Perché studiare i media? a cura di Alessandra Straniero.

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Perché studiare i media? a cura di Alessandra Straniero

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Perché studiare i media?

a cura di Alessandra Straniero

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Perché studiare i media?di Roger Silverstone

Pubblicato in Inghilterra nel 1999 col titolo Why Study the Media?

Chi è Roger Silverstone?È stato uno dei maggiori studiosi della communication research e pioniere nello studio dei media. Fondatore e direttore del dipartimento di Media and communications della London School of Economics and Political Science, si è occupato principalmente del modo in cui i media rappresentano il mondo, influendo sulle persone dal punto di vista della vita quotidiana, dell’immaginazione, della memoria, e delle relazioni che instaurano con gli altri.

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Chi è Roger Silverstone?

Appartiene alla corrente inglese dei cultural studies;

“La maggior parte del mondo che conosciamo, lo conosciamo attraverso i media” significa sia che i media sono sempre più parte della nostra quotidianità e delle esperienze vissute, sia, soprattutto, che la nostra comprensione del mondo circostante e degli altri passa oggi attraverso le immagini e i suoni trasmessi dalle lenti dei teleschermi e dei monitor.

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Chi è Roger Silverstone?

In Television and Everyday Life (1994) la televisione entra nella vita di ogni giorno come porto sicuro contro le ansietà della vita contemporanea: i media tradizionali secondo Silverstone creano, con le loro usuali strutture narrative e con le loro routine di palinsesto, un senso di controllo e stabilità. 

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Chi è Roger Silverstone?

I media contribuiscono:

alla rappresentazione di un mondo che conosciamo solo attraverso di essi,

ad entrare in contatto con l’Altro, a forgiare la nostra memoria degli eventi, a costruire la fiducia verso la politica.

In altre parole i media contribuiscono a formare quella realtà mediata nella quale ognuno è immerso ed esperisce. 

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Chi è Roger Silverstone?

I media hanno un ruolo fondamentale nella costruzione della MORALE

se gli schermi forgiano la nostra conoscenza dell'altro, formano la nostra rappresentazione del mondo e influenzano la nostra condotta, allora è inevitabile riconoscere loro una forza morale.

Il mondo mediato, infatti, ha implicazioni morali profonde perché può allargare o restringere l'orizzonte dei nostri doveri verso gli altri. 

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Chi è Roger Silverstone?

I media ci fanno “impegnare” con l’altro:

la guerra in Libia o le devastazioni del terremoto in Giappone possono passare inosservate, ma una volta trasmesse sullo schermo queste vicende entrano nella nostra periferia morale.

I media, nel presentarci gli altri lontani in angoli remoti, aumentano le interconnessioni morali: ogni immagine ci ricorda che non siamo soli nel mondo.

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Un’introduzione ai Cultural Studies. I principali nodi teorici

Nascono in Inghilterra all’Università di Birmingham, dove nel 1964 viene aperto il Center of Centmporary Culture Studies, diretto da Richard Hoggart.

I principali nodi teorici:1. L’“autonomia relativa” della cultura e dell’ideologia

dall’economia: le sovrastrutture non sempre sono determinate dalla struttura (cioè dall’economia). La cultura può assumere un ruolo attivo nella riproduzione sociale, senza essere necessariamente riflesso della struttura materiale; può essere cioè storicamente efficace.

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Un’introduzione ai Cultural Studies. I principali nodi teorici

2. Si rifanno al concetto di ideologia di Louis Althusser.La teoria dell’ideologia afferma che le idee e le opinioni professate dalle persone sono connesse con le loro condizioni di vita affettive e materiali. Secondo Althusser, gli uomini esprimono nell’ideologia il modo in cui vivono i rapporti con le loro condizioni di esistenza. Dunque l’ideologia è la sintesi del rapporto “reale” tra le condizioni di esistenza e la dimensione immaginaria che gli individui hanno delle proprie stesse condizioni.

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Un’introduzione ai Cultural Studies. I principali nodi teorici

3. Si rifanno al concetto di egemonia di Gramsci:

“Quel complesso di operazioni che permettono di ottenere il consenso, di forzare il conflitto tra interessi sociali contrapposti in modo tale che gli interessi di chi detiene il potere possano venir percepiti dalla collettività; e questo senza far ricorso alla coercizione o alla propaganda occulta, ma semplicemente determinando l’agenda di ciò che è rilevante, utile, opportuno. In tal senso, diviene egemonica quella posizione che riesce a incorniciare il quadro delle rappresentazioni condivise, escludendo le alternative possibili, o presentandole – per neutralizzarle – come semplici varianti interne del proprio orizzonte di pensiero”.(Giovanni Leghissa, Tradurre Stuart Hall, in Stuart Hall, Politiche del quotidiano. Culture, identità e senso comune, Milano, il Saggiatore, 2006, p. 40).

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Un’introduzione ai Cultural Studies. I principali nodi teorici

4. Si rifanno al concetto di “cultura popolare”, delineata nel pensiero gramsciano. Questa non è né forma degradata della “cultura alta”, né un movimento autonomo, spontaneo, proveniente dal basso.

