Percorso 8 Scuola, educazione e istruzione - Loescher … · L’alfabeta di ieri e quello di oggi...

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L’alfabetizzazione di massa e l’istruzione formale, distinta dai processi di socializzazione che avvengono all’interno della famiglia, sono fenomeni rela- tivamente recenti. I concetti di «alfabeta» e «analfabeta», tuttavia, non sono definiti staticamente una volta per tutte, ma soggetti a evoluzione: è quan- to afferma nel primo brano del percorso, L’alfabeta di ieri e quello di oggi, lo studioso di economia Carlo Maria Cipolla. Oltre che luogo di alfabetizzazione e trasmissione della cultura, la scuola è anche un’importante agenzia di socializzazione, nella quale i discenti apprendono norme e valori, rivestono ruoli, sperimentano varie forme di comunicazione verbale e non verbale. Il loro successo o insuccesso può dipendere da diversi fattori. Nel secondo e nel terzo brano del percorso se ne esplorano due: le aspettative degli insegnanti e la classe sociale di ori- gine. Nel passo La profezia che si autoadempie nel rendimento scolastico, che documenta un esperimento, si mostra che conseguono i risultati miglio- ri gli studenti nei confronti dei quali gli insegnanti hanno maggiori aspetta- tive. Il brano La falsa neutralità della scuola, di Pierre Bourdieu, sostiene che la scuola, invece di appianare le disuguaglianze sociali, le sancisce e le perpetua, favorendo gli appartenenti alle classi sociali più alte. L’ultimo passo del percorso, Educazione alla cittadinanza e interculturalità, guarda con maggiore ottimismo alla funzione della scuola e insiste sul suo compito di trasmissione dei valori, con riferimento a un tema di particola- re attualità: la convivenza interculturale nella società odierna. 115 Percorso 8 Scuola, educazione e istruzione ITINERARIO DI LETTURA L’alfabeta di ieri e quello di oggi La profezia che si autoadempie nel rendimento scolastico La falsa neutralità della scuola Educazione alla cittadinanza e interculturalità T4 T3 T2 T1

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L’alfabetizzazione di massa e l’istruzione formale, distinta dai processi disocializzazione che avvengono all’interno della famiglia, sono fenomeni rela-tivamente recenti. I concetti di «alfabeta» e «analfabeta», tuttavia, non sonodefiniti staticamente una volta per tutte, ma soggetti a evoluzione: è quan-to afferma nel primo brano del percorso, L’alfabeta di ieri e quello di oggi,lo studioso di economia Carlo Maria Cipolla.Oltre che luogo di alfabetizzazione e trasmissione della cultura, la scuola èanche un’importante agenzia di socializzazione, nella quale i discentiapprendono norme e valori, rivestono ruoli, sperimentano varie forme dicomunicazione verbale e non verbale. Il loro successo o insuccesso puòdipendere da diversi fattori. Nel secondo e nel terzo brano del percorso sene esplorano due: le aspettative degli insegnanti e la classe sociale di ori-gine. Nel passo La profezia che si autoadempie nel rendimento scolastico,che documenta un esperimento, si mostra che conseguono i risultati miglio-ri gli studenti nei confronti dei quali gli insegnanti hanno maggiori aspetta-tive. Il brano La falsa neutralità della scuola, di Pierre Bourdieu, sostieneche la scuola, invece di appianare le disuguaglianze sociali, le sancisce ele perpetua, favorendo gli appartenenti alle classi sociali più alte.L’ultimo passo del percorso, Educazione alla cittadinanza e interculturalità,guarda con maggiore ottimismo alla funzione della scuola e insiste sul suocompito di trasmissione dei valori, con riferimento a un tema di particola-re attualità: la convivenza interculturale nella società odierna.

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Percorso 8

Scuola, educazionee istruzione

ITINERARIO DI LETTURA

L’alfabeta di ieri equello di oggi

La profezia che siautoadempie nelrendimento scolastico

La falsa neutralitàdella scuola

Educazione alla cittadinanza e interculturalità

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L’alfabeta di ieri e quello di oggi

Carlo Maria Cipolla

Carlo Maria Cipolla (1922-2000) è una figura di spicco tra gli intellettualiitaliani; per i suoi studi di storia economica è stato nominato ProfessoreEmerito alla Scuola Normale di Pisa e ha conseguito notorietà nel mondoaccademico internazionale.In un saggio pionieristico del 1969, uscito in lingua inglese (la traduzioneitaliana è di due anni dopo), egli analizza il declino dell’analfabetismo nelmondo occidentale e mostra come il fattore istruzione sia stato, e rappre-senti ancora oggi, un elemento chiave della modernizzazione economica.L’istruzione sarà dunque un fattore chiave per lo sviluppo delle aree eco-nomicamente arretrate del pianeta. Il brano selezionato ci invita anche aun’altra riflessione, e cioè che l’alfabetizzazione non è un concetto statico,ma va intesa in senso relativo allo sviluppo culturale e tecnologico di unasocietà.

