Periodico di informazione sui processi di miglioramento e...
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Periodico di informazione sui processi di miglioramento e sulle iniziative
inerenti la sicurezza dei pazienti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo
L’integrazione tra le aziende ospedaliere e territoriali che operano nella nostra provincia
è diventata una realtà. Abbiamo imparato dall’esperienza, dalla consapevolezza che ab-
biamo acquisito nell’incessante azione che ha animato il nostro vasto territorio per uni-
formare le difformità dei 14 ex - distretti che l’ASP di Palermo ha ereditato. Allo stesso
modo, la comunanza di intenti con l’ ARNAS Civico Di Cristina Benfratelli, l’AOOR
Villa Sofia Cervello, l’AOUP Paolo Giaccone non rappresenta più un mero esercizio
culturale, ma il presupposto oggettivo per avviare una pianificazione efficace all’interno
del Piano Attuativo Provinciale. Si, ci siamo! E questa affermazione è resa possibile gra-
zie ad un periodo di gap analysis (mi sembra che in questo caso il termine anglossassone
sia veramente appropriato) in cui sono state rimosse quelle barriere comunicative, in ta-
luni casi anche inconsapevoli, allo scopo di fissare un linguaggio comune con le Azien-
de Ospedaliere sulle strategie più idonee per realizzare un cambiamento corrispondente
alla aspettative del cittadino.
Il Piano Provinciale per la riqualificazione e riorganizzazione della specialistica ambu-
latoriale, il Percorso per la Gestione Integrata dello Scompenso Cardiaco, il Piano
Provinciale per la Gestione Integrata del Diabete Mellito Tipo 2 e il Piano Regionale
per il governo dei tempi di attesa, rappresentano, quindi, non solo l’impegno “scritto”
che si impone su una tradizione “orale” datata il cui linguaggio rimaneva incomprensi-
bile ai fruitori dei nostri servizi e documenti chiave di un passaggio epocale in cui le sin-
gole aziende costituiscono una unica interfaccia organizzativa per il consolidamento di
una rete di servizi in cui al centro si trovi un cittadino informato, consapevole dei suoi
diritti e protagonista/attore della propria salute.
Salvatore Cirignotta
Direttore Generale
ASP Palermo
Palermo 21/05/2012 n. 3
In questo numero:
“Il progetto AUDIT CIVICO SICI-
LIA 2011: l‟esperienza nell‟ASP
di Palermo”
La prevenzione delle cadute
nell‟anziano: il progetto del poli-
ambulatorio Palermo Centro
“La stabilizzazione del neonato
prima del trasferimento in UTIN:
procedure per il trasporto in sicu-
rezza”
“Valorizzazione delle risorse del
volontariato: un modello ecosiste-
mico”
“Percorso formativo “metodi e
strumenti per l‟empowerment del
paziente cronico: I volontari e la
comunicazione”
“Metafore organizzative: La pittu-ra del Sig. Antonino Gambino” “FORUM del MEDITERRANEO Sostenibilità e diritto alla salute”
Coordinamento Editoriale
Anna Rita Mattaliano
Francesco Monterosso
Amedeo Claudio Casiglia
Roberto Gambino
Mario Desti
U.O. Risk Management
U.O. Qualità e Progettazione
[email protected] http://qualitarischioclinico.asppalermo.org/
I Direttori Sanitari Salvatore Mannino (Ospedali Riuniti Cervello-Villa Sofia), Claudio
Scaglione (A.O.U. P. Giaccone Policlinico), Anna Rita Mattaliano (ASP Palermo) e Re-
nato Li Donni (ARNAS Di Cristina-Benfratello) durante una riunione organizzativa.
Proprio per questi motivi rimasi positivamente incuriosita nel vedere sviluppare il Progetto dell’Audit Civico nella nostra A-
zienda. Dal giorno della presentazione a tutti gli attori aziendali coinvolti direttamente nelle rilevazioni, fu subito chiaro che
eravamo di fronte ad una metodologia “forte” che faceva sì che il “punto di vista del cittadino” fosse competente e “oggettivo”.
L’Audit Civico parte da presupposti teorici complessi e cerca di integrare metodologie diverse: la valutazione civica, i principi
normativi che valorizzano la partecipazione attiva dei cittadini e soprattutto le metodologie e le tecniche della Qualità. Queste
ultime, in particolare, hanno dato la giusta chiave di lettura e il terreno comune su cui il Tribunale dei diritti del malato e Citta-
dinanzattiva hanno potuto confrontarsi con tante Direzioni Strategiche Aziendali per la condivisione dei dati e per lo sviluppo
dei piani di miglioramento. Inoltre, la metodologia del benchmarking ha permesso di definire un complesso sistema di indicato-
ri (12 fattori di valutazione e 380 indicatori) che ha permesso una sistematica analisi comparativa fra le aziende sanitarie sicilia-
ne e tra le varie esperienze regionali.
Sono state 24 le Unità Operative oggetto dell’Audit Civico in cui cittadini e operatori,
componenti l‟Equipe Locale, hanno effettuato le apposite verifiche con specifiche griglie
di osservazione; sette, invece, le direzioni sanitarie, ospedaliere e territoriali, oggetto di
interviste strutturate tramite appositi questionari. A chiusura delle visite e delle operazioni
di raccolta dei dati (ottobre 2011) il Referente di Cittadinanzattiva, Dott. Enzo Camarda
(accompagnato dal Referente Aziendale Dott. Roberto Gambino) venne ad intervistarmi
utilizzando l’apposito questionario strutturato che ha permesso di fare un il punto della
situazione sulle politiche aziendali riguardo alle componenti fondamentali oggetto
dell’Audit in questione. Il confronto che ne venne fuori (perché di un vero e proprio con-
fronto si è trattato) mise subito in chiaro il livello di approfondimento e il rigore metodo-
logico in ballo. Dietro la cortesia ed il garbo dei Referenti dell’Equipe Locale traspariva chiaramente un lavoro di approfondi-
mento e l’utilizzo di strumenti standardizzati capaci di “fotografare” una realtà in divenire e complessa come quella della nostra
Azienda Sanitaria territoriale.
I risultati della rilevazione hanno evidenziato una realtà in chiaroscuro con tanti punti di forza ma, anche, delle criticità che di-
verranno oggetto di un piano di miglioramento che la stessa „Equipe Locale ha già messo a punto e che a breve sarà posta al
vaglio della Direzione Aziendale.
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Il progetto AUDIT CIVICO SICILIA 2011:
l’esperienza nell’ASP di Palermo
Dott.ssa Anna Rita Mattaliano - Direttore Sanitario - ASP Palermo
Il fatto che l‟azione civica sia uno dei processi cardini per concretizzare l’empowerment, vale a dire un assunzione diretta di
potere e di responsabilità dei cittadini su temi che li riguardano in modo diretto, come la salute, riscuote sempre maggiori con-
sensi ed ha un forte presupposto culturale e giuridico nell’art. 118 della Costituzione, che recita: "Stato, regioni, province, città
metropolitane, comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di inte-
resse generale, sulla base del principio della sussidiarietà". Nonostante ciò e l’evolversi di indirizzi legislativi che tendono a
valorizzare la partecipazione attiva dei cittadini e delle loro associazioni, non ultima la Legge Regionale n.5/2009, persistono
visioni riduttive che considerano i cittadini “privi delle „competenze‟ necessarie ad occuparsi
della cosa pubblica perché questa richiede saperi per essi inattingibili” o limitano l’accesso
alla partecipazione esclusivamente ad “esperti”, espressione di sistemi ed organizzazioni che
nulla hanno a che fare con la partecipazione ed il coinvolgimento dei cittadini; un errore, que-
sto, in cui facilmente può incappare qualsiasi professionista della Sanità (pubblica e privata)
e, ancor di più, un direttore sanitario preso da un “naturale” intreccio tra sapere clinico e
management sanitario.
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Volendo dare uno sguardo di insieme ai dati, accorpandoli per aree (componenti, livelli e principali fattori significativi) emerge
chiaramente che per l’ASP di Palermo i punti di forza sono connessi con l’ambito della qualità e della sicurezza del paziente , la
prevenzione e l’accesso alle prestazioni. Per quest’ultimo risultato è stato determinante l’entrata in funzione del CUP Aziendale,
mentre per le altre componenti è stato prezioso un approccio sistemico portato avanti dalle UU. OO. Risk Management e Qualità
e Progettazione che hanno effettuato un lavoro di presidio e una rete aziendale a supporto degli obiettivi connessi al migliora-
mento della qualità e alla sicurezza dei pazienti. Invece, riguardo ai punti di debolezza, risaltano i dati negativi circa l’ambito del
comfort a livello PTA (in particolare per il PTA “E. Albanese”), la carenza di informazione e di sicurezza delle strutture nei
Ser.T. oggetto delle visite.
