Periodico della parrocchia di S. Anselmo di Lucca LA MESSA ... · Chi scrive ne ha un vivo ricor-do...

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1 Anno 4- Numero 1– 15/01/2012 Periodico della parrocchia di S. Anselmo di Lucca LA MESSA COMINCIA PRIMA Di Francesco Grasselli Q uando la domenica andiamo a Messa, generalmente non portiamo niente con noi. Tutto l’occorrente è già in chiesa. L’ha preparato il prete, magari con l’aiuto delle suore o del gruppo liturgico. Al massimo, guardia- mo nel portamonete per vedere se ci sono i 50 centesimi per l’offerta. Importante, ma non sufficiente. Perché in realtà la Messa comincia molto prima del canto d’ingresso o del segno della croce e del saluto del prete: “Nel nome del Padre … Il Signore sia con voi …”. Quando comincia? Comincia con la Convocazione, la chiamata di Dio. E quand’è che Dio ci chiama a Messa? Sembra incredibile, ma ci chiama già con il Battesimo, quando veniamo immersi nella morte di Gesù per poter partecipare alla sua Resurrezione. I battezzati sono sempre convocati per l’Eucarestia; e ogni loro passo o va in quella direzione o è dispersivo, contrario alla loro natura di figli di Dio. Perciò cominciamo a celebrare l’Eucarestia a casa, sul lavoro, a scuola, lungo le strade, nell’incontro tra amici o nell’impegno sociale, ecologico, politico … Ovunque, sempre, celebriamo un mistero che ci attira, come il centro più profondo del nostro nuovo essere. Ovunque, sempre, prepariamo la “materia” – come si diceva un tempo – per quella consacrazione che non riguarda solo un’ostia e poche gocce di vino, ma l’universo. Insieme verso il centro. Anzitutto dobbiamo renderci conto di questo movimento verso il centro e assecondarlo. Si va insieme. L’assemblea si sta formando. Quando la domenica arriviamo ai gradini della chiesa, è da un mucchio di tempo che stiamo camminando verso questo luogo e quest’ora. Non abbiamo già il senso di questo convergere quando ci riuniamo in famiglia per il pranzo o la cena e quando preghiamo insieme – marito, moglie e figli – prima di addormentarci? Non sentiamo che il cerchio si forma e si stringe quando incontriamo i vicini di casa e condividiamo le notizie, appianiamo le divergenze, partecipiamo gli uni alle gioie e ai dolori degli altri? Il pane viene preparato lungo tutta la settimana: il pane della fatica, il pane della sopportazione reciproca, il pa- ne del perdono, il pane della riconciliazione … E ogni giorno si spilla il vino: vino di molte lacrime, di sacrifici quotidiani, di assenze e tradimenti, di paure e solitudini, di fastidi, malattie, incomprensioni … Ma è un pane solo, non tanti pani quanti noi siamo; è un calice solo, non tanti bicchieri scompagnati. Pochi, ma non per tutti. C’è tanta gente attorno a noi che “Sta andando a Messa” con noi, sempre: questa è la visione che ci dona lo Spirito. Non tutti ci arriveranno, anzi pochissimi. Ma quelli che ci arrivano, portano il pane e il vino di tutti. Altrimenti, come potrebbe essere che il pane e il vino consacrati sono il corpo e il sangue per tut- ti? La moltitudine. Se anche la domenica la chiesa è piccola e l’assemblea modesta, formata da poche persone, essa è tuttavia la punta emergente di una assembla invisibile, che si muove dai quattro punti cardinali. L’Apocalisse par- la di “Una moltitudine immensa, di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (Ap 7,9). E l’assemblea celeste; ma quella eucaristica ne è figura e annuncio; la comprende racchiusa. Quando durante la settimana “Andiamo a Messa” facendo, momento dopo momento, ciò che dobbiamo fare con spirito di obbedienza e amore, sentiamoci parte di questa innumerevole folla. Tutti camminano verso un mistero che non conoscono, ma che pure li attrae con irresistibile forza: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).

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Anno 4- Numero 1– 15/01/2012

Periodico della parrocchia di S. Anselmo di Lucca

LA MESSA COMINCIA PRIMA Di Francesco Grasselli

Q uando la domenica andiamo a Messa, generalmente non portiamo niente con noi. Tutto l’occorrente è già in chiesa. L’ha preparato il prete, magari con l’aiuto delle suore o del gruppo liturgico. Al massimo, guardia-

mo nel portamonete per vedere se ci sono i 50 centesimi per l’offerta. Importante, ma non sufficiente. Perché in realtà la Messa comincia molto prima del canto d’ingresso o del segno della croce e del saluto del prete: “Nel nome del Padre … Il Signore sia con voi …”. Quando comincia? Comincia con la Convocazione, la chiamata di Dio. E quand’è che Dio ci chiama a Messa? Sembra incredibile, ma ci chiama già con il Battesimo, quando veniamo immersi nella morte di Gesù per poter partecipare alla sua Resurrezione. I battezzati sono sempre convocati per l’Eucarestia; e ogni loro passo o va in quella direzione o è dispersivo, contrario alla loro natura di figli di Dio. Perciò cominciamo a celebrare l’Eucarestia a casa, sul lavoro, a scuola, lungo le strade, nell’incontro tra amici o nell’impegno sociale, ecologico, politico … Ovunque, sempre, celebriamo un mistero che ci attira, come il centro più profondo del nostro nuovo essere. Ovunque, sempre, prepariamo la “materia” – come si diceva un tempo – per quella consacrazione che non riguarda solo un’ostia e poche gocce di vino, ma l’universo. Insieme verso il centro. Anzitutto dobbiamo renderci conto di questo movimento verso il centro e assecondarlo. Si va insieme. L’assemblea si sta formando. Quando la domenica arriviamo ai gradini della chiesa, è da un mucchio di tempo che stiamo camminando verso questo luogo e quest’ora. Non abbiamo già il senso di questo convergere quando ci riuniamo in famiglia per il pranzo o la cena e quando preghiamo insieme – marito, moglie e figli – prima di addormentarci? Non sentiamo che il cerchio si forma e si stringe quando incontriamo i vicini di casa e condividiamo le notizie, appianiamo le divergenze, partecipiamo gli uni alle gioie e ai dolori degli altri? Il pane viene preparato lungo tutta la settimana: il pane della fatica, il pane della sopportazione reciproca, il pa-ne del perdono, il pane della riconciliazione … E ogni giorno si spilla il vino: vino di molte lacrime, di sacrifici quotidiani, di assenze e tradimenti, di paure e solitudini, di fastidi, malattie, incomprensioni … Ma è un pane solo, non tanti pani quanti noi siamo; è un calice solo, non tanti bicchieri scompagnati. Pochi, ma non per tutti. C’è tanta gente attorno a noi che “Sta andando a Messa” con noi, sempre: questa è la visione che ci dona lo Spirito. Non tutti ci arriveranno, anzi pochissimi. Ma quelli che ci arrivano, portano il pane e il vino di tutti. Altrimenti, come potrebbe essere che il pane e il vino consacrati sono il corpo e il sangue per tut-ti? La moltitudine. Se anche la domenica la chiesa è piccola e l’assemblea modesta, formata da poche persone, essa è tuttavia la punta emergente di una assembla invisibile, che si muove dai quattro punti cardinali. L’Apocalisse par-la di “Una moltitudine immensa, di ogni nazione, razza, popolo e lingua” (Ap 7,9). E l’assemblea celeste; ma quella eucaristica ne è figura e annuncio; la comprende racchiusa. Quando durante la settimana “Andiamo a Messa” facendo, momento dopo momento, ciò che dobbiamo fare con spirito di obbedienza e amore, sentiamoci parte di questa innumerevole folla. Tutti camminano verso un mistero che non conoscono, ma che pure li attrae con irresistibile forza: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,32).

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insieme al nuovo corso italiano, non possono che irrobustire questo proces-so. Viceversa, alle esitazio-ni un po’ egoiste della Merkel si è sostituito ulti-mamente l’orgoglio di Cameron, che non è però riuscito a disgregare il con-senso tra gli altri 26. Ca-meron rifiuta la regolazio-ne dei mercati finanziari. La sua scommessa è che l’opting out, il chiamarsi fuori caro alla Thatcher, faccia tornare la City cen-tro del mondo finanziario mentre il resto dell’Europa

si atrofizza con tasse farraginose come quella sulle transazioni finanziarie proposta dalla società civile internazionale. Per ora ha incassato critiche pesanti anche in patria e, ora che non esiste più un rapporto preferenziale con gli Usa di Obama, le sue scel-te potrebbero comportare nei fatti una marginalizzazione inter-nazionale della Gran Bretagna. Nel nuovo anno forse passeranno di moda gli indignados. Ma non va liquidata con sufficienza la loro denuncia di un futuro negato. È su questo che si misurerà l’effi cacia dell’azione di molti governi. Quella sfida, però, va coniugata con quella dell’uscita sostenibile dalla povertà dei tre miliardi che vivono con meno di due dollari al giorno. In questa prospettiva, parti-colare importanza avrà la Conferenza Internazionale delle Na-zioni sullo sviluppo sostenibile di Rio de Janeiro, chiamata co-munemente Rio +20 perché si terrà a venti anni di distanza dalla prima Conferenza Onu su ambiente e sviluppo tenuta nel 1992 proprio nella città brasiliana. Nel 2012 inoltre si celebreranno le elezioni Usa in cui Obama, sia pure in calo di consensi rispetto all’inizio del suo mandato, appare più credibile – e votabile - di tutti i candidati che la mac-china del Grand Old Party repubblicano è riuscita sinora a pro-durre. Rinnovo di mandati anche in Russia, dove Putin intende tornare alla Presidenza, ma per la prima volta incontra contesta-zioni popolari, e in Cina, dove Hu Jintao lascerà il potere, se-condo le rigide regole del partito che prevedono l’uscita dalle cariche pubbliche dopo i 68 anni. Salvo sorprese arriveranno al potere i rappresentanti della ‘quinta generazione’ Xi Jinping nel ruolo di capo dello stato e Li Keqiang in quello di primo mini-stro. Nuovi equilibri nel Pacifico, insomma, destinato a divenire in futuro più centrale dell’Atlantico. Mentre l’anno si chiudeva due figure internazionali ci hanno lasciato, quella dolorosa del leader nordcoreano Kim il Son e quella luminosa di Vaclav Havel. Intellettuale schivo, Havel divenne leader della rivoluzione di velluto quasi controvoglia, chiamato dalla gente. Da Praga segnò la strada che permise ad altri paesi dell’est europeo di passare pacificamente dalla ditta-tura comunista alla democrazia. Chi scrive ne ha un vivo ricor-do personale, a spiegare instancabile, con mitezza e rigore, le ragioni della democrazia e del dialogo con tutti, a cominciare dagli avversari. È quel magistero, che unisce dolcezza e tenacia, che ci è ancora prezioso per le sfide di ogni nuovo anno.