La “cultura popolare” è un campo di battaglia, nel quale si scontrano egemonia culturale dominante e forme di resistenza all’omologazione. È frutto di mediazioni, scambi, trasformazioni, ibridazioni di elementi della cultura dominante, della cultura commerciale e dei fenomeni di resistenza.

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Un’introduzione ai Cultural Studies.Lo studio dei media

I media hanno una funzione importante nella costruzione del senso comune, delle strutture di interpretazione del mondo, del consenso.

I media sono oggetti culturali, che operano attraverso l’acculturazione, l’assimilazione e la subordinazione dei soggetti sociali potenzialmente devianti o antagonisti, come i giovani, la classe operaia o quella migrante.

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Un’introduzione ai Cultural Studies.Lo studio dei media

Le due applicazioni delle ricerche dei Cultural Studies:

1. Lavori sulla produzione dei media in quanto pratiche determinate per l’elaborazione della cultura e dell’immagine della realtà sociale;

2. Studi sul consumo dei media.

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Un’introduzione ai Cultural Studies.Studi sulla produzione dei media

1. Il modello Encoding/decoding di Stuart Hall (1973)

esamina la comunicazione televisiva come divisa in quattro momenti:

Produzione Circolazione Distribuzione/consumo Riproduzione

Il pubblico è nello stesso tempo destinatario e fonte del messaggio, in quanto gli schemi di produzione (CODIFICA) rispondono alle rappresentazioni che l’istituzione televisiva si è fatta del pubblico.

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Un’introduzione ai Cultural Studies.Studi sulla produzione dei media

1. Il modello Encoding/decoding di Stuart Hall (1973)

Il processo di DECODIFICA è pesantemente condizionato dalle condizioni materiali e sociali dei lettori dei testi prodotti dai media.

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Un’introduzione ai Cultural Studies.Studi sul consumo dei media

2. Gli audience studies, con le analisi di David Morley, segnano la riflessione successiva sui media. Tra le dimensioni esplorate vi sono:

Come i programmi di intrattenimento partecipano alla costruzione di un senso comune popolare;

Che tipo di relazione si instaura tra un genere mediale e gli spettatori/spettatrici, in termini di esplorazione degli usi e del piacere di fruizione;

L’affermazione di un genere sessuale, che risulta dominante, sull’altro: la riproduzione del maschile e del femminile.

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Un’introduzione ai Cultural Studies.Il metodo etnografico

Sono i primi ad applicare il metodo etnografico allo studio dei media.

Tramite l’industria culturale, la cultura di massa e media, le classi dominanti esercitano un’egemonia materiale e ideologica sulle classi subalterne e sulle forme del sapere;

L’egemonia lascia la possibilità alla cultura popolare di resistere;

Questa idea mobilita l’interesse dei CS a osservare le forme espressive e le condizioni di vita materiali di queste classi;

L’attenzione del ricercatore si sposta dall’approccio quantitativo ai molteplici significati dei media nei diversi contesti di ricezione.

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Un’introduzione ai Cultural Studies.Il metodo etnografico

Da un punto di vista operativo, consiste nell’osservazione diretta e in condizioni naturali dell’interazione sociale.

3 tratti distintivi

1. L’attenzione al contesto2. L’uso di strumenti di indagine di tipo qualitativo3. Uso di più fonti di dati

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Un’introduzione ai Cultural Studies.Il metodo etnografico

La ricerca si suddivide in otto fasi1. Documentazione preliminare2. Individuazione dei mediatori culturali3. Negoziazione implicita o esplicita con il gruppo4. Osservazione partecipante5. Backtalk6. Rilevazione, raccolta dati tramite schede, interviste,

focus group7. Uso delle telecamere per registrare i comportamenti8. Attivazione di microfoni per registrare commenti e

reazioni9. Tipizzazione delle azioni possibili durante la visione

dei programmi

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Perché studiare i media?

Sono ovunque, costituiscono la quotidianità: “Non possiamo sfuggire ai media, perché essi sono coinvolti in ogni aspetto della nostra vita quotidiana”.

Sono una dimensione essenziale dell’esperienza contemporanea: “Porre i media al cuore dell’esperienza, nel nucleo centrale della nostra capacità o incapacità di dar senso al mondo in cui viviamo”.

“Non possiamo eludere la presenza dei media e la loro rappresentazione, perché siamo diventati dipendenti dai mezzi di comunicazione” (teoria della dipendenza dai media di Ball-Rokeach e De Fleur 1976).

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Perché studiare i media?

“Volevo che lo studio dei media emergesse da queste pagine come un’impresa umanistica, oltre che umana”.

“I media vanno studiati perché sono centrali per la nostra vita quotidiana, in quanto dimensioni sociali, culturali, politiche ed economiche del mondo contemporaneo e in quanto elementi che contribuiscono alla nostra capacità variabile di dare senso al mondo, di costruire e condividere i suoi significati”.

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I media come “tessuto generale dell’esperienza”

In quest’ottica gli individui sono concepiti come essere attivi, che perseguono degli obiettivi, che danno forma alla propria vita e a quella altrui, creando una continua interazione e comunicazione con le altre persone.

