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M.A.S.C.I. – Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani - Comunità di Lodi Testi raccolti da Rinaldo Ferri negli incontri di Catechesi dal 2006 al 2013 1 M.A.S.C.I Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani Comunità di Lodi Perché la Bibbia Raccolta delle riflessioni degli incontri serali di Catechesi degli adulti scout di Lodi. Tenuti nell’anno 2006 con Don Carlo Ferrari e trascritte ed adattate al testo dall’a.s. Rinaldo Ferri

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M.A.S.C.I

Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani Comunità di Lodi

Perché la Bibbia

Raccolta delle riflessioni degli incontri serali di Catechesi degli adulti scout di Lodi. Tenuti nell’anno 2006 con

Don Carlo Ferrari e trascritte ed adattate al testo dall’a.s.

Rinaldo Ferri

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Indice

Serata Argomento Pagina 1 Antico e Nuovo Testamento (ParteI) 4 2 Antico e Nuovo Testamento (Parte II) 9 3 Antico e Nuovo Testamento (ParteIII) 15 4 Libri STORICI, PROFETICI, SAPIENZIALI

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5 I° TESTI A COMPRENSIONE 31 6 II° TESTI A COMPRENSIONE 37 7 Nuovo Testamento – I VANGELI (parteI) 45 8 Nuovo Testamento – I VANGELI (parteII) 52 9 Nuovo Testamento – I VANGELI (parteIII) 59 10 Nuovo Testamento – I VANGELI (parteIV) 66 11 Gli atti degli apostoli (parte I) 74 12 Gli atti degli apostoli (parte II) 81 13 Apocrifi e Apocalisse 88 14 Ultimi incontri 100

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Comunità MASCI Lodi - Parrocchia di Roncadello (di Dovera) (Testi registrati e trascritti con revisione del relatore – redatti in proprio dal Masci) Presentazione Ci sono interrogativi a cui è difficile rispondere, specialmente se riguardano il senso pieno del nostro esistere,… particolarmente oggi, dove sembra che tutto sia relativo, dove conta la salute, i soldi, il successo, il potere. E spesso la nostra fede, più tradizionale, che convinta, fa fatica a reggere il confronto. Nuovi profeti sapienti, ci spiegano fantastiche teorie scientificamente provate,… “con argomentazioni suggestive,”…. che alla fine, l’uomo e frutto del caso, dell’evoluzione, se non addirittura di eventi spaziali da altri mondi. Ma nessuno raggiunge il perché….. il senso…. Abbiamo cercato di conoscere meglio anche le altre religioni, ma difficile argomentare, con tradizioni e rigide regole così diverse e soprattutto con un concetto di Dio molto indefinito. Soprattutto nessuna ha riferimenti storici, tranne l’ebraismo - che però non ha saputo cogliere il segno messianico di Cristo,- ed il Cristianesimo. In questo cammino nella Bibbia… abbiamo riconosciuto un Dio che parla all’uomo, che stabilisce delle alleanze, che lo castiga… per correggerlo, che lo salva, sempre! Una visione d’insieme del messaggio Biblico, ci consente anche di considerare come i tempi di Dio sono infinitamente diversi dai tempi dell’uomo, che si arrovella a cercare in se stesso le risposte che mai si potrà dare. E quando pensa di fare a meno di Dio, inizia a costruire la propria rovina. Un passaggio determinante dal Vecchio Testamento al Nuovo. Prima, Dio costituisce il popolo eletto, gli dona le dieci parole della legge e lo guida verso la terra promessa. Poi Dio vuole riscattare il peccato dell’uomo e si fa uomo egli stesso, con suo figlio Gesù, e chiama l’uomo fratello, lo chiama per nome, condivide i suoi passi. E con la croce di Cristo ristabilisce la sua alleanza definitiva con l’uomo. E le dieci parole della legge diventano la legge dell’amore di Dio per l’uomo, riscattato dal peccato originale per sempre. Il nuovo testamento ci porta al dialogo, all’attenzione, di Dio-Cristo per ogni singolo uomo, non salva più il popolo, ma gli uomini e le donne e tutti, chiamandoli singolarmente per nome. Ed attraverso la Sua Chiesa, seppur affidata agli uomini, entra nella nostra storia personale per guidarci alla salvezza. Molte sono le religioni ma in nessuna troviamo un Dio che ci parla che ci ama, e che ci segue attraverso la chiesa, non rigida ed immutabile, ma ferma sulla parola, ed attenta alla fragilità dell’uomo nel suo tempo. Un grande Cardinale disse: il Cristianesimo non è una religione, è una persona, è Cristo! Nelle pagine che seguono seppur in modo complessivo emerge una traccia chiara del disegno di Dio sull’uomo.

Un cammino impegnativo che ci ha condotto nella Biblioteca di

Dio, guidati con sapiente maestria e profonda competenza da

Don Carlo Ferrari.

Sette mesi, 14 serate:

- Perché la Bibbia?... Perché la Bibbia?... Perché la Bibbia?... Perché la Bibbia?... –––– Antico e Nuovo Testamento Antico e Nuovo Testamento Antico e Nuovo Testamento Antico e Nuovo Testamento

- Struttura portante del testo Biblico, Antico e Struttura portante del testo Biblico, Antico e Struttura portante del testo Biblico, Antico e Struttura portante del testo Biblico, Antico e

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Libri: storici, profetici, sapienzialiLibri: storici, profetici, sapienzialiLibri: storici, profetici, sapienzialiLibri: storici, profetici, sapienziali

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8° INC

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Antico e Nuovo Testamento

Questa è una strada da percorrere. Qui c’è scritto: perché la Bibbia? Intanto è un libro che va molto di moda, è venduto anche con i giornali, poi potremmo dire che molti fanno riferimento alla Bibbia. Addirittura gli ebrei sono coloro i quali hanno come unico riferimento la Bibbia e sappiamo tutti che gli ebrei sono un popolo che conta molto, basta tenere presente che gran parte dei Premi Nobel sono stati assegnati ad ebrei. Mi sono chiesto tante volte come mai gli ebrei hanno tanti Premio Nobel e la ragione per cui li hanno avuti non l’ho trovata, però verosimilmente perché è un popolo compatto e reso tale proprio dalla Bibbia. Noi cristiani poi la sentiamo sempre leggere alla domenica quando andiamo a Messa. Ogni volta che viene letto un brano biblico noi sentiamo che è Parola di Dio, oppure Parola del Signore, cambia soltanto il vocabolo, ma il significato è il medesimo. Io a volte mi chiedo: ma quanta gente qui in Chiesa quando sente “Parola di Dio” oppure sente “Parola del Signore” sa, è proprio convinta che è Parola di Dio, Parola del Signore? E si che magari viene in Chiesa tutte le domeniche! Avrà mai qualche volta percorso la strada di questo interrogativo? Ma come si fa a dimostrare che la Bibbia è Parola di Dio? Un argomento tra i più complessi, un argomento tra i più impegnativi. Sicuramente, dare se non una dimostrazione, (e a proposito, la parola “dimostrazione” ha sempre lo stesso significato quando siamo in matematica, quando siamo in storia, quando siamo nelle scienze esatte oppure quando siamo, nella filosofia?) dimostrare… che la Bibbia è Parola di Dio… Questa sera voglio incominciare da qui, e dire subito che si tratta di un argomento estremamente ricco, anche perché se la Bibbia è Parola di Dio deve pur avere un valore. Se la Bibbia ha tenuto stretto un popolo, che non mi sembra un popolo da poco e se la Bibbia ha costruito una civiltà, come la civiltà europea, (tutto sommato mi pare che l’europeismo se vogliamo trovarne le radici, dobbiamo andare alla Bibbia, dobbiamo andare al Cristianesimo e il Cristianesimo noi lo conosciamo essenzialmente attraverso la Bibbia, attraverso il Vangelo che a sua volta fa continuamente riferimento ai testi dell’Antico Testamento), se questo testo ha unito un popolo, l’ebraico, e un popolo che è il popolo cristiano, se ha dato un significato, una portata all’Europa, e l’Europa è diventata per certi versi, specialmente nei secoli passati, un po’ il cardine su cui si è costruito quell’insieme di elementi che noi chiamiamo diritti umani, che vengono fissati nelle carte dell’O.N.U., nella nostra Carta Costituzionale, nelle Costituzioni Europee, avrà pure un valore… e questo se non è dimostrazione che la Bibbia è Parola di Dio è però certamente stimolo a parlarne. Dunque la Bibbia, potremmo dire, è la Carta Costituzionale della Chiesa, di tutte le Chiese: cattolica, protestante, ortodossa. Ma è anche un po’ la Carta Costituzionale, la Carta fondamentale di tanti Stati, di tante Nazioni, e di tanta parte del mondo. E’ anche la Carta Costituzionale fondamentale di quelli che noi chiamiamo i diritti dell’uomo e quindi della

BIBBIA

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Giustizia. Quando insegnavo Diritto ed Economia, una delle cose che a me piaceva domandare ai ragazzi, alle ragazze, specialmente negli anni della contestazione: tu che continui a dire non è giusto, che cosa vuol dire Giustizia? Dove è il fondamento della Giustizia? dove è il fondamento della Giustizia se non nella pari dignità delle persone? Ma dove si fonda la pari dignità delle persone, chi ha sentenziato che le persone hanno pari dignità? Se tu sei ricco e io sono povero, se tu sei intelligente e io no, se tu sei nella scala sociale molto in alto e io all’ultimo posto, dove è la pari dignità? Fin dalle prime battute, quando parla della creazione, la Bibbia ha stabilito questa realtà della pari dignità personale e quindi il fondamento della Giustizia. Nella Bibbia come già accennava Rinaldo, ci sono tanti stimoli agli interrogativi essenziali che l’essere umano porta con sè. Chi è l’uomo? Che senso ha la vita umana? Perché il dolore? Perché la morte? E la storia è una massa casuale di avvenimenti? C’è un disegno nella storia. E se si, dobbiamo cercare, scoprire i tratti di questo disegno. Ecco la Bibbia è piena di questi stimoli anche quando fa i racconti più comuni. Tutti noi, credo, abbiamo sentito tante volte quel testo di S. Paolo posto all’inizio della Lettera agli Efesini. Dice: “Benedetto sia Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con una benedizione spirituale, nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo”. Se ci ha scelti prima della creazione del mondo, vuol dire che creando il mondo, Dio aveva già in mente Cristo e aveva in mente anche noi. E questa è una visione stimolante. Ecco allora in prima battuta quello che mi sembrava di dover dire subito. Però, e qui è una seconda considerazione, la Bibbia mi sembra anche dai cristiani non molto conosciuta e, non molto conosciuta nei suoi elementi più immediati. Noi sentiamo sempre parlare di Antico e Nuovo Testamento, ma quanti sono i cristiani che conoscono le strutture fondamentali dell’Antico Testamento. Se parliamo della Torah, come dicono gli Ebrei, se parliamo del Pentateuco, se parliamo di libri storici, di libri sapienziali, di libri profetici, di libri in poesia (per es. il Libro di Giobbe uno dei libri più belli, una lunga poesia, oppure il Cantico dei Cantici, un cantico sull’amore, è detto Cantico dei Cantici perché è il canto supremo dell’amore), il Libro dei Salmi, un libro interessantissimo, siamo nell’antico testamento. Noi non abbiamo la pretesa, in questi incontri che faremo, di conoscere tutta la Bibbia, ma almeno qualche cosa, qualche idea. Per es. il Libro dei Proverbi, ci dice che la Parola di Dio è passata anche attraverso questa realtà come il proverbio, mashal, perché qui comincia venire a galla un pensiero veramente fondamentale. La Parola di Dio è passata attraverso tutte le realtà umane: la legge, la storia, i profeti e persino i proverbi. I libri sapienziali indugiano su queste dimensioni. Io posso essere un intellettuale di prima forza e allora sarò storico, io invece posso essere un essere comune, un uomo del popolo, che la Bibbia ha valorizzato, perché la Bibbia ha valorizzato tutte le dimensioni umane, non soltanto quelle altissime. Se noi abbiamo la pazienza di metterci a guardare, a leggere, troveremo delle cose interessanti e stimolanti. Ho portato qui questa sera con me un libretto che si intitola così: “Quando tuo figlio ti interrogherà”. Suppongo che anche i vostri figli vi abbiano man mano interrogati, specialmente quando tornavano da scuola: mamma, papa, la maestra, la professoressa ha detto che l’uomo deriva dalla scimmia. L’uomo deriva dalla scimmia? Questo è un libro che mette un po’ in midrash i vari racconti della vita. Questi midrash sono racconti popolari anche belli. Dunque il titolo è: “ Quando tuo figlio ti interrogherà”. Miriam la profetessa.

Bereshit “in principio”…

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“I figli di Israele avevano dimenticato il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, soltanto quelli della Tribù di Levi conservavano i ricordi e raccontavano ai loro figli le promesse del Signore. Amram della Tribù di Levi sposò Iochebed e per la loro gioia nacque una bimba: Miriam, dopo 3 anni un maschietto Aronne, poi venne l’ordine crudele del faraone: d’ora in poi ogni maschio che nasce sia buttato nel Nilo”. Questo sembra un papà che racconta, una mamma che racconta, anche noi conosciamo questo fatto, dell’ordine del faraone di annegare i figli maschi. Ecco il midrash. “Quando Amram udì le madri che piangevano disse: Vedo che noi generiamo figli per l’omicidio. Ebbene io smetterò di generare. E Amram si separò da Iochebed. Molti Israeliti lo imitarono. Ma questo non era cosa buona agli occhi del Signore. Il Signore mandò il suo spirito su Miriam che era una bambina e Miriam divenne una profetessa, infatti il Signore preferisce la bocca dei semplici, come è scritto nel salmo n. 8 : Dalla bocca dei bimbi e dei lattanti affermi la tua potenza o Signore per ridurre al silenzio nemici e ribelli. Miriam dunque si presentò a suo padre Amram e gli disse: Padre tu sei più crudele del faraone, il faraone condanna i figli maschi, ma tu privi della vita anche le femmine, ai bimbi che nascono lui toglie la vita di quaggiù ma tu togli loro anche la vita eterna. Amram ascoltò la parola della piccola Miriam. Cosa fece? Andò e inseguì di nuovo Iochebed, figlia di Levi. Come lui fecero gli altri Israeliti e ci furono molte feste di nozze nelle abitazioni di Israele, Miriam e Aronne esultavano vestiti a festa e danzarono alle nozze dei genitori. In quella notte fu concepito Mosè”. Ecco un racconto come si vede fatto alla portata anche dei ragazzi. Un racconto che è tipico, midrash. Se la Bibbia è conosciuta bene dà la possibilità: Anche di fare racconti interessanti e stimolanti per la famiglia. Dà la possibilità di vedere un contorno intelligente che guarda l’episodio biblico. In casa dei genitori cristiani se si sapesse un po’ parlare così. I cristiani forse conoscono troppo poco la Sacra Scrittura, la Bibbia. Ho detto prima dell’Antico Testamento, ma anche la conoscenza del Nuovo Testamento. Mi permettete di fare anche qui un esempio, un esempio che ci introduce nella 3° riflessione che mi interessa, quella dell’interpretazione della Bibbia. Domenica scorsa, suppongo che voi siate andati a Messa come sono andato io e naturalmente ho celebrato, ho commentato, ho fatto l’omelia. Domenica scorsa abbiamo letto il passo del Vangelo di Marco, che si riferisce al cieco di Gerico, il così detto Bartimeo. Non so se lo ricordate. Comunque leggo poche battute: “Giunsero a Gerico e mentre partiva da Gerico insieme coi discepoli e a molta folla il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui a sentire che c’era Gesù Nazzareno cominciò a gridare e a dire: Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me. Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte, Figlio di Davide abbi pietà di me. Allora Gesù si fermò e disse: Chiamatelo! Chiamarono il cieco dicendogli: Coraggio, alzati, ti chiama. Egli buttò via il mantello, balzò in piedi, venne da Gesù. E allora Gesù gli disse: Che vuoi che io ti faccia? E il cieco a lui: Rabbunì che io riabbia la vista, Gesù gli disse: Va la tua fede ti ha salvato. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada”. Un racconto molto semplice, un racconto comprensibile credo, un racconto che si presterebbe a tante riflessioni. Verosimilmente questo figliolo, (bar significa appunto figlio) Bartimeo era presente nella comunità di Marco tantè che lo dà per conosciuto.E Bartimeo butta via il mantello e poi segue Gesù. Interessante questo, specialmente se si mette in contatto con quel che abbiamo letto prima, di quel giovane ricco che se ne va molto triste dopo che Gesù gli ha detto di seguirlo. Nessuno avrà avuto questo pensiero… Sappiamo tutti che Marco è il 1° dei Vangeli Sinottici. Se si va a vedere che cosa racconta Matteo uno rimane stupefatto. Matteo: “Mentre usciva da Gerico una gran folla seguiva Gesù ed ecco che due ciechi seduti lungo la strada sentendo che passava Gesù si misero a gridare: Signore abbi pietà di noi”. 1 o

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2? Andiamo a vedere che cosa dice Luca. Luca parla anche lui di 1 cieco, perché Matteo 2? Allora Matteo non avrà per caso in testa qualche cosa? Così quando Gesù va al paese di Gadara e c’è quel tale in mezzo ai sepolcri che è indemoniato, per Marco è 1, per Matteo sono 2. E così Matteo parla di 2 ciechi. Perché questo insistere sul 2? Ho buttato lì queste semplici pagine per dire che la lettura del Vangelo è una lettura a noi molto familiare perché se andiamo tutte le domeniche in Chiesa lo sentiamo leggere sempre e sentendolo leggere sempre naturalmente ci viene da dire: questo lo conosco! Un momento. Guarda che ci sono diversi livelli da scandagliare. Perché Matteo ha nella testa quello che dice il Deuteronomio, che la testimonianza di 2 è una testimonianza irrefutabile. Marco ha un’altra prospettiva. Matteo scrive per gli Ebrei e scrivendo per le comunità ebraiche che si sono convertite al cristianesimo, insiste soprattutto sul numero due, mentre Marco scrive per un’altra comunità. Ecco perché insiste semplicemente sul fatto e sulla conoscenza del fatto. Sul fatto che mette dinnanzi la realtà della persona che apparteneva alla stessa comunità. Questo ci porta a dire: i Sinottici, 3 racconti della vicenda di Gesù concordi, però con dei particolari, che differiscono. Perchè 3 racconti della vicenda di Gesù? O meglio ancora, perché 4 racconti della vicenda di Gesù?, perché i Vangeli sono 4. 3 Sinottici più Giovanni. E’ a questo punto viene da dire: non stiamo a guardare questi particolari, a noi interessa l’essenziale e l’essenziale non viene messo in discussione dai particolari! E’ vero. Possiamo anche non andare a cercare i particolari. Però la domanda fondamentale è: 4 racconti della vicenda di Gesù è pur sempre una questione di qualche interesse, soprattutto se si mettono a confronto gli episodi narrati dai Sinottici e poi si mette a confronto la narrazione fatta dai Sinottici con quella di Giovanni. Se prendiamo in mano quello che dicono i Sinottici e quello che dice Giovanni comprendiamo quanti passi ha fatto la prima comunità cristiana nel conoscere il mistero di Gesù, il mistero della sua persona, nel conoscere il senso della sua missione. Noi conosciamo la vicenda di Gesù da quanto ci ha raccontato la prima comunità cristiana. Gesù non ha scritto nulla, salvo quelle poche lettere quando aveva davanti a sé l’adultera. Ci sarà pure una ragione… E la ragione mi sembra che sia questa: per conoscere Gesù, e la vicenda cristiana non basta qualche flash. Tu vuoi veramente un approfondimento della tua fede? Non ti basta conoscere a memoria alcuni episodi. Devi provare a fare questi confronti, devi provarti a cercare di andare un po’ a fondo e capire. Se no la tua fede rischia di essere in superficie, e se la fede rimane in superficie basta nulla per avere i dubbi, basta che ti venga a casa tuo figlio con certe cose e tu rimani senza risposta. Questa decadenza religiosa non porta niente con sè. Distrugge. Io credo proprio, carissimi, che sia veramente interessante leggere la Bibbia col desiderio di conoscere, di voler approfondire. Conoscere perché Dio ha fatto questo percorso. Ha cominciato con gli elementi più immediati, tantè che se noi guardiamo, per esempio alla professione di fede dei primi tempi vediamo solo poche cose. Cioè: E’ risorto. Ma sono andati progredendo, perché Dio stesso li conduceva verso questo continuo progresso. Andando avanti con questo continuo progresso si è costruito un popolo in tutte le sue dimensioni, compreso le leggi, la cultura. E andando avanti anche i cristiani hanno approfondito la grande vicenda di Cristo. Hanno avuto la possibilità di diventare capaci di credere con una fede così forte che in molti casi saranno pronti a dare la vita. Non dimentichiamolo mai! Io ho portato con me il Corano. Qualche volta quando mi capita, specialmente con i giovani che fanno delle domande, ci si rende conto della differenza abissale tra la Bibbia e il Corano. Se noi siamo su questa linea di voler conoscere, di approfondire, di interpretare, (perché importante e saper interpretare), noi troveremo sempre di più una passione dentro, un gusto dentro nel leggere la Parola di Dio che veramente conduce a traguardi positivi. Riusciremo a dare le risposte che in fin dei conti portiamo nel cuore. Avremo anche la possibilità di diventare popolo di Dio, perché uniti non da una scimitarra, ma uniti sulla base di valori che contano. Si potrà parlare anche ai giovani con motivazioni adeguate, perché abbiano riflettuto. Ecco io mi

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propongo di conoscere con voi un po’ meglio la Bibbia, perché poi andiamo a leggerla, per imparare a leggerla. Perciò: conoscere, leggere, imparare a leggere. Così si gusterà molto di più la liturgia della Parola durante la Messa domenicale. Si sentirà che la Bibbia è veramente qualcosa di prezioso. Questa strada continuerà ad avanzare e farci capire che la Bibbia è Parola di Dio, che guida, illumina, sostiene, conforta, è una Parola penetrante nella nostra vita. In ultima analisi impareremo a conoscere un po’ meglio, se pure sempre parzialmente, il mistero di Dio e quindi anche il nostro mistero, essendo fatti a immagine e somiglianza di Dio. Concludo con un riferimento a un episodio dell’Antico Testamento. Quando Giacobbe lotta sul torrente Jabok, lotta, lotta tutta la notte. Con chi lotta? Non lo sa. Poi gli sembra di aver lottato con Dio. Il profeta Osea interpretando questo passo dice: ha lottato con Dio. Tutta la lettura della Bibbia è un po’ lottare con Dio, anche se non ci accorgiamo, con il desiderio di conoscerlo di più, col desiderio di andare avanti nella nostra vita. Giacobbe in quella notte, cambiò nome, non si chiamò più Giacobbe, ma Israele che significa “colui che lotta con chi è forte”, Dio è forte!...

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2222° SERATA ° SERATA ° SERATA ° SERATA

PERCHE’ LA BIBBIA? – ANTICO E NUOVO TESTAMENTO

Ben trovati anche questa sera noi come dicevamo l’altra volta, vorremmo nei nostri incontri cercare di conoscere un po’ meglio la Bibbia, perché è un libro straordinario, contiene soprattutto per noi credenti la Parola di Dio e poi abbiamo nella Bibbia tante risposte agli interrogativi che portiamo nel cuore, non solo ma se noi riusciamo a seguire la Bibbia con passione riusciamo anche meglio ad incontrare il Signore, conoscerlo, quindi amarlo. Ecco questo è ciò che dicevamo in sintesi l’altra volta e poi abbiamo detto ancora che la Bibbia è un libro complesso, molto complesso. Noi siamo abituati al Vangelo, (meno male), abituati al Vangelo, chiaramente abbiamo del Vangelo una percezione anche più facile e immediata, perché lo conosciamo, anche se nel Vangelo ci sono delle cose da interpretare e poi da confrontare.

Nella Bibbia ci sono due grandi colonne: nell’Antico Testamento 46 libri, mentre nel Nuovo Testamento ci sono 27 libri e naturalmente queste indicazioni vengono dalla Chiesa. La Chiesa nei primi tempi si è affidata soprattutto al cosiddetto Canone, elenco ufficiale fatto dai rabbini per quanto riguarda l’Antico Testamento, e ha scelto un elenco perché tra i rabbini c’erano diversi elenchi. E come ha fatto a scegliere,? ha scelto secondo l’ispirazione dello Spirito Santo, che si manifestava perché tutte le comunità cristiane, o quasi tutte, leggevano questi libri come ispirati. Noi arriviamo praticamente – con le testimonianze-documenti - al 3° secolo e le comunità cristiane hanno questi libri, li leggono come ispirati e nel 4° e 5° secolo, specialmente con S. Agostino e S. Girolamo, abbiamo avuto questo elenco ormai fatto nella Chiesa. Nella Chiesa, tutte le comunità cristiane leggevano questi libri come ispirati. E poi venne, nei Concigli di Firenze e di Trento (del 1546) l’elenco ufficiale di questi libri. Dopo che abbiamo detto questo la volta scorsa, questa sera vorrei dire qualcosa sul Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia che formano la così detta Torah per gli Ebrei, la legge Mosaica, e qualche cosa sui primi 11 capitoli del Libro della Genesi, che è il primo libro della Bibbia. Pentateuco deriva dalla parola greca “penta” che vuol dire cinque e il Pentateuco comprende i primi 5 libri della Bibbia e che sono:

- il libro della Genesi – 50 capitoli - il libro dell’Esodo – 40 capitoli - il libro del Levitico – 27 capitoli - il libro dei Numeri – 36 capitoli - il libro del Deuteronomio – 34 capitoli

questi 5 libri formano il Pentateuco, quello che gli Ebrei chiamano legge Mosaica, o la così detta Torah. Hanno cominciato a dire così quando dopo l’esilio, e anche durante l’esilio, non avevano più nessun punto di riferimento: non avevano più la terra, il tempio, non avevano più niente ed allora specialmente durante l’esilio ecco che soprattutto i sacerdoti, i leviti, quelli che una volta si

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occupavano del tempio e della formazione della gente hanno dato sempre più attenzione alla Torah, alla legge, e quindi a questi libri in maniera particolare, ma non solo a questi, ma soprattutto a questi. La Genesi, come dice la parola stessa, ha due grandi disegni: il primo disegno è quello della storia primitiva e il secondo disegno è quello della storia dei patriarchi. Abramo, Isacco, Giacobbe e la storia di Giuseppe. L’Esodo sviluppa il grande tema della liberazione dall’Egitto e poi l’Alleanza del Sinai con un accenno al cammino dell’Esodo, al cammino nel Deserto. Questi primi due libri hanno un andamento di racconto di vicende, quasi di storia, usando però la parola storia non nel nostro senso, usando la parola storia in un senso tutto particolare. Il libro del Levitico ha essenzialmente un carattere legislativo. Ci sono appunto le norme per quanto riguarda il rituale dei sacrifici per sette capitoli e poi ci sono le norme molto importanti che si riferiscono al trattamento dei sacerdoti, la consacrazione sacerdotale, poi la legislazione sul puro e sull’impuro, poi la trattazione sul grande giorno dell’espiazione, (ionchippur), come lo chiamano ancora adesso gli Ebrei. Poi la legge di santità. E poi ci sono le cosìdette benedizioni e maledizioni, le benedizioni delle persone e degli animali. E’ questo, grosso modo, il libro del Levitico con 27 capitoli. Il libro dei Numeri si chiama così perché ci sono delle indicazioni statistiche, ma poi riprende i racconti che si riferiscono al cammino nel deserto fino all’arrivo nella Transgiordania con il sedimentarsi delle tribù di Gad e di Ruben che si stanziano nella Transgiordania. Il libro del Deuteronomio invece è tutto particolare. E’ fatto essenzialmente dei grandi discorsi di Mosè e poi racconta anche la fine di Mosè e la sua morte. Questi grandi discorsi di Mosè ripresentano tante parti del codice della legge che era anche già presentato nel libro dell’Esodo, lo aggiorna, lo fa progredire e lo rende più attento alle situazioni nuove… Quando si parla di Pentateuco bisogna subito fare riferimento alle cose dette. Se prendiamo in mano questi libri ci rendiamo conto che ci sono diversi modi di raccontare: la Creazione come è raccontata nel primo capitolo della Genesi ci presenta un modo di fare di Dio che è notevolmente differente rispetto a quello che ci presenta il capitolo 2° e il capitolo 3° della Genesi. Allora: come si sono venuti componendo questi libri? Così ancora: il libro della Genesi, un bel momento c’è il riferimento ai Figli di Dio, ai figli degli uomini e poi ai giganti, così una specie di flash che si chiude e basta. Come si sono venuti componendo questi libri? La risposta che solitamente danno gli studiosi è questa. C’erano nel popolo delle tradizioni che avevano una loro formulazione ed erano composte e considerate in maniera abbastanza, rispettosa, soprattutto al tempo dell’esilio. Avevano questi racconti, queste tradizioni le varie tribù, Israele ha 12 tribù. Questi racconti avevano una loro autonomia e sono stati raccolti dalla classe sacerdotale ai tempi dell’esilio e dell’immediato post esilio quando sembrava che non ci fosse più nessun altro punto di riferimento. Queste tradizioni sono state riportate però con grande rispetto dell’autonomia. Ecco perché anche adesso nei testi che noi leggiamo ci sono queste differenze, alcune delle quali si notano immediatamente. Le tradizioni a cui si fa riferimento sono soprattutto 4.

- La prima Tradizione è la cosiddetta “Jahvista”. Si chiama così perché lì il nome di Dio viene presentato come Jahvé e questa Tradizione appartiene alle tribù del Sud. E’ una Tradizione molto vivace come stile, una Tradizione anche molto attenta a certi particolari.

- Poi c’è la cosiddetta Tradizione Elohista. Si chiama così perché anche qui fa riferimento al modo in cui viene invocato Dio: Elohim. Jahvé – Signore Elohim – Dio

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Queste sono le 2 Tradizioni le più antiche e verosimilmente hanno avuto le prime composizioni intorno all’anno 1000, 900 anni prima di Cristo. La Tradizione Jahvista del Sud e la Tradizione Eloista del Nord.

- Poi c’è la Tradizione Deuteronomica, segnata con la D, è successiva, quando Israele si è già stanziato nella Terra di Palestina in maniera diffusa e tranquilla. Possiamo pensare a 7/8 secoli prima di Cristo, la risistemazione della legislazione in relazione a questa nuova condizione di vita. E qui la Tradizione del D trova la sua formulazione nel Deuteronomio. - Poi c’è la Tradizione Sacerdotale che trova la sua espressione nel tempo dell’esilio e

nell’immediato post esilio. La Tradizione Sacerdotale va ad indicare certe sue proposte ma anche l’attenzione a ricomporre le precedenti tradizioni sia pure rispettandole nella loro composizione. La Tradizione Sacerdotale viene presentata con la lettera P perché in tedesco sacerdote si dice Priester. Questi studi sono stati fatti per lo più da tedeschi.

