappresentato dal triangolo in linee (∆). Ipunti che i massoni aggiungono al loro nomesono una professione di fede, essi esprimonocon ciò la loro credenza al dogma fonda-mentale... del loro Ordine, che L’UOMO ÈUN’EMANAZIONE INDIVIDUALEDELLA DIVINITÀ E QUINDI DIVINOLUI STESSO: ... essi si rendono colpevoli diun’audace deificazione dell’uomo» (MONS.MEURIN, La Frammassoneria Sinagoga diSatana, Siena 1895, Ufficio della bibliotecadel clero, Pagg. 17 - 18).

Per i cabalisti l’ ‘Ensoph’ (l’infinito: en =senza; soph = limite) era piuttosto l’indetermi-nato che l’infinito, la pura potenza o materiaprima (la ‘materia matrix’, come la chiameràTeilhard), che l’Atto puro. Da esso emana ne-cessariamente l’individuo che è così della suastessa sostanza “divina”. Come si vede taleconcezione è il PANTEISMO che è la nega-zione della differenza essenziale tra Dio el’universo, è la deificazione della creatura, èl’antica tentazione demoniaca che ripeteall’uomo: “Voi sarete come Dio” (Gen. III, 5).

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«L’idea di Dio è la pienezza infinita ditutte le perfezioni possibili. L’idea dell’‘Ensoph’ cabalistico è il vuoto assoluto... unozero perfetto, il Nulla infinito. ...Dio èl’Essere supremo; l’‘Ensoph’ è un’astrazionepuramente mentale, un idolo immaginario,scioccamente adorato dagli ebrei cabalisti edai massoni come causa prima» (MONS.MEURIN, op. cit., pag. 44).

I DIRITTI DELL’UOMO SOSTITUISCO-NO QUELLI DI DIO

Il creato è perciò un’emanazione dell’in-determinato; tale dottrina la si può chiamaredeificazione o culto dell’uomo, oppure an-tropomorfismo di Dio. «Mettere i dirittidell’uomo al posto della legge divina, stabili-re il regno dell’umanità al posto di quello delCreatore, è questo il fine supremo delle so-cietà segrete... Le sétte per realizzare questofine s’accaniscono contro la Chiesa cattoli-ca... ciò che vogliono colpire è la SedeRomana, che fa sì che la Chiesa cattolicanon s’abbasserà mai a diventare una chiesanazionale come quella ortodossa o anglica-na, ma resterà sempre universale. (...)Corrompere la Chiesa, trasformare il cattoli-cesimo... è il sogno [delle sétte]... “ciò di cuiabbiamo bisogno è di un Papa secondo i no-stri pensieri” [scriveva il capo dell’Alta ven-dita, citato da CRÉTINEAU-JOLY, L’EgliseRomaine en face de la Révolution, T. II,pagg. 85 - 88, ndr]... se un simile disegno po-tesse realizzarsi [e purtroppo con il VaticanoII si è realizzato, ndr] la Rivoluzione sarebbeveramente padrona del mondo ed il Regnodi Satana sostituirebbe quello di Cristo [ma“le porte dell’Inferno non prevarranno” defi-nitivamente, ndr]» (MONS. N. DESCHAMPS,Les sociétés secrètes et la société, Avignon1881, Seguin éd., tome Ier, pagg. CI - CVII).

SCOPO DELLA CÀBALA E DELLAMASSONERIA

“Molti non lo crederebbero - scrive Pa-dre Caprile - eppure come scopo ultimo del-la sua attività... la Massoneria si propone ildominio del mondo e della società, elimi-nando e - se fosse possibile - distruggendo laChiesa e la Religione cattolica” (G. CA-PRILE, op. cit., pag. 15).

Lo scopo della Massoneria è la Re-pubblica universale e la Massoneria è un’isti-tuzione ebrea. «Imbevuta della filosofia caba-

listica, LA MASSONERIA NON È STABI-LITA - si chiede Mons. Meurin - PER ESSE-RE LO STRUMENTO DEL POPOLOEBREO?... L’uomo archetipo, l’uomo per ec-cellenza, il modello di tutti gli uomini, èl’ebreo!... Carlile, un’autorità massonica, con-tinua Mons. Meurin, dà la definizione seguen-te del nome di ebreo: “Il senso originale delnome... di ebreo era quello di un uomo savioe perfetto... La parola ha lo stesso significatoche Jahvé: letteralmente è il Dio dell’uomo”(“Manual of Freemasonry”, pag. 177)... L’uo-mo perfetto è dunque l’ebreo» (MONS.MEURIN, op. cit., pagg. 84 - 86).

Il massone perciò quando parla di perfe-zionamento etico dell’uomo, parla di giu-daizzazione dell’umanità.

Da parte ebraica il Giudaismo religionenon ha compreso il senso spirituale della suavocazione ed ha creduto che il Regno delMessia sarebbe stato un regno temporale emateriale nel quale l’ebreo sarebbe il granmaestro supremo di tutto l’universo (dei noa-chidi, come spiega Benamozegh). PER L’E-BREO, quindi, LA RELIGIONE È L’ASPI-RAZIONE AL DOMINIO UNIVERSALE.

Nella Massoneria i profani sono giudaiz-zati (diventano noachidi o “fedeli della por-ta”) e divengono i fedeli del sommo sacerdo-te dell’umanità: l’ebreo. La Càbala ha tentatofin dal nascere della Chiesa di giudaizzarlamediante lo Gnosticismo “che era la Càbalaebrea adattata ad un fine speciale, quellod’infiltrarsi nel Cristianesimo nascente perdistruggerlo. Opprimere l’infame eresia delNazareno è stato sempre il più vivo ed odio-so desiderio dei giudei decaduti. (...) Come iloro padri avevano straziato il Corpo diCristo coi flagelli, così i giudei dei primi seco-li hanno tentato per mezzo della Gnosi, di fa-re a pezzi la sua Persona e la sua Natura divi-na (...). Non essendo riusciti di primo colpoin quell’opera diabolica, nonostante l’allean-za della loro Sinagoga coll’eresia, persevera-rono con una tenacia inaudita ad assalire ildogma cristiano creando sempre nuove sétte,figlie della Càbala, e finirono coll’associare alveleno dissolvente della loro dottrina cabali-stica, l’astuzia e la violenza delle passioniumane: I GIUDEI CREARONO LA MAS-SONERIA, L’ALLEANZA DELLA SINA-GOGA DECADUTA CON UN ORDINEDECADUTO DI CAVALLERIA RELI-GIOSA. ALL’ODIO DI SATANA EDELL’EBREO, SI AGGIUNSE QUELLODELL’APOSTATA. L’INFERNO, LA SI-

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NAGOGA E L’APOSTASIA, LEGATEASSIEME CONTRO IL SIGNORE E ILSUO CRISTO, ECCO LA STORIA DELMONDO DA SECOLI E SECOLI” (MONS.MEURIN, op. cit., pagg. 113 - 114).

Se consideriamo che la Massoneria hacome genitori prossimi il Paganesimo delRinascimento ed il Libero Esame dellaRiforma protestante, oltre al Filosofismo il-luminista, è naturale e logico concludere che“Nessuno aveva interesse a ravvivare l’anti-co Paganesimo; il Cristianesimo lo aveva so-stituito in una maniera molto vantaggiosa.Non vi erano più pagani che tenessero allecredenze dei loro antenati. I soli ebrei ave-vano interesse ad opporsi alla consolidazio-ne ed al libero svolgimento della civiltà cri-stiana” (MONS. MEURIN, op. cit., pag. 142).

GLI EBREI MAESTRI NELLA MASSO-NERIA

«Hiram, ... il grande eroe della favolamassonica, era nato da un matrimonio mistotra un Cainito ed una Adimita. Suo padre eraTiziano, della stirpe di Cam, di Caino, e quin-di secondo la favola... dei massoni un discen-dente di Eblis, ... che sotto forma di serpenteaveva sedotto Eva. Sua madre era della tribùdi Neftali, e quindi discendente di Sem, diSeth e di Adamo (...). Questo matrimoniomisto da cui è venuto l’eroe della Massoneriaè il simbolo dell’alleanza tra l’ebreo e Satana,da cui è nata la società segreta. (...) ESAMI-NIAMO LE DOTTRINE... DELLA MAS-SONERIA E TROVEREMO DAPPER-TUTTO L’EBREO... Le decorazioni e gli in-segnamenti della loggia provano che LACÀBALA EBREA È LA DOTTRINA,L’ANIMA, LA BASE E LA FORZA OC-CULTA DELLA MASSONERIA” (MONS.MEURIN, op. cit., pagg. 173 - 174). Sappiamoche i cabalisti hanno trasformato l’Uomo-Dio, il Verbo incarnato, in una emanazionedell’ ‘Ensoph’ ed al contrario hanno fattodell’ebreo Iddio stesso; quindi aggiungiamoal deicidio il peccato luciferino di farsi “dio”,e comprenderemo la rabbia e l’odio abissaledell’ebreo cabalista contro Nostro SignoreGesù Cristo e la sua Chiesa e di conseguenzal’attività febbrile che egli mette nel distrug-gere tutto ciò che si oppone alla sua ambizio-ne e nel rifabbricare il Tempio di Salomone,simbolo del suo super-governo mondiale.L’ebreo si serve del massone come di un fe-dele laico in questa duplice opera di “solvere

et coagulare”. Gli ebrei sono l’anima dellaMassoneria ed i rivoluzionari “cristiani” nonsono che dei burattini nelle loro mani.

«L’Inferno ha scatenato... gli errori funestidel Paganesimo vinto un tempo; ha chiamatosotto il suo vessillo l’odio antico della Si-nagoga decaduta e l’audacia esasperata delpopolo deicida... ha arruolato nel suo esercitotuttte le violente passioni dell’umanità viziata(...). Tutte queste forze l’Inferno le ha orga-nizzate e le dirige contro la Chiesa di Cristo(...). Il Paganesimo, il Giudaismo, l’apostasia,i vizi e le passioni, sotto la suprema direzionedi Lucifero, montano assieme l’assalto allaChiesa (...). La sposa del Salvatore è assuefat-ta a vincere colla sofferenza. La Massoneria,nuova Sinagoga di Satana, sarà - come l’anti-ca Sinagoga - vinta dalla Croce.

(...) Il popolo d’Israele, quanto è grandee maestoso finché comunica col Signore, maquanto è terribile ed orrendo nel suo odiocontro il Messia disconosciuto ed ucciso sul-la Croce! Se egli volesse solamente elevarsidal senso materiale dei suoi Libri santi alsenso spirituale sarebbe salvo... Ma non lovuole. Il suo accecamento è volontario... l’or-goglio ne è la spiegazione. (...) L’orgoglio diuna grande intelligenza preferisce mille vol-te soffrire che abbassarsi e riconoscere ilproprio errore. Appena si umilia davanti aDio, l’ebreo vede “cadere dai suoi occhi, del-le scaglie” (Atti IX, 18)... Perché dunque gliebrei non vedono la verità? Perché - orgo-gliosamente - la cercano in una Càbalaprofondamente antirazionale ed apertamen-te satanica? Non sperate, o ebrei, di poterfuggire alla sventura che vi minaccia ancorauna volta! la vostra nazione deicida è in que-sto momento arrivata ad uno di quegli apo-gei di potere... che deve finire, come sempre,in una grande sventura nazionale. Il giornoche vi opprimerà sarà la vigilia di un’espan-sione vitale della Chiesa, vostra vittima, taleche la Storia non ha mai veduta. I vostri pro-feti lo hanno ad essa promesso!» (MONS.MEURIN, op. cit., pagg. 414 - 415).

GIUDAISMO E MASSONERIA (ARGO-MENTI DI RAGIONE)

Con la distruzione di Gerusalemme e la lo-ro dispersione (135 d. C.), gli ebrei hanno volu-to portare con sé la loro patria, i dispersi non sison separati gli uni dagli altri, non hanno cerca-to di fondersi con la nazione che li ospitava,non hanno voluto perdere il loro carattere di

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stranieri. Si sono raggruppati pertanto, ovun-que andavano, in piccoli agglomerati che costi-tuivano delle vere nazioni nella nazione. Daquesta situazione anormale nasceva inevitabil-mente una diffidenza reciproca tra ospite ed o-spitante. L’ostilità, generata da interessi oppo-sti, seguì ben presto tale diffidenza. “Dovettestabilirsi tra invasi ed invasori, ... un regime dilotta analogo... a quello che esiste tra un insettoparassita e l’animale sul corpo del quale s’in-stalla. Questo si difende come può - scriveCopin Albancelli, cui attingerò liberamente inquesta parte dell’articolo - ...vuole cacciare l’in-truso. Il parassita, al contrario, non vuole esserescacciato. (...) Piuttosto che andarsene, SI NA-SCONDE” (COPIN ALBANCELLI, La con-juration juive contre le monde chrétien, Paris1909, La Renaissance Française ed., pag. 302).

Inoltre leggiamo negli Atti degli Apostoliche, dopo la morte di Nostro Signore GesùCristo, il Giudaismo religione ha perseveratonel suo rifiuto e nel suo odio del Cristo. È undato di fatto evidente ed innegabile, poiché lareligione ebraica post-cristiana ha mantenutole sue idee religiose di un messianismo terrenoe materiale che sono in opposizione totale conla Religione cristiana. D’altra parte l’ebreodeve ammettere l’espansione universale dellaChiesa di Cristo. La Religione cattolica ha ge-nerato una civiltà, ed è contro tale civiltà e ta-le Religione che il Giudaismo lotta. Anzi piùla Religione cristiana si espande più aumental’odio degli ebrei che hanno crocifisso ilFondatore di questa Religione. È questa situa-zione che fa sviluppare, nel popolo ebreo, chenon si arrende, un odio così implacabile con-tro la Chiesa e la Società cristiana, uguale aquello che ritroviamo nella Massoneria.

La situazione conflittuale delle colonie e-braiche all’interno di altre nazioni fu quindiparticolarmente viva nei paesi cristiani. IlMagistero pontificio da parte sua, consigliavala prudenza nei rapporti con gli ebrei e con-dannava fermamente l’odio razziale; mentregli ebrei, come abbiamo visto sopra, consta-tando il trionfo della Religione fondata daGesù Cristo, loro vittima, si alimentavano diun odio sempre più profondo.

COSTITUZIONE DELLE COLONIEEBRAICHE IN SOCIETÀ SEGRETE ELORO EVOLUZIONE DA DIFENSIVEIN OFFENSIVE

Le società segrete, quelle cioè la cui ap-partenenza viene tenuta segreta agli estra-

nei, nascono di norma quando un gruppo dipersone trovandosi a vivere in uno Statoostile, avverte la necessità di riunirsi nasco-stamente a scopo difensivo e di tenere segre-te le proprie deliberazioni.

In una situazione analoga si vengono atrovare a partire dalla Diaspora le colonieebraiche, specialmente tra le popolazioni cri-stiane: non accettano il diritto comune deipopoli ospitanti e per evitare sia l’espulsionesia l’integrazione, danno vita a società segre-te “difensive”. Però tale necessità non la su-biscono “ab extrinseco”; è invece l’effettodella libera scelta di restare una nazione(ebrea) all’interno della nazione ospitante.

“Ma - si chiede Copin Albancelli - non èla legge della vita che le cose che inizianosiano imperfette? E dal momento che talisocietà segrete difensive esistevano in em-brione, non è per un ‘iter’ naturale e quasinecessario che dovessero diventare i germidi altre società segrete più perfide?...

Società segrete puramente difensive epuramente ebree: ecco dunque il punto dipartenza della futura Massoneria” (COPINALBANCELLI, op. cit., pagg. 310 - 311).