Bisogna studiare i media come parte attiva della vita sociale e culturale contemporanea. Vanno quindi letti come:

Processo Agenti Oggetti dati

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Bisogna studiare i media come oggetti quotidiani

“L’azione più significativa dei media si svolge nel mondo ordinario: essi filtrano e incorniciano realtà quotidiane attraverso le loro rappresentazioni uniche e molteplici, ci offrono pietre di paragone e punti di riferimento per la conduzione della vita di tutti i giorni, per la produzione e il mantenimento del senso comune”.

Centralità del senso comune: espressione e precondizione dell’esperienza Ciò che è condiviso e condivisibile È la misura delle cose

I media dipendono dal senso comune.

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L’esperienza mediale

È un’esperienza concreta

È un’esperienza classificante, espressione di distinzioni e giudizi

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I media mediatoriI media vanno pensati come processo di mediazione

Non bisogna limitarsi al punto di contatto fra i testi mediali e i loro lettori o spettatori, ma pensare a tale processo di mediazione come un coinvolgimento di produttori e consumatori di media, in un’attività continua di elaborazione dei significati. Questi ultimi si trovano nei testi ma anche nel tessuto generale dell’esperienza.

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I media mediatoriI media vanno pensati come processo di mediazione

I significati si muovono da un testo a un altro. In questo modo i significati stessi si trasformano costantemente poiché gli individui, singolarmente e come collettività, contribuiscono alla loro produzione.

I significati mediati circolano attraverso testi primari e secondari, e nei discorsi che hanno luogo fuori e dentro dallo schermo, attraverso i quali diamo senso al mondo, ne TRADUCIAMO le dinamiche.

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I media mediatoriI media vanno pensati come processo di mediazione

La mediazione è simile alla traduzione, come la intende George Steiner.

Steiner descrive la traduzione come un movimento che coinvolge:

1.Fiducia: è l’atto iniziale, che si attiva al momento del processo di traduzione. All’interno del testo RICONOSCIAMO e IDENTIFICHIAMO un valore che intendiamo comprendere, affermare e comunicare agli altri. Nell’atto di fiducia dichiariamo che nel testo ci sia un significato da cogliere.

2.Aggressione: ogni atto di comprensione e di traduzione è un atto violento, in quanto entriamo in esso e ne affermiamo il possesso.

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I media mediatoriI media vanno pensati come processo di mediazione

3.Incorporazione: riguarda l’atto di appropriarsi del senso attraverso l’incarnazione, il consumo, l’addomesticamento del significato.

4.Restituzione: il traduttore restituisce il senso e ne aggiunge nel corso del lavoro.

Ciò che emerge dal lavoro di traduzione è un testo DIVERSO rispetto all’originale.

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I media mediatoriI media vanno pensati come processo di mediazione

La mediazione messa in atto dai mezzi di comunicazione irrompe attraverso i limiti del testuale e offre una spiegazione della realtà tanto quanto della testualità. I significati mediati si muovono fra i testi e nel tempo, ma anche nello spazio e attraverso spazi. Vi è cioè un continuo passaggio dal pubblico al privato, dall’istituzionale all’individuale, dal globale al locale e al personale.

La mediazione dei media implica il lavoro di istituzioni, gruppi e tecnologie: non inizia e non termina con un unico testo. I significati veicolati dai media cambiano quando passano da un notiziario a un altro, da un programma a un altro, da un quotidiano a un altro.

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Mediazione e fiducia

Alla base di qualsiasi processo di mediazione vi è la

fiducia.

Gli attori che vi partecipano devono fidarsi di coloro che si presentano come mediatori.

Senza fiducia non potremmo sopravvivere come soggetti sociali, economici o politici. Essa è fondamentale per il nostro senso di sicurezza, per la capacità di agire.

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Mediazione e fiducia

Che cos’è la fiducia? È implicita nella maggior parte dell’esperienza umana. “Fidarsi di qualcuno significa credere che, quando gli viene offerta l’occasione, egli non si comporterà in modo da danneggiarci, e la fiducia sarà tipicamente pertinente quando almeno una parte è libera di deludere l’altra” (Diego Gambetta).

La fiducia tiene a bada l’ansia, permettendoci di gestire un mondo complesso ed eternamente minaccioso. Essa deve essere continuamente plasmata e rinforzata.

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Mediazione e fiduciaIl ruolo dei media

La televisione e la radio in particolare svolgono un ruolo importante nella costruzione della sicurezza ontologica e della fiducia nel prossimo, nelle istituzioni e nella continuità della vita quotidiana.

Siamo arrivati a dipendere dai media per la sicurezza. Ci affidiamo a loro per le informazioni sul mondo a cui altrimenti non avremmo accesso e siamo rassicurati dalla familiare ripetizione dei notiziari, dei programmi di intrattenimento e delle soap opera.

I media sono sistemi astratti nei quali riponiamo fiducia, che rafforzano la nostra volontà di fidarci di altri sistemi astratti e che ci offrono una struttura per fidarci l’un l’altro.

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Mediazione e fiduciaIl ruolo dei media

La fiducia nelle società moderne e postmoderne è divenuta merce di scambio. Essa è infatti indispensabile non solo per il funzionamento delle società complesse, ma anche della cultura, per l’esercizio del potere e la creazione del mercato.

