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Settembre-Ottobren. 5/2015

RIVISTA MILITAREC.F. 80419490588

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LO STATO, L’ESERCITO E LE FORZE ARMATE…...VEXATA QUAESTIO!

Il quattro novembre del 1918 si concludeva la Grande Guerra, com’eradefinita allora prima di doverla rinominare Primo conflitto mondiale.La celebrazione del Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle ForzeArmate è per ogni militare e ogni cittadino italiano la ricorrenza con il piùalto valore evocativo per più ordini di ragioni: segna il compimento del-l’ideale risorgimentale dell’Unità d’Italia e commemora la conclusione diun conflitto che aveva visto partire il fior fiore della gioventù italiana percombattere fianco a fianco nelle trincee, costituendo e rinsaldandoquell’unione tanto sospirata. Il generoso sacrificio di tanti dei nostri haunito anche praticamente tutte le famiglie nel doloroso e composto ricor-do dei loro cari Caduti o feriti.Un sacrificio dettato dal sacro dovere di difendere la Patria che è essen-za stessa del cittadino in armi. Da qui la vexata questio che attiene al du-plice aspetto dell’Esercito (e delle Forze Armate): Cardine della Patria o,in una accezione burocratica, dicastero e quindi apparato amministrativodella pubblica amministrazione? Quest’ultima accezione è in contrappo-sizione agli ideali fondanti statuali che vedono nella capacità e autono-mia militare la possibilità di perseguire gli interessi nazionali e partecipa-re da pari con le altre Nazioni agli impegni internazionali assunti.La creazione dello Stato come lo intendiamo oggi, ossia popolo, territorio esovranità, è stata possibile grazie al superamento del feudalesimo con la for-mazione di Eserciti nazionali permanenti in sostituzione delle truppe di solda-ti mercenari, quindi con la possibilità per i Sovrani di intervenire nel frenaregli abusi feudali e perseguire più elevati interessi nazionali. Il nesso fra sovra-nità politica e militarità è, quindi, storicamente molto stretto, ma quello checontraddistingue gli appartenenti all’Esercito e alle Forze Armate è il non es-sere solo “impiegati pubblici in uniforme”, ma uomini e donne con un altissi-mo “senso dello Stato” che per tutti noi coincide con il concetto di Onore.In questo numero potrete leggere un autorevole intervento in questo sen-so, di particolare rilievo in un momento storico in cui tutto viene ricompre-so nel coacervo indistinto del termine “spesa pubblica”. Esso ci richiamaai valori della libertà responsabile ricordando che libertà e autonomia nonsono mai concesse, ma guadagnate e conquistate sul campo, come lastoria patria ci insegna.Troverete inoltre un fascicolo speciale che illustra la situazione dell’Eser-cito e i possibili sviluppi del prossimo decennio in accordo con le disponi-bilità finanziarie.

Buona lettura!IL DIRETTORE

Editoriale

Attraverso una semplice richiesta e-mail a: [email protected] ha la possibilità di ricevere due articoli completi a scelta nel formato

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RIVISTA MILITARESommario

Afghanistan. La transizionea Resolute Support Missiondi Massimo Scotti

La Regione dei Grandi Laghidi Daniele Cellamare

Stato, Forze Armate e politicamilitaredi Domenico Fisichella

Sapere aude! Brigata RISTA-EW:operatori per la sicurezza del Paese

Con gli occhi del Comandante

Le forze nucleari della Franciadi Antonio Ciabattini Leonardi

“Peshmerga”: fronte alla mortedi Andrea Colacicchi

Il reggimento Lagunari “Serenissima”di Maurizio Gallo

NORME DI COLLABORAZIONELa co l labo raz ione è a p e r ta a tu t t i . G l i a u to r i possono inv ia re ip rop r i sc r i t t i co r re d a t i d a i mma g i n i n e l r i sp e t to de l la no rmat i v av ig e n te s u l c o p yr igh t e i n b a se a l re g o la me nto per la se lez ioned i R e c e n s i o n i , A r t i c o l i , I n t e r v i s t e e S a g g i , p u b b l i c a t o s u l s i t owww .ese rc i to .d i fe sa . i t se z i o n e Ba nd i d i Ga ra .

Vita da HUMINT

La tecnologia netcentrica,l’Esercito Italiano e la NATOdi Tommaso De Zan

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15RUBRICHERUBRICHE

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Il Reparto Scalatori di Crodedi Franco Del Favero

La logistica dei viveri dell’EsercitoItaliano nella Grande Guerra

di Stefano Rega

I Samurai (2a parte)di Alessandro Fontana di Valsalina

Il Corpo d’Armata Italiano (CAI)in Francia nel 1918

di Manuel Solastri

UAV: proposte e soluzioni italianedi Pietro Batacchi

L’acciaio inoxdi Flavio Russo

La Scuola di Martedi Giovanni Cerino Badone

La guerra elettronica (4a parte)di Claudio Beggiato

APPROFONDIMENTI

IN COPERTINA

Un Lagunare del reggimento “Serenissima” in adde-stramento.

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Religiosità e superstizionenella Grande Guerra

di Antonello Folco Biagini,e Antonello Battaglia

RECENSIONI

XVI Flik Flok

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Lo Stato è la forma organizzativa tipica della modernità. Non è neces-sario risalire alle modalità anche più arcaiche ed elementari di aggre-gazioni umane – gruppi su base familiare e patriarcale – per registra-

re che sempre l’esercizio delle armi, a scopi difensivi e offensivi, ne è ele-mento costitutivo.Percorrendo i millenni, e con riferimento specie all’Atene della classicità, èAristotele che così riassume il profilo del cittadino nella sua peculiarità di“uomo politico”: cittadino è colui che nell’età giovanile porta le armi per laconservazione e il rafforzamento della Polis, nella maturità esercita le magi-strature amministrative e giudiziarie, nell’età avanzata onora gli dei attraver-so il sacerdozio.Nella modernità, lo sviluppo dello Stato percorre una molteplicità di tappeche nel rapporto tra Forze Armate e politica ha il suo culmine nella leva mili-tare obbligatoria. Infatti, se il suddito è soggetto alla leva per le necessità didifesa e attacco inerenti alla vita della Patria, non è possibile negargli quellapienezza di partecipazione politica che ha la sua espressione più alta nelvoto per la designazione delle istituzioni pubbliche, e segnatamente per leistituzioni rappresentative. In tale quadro, se per il diritto al suffragio è previ-sto un titolo di scolarità, sia pure elementare, sono le scuole reggimentaliche si fanno carico di assicurare ai militari di leva l’attestato di istruzioneprevisto. E così il suddito che compie il suo servizio militare diviene altresìcittadino nella compiutezza del suo ruolo politico.Fin dall’origine, lo Stato ha tra le funzioni sine qua non del suo essere emantenersi tale una politica militare, del resto strettamente intrecciata conla politica estera: uno Stato non è tale se gli manca il riconoscimento dellacomunità internazionale, e tale riconoscimento ha come indispensabile pre-supposto l’esistenza costante di uomini in armi. Ulteriori funzioni originariedello Stato sono mantenimento dell’ordine e della sicurezza interna, eserci-zio della giustizia, spesso istruzione, fiscalità necessaria e sufficiente a sif-fatte incombenze.La complessità crescente dei processi sociali inerenti alla modernità (prima eseconda modernità, post-modernità) ha espanso in maniera non di rado indi-scriminata gli interventi dello Stato, e più in generale della “mano pubblica”,nell’esperienza individuale e collettiva, talora per esigenze oggettive, taloraper il proposito di acquisire il consenso di una società ormai di massa a favoredelle classi dirigenti pro tempore. Tutto ciò ha profondamente trasformato la vi-

sione e la cultura dello Stato, dandoluogo a un diffuso, costoso e non dirado inefficiente fenomeno di statali-smo, che come tale è l’esasperazio-ne, la distorsione, infine la negazionedella statualità, riassumibile quest’ul-tima – nella coscienza vuoi dei go-vernanti vuoi dei governati – come“senso dello Stato”.L’elefantiasi statalistica ha squilibra-to la molteplicità dei fattori valoriali eoperativi riferibili allo Stato, e siffattosquilibrio è andato con eccessivafrequenza e consistenza a scapitodelle funzioni primarie e insostituibilidello Stato, riassumibili nella formu-la, valida per la politica interna co-me per quella internazionale, impo-sitio ordinis est res publica, presup-posto di ogni libertà responsabile.Non è difficile registrare che tra le vit-time più evidenti della pervadenzastatalistica va annoverata la politicamilitare, sacrificata a più riprese innome di opzioni interventive di stam-po demagogico. Si può discutere sela sospensione del servizio di leva ela sua sostituzione con il ricorso atruppe su base esclusivamente pro-fessionale sia una scelta completa-mente condivisibile, pur se è chiaroche le diffuse e imponenti trasforma-zioni tecnologiche comportano l’esi-genza di un crescente approfondi-mento della qualità professionale.Ciò, peraltro, non cancella il partico-

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STATO, FORZE ARMATEE POLITICA MILITARE

di Domenico Fisichella*

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lare nesso tra militarità e sovranità politica. Il militare non è soltanto un impie-gato in divisa, un tecnico in divisa. Nella servitude et grandeur de la vie militai-re v’è un valore aggiunto irrinunciabile, l’onore, con quanto ne deriva in terminidi doveri ma anche di riconoscimenti per le Forze Armate. L’uniforme, infatti, èil simbolo primario dello Stato e della Nazione. Così, una lunga tradizione vuo-le che, in particolari circostanze e situazioni, i sovrani degli Stati ancor oggi areggimento monarchico partecipino in divisa, segno che la militarità è il verticestorico e insieme attuale della statualità. E la Costituzione della Repubblicaitaliana richiama il concetto di sacralità solo in riferimento ai cittadini in armiper la difesa (per la vita) della Patria.Senza dimenticare che torbidi segnali in molti scenari del mondo sottolinea-

no, con la rude franchezza del reali-smo, la necessità di non farsi co-gliere impreparati: politica europeae politica internazionale hanno il lo-ro corrispettivo anche in una ade-guata politica militare.

*Professore universitario.Già Vicepresidente del Senato

e Ministro per i Beni culturalie ambientali

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La regione dei Grandi Laghi africani può essere considerata un’entitàpiù politica che geografica, indipendentemente dalla collocazione deiPaesi che la compongono, con l’attribuzione, non sempre condivisa,

di Ruanda, Burundi, Uganda, Tanzania, Kenya e Repubblica Democraticadel Congo. Oltre al lago Vittoria, il terzo più grande del mondo, gli altri laghisono il Tanganica, l’Alberto, l’Eduardo, il Kivu e il Malawi.A causa dell’estrema fertilità delle sue terre, la regione dei Grandi Laghi èuna delle più densamente popolate del mondo, con una popolazione chesupera i 110 milioni di abitanti quasi interamente dedita all’agricoltura e al-l’allevamento.La regione, pur provvista di un grande potenziale economico, è rimastacoinvolta in un vasto scenario di guerre civili e violenze inaudite, tali da farprecipitare l’intera area in uno stato di estrema povertà e insicurezza, forsecon la sola eccezione di Kenya e Tanzania.Dopo la caduta di Mobutu Sese Seko nell’ex Zaire, uno dei principali alleatidegli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, la regione è stata duramente pro-vata dall’atroce genocidio ruandese del 1994, dalle due guerre in Congo edalle devastazioni legate alla questione degli interahamwe, sino alle crudel-tà del più recente conflitto in Nord Kivu.Anche se la Repubblica Democratica del Congo è considerata il gigantegeografico della regione con i suoi immensi giacimenti di oro, diamanti,rame, cobalto e coltan, oltre a fiumi e laghi navigabili, non riesce a trova-re una dinamica politica interna in grado di trascinare gli altri Paesi e a

imporsi come attore geopolitico de-terminante.Al contrario, questo Paese è diventa-to addirittura centrale per una crisi dirilevanza internazionale che ha de-stabilizzato tutta la regione. Il rappor-to conflittuale tra il governo di Kinsha-sa e le istituzioni regionali ancora og-gi continua ad alimentare la tensioneinterna, senza contare gli interessisovrapposti delle multinazionali stra-niere, degli altri Paesi limitrofi e delleambigue formazioni militari per il con-trollo del territorio e l’accesso alle in-genti risorse del sottosuolo.Le elezioni del 2006, le prime rite-nute credibili dagli osservatori inter-nazionali, hanno confermato JosephKabila alla guida del Paese, dopo ildelicato processo di pacificazioneda lui intrapreso sin dal 2002, dopol’assassinio del padre per mano diuna guardia del corpo.

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LA REGIONEDEI GRANDI LAGHI

di Daniele Cellamare

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La Force de Frappe, ovvero la forza di dissuasione nucleare france-se, risale agli anni Cinquanta. I passi decisivi furono compiuti neglianni 1954-1958, sotto la Quarta Repubblica. Molti ostacoli, primo

fra tutti la guerra d’Algeria e le sue conseguenze politico-finanziarie,complicarono il processo.Due Capi di governo furono cruciali nel dare la spinta iniziale: Pierre Mendes-France nel 1954 e Guy Mollet nel 1956. Diversi fattori contribuirono a definire illoro orientamento. Innanzitutto, il riarmo della Germania occidentale fortemen-te voluto dagli Stati Uniti per contrastare le minacce militari provenienti dall’Eu-ropa orientale, una soluzione non condivisa da Parigi che ancora scontava leprofonde ferite inferte dall’invasione del 1940 e dalla successiva occupazionenazista. In secondo luogo la Francia, dubitando della volontà statunitense diproteggere l’Europa occidentale da un eventuale attacco militare sovietico, in-tendeva costruire una capacità difensiva autonoma che sarebbe stata utile alContinente intero. La disfatta di Dien Bien Phu nel 1954 e la crisi di Suez nel1956, dove gli anglo-francesi intervenuti contro Nasser furono costretti a ritirar-si a causa delle pressioni americane e sovietiche, resero chiara agli occhi deifrancesi la necessità di mantenere un minimo di autonomia nell’ambito delconfronto bipolare. Fu così che si decise di proseguire con il programma nu-cleare per dotarsi di un concreto potere militare e politico.Sin dall’inizio l’attitudine francese verso le armi nucleari fu determinata tan-to dalla relazione ambivalente e competitiva con gli alleati (Germania Occi-dentale, America e Gran Bretagna), quanto dalla minaccia sovietica. Il de-terrente nucleare era visto sempre più come uno strumento necessario peresercitare un’influenza all’interno del Patto Atlantico e in Europa.

SOVRANITÀ, INDIPENDENZA E GRANDEUR

Con il ritorno al potere del Generale de Gaulle nel maggio 1958, in seguitoalla nuova crisi scatenata dalla guerra d’Algeria, quasi tutte le decisioni deisuoi predecessori circa il programma atomico, inclusa la data dei primi test(previsti per il 1960), furono confermate.

Durante la Quarta Repubblica, il pro-cesso decisionale era stato rallentatoda deboli equilibri politici e influenza-to da meccanismi burocratici. Al con-trario la Quinta Repubblica, istituitanel 1958, fu organizzata in modo chele decisioni fossero accentrate nellafigura del Presidente, divenendo par-te del suo ambito di competenzaesclusivo. Tuttavia il cambiamentopiù radicale fu il ruolo politico conferi-to all’arma atomica e l’uso diplomati-co che ne venne fatto. La bomba ac-quisiva un nuovo status: divenne ilsimbolo materiale della riconquistadella sovranità francese e giocò unruolo cruciale nella narrazione dellaripresa nazionale che il padre fonda-tore della Quinta Repubblica stavacostruendo. Lo scopo perseguito dalGenerale con la costruzione di armiatomiche fu infatti ben più ambiziosorispetto al passato. In gioco non erapiù solo una maggiore influenza nelPatto Atlantico e la volontà di impedi-re un’eventuale ripetizione del disa-stro del 1940, ma anche un nuovoduplice obiettivo: ristabilire la crucialee non negoziabile indipendenza dellapolitica estera francese nei confrontidegli alleati (America inclusa) e cam-biare, in prospettiva, le regole del gio-co.