Di seguito si riportano tre tabelle esemplificative con dati aggregati per le tre componenti fondamentale dell’Audit Civico, i cin-
que Livelli Organizzativi Aziendali osservati, alcuni fattori significativi (punti di forza e di debolezza).
Le tre componenti fondamentali dell’Audit Civico
Orientamento verso i cittadini;
Promozione di alcune politiche per la partecipazione degli Utenti/
Cittadini;
Politiche di particolare rilievo sociale e sanitario (sicurezza, gestione
cronicità, prevenzione);
I cinque livelli aziendali osservati dall’Audit Civico
Assistenza Specialistica Territoriale
Assistenza Ospedaliera;
Direzione Strategica
Centri Diurni - C.S.M.;
Ser.T.;
Prevenzione (Liv. PP.OO e P.T.A.-Poliambulatori)
Accesso alle prestazioni (Liv. Direzione Strategica e
P.T.A.-Poliambulatori)
Miglioramento della Qualità e sicurezza dei pazienti (Liv.
Direzione Strategica)
Sicurezza pazienti e strutture (Liv. PP.OO.)
Comfort (Liv. P.T.A.-Poliambulatori)
Sicurezza strutture (Liv. Ser.T)
L’analisi inter-aziendale trova elementi di conferma nei dati di benchmarking regionale (in via di pubblicazione) presentati du-
rante il convegno regionale tenutosi a Palermo il 13 aprile scorso presso l'aula magna dell'Ospedale Cervello di Palermo.
Ora, unitamente a tutta la Direzione Aziendale, ci aspettiamo di essere “incalzati” dall‟Equipe Locale con il Piano di Migliora-
mento, frutto di un lungo e impegnativo lavoro da parte dei Referenti del Progetto. Con loro ci confronteremo “a viso aperto” con
l’obiettivo comune di migliorare i servizi resi ai cittadini che, con l’implementazione delle azioni di miglioramento, potranno
entrare in un percorso di empowerment civico.
Informazione e comunicazione (Liv. Ser.T.)
Il progetto AUDIT CIVICO SICILIA 2011:
l’esperienza nell’ASP di Palermo
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La caduta rappresenta la prima causa di ricovero e decesso per incidente domestico e
l’età è un fattore di rischio molto elevato: circa il 35-40% delle persone con più di 65
anni cade almeno una volta in un anno e la metà addirittura due o più volte. Per quan-
to concerne le persone oltre i settantacinque anni, tale percentuale è ancora più alta.
Inoltre, per la popolazione anziana, una caduta rappresenta un evento particolarmente
temibile dal momento che la presenza di osteoporosi e di alcuni cambiamenti relativi
all’età, rendono potenzialmente pericolose anche le cadute più lievi, le cui conseguen-
ze possono incidere in modo straordinario in termini di costi materiali, umani e socia-
li: nel 20-30% delle vittime, una caduta procura anche delle ferite destinate a compro-
metterne la mobilità e l’autonomia se non a determinare una maggiore morbilità e
mortalità.
Anche la sola paura di cadere può avere ripercussioni psicologiche sulla popolazione
anziana causando perdita di sicurezza, depressione accelerando il declino funzionale.
Ci si trova quindi davanti ad una emergenza di tipo sanitario che è destinata a crescere in futuro, visto il continuo aumento di
longevità della popolazione italiana.
Il Ministero della Salute ha emanato già nel 2007 e, successivamente, con modifiche e aggiornamenti nel 2009, delle Linee
Guida sulla prevenzione delle cadute da incidente domestico negli anziani, finalizzate alla realizzazione di strategie e strumenti
volti alla riduzione dei fattori di rischio. Inoltre, il Ministero ha ultimamente pubblicato, nel novembre 2011, la raccomandazio-
ne ministeriale per la prevenzione e la gestione della cadute del paziente nelle strutture sanitarie.
I fattori di rischio individuati dal Ministero della Salute sono i seguenti:
La prevenzione delle cadute nell’anziano: il
progetto del poliambulatorio Palermo Centro
Giovanna Rizzo e Maria Luisa Calcara
Il responsabile del Poliambulatorio Giuseppe Termini, la caposala Concetta Crisanti, e L’equipe di Fisioterapia Maria Ivana Licari, Maria Luisa Calcara, Emauele Ballotta,
Enza Palumbo e Giovanna Rizzo.
Presso l’ambulatorio di Fisioterapia del Poliambulatorio Palermo Centro e all’interno del percorso diagnostico tera-
peutico integrato rivolto a pazienti affetti da patologia cronico-degenerativa dell’apparato locomotore, avendo rilevato
che un fattore di criticità molto frequente è l’elevato rischio di cadute, è nato il progetto di prevenzione delle cadute
nell’anziano.
FATTORI DI RISCHIO INDIVIDUALI
Storia di precedenti cadute
Paura di cadere
Invecchiamento
Sesso femminile
Polifarmacologia
Deficit cognitivi
Ridotta capacità visiva
Utilizzo di lenti multifocali
Condizioni molto precarie di salute
Alterazioni della mobilità
Artrosi
Isolamento sociale
Rischi domestici
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Il primo passo nella prevenzione delle cadute è l’individuazione degli assistiti a rischio: se durante le prime fasi del
percorso emergono condizioni di fragilità che potrebbero predisporre a rischio cadute o se emergono dall’anamnesi
storie di precedenti cadute, il paziente viene inserito in un percorso diagnostico allo scopo di individuare sia fattori
di rischio ambientali che individuali attraverso l’utilizzo di specifici strumenti.
Il progetto prevede la presa in carico del paziente attraverso la valutazione medica e la valutazione infermieristica finalizzata ad
individuare gli stili di vita, la presenza di patologia agli organi di senso che necessitano di ulteriori approfondimenti, l’eventuale
difficoltà nella gestione di polifarrmacologia e di patologie croniche e attraverso il colloquio, l’individuazione di fattori di ri-
schio nell’ambiente domestico.
Il paziente viene inserito in un progetto riabilitativo che prevede programmi motori e riabilitativi individuali stabiliti dal
fisioterapista dopo accurata valutazione funzionale. Inoltre, ha anche la possibilità di effettuare eventuali visite speciali-
stiche con accesso facilitato attraverso il Centro Unico di Prenotazioni (CUP) del Poliambulatorio.
Inoltre, vengono fornite le informazioni necessarie per l’individuazione e, ove possibile, la rimozione, di fattori di rischio in
ambiente domestico.
Il paziente viene seguito nel tempo anche mediante follow-up telefonici riservati sia ai pazienti che vengono trattati in
ambulatorio che a quelli che vengono trattati presso altre strutture allo scopo di verificare il buon esito della terapia,
l’adesione del paziente al programma motorio individuale indicato durante i trattamenti, l’esistenza di problemi emer-
genti suscettibili di risoluzione attraverso l’intervento degli operatori che aderiscono al percorso.
Fattori di rischio individuali Possibili interventi
Patologie degenerative dell’apparato locomotore con potenziali o
conclamate limitazioni nella mobilità,nell’equilibrio e nelle attivi-
tà della vita quotidiana Utilizzo non appropriato degli ausili per la deambulazione Paura di cadere
Invito a usare gli ausili Corretto impiego di ausili per la deambulazione, Programma motorio individuale e/o terapia fisica stru-
mentale Interventi educativi
Anamnesi di pregresse cadute
Ricerca delle cause e possibile rimozione delle stesse Interventi educativi
- Incontinenza - Deficit visivo - Deficit uditivo - Limitazioni cognitive - Polifarmacologia con farmaci che aumentano il rischio caduta - Patologie croniche che necessitano di controlli
Visite specialistiche con prenotazioni facilitate attraverso
il CUP del Poliambulatorio Centro.
Fattori di rischio nell’ambiente domestico Possibili interventi
Calzature inadeguate, insufficiente illuminazione, pavimenti sci-
volosi, ostacoli che possono fare inciampare, mancanza di soste-
gni adeguati nel bagno
Interventi educativi finalizzati alla rimozione dei rischi
Il progetto, avviato da novembre 2011, è dedicato ai pazienti che, anche se con difficoltà, riescono a pervenire al poliambulato-
rio mentre rimangono fuori tutti coloro che pur avendo un certo grado di autosufficienza a proprio domicilio non possono recarsi
presso i servizi ambulatoriali per la presenza di barriere architettoniche presso le loro abitazioni, per difficoltà nel trasporto ecc.