I media sono coinvolti a due livelli nel processo di costruzione della fiducia:

1. Sono istituzioni che danno fiducia alle società2. Sono processi nei quali occorre riporre fiducia.

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La tecnologia dei media

Il cambiamento tecnologico produce delle conseguenze, che sono e sono state notevoli, cambiando, in modo visibile e invisibile, il mondo in cui viviamo.

Scrittura, stampa, telegrafia, radio, telefonia, televisione e infine Internet, hanno offerto nuovi modi di gestire l’informazione e nuovi modi di comunicarla, nuovi modi di articolare il desiderio, di influenzare, produrre, trasmettere e fissare il significato.

La tecnologia non è dunque un’entità univoca, ma plurale.

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La tecnologia dei mediaMarshall McLuhan Considera la tecnologia come un’estensione della

capacità umana, fisica e tecnologica, di agire sul mondo.

I media hanno esteso il nostro raggio d’azione, sono divenuti protesi della nostra mente e del nostro corpo.

La sua celebre affermazione “Il medium è il messaggio” dimostra che le moderne tecnologie interattive hanno trasformato pienamente il mondo come medium.

Questa posizione, che focalizza l’attenzione sulle dinamiche del cambiamento strutturale, non tiene però conto dell’esercizio umano del potere e della resistenza a esso.

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La tecnologia dei mediaMarshall McLuhan

Per McLuhan la tecnologia deve essere vista come incantamento. Questo termine è riconducibile ad Alfred Gell, che lo usa per descrivere quelle tecnologie che l’uomo ha concepito per “esercitare un controllo sui pensieri e sulle azioni degli altri uomini”. Tecnologia e magia sono inestricabilmente legate. Sono l’oggetto di fantasie che, nel momento in cui vengono espresse, si crede assumano forma fisica e materiale. Il funzionamento stesso delle macchine è misterioso.

Tali caratteristiche conferiscono alle tecnologie mediali un potere considerevole, quasi solenne, nella nostra immaginazione.

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La tecnologia dei mediaWalter Benjamin

In quest’ottica si può considerare la tecnologia come cultura, come è anche possibile indagare gli spazi culturali in cui operano le tecnologie e che conferiscono loro significato e potere.

Benjamin ha riconosciuto nell’invenzione della fotografia e del cinema momenti decisivi della storia della cultura occidentale.

In L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (1936), Benjamin afferma il potenziale liberatorio e rivoluzionario dei mezzi di comunicazione e soprattutto della riproducibilità tecnica dell’arte. Quest’ultima ha come presupposto ed effetto la società di massa, l’allargamento delle possibilità di fruizione, una nuova organizzazione produttiva della cultura.

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La tecnologia dei mediaWalter Benjamin

Dunque la riproducibilità tecnica offre possibilità di esperienza, racchiude un potenziale di democrazia e libertà, ma segna anche la fine della possibilità di esperienza radicata nella tradizione. Inoltre, interviene normativamente sui processi di fruizione. In un film “l’interpretazione di ogni singola immagine è prescritta dalla successione di tutte quelle già trascorse”. Le immagini “esigono già la ricezione in un senso determinato” e “questo ne costituisce il nascosto carattere politico”.

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La tecnologia dei mediaAdorno e Horkheimer

La tecnologia come cultura può essere vista anche in un altro senso. Essa fa scomparire l’originalità e il valore della cultura,offrendo banalità e monotonia.

La critica è rivolta al cinema e alla musica registrata, soprattutto al jazz. I singoli prodotti rappresentano l’industrializzazione della cultura.

I due autori della Scuola di Francoforte muovono sostanzialmente una critica alla tecnologia come cultura, la quale non può essere pensata fuori dalle strutture politiche e soprattutto economiche che la contengono.

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I meccanismi del coinvolgimento testuale

Attraverso i testi dei meda è possibile capire come lavorano i media, cosa ci offrono e in che modo.

È necessario non analizzare i singoli testi, ma i meccanismi che sono alla base di tutti testi mediali. Sia che si tratti di un notiziario, una soap opera, quanto di un evento eccezionale, è possibile riconoscere gli stelli modelli di inquadramento in grado di contenere il disturbo.

Il coinvolgimento testuale avviene secondo tre modalità o strategie:

1. La retorica: persuade2. La poetica: piace3. L’erotismo: seduce

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I meccanismi del coinvolgimento testuale La retorica La retorica è nello stesso tempo una pratica e uno

strumento critico, che permette di palare bene e in vista di uno scopo, ma anche di capire e insegnare come farlo nel miglior modo possibile.

La retorica è persuasione, è linguaggio orientato all’azione, inteso a cambiarne l’orientamento e a influenzarla, ma è anche volto a modificare atteggiamenti e valori, a commuovere.

Gli spazi che i media costruiscono per noi in pubblico e in privato, nei nostri occhi, nelle nostre orecchie e nella nostra immaginazione, sono costruiti retoricamente.

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I meccanismi del coinvolgimento testuale La retorica Uno dei risultati retorici più importanti messi in atto

dai media sta nella loro capacità di persuaderci che quello che essi rappresentano, per esempio attraverso i telegiornali, sia realmente accaduto.