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LE FORZE NUCLEARIDELLA FRANCIA

di Antonio Ciabattini Leonardi

Centrale nucleare di Marcoule

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Agiugno del 2014, quando il Regional Command West (RC-W) assun-se la nuova denominazione di Train, Advise, Assist Command West(TAAC-W), spostando il focus della missione sull’esclusiva assisten-

za alle forze di sicurezza afgane, forse non era ancora ben chiaro qualenuova sfida ci aspettasse e in quale nuova forma era importante fornire an-cora il nostro contributo.Ad agosto, la Brigata “Garibaldi” ha iniziato il suo mandato quando ISAF(International Security Assistance Force) non era ancora conclusa, Resolu-te Support (RS) Mission non garantita per la mancata sottoscrizione dell’ac-cordo bilaterale (1) (BSA): quale impegnativo e sfidante momento per tuttoil contingente su base Brigata “Garibaldi”. Se concludere l’ultima FightingSeason “shohna ba shohna” (spalla a spalla) con le ANDSF (2), accompa-gnando le stesse ad assumere la piena responsabilità della sicurezza apartire dal 1° gennaio 2015, non fosse stato abbastanza, c’era molto altro dinon minore rilevanza da assicurare. La Brigata “Garibaldi” aveva il compitodi predisporre l’eventuale ripiegamento in Patria di tutto il contingente senzamai perdere la capacità di invertire il processo e continuare la sua missione.Gli ultimi mesi del 2014 e di ISAF, proprio per l’indeterminatezza causata dalmancato accordo, sono stati caratterizzati dall’inevitabile sovrapporsi della pia-nificazione e condotta di attività nell’ambito di due inscindibili, ma comunquedistanti scenari: completare ISAF e ripiegare, ovvero transitare a RS. Questoperché non era dato per certo se la transizione da compiere sarebbe stata li-mitata al passaggio delle ultime responsabilità al GIRoA (Government of theIslamic Republic of Afghanistan), come l’originario piano ISAF di SHAPE (Su-

preme Headquarters Allied PowerEurope) prevedeva, o se, evolvendoverso RS, avrebbe previsto anche ilcompletamento dell’assunzione dellanuova postura delle forza della coali-zione e il conseguente passaggio anuove attività, come in effetti i pianioperativi dell’ISAF Joint Command(IJC) avevano già previsto a inizio2014 nella più ottimistica delle ipote-si. La sottoscrizione del BSA ha difatto permesso di lanciare ufficial-mente RS, trasformando la fase IIIBdi ISAF da momento finale della tran-sizione a fase zero del nuovo impe-gno NATO in Afghanistan che, conti-nuando sul solco tracciato, mira alcomune end-state di rendere sosteni-bili nel tempo le ANDSF/ASI (ASI: Af-ghan Security Institution) nel garanti-re la sicurezza nel loro Paese.stan, insieme a un contributo al so-stentamento a lungo termine del-l’Esercito nazionale afgano e al raf-

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LA TRANSIZIONE A RESOLUTESUPPORT MISSION

di Massimo Scotti

AFGHANISTAN

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In lingua curda pīs mergah significa “coloro che affrontano la morte” o “pri-ma della morte”, secondo un’altra traduzione letteraria. Sono i peshmergacurdi, coraggiosi guerriglieri di uno Stato ancora non riconosciuto ufficial-

mente dalla comunità internazionale (solo convenzionalmente), ma geografica-mente definito: il Kurdistan. Questo territorio, composto da una popolazioneche condivide la stessa lingua, la stessa origine e la stessa storia, normalmen-te viene identificato con il Nord dell’Iraq; in realtà comprende una zona più am-pia del settore settentrionale e nord orientale dell’antica Mesopotamia inclu-dendo, pertanto, territori turchi, iraniani, iracheni, siriani e armeni. Orgogliosidella loro appartenenza, questi combattenti hanno da sempre lottato, per tutti econtro tutti, per la creazione di uno Stato unitario che racchiudesse tutte le co-munità curde. Conosciuti da sempre per il loro valore e per le loro grandi capa-cità nel combattimento, c’è chi fa risalire ad una comune discendenza anche il“feroce” Saladino, nato in un villaggio curdo nel 1137, la cui abilità in battagliagli fece guadagnare il titolo di “Principe dei Cavalieri” e il rispetto degli Europei.Era circa il 650 a.C. quando i Babilonesi definirono “Qutil” gli abitanti dellemontagne curde: il termine significava “guerriero” o “eroe”. La storia di questisoldati è caratterizzata da due costanti: la necessità di combattere contro inva-sori esterni per ottenere la piena indipendenza e lo sforzo volto a evitare lottetribali all’interno della stessa comunità. Accanto a questi elementi, una compo-nente fondamentale che li ha resi un valido strumento nelle mani delle potenzedell’area è la loro abilità di guerriglieri. Gli antenati dei peshmerga combattero-no innanzitutto per conto dell’Impero ottomano. Alla fine dell’Ottocento, il sulta-no Abd al Hamid II creò infatti la Cavalleria Hamidiya. Questa forza, compostada turchi e combattenti tribali curdi, fu utilizzata con due funzioni: anti-russa, indeterminate regioni dell’Impero, e anti-armena. Al Hamid sapeva che un’even-tuale coalizione tra questi ultimi e i combattenti curdi avrebbe potuto essereuna seria minaccia, da evitare a ogni costo. Nonostante questo sia ricordatocome uno dei periodi più oscuri della storia curda, principalmente a causa dellecrudeltà commesse dalla Cavalleria Hamidiya nel genocidio armeno, fu in que-sto contesto che i futuri peshmerga acquisirono le basi della strategia militare,liberandosi dalle mere tecniche di guerriglia tribale.Al termine della Prima guerra mondiale, e in particolare con il trattato di Sevrès

del 1920 che ridimensionava l’Imperoottomano a un piccolo Stato racchiu-so all’interno della penisola anatolica,venivano gettate le basi per la crea-zione di uno Stato curdo con l’appog-gio di alcuni Governi europei. In talecontesto il nazionalismo curdo diven-ne una vera e propria ideologia di tipopolitico-militare (con il successivo trat-tato di Losanna del 1923, però, lesperanze curde verranno infrante e ilterritorio del Kurdistan sarà diviso traTurchia, Iraq, Iran e Siria). Diversa-mente dai mujaheddin, infatti, i guer-rieri curdi non combattevano mossida ragioni religiose: la loro lotta erafunzionale al riconoscimento delloStato curdo. Fondamentale, nel con-testo degli anni Venti, il ruolo di alcunileader appartenenti alla tribù Barzani(i cui membri erano conosciuti per leloro qualità di combattenti).

“PESHMERGA”:FRONTE ALLA MORTE

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di Andrea Colacicchi

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SAPERE AUDE!SAPERE AUDE!Brigata RISTA-EW:Brigata RISTA-EW:operatori per la sicurezza del Paeseoperatori per la sicurezza del Paese

di Francesca Cannataro e Valentina Cosco

In queste due pagine, personaledel 41° reggimento “Cordenons”sperimenta in Afghanistan ilnuovo UAV “Bramor”

RISTA-EW: Reconnaissance, Intelligence, Surveillance,Target Acquisition - Electronic Warfare: un acronimo cheraccoglie in sè innumerevoli sfaccettature e possibilitàd’impiego.Un viaggio nel cuore della Brigata RISTA-EW per conosceremeglio i suoi uomini e le sue peculiarità.

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Signor Generale, in un quadro geostrategico mutevole, le Forze Arma-te sono chiamate sempre più spesso a interventi in difesa della pace edei diritti umani. Missioni che richiedono la disponibilità di uno stru-mento militare moderno ed efficiente, dotato di grande professionalitàe proiettabilità esterna. Quella da Lei comandata è una Brigata al pas-so coi tempi e all’avanguardia che, con un lavoro alacre e silente, ri-sponde con elevata competenza e abilità a “esigenze” imprescindibiliper la Forza Armata stessa.Può, in quest’ottica, darci un quadro generale del lavoro svolto dagliuomini e dalle donne che da Lei dipendono?

La Brigata RISTA-EW è la Grande Unità che ha il compito nell’ambito del-l’Esercito Italiano di realizzare tutti i prodotti d’Intelligence tattici a favoredelle unità di manovra operanti nei vari Teatri Operativi. È strutturata su unComando Brigata con le normali organizzazioni standard di un Comando,quindi quella prettamente operativa data dall’Ufficio Operazioni Addestra-mento e Informazioni. La differenza dalle altre Brigate è che l’Ufficio Infor-mazioni è più grande, costituendo l’anima stessa della Brigata. Vi è poi ov-viamente l’Ufficio Personale. Dalla Brigata dipendono tre pedine che svol-gono quelli che sono i domini dell’Intelligence.Il primo dominio è quello HUMINT (Human intelligence) ovvero la raccolta diinformazioni da fonti umane. Ne è deputato il 13° “Aquileia” di stanza ad An-zio. Poi vi è il 41° Sorao di stanza a Sora, addetto alla sorveglianza del campodi battaglia e all’acquisizione degli obiettivi. Esso si occupa della raccolta di in-formazioni tramite sensori che possono essere ottici, come i droni, che con-sentono l’acquisizione di dati tramite immagini, filmati o fotografie nel campo

del visibile oinfrarosso (dunqueanche in notturna), oppu-re radaristiche, ossia attraverso radarutilizzati sia per individuare oggetti edunque eventuali obiettivi o radarcontrofuoco, con il compito specificodi identificare eventuali sorgenti difuoco avversarie. Il terzo e ultimo do-minio è poi quello del campo elettro-magnetico sia per impedire all’avver-sario di usarlo, attraverso anzitutto laradiolocalizzazione, sia per l’indivi-duazione della fonte (avversaria oamica) e, infine, per la determinazio-ne dell’azione da porre in atto. L’azio-ne può essere cinetica (non di com-petenza della Brigata, che pone inessere la neutralizzazione materialedell’emettitore) o non cinetica che èla guerra elettronica attraverso il di-sturbo delle emissioni elettromagneti-che, compito fondamentale dell’unitàche fa capo al reggimento di guerraelettronica, il 33° EW, che si trovanella sede di Treviso. Altro compitofondamentale della Brigata è la pro-tezione delle nostre forze dalle mi-nacce degli IED (Improvised Explosi-ve Device) radio comandati.

CON GLI OCCHICON GLI OCCHIDEL COMANDANTEDEL COMANDANTEIntervista al Generale di BrigataIntervista al Generale di BrigataFrancesco Maria Ceravolo,Francesco Maria Ceravolo,Comandante della Brigata RISTA-EWComandante della Brigata RISTA-EW

Il Generale di Brigata Francesco Maria Ceravolo è l’attuale Coman-dante della Brigata RISTA-EW. Uno sguardo che trasmette determi-nazione, umanità, orgoglio e senso di appartenenza. Fierezza diuomo nel servire la Patria cui ha giurato fedeltà, orgoglio di Co-mandante nel guidare professionisti di elevata preparazione tec-nica e culturale. Egli è pervaso da un forte senso di appartenen-za all’Esercito Italiano.Le parole seguono e confermano ciò che i nostri sensi percepi-scono appieno nel corso dell’intervista nella quale in modo det-tagliato ci racconta il lavoro svolto dagli uomini e dalle donnedella Grande Unità specialistica della Forza Armata posta alsuo comando. Non usa mezzi termini, il Generale Ceravolo, ilcuore della Brigata è l’uomo.È proprio l’uomo, infatti, il baricentro attorno al quale ruota tutto.Ce lo dice con forza e lo sottolinea costantemente durante il collo-quio. Una Brigata spesso fuori dalla “ribalta mediatica”, ma che congrande e costante lavoro quotidianamente opera in un settore delica-to e fondamentale per l’Esercito Italiano e non solo.

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VITA DAVITA DAHUMINTHUMINT

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HUMINT. Questa illustre sconosciu-ta. Ci sono cose difficili da racconta-re. Spesso capita che il lavoro di unacronista e di una fotoreporter diventiarduo e complicato, perché non è fa-cile racchiudere in parole e immaginiquel mondo che si apre davanti aituoi occhi, soprattutto se si deve ri-portare il lavoro silente di chi operalontano dai riflettori. Da giornalisteembedded ci siamo così trovate a vi-vere e, dunque, a dover raccontareuna realtà che di fatto è lontana, per ovvie ragioni, dalla ribalta anche media-tica: la Human Intelligence (HUMINT). Una categoria dell’Intelligence volta al-la raccolta di informazioni da fonti umane. Basata sullo “sfruttamento” siste-matico e controllato di fonti umane, obiettivi e individui attraverso l’interazioneo la sorveglianza. La Human Intelligence è uno dei pilastri del processo di “In-telligence collection,” deve essere coordinata e controllata e i suoi prodottivanno fusi con gli altri prodotti Intelligence. Contribuisce a delineare e com-pletare la “INTEL situational awareness” in quanto raccoglie informazioni al fi-ne di soddisfare le Esigenze Informative Specifiche che contribuiscono a ri-spondere alle Priority Intelligence Requirements (PIRs) dei Comandanti. Èinoltre una pedina fondamentale allorquando ci si trova a operare in un conte-sto tecnologicamente non sofisticato. A oggi scrivi HUMINT e leggi 13° batta-glione “Aquileia”, l’unica unità dell’Esercito Italiano dedicata alla raccolta infor-mativa derivante da fonti umane e al momento della chiusura del nostro ser-vizio comandata dal Tenente Colonnello Alessandro Ferretti. Per dieci giorniabbiamo lavorato fianco a fianco con gli operatori e gli specialisti dello storicobattaglione di stanza ad Anzio e inquadrato nella Brigata RISTA-EW seguen-do con loro un’intensa attività addestrativa. Un’esperienza unica per l’esclusi-va opportunità concessa a noi di Rivista Militare. Un operatore HUMINT è unindividuo, militare o civile, particolarmente addestrato in campo tattico e infor-mativo, impiegato nella collection, primariamente da fonte umana, per scopidi Intelligence. Il 13° battaglione “Aquileia” sviluppa tutte le principali attivitàinerenti alla ricerca di notizie provenienti da fonti umane, al fine di effettuarela ricerca e raccolta dei dati utili a soddisfare le esigenze informative definitedal Comandante e/o dal G2/S2. In particolare, i team di Ricerca Informativaforniscono il supporto informativo specialistico all’Area Funzionale “I-EW” del-la Grande Unità/Task Force RISTA-EW in cui sono inquadrate, mediante l’ac-quisizione di dati informativi da fonti umane disponibili all’interno dell’Area diResponsabilità Informativa. Il battaglione viene impiegato in operazioni persingoli Team di Ricerca Informativa (Field HUMINT Team): in supporto direttoalle Grandi Unità o nell’ambito di una Task Force RISTA-EW. Debriefing (ov-vero interviste condotte, in maniera prestabilita e sistematica da parte di per-sonale qualificato al fine di ottenere informazioni di rilevanza Intelligence), in-contri, contatti, key leader engagement. Per dieci giorni abbiamo vissuto inaddestramento con gli uomini del 13°. Li abbiamo visti arrivare su un territorio“sconosciuto”, prendere contatti, dialogare con la gente e approcciarsi a lorocon tatto e determinazione. Attuando tutte quelle procedure che vengono po-ste in essere in Teatro Operativo. Da giornaliste embedded, incastonandoci

nella loro realtà e quotidianità, abbia-mo potuto vedere il professionaleoperare degli uomini dell’”Aquileia”.Abbiamo registrato storie di collabo-razione e condivisione. Di rapporti in-staurati, di spirito di gruppo. Abbiamoosservato, catturato con gli occhi, poielaborato con il cuore e con la mentee infine compreso. Compreso cheessere operatore HUMINT significaessere anzitutto uomini attenti agliuomini. Significa essere dotati di unanaturale sensibilità, essere predispo-sti a recepire l’umano sentire, rispet-tandolo. Possedere quel bagaglio di“vita” che ti consente di percepire,ascoltare, avere e prendere coscien-za. A trecentosessanta gradi. Signifi-ca essere padrone di un know howculturale che fonda il suo pilastronella conoscenza della lingua, dellacultura e delle tradizioni dei popoli.Significa essere leali, affidabili, pa-zienti, determinati e decisi. Vuol direessere operatori specializzati, adde-strati a comprendere ogni segnaledell’individuo e dell’ambiente circo-stante. Gesti, parole, sguardi, mo-venze, atteggiamenti e tutto ciò chepuò essere utile al fine della buonariuscita del task assegnato. Posse-dere quegli strumenti anche tecniciper comprendere tutto ciò, significarelazionarsi e sapersi relazionare.Osservare e saper osservare. Affi-darsi all’altro ed essere parte di unteam. Equivale, insomma, a essereuomini prima ancora che militari percogliere le variegate sfaccettaturedegli esseri umani, le contraddizionicosì come la buona fede. Significa,in sintesi, conoscere gli uomini e leloro passioni e avere il coraggio e lapreparazione per formulare valuta-zioni precise, anche se mai certi checonsentano ai decisori di prendere iprovvedimenti migliori nell’interessenazionale. Tutto questo sono gli uo-mini del 13° battaglione “Aquileia”.

*Giornalista**Fotoreporter

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Sono i primi a mettere piede a terra. Ma più spesso il loro “lavoro” sisvolge in un altro elemento: l’acqua. Quella del mare, dei fiumi e del-le lagune. Ed è proprio la versatilità anfibia la caratteristica che con-

traddistingue e rende unici nella fanteria dell’Esercito gli uomini del reggi-mento “Serenissima”, meglio conosciuti come Lagunari. Anche se non è lasola. Questi soldati, infatti, rappresentano uno dei reparti d’élite più giovanie allo stesso tempo più radicati nella storia della Penisola e affondano leloro radici nell’antica tradizione marinara della Repubblica Veneziana, cheva dalla loro istituzione nel 1202 alla trasformazione, avvenuta nel XVI se-colo, in “fanti da Mar”, baluardo contro gli attacchi provenienti dall’Imperoottomano. Recente, invece, il riconoscimento della Specialità, avvenuto nel1984 con un decreto del Ministero della Difesa. Nella loro attuale veste, iLagunari hanno preso parte a esercitazioni e missioni in molti Paesi delmondo, dall’Operazione NATO in Bosnia ad “Antica Babilonia” nell’Iraq me-ridionale, dal Kosovo al Libano del sud e poi in Afghanistan; sono staticoinvolti in quasi tutti gli interventi per portare soccorso alle popolazioni vit-time di calamità naturali; hanno svolto, e svolgono, un ruolo sostanziale disupporto alle forze dell’ordine in “Strade Sicure”. E ogni volta il loro contri-buto si è rivelato fondamentale.“Il 25 giugno è stato il nostro trentunesimo compleanno, l’anniversario di

una famiglia unica nell’Esercito” –spiega il Colonnello MassimilianoCarella, 46 anni, dal novembre2013 Comandante dei mille uominiche compongono il reggimento“Serenissima” – “Fare il lagunare èun’esperienza diversa dalle altre.