Il 2012, come ogni an-no, si apre ricco di sfide. Alcune di queste deriva-no da un 2011 partico-larmente intenso. Prima fra tutte la primavera araba, che ha cacciato i leader più longevi come Mubarak e Ben Alì, ma guarda al futuro con incertezza. I leader più giovani, come in Maroc-co e Giordania, hanno cercato ponti con i con-testatori. Altri hanno preferito la violenza, come in Bahrein, Ye-men e Siria. Il leader più contraddittorio, Gheddafi, ha preferito cercare la morte in un conflitto annunciato che è costato vite umane e non ha facili-tato il processo democratico nell’area. Se il ritorno al passato è impossibile, ci si interroga sulla ca-pacità della politica di governare senza degenerazioni. In Egitto il processo elettorale è molto lungo e l’esercito non intende lasciare le reali leve del potere. In Libia il nuovo go-verno deve affrontare un difficilissimo percorso di riconcilia-zione nazionale e di riforme economiche e costituzionali, ma non ha ancora un reale consenso popolare. In Siria Assad continua ad avanzare in un vicolo cieco nel quale la ‘diversità siriana’, che lo aveva sinora protetto, potrebbe ad un certo punto scomparire. Il 2012 dirà se nel piccolo leader prevarrà il senso di responsabilità (almeno l’istinto di conservazione) o la violenza disperata e miope. Usa, Europa e Turchia possono tollerare (e usare) un leader che nell’islam più duro toglie la scena ad Ahmadinejad, ma non possono sostenerne la ‘diversità’ di fronte alle immagini del sangue che Al Jazeera trasmette in tutto il mondo. Il 2012 non sarà solo la ricomposizione dell’area araba. Sarà anche il lento processo a rafforzare strumenti e meccanismi di governance per gestire e prevenire le crisi. Il principale osta-colo ad una intesa, l’atteggiamento della Germania, sembra venire meno di fronte alla constatazione dell’interdipendenza dei paesi e alla sistematica perdita di consensi dell’alleanza giallo-nera tra Cdu/Csu e liberali. Le elezioni francesi, con un forte europeismo del presidente uscente e dell’opposizione,

Realismo e fiducia Molta la preoccupazione ma ancor più la speranza

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Non lasciamoci mangiare

U n concessionario di moto s’impicca perché non riesce più a pagare i suoi dipenden-ti. Un pensionato si lancia dal balcone dopo aver ricevuto una lettera in cui l’Inps

gli chiede indietro 5000 euro. E’ la Spoon River quotidiana di una crisi che più ancora dei poveri colpisce gli impoveriti, gettando nel panico coloro che si ritrovano sbalzati all’improvviso in una condizione di incertezza e non reggono all’onta di perdere il posto, l’azienda, la casa, la faccia. Lo riconosco, è anche colpa mia. Sto maneggiando la paura con troppa scioltezza. E ogni racconto dello sfacelo in corso, pur sacrosanto, diventa un mattone di quel muro d’ango-scia contro cui vanno a sbattere le menti più disperate. Anni di ottimismo becero e falsa-mente gaudioso hanno prodotto per reazione un realismo cupo e senza sbocchi, mentre è proprio in questi momenti che accanto ai ragionieri servirebbero i poeti. Possibilmente non apocalittici. Ormai i notiziari sono bollettini di guerra: tasse, licenziamenti, recessio-ne. La radiografia della realtà, finalmente. Ma le radiografie, da sole, non hanno mai guarito nessuno. Ci vogliono le ricette. E le ricette migliori restano le storie di chi è riuscito a guarire. Indignarsi è sempre me-glio che deprimersi. Ma meglio ancora è evolvere, andare avanti. «Questa società mangia tutti» ha detto il parroco ai funerali del concessionario impiccato. Come la paura. Prometto che d’ora in avanti il sottotitolo implicito di ogni mio articolo sarà: non la-sciamoci mangiare.

Calcioscommessse: un giocatore che vestendo una maglia scende in campo per perdere sta tradendo un intero popolo

C i risiamo un'altra volta: è calcio scommesse. La Procura di Cremona indaga su venti partite di Serie A che sareb-

bero state truccate. Non solo indizi, ma intercettazioni, testi-monianze e confessioni di alcuni protagonisti sembrano con-fermare che i sospetti degli inquirenti sono fondati: c'erano giocatori che si prestavano, in cambio di soldi, a "pilotare" i risultati. Gente che andava in campo facendo finta di impe-gnarsi, davanti a decine di migliaia di spettatori pronti a farsi venire l'infarto per i loro beniamini. Come si sa, il diavolo si annida nei particolari. E i dettagli sono proprio quelli che in questa brutta storia svelano agli occhi della gente comune un mondo decisamente squallido; un mondo nel quale calciatori ed ex calciatori si presentano agli appuntamenti per aggiustare le partite con la Porsche 911, discutono di pacchetti di decine di migliaia di euro come se si trattasse di soldi del Monopoli, si fanno fotografare dai papa-razzi con qualche ragazza copertina. Ma tutte cose che sma-scherano una concezione della vita malata, vuota, piena di quel nulla che alimenta tutti i vizi peggiori che possono ottun-dere la coscienza di un uomo. Uno legge notizie come queste e cerca di capire perché, di spiegare qual è la molla che può spingere dei giovanotti che stanno bene, hanno già molti soldi e molti divertimenti, a infi-larsi in un pasticcio più grande delle loro stesse intenzioni. E a guardar bene, le cause ci sono. Innanzitutto, quell'ideuzza troppe volte ripetuta secondo la quale bisogna evitare di "fare del moralismo". Con questa faccenda di non fare del morali-

smo, tutto vie-ne trasformato ed edulcorato: le prostitute d i v e n t a n o escort, i truffa-tori gente scal-tra, i ladri per-sone sveglie, i corruttori per-sone dotate di senso pratico, i peccatori gente di mondo, e, ovviamente e per coerenza, gli aborti delle Ivg, e l'eutanasia un aiuto a mori-re con dignità. Non c'è scampo: se ci sbarazziamo della morale con la scusa di non fare del moralismo, poi dobbiamo tenerci anche le par-tite truccate e il campionato truffaldino. Perché ci abituiamo a pensare che l'omino il quale, pur con tutti i suoi limiti, si sfor-za di vivere onestamente, è in fondo uno stupido, un bacchet-tone, uno superato, un anormale. L'onesto diventa il vero e unico imperdonabile "diverso" della modernità, perché ormai ci siamo giocati la "normalità" del bene, quell'idea forse anche un po' piccolo borghese, ma anche grandiosamente cristiana, l'idea cioè che il bene va fatto tutti i giorni più volte al giorno evitando innanzitutto il male. C'è però un aspetto ulteriore che rende questa vicenda partico-larmente odiosa: vendere una partita di calcio significa sporca-re qualche cosa di sacro. Non esagero: una competizione spor-tiva, interpretata vestendo la maglia di una squadra, è la rap-presentazione simbolica di una battaglia. Per fortuna non scor-re il sangue, ma durante il gioco si ripete in maniera metafori-ca lo scontro fra due nemici, si rivive la competizione dram-matica del conflitto. Ed è precisamente questo significato ulte-riore che spiega la passione, e perfino gli eccessi, del tifo cal-cistico. Un giocatore che vestendo una maglia scende in cam-po per perdere sta tradendo un intero popolo. E per quanto sia bello, abbronzato e piaccia alle donne, non dovrebbe più avere il coraggio di guardarsi allo specchio.

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commissione diocesana torine-se per la Sindone:

«Il lancio di noti-zie sulla Sindone assume facilmen-te il tono del sen-sazionale, ma nel

caso attuale è apprezzabile il senso di misura con cui i protago-

nisti parlano delle loro ricerche: un fatto raro, che rende la cosa gradevole e dà

alla notizia la qualifica di serie-tà». Negli ultimi anni gli annunci di «nuove scoperte», «rivelazioni

sconvolgenti» intorno alla Sindone sono diventati un vero e pro-prio genere letterario: il telo è stato associato ai templari o ai marziani; ci si è detti sicuri che sarebbe stato dipinto da Leonar-do da Vinci, sottolineando certe somiglianze con l'Autoritratto; sono comparsi qua e là nel mondo campioni di tessuto sindonico

di provenienza per lo meno dubbia. In molti casi, per non dire in tutti, dietro questi annunci c'era soprattutto l'opportunità di lan-ciare la pubblicazione di un libro o la possibilità di trovare finan-ziamenti per qualche ricerca. In questo la Sindone non è certo in

grado di sottrarsi alle logiche dominanti del marketing. Il mas-siccio ingresso del «mistero sindonico» nel mondo della comu-nicazione di massa rende sempre più difficile, per il pubblico comune, la distinzione fra il lavoro scientifico serio, la ricerca dilettantesca e il puro opportunismo.

La storia recente delle ricerche sul telo è purtroppo ricca di ma-nipolazioni, equivoci, fraintendimenti. Le conclusioni degli esami condotti col carbonio 14 nel 1988, che indicarono una datazione medievale per la Sindone, risulta-

no oggi ulteriormente indebolite dai risultati, seppure parziali, delle ricerche Enea; ma più ancora dalle carenze metodologiche con cui fu eseguito l'iter scientifico. [...] Oggi si attende che possa ripartire una nuova stagione di ricer-

che. «Le nuove tecnologie acquisite — dice ancora monsignor Ghiberti — permetteranno di compiere esami e accertamenti non invasivi sul telo; ma, soprattutto, si dovrà prestare la massima attenzione al rigore e al rispetto delle procedure scientifiche: per evitare strumentalizzazioni e per rispettare il grande significato

religioso ed ecclesiale che la Sindone ha per il popolo cristiano e per tutti quelli, anche non credenti, che in quel Volto vedono la testimonianza misteriosa di un amore senza fine».