Ciò è dovuto in parte alla fiducia che riponiamo in essi, ma anche al fatto che le rappresentazioni della realtà vengono fatte seguendo delle convenzioni, con particolari forme di espressione, che coniugano il nuovo con la sicurezza della narrazione. La retorica ha affermato lo spazio e ha fornito un legame fra evento ed esperienza.

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I meccanismi del coinvolgimento testuale La retorica Esaminare i testi dei media dal punto di vista retorico

significa esaminare come i significati vengono costruiti e adattati in modo plausibile, piacevole e persuasivo. Significa poi esaminare la relazione fra familiare e nuovo, decifrare la strategia testuale, ma significa anche considerare il pubblico, trovare come e dove questo è posizionato nel testo.

La pubblicità è cruciale in questo processo, è l’industrializzazione della retorica.

È importante sottolineare il legame esistente fra retorica e capitale. La prima crea il mistero, il secondo la sfrutta. In questo consiste la retorica come prodotto sociale, che richiede un’analisi sociologica ma anche testuale.

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I meccanismi del coinvolgimento testuale La poetica Nella cultura mediale contemporanea siamo di fronte non

all’assenza di storie (come pensa Benjamin), ma alla loro proliferazione, nei testi dei media.

Le narrazioni offrono piacere e ordine. Le nostre storie sono testi sociali, in quanto attraverso di esse rendiamo visibile e udibile la cultura, trasformandola in eventi e vita quotidiana.

Le storie ci offrono testi in cui posizionarci, identificandoci con un personaggio o un tono, e consentono di impossessarci della capacità di imitazione della propria narrazione.

La creazione del “come se” messa in atto dalle narrazioni è, secondo Victor Turner, una caratteristica del rituale, ossia di quelle attività che sono parte del quotidiano, ma sono anche diverso da esso, lasciano cioè spazio al gioco.

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I meccanismi del coinvolgimento testuale La poetica

Quando indaghiamo i piaceri narrativi offerti da una soap opera indaghiamo la nostra capacità di esprimere qualcosa della nostra cultura comune: cerchiamo di comprendere i ritmi del racconto, la caratterizzazione, il modo in cui questi testi rappresentano un mondo riconoscibile, presentano personaggi (tipi) a cui il pubblico può riferirsi.

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I meccanismi del coinvolgimento testuale La poetica Aristotele indaga i principi che stanno alla base della

poesia. La mimesi (imitazione), il realismo, la verosimiglianza sono alla base della poesia e delle narrazioni in generale.

Ma la poetica dei media deve estendersi al di là dei testi. Deve esaminare i discorsi stimolati e prodotti a partire dai testi mediali. Deve analizzare i testi di secondo, terzo, quarto grado, che si formano attorno alle soap opera, ai film ecc., cioè il modo in cui i media e i nostri discorsi si appropriano di queste storie inserendole in altri mondi.

Il processo di appropriazione dipende dall’accessibilità dei testi, dalla loro trasparenza e dunque dalla loro verosimiglianza e familiarità.

Molte ricerche sui media degli ultimi anni insistono sulla capacità degli spettatori di costruire il proprio significato quando si confrontano con un testo. Dallas è stato un esempio significativo.

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I meccanismi del coinvolgimento testuale L’erotismo L’erotismo è il prodotto della relazione che lega

spettatori, lettori e pubblico con testi ed eventi mediali in grado di offrire piacere.

Il piacere richiede partecipazione. In questo modo l’equilibrio del potere, generalmente spostato sui media, si muove verso il fruitore.

Secondo l’analisi di Roland Barthes, l’immagine cinematografica, e quindi anche quella televisiva, mina la possibilità di un rapporto erotico col fruitore. L’immagine è sempre in movimento, perennemente spostata in avanti, e quindi inafferrabile; è un flusso che porta con sé il ricordo di quanto è appena passato e un’anticipazione di ciò che sarà.

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L’interazione fra testi mediali, tecnologie e fruitori. L’incontro fra media e vita quotidiana Che cosa facciamo con i media? Come li maneggiamo? Che tipo di relazione instauriamo con i media?

È necessario comprendere i media e il loro pubblico come attori, che formulano richieste, che si pongono domande reciprocamente, che condividono un contesto di azione nel quale agiscono entrambi.

1. Gioco2. Rappresentazione3. Consumo

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L’interazione fra testi mediali, tecnologie e fruitori. Il gioco

Il gioco è uno strumento per analizzare l’esperienza dei media, in quanto attività centrale della vita quotidiana.

Le forme del gioco non sono interamente quelle proprie della vita quotidiana: entrare in uno spazio e in un tempo del gioco significa spostarsi oltre una soglia e afferrare una realtà diversa regolata da norme proprie.

Come afferma Johann Huizinga «Ogni gioco è soprattutto un atto libero. […] Gioco non è la vita “ordinaria” o “vera”. È un allontanarsi da quella per entrare in una sfera temporanea di attività con finalità tutta propria».

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L’interazione fra testi mediali, tecnologie e fruitori. Il gioco

I media sono luoghi di gioco, che si trovano sia nei testi che nelle risposte che i testi generano. Guardare la televisione, navigare in rete, indovinare la risposta di un quiz, tutte queste attività implicano un gioco.

I media hanno la capacità di coinvolgere un pubblico in spazi e tempi che sono distinti e delimitati dalle confusioni della vita quotidiana.