Con l’affermarsi e l’espandersi del Cri-stianesimo, era necessario per il Giudaismo -sotto pena di gettare la spugna e dichiararsisconfitto da Gesù Cristo - attaccare laReligione cristiana, non apertamente ma nelsegreto, mediante l’astuzia, la menzogna e la

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Interno della loggia massonica “Hajnal” di Budapest

frode; era fatale per un popolo che, disarma-to e disperso in mezzo ad altri popoli, pre-tendeva di restare del tutto indipendente.

Gli ebrei, per poter acquisire uno stato disuperiorità, furono obbligati ad osservare estudiare i difetti, le passioni ed i vizi dei cri-stiani, anche mediante lo spionaggio ed il ri-catto: riuscirono così a trar vantaggio e adimporre le loro condizioni. “Si ritrova taleattitudine non solo tra la maggior parte degliebrei, ma anche nella Massoneria che è assaiabile ad impiegare ed a servirsi dei difettidegli avversari, specialmente della loro va-nità” [attenzione agli adulatori! Ndr].(COPIN ALBANCELLI, op. cit., pag. 315).

Mistero d’iniquità, che si perpetua nellastoria, dal “non serviam” al bacio di Giuda,che il Giudaismo-religione doveva ridare in-cessantemente alla Cristianità, in tutte le ere.

LA NAZIONE EBRAICA

Esistono soltanto una razza ed una reli-gione ebrea, oppure vi è anche una nazioneebrea? Se una nazione fornisce alla razza unacomunità di interessi ed un ideale particolare,allora si può affermare che gli uomini appar-tenenti alla razza ebraica ed al Giudaismo-re-ligione costituiscono una nazione.

È pur vero che dal 1948 gli ebrei hannouno Stato territoriale, ma è anche vero che sipuò correttamente parlare di nazione ebraica,perché gli ebrei, da sempre, considerano loropatria il mondo intero del quale, secondo lareligione talmudica, si ritengono i signori. (3)

IL GOVERNO NAZIONALE EBRAICO

Si obietta che non vi può essere governonazionale ebraico: infatti una nazione esistesolo quando vi è un governo che unisce gliinteressi di coloro che abitano un dato terri-torio, mentre si constata che non vi è un go-verno unico per gli ebrei sparsi in tutto ilmondo. Si può facilmente rispondere con l’e-sempio della storia, che la visibilità non è unrequisito fondamentale e che l’apparente as-senza di un governo non significa necessaria-mente che non esista. È ormai noto che laMassoneria ha fatto il Risorgimento ed hagovernato l’Italia dal 1870 (4): apparente-mente il governo massonico non si vedeva,ma non per questo non esisteva; anzi, comeaffermava il primo ministro inglese Ben-jamin Disraëli, massone ed ebreo: “Il mondoè governato da tutt’altri personaggi che nep-

pure immaginano coloro il cui occhio nongiunge dietro le quinte” (B. DISRAELI,Coningsby, Paris 1884, pag. 184).

Se si esamina la storia del popolo ebreosi deve constatare che, malgrado venti secolidi dispersione, è l’unico al mondo ad averconservato il proprio culto, il proprio idealereligioso e nazionale, la stessa comunanzad’interessi: se ne deve dedurre che esiste ungoverno nazionale ebreo - cioè un’autorità -che mantiene da duemila anni l’unità degliebrei sparsi in tutto il mondo. (Possiamo fa-cilmente essere tratti in errore su questo te-ma, poiché siamo abituati a vedere un gover-no solo ove vi è unità territoriale).

Ora, a dispetto delle apparenze, dobbia-mo convenire che esiste un governo ebreo: equesto perché esiste un popolo, l’ebreo, cheha una comunanza di ideali e di interessi(“sine causa ullo effectu”). Anche la Mas-soneria non ha altra patria che il mondo, etuttavia sarebbe sciocco dire che non ha ungoverno; esso è speciale, in quanto è occulto,ma è sempre un governo. «Non si dà corposenza testa, società senza governo, esercitosenza generale, popolo senza pubblico pote-re. L’assioma romano “Tolle unum est turba,adde unum est populus” ha qui la sua pienagiustificazione: senza potere direzionale la[giudeo] Massoneria sarebbe una massa piùo meno smarrita in qualche idea sovversiva,ma che si decomporrebbe da sé invece di es-sere la dominatrice del mondo» (PIERREVIRION, Bientôt un gouvernement mondial?Téqui ed., Paris 1967, pag. 218).

IL GOVERNO NAZIONALE EBRAICOÈ UN GOVERNO OCCULTO COMEQUELLO DELLA MASSONERIA

Se il governo della nazione giudaica (= ilmondo) non si vede ma esiste, perché altri-menti non se ne spiegherebbe l’unità d’in-tenti e d’interessi da duemila anni, significache è occulto, esattamente come quello dellaMassoneria.

Già si è detto come le colonie ebraiche,per le speciali condizioni in cui si erano tro-vate, si organizzarono in società segrete di-fensive ed offensive e come il Giudaismo“ex natura rerum” ha fatto del segreto la suaseconda natura, per cui ha dovuto governar-si segretamente.

Ci si pone a questo punto un quesito ap-parentemente insolubile: come una societàsegreta ebraica ha potuto governare la massa

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della nazione ebraica sparsa in tutto il mon-do senza lasciarsi scorgere? In realtà vi è riu-scita perché esiste ancora il Giudaismo che,dopo la Diaspora, poteva solo o governarsisegretamente per sopravvivere come razza,nazione e religione, oppure scomparire. (5)

TRACCE STORICHE DEL GOVERNONAZIONALE EBRAICO

I - DAL 130 d. C. ALL’XI SECOLOa) Il Gran Sinedrio.Al momento della Diaspora (135 d. C.) il

popolo ebreo si trovava in condizioni nor-mali: aveva cioè un governo visibile cometutti gli altri popoli. Fu soltanto quando fudisperso tra i pagani che fu costretto a realiz-zare una forma di governo atta ad una situa-zione straordinaria di dispersione, per potermantenere l’unità d’intenti e d’ideali.

Il governo ebraico al momento della ca-duta di Gerusalemme (70 d. C.) era esercita-to dal Gran Sinedrio. “Non vi è nulla di piùgrande nell’antica repubblica degli ebrei cheil Sinedrio. Esso formava il ConsiglioSupremo della nazione. (...) Vera assembleasovrana, il Sinedrio aveva, negli ultimi tempidella nazionalità ebrea, sostituito la monar-chia: così la sua autorità era considerevole,era assieme dottrinale, giudiziaria, ammini-strativa. Interpretava la Legge. Giudicava lecause maggiori... Era composto di 71 mem-bri, presidente compreso” (J. LÉMANN,Napoleon Ier et les Israelites, Avallon, 1988).

b) I Patriarchi della Giudea. Dopo la dispersione ci s’immaginò che il

popolo ebraico, sparso nel mondo, cessassed’esistere come popolo non avendo più pa-tria né governo. Invece abbiamo visto che ilpopolo ebraico non è scomparso, ma hamantenuto la sua unità di ideali politico-reli-giosi, ha una patria e quindi un governo.

Il Sinedrio è quindi sopravvissuto anch’es-so in un modo qualsiasi, oppure s’è trasfor-mato in qualcosa d’altro? Con la rovina diGerusalemme sotto Tito (70 d. C.) cominciòla prima grande dispersione degli ebrei nelmondo. La seconda si ebbe sotto Adriano(135 d. C.). A partire da quest’epoca, gli ebreifurono definitivamente scacciati da Geru-salemme e dalla Palestina; quelli che non fu-rono uccisi dai soldati di Tito, si rifugiarono indiverse regioni dell’Europa e dell’Asia.

Alcuni gruppi si stanziarono in Egitto,Italia e Spagna (ebrei d’occidente). Secondoalcuni studiosi il loro capo risiedeva in

Palestina a Safné o a Tiberiade ed era chiama-to il PATRIARCA DELLA GIUDEA (cf.ABBÉ CHABANTY, Les juifs nos maîtres, 1882).Egli agiva segretamente o anche allo scoperto,a seconda delle disposizioni degli imperatoriromani verso gli ebrei. Da quando nel 429l’imperatore Teodosio il giovane proibì alPatriarca della Giudea di riscuotere le impo-ste dei suoi connazionali (il che significava chel’imperatore non riconosceva la sua autoritàed il suo governo), non vi è più traccia dei“Patriarchi della Giudea” nella storia. Perciòquesto governo dei Patriarchi fu costretto atrasformarsi poco a poco in governo comple-tamente occulto, sotto pena di scomparire.

c) I Prìncipi della cattività o dell’esilioMa ci fu un’altra porzione del popolo

ebreo, uscito dalla Palestina dopo la distru-zione di Gerusalemme, che si recò nei paesidel nord e dell’est: Siria, Armenia, Georgia,Babilonia e Persia. Secondo i rabbini fu que-sta l’élite della nazione chiamata “gli ebreid’Oriente” e si ritiene che il “Patriarca dellaPalestina” fosse un potere secondario sotto-messo a quest’élite, i cui capi erano chiamatiPRÌNCIPI DELLA CATTIVITÀ O DEL-L’ESILIO. Secondo gli storici ebrei, i “Pa-triarchi della Giudea” erano i luogotenentidei “Prìncipi dell’Esilio”, che avevano l’au-torità di capi assoluti su tutta la Diaspora ela cui dimora abituale si dice fosseBabilonia. Essi esercitavano la loro giurisdi-zione sugli ebrei d’occidente tramite i“Patriarchi della Giudea”, mentre sugli ebreid’Oriente la esercitarono direttamente epubblicamente, dal III all’XI secolo.

S. Girolamo stesso, che nel IV secoloabitava in Giudea, ci dice che in quel temponon vi erano quasi più dottori in Palestina eche il potere supremo del Giudaismo avevala sua sede in Babilonia.

Secondo il rabbino convertito Drach, dal-la Diaspora fino all’XI secolo i sommi capidella nazione ebraica erano scelti tra i dottoridella Legge. Su questa successione ininter-rotta di dottori, i talmudisti odierni si basanoper affermare che Israele ha sempre avutoveri dottori della Legge e non ha cessato diavere alla sua guida un vero potere spiritualelegittimo... «Secondo gli autori della Gemaràdi Babilonia, i “Principi dell’Esilio” erano ilegittimi successori del sommo potere con-centrato precedentemente nella tribù diGiuda... Quindi vi erano nel VI secolo d. C. aBabilonia, presso i “Principi dell’Esilio”, deiveri dottori della Legge, come nel passato a

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Gerusalemme, presso il Sommo Sacerdote.(...) Il potere s’era trasferito da Gerusalem-me a Babilonia» (COPIN ALBANCELLI, op. cit.,pag. 350) (6).

Esistono quindi delle tracce storichedell’esistenza del governo al quale obbedivala nazione giudaica sparsa in tutto il mondo equeste dimostrano che tra il governo visibile equello occulto ve ne fu uno di transizione.

II - DALL’XI SECOLO AI GIORNI NOSTRIDall’XI secolo, i califfi orientali impauriti

dalla potenza dei “Principi dell’Esilio”, di-vennero nemici degli ebrei e misero a morteil loro capo Ezechia (1005 d. C.). Gli ebrei la-sciarono Babilonia ed alcuni si rifugiarono inArabia, gli altri, in maggior numero, venneroin occidente, fino in Francia ed in Spagna. Apartire dall’XI secolo la storia non ci parlapiù dei “Principi dell’Esilio”; forse che que-sto fatto indica che scomparvero realmente eche gli ebrei rimasero senza governo? Se siguarda solo la storia “esteriore” si dovrebberispondere di sì, ma noi sappiamo che ilGiudaismo si era strutturato in forma di so-cietà segreta e quindi ha potuto benissimocontinuare ad essere governato segretamentedall’XI secolo fino ai nostri giorni.

Nel lasciare Babilonia per l’occidente sipuò notare una sorta di avvicinamento delpotere occulto ebraico a Roma, dove risiede-va il Vicario del nemico mortale del-l’ebraismo-religione, Gesù Cristo. Neces-sariamente i profughi si unirono agli ebreidelle colonie ebraiche preesistenti ed ilGiudaismo per evitare l’assorbimento, si or-ganizzò con un governo ancora più occulto edefinitivamente strutturato in società segreta.

L’AZIONE GIUDAICO MASSONICA NEICONFRONTI DEL CRISTIANESIMO

Il cardinal Caro († 1958), Arcivescovo diSantiago e Primate del Cile, afferma: “Èfuor di dubbio che l’azione della Massoneriacontro la Santa Chiesa cattolica non è altroche la continuazione della guerra a Cristopraticata dal Giudaismo da millenovecentoanni ad oggi. Una lotta tremenda, in quantobasata sul SEGRETO, l’inganno e l’ipocri-sia... Non dimentichiamoci che il Giudaismoè il più implacabile... nemico del Cristia-nesimo... l’odio al Cristianesimo ed allaPersona di Cristo ha una storia remota e nonpuò essere guardato e giustificato come ri-sultato di una persecuzione; forma invece un

tutt’uno con la tradizione rabbinica, che hale sue origini in epoca molto anteriore aquella in cui eventualmente si verificò unaqualsiasi persecuzione di ebrei da parte deicristiani” (J. MARIA CARO, El misterio de lamasoneria, Diffusione editoriale, BuenosAires 1954, pagg. 267 - 268).

Maurice Pinay dal canto suo aggiunge: “Lasecolare lotta intrapresa dalla nostra SantaMadre Chiesa cattolica contro l’aberrazioneebraica... non è stata originata... dall’intolle-ranza cattolica. È stata invece l’incommensu-rabile malvagità dei giudei che ha impostol’adozione di misure difensive, vista la mortaleminaccia per la Cristianità rappresentata dauna religione siffatta. ...Gli ebrei pretendonodi imporre ai cattolici questa tesi: combatterel’ebraismo è illecito. È chiaro che... combatter-lo non è soltanto giusto ma doveroso” (M.PINAY, Complotto contro la Chiesa, Tip. Detti,Roma 1962, pagg. 151 - 152).

IL GIUDAISMO RELIGIONE È UNASÉTTA SEGRETA

«Il problema della MODERNA RELI-GIONE EBRAICA, È che si tratta di UNARELIGIONE SEGRETA (...). Gli ebrei in-fatti, dopo la Crocifissione del Signore occul-tarono durante i secoli le loro dottrine ed iloro riti. Perché? Il perché è chiaro: perché ledottrine ed i riti loro, rappresentavano unaminaccia per gli altri uomini. Da ciò la neces-sità di mantenere il segreto. (...) Un testo tal-mudico reca: “Partecipare qualcosa della no-stra Legge ad un ‘gentile’ equivale alla mortedi tutti gli ebrei, perché se i ‘Goym’ venisseroa conoscere ciò che noi insegniamo nei lororiguardi, senza dubbio ci sterminerebbero”(Divre en Dav, fol. 37).

LA BUGIA È sempre stata L’ARMAPRINCIPALE DI QUELLA CHE NOSTROSIGNORE GESÙ CRISTO, CHIAMÒ, sind’allora, LA SINAGOGA DI SATANA» (M.PINAY, op. cit., pagg. 155 - 156).

L’ILLUMINISMO IL GIUDAISMO E LAMASSONERIA

Dal XVIII secolo, secondo l’ebreo con-vertito Lémann, si assiste alla glorificazionedell’ebraismo: «...Con quale fine? [L’In-ferno] cercherà di pervertire i resti indistrut-tibili d’Israele, di renderli inatti ai disegni diDio [che vuole la conversione e non la mortedel peccatore, ndr] mediante la corruzione:

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così da rendere impossibile la loro conver-sione... Due grandi correnti di pensiero, ...sa-ranno i mezzi di esecuzione di tale piano: ilProtestantesimo e l’Illuminismo...