Nel suo senso più dimesso il termine «analfabeta» può essere usatoper significare una persona incapace di leggere un testo, stampato o manoscrit-to che sia. Da ciò, per ragion logica, si potrebbe dedurre che una persona chesappia leggere è «alfabeta», ma la deduzione non è esatta. Tra l’analfabeta e l’al-fabeta, c’è la schiera grigia e numerosa dei semi-analfabeti. Ci sono, tanto percominciare, coloro i quali sanno leggere ma non sanno scrivere. In epoca moder-na il loro numero sembra variare dall’1 al 10 per cento della popolazione adul-ta […]. Comunque, coloro i quali sanno leggere ma non sanno scrivere nonrappresentano tutta la massa dei semi-analfabeti. Ci sono quelli che sanno leg-gere e scrivere, ma che difficilmente capiscono ciò che leggono e che a malapena sanno scrivere qualcosa che vada al di là della loro firma. Nel 1850,nell’Impero russo, dove l’analfabetismo toccava il 90 per cento circa della popo-lazione adulta, non c’era molto posto per i semi-analfabeti. Ma in altri paesi lecose erano ben diverse. Statistiche relative al grado di istruzione delle reclutemilitari in Francia mostrano che tra il 1881 e il 1900 su 6.121.018 reclute:l’8 per cento non sapeva né leggere né scrivere; il 2 per cento sapeva solamen-te leggere; l’87 per cento sapeva leggere e scrivere, ma non aveva finito le scuoleelementari; il 3 per cento era in possesso almeno del brevet de l’enseignement pri-maire1.

Se per un momento generosamente consideriamo come veramentealfabeta ogni recluta che fosse almeno in possesso del brevet de l’enseignementprimaire (diploma di scuola elementare), troviamo che tra l’8 per cento di com-pletamente analfabeti e il 3 per cento di veramente alfabeti, c’era un buon 89per cento di semi-analfabeti. […]

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1. brevet de l ’enseignementprimaire: diploma cheattestava la conclusionedell’istruzioneelementare.

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Bisogna anche dire che qualsiasi definizione riguardante l’analfabeti-smo è destinata ad essere di per sé evasiva2 quando sia usata nel contesto di unastoria millenaria. Ciò che noi cerchiamo di identificare con un termine unicosoggiace in effetti a continui mutamenti di sostanza in un contesto sociale e cul-turale in perenne cambiamento. Per esempio, dobbiamo guardarci da un sem-plicistico confronto tra analfabetismo medievale e analfabetismo moderno. Ilmondo moderno è regolato più dalla parola scritta che da forme esteriori di ceri-monia e spettacolo. Ma più si va addietro nel tempo, più si trova una situazio-ne completamente diversa. […] Sia dal punto di vista di «ciò che la gente sa inrelazione a ciò che deve sapere» che dal punto di vista di «come la gente appren-de» un dato tipo di istruzione ha un significato ben diverso in società diverse traloro quali, ad esempio, l’Europa del secolo IX e l’Europa mille anni dopo. […]

Ancora agli inizi del Novecento essere alfabeti significava essere capa-ci di leggere e di scrivere. Oggi, in una società industrialmente progredita, unapersona con meno di 10-15 anni di scuola è da considerarsi funzionalmenteanalfabeta. Tecnologie nuove ed avanzate hanno mutato la proporzione dellecose. Sino agli anni Settanta, si poteva ancora avere un soddisfacente sviluppoeconomico con un sistema d’apprendistato e con un certo dilettantismo scien-tifico. Dall’ultimo quarto dell’Ottocento lo sviluppo economico è divenutosempre più dipendente dalla ricerca scientifica organizzata e da un sistema effi-cientemente organizzato di addestramento tecnico e scientifico.

Noi troviamo assurdo che un secolo fa troppi fanciulli non potesserofrequentare le scuole elementari poiché dovevano andare a lavorare nelle fab-briche. Ma non troviamo assurdo oggi che la maggior parte dei nostri ragazzinon abbia la possibilità di avere un’istruzione superiore per le stesse ragioni.Troviamo assurdo che nel passato i ragazzi dovessero pagare le tasse per essereistruiti «nell’arte dello scrivere», ma non troviamo assurdo invece che oggigior-no debbano pagare tasse per conseguire un’istruzione superiore. Eppure, ainostri giorni, l’istruzione superiore è indispensabile ed essenziale tanto quantoquella elementare lo era un secolo fa.

(C. Cipolla, Istruzione e sviluppo [prima edizione: 1969], Torino, Utet, 1971, pp. 21-23, 114-15)

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Comprensione del testo1. Spiega che cosa si intende con il termine «semi-

analfabeta», facendo riferimento agli esempi sto-rici proposti dall’autore.