Queste sono le 4 tradizioni che stanno al fondo dei libri dell’Antico Testamentoche noi leggiamo. Alcuni di questi elementi compaiono subito, altri non sono facilmente individuabili. Il Deuteronomio è proprio l’insieme di queste composizioni la cui formulazione che leggiamo attualmente si deve collocare verosimilmente circa 500 anni prima della venuta di Gesù. A questo punto vorrei leggere con Voi il foglio che vi è stato distribuito. Libro del Deuteronomio – 26 – L’offerta delle primizie – composto dai discorsi che Mosè ha fatto. Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio ti darà in eredità e lo possederai e là ti sarai stabilito, prenderai le primizie di tutti i frutti del suolo da te raccolti nel paese che il Signore tuo Dio ti darà, le metterai in una cesta e andrai al luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto per stabilirvi il suo nome. Centralizzazione del culto a Gerusalemme. Ti presenterai al sacerdote in carica in quei giorni e gli dirai: Io dichiaro oggi al Signore tuo Dio che sono entrato nel Paese che il Signore ha giurato ai nostri padri di darci. Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore tuo Dio e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore tuo Dio. Chiaramente qui abbiamo una descrizione liturgica: come noi facciamo l’offerta nella Messa, il Pane e il Vino, loro nel giorno delle Primizie, ai primi di maggio, andavano a fare questo gesto, portavano le primizie. Ma quello che interessa è ciò che segue. Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi, e ci condusse in questo luogo e ci diede questo paese, dove scorre latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato. Questa è una professione di fede, come noi diciamo: Credo…. Loro facevano questa professione di fede. Mio padre… Come si vede una professione di fede storica. Voi direte ma perché questa professione di fede? evidentemente lascia capire come è la composizione del Pentateuco. Se noi cominciamo a leggere la Genesi dal capitolo 12 in avanti, abbiamo lo schema indicato qui. Il Pentateuco racconta questi avvenimenti, qui dichiarati come un piano di Dio che si realizza, che viene riconosciuto, che viene celebrato liturgicamente nel giorno in cui vengono offerte le

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primizie. Ce ne sono anche altri di testi simili, io ho scelto questo perché secondo la gran parte degli studiosi questa sembra essere la professione di fede più antica di Israele, riportata nel libro del Deuteronomio, messa in bocca a Mosè, il grande protagonista di tutti questi avvenimenti. Ed è come se questa professione di fede l’avesse composta Mosè. Ho fatto la scelta di leggerla perché da questo testo comprendiamo subito che Israele ha una fede che si riferisce a fatti reali. La grande differenza tra Israele ed il Buddismo è che il Buddismo non fa riferimento a fatti reali, fa riferimento ad una condizione che l’essere umano cerca dentro di sé, mentre Israele, è come il Cristianesimo, fa riferimento proprio a questi fatti reali. Noi diciamo come i Cristiani dei primi tempi: “Cristo è risorto”. Se Cristo non fosse risorto il Cristianesimo non avrebbe nessun senso. E così era per Israele. Queste vicende: Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, l’Egitto, la schiavitù, l’uscire dall’Egitto, la liberazione, il cammino nel deserto, noi piccolo popolo davanti ad una super potenza come era l’Egitto, ma noi come siamo nati? Abramo, Isacco! Ma noi come siamo diventati una Nazione? Siamo andati in Egitto e là siamo cresciuti, ma ci hanno oppresso! Ma noi piccola nazione, come potevamo liberarci dall’Egitto, come potevamo camminare 40 anni nel deserto e poi riuscire a occupare questa terra, come era possibile? La risposta è: se non ci fosse stato il Signore a guidarci noi non avremmo potuto essere qui a celebrare la festa delle primizie e mentre celebriamo la festa delle primizie ricordiamo questi fatti che abbiamo vissuto. Non possiamo non ricordarli, sono la nostra storia, sono la nostra vita, sono la spiegazione di quello che noi siamo. A me piace quello che sta facendo il Papa Benedetto, il quale continuamente fa riferimento al fatto che tra fede e ragione c’è un’unione stretta. La fede non è uguale alla razionalità, però non è in contrasto con la razionalità, illumina la ragione, la ragione che cerca sempre di più le risposte. Ora abbiamo un grosso problema con l’Islam mondiale ed il Papa non ha chiesto scusa a nessuno, ha cercato di spiegarsi in modo intelligente! Così penso che coloro che hanno composto questo “credo” l’hanno composto con questa visione: il nostro credere, il nostro affidarsi a Dio, il nostro fidarsi di Dio, si basa su fatti incontestabili. Questo è il Deuteronomio, libro fondamentale. Questa è la struttura fondamentale della legge Mosaica, della Torah. Naturalmente tutto quello che riguarda le norme ha avuto evoluzione, ed anche i libri del Pentateuco mettono in evidenza questa evoluzione. Per esempio secondo il libro dell’Esodo Iddio castiga le colpe dei padri e dei figli fino la 3 e 4 generazione, però perdona fino a 1000 generazioni. Dio vuol fare vedere che non ha dinnanzi solo una persona ma la comunità, la collettività. Il libro del Deuteronomio sottolinea gli aspetti delle responsabilità personali. Poi il libro di Ezechiele compirà un grosso balzo in quanto Ezechiele, che è un sacerdote che fa parte di quella classe sacerdotale che conosce bene il Deuteronomio, non si dirà più che i padri hanno mangiato l’uva acerba e i figli hanno subito le conseguenze, dirà che chi pecca muore. Noi dunque sappiamo dalla professione di fede che mio padre era un ebreo errante, Abramo! Che era vissuto 1800 anni prima di Cristo. E prima di Abramo? Ecco i primi 11 capitoli della Bibbia: fanno riferimento a questo “prima di Abramo”. Notare che queste parole prima di Abramo comprendono una serie di interrogativi che sono fondamentali, addirittura terribili. Quali sono? Il mondo, come ha avuto inizio? non solo; Iddio creò uomo e donna all’origine, esseri sessuati, e perché l’attrattiva tra uomo e donna? Ma perché questa attrattiva sessuale è la strada che porta alla generazione? non c’era un’altra strada per mettere al mondo gli esseri umani, i figli? E perché poi questa attrattiva è in tutti? e poi tra maschio e femmina c’è un’uguaglianza, una disuguaglianza, un dominio, un sotto dominio, una missione, una sottomissione, cosa c’è? Ancora: l’essere umano ammazza suo fratello. Perché, il male? perché da che mondo è mondo il male c’è? Essi ricordavano bene anche Abramo ecc., ma il male, le guerre, i conflitti, gli odi, le vendette… Perché, ci sono anche le catastrofi naturali, e queste a volte sono spaventose, come il diluvio? Ma

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com’è che gli uomini sembrano tutti uguali e pure hanno lingue diverse. Io ho posto questi interrogativi per farvi riflettere. I primi 11 capitoli del libro della Genesi tendono a dare queste risposte che sono evidentemente risposte precedenti allo sviluppo storico: mio padre era un Arameo errante, è andato in Egitto con poca gente, siamo cresciuti, ci hanno oppresso gli egiziani, abbiamo chiamato il Signore e lui ci ha liberato, e abbiamo camminato nel deserto, e siamo arrivati ad occupare questo paese, e siamo qui ad offrire le primizie; questi sono fatti storici indiscutibili. Quegli altri sono fatti anch’essi indiscutibili. Come si spiegano? Sicchè, a mio parere, i primi 11 capitoli del libro della Genesi sono una specie di post fazione, (una prefazione scritta dopo) al Pentateuco e lì troviamo le risposte che sono date facendo riferimento ai documenti di tradizione di cui vi ho parlato. Vogliamo guardare la pag. 2 di questi fogli dove c’è una specie di schema di questi 11 capitoli. Primo nucleo narrativo: le origini – Genesi 1,1-4,26 – La Settimana della Creazione 1,1-2,4a - Tradizione Sacerdotale. Poi le origini della Prima Umanità dal cap. 2 al cap. 4,26 e queste vicende della prima umanità comprendono L’uomo e la donna nel Giardino, Paradiso, poi il peccato, disobbedienza e castigo e poi la vicenda di Caino contro Abele e tutte queste sono provenienti dalla Tradizione Jahvista. Segue la Genealogia dei Cainiti. Arrivano fino al diluvio. Per dire che il peccato, dopo il peccato originale, diventa peccato di Caino e di Abele fino a Lamech che diceva Caino sarà vendicato 7 volte ma Lamech 77 volte! Non solo: Lamech sposa 2 mogli. Comincia la poligamia. Questo è il primo nucleo narrativo. Voglio accennare anche della Genealogia dei Setiti: perché Adamo ebbe anche Set che a sua volta ebbe un figlio: Enos. Con lui si cominciò a invocare il nome di Dio. C’è dunque il male nel mondo, con Caino che uccide suo fratello, che dovrebbe essere vendicato 7 volte, addirittura la sua generazione con Malaleek 77 volte! Però c’è anche Set fino a Enos. E poi la grande Genealogia dei Setiti. Il testo lascia capire che da Adamo si arriva al diluvio, che porterà la cancellazione dell’umanità, salvo la discendenza dei Setiti. Perché le grandi calamità? il peccato! perché le guerre? il peccato!, e quando si dice peccato si intende il male nella sua più grande dimensione. Al di sotto ci sta anche la visione che il peccato non intacca soltanto la coscienza dell’uomo, ma intacca anche la realtà terrestre, il mondo, la natura. Ora diciamo: se non stiamo attenti finiamo per inquinare. Se vivessimo sobriamente inquineremmo molto meno.

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Se noi leggiamo il 1° capitolo vediamo Dio che crea con la parola. Nel 2° capitolo crea, come un muratore, con la sabbia, con la terra e fa l’uomo. Allora Dio prima crea con la parola, ordina il mondo, lo ordina in maniera tale per cui l’uomo è al vertice. Dio dice che gli dà il potere su tutte le cose, gli animali, la terra e poi dice di riempire la terra, riempirla, riordinarla, governarla. Una visione interessantissima raccontata in 6 giorni. E il 7° giorno Iddio riposa perché anche l’uomo ha bisogno di riposare. E Dio contempla quello che ha fatto. Il 2° capitolo. Dio va vicino all’uomo, dialoga con lui, sta con l’uomo e la donna. Questi sono tutti particolari da scoprire, anche se quel disegno complessivo, mi sembra importantissimo da avere in mano per capire i particolari e dare risposte agli interrogativi di cui si diceva. Il mondo? Il mondo è stato creato da Dio. Dio che può avere tante capacità e possibilità. Dio può sembrare trascendente lontano, ma può essere anche vicino. Ma e il male? Si introduce nel mondo con la disobbedienza dell’uomo. Una realtà che avrà sviluppi continui fino arrivare al Nuovo Testamento, alla croce di Cristo che ha donato la redenzione dal peccato. Ecco perché Paolo parla di rigenerazione, è la nuova creazione! Dal secondo nucleo narrativo: Due frammenti: i Figli di Dio e i Giganti. I Giganti erano conosciuti nel mondo: tutti sapevano, nelle culture antiche, che c’erano stati dei Giganti, e qui il libro della Genesi ci dice che i Figli di Dio hanno visto che le figlie degli uomini erano belle, allora presero un sacco di mogli: il dilagare della poligamia. Così hanno messo al mondo figli che erano tutt’altro che timorati di Dio e questi si possono collegare anche ai Giganti. I Giganti non si possono staccare dalla realtà di Dio perché Dio è il governatore di tutto e Dio è anche spiegazione del fenomeno terribile del diluvio. Se noi leggiamo attentamente i capitoli che riguardano il diluvio ci rendiamo conto che 2 tradizioni sono messe insieme, tanto che ci sono delle ripetizioni. Chi ha compilato questo racconto ha messo insieme la Tradizione Jahvista con la Tradizione Sacerdotale. Ancora una volta per far capire che quel che conta è si il racconto (che troviamo anche in altre culture) del diluvio. Quello che interessa di più è il significato: il diluvio? perché il peccato si era diffuso nel mondo, al punto che Dio si era quasi pentito di aver creato il mondo. E’ una risposta, non la risposta, che ha un suo significato. Questo il tracciato dei primi 11 capitoli del libro della Genesi; è un tracciato da leggere con estrema attenzione tenendo conto che ha il desiderio di rispondere ai tanti nostri interrogativi.

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IIIIIIIII° SERATA I° SERATA I° SERATA I° SERATA

PERCHE’ LA BIBBIA? – ANTICO E NUOVO

TESTAMENTO Lo scopo dei nostri incontri è cercare di conoscere la Bibbia. Perché conoscere la Bibbia? Perché così riusciamo conoscere meglio anche il Signore, perché Bibbia è la sua parola e quindi possiamo anche conoscerlo di più e amarlo e quando conosciamo il Signore c’è una pienezza e l’ultima volta abbiamo cercato di vedere alcune indicazioni sulla così detta Torah, i primi 5 libri della Bibbia chiamati Pentateuco che sono: - Libro della Genesi - Libro dell’Esodo - Libro del Levitico - Libro dei Numeri - Libro del Deuteronomio. Questi 5 libri fanno il Pentateuco, la così detta Torah, i capitoli fondamentali dell’Antico Testamento che ancora oggi gli Ebrei ritengono essere veramente fondamentali. Poi ci siamo soffermati sul libro della Genesi, ed abbiamo detto alcune battute sui primi 11 capitoli, come da schema, i quali ci danno le indicazioni precedenti la così detta “professione di fede storica”. Fede storica: perché questa concezione, essenziale, fondamentale, è caratteristica della religione ebraica che è fondata su riti storici, a differenza dell’Induismo, a differenza dello Shintoismo, del Buddismo. Queste religioni così dette orientali, che vanno adesso anche di moda, hanno altre prospettive; anche lo stesso Islam non ha una prospettiva storica mentre il Cristianesimo e l’Ebraismo hanno una tale prospettiva. Del resto anche noi quando parliamo di Gesù intendiamo l’evento: Gesù. Questa prospettiva di fede storica fa riferimento ad Abramo: mio padre era un Arameo errante, la storia di Abramo che continua… E prima di Abramo? Prima ci sono questi 11 capitoli della Genesi che dicono cosa c’è stato ed hanno due nuclei: il primo quello della creazione, il secondo quello del diluvio. E sono collegati ad Abramo attraverso le genealogie. Perciò abbiamo la storia di Abramo che è documentabile; ma prima? la Genesi, il Diluvio. Ecco allora io vorrei con voi approfondire i primi 3 capitoli perché mi sembra che dobbiamo avere una visione complessiva ma anche tentare di approfondire. Perciò stasera è un tentativo di approfondimento di 3 capitoli. Vi è stato distribuito un foglio che ci dice un po’ qual’era la concezione dominante quando venivano scritti questi capitoli della Bibbia; cioè la gente cosa pensava dell’origine del mondo. Come ha avuto origine, è sempre esistito, è eterno? Ecco: le mitologie antiche e anche molte religioni non discutono tanto sulle origini del mondo lo danno per scontato che è eterno. Anche oggi se noi notiamo bene, quando si parla del punto di vista scientifico, non si fa tanto il problema dell’origine del mondo, al massimo ci si domanda quando è incominciato questo ordine che noi abbiamo davanti. Se noi non riusciamo a capire che origine ha avuto il mondo non sappiamo assolutamente da dove veniamo, perché ci sentiamo parte

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del mondo. Allora che origine ha avuto il mondo? è eterno? Sia che la pensiamo come la pensavano gli antichi, sia che la pensiamo come la vediamo noi, questa è una realtà eterna o è una realtà che ha avuto origine. E da chi e come ha avuto origine? Questi sono interrogativi che la gente si porta dietro da sempre. Soprattutto quando la gente pensa. Se non pensa, non si interroga su queste questioni, assume un atteggiamento molto fatalista. Anche noi a volte diciamo: guarda che cosa è successo, che destino! Questa è un’espressione molto comune, sembra quasi che ci sia una specie di fato, come dicevano i greci, che guida o non guida, un atteggiamento fatalista. Non interroghiamoci troppo. Ma se non sappiamo nulla della nostra origine allora non sappiamo nulla anche di noi stessi, o sappiamo ben poco. Ma noi chi siamo, ma tante cose che noi affermiamo, che noi affermiamo da sempre: che c’è una pari dignità fra le persone, questo è scritto dappertutto, questo è detto dalla Costituzione Italiana, questo è detto dalla Costituzione Europea, questo è scritto anche nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, (11 dicembre 1948). Ma che fondamento ha affermare la pari dignità delle persone, la dichiarazione dei diritti universali, dove ha fondamento? Quando i nostri ragazzi ci interrogano, quando i nostri giovani ci chiedono una spiegazione, che spiegazione diamo? I primi 3 capitoli della Genesi, anche se sembrano fatti di racconti molto andati che conosciamo da sempre, hanno in fondo questa domanda essenziale: il mondo da dove viene? Circolava in quel tempo una “mitologia”, che ho cercato di sintetizzare, l’ho presa dalla Enciclopedia Europea. Con una mitologia di questo tipo la Bibbia entra in polemica fortissima. E questo è importante, perché se la Bibbia è un libro, è stato scritto. Da chi? Quelli che hanno scritto questi capitoli della Bibbia hanno avuto la forza e il coraggio di dire no alla posizione dominante in tutto l’ambiente che li circondava. Loro, un piccolo popolo, hanno avuto la forza di andare contro al modo comune di pensare, di dare un’indicazione molto importante che poi ha avuto conferma nello svolgimento della storia. Che origine ha il mondo, che origine ha l’uomo, che destino ha l’uomo, che cosa cerca, quali sono i suoi desideri più profondi? Perchè il male, come si spiegano tante lotte, carneficine? come si spiega che l’uomo, nonostante tutto il suo desiderio di vita, muore? La mitologia dice che è un dio che ha prodotto la morte dell’uomo. E questa mitologia fatalista è estremamente pessimista. La Bibbia invece ha una visione diversa e sul problema fondamentalissimo, quello della morte, la Bibbia continuerà ad interrogarsi in tutte le sue pagine, ed in questa prima pagina che è quella della Creazione, che adesso cerchiamo di leggere, noi abbiamo una visione dell’uomo, una visione di Dio, e del rapporto tra uomo e Dio. E anche una indicazione, che poi verrà chiarita, sulla parte dell’uomo, sul suo destino, sui suoi problemi fondamentali. Leggiamo tenendo presente questi interrogativi. 1° capitolo – Genesi “In principio Dio creò il cielo e la terra”, mentre la mitologia ignora la Creazione, al massimo dice che la terra e il cielo vengono dal dio Marduk. Ecco la prima grossa polemica con la mitologia. “Ora la terra era disadorna e deserta, le tenebre ricoprivano l’abisso, lo spirito di Dio aleggiava sulle acque dell’abisso”. La prima pennellata sulle origini del mondo che noi abbiamo. Il mondo creato da Dio, fatto dal nulla. E che sia fatto dal nulla lo vediamo da questo schema che adesso cerchiamo di scoprire. Dio disse: “sia la luce e la luce fu, Dio vide che la luce era cosa buona, separò la luce dalle tenebre, chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina, 1° giorno”. Si vede subito sotto uno schema che ritroveremo, lo schema dei 6 giorni più il 7° giorno. La divisione tra le tenebre e la luce è abbastanza singolare e vedremo perché. Notiamo Dio vide che la luce era cosa buona. Dio disse: “sia il firmamento”. Ho fatto vedere la scorsa serata lo schemino, il firmamento è una specie di calotta che sostiene le acque di sopra. “Dio disse sia il firmamento che separa le acque dalle acque. Dio fece il firmamento che separò le acque che sono sotto il firmamento e le acque che sono sopra il firmamento. Così avvenne Dio chiamò il firmamento cielo e fu sera e fu mattina. 2° giorno”. Ecco anche qui un imperativo senza l’uso di nessun strumento. E ancora:

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“Dio disse le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto ed avvenne; Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare. Dio vide che era cosa buona e Dio disse la terra produca germogli erbe che producano seme e alberi da frutto che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie; e così avvenne, la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuno secondo la propria specie; alberi che fanno frutto con seme secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona, fu sera e fu mattina, 3° giorno”. Notare bene quello che Dio dice, poi la realtà è pienamente rispondente a quello che Dio dice. Questa è la struttura creata nei primi 3 giorni e poi l’ornato della struttura. Dio disse: “ci siano luci nel firmamento del cielo”. Il primo giorno la luce, il quarto giorno le luci: la struttura, cui segue l’ornato. Luci nel firmamento del cielo, luci per distinguere il giorno dalla notte, servono da segni per le stagioni, per i giorni, per gli anni e servono le luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra e così avvenne. “Dio fece le due luci grandi: la luce maggiore per regolare il giorno, la luce minore per regolare la notte e le stelle. Dio le pose nel firmamento per separare la luce dalle tenebre, Dio vide che era cosa buona e fu sera e fu mattina, 4° giorno”. Dio disse: “le acque brulichino di esseri viventi, gli uccelli volino sopra la terra davanti al firmamento del cielo”. Perché si parla sempre di acque sopra e di acque sotto? Evidentemente: le acque di sotto hanno come ornato i pesci, le acque sopra gli uccelli. “Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque secondo la loro specie e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. Dio vide che era cosa buona Dio li benedisse, e siate fecondi, moltiplicatevi sulla terra. E fu sera e fu mattina buona, 5° giorno”. Dio disse: “la terra produca esseri viventi secondo la loro specie, bestiame, rettili e bestie selvatiche, secondo la loro specie e così avvenne. Dio fece il bestiame, le bestie selvatiche secondo la loro specie e tutti i rettili nel suolo secondo la loro specie e Dio vide che era cosa buona”. E qui il racconto si ferma, assume un altro tono, un tono notevolmente differente. Dio disse: “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza che domini sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche, su tutti i rettili che strisciano sulla terra. Dio creò l’uomo a sua immagine a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi moltiplicatevi”. Questo è il primo matrimonio, li benedisse, unisce l’uomo e la donna, siate fecondi, moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra. Poi Dio disse: “ecco vi do ogni erba che produce seme e ogni albero che produce frutto, saranno il cibo a tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nel quale è ogni alito di vita. E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto ed era cosa molto buona. Fu sera e fu mattina, 6° giorno”. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere e Dio nel 7° giorno portò a termine il lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il 7° giorno lo consacrò perché in esso aveva cessato ogni lavoro che Egli creando aveva fatto. Queste le origini del cielo e della terra. Se noi teniamo presente gli interrogativi che ci siamo posti, qui c’è una risposta chiarissima, esplicita. In questo discorso la parte maggiore è quella dell’essere umano, della persona che viene collocata al vertice della creazione. Sembra quasi che venga descritta una specie di piramide ed al vertice è posto l’uomo. E notare bene che l’essere umano è maschio e femmina e quindi non c’è una diversità costitutiva fra uomo e donna. E notiamo ancora che questo è scritto almeno 2500 anni fa (anche di più), quando la donna non contava nulla nelle culture. La Bibbia invece afferma immediatamente questa realtà di pari dignità fra l’uomo e la donna, tantè che entrambi vengono benedetti da Dio, sono creati da Dio, sono a immagine e somiglianza di Dio. Questo non si trova

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in nessun altro scritto. L’uomo nel mondo è la statua di Dio! Noi, Dio non lo vediamo, non lo conosciamo. Tu vuoi sapere qualcosa di Dio? Guarda l’uomo: è la sua immagine. Questo è di grandissimo valore. Perciò: il mondo è creato da Dio, Dio è l’essere perfettissimo, che non ha bisogno di nulla per creare e per fare esistere, e Dio che è l’essere perfettissimo, ha voluto avere dinnanzi a se una immagine, che fosse appunto a sua somiglianza. Questo è l’essere umano! Per questo io dico che ciò che è scritto nei vari trattati, nelle varie costituzioni, alla fine è ispirato a questo racconto, anche se di fatto non viene accettato o addirittura respinto. L’illuminismo, per esempio, tendeva a respingere queste concezioni. Quando Darwin ha cominciato a fare la sua esposizione scientifica sull’evoluzionismo tendeva a cancellare quanto qui la Bibbia dice. Questo è il primo racconto della Bibbia, di grandissimo valore. Abbiamo – si diceva - diverse tradizioni. Questo prodotto secondo tutti gli studiosi viene dalla tradizione sacerdotale: sono i sacerdoti che hanno insegnato questo. Ed a me sembra una formulazione liturgica. Sembra di vedere un prete che racconta. E vedo me stesso. Noi dall’altare che cosa raccontiamo? Nelle celebrazioni sinagogali si dicevano queste cose, si faceva la lettura della Bibbia fin dai tempi molto antichi e specialmente quando non c’era più il tempio e non si potevano offrire i sacrifici con il pasto sacro e si stava insieme. Quando gli ebrei erano esiliati a Babilonia, dove dominava la cultura che ho riprodotto loro si raccontano queste cose. Ora il 2° racconto, capitolo 2 del libro della Genesi. Guardate come è differente questo della Tradizione Jahvista. “Quando il Signore Dio – Jahvé - fece la terra e il cielo”; si presuppone che Dio fece la terra e il cielo, presupposto dato e scritto migliaia di anni prima della venuta di Cristo, “nessun cespuglio campestre era sulla terra, nessuna erba campestre era spuntata, perchè il Signore Dio non aveva fatto piovere sulla terra e nessuno lavorava il suolo e faceva salire dalla terra l’acqua nei canali per irrigare tutto il suolo, allora il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente”. Qui si vede subito la differenza. In questi racconti non si vuole tanto dire chi è Dio, come è Dio. Nel 1° racconto è sottinteso che Dio, essere perfettissimo, crea semplicemente con un desiderio, con una espressione della sua parola e della sua volontà, qui invece viene presentato in un altro modo, e questi due modi accostati l’uno all’altro vogliono farci capire che noi non riusciremo mai a sapere dire chi è Dio, perché Dio ha diversi modi di esprimersi. “Il signore Dio plasmò con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente”. Poi si aggiunge: in Eden, a Oriente con l’uomo che aveva plasmato “il Signore Dio fece germogliare ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male”. Questa idea del bene e del male è un interrogativo che noi incontriamo nella storia del mondo. Accanto a quell’albero i fiumi, dei quali due notissimi, due sconosciuti. Un fiume usciva dall’Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava 4 corsi: il 1° corso si chiamava Pison che scorre tutto intorno alla regione di Avila, dove c’è l’oro: l’oro di quella terra è fine; ivi c’è la resina odorosa e la pietra d’onice. Il nome del 2° fiume è Ghicon esso scorre attorno al paese di Etiopia. Il 3° fiume si chiama Tigri che scorre ad Oriente di Assur. Il 4° fiume è l’Eufrate e questo è notissimo. L’incognito si unisce alla conoscenza. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino perché lo coltivasse e lo custodisse. Il Signore Dio diede questo comando all’uomo: tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare perché quando tu ne mangiassi certamente moriresti. Cominciamo a domandarci: questo albero è alla portata dell’uomo. E allora il bene e il

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male sono alle portata dell’uomo, il bene e il male sono causati da chi? Dio vuol bene all’uomo, lo crea, lo mette al vertice della creazione. E il bene e il male? Il Signore Dio disse non è bene che l’uomo sia solo (matrimonio), voglio fare un aiuto che gli sia simile, allora Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati. In qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo a tutte le bestie selvatiche: dominio dell’uomo su tutte queste cose, mettere il nome significa appunto dominare. Ma l’uomo non trovò un suo simile. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo che si addormentò. Gli tolse una delle costole e gli

rinchiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio plasmò con la costola che aveva tolto all’uomo una donna e la condusse all’uomo il quale disse: questa volta essa è carne dalla mia carne e ossa dalle mie ossa, la si chiamerà Isshah-donna perché da Ish-uomo è stata tolta. Questo è l’atto d’amore che troviamo scritto nella Bibbia. Noi lo leggiamo in italiano ma in ebraico è fatto in versi e se vediamo la traduzione nella Bibbia di Gerusalemme è in versi. Allora l’autore biblico dice in questa battuta che l’uomo per essere uomo ha bisogno di un aiuto che gli sia simile, ha bisogno di incontrarsi perché se non incontra un tu non può sentire il suo io. Episodio - C’era un uomo che ha avuto un figlio e l’ha messo da solo, isolato, che non potesse vedere nessuno, che non sentisse parlare nessuno, per vedere come si sarebbe comportato. Un bel momento nel portargli da mangiare sentì questo figlio belare, perché aveva vicino le pecore aveva imparato a belare. Per dire che uno è quello che riesce a capire, confrontarsi con. L’uomo non è tale se non c’è un altro uomo con cui confrontarsi. L’io non c’è senza il tu. Questo è uno degli aspetti psicologici umani più interessanti che la Bibbia ci ha portato, per dirci guarda che tu per essere “tu” devi rapportarti con, devi metterti davanti a; naturalmente c’è poi anche una conclusione catechistica: “Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola”. Perché da quando c’è il mondo l’uomo e la donna si uniscono? Perché Dio li ha creati l’uno per l’altro, dice la Sacra Scrittura. Perché c’è questa attrazione tra l’uomo e la donna? come si spiega un fatto così elementare, fondamentale, universale? Non è una domanda da niente. Per questo l’uomo lascerà…. Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna. C’era una specie di dominio nella propria sensibilità, nella propria passionalità: un equilibrio pieno. Adesso arriviamo al 3° capitolo che dà tante spiegazioni alle domande che ci siamo poste e sono le domande che travagliano sempre gli esseri umani. Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio e disse alla donna: “è vero che Dio ha detto non dovete mangiare di nessun albero del giardino”. Il serpente è simbolicamente espressione del demonio, del maligno. “Rispose la donna al serpente: dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma dei frutti dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto non dovete mangiare se no morireste. Ma il serpente disse alla donna, non morirete affatto. Anzi Dio sa che quando voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio conoscendo il bene e il male”. Siamo al problema fondamentale il bene e il male. “Allora la donna vide che l’albero era desiderabile per acquistare saggezza, prese del suo frutto ne mangiò e poi ne diede anche al marito che era con lei, anch’egli mangiò, allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi”. Quindi la scoperta della nudità è la prima scoperta e vuol dire anche spogliazione, conoscenza dei propri impulsi passionali, delle istintività che ci sono in ciascuno di noi. Questo racconto in realtà risolve

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quegli interrogativi: il bene e il male da dove provengono, da Dio? No, il male proviene dalla disobbedienza dell’uomo a Dio, dice la Sacra Scrittura. Non è che il bene e il male li abbia messi lì Dio, in mezzo al mondo. C’era una concezione dualista che è andata avanti per molti secoli per cui si diceva che il bene e il male sono due coprincipi, che esistono da sempre. La Bibbia non si accorda con questa concezione dualista, nella quale il bene e il male sono due coprincipi esistenti da sempre e che sempre si combattono. No. La Bibbia vede l’uomo come vertice della creazione e come tale può anche scegliere il bene o il male. E’ la libertà dell’uomo che è in gioco per spiegare la situazione di bene e male. E l’uomo ha la forza di evitare il male e di fare il bene. Questo è quanto sta sotto il racconto. Io credo proprio che qui abbiamo una delle risposte fondamentale agli interrogativi essenziali. E’ possibile evitare il male, è possibile fare il bene, abbiamo la forza? Si! Adamo ed Eva cosa hanno fatto dopo aver scoperto di essere nudi? Intrecciarono foglie di fico. Penserà Dio, poi, a fare dei vestiti. Il Signore passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo e sua moglie si nascosero dal Signore Dio in mezzo agli alberi del giardino. Ecco una delle prime conseguenze del male. La paura di Dio. Il nascondersi. “Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: dove sei? rispose: ho sentito il tuo passo nel giardino ed ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto. Riprese chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero che ti avevo proibito di mangiare? Rispose l’uomo: la donna che tu mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero ed io ne ho mangiato”. Povera donna…, colpa della donna…, è facile accusare gli altri. “Il Signore Dio disse alla donna: che hai fatto? Rispose la donna: il serpente mi ha ingannato e io ne ho mangiato”. Questo evidentemente è scarica barile, che diventa un tentativo di spiegazione della realtà del male, che molto spesso viene spiegata così, siamo un po’ tutti così. “Allora il Signore Dio disse”: questa 2° parte del capitolo 3 è fondamentale. La prima parte spiega come ha avuto origine il male e quest’altra parte spiega un seguito di ulteriori problemi. “Il Signore Dio disse al serpente: che tu sia maledetto per quello che hai fatto più di tutte le bestie selvatiche, sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita”. Questa maledizione sul serpente sembra essere un po’ la spiegazione della lotta che c’è tra l’essere umano e tanti esseri bestiali. A dire ancora una volta che il male che l’uomo compie non riguarda solo lui, riguarda anche la creazione, riguarda anche le bestie, le bestie selvatiche. E poi: “Io porrò inimicizia fra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe, questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno”. In questo testo la tradizione ha visto una specie di annuncio di speranza. La tradizione cattolica, o meglio cristiana, ha visto una prima indicazione della realtà della Madonna. “Tra la tua stirpe e la sua stirpe, questa ti schiaccerà la testa ma tu le insedierai il calcagno”. Infatti nelle immagini spesso abbiamo la Madonna. Ma qui è la stirpe di cui si parla, non tanto della donna. Fra la tua stirpe: e la sua stirpe: quindi una interpretazione più adeguata dovrebbe essere la Madonna unita a Cristo. “E poi alla donna disse: moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai i figli, verso tuo marito sarà il tuo istinto ma egli ti dominerà”. Anche questo è uno degli aspetti, credo, più stimolanti. Perché a volte c’è questo dominio dell’uomo nei confronti della donna? Perché c’è questa attrazione che a volte finisce per diventare una rottura dolorosissima, che spesso comporta una sofferenza grande? Perché la donna quando partorisce, che è un po’ la sua vocazione, soffre? Ecco qui la Scrittura lascia intravedere che il male, disobbedienza a Dio, ha portato nel mondo anche tutte queste deficienze. ”E all’uomo disse: poiché tu hai ascoltato la voce di tua moglie ed hai mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare, maledetto

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sia il suolo per causa tua”. Quindi il male, il peccato, coinvolge anche il creato! “Con dolore ne trarrai il cibo”. Perché si fa fatica a lavorare? Per tutti i giorni della tua vita, spine e cardi io produrrò per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane, finchè tornerai alla terra da cui sei stato tratto. Polvere tu sei e in polvere ritornerai. Questa è l’espressione più forte e più dura di tutto il racconto. La morte non è voluta da Dio, la morte l’ha voluta l’uomo facendo quell’atto di ribellione nei confronti di Dio. L’uomo è stato la vera causa del male, l’uomo con la sua libertà è stato colui che ha portato il male nel mondo. Il libro della Sapienza lo dice espressamente: “Tu nostro Dio sei buono e fedele, sei paziente, e tutto governi secondo misericordia. Anche se pecchiamo siamo tuoi, conoscendo la tua potenza. Ma non peccheremo chè ti apparteniamo. Conoscerti infatti è giustizia perfetta, conoscere la tua potenza è radice di immortalità”. Quando leggo il libro della Sapienza e sento queste affermazioni c’è tutta una riflessione su quello che la Scrittura nei primi capitoli dice. Dunque: la morte non è il prodotto di un Dio che odia l’uomo, al contrario la morte è il prodotto di un umano che vuole sottrarsi a Dio. E la colpa è dell’uomo perché non vuole obbedire a Dio, ma vuole diventare come Dio, secondo quanto gli ha suggerito satana. In realtà l’uomo con il peccato scopre di essere un nulla, di essere assolutamente nudo. Questo è quello che si trova in questi capitoli. E concludo leggendo il salmo 8, che certamente conoscete: Salmo 8 – L’uomo, re del creato.