Il Filosofismo illuminista cercherà di di-sorganizzare la società cristiana... di modoche il cristiano diventi se non proprio loschiavo, almeno l’inferiore, e l’ebreo il mae-stro... Il fine del Filosofismo era la formazio-ne d’una società nuova [scristianizzata] eduniversale... Vi arriverà con l’aiuto di duemassime... La prima: “TUTTE LE RELI-GIONI SONO BUONE”... Allora non piùdispute tra religioni, poiché son tutte buone,diamoci la mano. Questo è l’accomodamentoche propone nel XVIII secolo il Filosofismoe con la sua bonomia soggioga ed inganna...È facile capire come un tal sistema favorisseil Giudaismo. Una voce - la stessa che parlòad Eva nel Paradiso terrestre... - gli dirà:“Non avete sentito? TUTTE LE RELIGIO-NI SONO BUONE! Ma allora non vi è piùmotivo di tenervi separati, a causa della vo-stra religione, che è buona come le altre.Riprendi coraggio Israele, il Filosofismo è iltuo emancipatore come Mosè” (...).

La seconda massima è questa: “GLIEBREI SONO UOMINI COME GLI AL-TRI”... Anche qui è facile capire quanto lanuova morale sociale favorisse gli ebrei. Lastessa voce [del serpente] dirà loro: “Sic-come siete uomini come gli altri, entrate inlizza. A voi... tutte le carriere, a voi gli onoried il potere...”.

Per riassumere, quale è il risultato chevuol ottenere il Filosofismo? Questo... spin-gere tutti gli uomini a formare un nuovo or-dine sociale in cui tutti saranno uguali e libe-ri, senza che sia tenuto in alcun conto -nell’avvenire - la dignità del cristiano. LADIGNITÀ DELL’UOMO, UNICAMENTELA DIGNITÀ DELL’UOMO, SARÀ LACONDIZIONE D’ENTRATA NELLANUOVA SOCIETÀ.

... Ai miei occhi non v’è più dignità delcristiano o indegnità del Giudaismo. ...UNSIMILE PIANO NON POTEVA USCIRECHE DALL’INFERNO (...).

I fautori di una NUOVA SOCIETÀESCLUSIVAMENTE UMANITARIA [lanuova cristianità di Maritain e di DignitatisHumanae, ndr]... debbono essere distribuiti indue categorie: la massa dei cristiani degenera-ti... ed una piccola truppa di giudei avanzati.

LA MASSA DEI CRISTIANI DEGE-NERATI: ecco i primi fautori di questa so-

cietà umanitaria in cui si prepareranno assie-me la decadenza dei popoli cristiani e la pre-ponderanza della razza ebrea.

(...) A capo di tale moltitudine... bisognamettere la scuola volterriana. Ma parlare cosìnon significa forse commettere un errore sto-rico? Non è Voltaire presentato come il ne-mico scatenato degli ebrei? Sì, senza dub-bio... nella sua rabbia li avrebbe sterminatitutti, se avesse potuto. Tuttavia il volteriane-simo era molto utile agli ebrei. Loro stessi lodicono: “SE VOLTAIRE CI È STATO FU-NESTO, IL VOLTERIANESIMO CI ÈSTATO EMINENTEMENTE UTILE”(“Archives Israélites”, giugno 1878, pag. 324).

(...) Scelta per arrivare sino alla fine delmondo, la razza ebrea... è paziente. Sa atten-dere, e riduce a suo profitto anche i suoi ne-mici. Gli oltraggi non la scuotono: colui chel’oltraggia passa, essa no!... Voltaire ha oltrag-giato gli ebrei, ma ha oltraggiato ancor di piùla divina figura del Cristo. Punizione: ILVOLTERIANESIMO È DIVENTATOPROFITTEVOLE PER GLI EBREI. E co-me? INDEBOLENDO TRA I POPOLI DI-VENUTI VOLTERRIANI [neopagani, ndr]LO SPIRITO DI FEDE E LA DIGNITÀDEI COSTUMI ANTICHI, di modo che,non essendo più protetti da ciò che li rendevasuperiori - QUESTI POPOLI VIZIATI, de-generati, in una parola volterriani - DIVER-RANNO PIÙ FACILMENTE... LE PREDEDEGLI EBREI NEGLI AFFARI PRIVATIE POI NEGLI AFFARI PUBBLICI.

(...) Riassumendo: col loro spirito scetti-co, libertino e “frondeur” e col loro ritornoalla natura, i salotti francesi del XVIII seco-lo prepararono, nella vita pratica, LA SO-STITUZIONE DELLA SOCIETÀ UMA-NITARIA ALLA SOCIETÀ CRISTIANA;e col bisogno dell’oro per i loro divertimen-ti..., prepararono lo scettro all’oro degliebrei! (...)» (J. LÉMANN, L’entrée desIsraelites dans la société française, Avallon,Paris 1987, pagg. 205 - 227).

LA MASSONERIA COLLETTORE DI TUT-TE QUESTE FORZE ANTICRISTIANE

Nonostante tutte queste forze dissolvitrici(Paganesimo umanista e rinascimentale, Ri-forma protestante, Illuminismo) il Cristia-nesimo era ancora una grande potenza pub-blica che impediva alla nuova società umani-taria (la Repubblica universale) di imporsicompletamente nella vita civile. Ecco la neces-

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sità di ricorrere alle società segrete per com-battere la Cristianità non a cielo aperto manell’ombra e nel segreto, mediante l’ipocrisia,la menzogna e la mancanza di franchezza! Talisocietà segrete, malgrado certe divergenze ap-parenti ed accidentali, perseguono tutte lostesso fine: sopprimere Cristo Re delle nazio-ni, e rimpiazzarlo col culto dell’uomo.

«Queste diverse società segrete - conti-nua Joseph Lémann - perdono le loro deno-minazioni particolari (Manichei, Albigesi,Templari, Sociniani, Martinisti, Illuminati)verso la fine del XVIII secolo, e sono deno-minate sinteticamente Massoneria. LAMASSONERIA È IL VASTO ABISSOCHE RICEVE, con i tradimenti del XVIIIsecolo, I MIASMI E LE PESTILENZEDEI SECOLI PRECEDENTI (...). Ma laMassoneria come i volterriani e tutti gli altritraditori [dei quali Giuda è il prototipo, ndr]GIOVERÀ agli ebrei, in quanto essa è ilcollettore ed il confluente di tutti i tradimen-ti. Verrà un tempo in cui questo grido d’al-larme si farà sentire: “IL GIUDAISMOGOVERNA IL MONDO, E BISOGNANECESSARIAMENTE CONCLUDEREO CHE LA MASSONERIA S’È FATTA E-BREA O CHE IL GIUDAISMO S’È FAT-TO MASSONE” (“Revue des questions hi-storiques”, 62ème livraison, 1er avril, 1882)»(J. LÉMANN, op. cit., pagg. 213 - 228).

Recentemente Louis Pauwels, massoneconvertitosi al Cristianesimo, ha dichiarato aVittorio Messori: “C’è un complotto mondia-le di forze anticristiane che mirano ad indebo-lire (e se possibile a dissolvere in un umanesi-mo di belle parole, ma impotente) la Fede deicattolici...” (V. MESSORI, Inchiesta sul cristia-nesimo, SEI, Torino 1987, pag. 152). (7)

LUCIFERO E LA MASSONERIA

Pierre Virion scrive: “COME CRISTO,Capo invisibile della Chiesa cattolica, ÈRAPPRESENTATO VISIBILMENTEQUAGGIÙ DAL PAPA, COSÌ SATANA,capo invisibile dell’esercito del male, CO-MANDA AI SUOI SOLDATI PER MEZ-ZO DI UOMINI... sempre liberi di sottrarsiai suoi ordini ed alle sue ispirazioni” (P.VIRION, Bientôt un gouvernement mondial?ed. Téqui, Paris 1967, pag. 217).

Mons. Meurin da parte sua scrive: “L’opi-nione di quasi tutti gli autori che trattaronodella magia diabolica, [è] che TUTTI I RA-MI E LE PRATICHE DELLA STREGO-

NERIA DEVONO LA LORO ORIGINEALLA CÀBALA EBREA (8). L’adorazionedella stella fiammeggiante, del ‘Baphomet’ ele formule scritte in caratteri geroglifici perl’evocazione dei demoni... sono indizi suffi-cienti che LA MASSONERIA, IN CERTIGRADI DELLE SUE RETRO-LOGGE, SIDÀ APERTAMENTE ALLE PRATICHEDELLA MAGIA DIABOLICA. (...) Il com-plesso della Massoneria cabalistica, soprat-tutto la sua guerra accanita contro laRivelazione divina, il Soprannaturale ed ilCristianesimo, sono altrettante prove che LAMASSONERIA È UNA SÉTTA VERA-MENTE SATANICA...” (MONS. MEURIN,op. cit., pagg. 199 - 200).

Mons. Antonino Romeo precisa a sua vol-ta: «Il Satanismo più profondo e capillare èl’apoteosi dell’uomo, con la riduzione dellareligione e della morale a cosa libera. (...) Ilculto di Satana si concentra nelle “messe ne-re”, nefande orgie miste a profanazioni euca-ristiche, presiedute possibilmente da sacerdo-ti traviati, derivazioni dell’antico “sabbato”,con pratiche grottesche che ricordano formu-le e riti massonici (...) COVO SEGRETODEL SATANISMO È CERTAMENTE LAMASSONERIA, la quale eredita fede e co-stumi dallo gnosticismo cainìta (...). La Mas-soneria, unica nello spirito e nelle leggi fon-damentali, è l’anti-Chiesa internazionale...

Dal “papato-massonico”..., invisibile,ignoto agli stessi iniziati comuni, dipendonoi destini dei popoli (...). LO SPIRITISMO-OCCULTISMO E LA TEOSOFIA (...) SO-NO LA RELIGIONE e la filosofia naturistaPROMOSSA DALLA MASSONERIA. ILSATANISMO MASSONICO SI MANIFE-STA PRINCIPALMENTE NELLA RI-TUALE PROFANAZIONE DI OSTIECONSACRATE.

A Friburgo in Svizzera (Rue Grand’Fontaine, 41) chiunque può vedere, in unavasta grotta, oggi cappella d’adorazione ri-paratrice, gli arnesi che servivano ai sataniciriti» (A. ROMEO, Satanismo, in Enciclopediacattolica, Città del Vaticano 1953, vol. X,coll. 1954. 1958-59).

Anche secondo l’eminentissimo cardinalCaro: “In certe logge si rende culto a Luciferoo a Satana” (J. M. CARO, op. cit., pag. 130).

Infine, “La Civiltà cattolica” medesima siesprime così: “IL SATANISMO, onde laMassoneria è invasata contro quanto sa dicattolico, da nulla È così scaltramente ALI-MENTATO, come dalla penna, dai maneggi,

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dalle suggestioni e DALL’ORO DEGLIISRAELITI” (“La Civiltà Cattolica”, serieXIV, vol. 8, 1890, op. cit., pag. 142).

CONCLUSIONE

Penso che per concludere quest’articolonon vi sia nulla di meglio che riassumere l’en-ciclica di Leone XIII “Humanum genus”(1884) sulla Massoneria. Il Papa ricorda che visono due razze, due città, due stendardi: quel-lo di Lucifero e quello di Nostro Signore GesùCristo, il mondo e la Chiesa; essi sono semprein lotta tra loro. “Ma ai tempi nostri i partigia-ni della città del male, ispirati ed aiutati daquella società che... piglia il nome di SocietàMassonica, pare che tutti cospirino assieme etentino le ultime prove. Poiché... insorgono...contro la sovranità di Dio; lavorano... alla ro-vina della Santa Chiesa”. È dovere del Papa -quindi - denunciare la sétta; la Massoneria èfunesta allo Stato ed alla Chiesa dato il suoscopo e la sua natura; nel giro di mezzo secolola Massoneria s’è propagata in tutto il mondofino a “sembrar quasi padrona degli Stati”. Lesétte sono varie “che sebbene diverse dinome... pur sono strettamente legate tra loroper affinità di scopi e convengono in sostanzacon la Massoneria”. Sono segreti i loro ultimie veri intendimenti, i capi supremi più influen-

ti, “il candidato deve promettere di non rive-lare... gli affiliati... le dottrine della sétta”. Gliiscritti devono promettere obbedienza ciecaed assoluta ai maestri ed ove manchino devo-no essere pronti anche a subire la morte. ILFINE DELLA MASSONERIA È: “DI-STRUGGERE DA CAPO A FONDO TUT-TO L’ORDINE RELIGIOSO E SOCIALEQUALE FU CREATO DAL CRISTIANE-SIMO e pigliando fondamenti e norme dalNaturalismo, rifarlo di sana pianta. Questoche abbiamo detto... va inteso della SETTAMASSONICA IN SE STESSA... non già deiSINGOLI MASSONI, nel numero dei qualipossono esservene non pochi che, sebbenecolpevoli di essersi impigliati in congreghe diquesta sorta, tuttavia non piglino direttamenteparte alle male opere di essa e ne ignorino al-tresì lo scopo finale”. Il principio del Na-turalismo è la superiorità della Natura sullaGrazia, della Ragione sulla Rivelazione, e sic-come la Chiesa romana è la dispensatrice del-la Grazia e la depositaria della Rivelazione“somma contro di Lei è la rabbia e l’accani-mento dei nemici”. La Massoneria sostiene laseparazione tra Chiesa e Stato, di modo che ilMagistero e l’autorità della Chiesa non abbia-no nessuna influenza sulla società.

“Ma CONTRO LA SEDE APOSTOLI-CA ED IL ROMANO PONTEFICE, AR-DE PIÙ ACCESA LA GUERRA”. Prima fuattaccato il suo potere temporale per poterpoi togliere di mezzo quello spirituale e di-struggere il Papato. “È VERAMENTE SCO-PO SUPREMO DEI MASSONI PERSE-GUITARE CON ODIO IMPLACABILE ILCRISTIANESIMO ED ESSI NON SI DA-RANNO MAI PACE, FINO A CHE NONVEDANO A TERRA TUTTE LE ISTITU-ZIONI RELIGIOSE FONDATE DAI PAPI.Che se la sétta non impone agli affiliati di rin-negare espressamente la Fede cattolica, cote-sta tolleranza, invece di guastare i disegnimassonici li aiuta. Poiché in primo luogo èquesto un modo di ingannare facilmente isemplici e gli incauti (...). Poi CON APRIRELE PORTE A PERSONE DI QUALSIASIRELIGIONE SI OTTIENE IL VANTAG-GIO DI PERSUADERE COL FATTO ILGRANDE ERRORE MODERNODELL’INDIFFERENTISMO RELIGIOSOE DELLA PARITÀ DI TUTTI I CULTI:VIA OPPORTUNISSIMA PER ANNIEN-TARE le religioni tutte e SOPRATTUTTOLA RELIGIONE CATTOLICA CHE, unicavera, NON PUÒ SENZA ENORME IN-

Papa Leone XIII autore dell'Enciclica “Humanum Genus”

GIUSTIZIA ESSERE MESSA IN UN FA-SCIO CON LE ALTRE”. Siccome le animeviziose sono fiacche e servili la sétta cerca di“tirare le masse a satollarsi di licenza: così daaverle poi come docile strumento ad ogni piùaudace disegno”. La sétta vuole altresì dopodiciotto secoli RISUSCITARE I COSTUMIE LE ISTITUZIONI DEL PAGANESIMO“PER DISTRUGGERE LA RELIGIONEE LA CHIESA FONDATA DA DIO STES-SO”.