SopraLagunari in addestramentoeffettuano una ricognizione

Sopra a destraUn AAV7 in movimento in acqua

A destraIl ribaltamento di un battello14

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IL REGGIMENTO LAGUNARI“SERENISSIMA”

di Maurizio Gallo

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LA TECNOLOGIANETCENTRICA,

L’ESERCITO ITALIANOE LA NATO

di Tommaso De Zan

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LE ORIGINI DELLA CAPACITÀ NETCENTRICA

Forza NEC è il programma di procurement a guida dell’Esercito Italiano (EI)che si pone come obbiettivo la creazione di un sistema netcentrico atto araggiungere una condizione di “superiorità dell’informazione” (InformationSuperiority) sul terreno. Attraverso un elaborato sistema di C4I, l’integrazio-ne di vari sistemi e tecnologie, e quindi la digitalizzazione della Forza Arma-ta, si intende acquisire, mettere in correlazione e scambiare le informazioniche si ottengono sul campo, consentendo al decisore di compiere dellescelte migliori per il raggiungimento degli obiettivi prefissati.Per comprenderne la logica, il programma Forza NEC deve essere lettonel più ampio contesto euro-atlantico. L’origine del concetto che sta allabase del programma risale infatti al 1996, quando negli Stati Uniti venneropubblicati gli importanti documenti “Joint Vision 2010”, ma soprattutto il“Network Centric Warfare” (NCW) scritto dall’Ammiraglio Cebrowsky eGaratska. Partendo da un’attenta osservazione dei cambiamenti apportatidall’Information Technology (IT), i due autori applicavano al contesto mili-tare i benefici che il “networking”avrebbe consentito in termini dicondivisione delle informazioni aivari livelli di comando e di coordi-namento delle azioni fra Forze Ar-mate. La NCW arrivò rapidamentein ambito NATO, dove ci si reseconto che la fine della Guerra Fred-da avrebbe stimolato un cambia-mento della conduzione della guer-ra, soprattutto delle cosiddette ope-razioni di supporto alla pace, e de-terminato il carattere interforze emultinazionale delle operazioni mi-litari. Fu così che al summit di Pra-ga del 2002 i Paesi membri decise-ro di impegnarsi ad acquisire latecnologia NEC (Network EnabledCapability), che nasceva dall’ideaNCW statunitense, anche se conuna connotazione decisamentemeno radicale. Nel settembre2003, dodici Paesi membri tra cuil’Italia, dopo l’adozione a livello NA-TO dell’idea NEC (NNEC), com-missionavano all’agenzia NC3A(NATO Consultation, Commandand Control Agency) uno studio, icui risultati individuavano un percorso di integrazione multinazionale perlo sviluppo di capacità che avrebbero consentito di condurre operazioninetcentriche. Il report si poneva obbiettivi di breve, medio e lungo periodoe indicava nel 2020 la data entro cui si sarebbe potuta realizzare una pie-na interoperabilità fra i Paesi sulla base di assetti e architetture netcentri-che. A sottolineare ancora di più lo sforzo multinazionale, per assicurarepiena compatibilità e interoperabilità finali fra i Paesi alleati, si formò nel2004 il NCOIC (Network Centric Operations Industry Consortium), formatoda 80 industrie di 16 Paesi.Come si può intuire dalla sua storia, la tecnologia NEC trae le sue origininel contesto di difesa euro-atlantico e con la chiara volontà di andare aeliminare gli ostacoli per una efficace azione comune. I concetti di “de-confliction”, “coordination”, “collaboration” e “coherence” elaborati dalNC3A dovevano costituire la base di un percorso unitario fra i Paesimembri con un fine ben preciso. Per capire se questo sia avvenuto inmaniera coerente è necessario analizzare l’approccio delle singole Na-zioni alla tecnologia NEC e in parallelo valutare la sua evoluzione in am-bito NATO. In primo luogo si valuterà attentamente il caso italiano, perpoi passare ai programmi dei principali Paesi dell’Alleanza.

IL CASO ITALIANOE LA SUA EVOLUZIONEDAL 2007 AD OGGI

L’interesse italiano verso la tecnolo-gia netcentrica venne espresso nelConcetto Strategico del Capo diStato Maggiore della Difesa nel2005, quando si sottolineò per laprima volta la necessità di raccoglie-re, gestire e condividere le informa-zioni ricavate dal campo di battagliaattraverso un robusto sistema di C4Inetcentrico. Nel 2006, il Capo diStato Maggiore della Difesa, l’Am-miraglio Giampaolo Di Paola, in undocumento dal titolo “La trasforma-

zione netcentrica: il futuro dell’inte-roperabilità multinazionale e interdi-sciplinare” non si domandava più sel’Italia dovesse acquisire o meno lacapacità netcentrica, ma come e inche misura. In quanto programma diammodernamento principale del-l’Esercito, il programma Forza NECsi è posto come una sorta di “incu-batrice” di altri programmi già in es-sere, e ha determinato la definizionedelle specifiche di quelli non ancoraavviati.

Interno del VBL “Puma”

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Nel corso della Se-conda guerra mon-diale, le problemati-che relative alla mac-china trasmittente“Enigma” meritano unopportuno approfondi-mento. Intelligence eguerra elettronica sonocomplementari, perquesto motivo è neces-sario, per comprenderea fondo come ha ope-rato la guerra elettroni-ca, studiare anchel’evoluzione dei variservizi di informazione.Il modo migliore è par-tire dalla visione del-l’organizzazione mo-derna dell’intelligence,nata in Gran Bretagnaper necessità, a se-guito della difficoltà didecriptare i messagginemici tedeschi.Frederick Winterbotham,nel suo libro “Ultra Se-cret”, conclude i suoi pensieri, seppurdi parte, lasciando intendere e dimo-strando che senza l’intelligence laguerra non si sarebbe potuta vincere;la Germania era la più forte all’iniziodella Seconda guerra mondiale, il suopersonale era altamente preparato, isuoi Generali capacissimi e fedelissi-mi, le sue armi potentissime, l’unicomodo che gli inglesi avevano di vin-cere era quello di prevedere letteral-mente il futuro. Le comunicazioni na-ziste di un certo rilievo furono effet-tuate durante tutta la guerra attraver-so la riproduzione di una macchina ci-frante, denominata “Enigma”, scoper-ta dagli inglesi a insaputa del nemico.La macchina fu riprodotta nel 1939grazie a un operaio polacco che lavo-rò dove veniva costruita su larga sca-la e chiamata prima “Oracle”; prece-dentemente a quella data si era a co-

noscenza delle tra-smissioni tede-sche, ma nessunoera in grado di deci-frarle, non cono-scendo il cablaggiodell’apparato.Un esempio di stori-co successo di spio-naggio tecnico è av-venuto in Inghilterracon la sezione di de-codifica “40 OB” (Ro-om 40, Old Building).Non tutti sanno, in-fatti, che gli spetta-colari successi con-seguiti da Londra aBletchely Park du-rante la Secondaguerra mondiale neldecodificare la mac-china trasmittentetedesca “Enigma”,di cui parleremo lar-

gamente nelle pros-sime pagine, hannoorigine vent’anni pri-

ma nei lavori impostati dalla NavalIntelligence Division, diretta dall’Am-miraglio Reginald Hall.La loro più famosa intercettazione emessa in chiaro riguarda il telegram-ma Zimmerman in un quadro politico-militare in cui Londra cerca di convin-cere Washington a entrare in guerracontro la Germania nel Primo conflittomondiale. Il telegramma, inviato nelgennaio del 1917 dal Ministro degliesteri tedesco Zimmerman al suoambasciatore a Città del Messico,conteneva disposizioni per convince-re quelle autorità a schierarsi a favoredella Germania; in cambio Berlino sisarebbe impegnata a sostenere i re-clami del Messico per recuperaredagli Stati Uniti il Nuovo Messi-co e l’Arizona. Sapientementeutilizzato e pubblicato al mo-mento giusto, il telegramma

sconvolse l’opinione pubblica ameri-cana; infatti, qualche mese dopo,Washington dichiarò guerra alla Ger-mania. Il possesso di una macchinacifrante tedesca comportava di certoun vantaggio, che però si sarebbedovuto sfruttare nella maniera più in-telligente e segreta possibile. È cosìche fu creato l’Ufficio che trattava iprotocolli “Ultra”, presso il ServizioSegreto di Informazioni (SIS), inter-forze ma ad appannaggio principaledella RAF.Era classificato “Ultra” tutto ciò che ve-niva decriptato tramite la macchina“Enigma”; le informazioni potevano va-riare da rapportini giornalieri fino ad ar-rivare a messaggi personali di Goe-ring. Egli infatti si avvalse molto di“Enigma” durante la sua permanenzain Francia, ignaro di essere controllato.

A sinistraLa macchina “Enigma”

SottoFrederick Winterbotham

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LA GUERRA ELETTRONICALa macchina trasmittente

“Enigma”

4a partedi Claudio Beggiato

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Il mercato degli UAV (Unmanned Aerial Vehicle) è dominato dai grandi colossiamericani ed israeliani (dalla General Atomics alla IAI) che da tempo lavoranocon successo in questo campo. Americani ed israeliani, infatti, sono stati i pri-mi a impiegare su larga scala i velivoli non pilotati vuoi per questioni di neces-sità vuoi per questioni operative ed hanno conquistato negli anni un evidentegap rispetto all’industria della difesa europea ed italiana. Oggi, tuttavia, in Eu-ropa si stanno facendo progressi importanti, grazie a programmi quali il Neu-ron, per esempio, ma anche in Italia, sia nell’ambito del gruppo Finmeccanicache in altre aziende, ci si sta muovendo per recuperare uno storico gap e ripo-sizionarsi in vista di nuove opportunità.

L’ESPERIENZA DEL GRUPPO FINMECCANICA IN AMBITO UAV

In Italia il gruppo Finmeccanica sta portando avanti da anni importanti pro-getti in campo UAV sia con Alenia Aermacchi sia con Selex ES. La primaha legato la sua esperienza soprattutto a due progetti, entrambi di dimo-strazione tecnologica, e dunque non miranti alla realizzazione di prodottioperativi, quali lo “Sky-x” e lo “Sky-y”.Lo “Sky-x”, lanciato nel 2003 e testato in volo per la prima volta nel 2005, è sta-to il primo UAS (Unmanned Aerial Systems) proprietario europeo da oltre unatonnellata a volare in Europa. Nel complesso il dimostratore ha permesso dimettere a punto alcune importanti tecnologie per la control station e la gestionedei data link, e tecnologie di base in campo unmanned, ma anche tecnologierelative alla controllabilità fly-by-wire per un velivolo dotato di una configurazio-ne aerodinamica molto spinta caratterizzata da ala corta ed alta freccia.In parallelo allo “Sky-x” è partito anche il progetto “Sky-y”, nato dalla neces-sità per Alenia Aermacchi di entrare nel settore degli UAV da ricognizione esorveglianza. Infatti, lo Sky-y si caratterizza per essere un UAV MALE (Me-dium Altitude Long Endurance) per le attività ISR (Intelligence SurveillanceReconnaissance) e per questo è stato dotato di una struttura in compositi ingrado di garantire maggior persistenza, di un sensore di missione e di unasuite di data link con la quale garantire funzionalità di comando, controllo edi missione e una banda molto ampia per trasmettere immagini e video digrossa dimensione.Lo “Sky-y” è stato impiegato a lungo nell’ambito del progetto, finanziato dal-la Regione Piemonte e dall’UE, SMAT (Sistema di Monitoraggio Avanzatodel Territorio) che ha l’obiettivo di realizzare un si-stema di monitoraggio integrato del territorio tra-mite velivoli unmanned, coordinati e gestiti da sta-zioni di raccolta ed elaborazione dati che operanoa terra, in stretto contatto con enti territoriali, istitu-zionali e commerciali.Oltre che in SMAT, lo “Sky-y” è coinvolto in un altroimportante progetto, ovvero nel progetto europeo

MIDCAS (Mid air Collision Avoidan-ce System) per lo sviluppo di unatecnologia di sense and avoidanceper consentire ad un UAV di volarein spazi aerei non segregati, senzalimitazioni e restrizioni, e senza nes-suna interferenza con l’aviazione edil traffico civile. Il progetto, finanziatoin ambito EDA (European DefenceAgency), raggruppa 5 Paesi (Svezia,Italia, Spagna, Francia e Germania,con la Svezia come “lead nation”) edha un budget di 50 milioni di euro.Tecnicamente, MIDCAS prevede losviluppo di un sistema di Sense &Avoid, da integrare su una piattafor-ma non pilotata, nella fattispecie pro-prio lo “Sky-y”, dotato della capacitàdi identificare eventuali intruder oostacoli e di evitarli sia che questicooperino, ovvero abbiano il traspon-der e il TCAS (Traffic Collision Avoi-dance System), sia che non cooperi-no.

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Nel progetto europeodi dimostrazione tecnologica

è pesantemente coinvolta anchel'industria italiana

Il mock up del P.1HH Hammerheadesposto all’ultimo salone di IDEX ad Abu Dhabi

UAV: PROPOSTEE SOLUZIONI ITALIANE di Pietro Batacchi

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L’istituzione dello shogunato creò una situazione nuova a livello governa-tivo: in teoria il Bakufu posto in essere da Yoritomo avrebbe potuto sosti-tuirsi al Governo imperiale, ma ciò non avvenne. Si realizzò una sorta didualismo ed il Bakufu divenne un’alternativa alle autorità già esistenti. IMinamoto basavano la loro forza sulla delega che conferiva loro il Tenno,l’Imperatore, di cui lo Shogun non si considerava antagonista, ma un rap-presentante investito di poteri che col tempo divennero pressoché asso-luti, in ossequio tuttavia alle istituzioni già vigenti. Questo va collegatoanche al fatto che per i Minamoto la lotta contro i Taira era solo contro iTaira stessi e non per creare un governo indipendente, almeno in teoria,da Kyoto. È un elemento di cui si deve tener conto quando si considerala storia delle seguenti dinastie di Shogun, come anche di quelle asiati-che in senso più generale. I “nuovi Sovrani” cercarono sempre di legitti-mare il loro avvento con un riconoscimento ufficiale da parte delle più al-te istituzioni, in particolare quelle religiose. Si pensi ad esempio al fattoche i vari Emiri musulmani associavano la loro nomina “politica” a quella“religiosa”, che di fatto si compiva con la citazione del nome dell’Emirostesso da parte degli Imam, le autorità religiose, durante la preghiera delvenerdì. Per gli Shogun il riconoscimento da parte del Tenno servì sem-pre a vedersi tutelati contro rivolte future e per dare legittimità alla nuova

famiglia che prendeva il potere. Aciò si unì anche il fatto, in seguito,sia per gli Ashikaga che per i Toku-gawa, di appartenere a qualche ra-mo dei Minamoto che avevano isti-tuito proprio lo shogunato.Come si vede quest’ultimo si posecome un’istituzione che rispettavail mondo tradizionale, sebbene at-traverso nuove forme e organi. Ka-makura, centro della potenza Mi-namoto e sede del Bakufu , dasemplice villaggio di pescatori di-venne una città di una certa impor-tanza, ma non sottrasse mai com-pletamente il suo ruolo a Kyoto.

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I SAMURAI

LO SHOGUNATO MINAMOTOE LA REGGENZA HOJO

di Alessandro Fontana di Valsalina

2A PARTE

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Peritus et audax. Esperto e audace. Sangue freddo e serenità d’azione. Imper-turbabilità e concentrazione sia sotto il sole cocente che sotto la pioggia in-cessante. Lo spirito fermo del geniere si coglie negli occhi degli uomini e delle

donne che sono l’anima del reparto. Pronti all’azione durante uno dei tanti interventidel team EOD (Explosive Ordnance Disposal) per la neutralizzazione di una bom-ba d’aereo ritrovata casualmente. Sono gli uomini e le donne dell’11° Genio Gua-statori della Brigata Meccanizzata “Pinerolo”, al comando del Colonnello SergioMarrone, Unità di supporto diretto dotata di autonomia tattico-logistica in grado dioperare in stretta collaborazione con le altre armi in ogni condizione, sia in combat-timento che in Operazioni di Sostegno alla Pace (PSOs – Peace Support Opera-tions). I numeri degli interventi di bonifica occasionale su ordigni inesplosi ci raccon-tano di un’attività incessante per una competenza territoriale che si estende, sulversante adriatico, dalla provincia di Chieti al Salento e, sul versante tirrenico, dallaprovincia di Potenza a Reggio Calabria. 104 interventi di bonifica nel 2014, 124 nelprimo semestre del 2015 tra cui tre operazioni complesse su bombe d’aereo di250, 500 e 1000 libbre. 289 ordigni a caricamento incendiario – risalenti al secondoconflitto mondiale - ritrovati e neutralizzati dal 2009 a oggi nell’ambito dei lavori dibonifica del porto di Molfetta. Ancora, mobilità, contromobilità, protezione e suppor-to allo schieramento. Articolato su due compagnie guastatori, di cui una distaccatanella caserma “Manes” di Castrovillari, il reggimento di stanza a Foggia esprime,inoltre, la capacità ACRT (Advanced Combat engineer Reconnaissance Team –team avanzato per la ricognizione e il combattimento) e RCP (Route ClearancePackage – per la bonifica degli itinerari) rispondendo perfettamente ai principalicompiti demandati a un reggimento Guastatori. L’11°, grazie alla manifesta capaci-tà “dual-use” dell’Esercito Italiano (capacità di operare con le autorità civili a favoredella cittadinanza e quella operativa espressa nelle missioni internazionali) è in gra-do d’intervenire, in ogni momento, in tutto il territorio italiano a supporto della comu-nità nazionale, in interventi di pubblica utilità, in concorso alle attività di Polizia Giu-diziaria e nell’eventualità di pubbliche calamità come nel caso del terremoto del-l’Aquila del 2009 e dell’alluvione di Rossano Calabro nell’agosto di quest’anno.Precisione, affidabilità e concentrazione, una specialità, quella del Genio, dalle mol-teplici sfaccettature. Capacità, responsabilità e preparazione al rischio affrontati conla consapevolezza di chi si è a lungo preparato per fronteggiare ogni tipo di eve-nienza.

*Tenente, Ufficiale Addetto Pubblica Informazione11° Genio Guastatori

L’11° Genio Guastatori di Foggia

UN REGGIMENTOESPLOSIV

di Anna Lavacca

L’11° NELLA STORIA

Formato il 1° marzo 1928 su un battaglione zappatori-minatori, uno telegrafisti, uno teleferisti e tre colombaie, all’iniziodel secondo conflitto mondiale, l’11° Reggimento diviene centro di mobilitazione e tramite il deposito costituisce nu-merosi reparti delle varie specialità fino al settembre 1943 data del suo scioglimento a Udine. Il 1° novembre 1975 havita il 132° Battaglione Genio Pionieri “Livenza”, configuratosi per trasformazione del Battaglione Genio Pionieri“Ariete” e discendente dal CXXXII battaglione misto della Divisione “Ariete” di cui ne tramanda le tradizioni e riceve,quindi, la Bandiera dell’11° reggimento. Dal 1° agosto 1986 muta in 132° Battaglione Genio Guastatori “Livenza” e il1° aprile 1991 ritorna nella specialità Pionieri. Il 23 giugno 1993 il Battaglione è inquadrato nell’11° Reggimento GenioPionieri alle dipendenze del neo costituito Raggruppamento Genio. Nel 2000 al Reggimento è assegnato il compitodi “Isola Addestrativa” ovvero di centro addestramento per le attività peculiari del Genio. Il 13 novembre 2000 assumela configurazione di Reggimento Guastatori, cambiando denominazione in 11° Reggimento Genio Guastatori. Il 1° Di-cembre 2000 passa alle dipendenze della Brigata Corazzata “Pinerolo” e nel gennaio 2002 si sposta nella sede diFoggia. Albania, Libano e Afghanistan i Teatri operativi che hanno visto l’impiego del personale e dei mezzi del Reg-gimento. Diversi sono stati gli interventi di pubblica utilità sul territorio nazionale.