A ncora conferme per la reliquia più amata della cristia-nità, l'oggetto più studiato dalla scienza

La Sindone continua a essere, per la scienza, un «oggetto

impossibile». Impossibile, anche, da falsificare. Nei giorni scorsi sono stati resi noti i risultati di cinque anni di inte-ressanti ricerche condotte da una équipe dell'Enea (l'Ente nazionale italiano per le nuove tecnologie e lo sviluppo sostenibile) e dedicate alla «colorazione simil-sindonica di

tessuti di lino tramite radiazione nel lontano ultraviolet-to».Si è cercato, cioè, di approfondire quello che è il tema centrale delle ricerche scientifiche sulla Sindone: come si sia formata quell'immagine che ai credenti evoca così po-

tentemente la Passione del Signore e che per tutti - ma per gli scienziati in particolare - costituisce una «provocazione all'intelligenza», come la definì Giovanni Paolo II nella sua riflessione di fronte al telo, nel Duomo di Torino il 24 mag-gio 1998.

Le ricerche dell'Enea sono state condotte per un lustro ma in particolare nel 2010, durante l'«International Workshop on the Scientific Approach to the Acheiropoietos Images» tenutosi a Frascati, nella sede dell'Enea, nel mese di mag-

gio, utilizzando le più aggiornate fra le tecnologie attual-mente disponibili (responsabili i professori Di Lazzaro, Murra, Santoni, Nichelatti e Baldacchino). L'obiettivo era di tentare la «riproduzione» dell'immagine del tessuto sin-donico (e del Volto in particolare): se uno dei numerosi

esperimenti effettuati da vari studiosi nel passato allo scopo di riprodurre l'immagine sindonica fosse riuscito, si sarebbe aperta la possibilità di dimostrare, con argomenti più validi, che la Sindone attualmente custodita a Torino possa essere

un «manufatto», realizzato in un'epoca successiva al i seco-lo. Ma anche i tentativi di riproduzione hanno evidenziato una colorazione troppo profonda e molti fili di lino carbonizza-ti, caratteristiche incompatibili con l'immagine sindonica.

Senza contare che le prove sono state condotte su porzioni di tessuto molto piccole. Per effettuare l'esperimento su una superficie come quella della Sindone (4,36 metri per 1,10 circa) bisognerebbe disporre di una potenza di 34.000 mi-

liardi di watt: una quantità che, osservano gli scienziati Enea, «rende oggi impraticabile la riproduzione dell'intera immagine sindonica usando un singolo laser eccimero, poiché questa potenza non può essere prodotta da nessuna

sorgente di luce vuv (radiazione ultravioletta nel vuoto) costruita fino a oggi (le più potenti reperibili sul mercato arrivano ad alcuni miliardi di Watt)». Diversamente da altri annunci sensazionali che si sono suc-ceduti negli anni scorsi, gli scienziati dell'Enea, molto at-

tenti a documentare tutti i passaggi del metodo di lavoro seguito, presentano con estrema cautela le proprie conclu-sioni, limitandosi a proporre precise considerazioni che non esulano dal campo scientifico. È una prudenza molto ap-

prezzata da monsignor Giuseppe Ghiberti, presidente della

Una ricerca scientifica dell’ENEA durata 5 anni conferma: La Sindone è autentica

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Farina di

Brecht

S imone Farina è un calciatore di serie

B che ha rinunciato a duecentomila euro per truccare una partita, denunciando il tentati-vo di corruzione alla magistratura. Un cittadino esemplare, si sarebbe scritto una volta. Ma adesso a fare il proprio dovere si diventa diretta-mente eroi. L’eterno presidente del calcio mondiale Joseph Blatter lo ha nominato ieri ambasciatore del fair play, che è come se Lady Gaga assegnasse i certificati di castità alle Orsoline. Intendiamoci. Nessuna intenzione di sminuire la portata dell’evento. In questa fase di convalescenza dal bunga bun-ga la nostra immagine internazionale necessita di una luci-data e nulla può smacchiarla in profondità meglio di un esempio di serietà e pulizia. Eppure c’è qualcosa di stonato. Non in Farina, che sembra anzi il più imbarazzato di tutti. Ma in coloro che lo esaltano come un essere sovrumano, con ciò ammettendo implicitamente che i comportamenti onesti non rappresentano più la normalità, ma l’eccezione. Di questo passo cominceremo a premiare il politico che non ruba, lo sportivo che non si dopa, l’impiegato che non si mette in mutua per andare a fare la spesa, il cassiere del bar che strimpella sinfonie di scontrini, l’automobilista che si arresta davanti alle strisce, il genitore che dà ragione all’in-segnante invece che al pargolo, il banchiere che presta soldi a un giovane promettente invece che a un altro banchiere. «Sventurato il popolo che ha bisogno di eroi», sosteneva Brecht. E non conosceva ancora Blatter.

FECONDITA’ RESPONSABILE Abbiamo già tre figli, la mia salute, le stesse condizioni economiche ci impediscono di averne altri. Facciamo peccato a non averli? I coniugi devono sentirsi sempre liberi e responsabili di accettare o rifiutare il dono della vita, anche se ogni bimbo che nasce ha un valore infinito: creato a immagine di Dio, redento dal sacrificio di Cristo, destinato alla gloria e alla felicità del paradiso.

Nella procreazione si può peccare per difetto e per ec-cesso. Spetta ai genitori valutare i pro e i contro prima di mettere al mondo una creatura. La salute, le difficoltà economiche, le responsabilità educative, devono essere tenute presenti e trovare gli sposi pienamente consen-zienti nelle loro decisioni. Ovviamente quando seri moti-vi suggeriscono di sospendere o distanziare la vita, deve rimanere integro l’impegno della mutua donazione per mantenere e accrescere l’amore. Oggi ci sono vari metodi scientifici per evitare una ma-ternità non voluta, ricorrendo ai così detti “Periodi infe-condi”; voluti appunto dalla natura per mantenere vivo il rapporto coniugale; tenendo anche presente come la con-tinenza è una virtù raccomandabile e praticabile anche dai coniugi.

Provvidenza PIERO GALLO

Possiedo diversi libri sul Socialismo, compresa la «Storia del pensiero socialista» di Cole (Ed. Laterza). Non ho mai voglia di leggerli, perché ho l’impressione che mentre tutti i temi dell’at-tualità mi parlino, quello del socialismo resti muto. Forse per-ché tutto quel rosso di anni addietro, è diventato un rosa-salmone. Più che un colore è uno sfondo. Sento che c’è ancora qualche parlamentare di quello sfondo, che si aggira nell’emici-clo della Camera. Prima di perdersi, il colore sbiadisce. Vincendo una sor-ta di indifferenza per le questioni concluse, apro un giorno un volume sul marxismo. Mi capita sotto mano quello che è chia-mato «il celebre frammento di Marx». Tra le altre cose afferma: «L’ateismo è l’umanesimo riconciliato con se stesso dalla soppressione della religione». E poi, come saggio sintetico sull’utopia: «L’umanità uscirà finalmente dal regno della fatalità per entrare in quello della libertà ». Visto il contesto, fatalità è il regno della religio-ne e le sue regole, libertà è il rifiuto globale. Mi ricorda quell’uccellino che si sveglia con le ali bagnate e pensa a quan-to sarebbe bello potersi liberare di quel peso. Si scuote e quel peso lo solleva. Per me è più gratificante pensare che dal regno della fatalità si passi a quello della Provvidenza. Su ognuno di noi c’è un pro-getto; se tu lo assecondi, ti realizzi. Molti passi della Bibbia dicono «La tua destra mi conduce, o mi sostiene o mi salva». Il legame con l’Amore è una liberazione: «amor meus, pondus meum» è un ritorno costante a quel baricentro che ti impedisce di oscillare e basculare fino a rovesciarti su te stesso. Il finale cristiano è: «Dio tutto in tutti». Finite le oscillazioni, ci sarà la stabilità e Lui sarà la stabilità di tutti, perché il suo essere è l’es-sere di tutti.

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DECALOGO DELL’AMORE GRATUITO

1 Se tu ami le persone e ogni cosa buona, allora soltanto tu ami

veramente Dio. 2 Fa agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te. Fa il meglio che

puoi, e lascia a Dio il resto. 3 Ritorna a te quello che parte da te: semina bene e raccoglie-

rai amore. 4 Sappi volere: la volontà è il mezzo più potente per chi sa

valersene. 5 Pensa a ciò che è costruttivo e che ti migliora. Non essere

vittima di mali immaginari. 6 Il pensiero deve andare d’accordo con le tue parole e le paro-

le con le azioni. 7 Accogli con viso sorridente qualunque cosa ti avvenga. Que-

sto mondo è come uno specchio: se sorridi, ti sorride, se lo guardi arcigno e diffidente, con lo stesso viso arcigno e dif-fidente guarderà te.

8 Sii pronto ad agire sempre per il bene. Vinci tutte le antipatie con un cucchiaio di miele.

9 Se vivi come “Volontario” del bene sarai una benedizione per tutti.

10 Se vuoi vivere una vita buona e bella: sii buono, franco, semplice … alla ma-niera evangelica. Nes-suno può essere felice da solo. Buon cammi-no!

No al divorzio,

no alla convivenza L’unione coniugale dell’uomo e della donna ha il fascino delle cose belle e misteriose iscritte nel codi-ce della natura umana: è un richiamo che viene dagli inizi, un appello collegato alla procreazione e dunque alla perpetuazione della specie, un impulso alla complementarietà dei due sessi, un principio di co-munità. Soprattutto è la risposta alla vocazione primordiale che dà origine alla famiglia, secondo il progetto originario di Dio creatore: “…I due saranno una carne sola” (Gen 2,24). Al peccato originale che ha incrinato, ma non annullato l’armonia iniziale, è seguita l’opera della redenzione in Gesù Cristo e la famiglia permane al centro dell’attenzione del Creatore, che attua il suo piano provvidenziale con cui suscita continuamen-te alla vita nuove creature umane. La famigli è la cellula della società. Più ancora, per i cristiani essa è la Chiesa domestica, il luogo della grazia, dell’amore e della presenza di Cristo. Oggi però la famiglia è continuamen-te insidiata dalla mentalità edonistica con le sue lusinghe: l’in-fedeltà che rincorre il piacere, l’incapacità di capirsi tra coniu-gi, il facile ricorso alla separazione e al divorzio. Ma il divorzio, la convivenza o le unioni di fatto sono lo stra-volgimento del patto sponsale, la sconfitta dell’amore,una so-luzione dolorosa per tutti, soprattutto per i figli. L’autentico volersi bene, invece, richiede la fatica dell’impegno, lo sforzo della comprensione, il superamento delle difficoltà.

