PERCORSO NELLA NOSTRA DIOCESI SINTESI DEL CAMMINO 1 · realtà diocesane verso una sempre maggiore...

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1 Nei quindici anni ormai trascorsi dalla promulgazione delle costituzioni, delle norme e degli orientamenti pastorali del Primo Sinodo Diocesano “Siano in noi una cosa sola, perché il mondo creda” (1995-1998), la nostra Chiesa di Ravenna-Cervia ha visto crescere una singolare vivacità e tanti frutti spirituali. Nei primi anni del nuovo millennio è cresciuto il desiderio risponde- re alle esigenze della Nuova Evangelizzazione attraverso un cammino di comunione e una missionarietà più spiccata, che hanno trovato la loro espressione soprattutto a partire dalla Lettera Pastorale “Concordi per la Missione” (2010-2011). In quello stesso anno ha assunto particolare rilievo il cammino della Scuola di Formazione Teologica “S. Pier Crisologo” che ha saputo coordinare: a) diversi cicli di lezioni teologiche per un gran numero di laici; b) corsi di formazione diocesani con relatori di alto livello; c) formazione dei catechisti, dei ministri, degli operatori pastorali e degli insegnanti di religione. Il cammino degli ultimi anni, poi, ha voluto accompagnare le diverse realtà diocesane verso una sempre maggiore vita di comunione, espressa in particolare negli incontri vicariali che si sono svolti nella nostra Chiesa in linea con la Lettera Pastorale “Comunione nel cammino vicariale” (2011-2012). Dopo aver accolto gli Orientamenti pastorali dell’episcopato italia- no “Educare alla vita buona del Vangelo” (2010-2020) e dopo aver intrapreso il cammino tracciato dall’indizione dell’Anno della Fede con il Motu Proprio “Porta Fidei”, anche attraverso la concreta riflessione messa in atto nel presente anno dalla Lettera Pastorale Educare alla Vita di Fede”, la nostra Chiesa di nuovo si dispone a continuare il cammi- no nel desiderio di rispondere sempre meglio alla volontà di Dio. SINTESI DEL CAMMINO PERCORSO NELLA NOSTRA DIOCESI 1

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Nei quindici anni ormai trascorsi dalla promulgazione delle costituzioni, delle norme e degli orientamenti pastorali del Primo Sinodo Diocesano “Siano in noi una cosa sola, perché il mondo creda” (1995-1998), la nostra Chiesa di Ravenna-Cervia ha visto crescere una singolare vivacità e tanti frutti spirituali.

Nei primi anni del nuovo millennio è cresciuto il desiderio risponde-re alle esigenze della Nuova Evangelizzazione attraverso un cammino di comunione e una missionarietà più spiccata, che hanno trovato la loro espressione soprattutto a partire dalla Lettera Pastorale “Concordi per la Missione” (2010-2011).

In quello stesso anno ha assunto particolare rilievo il cammino della Scuola di Formazione Teologica “S. Pier Crisologo” che ha saputo coordinare: a) diversi cicli di lezioni teologiche per un gran numero di laici; b) corsi di formazione diocesani con relatori di alto livello; c) formazione dei catechisti, dei ministri, degli operatori pastorali e degli insegnanti di religione.

Il cammino degli ultimi anni, poi, ha voluto accompagnare le diverse realtà diocesane verso una sempre maggiore vita di comunione, espressa in particolare negli incontri vicariali che si sono svolti nella nostra Chiesa in linea con la Lettera Pastorale “Comunione nel cammino vicariale” (2011-2012).

Dopo aver accolto gli Orientamenti pastorali dell’episcopato italia-no “Educare alla vita buona del Vangelo” (2010-2020) e dopo aver intrapreso il cammino tracciato dall’indizione dell’Anno della Fede con il Motu Proprio “Porta Fidei”, anche attraverso la concreta riflessione messa in atto nel presente anno dalla Lettera Pastorale “Educare alla Vita di Fede”, la nostra Chiesa di nuovo si dispone a continuare il cammi-no nel desiderio di rispondere sempre meglio alla volontà di Dio.

SINTESI DEL CAMMINOPERCORSO NELLA NOSTRA DIOCESI 1

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Nel mese di aprile 2013 l’Arcivescovo si è rivolto ai Vicari Episcopali e ai Responsabili degli Uffici Pastorali invitandoli a considerare un rinnova-to metodo di lavoro che potesse: a) aiutare a “pensare insieme” alle esigenze fondamentali della no-

stra Chiesa; b) favorire un “confronto corresponsabile” tra i Consigli Diocesani e

gli Uffici Pastorali; c) individuare alcuni orientamenti per il “progetto pastorale” dei

prossimi anni.Il cammino che si è sviluppato e si dovrà concretizzare a partire da

questa disposizione si può sintetizzare in alcune tappe significative: 1) Aprile: verifica con i Responsabili degli Uffici o dei settori della pa-

storale, sui progetti e le iniziative in corso; valutazione delle esigen-ze della Diocesi e definizione degli orientamenti pastorali; proposta di un tema, di un libro biblico e di uno slogan;

2) Maggio: ripresa del lavoro eseguito dagli Uffici ed elaborazione di un contributo proprio del Consiglio Presbiterale e del Consiglio Pastorale, finalizzati a chiarificare le esigenze fondamentali della Diocesi di Ravenna–Cervia e a definire meglio gli orientamenti pa-storali;

3) Giugno - Luglio: preparazione del progetto annuale ed eventual-mente del proprio sussidio, da parte degli Uffici e delle diverse re-altà ecclesiali;

4) Settembre: Assemblea degli Operatori Pastorali, nella quale si lancia il tema dell’anno e si condividono gli obiettivi da raggiungere, si presentano i progetti e i sussidi dei singoli uffici o associazioni, iniziando insieme il cammino;

5) Ottobre: Celebrazione del Mandato diocesano agli Operatori Pa-storali e presentazione del Libro Biblico dell’anno ed eventualmente del sussidio diocesano.