L’UNICO VERO RIMEDIO CONTROLA GIUDEO MASSONERIA

“NELLA VIRTÙ DELLA RELIGIO-NE DIVINA... - continua Leone XIII -CONSISTE LA MIGLIORE E PIÙ SAL-DA SPERANZA DI RIMEDIO efficace, aquesta virtù è necessario prima di ogni cosaricorrere contro il comune nemico”. Il Papascende poi da questo principio universale aidettagli pratici:

1°) Togliere la maschera (di società pura-mente filantropica o di beneficenza) allaMassoneria; bisogna insegnare agli uomini,per iscritto ed a viva voce, quale sia la natural’origine ed il vero scopo della Massoneria.

2°) Infondere nel popolo L’AMORE PERL’ISTRUZIONE RELIGIOSA senza la qua-le non si può amare Dio e praticare le virtù, edi conseguenza non si riuscirà mai a combat-tere efficacemente la giudeo-Massoneria.

3°) VIGILARE specialmente SULLAGIOVENTÙ, sui suoi buoni costumi e spiega-re ai giovani la perversità delle società segrete.

4°) Infine il Papa conclude: “LE NOSTREFATICHE umane NON SAREBBEROSUFFICIENTI a svellere questa perniciosazizzania dal campo del Signore SE IL CELE-STE PADRONE della vigna NON CI DARÀIL SUO AIUTO IN MANIERA COPIOSA.Bisogna quindi PREGARE Iddio che ci aiu-ti... TUTTI I BUONI DEBBONO RIUNIR-SI IN UNA VASTISSIMA SOCIETÀ DIAZIONE E DI PREGHIERA”.

Leone XIII si raccomanda quindi allaMadonna debellatrice di tutte le eresie, Coleiche dovrà schiacciare il capo del serpente in-fernale (IPSA CONTERET); a S. Micheleche fu il primo ad abbattere l’orgoglio diLucifero (QUIS UT DEUS), a S. Giuseppepatrono universale della Chiesa ed agliApostoli Pietro e Paolo sui quali la Chiesaromana è fermissimamente arroccata.

“NON PRAEVALEBUNT”!

Note

1) Cf. R. ESPOSITO, Le grandi concordanze traChiesa e Massoneria, Nardini ed., Firenze 1987, pag. 136.

Cf. anche: G. VANNONI, Le Società segrete, Sansoni,Firenze 1985, pag. 45.

2) Sarà anche utile leggere su questo soggetto:GOUGENOT DES MOUSSEAUX, Le juif, le judaîsme et

la judaîsation des peuples chrétiens; Paris 1869, Plon ed.,pagg. 263 - 272.

J. BOYER, Los peores enemigos de nuestros pueblos,ediciones libertad, Bogota 1979, pagg. 113 - 140.

J. A. CERVERA, La red del poder, Ediciones Dyrsa,Madrid 1948, pagg. 87 - 147. )

LEO FERRARO, El ultimo protocolo, Arca de laAlianza cultural, Madrid 1986, pagg. 79 - 115.

E. COUVERT, La gnose contre la foi, éd. de Chiré1989, pagg. 100-102; De la gnose à l'œcumenisme, éd. deChiré, 1983, pagg. 32-36. A. DE LASSUS, Connaissanceélémentaire de la Franc-maçonnerie, Action familiale etscolaire, Paris 1991.

3) Bisogna anche sapere che «Il Giudaismo comereligione ha una dimensione nazionale, come il popoloebreo come nazione ha una dimensione religiosa... Percapire le radici religiose ed il fondamento spirituale del-la nazionalità ebrea... [bisogna capire] perché presso unebreo l’impegno spirituale è così intimamente legatoall’appartenenza al popolo ebreo...» (Appel de laFraternité oecumenique de recherche théologique enIsraël, 30 nov. 1975, in Les Eglises devant le judaisme,ed. du Cerf, Paris 1980, pagg. 186 - 187).

Il dr. Gerhart Riegner, segretario generale del con-gresso ebraico mondiale, ha affermato che “popolo eterra hanno un posto essenziale nella fede ebrea” (ibi-dem, pag. 368, 10 genn. 1975). Perciò religione, popolo,nazione nel Giudaismo fanno un tut’uno.

4) “Ebreo era il segretario di Cavour, IsaccoArtom, (...). Ebreo era Giacomo Malvano che fu diret-tore degli affari politici, segretario generale del ministe-ro degli Esteri dal 1879 al 1907, (...). Ebreo era il gene-rale Giuseppe Ottolenghi che divenne ministro dellaguerra nel 1902, (...). Di padre ebreo era SidneySonnino che fu due volte presidente del Consiglio (1906e 1909) (...). Ebreo era Luigi Luzzati che... fu presidentedel Consiglio nel 1910. Ebreo era Alessandro Fortis(...), presidente del Consiglio... tra il 1905 e il 1906.Ebreo fu infine Ernesto Nathan, amico di Mazzini e sin-daco di Roma dal 1870 al 1913” (S. ROMANO, I falsi pro-tocolli, Il Corbaccio ed., Milano 1993, pag. 81).

5) Cf. M. PINAY, Complotto contro la Chiesa, Roma1962, pagg 95 - 110.

6) Anche lo storico ebreo Paul Johnson conferma che«Gli ebrei più fortunati, nei secoli bui, erano quelli che vi-vevano in Babilonia, sotto gli ESILARCHI [“Principidell’Esilio” ndr]. Questi Prìncipi più potenti e secolari dei‘NASI’ [= Presidente del Sinedrio] PALESTINESI[“Principi della Palestina” ndr], vantavano la diretta di-scendenza davidica dai re di Giuda e vivevano con una cer-ta pompa nei loro palazzi. (...) L’ebraismo babilonese si erasempre considerato come il custode della più rigida tradi-zione ebraica e quello si sangue più puro. Il Talmud babilo-nese asseriva: “Tutte le nazioni sono come pasta paragona-te al [lievito della] Terra d’Israele, ed Israele è pasta para-gonato a Babilonia” (Kiddushin, 71 a). (...) TuttaviaBabilonia non era sicura per gli ebrei...» (P. JOHNSON,Storia degli ebrei, Longanesi, Milano 1987, pagg. 182 - 183).

Nella “Piccola Enciclopedia dell’ebraismo” si legge:«L’età d’oro delle accademie babilonesi durò fino alla

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metà dell’XI secolo circa, in corrispondenza della fioritu-ra dei califfati arabi” (J. MAIER - P. SCHAFER, Piccola En-ciclopedia dell’ebraismo, Marietti, Casale 1985, pag. 77).

7) Sarà utile consultare: EPIPHANIUS, Massoneria esétte segrete: la faccia occulta della storia, Trento, sine data.

8) “La Càbala pratica si occupa di teurgia (opera-zione magica in cui si stabiliscono contatti con le forzedemoniache ndr) e (...) di magia; è là che si trovano

principalmente i misteri ed i segreti della Càbala: proce-dimenti bizzarri, giuramenti terribili, simboli sinistri,presi in prestito non solo al giudaismo infedele, ma allaPersia, all’India, all’Egitto, alla Caldea. Con sommaperfidia, la Càbala pratica ammette anche formule ed o-perazioni odiose contro la Religione cattolica ed i cri-stiani (...) LA CABÀLA NELLA SUA PARTE PRA-TICA È INFERNALE” (L. LÉMANN, op. cit., pag. 235).

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Per capire meglio chi è Elemire ZollaLeggiamo su “Shalom” del 31 marzo 1993, la seguente recensione del libro di Zolla:

“Uscire dal mondo”, ed. Adelphi.

« Contiene alcune pagine di grande interesse; due ritratti, uno di Elia Benamozeghed uno di Moshe Idel. In entrambi l'autore riversa un sentimento di grande affetto chetraspare chiaramente dalle sue sentite pagine… da tenere sul comodino ».

Massoneria e Stato d'Israele: una interessante curiosità…

« Attività culturali, spettacoli e divertimenti

Associazioni internazionaliLe filiali israeliane delle associazioni Benè Berit, Massoneria, Rotary,

Soroptimist, Lions, Skäl, WIZO e Hadassa organizzano regolari riunioni e ac-colgono sempre calorosamente i membri d'oltremare ».

(Tratto da: “Vademecum del turista”, 14ª ed. Israel. Pubblicato dall'Am-ministrazione del Turismo d'Israele / Ministero dell'Industria, Commercio eTurismo, Gerusalemme, pag. 29).

DOSSIER SUL “CASO MANCINO”

“Sodalitium” pensa di fare cosa utile ai suoilettori presentando una serie di documenti suquello che, per semplificare, può essere chiamatoil “caso Mancino”. Ministro degli Interni nel pas-sato governo Amato come pure nell’attuale gover-no Ciampi, il senatore democristiano NicolaMancino è stato duramente attaccato dal mensileebraico d’informazione “Shalom” (n. 4, 30 aprile1993) per una sua intervista concessa al quotidia-no “La Stampa” e pubblicata il 14 aprile. Tutto ciòmalgrado il “decreto-legge” da lui varato il 26aprile successivo, e volgarmente noto come decre-to “anti-naziskin” (anche se costoro non sono nep-pure citati nel decreto, di ben più vasta portata).Riteniamo di particolare interesse la notizia riferi-ta dal documento n. IV, secondo la quale dobbia-mo al deputato repubblicano Enrico Modigliani,

membro della comunità ebraica romana, la prin-cipale novità del decreto, e cioè il fatto che il de-creto Mancino estenda, rispetto alla precedentelegge del 1975 ed alla convenzione di New York,il reato di “discriminazione” anche alla discrimi-nazione per motivi religiosi. Alla fine della lettu-ra, sorge spontaneo il quesito: il sen. Mancinoverrà arrestato (pene fino a 5 anni di carcere inbase al decreto da lui sottoscritto) per antisemiti-smo? A leggere “Shalom”, si direbbe di sì...

DOCUMENTI:

I) Intervista concessa dal ministro a “La Stampa”il 14 aprile 1993 (“Shalom” n. 4, aprile 1993).

Da “La Stampa” del 14 aprile 1993, in-tervista di Paolo Guzzanti al ministrodell’Interno Nicola Mancino sulle gravi ac-cuse mosse dai giudici di Palermo al senato-re Giulio Andreotti, contro il quale taluni

credono sia stata messa in atto una specie dicongiura. Che ne dice il ministro Mancino,chiede Guzzanti al suo interlocutore?

« Si ho visto. Io non credo alla congiurama… ».

Ma?« Non credo alla congiura dei servizi se-

greti, non credo alle trappole americane, comequalcuno dice… Ma penso che al mondo cisiano delle potenti lobbies che non vedevanol’ora di saldare i conti a Giulio Andreotti ».

Lobbies di che genere?« Di genere finanziario e massonico. Io

credo che siano scese in campo contro di luidelle potenti concentrazioni dell’alta finanzache lo avevano nel mirino per le sue posizio-ni filoarabo, filo-olpiste… ».

Una congiura giudaico-massonica? Mavia, ministro Mancino…

« Non ho affatto parlato di una congiura.Ho detto che ho l’impressione, la sensazione,che contro Andreotti esista da tempo,animosissimo, un grande fronte che non hadigerito le sue posizione in politica estera, enel Medio Oriente in particolare ».

II) Reazioni del mensile “Shalom” all’inter-vista del ministro Mancino.

(…) Ma l’aria è pesante, l’atmosfera in-quinata e non solo in quelle terre dove l’anti-semitismo ha tali radici da rendere vani glisforzi delle minoranze liberali e democrati-che di quei paesi per estirparle. L’aria è pe-sante anche qui da noi, quasi ad esemplifica-re l’assunto che quando una situazione politi-ca si fa confusa, circolano veleni. I lettori po-tranno vedere in questo numero i particolaridella vicenda che riguarda il ministrodell’Interno Nicola Mancino e le sue incredi-bili dichiarazioni. Dichiarazioni che rieccheg-giano, più dettagliatamente la linea difensivadel senatore a vita Giulio Andreotti circauna non meglio precisata congiura interna-zionale - americana - contro di lui. E se ap-paiono eccessive e a stento credibili certe ac-cuse che gli vengono mosse (tipo baci ai ma-fiosi), ancora più inattendibili e sorprendentisono i riferimenti a presunte vendette degliStati Uniti, o meglio, come precisa Mancino,dell’alta finanza internazionale, come se gliStati Uniti e la mitica finanza internazionalenon avessero altre preoccupazioni che quellad’inguaiare i nostri inossidabili uomini politi-ci. Uomini politici in preda ad una sorta di

sindrome dissociativa, visto che lo stesso mi-nistro Mancino varava con procedura d’ur-genza la legge contro i naziskin.

Si direbbe che una classe politica in ago-nia non sappia più che cosa dire o fare persalvarsi. Ma i riferimenti a congiure interna-zionali assumono sinistre connotazioni. Espetterebbe proprio agli uomini politici trarrecorrette conclusioni dalle lezioni della storia,specie da quella contemporanea (…) (pag. 1).

(…) La tesi del complotto è stata ribaditail 14 aprile scorso dal ministro dell’InternoNicola Mancino, nel corso di una intervista aPaolo Guzzanti della “Stampa” di Torino. Ilministro ha parlato di lobbies “che non vede-vano l’ora di saldare il conto con Andreotti”ed anche se Mancino non ha pronunciato laparola “ebrei” né “Israele”, la descrizionedella congiura giudaico-massonica non pote-va essere più classica e palese.

Come ha sottolineato la presidentedell’Unione Tullia Zevi in una lettera all’allo-ra presidente del Consiglio Giuliano Amato(e ribadito poi in due interviste a quotidiani),era chiaro il richiamo del Ministro dell’In-terno - responsabile della sicurezza di tutti icittadini italiani, compresi gli ebrei, entro iconfini nazionali - ai più pericolosi pregiudiziantisemiti, diffusi in termini non molto dissi-mili dalla polizia zarista all’inizio di questo se-colo, tramite quel libello noto come “Pro-tocolli dei Savi Anziani di Sion”. (Pag. 3).

III) Lettera del 22 aprile, del ministroMancino a Tullia Zevi.

Gentile signora Zevi,anche Lei, inseguendo la moda ormai ri-

corrente nel nostro Paese, attribuisce a meopinioni che non ho espresso anche perchéesse mi sono assolutamente estranee, cultu-ralmente e politicamente.

Contro i naziskin pende avanti allaCamera dei deputati un disegno di leggeMancino: ed è l’ultima mia presa di posizio-ne rispetto a fenomeni di intolleranza, diprevaricazione e di violenza. Lei - me lo con-senta - prima di fare dichiarazioni pubblicheavrebbe dovuto leggere più attentamente lamia intervista a “La Stampa” di Torino e di-stinguere il contenuto delle mie risposte ri-spetto al contenuto delle domande. Mi sonolimitato a parlare di reazioni della massone-ria e della finanza internazionale alla politicafilo-araba e filo-olpista dell’on.le Andreotti:

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personalmente - ma non solo - non trovo al-cuna identità tra massoneria, finanza inter-nazionale e mondo ebraico; non vedo, per-ciò, la ragione della Sua reazione.

Ella avrebbe dovuto reagire, semmai alladomanda di Paolo Guzzanti, il mio intervi-statore: mi consenta, perciò, di chiederLe sela malizia di un giornalista possa trasformar-si in un capo di accusa contro di me: non so-no in nessun senso la persona che può servi-re ad alimentare una polemica, soprattuttose pretestuosa.