LISTA OCCORRENTE A CASA BRUNA E DANTE Antennista Forbici taglia-carne Piatti da portata Tazzine da caffè Cucchiaini Colino per zucchero a velo Appendi mestoli da tavolo Set di coltelli da cucina Tritatutto Strofinacci e presine Tovaglia rotonda per il tavolo della Cucina Tritatutto Asciugamani Lampada da sala Tappeto per la sala Tovaglia rettangolare per il tavolo della sala (190cm) Evaporatori colorati da attaccare ai termosifoni Rastrello, Vanga, Zappa, Badile, Forbici da poto, Sega grande, Rastrello raccogli foglie Scopa da esterno

Portafoto (per 5-6 foto) da parete Quadri o poster da arredo tra cui una cartina del mondo Mappamondo gonfiabile Targhetta di legno da attaccare al cancello o alla porta con scritto “CASA BRUNA E DANTE” Pianta da interno da mettere in sala Siepe da mettere in un punto pericoloso del giardino Scaletta in acciaio da interno Giochi di società Qualche giocattolo Pupazzi PER APPARTAMENTO PICCOLO : Cucina completa, Frigo, Tavolo, Divano Piatti, Pentole, Posate, Biancheria da cucina Lenzuola, Coperte

VITA DI CASA BRUNA E DAN-TE

Ogni giovedì mattina preghiera aperta a tutti alle 7.30 Ogni martedì sera incontro di casa alle 21 Numero di telefono: 3403556466

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I doveri prima di tutte le soddisfazioni (egoistiche) travestite da altruismo o spiritualità Ad esempio una madre non può aprire la sua casa ai barboni,

un padre non può trascorrere tutte le sue sere tra ritiri, incontri ed eventi religiosi che gratificano, risultando

una sorta di lussuria spirituale di Costanza Miriano

La cosa più importante che ho capito in anni di inutili liste di buoni proposi-ti, è che senza lo Spirito Santo "nulla è nell'uomo, nulla senza colpa". Questo solo ci permette di non rimanere schiacciati guardando la sproporzione tra quello che vorremmo fare e quello che facciamo, tra come vorremmo essere e come siamo. Nella vita spirituale la comprensione, vera, sincera, leale, non affettata, della propria povertà è segno che si sta andando dalla parte giusta. Perché alla fine il perfezionismo, l'idea di poter aspirare a qualcosa che si avvicini anche di striscio alla perfezione altro non è che l'idea che l'uomo valga qualcosa da se stesso, e quindi possa fare a meno di Dio: l'idea madre di tutte le aberrazioni, il peccato, le eresie. Al numero uno, dunque, quest'anno, forse sarebbe bene mettere la decisione di accogliere la realtà, la realtà che viene incontro e provoca con le sue ri-chieste. A volte insopportabilmente esigenti, a volte solo faticose, a volte bel-le e basta. A chi gli chiede come essere perfetto Gesù dice di amare il prossimo, e il prossimo è il samaritano che incontra il ferito, lo raccoglie e lo affida a un locandiere, pagandolo perché si occupi di lui. Non stravolge la sua vita, ma fa quello che può, con generosità e buon senso, deviando dal suo percorso ma mantenendo la sua rotta. Accogliere le occasioni di fare il bene, con senso di realtà e misura, sempre tenen-do presenti e primi i propri doveri di stato: una madre non può aprire la sua casa ai barboni, un padre non può trascorrere tutte le sue sere tra ritiri, incontri ed eventi religiosi che gratificano, risultando una sorta di lussuria spirituale (più diffusa di quanto si pensi). E' più faticoso stare a casa, amare più "banalmente" i propri familiari, i parenti, i colleghi, quelli magari di cui in questi giorni di incontri per le feste ci siamo anche un po' lamentati. Anche nel banale pranzo coi parenti si può amare come Dio ci chiede di fare, soccorrere una povertà che nessuno vede, avvicinare una solitudine che nessuno sfiora. Io personalmente non ho mai messo questa forma banale e quotidiana, quasi "obbligata" di amore tra i buoni propositi di inizio anno. C'è una piega di eterno possibile in ogni azione, perché non è quello che facciamo, ma lo Spirito Santo a rende-re feconde e "senza colpa" le nostre opere. Quelle che compiamo sapendo che senza Gesù non possiamo fare nulla. Domani è la festa del santo nome di Gesù, il nome che vuol dire Dio salva. Il nome al quale "ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra", e che ci rende figli di Dio; il nome di colui che ride ai nostri progetti e che raccoglie le nostre briciole per trasformarle in pane per il mondo.

Nonna Rai

L a signora Livia ha ottantadue

anni e la testa lucida, ma le gambe appan-nate. Mauro è un giovane alpino di sessantaquattro che le abita accanto e ogni tanto scende a fare le commissioni per tutti e due. L’altro giorno Mauro doveva andare alla Posta e ha chiesto a Livia se aveva bisogno di qualcosa. Lei gli ha messo in mano 112 euro. «Sono per il canone Rai». Mauro le ha spiegato che non era il caso: «Hai più di 75 anni e una pensione so-ciale senza altri redditi: sei esentata». Livia ha insistito: «Posso per-mettermelo». «Ma se non arrivi a 500 euro di pensione!». «Tanti stanno peggio di me. I miei soldi serviranno a coprire quelli che non metteranno loro e a migliorare i conti della Rai, che nonostante tutto mi tiene compagnia». Pare faccia lo stesso con certe medicine che paga anche quando non dovrebbe, perché chi è fatto così è così sem-pre, nella vita. Non sarei capace di ragionare come Livia. E ho le mie ragioni, sia chiaro. Il canone viene evaso in massa, ci sono regioni dove i pochi che lo pagano vengono considerati marziani. E andare in soccorso dei bilanci della tv pubblica equivale a battersi per salvare l’onore di una anziana meretrice: un’impresa assurda, oltre che disperata. Però non sono le persone come me a tenere in piedi questa baracca chiamata Italia. Sono quelle come Livia. Che non lanciano accuse, non cercano alibi, non fanno paragoni. Hanno un’idea di comunità nella testa e le rimango-no fedeli con rettitudine, senza sen-tirsi né vittime né eroi. Semplice-mente normali.

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Pellegrini Lorenzo 03-feb Peterlini Greta 19-feb Piccinini Sara 12-feb Pilastri Silvia 10-feb Pontorno Asia Karima 20-feb Puglia Andrea 02-feb Puoti Ferdinando 15-feb Ragni Riccardo 14-feb Ricco' Panciroli Luca 28-feb Rimmaudo Nicolo' 07-feb Rinaldi Jenny 25-feb Romita Susanna 06-feb Rossi Enrico Virgilio 20-feb Rumyantseva Anna 27-feb Ruzzarin Andrea 18-feb Salamini Giorgia 08-feb Salardi Fabio 28-feb Salsi Marta 12-feb Schiavone Francesco Paolo 15-feb Seligardi Mathias 26-feb Severi Christian 29-feb Spanu Niccolo' 24-feb Spattini Ludovico 12-feb Spezzani Luca 03-feb Spina Iris Maria 17-feb Stenaj Francesca 21-feb Tacchini Marco 05-feb Tasselli Eric 11-feb Terenziani Andrea 11-feb Terenziani Elisa 05-feb Tinica Daniela 08-feb Tomaiuolo Carmen 13-feb Torreggiani Sofia 11-feb Tresca Nicolo' 27-feb Tufo Giuseppe 27-feb Vaccari Simone 11-feb Vezzosi Annalisa 08-feb Viani Alberto 04-feb Viani Andrea 18-feb Viani Marco 04-feb

Tanti auguri a … Vorremmo fa re tan� auguri ai ragazzi

della nostra pa rrocchia che nel mese di

Febbraio compiranno gli anni

Abissino Gianluca 22-feb Azzolini Angelo 06-feb Bajrami Christian 20-feb Bari Maria Grazia 16-feb Barilli Riccardo 18-feb Bassoli Alessandro 27-feb Bassoli Cecilia 27-feb Bauzone Lucia 07-feb Becchi Gabriele 02-feb Becchi Mattia 09-feb Bedogni Laura 06-feb Benfenati Sofia 28-feb Bernieri Gabriele 03-feb Berti Giorgia 15-feb Bertolani Azeredo Luca 04-feb Bertoni Elisa 02-feb Bianco Elia 10-feb Bigi Alberto 08-feb Bondavalli Gaia 03-feb Boughlal Myriam 01-feb Braglia Giulia 24-feb Bregu Jesmina 25-feb Cafaro Veronica 02-feb Camara Giovanni Alassane 16-feb Camellini Alice 16-feb Campani Celeste 28-feb Camurri Francesca 15-feb Caniparoli Denis 20-feb Carretti Maddalena 25-feb Casarini Chiara 14-feb Catellani Arianna 23-feb Cerviotti Antonio 24-feb Cicco Lidia 05-feb Coccorullo Luciano 23-feb Codeluppi Chiara 24-feb Colombi Giulia 25-feb Cornali Andrea 22-feb Corradini Luca 10-feb Costi Elena 28-feb Crescente Angela 25-feb Cresto Miseroglio Lorenzo 18-feb Curecheru Dan 22-feb Cusumano Celeste Giusy 07-feb Davoli Stefano 05-feb Davolio Elisa 04-feb De Marchi Riccardo 15-feb Del Viscio Emanuela 06-feb Di Paola Jacopo 24-feb Diletto Giusy Francesca 05-feb

Dungaran Analyn Baile 06-feb Fathi Issa Hammad Asmaa 20-feb Fava Alessandro 15-feb Ferrari Michele 15-feb Ferretti Alice 09-feb Fontanesi Marco 25-feb Fontanili Luca 17-feb Formentini Sara 06-feb Fornaciari Ferretti Doris 09-feb Forti Alessia 17-feb Foschi Gaia 10-feb Franzi Pietro 03-feb Franzoia Enrico 04-feb Froio Pietro 01-feb Galasso Esmeralda 12-feb Gallo Emanuele 24-feb Gatti Federica 13-feb Gavesi Emanuele 22-feb Genitoni Ilaria 29-feb Ghiselli Ricci Alice 07-feb Gira Noemi 28-feb Golia Consiglia 17-feb Grilli Eric 22-feb Grisendi Cecilia 12-feb Holopainen Agnese 04-feb Hoxha Kristel 12-feb Incerti Elena 07-feb Isufi Iris 12-feb Kakaliashvili Giorgio Luca 26-feb Kuqi Arjola 18-feb Lammens Carlotta 28-feb Lanciotti Matteo 12-feb Leone Giorgia 06-feb Lisi Davide 19-feb Losi Ludovico 18-feb Macarone Palmieri Antonio 02-feb Malaguti Chiara 14-feb Manna Valentina 14-feb Marchesi Filippo 25-feb Mariani Sofia 09-feb Maringola Carmine 23-feb Marmiroli Martina 27-feb Mazzini Chiara 15-feb Menozzi Sara 23-feb Mereanu Tatiana 23-feb Messori Giulia 07-feb Mocan Ion 15-feb Mocerino Sara 16-feb Morini Lucia 08-feb Morselli Flavio 09-feb Morsiani Fabio 03-feb Mussini Luca 07-feb Nsia Paolo 17-feb Nyantakyi Asamoah Samuel 25-feb Orefi ce Roberto 23-feb Owusuwaa Priscilla 03-feb Panciroli Alice 03-feb Panciroli Daniele 13-feb Panella Roberta 02-feb