SINTESI DEL PERCORSODI ELABORAZIONE E DI CONDIVISIONE

DEGLI ORIENTAMENTI 2

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Dalla riflessione comune si è giunti a ribadire la necessità di continuare il cammino intrapreso, con particolare attenzione ad alcune dimensioni pastorali, che nascono da esigenze fondamentali, e mirano a riscoprire e alimentare la Fede in Gesù Cristo, il Crocifisso-Risorto, come cen-tro di ogni nostra attività, attraverso un rinnovato ascolto della Parola di Dio e una feconda celebrazione dell’Eucaristia, al fine di sviluppare una crescente missionarietà. Esse sono state individuate nella necessità di costruire insieme la Chiesa diocesana nella comunione; nella riscoperta dell’impegno educativo e di formazione ad una fede adulta; nella apertura missionaria all’annuncio, qui sulla nostra terra, che il Signore è stato Cro-cifisso ed è Risorto per la vita di tutti.

Queste esigenze sono dimensioni generali del nostro agire come Chie-sa di Ravenna–Cervia, all’inizio del terzo millennio cristiano, e ci accom-pagneranno per diverso tempo, anche se gli orientamenti e gli obiettivi pastorali annuali potranno cambiare.

Ha detto Papa Francesco nella sua prima omelia ai Cardinali: “Io vorrei che tutti, dopo questi giorni di grazia, abbiamo il coraggio, proprio il corag-gio, di camminare in presenza del Signore, con la Croce del Signore; di edificare la Chiesa sul sangue del Signore, che è versato sulla Croce; e di confessare l’unica gloria: Cristo Crocifisso. E così la Chiesa andrà avanti. Io auguro a tutti noi che lo Spirito Santo, per la preghiera della Madonna, nostra Madre, ci conceda questa grazia: camminare, edificare, confessare Gesù Cristo Crocifisso. Così sia.”

Utilizzando in parte il suo linguaggio, potremmo definire le tre esigenze della nostra azione pastorale così: “Edificare la Chiesa”, “Camminare alla presenza del Signore”, “Professare Cristo”.

LE ESIGENZE FONDAMENTALI 3

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3.1 “EdificarE la chiEsa”: la dimensione ecclesiale

® Crescere nella vita di comunione, favorendo una maggiore correspon-sabilità tra laici, sacerdoti e diaconi; e attuando una maggiore collabo-razione tra gli Uffici, gli organismi di partecipazione e le varie realtà ec-clesiali, quali i consacrati, le associazioni, i movimenti ecclesiali: ecco la prima esigenza emersa e approvata da tutti.

Lo sviluppo di questa dimensione corrisponde a quanto auspicato dal-la Lettera Apostolica “Novo Millennio Ineunte” (2001) che sottolinea la necessità di una crescente presenza nella Chiesa di una spiritualità specifica per rispondere con più efficacia alle attuali sfide dell’evangeliz-zazione: «fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo es-sere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo» (NMI, 43). Questa necessità trova il suo fondamento nella sacra Scrittura e nella Tradizione, in particolare nella costituzione conciliare sulla Chiesa Lumen Gentium (cfr. NMI, 43-44), e si specifica concreta-mente in un progressivo rafforzamento degli organi di partecipazione, quali sono i Consigli Presbiterali e Pastorali e in una crescente corre-sponsabilità tra tutti i membri del popolo di Dio (NMI, 45). Un cammino più unitario, capace di rispondere alle esigenze fondamentali della no-stra Diocesi, avverrà dunque solo con la maturazione di una spiritualità di comunione (Cf. Giovanni Paolo ii, Lettera Apostolica Novo Millennio Ineunte, 43-45).

Una spiritualità di comunione43. Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profon-de del mondo.Che cosa significa questo in concreto? Anche qui il discorso potrebbe farsi immediatamente operativo, ma sarebbe sbagliato asseconda-re simile impulso. Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emerge-re come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli opera-tori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità. Spiritua-lità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comu-

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nione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque, come « uno che mi appartiene », per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un « dono per me », oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto. Spiritualità della comunione è infine saper « fare spazio » al fratello, portando « i pesi gli uni degli altri » (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continua-mente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie. Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Di-venterebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che sue vie di espressione e di crescita.45. Gli spazi della comunione vanno coltivati e dilatati giorno per giorno, ad ogni livello, nel tessuto della vita di ciascuna Chiesa. La comunione deve qui rifulgere nei rapporti tra Vescovi, presbiteri e diaconi, tra Pastori e intero Popolo di Dio, tra clero e religiosi, tra associazioni e movimenti ecclesiali. A tale scopo devono essere sempre meglio valorizzati gli organismi di partecipazione previsti dal Diritto canonico, come i Consigli presbiterali e pastorali. Essi, com’è noto, non si ispirano ai criteri della democrazia parlamentare, perché operano per via consultiva e non deliberativa; (Ecclesiae de mysterio, AAS 89 (1997), 852-877, specie art. 5 ) non per questo tut-tavia perdono di significato e di rilevanza. La teologia e la spiritualità della comunione, infatti, ispirano un reciproco ed efficace ascolto tra Pastori e fedeli, tenendoli, da un lato, uniti a priori in tutto ciò che è essenziale, e spingendoli, dall’altro, a convergere normalmente an-che nell’opinabile verso scelte ponderate e condivise.Occorre a questo scopo far nostra l’antica sapienza che, senza por-tare alcun pregiudizio al ruolo autorevole dei Pastori, sapeva inco-raggiarli al più ampio ascolto di tutto il Popolo di Dio. Significativo ciò che san Benedetto ricorda all’Abate del monastero, nell’invitarlo a consultare anche i più giovani: « Spesso ad uno più giovane il Si-gnore ispira un parere migliore » (Reg. III, 3). E san Paolino di Nola esorta: «Pendiamo dalla bocca di tutti i fedeli, perché in ogni fedele soffia lo Spirito di Dio» (Epist. 23, 36).Se dunque la saggezza giuridica, ponendo precise regole alla parte-cipazione, manifesta la struttura gerarchica della Chiesa e scongiura tentazioni di arbitrio e pretese ingiustificate, la spiritualità della comu-nione conferisce un’anima al dato istituzionale con un’indicazione di fiducia e di apertura che pienamente risponde alla dignità e respon-sabilità di ogni membro del Popolo di Dio.

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3.2 “camminarE alla prEsEnza dEl signorE”: la dimensione educativa

® Promuovere un’azione di formazione ed educazione, in continuità con il lavoro avviato, rivolto a tutte le fasce di età, che sostenga il cam-mino spirituale di fede, la crescita della coscienza morale, l’appartenen-za alla Chiesa, l’impegno pastorale e lo qualifichi maggiormente: è la seconda esigenza fondamentale, che giustifica un impegno alla forma-zione permanente di tutti i ministri ordinati, dei consacrati, dei laici colla-boratori della missione quotidiana nelle nostre comunità.