Nicola Mancino

Questa la lettera del ministro, il qualementre da un lato si lasciava andare ad unaben singolare difesa d’ufficio di Andreotti,dall’altro firmava il decreto-legge antinazi-skin che lo faceva definire da questi ultimi“servo degli ebrei”. Ci sarebbe però piaciutosapere, a chi Mancino si riferiva (nomi e co-gnomi) parlando di quelle “reazioni dellamassoneria e della finanza internazionale allapolitica filo-araba e filo-olpista dell’on.leAndreotti”, affermazioni che qui ribadisce.Sarebbe interessante e consolante sapere cheforze così poderose come massoneria e finan-za internazionale hanno tanto a cuore gli inte-ressi vitali dello Stato ebraico. Sicuramente secosì fosse gli ebrei si sentirebbero meno soli(Commento di “Shalom”, pag. 3).

IV) Articolo del mensile “Shalom” n. 4,aprile 1993, pag. 12.

Prima delle dimissioni di Amato un decretolegge.Per stroncare il fenomeno dei naziskin.

Doveva essere un disegno di legge.Doveva cioè andare al dibattito parlamenta-re. Ma le dimissioni del presidente delConsiglio Amato hanno indotto il governo,nella sua ultima seduta, ad emanare un de-creto-legge, vale a dire una legge che ha ef-fetto immediato (salvo l’approvazione delParlamento entro 60 giorni). Si tratta deiprovvedimenti legislativi tesi a stroncare ilfenomeno dei naziskin e in genere delle ma-nifestazioni di razzismo, xenofobia e antise-mitismo, quali slogan o striscioni razzisti ne-gli stadi, manifestazioni contro gli extraco-munitari, incitamenti alla discriminazionerazziale, etnica religiosa. Ognuno di questiatti comporta una pena fino a quattro annidi prigione; chi incita alla violenza (e ovvia-

mente chi né è l’autore, salvo aggravantispecifiche) potrà vedersene inflitti sette.

Per quanto riguarda la violenza però neldecreto-legge è scomparso il reato a se stantedi “incitamento alla violenza”, che è confluitonel più generale articolo 1. Il decreto ha tenu-to conto delle osservazioni fatte dal relatoreGaspari nella commissione Giustizia, ma an-che dei suggerimenti dell’intergruppo parla-mentare che si è occupato del problema.Nell’intergruppo, che comprendeva parla-mentari delle opposizioni, particolarmente at-tivo è stato l’on. Enrico Modigliani del PRIche si è detto soddisfatto del decreto, anchein quanto, ha detto, “ha tenuto conto propriodelle nostre indicazioni, della necessità cioè,più che individuare nuove tipologie di reato,di utilizzare le norme esistenti, facendole con-fluire in una sorta di testo unico”.

L’articolo 1 del decreto modifica anche,estendendola a motivi religiosi (soprattuttoper opera di Modigliani che presiedeva l’in-tergruppo), la legge 654 del 1975 emanata aratifica della convenzione di New York sulladiscriminazione razziale e recepisce quantoprevisto successivamente dalla legge101/1989 che attua l’Intesa tra Stato italianoe comunità ebraica.

Il senso di questo decreto-legge è comun-que quello di sensibilizzare gli operatori del-la giustizia ai nuovi fenomeni razzistici che sisono registrati negli ultimi tempi anche nelnostro paese. Come dire che le leggi esiste-vano già ma venivano in parte disattese. Ildecreto è quindi più che altro una necessariaaccentuazione della volontà del governo edel paese di non tollerare manifestazioni di-scriminatorie e men che meno violente.

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Il Ministro degli interni Nicola Mancino

V) Articolo del magistrato Carlo AlbertoAgnoli sul decreto-legge 122, pubblicato dal-la rivista “Chiesa viva”, n. 241, giugno 1993.

LA CHIESA CATTOLICA MESSA ALBANDO DA UN “PROVVEDIMENTO

GOVERNATIVO”

Tra la generale disattenzione e indiffe-renza è stato recentissimamente varato, conle firme di Amato, Mancino e Conso, e sottoil pretesto dell’estrema urgenza di combatte-re il fenomeno naziskin (ma da noi chi li hamai visti, e quanti sono?), e in tempi di scon-certante brevità (26 aprile, approvazione; 27aprile, pubblicazione sulla Gazzetta Uffi-ciale; 28 aprile, entrata in vigore) un De-creto-legge di enorme portata politica che,se rigorosamente applicato, porterà alla pra-tica abrogazione di tutte le libertà costituzio-nali. In esso, infatti, si prevede la punizione,con pene detentive e accessorie di inauditadurezza (basti qui dire che, anche per unperverso gioco di circostanze aggravanti, siarriva ad oltre 7 anni di reclusione, per i capie i promotori, e che è previsto il sequestroaddirittura delle case, sol che vi si rinvenga-no simboli di qualche associazione incrimi-nata!) chiunque «in qualsiasi modo incita al-la discriminazione o all’odio, o incita a com-mettere o commette violenze o atti di provo-cazione alla violenza per motivi razziali, et-nici, nazionali o religiosi».

Poiché queste righe non sono destinate auna rivista giuridica ma al pubblico, ci limitia-mo a sottolineare gli aspetti più sconcertantidi questa incredibile legge. A tal fine giova,anzitutto, rilevare la preoccupante genericitàdelle parole: chi, in qualsiasi modo, incitaall’odio. Che significa, infatti, incitare al-l’odio? Chi, ad esempio, dicesse che gli zinga-ri sono quasi tutti ladri e fannulloni, incitereb-be all’odio etnico? E che dire di chi, sfogan-dosi a proposito dei Serbi, li definisce barbari,feroci, violenti e capaci di ogni delitto? O dichi, alle partite internazionali di calcio, si la-sciasse trascinare un po’ troppo? O del set-tentrionale che se la prende col meridionale,e viceversa, per le solite note e trite diatribe?E se uno protestasse anche pubblicamentecontro gli extra-comunitari sostenendo chegodono di ingiustificati privilegi e di generosesovvenzioni a spese del contribuente italiano,e manifestano una allarmante propensione al-la prostituzione e al delitto, sarebbe, per ciò,da considerare uno che “incita all’odio”?

Il dubbio è tanto più grave in quanto leparole “in qualsiasi modo” rendono la con-dotta descritta ancor più nebulosa ed elasti-ca, esponendo i discorsi più banali ad una il-limitata criminalizzazione: d’ora innanzi,ognuno dovrà stare molto attento a quelloche dice, o scrive, per evitare di venir trasci-nato in ceppi davanti a un tribunale e di tro-varsi esposto alla universale esecrazione co-me cripto-naziskin!

Ma il punto in cui il Decreto-legge nr.122 del 26 aprile scorso davvero eccede tuttii limiti, è quello in cui punisce, con le sue pe-ne draconiane, «chi in qualsiasi modo…. in-cita alla discriminazione per motivi re-ligiosi». Invero, il verbo “discriminare”, se-condo il “Novissimo Dizionario del Palazzi”,significa semplicemente “distinguere”, e chetale sia il suo significato anche nel contestodel Decreto in esame, si ricava con certezzadal confronto con l’articolo 1 della“Convenzione Internazionale” di New Yorkdel 7 marzo 1966, che costituisce il punto diriferimento del detto provvedimento legisla-tivo, che peraltro ne allarga a dismisura laportata. Se ne ricava che, d’ora innanzi,chiunque “distingue, o incita a distingueretra l’una e l’altra religione, e di conseguenza,per l’inscindibile nesso tra religione e mora-le, tra gli appartenenti all’una e all’altra reli-gione, è punibile con le pene previste dallanuova normativa.

A questo punto, è chiaro che il cristiano -ma, si badi bene, anche il non cristiano! - nonpotrà più condannare, ad esempio, il “satani-smo” e i “satanisti”, deprecando i sacrificiumani, la magìa sessuale, le oggidì semprepiù frequenti “messe nere” la profanazionedelle “ostie consacrate” e gli altri abomine-voli riti connessi a quel culto, e le perversionimorali delle persone che vi aderiscono, enemmeno biasimare le pratiche e i cultoridella magìa nera e della stregoneria, o cultodella Wicca, coi suoi malefici, venefici e fat-ture, o irridere alle stoltezze della astrologia!

Né potrà ritenersi al sicuro dagli inesorabi-li rigori della nuova legge chiunque si permet-ta di censurare la teoria e la pratica della poli-gamia e dello schiavismo, professati dagli isla-mici, e la loro dottrina della “gihad”, o guerrasanta - per cui il mondo intero va conquistatocon la spada alla religione di Maometto e gli“infedeli” convertiti o sterminati - o chi si at-tenti ad esecrare gli eccessi dei “fondamentali-sti” islamici e i loro massacri, come in Sudan onel Libano! In siffatto ordine di idee, non si

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vede come sarà possibile consentire la ristam-pa e la diffusione del “Nuovo” e dell’“AnticoTestamento”. Come potranno essere ammessii passi in cui Gesù definisce i farisei “razza divipere” (Matt. 12, 34), o li accusa di avere perpadre il diavolo (Giov. 8, 44), o quello che ri-porta la lunga invettiva “Guai a voi, scribi efarisei ipocriti!...”, che occupa l’intero capitolo23 del Vangelo di San Matteo? E che dire del-la condanna da Cristo stesso proferita nei con-fronti di tutti coloro che diffondono dottrinediverse dalla sua, definendoli “ladri e malan-drini” (Giov. 10)? O delle parole di SanGiovanni, laddove afferma che chi nega laDivinità di Cristo è un “seduttore e un anticri-sto” (II Giov. 2, 7)? Quanto all’AnticoTestamento, non definisce, forse, “demoni” ledivinità adorate dai pagani?

In questo contesto, il cristianesimo stessoche condanna, per dirla con Dante, il culto“degli dèi falsi e bugiardi”, e si afferma uni-ca verità (“lo sono la via, la verità e la vita”,dice Gesù), di contro alle “tenebre e all’om-bra di morte” (Matteo, 4, 16) dell’idolatria edell’ateismo, difficilmente potrà sfuggireall’accusa di essere una di quelle “organizza-zioni, assocazioni, movimenti o gruppi aventitra i propri scopi l’incitamento alla discrimi-nazione… per motivi religiosi”, che il 3°comma dell’art. 1 della nuova legge rigoro-samente vieta severamente, punendone gliaderenti e i capi. In questo caso, però, ilPromotore, la cui punizione è pure prevista,non potrà essere colpito né da Amato, né daMancino o Conso, essendo già stato crocifis-so circa 2.000 anni or sono!

D’altronde, per togliere ogni dubbio sullamessa fuori legge della Chiesa Cattolica contutta la sua Gerarchia e i suoi fedeli, è suffi-ciente considerare che anche il nuovo Codicedi Diritto Canonico prevede, come impedi-mento al matrimonio, l’appartenenza di unodei coniugi a una religione diversa e, in talmodo, inequivocabilmente, “discrimina” edincita a “discriminare”. Se questa è la posi-zione del Cristianesimo di fronte allaRepubblica Italiana, non potrà essere miglio-re neppure quella dell’Islamismo, il cui testosacro, il Corano, pur lasciando salva la vita ai“popoli del Libro” - cristiani ed ebrei - al ver-setto 56 della “sura” quinta, così ammonisce isuoi fedeli: «O voi che credete, non prendeteper amici gli ebrei e i cristiani. Dio, in verità,non guida gli uomini iniqui»! Se questa non èdiscriminazione!... L’Islam, del resto, come ènoto, fa della distinzione tra fedeli e infedeli

(dhimmi), soggetti a tributo, uno dei pilastridel proprio ordine sociale! Anche il Bud-dismo, nel Kalachakra Tantra, bestemmiaGesù e ne spregia i fedeli, chiamando, il pri-mo, “maestro di barbari”!

Comunque, è evidente che ogni religione,nel momento stesso in cui si pone come vera,nega le altre. Ma vi è forse maggiore accordotra sistemi filosofici o ideologie politiche?

In realtà, questa incredibile legge, in no-me della tolleranza razziale e religiosa, sottopretesto di universale libertà, cancella ogni li-bertà di pensiero, di parola, di stampa, di as-sociazione e, soprattutto, di religione, dal mo-mento che non ammette più religione alcuna,implicitamente abrogando, però, anche i ca-pisaldi della Costituzione e ponendo le pre-messe di una inaudita tirannide! E in verità, inaziskin non sono che un falso scopo, il prete-sto per una manovra con ben altri e inconfes-sabili obiettivi, ben più importanti che nonquello costituito da alcuni sciagurati, esaltatida idee di evidente marca massonica e dichia-ratamente anticristiana, quali sono innegabil-mente quelle naziste. Ciò appare evidente solche si consideri che la grande novità del testolegislativo in esame, il quale, in questo cam-po, va al di là della citata Convenzione diNew York del 7 Marzo 1966 e della prece-dente legge 13.10.1975 n. 654, portante ratifi-ca di tale Convenzione, è che con esso vieneappunto introdotto il divieto della “discrimi-nazione” per motivi religiosi. Tale divieto nonha evidentemente alcun riferimento con i na-ziskin che, a quanto ci risulta, non sono certonoti per la loro particolare frequenza nellechiese cattoliche, per la loro devozione o laloro osservanza dei Comandamenti Divini, enemmeno per l’appartenenza ad altre religio-ni. Non può, quindi, non sorgere, nell’osser-vatore attento e scaltrito, il sospetto di trovar-si di fronte a una delle tante tenebrose mano-vre di quei poteri occulti che muovono comemarionette gli uomini che sembrano domina-re lo scenario politico.

Tanto più il sospetto appare fondato ovesi consideri che la tesi di una pretesa superio-re unità esoterica delle religioni, al di là dellepiù stridenti differenze, costituisce il princi-pale caposaldo della dottrina massonica.

A tale premessa teorica si collega lo sfor-zo di infiltrare ogni “credo” per ridurlo asemplice rito, senza alcuna pretesa di veritàe di giustizia. E ciò nel nome di un assolutorelativismo dissolutore che postula la nega-zione del principio logico di contraddizione!

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WOJTYLA “UNA CUM” ...BLONDEL, I “VESCOVI”

LUTERANI, IL LIBERALI-SMO DI STATO.

I. L’incredibile elogio di Maurice Blondel.

Si è svolto a Aix, dall’11 al 13 marzo, unColloquio internazionale dedicato al filosofo fran-cese Maurice Blondel nel centenario della pubbli-cazione della sua opera fondamentale, “L’Action”.In quest’occasione, Giovanni Paolo II ha rivoltouno sconcertante messaggio diretto all’ “Arci-vescovo” di Aix, che riportiamo integralmente da“L’Osservatore Romano” del 12 marzo 1993, pag.5, che lo ha pubblicato sotto il titolo redazionale:“Blondel: fedele interprete della filosofia e delcattolicesimo più autentico”. Al testo “magisteria-le” seguirà un nostro commento.

A Mons. Bernard PANAFIEUArcivescovo di AixL’Arcidiocesi di Aix celebra quest’anno il

centenario dell’Azione di Maurice Blondelche ha profondamente segnato il pensiero cat-tolico del ventesimo secolo. Dall’ 11 al 13 mar-zo, attraverso un Convegno internazionale, dicui ho potuto apprezzare il ricco programma,intendete rendere onore al pensatore e esplora-re i molteplici aspetti della sua opera. L’operafornisce ai lettori, non soltanto un discorso fi-losofico, ma anche un alimento spirituale e in-tellettuale, capace di sostenere la loro vita dicristiani, poiché la condotta intellettuale fa par-te dei «preamboli razionali per la fede» (M.Blondel, Il problema della mistica, n. 6); maciò non deve tuttavia portarci a disconoscere ilimiti di tutti i pensieri e di tutte le scuole.