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L A S C U O L A D I M A R T EProposte per un insegnamento

integrato di Arte Operativa,Tattica e Storia Militare

nelle Scuole di Formazionedell’Esercito

di Giovanni Cerino Badone

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Insegnando, scrivendo e studiando Storia Militare vengo abitualmentedefinito uno Storico militare. Mi sono spesso domandato cosa questo si-gnificasse davvero, al di là del fatto che l’aggettivo militare implica co-

munque l’interesse per gli eventi bellici. Con il tempo ho potuto verificarequanto la Storia Militare attiri l’attenzione: il numero degli studenti che se-guono le mie lezioni di Storia Moderna raddoppia non appena inizia il corsomonografico dedicato alla materia. La Storia Militare vende bene. In moltiPaesi gli scaffali delle librerie sono colmi di volumi dedicati alla guerra, allecampagne, alle armi e alle uniformi. Anche il cinema ha scoperto che laguerra può essere un affare e film come “Black Hawk Down”, “Salvate ilSoldato Ryan”, “Flags of Our Fathers”, “Lettere da Iwo Jima”, hanno riscos-so grande successo di pubblico. Molte persone sono seriamente interessa-te all’argomento guerra, un tema che dopo la fine della Guerra Fredda è di-venuto sempre più rilevante piuttosto che essere posto tra le “cose” delpassato. Uno degli esponenti dei neo-conservatori statunitensi, Francis Fu-kuyama, sbagliò completamente quando, sull’entusiasmo della facile vittoria

sull’Iraq di Saddam Hussein, proclamò la “fine della storia” e l’inizio diun’era di diffusa democrazia con la scomparsa di qualsiasi guerra (1). Lagente ha vari motivi per appassionarsi all’argomento, ma la popolarità dellepubblicazioni dedicate alla guerra sembra spesso derivare soltanto dal fa-scino esercitato dagli aspetti più scenografici e truci: le esplosioni, la distru-zione, il combattimento, le uccisioni. Ecco perché la storia della guerra nonpuò essere lasciata agli entusiasti del mondo militare, agli amatori nell’ac-cezione più ampia del termine.

ALL’INIZIO ERA INTELLIGENCE

La storia militare ha sostanzialmente tre categorie di utenti: le persone inte-ressate a leggere di eventi bellici per svago o approfondimento culturale; iricercatori e i docenti universitari; i militari. Questi ultimi hanno tutto l’inte-resse di studiare la materia non tanto come una qualunque disciplina delcorso di laurea scelto, quanto come elemento qualificante del loro profiloprofessionale. Questo aspetto sembrerebbe ancora valido anche per l’Eser-cito Italiano che, attraverso l’Università degli Studi di Torino (nello specificola SUISS), prevede per la formazione dei giovani Ufficiali presso la Scuola

di Applicazione alcuni corsi di Storiadelle Istituzioni Militari. Ben lungi daqualsiasi intento critico, va però evi-denziato come l’approccio e le logi-che accademiche, confermate an-che dalla lettura dei programmi di-sponibili sul sito della SUISS, sem-brino focalizzati su un’idea di StoriaMilitare ben diversa dalla concezio-ne di disciplina indipendente a ca-rattere tecnico-operativo, privile-giando, invece, una visione più ge-neralista, tipica dell’insegnamentodella materia nell’ambito dei tradi-zionali corsi di Storia delle Universi-tà civili. Di contro, non va, invece,

dimenticato che la Storia Militare ènata nel XVII secolo, come elemen-to fondante dell’intelligence strate-gica, a supporto della ricerca edell’elaborazione sistematica e sta-tistica delle informazioni, finalizzateall’elaborazione di piani logistici eoperativi in rapporto ai possibili Tea-tri e ambienti di guerra.

La Battaglia di Lipsia del 1813

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Era un afoso venerdì di fine pri-mavera, il 15 giugno 1917.L’Esercito Italiano e quelli del-

le potenze alleate venivano consa-crati al Sacro Cuore di Gesù. Giàdue anni prima, il 10 gennaio del‘15, Benedetto XV aveva rinnovatola consacrazione del “genere uma-no”, voluta da Leone XIII quindicianni prima. Adesso toccava all’Eser-cito e la guerra diventava “santa”,ammantata da un alone di sacralità.La consacrazione era considerataun’inevitabile forma di controllo daparte della Chiesa nei confronti dimilioni di soldati che già dall’iniziodel conflitto si erano abbandonati apratiche religiose, superstizione e ritiscaramantici che adesso dovevanonecessariamente essere monitoratie regolamentati in base ai dettamidell’autentica cristianità, evitandosincretismi, credenze popolari e pra-tiche devozionali estranee alla dottri-na cattolica. Questa iniziativa fu pro-mossa da padre Agostino Gemelli eserviva, oltre a disciplinare l’aspetto

religioso, a indottrinare militarmente ed esercitare, tramite apposite tecnichedi propaganda psico-motivazionale, i soldati.La guerra si trasformava in una crociata, il soldato diveniva un guerriero lacui morte equivaleva a un martirio. Era il novello santo da commemorare equesta dinamica diveniva di grande importanza anche per aumentare il con-senso dell’opinione pubblica. Questo mito popolare avrebbe riscosso note-vole successo e si sarebbe ulteriormente confermato nel periodo post belli-co con l’edificazione dei monumenti alla memoria e le celebrazioni che sisarebbero tenute nei Paesi vincitori.L’inserimento della Santa Sede nelle dinamiche del Regio Esercito suscitòalcune critiche perché – bisogna tenerlo presente – l’Italia risorgimentaleera nata nel solco di un forte laicismo e in un clima di diffuso anticlericalismoil cui acme si era raggiunto in occasione dei festeggiamenti e delle celebra-

zioni della presa di Roma (20 set-tembre 1870). Pio IX si era dichiara-to “prigioniero politico” e allo scop-pio della guerra la “questione roma-na” era ben lungi dall’essere risolta.L’Esercito, come del resto le ForzeArmate, rispecchiava parzialmentequesta antitesi e, seppure i soldatimanifestavano inevitabilmente unospiccato senso religioso, parte deivertici avrebbe preferito mantenereufficialmente le distanze dalla Chie-sa. I cappellani infatti tra il 1865 e il1878 erano stati gradualmenteesentati dal servizio militare e que-sta figura era stata mantenuta sol-tanto in alcuni ospedali territoriali.Per quanto riguarda il tempo diguerra, nessuna disposizione con-templava i “ministri del culto” fra letruppe combattenti. In tempo di pa-ce invece, sia gli appartenenti al cle-ro secolare che a quello religiosodovevano adempiere la leva militarecome ogni cittadino, senza distinzio-ni di ruolo o di trattamento. I pretierano soldati semplici e non cappel-lani col grado di Ufficiale.Il Capo del Corpo di Stato MaggioreCadorna, con una circolare del 12aprile 1915, stabilì l’assegnazionedel cappellano militare a ogni reggi-mento. La decisione, presa autono-mamente e senza accordi preventivicon la Chiesa, aveva probabilmentel’obiettivo di ingraziarsi l’universocattolico e creare spirito di coesionee disciplina proprio su questa comu-ne base religiosa. Tuttavia è neces- sario puntualizzare che i cappellaninon erano soltanto cattolici, ma an-che la Chiesa evangelica valdeseraggiunse ben presto un accordocol Comando supremo e nominò ipropri cappellani.

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Dio lo vuole!

RELIGIOSITÀE SUPERSTIZIONE

NELLA GRANDE GUERRA

Capitano cappellano militare

di Antonello Folco Biagini Antonello Battaglia

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Il carbonio in lega col ferro, in opportune proporzioni che non devono su-perare il 2%, esalta la durezza del metallo e lo trasforma in acciaio, legatalmente indispensabile in ogni produzione da far ritenere che senza il

suo apporto non sarebbe stata possibile la Rivoluzione Industriale. Tra lesue più vistose peculiarità, oltre alla superiore durezza rispetto al ferro, vi èla flessibilità, una sorta di memoria che gli consente di tornare alla configu-razione originaria dopo aver subito una deformazione per una qualsiasi sol-lecitazione; peculiarità che fu sfruttata al massimo nelle lame d’età classicae, in seguito, nelle innumerevoli tipologie di molle. Disgraziatamente l’accia-io, al pari del ferro, è facilmente soggetto alla corrosione, che si manifestainizialmente con un sottile strato di ossido, comunemente definito ruggine,capace col tempo di aggredire il metallo sempre più profondamente sino adisgregarlo del tutto.

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di Flavio Russo

A destraFormazione di ruggine su unaspessa catena

SottoRigature dell’anima di un cannoneda 105 mm

Sotto a destraSpada celtica del I secolo a.C. conuna leggerissima patina acciaiosa

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L’alimentazione militare, meglio conosciuta con il termine di vetto-vagliamento (dal latino victualia: viveri, alimenti), è una funzionelogistica che sin dagli albori della storia è stata fondamentale per

il successo delle operazioni militari.Il vettovagliamento soddisfa esigenze logistiche, esprimendo la ca-pacità organizzativa di fornire “il vitto giusto nel posto giusto al mo-mento giusto”; esigenze sanitarie, mediante la salvaguardia dei principi igie-nico-nutritivi; esigenze di benessere, mirando a fornire, grazie a un’alimen-tazione sana, equilibrata e gradevole, un valido supporto morale a chi ope-ra in condizioni operative stressanti. In alcune circostanze il vettovaglia-mento svolge anche una funzione pedagogica e sociale. Nel corso dellaGrande Guerra ad esempio, l’alimentazione nell’Esercito Italiano ha contri-buito a integrare le abitudini alimentari dei giovani coscritti provenienti dallevarie località della penisola, introducendo, al tempo stesso, gli alimenti tipicidel mondo militare (scatolette di carne, gallette, cioccolato, ecc.) negli usiquotidiani dell’intera popolazione nazionale.La Prima guerra mondiale, in termini di logistica dei viveri, fu contraddistintada un elevato grado di onerosità, sia per l’ampiezza e la conformazioneorografica del fronte, sia per l’elevato numero di combattenti da sostenere.

Soldato di Sanità mentre consumail rancio (USSME)

SottoPanificio militare con forni rotabiliippotrainati Weiss. Questo tipo diforno a regime forniva 2.000 por-zioni di pane in 24 ore (USSME)

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LA LOGISTICA DEI VIVERIDELL’ESERCITO ITALIANONELLA GRANDE GUERRA

di Stefano Rega

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“SUPERARONO DIFFICOLTÀ CHESEMBRAVANO INSUPERABILI”

Il 16 aprile del 1916, con un’azio-ne da tempo pianificata, affron-tando “difficoltà che sembravano

insuperabili” (1), le truppe italianeoccupano finalmente il Passo dellaSentinella in Region Popera, nell’Al-to Cadore. Tra i reparti che prendo-no parte all’operazione, il “RepartoScalatori di Crode” (2) ha un ruolofondamentale. Costituito da meno ditre settimane (3), è formato da ele-menti scelti tratti dai battaglioni alpi-ni “Cadore” (68a compagnia) e “Fe-nestrelle” (28a compagnia), dalla 24a

compagnia genio e dalla compagnia“Volontari alpini del Cadore”.Tra i documenti dell’archivio del prof.Antonio Berti (4), conservati dalla Bi-blioteca storica cadorina di Vigo diCadore, è presente un documentoche Italo Lunelli (5) inviò, alla finedegli anni Venti, allo stesso Berti, co-me contributo per il libro “La Guerrain Cadore”. Soltanto una parte delmanoscritto è stata poi effettivamen-te utilizzata dall’autore, mentre alcu-ne cartelle, dedicate esclusivamenteal “Reparto Scalatori di Crode”, so-no, ad oggi, ancora inedite.

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Il primo reparto d’assalto d’alta montagna

dell’Esercito Italiano

di Franco Del Favero

IL REPARTOSCALATORI DI CRODE

Quadro realizzato dal pittore vercellese Edgardo Rossaro raffigurante ilS.Ten. Italo Lunelli impegnato nell’azione sul Pianoro del Dito, Passo della

Sentinella, nella notte sul 16 aprile 1916. L’originale è conservato presso il Museodel 7° reggimento alpini (Archivio privato Edda Lunelli, Roma)

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Piazza Dante gremita, in un mese di settembre baciato dal sole. Oltre 1.800partecipanti per una città che si tinge di cremisi. Passo di corsa e piume alvento. Bambini, adulti, sportivi e professionisti, tutti insieme per una due gior-

ni casertana all’insegna dello sport. Istituita nel 1991, la Flik Flok è la manifestazio-ne podistica organizzata dalla Brigata bersaglieri “Garibaldi”, rappresentata dal-l’Associazione Sportiva Dilettantistica Esercito “Gruppo sportivo Garibaldi”, checonserva e consegna alle giovani generazioni le tradizioni di una Specialità nata“di corsa”. Concepita in qualità di gara prettamente militare, vi partecipavano i plo-toni dei reparti della Brigata con l’obiettivo di riuscire a percorrere la distanza diquindici chilometri nel minor tempo possibile. Da tradizione militare a evento spor-tivo esteso al mondo civile, al punto che l’edizione 2015 è stata inserita nell’ambitodelle manifestazioni FIDAL nazionali, assumendo anche la connotazione di “HalfMarathon” aperta ai cittadini italiani professionisti con l’inserimento nelle gare della21 chilometri. La XVIFlik Flok, oltre alla 21 e alla 10 chilometri agonistiche, ha vi-sto lo svolgimento di ulteriori due percorsi a difficoltà ridotta per appassionati ebambini: la 5 chilometri amatoriale e i 1.000 metri da percorrere con “mamma, pa-pà eÿfido”. Nel corso della due giorni particolare interesse, curiosità e attrazioneha suscitato nei presenti il “villaggio cremisi” allestito in Piazza Vanvitelli. Dimostra-zioni sportive di arti marziali e difesa personale, esibizioni musicali, tra cui il con-certo della Fanfara dell’8° reggimento bersaglieri, rappresentanze artistiche degliistituti scolastici del territorio e l’info point EI hanno animato la piazza color cremisi.Un modo per sensibilizzare e coinvolgere anche le famiglie e avvicinarle al mondodell’Esercito in generale e, in particolare, a quello della Brigata bersaglieri “Gari-baldi”, inserita da sempre nel tessuto sociale casertano e a cui la cittadinanzastessa mostra particolare attaccamento. Una manifestazione che ha consentitoun contatto diretto con lo spirito bersaglieresco e le Tradizioni militari che lo ac-compagnano fin dalla fondazione del Corpo. Un importante momento di aggrega-zione tra arte e cultura dello sport, un modo nuovo di osservare la città da unaprospettiva diversa, quella privilegiata del “passo di corsa”.

NON TUTTI SANNO CHE...FLIK FLOK

Il nome dato all’iniziativa trae ori-gine dall’inno dei bersaglieri,composto da Luigi Hertel e arran-giato nel testo attuale dal maestroCuconato nel 1886, sulle paroledel poeta Gastaldi. La fortunata econosciuta canzone che dà il viaalla gara ha il potere di evocareimmediatamente l’immagine delbersagliere nel suo scatto atleticoincitando i partecipanti alla corsae all’amichevole competizione.

SottoLa fanfara dell’8°Reggimento Ber-saglieri scandisce il passo

In basso a destraL’arrivo della 1.000 metri aperta afamiglie e bambini

In basso a sinistraLa partenza delle gare di 21, 10 e5 chilometri

19-20 settembre 2015Un giorno di corsa tra storia, arte e cultura

FLIKFLOKXVI

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Nell’ambito delle celebrazioni per il centenario della Pri-ma guerra mondiale, sono il Piave, l’Isonzo, le batta-glie degli Altipiani, la disfatta di Caporetto e il successi-

vo agognato trionfo a Vittorio Veneto, i luoghi e gli eventi checatalizzano in modo quasi esclusivo l’attenzione del grandepubblico. Un interesse giustificato dall’immane tributo di san-gue pagato dall’Esercito su quei fronti e dal fatto che, per l’Ita-lia, la Grande Guerra ebbe una dimensione quasi unicamentenazionale. Da un lato, infatti, la presenza di soldati italiani al difuori dei nostri confini fu estremamente circoscritta, dall’altro,il Primo conflitto mondiale fu largamente vissuto come l’episo-dio conclusivo del Risorgimento che suggellò, con la “libera-zione” delle terre irredente di Trento e Trieste, il processo diunificazione nazionale.Eppure, benché pochi lo ricordino e poco numerosi sianogli studi condotti su questo argomento, la Forza Armata fuimpegnata anche al di fuori del Teatro italo-austriaco. Inparticolare, tra l’aprile e il novembre del 1918, un impor-tante Corpo di Spedizione italiano fu inviato in Francia do-ve, nel corso delle sanguinose Operazioni che caratteriz-zarono l’ultima fase della Grande Guerra, seppe dare prova di straordi-nario eroismo, meritando il plauso dei vertici militari francesi e l’ammi-razione del nemico.Mi riferisco al II Corpo d’Armata Italiano del Generale Albricci che, inviato intutta fretta sul fronte occidentale per concorrere ad arginare la pericolosaoffensiva scatenata dagli Imperi Centrali nella primavera del 1918, scrissein quel frangente una delle più belle pagine della nostra storia militare.Nel corso di circa 200 giorni di cruenta campagna, combattendo in condi-zioni spesso disperate, le nostre truppe difesero infatti, con straordinario ac-canimento, il settore loro assegnato, prima nella regione delle Argonne,quindi sul fiume Ardre, infine sull’Aisne. In particolare, nel luglio 1918, sbar-rando a prezzo di ingentissime perdite la strada per Epernay (1) al nemico,il II Corpo d’Armata concorse a evitare l’accerchiamento della 5a Armatafrancese e fornì in tal modo un contributo di assoluto rilievo alla vittoria al-leata nella seconda battaglia della Marna.Emblema di quella campagna è un piccolo villaggio della Champagne de-nominato Bligny, teatro degli scontri più violenti e oggi sede del più grandecimitero italiano d’Oltralpe, nel quale riposano i circa 5.000 nostri militari ca-duti in terra di Francia.A quasi cent’anni di distanza da quei fatti d’armi, questo breve articolo sipone come obiettivo quello di onorare il ricordo dei soldati italiani del II Cor-po d’Armata che, dopo la dura sconfitta patita a Caporetto, grazie al loro co-raggioso operato e a prezzo di immani sacrifici, contribuirono a risollevare ilprestigio del nostro Esercito oltralpe. Un’impresa che meritò loro l’appellati-vo di “eroi di Bligny” e che, unitamente al Piave, all’Isonzo e a Vittorio Vene-to, eleva anche questo piccolo villaggio della Champagne al rango di luogosimbolo dell’impegno militare italiano nella Prima guerra mondiale.