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Storia di una goccia d’acqua

C’era una volta una goccia d’acqua che, con tante sorelline, se ne stava beata in fondo al mare. Un giorno salì alla superficie. In altro c’era un’immensa volta turchina su cui vagavano certe nuvole bian-che, e in mezzo a tutto quell’azzurro, una gran palla d’oro mandava raggi infuocati. “Com’è bello!” disse la gocciolina. “E come andrei volentieri fin lassù”. Come se qualcuno l’avesse sentita e avesse potuto esaudire il suo desiderio, la gocciolina si sentì di-ventare leggera leggera, finchè si accorse che saliva verso il cielo. “Che cosa succede?” disse spaventata. “Nulla, sorellina!” rispose una goccia che saliva insieme a lei. “O almeno nulla di speciale. Io lo so perchè ho già fatto questo viaggio. Il sole ci ha scaldato e siamo diventate leggere leggere. Il fatto è”

aggiunse “che non siamo più gocce d’acqua”. “E cosa siamo, allora?” chiese la nostra gocciolina incuriosita. “Siamo vapore, o meglio vapore acqueo. Una parola difficile, ma io sono una gocciolina istruita”. “E cosa ci capiterà adesso? Mi piacerebbe saperlo!”. “Ih, quanta fretta! Aspetta e lo saprai.” Che viaggio meraviglioso! Dall’alto, la gocciolina, ormai non più gocciolina, poteva vedere i prati verdi, il mare spumeggiante, i ruscelli argentini, i grandi laghi. La gocciolina si divertì moltissimo a vedere tante belle cose, ma poi si guardò intorno e vide che con tante sorelline che erano salite insieme a lei, si era formata una nuvoletta bianca come quella che tante volte aveva visto quando era sperduta nel mare. Il viaggio fu piuttosto lungo. Intanto altre gocce, trasformate anch’esse in vapore acqueo, si erano unite a loro e avevano forma-to un nuvolone bianco che andava, andava, portato dal vento. E il vento lo portò vicino alle montagne che si levavano diritte, con le loro vette rocciose. Non era più quel venticello scherzoso che aveva portato a spasso la nuvoletta bianca, era un vento gelido che stracciava la nuvola e la portava di qua e di là senza riguardo. Quelle che erano state goccioline divennero tutte molto tristi e la nuvola prese il colore della loro tristezza e si fece grigia: e poichè chi è triste piange, anche la nuvola cominciò a far cadere sulla terra certi goccioloni grossi che parevano lacrime. Ma non si trattava di tristezza. Glielo spiegò, alla nostra gocciolina, la goccia istruita che aveva viaggiato con lei. “Siamo diventate troppe” disse ” e poi non senti che freddo? Questo vento non ha proprio nessun riguardo. Io mi sento tutta rabbrividire. E non sono più vapore acqueo, ma sono di nuovo acqua, anzi, di nuovo una goccia d’acqua.” Anche la nostra gocciolina dovette abbandonare il cielo. E, dopo aver attraversato un nembo tempestoso, si ritrovò sul petalo di un fiore dove brillò come un diamante. La gocciolina era di nuovo felice. Il sole splendeva ed era proprio il sole che le dava dei colori così belli. Ma era tanto caldo, il fiore ebbe sere e bevve la gocciolina, che si trovò così sotto terra, al buio. “Il buio non mi piace!” disse la gocciolina. “Se devo essere acqua, voglio tornare al mare!” “Ci tornerai” disse una voce e la gocciolina si accorse di essere nuovamente accanto alla sorellina istruita “Ma prima dovrai viaggiare un bel po’. Ne so qualcosa io!” aggiunse, dandosi molta importanza. La gocciolina cominciò a camminare, a infiltrarsi fra le zolle, e durante il suo cammino vide mille boccucce che volevano suc-chiarla. Erano le radici che avevano sete. Le goccioline erano tante e contentarono un po’ tutti, finchè a forza di camminare, si ritrovarono tutte all’aperto. Era una bella sorgente di acqua pura e fresca e un uccelli-no vi volò sopra e bevve. Poi, molto soddisfatto, fece una cantatina e se ne andò. “E’ finito?” chiese la gocciolina alla goccia istruita “Comincio a essere un po’ stanca”. “Finito? Si può dire che il nostro viaggio comincia adesso!” La sorgente si era trasformata in un ruscello che correva correva come sospinto da una forza misteriosa. Lungo il cammino si riunivano altri ruscelli e insieme formarono un bel fiume. Il fiume, scorrendo calmo e placido, faceva lungo il suo corso tante cose. Muoveva le pale dei mulini, entrava in certi tubi lunghi per mettere in movimento grandi macchine che dovevano dare l’elettricità, alimentò le fontane, si precipitò nei laghi e non c’era pericolo che la nostra gocciolina, sballottata in quel modo, s’annoiasse. Ma ormai era stanca e il ricordo della sua vita in quella bella distesa az-zurra, si faceva sempre più vivo in lei. E arrivò finalmente il giorno in cui il fiume sboccò in mare e la goccioli-na rivide di nuovo i suoi amici pesci e li salutò con affetto. “Sapete” disse loro dandosi grande importanza “non mi chiamo più goc-ciolina. D’ora in poi mi chiamerete la grande viaggiatrice”. E quelli risero. Si capisce, come sanno ridere i pesci. Maria Monessori

L ’angolo del i l cantastor i e

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Vale la spesa Il droghiere è prostrato. Per Natale la signora Flavia non ha ordinato il solito antipasto di pesce, ma un’insalatina smorta che tenterà di abbronzare con una salsa a buon mercato. La signora Giuliana, vedova non allegra però benestante, ha confermato l’antipastone, ma per quanto abbia a cuore i destini del Paese non riuscirà mai a mangiare anche la porzione della signora Flavia. Si potrebbe raddoppiarle il prezzo in uno slancio di solidarietà, ma il rischio è che imbizzarrisca di sdegno, virando sull’insalati-na pure lei. La professoressa Maria sostiene che è meglio un antipasto di meno e un libro in più, ma il droghiere sembra scettico: a pancia vuota non legge bene nessuno. Il signor Davide, lavoratore a stipendio variabi -le tendente al nuvoloso, prevede che il prossimo Natale nel nostro quartiere sarà rimasto solo R. a ingozzarsi di pesce, perché lavora in nero e ne fa di tutti i colori. La calunnia, ammesso sia tale, suscita l’approvazione della clientela. Per tornare ricchi bisogna che i troppo ricchi diventino più poveri. E’ il partito della patrimoniale e ordina insalatina senza neanche la salsa. Poi ci sono quelli di «manette agli evasori» e si fanno incartare un sobrio prosciutto in gelatina per raffreddare gli ardori. Il liberale del vitel tonné, che sarei io, pensa che per mettere più soldi nelle tasche di Flavia e Davide bisogna abbassare le tasse. E per abbassare le tasse bisogna trasformare lo Stato. E per trasformare lo Stato bisogna ridurre gli sprechi e le caste in guerra tra loro. Ma questo discorso in Italia non emoziona mai nessuno. E’ rimasto ad ascoltarmi solo un salmone. Mi sa che faccio un leasing e me lo porto a casa per compagnia.

La forza motivante Dalle profezie di sventura che gravano sul 2012 (non mi riferisco ai Maya, ma agli economisti) ci salveranno soltanto i vecchi. Chiedo scusa, i diversamente giovani, protagonisti di una rivoluzione di cui non colgono ancora la portata, ma che finirà sui libri di storia perché mai erano stati così tanti e, nonostante gli acciacchi, così in salute. Fin quando rappresentavano una minoranza, gli anziani potevano smettere di lavorare, rifugiarsi negli hobby a scarso dispendio energetico, rintanarsi sulla poltrona buona del salotto per pontificare sulla decadenza dei costumi. Ora che sono maggioranza, non più. Devono contrastare le leggi di natu-ra e darsi una mossa. Come il marito novantenne della regina Elisabetta che all’indomani di un intervento a cuore aperto è anda-to alla messa di Capodanno a piedi (anche se lui, va detto, negli 89 precedenti non aveva sgobbato un granché).

Ai diversamente giovani del 2012 non si chiede solo di mantenere nipoti e figli falciati dalla crisi, ma di rovesciare una traiettoria esistenziale. Sono i primi anziani della storia umana a non potersi permettere il lusso di contemplare il passato. Devono ancora occu-parsi del futuro. Altrimenti chi? Gli effettivamente giovani sono pochi, penalizzati, avviliti. Gli adulti, inadeguati e confusi. Solo l’esercito sterminato dei Div. Giov. ha i mezzi caratteriali, econo-mici e ormai anche fisici per indicarci il prossimo orizzonte comu-ne. Quella «forza motivante» di cui hanno appena parlato Ratzin-ger e Napolitano, arzilli esponenti della categoria.

CHI È ERNESTO OLIVERO Classe 1940, sposato con Anna e nonno di 8 nipoti, Ernesto Olivero ha fondato nel 1964 a Torino il Sermig, al cui interno negli anni 80 è nata la Fraternità della Speranza. Nel 1983 ha ricevuto in comodato l’Arsenale, che con l’aiuto di amici e giovani volontari ha restaurato interamente, tra-sformandolo nell’Arsenale della pace. Oggi è un monastero metropolita-no che accoglie immigrati, tossicodipendenti, alcolizzati, malati di Aids e senza tetto e dove viene svolta anche un’intensa attività culturale. Olivero ha aperto nel 1996 l’Arsenale della Speranza a San Paolo del Brasile e nel 2003 l’Arsenale dell’Incontro in Giordania. Ha avuto numerosi ricono-scimenti in Italia e all’estero, quest’anno è stato nominato europeo dell’anno e cittadino onorario di Torino.

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Natale sobrio: stiamo ripensando i nostri stili di vita?