2. Perché, secondo l’autore, non è utile un con-fronto semplicistico tra analfabetismo medieva-le e analfabetismo moderno?

3. Quale denuncia esprime l’autore riguardo all’al-fabetizzazione giovanile di oggi?

Rielaborazione e produzione4. Nel brano si legge che «oggi, in una società indu-

strialmente progredita, una persona con meno di10-15 anni di scuola è da considerarsi funzio-nalmente analfabeta»: spiega il significato diquesta frase.

5. Riassumi in breve la tesi di Cipolla, ponendo inparticolare in luce il rapporto tra alfabetizzazio-ne e sviluppo economico.

2. evasiva: poco chiara.

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La profezia che si autoadempie nel rendimento scolastico

Robert Rosenthal e Leonore Jacobson

«Se gli uomini definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nel-le loro conseguenze». Questa «legge» fondamentale delle scienze sociali èstata verificata anche nell’ambito del rapporto tra insegnanti e allievi dauna celebre ricerca condotta negli anni Sessanta in una scuola elementa-re. Fingendo di preparare un nuovo test per predire il rendimento scolasti-co e le abilità intellettuali dei bambini, i ricercatori fecero sapere agli inse-gnanti, con la raccomandazione di non rivelarli a nessuno, i nomi di ventiallievi che con tutta probabilità avrebbero fatto grandi progressi nell’annosuccessivo. Erano in realtà nomi scelti a caso e l’unica cosa che rendevaquesti venti allievi diversi dagli altri era l’aspettativa degli insegnanti cheessi avrebbero avuto un miglior rendimento. A mesi di distanza, con ripe-tute prove e verifiche, si rilevò che la profezia si era avverata: non solo iventi studenti, ripetiamo scelti a caso, erano in testa nelle graduatorie diprofitto, ma venivano descritti dagli insegnanti come più felici, curiosi, sim-patici e con numerosi altri aggettivi positivi.

Il concetto principale da cui muoveva la nostra ricerca è quello di «pro-fezia che si auto-adempie». L’essenza di questo concetto è che la predizione fat-ta da una persona sul comportamento di un’altra persona finisce, in un modoo nell’altro, per realizzarsi. Naturalmente la predizione può realizzarsi soltantonella percezione di chi la fa. Ma può succedere anche che l’aspettativa di chi fala predizione venga comunicata all’altra persona, probabilmente in forme sot-tili e involontarie, e influisca così sul comportamento di quest’ultima.

Nel condurre un esperimento per verificare questa ipotesi non si puòessere sicuri di avere a che fare con una profezia che si auto-adempie finché nonsi sono prese le misure necessarie per assicurarsi che una predizione non è basa-ta sul comportamento che è già stato osservato. Se gli allievi che hanno un bas-so rendimento scolastico sono quelli dai quali l’insegnante si aspettava appun-to un basso rendimento scolastico, non si può dire, in una situazione scolasti-ca normale, se l’aspettativa dell’insegnante sia la causa del basso rendimentoscolastico oppure se l’insegnante non abbia fatto altro che una previsione esat-ta basata sulla sua conoscenza delle precedenti prestazioni di un determinatoallievo. Per verificare se si possa parlare o meno di una profezia che si auto-adempie, bisogna stabilire delle condizioni tali – per condurre l’esperimento –che le aspettative non si basino sul comportamento passato del soggetto sullecui prestazioni si fa una predizione.

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È facile stabilire tali condizioni in ricerche di laboratorio mettendoun soggetto di fronte a un gruppo di animali da laboratorio e dicendogli qua-le tipo di comportamento ci si può aspettare da loro. […]

In un esperimento, a 12 studenti di psicologia vennero dati ciascunocinque topi che dovevano compiere lo stesso esercizio. A sei studenti fu dettoche i loro topi erano stati addestrati a correre rapidamente all’interno di un labi-rinto; agli altri sei studenti era stato invece detto che, per motivi genetici, ci sidoveva aspettare che i loro topi si muovessero a fatica all’interno del labirinto.Il compito affidato agli studenti era quello di insegnare ai topi a correre all’in-terno del labirinto.

Fin dall’inizio, i topi che si credeva avessero le maggiori potenzialitàdettero le prove migliori. I topi ritenuti lenti fecero pochi progressi e talvoltanon si mossero neppure dalla posizione iniziale. […]

Cercammo di stabilire delle condizioni simili nella situazione dellaclasse scolastica. Volevamo creare delle aspettative basate soltanto su ciò che erastato detto agli insegnanti, in modo da escludere la possibilità di giudizi basatisu precedenti osservazioni dei bambini. Fu con questo obiettivo che impo-stammo il nostro esperimento in quella che chiameremo la Oak Schooldell’Unified School District di San Francisco. Per evitare il pericolo che si potes-se pensare che da alcuni bambini ci si poteva aspettare un basso rendimentoscolastico, creammo soltanto l’aspettativa che certi allievi potevano avere unrendimento scolastico migliore. […]