LA DECISIONE DI INVIARE IL IICORPO D’ARMATA IN FRANCIA

La decisione di inviare un contin-gente italiano in Francia, presa dalnostro Governo nella primavera del1918, va innanzitutto ascritta allavolontà di reciprocare l’aiuto rice-vuto da Londra e Parigi in occasio-ne della sconfitta di Caporetto. Nel-le settimane successive allo sfon-damento delle nostre linee, al finedi contribuire ad arginare l’avanza-ta austro-tedesca che era parsa ini-zialmente inarrestabile, gli Alleatiavevano infatti inviato in Italia ben11 Divisioni, di cui 6 francesi e 5britanniche.

Targa commemorativa della ceri-monia con cui, il 27 luglio 1919, fuconcessa una serie di onorificenzeai reggimenti francesi, britannici eitaliani che avevano partecipatoalla difesa di Epernay

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IL CORPO D’ARMATAITALIANO (CAI)

IN FRANCIA NEL 1918

GLI EROI DI BLIGNY

di Manuel Solastri

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CONDIZIONE MILITARE E DIRITTI COSTITUZIONALI

LA TUTELA DEGLI INTERESSI DEL PERSONALEIN UNIFORME

di Massimo Ciampi*LA CONDIZIONE MILITARE E I DIRITTI COSTITUZIONALI

Quando si parla di condizione militare si fa riferimento a una situazione ati-pica che caratterizza un insieme di liberi cittadini, quali sono i militari. Que-sti risultano soggetti (non certo con intenti punitivi ma per evidenti ragionifunzionali) a un complesso di obblighi e limitazioni del tutto peculiari, tali dacomportare addirittura un “affievolimento” di alcuni diritti costituzionali, co-me peraltro si evince con chiarezza dalla formulazione dell’art. 1465 (1) delD. lgs n. 66/2010 “Codice dell’ordinamento militare” e, ad esempio, dallalettura del successivo art. 1475 (2).In sostanza, per il personale militare, il legislatore ha delineato, nel tempo,un quadro normativo speciale, individuando doveri e vincoli precisi – nonriferibili ad altre realtà – al cui mancato rispetto corrispondono sanzioni di-sciplinari, di corpo e di stato, e fattispecie di reato anch’esse assolu-tamente particolari.

Lo status di militare

La condizione militare di-scende quindi da uno sta-tus che rappresenta unasorta di “eccezione” o

meglio una specificitànel panorama

giuridico ec o m -

porta riflessi sul piano sociale. Acomporre tale complesso ordina-mento concorre un’articolata varie-tà di prescrizioni che per semplicitàdi trattazione possono essere sud-divise in due categorie: quelle pro-priamente riferite allo stato giuridi-co e quelle relative, in senso gene-rale, alla disciplina militare. Lo sta-to giuridico può essere definito co-me il complesso dei diritti e dei do-veri attinenti al grado. Tra gli aspet-ti degni di nota appare il caso di

evidenziare:• l’incompatibilità del-

la professione militarecon l’esercizio di ogni al-tra professione;• i l possesso dicondizioni fisiche talida risultare idonei alservizio militare incon-dizionato per poterprestare servizio ovun-que;

• la continua valuta-zione da parte della cate-na gerarchica, sotto ilprofilo morale, caratte-riale, intellettuale e tec-nico-professionale, conconseguenti possibili-tà di essere collocatiin congedo in caso

di insufficienzaqualità.

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Per quanto concerne invece le limitazioniche, in armonia con i principi costituzionali,vengono imposte ai militari rispetto agli altricittadini italiani, assumono particolare rilievo:

• il divieto di partecipazione a riunioni e mani-festazioni politiche e di svolgere propagandapolitica nel corso di attività di servizio, in luo-ghi destinati al servizio, in uniforme o qualifi-candosi come militari;

• il divieto di scioperare e di costituire associa-zioni professionali a carattere sindacale oaderire ad associazioni sindacali già esistenti;

• i “paletti” posti in merito al diritto di riunione,di associazione, di pubblica manifestazionedel pensiero, di allontanamento dalla localitàdi servizio e di espatrio.

La disciplina militare

Per quanto attiene invece alla disciplina militare, la stessa potrebbe definirsicome l’osservanza consapevole delle norme afferenti allo stato di militare,in relazione ai compiti istituzionali delle Forze Armate, dalla quale derivanovincoli quali:• l’osservanza, per tutto il periodo in cui si presta servizio attivo, delle nor-

me efferenti alla disciplina militare, la cui violazione comporta sanzioni digravità crescente. In concreto, questo significa che i militari sono tenuti,tra l’altro, a:•• l’assoluto dovere di obbedienza, nei limiti posti dalla legge e nell’ambi-

to del rapporto di subordinazione gerarchica;•• l’impegno senza riserve e, se necessario, fino al sacrificio della vita

per l’assolvimento dei compiti istituzionali ovvero per la salvaguardiadei valori che hanno giurato di difendere;

•• un comportamento irreprensibile e tale da fungere da esempio, anchefuori dal servizio;

•• il dovere dell’iniziativa, in assenza di specifici ordini;•• indossare l’uniforme, quando e come prescritto;•• mantenere un aspetto esteriore decoroso;•• la tutela del segreto ed il riserbo sulle questioni militari.

Questa elencazione, necessariamente sintetica, non è di per sé sufficientea delineare completamente lo status o meglio la condizione militare; bastipensare, ad esempio, alle problematiche connesse con la soggezione deimilitari a sanzioni disciplinari specifiche o alle questioni relative all’applica-zione dei codici penali ad hoc, differenziati a seconda che ci si trovi in statodi pace o di guerra.

Prerogative sindacali e diritto di sciopero per i militari. Dottrina e giuri-sprudenza

A sostegno delle tesi che nega l’associazionismo sindacale e il diritto disciopero, la dottrina ha sempre sostenuto che la lettura degli articoli 39 (3)e 40 della Costituzione (4) deve porsi necessariamente in relazione agli altridiritti ugualmente o maggiormente protetti a livello costituzionale, posti perla salvaguardia dello Stato. Ciò, in applicazione del principio non scritto inbase al quale non si può andare contro altri beni costituzionalmente tutelati,quali la pubblica sicurezza interna ed esterna, l’incolumità ed integrità dellavita e della personalità dei singoli nonché dei loro beni patrimoniali. In talsenso, è stato sostenuto che la particolare funzione svolta dalle Forze Ar-mate, cioè la difesa della Patria, deve essere garantita con carattere di con-tinuità che non permette “pause e cessazioni” del servizio. Pertanto, que-st’ultima, abbisogna di tutela maggiore rispetto a tutti gli altri diritti/beni pari-menti garantiti dalla Costituzione.Uno dei primi eventi giurisprudenziali rilevanti a riguardo dell’argomento chesi analizza, a sostegno cioè dell’inapplicabilità del diritto di organizzazionesindacale alla pubblica sicurezza, estendibile per analogia alla categoria in

esame, è la sentenza del Consigliodi Stato 4 febbraio 1966, n. 5.In detta sentenza si dichiarava cheal personale civile e militare dellapolizia, per il quale c’era stato uncammino comune con quello delleForze Armate (almeno fino alla smi-litarizzazione, di cui si dirà in segui-to) era considerata vietata l’apparte-nenza ad associazioni sindacali, inragione delle caratteristiche di politi-cità che ogni associazione di questotipo tende ad assumere nella sua at-tività operativa. Ciò veniva ammes-so in ragione dell’applicazione del-l’articolo 98 della Costituzione (5)comma 3 al caso di specie, effet-tuandosi cioè una assimilazione delsindacato ad un partito politico (6).A far chiarezza comunque sull’im-possibilità per i militari di vedersi ri-conosciuti i diritti di cui all’articolo39 della Costituzione, è intervenutala Corte Costituzionale con la sen-tenza n. 449 del 1999, nei cui con-fronti il Consiglio di Stato aveva sol-levato questione di legittimità del-l’articolo 8, primo comma, della leg-ge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme diprincipio sulla disciplina militare) inrelazione agli articoli 3 (7), 52 (8),terzo comma, e 39 della Costituzio-ne, nella parte in cui vieta agli ap-partenenti alle Forze Armate di co-stituire associazioni professionali acarattere sindacale e, comunque diaderire ad altri sindacati esistenti.La questione non fu ritenuta fondatadalla suprema Corte nella conside-razione che le Forze Armate si di-stinguono dalle altre strutture stataliper esigenze di organizzazione,unione interna e massima operativi-tà. Fu sottolineato peraltro che:• dichiarare illegittimo l’articolo 8

della legge n. 382 del 1978 avreb-be inevitabilmente aperto la via a

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organizzazioni la cui attività sarebbe potuta risultare noncompatibile con i caratteri di coesione interna e neutralitàdell’ordinamento militare;

• non potevano essere equiparate tout court Forze Armate eForze di Polizia: in tal senso, pertanto, l’avvenuto riconosci-mento della libertà sindacale a favore di quest’ultime nonpoteva che mettersi in stretta relazione con la loro interve-nuta smilitarizzazione (9) che, evidentemente, determinavasignificative differenze rispetto alle Forze Armate.

LA TUTELA DEGLI INTERESSI COLLETTIVI DEL PERSO-NALE MILITARE

Sorto e sviluppatosi agli inizi del secolo scorso nei Paesiscandinavi, dove sono nate anche le prime esperienze di de-mocrazia industriale, il fenomeno rappresentativo del personale militare èstato dapprima considerato un fatto privato, tollerato dallo Stato, pur conqualche contrasto iniziale, nel quadro generale delle ampie libertà garantiteda quei sistemi di democrazia avanzata. Soltanto in un secondo tempo gliorganismi sindacali del personale militare hanno cominciato a essere rego-lamentati e riconosciuti, in maniera non dissimile dagli altri sindacati di cate-goria, seppur con talune differenze.Questo processo, nei Paesi scandinavi, è stato graduale e può considerarsicompletato più o meno all’epoca della Seconda guerra mondiale. Nellostesso periodo storico, la caduta dei regimi totalitari e la conseguente am-pia democratizzazione dell’Europa Occidentale, la scomparsa della funzio-ne garantistica che alcune forme di governo o regimi esercitavano nei con-fronti dei professionisti “in uniforme”, come anche la generale smilitarizza-zione delle singole società nazionali, hanno allargato il problema rappre-sentativo più o meno in tutti i Paesi europei ove era possibile la liberaespressione delle esigenze e delle volontà dei cittadini.

Il mutamento sociale della condizione militare

Alcuni autori del mondo accademico sostengono che l’Istituzione militaresia stata interessata, a partire dalla fine del secondo conflitto bellico, da ungeneralizzato e continuo scadimento del livello di vita, combinato con latendenza generale verso un nuovo tipo di relazioni tra superiore ed subordi-nati, che ha determinato la nascita di nuove aspettative tra il personale. Ciòanche nell’ottica dell’evoluzione subita dai rapporti di lavoro nelle societàoccidentali, caratterizzata da una maggiore partecipazione dei cittadini allatutela dei propri interessi e dal graduale passaggio dai rapporti di lavoro in-dividuale a quelli collettivi. Un ulteriore aspetto del cambiamento viene indi-viduato da altri studiosi nella mutata estrazione sociale degli Ufficiali, prove-nienti in misura sempre maggiore da quelle classi o ceti sociali già abituatialla sindacalizzazione. Ci sarebbe stato dunque un cambiamento socialeche, prescindendo dai cambiamenti istituzionali, avrebbe mutato gli equilibripreesistenti e fatto scomparire i sistemi precedenti di tutela, producendoquindi nuove istanze anche in ambito militare.Nonostante il quadro di generalizzata “convergenza” tra Istituzione militaree società civile in atto, che ha profondamente avvicinato i due ambienti divita e di lavoro, la spinta alla negoziazione sindacale delle Forze Armate siè sviluppata, tuttavia, in un clima di sostanziali opposizioni.

La nascita della rappresentanza militare in Italia

Verso la metà degli anni ’70 del secolo scorso, si aprì in Parlamento un am-pio dibattito politico sul tema del riconoscimento di taluni diritti essenziali (civi-li, politici e sindacali) dei militari e sulle ragioni che giustificano le particolari li-mitazioni opponibili all’esercizio di tali diritti, con specifico riferimento anche alfondamento giuridico dell’assoggettamento dei militari al regolamento di disci-plina militare.Uno dei punti centrali e più qualificanti del dibattito era costituito, comun-

que, dalla ricerca della soluzione dadare al problema della tutela degliinteressi collettivi del personale,considerando che all’epoca qualsia-si espressione collettiva del pensie-ro era vietata proprio dal regola-mento di disciplina militare e, in pre-senza di altri elementi, era perse-guita come reato militare.Così come in altri Paesi, anche inItalia il primo tentativo di tutelare gliinteressi del personale di che tratta-si venne effettuato da associazioniprofessionali di categoria, costituitenegli anni ’50 del secolo scorso ecomposte però esclusivamente dapersonale in congedo (10).Preso atto di tale situazione (11)anche il Parlamento, nel 1970,aveva sottolineato (12) il disagiodel personale militare che, nonpossedendo un proprio sindacato,non aveva modo di sostenere edifendere le proprie esigenze ri-vendicative: ciò poneva la catego-ria in una posizione di relativa in-feriorità che il Parlamento, nellasua sensibilità politica, avrebbedovuto colmare.Il primo disegno di legge presentatodal Governo (n. 407/1976 a firmadell’Onorevole Lattanzio, all’epocaMinistro della Difesa) unitamente adanaloghe proposte presentate dadue rappresentanti dell’opposizione(n. 526/1976 e n. 625/1976) (13) ve-niva portato all’esame della Com-missione Difesa della Camera deiDeputati, nel mese di ottobre 1976.Tale iniziativa governativa contem-plava per la prima volta organi dirappresentanza interni all’Istituzionemilitare che, sebbene atipici rispettoalle altre soluzioni europee, sem-bravano ispirarsi, in senso lato, almodello francese, differenziandosiper quanto attiene all’elezione deimembri dei consigli di rappresen-

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tanza mediante il sistema dell’elezione in tre stadi, in luogo del sorteggio.Il dibattito parlamentare si concentrò soprattutto sul divieto d’iscrizione delpersonale militare ai sindacati e vide la medesima posizione in seno ai par-titi sia della maggioranza che dell’opposizione che, in linea di massima, lamantennero anche nelle votazioni sulla legge. Quest’ultima fu approvata, invia definitiva, il 21 giugno del 1978 con il voto favorevole di comunisti, de-mocristiani, liberali, repubblicani, socialdemocratici e quello contrario di co-stituente di destra, demoproletari, missini e radicali. La legge divenne ese-cutiva l’11 luglio 1978 con il numero 382 recante “Norme di principio sulladisciplina militare” (14).

LA RAPPRESENTANZA MILITARE

Principi contenuti nella legge n. 382 del 1978

L’associazione sindacale tra i militari è oggi consentita nella maggior parte deiPaesi europei, due dei quali (Austria e Svizzera) ammettono anche lo sciopero.Il legislatore italiano del 1978, come si è più volte fatto rilevare, ha optatoper il divieto ai militari di organizzarsi sindacalmente. Gli inte-ressi collettivi della categoria trovano pertanto espres-sione in un sistema istituzionale, interno, di organicollegiali elettivi (15).Essi sono il Consiglio Centrale di rappresen-tanza (COCER), a carattere nazionale; iConsigli intermedi (COIR), costituiti pres-so gli Alti comandi; i Consigli di base, co-stituiti presso le unità a livello minimocompatibile con le strutture di ciascunaForza Armata o Corpo Armato. Sonopreviste alcune garanzie (16) a favoredei componenti degli organi di rappre-sentanza nell’esercizio del mandato,anche se, complessivamente, le stessenon appaiono in alcun caso confrontabi-li con le previsioni riferibili a rappresen-tanti sindacali.La legge infatti stabilisce precisi limiti per gliatti e le competenze (17) della rappresentanzanonché per i rapporti dell’organo centrale con ilvertice politico (18). Altre limitazioni sono posteall’attività esterna degli organi di rappresentanza (19).L’orizzonte operativo degli organismi in questione è peral-tro definito anche sotto il profilo finanziario tant’è che le spese per il funzio-namento degli organismi gravano interamente sul bilancio del Ministero del-la Difesa (20).La normativa sulla rappresentanza si completò con l’emanazione di un re-golamento di attuazione, previsto dall’art. 20 della legge n. 382, emanatocon D.P.R. 4 novembre 1979, n. 691 e con titolo “Regolamento di attuazio-ne della Rappresentanza Militare” (RARM) (21).