La dimensione della formazione e dell’educazione da sempre costituisce una risposta della Chiesa al mandato evangelizzatore del Signore Gesù. Il Concilio dice: «La santa madre Chiesa, nell’adempimento del mandato ricevuto dal suo divin Fondatore, che è quello di annunziare il mistero della salvezza a tutti gli uomini e di edificare tutto in Cristo, ha il dovere di occuparsi dell’intera vita dell’uomo, anche di quella terrena, in quan-to connessa con la vocazione soprannaturale; essa perciò ha un suo compito specifico in ordine al progresso e allo sviluppo dell’educazione» (Gravissimum Educationis Proemio).

Lo sviluppo della dimensione formativa ed educativa viene chiesto an-che dagli Orientamenti pastorali dei Vescovi italiani per il decennio 2010-2020: “Educare alla vita buona del Vangelo”.

“In questo quadro si inserisce a pieno titolo la proposta educativa della comunità cristiana, il cui obiettivo fondamentale è promuove-re lo sviluppo della persona nella sua totalità, in quanto soggetto in relazione, secondo la grandezza della vocazione dell’uomo e la pre-senza in lui di un germe divino. «La vera formazione consiste nello sviluppo armonioso di tutte le capacità dell’uomo e della sua voca-zione personale, in accordo ai principi fondamentali del Vangelo e in considerazione del suo fine ultimo, nonché del bene della collettività umana di cui l’uomo è membro e nella quale è chiamato a dare il suo apporto con cristiana responsabilità» (PAOLO VI, Discorso, 3 mag-gio 1971). La persona diventa capace di cooperare al bene comune e di vivere quella fraternità universale che corrisponde alla sua vo-cazione (Cfr Gaudium et spes, n. 3; Caritas in veritate, n. 11)” (n.15).

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Il fondamento scritturistico e teologico di questa dimensione viene bene descritto nel capitolo II di questo documento. Alcuni concreti obiettivi e scelte operative per una crescita della dimen-sione educativa sono riportati nell’ultima parte del testo che fornisce al-cune indicazioni per la programmazione pastorale (cf. EVBV, 52-55). Ne raccogliamo due che si proporranno alla nostra attenzione non solo in questo anno pastorale.

L’iniziazione cristiana L’iniziazione cristiana mette in luce la forza formatrice dei sacramen-ti per la vita cristiana, realizza l’unità e l’integrazione fra annuncio, celebrazione e carità, e favorisce alleanze educative. Occorre con-frontare le esperienze di iniziazione cristiana di bambini e adulti nelle Chiese locali, al fine di promuovere la responsabilità primaria della comunità cristiana, le forme del primo annuncio, gli itinerari di pre-parazione al battesimo e la conseguente mistagogia per i fanciulli, i ragazzi e i giovani, il coinvolgimento della famiglia, la centralità del giorno del Signore e dell’Eucaristia, l’attenzione alle persone disabili, la catechesi degli adulti quale impegno di formazione permanente. In questo decennio sarà opportuno discernere, valutare e promuo-vere una serie di criteri che dalle sperimentazioni in atto possano delineare il processo di rinnovamento della catechesi, soprattutto nell’ambito dell’iniziazione cristiana. E necessario, inoltre, un aggior-namento degli strumenti catechistici, tenendo conto del mutato con-testo culturale e dei nuovi linguaggi della comunicazione.

Percorsi di vita buona Ogni ambito del vissuto umano è interpellato dalla sfida educativa: - tra i processi di accompagnamento alla costruzione dell’identità

personale, merita particolare rilievo l’educazione alla vita affettiva; - la capacità di vivere il lavoro e la festa come compimento della

vocazione personale appartiene agli obiettivi dell’educazione cri-stiana;

- l’esperienza della fragilità umana è una “scuola” da cui imparare, in quanto mette a nudo i limiti di ciascuno;

- la Chiesa esiste per comunicare: un aspetto particolarmente impor-tante è l’educazione alla comunicazione, mediante la conoscenza, la fruizione critica e la gestione dei media;

- avvertiamo infine la necessità di educare alla cittadinanza respon-sabile.

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3.3 “profEssarE cristo”: la dimensione missionaria

® Incoraggiare una crescente missionarietà, invitando ad uscire dai luo-ghi convenzionali di evangelizzazione per incontrare le persone lì dove vi-vono: è la terza e più difficile delle esigenze pastorali che abbiamo davan-ti. Richiede molta creatività, molta disponibilità e flessibilità personale, da parte di tutti i membri della comunità ecclesiale. Ma lo Spirito e la Chiesa, proprio in questi tempi, ce lo chiedono insistentemente.

Innanzitutto perché la missionarietà della Chiesa costituisce il naturale ca-rattere della sua identità (cf. EN, 14) e trova una scelta meditata e appro-vata da tutti i Vescovi italiani, alla luce dei fenomeni sociali e culturali che stanno avvenendo, soprattutto la crisi della famiglia, dell’educazione dei giovani, la appartenenza debole alla Chiesa e una professione della fede ridotta alle convinzioni personali. Una Nota Pastorale particolarmente ben riuscita per il contesto italiano e molto valida anche per la nostra Diocesi – “Il volto missionario delle Parrocchie in un mondo che cambia” – ci ha offerto una sintesi importante del cammino da compiere. Ci ritornere-mo sopra anche nei prossimi anni. Nella prima parte di questo testo sono state elaborate alcune riflessioni teologiche molto importanti per fondare la dimensione missionaria della vita parrocchiale, alla quali rimandiamo, (cf. VMPMC, 1-5) e sono state riprese anche alcune sfide.