Noi padroni del tempo o forse il tem-po nostro padrone

A leggere le impressioni scambiate tramite i social network e le tradizionali telefonate di auguri, sembra proprio che le festività natalizie siano trascorse in maniera meno consumistica e più riflessiva del solito. Pochi regali per lo più simbolici tra adulti, giochi e libri non costosi per i più piccoli, famiglie riunite intorno al tradizionale pranzo di Natale, con i bambini intenti a giocare per una volta con la tv spenta. Sem-bra proprio che si sia incominciato a ragio-nare anche in termini di Fil (Felicità interna lorda) oltre che di Pil. Ci voleva dunque una dura presa di co-scienza del drammatico momento che sta attraversando il Paese, per indurci a ripen-sare il nostro modo di vivere? Evidentemente sì. Non possiamo quindi farci sfuggire l’occasione, impiegando un po’ di tempo delle festività per riflettere più a fondo, facendo magari qualche esame di coscienza, cercando di mobilitarci per individuare qualche opportunità dietro i problemi. Mentre ci rendiamo conto che quasi in ogni famiglia c’è alme-no un giovane che non trova lavoro o un cinquantenne che lo ha perso, prendiamo atto di un primo dato positivo: il senso di solidarietà cresce man mano che gli effetti della crisi si fanno sentire. Scalda il cuore leggere che quest’anno il Banco ali-mentare ha raccolto addirittura il 2,6% in più di alimenti da donare a chi non ha di che nutrirsi. Come scaldava il cuore vedere i bambini venirti incontro al supermercato invitandoti a riempire i sacchetti della raccolta: simbolo di un gesto di carità che diventa prassi di vita, e non il frutto dell’emotività di un momento. Altrettanto rinfrancante leggere i commenti degli allievi di quella scuola toscana dove su iniziativa dell’insegnante di lettere hanno provato a ridurre drasticamente per una settima-na l’attenzione dedicata a internet, pc, cellulare e playstation. «È servito a regalarti del tempo, a capire che comunicare tra-mite Facebook è giusto, ma non è tutto, e che rischi di perdere troppo tempo a dire anche tante cose inutili. E che la tv o la 'play' accese per noia non ti aiutano a crescere»: è uno degli studenti coinvolti nell’esperimento a darci con il suo commen-to un esempio di Fil. Che non vuol dire affatto tornare al 'buon selvaggio' di Rousseau, né rifiutare i prodotti e i servizi che il progresso ci mette a disposizione, ma usarli – per l’appunto –

per progredire e non per regredire. Grazie a una piccola pausa ci accorgiamo di aver accettato senza pensarci troppi compromessi. L’illusione più grande, certamente un’illusione di tipo paranoide, ci ha fatto credere che grazie alle conquiste dell’informatica e della tecnologia potessimo diventare addirittura padroni del tempo. Non solo i ragazzi della scuola di Righi hanno scoperto che un motore di ricerca può abbreviare di molto un approfondimento, ma che altrettanto facilmente rischia di condurti su un’autostrada con milioni di svincoli possibili. Diversi anni fa, con grande pre-veggenza, il filosofo Giacomo Marramao illustrò in un conve-gno quella «patologìa dell’aspettativa» di cui oggi quasi tutti soffrono, in particolare i ragazzi. La cosa che più colpisce, quando li coinvolgi in qualche laboratorio all’università o ci parli durante gli esami, è la loro crescente incapacità di con-centrarsi, figlia di un costante impiego di tanti mezzi in con-temporanea (pc, cellulare, telecomando tv, playstation…). Hanno disimparato ad aspettare, impiegando le pause per pen-sare: questo continuo surf virtuale li spinge a passare nella vita da un momento all’altro senza che nessuno di questi momenti abbia il tempo di diventare 'esperienza'. I sempre più affasci-nanti gadget elettronici in questo non aiutano, anzi. Già quindici anni fa, un preveggente editorialista di Wired ci aveva messo in guardia: «Dedichiamo sempre meno tempo a singoli pezzi di media, e così mentre collezioniamo frammenti, la nostra attenzione svanisce…». Per fortuna ci sono genitori accorti che hanno deciso di impedire la visione di cartoni ani-mati troppo veloci (oltre che violenti) ai bambini piccoli, pre-ferendo le vecchie storie e i vecchi disegni di Disney. Per for-tuna c’è un insegnante di lettere capace di far capi re ai suoi allievi che dentro alla loro testa, alla loro mente, alla loro ani-ma, c’è molta più potenza vitale che nel più grande dei compu-ter. Se la botta della crisi può servire a sostare un momento a riflettere, dobbiamo approfittarne. Per ripensare anche il rap-porto che noi e i nostri figli abbiamo con il tempo, e magari di lì cominciare a cercare un sentiero in grado di farci diventare più esseri umani «fatti per seguir virtute e canoscenza» che topolini affannati a correre sempre più in fretta su una ruota che non porta in nessun luogo.

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Riscoprire le virtù per battere la crisi

L a grande sfida si vince con i giovani se cambiamo con loro le regole del gioco. Che per Ernesto Olivero si fon-

dano su legalità, sobrietà, coerenza, Di chi sono le responsabilità della crisi? È sotto gli occhi di tutti che molti hanno rubato e sprecato a dismisura perché chi poteva fermarli si è lasciato corrompere. Ora dobbiamo rinascere. Se non vediamo con occhi nuovi quello che ci sta piombando addosso, rischiamo di entrare in una tragedia dai contorni inimmaginabili. Occor-re far di tutto perché alcune categorie che non hanno sempre vegliato, che sono state sovente di parte, rientrino in se stesse. Penso a giu-dici, giornalisti, ai rappresentanti delle religioni, che hanno il compito di custodire il bene di tutti. Chi ruba, chi passa con il rosso infrange la legge e va sanzionato, chiunque esso sia. La crisi economica è inseparabile da quella politica? Soprattutto c’è una crisi di cuore, tocca il sentimento di appar-tenenza alla comunità. Così muore la politica. Ritengo inac-cettabile il comportamento dei parlamentari che per non per-dere il diritto al vitalizio -per me immorale - hanno cont ribui-to a non far cadere il governo. È stato sempre così ed è stato sempre sbagliato. Amici del Sermig come Helder Camara, il Cardinale Pelle-grino, Sandro Pertini, Madre Teresa quale lezione di spe-ranza e carità hanno lasciato? Questi e molti altri maestri, primo fra tutti don Luciano Men-des de Almeida, hanno dato fiducia a dei ragazzi, come erava-mo noi quando li abbiamo incontrati. Grazie a questo siamo cresciuti e attraverso di noi in 47 anni milioni di persone ne hanno aiutate altrettante. Mi commuove ancora il gesto del Presidente Sandro Pertini l’11 aprile del 1984 quando venne a inaugurare la nostra casa. Aveva saputo delle nostre difficoltà. In quell’occasione disse: 'Chi tocca Olivero, tocca me'. Così è iniziata una tradizione che coin-volge le più alte autorità e i più alti testimoni del nostro tempo che vengono all’Arsenale della Pace a vedere come i giovani realizzano i sogni. E mi commuove pensare a Giorgio Napolitano che ci ha visitati il 19 marzo scorso con questa motivazione: 'Siete costituzione vivente'. Invitiamo il Presidente del Consiglio Mario Monti a venire ad ascoltare giovani che non insultano, ma propongo-no. Povertà e fame li sfidano, come mezzo secolo fa. Ogni giorno 100mila morti per fame reclamano la nostra com-mozione e l’impegno fattivo, come il samaritano sulla strada per Gerico. La costruzione di un mondo migliore non si fonda sulle speculazioni finanziarie, ma sulla responsabilità. L’uma-nità, credente e non, deve rimettere in discussione l’impiego di tempo, energie, creatività a servizio del bene comune. Cir-colo virtuoso che crea lavoro, salute, scuole, cibo, acqua e dignità anche in luoghi e situazioni 'impossibili'. Allora servono sobrietà e nuovi stili di vita. Sei d’accordo? Sono convinto da anni che viviamo al di sopra delle nostre possibilità almeno per un 20-30%. Dobbiamo finalmente es-serne consapevoli, avere l’autorevolezza e l’umiltà di saperlo spiegare e di chiedere conversione per curare le cause, non solo gli effetti. Ma senza legalità non si va da nessuna parte. Mi piange il cuore sapere che siamo uno dei Paesi più corrotti al mondo. Significa che schiere di cattivi maestri ci hanno assicurato che evadere le tasse era un bene e un diritto. Con tali falsi principi abbiamo 'educato' intere generazioni. Sentire l’urgenza e la necessità di denunciare le distorsioni significa entrare in una credibilità nuova, dura, ma è questa la via della speranza. Sento che è possibile vivere bene in una società dove tutti insieme rispettiamo le regole. Troviamo il coraggio

di rientrare nella lega-lità! E poi avremo la forza morale di dire alle mafie e a tutti i gr uppi s eg re t i : 'Convertitevi!'… di di re alla gente: 'Paghiamo le tasse'… di dire al mondo: 'Riscopri l’etica!'. Ma dobbiamo rimboccar-ci le maniche. La questione giova-nile è risolta? No e non è stata affrontata seriamente. Da una delle nostre in-chieste emerge che il 98% dei giovani non ha fiducia in nessuna istituzione, che l’85% ha paura del futuro e la percentuale di violenza di questa società è indicata fra il 62 e l’85%. I giovani sono i più poveri per le difficoltà che affrontano ogni giorno, sono imbottiti di niente presentato come il tutto. La generazione dei padri è responsabile di aver proposto per anni la cultura del 'minor danno' anziché quella del massimo bene. Così droga e sballi sono un diritto e la libertà individuale una divinità. Sto con i giovani notte e giorno. Non sopportano le ingiustizie, ma non hanno la forza di contrastarle e impegnarsi da soli. I giova-ni sono disposti a convertirsi se trovano non parolai, ma testi-moni. Cosa deve fare l’Italia per loro? Metterli al centro con una visione a lungo termine e politiche per aiutarli a scoprire potenzialità e talenti. Investiamo per crea-re occupazione, cultura d’impresa, innovazione. Coin-volgiamoli in organismi consultivi. E tu cosa proponi? Prepararsi alle responsabilità della vita con la formazione per-manente. Con loro cerchiamo uno stile di vita coerente con gli ideali che affermano, l’unico che può dare autorevolezza e cre-dibilità alle richieste. Impariamo ad abbassare il nostro io avido e impaurito perché la bellezza seminata in noi ci innalzi a gran-di cose. Diciamo a ciascuno: 'Non aspettare soluzioni, diventa pastore, entra in politica, nella scienza, nello sport, nella cultura portando ciò che serve al mondo per migliorare'. I giovani puri, indomabili non saranno signori della guerra e dell’economia, ma seguiranno la logica di Dio. Anche la Chiesa deve pagare le tasse sul pa-trimonio immo-biliare? Penso che la Chiesa, le Chiese e gli enti la cui opera ha rilevan-za sociale abbiano diritto a un trattamento di riguardo dallo Stato perché si prendono cura di poveri ed emarginati. Le age-volazioni che sostengono queste finalità sono sacrosante, il re-sto no. Questa per me è la chiave perché la Provvidenza conti-nui ad operare. C’è una ricetta per risollevare l’Italia? Il nostro petrolio è il turismo. Nessuno ha le nostre bellezze naturali e il 60-70% delle opere d’arte del mondo è qui. Il recu-pero dell’ambiente e dei beni culturali, il turismo di massa e d’elite potrebbero dare lavoro qualificato e duraturo a tanti gio-vani. Chi ci governa deve convincersene, investire e proporre itinerari nuovi e affascinanti. L’Italia di Michelangelo, Giotto, Raffaello deve tornare ad essere un’eccellenza culturale, le no-stre università ad attrarre giovani da tutto il mondo. È un inco-raggiamento al nostro Ministro perché abbia il coraggio non tanto di riformare la scuola quanto di farla rinascere, con docen-ti convinti di rientrare nelle radici culturali del Paese.