L’ampliamento dei “poteri” della Rappresentanza Militare e le iniziativeall’esame del Parlamento

Nel corso degli oltre 36 anni di vita della Rappresentanza Militare non po-che sono le innovazioni normative che sono state introdotte per migliorare ilsuo funzionamento. Tra queste, appaiono degne di nota:• l’ampliamento della facoltà di comunicazione esterna con gli organi di

stampa (limitatamente ai delegati del COCER, come sancito dall’art. 3 delD.P.R. n. 520 del 1992, oggi confluito nel D.P.R. n. 90/2010);

• l’intervento del COCER nell’ambito delle procedure per la definizione delcontenuto del rapporto di lavoro (cosiddetta “concertazione”, introdotta daldecreto legislativo n. 195 del 1995);

• la possibilità di rielezione dei delegati (inizialmente non prevista e ap-

portata solo nel 2005 con l’art 8-ter del decreto-legge n. 4/2005),con conseguente parziale “pro-fessionalizzazione” della lorofunzione;

• l’attribuzione del potere “negoziale”in materia di regolamentazione deltrattamento economico (art. 19,comma 3, legge n. 183/2010).Quest’ultima, in sintesi, statuisceche il COCER partecipa, in rappre-sentanza del personale militare, al-le attività negoziali e, a sua volta,prevede il riconoscimento della“specificità del ruolo” delle ForzeArmate e di polizia. Ne discende,per implicito, che può essere so-stenuta la necessità di mutare da“concertazione” a “negoziazione” lanatura giuridica delle trattative per

la stipula dei “contratti”.Questi cambiamenti hanno

ingenerato – sia nel CO-CER che anche nei

militari rappresentati– aspettative diuna più forte par-tecipazione e in-cisività nonchéconsapevolez-za dei delegaticirca il proprioruolo. In talsenso sono di-verse le propo-

ste di legge pre-sentate durante

le precedenti legi-slature (la cui tratta-

zione non si è maiconclusa). Anche in quel-

la attuale, il Parlamento si èfatto carico di procedere alla rivi-

sitazione dell’Istituto di che trattasi ein questa direzione vanno le 7 pro-poste di legge fin qui presentate:• AC n. 1963 a firma dell’On. Scanu

e altri;• AC n. 1993 a firma dell’On. Du-

ranti e altri;• AC n. 2097 a firma dell’On.

D’Arienzo;• AC n. 2591 a firma dell’On. Corda

e altri;• AC n. 2609 a firma dell’On. Cirielli

e altri;• AC n. 2679 novies d’iniziativa go-

vernativa (trattasi dei commi daln. 16 al n. 20 dell’art. 21 del dise-gno di legge AC n. 2679);

• AC n. 2748 a firma degli On. Pe-trenga e Antonio Martino;

• AC n. 2776 a firma dell’On. Pal-mizio.

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Le prospettive future

Avuto riguardo al quadro di situazione in esame, appare il caso di fare uncenno alle recenti sentenze adottate dalla Corte Europea dei diritti del-l’uomo del 2 ottobre 2014 “Matelly vs Francia” (ricorso n. 10609/10) e“ADEFDROMIL (Association de Défense des Droits des Militaires) vsFrancia” (ricorso n. 32191/09), relative al divieto assoluto di costituire sin-dacati all’interno delle Forze Armate francesi. Con tali pronunce la CorteEuropea ritenendo che vi erano state violazioni dell’articolo 11 (libertà diriunione e di associazione) della Convenzione europea dei diritti dell’uo-mo e, in particolare, che mentre l’esercizio del diritto di libertà di associa-zione da parte del personale militare potrebbe essere soggetto a restri-zioni legittime, un divieto generale di formare o aderire ad un sindacatousurpa l’essenza stessa di questa libertà ed è quindi vietato dalla Con-venzione, ha chiesto alla Francia di procedere a rimuovere gli ostacoliche tuttora lo impediscono.La questione “francese” sollevata dalla Corte Europea è già stata portata all’at-tenzione del Parlamento Italiano che, in materia, ha presentato l’atto di sinda-cato ispettivo n. 3-0183 in data 9 ottobre 2014, cui è stato fornito riscontro dalSottosegretario di Stato alla Difesa nel corso della seduta del 12 novembre2014 della 4a Commissione Difesa del Senato. Al riguardo, è stato chiarito che:• seppur sia riconosciuta “la primazia della Corte di Strasburgo nell’inter-

pretazione delle norme della Convenzione dei diritti dell’uomo”, l’applica-zione delle sue sentenze in Italia non può essere immediata dal momentoche è necessario procedere a un suo “apprezzamento” e “bilanciamento”con altri interessi tutelati dalla Costituzione”;

• la questione sarà in ogni caso approfondita nell’ambito della discussionedelle poc’anzi richiamate proposte di legge sulla rappresentanza militareall’esame della IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati (che indata 26 gennaio 2015 ha ravvisato la necessità che si proceda alla reda-zione di un testo unificato ad opera del Comitato ristretto a tal fine costi-tuito. In tale contesto, è stato proposto, peraltro, un rapido ciclo di audizio-ni dei rappresentanti del COCER e di eminenti esponenti del mondo ac-cademico).

Fermo restando quanto sopra, è il caso di evidenziare che quello della Rap-presentanza Militare è un progetto di riforma ormai da tempo sentito, comedimostrano diversi disegni di legge che nel tempo si sono succeduti. La suaconcreta attuazione, tuttavia, dipenderà soltanto dall’effettiva volontà politi-ca di portarlo avanti visto che di idee e di proposte sullo specifico argomen-to ve ne sono diverse, sia in termini di numero che di portata e direzione.

*Tenente Colonnello

NOTE

(1) Art. 1465 del D. lgs n. 66/2010: “Dirittiriconosciuti dalla Costituzione”:“1- Ai militari spettano i diritti che la Costi-tuzione della Repubblica riconosce ai cit-tadini. Per garantire l’assolvimento deicompiti propri delle Forze Armate sonoimposte ai militari limitazioni nell’eserciziodi alcuni di tali diritti, nonché l’osservanzadi particolari doveri nell’ambito dei principicostituzionali.2- Lo Stato predispone misure effettive vol-te a tutelare e promuovere lo sviluppo dellapersonalità dei militari nonchè ad assicura-re loro un dignitoso trattamento di vita.3- Deve essere sempre garantita neirapporti personali la pari dignità di tutti imilitari”.(2) Art. 1475 del D. lgs n. 66/2010: “Limi-tazioni all’esercizio del diritto di associa-zione e divieto di sciopero”:“1- La costituzione di associazioni o circo-li fra militari è subordinata al preventivoassenso del Ministro della difesa.2- I militari non possono costituire associa-zioni professionali a carattere sindacale oaderire ad altre associazioni sindacali.3- I militari non possono aderire ad asso-ciazioni considerate segrete a norma dilegge e a quelle incompatibili con i doveriderivanti dal giuramento prestato.4- I militari non possono esercitare il dirit-to di sciopero”.(3) Art. 39 della Costituzione:“L’organizzazione sindacale è libera.Ai sindacati non può essere imposto altroobbligo se non la loro registrazione pres-so uffici locali o centrali, secondo le nor-me di legge.È condizione per la registrazione che glistatuti dei sindacati sanciscano un ordi-namento interno a base democratica.I sindacati registrati hanno personalità giu-ridica. Possono, rappresentati unitariamen-te in proporzione dei loro iscritti, stipularecontratti collettivi di lavoro con efficacia ob-bligatoria per tutti gli appartenenti alle cate-gorie alle quali il contratto si riferisce”.(4) Art. 40 della Costituzione:“Il diritto di sciopero si esercita nell’ambitodelle leggi che lo regolano”(5) Art. 98 della Costituzione:“I pubblici impiegati sono al servizioesclusivo della Nazione.Se sono membri del Parlamento, nonpossono conseguire promozioni se nonper anzianità.Si possono con legge stabilire limita-zioni al diritto d’iscriversi ai partiti poli-tici per i magistrati, i militari di carrierain servizio attivo, i funzionari ed agentidi polizia, i rappresentanti diplomatici econsolari all’estero”.

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In merito a quest’ultimo aspetto, cioè la possibilità dei militari di iscriversi a partiti politi-ci, deve farsi rilevare che non è stata mai emanata una legge per disciplinare tale situa-zione. Solo l’articolo 114 della legge 1 aprile 1981, n. 121 aveva previsto un divieto ditale genere vincolandolo, tuttavia, all’emanazione di una specifica norma che non èstata ancora approvata.(6) Alcune correnti di pensiero, che si diffusero anche negli ambienti di alcuni par-titi, non accolsero favorevolmente l’interpretazione della Corte, in quanto la sen-tenza aveva ritenuto che i sindacati in Italia non si erano sviluppati secondo le li-nee previste dall’articolo 39 della Costituzione ma avevano assunto caratteristi-che peculiari rispetto al carattere apolitico richiesto dallo stesso, quali la strumen-talizzazione dell’azione sindacale per i fini di un’interpretazione penetrante, ener-gica ed efficace intromissione nelle strutture economiche e sociali (il sindacatocome “cinghia di trasmissione”).(7) Art. 3 della Costituzione:“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distin-zione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni perso-nali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che,limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppodella persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazionepolitica, economica e sociale del Paese”(8) Art. 52 della Costituzione:“La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimen-to non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.L’ordinamento delle Forze Armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.(9) Operata dalla legge n. 121/1981 che, tra l’altro, nell’aver “smilitarizzato” il personaledelle Forze di Polizia ad ordinamento civile, ha anche introdotto la possibilità chequest’ultime possano costituire associazioni di tipo sindacale. Ciò, fermo restando co-munque il divieto di sciopero.(10) Tali associazioni condussero le loro battaglie attraverso periodici associativi, qualiil “corriere dell’aviatore”, “L’aiutante ufficiale” che divenne nel 1972 “Il giornale dei mili-tari” ed “Il nuovo pensiero militare”.(11) Si tenga presente che in questo periodo si erano manifestati in alcuni reparti feno-meni contestatari, che originavano, da una lato, dalla maturazione politica dei giovanidi leva dopo le lotte operaie e studentesche del ’68-69, dall’altro – tra i militari di carrie-ra – dalla presa di coscienza «sindacale» di un gruppo professionale ben definito qualequello dei Sottufficiali dell’Aeronautica. Il maggiore partito di opposizione e il più grandesindacato confederale non sostennero mai il movimento che ne scaturì, consideratoespressione di sterili ed anzi pericolose posizioni protestatorie.(12) Per il tramite dell’Onorevole Andreotti in data 17 aprile, in sede di dichiarazione divoto di fiducia al Governo.(13) Dall’esame dei citati provvedimenti ne risulta che la tesi secondo cui le forme diassociazione sindacale sarebbero incompatibili con l’organizzazione tipica delle ForzeArmate fu condivisa in gran parte dalle forze politiche di sinistra. Soltanto il partito radi-cale e la sinistra più estrema sostennero la posizione della sindacalizzazione.(14) Oggi confluita nel D. lgs n. 66/2010 “Codice dell’ordinamento militare”, a seguito

del riassetto normativo discendente dal-l’art. 16 della legge n. 246/2005 (cosid-detta “taglia leggi”).(15) La peculiarità della scelta del legisla-tore è derivata dal meditato rifiuto dell’op-zione sindacale, espresso dall’art. 8, com-ma 1 della legge, e motivato dalla consi-derazione che i militari non possono in al-cun momento sentirsi controparte rispettoallo Stato della cui conservazione e delcui funzionamento sono tutori e garanti(relazione Onorevole De Zan, atto Senaton. 873-A). Conseguentemente è stataadottata la soluzione di una rappresen-tanza interna all’ordinamento militare edal servizio del processo decisionale del-l’autorità gerarchica, riassumibile nel con-cetto della partecipazione del personale,per il tramite dei propri organi di rappre-sentanza, alla formazione delle volontàdelle autorità militari (questo, comunque,non avviene per materie interferenti conle relazioni gerarchiche e l’attività operati-va/addestrativa). Si consolidava, pertanto,il principio che i comandanti non solo de-vono comandare, ossia pensare ed ordi-nare in termini di operazioni e/o addestra-mento, ma anche pensare e provvederealla cura degli interessi morali e materialidei propri dipendenti.(16) Come è la previsione che vieta l’ado-zione di ogni atto volto a condizionare/limi-tare l’esercizio del mandato dei rappre-sentanti (art. n. 1479 del D. lgs n.66/2010).(17) Le competenze attengono quasiesclusivamente alla vita interna delle For-ze Armate: trattamento economico, tuteladi natura giuridica, economica, previden-ziale, sanitaria, culturale, compresa laconservazione dei posti di lavoro duranteil servizio militare, le condizioni alloggiati-ve, la promozione sociale. Restanoescluse quelle concernenti l’ordinamento,l’addestramento, le operazioni, il settorelogisitico operativo, il rapporto gerarchicofunzionale e l’impiego del personale.(18) Gli atti del COCER sono comunicatial Capo di Stato Maggiore della Difesaovvero ai Capi di Stato Maggiore di ForzaArmata/Comandanti Generali, se trattasidi questioni single service.(19) Una menzione particolare merital’eccezione relativa alla possibilità di di-vulgare le deliberazioni COCER e, più ingenerale, alla possibilità dei suoi membridi avere rapporti con gli organi di stampa,come poi si accennerà.(20) Ciò concreta una fondamentale dif-ferenza rispetto alle organizzazioni sinda-cali, la cui primaria fonte di finanziamentoè costituita dalle contribuzioni sociali.(21) Anche queste confluite nel D.P.R n.90/2010.

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Nel periodo 8-11 giugno 2015, si è svolta a Como l’attività addestrati-va “Loch Ness”, durante la quale il 2° reggimento genio Pontieri, uni-co reparto della Forza Armata (F.A.) in grado di garantire l’attraver-

samento di grandi corsi d’acqua mediante la realizzazione di ponti galleg-gianti o linee di traghettamento, ha realizzato un traghetto di circa 45 metriche ha effettuato la navigazione sul lago, a premessa dell’esercitazione“Odescalchi 2016”, che sarà svolta nel mese di giugno del prossimo anno,in onore della nobile famiglia comasca, cui appartenne nel XVII secolo an-che un Pontefice, Innocenzo XI, beatificato nel 1956.L’esercitazione “Odescalchi” è stata pianificata e coordinata dal ComandoForze di Difesa Interregionale Nord (COMFODI-NORD) di Padova, alto Co-mando della Forza Armata che, costituitosi il 1° ottobre 2013, ha la respon-sabilità di coordinare gli interventi sul territorio nella parte centro-settentrio-nale della Penisola (un’area pari a 152.000 kmq), comprendente dieci Re-gioni amministrative e sessantadue Province.Sono tre i principali settori d’intervento operativo del Comando: calamità naturali,bonifica del territorio da ordigni bellici inesplosi e il concorso alle forze di polizia.Tale esercitazione si prefigge lo scopo di implementare la cooperazione tra laConfederazione Svizzera e la Repubblica Italiana nel campo della prevenzio-ne dei rischi maggiori, nella fattispecie nell’assistenza reciproca in caso dievento calamitoso di tipo antropico, mediante l’impiego, nel quadro della colla-borazione militare-civile, in sostegno alla Protezione Civile, di assetti della F.A.In particolare è stato ipotizzato il verificarsi di un incidente ferroviario in Svizze-ra, nel settore di Chiasso stazione, nella domenica 19 giugno 2016 alle 05.00.Tale evento, di grandi proporzioni anche a causa del coinvolgimento di una ci-sterna contenente sostanze chimiche in grado di sprigionare una nube tossicamolto pericolosa per la popolazione, induce le Autorità elvetiche a chiedere ilsupporto della componente militare allo Stato Maggiore di Condotta dell’Eser-cito svizzero. L’autorità prefettizia di Como, per suo conto, richiede il supportodell’Esercito Italiano, per concorrere alle operazioni di soccorso.Inoltre, l’area dell’emergenza sarà interessata dal verificarsi di episodi collate-rali (panico e insicurezza tra la popolazione, sciacallaggio, possibilità del dif-fondersi di epidemie e malattie, propagarsi di incendi verso i centri abitati limi-trofi, collasso dei centri ospedalieri, congestione della viabilità stradale, ecc.)

che renderanno la situazione ancorapiù complessa e difficile da gestire.Conseguentemente, sarà necessa-rio far intervenire varie unità specia-listiche sia civili che militari, per af-frontare le molteplici problematichee situazioni venutesi a creare.L’Esercito Italiano interverrà nel-l’esercitazione con circa 500 unitàcomplessive, appartenenti a vari re-parti (Comando Forze di Difesa In-terregionale Nord, Comando Milita-re Esercito Lombardia, 2° reggimen-to genio Pontieri, 7° reggimento Di-fesa NBC, reggimento genio Ferro-vieri, 10° reggimento genio Guasta-tori, 1° reggimento Trasmissioni,reggimento Artiglieria a cavallo, 1°reggimento Trasporti e 34° gruppo“Toro” - Aviazione Esercito).La pianificazione di questa attività,svolta congiuntamente con l’Esercitosvizzero, ha avuto inizio nel 2013,comprendendo attività svolte in Italiae altre in Svizzera. È utile ricordareche la Repubblica Elvetica non ha unEsercito permanente come il nostro,solo una minima parte lo è, il restosvolge dei periodi di richiamo, media-mente quattro settimane l’anno, percui pianificare un’attività complessacome l’esercitazione “Odescalchi”, ri-chiede dei momenti di lavoro dilazio-nati nel tempo.