Oak School si trova in un quartiere vecchio e piuttosto malandato.La scuola è frequentata da alcuni allievi provenienti da famiglie di classe media,ma per la maggior parte da allievi provenienti da famiglie delle classi socialiinferiori. Quest’ultima categoria comprende anche bambini provenienti dafamiglie che ricevono un’assistenza pubblica, da famiglie con un basso livellodi reddito e da famiglie messicane. Nella scuola vi sono sei anni, dal primo alsesto, ciascuno organizzato in tre diverse classi: una per bambini con un ren-dimento superiore alla media, una per bambini con un rendimento medio, edinfine una terza per bambini con un rendimento inferiore1. Vi è anche unascuola materna.

All’inizio dell’esperimento, nel 1964, dicemmo agli insegnanti cheavevamo bisogno di convalidare un nuovo tipo di test costruito per predire ilrendimento scolastico o i progressi intellettuali dei bambini. In realtà, usavamo[…] un test di intelligenza che era piuttosto nuovo e quindi poco conosciutodagli insegnanti. Esso è costituito da due sub-test relativamente indipendenti,uno dei quali riguardava più l’abilità verbale e l’altro l’abilità di ragionamento.Per fare degli esempi, una prova del test di abilità verbale per i bambini dellascuola materna e della prima classe elementare conteneva disegni di un artico-lo di abbigliamento, di un fiore, di una busta, di una mela e di un bicchiere

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1. tre diverse classi …rendimento inferiore: ladivisione in classidipende, secondo ilsistema scolasticostatunitense, dalrendimento.

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d’acqua […]. Al bambino veniva chiesto di segnare con una matita «la cosa chepuoi mangiare». Una prova del test di abilità di ragionamento conteneva cin-que disegni astratti, quattro quadrati e un cerchio. Al bambino veniva chiestodi segnare il disegno differente da tutti gli altri. […]

I nomi dei venti bambini erano stati scelti a caso. Il trattamento spe-rimentale dei bambini non consisteva che nel dare i loro nomi ai loro nuoviinsegnanti indicandoli come allievi dai quali ci si poteva aspettare dei progres-si eccezionali nello sviluppo intellettuale durante l’anno. Di conseguenza, la dif-ferenza fra questi e i bambini «non scelti», che costituivano il gruppo di con-trollo2, era interamente e solo nella testa degli insegnanti.

A tutti i bambini fu somministrato di nuovo lo stesso test quattromesi dopo l’inizio della scuola, al termine dell’anno scolastico e nel mese dimaggio dell’anno seguente. Dato che i bambini passarono da una classe a quel-la successiva, furono utilizzati test diversi a seconda del livello. I test utilizzatierano per tre diversi livelli: scuola materna e primo anno delle elementari, secon-do e terzo anno, dal quarto al sesto anno.

I risultati indicarono che i bambini dai quali gli insegnanti si aspet-tavano maggiori progressi nello sviluppo intellettuale fecero realmente questiprogressi. […]

Alla fine dell’anno scolastico 1964-65 fu chiesto agli insegnanti didescrivere il comportamento in classe dei loro allievi. Gli allievi da cui ci si aspet-tava un maggior sviluppo intellettuale furono descritti come soggetti con mag-giori possibilità di successo nella vita, più felici, più curiosi e più interessantidegli altri. Gli allievi «scelti» erano percepiti anche come più simpatici, meglioadattati e più affezionati e con un minor bisogno di approvazione sociale3. Inbreve, gli allievi dai quali ci si aspettava un maggior sviluppo intellettuale diven-nero più vivaci e autonomi intellettualmente, o almeno furono percepiti cosìdai loro insegnanti. Questi risultati erano particolarmente chiari per i bambinidella prima classe elementare.

Un interessante contrasto emerse dai giudizi degli insegnanti sui bam-bini «non scelti». Anche fra questi ve ne erano alcuni che avevano fatto dei pro-gressi nel Q. I.4 durante l’anno. Quanto maggiori erano questi progressi, tantomeno favorevolmente furono giudicati dai loro insegnanti.

Da questi risultati emerge chiaramente che quando dei bambini daiquali ci si aspettano dei progressi intellettuali li fanno realmente, essi possonogodere di ulteriori vantaggi. Come «personalità» essi salgono nella considera-zione che ha di loro l’insegnante. L’opposto avviene per i bambini che fannodei progressi intellettuali quando non ci si aspetta da loro alcun miglioramen-to. Essi vengono visti come persone che hanno un comportamento indesidera-bile. Parrebbe dunque che vi siano dei rischi ad avere uno sviluppo intellettua-le non previsto. […]

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2. gruppo di controllo: inalcune ricerche ilcampione vienesuddiviso in duesottogruppi: il grupposperimentale e il gruppodi controllo. I due gruppisono sottoposti allestesse condizioni, fattaeccezione per untrattamento. Eventualidifferenze fra i duegruppi su una certaproprietà sarannoattribuite al trattamentosomministrato in più al gruppo sperimentalerispetto a quello dicontrollo.