“Un’altra sfida va raccolta. Il mondo della fede non ha più caratteri unitari: tre vicende spirituali “nuove” esigono risposte. Persone non battezzate domandano di diventare cristiane; e pure a chi non chiede deve giungere l’annuncio del Vangelo di Gesù. E gen-te che proviene da altri paesi e culture, condotta tra noi per lo più dal bisogno di lavoro, in flussi migratori che mescolano popoli e religioni. Ma ci sono anche ragazzi, giovani, adulti nati in famiglie in cui si è consumato un distacco netto da una fede ora per loro da scoprire. Ci sono poi i battezzati il cui Battesimo è restato senza risposta: pos-sono anche aver ricevuto tutti i sacramenti dell’iniziazione cristiana, ma vivono di fatto lontani dalla Chiesa, su una soglia mai oltrepassa-ta. Per loro la fede non va ripresa, ma rifondata; il dono sacramentale va riproposto nel suo significato e nelle sue conseguenze. Ancora di più sono i battezzati la cui fede è rimasta allo stadio della prima formazione cristiana; una fede mai rinnegata, mai del tutto di-menticata, ma in qualche modo sospesa, rinviata. Anche per costoro solo da un rinnovato annuncio può partire un cammino d’incontro con Cristo e d’inserimento nella vita ecclesiale”.

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Nella seconda parte compaiono gli orizzonti finalizzati ad una conver-sione pastorale in chiave missionaria (cf. VMPMC, 6-13). Riprendiamo qui (dall’Introduzione al documento) una sintesi di obiettivi che ci è utile per iniziare anche a riflettere sugli obiettivi della pastorale missionaria da perseguire. Dovranno essere pian piano ripensati e applicati anche alla nostra situazione diocesana.

“… Li sintetizziamo, nella forma di obiettivi, tenendo presente che vanno ripensati e concretizzati, nelle forme e nei tempi, a seconda delle situazioni diocesane: 1. Non si può più dare per scontato che tra noi e attorno a noi, in

un crescente pluralismo culturale e religioso, sia conosciuto il Vangelo di Gesù: le parrocchie devono essere dimore che sanno accogliere e ascoltare paure e speranze della gente, domande e attese, anche inespresse, e che sanno offrire una coraggiosa testimonianza e un annuncio credibile della verità che è Cristo.

2. L’iniziazione cristiana, che ha il suo insostituibile grembo nella parrocchia, deve ritrovare unità attorno all’Eucaristia; bisogna rinnovare l’iniziazione dei fanciulli coinvolgendo maggiormente le famiglie; per i giovani e gli adulti vanno proposti nuovi e praticabili itinerari per l’iniziazione o la ripresa della vita cristiana.

3. La domenica, giorno del Signore, della Chiesa e dell’uomo, sta alla sorgente, al cuore e al vertice della vita parrocchiale: il valore che la domenica ha per l’uomo e lo slancio missionario che da essa si genera prendono forma solo in una celebrazione dell’Eu-caristia curata secondo verità e bellezza.

4. Una parrocchia missionaria è al servizio della fede delle perso-ne, soprattutto degli adulti, da raggiungere nelle dimensioni degli affetti, del lavoro e del riposo; occorre in particolare riconoscere il ruolo germinale che per la società e per la comunità cristiana hanno le famiglie, sostenendole nella preparazione al matrimo-nio, nell’attesa dei figli, nella responsabilità educativa, nei mo-menti di sofferenza.

5. Le parrocchie devono continuare ad assicurare la dimensione po-polare della Chiesa, rinnovandone il legame con il territorio nelle sue concrete e molteplici dimensioni sociali e culturali: c’è biso-gno di parrocchie che siano case aperte a tutti, si prendano cura dei poveri, collaborino con altri soggetti sociali e con le istituzioni, promuovano cultura in questo tempo della comunicazione.

6. Le parrocchie non possono agire da sole: ci vuole una “pastora-le integrata” in cui, nell’unità della diocesi, abbandonando ogni pretesa di autosufficienza, le parrocchie si collegano tra loro, con

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forme diverse a seconda delle situazioni – dalle unità pastorali alle vicarie o zone –, valorizzando la vita consacrata e i nuovi movimenti.

7. Una parrocchia missionaria ha bisogno di “nuovi” protagonisti: una comunità che si sente tutta responsabile del Vangelo, preti più pronti alla collaborazione nell’unico presbiterio e più attenti a promuovere carismi e ministeri, sostenendo la formazione dei laici, con le loro associazioni, anche per la pastorale d’ambiente, e creando spazi di reale partecipazione.

Al termine di un così partecipato cammino, quanto come vescovi abbiamo condiviso ora diventi orientamento per tutte le comunità parrocchiali, un processo di rinnovamento missionario che coinvolga tutti, che veda il convinto convergere di ministri e di fedeli, di tutte le realtà ecclesiali”.

Ascoltiamo Papa Francesco: “…Gesù non è un missionario isolato, non vuole compiere da solo la sua missione, ma coinvolge i suoi discepoli. E vediamo che, oltre ai Dodici apostoli, chiama altri settantadue, e li manda nei villaggi, a due a due, ad annunciare che il Regno di Dio è vicino. Questo è molto bello! Gesù non vuole agire da solo, è venuto a portare nel mondo l’amore di Dio e vuole diffonderlo con lo stile della comunione, con lo stile della fraternità. Per questo forma subito una comunità di discepoli, che è una comunità mis-sionaria. Subito li allena alla missione, ad andare.… Questi settantadue discepoli, che Gesù manda davanti a sé, chi sono? Chi rappresentano? Se i Dodici sono gli Apostoli, e quindi rappresentano anche i Vescovi, loro successori, questi settantadue possono rappresen-tare gli altri ministri ordinati, presbiteri e diaconi; ma in senso più largo possiamo pensare agli altri ministeri nella Chiesa, ai catechisti, ai fedeli laici che si impegnano nelle missioni parrocchiali, a chi lavora con gli am-malati, con le diverse forme di disagio e di emarginazione; ma sempre come missionari del Vangelo, con l’urgenza del Regno che è vicino. Tutti devono essere missionari, tutti possono sentire quella chiamata di Gesù e andare e annunciare il Regno!Dice il Vangelo che quei settantadue tornarono dalla loro missione pieni di gioia, perché avevano sperimentato la potenza del Nome di Cristo contro il male. … Cari amici, la gioia! Non abbiate paura di essere gioiosi! Non abbiate paura della gioia! Quella gioia che ci dà il Signore quando lo la-sciamo entrare nella nostra vita, lasciamo che Lui entri nella nostra vita e ci inviti ad andare fuori alle periferie della vita e annunciare il Vangelo. Non abbiate paura della gioia. Gioia e coraggio!” (Angelus, 7/7/13)

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GLI ORIENTAMENTI PASTORALI 4A partire da un’iniziale presa di coscienza delle esigenze della nostra Chie-sa locale di Ravenna-Cervia e in linea con gli orientamenti magisteriali della Chiesa universale fondati dal punto di vista teologico e scritturistico, met-tiamo in evidenza alcuni orientamenti pastorali che possono costituire una proposta concreta per il cammino del prossimo anno (o dei prossimi anni).