In futuro, questa tipologia di pazienti, potrebbe essere inclusa in un progetto analogo con operatori che recandosi al domicilio
del paziente possono attuare quanto viene già effettuato in ambulatorio.
Per informazioni rivolgersi a: Ambulatorio di Fisioterapia
Via Turrisi Colonna n. 43 tel. 091 7032246
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La stabilizzazione del neonato prima del trasferimento
in UTIN: procedure per il trasporto in sicurezza
Domenico Cipolla, Marylea Spedale, Anna Rita Mattaliano
La centralizzazione delle gravidanze a rischio tende ad assicurare che
l’evento nascita avvenga nella struttura ospedaliera più adeguata alle
esigenze cliniche di madre e neonato. Il trasferimento in utero risulta la
modalità di trasferimento più sicura: l’assistenza alla gestante e il trasfe-
rimento assistito materno (STAM) rappresentano quindi il gold stan-
dard. Tuttavia, in media, circa l’1% dei neonati necessita di essere tra-
sferito dai centri di I livello alle Terapie Intensive Neonatali tramite il
Servizio di Trasporto Emergenze Neonatali (STEN), che è un anello
della rete organizzativa ostetrico-neonatologica, da decenni ormai adot-
tato da tutte le nazioni e le società evolute dal punto di vista sanitario. La
latenza che intercorre tra attivazione dello STEN e arrivo del team di
trasporto presso l’ospedale richiedente impone che le prime cure debba-
no essere prestate dal personale dell’ospedale ove è avvenuto il parto.
Fondamentale viene considerata, quindi, la stabilizzazione del neonato
prima del trasporto per ottimizzarne i parametri fisiologici e consentire un trasferimento neonatale in sicurezza. Il trasporto di
un neonato da un Centro di I livello a una UTIN è un classico modello sanitario organizzativo HUB e SPOKE, in cui il centro
trasferente deve possedere alcuni requisiti professionali e tecnologici per garantire una adeguata assistenza: tra i primi, il pedia-
tra-neonatologo o l’anestesista, adeguatamente formati alla rianimazione neonatale, devono essere presenti ad ogni parto, men-
tre tra le dotazioni tecnologiche sono indispensabili lettino di rianimazione riscaldato, fonte di ossigeno ed aria compressa con
miscelatore, riscaldatore ed umidificatore dei gas, pallone di rianimazione o sistema T-piece, kit per intubazione del neonato,
possibilità di esecuzione di esami urgenti, quali EGA, glicemia, elettroliti, Hb, apparecchio portatile per esecuzione RX.
Stabilizzazione termica Il mantenimento della temperatura corporea è condizione necessaria
per la sopravvivenza. Al momento della nascita il bambino passa da
una temperatura di 37° C presente nell’utero materno ad una di 24° C
circa presente nelle sale parto. In tali condizioni si può verificare eleva-
ta perdita di calore, soprattutto per evaporazione essendo il piccolo
bagnato ma anche attraverso altri meccanismi fisici: conduzione
(contatto con corpi piu freddi), convezione (se sono presenti sposta-
menti di aria), irraggiamento (verso superfici a temperatura piu bassa
non direttamente a contatto con la cute). I primi passi della rianimazio-
ne prevedono infatti di fornire calore e di asciugare immediatamente il
neonato. Il range di temperatura normale del neonato è 36.5-37.7° C: si
definisce ipotermia lieve una T di 36-36,4° C, moderata tra 32 e 35,9°
C e grave al di sotto di 32° C. Sono a più elevato rischio di ipotermia i
neonati pretermine e piccoli per l’età (SGA), i neonati che richiedono
rianimazione prolungata, i neonati critici, i neonati chirurgici con difet-
ti di parete (addome, spina dorsale).
Il neonato a termine reagisce allo stress da freddo con vasocostrizione periferica, aumento di attività motoria e attivazione della
termogenesi chimica, ossia aumentando l’attività metabolica a livello del tessuto adiposo bruno con consumo di ossigeno e
glucosio a discapito di altre funzioni essenziali quali la respirazione. La capacità di termoregolazione è limitata se il neonato è
prematuro o SGA, in cui si sommano la sottigliezza della cute, l’ampia superficie corporea e l’immaturità del sistema vasomo-
torio cutaneo che causano una elevata termodispersione e la scarsità di tessuto adiposo bruno e delle riserve di glicogeno che
non consentono adeguati meccanismi di compensazione.
La progressiva riduzione della temperatura corporea, in assenza di provvedimenti adeguati, causa acidosi metabolica, ipoglice-
mia, iperazotemia, ipokaliemia, bradicardia, oliguria, bradipnea, vasocostrizione polmonare ed ipossiemia. Per tali motivi è
necessario garantire, sin dalla nascita, una temperatura corporea stabile e un ambiente termoneutrale dove il consumo di ener-
gia per il controllo della temperatura corporea sia minimo. E’ fondamentale, quindi, mantenere una temperatura adeguata (22°-
24° C) in sala parto e nel locale dove avviene la stabilizzazione (quando è prevista la nascita di un pretermine l’OMS consiglia
una T° di 25-28° C), fornire calore utilizzando isole neonatali a calore radiante e incubatrici a doppia parete dotate di servocon-
trollo, posizionare panni caldi sul piano di appoggio, evitare il contatto con attrezzature fredde, umidificare e riscaldare i gas
respiratori, utilizzare sacchetti di plastica trasparenti per il neonato altamente pretermine.
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La stabilizzazione del neonato prima del trasferimento
in UTIN: procedure per il trasporto in sicurezza
Stabilizzazione respiratoria La sindrome da distress respiratorio (RDS) è causata da immaturità polmonare e carenza di
surfattante e quindi si presenta prevalentemente nel neonato pretermine ma anche nel neonato
late-preterm (34-36.6 settimane) e nel neonato a termine può realizzarsi un distress respiratorio
in relazione a sofferenza perinatale, sindrome di aspirazione di meconio, infezioni perinata-
li,cause cardiocircolatorie, malformative o neuromuscolari. Avviare la respirazione del neonato
è fondamentale: infatti, a differenza del bambino e dell’adulto, dove la rianimazione è principal-
mente di tipo cardiovascolare, nel neonato la rianimazione è principalmente respiratoria. Dopo
la nascita e l’eventuale rianimazione primaria nel neonato bisogna valutare lo sforzo respirato-
rio e l’impegno dei mm. respiratori accessori, gli scambi gassosi (cianosi, sat02 Hb, EGA), l’ Rx
torace e in assenza la transilluminazione per visualizzare eventuale pneumotorace. In base ai sintomi, si provvedera’ ad assicu-
rare la pervietà delle vie aeree (aspirazione vie aeree superiori, posizionamento, intubazione orotracheale), utilizzando ossigeno
aggiuntivo, se necessario e il supporto ventilatorio (manuale o meccanico). L’utilizzo dell’ossimetro, sia per la stabilizzazione
che durante il trasporto, è molto importante.
Stabilizzazione cardiocircolatoria Il circolo garantisce una adeguata perfusione ed ossigenazione degli organi vitali. Lo stato di
shock puo’quindi essere definito come uno stato patologico in cui si verifica insufficiente ossi-
genazione e nutrizione dei tessuti. L’ipotensione severa e prolungata puo’ portare ad ipoperfu-
sione cerebrale e danno neurologico. Lo shock in epoca neonatale può essere: ipovolemico, lega-
to generalmente a perdita di sangue per distacco di placenta, cardiogeno, a causa di asfissia, i-
possia,ipoglicemia severa, infezioni,cardiopatie congenite o aritmia prolungata,settico, da infe-
zioni contratte in epoca perinatale.Il neonato va incontro a shock per vasodilatazione, stravaso di
liquidi al di fuori dello spazio vascolare, depressione miocardica. Clinicamente il neonato si
presenta ipoteso, vasocostretto, con cianosi pallida e in acidosi. Il tempo di riperfusione è pro-
lungato. La terapia si avvale di espansori di volume, in genere soluzione fisiologica, 10-20 ml/kg
in infusione rapida in 10-20 minuti, per via endovenosa, previo inserimento di catetere ombelicale. Terapie di supporto spesso
necessarie sono la ventilazione assistita,l’utilizzo di amine vasoattive per sostenere il circolo e la correzione con bicarbonati di
eventuale acidosi metabolica.