3. Gli all ievi scelti …approvazione sociale: sinoti che il giudiziopositivo sugli alunniverso cui si hannomaggiori aspettative siestende dall’ambito delrendimento scolasticoad aspetti personali esocio-affettivi.

4. Q. I.: quoziente di intelligenza.

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Come si spiega il fatto che i bambini da cui ci si aspettavano dei pro-gressi fecero realmente questi progressi? La prima risposta che viene in mente èche gli insegnanti abbiano dedicato più tempo a questi che agli altri bambinidai quali non si aspettavano niente. Questa ipotesi sembra essere sbagliata a giu-dicare non solo dalle risposte date dagli insegnanti alla nostra domanda sul tem-po che avevano dedicato ai loro allievi, ma anche dal fatto che quanto più, inuna determinata classe, gli allievi «scelti» facevano dei progressi nel Q. I., tan-to maggiori erano anche i progressi degli altri allievi della stessa classe5.

Un’altra prova dell’erroneità di questa ipotesi emerge dai risultati deitest. Se gli insegnanti avessero parlato più frequentemente con i bambini «scel-ti» (è questo infatti il modo più facile per investire maggior tempo nel lavorocon loro) ci si potrebbero aspettare dei progressi soprattutto nell’intelligenza ver-bale. Invece i maggiori progressi furono registrati nelle capacità di ragiona-mento.

La spiegazione va probabilmente cercata in qualche aspetto sottile del-l’interazione insegnante-allievi. Il tono di voce dell’insegnante, la sua espressio-ne facciale, il suo modo di fare e la posizione del corpo possono essere i mezziattraverso i quali – probabilmente in modo del tutto inconsapevole – l’inse-gnante comunica agli allievi le sue aspettative. Questa comunicazione può aiu-tare l’allievo a cambiare la sua concezione di sé, le sue aspettative circa il pro-prio comportamento, le sue motivazioni e le sue capacità cognitive. Ma questoè un campo in cui sono evidentemente necessarie ulteriori ricerche.

(R. Rosenthal e L. Jacobson, Pigmalione in classe, in M. Barbagli [a cura di], Istruzione, legittimazione e conflitto [prima edizione: 1968], Bologna, il Mulino, 1972, pp. 326-27, 330-33)

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5. tanto maggiori ... dellastessa classe: il fatto chenon solo gli allievi«scelti» ma anche glialtri membri della classeavessero fatto progressinel Q. I. fa pensare chegli insegnanti abbianodedicato la stessaquantità di tempo a tuttii bambini.

Comprensione del testo1. Formula una definizione del concetto di «profezia

che si auto-adempie» e indica qual è la condi-zione essenziale di un esperimento per verifica-re se si realizza o meno la profezia che si auto-adempie.

2. Spiega in breve le fasi e l’obiettivo dell’esperi-mento condotto dai ricercatori nella Oak Schoolnel 1964-65.

3. Quali sono le differenze, rilevate dai ricercatorial termine dell’esperimento, nei giudizi espressidagli insegnanti sugli allievi «scelti» e sugli allie-vi «non scelti»?

Rielaborazione e produzione4. Qual è la conclusione cui sono giunti i ricercato-

ri sull’atteggiamento degli insegnanti nei con-fronti degli alunni verso i quali avevano alimen-tato o meno aspettative di un progresso intel-lettuale?

5. Suddividi il brano in sequenze e a ciascuna attri-buisci un titolo.

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La falsa neutralità della scuola

Pierre Bourdieu

Pierre Bourdieu (1930-2002), con le sue critiche del sistema scolastico, haprecorso di alcuni anni alcune tesi portate avanti dal movimento studente-sco del Sessantotto. L’analisi del sistema scolastico di quel periodo, checi viene offerta nel brano che segue, è impietosa. In sintesi ecco che cosaafferma l’autore: quando un bambino arriva a scuola è dotato del capitaleculturale che deriva dall’ambiente familiare nel quale è vissuto; se esso èscarso o comunque difforme dalle richieste scolastiche, si produrrà l’in-successo scolastico. Ma da parte della scuola si attribuisce il basso ren-dimento scolastico del bambino a carenza di doti naturali (l’intelligenza). Inquesto modo la scuola trasforma un fatto sociale in un fatto naturale, con-tribuendo pesantemente a legittimare le disuguaglianze sociali.