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ASPETTANDO IL NATALE Lu c e s o ffu s a, mu s ic a n atal i zia, tan ta n ev e. T re c ass et te, u n a ch ies a, un p res ep e, u n v i ll ag g io in lo ntan an z a. E po i u n alb ero d i Natale eret to al cen t ro d i u n a p icco la p ia zz a, cen t ro n ev ralg i -co d eg l i ab i tan t i di u n p aes in o ch e n o n co n o s ce la fr en es ia, la co rs a al r eg alo p iù mo d ern o , lo s mo g m a s o lo la g ioia d i v i v ere il N atale in s e mp l i ci tà, co n i l cu o re p u ro . No , n o n s ia mo ai g io r-n i no s t ri e n o n s ia mo n e m m e n o in Ital ia. No n s i t rat ta d i u n a ci t tà reale. In g in o cch iat i co n la g iu sta p ro s p et ti va s tia mo o s s er-v an d o d a v icin o u n p res ep e n el p res ep e, “ la Nat i v i tà al n o rd ”, real i zz ato n el la ch ies a d i S an t 'An s el m o d a Lu c a C erio l i , Ro b er-to C . , Lu ig i , M as s i mo , Ro b erto M. e En zo .

No n è u n p res ep e b an ale, n o n è u n p res ep e clas s ico , è p iu t tos to la raffig u ra zio n e d i u n a b o rg ata ch e as p et ta i l Natale, g io rn o d el t rio n fo d i q u ei v alo ri au ten t i ci co m e la fa m ig l ia, l 'a micizia, l'a-m o re. P er cap i r e m eg l io i ret ro s cen a ch e h an n o p o rtato al la re a-li zz azio n e d el la “ N at i v i tà al n o rd ”, ab b ia mo in tervis tato i l s u o id eato re, Lu c a Cerio l i .

L u ca , co m e è n a ta l ’ i d ea d i u n p r es ep e n o rd i co ?

“L ’id ea d i a mb ien tar e i l p res ep e in u n p aes e n o rd ico è n ata d u e an n i fa, al lo ra p erò n o n er a p o s sib i le real i zza rla p erch é man ca-v an o le fo rz e e il te mp o p er p o rtarla a ter min e. Ques t ’an n o i te mp i s o n o matu r at i e, fi n al men te, s ia mo riu s ci t i a co s t ru i re i l n o st ro p res ep e. Ho s e m p re av u to u n fas cin o p er le ci t tà d el n o rd . L’i m m ag in e d i q u ei p aes ag g i fred d i e in n ev at i m a al co n -te mp o ri cch i d i calo r e e d i mag ia è co m e s e mi av ess e s e mp r e d ato l ’i mp r es s io n e d i u n N atale v ero . Fo rs e p er ch é al n o rd i l 2 5 d ice mb r e è p iù s en t i to ch e d a n o i. Le p ers o n e s i p rep ar an o a v iv erlo co n i l cu o re, ad d o b b an d o cas e, st rad e, fin es t re, alb eri e n o n, co rren d o a co mp rar e reg al i s en s azio n al i e co s tos i ”.

Da co s a è co m p o s to i l p res e p e?

Il p res ep e è fo r m ato d a t re cas e e u n a ch ies a re al izzate a m an o a reg o la d ’arte d a Lu ig i Gr a m elo t t i e d ip in te d a alcun e g io v an i rag az ze d el la p arro cch i a. Qu es te ab i tazio n i fo r m an o u n p icco lo p aes e at to rn o al q u ale è co l lo cata la p iazza. E' q ui ch e g li ab i -tan t i d el la b o rg ata t ras co r ro n o la lo ro q u ot id ian i tà: ci s o n o i l co ro , la n o n n a ch e ra cco n ta al n ip o t in o le s u e tes timo n ian ze d i v ita e i l n o n n o ch e d a man g iar e ag l i u ccel l i n i, i l p ap à co n la b a mb in a ch e ri to rn an o d al la fo res ta, t ras cin an d o u n ab ete co n cu i farà l 'alb ero d i Natal e. E an co r a, un 'an zian a ch e es ce d al la ch ies a e d u e b a m b in i ch e, ap p ro fi t tan d o d ella n ev e, fan n o a p al late, la m aes t ra, in lo n tan an za, l i ri ch ia ma al l’o rd in e. Po i , c 'è u n p res ep e al les t i to d a u n a fa mig l ia d ella b o rg ata. C i ten ev a m o a d are ri s al to ai p art i co lari , s en za d ei q u al i l e cas e e la ch ies a n o n av reb b e ro m ai t ras m es s o i l s en s o ch e i l p res ep e v o lev a d a-re.

E q u a l è i l s en s o p ro fo n d o d e l v o s tro p res e p e

“ Un a s ig n o ra, d o p o av erlo o s s erv ato h a d et to : “q u esto p res ep e t ras met te u n a s en s a zio n e d i p ace ”. E' q u es to i l s en s o ch e la n o st ra o p era v u o le d are. In u n mo n d o in cu i s i d à se mp re p iù ri s al to al le ap p ar en z e e al reg alo p iù co s to s o, c'è tan to b is o g n o d i res p i rar e la s e mp l i ci tà d i d u e in n a mo r at i ch e s tan n o s o t to u n o mb rel lo o d i Bab b o Natal e ch e d a d a m an g iare al le ren n e. E’ co me s e i l te mp o in q u es to v i ll ag g io s co rres s e len ta m en te. Sen t i rs i p arte d el p a es in o è faci le, b as ta in g in o cch iars i a l i v el -lo d ello s g u ard o e o s s erv are l ’i n tern o d el p res ep e, l ' i mp res s io -n e è q u el la d i v i v ere co n i p ers o n ag g i q u el la s tes sa t ran q u i l l i -tà”

Q u a l i s o n o l e d i f f i co l tà c h e a v e te r i s co n t ra to n e l rea l i zza re u n p r es e p e co s ì d e tta g l i a to ?

“Pa rt i re co n il l av o ro , t ro v are le p ro p o rzio n i co rret te p er le cas e, cer ca re i p ers o n ag g i g iu s t i e il v i ll ag g io in lon tan an z a. Su l fat to re o rg an izz at i v o s ia mo an d at i v ia l i s ci. Il p u n to d i fo rza ? Av ev a m o tu tt i l a s tes s a id ea ”.

Co m e m a i h a i s ce l to d i d i s co s ta r t i d a l l a tra d i z i o n e i n s ere n -d o u n p r es ep e n e l p r es ep e?

“ Un a s e m p l i ce id ea è al la b as e d i q u es to p ro g et to : far s en t i r e i v i si tato ri p arte d i q u el v i l l ag g io e d i q u el la fa mig l ia ch e co n g ioia e s e mp l i ci tà si p rep a ra al la n as ci ta d el b a mbin Ges ù co n l 'alles t i men to d el p ro p rio p res ep e n el giard in o d i cas a ”.

Vi s ta l a p a r t i co l a r i tà d e l p res e p e a v e t e r i s co n trato q u a l -ch e c r i t i ca d a i p i ù tra d i z i o n a l i s t i ?

“ Qu alcu n o h a d et to ch e n o n s e mb ra u n p res ep e. Mi d is p iace, o g n i p ers o n a co mu n q u e è l i b era d i av ere i l p ro p rio p are re. Il n o st ro in ten to era q u el lo d i d are al la n o s t ra cre azio n e u n o s t i l e d i fferen te d ai t rad izio n al i p res ep i , p er f ar cap i r e al le p ers o n e ch e la Sac ra Fa mig l ia, p uò es s ere o v un q u e, p erch é il 2 5 d i -ce mb re è u n gio rn o i mp o rtan te p er tu t ti i cri s t ian i d el mo n d o ”.

C h i è s ta to i l tu o m a s s i m o i s p i ra to re?

“ Gian ca rlo Bel t ra m i p er ch é n ei s u o i dio ra mi d av a mol to i m-p o rtan za ai d et tag l i . N ei riq u ad ri p res ep ial i ch e av ev a r eal i zz a-to, g l i ab i tan t i d el p aes e, o g n un o a mo d o lo ro, s i p rep a rav an o ad at ten d ere la n as ci ta d el Ges ù b a m b in o . D el s u o pres ep e, ch e p er al t ro è s tato s frat tato d a San Nico lò , u n a s cena mi è rim a-s ta p art i co lar m en te i mp res s a: i l n o n n o s ed u to d av ant i al ca m i -n et to, i l b a mb in o d i fi an co ch e g io ca e u n p res ep e mo l to pic-co lo p o s izio n ato s u u n tav o l in o. So p ra u n calen d ario ch e s eg n a il 2 5 dice m b r e. Al lo ra h o cap i to ch e i l p res ep e n o n n eces s a ria-m en te d ev e es s ere co s t i tu ito s o lo d al la la Sac ra Famig l ia in p ri mo p ian o ma ch e q u es ta p u ò an ch e es s e re in s eri ta in co n te-s ti d i fferen t i co m e ad es e mp io u n p aes in o n o rd ico ”.

Ul t i m a d o m a n d a , p a re ch e q u es t ’a n n o a b b i a te i n a u g u ra to u n a tra d i z i o n e d i p res e p i a r t i s t i c i tu tt ' a l tro ch e s co n -ta t i , c i d a i q u a l ch e i n d i s c re -z i o n e s u l p res e p e d e l l ’a n n o p ro s s i m o ?

“L’id e a è an co ra in fas e d i p ro g et tazio n e ma s i p en s av a d i p ro s eg u i re i l n o st ro in ten to di p o rtare i l p res ep e in lu o g hi d iv ers i d el mo n d o cri s t ian o ”.