4.1 comunione e corresponsabilità

Anche su questo tema la nostra Chiesa locale ha già lavorato negli ultimi anni attraverso il cammino che è andato sotto il nome di “Fraternità e Cor-responsabilità”. In particolare si sono messi a fuoco “due livelli” differenti, ma complementari: quello “personale” e quello “strutturale”, affinché ogni battezzato agisca nella Chiesa mettendo in comunione con gli altri i pro-pri carismi, arrivando così a fare della Chiesa una vera e propria “casa e scuola di comunione” (NMI 43), che vada oltre il semplice livello parroc-chiale.In particolare è stata valorizzata l’importanza dei nostri Vicariati, attraver-so la costituzione dei Consigli Pastorali Vicariali come luoghi da ritenere ordinari per la progettazione e la programmazione pastorale sul territorio, facendo nascere le prime esperienze di pastorale di insieme, che permet-teranno domani una ridefinizione dei rapporti tra parrocchie (non necessa-riamente dei confini). La nostra Pastorale era finora imperniata sull’asse Parroco-Parrocchia e il modello di Sacerdote era rappresentato da colui che si spendeva total-mente per la sua Parrocchia, rimanendovi il più a lungo possibile. Non si tratta di mettere in discussione la fedeltà e l’abnegazione di tanti Presbiteri che in tutti questi anni hanno lavorato con frutto alla costruzione del Regno di Dio, ma la mentalità individualistica che quel modo quasi esclusivo di in-tendere il rapporto tra un Parroco e la “sua” Parrocchia poteva comportare (giustificata per altro dalla disciplina canonica preconciliare).

E sembrato necessario far emergere con maggiore consapevolezza la na-tura sacramentale del legame dei Presbiteri con il Vescovo e dei Presbiteri

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tra loro. Ogni Presbitero, infatti, è membro del Presbiterio e porta la responsabilità della cura pastorale dell’intera Diocesi con il Vesco-vo e con gli altri Presbiteri. Di conseguenza è più che mai importante sviluppare la coscienza dell’«essere presbiterio» e comprendere che que-sta non mortifica, ma potenzia il ministero del Parroco. Essa permette, ad esempio, di sviluppare impegni particolari, frutto di attitudini, di età, di competenze acquisite che possono essere spese insieme, in settori della pastorale che una parrocchia da sola o un parroco da solo, non può realiz-zare. La condivisione delle responsabilità, le decisioni comuni, soprattutto nei momenti difficili o di fronte a problemi nuovi e complessi, è una grazia. Inoltre “libera del tempo” per attendere a momenti formativi di spiritualità, di riposo, facendosi aiutare dai confratelli. Questa coscienza di essere un unico Presbiterio favorirà la pastorale d’insieme.

D’altra parte non si può dimenticare la chiara indicazione fatta dal Con-vegno di Verona: «Diventa essenziale “accelerare l’ora dei Laici”, rilan-ciandone l’impegno ecclesiale e secolare, senza il quale il fermento del Vangelo non può giungere nei contesti della vita quotidiana, né penetrare quegli ambienti più fortemente segnati dal processo di secolarizzazione» (Nota dopo Verona n. 27). Così la Pastorale non risulta essere solo l’azio-ne del Pastore di fronte alla Comunità, ma diviene l’agire di tutto il Popolo di Dio, guidato dai suoi Pastori.Attraverso la Lettera Pastorale “Comunione nel Cammino Vicariale” del 2011-2012 si è pertanto richiesto lo sforzo di acquisire una nuova mentalità e di mettere in campo un impegno collegiale attraverso l’utilizzo di un “me-todo sinodale”: lavorare insieme, pensare insieme, ascoltarsi reciproca-mente, scegliere mete comuni e obiettivi praticabili, in una parola un nuovo stile pastorale. «L’unità della Chiesa non è uniformità, ma integrazione organica delle legittime diversità» (NMI 46). Si tratta perciò di compren-dere che la “corresponsabilità” si esprime soprattutto nella promozione e valorizzazione dei Ministeri. La promozione dei Ministeri riguarda tutte le dimensioni e gli ambiti della Pastorale: catechesi, celebrazione liturgica, carità, cultura, educazione, fragilità e malattia, comunicazione, ecc. Essa porta a ripensare anche il modo di esercitare il Ministero Presbiterale: il Presbitero non è colui che fa tutto, ma colui che sa promuovere, valorizza-re, sostenere spiritualmente chi s’impegna attivamente per la Parrocchia, facendo convergere tutto nell’unità.Per questo la suddetta lettera pastorale ha proposto un lavoro differen-ziato ed in qualche modo “personalizzato” ai singoli Vicariati, avendo rile-

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vato l’emergere di spiccate differenze legate alla cultura, alla condizione sociologica, al territorio, all’ampiezza ed al numero delle parrocchie, alle tradizione ed alle possibilità pastorali. L’obiettivo di minima è stato il con-solidamento delle iniziative pastorali già sperimentate; quello di massima l’individuazione di ulteriori proposte da poter attuare.Mentre si chiede il proseguimento sempre più fruttuoso di tale lavoro, si vogliono suggerire alcune altre piste di lavoro.

® La ministerialità dei laici e il diaconato permanente

In continuità con il lavoro già svolto da tanti anni a questa parte, si pro-segua e si intensifichi ancor di più la promozione e la cura della mini-sterialità dei laici nella nostra Chiesa locale ed in particolare si coltivino le vocazioni al diaconato permanente, ministero ordinato sempre più urgente e necessario anche nella nostra diocesi, per differenziare meglio i compiti dei presbiteri, attuando così le indicazioni conciliari per una pie-na e matura corresponsabilità tra sacerdoti, religiosi e laici nella Chiesa.

® Valorizzare le figure dei Vicari Foranei

Questi sacerdoti si incontrino periodicamente con il Vescovo per meglio raccordare la progettazione, la programmazione e l’esecuzione delle at-tività pastorali, in modo che si tenga conto del cammino della Diocesi nel suo insieme, pur salvaguardando la specificità di ciascun territorio.