Stabilizzazione metabolica I neonati con patologie alla nascita, che non possono essere alimentati per os, tutti i prematuri e gli small for gestational age
(SGA) sono a rischio di ipoglicemia. Nel neonato la soglia oscilla, nei vari studi, da 35 a 45 mg/dl. La correzione deve essere
eseguita per via endovenosa in bolo somministrando 2 ml/kg di soluzione glucosata 10% e controllando i valori nuovamente
prima del trasporto in UTIN. Nel neonato con distress e/o asfissia perinatale si realizza una acidosi mista, metabolica e respira-
toria. La correzione dell’acidosi respiratoria per mezzo della ventilazione assistita consente la rimozione dell’anidride carboni-
ca. Riducendo la componente respiratoria dell’acidosi si compensa la componente metabolica; dopo aver assicurato la ventila-
zione e se all’EGA persistono valori elevati di base-excess si consiglia la correzione con bicarbonato di sodio e.v.
Conclusioni e protocollo operativo In armonia con le procedure su esposte, supportate da una vasta e condivisa Letteratura scientifi-
ca, presso le U.O.C. di Pediatria dell’ASP Palermo sono in corso di definizione, discussione e
approvazione i percorsi assistenziali riguardanti la stabilizzazione del neonato critico in attesa del
trasporto presso le Terapie Intensive Neonatali. Diversi studi hanno ormai dimostrato che il mo-
dello “Hold and go”, basato sulla riduzione massima dei tempi di trasporto è stato definitivamen-
te superato, in termini di morbilità e mortalità neonatale, dal modello “Stay and play” con il qua-
le si enfatizza, invece, la necessità di una ottimale stabilizzazione prima del trasporto.
L’implementazione di tali procedure, oltre al miglioramento della rianimazione neonatale e degli
standard di assistenza ostetrica, aumenteranno il livello di sicurezza e la qualità dell’assistenza
delle nostre U.O.C. Pediatria e Nido.
Bibliografia American Hearth Association. American Academy of Pediatrics: Textbook of neonatal resuscitation. 6th Edition, May 2011
Agosti M. et al. e GdS Società Italiana di Neonatologia: Stabilizzazione del neonato critico in attesa dell’arrivo dello STEN.
Biomedia Editore, 2010
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Valorizzazione delle risorse del volontariato:
un modello ecosistemico
“Dove c’è l’Id, là ci sarà l’Ego”
(S. Freud)
“Dove c’è l’Esosistema, là ci sarà il Mesosistema”
(U. Bronfenbrenner)
Il primo marzo ultimo scorso è stato presentato all’Istituto Alberghiero Pietro Piazza il percorso
formativo METODI E STRUMENTI PER L’EMPOWERMENT DEL PAZIENTE CRONICO
realizzato dalla nostra Azienda Sanitaria Provinciale secondo quanto previsto dal Progetto di
Piano Sanitario Nazionale 2010 “Attivazione percorsi di formazione per personale delle Orga-
nizzazioni di Volontariato”. Il progetto, pionieristico nel suo genere per quanto riguarda la Sici-
lia, prevede l’arricchimento delle competenze dei volontari nel campo dell’assistenza al paziente
cronico con particolare riferimento alla persona con diabete e scompenso cardiaco.
L’avvio del percorso formativo è stata la “conclusione” di un lungo lavoro preparatorio che ha
reso possibile il raggiungimento dell’obiettivo di reclutare e formare circa 170 volontari, coin-
volgendo tutte le strutture aziendali chiamate in causa a presidiare e supportare i percorsi dei
pazienti cronici in questione.
Quando abbiamo cominciato a pensare come “tradurre” le Linee Guida assessoriali del Progetto
in strategia progettuale vincente abbiamo avuto immediatamente chiaro che le parole d’ordine
erano coinvolgere e connettere: coinvolgere nella partecipazione attiva tutti gli operatori dei vari
livelli aziendali chiamati in causa, le associazioni operanti nel settore e, soprattutto, i cittadini/
volontari destinatari dell’intervento formativo; connettere tutti i sistemi aziendali ed extra azien-
dali necessari per la costruzione contestualizzata dei contenuti formativi e dei percorsi di tiroci-
nio coerenti con le finalità progettuali.
In tal senso, la strategia utilizzata dal gruppo di progetto ha deliberatamente preso a prestito il modello ecosistemico di Urie
Bronfrebbenner.
Il Modello contempla la possibilità di influenza vicendevole tra micro e meso sistemi e, anche se in modo chiaramente differen-
te, tra macro e micro sistemi.
L’esosistema influenza il microsistema e non viceversa. Di fatto, quanto più il microsistema (individuo, famiglia, gruppo di
lavoro ecc.) è capace di ampliare il proprio mesosistema, tanto più è dinamico e funzionale.
Partendo da queste considerazioni, possiamo rappresentare la situazione da cui partivamo ad inizio delle attività progettuali con
il seguente modello.
Risulta del tutto evidente come l’Esosistema di riferimento risul-
tasse molto nutrito da microsistemi con cui il nostro gruppo di
progetto non fosse in relazione diretta, ma che gli stessi influen-
zassero a vario titolo le tematiche progettuali. Il Macrosistema, di
converso, è nutrito da elementi culturali e di indirizzo socio-
politico significativamente importanti per permettere un
“aggancio” con mesosistemi di varia natura (mondo del volonta-
riato, gruppi di professionisti e vari stakeholders di riferimento).
Un ruolo determinante nel lavoro di contatto, relazione e collega-
mento con tutti i soggetti in questione ha avuto la Comunicazio-
ne, istituzionale e interpersonale. Su questi aspetti abbiamo lavo-
rato sino allo spasimo pur di non “lasciare indietro” nessun siste-
ma di riferimento, convinti che la costruzione del percorso forma-
tivo dei volontari passasse, appunto, dalla co-costruzione e dalla
sintesi di molteplici punti di vista appartenenti a tutti coloro che
sarebbero diventati gli attori del sistema progettuale: bisognava
“conquistare e farsi conquistare” dal Mesosistema.
Filomena Di Blasi, Carlo R. Gambino
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Valorizzazione delle risorse del volontariato:
un modello ecosistemico
Secondo le indicazioni operative
assessoriali il percorso è stato
strutturato in 32 ore d’aula e 80
ore di tirocinio di cui almeno 40
da svolgere presso presidi e ser-
vizi aziendali. Lo svolgimento
delle ore di tirocinio restanti è
previsto all’interno delle Asso-
ciazioni di volontariato. Argo-
menti delle lezioni teoriche sono
stati l’organizzazione dei servizi
sanitari sul territorio, la comuni-
cazione, l’empowerment in sani-
tà e gli aspetti clinici delle pato-
logie croniche con particolare
riferimento a diabete e scompen-
so cardiaco. Al fine di garantire
continuità tra la parte teorica ed
il successivo tirocinio, per la
docenza ed il tutoraggio d’aula
sono stati coinvolti direttori di
strutture territoriali, psicologi,
specialisti ambulatoriali ed ospe-
dalieri, molti dei quali impegnati nei servizi aziendali, oltre che docenti indicati, dal Centro Servizi per il Volontariato di Pa-
lermo. Il tirocinio formativo, nelle ore previste in Azienda, è stato costruito come esperienza all’interno dei servizi a vario titolo
collocabili sul percorso per il paziente cronico, nelle forme fin qui realizzate. Per la funzione di tutoraggio sono stati identifica-
ti operatori impegnati negli stessi servizi con il compito di mostrare ai Volontari le varie tipologie di prestazioni erogate.
La connessione produttiva avvenuta tra i vari sistemi coinvolti è ben rappresentata da Un’affollata aula magna con più di 400
intervenuti e dal tavolo dei relatori con il Direttore Sanitario Dott.ssa A.R. Mattaliano, il Dott. G. Noto Dirigente Servizio 8
dell’Assessorato Regionale della Salute, esponenti aziendali ed il vicepresidente del Comitato Consultivo aziendale, Dott. F.P.
La Placa.
Il giorno della presentazione del percorso formativo presso l’Istituto “Pietro Piazza”.
SITUAZIONE ECOSISTEMICA AD AVVIO PROGETTO
Macrosistema
Esosistema
Mesosistema
Microsistema
(Componente/i Gruppo di Progetto)
MACROSISTEMA = Cultura ( Progettuale, Organizzativa,
Formativa, Clinica, Ricerca, Empowerment, civica, partecipativa)
Politiche e indirizzi legislativi (relativi all’ambito di intervento)
ecc.