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L’ATTIVITÀ ADDESTRATIVA“LOCH NESS”

di Claudio Fagioli*

COMO 8-11 GIUGNO 2015

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Il 2° reggimento genio Pontieri sarà chiamato a realizzare una viabilità stra-dale alternativa, per far affluire e defluire i mezzi di soccorso nell’area ove siè verificato il disastro ferroviario, aggirando le linee di comunicazione più di-rette tra Como e Chiasso, completamente congestionate dai numerosi mez-zi intervenuti.In tale ottica, l’unica soluzione possibile è quella di realizzare una linea ditraghettamento che da Como raggiunga la Strada Statale 340 (in prossimitàdel Centro abitato di Cernobbio) e quindi la Stazione Ferroviaria di Chiasso.Nella considerazione che, allo stato attuale, il Materiale da Ponte PGM(Ponte Galleggiante Motorizzato) non è mai stato impiegato su uno spec-chio d’acqua lacustre, in sede di pianificazione è stato valutato opportunosvolgere un’attività addestrativapontieristica sul lago di Como, al fi-ne di esercitare il personale e verifi-care la rispondenza dei materiali edelle procedure, normalmente utiliz-zate sui bacini fluviali, per i quali ilmateriale è stato studiato e proget-tato. Inoltre, la viabilità della città diComo, ancorché ritenuta idonea altransito dei complessi PGM in sededi ricognizione esperita nel 2014,presenta alcuni punti che richiedonouna oculata verifica da effettuare di-rettamente con i citati automezzi.Le differenze tra un corso d’acqua eun bacino lacustre, con specifico rife-rimento alla navigazione, sono princi-palmente legate alla corrente presen-te nel primo caso e al moto ondosopresente nel secondo. Sino ad oggi, ilMateriale da Ponte PGM (fabbricatodalla ditta francese CNIM), peraltro indotazione sia all’Esercito franceseche a quello svizzero, non era maistato impiegato in presenza di motoondoso e in assenza di corrente.Per quanto attiene, invece, la movi-mentazione su strada degli auto-mezzi adibiti al trasporto del Mate-riale da Ponte PGM, date le dimen-sioni del mezzo e del rimorchio adi-biti al trasporto (sono di fatto un tra-sporto eccezionale, eccedendo i li-miti di sagoma), è stato opportunoverificare l’impatto sul traffico cittadi-no, in quanto per raggiungere il pun-to di varo del materiale da ponte sa-rà necessario attraversare buonaparte della città.Effettivamente la prima problematica affrontata in sede di ricognizione èstata quella di individuare il punto di varamento del materiale, visto che percirca 2 Km, partendo da Como, le sponde sono urbanizzate. Sono presenti,infatti, su entrambi i lati del lago delle opere che impediscono le operazioninecessarie alla messa in acqua e al successivo recupero del materiale daponte PGM (ringhiere, parapetti, gradinate, ecc.).Il punto individuato, risultato perfettamente idoneo alle citate operazioni, èlo scivolo in cemento dell’Aero Club, che viene normalmente utilizzato perla messa in acqua e per il recupero degli idrovolanti che si accingono ad uti-lizzare l’Idroscalo Internazionale di Como. L’attività con gli idrovolanti a Co-mo risale al lontano ottobre 1913, quando venne effettuato il primo volo delgenere. Da allora l’attività è continuata praticamente senza sosta, ospitandomanifestazioni sportive di alto livello (Coppa Schneider-Aeronautica), edando vita negli anni ‘30 a una Scuola di volo attiva ancora oggi.

L’urbanizzazione delle sponde del la-go ha posto poi il problema di indivi-duare il punto di approdo in prossimi-tà dell’abitato di Cernobbio e la zonaidonea per effettuare l’ormeggio deltraghetto PGM e dei natanti impiega-ti per garantire la sicurezza durantele attività di navigazione.Tra i vari siti possibili è stata indivi-duata la sponda del galoppatoio diVilla Erba, sede dell’omonimo Cen-

tro Espositivo che ospita abitual-mente manifestazioni e convegni,appartenuta in precedenza alla fa-miglia Visconti.Altro aspetto, di tutto rilievo, che èstato attentamente valutato, è statoquello legato alla movimentazionedegli automezzi adibiti al trasportodel materiale da ponte e la zona do-ve realizzare il parco mezzi. Per iltransito dei mezzi è stato necessariogarantire gli spazi necessari alle loromanovre in prossimità del punto divaramento, con un’ordinanza della

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Polizia Locale di Como per limitare il parcheggio degli automezzi civili nella zo-na interessata. Per il parcheggio dei mezzi, invece, il Comune ha messo a di-sposizione una vasta area denominata ex Piazza d’Armi, ubicata nel quartiereMuggiò, che si è rivelata perfettamente idonea. Naturalmente, il movimentodei citati mezzi PGM nella città è stato supportato da apposite pattuglie messea disposizione dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Como.Per la navigazione dei natanti e del traghetto PGM sul lago, invece, è statonecessario coordinarsi con l’Autorità di bacino del Lario e dei laghi minori econ l’Esercizio di navigazione, Enti preposti a regolamentare qualsiasi attivi-tà sul lago, al fine di evitare interferenze e possibili incidenti, anche in consi-derazione delle frequenti attività di atterraggio e decollo degli idrovolanti.Tale elevato numero di Enti coinvoltia vario titolo nell’attività addestrativa“Loch Ness” ha richiesto una riunio-ne di coordinamento indetta dall’au-torità prefettizia, per esaminare tuttigli aspetti e le problematiche emer-se nei vari contatti intrapresi in pre-cedenza e individuare la soluzionein grado di consentire lo svolgimen-to dell’attività, con il minor impattopossibile sulla vita cittadina e sulleattività svolte sul lago. Infatti, il Si-gnor Prefetto, dott. Bruno Corda, indata 15 aprile, ha indetto il Comitatoper l’ordine e la sicurezza pubblica,che ha consentito a tutti i soggetticoinvolti di confrontarsi in perfettasinergia e comunione d’intenti.Durante la riunione, oltre a presen-tare il materiale da ponte PGM e adillustrare le soluzioni ai vari aspettidell’attività sino ad allora ipotizzate, ci si è soffermati sul nome dato all’eser-citazione che ha suscitato l’interesse dei presenti. Personalmente, in qualitàdi Capo Ufficio OAI del 2° reggimento genio Pontieri, ho coordinato tutte lefasi dell’attività sin dal mese di novembre dello scorso anno e quando hopensato al nome, ho ipotizzato unacerta somiglianza tra il traghettoPGM che avremmo dovuto realizza-re e il “mostro” di cui si è più volteimmaginata la presenza nel famosolago scozzese. Anche i due laghipresentano alcune somiglianze, conparticolare riferimento alla lunghez-za (circa 40 Km) e alla elevata pro-fondità (lago di Como circa 400 m eLoch Ness 230 m).È necessario soffermarci brevemen-te sul materiale da ponte PGM, perdescriverne le caratteristiche princi-pali e le potenzialità. Come già anti-cipato è di fabbricazione franceseed è stato approvvigionato, dopouna breve sperimentazione, nel pe-riodo 1994-2000. Si compone di dueelementi: il modulo, dotato di duemotori fuoribordo da 75 HP, e larampa, che connessi tra loro consentono di realizzare traghetti da 35 a 65metri e ponti galleggianti, con luci fino a circa 300 metri. Il movimento sustrada, nonché il varamento e il recupero degli elementi da ponte, sono as-sicurati da una motrice prodotta dalla ditta Astra e da un semirimorchiosempre di fabbricazione francese. È un materiale da ponte di tipo tattico,che consente di superare corsi d’acqua inguadabili anche di grande portata,in tempi molto ristretti, realizzando nelle due citate configurazioni strutture

con una MLC (Military Load Class)sino a 70 (la classe dipende anchedalla velocità della corrente del cor-so d’acqua).Dopo questa lunga fase densa di ri-cognizioni, riunioni, sopralluoghi, eautorizzazioni da parte delle Autori-tà civili e militari coinvolte a vario ti-tolo, si è finalmente arrivati allosvolgimento dell’esercitazione verae propria che, in caso di riuscita,

avrebbe ripagato la fatica dei mesiprecedenti, un po’ come il traguardoper un maratoneta. L’attività è stataarticolata su due periodi: il primo dal

3 al 5 giugno per preparare i localidel Centro Documentale (già sededel 23° reggimento fanteria “Como”e Distretto Militare), che avrebberodovuto ospitare il personale coinvol-to, e il secondo nel periodo dall’8 al11 giugno in cui si sarebbe svolta la

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Il Col. Capuano consegna ilCrest del 2° Reggimento genioPontieri al Prefetto di Como

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fase condotta vera e propria. Il programma è stato rispettato pienamente edil giorno 8 in tarda serata gran parte del personale e dei mezzi coinvolti era-no presenti a Como. In particolare i mezzi PGM, in considerazione delle di-mensioni, hanno completato l’afflusso entro la mezzanotte, evitando così imomenti più critici di traffico, specie lungo la tangenziale ovest di Milano.La mattina del giorno 9 giugno il programma prevedeva una prova di vara-mento di due moduli, la connessione e la successiva navigazione sino a Vil-la Erba, ma purtroppo le condizioni del lago non hanno consentito la prontaesecuzione delle attività, dato che il moto ondoso, generato dal vento chesoffiava da nord, era piuttosto vivace e metteva in pericolo sia l’incolumitàdel personale sia l’integrità del materiale.A metà mattina, le condizioni sono decisamente migliorate rendendo possi-bile mettere in acqua il materiale PGM ed effettuare la prevista navigazione.Al termine il materiale è stato recuperato e i due automezzi sono rientratinella zona logistica.Il Capitano Giuseppe Moretti, Comandante della 3a compagnia Ponti impe-gnata nell’attività, si è detto soddisfatto dei risultati conseguiti e pronto adaffrontare l’esercitazione ben più complessa del giorno seguente.L’indomani mattina, oltre alla realizzazione del traghetto PGM di 45 metri ealla successiva navigazione sul lago, era previsto l’allestimento della tendaove si sarebbe dovuto svolgere il briefing di presentazione dell’esercitazio-ne alle Autorità. Infatti era prevista la partecipazione del Prefetto e del Sin-daco di Como, nonché del Comandante del genio e Ispettore dell’Arma delgenio, Generale di Brigata Pietro Tornabene. Inoltre, era programmata lapresenza del Sottocapo operativo del COMFODI Nord, Colonnello BrunoCorreale, di una delegazione di Ufficiali dell’Esercito svizzero e del Coman-dante del 2° reggimento genio Pontieri, Colonnello Rocco Capuano.Ancora una volta però, il mattino ci ha riservato una sorpresa sgradita. In-fatti tutte le attività di allestimento della tenda briefing e il varamento di tremoduli PGM si sono svolti sotto una pioggia incessante, che ha reso più dif-ficoltose le attività, ma non ne ha impedito lo svolgimento.Poi, poco prima dell’arrivo delle Autorità, la pioggia è cessata e gradual-mente le condizioni sono decisamente migliorate, sino a creare una corniceideale per le attività sul lago che a breve avremmo dovuto svolgere.Una ad una sono arrivate tutte le Autorità, ad eccezione del Sindaco, dott.Mario Lucini, trattenuto in comune da sopraggiunti impegni, in ultimo il Si-gnor Prefetto e, dopo saluti e presentazioni di rito, ha avuto luogo il briefing,durante il quale il Colonnello Capuano ha presentato il reggimento che co-manda dal 21 febbraio 2012 e il sottoscritto ha illustrato nel dettaglio l’eser-citazione “Loch Ness”.Terminato il briefing, ci si è trasferiti presso lo scivolo dell’Aero Club, doveha quindi avuto luogo la dimostrazione d’impiego del materiale da pontePGM, con il varamento di un modulo e la connessione di una rampa.Naturalmente la presenza del materiale da ponte ha destato molta curiositàtra la popolazione che ha assistito, abbastanza numerosa in entrambe legiornate, alle varie attività svolte.Una volta conclusa la dimostrazione, ovvero quando il traghetto è statocompletato, le Autorità, munite di apposito giubbetto salvagente, si sono im-barcate per effettuare una breve navigazione sul Lago.A supporto del traghetto, come normalmente avviene durante le nostreattività in acqua, era presente un dispositivo di sicurezza costituito da 3imbarcazioni, una per il recupero di eventuale personale caduto in acqua(battello pneumatico Zodiac) e due per garantire che il traghetto, in casodi avaria, potesse essere trasportato a riva (motobarca SAI 121). Inoltre,grazie alla collaborazione offerta dall’Aero Club, è stato possibile include-re tra questi natanti anche il “Rescue 730”, un gommone a scafo rigidoappositamente predisposto per il recupero del personale, di cui il Club di-spone per eventuali interventi di ricerca e recupero di personale in casodi avaria o di incidente a un idrovolante. Tale natante si è rivelato partico-larmente idoneo allo scopo e più versatile di quelli che abbiamo attual-mente in dotazione.Infine, sempre grazie alla completa disponibilità garantita dal Presidentedell’Aero Club, Signor Giorgio Porta, è stato possibile effettuare un filmato escattare numerose fotografie da un idrovolante, immortalando in modo niti-

do e inequivocabile la navigazionedel traghetto nel lago di Como.Al termine dell’attività le Autorità ei gentili ospiti intervenuti sono statisalutati dal Comandante del genioe dal Comandante del 2° reggi-mento genio Pontieri, con un arri-vederci all’anno prossimo, quandosi svolgerà l’esercitazione “Ode-scalchi”.Successivamente il materiale daponte PGM e i natanti sono statirecuperati e trasferiti nuovamentepresso la zona logistica, da dovel’indomani suddivisi per aliquotehanno fatto rientro nella sede delreggimento a Piacenza.Gli organi d’informazione locali (quo-tidiani su carta e on-line ed emittentitelevisive) hanno dato ampio risaltoalle varie fasi dell’attività, focalizzan-do l’attenzione sull’insolita presenzadei militari nella città e sul fatto che ilmateriale da ponte PGM, sino a quelmomento, non fosse mai stato impie-gato nel lago di Como.Personalmente ritengo che l’espe-rienza sia stata del tutto positiva,permettendo a noi Pontieri di pro-vare il complesso di attività chedovremo poi svolgere durantel’esercitazione “Odescalchi” nel2016 e acquisire anche esperien-za con attività inusuali, quali la na-vigazione in assenza di corrente.Tale specifico fattore, per quantopossa sembrare banale, ha richie-sto particolare attenzione dato chela governabilità del materiale PGMin uno specchio d’acqua lacustre èpiuttosto diversa. Nei fiumi, infatti,la spinta della corrente in una pre-cisa direzione e con una forza co-stante viene sfruttata per indirizza-re e manovrare con precisionequasi millimetrica, oserei dire, sia isingoli moduli, sia l’intero traghet-to. In assenza di essa invece biso-gna fare i conti con l’inerzia delmateriale in movimento, che spe-cie in fase di attracco o di mano-vre in prossimità di altri natanti vaassolutamente tenuta in debitaconsiderazione. Anche la possibili-tà di disporre di un natante apposi-tamente progettato per il soccorsoin acqua, come il “Rescue 730”, èstata del tutto positiva e sarà og-getto di ulteriori approfondimenti.Il mostro del lago, per ora, andràin letargo, ma sarà pronto al risve-glio per il prossimo anno.

*Tenente Colonnello

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Sono trascorsi settant’anni dalla notte del 20 aprile 1945 quando gli uo-mini dello Squadrone da Ricognizione “Folgore”, un manipolo di valo-rosi paracadutisti italiani alle dirette dipendenze dell’8a Armata britan-

nica, venivano lanciati sulla pianura Padana, alle spalle delle difese tede-sche installate sulla Linea Gotica, dando l’avvio all’operazione “Herring” econtribuendo così in modo decisivo alla liberazione del nostro Paese. Lasingolarità dello spirito di quegli eroi, che anche a costo della vita difesero ilsuolo della Patria, è stata recentemente riconosciuta da un provvedimentodello Stato Maggiore dell’Esercito che ha assegnato agli Acquisitori Obiettivi– indubitabili eredi degli uomini del ‘45 – il fregio del copricapo da quelli in-dossato durante quell’operazione, ricongiungendolo alla Bandiera di Guerradel 185° reggimento fanteria paracadutisti (già 1° reggimento fanteria para-cadutisti), espressione simbolica dei valori per cui essi si erano sacrificati eoggi emblema del 185° Reggimento Paracadutisti Ricognizione Acquisizio-ne Obiettivi “Folgore” (R.A.O.).È una storia complessa e suggestiva quella del R.A.O., che affonda le pro-prie radici da una parte nella tradizione delle unità di artiglieria paracadutistiche combatterono ad El Alamein, dall’altra in quella della fanteria, da quan-do, il 21 giugno 2013, agli Acquisitori è stato assegnato il vessillo già appar-

tenuto al 1° reggimento fanteria pa-racadutisti.

NASCITA ED EVOLUZIONE DEL R.A.O.

L’esigenza di disporre di uno stru-mento operativo in grado di infiltrar-si oltre le linee nemiche e di operarein condizioni di elevato isolamento erischio estremo venne avvertita ini-zialmente, alla fine degli anni ‘90,nell’ambito delle aviotruppe al finedi incrementare le capacità di osser-vazione e sorveglianza del campodi battaglia e di acquisizione obietti-vi dei nuclei SAOV (Sorveglianza edAcquisizione Obiettivi Visuale) del

UN NUOVO FREGIO ALL’INSEGNA

DELLA TRADIZIONE di Gabriele Russo*

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185° RAO

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185° reggimento artiglieria paracadutisti, allora dotato di obici da 105/14 edi mortai da 120 mm.Il 3 aprile del 2000 segnò una svolta fondamentale per la storia del 185°reggimento che, dismessi obici e mortai, abbandonava definitivamente laconnotazione di unità di artiglieria per assumere una nuova missione ovve-ro “acquisire obiettivi al fine di consentirne l’ingaggio con il fuoco provenien-te da aerei, elicotteri d’attacco, artiglierie terrestri e navali, in tutti gli scenariipotizzabili, in contesti di Forza Armata, interforze e multinazionali”. Talenuova funzione trovava la sua concezione logica sia nelle capacità propriedell’Ufficiale osservatore d’artiglieria (che infiltrato oltre le linee nemicheconsentiva l’aggiustamento del fuoco per un’azione più efficace) sia nellaconvinzione degli uomini del 185° reggimento che l’essere artiglieri fosse unvalore aggiunto alle loro capacità di soldati paracadutisti. A partire dal no-vembre 2002 il reggimento venne inserito nell’èlite delle Forze per Opera-zioni Speciali dell’Esercito e nel gennaio del 2003 una quarta Batteria, de-nominata LRRP (Long Range Reconnaissance Patrol), ovvero Ricognizionea Lungo Raggio, entrò a far parte dell’organico del Gruppo AcquisizioneObiettivi, la componente operativa dell’unità. La nuova configurazione rimo-dellò profondamente l’aspetto del reggimento: il Gruppo era infatti costituitoda quattro Batterie Acquisizione Obiettivi, le quali, a loro volta, erano com-poste da piccole entità, denominate Distaccamenti Acquisizione Obiettivi.Col trascorrere del tempo, le capacità del reggimento crebbero e nel 2011una significativa revisione organica mutò la sua fisionomia ampliandone i li-neamenti d’impiego e cambiando così la denominazione in Reggimento Ri-cognizione ed Acquisizione Obiettivi, come a volere sottolineare anche nelnome la varietà dei compiti assegnatigli. Le capacità della 4a Batteria LRRPfurono infatti assorbite dalle altre tre, a questo punto capaci di esprimersipariteticamente in termini operativi, mentre al suo posto fu costituita unaBatteria supporto operativo, entità dalla quale venivano enucleate le capaci-tà del supporto Trasmissioni (C4) e Anfibio. Altro elemento di novità fu l’isti-tuzione del Reparto Corsi, cardine del percorso di selezione e formazionedegli acquisitori.Nel 2013, si assistette a un evento epocale nella storia del reparto. La Ban-diera di guerra custode della tradizione di artiglieria e dei fasti della Guerrad’Africa lasciò definitivamente Livorno per essere assegnata alla nuova se-de di Bracciano, dove, nell’ambito del progetto di potenziamento della Bri-gata “Folgore”, fu ricostituito il reggimento artiglieria paracadutisti. Un nuovovessillo, appartenuto in passato a 1° reggimento paracadutisti fu assegnatoal R.A.O., e a dispetto del mantenimento della numerazione e del nome(185 e Folgore), la tradizione del reparto mutò profondamente sia in terminitattico/ordinativi – le batterie infatti sono ora compagnie e il gruppo è ora ilIII battaglione “Poggio Rusco” – sia storico/tradizionali in quanto più legati aifatti d’arme della Seconda guerra mondiale condotti sul territorio italiano(Operazione “Herring” tra tutte), piuttosto che a quelli svoltisi in terra d’Afri-ca. Nel 2014, a completamento del processo di trasformazione, il 185°R.A.O. ha mutato la propria dipendenza organica, non più riferita alla Briga-ta paracadutisti bensì al Comando sotto cui sono state poste le unità ad altaconnotazione operativa dell’Esercito: il Comando delle Forze Speciali del-

l’Esercito (COMFOSE). A dispetto di una storia travagliata,lo spirito delle unità di acquisizioneobiettivi è però sempre rimasto lostesso e si estrinseca attraversomolteplici attività e in particolare:• assistenza militare: collaborazio-ne addestrativa e operativa conforze alleate e amiche esercitatacon attività di supporto, formazio-ne, mentoring e di assistenza tec-nica/operativa, svolta con modali-tà e mandati ben definiti, nell’am-bito di accordi intergovernativi odi specifiche forme di collabora-zione internazionale, spesso di al-to valore politico;