® Attivare un percorso di incontri tra i Direttori degli Uffici Pastorali

Si tratta anche qui di coordinare meglio le indicazioni e le iniziative for-mative e pastorali che la Diocesi propone alle singole comunità cristia-ne, in modo da non disperdere le forze con sovrapposizioni o ripetizioni inutili. In tal senso si può fare riferimento alla ristrutturazione del lavoro della Curia Diocesana come emerse già nei lavori del Sinodo Diocesano (1995-1998), dove era prevista una figura moderatrice che prendesse a cuore lo sviluppo e la coordinazione di questo itinerario; questa persona potrebbe essere individuata, ad esempio, tra gli stessi Direttori degli Uf-fici Diocesani.

Questo lavoro di coordinamento sarebbe bene che arrivasse anche a mettere direttamente in contatto gli Uffici Pastorali coi Vicari Foranei ed i vari Consigli Pastorali, nei tempi e nelle modalità che potranno essere ritenuti utili.

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® La comunione e l’aggiornamento del CleroE’ necessario mantenere intenso il percorso diocesano di formazione permanente del clero, così da favorire anche una crescente ed illuminata comunione spirituale e pastorale. In particolare sarebbe importante pro-seguire nella scelta di “trasferire” la progettazione e la programmazione pastorale agli incontri dei Consigli Pastorali Vicariali, riservando i periodi-ci incontri dei Sacerdoti nei Vicariati a ulteriori momenti di spiritualità, ag-giornamento e fraternità, magari con la presenza anche dell’Arcivescovo.

4.2 educazione e carità

Papa Francesco in questi primi mesi del suo pontificato ha ripetuto più volte e con forza il suo appello affinché la Chiesa non si riduca ad essere ed operare come una delle tante ONG sparse per il mondo.Per rimanere la Chiesa di Cristo è indispensabile un cammino di educazio-ne che permetta ad ogni cristiano di riconosce l’amore di Dio, di abbando-narsi liberamente a Lui e di prestargli il pieno ossequio dell’intelletto e della volontà, nell’acquisizione di una vera e propria “mentalità di fede” (cfr. DB 36). A questo scopo è orientato tutto il cammino formativo della Chiesa, a cui ci richiamano anche i nostri Vescovi in questo decennio pastorale dedicato proprio al tema della Educazione.Inoltre non può mancare la testimonianza della carità, come immagine – direbbe il Vangelo – della presenza di “frutti buoni” sull’albero della Chiesa, solo dai quali si potrà affermare la bontà della pianta che li ha prodotti. La nostra Chiesa, d’altra parte, proviene da una grande storia di testimo-nianza della carità cristiana, che si è resa a tutti visibile nel secolo scorso attraverso grandi figure di sacerdoti e laici delle nostre terre quali Don Lolli, Mons. Morelli, Don Minzoni, Don Perin, Don Turci, Ulrico Sarti, Benigno Zaccagnini solo per ricordarne alcuni. Proprio queste testimonianze esem-plari di carità cristiana hanno permesso alla fede di rimanere radicata in questo nostro territorio, che proprio in quegli anni fu sferzato violentemen-te dal vento dell’anticlericalismo!

® Cammino formativo degli Operatori Pastorali

Il cammino formativo degli Operatori Pastorali, in questi ultimi anni, è stato inserito all’interno dei percorsi offerti dalla Scuola di Formazione Teologica Diocesana, che andrà portato avanti e – se possibile – inten-

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sificato anche per il futuro. La partecipazione numerosa e convinta di moltissimi laici è però quasi sempre caratterizzata dalla spontaneità ed occasionalità con cui queste persone hanno preso parte agli itinerari pro-posti. Sarebbe opportuno, per il futuro, avere una partecipazione mag-giore di tutte quelle persone che hanno ricevuto un esplicito “mandato pastorale” in diocesi, senza ovviamente escludere coloro che desidera-no partecipare per una loro formazione personale.In questa linea dovranno sempre più muoversi anche gli Uffici Dioce-sani, i quali non potranno limitarsi a proporre (solamente) degli eventi, ma dovranno preoccuparsi di favorire cammini di “formazione dei for-matori”, così da poter costituire nel tempo gruppi di Operatori Pastorali qualificati per il proprio settore.

Da più parti si auspica anche una maggiore “localizzazione” dei cam-mini formativi, così da favorire una più ampia partecipazione della gen-te; oltre al livello diocesano (che favorisce evidentemente una maggiore “qualità” delle iniziative), si potrebbe dunque tenere anche qui conto del livello vicariale (come già in passato è stato fatto a lungo) per la formu-lazione delle varie iniziative, che potrebbero così rispondere meglio ai bisogni formativi del territorio.

® Individuare i “luoghi “della nuova evangelizzazioneIl rinnovamento degli itinerari di trasmissione della Fede viene comune-mente indicato con il termine “Nuova Evangelizzazione”. Essa prevede la riscoperta della centralità di Cristo, da cui deriva come prima conse-guenza la centralità della persona per la testimonianza cristiana e quindi per la stessa pastorale. La scelta di ripensare l’annuncio a partire dalla vita della persona ha portato la Chiesa Italiana ad individuare dei nuo-vi “luoghi” di evangelizzazione identificati in cinque ambiti e dimensioni dell’esperienza dell’uomo contemporaneo: la vita affettiva, il lavoro e la festa; la fragilità umana; la tradizione; la cittadinanza (cfr. Conve-gno di Verona).La pastorale per una nuova evangelizzazione deve essere caratterizzata da una primaria attenzione alla persona e alla sua concreta situazione di vita, con i rapporti, gli affetti, gli interessi, le attese, le difficoltà e le preoc-cupazioni che la formano e la plasmano. Si tratta ora di accompagnare e sostenere, con gradualità ma anche con convinzione, l’affermarsi e il diffondersi a livello capillare di una tale impostazione della pastorale, che sta già trovando da molte parti un’accoglienza favorevole.