ESOSISTEMA = Associazionismo (Comitato Consultivo
Aziendale, Associazioni di Volontariato componenti il
CCA, Associazioni del territorio interessate) ↔
Ministero della Salute (Conferenza Stato/Regioni
Progetti di P.S.N.Ufficio per il monitoraggio) ↔
Assessorato Reg. Salute (Servizio 8) ↔ Unità Operative
ed Organismi Aziendali interessati al target ( ) ↔ altri
soggetti esterni potenzialmente interessati e altri
Stakeholders (Aziende Sanitarie, Agenzie Formative,
cittadini collaboranti con associazioni di volontariato)
MESOSISTEMA = Gruppo di Progetto ↔ Unità
Operative dei componenti il GdP ↔ Direzione
Strategica Aziendale
COMPOSIZIONE SISTEMI COMPOSIZIONE SISTEMI
Qualità e Rischio Clinico NEWS pagina 10
Valorizzazione delle risorse del volontariato:
un modello ecosistemico
Di seguito viene riportata la rappresentazione del sistema modificata dalle attività svolte dall’avvio delle attività progettuali fino
all’inizio dell’attività formativa.
La dove c’era l’Esosistema si trova il Mesosistema.
L’esperienza, importante sul piano delle prospettive di coinvolgimento delle Associazioni di Volontariato nelle attività socio
sanitarie, è stata realizzata con il contributo attivo del Comitato Consultivo Aziendale che ha avuto un ruolo determinante nella
scelta dei criteri per la selezione dei volontari in considerazione dell’elevato numero di domande di partecipazione pervenute
(più di 300).
Rimandando alla conclusione delle attività progettuali una valutazione complessiva dell’intero impianto, speriamo con il nostro
“piccolo sistema”di avere contribuito a fare crescere la Cultura della progettazione e della partecipazione attiva in un sistema
più esteso.
“Il problema dell‟osservatore-progettista ci appare capitale, critico, decisivo …
Deve disporre di un metodo che gli permetta di progettare la molteplicità dei punti di vista e poi passare
da un punto di vista all‟altro. Deve disporre di concetti teorici che, invece di chiudere ed isolare entità,
gli permettano di circolare produttivamente …
Ha bisogno anche di un metodo per accedere al meta-punto di vista, compreso il punto di vista di sogget-
to inscritto e radicato in una società. Il progettista è in una situazione paradossale.”
Edgard Morin
SITUAZIONE ECOSISTEMICA AD AVVIO PERCORSO FORMATIVO
Qualità e Rischio Clinico NEWS pagina 11
Percorso formativo
“Metodi e strumenti per l’empowerment del paziente cronico”
I volontari e la comunicazione
Margherita Bilello, Amedeo Casiglia, Nunzia Garofalo, Daniela Randazzo, Donata Santoro, DonatellaValenti
Il nostro gruppo di lavoro ha accolto l’incarico di trattare i temi
della comunicazione e dell’empowerment del paziente cronico
con entusiasmo, nella consapevolezza che ci saremmo confron-
tati con un pubblico “speciale”.
Si è trattato infatti di un numeroso gruppo di soggetti fortemen-
te impegnati e motivati, già in possesso di competenze specifi-
che sviluppate nell’esperienza pregressa di volontariato; tra
loro giovani laureati o diplomati che hanno accolto la possibili-
tà di partecipare al corso con una attesa di formazione calibrata
probabilmente sull’insegnamento universitario da poco conclu-
so. Molti dei partecipanti sono già calati nella realtà di parenti
o cari amici con diabete e fra i nostri studenti ci sono stati an-
che portatori di patologia cronica. A questo pubblico già in
qualche modo “specializzato” e variegato non abbiamo voluto
offrire una prospettiva psicologica esclusivamente teorica: abbiamo ritenuto che il sostegno della “motivazione forte” che li
accomuna ci consentisse di proporre una “messa in gioco” più intensa e autentica, con la speranza di
offrire una valida alternativa alle competenze più spiccatamente scientifiche messe in campo dai colle-
ghi medici.
Il nostro percorso sugli aspetti psicologici della Comunicazione e dell’empowerment si è articolato
quindi alternando momenti teorici ed esercitazioni pratiche. Ogni incontro si è aperto con un brainstor-
ming, attività che ha facilitato il pieno coinvolgimento del gruppo; gli “assiomi della comunicazio-
ne” (non si può non comunicare, aspetti di contenuto e di relazione della comunicazione, comunicazio-
ne verbale ed analogica, punteggiatura, simmetria e complementarietà) sono stati affrontati attraverso
role playng ed esercitazioni che hanno consentito ai partecipanti di sperimentarsi in prima persona,
rappresentando talvolta “comunicatori muti”, talaltra direttori e subalterni o madri/padri di adolescenti
irrispettosi. Ancora si è dato ai partecipanti modo di autovalutare la propria efficacia comunicativa sia attraverso un questiona-
rio, sia sperimentandosi nei ruoli di operatore sanitario e paziente.
Gli aspetti psicologici della patologia cronica sono stati affrontati anche con l’ausilio di una esercitazione che ha consentito ai
partecipanti di osservare le conseguenze che ha il pregiudizio sociale sui vissuti soggettivi del paziente e l’importanza
dell’ambiente nel sostegno all’empowerment; grande interesse hanno suscitato inoltre le tematiche relative all’infanzia ed al
supporto che è possibile fornire ai genitori dei bambini con diabete. La lezione sulla “Gestione del Conflitto” ha visto i parteci-
panti impegnatissimi nel
risolvere un “compito
impossibile”, attraverso
il quale hanno compreso
che il ruolo di Volonta-
rio all’interno di una
Istituzione come la Sa-
nità, necessita, per esse-
re svolto offrendo un
servizio utile tanto al
paziente che alla stessa
ASP, della capacità di
tener conto contestual-
mente tanto dei bisogni
del paziente che delle
“regole istituzionali”.
Le diverse classi hanno
mostrato sempre curio-
sità ed interesse verso le
tematiche proposte, accettando la “messa in gioco” nelle esercitazioni con spirito costruttivo, proponendo anche critiche ed ipo-
tesi alternative e originali, riuscendo persino divertirsi.
Qualità e Rischio Clinico NEWS pagina 12
Percorso formativo
“Metodi e strumenti per l’empowerment del paziente cronico”
La parola ai volontari . . . .
……un’esperienza indimenticabile che ha significato tanto per la crescita culturale di noi vo-
lontari, un’esperienza che si è rivelata fondamentale per apprendere nuovi saperi utili per
fornire assistenza ai malati di diabete e di scompenso cardiaco insieme alle loro famiglie, i
caregiver, in tutti i modi e in tutti gli ambiti possibili. Un percorso teorico-pratico che ci ha
fatto vivere sul campo un’esperienza concreta rendendoci partecipi dei ritmi dell’Azienda
impegnata nella attività di diagnosi e cura delle malattie croniche, seguendo sempre il filo
conduttore dell’umanizzazione. …
Mario Raimondi Confraternita Misericordia Roccapalumba
…il volontario ha l’obiettivo di accogliere per primo le paure e le perplessità del paziente a-
scoltandolo empaticamente e mediando la sua relazione con il proprio medico attraverso l’uso
di una “comunicazione efficace”.
La comunicazione è stata un altro argomento affrontato durante il corso teorico.
In generale, essa indica quell’insieme di segni e di messaggi – verbali e non – che servono per trasferire ad altri informazioni,
ma anche emozioni e sentimenti. Comunicare, infatti, non significa semplicemente informare, ma anche e soprattutto "entrare in
relazione" con soggetti esterni a noi.
E’ importante diventare consapevoli della nostra comunicazione, degli effetti che essa ha su di noi, sui nostri interlocutori e sulle
nostre relazioni per trasformarla in comunicazione efficace. Affinché le parole diano sollievo e creino benessere, in noi stessi e
negli altri, aiutandoci a ridurre lo stress, gli errori e le incomprensioni, è indispensabile acquisire consapevolezza di che cosa
diciamo, di come parliamo, degli stati emozionali nostri e di coloro con cui stiamo interagendo.
La consapevolezza è alla base dell’empatia: quanto più aperti siamo verso le nostre emozioni, tanto più abili saremo anche nel
leggere i sentimenti altrui.
Personalmente ho trovato questa esperienza teorica alquanto interessante, ricca di argomenti e densa di questioni ancora calde
nel mondo della sanità e del volontariato che, a volte, sono state oggetto di civili e costruttivi dibattiti….
Valentina D‟Anna ANIO-ONLUS
…nel corso del tirocinio abbiamo concretizzato gli aspetti teorici acquisiti durante la formazione teorica, vivendo seppur per
poco tempo, la complessa realtà dell’assistenza territoriale. Abbiamo affrontato l’intero percorso formativo con la speranza e la
voglia di essere inseriti in un progetto che ci stimoli e che ci renda “ efficientemente Volontari ”….