Per quanto possano essere visti come limitati e controllati, questi spazi per il gioco permettono e legittimano un minimo di incantesimo nelle nostre vite.

C’è una soglia da varcare ogni volta che partecipiamo al processo di mediazione: nuove libertà, ma anche nuove regole, nuovi piaceri, sorprese e sicurezza, la sfida del nuovo nei limiti del familiare.

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L’interazione fra testi mediali, tecnologie e fruitori. La rappresentazione Nel lavoro di Erving Goffman la vita sociale è concepita

come un problema di gestione delle impressioni. Il nostro è un mondo di apparenza visibile: viviamo in una cultura della presentazione, in cui l’apparenza è realtà. Gli individui e i gruppi presentano al mondo i loro volti in ambienti in cui gestiscono le proprie rappresentazioni con più o meno sicurezza: palcoscenici in cui agiamo per mostrarci, per colpire gli altri e per definire e mantenere il nostro senso di identità, palcoscenici che a loro volta dipendono da retroscena dove, lontano dalla vista dei nostri spettatori designati, possiamo preparare il trucco.

Questo tipo di definizione della società comporta un certo numero di conseguenze e di difficoltà, poiché sopprime qualsiasi differenza ontologica fra verità e falsità, dato che tutte le rappresentazioni sono in un certo senso travisamenti.

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L’interazione fra testi mediali, tecnologie e fruitori. La rappresentazione Ma bisogna tener presente che:1. Ogni azione è comunicazione2. La rappresentazione è sempre anche idealizzazione3. Il successo di una rappresentazione, nella vita

quotidiana come sullo schermo, dipende dai giudizi e dall’accettazione da parte di un pubblico

4. La modernità ha intensificato i comportamenti di rappresentazione, che creano l’individuo e la società e che consentono all’attore di presentarsi agli altri e, in maniera riflessiva, a se stesso.

Se consideriamo che dalla rappresentazione dipende la nostra identità, allora la rappresentazione stessa non sarà più falsità.

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L’interazione fra testi mediali, tecnologie e fruitori. La rappresentazione E questo non è solo vero a livello individuale, ma anche a

livello collettivo se pensiamo che i significati, e dunque anche le identità, sono sostenibili soltanto quando sono comuni e condivisi, comunicati. L’esperienza si costruisce attraverso queste reti di significati, testi e discorsi quotidiani, e l’esperienza a sua volta dipende dalla nostra partecipazione, forzata o meno, alla rappresentazione.

In questo senso tutta l’esperienza è mediata. La rappresentazione è per noi istintiva, perché la

mettiamo in atto in continuazione, e la conosciamo anche tramite i media, che operano tramite essa. Il mondo viene quotidianamente rappresentato dai media, e gli spettatori recitano al loro fianco come attori e partecipanti, imitando, appropriandosi e riflettendo sulle sue verità e falsità.

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L’interazione fra testi mediali, tecnologie e fruitori. La rappresentazione

In queste rappresentazioni i media producono significato. È impossibile tracciare un confine fra l’esperienza mediata e quella apparentemente non mediata.

La rappresentazione della vita quotidiana è mutata profondamente grazie all’azione dei media. Si pensi alla confusione e al continuo scambio fra dimensione pubblica e privata.

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L’interazione fra testi mediali, tecnologie e fruitori. Il consumo

Il consumo è un’attività individuale e collettiva, privata e pubblica. Placa le ansie a proposito della nostra capacità di sopravvivere e prosperare sia in termini di sussistenza sia in termini di status, eppure non riesce a contrastare definitivamente né l’ansia né il bisogno né il desiderio.

Il consumo è, nella cultura del nostro tempo, l’unica attività centrale nella quale ci impegniamo giorno dopo giorno. Non si limita all’atto dell’acquisto e non è univoca: consumiamo in continuazione e contribuiamo al tessuto dell’esperienza, lo riproduciamo.

In questa operazione siamo aiutati dai media: consumiamo i media, consumiamo attraverso i media, impariamo cosa e come consumare attraverso i media, i media ci persuadono a consumare, i media ci consumano. Essi dettano i tempi del consumo e dunque i tempi e ritmi della vita quotidiana.

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I luoghi dei media

Sono tre le dimensioni nelle quali è possibile vedere l’intreccio fra azione e mediazione:

1. La casa2. La comunità3. La globalità

Questi tre luoghi consentono di analizzare i caratteri oggettivi della vita e della comunicazione nello spazio sociale e mediale, di indagare le politiche e la cultura dell’ambiente domestico, del vicinato e del sistema globale.

Inoltre consentono di indagare se stessi come luoghi dell’immaginario.

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I luoghi dei media. La casa e l’ambiente domestico

Gaston Bachelard descrive la casa come il luogo dell’andirivieni fra esterno e interno. Possiamo considerarla una dialettica fra pubblico e privato, ma anche fra conscio e inconscio. È possibile pensare ai media come fondamentalmente coinvolti in questa dialettica fra esterno e interno proprio per il ruolo centrale che ricoprono all’interno dell’ambiente domestico.