• azioni dirette: attività offensivecondotte contro obiettivi di eleva-to valore oltre le linee in territorionemico o occupato dal nemico,portate a termine essenzialmentecon il controllo terminale del fuo-co proveniente da qualunque sor-gente terrestre aerea o navale,come artiglieria, unità navali, eli-cotteri armati o aerei d’attacco. Inquest’ultimo caso i distaccamentisono anche in grado di provvede-re alla guida terminale del muni-zionamento aereo di precisione,fornendo ai piloti la rotta di avvici-namento, la designazione dei ber-sagli e la loro “illuminazione” conmarcatori laser;

• sorveglianza e ricognizioni speciali:per individuare, osservare, sorve-gliare e acquisire obiettivi di rile-vante valore operativo. Ne sonoesempi le operazioni di ricognizio-ne in profondità a lungo raggio fi-nalizzate alla raccolta di informa-zioni di elevata valenza sul disposi-tivo avversario (per valutarne ca-pacità, consistenza, dislocazione,organizzazione, intenzioni e leconseguenti potenzialità operati-ve), le missioni destinate all’indivi-

UN NUOVO FREGIO ALL’INSEGNA

DELLA TRADIZIONE

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duazione di obiettivi da designare per l’attacco con vettori aerei o, al contra-rio, quelle tendenti ad accertare con l’osservazione diretta gli esiti e l’esattaentità dei danni arrecati da un’azione precedente (bomb damage asses-sment e post-strike reconnaissance). In questo ambito risulta fondamentaleapprendere la capacità di osservare senza essere individuati e acquisire latotale discrezione, sia nel movimento all’interno dell’area da sorvegliare chenella condotta della missione, evitando qualunque contatto con l’avversarioo con i civili, che potrebbe rappresentare, di norma, la perdita del fattore sor-presa e il probabile fallimento dell’operazione. Il motto del 185° reggimentoRicognizione Acquisizione Obiettivi “Folgore”, “Videre nec videri” (Vederesenza essere visti), esprime perfettamente questo modus operandi. Le pro-cedure operative standard prevedono che l’attività si esplichi, dopo un’accu-rata pianificazione, con la ricognizione preventiva della zona da sorvegliaree con la predisposizione del o dei posti di osservazione (OP), del bivacco edell’eventuale punto di trasmissione. I bivacchi e gli OP possono essere sot-terranei o di superficie e debbono confondersi accuratamente con l’ambien-te. Al loro interno gli operatori vivono e operano per più giorni, trasmettendo,sia di giorno che di notte, ai Comandi superiori i dati raccolti, avvalendosi diequipaggiamenti sofisticati per l’acquisizione e la trasmissione, soprattuttosatellitare, di immagini e video. Dopo l’esfiltrazione il ciclo operativo si con-clude con il de-briefing, in cui si procede al necessario esame della missionee dei suoi esiti e alla stesura dei relativi verbali e rapporti.

LA TRADIZIONE DEL 1° REGGIMENTO FANTERIA PARACADUTISTI

Costituito su tre battaglioni II, III, IV all’inizio dell’aprile 1941, (come 1° reg-gimento della Divisione “Folgore”) venne designato per l’impiego in Africasettentrionale e come tutti i reggimenti della Divisione, al fine di dare attua-

zione a un preciso piano d’ingannodello Stato Maggiore del RegioEsercito, poco prima del rischiera-mento, assunse una diversa nume-razione, appunto ridefinita con le ci-fre 185. Mentre il II e IV battaglioneraggiunsero la Cirenaica, un diver-so destino (nel luglio 1942) costrin-se il Comando del Reggimento, lacompagnia c/c e il III battaglione apermanere in Italia sulle coste pu-gliesi. Era infatti stata ravvisata lanecessità di predisporre una solidadifesa del territorio Italiano, ed es-sendo i paracadutisti un corpo elita-rio, fu deciso di costituire una se-conda Divisione Paracadutisti a ciòdedicata, la “Nembo”, proprio intor-no a quel nucleo di uomini. Furonoquindi trasferiti a Rovezzano, fuoriFirenze e, rinforzati dall’XI battaglio-ne, assunsero il nome di 185° reg-gimento paracadutisti “Nembo”. Do-po poco tempo la neonata Divisionefu inviata in Sardegna, mentre il185° reggimento venne impiegatoin Sicilia per contrastare l’avanzataalleata susseguente allo sbarco nel-l’isola. Nei giorni precedenti l’8 set-tembre il reggimento subì pesanti econtinui attacchi aerei che provoca-rono il dissolversi dei collegamentifra i vari reparti. La tragica giornatadell’8 settembre impose ai paraca-dutisti l’assunzione di repentine esofferte decisioni, così in terra cala-bra, circa 48 ore dopo l’armistizio,le strade degli uomini del 185° reg-gimento si divisero: ciò che rimane-va delle forze reggimentali confluìattorno al superstite XI battaglioneche rimase fedele al giuramento fat-to alla Bandiera e alle Istituzioni,mentre del III battaglione non si eb-be alcuna notizia e si pensò chefosse stato costretto dalle forze te-desche a proseguire.Tuttavia, elementi del III battaglione,agli ordini del Capitano Carlo Fran-cesco Gay, riuscirono a sottrarsi aitedeschi costituendo con altri militarisopraggiunti il “1° Reparto SpecialeAutonomo”, agli ordini della 1a Divi-sione canadese, che iniziò a opera-re, senza attendere disposizioni,dalla zona di Lucera (FG) versonord con compiti esplorativi a favoredella citata 1a Divisione. Alla fine del1943 questo reparto assunse la defi-nitiva denominazione di squadroneda ricognizione “F” (squadrone perla provenienza del Capitano Gaydalla cavalleria; “F” come “Folgore”,quale tributo alla Divisione da cui

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quei paracadutisti furono forgiati).Lo squadrone “F”, infatti, operò sul territorio italiano conclu-dendo missioni informative, azioni di pattugliamento, di in-filtrazione e sabotaggio oltre le linee tedesche che culmina-rono, come si è detto, con l’eroica operazione “Herring” do-ve i suoi paracadutisti furono protagonisti dell’unico avio-lancio di guerra compiuto dalle truppe italiane sul Patriosuolo per favorire l’avanzata alleata e proteggere posizionistrategiche. Il ricordo di questi avvenimenti si pone oggi co-me la naturale continuità della tradizione del reparto che le-ga il glorioso passato con l’ambizioso presente.

L’ EVOLUZIONE OPERATIVA

Dal momento della sua costituzione il 185° reggimentoRicognizione e Acquisizione Obiettivi si è caricato di unoslancio operativo inarrestabile: appena due anni dopo lariconfigurazione, il primo distaccamento AcquisizioneObiettivi (DAO) è stato impiegato in Teatro Operativonell’ambito dell’operazione SFOR in Bosnia (gennaio-aprile 2002) e solo pochi mesi dopo (da aprile a dicem-bre 2002) una batteria Acquisizione Obiettivi (BAO) su quattro DAO è statauna base operativa avanzata in FYROM nell’ambito dell’operazione “AmberFox”. Mentre l’impegno in FYROM si avviava verso la conclusione, unanuova sfida dai risvolti assai rischiosi vedeva il R.A.O. impegnato in Afgha-nistan, nell’ambito dell’operazione “Enduring Freedom”, sotto comando sta-tunitense. Nel febbraio 2003, infatti, gli “acquisitori” sono stati dislocati nellabase operativa avanzata di Khowst (al confine con il Pakistan) permanen-dovi fino a settembre. Nel contempo i postumi della guerra irachena in Me-dio Oriente hanno fatto sì che, a partire dal dicembre 2003, due distacca-menti fossero schierati nuovamente in Iraq, nell’ambito dell’Operazione “An-tica Babilonia”, per costituire una Task Force autonoma alle dirette dipen-denze del Comandante della Joint Task Force “Iraq”. Dopo vari avvicenda-menti, la Task Force “Victor” è stata riordinata (2005) a livello di Task Unitquale parte integrante del neo costituito Joint Special Operation Task Group“Condor”. Il ripiegamento delle unità del 185° dal Teatro iracheno è statocontestuale alla chiusura della missione italiana in Iraq nel dicembre 2006.Intanto, con l’evoluzione dello scenario afghano, due batterie, composteciascuna da due distaccamenti, sono state schierate a rotazione nell’ambi-to dell’operazione ISAF, rispettivamente da agosto ad ottobre 2004 e daagosto a novembre 2005; contemporaneamente, a partire da gennaio fino aluglio 2005, 3 DAO sono stati pedina fondamentale dell’ISRU (Intel Surveil-lance Recce Unit) a Mostar (Bosnia) nel contesto dell’operazione “Althea”.Nel luglio 2006, nell’ambito del processo evolutivo dell’operazione ISAF, èstato costituito in Afghanistan un nuovo Joint Special Operation TaskGroup: una Task Unit del 185° reggimento ha partecipato con due distacca-menti Acquisizione Obiettivi per contribuire all’adempimento della missioneassegnata alla Task Force “Sarissa”. Erano quelli gli anni del riaccendersidella crisi libanese. Così nel triennio 2006-2009, le unità del 185° hanno pre-so parte anche all’operazione “Leonte”, inquadrate nella compagnia ISTAR,con il compito di svolgere missioni di acquisizione obiettivi nel contesto delleoperazioni della missione “UNIFIL”.Nello stesso momento in cui termi-nava l’impegno libanese, nell’ambitodella Missione ISAF, a seguito diuna riconfigurazione degli assetti im-piegati nell’operazione “Sarissa”, èstata ricostituita con base ad Heratla Task Force “Victor”, su un Coman-do di Task Force e 2 Task Unit Ac-quisizione Obiettivi che fino al recen-te passato hanno costituito l’impe-gno cardine del reparto.

CONSIDERAZIONI FINALI

Nelle pagine che precedono abbia-mo cercato di narrare le vicendestoriche in cui sono stati coinvolti iparacadutisti oggi appartenenti al185° reggimento Ricognizione Ac-quisizione Obiettivi. Ben sappiamocome la narrazione stessa sia ri-sultata complessa, come anche gliavvenimenti descritti, e pertantovogliamo qui evidenziare un ele-mento di amalgama: in tanti muta-menti di ordine e di organizzazioneciò che permane è una sostanzialecontinuità che può essere riassun-ta nella espressione “fedeltà alloStato e alle sue Istituzioni”. Questacaratteristica è stata mantenutaanche nei momenti in cui la formastessa dello Stato veniva mutata, eciò avvenne certamente superandointerrogativi costituzionali di note-vole impatto. Oggi il R.A.O. conti-nua dunque a esprimere quei valo-ri di onore e patriottismo che haereditato dagli uomini che l’hannopreceduto.

*Maggiore

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CAMBIA IL DISTINTIVO DEL BASCODEL 185° R.A.O.

La nuova insegna, disegnata da un anonimoparacadutista nei mesi successivi all’armistizio,volta ad identificare i volontari che composerolo Squadrone Folgore, si compone di un para-cadute incrociato da una saetta destrorsa. Essoè cinto da due rami d’alloro che, partendo dallanumerazione del reparto riportata all’ estremitàinferiore, si uniscono al centro sovrastando lacalotta del paracadute.

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Michele D’Andrea, Palle girate e altre storie. Cose curiose della Gran-de Guerra, Azzurra Publishing, 2015, pp. 112, Euro 8,90.

Avete mai visto il Generale Diaz vestito da pellerossa, un Ardito con gli oc-chi a mandorla o una garbata signorina decorata al Valor Militare? Dov’è latomba di Peter Pan? Chi era lo jettatore della VI Armata? Cos’erano vera-mente le «palle girate»? La Grande Guerra fu anche un brulicare di vitaquotidiana fatta di aneddotica spicciola, scherzi da prete, occupazioni minu-te, burocrazia ottusa, umorismo, gergo da trincea, fatalità, grandi personag-gi e ignoti figuranti. Un’umanità variegata trasportata in un ambiente ostiletentava disperatamente di replicare la rassicurante normalità del tempo dipace. E le memorie dal fronte sembrano talvolta lo specchio di una qualun-que città dell’Italia giolittiana abitata da galantuomini e profittatori, fessi efurbi, coraggiosi e vigliacchi.Agile, godibilissimo e arricchito da un poderoso corredo d’immagini, “Pallegirate e altre storie. Cose curiose della Grande Guerra” non è un libro tecni-co in senso stretto, ma è il frutto di un’originale ricerca sull’insolito, sugliaspetti normalmente trascurati dalla narrazione ufficiale: accanto all’uomoin uniforme c’è pur sempre l’uomo dentro l’uniforme che si veste, si lava,mangia, evacua, scrive, piange, ride, soffre, spettegola, muore.L’autore, una vita nella comunicazione istituzionale e apprezzato divulga-tore di storia, ha raccolto cinquantotto vicende di creature reali (persone,animali e piante) che dovettero affrontare, loro malgrado, la tremenda bu-fera d’inizio secolo lungo il fronte italo-austriaco. Umoristici e commoventi,grotteschi e dolorosi, tutti i racconti sono legati tra loro dal filo rosso delcurioso e dell’inaspettato. Un viaggio al fronte che nessun libro ha mairaccontato.Oltre al normale circuito librario, il volume è distribuito in allegato a quotidia-ni nazionali e locali.

Fulvio Poli, Outremer. Storia militare delle Crociate in Terrasanta, IlCerchio S.r.l., San Marino Città (RSM), 2014, pp. 541, Euro 34,00.

Il libro offre una disamina degli aspetti militari legati al fenomeno che oggiconosciamo con il nome di Crociate. La bibliografia sull’argomento è no-toriamente sterminata, ma assai pochi sono i testi che si concentrano sutale materia, lasciata spesso ai margini o trattata superficialmente. L’au-tore, invece, si dedica esclusivamente alle vicende belliche che videro af-frontarsi gli eserciti in Medio Oriente per quasi due secoli. In particolare,egli approfondisce i fatti legati alla nascita ed allo sviluppo degli ordini dicavalleria, che si aprirono nel secondo decennio del XII secolo per chiu-dersi con la perdita definitiva della Terrasanta, nota appunto in Europacome “Outremer”. Gli ordini di cavalleria rappresentarono la rinascitadell’arte militare occidentale, costituendo eserciti professionali, compren-denti reparti di cavalleria pesante e leggera, di fanteria, del genio, di arti-glieria, delle comunicazioni, per il presidio delle fortificazioni permanenti,di sostegno logistico, disponendo anche di unità navali per il trasporto edil combattimento. Gli ordini si strutturarono in maniera gerarchico-funzio-nale dando vita ad una chiara ed efficace linea di comando con veri epropri staff a disposizione dei vertici, al fine di permettere l’espletamentodella funzione di comando e controllo. Particolarmente delicati erano ilreclutamento, l’addestramento e l’approvvigionamento, diversamente daquanto comunemente si pensa. Le Regole degli ordini venivano in effettia costituire dei veri e propri manuali di arte militare, dove, accanto allenorme di vita religiosa, ve ne erano numerosissime altre che disciplinava-no nei minimi dettagli gli aspetti più propriamente marziali. Alcune sezionidelle Regole sono paragonabili a veri e propri manuali di tattica, che re-golano ogni aspetto del combattimento, dall’approntamento alla cura deiferiti. L’autore studia tutto questo, forse per la prima volta, dando vita adun lavoro organico e completo che mette anche in risalto tutti i luoghi co-muni legati all’arte militare medioevale, aiutati spesso da pessima filmo-grafia. Il testo è arricchito da numerose illustrazioni e mappe delle cam-pagne e battaglie, tutte originali.

“Outremer non esisteva più. LeReligioni Militari erano sopravvis-sute, ma drammatici avvenimentierano all’orizzonte” (Fulvio Poli)

“Le palle girate erano un tipo dimunizione da fucile realizzato ar-tigianalmente ... insomma, unasorta di pallottola dum-dum fattain casa ...” (Michele D’Andrea)

Page 46: PERIODICO DELL’ESERCITO FONDATO NEL 1856 · 2015-11-27 · Quest’ultima accezione è in contrappo- ... di Ruanda, Burundi, Uganda, Tanzania, Kenya e Repubblica Democratica del
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