Rosalinda Genduso ANIO-ONLUS
Qualità e Rischio Clinico NEWS pagina 13
Prevenire il suicidio di paziente in ospedale: La Procedura dell’ASP di Palermo come modello or-
ganizzativo.
Amedeo C. Casiglia, Carlo R. Gambino e Luigi Pulichino
Parlare del Suicidio non è mai facile, sia come evento legato ad una singola persona che come
fenomeno sociale; i fattori, le cause profonde e le variabili che entrano in gioco sono talmente
tante e multi-sistemiche che possono determinare un senso di impotenza e di ineluttabilità
degli eventi suicidari negli specialisti come negli stessi familiari delle persone che vengono
risucchiate in questo vortice di auto annullamento. In ogni caso, la complessità e la drammati-
cità sono caratteristiche strettamente connesse al suicidio, da qualsiasi punto di vista si voglia
osservare questo fenomeno. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che ogni anno nel mondo sono circa un mi-
lione gli individui che commettono il suicidio ed ha, inoltre, recentemente comunicato che nel 2020 il numero delle persone che
vi ricorreranno potranno raggiungere oltre un milione e mezzo; di fatto, è una delle prime cause di morte nel mondo, soprattutto
nei giovani.
Proprio per questi motivi è necessario “aggredire” il fenomeno cercando di mettere ordine nelle questioni fondamentali di
sistema e nei “segmenti” in cui il fenomeno si manifesta. Un esempio, in tal senso, è l’attività di prevenzione che è possibile
mettere in atto nelle strutture sanitarie. Infatti, nonostante si parli di un ambiente “controllato e strutturato”, i casi di suicidio in
tale ambito sono statisticamente significativi e, quindi, necessitanti di una presa in carico culturale ed organizzativa da parte
degli attori del Sistema sanitario coinvolti.
Il Ministero della Sanità, per prevenire il suicidio del paziente in strutture sanitarie, ha provveduto già nel marzo 2008 ad elabo-
rare una specifica Raccomandazione Ministeriale (Raccomandazione n. 4) che si propone di aumentare la consapevolezza del
potenziale pericolo del verificarsi di questo evento e indica alcune attività da intraprendere per regolamentare e standardizzare
azioni organizzative delle strutture sanitarie e alcuni comportamenti degli operatori al fine di prevenire il verificarsi di suicidi di
persone in regime di ricovero ospedaliero.
Il momento fondamentale di questa attività preventiva è la valutazione dei pazienti finalizzata all’individuazione dei soggetti a
rischio per mettere in atto le strategie mirate alla riduzione del suicidio.
Gli aspetti organizzativi di sistema e la leva formativa/informativa sul personale e sui soggetti (in primis i familiari) vicini alla
persona a rischio di suicidio rivestono un ruolo fondamentale per l’efficacia della prevenzione. L’obiettivo principale è mettere
nelle condizioni quanti più operatori e quante più strutture sanitarie di individuare precocemente le persone che evidenziano
fattori di rischio di suicidio e di adottare i comportamenti adeguati per mettere in sicurezza questi pazienti in regime di ricovero
specialmente nei reparti a maggior rischio.
Secondo gli studi più recenti, il suicidio può verificarsi in tutte le UU.OO. di degenza ospedaliera ma possono essere considerate
a maggiore rischio le UU.OO. del Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC), di Oncologia, di Ostetricia e Ginecologia e
quelle del Dipartimento di Emergenza.
Partendo da queste considerazioni e dalla Raccomandazione Ministe-
riale n.4, nella nostra ASP si è messa a punto e si è sperimentata una
specifica procedura finalizzata alla prevenzione del suicidio nei reparti
ospedalieri, frutto di un lavoro sinergico tra i principali attori del siste-
ma aziendale coinvolti in tale ambito. E’ stata applicata in fase speri-
mentale, per un periodo di sei mesi, nei reparti di geriatria, medicina e
ginecologia di alcuni Presidi Ospedalieri della Nostra Azienda.
In seguito, alla luce dei risultati della sperimentazione, la procedura è
stata perfezionata e revisionata ed è in via di attivazione presso tutti i
presidi ospedalieri dell’ASP di Palermo.
Al fine di aderire a tutte le indicazioni Ministeriali e per rafforzare le
azioni di sistema a più livelli, si è ritenuto opportuno dare spazio e
trovare collaborazione con l’associazionismo specializzato in tale am-
bito. In tal senso si è coinvolta l’Associazione AFIPreS con cui è stato
stipulato uno specifico Protocollo d’Intesa che prevede, tra l’altro
Quando i sogni opprimenti e orribili l’angoscia tocca il grado estremo, è proprio essa che
ci porta al risveglio, con il quale scompaiono tutti quei mostri notturni. La stessa cosa ac-
cade nel segno della vita, quando l’estremo grado di angoscia ci costringe a spezzarlo”
Arthur Schopenhauer ( Parerga e paralipomena, 1981)
Qualità e Rischio Clinico NEWS pagina 14
Prevenire il suicidio di paziente in ospedale: La Procedura dell’ASP di Palermo come
modello organizzativo.
la collaborazione per le attività
previste dalla “procedura azien-
dale sulla prevenzione del suici-
dio di paziente in ospedale”, il
potenziamento delle attività a-
ziendali di supporto per i sogget-
ti a rischio suicidario e per le
loro famiglie e la gestione di un
servizio di ascolto e consulenza
telefonica (Helpline telefono
giallo), coordinato e monitorato
dal Dipartimento Salute Mentale
aziendale. In particolare, relati-
vamente all’applicazione della
Procedura, l’Associazione colla-
borerà secondo le modalità pre-
viste dalla relativa Matrice delle
Responsabilità.
Oltre che agli aspetti valutativi,
particolare attenzione viene data
alla dimissione dei pazienti che
hanno tentato il suicidio o sono
ritenuti a rischio suicidiario Essa
va pianificata con largo anticipo,
affidando le persone a rischio ai
servizi territoriali competenti
(MMG, CSM, SERT, Servizio di
Assistenza Domiciliare...) al fine
di garantire la continuità assi-
stenziale ed un adeguato monito-
raggio. Tale continuità assisten-
z i a l e , s a r à s u p p o r t a t a
dall’Associazione di Volontaria-
to coinvolta che potrà continuare
la sua collaborazione anche in
ambito territoriale.
Nonostante la complessità e la
gravità del problema, come ab-
biamo visto, seguendo un rigoroso metodo organizzativo, almeno nello specifico “segmento” del percorso sanitario ospedaliero
e territoriale del paziente a rischio di suicidio, la prevenzione può essere effettuata con una certa efficacia a condizione che le
azioni e le attività previste dalla procedura vengano implementate con sistematicità e con il coinvolgimento di tutti gli attori a
vario titolo responsabili e chiamati a collaborare per il raggiungimento dello scopoo previsto dalla stessa Procedura.
Un set di indicatori (riportati nella tabella a lato) sono stati messi a punto per un puntuale monitoraggio della Procedura che ci
auguriamo possa rivelarsi un efficace
strumento in un ambito così delicato e
complesso come quello preso in esame.
La procedura è stata redatta e monitorata
da uno specifico gruppo di lavoro com-
posto da Alberto Spatola, Marcello Di
Fiore e Carmelo Gugliotta (Dipartimento
Salute Mentale, Salvo Chessari
(Medicina Interna) e Rosanna Termini
(Geriatria) del P.O. Ingrassia e Mario
Desti, Alessandra Aragona e Teresa Ric-
ca (U.O. Qualità).
MATRICE DELLE RESPONSABILITAMATRICE DELLE RESPONSABILITA
(R= R(R= RESPONSABILEESPONSABILE AAZIONEZIONE -- C = CC = COLLABORATOREOLLABORATORE) )
FIGURA CHE SVOLGE L’ATTIVITÀFIGURA CHE SVOLGE L’ATTIVITÀ
DESCRIZIONE DELL’ATTIVITÀDESCRIZIONE DELL’ATTIVITÀ
MMEDICOEDICO
U.O. U.O.
DIDI DEGEN-DEGEN-
ZAZA
PPSICHIATRASICHIATRA CCOORDINATOREOORDINATORE
IINFERMIERISTICONFERMIERISTICO IINFERMIERENFERMIERE
AASSSS..