Alle soglie che separano la casa dal mondo esterno oggi si aggiungono quelle contrassegnate dallo schermo della televisione e del computer. Sono porte e finestre che ci consentono di vedere e raggiungere luoghi che superano i limiti dello spazio fisico della casa e della realtà a noi immediatamente accessibile.

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I luoghi dei media. La casa e l’ambiente domestico

L’allargamento dei confini di esperienza individuale porta con sé anche l’insorgenza di nuove ansie e paure legate alla possibilità che eventi sgraditi varchino la soglia della vita quotidiana. Temiamo di non poter più controllare alcuna soglia, né quella della casa né, a livello macro, quella della nazione, e proviamo un’intensa paura della penetrazione dell’estraneo.

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I luoghi dei media. La casa e l’ambiente domestico

I media consentono di riprodurre l’ambiente domestico anche quando ne siamo lontani. In questo senso la casa è divenuto anche un luogo virtuale, che in quanto tale si può mantenere, anche senza una collocazione.

La memoria e la casa sono strettamente correlati. I media contribuiscono alla creazione e alla riproduzione della memoria individuale e collettiva.

I media contribuiscono alla creazione di quel “senso del luogo”, senza il quale l’umanità e vulnerabile, che ha la caratteristica di prescindere dal posto in cui effettivamente ci si trova.

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I luoghi dei media. La comunità

La comunità è una particolare versione della casa, che però è pubblica e non privata: va ricercata nello spazio fra l’unità domestica, la famiglia e la più ampia società.

Comunità significa condivisione di valori, idee, credenze, tradizioni. Gli appartenenti a una comunità condividono il passato e il presente immediato; le loro biografie si intrecciano con la storia e si fondono nella memoria.

Sentiamo il bisogno di appartenere e abbiamo bisogno di essere rassicurati sul fatto che veramente apparteniamo: ci costruiamo idee relative a ciò a cui apparteniamo, definendolo e dandogli senso attraverso le immagini che ne abbiamo o quelle che ci vengono offerte.

In questo modo partecipiamo ad attività che ci uniscono, che possono avere nessun altro fine se non quello di riunirci.

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I luoghi dei media. La comunità

Fra media e comunità esiste un rapporto cruciale. Fin dalla nascita della stampa nazionale è cominciato a cambiare l’equilibrio fra due tipi di comunità: da un lato quelle costruite attraverso relazioni reali, dall’altro quelle costruite attraverso ciò che potremmo chiamare l’immaginario.

Il concetto di comunità immaginata di Benedict Anderson serve a comprendere come questa sia fortemente determinata dai media. La lettura del giornale del mattino descrive la nascita di uno spazio simbolico condiviso, il risultato di un’attività simultanea di milioni di persone che attraverso questi atti di lettura si allineano con una cultura nazionale e vi partecipano.

La stampa prima, la radio e la televisione poi, hanno contribuito alla nascita della lingua e cultura nazionale. Funzionano come collante sociale.

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I luoghi dei media. La globalità

In che senso viviamo in una cultura globale e in che modo i media ci permettono, o non ci permettono, di farlo?

La televisione e soprattutto internet offrono uno spazio globale per un traffico globale di immagini, idee e credenze che possono essere condivise. Ma su questo punto Silverstone è estremamente critico:“come se vedere e ascoltare significasse capire; come se informazione equivalesse a conoscenza; come se accesso coincidesse con partecipazione e partecipazione con efficacia; come se una comunità di interesse potesse rimpiazzare altre comunità; come se la chiacchera globale, sincrona e asincrona, fosse vera comunicazione”.

Il globale è un oggetto fragile: l’economia globale si mantiene a stento, la politica globale è un fallimento. Gli stati sopravvivono e i regionalismi avanzano. Eppure la nostra immaginazione avvolge il pianeta in modi nuovi e tangibili.

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La costruzione e la sedimentazione del significato

Le tre dimensioni della capacità dei media di fornire un quadro interpretativo, sia per la vita sociale sia per la ricerca di sicurezza e identità nel quotidiano, sono:

1. Fiducia2. Memoria3. Alterità

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La costruzione e la sedimentazione del significato. La memoria

Siamo ciò che ricordiamo, in quanto individui e in quanto nazione, e la memoria è oggi il luogo del conflitto per l’identità e il possesso del passato, che anima lotte aspre attorno ai luoghi commemorativi, ai monumenti e ai musei, affinché il passato non venga dimenticato.

Per Raphael Samuel la memoria “lungi dall’essere solo un contenitore passivo o un sistema di immagazzinamento, una banca immagini del passato, è piuttosto una forza attiva, che plasma”.

La memoria è lo strumento di cui disponiamo, in pubblico e in privato, per occupare una posizione fissa nel tempo e nello spazio.

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La costruzione e la sedimentazione del significato. La memoria

I media, intenzionalmente o in maniera automatica, sono strumenti per esprimere la memoria, una memoria che è pubblica, popolare.

Essi giocano con il passato, in qualità di narratori, archivi, fornitori di ricordi.

Il passato di ciascuno di noi, come quello nazionale, è legato alle immagini e ai suoni di un passato mediato. La nostalgia che proviamo per un’altra epoca si costruisce attraverso i ricordi di programmi e pubblicità visti o ascoltati nell’infanzia.