Giu l ia Ro s s i

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Tuo figlio disabile, un dono oltre le paure

lo in una persona migliore. Del resto, dovrebbe essere proprio questo il compito dei figli, in quanto normalmente vengono considerati la parte migliore di due persone che hanno deciso di formare una famiglia e di creare una vita con un atto d’amo-re

D a questo atto d’amore talvolta può nascere la diversità, l’imprevisto, ma rimane comunque la parte migliore di

due esseri umani. Si è veramente disposti a rinunciare a que-sto? Non vorrei che la madre si pentisse un giorno del gesto compiuto e che ormai per lei fosse troppo tardi per ritornare indietro. Se ha concepito il figlio con amore e l’ha amato, co-me io credo, prima di sapere della sua malformazione, l’amore non può essere sparito. Sarà stato soffocato dalla paura del senso di inadeguatezza , dal difficile compito di essere genito-re. Ma i rifiuto di credere che l’amore sia scomparso. Quindi vorrei esortare la madre del neonato ad ascoltare il cuore e non la mente, ad agire con sentimento e non con la razionalità, perché a volte il cuore è la miglio guida. In questo modo lei potrebbe essere un esempio e uno sporne per altri genitori che, spaventati, farebbero una scelta analoga. Ma guardando il suo esempio, capirebbero che la cosa più importante è la vita del figlio che si ha, e non l’immagine del figlio che si vorrebbe.

S olo accettando scommesse così difficili, la mentalità delle persone può cambiare e apri rsi verso nuovi orizzonti che

prospettano libertà, uguaglianza e dignità della persona in qua-lunque forma. Solo così l’ umanità potrà riscattar-si da una società votata ormai al perfetto, alla bel-lezza, alla negazione dell’imperfezione, quindi una società basata su valori impossibili perché irreali. E’ il momento di tornare alle radici, di tornare alla riscoperta di una mentalità meno per-fezionista ma più umana. Solo così avremo la possibilità di dimostrare prima di tutto a noi stessi che siamo fieri e non dobbiamo più vergognarci di essere uomini. Perciò dico alla mamma: coraggio ci ripensi. Capisco quanto le può costare, ma le assicuro che verrà ripagata il centuplo per quello che farà, erhcè l’amore incondizionato, libero da paure, e il sacrificio delle madri vengono sempre ripagati. Riprenda suo figlio e si impegni a mi-gliorare la qualità della sua vita e a insegnarli che nella debolezza il più delle volte si nasconde la forza. Suo figlio saprà ricompensarla, e in un mo-do che lei non può lontanamente immaginare

Rita Coruzzi

V orrei lanciare un appello alla madre

che ha abbandonato il suo bambino affetto da nanismo nella Nuova Clinica di Roma. Sono Rita Coruzzi, ho 25 anni e sono costretta a vivere su una sedia a rotelle perchè fin dalla nascita sono affetta da tetrapare-si e, a causa di un inter-vento sbagliato, non posso più camminare autonomamente. Ciò nonostante mi ritengo molto soddisfatta della vita che conduco. Non

vorrei che questa lettera fosse considerata come un giudizio, non intendo giudicare nessuno, perché non posso fare a meno di pensare che la madre può avere abbandonato il bambino spinta dalla paura della diversità, dei problemi che questo può causare, del disagio, dagli sguardi della gente. Tuttavia vorrei incorag-giarla a vedere l’altro lato della medaglia, cioè la soddisfazione di aiutare il figlio a realizzarsi e ad abbattere i pregiudizi della società nonostante le difficoltà. Non posso non citare i miei genitori, soprattutto mia madre, la quale mi ha sempre incorag-giato a trasformare il mio punto di debolezza, cioè la carrozzi-na, in un punto di forza. Le possibilità possono essere moltepli-ci: per esempio io ho dato uno scopo alla mia vita quando ho capito che con la mia disponibilità potevo essere voce per tutti quei disabili molto più gravi di me che sfortunatamente non hanno l’uso del linguaggio.

N on so sinceramente cosa comporterebbe crescere un bam-bino affetto da nanismo. La diversità fa parte dell’esisten-

za, anche se nessuno la vuole e la cerca; la diversità fa paura, ma deve essere non solo rispettata, anche accettata. Un figlio diverso può insegnare al genitore tante cose a cui altrimenti non avrebbe ami pensato, può far scattare dentro di lui una forza che non pensava di avere, per amore del figlio. Può trasformar-

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L e prime parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato oggi

sono rivolte a due discepoli ai quali chiede: Che cosa cercate?E loro rispondono con una domanda: Dove abiti?Gesù li invita ad andare a casa sua, a stare con Lui. Oggi Gesù invita anche la nostra Parroccha e ciascuno di noi ad andare a vedere dove abita e a stare un po’ di tempo con Lui. Ge-sù ha deciso di abitare proprio qui, sul no-stro territorio. Vogliamo andare anche noi a vedere dove abita? Nella zona di S.Antonio, S.Anselmo, S.Luigi la Caritas diocesana, responsabile del Progetto Maria di Magdala per l’acco-glienza al femminile, apre Casa Bruna e Dante, è una prima accoglienza per mam-me in attesa, con bambini, donne vittime di tratta, donne in difficoltà. Questa casa vuole essere un segno evangeli-co nelle sfide in cui la Chiesa ed ogni cri-stiano/a è chiamato a dare testimonianza: l’accoglienza della vita in qualunque condizione/ la dignità della donna, dei più piccoli spesso lesa da situazioni di violen-za e riduzione in schiavitù/ la fratellanza e la sorellanza con persone provenienti da diversi paesi come segno di avere un unico Padre, nella logica dello scambio dei doni. Così è una bella occasione perché questa casa sia sentita e vissuta come anche la casa di questa parrocchia, di ciascuno di noi, in cui possiamo incontrare Gesù che vi abita nelle ra-gazze accolte e che accolgono, nella sua Parola condivisa in-sieme. In questi ultimi mesi ci siamo incontrati con i parroci e i centri d’ascolto delle tre parrocchie. Diverse persone delle comunità hanno collaborato per la sistemazione della casa. Grazie! Perché ogni parrocchia la senta sempre più casa propria, ab-biamo pensato di condividere la “Lista di nozze” di casa Bru-na e Dante, cioè l’elenco delle cose che ancora mancano per ultimare di arredarla. Potete consegnare gli oggetti contattan-do il numero Tel.340 3556466, Via Martiri di Cervarolo 56/4. La benedizione di Casa Bruna e Dante sarà Domenica 29

Gennaio alle ore 16.00, presso la Chiesa di S.Anselmo: inizieremo con la celebrazione dei Vespri, presieduti dal Vescovo ausiliare Lorenzo Ghiz-zoni e saranno presenti i Parroci di S.Anselmo, S.Antonio, S. Luigi. Ci presentiamo siamo Sara e Jessica di Casa Bruna e Dante… Viviamo in questa casa per accogliere … … Dio in ciascuna di noi: in questi mesi Casa Bruna e Dante è stata co-struita sulla roccia della Parola che ogni giorno viene ascoltata e meditata nella preghiera. (Il giovedì mattina alle 7 e 30 preghiamo insieme a chi desidera unirsi a noi). … Gesù nelle relazioni: Gesù entra nella nostra casa nelle persone che ci incontrano e decidono di dedicarci un po’ del loro tempo e anche del loro

lavoro, e nelle donne che verranno e che a loro volta porteran-no, dalle loro terre alla nostra tavola, Gesù sempre vivo in ciascuno di noi. La casa, grazie all’aiuto di molte persone amiche, si è fatta sempre più bella, e anche noi abbiamo avuto modo di prepara-re i nostri cuori, con i nostri limiti e le nostre fatiche a chiun-que si affaccerà alla nostra porta. E per essere in comunità … Ci siamo inchinate per farci piccole e pronte ad abbassarci al servizio dei fratelli e della Chiesa, per riconoscere l’importan-za di Gesù nella nostra vita e del suo eterno amore, un inginoc-chiarsi che significa abbassarsi per riconoscere i propri errori e le proprie ristrettezze per rialzarci forti del suo perdono e del suo amore e metterci l’una al servizio dell’altra custodendoci a vicenda. Abbiamo offerto quello che di più prezioso abbiamo: la nostra vita, il nostro tempo, le relazioni, noi stesse e abbia-mo deciso di presentarlo a Dio e l’una all’altra, così che alla fine di questa esperienza possiamo, come i Magi, fare ritorno a

casa per un’altra strada: quella dell’amore. Non siamo sole, ma siamo parte di una Chiesa che cammina insieme, di cui ciascuno di noi fa parte e la cui presenza sentiamo nella vicinanza di tutti coloro che dedicano il loro tempo a questo proget-to e ci sono vicini nella preghiera e che non nomi-niamo per paura di dimenticarne qualcuno, dato che sono davvero tanti. Ringraziamo la Caritas italiana e diocesana, le tre comunità di Sant’Antonio, Sant’Anselmo e San Luigi, il Vescovo Adriano e l’ausiliare Lorenzo e la Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla per l’op-portunità che ci viene donata. Vi aspettiamo nume-rosi il 29 gennaio alle 16.00!!

Nilde, Jesica, Sara (Progetto Maria di Magdala)

Innaugurazione Casa Bruna & Dante

Gesù dove abiti?

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Conferenze Educatori in cammino

Lunedì 9 gennaio 2012 - Ore 20.30

Il gioco degli specchi nella nostra famiglia L’attuale cultura favorisce l’amore?

Lunedì 16 gennaio 2012 - Ore 20.30 Affettare o affettare: due diversi comportamenti affettivi e sessuali Sessualità di coppia: effetti sulla emotività dei figli

Lunedì 23 gennaio 2012 - Ore 20.30

Crescere e far crescere: l’educazione è strabica ma ci vede molto bene

L’educazione dei figli passa attraverso l’amore di coppia

Guiderà gli incontri la dott.sa Elsa Belotti Psicoterapeuta e fondatrice di Family Hope di Brescia

preiscrizione presso oratorio S. Anselmo € 10 per l’intero corso

Avvisi della Parrocchia S. Anselmo Orario S. Messe Giorni feriali

Ore 07:00 recita delle Lodi Ore 18:30 S. Messa

Giorni festivi Ore 09:00 S. Messa Ore 11:00 S. Messa Sabato CONFESSIONI: Ore 9/10.15 -11.15/12.30 – 15.30/18.30

Ore 10:30 S. Messa a Villa Primula Ore 18:30 S. Messa prefestiva