DIDI
VVOLONTA-OLONTA-
RIATORIATO
Effettuare l’anamnesi valutando e registrando in
cartella i potenziali fattori di rischio di suicidio R
Rilevazione e registrazione nelle cartelle di
segni premonitori e/o comportamenti suggestivi osservati durante la degenza
R R R
Richiedere consulenza psichiatrica per i casi
con fattori di rischio di suicidio R C C
Effettuare consulenza psichiatrica R
Valutare eventuale rischio di suicidio R
Stabilire il trasferimento presso U.O. di Psichia-
tria se rischio alto e condizioni strutturali e
organizzative non adeguate
R R C
Informare l’equipe della presenza in reparto del paziente a rischio
R C
Informare i familiari del paziente sul rischio di suicidio del loro congiunto e sulla necessità di
togliere al paziente oggetti potenzialmente
lesivi di proprietà dello stesso
R C C
Definire modalità e periodicità dei controlli proporzionali alla gravità del rischio
R R C
Responsabilizzare e coordinare il personale
infermieristico sull’attività di controllo del paziente a rischio
R
Trasferire il paziente in una stanza di degenza,
ove disponibile, in cui è più facile il controllo da parte del personale di assistenza
R C
Predisporre un accurato controllo del paziente durante i trasferimenti
R R C
Controllare periodicamente il paziente verifi-cando che nell’ambiente di degenza non vi
siano presenti oggetti potenzialmente contun-
denti o a rischio di autolesionismo
R C
Programmare le dimissioni e i controlli succes-sivi presso i servizi territoriali competenti
R R C C
INDICATORI VALORI
ATTESI
FONTE DEI
DATI
N. pazienti valutati per fattori di rischio di suicidio (secondo allegato 2) /N.
totale pazienti ricoverati valutabili ≥ 95%
Schede di
rilevazione
nelle Cartelle
N. pazienti che hanno effettuato consulenza psichiatrica/ N. pazienti per i quali era stata prevista
≥ 95% Cartelle
N. pazienti per i quali viene confermato dallo psichiatra il rischio di suicidio/ N. pazienti che hanno effettuato consulenza psichiatrica
Rileva-zione
Cartelle
N. pazienti per i quali sono state definite le modalità e la periodicità dei control-li / N. pazienti con rischio di suicidio definito
≥ 95% Cartelle
N. pazienti per i quali sono stati programmati i controlli successivi alla dimis-sione presso i servizi territoriali competenti/ N. pazienti con rischio di suicidio
definito dimessi
≥ 95% Cartelle
N. di pazienti per cui si è avuta collaborazione da parte di A.V./ N. pazienti con rischio di suicidio definito
≥ 95% Report
Qualità e Rischio Clinico NEWS pagina 15
Metafore organizzative:
La pittura del Sig. Antonino Gambino Francesco Fulvio Monterosso - Responsabile f. f . U.O. Qualità e Progettazione
Così, pigri come buoi, pavidi come cervi, alteri come cavalli, avidi come sparvieri
Giovan Battista Della Porta
Da circa due anni un pittore si aggira nei locali
della Direzione dell’ASP di Palermo. Il sig. An-
tonino Gambino, noto nella nostra organizzazio-
ne come signor Nino, è un addetto alle pulizie dei locali di via G.
Cusmano. Ci troviamo di fronte ad un uomo sulla cinquantina,
simpatico, disponibile, che mette molta cura nel suo lavoro. Il si-
gnor Nino saluta sempre tutti e lo fa in modo deciso, fermandosi di
colpo. Ha una espressione che sembra uscita da una foto in bianco
e nero. Un uomo di altri tempi, con una modalità comportamenta-
le, i cui schemi, negli ultimi anni sono rimbalzati a distanze lonta-
ne anni luce, forse perché ritenuti ingombranti per reggere alla
socialità “liquida” del nuovo slogan culturale. Una caratterizza-
zione antropologica senza contrasti, proprio come i colori che il
signor Nino usa per comporre i suoi quadri, accostati con poche
dissonanze cromatiche, schierandosi con coloro che con molta
pazienza stabiliscono un rapporto sereno con la quotidianità. Lo
sguardo è il vero protagonista dei suoi dipinti, dove sono pressoché
assenti gli arti superiori ed inferiori in un componimento figurativo
che emerge come sovrapposizione di velature, nuvole che un sof-
fio di vento potrebbe disgregare per non farle tornare più. Ogni
mattina il signor Nino è al suo posto, pronto ad aggirarsi nelle
stanze dell’edificio mentre i colleghi riprendono possesso dei
rispettivi spazi dove ritrovare messi in ordine i documenti la-
sciati alla rinfusa il giorno dopo ed allungare le braccia per
accende il computer, rito di riscaldamento per un altro giorno
di lavoro. Spesse volte arrivando molto presto in ufficio mi
incrocio per qualche istante con il personale delle pulizie che
scende dalle scale. Abitano le nostre stanze in nostra assenza.
Due mondi che si conoscono, ma non si incontrano.
Da un pò di tempo, però, il rapporto col sig Nino è cambiato.
La maggior parte dei colleghi comincia ad avere una particola-
re attenzione verso di lui. Qualcuno si sente osservato. “Chissa
come mi vede!”. “Sarò io il prossimo?, in fondo lo spero”. Nel
giro di pochi mesi il nostro operatore addetto alle pulizie è
diventato il ritrattista del personale della Direzione strategica
di una delle Aziende più grandi di Italia. Il suo “segno” crea
non poca meraviglia, inducendo negli attori ritratti nelle sue
opere momenti di confronto e avvolte anche di impegnata in-
trospezione. Il signor Gambino trasforma le sembianze di alcu-
ni colleghi in ritratti zoomorfi secondo una criterio compositi-
vo che ricorda quella tendenza dell’antichità nell’immaginare
gli dei sotto le sembianze di animali.
Non c’è dubbio che le raffigurazioni pittoriche fissate nella
tela dal nostro simpatico amico traducano la percezione di una
espressività individuale.
Qualità e Rischio Clinico NEWS pagina 16
Metafore organizzative: La pittura del Sig. Antonino Gambino
Quella del sig. Nino rappresenta, infatti, una speciale fisio-
gnomica che dai caratteri del volto umano ricava le carat-
teristiche di un individuo. Già in Aristotele è presente l'i-
dea secondo la quale dalla forma esteriore di una cosa è
possibile giudicarne e capirne la natura e conformemente a
questo assunto il nostro pittore individua una visione
del volto quale unica, individualizzante e irripetibile fine-
stra verso la comprensione del carattere degli operatori
con cui ogni giorno entra in una tacita relazione.
L’analisi dei componimenti pittori del sig. Nino ci potreb-
bero forse indurre ad alcune considerazioni che vanno al
di là dell’indiscusso contributo del nostro artista
nell’umanizzare pareti spesso squallidamente rese spoglie
da un agire quotidiano distratto e poco incline al migliora-
mento della ricettività estetica degli spazi dell’agire quoti-
diano, e, forse, potrebbe finire per diventare un pretesto
di un discorso meno conformista sulle organizzazioni.
Certo il rischio è in agguato, laddove il pittore entra quale
elemento perturbante nella coppia polare di mimesi ed
espressione del soggetto, laddove la sua idea sovrasta
quella che il volto vorrebbe e dovrebbe dire del suo porta-
tore, il pericolo consiste nel fatto che lo sforzo per una
fisiognomica dell’agire organizzativo possa inabissarsi
sotto i colpi di una volontaria e retorica rappresentazione.
Ma vale la pena corriere lo stesso questo rischio. “Le orga-
nizzazioni sono delle realtà socialmente costruite che si
trovano più nelle menti dei loro membri che nelle struttu-
re, nelle norme, nei rapporti concreti che le caratterizza-
no”, pertanto il ritrarre, con occhio più o meno esterno le
sembianze, l’espressività di soggettività che hanno decisa-
mente una funzione centrale nella gestione della direzione
strategica generale ci autorizza ha recuperare il discorso di
una possibile riflessione sulla saggezza del vivere il mondo organizzativo, per tentare di ricomporre un’alleanza, una solidarie-
tà tra l’operatore ed il suo agire in sanità.