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® Comunione nella carità

Oltre alla necessità di esprimere sempre più chiaramente la natura cri-stiana delle realtà caritative della nostra Chiesa locale, si avverte anche l’urgenza di un “lavoro in rete” tra di esse, in particolare per quanto ri-guarda il servizio svolto dalle Caritas.Occorre inoltre potenziare la capacità di “osservazione delle povertà” sui nostri territori, così da favorire una riposta più efficace alle necessità delle persone.La formazione per gli operatori dell’ambito caritativo potrà essere me-glio e maggiormente sviluppata nei prossimi anni tenendo conto da una parte dei cammini già proposti negli anni scorsi dalla Caritas Diocesana e dalle Caritas Parrocchiali, dall’altra della presenza nella nostra Chiesa dell’Opera di Santa Teresa che potrebbe svolgere un ruolo importante non solo nella pratica della Carità, ma anche nella formazione ad essa.

® La cura dei malati

Una grande attenzione, infine, va sempre manifestata nei confronti degli ammalati e delle persone che soffrono. Oltre al prezioso e nascosto ser-vizio che molti sacerdoti, religiosi, religiose e laici offrono negli Ospedali e nelle Case di Cura presenti nel territorio diocesano, particolarmente preziosa è la presenza dei Ministri Straordinari dell’Eucaristia e di altri Ministri che hanno la possibilità di incontrare gli ammalati e gli anziani nelle loro case, in maniera continuativa e permanente, instaurando rap-porti umani e spirituali che costituiscono altissimi momenti di evangeliz-zazione. A questo scopo pare necessaria la cura di una loro formazione permanente, che sappia aiutare a cogliere la grande opportunità pasto-rale della malattia.1

1 Anche al momento della morte dei fedeli ed alla celebrazione delle esequie cristiane va riservata sempre una grande attenzione pastorale. Per la celebrazione dei funerali si ritiene necessario un aggiornamento del clero al fine di rispettare gli orientamenti del nuovo Rito delle Esequie. Servirebbe inoltre rendere più accogliente la camera mortuaria dell’ospedale di Ravenna dove viene celebrato un numero elevato di funerali. Infine si auspica di poter affrontare l’annosa questione dell’avviso ai Parroci da parte delle Pompe Funebri.

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4.3 annuncio e missione

Stiamo vivendo ancora l’Anno della Fede inaugurato dal Papa Benedetto XVI lo scorso 11 Ottobre 2012 in occasione del 50° anniversario dell’aper-tura del Concilio Ecumenico Vaticano II; questa celebrazione si è svolta durante i lavori della XIII Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi che aveva per tema “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”.Stiamo inoltre vivendo, come Chiesa Italiana, il decennio pastorale 2010-2020 dedicato al tema “Educare alla vita buona del Vangelo”.Nel pensare alla stesura di alcuni orientamenti pastorali per la nostra Chie-sa locale non possiamo esimerci, prima di tutto, dal considerare ciò che abbiamo fatto e ciò che sarà possibile fare insieme circa il mandato fon-damentale di Gesù Cristo di andare ed annunciare il suo Vangelo a tutti.

® Famiglia e Parrocchia insieme per iniziare alla vita cristiana

La nostra Diocesi ha già intrapreso - da oltre un decennio - un lavoro di rinnovamento dell’Iniziazione Cristiana dei fanciulli e dei ragazzi, a partire dagli orientamenti pastorali dell’episcopato italiano per il primo decennio del 2000 che sottolineavano come “Comunicare il Vangelo” è il compito fondamentale della Chiesa, ma con la consapevolezza che questo compito va portato avanti “in un mondo che cambia”.

Il modello di Parrocchia, di Iniziazione e di Catechesi portato avanti fi-nora era nato sulla base di un presupposto essenziale: una Fede già in atto, comunicata ai figli già a partire dalla Famiglia. Oggi non è più così; la Fede non va presupposta, ma piuttosto va proposta.

Le linee teologico-pastorali del Documento Base del progetto catechisti-co italiano, “Il Rinnovamento della Catechesi”, rimangono valide: la con-sapevolezza che la Catechesi è finalizzata ad un incontro personale con il Signore Gesù (n. 30); l’educazione ad una mentalità di fede, che non si limiti alla mera conoscenza di qualche elemento di dottrina (nn. 38-ss.); l’acquisizione di un metodo che sia fedele a Dio e fedele all’uomo, se-condo la logica dell’Incarnazione (n. 160); la centralità del destinatario, per adeguare a lui il metodo ed il linguaggio (capp. 7 e 8).

Ciò che piuttosto è mancato, e che oggi va ripensato, sono le modalità di attuazione di queste linee base, e cioè il sistema su cui si articola la

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proposta catechistica, che spesso si è attuata in una semplice “scuola di catechismo”: i catechisti identificati come insegnanti; i catechismi e gli altri sussidi utilizzati come libri di testo; gli incontri di catechismo para-gonati ad ore di lezione; i gruppi dei fanciulli e dei ragazzi paragonati a delle classi. Anche il lodevole sforzo di integrare la proposta catechistica attraverso incontri coi genitori dei ragazzi, celebrazioni e para-liturgie, esperienze di servizio, coinvolgimento dei gruppi di catechismo in parti-colari attività parrocchiali, grest e campi-scuola, non è stato sufficiente a togliere l’idea di una proposta puero-centrica, tutta rivolta al sacramento-premio.

Si chiarisce perciò la prospettiva del ripensamento: passare da un pro-cesso di Iniziazione centrato sui piccoli e sui sacramenti ad un processo di Iniziazione centrato sugli adulti e finalizzato alla vita cristiana; passare da una Catechesi per far memorizzare delle conoscenze sulla Fede ad una Pastorale con la caratteristica del Primo Annuncio, attenta alle varie situazioni della vita ed alle corrispondenti domande di Fede.

Occorre riportare al centro del percorso di Iniziazione Cristiana l’intera Comunità. Quando parliamo di Comunità non si deve andare sempli-cemente a tutte le persone che nei giorni festivi partecipano più o meno continuamente all’Eucaristia. Bisogna pensare, piuttosto, ad un grup-po di persone che aiuterà la Parrocchia a diventare “comunità-grembo” che genera altri alla Fede ed alla maturità cristiana. Questa Equipe sarà costituita da: il Parroco in prima persona, ai cui il Vescovo ha affidato la guida pastorale della Comunità; dai membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale, a cui affidare la riflessione sulla situazione dell’Iniziazione Cristiana; dai Catechisti, che dovranno essere sempre più capaci di rela-zionarsi non solo coi fanciulli ed i ragazzi, ma anche con le loro Famiglie; da tutti gli altri Operatori Pastorali della Parrocchia, quali animatori della liturgia e della carità, testimoni di vita, giovani compresi; e finalmente dai Genitori dei ragazzi del catechismo, in modo che abbiano un ruolo attivo nel processo di trasmissione della Fede, chiedendo la loro partecipazio-ne ai momenti più significativi del cammino di iniziazione dei loro figli. I genitori così coinvolti potranno anche diventare una fonte di nuovi col-laboratori pastorali; si dovranno al riguardo individuare nuove modalità di coinvolgimento delle persone ed attivare adeguati percorsi formativi.