O Signore nostro Dio Quanto mirabile è il tuo Nome su tutta la terra! La tua maestà voglio adorare nei cieli

Con labbra di pargoli e di lattanti. Una fortezza hai costruito per tua dimora, riducendo al silenzio i tuoi avversari, il nemico e il vendicatore. Quando contemplo i cieli, opera delle tue mani, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cos’è l’uomo che ti ricordi di lui? Che cos’è il figlio d’uomo che di lui ti prendi cura? Si: di poco l’hai fatto inferiore ai celesti e di gloria e di onore tu lo circondi; qual signore l’hai costituito sulle opere delle tue mani; tutto hai posto sotto i suoi piedi; pecore e buoi nella loro totalità, insieme a tutte le bestie del campo; gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie marine. O Signore nostro Dio quanto mirabile è il tuo Nome su tutta la terra!

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Nella realtà di Dio, conoscendo Dio si vede anche la grandezza dell’uomo. Togliendo l’uomo dalla realtà di Dio si cade nel peccato e con il peccato in tutta la serie dei mali e con la realtà terribile della morte. Questo è solo un piccolo tentativo di leggere analiticamente i 3 capitoli che aprono il libro della Bibbia, fino al Nuovo Testamento, fino alla Resurrezione di Cristo. E soprattutto questi capitoli danno luce ai grossi interrogativi, sui grossi problemi: chi è l’uomo, perché il male, perché la morte?

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IV° S IV° S IV° S IV° SERATAERATAERATAERATA

Struttura portante testo Biblico: Antico e nuovo

Libri: STORICI, PROFETICI,

SAPIENZIALI Ci Siamo trovati ormai diverse volte a parlare della Bibbia, parola di Dio ispirata… Dunque… un’attenzione particolare alla Sacra Scrittura. Punto 1° - La Bibbia, parola di Dio! Ci sono però tanti altri interessi, con questo. Più uno si avvicina alla Bibbia più si rende conto che è un libro interessante, in molti sensi. Ed abbiamo cercato di dire che la Bibbia, pur essendo ispirata da Dio, parla la lingua umana e parla anche con la cultura del tempo in cui il libro è stato scritto. Ed abbiamo cercato di indicare i diversi generi letterari: i libri delle origini, la Torah, i libri storici, i libri sapienziali, i libri profetici ed un libro singolare quello dei Salmi. Poi abbiamo cercato di dire che la Bibbia ebraica prevede essenzialmente 3 ambiti, 3 grossi nuclei: il primo: la Torah: la legge, che è il nostro Pentateuco; il secondo: i Profeti: che si divide in Profeti anteriori che è quello che noi diciamo storici e poi i Profeti posteriori che noi diciamo “profetici”; infine gli scritti agiografi che sono i sapienziali. Poi abbiamo cercato di dire qualche parola sul Pentateuco in maniera più attenta, la così detta Torah. Il Pentateuco, come dicevamo è composto da 5 libri: la Genesi, l’Esodo, il Levitico, i Numeri ed il Deuteronomio e noi ci siamo soffermati per sottolineare che questi libri sono il prodotto di diverse Tradizioni: Jahvista, Eloista, Deuteronomista e la Tradizione Sacerdotale. Mi permetto di insistere su questo punto. Perché? Perché così ci rendiamo conto che la Bibbia non è un libro scritto da un autore. C’erano delle composizioni che provenivano da queste tradizioni e sono poi sono state messe insieme da diversi autori, magari da gruppi: per esempio quando si parla della Tradizione Deuteronomista si tratta evidentemente di gruppi; e così quando si parla della Tradizione Sacerdotale si fa riferimento a gruppi sacerdotali, che erano abbastanza consistenti e forti. Poi ci sono anche dei libri che sono stati scritti di getto. Uno che si mette a leggere il libro di Tobia, si rende conto che è scritto di getto, così quello di Giuditta, quello di Ester e anche quello di Rut. E se uno si mette a leggere con attenzione Genesi, si rende conto che non è stato scritto di getto. E’ una composizione di vari documenti provenienti da diverse tradizioni. Poi ci siamo soffermati a dare uno sguardo ai primi 11 capitoli del libro della Genesi, che sono i capitoli delle origini, e più specificamente - l’ultima volta - abbiamo guardato con attenzione ai primi 3 capitoli che sono: primo, il capitolo della Creazione che risponde alla domanda: che origine ha il mondo in cui viviamo, che vediamo, che sperimentiamo? Risposta della Bibbia, fortissima: il mondo è opera di Dio, è stato creato da Dio, creato dal nulla. E nella descrizione dettagliata si dice che Dio con una parola fece esistere la luce, fece esistere il cielo, la terra, gli abitanti della terra, gli abitanti del cielo. E poi con particolare attenzione fece l’uomo, a sua immagine e somiglianza. Dio creò l’uomo, a immagine di Dio li creò, maschio e femmina lo creò. E con questo c’è la grande risposta a chi è l’uomo.

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Per la Bibbia l’uomo è l’immagine di Dio, si potrebbe dire: la statua di Dio presente nel mondo, creata al di sopra di tutte le cose. Io dico questo a Voi che siete dei cristiani credenti, e di conseguenza dite: si lo so. Ma non so bene se tutti ci rendiamo conto di quale importanza abbia questa risposta rispetto alla domanda: chi è l’uomo? E poi quale portata, quale conseguenza abbia questa risposta nei confronti di tutti i problemi che si pongono per i rapporti tra l’uomo e il mondo, tra le persone tutte. Io credo che questi capitoli sono un’indicazione fondamentale sul piano pratico e sulla teoria della giustizia. Non c’è giustizia se non si accetta questa realtà: che l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, tutti gli uomini, tutte le persone. Di conseguenza sorgono infinite domande e problemi e anche risposte. Stavo dicendo un momento fa, che sul caso Welby potremmo discutere a lungo, ma il problema fondamentale è: io posso chiedere a uno che mi tolga la spina, la vita? Io ne ho il diritto? E quello ha il dovere di dirmi di sì?. Ecco questo per buttare lì semplicemente una domanda che è riferita a situazioni attuali. Non ha mai finito di interrogarsi l’uomo su chi è, sui suoi rapporti, su ciò che più importa in definitiva per l’essere umano, tutti gli esseri umani, a qualunque razza appartengano: sono a immagine e somiglianza di Dio! Però c’è anche il problema del male. Grossissimo problema. Noi abbiamo detto subito che, secondo la risposta della Bibbia, il male non viene da Dio: 2° e 3° capitolo, specialmente nel 3° capitolo della Genesi. Si capisce che il male, la morte, non viene da Dio, è l’uomo che si è condannato con la sua disobbedienza. Questa è la risposta che abbiamo dato l’ultima volta. Però devo aggiungere subito che se le ultime battute del capitolo 3° della Genesi ci fanno capire questo, nell’Antico Testamento le impressioni, gli interrogativi sul problema del male e della morte non sono mai caduti. Interrogativi che continuano, domande che si pongono sempre, e che si pongono fino alla soglia del Nuovo Testamento. Con voi questa sera vorrei affrontare questo problema, soprattutto come viene vissuto e intensamente riproposto in vari testi dell’Antico Testamento. L’altra volta ho letto io la Bibbia ma questa sera ho pensato di fare leggere a voi le letture. Salmo 77 - Meditazione sulle divine meraviglie d’un tempo. 11 versetti. La mia voce sale a Dio e grido aiuto. La mia voce sale a Dio, finché mi ascolti. Nel giorno dell’angoscia io cerco il Signore, nella notte è protesa la mia mano e non si stanca; rifiuta ogni conforto l’anima mia. Penso a Dio e sospiro; rifletto, e viene meno il mio spirito. Tengo aperte le mie palpebre, sono turbato e taccio. Ripenso ai giorni passati, gli anni lontani ricordo. Medito di notte nel mio cuore, rifletto, e il mio spirito indaga: “Forse il Signore rigetta per sempre? Non vorrà forse mostrarsi benevolo? E’ forse venuta meno la sua parola per le generazioni venture? Forse che Dio s’è dimenticato di aver pietà? Oppure ha offuscato nell’ira la sua compassione?” E concludo: “Ecco il mio tormento: che sia mutata la destra dell’Altissimo”.

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Possiamo fermarci qui: la mia voce sale a Dio e grido aiuto, la mia voce sale a Dio finché mi ascolti. Nel giorno dell’angoscia io cerco il Signore: in questa situazione generica di angoscia una sofferenza interiore, una sofferenza personale, ecco questa persona si interroga, forse Dio ci respingerà per sempre, non sarà più benevolo con noi, è forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre, può Dio aver dimenticato la misericordia, aver chiuso nell’ira il suo cuore? Ecco questi sono grossi problemi che il salmista si pone dinnanzi alla sofferenza, dinnanzi alle situazioni di angoscia e conclude: questo è il mio tormento: è mutata la destra dell’Altissimo! Poi racconta tutti i prodigi divini che gli hanno comunicato. Quello che è stato fatto con la liberazione ecc. Però noi siamo nell’angoscia e non abbiamo risposta. La conclusione tormentosa: è mutata la destra dell’ Altissimo? Questo è un salmo, quindi una preghiera. Uno dice nella preghiera: è mutata la destra dell’Altissimo, anche se poi sembra attenuare questa sua affermazione oltre che angosciosa anche tormentosa, perché dice: “questo è il mio tormento”, però ci sono stati tutti questi prodigi, e dopo averli elencati, si ferma, non dà altre risposte, sembra proprio che il suo cuore sia angosciato, tormentato al punto che gli sembra mutata la destra dell’Altissimo. Lui non capisce: se Dio è misericordia, se Dio vuol bene all’uomo, perché ci fa soffrire, perché siamo in tanta angoscia? Questa è l’indicazione di un salmista, un compositore, che di fronte alla realtà del male, del dolore, dell’angoscia dice: ma Dio… Come succede anche a noi tante volte, davanti a certe situazioni: dov’era Dio ad Auschwitz, dov’era Dio quando è successo lo tsunami, ma il Signore è lì? Ecco tutto questo avveniva nell’Antico Testamento. E adesso vorrei con voi fare un’altra piccola riflessione: spesso nell’Antico Testamento quando si parla del male, della sofferenza, si dice che il male e la sofferenza sono il risultato del peccato. Tu sei sconfitto, voi siete deportati, perché avete violato i comandamenti del Signore. Sono soprattutto i Deuteronomisti e quelli della Tradizione Sacerdotale a insistere in questa direzione. Potremmo leggere molti passi e vi faccio leggere solo un passo che troviamo nel 2° Libro delle Cronache, capitolo 36, versetti 11 e seguenti: “Quando divenne re, Sedecia aveva ventun anni; regnò undici anni in Gerusalemme; fece ciò che è male al cospetto del Signore, suo Dio. Non si umiliò davanti al profeta Geremia, interprete del Signore. Osò persino ribellarsi contro il re Nabucodònosor, che gli aveva fatto giurare fedeltà in nome di Dio. Irrigidì la sua cervice e si ostinò nel suo cuore senza far ritorno al Signore, Dio d’Israele. Anche tutti i capi di Giuda, i sacerdoti ed il popolo moltiplicarono le loro infedeltà conformandosi a tutte le abominazioni delle genti e contaminarono il tempio che il Signore si era consacrato in Gerusalemme. Il Signore, Dio dei loro padri, mandò sin dall’inizio e senza posa i suoi messaggeri ad avvertirli, giacchè aveva compassione del suo popolo e della sua dimora, ma essi schernirono i messaggeri di Dio, disprezzarono le loro parole e si burlarono dei suoi profeti, finché la collera del Signore contro il suo popolo raggiunse un punto in cui non c’era più rimedio. Allora il Signore fece marciare contro di loro il re dei Caldei, il quale uccise di spada i loro giovani all’interno del santuario senza avere pietà per i giovani, le vergini, i vecchi e le teste canute. Il Signore consegnò ogni cosa in suo potere. Tutti gli oggetti del tempio di Dio, i grandi e i piccoli, i tesori del tempio del Signore ed i tesori del re e dei suoi principi, tutto fu portato in Babilonia. Il tempio di Dio fu dato alle fiamme, le mura di Gerusalemme furono abbattute, tutti i suoi palazzi furono consumati dal fuoco, tutti i suoi oggetti preziosi furono destinati alla distruzione. Nabucodònosor deportò in Babilonia quelli che erano sopravvissuti alla spada; essi divennero schiavi suoi e dei suoi figli fino all’avvento del regno persiano. Così si compiva la parola del Signore predetta da Geremia: “Finché il paese non abbia scontato i suoi sabati, esso riposerà durante tutto il tempo della desolazione fino al termine di settanta anni”.

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Tutto questo, secondo la corrente Sacerdotale e la corrente Deuteronomista, è avvenuto per non aver osservato i comandamenti, per essersi allontanati da Dio, dalla sua fedeltà. Ci sono molti altri passi che vanno nella stessa direzione: Geremia, Ezechiele. E così nei Libri dei Re, il ritornello: “fece ciò che è male agli occhi del Signore” viene in continuazione. Sono soltanto 8 i re di cui non si dice così, gli altri, una genia, di ribelli! Eppure quello che sembra un pensiero corrente è anche contestato. Il Salmo 44 sembra contraddire questa affermazione – Riportiamo il testo dal versetto 10… C’è però, nella prima parte del salmo, una risposta: a) le grandi opere di Dio a favore del suo popolo; b) il suo amore; c) la pochezza e nullità dell’essere umano; d) la formula dell’alleanza (v. 5). E la seconda parte qui riportata si conclude con una implorazione che attenua la “contestazione”…

Eppure ci hai respinti, coprendoci di vergogna; non esci più in testa alle nostre schiere; ci hai fatti indietreggiare davanti al nemico, e quanti ci odiano si sono caricati di preda. Ci hai resi qual gregge da macello e ci hai dispersi in mezzo alle nazioni. Hai barattato il tuo popolo per nulla e non ti sei arricchito con la sua vendita. Ci hai posto qual ludibrio per i nostri vicini, oggetto di scherno e d’irrisione per quelli che ci circondano. Ci hai resi una favola in mezzo alle nazioni, un motivo per cui si scuote il capo, fra i popoli. Sta la mia vergogna ogni giorno davanti a me e coperto di rossore è il mio volto, all’udire colui che oltraggia ed insulta, alla vista del nemico e del vendicatore. Ci è sopraggiunto tutto questo, ma non ti avevamo dimenticato, né avevamo tradito la tua alleanza. Non s’era volto indietro il nostro cuore, né dalla tua via s’erano sviati i nostri passi. Ci hai colpiti in modo da ridurci A un posto di sciacalli, ed hai disteso su di noi l’ombra della morte. Se avessimo dimenticato il nome del nostro Dio, e le nostre mani avessimo teso verso un dio straniero, non avrebbe forse Dio scoperto tale cosa, dal momento che egli conosce i segreti del cuore?

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Sì, a causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, e siamo trattati come gregge da macello. Dèstati, perché dormi, o Signore? Svégliati, non ci rigettare per sempre. Perché nascondi il tuo volto e non ti curi della nostra miseria ed afflizione? Sì, prostrata nella polvere è l’anima nostra, aderisce fino a terra il nostro ventre. Sorgi in nostro soccorso; riscattaci per la tua misericordia.

Qui c’è una implorazione finale che non è cosa da poco, però sembra, come dicevo all’inizio, una contestazione di quel modo di pensare che il male, la deportazione, la sofferenza sono dovute essenzialmente al fatto che il popolo ha trasgredito il comandamento di Dio. Qui si dice esplicitamente: “tutto questo ci è accaduto e non ti avevamo dimenticato, non avevamo tradito la tua alleanza, non si era volto indietro il nostro cuore, i nostri passi non avevano lasciato il tuo sentiero, ma tu ci hai ridotto a un posto di sciacalli, ci hai avvolti di ombre tenebrose”. Anche nei capitoli che vanno da 35 a 39 del Libro di Giobbe, in argomento, abbiamo sottolineature rilevanti. Leggiamo ora alcuni versetti del capitolo n. 42.

“Allora Giobbe rispose: Signore comprendo che puoi tutto e nessuna cosa è impossibile per te. Chi è colui che senza scienza può oscurare il tuo consiglio, ho esposto dunque senza discernimento cose troppo superiori a me che io non comprendo, ascoltami e io parlerò, io ti interrogherò e tu mi istruisci: io ti conoscevo per sentito dire ma ora i miei occhi di vedono, perciò io mi ricredo e ne provo pentimento su polvere e cenere”. (42, 1-6)

Ecco queste sono le parole di Giobbe dopo tutte quelle contestazioni che abbiamo detto. Comprendo che tu puoi tutto e che nessuna cosa è impossibile per te.

L’affermazione essenziale e fondamentale è questa: “io ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono”. Questa indicazione è veramente grandiosa. La sofferenza attraverso la quale è passato Giobbe, è stata una strada per vedere Dio. Prima ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono. Credo veramente che questa sia la quinta essenza per la riflessione di questo testo. Un testo di una infinità di pagine che meriterebbero tutte di essere lette. Dobbiamo renderci conto di come la gente reagisce alla realtà del male. Giobbe che nonostante il suo soffrire è credente, Dio lo istruisce, Dio gli si manifesta. Poi il Libro di Giobbe si Conclude. Giobbe ha avuto una quantità di figli, 10, ha ancora avuto una quantità di beni, ha avuto ancora 140 anni di vita più di Mosè, lui che era passato attraverso la sofferenza. E’ un trattato e quelli che hanno dibattuto sull’argomento sono arrivati a questa conclusione: il soffrire non è una distruzione, ma conduce a vedere Dio e a renderci conto che il problema del male ci supera, e ci supera largamente. Quasi volevo concludere qui, ma vorrei fare riferimento ad un altro libro ed è al Libro di Qohèlet. Qohèlet è colui che parla nell’assemblea. Qohèlet è un libro non troppo lungo, ma è un libro che se si legge spezza il cuore. Non solo ma è un libro di oscurità, di pessimismo, di forte pathos.

Infatti quando si prende in mano la Bibbia ed si arriva al Libro di Qohèlet, ci si domanda: ma qui c’è qualcosa di strano? di sbagliato? perché in Qohèlet ci sono affermazioni che lasciano

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raggelare il sangue. Per lui il bene e il male hanno lo stesso trattamento. Quando si dice una cosa così, evidentemente si pensa che non c’è nessun senso nella realtà della vita: tutto va, tutto viene, tutto è ripetizione, muore il saggio, muore lo stolto, l’insipiente, l’empio, alla stessa maniera. L’uomo muore come gli animali. Che destino! Sembra non esserci nulla di valore. Non ci si può interrogare sul senso della vita, non ci sono risposte.

Comincia si queste parole: “vanità delle vanità, tutto è inconsistente”. Poi: “tutte le cose sono in travaglio, nessuno può spiegarne il motivo. Anche a me toccherà la sorte dello stolto (2,-15) allo stesso modo muoiono il saggio e lo stolto (2-17); ho preso in odio la mia vita, ho preso in odio il mio lavoro, sono giunto a tutto e di sperare”.

Un’altra cosa ho visto sotto il sole: al posto del diritto c’è l’iniquità, al posto della giustizia c’è l’iniquità. Ne ho concluso che il giusto e l’empio sono sotto il giudizio di Dio, perché c’è un tempo per ogni cosa e un giudizio per ogni azione. Ho pensato fra me a proposito degli uomini: Dio fa questo per provarli e per mostrare che essi, per sé, non sono che bestie. Infatti la sorte degli uomini è la stessa che quella degli animali: come muoiono questi così muoiono quelli. Gli uni e gli altri hanno uno stesso soffio vitale, senza che l’uomo abbia nulla in più rispetto all’animale. Gli uni e gli altri sono vento vano. Gli uni e gli altri vanno verso lo stesso luogo: gli uni e gli altri vengono dalla polvere: gli uni e gli altri tornano alla polvere. Chi lo sa se lo spirito vitale dell’uomo sale in alto e se quello dell’animale scende sottoterra! Così ho compreso che non c’è alcun bene per l’uomo se non che egli goda di quello che fa, perché solo questo gli è concesso. Nessuno infatti lo porterà a vedere ciò che accadrà dopo di lui. (3, 16-22).

Dunque l’unica differenza secondo Qohèlet che sembra esserci tra le bestie e l’uomo è questa: “Chissà se il soffio vitale dell’uomo sale in alto e se quello dell’animale scende sottoterra”. Questo è il libro più pessimista, specialmente di fronte alla realtà della morte, tutto è vanità, tutto è inconsistenza e soprattutto giustizia e malvagità sembrano la stessa cosa. Questo non è un libro tanto recente, ma chi lo ha scritto deve essere vissuto in ambiente che potremmo chiamare tutt’altro che intensamente religioso. E quando però è stata fatta la raccolta della Bibbia (perché si trova questo testo nella Bibbia ebraica, oltre che nella Bibbia cattolica), vuol dire che i raccoglitori di questi testi hanno detto: c’è anche chi pensa in questo modo! Però nonostante tutto Qohèlet non nega Dio. Qohèlet ha questi atteggiamenti ma è un credente, non nega Dio, e alla fine dice che ci sarà pure un giudizio da parte di Dio. Qohèlet è l’appello più forte che si trova tra Antico Testamento e Nuovo Testamento alla realtà di Gesù Cristo. E credo che se noi leggiamo Qohèlet ci rendiamo conto dell’importanza del Nuovo Testamento, specialmente della Risurrezione di Gesù, perché la Risurrezione di Gesù è quella che ha ribaltato tutto, ha voltato la pagina della storia, ma ha voltato anche la pagina di questa gente che pur essendo credente aveva tutti questi interrogativi cui non sapevano dare risposta. Giobbe aveva già intuito qualcosa: “attraverso la sofferenza i miei occhi ti vedono”.

Poi c’è un salmo (73) che dice qualche cosa in proposito! Però è specialmente il Nuovo Testamento, la venuta di Gesù e la sua venuta nella realtà dell’uomo e la sua Risurrezione che ha dato la risposta a tutti questi interrogativi.

Salmo 73 che è già un’apertura a quello che ci insegnerà il Nuovo Testamento.

Di certo, buono è Dio con i retti, il Signore con i puri di cuore. Per poco non inciampavano i miei piedi, per un nulla vacillavano i miei passi: infatti avevo preso ad invidiare i prepotenti ad osservare la prosperità dei malvagi. Per essi non c’è sofferenza, sano e ben nutrito è il loro ventre;

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non si trovano nei travagli dei mortali e non vengono colpiti come tutti gli altri uomini.

Al contrario, quale collana gli circonda l’orgoglio, quale vestito li ricopre la violenza; come da grasso esce la loro iniquità, traboccano i perversi pensieri del loro cuore.

Sogghignano, parlano con malizia, con prepotenza fanno minacce dall’alto; levano la loro bocca fino ai cieli e la loro lingua percorre la terra. Perciò siedono in alto e la piena delle acque non li raggiunge, e dicono: “Che cosa ne sa Dio? C’è forse conoscenza nell’Altissimo?” Ecco chi sono gli empi: eternamente tranquilli, non fanno che crescere la loro potenza. Invano allora ho conservato puro il mio cuore, e nell’innocenza ho lavato le mie mani. Perciò sono rimasto colpito tutto il giorno E castigato ogni mattina. Stavo quasi per dire: “Voglio parlare con loro”. Ma avrei rinnegato così la generazione dei tuoi figli.

Io penso dunque a questo enigma Ma è troppo complicato per i miei occhi. Finché non entrai nel santuario di Dio e compresi qual era la loro fine. Di certo tu li poni su terreno sdrucciolevole e cosi li fai cadere in rovina. Come si sono ridotti in macerie in un istante!

Sono venuti meno, disfatti dal terrore! Come un sogno al risveglio, o Signore, al tuo sorgere fai svanire la loro figura. Si, s’inaspriva il mio cuore, rimanevano trafitti i miei reni, essendo io stolto, ignorante, un vero animale davanti a te.

Eppure io sono sempre con te; tu mi hai preso per la mia destra. Con il tuo consiglio mi guidi, e poi in gloria tu mi prendi. Chi ho io nei cieli? Fuori di te, nessun altro io bramo sulla terra.

Può venir meno la mia carne e anche il mio cuore, roccia del mio cuore e mia porzione è Dio in eterno! Poiché ecco: quelli che s’allontanano da te periscono; tu distruggi chi si mostra a te infedele.

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Quanto a me, il mio bene è star solo vicino a Dio. Nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, perché possa narrare tutte le tue gesta.

Dunque: “Quanto è buono Dio, per poco inciampavo nei miei piedi, riflettevo per comprendere finché non entrai nel santuario di Dio”. Questo apre uno spiraglio molto interessante. Quindi: l’unione con Dio è tutto per lui. Perciò il Nuovo Testamento ci metterà di fronte alla croce, la sofferenza è capace di condurci alla vita eterna. E’ una scelta di fede, mancata in questi giorni nel caso Welby. Ma qual’è allora la causa del male?

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V° SV° SV° SV° SERATAERATAERATAERATA

I° TESTI A COMPRENSIONE

IMPOSSIBILE

Preferivo scrivere “pagine difficili”, invece si sono definite “impossibili”. Queste sono pagine difficili, anche se non incomprensibili, di non facile lettura. Faccio innanzitutto gli auguri di buon anno! Ho fatto una promessa per il nuovo anno a me stesso, di essere un po’ più breve, visto il suggerimento popolare. Perciò sarò più breve. Però come sempre, ci tengo che dopo il mio discorso ci siano interventi da parte vostra, perché ci possa essere un dialogo anche su argomenti non solo strettamente pertinenti all’argomento trattato, così l’incontro diventa un dialogo formativo e informativo per voi, per me. Dunque, ciò che noi abbiamo letto fino adesso sono stati soprattutto i primi capitoli del Libro della Genesi.

Ho cercato di presentare un orizzonte ampio, soprattutto con i primi capitoli del Libro della Genesi perché sono i più citati, anche nelle scuole, e credo che voi vi siate resi conto che con una facilità enorme si dice: l’uomo deriva dalla scimmia. Evidentemente il discorso dei primi capitoli della Genesi non ha un riferimento a questi problemi, ma ad altri problemi e più precisamente abbiamo cercato di mettere in evidenza che il grosso problema che i primi capitoli della Bibbia si pongono è: l’origine dell’universo, l’origine dell’uomo, perché la morte, perché il male.

Sono questi gli interrogativi di sempre, che quei capitoli si pongono e sinteticamente abbiamo cercato di dire ciò che rispondono: Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. Quindi il discorso sull’evoluzionismo, non c’è lì, non era un problema. Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, l’essere umano è nel mondo l’immagine di Dio e questo, mi si lasci dire, nel contesto socio-culturale del tempo è una affermazione strabiliante, perché in nessuna religione, in nessun scritto, in nessun poema antico è detta una verità così. E questo a volerci pensare un istante dice che la Bibbia non è un libretto qualunque! Un’intuizione di questo tipo, che l’essere umano, nell’ambito dell’universo ordinato rappresenta il vertice perché è fatto a immagine e somiglianza di Dio, apre un orizzonte, sconfinato, una speranza grande.

Questa è una luce, e sarà per tutti i secoli una grandissima luce. Però nel porsi il grosso problema del male e della morte il 3° capitolo del Libro della Genesi dice che il male e la morte sono frutto della disobbedienza umana.

La disobbedienza umana è tanto importante perché l’essere umano è dotato di libertà e proprio perché è dotato di libertà il disobbedire a Dio è qualche cosa di “straordinariamente grande”. La libertà fa dell’essere umano una realtà grande, perché nessun essere in questo mondo è dotato di libertà. Quindi la disobbedienza dell’essere umano a Dio, quella disobbedienza che è presentata sotto quei segni difficili per la comprensione, deve essere interpretata e compresa.

Il serpente. Perché il serpente?

Suppongo, ipotizzo, dopo aver cercato di studiare un po’, dopo aver cercato di leggere, perché il serpente era ritenuto la bestia più astuta. Perché una bestia? Perché si vuol ridurre l’essere umano al livello bestiale.

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Quando l’uomo si allontana da Dio rischia di diventare un essere bestiale.

Questa sera mi si sono rizzati i capelli alla notizia di quelle persone che hanno ucciso i vicini a Erba. Mi sarei voluto trasferire a Erba e domandare a quelle persone: ma avete pensato per un momento alla realtà di Dio. L’essere umano quando si allontana da Dio, dalla sua luce, si allontana anche dalla razionalità e se si allontana dalla razionalità diventa un essere bestiale, a volte peggio delle bestie. Mi è piaciuto quello che ha detto il papà: dove andiamo a finire con l’odio? E’ un ragionamento oltre che religioso anche – ripeto - razionale. Perché l’odio dove ti porta? Dicevo il problema più grosso è quello del male e la risposta del 3° capitolo della Genesi è che il male non è, come la morte, voluto da Dio. Ma il male e la morte sono un prodotto della

libertà dell’uomo che sceglie in maniera spaventosamente disumana e irrazionale! Credo che noi dopo tanti secoli di storia siamo in grado di dire che questa affermazione fatta 3000 anni or sono, è veramente una risposta di grande sapienza anche se i particolari sono datati. Il serpente, l’albero della vita… Ma perché l’albero? perché l’essere umano è in stretto contatto con la vita che viene dalle profonde radici della realtà, e così l’albero della conoscenza del bene e del male. Si fa riferimento alle radici profonde dell’essere umano, ma non solo dell’essere umano, a tutta la realtà.