Per offrire vantaggi ai più avvantaggiati e svantaggi ai più svantaggia-ti, è necessario e sufficiente che la scuola ignori nel contenuto dell’insegnamentotrasmesso, nei metodi e nelle tecniche di trasmissione e nei criteri di giudizio,le disuguaglianze culturali esistenti tra i giovani delle diverse classi sociali: inaltre parole, trattando tutti i discenti, anche se di fatto disuguali, come ugualinei diritti e nei doveri, il sistema scolastico finisce di fatto per sancire le di-suguaglianze iniziali di fronte alla cultura1. Inoltre, il sistema scolastico tendead accordare un vantaggio supplementare ai giovani degli ambienti più agiatiperché il sistema di valori impliciti che presuppone e trasmette, le tradizionipedagogiche che perpetua e persino il contenuto e la forma della cultura chetrasmette e che esige hanno affinità con i valori, le tradizioni e la cultura delleclassi più agiate.

Passando dai fenomeni più evidenti ai più occulti, bisogna ricordareprima di tutto che la cultura trasmessa dal sistema d’insegnamento e la linguain cui si effettua questa trasmissione sono lontane in maniera fortemente di-suguale dalla «cultura» […] e dalla lingua delle diverse classi sociali. […]

Inoltre, il reclutamento sociale degli insegnanti non può non com-portare nell’universo scolastico valori che sono, secondo i casi, quelli delle clas-si superiori o medie. […]

Non c’è indizio anche minimo dell’appartenenza sociale, come la«tenuta» del corpo e dell’abbigliamento, lo stile dell’espressione o l’accento, chenon siano oggetto di «piccole percezioni» di classe e che non contribuiscano aorientare, il più delle volte inconsciamente, il giudizio degli insegnanti.

Analogamente, i giudizi che i maestri, impregnati dei valori della clas-se media di cui sono partecipi e da cui spesso provengono, pronunciano sui loroalunni, e soprattutto sui bambini delle classi popolari, prendono sempre in con-

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1. in altre parole … di frontealla cultura:paradossalmente, il fatto che i discenti, al loro ingresso nellascuola, vengano trattatiallo stesso modo, intermini di doveri e diritti,non fa che perpetuare le disuguaglianze,perché non tiene contodei bisogni di quantiprovengono dagliambienti più disagiati e meno colti.

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siderazione, congiuntamente, non soltanto la scienza e l’abilità, ma anche lo sti-le etico che esse esprimono. Invitati a formulare la loro opinione sull’attitudi-ne dei loro allievi a continuare gli studi, i maestri accordano quest’attitudine aibambini tanto più di frequente se questi appartengono ad ambienti sociali piùelevati nella gerarchia sociale; e ciò probabilmente sta a dimostrare che essi pren-dono in considerazione, inconsciamente, l’appartenenza sociale. […]

Tutto sembra comprovare che lo spirito stesso dell’istruzione secon-daria o universitaria, che respinge come «elementari» un buon numero di tec-niche e di studi tecnici, che svaluta la pedagogia razionale orientata verso la tra-smissione esplicita e metodica delle conoscenze e delle capacità, le quali sonoattribuite sotto l’apparenza di doti ai soli rappresentanti delle classi colte, ten-de sistematicamente a negare vantaggi ai giovani delle classi popolari e, in misu-ra minore, delle classi medie2: non ricevendo dalla famiglia niente, o quasi, chepossa servire loro direttamente nell’attività scolastica, questi ultimi sono costret-ti a sperare tutto e a ricevere tutto dalla scuola, salvo poi a sentirsi rimprovera-re abitudini troppo «scolastiche»3. […]

Il sistema d’istruzione può, per la sua logica interna, servire alla per-petuazione di privilegi culturali, senza che i privilegiati abbiano bisogno di ser-virsi di esso. Conferendo alle disuguaglianze culturali una sanzione formalesecondo gli ideali democratici, il sistema fornisce anche la migliore giustifica-zione oggettiva a tali disuguaglianze. E non a caso la tradizione scolastica, comele classi colte, tendono a considerare disuguaglianze di doti, e cioè disugua-glianze naturali, quelle che sono invece disuguaglianze socialmente date: oltrea permettere all’élite di giustificarsi di essere quello che è, l’ideologia delle dotiinnate contribuisce a rinchiudere i soggetti delle classi popolari nel destino chela società loro assegna portandoli a concepire come difetto di attitudini natu-rali ciò che è solo un effetto d’una condizione subordinata.

(P. Bourdieu, La trasmissione dell’eredità culturale, in M. Barbagli [a cura di], Istruzione, legittimazione e conflitto, Bologna, il Mulino, 1983, pp. 301-304)

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Comprensione del testo1. Spiega perché, secondo l’autore, l’insegnamen-

to scolastico tende a favorire i giovani che pro-vengono dagli ambienti sociali più agiati.

2. Sulla base di quali elementi i maestri esprimonogiudizi sugli alunni e con quali conseguenze?

3. Spiega il concetto di «ideologia delle doti innate».

Rielaborazione e produzione4. Individua la tesi di Bourdieu ed elabora una espo-

sizione sintetica.5. Elabora una riflessione personale e confrontati

con i tuoi compagni sul contenuto del brano.