«Sì o no, la vita umana ha un senso el’uomo ha un destino?». (L’Azione, p. VII).Questa è la questione iniziale della tesi del1893, questione che nessun uomo può evitare.Maurice Blondel risponde con una sottile a-nalisi fenomenologica dell’azione umana,dalla sua origine fino al suo termine passan-do per le diverse circostanze nelle quali essasi perfeziona incessantemente; così egli nemette in luce i molteplici aspetti. Mani-festando la libertà umana, questo «scandalodella scienza» (p. 118), in cui l’uomo parteci-pa «a una potenza infinita» (p. 121) che pro-lunga l’opera creatrice di Dio, l’agire è l’e-spressione e la realizzazione della coscienzae della legge morale, «in actu perfectio»(409), e «noi moralizziamo la nostra natura

attraverso la virtù operante del dovere» (p.142). Inoltre, per il «filosofo di Aix», l’azioneè il potere di manifestare l’amore aprendo co-sì l’anima a Dio. L’originalità di Blondel ri-siede nel fatto che egli comprende l’azione u-mana in ogni sua dimensione, individuale,sociale, morale e soprattutto religiosa e nelfatto che egli mostra l’intima connessione traquesti differenti aspetti. Ne segue che, nel suoagire, ogni uomo svela la potenza del suo es-sere e della sua vita interiore così come il le-game profondo con il suo Creatore. Eccoperché, ci spiega il filosofo, l’anima religiosatrova, in ultima istanza, la sua perfezionenella «pratica letterale» e semplice della reli-gione rivelata. Al di là delle meraviglie dialet-tiche e delle «coinvolgenti emozioni della co-scienza» (p. 409), esiste l’azione attraverso laquale Dio penetra in noi. E il modello non èforse l’atto eucaristico che si apre verso l’infi-nito e che offre al fedele «l’infinito finito»?

In un’epoca in cui il razionalismo e la cri-si modernista snaturavano la rivelazione eminacciavano la fede della Chiesa, MauriceBlondel ricordava, in una visione positiva,che l’azione lascia intravedere l’agire divino,«penetrato nella nostra carne» (p. 114) e il le-game tra il mistero della grazia, divina e lacoscienza o l’azione dell’uomo. Ma, al termi-ne del suo procedimento filosofico, Blondelci conduce alla soglia del mistero, poiché nonesiste misura comune tra ciò che provienedall’uomo, quest’azione alla quale egli attri-buisce un potere così importante, e ciò cheprocede da Dio.

Quest’opera non cesserà di suscitare lostupore dei filosofi e dei teologi; dei primi,perché Blondel sembra dimostrare troppo,dei secondi perché dimostrando troppo,Blondel non sembra osservare sufficiente-mente la distinzione dell’ordine naturale edell’ordine soprannaturale, Ma, gli studi diBlondel sono progrediti, più chiaramente si èdimostrato, il rigore di tutta l’opera L’Azioneci fa comprendere dal punto di vista del cre-dente che utilizza lo strumento filosofico cheesiste una meravigliosa armonia tra la naturae la grazia, tra la ragione e la fede. Come conPascal, I’uomo, «in mezzo tra niente e tutto»,è pazientemente condotto a riconoscere ilpremio divino della vita.

In un mondo dove crescevano il relativi-smo e lo scientismo la tesi di Blondel era pre-ziosa per la sua ricerca di unificazionedell’essere e per la sua preoccupazione per lapace intellettuale: essa è il discorso di un cre-

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dente rivolto ai non credenti, il discorso di unfilosofo su ciò che va oltre la filosofia; essastimola la ricerca del vinculum, «vittoria»della coscienza attraverso la quale l'unitàdell’agire umano viene raggiunta, attraversola quale la consistenza di tutto ciò che esistesi rivela e attraverso la quale la connaturalitàche crea un ponte tra il mistero di Dio el’azione umana si esprime. Così, ricordandol’opera, intendiamo innanzitutto rendereonore al suo autore, che nel suo pensiero enella sua vita, ha saputo far coesistere la criti-ca più rigorosa e la ricerca filosofica più co-raggiosa con il cattolicesimo più autentico,attingendo dalle fonti della tradizione dog-matica, patristica e mistica. Questa doppia fe-deltà ad alcune esigenze del pensiero filosofi-co moderno e al Magistero della Chiesa haincontrato non poche incomprensioni e diffi-coltà, in un tempo in cui la Chiesa si trovavadi fronte alla crisi modernista, di cui Blondelera stato tuttavia uno dei primi a discernere leposte in gioco e gli errori. Più volte incorag-giato dai miei predecessori, Leone XIII, PioX, Pio XI e Pio XII, Blondel proseguì la suaopera spiegando instancabilmente e ostinata-mente il suo pensiero senza rinnegarne l’ispi-razione. È questo coraggio di pensatore, uni-to a una fedeltà e a un amore indefettibili ver-so la Chiesa, che i filosofi e i teologi attualiche studiano l’opera di Blondel devono ap-prendere da questo grande maestro. LaChiesa, oggi come sempre, ha bisogno di filo-sofi che non temano di toccare le questionidecisive della vita umana, della vita morale, edella vita spirituale, per preparare l’adesionee la testimonianza della fede, “principio d’a-zione” (p. 411), per testimoniare la speranzae per aprirsi all’esercizio della carità. E laChiesa ha bisogno di teologi che, basandosisu un solido procedimento filosofico, sianocapaci di esprimere il dato rivelato, per illu-minare i fedeli così come i non credenti.

Sperando che l’esempio di MauriceBlondel, credente e filosofo, che attinge dal-l’intimità con il Maestro il suo desiderio diverità, ispiri i cristiani filosofi dei nostri gior-ni, domando a Cristo, saggezza divina e ri-flesso della gloria del Padre, di non cessaremai di mandare il suo Spirito per illuminarel’intelligenza dei suoi fratelli e, con tutto ilcuore, impartisco a tutti i partecipanti alConvegno di Aix-en-Provence la mia Bene-dizione Apostolica.

Vaticano, 19 febbraio 1993GIOVANNI PAOLO II

La lettera “L’Archidiocèse d’Aix” attri-buisce al Blondel gli “incoraggiamenti” diLeone XIII, Pio X (non più Santo), Pio XI ePio XII. Saremmo curiosi di conoscerne iltenore (di quelli di San Pio X, poi!!). L’unicodocumento in questione citato da tutti è unalettera del pro-segretario di Stato di Pio XII,che rispondeva al nome di Giovanni BattistaMontini... Nasce il sospetto che tante auto-rità siano invocate in soccorso di Blondelproprio per nascondere la gravità delle affer-mazioni contenute in questa lettera woj-tyliana. Sì, perché in realtà Maurice Blondelfu un modernista. Poco importa che il filo-sofo francese non sia stato scomunicato co-me altri caporioni del movimento, qualiLoisy in Francia, Tyrrel in Inghilterra,Buonaiuti in Italia. Si può dire, anzi, che fupiù modernista di loro, che meglio di loroseppe praticare l’arte del modernista: quelladi non uscire visibilmente dalla Chiesa pertrasformarla dal di dentro. La tattica utiliz-zata dal Blondel per non farsi condannarenominalmente fu quella dell’oscurità del lin-guaggio, del tacere tutto il suo pensiero, delcontraddirsi continuamente. Amici e nemiciconcordano su questo punto.

Il gesuita modernista Tyrrell scrisse alvon Hugel (comune amico col Blondel):“Ora, sono contento che egli sia oscuro, poi-ché ciò proteggerà come un involucro la suadottrina finché non giunga la stagione dellagerminazione. C’è una sola cosa da temere:che i suoi ammiratori rendano chiaro ciò chevuole dire, o per lo meno la loro versionedella sua idea, e tutto ciò a vantaggio dei ca-ni da guardia ecclesiastici i quali, altrimenti,percorrerebbero il libro (si tratta de “L’ac-tion” della quale si preparava la nuova edi-zione. N.d.R.) senza farci caso. Inimici do-mestici ejus, si applica tanto ai nostri amiciche ai nostri nemici” (EMILE POULAT, His-toire, dogme et critique dans la crise moder-niste. Casterman. 1979, pag. 538).

Similmente, seppur da una opposta barri-cata, si esprime il teologo tomista PadreTonquedec: “Il Padre de Tonquedec fin dal1924 (Dictionnaire d’Apologetique, col 601,voce: Immanence) aveva sottolineato la “so-miglianza impressionante” tra il pensiero delBlondel ed alcune tesi condannate da sanPio X nella “Pascendi”. Questa somiglianza,egli scriveva, “esiste talvolta persino nei ter-mini impiegati dall’una e dall’altra parte, equesta coincidenza con ogni probabilità nonè effetto del caso”. Per il Padre de Ton-

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quedec, il Blondel era sfuggito all’anatemapersonale e diretto “solo per le imprecisionidel pensiero”, per “esitazioni”, “contraddi-zioni”, che si susseguono nei suoi scritti, tal-volta ad una sola pagina di distanza.” (HIR-PINUS. Quelli che pensano di aver vinto. 3. La“nuova” filosofia di M. Blondel. in: Si Si NoNo, 31 gennaio 1993, n. 2, pag. 3). Queste “e-sitazioni” erano volute, come lo confessò ilBlondel stesso al discepolo de Lubac, pernon incorrere nelle condanne romane (cf. SiSi No No, cit., pag. 3-4).

Se non è stato condannato Blondel, è sta-ta però condannata la dottrina di Blondel: ilsuo rifiuto della scolastica, la sua falsa conce-zione della verità, totalmente soggettivista, lanon distinzione tra naturale e sovrannaturale,ereditata da Baio e trasmessa ai “nuovi teolo-gi” stile de Lubac riprovati dalla “Humani ge-neris” di Pio XII, il suo concetto di “tradizio-ne vivente” che non è altro che l’idea di unaevoluzione (eterogenea) dei dogmi...

Sarebbe stato, Blondel, “uno dei primi” adiscernere gli errori dei modernisti, comeparadossalmente afferma Giovanni PaoloII? Egli si riferisce, evidentemente, alla pole-mica sorta, in un secondo tempo, tra Loisy eBlondel. Polemica aperta nel 1904 col libro“Histoire et dogme” dove l’attacco a Loisy,per mettersi al sicuro, è un’altra occasioneper attaccare ancor più gli “estrinsicisti” (ov-vero i filosofi cattolici che seguono la dottri-na di san Tommaso). Malgrado ciò Blondeltemette di finire all’indice: scrisse significati-vamente a Loisy: “Sapete senza dubbio chedopo gli esegeti si chiede la testa dei filoso-fi... I miei articoli hanno creato dello scon-tento a destra più ancora che a sinistra”(let-tera del 28/2/1904. cf. Poulat, pag. 549).

Lo storico del modernismo, Poulat, fa unparagone illuminante, a proposito della po-lemica Blondel-Loisy, ricordando che anchequest’ultimo aveva esposto la sua dottrina inpolemica con un altro modernista, il prote-stante von Harnack, ma che, “come tra Har-nack e Loisy, viene un momento in cui anchetra Loisy e Blondel è difficile discernere lafrontiera....” (ivi, pag. 564).

Lo stesso Loisy, nelle sue memorie, accu-sò Blondel di arrivare alle sue stesse conclu-sioni: “Avevo mostrato il susseguirsi della re-ligione cristiana e cattolica a partire dal van-gelo come un movimento di vita religiosa cheaveva dovuto assimilarsi perpetuamente glielementi del suo mantenimiento e della suacrescita, in virtù di un principio sufficiente-

mente forte per compiere queste realizzazio-ni. Quello che Blondel scriveva della tradi-zione vivente, per opporlo ai miei “piccoli li-bri” si trovava nei miei “piccoli libri”, senzala pretesa, che aveva Blondel, di provare conquesta tradizione la perennità dei dogmi el’autenticità assoluta degli scritti evangelici.Io non avevo voluto fondare la fede sulla sto-ria; non avevo neppure concepito l’evoluzio-ne dei dogmi come una sovrapposizione di e-lementi eterogenei. L’inventore dello storici-smo non sono io, è Blondel. (...) Volendoprovare, con l’intuizione superiore della tra-dizione vivente, la storicità degli scritti evan-gelici, corre il rischio di parlare per dir nien-te. Lui stesso, senza accorgersene, ha svolto ilruolo di un demolitore. Ha detto che la storianon poteva provare il sovrannaturale cristia-no: era vero, ma io lo avevo detto prima dilui e con maggiori precauzioni di lui. Ora, siillude di dimostrare questo carattere sovran-naturale con un metodo tutto suo, ma cosaprovava? Sviluppava una gnosi che pretende-va trasformare in esperienza. Quanti pensa-tori seri si decideranno ad ammettere chel’incarnazione del Logos arriva a puntino perdimostrare la realtà del mondo esteriore?...”(cf. POULAT, pag. 561. Loisy allude al pancri-stismo di Blondel, secondo il quale è impossi-bile, senza l’incarnazione, conoscere l’ogget-tività del mondo esteriore!).

In fondo, sembra dire il povero preteapostata Loisy, qual’è la differenza tra me eBlondel? Io ho perso la fede, e lo ammettosinceramente. Blondel invece, che arriva allemie stesse conclusioni, non lo ammette né ase stesso (?) né agli altri. Anche in questo, ilpiù modernista tra i due, lo ripeto, è Blondel.

Blondel, de Lubac, Vaticano II, Wojtyla…:è questa la successione genealogica esplicita-mente rivendicata (si veda anche: ANTONIORUSSO, Henri de Lubac: teologia e dogma nel-la storia. L’influsso di Blondel, con prefazionedi Walter Kasper, ed. Studium, Roma, 1990).Si tratta di una famiglia intellettuale incompa-tibile con San Tommaso, San Pio X, Pio XII...In una lettera scritta da Blondel a Mourret il26 aprile 1921 questi giunse al punto di vede-re, dietro i collaboratori di San Pio X nella lot-ta antimodernista, “l’occultismo ancor piùprofondo e pernicioso del Maligno”. “Docu-mento psicologico capitale: - commentaPoulat - Blondel si mostra investito da un or-rore sacro ed invaso da una ripulsione quasifisica di fronte ad un cattolicesimo che è, perlui, scandalo e mistero” (cf. Intégrisme et

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catholicisme intégral, Casterman. 1969. pag.41, nota 52). È lui che Wojtyla propone ai cre-denti come “fedele interprete della filosofia edel cattolicesimo più autentico”. Per l’appun-to: QUALE CATTOLICESIMO?

II. Rapporti tra Chiesa e Stato: ora e sem-pre, la libertà religiosa...

10 febbraio 1993, aeroporto internazio-nale di Entebbe (Uganda). “Senza reclamarediritti speciali o privilegi, la Chiesa chiedesoltanto la libertà necessaria per compiere lapropria missione di predicare il Vangelo nellasua pienezza, e di servire la famiglia umanasecondo i suoi principi (cfr. Gaudium et spes,n.76)” (“L’Osservatore Romano”, 11 feb-braio 1993, pag. 10).