E’ chiaro: la morte non riguarda solo l’essere umano, come la vita non riguarda solo l’essere umano, ma riguarda tutta la realtà. E poi l’uso del simbolo dell’albero della vita non è soltanto della Bibbia, è anche diffuso in altre composizioni contemporaneamente. Altri scritti hanno anch’essi questo riferimento all’albero della vita, e se si trova potrebbe dare all’essere umano una vita nuova. L’ultima volta ho cercato di fare una specie di excursus in molte pagine della Sacra Scrittura. L’Antico Testamento continua a interrogarsi sulla realtà del male. Non finisce mai di interrogarsi. Dopo questa risposta che viene dal capitolo 3° della Genesi: il male, la morte, vengono dalla scelta dell’essere umano e non da Dio, l’Antico Testamento si pone sempre il problema delle sofferenze, delle guerre, delle lotte, degli scontri, e poi della deportazione. Specialmente la deportazione, per Israele, è stato uno dei fenomeni più terribili. Abbiamo cercato di presentare alcuni passi di due concezioni opposte: quella di Qohèlet, quella di Giobbe. L’Antico Testamento contiene questi due libri stimolanti, interessantissimi. Il Libro di Qohèlet: “vanità delle vanità”, tutto è un soffio. In queste parole c’è l’idea che niente ha senso, tutto è un soffio! Noi traduciamo, vanità delle vanità, ma sarebbe meglio tradurre soffio, tutto è un soffio. In realtà è così. Tutto è un soffio. Quando ero un ragazzo, andavo volentieri in montagna. Sono andato anche in cima al Cervino. Poi ho fatto il parroco a S. Bernardo, andavo sulle cime dei monti, vicino al Gran S. Bernardo e ogni anno andavo sulle cime e mi piaceva guardare la erosione che era intervenuta da un anno all’altro. Una piccola cosa, ma mi dicevo: guarda, anche le montagne soffrono di erosione, le montagne che sembrano delle realtà indistruttibili, anche queste... Tutto è un soffio specialmente per Qohèlet. L’essere umano è un soffio che soffre di una contraddizione terribile, perché ha il concetto di eternità e lui non riesce a trovare un qualcosa che possa essere eterno, salvo Dio. E poi il grosso interrogativo. L’essere umano è un soffio. Anche lui, è come gli animali? chissà se il soffio dell’essere umano quando muore va verso l’alto? e quello delle bestie va verso il basso? Qohèlet continua a porsi questo interrogativo: tutto è inconsistente, niente è forte? Giobbe invece ha una visione differente. Per Giobbe la sofferenza, il

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dolore è via alla conoscenza di Dio. Il capitolo 42 contiene l’affermazione strepitosa: “prima ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono”. Giobbe ha sofferto moltissimo, si è interrogato, ha posto una infinità di problemi, e la conclusione che tira è appunto questa che abbiamo detto. Attraverso la sofferenza, uno che crede in Dio si abbandona a lui. E Dio poi lo strattona e gli dice: ma tu che sai con la tua piccola mente? Giobbe dopo che Dio lo ha interpellato così, dice: mi abbandono a te, prima ti conoscevo per sentito dire ora i miei occhi ti vedono.

Quindi di fronte a queste pagine, specialmente del Libro di Qohèlet ed anche del Libro di Giobbe, che sembrano presentare tutti gli interrogativi che sono nell’essere umano, interrogativi a volte senza risposta, pagine che sembrano molto difficili, in realtà esse danno un barlume di luce che non è cosa da poco. “Ora i miei occhi ti vedono”.

Questa sera vorrei fare con voi un passo nel Nuovo Testamento per vedere la sua risposta. Perché la Bibbia è proiettata verso il Nuovo Testamento. Cominciamo pero col dire in modo molto semplice con qualche battuta con quello che già si era intravisto nell’Antico Testamento con l’ultimo libro, che è il Libro della Sapienza. Il Libro della Sapienza è stato scritto una trentina di anni prima della venuta di Gesù. E’ un libro che viene da Alessandria d’Egitto, è stato scritto lì, in greco e quindi fa parte della cultura greca.

Nel Libro della Sapienza ci sono alcune battute interessanti: capitolo 1°: “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi, egli infatti ha creato tutto per l’esistenza. Le creature del mondo sono sane, in esse non c’è veleno di morte e gli inferi non possono dominare la terra, perché la giustizia è immortale” (1, 13-15). Dunque Dio non ha creato il male. Questo lo sapevamo già dal Libro della Genesi, ma il sapiente fornisce una prospettiva luminosa. Se tu pensi alla giustizia ti rendi conto che la giustizia è immortale. E se la giustizia è immortale allora gli inferi, cioè la morte, non si può dire il dominatore assoluto del mondo, come pensava Qohèlet.

Infatti ciò che è giustizia, è giustizia oggi, domani, sempre è giustizia! Naturalmente non la giustizia degli uomini con le loro leggi, ma la giustizia in sé! E questa è una delle battute abbastanza interessanti. Poi al capitolo 2° del Libro della Sapienza, il versetto 23 ci dice: “Dio ha creato l’uomo per l’immortalità, lo fece a immagine della propria natura”. E questa è una dottrina tradizionale. Ma quello che segue è molto interessante: “la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo”. Quindi perché la morte, perché il male? Per invidia del diavolo. Qui si può dire che abbiamo un barlume notevole. Si riprende quell’idea che era nei capitoli 2° e 3° della Genesi: la tentazione del diavolo, di satana, del serpente. Ecco: la morte è entrata nel mondo e ha colpito l’uomo per invidia del diavolo. E qui sorge un altro problema: il diavolo da dove arriva? Nuovo Testamento. Capitolo 12 del Libro dell’Apocalisse

LA DONNA E IL DRAGONE –

“E un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo: era incinta e gridava in preda alle doglie e al travaglio del parto. E un altro segno apparve nel cielo; ecco: un grosso dragone, rosso-vivo, con sette teste e dieci corna. Sulle teste vi erano sette diademi; la sua coda si trascinava dietro la terza parte degli astri del cielo e li precipitava sulla terra. Il dragone si pose di fronte alla donna che era sul punto di partorire, per divorare il bimbo appena fosse nato. Ella quindi diede alla luce un figlio, un maschio, quello che era destinato a governare tutte le nazioni con verga di ferro. Subito fu rapito il figlio di lei verso Dio, verso il trono di lui; mentre la donna riparò nel deserto, dove ha un luogo preparato da Dio per esservi nutrita per lo spazio di 1260 giorni”. (Ap. 12, 1-6)

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Questa è la Madonna! Perché grida per il travaglio del parto? La Madonna è vergine anche durante il parto, e quindi se è vergine non grida per le doglie e per il travaglio del parto. Facciamo un’osservazione: il Libro dell’Apocalisse è piuttosto difficile, ma anche un libro estremamente stimolante. La donna si riferisce alla Madonna e anche alla Chiesa. Non per niente la Madonna si dice Madre della Chiesa. La Chiesa grida per il travaglio del parto, perché la Chiesa è perseguitata, perché la Chiesa è sofferente, perché la Chiesa spesso nei suoi membri è tutt’altro che splendente di sole. Ecco l’Apocalisse mette d’innanzi a noi 2 immagini: la 1° quella stupenda della donna vestita di sole con una corona di 12 stelle e la luna sotto i piedi, e la 2° immagine che viene subito dopo. E poi ne segue un’altra quella del drago. Questa pagina è si difficile ma molto interessante: il drago rosso! Drago rosso, viene identificato al versetto 9, è il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo, è satana. Il Libro della Sapienza ha detto che la morte e il male sono stati introdotti nel mondo per invidia del diavolo e qui si dice chi è questo diavolo: il drago rosso! Notare bene aveva 7 teste e 10 corna: sono i simboli del potere perché le corna nell’Apocalisse sono i simboli del potere. E ha 10 corna su 7 teste, perciò è un potere che si dilata, che intacca tutta la realtà, è un potere malefico. Questo drago si pone davanti alla donna, che ha un bambino e questo bambino, è destinato a governare tutte le nazioni. Ecco: qui l’immagine della Madonna si sovrappone all’immagine della Chiesa. La Madonna che partorisce un figlio maschio che è destinato a governare tutte le nazioni con verga di ferro: evidentemente il Messia, Gesù Cristo. Questo bambino appena nato viene rapito verso Dio, vale a dire: il potere demoniaco non lo sfiora. La donna invece che fugge nel deserto, è la Chiesa che va nel deserto del mondo. Questi 2 elementi: la Madonna e la Chiesa si sovrappongono, si intersecano, si ritrovano, perché Dio aveva preparato per lei un rifugio dove poteva essere nutrita per 1260 giorni, cioè 3 anni e mezzo, quindi un tempo limitato, perché il tempo pieno è 7 anni. Il diavolo trascina giù con la coda 1/3 delle stelle del cielo, un’enorme quantità di stelle, però un numero limitato. Pagina difficile però se si entra con i dovuti schemi, si riesce a capire.

GUERRA IN CIELO –

“E vi fu guerra in cielo: Michele con i suoi angeli ingaggiò battaglia con il dragone; e questo combatté insieme ai suoi angeli; ma non prevalsero: il loro posto non si trovò più nel cielo. Fu infatti scacciato il grande dragone, il serpente antico, quello che è chiamato diavolo e satana, colui che inganna tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Udii allora nel cielo una grande voce che diceva": “Ora si è attuata la salvezza, la potenza e la regalità del nostro Dio e il potere del suo Cristo, dal momento che è stato scacciato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che giorno e notte li accusava davanti al nostro Dio. Ma essi lo hanno vinto mediante il sangue dell’Agnello e per la parola da loro testimoniata; non amando la loro vita fino alla morte! Per questo rallegratevi, o cieli, e voi che in essi dimorate. Guai alla terra e al mare, ché il diavolo a voi è disceso: un’ira veemente ha nel cuore, perché sa che breve è il suo tempo”. (Ap 12, 7-12)

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Qui c’è una risposta all’interrogativo: da dove viene il male? Dall’invidia del diavolo. Il diavolo, secondo l’indicazione di questo capitolo del Libro dell’Apocalisse, è il risultato di uno scontro avvenuto in cielo, fra angeli capitanati da Michele e quelli che hanno disobbedito a Dio, infedeli, che sono precipitati sulla terra. Ora risentiamo questo inno di lode. Satana è stato precipitato! L’accusatore-tentatore, quindi non ha più un potere forte, i fedeli lo possono vincere attraverso il sangue dell’Agnello, la passione di Cristo. Satana ha ancora potere, ma non tanto forte. I perseguitati hanno vinto attraverso il sangue dell’Agnello, ma hanno avuto anche il coraggio di dare la loro vita. I martiri. Però attenzione satana sembra essere scatenato perché sa che gli rimane poco tempo. Il che significa, nel linguaggio dell’Apocalisse, non un tempo infinito che lui pensava di poter avere. La misura di questo tempo evidentemente è una misura simbolica, i suoi tempi sono limitati. Dunque secondo questo capitolo il male proviene da satana, ma satana è limitato, è precipitato, può essere vinto soprattutto attraverso il sangue dell’Agnello. Abbiamo anche delle persone che hanno il coraggio di dare la vita per vincere satana, nel momento più difficile delle persecuzioni. Continuiamo la lettura.

GUERRA SULLA TERRA –

“Il dragone vistosi scaraventato sulla terra, s’accinse a perseguitare la donna, quella che aveva dato alla luce il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, con cui poter volare nel deserto, nel suo luogo, dove è nutrita per un tempo, due tempi e la metà d’un tempo, al riparo degli attacchi del serpente. Allora questo vomitò dalla sua bocca un fiume di acqua gettandola contro la donna per sommergerla; ma ad essa venne in soccorso la terra che aprì la sua bocca e assorbì il fiume che il dragone aveva emesso dalla sua bocca. Allora questo si adirò maggiormente contro la donna e si mise a far guerra contro i rimanenti della discendenza di lei, quelli che osservano i comandamenti di Dio e posseggono la testimonianza di Gesù. Si pose sulla spiaggia del mare”. (Ap 12,13-18)

Quando il drago è precipitato sulla terra si avventa sulla donna e tenta di distruggerla e vincerla, la Chiesa e la Madonna si intersecano ancora. Furono date alla donna le ali della grande aquila: il sostegno della potenza divina; per volare nel deserto: il deserto di morte? è il deserto di rifugio, preparato per lei per essere nutrita e quindi non destinata alla morte per un tempo, 2 tempi la metà di un tempo, perciò 3 tempi e mezzo, per dire che siamo ancora nel tempo limitato, non è ancora il tempo definitivo e eterno. Si poteva esprimere il tutto in modo più semplice. Ma non sarebbe scritto nel Libro dell’Apocalisse. Questo genere letterario richiede questo linguaggio. L’Apocalisse è un genere letterario per discutere delle cose difficili, delle cose nascoste che hanno anche un valore attuale nel tempo presente. Allora questo vomitò… La terra, la realtà creata non è in contrasto con la realtà ecclesiale, tantè che la terra viene in aiuto alla donna. Noi pensiamo che la realtà terrena sia tutt’altro che favorevole allo spirito, alla vita eterna. Non è così, può essere favorevole, perché la terra mantiene pur sempre il segno della creazione divina. Non per niente S. Paolo nel capitolo 8° nella lettera ai Romani dice che tutta la creazione è in attesa della Resurrezione dei figli di Dio, perché la Resurrezione riguarda l’anima e il corpo.

Allora questo si adirò… Il drago, il diavolo, il serpente antico si infuriò contro la donna, la Chiesa. In realtà questa furia come si manifesta? “Se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza”. La parola resto fa venire alla mente soprattutto quanto nell’Antico Testamento si diceva dei salvati, degli aderenti alla legge di Dio. “Il resto”, è un riferimento a coloro che non si sono allontanati da Dio. Qui si parla della guerra contro “il resto” della sua discendenza cioè i dei cristiani. Il grosso problema del male è dunque la battaglia contro il demonio, battaglia di un tempo determinato, che può essere vinta con la potenza della Croce di Cristo, Croce che conduce alla Resurrezione. La potenza di Cristo si manifesta essenzialmente attraverso la sua Croce che va verso la Resurrezione. Non dimentichiamo: la Croce non può essere separata dalla

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Resurrezione così come la Resurrezione non può mai essere staccata dalla Croce. Se non c’è la morte non c’è la Resurrezione, la Resurrezione suppone la morte, ma una morte che è Resurrezione. Questa è la visione cristiana. Capitoli 20 e 21 dell’Apocalisse dovete leggerli voi perché il tempo è passato. Dicono la sconfitta definitiva del male, la vittoria ultima sulla morte con le nozze eterne, con la grande città salvata, la Gerusalemme che discende dal cielo come una sposa adorna e il suo sposo: l’Agnello immolato.

Questo è un altro dei testi più stimolanti.

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VVVVIIII° S° S° S° SERATAERATAERATAERATA

II° TESTI A COMPRENSIONE

IMPOSSIBILE

Pagine difficili? L’insieme dell’Antico Testamento e del Nuovo Testamento è molto chiaro! E’ un disegno di Dio che ha al centro Gesù Cristo, Verbo incarnato, figlio di Dio, salvatore del mondo, amante dell’umanità e di tutta la realtà. Questo disegno è chiaro anche se si è venuto scoprendo non immediatamente, anche attraverso le difficoltà. Se noi leggiamo la Lettera agli Efesini di S. Paolo, questo disegno è messo davanti a noi con grande forza e con grande lucidità: “Benedetto sia Dio Padre del Signore nostro Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo, Egli ci elesse in Lui prima della creazione del mondo, perché fossimo santi e immacolati davanti a Lui nella carità”. Questo è il succo di tutto il discorso biblico, che ha naturalmente Gesù Cristo al centro e in Cristo coloro che vogliono aderire a Lui. Allora le pagine difficili? Vorrei dire che le tappe di questo disegno sono abbastanza evidenti e chiare. La prima quella della Creazione che abbiamo diffusamente trattato, la Creazione con il peccato, il delitto e il castigo, al delitto che si espande fino al diluvio. Però anche con il diluvio Dio salva l’umanità: Noè con la sua famiglia. Poi il peccato riprende ancora forza fino alla Torre di Babele. A questo punto c’è una specie di cesura. Dopo la Torre di Babele, sembra quasi che Dio intraprenda un’altra strategia. Sembra non aver più attenzione all’insieme, ma ad una persona: Abramo. Dopo il discorso sulla Torre di Babele, la sua attenzione è ad Abramo, ma non è a scapito di tutta l’umanità, tantè che Dio dice chiaramente ad Abramo: “in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra”; Questo è il proclama del Libro della Genesi al cap. 12. Vocazione di Abramo – Il Signore disse ad Abram: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti mostrerò, cosicché faccia di te una grande nazione e ti benedica e faccia grande il tuo nome, e tu possa essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te acquisteranno benedizione tutte le tribù della terra”. Il resto del racconto biblico sviluppa appunto questa attenzione al grande popolo. E il grande popolo si fa nella maniera più singolare. In Egitto per esempio. In Egitto scende la famiglia di Giacobbe e lì questa famiglia diventa un popolo. Poi va nel deserto per 40 anni. Se in Egitto è diventato un popolo numeroso nel deserto questo popolo si fa unito. Unito intorno a che cosa? a chi? Unito intorno al grande evento del Sinai con Mosè che si fa intermediario e che riceve da Dio la Legge, la Torah! La Torah sarà lo strumento che farà di questo popolo numeroso un popolo unito. L’identità specifica sarà data dalla Torah, dalla Legge. Ci sarà, dopo questi grandi personaggi Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, un altro grande personaggio che darà a questo popolo anche una struttura politica: Davide. Nella storia di Davide c’è un momento particolarissimo. Quando vorrebbe costruire il tempio. Egli dice al profeta Natan la sua volontà di

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costruire un tempio a Dio. Dice: “io abito in una casa di cedro e Dio abita sotto una tenda”, la tenda che conteneva l’Arca dell’Alleanza. E Natan gli dice si, va! Poi Natan si corregge e dice no, tu non puoi costruire il tempio. Il Libro di Samuele dice questo e specialmente il Libro delle Cronache ne sviluppa il senso. Tu hai versato troppo sangue, hai fatto troppe guerre. Tuo figlio costruirà il tempio. Ma Dio fa una promessa a Davide attraverso il profeta Natan: io costruirò a te una casa, non tu a me. Io, che sono il tuo Dio, costruirò a te una casa, una casa che durerà in eterno! E questa promessa-alleanza, come quella che è stata fatta a Mosè, alimenterà la speranza messianica. La promessa-alleanza fatta a Davide circa 980 anni prima di Cristo. Seguiranno molte vicende strane, che hanno questi momenti: Primo momento. Nel 930 a.c. il regno che Davide aveva costruito così forte, così ampio e Salomone aveva tenuto in pugno, si divide in due tronconi: Regno del nord con capitale Samaria e Regno del sud con capitale Gerusalemme. Secondo momento: Nel 721 Sargon di Siria, conquista Samaria e deporta la gente del Nord. Quando avveniva la deportazione di solito un popolo veniva cancellato, e prima della deportazione avvenivano eccidi spaventosi che neanche immaginiamo. Terzo momento: Il Regno del Sud continua fino al 586. Nel 598 c’è una prima deportazione da parte di Nabucodonosor, imperatore babilonese e poi Sedecia che era stato messo a regnare da Nabucodonosor a Gerusalemme, si ribella. Siamo alla distruzione di Gerusalemme 586 a.C. con la deportazione. Sembra ormai tutto finito. Invece no! Nel 538 a.C. Ciro, imperatore persiano, da la possibilità di ritornare, di ricostruire il tempio. Si ricostruisce Gerusalemme, si ricostruisce questo popolo che durante la deportazione aveva sempre avuto con sé la Torah, (la Legge) e quindi aveva sempre avuto la sua propria identità con un personaggio particolare: Ezechiele. Ezechiele è il profeta dei deportati. Ritornano, ricostruiscono. Anche se non avranno più la propria struttura politica regale. Però possono continuare a vivere nella loro terra; continueranno, gli Ebrei, fino al 70 d.C., quando Tito Vespasiano annulla un’altra volta Gerusalemme, anche se non del tutto. Specialmente nelle zone vicine, confinanti, il popolo ebraico avrà vita. Sarà nel 125, ai tempi dell’imperatore Adriano che si verificherà la dispersione, la diaspora più estesa. Ecco per sommi capi la storia dell’Antico Testamento. Prima di questa ultima dispersione c’è stato un fatto di alto interesse. I rabbini dopo la distruzione di Gerusalemme del 70, quelli che erano rimasti e che si ritrovano verso le zone del Nord, (verso l’attuale Siria), compongono il cosiddetto canone o elenco ufficiale dell’Antico Testamento. Questo canone, o elenco ufficiale dell’Antico Testamento, passerà alla storia, passerà anche alla Chiesa la quale accetterà questo canone fatto dai rabbini, dai maestri, dai dottori della legge, seppure con qualche differenza. Anche fra di loro non c’era una unità piena, perfetta. Alcuni testi non erano accettati da tutti. Altri rabbini avevano fatto un diverso elenco ed erano stati accettati altri testi sacri. Questa sera l’attenzione è alle pagine difficili. Le pagine difficili sono tante ed io ho scelto di leggerne con voi tre: - 1° la così detta legge del taglione - 2° la legge dello sterminio e, - 3° solo accennata, la legge delle purità legali.

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Sono tre problemi che fanno capire come Gesù Cristo sia veramente un rivoluzionario, perché lui ha abolito la legge del taglione, e sulla legge dello sterminio neanche è intervenuto, ma ha introdotto un principio che nessuno poteva immaginare, vale a dire la separazione netta tra potere dello stato e potere religioso. Poi l’abolizione della legge delle purità legali, che lo ha fatto apparire subito come uno da spedire sulla Croce. Gesù Cristo è stato mandato sulla Croce perché lui si dichiarava figlio di Dio. Questo lo dice in maniera particolare il Vangelo di Giovanni. Ma negli altri Vangeli, specialmente nel Vangelo di Marco, si vede che la polemica dei Sadducei, degli Scribi, dei Farisei nei suoi confronti è dovuta proprio alle sue dichiarazioni sulle purità. Mi interessava fare questa inquadratura perché da una parte ci aiuta ad accogliere certe battute dell’Antico Testamento, che sembrano proprio inaccettabili, dall’altra ci aiuta a capire meglio la figura di Gesù e perché quasi subito decisero di farlo morire.

Dunque per quanto riguarda la legge del taglione, tutti la conosciamo! E’ riportata nel Vangelo: “è stato detto agli antichi: occhio per occhio, dente per dente, ma io vi dico”… La legge del taglione ha una influenza molto forte nell’Antico Testamento, è uno dei punti che reggono le leggi civili.

Leggiamo sul Libro dell’Esodo – Reati contro persone – “Se due uomini litigano o urtano una donna incinta così da farla abortire, ma non ci sia danno, ci sarà un risarcimento, come lo imporrà il marito della donna e si darà attraverso i giudici. Ma se ci sarà danno, allora pagherai, vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, piaga per piaga”. (Es. 21, 22-25).

Ecco questa è un po’ la sintesi del rapporto che potremmo chiamare giuridico-penale. Le stesse parole si trovano, nel Levitico, e anche nel Deuteronomio: quindi una delle strutture base della legislazione. Ma questo viene applicato anche in termini più ampi e persino crudeli. Se leggiamo il Salmo 137, un salmo dei deportati troviamo:

“Lungo i fiumi di Babilonia, sedevamo in pianto, ricordandoci di Sion. Sospese ai pioppi di quella terra, tenevamo le nostre cetre. Sì, là ci chiesero parole di canto quelli che ci avevano deportati, canzoni di giubilo quelli che ci tenevano oppressi: “Cantateci dei canti di Sion”. Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Ricordati, Signore, contro i figli di Edom, che nel giorno di Gerusalemme dicevano: “Livellate, livellate, fin dalle fondamenta!”. Figlia di Babilonia, votata alla distruzione: beato chi ti ricambierà quanto hai fatto a noi! Beato chi prenderà i tuoi pargoli e li sbatterà contro la roccia!” Il fatto: questa gente deportata era stata capace di vivere ancora in nuclei, il che aveva dato loro una possibilità non da poco: di far emergere le proprie capacità liriche “cantateci i canti di Sion”. E la risposta era questa: “come cantare i canti del Signore in terra straniera?”.

Avveniva così quando c’era la deportazione: i bambini venivano sfracellati contro le pietre, al suolo. Era avvenuto per Gerusalemme ai tempi di Nabucodonosor (586 a.C.). Allora ci chiediamo, la legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente, bambino per bambino, sfracello per sfracello, sfracellare i bambini sulle rocce? Non sono pagine difficili queste? La legge del taglione, come la pronunciamo solitamente, in termini giudico-legali è ancora in atto nelle leggi statali. A

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volte si dice che la legge del taglione finalmente è abolita….. Per niente. Non è abolita. Perché in tutte le legislazioni dello stato è ancora applicata. Se tu rubi 3 vai in prigione per 3, se tu rubi 5 vai in prigione per 5, se tu rubi 100 vai in prigione per 100, se tu rubi un milione non vai in prigione…. Se io ammazzo qualcuno adesso non mi ammazzano, fino a 60 anni fa, prima della Costituzione noi avevamo la pena di morte. In molti stati anche adesso c’è ancora la pena di morte. Quindi la legge del taglione non ha più quella proporzione rigorosa come si dice in questi testi anche se è rimasta come un principio: a un delitto corrisponde una pena, la pena è grave quando è grave il delitto. Ora facciamo un balzo: ma perché Gesù Cristo ha insegnato: “è stato detto agli antichi occhio per occhio, dente per dente, ma io vi dico... di non resistere al malvagio; anzi, se uno ti colpisce alla guancia destra, volgigli anche la sinistra. A uno che vuol trascinarti in giudizio per prendersi la tunica, dagli anche il mantello; se uno ti vuol costringere per un miglio, va con lui per due. A chi ti chiede, dà; se uno ti chiede un prestito, non volgergli le spalle”. (Mtt 5, 38-42).

Ecco un’altra pagina difficile. Se non mi oppongo al malvagio, il malvagio avrà sempre più spazio. Io vi fornisco una interpretazione. Penso che l’Antico Testamento aveva quel principio giuridico che ancora è accettato in tutte le legislazioni penali: cioè al delitto deve corrispondere la pena, ci deve essere una proporzione della pena al delitto, e naturalmente, la funzione della pena non è soltanto quella di castigare. Si è capito che la pena ha anche un’altra funzione, quella cioè di garantire la società, di garantire il gruppo sociale. Quando il gruppo sociale può essere garantito senza una pena estrema, logica vuole che la pena non debba essere estrema. Perché le legislazioni moderne sono andate verso l’abolizione della pena di morte, per quale motivo? Perché appunto si è compreso che la pena estrema, la pena di morte, non è così efficace per garantire da altri interventi delittuosi. Di fatto la pena di morte può anche essere sostituita con altre pene: quasi dappertutto è stata sostituita dall’ergastolo. E le legislazioni più evolute hanno capito che attraverso la pena si può rieducare. Nel tempo di sconto della pena, si può tentare di rieducare il colpevole.

In questa prospettiva la pena non è soltanto pena, il tempo della pena può diventare anche un tempo di rieducazione. La Chiesa ha sempre accettato che lo Stato dovesse avere il “potere” di infliggere le pene e in certi casi anche la pena di morte. La Chiesa suggerisce che nel periodo in cui il soggetto sconta la pena possa essere rieducato, possa essere – reso - capace di un ravvedimento. Questo perché la parola del Vangelo ha cercato di mettere in evidenza che: “occhio per occhio, dente per dente”, alla fin fine, non produce alcun bene.

“Io vi dico di non opporvi al malvagio, anzi se uno ti percuote sulla guancia tu porgigli anche l’altra”. Vale a dire se tu a una pena e un delitto non fai altro che contrapporre una pena cosa poni di nuovo, di salvifico? Il Vangelo è molto intelligente. Si vede benissimo questo aspetto se noi osserviamo con attenzione. Il Vangelo qui usa i verbi al singolare. Tu! Se ti percuote uno sulla guancia destra porgigli anche l’altra. A chi ti vuol chiamare in giustizia per toglierti la tunica tu lascia anche il mantello. Se avesse voluto fare un discorso generale, statuale, avrebbe usato non il singolare ma il plurale, per cui si capisce anche da questa sottigliezza, ma non è tanto una sottigliezza, che si vuole inserire in questa situazione, delitto-pena, qualche cosa di nuovo, di diverso, che sia veramente salvifico. E da che parte può venire? Può venire soltanto da chi ha assunto in pienezza, (non certo dallo Stato), il vigore e la forza redentivi della Parola di Dio. Quindi non è che lo Stato non debba opporsi al malvagio, non è che lo Stato non debba fare leggi penali: tu se vuoi essere veramente di Cristo, supera questa concezione: delitto-pena, introduci qualcosa di nuovo nel rapporto così delicato e difficile: delitto-pena. Questa è una mia interpretazione!

----------------- ooo ----------------- Legislazione sullo sterminio

Leggo soltanto alcune battute perché sarebbero tante le pagine dell’Antico Testamento. Questa pagina che leggo è tratta dal Libro del Deuteronomio capitolo 7:

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“Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nella terra dove vai, per conquistarla, cadranno innanzi a te molte nazioni: gli Hittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei, gli Gebusei, sette nazioni più numerose e più forti di te. Il Signore te le metterà davanti; tu le batterai e le voterai allo sterminio. Non stringerai nessun patto con esse, né avrai misericordia di loro. Con esse non contrarrai matrimonio; non darai tua figlia a un loro figlio, né prenderai una loro figlia per tuo figlio”. (7, 1-3)

Questa è una delle pagine più difficili. Ce ne sono anche altre dello stesso tono. Allora cosa diciamo, cosa facciamo, questa è Parola di Dio? può Dio aver preteso di offrire a sè, perché fare sterminio significa offrire a Dio tutto quello che c’è: gli animali da offrire a Dio, i sacrifici ecc. Qui si deve fare un’osservazione: quello detto prima: figlia di Babilonia, che il Signore faccia a te quello che tu ha fatto a noi è una legge comune di tutti i popoli. Non solo: c’è anche nel testo del Deuteronomio subito dopo una motivazione:

“Poiché tuo figlio si allontanerebbe da me e servirebbe altri dei, e l’ira del Signore si accenderebbe contro di voi e vi sterminerebbe presto. Voi invece agirete così: demolirete i loro altari, spezzerete le loro stele, taglierete i loro pali sacri e brucerete i loro idoli nel fuoco”. (7, 4)

Questa è una motivazione subito citata. In altre pagine del Deuteronomio si dice anche che quando in Israele, una città o un villaggio dovesse diventare idolatra, doveva essere votato allo sterminio tutto il villaggio o tutta la città.

A proposito di tutto questo, nel Libro della Sapienza, c’è un testo che si deve leggere: Sap. 12,3-8 “Tu odiavi gli antichi abitanti della terra santa, perché compivano delitti ripugnanti,

pratiche di magia e riti sacrileghi. Questi spietati uccisori dei loro figli, divoratori di visceri in banchetti di carne umana, iniziati in orgiastici riti, genitori carnefici di vite indifese, tu li hai voluti distruggere per mano dei nostri antenati, perché ricevesse una degna colonia di figli di Dio la regione da te stimata più di ogni altra. Ma anche con loro, perché uomini, fosti indulgente, mandando loro le vespe come avanguardie del tuo esercito, perché li distruggesse a poco a poco”.