2. Tutto sembra … delleclassi medie: i programmidi studio superiore euniversitario rivelano la tendenza a trascurarele tecniche pedagogichevolte a favorire lo sviluppo dellecapacità intellettive degli studenti, poiché si ritiene che talicapacità siano «innate»nei giovani delle classicolte e pertanto non possano essereacquisite dagli studentidelle classi popolari.

3. «scolastiche»: si noti chel’aggettivo «scolastico»viene a volte usato insenso negativo, comesinonimo di «pedante»,«insipido», «senzapersonalità».

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Educazione alla cittadinanza e interculturalità

Lorenzo Fischer

Nel dibattito pubblico più recente ha trovato ampio spazio il tema del votoagli immigrati extracomunitari, che ha finito per sollevare la più generalequestione dell’integrazione sociale degli stranieri. In Italia gran parte delleposizioni in campo, difficilmente riconducibili a una semplice contrapposi-zione tra favorevoli e contrari, sono accomunate dal fatto di considerarel’argomento solo nei termini di estensione a individui di altre nazionalità didiritti di cui godono i cittadini italiani. Ovviamente, questo è un punto cen-trale, anche perché richiede modifiche alla Carta Costituzionale. Tuttavia,perché i dibattiti sull’integrazione degli stranieri non risultino riduttivi, omagari etnocentrici, sarebbe meglio prendere spunto da tali tematiche perridiscutere più in generale il significato dei diritti di cittadinanza. Per torna-re all’esempio del diritto di voto, più che chiedersi se gli immigrati abbianola capacità di esercitare consapevolmente il diritto di voto, sarebbe megliodomandarsi se tutti quanti, oggi, in una società complessa come la nostra,siamo sufficientemente educati alla partecipazione politica e più in gene-rale alla cittadinanza democratica. Il sociologo dell’educazione LorenzoFischer, autore del brano seguente, è convinto che sia urgente un’educa-zione alla cittadinanza delle nuove generazioni, e che la scuola sia il luogoad essa deputato per eccellenza.

L’azione della scuola per un’integrazione ragionevole e possibile deglistudenti immigrati costituisce un impegno molto difficile, ma è anche uno spa-zio nel quale questa istituzione dimostra, ancora una volta, la propria insosti-tuibilità. Nella scuola è urgente realizzare un’educazione alla cittadinanza effi-cace per tutti gli studenti, non solo per gli immigrati, perché in Italia c’è, comeè largamente noto, diffusa scarsità di senso civico: solo così si potrà sperare chei giovani diano vita, in futuro, ad una società più civile, perché più democrati-ca e tollerante in quanto maggiormente aperta e pluralista. Questa istituzionedovrebbe provare a colmare le carenze italiane di etica pubblica1, cercando diformare individui capaci di scelte consapevoli rispetto alle alternative morali delmondo attuale. La necessità di impostare un curriculum interculturale2 potreb-be portare ad una vera educazione alla cittadinanza, oggi spesso lasciata, conrisultati negativi, ai comportamenti inconsapevoli degli insegnanti. Infatti sequesti ultimi non sono equi e trasparenti nel valutare i propri allievi, se non sipreoccupano di aiutarli a scegliere razionalmente fra posizioni opposte in un’ot-tica che vede la democrazia come il miglior sistema di regolazione pacifica deiconflitti, se non si adoperano per far loro interiorizzare che l’interesse indivi-duale non deve andare a discapito del bene comune, provocano, magari senza

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1. etica pubblica: sensocivico, senso delloStato.

2. interculturale: il concettodi «interculturalità» siriferisce a unapossibilità di convivenzapacifica tra diverseculture in una stessasocietà, caratterizzatanon solo dal rispettoreciproco, ma anche darelazioni arricchenti discambio e interazione.

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volerlo, grave indifferenza civica negli studenti […]. Costituisce elemento fon-damentale di una educazione dei giovani alla «cittadinanza democratica» l’av-viamento al rispetto delle regole, che può cominciare da quelle da stabilire insie-me nell’organizzare la convivenza nella classe scolastica, proseguire nel «sensocivico» applicato ai comportamenti della vita quotidiana e trovare la sua realiz-zazione più completa nell’osservanza delle leggi e nella fiducia verso le istitu-zioni3. Inoltre gli studenti, fino dai primi anni, dovrebbero essere aiutati a capi-re che non si possono avere solo diritti, ma che ad essi corrispondono sempreanche dei doveri: ecco un altro importante fattore di convivenza democraticanella società attuale.