Dinanzi alla necessità di avviare il rinnovamento dell’Iniziazione Cristia-na, la Chiesa Italiana ha proposto la ripresa della riflessione sull’itine-

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rario catecumenale (cfr. le tre Note Pastorali sull’Iniziazione Cristiana). E così anche la nostra Diocesi ha intrapreso in questi anni un iniziale cammino di sperimentazione che si è attuato in alcune Parrocchie. La scelta è quella di un vero e proprio “itinerario catecumenale”, che ristrut-tura l’impostazione tradizionale del catechismo parrocchiale secondo il modello del catecumenato, senza più scadenze precostituite e coinvol-gendo le famiglie:a) il tempo della prima evangelizzazione = incontrare Gesù;b) la prima fase del catecumenato = entrare nella Storia della Salvezza;c) la seconda fase del catecumenato = vivere nell’Amore del Padre;d) la terza fase del catecumenato = chiamati a seguire Gesù e a vivere

nell’amore;e) l’ultima Quaresima = illuminati e salvati da Cristo attraverso i Sacra-

menti;f) la mistagogia = radicare la propria presenza nella Comunità Cristia-

na e vivere la testimonianza nel mondo.E ora necessario portare a compimento quest’opera di rinnovamen-to della catechesi dell’iniziazione cristiana dei fanciulli e dei ragazzi in modo sempre più unitario.

® La catechesi battesimale

Contemporaneamente al rinnovamento dell’Iniziazione Cristiana dei fan-ciulli e dei ragazzi, la riflessione del Magistero si è sempre più incentra-ta sulla valorizzazione delle prime età della vita. Questo nasce dalla presa di coscienza del vuoto di iniziative pastorali negli anni che vanno dal battesimo alle prime comunioni e dalla constatazione di una contrad-dizione che ancora oggi continua ad essere diffusa nella Chiesa italiana: malgrado la percentuale dei bambini battezzati sia molto alta (intorno al 90 per cento dei bambini nati), dopo la celebrazione del sacramento si perdono quasi del tutto i contatti con le famiglie. I segni di questo pro-lungato distacco sono a tutti evidenti: molti bambini a otto anni non san-no ancora fare il segno della croce e non conoscono preghiere basilari come il Padre Nostro e l’Ave Maria.

E’ nata così la scelta di lavorare in Diocesi anche sulla cosiddetta Ca-techesi Battesimale, tesa ad individuare percorsi che, partendo dalla preparazione e dalla celebrazione del sacramento del Battesimo (Cate-chesi pre-battesimale), proseguisse poi negli anni successivi (Catechesi post-battesimale), fino a confluire nel cammino dei fanciulli e dei ragazzi

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in vista del completamento dell’Iniziazione Cristiana con la celebrazione della Confermazione e della Prima Eucaristia.

La prima concretizzazione operativa di questo progetto è stata la realiz-zazione di una scuola per catechisti battesimali, impostata sul alcuni punti fondamentali: offrire alcuni elementi basilari rispetto alla prepara-zione battesimale; fornire un’occasione di formazione per laici (singoli e coppie), favorendo la partecipazione di persone nuove rispetto a questa esperienza, con particolare attenzione alle coppie giovani con bambini; coinvolgere i Parroci in questa iniziativa per stimolare una riflessione sulla modalità di condurre la preparazione al Battesimo.

Ora, dopo alcuni anni, si tratta di mantenere alto l’interesse e il desiderio di approfondimento, sia da parte degli operatori incaricati di organizzare eventuali momenti futuri, sia da parte degli stessi partecipanti. La cate-chesi pre-battesimale e il percorso formativo dei catechisti pre-battesi-mali, vanno ripresi e rilanciati attraverso un forte collegamento dell’Uf-ficio Catechistico con l’Ufficio di Pastorale Familiare e con i Gruppi Fa-miglie/Sposi delle parrocchie. Anche la catechesi post-battesimale (fra 0-6 anni) deve essere adeguatamente promossa pensando ad opportuni momenti d’incontro delle famiglie insieme ai loro bambini.

® Il catecumenato degli adulti

Una crescente attenzione pastorale andrà dedicata, infine, al numero sempre più alto di adulti che chiedono di ricevere i Sacramenti dell’inizia-zione cristiana. Si tratta di pensare ad un cammino diocesano di Cate-cumenato degli Adulti a cui tutte le parrocchie possano far riferimento, sia per quanto riguarda la celebrazione delle varie tappe del cammino dei catecumeni, sia per quanto riguarda la formazione dei necessari col-laboratori pastorali (cfr. a tal proposito la terza nota CEI sull’iniziazione cristiana).

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In modo sintetico si può affermare che per “rinnovarsi nella fede” e testimoniare con gioia ed efficacia il Vangelo nella nostra terra di Raven-na Cervia, si avverte la necessità di continuare il cammino verso una crescente vita di comunione, che si realizzi in una maggiore correspon-sabilità tra le diverse realtà ecclesiali diocesane e in un confronto più con-tinuativo tra gli Organismi, gli Uffici Pastorali e le altre realtà ecclesiali aggregative. Inoltre, per rispondere in modo sempre più efficace alle sfide della Nuova Evangelizzazione, e crescere nell’impegno missionario, è necessario continuare il cammino formativo in modo più coinvolgente e definito; meglio se perseguito in modo capillare sul territorio.

Come libro biblico che guiderà il cammino spirituale dell’anno pasto-rale 2013–14 (e del prossimo) si è scelta la prima metà del testo lucano degli Atti degli Apostoli, che esplicita l’esigenza di un ritorno alla Chiesa delle origini. Un sussidio ampio e dettagliato con diverse potenzialità di utilizzo nelle comunità cristiane è stato preparato col contributo di tanti.

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