E dunque una spiegazione. Ma a proposito nel libro della Sapienza si fa una premessa: (Sap.. 11,21 – 12,2)

“Signore poiché la tua straordinaria potenza è sempre con te, chi potrà resistere alla forza del tuo braccio? Tutto l’universo davanti a te è come polvere sulla bilancia, e come una goccia di rugiada che di buon mattino scende sulla terra. Hai pietà di tutti, perché tutto puoi E dimentichi i peccati degli uomini in vista della conversione. Ami tutte le cose che esistono E niente detesti di ciò che hai fatto, perché se tu odiassi qualche cosa, neppure l’avresti formata. E come potrebbe sussistere una cosa, se tu non volessi,

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o conservarsi ciò che non è stato da te chiamato? Ma tu hai pietà di tutte le cose, perché sono tue, Signore amante della vita; poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose. Per questo castighi a poco a poco quelli che cadono E li correggi, ricordando loro le cose nelle quali peccano, perché, liberati dalla malizia, credano in te , Signore.

E’ questa una dolce speranza. Questo mi sembra il succo della riflessione del Libro della Sapienza. Ma c’è anche un’altra osservazione che è molto rilevante, sul modo di agire di Dio. “tu hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare gli uomini”. (12, 19)

Allora qui si apre quel grande insegnamento: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Però a mio modesto parere la grossa soluzione verrà quando Gesù dice che bisogna separare nettamente il potere politico dal potere religioso. Il potere politico deve avere davanti a sè tutti quei problemi che sono i problemi della difesa, della “legittima” difesa, non solo ma anche di fare interventi per realizzare la giustizia, interventi con forza, interventi molto decisi, che possono chiedere anche addirittura versamento di sangue.

Questo, Gesù lo vuole separare dal potere religioso, e dalla dimensione religiosa, sono due ambiti molto diversi. Se no c’è il rischio che si confonda la dimensione politica con quella religiosa, che deve essere sempre proiettata verso la benevolenza di Dio e verso il suo amore; perché la realizzazione del bene attraverso la religiosità non è fatta con la forza, ma è fatta attraverso l’amore. Ecco la grande intuizione che si trova nel Vangelo. Per realizzare il bene, bisogna pur combattere il male? Come si fa a combattere il male? Si fa con interventi di sterminio, come usava? Lo stato deve pur intervenire con la forza, però ci deve essere anche una altra strada e quell’altra strada è la strada della autentica religiosità, che è quella di Cristo crocifisso, che dona pienamente se stesso con un amore totale. Questa è la strada che si contrappone al male e lo può vincere e in molti casi lo vince. La grande forza della rivoluzione cristiana è questa: non occhio per occhio, dente per dente, ma tu, se uno ti percuote una guancia porgi anche l’altra. Così incomincia un percorso che è completamente nuovo. Così anche nelle leggi belliche, che erano durissime, Gesù introduce una separazione, la quale con l’intervento dell’autentica religiosità e dell’amore può portare a un progresso autentico, a un bene vero, che si oppone alla malvagità.

Poi volevo dire qualcosa sulle impurità. Il Libro del Levitico è il libro che ha più indicazioni sull’argomento e descrive delle cose che fanno mancare il respiro. Per esempio, per quanto riguarda i lebbrosi, sentiamo cosa dice:

“Un uomo sulla cui pelle si forma un gonfiore o un eczema o una macchia, si preveda un caso di lebbra. Sia potato da Aronne sacerdote o da uno dei suoi figli sacerdoti; il sacerdote esamini la piaga sulla sua pelle: se sulla piaga il pelo è diventato bianco e la piaga appare incavata nella pelle, è un caso di lebbra. Veduto ciò, il sacerdote lo dichiari impuro. Il lebbroso colpito dal male porti i vestiti laceri e i capelli scarmigliati, si copra il labbro superiore e gridi: “Impuro, impuro”. Per tutto il tempo che durerà in lui la piaga, sarà impuro; essendo impuro, vivrà isolato, fuori dal campo sarà la sua dimora”. Lev. 13,1-3, 45-46)

La posizione più delicata è questa: è immondo, perciò senza la possibilità di entrare nel tempio, senza la possibilità di fare qualche gesto sacro. Una costumanza che era entrata in tutti gli abitanti della zona. Non soltanto in Israele ma anche fuori di Israele era così. Dai lebbrosi ci si difendeva in questo modo; solo che Israele ha anche una visione teocratica e quindi colui che ha una malattia così evidentemente è anche da considerarsi castigato da Dio. Non per niente, faccio un piccolo riferimento al Nuovo Testamento, quando Gesù fa il suo ingresso nella vita pubblica il Vangelo di Marco ci mette davanti subito la guarigione del lebbroso. E cosa ci racconta il Vangelo di Marco nella maniera più semplice? Scrive:

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Gli si avvicina un lebbroso e lo supplica in ginocchio dicendogli: “Se vuoi, puoi mondarmi”. Mossosi a compassione, Gesù stese la mano, lo toccò e gli disse: “Si, lo voglio; sii mondato!”.

Doveva stare fuori e gridare: “immondo, immondo”, e invece qui no! Disastro! Violazione della legge! Perché chi toccava il lebbroso era immondo per una settimana a sua volta. Queste leggi sull’impurità legale ti fanno mancare il fiato, e non riguardano chiaramente soltanto il caso del lebbroso. Se guardiamo anche gli animali, sempre il Libro del Levitico cap. 11: “Fra gli animali che strisciano sopra la terra sono impuri per voi: la talpa, il topo e ogni specie di lucertola; il geco, il toporagno, il ramarro, la tartaruga e il camaleonte. Ogni animale che striscia sopra la terra è un abominio: non mangiatelo. Tutti gli animali che camminano sul ventre, che camminano su quattro o più zampe o che strisciano sopra la terra non mangiateli, chè sono cosa abominevole”. Se prendiamo in mano il Libro degli Atti degli Apostoli Cap. 10 – La visione di Pietro “Pietro si recò sul terrazzo verso l’ora sesta per pregare. A un certo momento sentì fame e desiderava prendere cibo. Mentre gliene preparavano, andò in estasi. Vide il cielo aperto e un oggetto strano che ne discendeva, come una grande tovaglia che per i quattro capi veniva calata verso terra. In essa si trovavano ogni sorta di quadrupedi, di rettili della terra e di volatili del cielo. E risuonò una voce che gli diceva: “Orsù, Pietro, uccidi e mangia!”. Ma Pietro disse: “Giammai, o Signore, poiché non ho mai mangiato nulla di profano e di immondo”. Nel Vangelo: per es. al Cap. 7 del Vangelo di Marco, si trova Gesù che chiamata di nuovo la folla dice loro: “Ascoltatemi tutti, intendete bene, non c’è nulla fuori dell’uomo che entrando in lui possa contaminarlo e renderlo immondo, sono invece le cose che escono dall’uomo a contaminarlo e renderlo immondo”. Entrando in casa lontano dalla folla i discepoli lo interrogarono sul significato di quelle parole e disse loro: “Ma siete anche voi così privi di intelligenza, non capite che tutto ciò che entra nell’uomo dal di fuori non può contaminarlo perché non gli entra nel cuore, ma nel ventre e poi va nella fogna? dichiarava così mondi tutti gli alimenti. Quindi soggiunse: ciò che esce dall’uomo questo sì contamina l’uomo. Dal di dentro, infatti cioè dal cuore degli uomini escono le intenzioni cattive, prostituzioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganni, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza, tutte queste cose rendono immondo e contaminano l’uomo”. Questa è la rivoluzione contro la Legge della purità. Però dal capitolo letto dagli Atti degli Apostoli si capisce una cosa. Che la purità legale aveva avuto una funzione: quella di rendere l’uomo attento anche alle realtà esterne, materiali, perché l’uomo può essere reso cattivo, immondo, malvagio anche dalla realtà esterna materiale. Con la venuta di Cristo Dio ha purificato tutta la realtà, tutta la creazione. E’ uno dei discorsi che noi facciamo quasi mai. Cristo risorto, Cristo crocefisso non solo ha dato all’uomo la possibilità della purificazione dei peccati, ma ha dato anche la possibilità di vedere con altro occhio la creazione, la creazione come rinnovata, perché purificata, perché a sua volta con il germe della resurrezione. Le pagine presentate questa sera sono difficili. Quelle sullo sterminio; quella su: occhio per occhio, dente per dente, la legge del taglione, e anche il singolare atteggiamento nei confronti delle cose immonde, degli uomini malati come i lebbrosi, degli animali ecc. Noi facciamo fatica a comprendere, ma riusciamo certamente a vedere – in contrapposizione - la portata stupenda del Vangelo che ha dato una mazzata a tali realtà. Ecco soprattutto la grande luce della carità: che tende a superare la legge del taglione, la carità che tende a superare tutta quella legislazione penale, che naturalmente per lo stato rimane necessaria. Istituendo la Chiesa, Gesù Cristo ci ha dato una istituzione nuova, che con la legge della carità e dell’amore, (perché la legge

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della Chiesa è questa), ha portato nel mondo una nuova forza purificatrice e rinnovatrice, anche sul versante penale e civilistico.

E tutto il discorso sulla purità legale deve essere visto in questa luce di purificazione che viene dalla forza della carità che Gesù Cristo ci ha dato attraverso il suo Vangelo, attraverso la sua Croce e la sua resurrezione, mediante la sua Chiesa.

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VVVVIIIIIIII° S° S° S° SERATAERATAERATAERATA

Nuovo Testamento – I VANGELI 1°

Messianesimo. Ho scelto questo tema perché mi sembra interessante. E’ collegato all’Antico Testamento e ci introduce nel Nuovo Testamento. Farei conto di parlare del Messianesimo, di come è stato vissuto anche da Gesù nel Nuovo Testamento. Dico subito una espressione che credo molto familiare. Gesù quando ha voluto dare un titolo a se stesso ha scelto Figlio dell’uomo. Lui si attribuisce spessissimo, quando parla di sé, questo titolo e sarebbe importante, però questa sera non lo voglio fare, vedere perché ha scelto questo titolo.

Non lo voglio fare, però metto lì due battute: 1°- Figlio dell’uomo è una parola che può voler dire: sono un essere umano, quindi sono anch’io

come voi. Questa è una interpretazione spontanea perché Gesù nella sua vita ha voluto essere concepito nel grembo materno, è nato come un bambino ecc. Ha voluto percorrere il cammino umano nel senso pieno del termine.

2° - C’è anche un secondo aspetto da tener presente che nella teologia apocalittica della Bibbia Antico Testamento ha avuto un grandissimo protagonista: Daniele. Il Libro del profeta Daniele è essenzialmente un Libro apocalittico. Ebbene colui che arriva al trono del Dio Altissimo, dell’Unico, è il Figlio dell’uomo. C’è questa dizione nella teologia apocalittica. E’ quindi verosimile che Gesù abbia scelto questa espressione per dire l’una e l’altra cosa; la prima: sono un essere umano, un uomo, una persona come voi; la seconda: attenzione che la prospettiva è escatologica, apocalittica.

Questo fa capire, ancora una volta, che la lettura dei Vangeli, richiede attenzione. Noi chissà quante volte abbiamo letto nei Vangeli “il Figlio dell’uomo”, forse non ci abbiamo pensato. Per poter intuire qualcosa è necessario un leggere e rileggere, un imparare, non si è finito mai finito di imparare; i Vangeli nella loro immediatezza e semplicità dicono cose stupende, ma ne dicono anche molte altre… Il Messianesimo. Gesù dunque si è detto Messia, ha accettato il titolo di Messia quando gli è stato attribuito. Quali sono le manifestazioni più importanti dove appunto questo titolo, “Messia”, lui ha accettato ed è stato proclamato. Naturalmente nel Vangelo ci sono tanti punti di riferimento.

Io vorrei fare innanzitutto due riferimenti: - Confessione di Pietro - Ingresso Messianico di Gesù in Gerusalemme

Sono due riferimenti che hanno un valore estremamente importante e anche abbastanza noti. Cominciamo dalla confessione di fede di Pietro che è ben presente in tutta la catechesi dei Sinottici. I Vangeli Sinottici, tutti e tre, presentano questo episodio. Non tutti gli episodi sono presentati da tutti e tre i sinottici, questo invece è presentato da tutti e tre. Il Vangelo di Marco, che è quello che è stato scritto per primo da un punto di vista storico, ti mette davanti con frequenza questo interrogativo: “ma chi è mai costui?”. Per esempio quando Gesù fa tacere la burrasca e il vento “ma chi è mai costui al quale il vento e il mare obbediscono”? E così anche quando lui incomincia a predicare “ma che cosa è questo?” E poi quando Gesù va nella sua patria, cioè a Nazaret e va nella Sinagoga dove è sempre stato e parla, la gente dice: “chi è mai

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costui, che è questo”? Da Marco è soprattutto la sorpresa della gente che viene messa in evidenza. Leggiamo in Marco Cap. 8:

La confessione di Pietro

“Con i suoi discepoli Gesù se ne andò verso i villaggi di Cesarea di Filippo ed durante il viaggio incominciò a interrogare i discepoli dicendo: “Chi dice la gente che io sia?”. Gli risposero: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia e altri ancora uno dei profeti”.

Allora domandò loro: “Voi, invece, chi dite che io sia?”. Rispose Pietro: “Tu sei il Cristo!”. Ma egli intimò loro di non parlare di lui a nessuno”.

Abbiamo Gesù che provoca: “la gente chi dice che io sia”. Primo: stimolo missionario; e poi: ”ma voi chi dite che io sia”? A Gesù interessa proprio questo. E la risposta di Pietro è immediata: “Tu sei il Cristo” cioè il Messia, l’unto del Signore, è Cristo, è il consacrato. Abbiamo una dichiarazione nettissima secondo lo stile di Marco. Poi è sorprendente quello che dice subito: “impose loro severamente di non parlare di lui, a nessuno, come Messia”. Perché? Perché è fin troppo evidente che lui Gesù ha una concezione del Messia che non è in armonia con la tradizione giudaica. Non respinge naturalmente questa qualifica, questo titolo, anzi si può dire che è stato lui a provocarla, ma impone di non dirlo. Qui bisogna fare delle precisazioni importanti. Nel passo parallelo di Luca abbiamo la stessa espressione: “Tu sei il Cristo”. E nel passo parallelo Matteo aggiunge una Titolazione ulteriore! Matteo riporta questo episodio al Cap.16,16; “Giunto poi Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, si mise ad interrogare i suoi discepoli: “Chi dice la gente che sia il Figlio dell’uomo?”. Essi risposero: “Chi dice che sia Giovanni il Battista, chi Elia, chi Geremia o uno dei profeti”. Dice loro: “Ma voi chi dite che io sia?”. Prese la parola Simon Pietro e disse: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. Mentre Marco e Luca hanno semplicemente la titolazione: “Il Cristo”, Matteo aggiunge quest’altra titolazione: “Tu sei il Figlio del Dio vivente”.

Ed ecco l’entusiasmo di Gesù! Rispose Gesù: “Beato sei tu, Simone figlio di Giona, poiché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”. Queste espressioni naturalmente è bene metterle a confronto. Però si intuisce subito che la catechesi Sinottica ha un fondo comune e ha delle particolarità specifiche. In questo caso è da rilevare soprattutto la particolarità di Matteo che aggiunge quella ulteriore titolazione: “Figlio del Dio vivente”. “Il Figlio dell’uomo” , é… Interessante anche questo: mentre Marco non dice: “il Figlio dell’uomo”, Matteo sì. Questo Figlio dell’uomo secondo Matteo è dunque da pensare secondo l’indicazione che viene da Daniele. Ripeto: l’entusiasmo di Gesù qui è grande e Matteo che ha una particolarissima attenzione alla teologia ecclesiale, aggiunge: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”.

C’è, non un contrasto tra Marco e Matteo, c’è invece uno sviluppo! Ma ciò che importa di più, secondo la titolazione, è notare che anche la Catechesi Giovannea ha qualche cosa di molto simile. Se tutti e tre i Sinottici riportano questo episodio e la Catechesi Giovannea ha un episodio simile, allora vuol dire che doveva essere, per la Chiesa primitiva, (laddove si fa la stesura dei Vangeli), qualche cosa di estremamente importante. In Giovanni c’è questa espressione nel Cap. 6 Gesù moltiplica i pani; dopo vogliono farlo re; lui fugge sul monte, non ci sta. Questo, dal

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punto di vista del discorso Messianico, è importante, perché il Messia era atteso come un re. Gesù invece non vuole assolutamente diventare re, si ritira tutto solo sul monte. E’ chiaro allora che se è Messia lo sarà non nel senso molto comune, che lo pensava come un re. Anche se dobbiamo dire che il Vangelo di Giovanni è quello che tratta più esplicitamente delle regalità di Gesù. Quando Gesù è di fronte a Pilato e Pilato gli domanda: “dunque tu sei re” e Gesù gli risponde: “lo dici da te stesso o qualcuno altro te lo ha detto di me?”. “Sono forse io Giudeo?” rispose Pilato, “quelli della tua gente ti hanno portato a me dicendo che tu sei re”. Allora Gesù interviene in questo dibattito: “ io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità e chi è dalla verità ascolta la mia voce”.

Ecco la vera regalità. Una regalità che passa attraverso la verità, l’intelligenza e quindi il cuore. Non è quella umana, solita che noi siamo capaci tutti di immaginare: il potere, gli eserciti, la spada, la forza, il potere coattivo. No. Questo non è di Gesù; la sua regalità non è di tipo coattivo, costringente. La sua è una regalità (anche quella della sua chiesa) che passa attraverso la verità: “perché chi è della verità ascolta la mia voce”. Dunque dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù si ritira sul monte. C’è la traversata del lago di Genezaret, con la tempesta. E poi il lungo discorso sull’Eucarestia nella Sinagoga di Cafarnao. Questo lungo discorso, riportato al Cap. 6 nel Vangelo di Giovanni, mette in crisi prima di tutto gli ascoltatori in genere, perché lui dice che bisogna mangiare la sua carne e bere il suo sangue… Figuriamoci: per un ebreo, bere il sangue. Cosa inimmaginabile. Non si può neanche toccare il sangue, nè si può mangiare la carne, col sangue…

Allora tanta gente lo pianta. E anche tanti dei suoi discepoli “non andavano più con lui”, perché posti di fronte a questa affermazione: “se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avrete in voi la vita, chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”. Affermazione positiva. E affermazione negativa: “se non la mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue, non avrete in Voi la vita”. Di fronte ad un discorso di questo tipo sicuramente una gran parte ha detto: “è fuori di sé”. Perciò non andavano più con lui. Ecco la domanda a quei pochi che sono rimasti. Disse Gesù ai dodici: “Forse anche voi volete andarvene?”. Gli rispose Simon Pietro: “Signore da chi andremo, tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”. E questo titolo: tu sei il Santo di Dio è uguale a quell’altro titolo: tu sei il Cristo, perché il Messia era ritenuto il Santo di Dio! E’ sempre Pietro che lo dice, è sempre Gesù che lo provoca: volete andarvene? Presso i sinottici Gesù domandava; qui Gesù provoca: volete andarvene? E Pietro risponde: da chi andremo, tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo veduto e creduto che tu sei il Santo di Dio. Questi episodi fanno estremamente esplicita la catechesi evangelica, sia Sinottica che Giovannea, sulla Messianità di Gesù. Ecco il primo dei punti a cui volevo fare riferimento.

Il secondo: l’ingresso Messianico in Gerusalemme.

Noi, tutti gli anni, andiamo in processione con le palme, con gli ulivi, e ricordiamo l’episodio. Rimarchiamo. Prima di tutto: Gesù entra trionfalmente, a cavallo di un asino. Invece di avere un puledro o un destriero, va a cavallo di un asino. Forse non ci rendiamo conto di una cosa. Che il Profeta Zaccaria aveva lasciato scritto: “Gerusalemme guarda il tuo re che viene e che ti rinnova; ebbene gioisci, giubila, viene questo tuo re, mite, e cavalca un asino”. Questo il testo brevissimo di Zaccaria, Cap. 9.

Evidentemente è Gesù che ha scelto, è lui che sceglie di avere una cavalcatura così, perché aveva nella testa questa profezia. In Matteo Cap. 21 leggiamo: “Quando arrivati nelle vicinanze di Gerusalemme, giunsero in vista di Bètfage, alle falde del Monte Oliveto, Gesù mandò due discepoli dicendo

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loro: “Andate nel villaggio che si trova davanti a voi e subito troverete un’asina legata, con il suo puledro. Scioglietela e portatela a me. Se qualcuno vi dice qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma subito li rimanderà”. Questo è accaduto affinché si adempisse quanto fu annunciato dal profeta che dice: Dite alla figlia di Sion: Ecco, il tuo re viene a te mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di bestia da soma. I discepoli andarono e fecero come aveva ordinato loro Gesù. Condussero quindi l’asina con il puledro, su cui posero le vesti ed egli vi si pose a sedere. Ora, la folla, numerosissima, stese le proprie vesti sulla strada; altri tagliavano rami dagli alberi e li spargevano lungo la via. La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro gridavano: “Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!”. Quando egli entrò in Gerusalemme, si sconvolse tutta la città e ci si chiedeva: “Chi è costui?”. Le folle rispondevano: “E’ il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea”. Voi capite subito questa citazione: “dite alla figlia di Sion, ecco il tuo re”! Quindi Gesù si atteggia a re in questo ingresso. E’un re mite, seduto su un asino. Ancora una volta la regalità di Gesù non è come quella che era stata pensata da tanta gente. Per questo Gesù quando venne proclamato Messia disse: “non ditelo alla gente”, perché c’era il grosso pericolo di essere frainteso. Vediamo anche altre motivazioni. Quello che grida la folla: “Osanna al Figlio di Davide”. Sappiamo tutti che Davide era il capostipite di una dinastia straordinaria, che secondo la visione del Profeta Natan non sarebbe venuta meno.

Qui si grida: “Osanna al Figlio di Davide, benedetto colui che viene nel nome del Signore, Osanna nel più alto dei cieli”. Quindi una acclamazione che non va solo a lui, un’acclamazione che va anche al Signore Dio, re del cielo e della terra. Che se poi facciamo il confronto, che è sempre importante, con gli altri Sinottici, perché tutti raccontano questo ingresso trionfale, messianico di Gesù in Gerusalemme, ci rendiamo conto, che in Marco, le titolazioni sono di qualche rilievo ulteriore. Difatti Marco ci dice: “Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore, benedetto il regno che viene, del nostro Padre Davide”. Marco è molto esplicito; la titolazione, per un aspetto, è simile a quella di Matteo: “Osanna al Figlio di Davide, benedetto colui che viene nel nome del Signore”, Ma aggiunge: “Osanna, benedetto colui che viene nel nome del Signore” e poi: “Benedetto il regno”, perché con Gesù viene un regno. “Benedetto il regno che viene da nostro Padre Davide, Osanna nel più alto dei cieli”. Una piccola differenza, che poi non è tanto piccola. Mentre Matteo parla di un re, Marco parla di un regno. Il che lascia intendere che quando venivano scritti i Vangeli c’era specie di riflessione intensa. Perché i Vangeli venivano scritti si da Marco, Matteo… ma nell’ambito di una comunità, secondo tradizioni che erano vive in quella comunità. Il Vangelo è si di Marco, però noi diciamo sempre: secondo Marco, secondo Luca, secondo Matteo, secondo Giovanni. Questo “secondo” significa che c’è una tradizione sottostante estremamente rilevante e importante. Il Vangelo scritto da questo autore è stato approvato dalla Chiesa. E’ la tradizione presente in quella Chiesa, meglio nelle diverse comunità. Nei primi tempi si trattava di piccole comunità che si ritrovavano; allora ecco il Vangelo secondo Marco: che mette per iscritto la tradizione di quelle

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comunità! Il Vangelo secondo Luca? Idem! Lo stesso dicasi del Vangelo secondo Giovanni ed anche del Vangelo di Matteo. Però sappiamo che la comunità di Matteo era composta soprattutto di Ebrei, gente proveniente dall’ebraismo. Marco invece ha gente proveniente non dall’ebraismo, ma dal mondo pagano. Dunque questi due momenti sono estremamente importanti per le dichiarazioni della Messianità di Gesù. Ce ne sono anche altri, ma lasciamo per non dilungarci troppo. Detto questo volevo fare alcune piccole riflessioni su il Messianismo ebraico, perché è qualcosa di assolutamente singolare.

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La gente e le culture vicine al mondo ebraico, quando veniva scritta la Bibbia, avevano questa visione della storia e del tempo.

La storia è una specie di ripetersi circolare dei fatti: come c’è in tutti gli anni la primavera, l’estate, l’autunno, l’inverno, così è l’andamento della storia. Abbiamo sentito qualche battuta dal Libro di Qohèlet. Qohèlet ricava proprio il suo pensiero da questo modo di vedere la storia; Diceva: “vanità delle vanità, tutto è vanità, tutto è un soffio, è inconsistente, ciò che è stato sarà, ciò che è stato fatto si rifarà, non c’è niente di nuovo sotto il sole; c’è forse qualcosa di cui si possa dire: guarda questa è una cosa nuova?”. Il Cap. 1° del Libro di Qohèlet ha queste parole.

Dunque la cultura laica del tempo in cui viene scritta la Bibbia è di questo tipo, la storia è una specie di circolo che si ripete senza un fine, senza una direttiva, senza un obiettivo, senza una meta. Voi capite subito – da quanto abbiamo sempre detto - che la Bibbia è l’esatto contrario. Per la Bibbia la storia continua verso un progresso e un obiettivo di bene, che è nel cuore di Dio e che viene manifestato attraverso la realizzazione di in un disegno che è nel suo cuore fino dall’eternità.

Viene progressivamente manifestato e realizzato. Se leggiamo con attenzione la Bibbia, ci rendiamo conto che dominante è questa visione tipica, caratteristica che è molto rilevante. La storia è vista come una specie di progresso verso un obiettivo, verso un fine e una meta che coinvolgono tutte le cose. Lo si vede in tante pagine. Mi piace quanto si viene raccontando nella liturgia della vocazione di Isaia. “Io vidi il Signore seduto su di un trono”. E Isaia rimane lì imbambolato guardando questa scena. Percepisce la sua impurità e dice: “io sono perduto perché sono un uomo dalle labbra impure e in mezzo e un popolo dalle labbra impure io abito”. E gridano gli angeli: santo, santo, santo. Uno di loro prende il carbone ardente dall’altare dell’incenso e lo passa sulle sue labbra. Viene purificato. Poi la voce del Signore: “Chi manderò? E chi andrà per noi?”. E la risposta: “Eccomi manda me”. E la voce di Dio: “Va e riferisci a questo popolo: ascoltate ma non comprenderete osservate ma non conoscerete… Il Signore scaccerà la gente E grande sarà l’abbandono… Una progenie santa sarà il suo ceppo”. Isaia ha questa vocazione strepitosa. Sarà certamente uno dei più grandi profeti. Anche Geremia: “prima che ti formassi nel grembo materno io ti ho chiamato”. Dio ha questa prospettiva: ti chiama e ti manda. E poi soprattutto abbiamo nella Bibbia una visione dei fatti. Quando Dio chiama Abramo: “esci dalla tua terra e va!”. Non gli dice dove, ma gli dice subito: io farò di te una benedizione, in te saranno benedette tutte le genti della terra. Evidentemente c’è un obiettivo di bene, una benedizione. La Bibbia incomincia con la creazione.

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Abbiamo detto negli incontri precedenti che la creazione è nella S. Scrittura veramente la spiegazione dell’origine del mondo. Dio ha creato e quando Dio crea vede che è una cosa buona. Poi quando crea l’essere umano è cosa molto buona. Allora: se la creazione è buona vuol dire che Dio ha un obiettivo di bene. Ecco perché quando il popolo va a finire in Egitto non può essere distrutto. Questo popolo, difatti, Dio lo libera, perché questo popolo non può essere distrutto. Quando questo popolo va schiavo a Babilonia, viene ancora una volta liberato e il Profeta Ezechiele quando intravede la fine della schiavitù babilonese, parla di una risurrezione. Avrete forse presente il, Cap. 37 del Profeta Ezechiele dove si parla delle ossa aride, ossa aride che riprendono vita. Quindi la deportazione si trasforma in una specie di risurrezione. Questa visione della storia, che va verso un obiettivo di bene, è chiamata “Messianismo reale”, che è dato dall’ordine delle cose. Un ordine che contiene l’obiettivo del bene. E il protagonista con i vari coprotagonisti che realizzeranno gli obiettivi di bene è il Messia, che non è sempre una sola persona.

L’Unto del Signore non è sempre una sola persona. Sono i profeti per esempio... Il Messia sarà specialmente, colui che viene verso i tempi apocalittici. In Daniele, il Messia è un grande personaggio, che porterà Israele verso un grande obiettivo di bene. E porterà tutto il popolo di Israele con le sue istituzioni, il tempio e il re, l’alleanza, le grandi strutture e il sacerdozio: li porterà verso una realizzazione piena. Gesù vuole essere proprio questo Messia! Mi si dirà: Gesù sarebbe il Messia, che dà realizzazione piena a questo obiettivo di bene, quindi al tempio, all’istituzione regale, al sacerdozio… Ma non era neanche sacerdote…. Teniamo sempre a mente la Lettera agli Efesini di S. Paolo che è veramente importante e che ho citato altre volte. Essa inizia così: “Benedetto sia Dio Padre Signore nostro Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo, in Lui ci ha scelti prima della Creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nell’amore…..”. Queste poche battute lasciano intuire subito che nella mente di Dio c’è il disegno di bene, di benedizione, che ha al centro Gesù Cristo e accanto a Gesù Cristo tutti i credenti in lui, tutti coloro che accettano la salvezza che Lui offre.