10 febbraio 1993, Khartoum (Sudan).“Tutto quello che chiede la Chiesa è la libertàdi proseguire la sua missione religiosa e uma-nitaria. Questa libertà è un suo diritto, poichéè un dovere di ognuno, dovere degli individuie dello Stato, rispettare la coscienza di ogniessere umano. Il rigoroso rispetto per il dirit-to alla libertà religiosa costituisce una fonteprimaria e un fondamento per la pacificacoesistenza” (“L’Osservatore Romano”, 11febbraio 1993, pag. 11) “La libertà religiosa èun diritto che tutti possiedono perché esso de-riva dall’inalienabile dignità di ogni essere u-mano. Esso esiste indipendentemente dallestrutture politiche e sociali e, come è stato as-serito in vari Documenti internazionali, loStato ha l’obbligo di difendere questa libertàda attacchi o interferenze. Dove c’è discrimi-nazione nei confronti dei cittadini sulla basedelle loro convinzioni religiose, viene com-messa un’ingiustizia fondamentale control’uomo e contro Dio, e la strada che conducealla pace è intralciata” (“L’OsservatoreRomano”, 12 febbraio 1993, pag. 5)

12 marzo 1993, Vaticano, ai Vescovi delMozambico. “La democrazia del Mozambico,basata sulla dignità e sull’uguaglianza fonda-mentale delle persone e dei gruppi nel rispettodei loro diritti e doveri, potrà in tal modo tro-vare i capi e i professionisti idonei che, privile-giando l’arte del dialogo e la pratica della giu-stizia sociale, riusciranno a porre fine a tantianni di rivalità, inasprite fino a giungere al san-gue e alla morte e renderanno possibile lo svi-luppo integrale e generale del Paese” (“L’Os-servatore Romano”, 13 marzo 1993, pag. 5).

18 marzo 1993, Vaticano, all’Amba-sciatore di Svezia. “Signor Ambasciatore,

Voi sapete che nella vita internazionale laChiesa cattolica non persegue altro fine chedifendere l’uomo, la sua vita personale, la sualibertà spirituale e la buona intesa tra i popo-li, affinché ogni essere ed ogni comunità u-mana possano trovare il loro posto, svilup-parsi e fruire delle ricchezze e delle bellezzedella creazione” (“L’Osservatore Romano”,19 marzo 1993, pag. 6, dal testo in francese).

22 aprile 1993, Vaticano, all’Amba-sciatore di Albania. «L’attaccamento ai valo-ri religiosi costituisce un solido punto di an-coraggio per la costruzione della rinnovatavita democratica. Riferendomi alla credenzareligiosa, penso non soltanto alla Comunitàcattolica, ma anche a quella ortodossa e aquella islamica, che con la Chiesa hanno sta-bilito un esemplare rapporto di stima e di ri-spetto. I Cattolici, per quanto li concerne,corrispondono volentieri a questi sentimenti esono lieti di dare il loro contributo di impe-gno morale e civile alla rinascita della loroPatria. Certamente, quanto la Chiesa si pro-pone di offrire non sono interventi di ordinepolitico, perchè questo non sarebbe conformealla sua missione. Come ricorda il ConcilioEcumenico Vaticano II, “la Comunità politi-ca e la Chiesa sono indipendenti e autonomel’una dall’altra nel proprio campo”(Gaudium et spes, 76)» (“L’OsservatoreRomano”, 23 aprile 1993, pag. 5).

28 aprile 1993, Vaticano, udienza genera-le del mercoledì. “I diritti dell’uomo, com-preso quello della libertà di coscienza e di re-ligione, sono ora diventati la base della vitasociale. (...) La rinascita spirituale dell’Alba-nia avviene all’insegna del dialogo ecumeni-co e della collaborazione interreligiosa. Nonè questo un grande segno di speranza? (...)La ritrovata libertà religiosa sarà sicuramentefermento di una società democratica, se ver-ranno riconosciuti il valore e la centralitàdella persona umana e se tutti i rapporti, sulpiano sociale, politico, economico, s’impron-teranno ad autentica solidarietà. (...) La aiu-teranno (l’Albania, n.d.r.) il senso della fami-glia e dell’accoglienza, e soprattutto la sua fe-de. Le sarà di grande sostegno l’intesa, darinnovare costantemente, fra Cattolici,Ortodossi e Musulmani” (“L’OsservatoreRomano”, 29 aprile 1993, pag. 4).

Sette citazioni di Giovanni Paolo II, tutteconcernenti la sua dottrina sui rapporti tra loStato e la Chiesa... Senza dubbio, riguardanodei paesi ove i cattolici, tranne il Mozam-

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bico, sono una più o meno grande minoran-za, in alcuni casi, come nel Sudan, cru-delmente perseguitata. Ci rendiamo quindiperfettamente conto che Giovanni Paolo II,in queste circostanze, non possa mirare adaltro che ad assicurare alla Chiesa la libertàche gli compete, come facevano i primi apo-logisti nei confronti dell’Impero pagano. Manon è questa la prospettiva di Karol Wojtyla.Egli afferma chiaramente che quanto inse-gna a proposito dei rapporti tra lo Stato e laChiesa ha un valore universale, a prescinde-re dalle circostanze particolari di questo oquel paese. Secondo K. Wojtyla, quindi, laChiesa non chiede alcun privilegio o dirittospeciale, ma la semplice libertà religiosa adeguaglianza con gli altri gruppi. Come siconcila questa dottrina con quella dellaChiesa sul regno sociale di Cristo e sullaconfessionalità dello Stato e sui suoi doverinei confronti della vera religione? Insiste sul“diritto” alla libertà di coscienza e di religio-ne, errore condannato dalla Chiesa e procla-mato invece dal Vaticano II. A questo “dirit-to” corrisponderebbe un “dovere” da partedello Stato: ogni discriminazione fondatasulla religione sarebbe una “ingiustizia” (equindi un grave peccato) contro Dio e l’uo-mo. Se ne deve concludere che la Chiesa etutti gli stati cattolici confessionali hanno“peccato” gravemente contro Dio e control’uomo almeno per 15 secoli, da Teodosio alConcilio, perché sempre hanno preteso edattuato tale discriminazione. Questo “dirit-to” si fonderebbe sull’inalienabile dignitàdella persona umana, persona umana la cuicentralità sarebbe fondamento di un giustoordine sociale, naturalmente “democratico”.Ma se la persona umana pecca, essa perde lapropria dignità, pur conservando la capacitàdi ritrovarla, come insegnano S. Tommaso eLeone XIII. E che Wojtyla affermi invece ladignità di ognuno, anche del delinquentedalla legge divina (e umana), appare eviden-te, poiché il rispetto alla libertà di coscienzariguarda ogni uomo (quindi, anche chi agiscein cattiva fede...). Da questa dottrina conse-gue che il pluralismo religioso sarebbe spe-ranza e fondamento di sviluppo integrale perun paese, mentre invece la Chiesa ha sempreconsiderato l’unità religiosa come bene pre-zioso da salvaguardare. Ne risulta una so-cietà politica non solo sovrana ma anche au-tonoma nel proprio campo, dimenticandodel tutto la subordinazione almeno indirettadello Stato alla Chiesa, anche nelle questioni

temporali. Diritti dell’uomo, democrazia, u-guaglianza, libertà di coscienza e di religio-ne, antropocentrismo, dignità umana, societàinterreligiosa… Sono questi l’eco delle paro-le dei Sommi Pontefici, oppure dei discorsiroboanti ed utopici dei clubs, delle logge, deifilosofi illuministi?

III. Tutti gli uomini si salvano...

3 aprile 1993, Vaticano, meditazione aigiovani della diocesi di Roma. «Non sola-mente che abbia la vita uno solo, ma che ab-biano la vita tutti: questa è la dimensionedell’atto redentivo di Cristo, del suo donodella vita in Croce. Questo dare la sua vita daparte di Cristo è una dimensione universale,sono abbracciati tutti gli uomini di ogni epo-ca, di ogni secolo, di ogni popolo. È un attoredentivo, una offerta, un sacrificio redentivoche abbraccia tutta l’umanità. (...) Così Cristopoteva dire: “Io sono venuto perché abbianola vita”, non un solo uomo, non alcuni, nonsolamente quelli che lo hanno seguito, ma an-che quelli che non lo conoscono, che non loseguono, tutti» (“L’Osservatore Romano”, 3aprile 1993, pag. 4).

Più volte, su “Sodalitium”, abbiamo se-gnalato la falsissima dottrina della salvezzauniversale insinuata dal Vaticano II e ripresaancora più esplicitamente da Giovanni PaoloII. Questa citazione, pertanto, non fa che ag-giungersi alle altre. È vero, lo ripetiamo, cheCristo è morto per salvare tutti gli uomini (divolontà antecedente). Ma è falso, anzi ereti-co, lasciar credere che di fatto tutti si salvano,persino quelli “che non lo seguono”. Eppureè quanto afferma Karol Wojtyla, come ognu-no di voi può constatare...

IV. In comunione coi falsi vescovi luterani.

18 marzo 1993, Vaticano, all’ambasciatoredi Svezia “Nel momento in cui inizia la suamissione, mi piace ricordare l’avvenimento e-cumenico che abbiamo vissuto nella basilicadi san Pietro, il 5 ottobre 1991, nell’occasionedel sesto centenario della canonizzazione disanta Brigida. Questa festa mi ha dato l’occa-sione indimenticabile di pregare sulla tombadell’Apostolo Pietro in comunione fraternacon dei vescovi cattolici del suo paese e dei ve-scovi luterani, tra i quali il Primate dellaChiesa luterana di Svezia, il caro ArcivescovoBertil Werkstrom” (“L’Osservatore Romano”,19 marzo 1993, pag. 6).

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Così siamo assicurati, dalle sue stesse pa-role, che Giovanni Paolo II è in comunionecon dei sedicenti “vescovi” eredi di MartinLutero. Ne deduciamo l’assoluta necessità dinon essere in comunione (una cum... innan-zitutto nel canone della Messa!) con KarolWojtyla, per non trovarci, per persona inter-posta, nella poco gradita compagnia del tri-stemente celebre eresiarca per il quale ilPapa era l’anticristo…

Chiudiamo qui, per questo numero, la no-stra rassegna da “L’ Osservatore Romano”.Persino all’occhio vigile e severo del nostro“censore” saranno sfuggite molte citazioniinteressanti (ricordiamo l’elogio tributatatonuovamente da Giovanni Paolo II, in un di-scorso ai vescovi italiani, al defunto presiden-te Pertini, che ha avuto l’onore di entrare trale autorità del “magistero” malgrado il suo a-teismo marxista...), ma pensiamo che quantogià pubblicato basti e avanzi per ora. Tanto,purtroppo, non mancherà la materia perun’altra puntata nel prossimo numero...

di Mons. Guérard de Lauriers

Sesta stazioneGESU ACCETTA E RICOMPENSA LEATTENZIONI DI VERONICA

Gesù prosegue il suo cammino, accompa-gnato da Maria, che lo seguirà fino alla fine enon abbandonerà mai la persona di Gesù,aiutato da Simone che si preoccupa di porta-re la Croce più che di legarsi alla persona diGesù e la cui missione è compiuta quando laCroce giunge al Calvario. Ci sono altri incon-tri, è vero, ma per la maggior parte ostili e laProvvidenza ha voluto ci fosse conservata so-lo la testimonianza dell’amore. EccoVeronica e, un po’ più lontano, altre donne,venute come per vedere e ricevere il Maestrodi sfuggita. Maria, Simone, Veronica, le don-ne di Gerusalemme, tanti punti luminosi cherischiarano questa via oscura.

Tu solo, o Signore, conosci la reale condi-zione delle persone, Tu solo sondi reni e cuori;(1) ma per noi che vediamo le cose dal di fuo-ri, Veronica è la privilegiata, lei sola riceve un

segno, l’ultimo dei Tuoi Segni, prima di quellodella morte, del Sangue e dell’acqua. (2).

Ella ne aveva certamente più bisogno diMaria, ne era certamente più degna delle sueanonime compagne. Ma perché, o Gesù, haiTu accordato a Veronica, che non fa che ungesto, ciò che non hai dato a Simone che Tiaiuta lungamente, faticosamente, dolorosa-mente? O Signore, io adoro la Tua Saggezza.Tu Ti nascondi a coloro che vengono a Te ri-cercando se stessi; Tu Ti dai a coloro che noncercano che Te; Tu Ti lasci scoprire dai dociliche si lasciano pazientemente costringere adaiutarti. Le donne di Gerusalemme, Vero-nica, Simone: tre simboli.

Ma o Signore, che cosa hai riservato aMaria, Tua Madre? Nella sua fede eroica, al-cuna impurità, alcuna bramosia, alcuna len-tezza, e perciò Tu non le rivolgi né rimprove-ri, né conforto. Tu le hai dato uno sguardo,espressione vivente dell’eterna Saggezza.Ella ha la sua parte, la più austera, la più pu-ra, la più vera, la migliore (3).

È la parte di Veronica che io voglio con-siderare. Simone cammina lungamente conTe, sotto lo stesso peso, nello stesso atto diportare, perché deve imparare a conoscerti;Veronica Ti conosce già, e viene diretta daTe. Tuttavia si potrebbe non riconoscerti!Pietro, Giacomo e Giovanni, che Ti hannovisto nello splendore della Gloria, non sannopiù chi Tu sia: L’ho veduto, e non era un uo-mo; (4) i Tuoi discepoli, testimoni dei Tuoidiscorsi alle folle attonite, non Ti ritrovanopiù in questa ventata di odio. È questa l’oradella menzogna che pretende distruggere laverità e corrompere l’amore. Ma c’è una vit-toria che ha vinto il mondo, (5) quella dellasantissima fede e questa vittoria è incarnata,nei Tuoi confronti, o Signore, e mediante laTua Grazia, dalla Tua fedele serva Veronica.

Luce che non esiste se non nella fede,amore che non esiste se non mediante la fede,ci vogliono l’una e l’altro per riconoscere e ri-trovare Gesù. Veronica è solo spirito con Te,o Signore; ella crede e sà, ciò che Tu stesso saiperfettamente. Ella sà dolorosamente ma inperfetta serenità, nel mistero ma con perfettacertezza, che sotto le Tue palpebre appesanti-te dalla terra, brilla l’eterna Luce del Verbo.Veronica è un solo cuore con Te e soffre in séla sofferenza del Tuo Capo, delle Tue mem-bra, di tutto il Tuo essere; viene a Te, perchénon conosce che Te, non sente che Te; e in-venta questo gesto che vorrebbe sposare tuttoil Tuo martirio e vuol esprimere assai più di

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LA VIA REGALE

quanto essa può fare: umile magnanimitàdell’Amore! Come è bella, o Signore, la partedi Veronica: fede luminosa che s’assorbe tuttain Te, fede fedele che non segue che Te, fedevergine che ignora tutto eccetto Te.

Ed ecco la Tua risposta, o Signore.Anch’essa è più bella nell’interiorità del mi-stero che non nel segno che la manifesta. Ilsegno, è quello stesso che attendiamo dainostri amici e che non vogliamo dare che aessi: l’immagine, ricca dello stato dell’animo,l’impronta che fissa visibilmente lo stato in-visibile integrato in Eternità.

In questa fine dolorosa della Tua vita, Tuporti nelle Tue membra e sul Tuo viso tutto ilpeso di un’esperienza umana carica di Sag-gezza divina. Ho guardato o Signore,quest’impronta del Tuo volto, su di essa nonho scorto né amarezza, né riposo; né angosciadi morte, né speranza di vita; né irrigidimen-to, né stanchezza. Nulla di tutto ciò che di so-lito si legge sul volto di un uomo che muoresoffrendo e che rimane padrone della propriavita. Nulla di tutto ciò in Te, o meglio, tuttociò, ma a un grado sovrumano, in un’armoniadivina: mistero del Tuo viso impassibile e tut-tavia così accogliente: Tu sapevi ciò che vi ènell’uomo (6) e Tu conoscevi il prezzo dellaCroce. O Saggezza divina ed umana; Sag-gezza raggiante di Gloria e tutta penetrata diCroce; Saggezza la cui sicurezza è immutabilee la cui condiscendenza infinita.