Lo sforzo sarebbe quello di coniugare intelligenza tecnica e ricerca etica, ruolo professionale e qualità morali, non trascurando
il rischio dell’istaurarsi di patologie organizzative. Ma si potrebbe scorgere in alcuni ritratti del sig. Nino la pantomima di que-
sta inespressività funzionale? Sicuramente non è lecito farlo, il giudizio sarebbe troppo arbitrario. Non si può, comunque, nega-
re che ciò che continua ad affliggere le nostre organizzazioni è il persistere di una certa alessitimia espressiva. Si potrebbe allo-
ra dire che un agente che vive ai margini dell’agire aziendale, scorge negli attori organizzativi una soggettività che appare pri-
va di ogni carattere individuale e di ogni qualità soggettiva. Questi operatori sono "incapaci di esprimere sentimenti, di parlare
di sé e di instaurare relazioni autentiche con gli altri". Alla passione e agli affetti preferiscono il ricorso all‟azione, che scopri-
ranno essere l‟unica modalità attraverso la quale poter descrivere quello che sentono: eviteranno i conflitti, bandiranno fanta-
sie, disdegneranno i sentimenti"; "anaffettivi, an-estetici, emozionalmente deprivati, si terranno a debita distanza dal proprio
mondo interno, congeleranno il dialogo con gli altri, coltiveranno l‟apparenza".
Kets de Vries hanno trasferito questo profilo che corrisponde al disturbo alessitimico al mondo dell’organizzazione. La cultura
organizzativa che favorisce l’alessitimia promuove la stagnazione e la mediocrità, infatti viene detto che "Molte organizzazioni
sembrano incoraggiare il comportamento alessitimico. Dopo tutto gli alessitimici sembrano essere prevedibili, e le organizza-
zioni amano la prevedibilità. Alcune organizzazioni non vogliono avere individualisti in giro. (…) non amano persone che di-
sturbano e modificano la routine". Sicuramente il comportamento alessitimico rappresenta un limite al miglioramento delle
procedure di accoglienza, delle logiche di “senso” che devono fungere da prerequisito al consenso informato, e più in generale
alla capacità di promuovere un coinvolgimento attivo e consapevole dell‟utente nei percorsi di cura. Il progetto innovativo
promosso dalla riforma sanitaria regionale impone, però, un comportamento opposto all‟alessitimia, esige, infatti delle strate-
gie discorsive improntate alla chiarezza ed alla verità. M. Foucault sviluppa una riflessione intorno alla composizione del di-
scorso manageriale contemporaneo, nella misura in cui esso incorpora pratiche discorsive di carattere eterogeneo intorno alla
nozione di parresia – il parlar-franco (franc-parler).
Qualità e Rischio Clinico NEWS pagina 17
Metafore organizzative: La pittura del Sig. Antonino Gambino
La parresia è l’attività attività verbale che consiste nel
«dire-tutto»: pan-rhema. Il parresiasta, colui che usa la
parresia, è colui che dice tutto, o meglio, colui che dice
con chiarezza, senza dissimulazione, né riserve, né orna-
menti retorici, la verità. Responsabilità sociale e business
ethics, infatti, non possono essere elementi marginali
nella formazione manageriale. « Andrea Vitullo ci infor-
ma che l’accoppiamento fra serie di pratiche
(organizzative nel nostro caso) e regime di verità, forma
«un dispositivo di sapere-potere che imprime effettiva-
mente nel reale ciò che non esiste e lo sottomette ad un
conformismo che sicuramente nuoce alla innovazione ed
al miglioramento continuo della qualità dei servizi in cui
opera. Se vogliamo, quindi, rispondere guardando, ancora
una volta, a Foucault, allora dobbiamo riconoscere l’ethos
della parresia in tutti quei soggetti che impegnati al rinno-
vamento della sanità siciliana hanno giocato e giocano
diversamente i giochi di verità, agendo sulle regole di
produzione della verità dentro i dispositivi, tentando di
sganciare il potere della verità dalle forme di egemonia
cui è collegato, combattendo gli effetti di potere della
verità a partire da se stessi.
La verità, per Foucault, quella verità che il parresiasta
coraggiosamente pronuncia nella piazza pubblica, nella
corte del tiranno, in una relazione pedagogica, nell’ambito
del rapporto di sé con sé, o – come nel caso di Diogene il
cinico – che sperimenta alla prova della vita, non è mai le
même (il medesimo), ma stabilisce sempre una posizione
di alterità rispetto a un certo regime di verità solidificato,
rispetto ai modelli di soggettività che ci abitano e cui sia-
mo chiamati a coincidere. In altre parole, la trasparenza
nelle organizzazione sanitarie è un pre-requisito della
qualità, e non viceversa.
Queste considerazioni basterebbero da sole per capire
dove risiedano i motivi in cui tarda ad affermarsi, al di là dei buoni propositi, un recupero dell’alterità del cittadino/paziente spe-
cialmente nell’ambito della gestione della cronicità in cui il rapporto tra soggettività e sapere medico gioca la scommessa più
interessante per un recupero della “Welfare community” dove dare spazio alla narrazione della malattia da parte del paziente.
Il manifestarsi di questo “segno”, al di la del tatticismo tecnico quotidiano ci serve, allora, per comprendere che non possiamo
allentare l‟attenzione, siamo sicuramente a buon punto, ma l‟aspetto comunicativo, nelle nostre organizzazioni, non ha ancora
la centralità che merita. Non si vogliono qui enfatizzare le opere del signor Nino, ma oltre il loro indubbio valore artistico, for-
se sarebbe interessante partire da quella contemplazione che determina l‟essere stati ritratti da lui, l‟essere stati scoperti, non
solo per una legittima riflessione sul fatto che in fondo c‟è qualcosa in quelle pennellature che ci somiglia, ma per soffermarsi
un momento in più nelle velature di quelle tele. In quelle increspature di colore potrebbe risiedere il bisogno di un‟azione comu-
ne che reintroduca, a partire dal soggetto e fin dentro i dispositivi che ci interpellano come “operatori sanitari” il tema della
trasformazione del proprio agire quotidiano e delle dinamiche che spesso ci fanno essere ciò che profondamente non siamo,
chiamando in causa la questione dello statuto etico del nostro agire all‟interno delle istituzioni sanitarie e negli spazi in cui
ridefinire in un autentico rapporto duale, il bisogno di salute consapevoli che la Qualità dei servizi sanitari non è, e non deve
essere una sovrastruttura dell‟organizzazione aziendale.
“C’è una fedeltà nelle facce cui forse le anime non partecipano”.
(Adolfo Bioy Casares)
Bibliografia G. Morgan – “Images. Le metafore dell’organizzazione”.
M. Foucault, nel Le courage de la vérité. Le gouvernement de soi et des autres II. Cours au Collège de France 1984, Seuil/Gallimard, Paris 2009
A. Vitullo, Leadership riflessive. La ricerca di anima nelle organizzazioni, Apogeo, Milano 2006
Qualità e Rischio Clinico NEWS pagina 18
FORUM del MEDITERRANEO Sostenibilità e diritto alla salute
Amedeo Casiglia e Luigi Pulichino
Giunto alla sua seconda edizione, il Forum del Mediterraneo in Sanità, ritor-
na in Piazza Politeama dal 6 al 9 giugno.
L’evento, promosso dall’Assessorato regionale della Salute, rappresenta un
insostituibile contenitore all’interno del quale la Sanità Siciliana si confronta
con altre realtà nazionali ed internazionali su tematiche particolarmente attua-
li quali la sicurezza dei pazienti, l’equità e l’appropriatezza delle cure.
L’aspetto innovativo della manifestazione è sicuramente rappresentato dalla
sua duplice anima: da un lato, all’interno del teatro Politema, si alterneranno
dibattiti, conferenze e tavole rotonde che prevedono la presenza di esperti
nazionali, dall’altro, nello spazio antistante il teatro, sarà allestita “la piazza
della salute”, all’interno della quale saranno presenti tutte le aziende sanitarie
regionali.
La lunga kermesse prevede un considerevole programma scientifico che affronta numerosi temi tra i quali: il programma na-
zionale valutazione esiti, la sicurezza nel nuovo percorso nascita, l’integrazione ospedale-territorio, i nuovi modelli per lo svi-
luppo delle cure primarie e l’innovazione e la sostenibilità nell’uso dei dispositivi medici e dei farmaci.
Ampio spazio verrà dato anche ai piani di innovazione e miglioramento in coerenza con il piano della salute 2011‐2013.
Nell’area espositiva, le Aziende Sanitarie presenteranno agli operatori sanitari, ai cittadini ed ai media, le migliori esperienze
del servizio sanitario regionale nel campo della prevenzione, della cura e dell'assistenza e i progetti e programmi innovativi
relativi ai Piani Attuativi Aziendali.
Quest’anno, inoltre, è prevista la partecipazione del mondo del volontariato e dell’associazionismo che, sabato 9 giugno, avrà a
disposizione l’intera piazza per poter presentare ai cittadini proposte ed attività.