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Gli Ebrei di oggi vanno distinti grosso modo in 3 categorie: - gli osservanti, non sono molti; - quelli che vivono della tradizione, perché la Bibbia è un testo che hanno sempre in mano e di cui si nutrono continuamente; - poi ci sono quelli che vivono giorno per giorno, come molti tra noi. Gli osservanti soprattutto sono convinti che la storia ha dato a loro sempre ragione, perché non sono mai stati distrutti, nonostante tutte le persecuzioni, le difficoltà, il Nazismo. Non solo La storia sembra andare sempre secondo quel disegno di benedizione che è scritto per Abramo nell’Antico Testamento. Paolo dice quello che ha detto avendo sempre in mente ciò che era scritto nell’Antico Testamento. La storia dell’Egitto e della deportazione, la storia dei profeti, la storia del culto tutte le vicende mostrano sempre il Dio fedele al suo popolo, che non lo abbandona. Ora da quando c’è stato il reimpianto dello Stato di Israele, ancora una volta Dio ha portato la libertà, ha loro consentito di essere se stessi. E vorrebbero che Israele fosse il popolo per il culto, per l’onore a Dio, per l’osservanza della legge, per la fedeltà all’alleanza. E aspettano ancora il Messia, anche se per loro il Messia non è sempre un personaggio. Quando sono usciti dall’Egitto è stato facile pensare il Messia, perché c’era Mosè. L’uscita da Babilonia… Leggendo il Profeta Isaia, sembra quasi che il Messia sia l’imperatore Ciro (che non era neanche un ebreo). No, non è lui! Il Messia è Dio, che ha agito attraverso Ciro. Il Messia in questo caso è Dio stesso

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e allora: “giubila Gerusalemme, rivestiti di luce”, perché il Signore si è servito di lui. Per l’ebraismo il Messia non è sempre un personaggio, possono essere diverse persone che agiscono nel nome del Signore, che comunque sono nelle mani di Dio…

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VVVVIIIIIIIIIIII° S° S° S° SERATAERATAERATAERATA

Nuovo Testamento – I VANGELI 2°

Sul Messianesimo – Noi Gesù lo chiamiamo Messia raramente, mentre evidentemente io penso che il titolo di Messia sia un titolo molto rilevante, importante. Allora faccio riferimento al Vangelo di Marco dove Gesù chiede: “La gente chi dice che io sia”. Risposta di Pietro: “Tu sei il Cristo”, e questo significa il Messia. Nella edizione di Matteo cap.16 “Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”! Naturalmente è lo stesso titolo anche se leggermente cambiato perché Matteo viene dopo Marco e perciò con una teologia diversa. Tengo a sottolineare questo, e come abbiamo detto in prima battuta, i Vangeli sono consenzienti nella realtà essenziale, però ogni evangelista ha sue dinamiche. Il Vangelo è stato scritto, sì, da un evangelista, ma il Vangelo è essenzialmente il riflesso della fede di una comunità o di diverse comunità che fanno nucleo. Per esempio Matteo è per le comunità che vengono dal mondo ebraico; Marco invece è per le comunità del mondo pagano, tant’è che quando ci sono le parole più importanti dell’ebraismo le riporta e poi le traduce: Per esempio: talita kum fanciulla, alzati! Luca poi ha alle spalle una tradizione paolina, quella che viene da Antiochia di Siria, che è stata una comunità molto viva, molto forte! I cristiani per la prima volta sono stati chiamati cristiani proprio lì, ad Antiochia di Siria e di lì è partito Paolo per i suoi viaggi missionari. Ogni Vangelo, ripeto, ha una sostanziale uniformità, però ha anche delle particolarità. Tutti gli evangelisti riportano questo titolo “Messia” dato a Gesù, e anche Giovanni, nel cap. 6 dopo che ha narrato la moltiplicazione dei pani, miracolo tanto importante, riporta un lungo discorso tenuto da Gesù nella

Sinagoga di Cafarnao. Questo discorso porta gli ebrei osservanti ad allontanarsi da Lui, non solo ma si allontanano da Lui anche molti suoi discepoli. E alla fin fine Gesù domanda ai dodici: “Volete andarvene anche voi?”. Risposta di Pietro: “Signore da chi andremo, Tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo creduto che Tu sei il Santo di Dio”. Titolo messianico per eccellenza. Dunque anche Giovanni fa capire che il titolo di Messia a Gesù, non è molto sbandierato, però gli viene dato in momenti decisivi. Come già detto l’altra volta, c’è poi quell’episodio importantissimo raccontato dai sinottici ed è l’ingresso messianico trionfale di Gesù in Gerusalemme. ------------------ ooo ------------------- Questa sera vorrei aggiungere qualcosa di ciò che secondo i sinottici consegue all’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme. Esso ha come immediata conseguenza: la cacciata dei venditori dal tempio. Leggiamo alcune battute tratte dal Vangelo di Marco cap. 11, 11-24:

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“Gesù entrò a Gerusalemme, nel tempio, e quando ebbe osservato ogni cosa, poiché l’ora era già tarda, uscì verso Betània insieme ai Dodici”. “Il giorno dopo, uscendo da Betània, ebbe fame; e avendo visto da lontano un albero di fico che aveva delle foglie, andò a osservare se per caso vi trovasse qualche cosa; ma, appressatovisi, non vi trovò che foglie, poiché non era stagione di fichi. Allora, rivolto al fico, disse: “Mai più in eterno qualcuno mangi frutti da te”. E i suoi discepoli sentirono”. “Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, incominciò a cacciare coloro che vendevano e compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi, e non permetteva che alcuno trasportasse oggetti attraverso il tempio. Poi cominciò ad istruirli dicendo loro: “Non sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece, ne avete fatto una spelonca di briganti”. Udito ciò, i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano come farlo perire. Infatti ne avevano paura, perchè tutto il popolo era stupito per il suo insegnamento. Quando si fece sera, essi uscirono fuori della città”. “Ripassando, al mattino presto, videro il fico che si era seccato fin dalle radici. Allora Pietro, ricordandosene, gli disse: “Maestro, guarda! Il fico che tu hai maledetto si è seccato”. Gesù rispondendo, disse loro: “Abbiate fede in Dio! In verità vi dico che se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare!”, e non esitasse nel suo cuore, ma credesse che avverrebbe ciò che dice, gli sarà concesso. Perciò vi dico: tutto quello che chiedete nella preghiera, credete di averlo già ottenuto e vi sarà concesso”. Nel Vangelo ci sono anche delle battute che appaiono illogiche. Per esempio il racconto di questo fico senza frutto, fuori stagione. Queste battute tipiche del Vangelo di Marco creano degli interrogativi. Se noi poi confrontiamo Marco con Matteo troviamo qualche differenza. Prima - per lui - c’è l’ingresso a Gerusalemme solenne, messianico, poi Gesù entra nel tempio e lì c’è la cacciata dei venditori. Ecco il testo di Matteo 21,10-14 “Quando egli entrò in Gerusalemme, si sconvolse tutta la città e ci si chiedeva: “Chi è costui?”. Le folle rispondevano: “E’ il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea”. Entrato nel tempio, egli si mise a scacciare quanti in esso vendevano e compravano, rovesciando i banchi dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: “Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera; voi, invece, ne fate una spelonca di ladroni”. Vennero a lui nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì tutti”.

Comprendiamo subito che Gesù caccia dal tempio quelli che vendono per guarire i malati. Marco non fa riferimento a questo. Marco dice del fico con la conclusione: se voi avrete fede nel cuore, una fede grande tanto da dire a questo monte spostati, esso si sposta. Gesù può anche compiere cose che sembrano negative o sembrano assolutamente fuori logica. Ma questo fuori logica è la logica della fede, che può spostare addirittura le montagne. Se leggiamo con attenzione credo che si vede subito la diversità di intenzione degli evangelisti. Anche Matteo parla del fico, ma Matteo 21,18-19, dice: “Recandosi la mattina in città, ebbe fame. Vista sulla via una pianta di fico, si avvicinò ad essa; ma non vi trovò che foglie; allora, rivolto ad essa, disse: “Non possa più portare frutto in eterno!”. E all’istante il fico seccò”.

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Per Matteo subito si seccò, invece in Marco sono trascorse 24 ore. Allora? Questa faccenda del fico è simbolica. Il senso simbolico è questo: quando Dio, attraverso suo figlio, viene a cercarti qualcosa, tu devi essere pronto a rispondere, stagione o non stagione, devi essere pronto! Se poi leggiamo Luca il fico scompare. Luca dice semplicemente che Gesù caccia i venditori dal Tempio. E lo dice in maniera estremamente sobria e sintetica. Lui invece narra abbastanza diffusamente, l’ingresso messianico di Gesù in Gerusalemme. Gesù dopo aver approvate le acclamazioni dei suoi discepoli e dopo aver approvate le acclamazioni dei bambini, fa il lamento su Gerusalemme: “Se avessi compreso anche tu in questo giorno la via della pace”. Perché scribi, farisei, sommi sacerdoti non solo non accettano il suo ingresso trionfale, ma addirittura cercano di ucciderlo (come aveva già accennato Marco). E allora viene conseguente il lamento su Gerusalemme. Luca cap.19: “Oh, se tu pure conoscessi, in questo giorno, quello che occorre alla tua pace! Ma ora ciò è stato nascosto ai tuoi occhi. Verranno sopra di te giorni nei quali i tuoi nemici ti circonderanno di trincee. Ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte. Distruggeranno te e i tuoi abitanti e non lasceranno in te pietra su pietra perché tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata”. Il tempo della visita del Signore può essere un tempo anche fuori tempo, bisogna essere sempre pronti ad accogliere il Signore. Si vede così come Luca interpreta l’ingresso: è un tempo particolare nel quale Gesù piange sulla città di Gerusalemme. E racconta, anche lui, subito dopo: “Entrato poi nel tempio si mise a cacciare quelli che facevano commercio dicendo loro: “La mia casa sarà casa di preghiera. voi, invece, ne avete fatto una caverna di ladri”. Tutto qui! Semplicissimo il riferimento alla cacciata dei venditori dal tempio. Molto più esteso – come visto - il lamento su Gerusalemme che non c’è in Matteo e Marco. E le lacrime di Gesù su Gerusalemme: perché piange? “Perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”. Se noi pensiamo un istante a Gesù che entra in Gerusalemme trionfalmente, con quelle grida e le acclamazioni, viene da dire: è sempre stato lontano dalla città, ha sempre avuto polemiche con scribi e farisei, con coloro che avevano in mano le sorti del popolo di Gerusalemme, evidentemente era un po’ difficile trovare adesione da queste persone. Queste persone che sono i capi del popolo sono quelli che hanno foglie sovrabbondanti, mai frutti, nè nel tempo ne fuori tempo! L’importante dunque è accogliere Gesù, quando viene, che sia il tempo che tu hai preparato o che non sia questo tempo. La venuta del Signore deve sempre essere accolta! Ecco ciò che sembra essere l’intento dei Sinottici: Gesù è il Messia, e quando viene il Messia bisogna essere pronti ad accoglierlo. L’intento di Giovanni sembra essere un altro. Anche Giovanni racconta l’episodio della cacciata dei venditori. La pone all’inizio della missione di Gesù, mentre gli altri Vangeli la pongono quando Gesù entra in Gerusalemme e dopo pochi giorni viene messo a morte. Per i 3 Sinottici la cacciata dei venditori dal tempio dice che è Gesù Messia che purifica il tempio: entra infatti come Messia in Gerusalemme e quindi deve essere accolto perché se non lo accogli non porterai più frutto: come il fico. ----------------------- ooo -------------------- Leggiamo ora il racconto giovanneo, con il contesto e l’interpretazione dell’autore. La narrazione segue così: “ Era prossima la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio i venditori di buoi, di pecore e di colombe e i cambiavalute seduti, e fattasi una frusta

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di funicelle scacciò tutti dal tempio, pure le pecore e i buoi, disseminò il denaro dei cambiavalute, rovesciò i banchi e disse ai venditori di colombe: “Portate via questa roba di qui e non fate della casa del Padre mio una casa di mercato”. Si ricordarono i suoi discepoli che sta scritto: Lo zelo della tua casa mi divorerà. Gli risposero allora i Giudei ed gli domandarono: “Quale segno ci mostri per agire così?”. Gesù replicò loro: “Distruggete questo santuario e in tre giorni lo farò risorgere”. Dissero allora i Giudei: “In quarantasei anni fu costruito questo santuario, e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Egli però parlava del santuario del suo corpo. Perciò, quando risuscitò dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alle parole che aveva pronunciato Gesù”. C’è, come è chiaro, una grande differenza tra il racconto dei Sinottici ed il racconto di Giovanni. Anche l’interpretazione è notevolmente differente. Il fatto è praticamente coincidente, ancora una volta, ma l’interpretazione è diversa. E questo ci aiuta a capire come i Vangeli vadano letti con molta attenzione, cercando - per quanto è possibile - di mettere a confronto le varie narrazioni, fare una specie di sinossi: ciò significa guardare con uno sguardo complessivo le cose, in maniera che ci si possa rendere conto che quanto Gesù ha fatto può avere un valore, o anche un altro valore, che non contraddice il primo, che spiega, che sviluppa, che porta in altre direzioni. In questo caso il Vangelo di Giovanni porta a una teologia molto più sviluppata. Prima di tutto qui c’è il riferimento alla Pasqua. Comincia dicendo: si avvicinava intanto la Pasqua per i Giudei. Anche per i Sinottici è vicina la Pasqua, Ma Giovanni interpreta questa Pasqua in maniera tale da dire che Gesù anticipa la sua Pasqua con la cacciata dei venditori dal tempio, perché la sua Pasqua distruggerà il tempio. Non lo distruggerà in senso fisico, ma il tempio non avrà più il valore, che aveva prima della Resurrezione di Gesù. Prima il tempio era il luogo dell’incontro con Dio, il luogo della presenza di Dio. Dopo la Resurrezione il luogo dell’incontro con Dio è Gesù stesso, è il suo corpo. Non per niente quando Gesù parla del pane dice che questo pane è la sua carne, è il suo corpo. Il tempio vero è lui Gesù e la cacciata dei venditori dal tempio vuole far pensare che ci sarà un tempio veramente nuovo. Nel senso che le modalità di andare a Dio sono completamente diverse, sono completamente nuove, perché per arrivare a Dio bisogna passare attraverso di lui, Gesù. E’ lui il tempio, è lui la presenza di Dio. E la presenza prodigiosa che dai Sinottici veniva simboleggiata sotto l’episodio del fico, qui invece viene presentata in maniera completamente diversa. Proprio perché è alla Resurrezione che si fa riferimento. La Resurrezione sarà il grande fatto, l’evento per eccellenza. Quello che Gesù ha fatto entrando in Gerusalemme, per i Sinottici, appena prima della sua passione e morte, per Giovanni evangelista invece è all’inizio della sua missione, proprio per far capire che la sua missione era di purificare il tempio, e tutto il servizio sacerdotale. Se poi leggiamo una battuta del Profeta Malachia, quando parla dei sacerdoti del tempio, noi troviamo un riferimento Messianico interessante, che fa capire che il Gesù che caccia i venditori dal tempio è proprio la realizzazione di quella profezia. Era una profezia che preannunciava la venuta del Messia che avrebbe purificato i figli di Levi. “Ecco invio il mio messaggero; egli preparerà la via davanti a me. Subito entrerà nel suo santuario il Signore che voi cercate; l’angelo dell’alleanza che voi desiderate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti. Chi sosterrà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore, è come la soda dei lavandai. Egli siederà a mondare e a purificare. Purificherà di figli di Levi; li colerà come l’oro e come l’argento, sicchè saranno per il Signore coloro che offrono secondo giustizia”. (Mal. 3,1-3). Queste sono solo poche battute del Profeta Malachia, che vede il tempio in decadenza. Vede i figli di Levi, i sacerdoti, che non sono all’altezza della loro missione e quindi hanno bisogno di una purificazione. E allora ecco: “manderò il mio messaggero”; riferimento a uno che prepara la

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via, al Signore, e poi ecco il Signore: “entrerà nel suo tempio, l’angelo dell’alleanza che voi sospirate, ecco viene”. Se leggiamo i Vangeli così, ci rendiamo conto di quanta ricchezza e di quanta bellezza teologica e umana c’è in essi.. La Messianicità e Abramo

Leggiamo raramente il cap. 8 del Vangelo di Giovanni, dove si fa riferimento al rapporto di Gesù con Abramo. Abbiamo detto, quando abbiamo cominciato a parlare del Messianismo, che la concezione ebraica della storia e della vita è una concezione molto positiva e ottimista, a differenza della concezione della vita e della storia di certi Paesi vicini. Per i greci la storia è una specie di circolo che si ripete, mentre per gli Ebrei la storia va secondo un disegno di Dio verso la realtà di bene. E questa realtà di bene è Messianica, è il Messianismo reale! Il Messia è il protagonista che da corpo a questa realtà. E per loro il Messia non è uno solo. Può essere oggi questa persona, domani quest’altra, dopo domani quell’altra ancora. Il Messia sarà sempre il figlio di Davide perché discenderà da Davide: il Messia sarà sempre grande perché dovrà portare Israele verso un progresso, un progresso che con lui veramente arriverà. Così è detto fin dalla visione di Abramo. Abramo è il patriarca, è padre di Israele. Quando parla di Abramo la Bibbia - Antico Testamento, libro della Genesi, - mette davanti a noi diverse cose, ma sostanzialmente ci mette innanzi una figura che obbedisce a Dio, che va, dove Dio gli dice di andare. Anzi. All’inizio Dio lo chiama senza indicargli dove deve andare! Gli dice: “esci dalla tua terra e va”. Dove? Non lo sa. Però Dio dice subito ad Abramo: in te saranno benedette tutte le genti. C’è una prospettiva universale che sembra addirittura inimmaginabile: “in te saranno benedette tutte le genti”! Ma se si pensa che a quel tempo tutti i popoli avevano le loro divinità, ritenute intramontabili e insuperabili... Pensare a un Dio che benedice Abramo e in lui tutte le genti, sembra di impensabile, inaccettabile... Nel cap. 8 del Vangelo di Giovanni: c’è una discussione tra Gesù e gli scribi e i farisei. Alcune battute: “Diceva dunque Gesù ai Giudei che avevano creduto in lui: “Se rimanete nella mia parola, siete veramente miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Gli risposero: “Noi siamo stirpe di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come mai tu dici: “Diventerete liberi”?. Rispose loro Gesù: “In verità, in verità vi dico: Chi fa il peccato è schiavo del peccato. In verità, in verità vi dico: Se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno”. Gli dissero i Giudei: “Adesso siamo sicuri che tu hai un demonio. Abramo è morto, anche i profeti sono morti e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non gusterà la morte in eterno. Sei tu forse più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti, chi pretendi di essere?”. Abramo vostro padre esultò al vedere il mio giorno, e lo vide e si rallegrò”. Gli dissero allora i Giudei: “Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?”. Disse loro Gesù: “In verità, in verità vi dico: Prima che Abramo fosse, io sono”. (Jo. 8, 21-24… 51-59). Scribi e farisei vogliono affermare che loro sono sempre fedeli alla vera religione, che era quella proveniente da Abramo. Questa è l’affermazione fondamentale di Gesù: “Prima che Abramo fosse, io sono”, non dice “ero ”, ma dice: io sono, perché questo è il nome di Dio e quindi il giorno di Gesù è il giorno di Jahvè. Quando Gesù stabilisce questo rapporto con Abramo fa capire di essere il Messia, che avrebbe dovuto discendere da Abramo che sarebbe stato una benedizione, una benedizione per tutto il mondo, per un popolo che andava verso una realtà positiva, e questa realtà positiva è la realtà Messianica. Ebbene il Messia, questo Messia, avrebbe fatto fiorire una verità straordinaria, la verità di una presenza: “io sono”! Questo Abramo, l’intuì. E l’interpretazione di questa affermazione doveva essere molto diffusa nella chiesa, perché l’evangelista Giovanni la riporta, come uno slogan, come uno dei detti più forti di Gesù: “prima che Abramo fosse io sono”. E ancora: “ Abramo vostro padre esultò nella speranza di vedere il mio giorno: lo vide e se ne rallegrò”.

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Questa – sottolineiamo - deve essere stata una affermazione di Gesù molto forte, misteriosa, difficile da comprendere, ma certo la prima generazione cristiana deve aver capito. Anche nella Lettera agli Ebrei noi abbiamo una risonanza di questa affermazione di Gesù. La Lettera agli Ebrei è una lettera che molto verosimilmente è stata ispirata dalla teologia paolina, anche se non scritta da S. Paolo. Ecco alcune affermazioni del Cap. 11 – “Per la fede Abele offrì a Dio un sacrificio, e per la medesima dopo la morte continua a parlare... Per la fede Enoch fu portato via in modo da non vedere la morte… Per la fede Abramo, chiamato obbedì, per andare verso un paese che egli stava per ricevere in proprietà, e uscì senza sapere dove andava. Per la fede Abramo ha offerto Isacco, quando fu provato. E stava per offrire l’unico figlio, quello che aveva ricevuto le promesse, del quale era stato detto:

“In Isacco tu avrai una discendenza che porterà il tuo nome”. Ecco dunque la prova terribile a cui fu sottoposto Abramo: un unico figlio che doveva essere quello che doveva portare il suo nome, questo figlio doveva essere colui che avrebbe dato ad Abramo una discendenza, una discendenza nella quale sarebbe stata benedetta tutta la gente della terra…e questo figlio deve essere sacrificato. Dio si contraddice in maniera insostenibile! Ecco invece cosa

dice lui, Abramo, secondo l’autore della lettera agli ebrei: “egli pensava infatti che Dio, è capace di far risorgere anche dai morti. Per questo lo riebbe e fu come un simbolo”. Simbolo in che senso? Nel senso che Isacco porta in se una realtà che lo supera, che va molto al di là della sua persona, e questo significa che è offerto, e realmente offerto Isacco, perché Abramo lo stava immolando. E non fu ucciso perché Abramo lo rià. Gesù sarà realmente offerto e si riavrà questo unico figlio nella resurrezione e lo si riavrà in una dimensione completamente nuova, che è la dimensione della vita risorta. Per questo Giovanni dice: “Abramo desiderò vedere il mio giorno, lo vide e ne esultò”. Lo ha visto nel giorno del “sacrificio” di Isacco. Nelle parole della Lettera agli Ebrei c’è dunque una risonanza di quanto è detto nel Vangelo di Giovanni. Ancora una volta dunque dovremmo tirare questa conclusione: quando leggiamo qualche battuta o qualche frammento del Nuovo Testamento dobbiamo tenere presente questa visione complessiva, tener conto che i Vangeli sono la fede di una comunità, o di un gruppo di comunità. Anche le “lettere” sono venute da chi? Quelle di Paolo sono venute da Paolo, il quale girava dappertutto; ma nonostante tutte le varie espressioni c’è una forte convergenza nel dire ciò che riguarda essenzialmente il mistero di Gesù. Noi possiamo e dobbiamo credere a Gesù: anche per questa convergenza. Le varie proposte che vengono da tante voci che sono indipendenti, e così indipendenti che esprimono interpretazioni differenti però con una sostanza che è sempre la stessa! Noi della vicenda di Gesù abbiamo una documentazione formidabile. Ed è tanto più interessante ed attendibile, perché proveniente da diverse parti, da fonti differenti che, non si sono comunicate tra di loro. Quando Paolo scrive non c’è ancora nessun Vangelo. Però noi abbiamo questo coincidere nella sostanza. Se qualcuno mi domanda, ma lei crede in Gesù, io rispondo: certo che ci credo. Perché ci crede? Perché credo nei Vangeli. Questa è una motivazione delle più importanti. Ma ce ne è un’altra che è decisiva: la chiesa dei primi tempi, è una chiesa essenzialmente di “martiri”, i

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quali non avevano alcun interesse nel raccontare bugie; sono stati come travolti dalla verità dei fatti. Qui dunque solo poche battute per far capire la ricchezza, la bellezza e l’interesse che può suscitare in noi la lettura attenta dei Vangeli, messi a confronto fra di loro.

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° INC

IX IX IX IX° S° S° S° SERATAERATAERATAERATA

Nuovo Testamento – I VANGELI 3°

Questa sera volevo con voi, affrontare il tema fondamentale: la formazione dei Vangeli. C’è uno schema molto interessante pubblicato da Avvenire. Comincio subito col dire che noi quando leggiamo i Vangeli andiamo secondo la seguente disposizione: prima il Vangelo di Matteo, poi Marco, poi Luca, poi il Vangelo di Giovanni. Questo è il nostro modo di procedere. Però anche altre volte ho detto che, secondo gli studi più recenti, il Vangelo che è stato scritto per primo, fra quelli che noi leggiamo adesso, è il Vangelo di Marco. "Marco" molto verosimilmente è stato scritto nel decennio 60. Non ha niente su ciò che riguarda l’infanzia di Gesù. Incomincia subito dalla vita pubblica di Gesù. Il Vangelo di Matteo che sembra abbastanza vicino a Marco è più tardivo. Abbiamo da Papia di Gerapoli, uno degli autori molto antichi, che ha scritto intorno al 120 della nostra era, la notizia che Matteo ha scritto in aramaico. Il Vangelo di Matteo in aramaico non lo abbiamo, non abbiamo neanche un frammento. Abbiamo solo il testo greco, e Papia di Gerapoli quando parla del Vangelo di Gesù scritto da Matteo in aramaico dice: "i detti e i fatti". Il Matteo che noi leggiamo non è proprio un Vangelo che mette davanti "detti e fatti". E quando si dice detti – “loghia” in greco – si intende appunto quelle affermazioni che suonano un po’ come slogan. Il Vangelo di Matteo ha sì tante cose interessanti, come i famosi 5 discorsi, sono "detti" ma non hanno il carattere di “loghia”. A conferma basterebbe leggere il primo discorso, capitoli 5,6,7, del Vangelo, il più lungo dei discorsi, quello che si chiama molto rapidamente il Discorso delle Beatitudini. Poi c’è un altro discorso importante, nel Vangelo di Matteo, il Discorso che Gesù rivolge agli apostoli quando li invia, è la normativa dell’apostolato. Quello sulla Chiesa, e poi quello delle parabole, quello che è detto escatologico, cioè sulle ultime cose. Il Vangelo di Matteo ha questa risonanza sui “detti”, (ma non sono propriamente detti) e questo ci ha fatto pensare che l’attuale sia una specie di ritrascrizione da un primitivo Vangelo di Matteo. Il Vangelo di Luca. Credo che convenga leggere l’introduzione.. Un’introduzione che è caratteristica e che è estremamente interessante per vedere come è avvenuta la formazione dei Vangeli. Luca ha scritto, lo sappiamo tutti, il Vangelo e gli Atti degli Apostoli. Sia l’uno che l’altro testo hanno un’introduzione.

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E’ uno che sa il greco e conosce molto bene la letteratura, greca è la sua formazione.Il suo Vangelo è scritto in un greco molto pulito, mentre gli altri 3 Vangeli sono stati scritti si in greco, ma un greco non certamente come quello di Luca. Il che lascia intravedere che al di sotto degli altri 3 Vangeli ci deve essere qualcosa,... che cosa? Andremo a scoprirlo! Intanto leggiamo questo prologo lucano: Cap. 1 "Molti hanno già cercato di mettere insieme un racconto degli avvenimenti verificatisi tra noi, così come ce li hanno trasmessi coloro che fin dall’inizio furono testimoni oculari e ministri della parola. Tuttavia, anch’io, dopo aver indagato accuratamente ogni cosa fin dall’origine, mi sono deciso a scrivertene con ordine, egregio Teofilo, affinché tu abbia esatta conoscenza di quelle cose intorno alle quali sei stato catechizzato". Sono parole di straordinaria importanza, perché si vede subito che è uno schema. Innanzitutto quello che interessa sono gli avvenimenti, gli avvenimenti successi tra noi. Non è tanto lontano il tempo in cui questi avvenimenti sono accaduti: “Sono successi tra noi”. E’ chiaro che Luca non scrive dopo secoli gli avvenimenti accaduti “tra noi”! “Come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni”. Quindi questi avvenimenti li conosciamo attraverso dei testimoni che li hanno conosciuti direttamente. Si tratta di testimoni che erano vissuti con Gesù, fin da principio, e divennero “ministri della Parola”: perciò incaricati, di far conoscere la Parola di Dio, data in testimonianza degli avvenimenti. Questo dunque lo schema: gli avvenimenti, i testimoni, i ministri della Parola! E il ministero della Parola veniva svolto specialmente nelle assemblee; quando ci si trovava nella preghiera. Soprattutto quando ci si trovava per la celebrazione Eucaristica. Di essa c’è una testimonianza antichissima. Nel cap. 10 della 1° Lettera ai Corinti di S. Paolo, che è certamente uno dei testi più antichi, più antico ancora degli stessi Vangeli, noi troviamo il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia, come si trova nei Vangeli. Alcuni contemporanei di Gesù sono diventati predicatori. Perché? Perché lo ha ordinato Gesù stesso: “andate e predicate il Vangelo ad ogni creatura”. Però gli scritti sono stati tanti. E allora viene a proposito quello che diceva Papia di Gerapoli che Matteo ha scritto in aramaico i detti e i fatti di Gesù. Molto verosimilmente questo racconto di Matteo è stato uno dei primi. Matteo essendo un pubblicano danaroso e anche istruito e perciò capace di scrivere, doveva essere stato uno dei primi a mettere per iscritto qualcosa. I Vangeli, così come sono adesso, ci fanno capire che i primi scritti erano molto verosimilmente intorno alla Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo. E questo, per due motivi: 1° motivo – L’estensione dei racconti. E’un’estensione molto più ampia di tutti gli altri racconti,

anche di quelli molto importanti e quindi questa parte della narrazione evangelica pare abbia una sua autonomia, una sua logica. E tutti e 4 i Vangeli presentano questa ampia estensione del racconto della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo.

2° motivo – Luca negli Atti degli Apostoli, Cap. 2, ci mette dinnanzi il primo discorso di Pietro, che ha fatto nel giorno di Pentecoste, quindi il 1° discorso che è stato fatto alla gente a Gerusalemme: “Uomini di Israele ascoltate queste parole, Gesù di Nazaret, uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni che Dio stesso ha operato fra di voi per opera sua come voi ben sapete, dopo che secondo il prestabilito disegno di Dio, è stato consegnato a voi, per mano di empi, voi l’avete inchiodato sulla croce, l’avete ucciso, ma Dio lo ha resuscitato sciogliendolo dalle angosce della morte”. Non dice che Gesù ha fatto questo miracolo, o quell’altro, ma fa sì riferimento ai miracoli, e ciò che interessa è l’annuncio della morte e resurrezione di Gesù.

Questi due motivi inducono a pensare che i Vangeli che noi leggiamo, hanno avuto questo schema. Leggiamo il foglio consegnato, sulla formazione dei Vangeli. Ci sono delle date, sono i decenni

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dopo Cristo. Cristo dovrebbe essere morto dopo il 30, diciamo di solito che è campato 33 anni. E’ molto probabile, perchè Gesù deve essere nato un po’ prima rispetto all’anno che noi abbiamo fatto passare come anno di inizio della nostra era. Dionigi il Piccolo, quello che ha fatto per primo questo conteggio è sicuramente caduto in errore. Essendo dell’alto medioevo non aveva certo le possibilità che ci sono adesso per fare queste indagini. Quindi Gesù deve essere morto intorno all’anno 30 e la Pentecoste è a sua volta verso il 30.

Il primo annuncio degli apostoli è il Kerygma… Che cosa avevano predicato gli apostoli prima di tutto. Quello che li ha impressionati di più, perché loro evidentemente pensavano che Gesù fosse il Messia, un Messia secondo gli schemi che loro avevano nella testa.

Poi invece vedono che muore. Chissà che delusione devono aver sperimentato nell’orto del Getzemani quando sono venuti ad arrestare Gesù. E quando hanno visto come l’hanno trattato, la flagellazione, l’incoronazione di spine. Noi se prendiamo in mano qualche testo che parla della Sindone ci rendiamo conto quanto dolorosa è stata la flagellazione per Gesù fatta dai Romani… per gli apostoli una tensione spaventosa...

E quando si dice che Gesù aveva predetto che sarebbe resuscitato il 3° giorno… Noi diciamo il 3° giorno, facciamo il calcolo: Gesù è morto il venerdì il pomeriggio alle 3; è stato sepolto al calar del sole, è stato nel sepolcro il sabato e poi nella notte è resuscitato. Non sono 3 giorni… Quando nella Bibbia si parla del 3° giorno, specialmente quando leggiamo Osea e anche altri Profeti, il 3° giorno è il giorno di Dio. Quindi quando Gesù dice: il 3° giorno resusciterò, afferma che ci sarà la Resurrezione, il 3° giorno non aveva significato strettamente cronologico. Ci credevano? Non ci credevano? Quando c’è stata la trasfigurazione, Marco racconta che dopo la trasfigurazione, Gesù dice di non dire a nessuno se non dopo la sua Resurrezione quello che avevano sperimentato. E loro si domandavano: cosa vuol dire Resurrezione? (Ce lo domandiamo anche noi, siamo schietti, ci domandiamo cosa significa Resurrezione, è pur sempre un grande luminosissimo mistero).

Ecco allora: il predicare, l’annuncio, il Kerygma, Gesù morto e risorto, è dato essenzialmente dall’esperienza travolgente del giorno della Resurrezione, un’esperienza che loro hanno fatto al di là di tutti gli schemi, e di tutte le attese. Per loro è stata sicuramente una sorpresa impareggiabile, tantè che anche quando il Vangelo di Giovanni ci racconta che Pietro e Giovanni corrono al sepolcro, cosa vedono? vedono sostanzialmente il “vuoto”.

Solo dopo Giovanni entrando nel sepolcro, “vide e credette”: perché ha visto che il sudario, quello che era sul volto Gesù, non era lì con le bende, ma in un luogo piegato a parte. Questo è stato veramente il segno per lui: “in un luogo, piegato, a parte”.

Che cosa sia avvenuto là nel sepolcro, nessuno lo racconta, neanche i Vangeli, nessun Vangelo racconta la Resurrezione, i Vangeli raccontano le apparizioni di Gesù, ma non la Resurrezione. Gesù non l’hanno visto nel suo risorgere.

Questo è il punto centrale e misterioso! E i Vangeli sono ancora più credibili, proprio perché non ti raccontano la Resurrezione. Ti dicono che Gesù è apparso alle donne, a questo, a quell’altro ecc., però non ti dicono la Resurrezione. Fanno riferimenti biblici.