La scuola ha il compito di insegnare agli studenti anche a vivere insie-me (questo è il quarto dei pilastri su cui si fonda il «tesoro» dell’educazione,insieme a sapere, saper fare e saper essere4, secondo l’UNESCO) in un mondooccupato da valori differenti […]. Per la realizzazione di questo obiettivo unaeducazione interculturale deve preoccuparsi di trasmettere, oltre agli elementiculturali comuni ai diversi gruppi, le tradizioni regionali e quelle straniere (adesempio maghrebine, africane e asiatiche): in questo modo l’allievo può esserereso idoneo a vivere sia nel suo ambiente di provenienza, sia in quello comunenel quale coabitano i diversi gruppi. L’interscambio fra culture, fatto di con-trapposizioni e di complementarità, costituisce la sola possibilità di realizzareuna coesistenza feconda fra i gruppi umani, che oggi sempre più spesso si tro-vano a coabitare.

L’educazione interculturale svolge dunque funzioni molto importan-ti: a) agli studenti della cultura maggioritaria insegna la ‘diversità’ e abbatte imuri, permettendo di prendere in considerazione alternative utili, inoltre aiutatutti gli studenti a comprendere i problemi con i quali debbono confrontarsi;b) agli studenti delle minoranze culturali permette di beneficiare di un aumen-to di rispetto sociale, grazie all’apertura della maggioranza ad idee non conven-zionali e agli apporti delle altre culture. Per tutti gli studenti l’educazione inter-culturale si propone di realizzare una considerazione critica delle culture, dellapropria come delle altre, superando gli stereotipi ed i pregiudizi: è chiaro chequesta impostazione vuole evitare di sostituire all’eurocentrismo5 qualche altrotipo di etnocentrismo6 […]. Si può così evitare un fenomeno abbastanza dif-fuso: la situazione per cui il bambino, a scuola, è portato a rifiutare sia la cul-tura familiare che quella di accoglienza, rischiando gravi forme di asocialità.

Nell’educazione interculturale un elemento fondamentale è costitui-to dallo sviluppo, negli allievi, di una mentalità razionale, che scarta le super-stizioni ed è capace di un calcolo razionale fini-mezzi: questo è possibile se ci sipone in un’ottica che rifiuta il relativismo forte7 e quindi ammette che la razio-nalità è patrimonio di tutti i gruppi umani. Si può ad esempio accettare l’af-fermazione secondo la quale alcuni criteri di razionalità sono universali, e quin-di applicabili in ogni contesto, mentre altri dipendono da quest’ultimo […].

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3. fiducia verso le istituzioni:fiducia impersonale cheriguarda il grado diaffidabilità riconosciutoalle istituzioni.

4. sapere, saper fare, saperessere: sono i treelementi fondamentalidel processo diistruzione, che miraappunto a formare unsapere (un corpo diconoscenze), un saperfare (un insiemeintegrato di abilità ecapacità di fare) easpetti del saper essere(acquisizione di uno stilecognitivo, comunicativo,delle motivazioni e degliatteggiamenti).

5. eurocentrismo:concezione, tipica dellaseconda metàdell’Ottocento, secondola quale l’Europasarebbe la protagonistadella storia e dellaciviltà umana.

6. etnocentrismo:atteggiamento cheattribuisce alla nazionecui si appartiene unasuperiorità rispetto atutti gli altri popoli.

7. relativismo forte:concezione che negal’esistenza di aspettiuniversali, comuniall’intera umanità, eritiene invece che valori,norme, criteri di giudizio,addirittura modi diragionare, varino aseconda della cultura.

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Perciò tutti gli allievi debbono venire trattati come individui potenzialmenterazionali e l’insegnante, in qualità di educatore per la razionalità, cercherà diselezionare un curriculum adeguato a questo fine. Non è difficile trovare ele-menti comuni alle diverse culture: la musica costituisce un buon esempio, inquanto in tutti i tipi di musica vi sono gli stessi elementi fondamentali di ritmo, tono e pause. Vi è molto in comune fra le culture umane, in particola-re nella loro capacità di costruire strutture internamente coerenti e di apprez-zarne l’armonia. La risposta di ‘integrazione possibile’ che l’istituzione scolasti-ca può fornire, per rispondere in modo razionale alle differenze etno-culturaliprodotte dai processi integratori, è dunque costituita dal suo sforzo di costrui-re una unità pluralista.

(L. Fischer, Sociologia della scuola, Bologna, il Mulino, 2003, pp. 120-22)

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Comprensione del testo1. Secondo Fischer, quali sono i valori che la scuo-

la italiana deve trasmettere ai giovani per realiz-zare una «educazione alla cittadinanza democra-tica»?

2. Qual è l’obiettivo della educazione interculturalee quali importanti funzioni essa svolge?

3. Che cosa si intende per «mentalità razionale»?

Rielaborazione e produzione4. Riassumi in venti righe al massimo il contenuto

del brano.5. Sulla base della tua esperienza personale, credi

che la scuola di oggi sappia educare i giovani aivalori della democrazia e al dialogo intercultura-le? Elabora una breve riflessione scritta e provaa individuare quali possono essere gli strumen-ti più adatti per una educazione interculturale nel-le scuole.

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