L’effigie di tale Saggezza è data in segnoa Veronica nel momento decisivo del suo ge-

sto folle e saggio. Signore, ti lodo; è bene chesia così. Lo splendore del segno suggeriscel’armonia dei Tuoi disegni. È attraverso unaLuce che non proviene che da Te, Signore, èattraverso un Amore che Tu solo puoi dare,che Veronica, la Tua fedele Veronica, vienefino a Te: eccola tutta adorazione e compas-sione, omaggio al Dio incarnato e ricono-scenza al Dio Salvatore. A coloro che credo-no, o Signore, Tu dai, come al centurione,una ricompensa da credente, un miracoloche è un segno per la fede. A coloro che a-mano, Tu dai, come a Maria, sorella diMarta, la ricompensa della sicurezza nell’a-more, sicurezza che è come un sigillo d’au-tenticità, ma a coloro che insieme credono eamano, che sono interamente presenti in ununico atto che è per Te solo e che nessunaparola umana potrebbe descrivere, a costoroo Signore, che cosa darai se non la TuaSaggezza, mistero di verità e di Amore insie-me e cioè, tutto Te stesso?

Signore, dammi questo fervore che non èdiretto a te che per Te solo, rendimi tutto im-pregnato di Te, come il velo immacolato chefu applicato sul Tuo Volto; trasformami, apartire da questo momento e per sempre,nella Tua Saggezza di Croce e nella TuaSaggezza di Gloria.

Note

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(1) Ps. VII, 10; I Cor. II, 11.(2) Gv. XIX, 34.(3) Lc. X, 42.

(4) Is. LIII, 2.(5) I Gv. V, 4.(6) Gv. II, 25; I Cor. II, 10, 11.

Vita dell’Istituto4-6 aprile: i nostri seminaristi si preparano

con un ritiro di tre giorni, nel raccoglimento dellaSettimana Santa, a ricevere gli Ordini sacri. Il riti-ro si è concluso la sera del 6 con l’entrata nel-l’Istituto di tre nuovi membri: un francese, un bel-ga ed un tedesco. Attualmente, i membri del-l’Istituto sono dodici.

7-8 aprile: Mons. Oravec è venuto dallaSlovacchia, per conferire gli ordini ai seminaristi.Tre hanno ricevuto la tonsura, uno i primi ordiniminori, due gli ultimi ordini minori. Nel pomerig-gio sono state amministrate le Cresime, ed il gior-no seguente, Giovedì Santo, sono stati consacratigli Olii che devono servire, durante tutto l’anno,per i battezzandi, i cresimandi, i moribondi...

11 aprile: Pasqua di Resurrezione! I nostri sa-cerdoti l’hanno passata sulle strade per poter cele-brare la Santa Messa a Verrua, Torino, Valmadrera,

Marano, Maranello, Firenze, Annecy, Monetroi,Cannes... Senza dimenticare di benedire le case deifedeli e di portare la comunione ai malati. Anche inoccasione delle feste pasquali, un nostro sacerdoteha organizzato una piccola festa per i facchini dellaMira Lanza a Calderara di Reno, il 3 maggio.

30 maggio: Nel giorno di Pentecoste, si è svoltoa Verrua il ritiro mensile. Dal pomeriggio alla sera,i partecipanti hanno l’occasione di pregare, di me-ditare, di assistere alla Messa ed alla benedizioneeucaristica, per ritrovarsi infine in allegria per unacena famigliare o, perchè no, una partitella di cal-cio. I bambini sono intrattenuti con dei giochi, sen-za sfuggire... al catechismo. Tutti hanno una facileoccasione di fare una buona confessione mensile,di rinnovare il fervore degli Esercizi Spirituali fattidurante l’estate, e di prepararsi alla morte, la qua-le, si sa, è cosa certa, mentre incertissima è la suaora. “Estote parati”, ci ammonisce il Signore. Il riti-ro mensile, fatto da noi a Verrua o per conto pro-

prio da chi abita lontano, è un mezzo facile e co-modo per essere sempre pronti alla Sua chiamata.

9 giugno: accompagnato dal seminarista GillesRoger, don Ricossa si è recato a Tours per la con-ferenza che il R. P. Barbara ha tenuto all’HotelUnivers sul tema: “Ci cambiano la religione. Chi èil responsabile?”. Accanto al conferenziere si tro-vavano don Philippe Guepin, don GustaveDelmasure e, per l’appunto, don Ricossa.

13 giugno: don Murro, dopo aver celebrato laSanta Messa ad Annecy, come di consueto, si è re-cato anche a Lione, dove un gruppo di fedeli hachiesto l’aiuto dei sacerdoti dell’Istituto. Questa pri-ma Messa a Lione è un motivo di viva speranza peril nostro apostolato in Francia, dove già tanti con-fratelli estranei all’Istituto lavorano con gran frutto,ma dove la messe è pur sempre più abbondante de-gli operai. Anche in Italia si apre, o meglio si riapre,un nuovo possibile fronte, se le Messe celebrate aRovereto e a Trento da don Giugni, il 25 aprile e il30 maggio, daranno nel futuro il loro frutto.

Prime Comunioni e battesimi: hanno ricevutoper la prima volta Gesù le piccole Ingrid Parolin(il 13 giugno a Marano Vicentino) e CristinaBichiri (il 20 giugno, a Torino), mentre JosephLanglet è diventato figlio adottivo di Dio e mem-bro della Chiesa mediante il S. Battesimo che haricevuto da don Giugni, a Raveau, il 22 maggio. Il20 giugno don Nitoglia ha battezzato a Roma lanipotina dell’Ammiraglio Mirabile.

“Sodalitium”: il nostro bollettino cominciaad essere conosciuto ed apprezzato ( ed a volteanche criticato, il che vuol dire che viene letto).Grazie alla rivista “Forts dans la Foi” abbiamonotevolmente ampliato il nostro schedario estero(ricordiamo che esiste anche una edizione france-se del bollettino) e ... sogniamo di poter dar il via(quando?) a nuove edizioni in inglese ed in tede-sco. A proposito di tedesco, ci è stato fatto notareche, tra i bollettini che hanno citato “Sodalitium”bisogna annumerare anche la rivista tedescaKyrie Eléison (Am Lehnshof 16, D-5063 Overath-Immekeppel). Abbiamo riparato all’omissione!

Libreria Europa: purtroppo la conferenza didon Nitoglia su “Vera e falsa mistica” previstaper il 4 giugno e che doveva svolgersi a Romapresso la “Libreria Europa” è stata rinviata per-ché i locali non erano a disposizione. Tra l’altro,la libreria romana ha subito un gravissimo atten-tato che ha distrutto gran parte dei locali il 18marzo. I nostri fedeli di Torino hanno organizzatouna colletta per sostenere la ricostruzione della li-breria. La somma raccolta è stata consegnata per-sonalmente al proprietario da don Nitoglia il qua-le, tra i suoi corsi di filosofia in seminario e gli ar-ticoli per “Sodalitium”, non dimentica il suo apo-stolato a Torino, Valmadrera, Roma, Cannes eMadrid.

Ospiti: Verrua è in mezzo alle colline, eppureassomiglia ad un porto di mare. In quattro mesi,abbiamo avuto ospiti dall’Argentina, l’Austria, il

Canadà, la Francia, il Messico, la Slovacchia, laSpagna e, evidentemente... l’Italia.

Lutti: Raccomandiamo alle vostre preghierele anime di Mons. Vida Elmer, Mons. GuntherStorck, don Camillo Verri, del dott. Remo Gian-nantoni, della Signora Maria Teresa Gardini e delnotaio Ezio Mamini.

Mons.Vida Elmer è mancato il 30 marzo. Natoin Ungheria nel 1912, ordinato sacerdote nel 1936,lasciò il suo paese oppresso dal comunismo dopo lafallita insurrezione del 1956 e si recò nella diocesidi Albany, negli Stati Uniti ove, dopo il Concilio, sioppose alle riforme ed operò per i cattolici che vo-levano restare fedeli. Consacrato vescovo da Mons.McKenna nel 1987, Mons. Vida Elmer fu partico-larmente vicino al nostro Istituto proprio nei mesiprecedenti la sua improvvisa malattia, condividen-done speranze e preoccupazioni. La sua morte èuna prova dolorosa non solo per i suoi affezionatifedeli di Albany, ma anche per il nostro Istituto.

Mons. Storck è deceduto a Monaco di Bavie-ra il 23 aprile. Nato nel 1938, dottore in filosofia eteologia, fu ordinato sacerdote nel 1973 da Mons.Blasius Kurz, francescano fedele alla tradizionedella Chiesa, e consacrato vescovo a Etiolles daMons. Guérard des Lauriers il 30 aprile 1984.Uomo di grande zelo, ha creato in Germania unseminario dedicato al preziosissimo Sangue, e la-scia dei giovani sacerdoti a continuare la sua ope-ra. A causa di alcune sue scelte in campo filosofi-co e teologico, da noi non condivise, l’Istituto noncollaborava con lui; ma di lui, che abbiamo cono-sciuto personalmente a Monaco, conserviamo unricordo di fraterna carità ed ospitalità. Ai suoi sa-cerdoti vadano le nostre cristiane condoglianze.

Similmente, vogliamo ricordare il sacerdotesalesiano don Camillo Verri, professore al liceo diValsalice a Torino, deceduto il 13 aprile. Umile esemplice, restò sempre fedele alla Santa Messa.

L’Istituto ha poi perso tre fedeli, guadagnandoperò, come speriamo, altrettanti intercessori inCielo. Il 14 marzo è morto a Roma Remo Gian-nantoni, che ci aveva conosciuto da poco ma che,con grande spirito apostolico, aveva fatto avvicinaremolte persone alla Santa Messa celebrata nella capi-tale da don Curzio. Il 26 aprile, festa della Madonnadel Buon Consiglio, la Santa Vergine ha preso consè Maria Teresa Gardini, che aveva ricevuto con fe-de i santi sacramenti. Non era una persona che a-vesse paura, visto che subito dopo la guerra andavaa distribuire volantini monarchici sotto la sede delP.C.I. della “rossa” Bologna. Per cui, senza rispettoumano e con grande generosità, lei e sua figlia han-no sempre ospitato nella loro casa vicino a Bolognai sacerdoti che dovevano recarsi a Firenze dopo laMessa di Maranello. Dio l’ha ricompensata di tantacarità( facilitata dallo spirito battagliero ed anti-conformista della nostra amica!) con una morte cri-stiana. Don Giugni e don Ricossa, che l’hanno assi-stita spiritualmente nella malattia, l’hanno accom-pagnata anche con la preghiera della Chiesa duran-

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te i suoi funerali, che si sono svolti il 29 febbraio aBologna e Ferrara. A Bologna è stata celebrata an-che la Messa di trigesima lunedì 24 maggio.

Infine, il 19 maggio abbiamo perso anche il ca-rissimo notaio Ezio Mamini, uomo di profonda cul-tura profana e religiosa, e di ancor più profonda fe-de, che si nutriva nella continua meditazione del-l’Imitazione di Gesù Cristo e delle Epistole di sanPaolo. Ci aveva seguito con grande convinzione enon mancava mai di partecipare a tutte le attivitàdell’Istituto, fintantochè la malattia non glielo ha im-pedito. Ha accolto con perfetta uniformità alla vo-lontà di Dio questa nuova croce, come fece d’altra

parte in occasione della morte del figlio Renato. Lamorte lo ha colto quasi all’improvviso, ma non eraimpreparato colui che cristianamente l’attendeva, ri-cevendo frequentemente i sacramenti che donNitoglia gli portava a casa. Attorniate dalla sua nu-merosa famiglia e dai tantissimi amici, le sue spoglieson tornate un’ultima volta nel suo Oratorio delSacro Cuore a Torino, per la Messa funebre celebra-ta da don Nitoglia, prima di essere sepolte, nell’atte-sa della resurrezione, a Piozzo, suo paese natale. Il18 giugno è stata celebrata la Messa di trigesima.

Requiem aeternam dona eis Domine et luxperpetua luceat eis...

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ESERCIZI SPIRITUALI DI S. IGNAZIO

“Che giova mai all'uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde l'anima? O cosa darà un uomo in cambio della sua anima?” (Matteo XVI, 26).

“Se gli uomini fanno gli esercizi spirituali, e li fanno bene, il mondo è salvo!” (Padre Vallet, C.P.C.R.).

Per gli uomini:dal lunedi 23 agosto, ore 12, al sabato 28 agosto, ore 12. A Verrua Savoia.dal lunedi 16 agosto, ore 12, al sabato 21 agosto, ore 12. A Raveau in Francia (In lingua francese).

Per le donne:dal lunedi 16 agosto, ore 12, al sabato 21 agosto, ore 12. A Verrua Savoia.dal lunedi 9 agosto, ore 12, al sabato 14 agosto, ore 12. A Raveau in Francia (In lingua francese).

COLONIA ESTIVA PER I BAMBINI

Per bambini di età compresa tra gli 8 ed i 13 anni, nel castello diRaveau in Francia.Dal giovedì 15 luglio al venerdì 30 luglio.

Telefonare o scrivere a Verrua Savoia per informazioni e prenotazioni

Tel. 0161/839335

AVVISO IMPORTANTE

Avvertiamo i nostri lettori che, come già annunciato, i nostri numeridi telefono sono definitivamente cambiati nella seguente maniera:

1ª linea Tel. 0161/ 839335 (invece di 0161/849335)2ª linea Fax 0161/ 839334 (invece di 0161/849334).

SS. MESSE

Verrua Savoia (TO): Istituto Mater Boni Consilii - Località Carbignano, 36 Tel.: (0161) 83.93.35. Nei giorni feriali, S. Messa alle ore 7,30. Tutte le domeniche S. Messa ore 17,30.Benedizione Eucaristica tutti i venerdì alle ore 21.Il primo venerdì del mese, ora santa alle ore 21.

Torino: Via Saluzzo, 9 D. Il primo venerdì del mese e tutti i giovedì, S. Messa alle ore 18,15 e confessioni dalle ore 17,30.Tutte le domeniche, confessioni dalle ore 8,30, SS. Messa cantata alle ore9,00; S. Messa letta alle ore 11,15. Catechismo il sabato, seguìto dalle confessioni e dal S. Rosario.

Valmadrera (CO): Via Concordia, 21- Tel. (0341) 58.04.86. SS. Messe la lª e la 3ª domenica del mese alle ore 10, e confessioni dalle ore 9,30.

Marano Vicentino (Thiene - VI): Via Canè, 1, presso la fam. Parolin. SS. Messe la 2ª e la 4ª domenica del mese alle ore 18,30.Per informazioni rivolgersi a Verrua Savoia.

Maranello (MO): Villa Senni - Strada per Fogliano - Tel. (0536) 94.12.52.S. Messa tutte le domeniche alle ore 11.

Firenze: Via Ciuto Brandini, 30, presso la Prof.ssa Liliana Balotta.Tel: (055) 68. 59. 5l . SS. Messe la lª e la 3ª domenica del mese alle ore 18,15 e confessioni dalle ore 17,30.

Roma: S. Messa il primo sabato del mese alle ore 17,30 e la domenica che segue il primo sabato del mese, alle ore 11. Viale Sirtori 50, presso fam. Pristerà, Tel (06) 55.280.224.

Annecy (Francia): 11, avenue de la Mavéria.SS. Messe la 2ª e la 4ª domenica del mese alle ore 10 e confessioni dalle ore 9,00.Tel. dall'Italia: (0033) 50.57.88.25.

Madrid (Spagna): Calle Serrano, 31 - 3° D, presso le Signore Maria e Pilar Alejos.Tel. dall'Italia (0034) 1 577.14.31. Per informazioni sulle celebrazioni telefo-nare al suddetto numero.

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