Pietro, nel 1° discorso al quale abbiamo accennato, cosa fa? cosa dice?: “Dio lo ha resuscitato sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere, Dio infatti disse attraverso Davide a suo riguardo: “contemplavo sempre il Signore innanzi a me, poiché egli sta alla mia destra, perchè io non vacilli. Per questo si rallegra il mio cuore ed esulta la mia lingua ed anche la mia carne riposerà nella speranza, perché tu non abbandonerai l’anima mia negli inferi e non permetterai che il tuo santo veda la corruzione”.

Quindi sostanzialmente interpretano la Resurrezione di Gesù come il realizzarsi di una profezia che era stata fatta. Però sono stravolti dal fatto, che vedono ancora Gesù. Ma questo è secondo il

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disegno di Dio, perché è stata fatta una profezia. E difatti la prima predicazione è tutta intessuta di citazioni che vengono dall’Antico Testamento. Non solo. Abbiamo sentito il Papa che fa i discorsi, adesso, su Clemente Romano… L’intenzione del Papa è proprio questa: far vedere che tutti i Padri dei primi tempi sono testimoni di Cristo risorto; e questa verità è, oltre che testimoniata da loro che hanno visto, è testimoniata dall’Antico Testamento che ha formulato la profezia. La prima predicazione di Pietro è secondo questo schema.

Dunque: la prima predicazione, il primo annuncio degli Atti degli Apostoli, il Kerygma (che significa l’annuncio essenziale): Cristo è morto é risorto. Anche i primi scritti sono stati certamente sulla passione e morte di Gesù. Quando Luca, nell’introduzione al suo Vangelo, dice: molti hanno posto mano a stendere un rapporto degli avvenimenti, lui fa sicuramente riferimento a quei racconti, numerosi, sulla passione e morte di Gesù.

Dopo c’è la raccolta dei “detti”, sono specialmente quelli a slogan. Ecco un esempio. - A chi paragonerò io questa generazione, - E’ venuto Giovanni che non mangia e non beve e hanno detto: ha un demonio, - E’ venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, hanno detto che è un mangione e un bevone.

E c’è stata la scrittura delle parabole di Gesù. Un capitolo questo, di grande rilievo. Se guardiamo i Vangeli ci rendiamo conto che le parabole non sono raccontate tutte da tutti i Vangeli. Il discorso più parabolico è quello di Matteo; ma non racconta, per esempio quella del figliol prodigo e del padre misericordioso, la racconta Luca. Chiaramente, dopo aver fatto una predicazione a seconda delle comunità e a seconda delle condizioni di vita di una comunità non potevano mancare i riferimenti a questa parabola, o a quell’altra parabola, a quell’altro miracolo, o a questo miracolo. Quindi: i Vangeli devono aver avuto una formazione così: i fatti, la testimonianza dei testimoni che è diventata predicazione e la predicazione evidentemente era in rapporto alla vita della comunità. Poi la comunità mette per iscritto i Vangeli come noi li leggiamo. Prima deve esserci stato tutto questo lavoro. Non per niente nello schema distribuito si afferma: 1° - Pentecoste : primo annuncio degli Apostoli 2° - Predicazione orale degli Apostoli 3° - Primi scritti perduti.

Anche se uno degli antichi scrittori, Papia di Gerapoli, fa riferimento a un testo in aramaico, (che non abbiamo più), devono esserci stati altri scritti. Pare proprio di sì. Noi troviamo in Marco e Matteo alcuni detti con una formulazione identica. Perciò o Marco è servito a Matteo per scrivere il suo Vangelo, oppure c’erano delle fonti da cui hanno attinto l’uno e l’altro. Forse la cosiddetta fonte di Q? Quindi “i primi detti di Gesù” o sono il Vangelo di Marco, che passa in Matteo, oppure c’é una fonte in cui questi detti si trovavano e da cui hanno attinto e l’uno e l’altro evangelista. E i racconti della Passione e Resurrezione. Questo – quasi sicuramente - è stato il primo racconto ad essere formulato, in corrispondenza anche al Kerygma che ha enunciata essenzialmente la Passione, Morte e Resurrezione di Gesù, il punto centrale e fondamento di tutto.

Importante la predicazione: di Pietro e di Paolo. Queste sono arrivate a noi attraverso il Libro degli Atti degli Apostoli di cui parleremo… Ma la predicazione di Paolo l’abbiamo anche attraverso le sue lettere. Gli scritti di Paolo sono molto antichi. Il più antico è la 1° Lettera ai Tessalonicesi, scritta verosimilmente all’inizio del decennio 50, e non per niente anche nella Lettera ai Tessalonicesi il punto centrale è Morte e Resurrezione di Gesù Cristo. E poi aggiunge subito: non voglio lasciarvi nell’ignoranza circa quelli che sono morti, (lo sentiamo anche durante i funerali) e

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lì parla della Resurrezione di Gesù che è garanzia alla Resurrezione per noi. Questa è la predicazione!

I Vangeli che noi leggiamo sono stati redatti sulla base di questi materiali. In seguito al grande impulso del diffondersi del Cristianesimo, al formarsi delle comunità, nell’ambito delle comunità si creano i Vangeli, specialmente i così detti Vangeli Sinottici. I quali devono essere stati scritti intorno agli anni 70, Marco scrive per i pagani. Mette per iscritto la predicazione di Pietro (dice la tradizione Antica). Matteo scrive per i cristiani provenienti dall’ebraismo. Luca non è ebreo, è di Antiochia di Siria, la prima grande comunità di non ebrei. Antiochia grande metropoli è a nord vicino alla Turchia. E lì la lingua era greca. Qualcuno dice che era un pittore, un artista, (aveva dipinto la Madonna di San Luca a Bologna). Questa sarebbe la formazione dei Vangeli sinottici come indica abbastanza bene il nostro schema. San Clemente Romano, 3° Papa, discepolo di Pietro e morto sul finire del 1° secolo, lui, Clemente Romano ha scritto una Lettera ai Corinzi, di notevole importanza. E anche lì si vede la medesima logica del racconto dei fatti. Questo è lo schema, che ci presentano i Vangeli, che ci presentano soprattutto i primi testimoni come Paolo, e Pietro con la sua predicazione. Tutto questo mi sembrava molto importante da sottolineare.

Una parola sul Vangelo di Giovanni. Perché i primi tre vengono chiamati Sinottici, cosa significa? “Sinottico” è una parola che deriva dal greco che significa, “uno sguardo di insieme”. Se questi Vangeli li mettiamo uno accanto all’altro, si vede proprio che hanno uno svolgimento molto ravvicinato, anche se non identico. Matteo e Marco uno svolgimento ancora più ravvicinato. Luca per certi versi è più distante, però anche lui ha in modo di procedere che è simile a quello di Marco e Matteo. Giovanni invece no. Giovanni ha un suo modo di raccontare. Deve essere stato scritto verso gli anni 90. Questo lascia intendere, che le comunità da cui sono venuti i Vangeli, erano cresciute e progredite.

In proposito voglio farvi un esempio a memoria. Prendiamo il racconto di quel paralitico che è guarito da Gesù. Siccome non si poteva arrivare a Gesù, per la folla, cosa si fa? Via il tetto, giù il paralitico davanti a Gesù. Questo è un fatto che tutti sanno perché fa una certa impressione. Gesù invece di rimproverarlo gli dice: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”. Discussione fra i presenti; “solo Dio può rimettere i peccati”. Gesù che conosce i loro pensieri ed ha percepito questo pensare dice: “Cosa è più facile dire: ti sono rimessi i peccati o dire alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina. Allora affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di rimettere i peccati, alzati, prendi il tuo lettuccio e vai a casa tua”. E davanti a tutti questo prende il suo letto e se ne va a casa. La cosa interessante è vedere le finali come sono messe lì dai 3 evangelisti sinottici. Luca dice che è stato un episodio interessante. Marco dice che la folla era impressionata. Matteo invece dice la meraviglia della gente “perché era stato dato questo potere agli uomini”. Ma perché a Matteo interessava questo finale? Perché lui è l’unico tra gli evangelisti che riporta altri due episodi di Gesù.

Quando Gesù dice a Pietro che ha fatto la confessione: tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente… Gesù risponde: “Beato te Simone, figlio di Giona, perché non la carne o il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”. E io ti dico: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. Qualunque cosa legherai sulla terra sarà legata nei cieli, qualunque cosa scioglierai sulla terra sarà sciolta nei cieli”. Col miracolo del paralitico è già anticipata questa affermazione che Gesù farà parlando a Pietro.

Identica affermazione c’è nel Vangelo di Matteo Cap. 18 quando Gesù fa il discorso agli Apostoli: dice anche a loro: “Qualunque cosa legherete sulla terra sarà legata nei cieli, qualunque cosa scioglierete sulla terra sarà sciolta nei cieli”.

Questo fa capire che Matteo aveva davanti una comunità in cui il problema della remissione dei peccati era un problema molto serio. Lui scrive per gli Ebrei e per gli Ebrei solo Dio può rimettere i

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peccati. Ecco: il Figlio dell’uomo che ha il potere di rimettere i peccati. E la gente rimane strabiliata perché Dio ha dato questo potere agli uomini. Dunque rimarchiamo: i Vangeli sono scritti per le comunità, hanno la risonanza dei problemi che sono delle comunità.

Il Vangelo di Giovanni evidentemente ha una grossa problematica: chi è veramente Gesù? I Vangeli Sinottici sostano sul fatto della morte e resurrezione, invece il Vangelo di Giovanni ha quest’altro interrogativo che si pone tutta la comunità Cristiana: chi è veramente Gesù? Nel suo Vangelo egli mette subito innanzi a noi il fatto dell’incarnazione; “il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria”. Ecco questo è lo scopo e si capisce, si coglie subito nelle prime battute del Vangelo di Giovanni.

E se guardiamo attentamente ci rendiamo conto che la sua preoccupazione è sempre questa: mostrare appunto che Gesù è il verbo incarnato: l’incarnazione di Dio. Facciamo un esempio. Nel Vangelo di Giovanni: “Le nozze di Cana”. Gesù cambia l’acqua in vino. Ma lo sposo, chi è? E’ lui Gesù lo sposo! Perché è Lui che cambia l’acqua in vino. Non solo. Lui Gesù ha davanti a sé la “donna”. Notare bene: perché Lui la Madonna non la chiama “madre” ma la chiama “donna”? Chiaramente perché vuol dire che Lui è lo sposo la Madonna e la nuova Eva, la donna. In Osea, in Isaia, il Messia e chiamato “lo sposo”. Gesù ha un rapporto particolare con Maria santissima, che – ripeto – viene chiamata donna e da questa donna verrà la nuova generazione! E questa nuova generazione quando verrà?

Quando il Vangelo di Giovanni ci metterà davanti ancora una volta Gesù e la donna: “donna ecco tuo Figlio”. Lo sposo, che finisce la sua vita in una donazione totale, là sulla croce, perché ci sia una nuova generazione. Le Nozze di Cana sono strettamente collegate con la croce. Perché lì c’è Gesù e la Madonna, e viene declamata la missione di questa donna: “ecco tuo Figlio”, ed al Figlio: “ecco tua madre”.

Questo anche per dire che il Vangelo di Giovanni ha delle sottigliezze che non compaiono subito. Se si fa un’attenzione forte ci si rende conto che non c’è soltanto il fatto. Dietro il fatto l’evangelista ricerca i significati. E che significati! Come dietro il fatto della moltiplicazione dei pani. Anche i Sinottici parlano della moltiplicazione dei pani. Addirittura Marco e Matteo la raccontano due volte. Giovanni la racconta una volta sola, ma che portata ha dato Giovanni alla moltiplicazione dei pani!

Basta leggere il Cap. 6 del suo Vangelo per rendersi conto veramente che questo è stato un fatto strepitoso al punto che Lui dice: “Se non mangiate la mia carne e non bevete il mio sangue non avrete in voi la vita”. Si poteva mangiare la carne e bere il sangue? Secondo l’Ebraismo non si poteva mangiare la carne e bere il sangue, tant’è che dice a queste parole di Gesù “molti discepoli non vanno più con Lui”. E Gesù domanderà ai dodici: “Volete andarvene anche voi?” Per dire che questo è il momento centrale. Volete andarvene anche voi? E Pietro dirà: “Signore da chi andremo, tu hai parole di vita eterna, noi abbiamo visto e creduto che tu sei il Santo di Dio”. Ancora una volta dietro il miracolo, della moltiplicazione dei pani, Giovanni scopre la realtà che questi, Gesù, è il Figlio di Dio, è la vita del mondo: “chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.

Giovanni dimostra ormai un cristianesimo che è arrivato non soltanto a stabilire i fatti, a credere ai fatti essenziali che sono passione, morte e resurrezione. Il Vangelo di Giovanni rappresenta quell’altro passo, forte, importante: Chi è veramente Gesù? Gesù è il Verbo di Dio incarnato!

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Questo mi sembra importante dire riguardo ai Vangeli. Questo mi pare che possa essere una introduzione che riesce a dare la possibilità di una migliore comprensione di tutti i testi dei Vangeli che noi leggiamo.

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Nuovo Testamento – I VANGELI 4°

Siamo vicini a Pasqua. Ho pensato di vedere un po’ con voi che cosa dicono i Vangeli sulla Resurrezione. Invito ancora una volta a leggere i Vangeli in modo Sinottico, cioè l’uno accanto all’altro. Sappiamo che i fatti della Resurrezione sono stati, insieme a quelli della Passione, i più raccontati. Chi legge i Vangeli si rende conto che la Passione è di gran lunga la più estesa di tutti gli altri racconti. E accanto alla Passione c’è il racconto della Resurrezione. Io ho preparato questi fogli con i racconti della Resurrezione. Basta uno sguardo velocissimo per rendersi conto che Matteo occupa una colonna, Marco occupa una mezza colonna e poi c’è un’altra mezza colonna che è stata aggiunta dopo. Luca è molto più lungo due colonne e un po’; Giovanni una colonna e mezza. Il Cap. 20, come potete osservare ha il Cap. 21 come un’appendice, aggiunta successivamente.

Un piccolo consiglio.Questa sera non possiamo leggere tutto, però ho chiesto di fare queste fotocopie, in maniera che voi possiate leggerle a casa. Ora traiamo semplicemente qualche spunto che può aiutare nella lettura che voi farete. La Resurrezione è il centro di tutta la nostra fede, il fondamento di tutto il nostro credere. Se non fosse risorto Gesù, la religione cristiana non esisterebbe: lo aveva già detto S. Paolo nella 1° Lettera ai Corinzi. Lettera che è stata scritta intorno al 53, 55. I cristiani di Corinto facevano fatica ad accettare la Resurrezione. Pensavano alla Resurrezione come una rianimazione e quindi per loro la Resurrezione-rianimazione era qualcosa di negativo, perché il corpo lo pensavano come una prigione dell’anima. Quindi ritornare in prigione non era per niente interessante, al contrario! Per questo facevano fatica ad accettare la Resurrezione di Gesù. S. Paolo scrive dunque ai Corinzi (Cap. 15 prima Lettera) una catechesi sulla Resurrezione. Se Cristo non è risorto è vana la vostra fede, voi siete ancora nei vostri peccati, quelli che sono morti in Cristo sono perduti. Se poi noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita siamo da compiangere più di tutti.

Un testo molto rilevante: la Resurrezione di Gesù è proprio il centro fondamentale, che dà senso al nostro credere, alla nostra vita, al cristianesimo. Sulla Resurrezione di Gesù gli apocrifi si sono sbizzarriti in una maniera incredibile, hanno raccontato tante di quelle cose… I Vangeli canonici invece sono abbastanza sobri.

In nessuno dei Vangeli si descrive la Resurrezione di Gesù; l’unico cenno è nel testo di Matteo dove si dice che: vi fu un gran terremoto, un angelo del Signore è sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra, si pose a sedere su di essa.

Perché non viene descritta la Resurrezione di Gesù? Perché ovviamente nessuno era presente quando Gesù è risorto. Nessuno di loro aveva pensato di mettersi vicino al sepolcro per vedere quando sarebbe risorto. Ma lui non aveva detto che il 3° giorno sarebbe risorto? E i soldati?

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L’unico che fa riferimento ai soldati è ancora il Vangelo di Matteo; parla dell’Angelo “che è sceso dal cielo, rotolò la pietra, il suo aspetto era come la folgore, il suo vestito bianco come la neve, per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite”. Chiaro: neanche i soldati dicono come è avvenuta la Resurrezione di Gesù. Anzi poco più avanti il Vangelo di Matteo dice: “mentre le donne erano per via alcune delle guardie giunsero in città e annunziarono ai sommi sacerdoti quanto era accaduto, allora questi si riunirono con gli anziani e deliberarono di dare una buona somma di denaro ai soldati dicendo: dichiarate: i suoi discepoli sono venuti di notte l’hanno rubato mentre noi dormivamo, e se mai la cosa verrà all’orecchio del governatore noi lo persuaderemo e vi libereremo da ogni noia. Quelli presero il denaro, fecero secondo le istruzioni ricevute così questa diceria si è divulgata fra i giudei fino ad oggi”.

Quindi i soldati non descrivono la Resurrezione di Gesù. E’ verosimile che i soldati abbiano descritto l’evento angelico. Dunque la Resurrezione di Gesù non è stata vista. E’ evidente che i Vangeli, con questo modo di procedere, vogliono far capire che la Resurrezione è veramente il centro del Mistero Cristiano, e quindi è indescrivibile. Lo stesso Paolo al Cap. 15 della Lettera ai Corinzi quando parla della Resurrezione dice: “se semino un corpo animale risorgerà un corpo spirituale, se semino un corpo mortale risorgerà un corpo immortale, se semino un corpo che è incapace di vita risorgerà invece un corpo glorioso”. Ecco io credo che questo vada sottolineato perché quando si parla della Resurrezione di Gesù si intende il passaggio da un modo di essere che è il nostro modo sperimentale, quello che conosciamo tutti i giorni, a un “modo” che non sappiamo, che non conosciamo.

Noi conosciamo solo alcune indicazioni che ci sono date dalle Scritture. La più bella, anche se non parla direttamente della Resurrezione, è quella che ci dà Giovanni nella sua 1 epistola al Cap. 3: “Noi fratelli fin d’ora siamo figli di Dio, ma quello che saremo non è ancora apparso; quando Egli apparirà noi saremo simili a Lui, perché Lo vedremo così come Egli è”. E quello che noi abbiamo di somiglianza alla Resurrezione è la Trasfigurazione, tant’è che Paolo stesso scrivendo ai Filippesi dice: “la nostra patria è nei cieli di là aspettiamo Gesù, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo a immagine del Suo corpo glorioso. Noi a volte ci interroghiamo: come sarà di là? Questi sono gli elementi che possiamo dare, se vogliamo essere non fantasiosi. Poi la fantasia si può sbrigliare, si può anche pensare che di là saremo... Io penso di essere sempre al pianoforte. Ci potrebbe essere un riconoscimento di là? Io penso di sì, perché S. Paolo quando parla del nostro andare verso il Signore usa la parola “insieme”. Questo “insieme” non può essere anonimo, perché non sarebbe più insieme. Usare la parola “insieme” credo che supponga anche un riconoscimento tra marito e moglie, tra figli, tra padre e madre. Anche se Gesù dice che non sarà più un rapporto come qui sulla terra. A - Prendiamo il testo di Marco, che è il testo più antico. Questo ci riconduce al credo della prima comunità cristiana. Da quanto è stato trovato a Qumram sembra che il testo di Marco o almeno ciò che gli ha fornito il materiale fosse già scritto nell’anno 50 e quindi a una ventina d’anni dalla morte di Gesù. Cosa credeva la prima Chiesa Cristiana? “Passato il sabato”, perché venerdì Gesù muore, il sabato è giorno di assoluto riposo, “passato il sabato” Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome, comprarono gli aromati per andare ad imbalsamare Gesù”. Un modo di dire comune. Le salme venivano imbalsamate. Quasi sicuramente, Gesù essendo morto verso l’ora nona (le 3 del pomeriggio) non hanno potuto imbalsamarlo il giorno della sua morte. Prima dovettero andare da Pilato e chiedere di poterlo togliere dalla Croce e portarlo nel sepolcro. Perciò di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: “Chi ci rotolerà via il masso dall’ingresso del sepolcro? Ma guardando,videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande”.

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Entrando nel sepolcro,videro un giovane, seduto sulla destra, segno positivo, vestito di una veste bianca, - riferimento angelico, - ed ebbero paura”! Sempre, come nell’Antico Testamento, quando c’è un

riferimento soprannaturale, c’è la paura, il timore”. Ma egli disse loro: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocefisso. E’ risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l’avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea”. Marco conclude il Vangelo così. C’è l’essenziale, c’è una stringatezza che ci interroga. E’ risorto, il Crocefisso, non è qui, venite a vedere il luogo dove l’avevamo posto. Cose che si possono vedere, sperimentare, osservare. E’ la Resurrezione detta da questo annuncio angelico! Loro sono piene di timore, sono di fronte ad un fatto di natura assolutamente soprannaturale. E con questo timore che fuggono e non dicono niente a nessuno. Sottinteso: ritornate alla vostra vita di prima, in Galilea, là lo vedrete, vi precede. Questo è il modo di raccontare di Marco, e questo è il modo di raccontare dei primi cristiani. Sono state le donne le prime a dire così. Tra l’altro è da notare che per gli Ebrei la testimonianza della donna non aveva valore. In giudizio la testimonianza della donna non era tenuta in conto. Invece qui abbiamo un rovesciamento completo del modo comune di pensare.

Non sappiamo quando (verso la fine del primo secolo?) al Vangelo di Marco è stata fatta un’aggiunta: “Ecco: Resuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Magdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, (Emmaus) mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. Gesù disse loro: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura”. Segue un’esposizione catechistica”. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno. Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano”.

Questo è un tratto che riassume quello che c’è negli altri Vangeli. E’ stato aggiunto (come lo possiamo vedere nei manoscritti ritrovati), sul finire del primo secolo. E’ contemporaneo del Vangelo di Giovanni. Non c’è in tutti i codici. Per diverso tempo è stato ritenuto un’appendice, un’aggiunta da non confondere con il Vangelo. Quello che c’è nel Vangelo nella prima parte che abbiamo letto è l’essenziale! Gli altri 3 evangelisti hanno lo stesso schema anche se più diffusamente descritto. Primo – il trovare il sepolcro vuoto da parte delle donne. Matteo e Luca hanno questo schema, e anche Giovanni, il quale parla soprattutto della Maddalena. Quindi il primo elemento che si trova in tutti gli evangelisti è la scoperta del sepolcro vuoto da parte delle donne.

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B – Matteo: ecco il suo testo. “Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, Maria di Magdala e l’altra Maria andarono a visitare il sepolcro. Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma l’angelo disse alle donne: “Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il Crocefisso. Non è qui. E’ risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto”. Si vede subito – come detto - che Matteo e Marco hanno il medesimo schema. C – Luca: il racconto più esteso. “Il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, - le donne - si recarono alla tomba, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro; ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre erano ancora incerte, ecco due uomini (visione soprannaturale, angelica molteplice) apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti. Essendosi le donne impaurite e avendo chinato il volto a terra, essi dissero loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo” Non è qui, è risuscitato. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea (Se voi conoscete le Scritture, se voi ricordate le parole di Gesù, voi capirete che doveva risorgere. Matteo e Marco non hanno questo riferimento, in Luca è molto esteso) dicendo che bisognava che il Figlio dell’uomo fosse consegnato in mano ai peccatori, che fosse crocifisso e risuscitasse il terzo giorno”. Ed esse si ricordarono delle sue parole, e, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria di Magdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre, ( per Luca ci sono più donne, come aveva detto, quando Gesù portava la croce, delle donne che piangono su di lui; negli altri 2 evangelisti Matteo e Marco, questo episodio non c’è; Luca lo sottolinea e così riprende) che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse. Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l’accaduto”.

Dunque per poter accettare la Resurrezione di Gesù bisogna avere il cuore aperto alla fede; senza la fede c’è il sepolcro vuoto, ed allora si può immaginare che il corpo sia stato rubato! Gli evangelisti non fanno apertamente questo ragionamento, è evidentemente implicito. Luca poi presenta il racconto dei due che vanno ad Emmaus. Loro non lo riconoscono. Però quando Lui spiega le scritture, dice ancora Luca, il loro cuore freme. Non solo, ma quando lo invitano a restare, Lui si ferma con loro e quando è a cena spezza il pane. Lo riconoscono nello spezzare il pane! E’ un modo molto chiaro per far capire: se tu hai ascoltato la Sacra Scrittura, se tu hai sentito il cuore vibrare e aprirsi nell’ascolto della Sacra Scrittura, se poi tu partecipi a questo spezzare il pane, allora tu lo riconosci. Quando lo hai riconosciuto cosa succede? Che questi due ritornano a Gerusalemme ad annunciare che hanno incontrato il Signore. E quando arrivano a Gerusalemme trovano riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: “Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone”. Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Quindi per riconoscere Gesù risorto occorre, secondo la traiettoria lucana, non soltanto fare l’esperienza del sepolcro vuoto, non soltanto sentire dalle donne che hanno avuto questa indicazione dall’angelo, bisogna camminare con Gesù, sentire la spiegazione della Scrittura, spezzare il pane con Lui: allora lo riconosci! E’ quindi è un cammino di fede! L’intermezzo Emmaus è rilevante: Gesù si può riconoscere, Gesù si manifesta, però non lo si riconosce subito, lo si può riconoscere attraverso il cammino di fede: le scritture, e lo spezzare il pane: l’eucaristia! L’apparizione agli Undici – “Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma”.

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Non hanno visto la Resurrezione, hanno sentito i due che erano tornati da Emmaus, sapevano che era apparso a Simone, e adesso che sono lì tutti insieme pensano di vedere un fantasma, come quando Gesù cammina sulle acque.

Tutti gli episodi soprannaturali hanno un aspetto di immediata difficoltà ad essere creduti. Quando la Madonna è apparsa a Bernardette cosa le era stato consigliato? Prendi l’acqua santa e spargila perché può essere il diavolo. Chi è stato a Medugorje sa che quelli di Medugorje quando hanno per la prima volta visto la Madonna sono scappati. E’ una reazione spontanea. Loro, anche noi abbiamo una parola: ”fantasma”, non abbiamo un’altra parola. Ma Egli disse: “Perché siete turbati, perché sorgono dubbi nel vostro cuore, guardate le mie mani, i miei piedi, sono proprio io, toccatemi, guardate, un fantasma non ha carne, ossa, come vedete che io ho”. Una breve parentesi sul Vangelo di Giovanni: Tommaso! “Se io non metto il dito al posto dei chiodi, non metto la mia mano nel suo costato, io non credo “. Evidentemente nessuno era disponibile ad accettare che un crocefisso risorgesse. Ci sono stati diversi prodigi, ma chi poteva essere facilmente disponibile ad una accoglienza di questo tipo? Gli evangeli mettono in evidenza con queste battute la difficoltà che gli Apostoli avevano ad accettare la Resurrezione di Gesù. Più facilmente l’accettano le donne. Anche le indicazioni del Vangelo di Matteo dicono che le donne parlano. (Marco invece le carica di paure, e non parlano). Le donne sono più facili nell’accettare la resurrezione; gli uomini, gli apostoli, non sono altrettanto disponibili. Sembra che ci sia, qui, una specie di teologia: la donna è più facilmente disponibile alla fede. Leggiamo ancora Matteo: “Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: “Salute a voi”. Ed esse, avvicinatesi, gli cinsero i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: “Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno”.

E di fatto le donne vanno a dare l’annuncio ai discepoli. Corsero già prima a dire, quello che avevano visto dell’angelo. E questa apparizione di Gesù le rende immediatamente capaci di accettare e di adorare.

Secondo Matteo gli undici discepoli, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. “Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi, alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinandosi disse loro: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”. Matteo conclude così il suo racconto. Per Matteo alcuni dubitano. E’ un’espressione sintetica per dire che tutto quanto raccontato prima era stato un travaglio non da poco, fatto anche di dubbi. Il ritorno in Galilea non deve essere stato immediato, doveva essere passato del tempo… Tra Gerusalemme e la Galilea c’era un percorso non da poco: 150 km. In Galilea hanno questo incontro con Gesù. In Galilea forse sono tornati ai loro comuni lavori. Dice infatti il Cap. 21 di Giovanni che tornano a fare i pescatori. E dopo una notte di pesca senza risultato fanno una pesca sovrabbondante perchè Gesù è là sulla spiaggia che li aspetta e ha preparato per loro il pesce già arrostito sul fuoco. Chi lo riconosce? il discepolo che Gesù amava: è Giovanni! Allora Pietro si cinge la veste, si butta in mare e arriva subito alla spiaggia.

Dopo Gesù lo interroga: mi ami tu?

Dunque per Matteo qualcuno dubita. Per Giovanni è Tommaso che dubita. Lui il più dubitoso è quello che

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attraverso il dubbio i suoi interrogativi arriva a una professione di fede suprema: mio Signore, mio Dio!

Questo è veramente molto interessante, molto umano. Tutti noi abbiamo degli interrogativi. Però se hai il cuore aperto, se hai il desiderio di incontrare il Signore, se c’è l’attesa del Signore (come ha fatto Tommaso), il Signore si manifesta: se si è ubbidienti al Signore seguendo la Scrittura che rivela, allora i tuoi dubbi, i tuoi interrogativi vengono soddisfatti, e il Signore ti si rivela.

A questo punto torniamo per un istante a Luca. Al “fantasma”. E Gesù disse: “Toccatemi, guardate: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho”. Dicendo questo mostrò loro le mani e i piedi ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti disse: “Avete qualcosa da mangiare”, gli offrirono una porzione di pesce arrostito. Lo prese e lo mangiò davanti a loro. Poi disse, (ecco la caratteristica di Luca già accennata nei confronti delle donne): “Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi”. “Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi”. Il riferimento ai salmi è sorprendente, perché di solito si dice “legge e profeti”. Qui invece si aggiunge anche: “i salmi”. Per dire che anche attraverso la preghiera si incontra il Signore. I salmi erano la preghiera. “Allora apri loro la mente all’intelligenza delle scritture”. E’ uno dei tratti lucani salienti. Perché si crede a Gesù Cristo? Perché tutta la scrittura dell’Antico Testamento confluisce verso di lui: “non sono venuto ad abolire la legge e i profeti sono venuto per portare a compimento”.

“Così sta scritto: - continua Luca - Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il 3° giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni”.