In assenza di altre fonti i media hanno il potere di definire il passato, di presentarlo e rappresentarlo. Essi rivendicano un’autorità storica nelle ricostruzioni di fiction e nei documentari.

I media costruiscono un passato pubblico e un passato per il pubblico.

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La costruzione e la sedimentazione del significato. L’Altro L’iniziale maiuscola si riferisce al riconoscimento che

esista qualcuno che non sono io, qualcosa che non è di mia produzione ed è al di fuori del mio controllo: qualcosa di distinto, diverso, di là dal mio campo d’azione e che pure occupa il mio stesso spazio, il mio stesso panorama sociale.

L’Altro può fungere da specchio, e nel riconoscimento della differenza costruiamo la nostra identità e la nostra percezione di noi stessi nel mondo.

L’Altro comprende gli altri, amici e nemici, vicini ma anche coloro che ho soltanto visto in fotografia o sugli schermi. Ma poiché io e l’Altro condividiamo un mondo, poiché io sarò il vostro Altro come voi sarete il mio, anche se non ci conosciamo, allora ho una relazione con voi.

Tutto ciò che facciamo, che siamo, come soggetti e attori nel mondo sociale, dipende dalle nostre relazioni con gli altri: vederli è fondamentale. Pagina 66

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La costruzione e la sedimentazione del significato. L’Altro

Cosa accade quando non vediamo gli altri perché ci sembrano uguali a noi, oppure ci sembrano così lontani da non avere per noi né status né significato?

In questo caso il coinvolgimento e la responsabilità dei media è importante. Nonostante le enormi possibilità di conoscenza dei fatti e degli eventi fornita dai media, e in particolare da internet, le guerre, i genocidi, gli eventi catastrofici non si fermano. Anzi, i media possono renderli più efficaci (l’informazione al servizio della distruzione), e anche invisibili (l’informazione al servizio della dissimulazione), tenendoci separati dagli eventi con il ricorso di immagini che rendono impossibili la cura e la responsabilità: immagini di conflitti senza spargimento di sangue, di bombardamenti senza danni, ecc.

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La costruzione e la sedimentazione del significato. L’Altro

La tecnologia dei media può, all’opposto, annullare la distanza, può portare l’Altro troppo vicino perché ne possiamo riconoscere la differenza e la specificità. La politica estera viene condotta a partire dal presupposto che il mondo sia solo una proiezione di noi stessi: ciò porta al mescolamento delle immagini globali; all’appropriazione di altre culture entro i nostri schemi; alla supposizione che, una volta che gli venga fornita anche solo una piccola opportunità, il mondo diventerà come noi. E anche le immagini che documentano altri mondi si devono conformare ai nostri preconcetti: i poveri devono sembrare poveri; gli affamati devono avere ventri gonfi e mosche sugli occhi.

La familiarità indotta dai media può non produrre disprezzo, ma potrebbe produrre indifferenza, dal momento che se le cose sono troppo vicine non le vediamo.

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La costruzione e la sedimentazione del significato. L’Altro

Il “come se” del nostro mondo mediale è, quindi, amorale, nonostante i molti programmi, eventi mediali o reportage di forte impatto.

Questa amoralità è espressa, forse anche rinforzata, dall’essenziale carattere effimero e sostituibile dei media e delle loro rappresentazioni. Se non si capisce un messaggio, in ogni caso questo scomparirà, lontano dagli schermi, e sarà come se non fosse mai avvenuto.

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Verso una nuova politica dei media.Una conclusione

Come abbiamo visto fino a ora, la questione del potere è centrale per comprendere i meccanismi di costruzione del significato veicolato dai media.

Il potere che hanno i media di definire una gerarchia tematica; di distruggerla; di influenzare o modificare il processo politico; di conferire potere, di informare; di ingannare; di spostare l’equilibrio del potere fra stato e cittadini, fra paese e paese, fra produttore e consumatore; di creare e sostenere significati, di persuadere, approvare, rinforzare; il potere infine che viene negato ai media dallo stato, dal mercato, dal pubblico, dal cittadino e consumatore che oppone resistenza.

Studiamo i media perché abbiamo bisogno di capire quanto sono potenti i media nella vita quotidiana, nella strutturazione dell’esperienza.

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Verso una nuova politica dei media.Una conclusione

Mentre un tempo avremmo potuto pensare ai media come a un completamento del processo politico, al tempo stesso come a un servitore di governi e partiti, e come a un guardiano, oggi dobbiamo porci di fronte a essi come a soggetti inscritti nel processo politico steso: la politica, come l’esperienza, non può più neppure essere pensata al di fuori di un contesto mediale.

Le stesse azioni che vengono orientate dai testi mediali, sono azioni politiche, nel senso che comportano una lotta per il significato e per il controllo.

Inoltre i media stessi, in quanto forze culturali, sono elementi politici: sono soggetti a conflitti sull’accesso e la partecipazione; a conflitti sul diritto di proprietà e di rappresentazione.

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Verso una nuova politica dei media.Una conclusione

I media collegano e al tempo stesso separano, includono e al tempo stesso escludono, forniscono libertà d’espressione e rivendicano diritti di sorveglianza e controllo, permettono e impediscono, creano nuove disuguaglianze tanto quanto cercano di eliminare le vecchie.

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