Quindi rimarchiamo ancora: sepolcro vuoto, annuncio alle donne, l’apparizione alle donne, l’apparizione ai due che vanno a Emmaus, l’apparizione a tutti i discepoli, e poi l’invio dei discepoli. Nei Vangeli sinottici è questo lo schema. Poi Luca racconta anche l’Ascensione di Gesù. E’ l’unico degli evangelisti… Marco invece, nella appendice vi accenna catechisticamente, come oggetto del credere. D - Giovanni – “Nel giorno dopo il sabato Maria di Magdala - lui fa riferimento alle donne ma soprattutto a Maria di Magdala, il che non è in contrasto con il resto perché Maria di Magdala é citata anche negli altri evangeli, però lui qui ne fa un particolare ritratto - si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!”. Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette”. Pensiamo per un momento: le bende venivano messe sulle gambe, sulle braccia e il sudario sul volto. Perché Giovanni scrive: “vide e credette”? Ovviamente se avessero portato via Gesù dal sepolcro non stavano lì a

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togliere le bende, e tanto meno a piegare il sudario per metterlo in un posto a parte. Verosimilmente, anche se non è detto, esplicitamente sembra che le bende siano come afflosciate, quasi che Gesù sia come vaporizzato. Le bende per terra e il sudario: un segno che ha lasciato il Signore. Infatti Giovanni alla fine dirà: “Molti altri segni fece Gesù”. Questo è un segno che ha lasciato Gesù. Un segno che ha lasciato l’angelo? Un segno che fa dire: “Vide e credette”. Poi si aggiunge: “Non avevano infatti ancora compreso la scrittura, che Egli doveva risuscitare dai morti”. Ancora una volta, per poter capire che Gesù è risorto, sì il sepolcro vuoto, sì le bende, sì il sudario, ma la Scrittura! Essa è il primo riferimento per Giovanni e Luca. Allora i discepoli se ne tornarono di nuovo a casa. Invece Maria di Magdala rimane lì, al sepolcro. Maria Maddalena vede il Signore. – “Maria invece stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi”: Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stata lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: “Donna, perchè piangi? Chi cerchi”. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”. Gesù le disse: “Maria!”. Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbuni!”, che significa: Maestro! Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro” . Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” ”e anche ciò che le aveva detto”. Poi Giovanni racconta la visione dei discepoli insieme. Giovanni ha posto prima la visione data a Maria di Magdala. Sembra suggerire che Maria lo vede perché è rimasta lì, piange, vuole stare con il Signore! Se lo hai portato via tu dimmi, che io vado a prenderlo! Non può far senza di Lui. I discepoli vedono il Signore – “ La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi”. Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi”. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. Questa è l’apparizione ai discepoli: è la più carica di significati! Come il Padre ha mandato me io mando voi; alitò su di loro: ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi. E’ la nuova vita. E’ il potere di rigenerare il mondo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi. Il male può essere vinto, cancellato dall’anima credente e penitente. Questo ci fa capire che il Vangelo è scritto con tanta attenzione. Ogni parola è misurata. Ogni parola ha una sua portata. Ogni parola ha un significato grandissimo. Segue il racconto di Tommaso cui abbiamo già accennato. La conclusione: “molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro, questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il figlio di Dio, perché credendo abbiate la vita nel suo nome”;

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La finalità è sempre la stessa: la fede! Perché se c’è la fede c’è la vita, c’è l’incontro con il Signore. Se c’è la fede tutto si fa chiaro. E gli elementi, che tutti possono vedere diventano di particolare significato: come le bende, il sudario, la pietra rovesciata...

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Gli Atti degli Apostoli

Secondo il nostro programma questa sera dobbiamo dire qualcosa sugli Atti degli Apostoli. Dico subito che il Libro degli Atti degli Apostoli è molto letto dalle Liturgie. Chi di voi ha il gusto di andare a Messa tutti i giorni si sarà certamente accorto che nei giorni del tempo pasquale (da Pasqua a Pentecoste) si legge sempre il Libro degli Atti degli Apostoli. Non solo. Tutti gli anni nel tempo pasquale la domenica si ha come prima lettura il Libro degli Atti degli Apostoli.

Quindi un libro molto letto dalla Liturgia. Ma la mia sensazione è che sia i preti, sia la gente che va a Messa tutti i giorni, non lo conoscono a fondo. Ed è un libro molto, molto interessante! E’ stato scritto dall’evangelista Luca. Stesso stile del Vangelo. Ma un prologo molto simile a quello del Vangelo. E nel prologo del Libro degli Atti si richiama il Vangelo. Non solo. C’è una visione teologica comune che domina il Vangelo, e gli Atti degli Apostoli. Deve essere stato scritto, come il Vangelo, intorno agli anni 70. Se si potesse dargli un altro titolo, invece di chiamarlo Libro degli Atti degli Apostoli, lo chiamerei: “Storia della Chiesa primitiva”.

Infatti nel Libro, si parla della storia che va dall’Ascensione di Gesù fino all’arrivo di Paolo a Roma: quindi, grosso modo, gli anni che vanno dal 30 fino al 63-67, della nostra era. Circa 35 anni di storia della Chiesa primitiva. E se fosse lecito mettere un sottotitolo scriverei: “Da Gerusalemme a Roma: la conquista”! Perché ci fa vedere questa Chiesa, che parte da un piccolo nucleo di Gerusalemme, che si espande, arriva ai luoghi più vicini: la Samaria, la Giudea del Sud, la Siria, Antiochia di Siria; poi l’odierna Turchia, la Macedonia, la Grecia: Atene, Corinto soprattutto; infine Roma. Paolo arriva a Roma prigioniero, ma da prigioniero evangelizza. Della morte di Paolo negli Atti non si parla.

Qualcuno ha ipotizzato che deve essere stato scritto prima degli anni 70, quando Paolo era ancora in vita! Può essere. Però può essere anche non così, perché il Libro degli Atti mira a far capire che quanto aveva detto Gesù: “mi sarete testimoni iniziando da Gerusalemme fino alla Samaria, fino agli estremi confini del mondo”, è compiuto. Roma a quei tempi era considerata l’estremo confine del mondo. Quando Paolo evangelizza Roma la missione è realizzata, la profezia di Gesù si è verificata.

Credo che sia utile fare un’annotazione. Gli Atti sono, dal punto di vista storico, interessanti perché contengono riferimenti riscontrabili. Si dice, quando Paolo era a Corinto, che il procuratore era Gallione. Dagli storici romani sappiamo che Gallione è stato a Corinto negli anni che vanno da 50 a 60. Secondo Luca, Paolo arriva a Corinto proprio in questo tempo. Quindi Luca scrive con l’attenzione dello storico, anche se il suo modo di fare la storia non è il nostro modo cronachistico.

E’ un modo essenzialmente ispirato da una visione teologica, quella detta da Gesù: “mi sarete testimoni” da Gerusalemme fino a Roma. Perciò lui inquadra gli avvenimenti di cui è venuto a conoscenza, che sono anche documentati, in questa visione teologica che sta alla base del suo racconto. E li ordina non secondo la cronaca (che non esclude) ma soprattutto con un criterio di tipo teologico. Questo è importante, da tener presente!

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Ieri è successo il pandemonio a Milano con la Cinatown e questa mattina ho acquistato vari giornali per mettere a confronto i vari articoli su questo fatto. Sempre, specialmente negli articolo di fondo, c’è una visione storica che non è da contraddire, però ciascuno ha la sua visione. Quando si parla dei Vangeli o degli Atti degli Apostoli si afferma che non sono attendibili storicamente. Se mi dici “cronachisticamente” forse ci sto, se mi dici “storicamente” non ci sto, affatto! Bisogna capire qual è la chiave di lettura che l’autore si propone. E la chiave di lettura che il nostro autore si propone è chiarissima perché fin dal principio lui parla della “testimonianza” che la Chiesa deve dare fin agli estremi confini del mondo. Questo mi sembrava di dover dire subito in prima battuta. Adesso, alcune altre battute sul contenuto di questo libro. Quando si fanno le divisioni la scelta è sempre un po’ aprioristica; io grosso modo, accetto l’impostazione della Bibbia di Gerusalemme, che ci propone 5 parti oltre un prologo molto breve.

La 1° Parte : La Chiesa in Gerusalemme. (cap. 1-5) La Chiesa in Gerusalemme ha questi avvenimenti, fondamentalmente. Prima di tutto, per gli Apostoli che sono lì, la Pentecoste. E’ il primo grande avvenimento. Viene descritto con attenzione. Segue il Discorso di Pietro nel giorno di Pentecoste. La Pentecoste è descritta soltanto nel Libro degli Atti, tantè che qualcuno l’ha chiamato “Vangelo dello Spirito Santo”.

Qui infatti lo Spirito Santo viene nominato frequentemente. Per esempio Paolo quando arriva a Efeso (Cap. 19) dice ai discepoli: “Avete ricevuto lo Spirito Santo? Lo Spirito Santo? Mai sentito parlare dello Spirito Santo! E allora: “ma siete stati battezzati?” “Si, col Battesimo di Giovanni Battista”. Noi di solito quando parliamo del Battista non teniamo conto che ha avuto una scuola importante, e dei discepoli. Se Paolo, quando arriva a Efeso (siamo nel decennio 50 e quindi circa 25 dopo la morte di Gesù e di Giovanni Battista), i suoi discepoli sono ancora li… a Efeso…. “Abbiamo ricevuto il Battesimo di Giovanni Battista”…

Allora lui – Paolo - fa la catechesi completa e poi li fa battezzare nel nome di Gesù. Questo per dire che lo Spirito Santo e la Pentecoste sono elementi estremamente importanti per il nostro autore. E’ evidente che oltre a quell’impianto teologico, cui abbiamo accennato, c’è l’idea che la primitiva Chiesa, che arriva agli estremi confini del mondo, ha alle spalle il comando di Gesù, ed ha come anima lo Spirito Santo. Il Discorso di Pietro.

Il Libro degli Atti riporta diversi discorsi di Pietro. Un’altra delle “contestazioni” del Libro degli Atti è questa. Certamente – si dice – i discorsi li ha inventati Luca. Come poteva ricordarli? Era là? Luca è un ellenista, viene da una famiglia con simpatie ebraiche, però non è dell’Ebraismo, quindi non era là, con Pietro. Li ha inventati, come gli storici antichi inventavano i discorsi dei protagonisti di cui parlavano. Io sono di un altro parere.

Quelli di Paolo nel Libro degli Atti, (di cui Luca era quasi sicuramente discepolo, tantè che un certo numero di versetti nel Libro sono stati scritti con la versione “noi”) deve averli vergati lui, mentre quelli di Pietro, molto probabilmente, erano discorsi che venivano letti nelle Chiese dei primi tempi, proprio per l’autorità di Pietro! E quindi questi discorsi devono essere stati messi in circolazione, per una specie di catechesi, “attraverso i foglietti”. Come si faceva in Russia ai tempi del comunismo, quando non si potevano stampare libri, si facevano girare i foglietti. Così avveniva

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nei primi tempi della Chiesa. Non c’era evidentemente una Bibbia per i cristiani. C’era questa specie di circolazione di discorsi. Il metodo ha fatto sì che molti “detti” anche di Gesù venissero fatti circolare. I più importanti a memoria, quegli altri attraverso piccoli scritti. I primi capitoli del Libro degli Atti potremmo dunque chiamarlo: “La Chiesa in Gerusalemme”. Sembra, che questa storia sia stata abbastanza “breve”. La 2° Parte: Le prime Missioni. (cap. 6-12)

Il nostro Libro mette in relazione le prime Missioni alle difficoltà della Chiesa di Gerusalemme, perché viene perseguitata. Gli Apostoli cominciano ad essere perseguitati dai “grandi”: e allora, si disperdono. Soprattutto dopo l’uccisione di Stefano la Chiesa si allarga. La dispersione diventa l’occasione di annunciare il Vangelo anche altrove: in Samaria, fino ad Antiochia di Siria, che rappresenta uno dei punti di rilievo della Missione espansiva della Chiesa. La prima persecuzione viene soprattutto dal mondo Rabbinico, che voleva stroncare la Chiesa nascente. In questo mondo persecutorio emerge la figura di Saulo.

Lui si converte intorno agli anni 37-38, dopo 8-10 anni dalla morte di Gesù. Era nato a Tarso (in Turchia) ma aveva dei famigliari a Gerusalemme. (Tantè che quando arriva a Gerusalemme, dopo che è stato in giro nel mondo per la predicazione lo vogliono linciare. Al centurione romano dice: “Io sono cittadino romano”. Lui lo fa togliere dalle mani dei Giudei.

Ma i Giudei organizzano una congiura. Se non chè “suo nipote” viene a saperlo, va dal centurione glielo dice e lo dice anche a Paolo, che viene trasferito a Cesarea. Aveva dunque dei famigliari a Gerusalemme). Nella 2° Parte del nostro Libro, emerge – come detto - la figura di Saulo, che è uno degli accusatori di Stefano. Subito diventa uno dei protagonisti della persecuzione. Vuole andare a Damasco. Questo ci fa capire una realtà di rilievo: se lui vuole andare a Damasco a prendere i cristiani, vuol dire che gli ebrei avevano a Damasco una specie di governo autonomo, e vuol dire anche che là erano arrivati i cristiani che appartenevano all’ebraismo, cristiani convertiti. Il Libro degli Atti, tutti questi particolari, non li dice, però li lascia intendere e sono molto interessanti perché fanno capire che la diffusione della primitiva Chiesa è arrivata anche a Damasco in Siria: la diaspora ebraica era notevolmente diffusa! E’ su questa strada che incontra Gesù e cambia completamente la sua vita: da persecutore ad apostolo, instancabile. La 3° Parte del Libro presenta: La conversione di Paolo e le sue prime Missioni insieme con Barnaba. (Cap. 13-15). Partendo da Antiochia di Siria Paolo e Barnaba fanno il primo viaggio missionario a Cipro e poi nelle prime città dell’odierna Turchia fino ad Antiochia di Pisidia. Ma c’è anche qui un particolare da dire che il Libro ci fa capire: quando Paolo ha la visione sulla via di Damasco, diventa subito predicatore di Gesù, lì a Damasco, lì nelle Sinagoghe, lì c’erano coloro che erano cristiani anche se non si parla di una Chiesa organizzata. Poi va a Gerusalemme. I cristiani di Gerusalemme lo temono. Lo fanno partire per Tarso. Non sappiamo quanto tempo vi rimane: 2-3-4-5 anni. Sarà Barnaba che quando vede la Comunità Antiochia, dove è stato mandato dagli Apostoli e dove i cristiani vengono chiamati “cristiani” (prima venivano chiamati discepoli di Gesù Nazzareno), va a chiamare Saulo, lo introduce in questa Comunità e di lì loro due partiranno per il primo viaggio Missionario. Quindi Barnaba è l’introduttore di Paolo nella Chiesa di Antiochia: una figura veramente importante quella di Barnaba, per l’Apostolo Paolo.

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Paolo aveva un temperamento particolare: voleva distruggere la Chiesa… Ma un bel momento si arrabbia anche con Barnaba che era stato colui che lo aveva introdotto… e si separa da lui. Come ebreo Saulo-Paolo sembra sia cresciuto alla scuola di Gamaliele ai tempi del Medio-Giudaismo, la cui storia è molto interessante. Conosciamo poco il Giudaismo, tanto meno conosciamo il Giudaismo dei tempi della Chiesa primitiva. C’è un Giudaismo antico, e c’è un Giudaismo medio, che ha dato origine a diverse correnti:

Ecco un piccolo schema: - “Samaritanesimo”: i loro testi sono stati dal Medio-Giudaismo ripensati, riscritti - “Caraismo”: aveva la caratteristica di accettare di Mosè soltanto alcuni spezzoni - “Rabbinismo”: molto fortemente tradizionalista - Il Cristianesimo, secondo certi autori, sarebbe derivato dal Medio-Giudaismo con la figura particolare di Gesù Cristo. E dopo per la sua Resurrezione si è staccato, dalla matrice ebraica, è diventato polemico nei confronti del resto del Giudaismo.

Dunque: Barnaba introduce Paolo ad Antiochia, che diventa il punto di partenza delle prime Missioni e lì c’è uno dei primi scontri con il Rabbinismo. Paolo, che prima si rivolge ai Giudei, vistosi respinto si rivolge ai Pagani. E il fatto porrà un grosso problema. Anche gli Ebrei da sempre avevano fatto molti proseliti tra i Pagani, però fare proseliti per loro significava: - Circoncisione - Accettazione della Legge Mosaica - Accettazione del culto secondo gli schemi del Rabbinismo. Invece Paolo e Barnaba fanno un’altra scelta: non più la circoncisione , non più l’accettazione di Mosè e di tutte le sue osservanze, non più il culto Rabbinico. Difatti incomincia ad apparire nel Libro degli Atti degli Apostoli la caratteristica del culto dei Cristiani. Vanno anche al Tempio, al Tempio predicano, perché al Tempio c’è il culto e ci sono le così dette zone dove i maestri potevano parlare: il portico di Salomone!

Ecco il grande scontro: Paolo e Barnaba da una parte e dall’altra il Rabbinismo. Non solo: c’è una tendenza nella Chiesa, che loro si appone. Pietro quando è andato da Cornelio, il centurione romano, allorché torna a Gerusalemme, i Cristiani, lo accusano: non doveva entrare in casa di un pagano. Lui incomincia a dire: “Però io ho visto una specie di lenzuolo calare dal cielo e una voce mi diceva “ammazza e mangia”, c’era dentro questo lenzuolo ogni genere di animali; ho “risposto: mai ho mangiato animali impuri”. “Non ritenere impuro ciò che Dio ha purificato attraverso la Resurrezione di Gesù”. Barnaba e Paolo si collegano a questo che Pietro aveva detto e si fanno promotori del famoso Concilio di Gerusalemme che stabilisce una determinazione fondamentale: coloro che si convertono al Cristianesimo non sono più obbligati alla circoncisione e quindi non sono più obbligati alle osservanze ebraiche. Questo è avvenuto intorno all’anno 50: quindi ci è voluto un ventennio circa perché la Chiesa prendesse la nuova direzione: di rivolgersi essenzialmente ai pagani, senza più imporre la circoncisione e l’osservanza delle leggi Mosaiche. Ma nell’ambito della Chiesa alcuni continueranno nell’antica direzione. Giacomo, Vescovo di Gerusalemme (morirà intorno il 63), da quei pochi cenni che abbiamo dalla sua lettera che ha scritto, ci fa sapere che lui ha ancora un forte attaccamento sapienziale all’Ebraismo. Non dice che bisogna osservare tutta la legge Mosaica, però si avverte nella sua lettera un sentimento fortemente ebraizzante. Dunque: la primitiva Chiesa ha fatto la sua scelta, va verso i pagani sempre più largamente. Ma c’è ancora la tendenza a tenere in conto che Gesù è un ebreo, la Madonna è una donna ebrea, gli Apostoli sono tutti ebrei, provengono dal Giudaismo. Quale Giudaismo? Dal Rabbinismo intransigente? Gamaliele evidentemente non appartiene al Rabbinismo intransigente. Quando gli Apostoli vengono presentati davanti al Sinedrio, lui li fa uscire e dice: “prima di condannare queste

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persone teniamo conto di quello che abbiamo vissuto. Teuda è stato disperso, Giuda il Galileo è stato disperso”. Questi sono i riferimenti che San Luca scrive. Chi è Teuda, chi è Giuda il Galileo?, non lo fa sapere. Il libro suppone che si conosca. Si legge in Giuseppe Flavio, sappiamo che Teuda era un combattente, di ispirazione Zelota, che il Rabbinismo riteneva potesse essere il liberatore della Terra di Israele dall’occupazione romana e anche essere considerato il Messia. Così anche Giuda il Galileo. Gamaliele allora dice: “Vi ricordate Teuda, vi ricordate Giuda il Galileo che sono stati dispersi: se questi nuovi venuti sono di origine umana, la loro organizzazione, e il loro insegnamento, non durerà. E se vengono da Dio? Che non vi succeda di combattere contro Dio”. Anche nel Giudaismo c’erano diverse correnti e il Libro degli Atti degli Apostoli te li mette davanti, molto sommariamente, perché non è il suo scopo dare queste notizie. La parte 3° degli Atti ci mette dinnanzi invece questa Chiesa: che si espande sempre più; che con il Concilio di Gerusalemme ha fatto la scelta fondamentale; che determina lo scontro con il Rabbinismo intransigente e ha anche un certo dissapore al proprio interno con chi è legato al Rabbinismo. Se poi leggiamo la Lettera di S. Paolo ai Galati i (Cap. 1° e 2°) sappiamo di uno scontro che c’è stato tra lui e i provenienti dalla parte di Giacomo che avevano convinto persino Pietro e Barnaba a comportarsi come diceva Giacomo, a non avere più familiarità con i pagani. Paolo in una riunione comunitaria si mette a confronto con Pietro e lo rimprovera apertamente: “tu che sei un Giudeo e vivi come i pagani come puoi pretendere che i pagani vivano da Giudei? Questi sono piccoli tratti che ci fanno capire come la primitiva Chiesa avesse uno slancio e un entusiasmo fortissimi, animati dallo Spirito Santo, causa dell’espansione Missionaria, però con non pochi problemi. La 4° Parte: i Viaggi Missionari di S. Paolo. (Cap. 16-19). Questi viaggi Missionari sono tanti. S. Paolo predica in tutta l’odierna Turchia che viene chiamata Asia Minore, predica nella Macedonia e noi abbiamo le sue lettere ai Filippesi, e ai Tessalonicesi. Le Lettere alla Comunità di Colossi (nell’odierna Turchia), la Lettera alla Comunità di Efeso, la lettera ai Laodicesi che non è arrivata fino a noi ma viene ricordata. S. Paolo con le sue lettere, oltre ad aver evangelizzato, continua la predicazione di Gesù Cristo: il salvatore. Come faceva. Lui andava in una città, svolgeva la predicazione, restava il tempo necessario; poi creava “gli anziani” e quando la Comunità era organizzata andava in un altro posto. Tutto questo per un ventennio. Lui è il protagonista del grande impulso missionario che dopo il Concilio di Gerusalemme ha segnato la Chiesa. La sua morte avviene tra il 63 e il 67. Secondo la tradizione è stato decapitato ai tempi di Nerone, “alle 3 fontane”. La sua testa aveva infatti fatto 3 balzi: è una tradizione molto lontana dai primi tempi… La 5° Parte: il Ritorno di Paolo a Gerusalemme. – La prigionia – (Cap. 19-28). A Gerusalemme viene catturato. Lui dichiara di essere cittadino romano. Il governatore Felice, poi Festo, lo tengono prigioniero a Cesarea. Quando arriva il momento lo spediscono a Roma. E’ un viaggio periglioso tantè che c’è stato un naufragio dal quale si salva. Si ferma a Malta. Arriva alla costa in prossimità di Napoli, e poi a Roma. Qui chiama a sé gli Ebrei e dice a loro l’essenza del messaggio Cristiano. I Giudei non l’accettano e allora da prigioniero si rivolge ai pagani perché aveva la possibilità di predicare la religione di Cristo. Questo – molto sommariamente - è il contenuto del nostro libro.

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Ci sono anche tanti altri particolari negli Atti e vorrei ricordarne subito uno in riferimento alla Madonna. Se guardiamo il Nuovo Testamento notiamo che Luca è l’autore che ha più attenzione alla Madonna. Anche nel Vangelo quando parla dell’Annunciazione del Signore, della venuta di Gesù, parla dell’annuncio che l’angelo fa alla Madonna. Anche Matteo, parla dell’annuncio, della venuta di Gesù. Però l’angelo è inviato in sogno a Giuseppe. Mettendo a confronto i due testi si vede che Matteo ha un’ispirazione più mascolina, mentre Luca ha una ispirazione più femminile. Nel Libro degli Atti, all’inizio, lui fa un riferimento alla Madonna santa (1° Cap. 14.12): “Ritornarono a Gerusalemme dal monte degli ulivi che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C’erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelota, Giuda di Giacomo. Tutti erano assidui e concordi nella preghiera”. E’ la piccola Comunità fatta dai 12, che sono rimasti in 11 insieme con alcune donne, che avevano seguito Gesù, che erano state anche presso la croce “e con Maria la madre di Gesù, e con i fratelli di lui”. Questo – di Luca - è un particolare importante. Possiamo pensare che la Madonna è stata colei che li ha radunati e incoraggiati.

Voglio fare un altro cenno riferito alla Cristologia che si trova nel Libro degli Atti. Leggendo con attenzione i discorsi di Pietro e di Paolo ci si rende conto che il Libro ha una Cristologia particolare, con una sua progressione:

Primo elemento: “Gesù è veramente risorto”! Noi oggi, a dire così, non facciamo nessuna fatica. A quel tempo alcuni del Giudaismo Rabbinico accettavano la Resurrezione, ma gli altri, specialmente i Sadducei che erano quelli che avevano il potere e gestivano il culto, (gestivano anche il rapporto con i romani), non accettavano la Resurrezione. Per esempio: il Siracide non lascia spazio alla Resurrezione. Quindi loro, i Sadducei, avevano deciso: la Resurrezione non c’è! Per altri la Resurrezione era un giudizio di Dio. I Cristiani parlano decisamente della Resurrezione di Gesù: il Risorto, o la Resurrezione di Gesù hanno un’infinità di ripercussioni! Chi legge attentamente i discorsi di Pietro si rende conto che lui va in crescendo nel presentare la figura di Gesù. Il punto di partenza è sempre la Resurrezione. E dopo aggiunge: questo Gesù è la pietra angolare che voi avete scartato e che Dio ha scelto. Ancora: è solo nel nome di Gesù che possiamo essere salvati. Dire così significa mettersi in polemica con tutti. Era una affermazione inaccettabile! “E’ Dio che salva, non Gesù…”.

Per Pietro, Gesù è il nuovo Mosè, perché Mosè aveva detto fin dai tempi antichi che sarebbe venuto un nuovo profeta, come lui; e chi non lo avesse accettato sarebbe stato espulso dal popolo di Dio.

Ecco dunque la progressione della Cristologia secondo i discorsi di Pietro. Pietro li fa prima davanti alla popolazione il giorno delle Pentecoste, poi davanti al popolo del Tempio, quando ha guarito lo storpio, e poi davanti al Sinedrio. Ed è qui che interviene Gamaliele che dice che non capiti di lottare contro Dio. Anche questo, del progresso della cristologia, è un modo di leggere il Libro degli Atti degli Apostoli che è interessante.

Abbiamo detto tante volte che il modo migliore di leggere i Vangeli è confrontarli, fare la Sinossi. Ci aiuta a capire di più, non soltanto, ma appassiona alla lettura del Vangelo. E così per il Libro degli Atti: se viene seguito con attenzione, secondo questi vari impianti credo che possa essere stimolante. Un altro riferimento: quando si parla di Gesù che è l’unica salvezza per tutti si pone il grossissimo problema della funzione della legge Mosaica e della funzione dell’Ebraismo. Che funzione hanno avuto?

Per l’evangelista Matteo, Gesù - in estrema sintesi -, dirà: “Non sono venuto per abolire la legge e i profeti ma sono venuto per portare a compimento”. Noi l’abbiamo ripetuta mille volte questa espressione, ma non ci sembra che sia colta come una delle affermazioni più rivoluzionarie.

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Il compimento non comporta l’accettazione di tutti i particolari di quella legge, ma soprattutto dello spirito della legge e dei comandamenti. Leggendo attentamente il Libro degli Atti ci si rende conto che questo è uno dei problemi più dibattuti. Bisognerà attendere il Concilio di Gerusalemme, 20 anni dopo la morte di Gesù, per capire che non era più necessaria la circoncisione e che più importante era la fede, cioè l’adesione a Cristo, l’accettazione di Lui, affidarsi a Lui. La salvezza è data a tutti, non più attraverso la legge Mosaica. L’Antico Testamento è compiuto, finito. La “legge” ha avuto il compito di guidare a Gesù, come un pedagogo, dirà Paolo. E in Gesù trova il suo compimento, la realizzazione piena. La Chiesa, i primi elementi di organizzazione della Chiesa. Ai nostri giorni li conosciamo: c’è il Parroco, c’è il Vescovo, sopra tutti c’è il Papa. L’organizzazione della Chiesa primitiva come era? Il Libro degli Atti degli Apostoli ci mostra – come abbiamo detto – alcuni tratti, che lasciano intendere come erano specialmente le comunità fondate da Paolo (di Pietro si dice poco in proposito). Ci sono gli apostoli, ci sono i diaconi e il libro degli Atti ci indica come sono stati istituiti. (Cap. 5). Anche Paolo fa riferimento ai diaconi; e per lui c’è una diaconessa. La Lettera ai Romani (Cap. 16.1), parla di Febe diaconessa. Si parla anche delle vedove evangelizzatrici che avevano un particolare trattamento.

Ma è lo Spirito Santo che anima la Chiesa.

C’è tutto un mondo circostante che meriterebbe di essere conosciuto anche per capire meglio il valore della Chiesa, la sua fatica per acquisire la fisionomia delineata da Gesù. La Chiesa, di conseguenza, acquista gradualmente la sua identità che avrà per sempre, in tutti i tempi.

E questa Chiesa arriverà a Roma, senza spada, nè potere, ma soltanto con la guida dello Spirito e la forza della Verità che veniva dal Vangelo di Gesù, RISORTO.

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XII° SERATA XII° SERATA XII° SERATA XII° SERATA

Gli Atti degli Apostoli - Epistole

Nella Liturgia di questi giorni stiamo leggendo il libro degli Atti degli Apostoli. Tutto è concentrato, nei primi capitoli, sulla Chiesa di Gerusalemme. E sembra quasi che si faccia una specie di cronaca della Chiesa. In realtà non è una cronaca. Sono dei flash! Del resto anche la narrazione evangelica molto spesso, è fatta a flash. Nelle prime pagine degli Atti i flash sono sulla Chiesa di Gerusalemme. Perché Luca, in questo libro, ha un suo piano. Ed il piano è: far vedere come la Parola di Gesù, che aveva detto “sarete miei testimoni” a Gerusalemme, nella Giudea, nella Samaria, fino agli estremi confini della terra, si è realizzata. Infatti il libro degli Atti mostra questo sviluppo: la crescita della testimonianza cristiana fino a Roma. Paolo è colui che porterà la testimonianza cristiana anche a Roma, e quando lui arriva a Roma Luca conclude la sua narrazione.

Se voi domenica siete andati a Messa, vi sarete subito accorti che il libro di Giovanni, (abbiamo letto un brano del Vangelo di Giovanni), diceva di Pietro, Giacomo, Giovanni, Tommaso, Natanaiele e altri 2, che vanno a pescare, perché sono ritornati nella loro terra e sono ritornati a fare quello che facevano prima dell’incontro con Gesù. E Gesù risorto appare proprio sulla spiaggia, sul lago di Tiberiade. Mentre quando leggiamo il libro degli Atti sembra che gli Apostoli, siano rimasti a Gerusalemme, sempre. Perché queste osservazioni? Perché noi quando leggiamo gli Atti, o i Vangeli, o la Sacra Scrittura, dobbiamo tentare, di cogliere prima di tutto l’intento di colui che scrive. Allora si può capire, e vengono superate le apparenti contraddizioni. Questa sera vorrei dire qualche cosa sulle “Lettere”, che fanno parte del Nuovo Testamento. Nel Nuovo Testamento, a differenza dell’Antico Testamento, la maggior parte degli scritti sono “Lettere”. 21 Libri su 27, sono Lettere. Quindi il Nuovo Testamento non è soltanto composto dai 4 Vangeli, dagli Atti degli Apostoli, dall’Apocalisse. Il Nuovo Testamento ci da 21 Lettere, 4 Vangeli (che fa 25), gli Atti degli Apostoli (che fa 26) e l’Apocalisse che (fa 27). E quando diciamo Lettere, intendiamo testi ampi. Se si prende la Lettera di S. Paolo ai Romani: ha 16 capitoli. Perché diciamo lettere? Perché hanno uno stile che è tipico delle lettere. Anche quelle ai Corinti, sono lettere lunghe; così pure la Lettera agli Ebrei, mentre le altre sono più brevi. Alcune molto brevi. Dunque abbiamo 21 Lettere, di cui Paolo ne ha scritte 14. Poi ci sono: una Lettera di Giacomo, due Lettere di Pietro, tre Lettere di Giovanni e una Lettera di S. Giuda, (Giuda Taddeo). Quando abbiamo scritto nel nostro piccolo programma: le lettere, intendevamo tutto questo materiale.

Ho pensato per questa sera, di dire qualche cosa sul Corpus Paolino, sulle 14 Lettere di Paolo. Nelle 14 c’è anche la Lettera agli Ebrei. Per questo si parla di Corpus Paolino perché insieme c’è appunto la Lettera agli Ebrei. Noi quando leggiamo questa lettera nella Liturgia non diciamo mai: “dalla Lettera di S. Paolo apostolo agli Ebrei”, ma si dice semplicemente: “dalla Lettera agli Ebrei”, perché in argomento e sorta una discussione, che è incominciata all’inizio del Cristianesimo

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e non è ancora ultimata sull’autore di questo scritto. Sempre, negli elenchi che venivano fatti, la Lettera agli Ebrei veniva collocata accanto alle altre lettere paoline, come anche nella Bibbia di Gerusalemme, come anche nella Bibbia dei nostri fratelli Luterani, Anglicani e delle Chiese Ortodosse. E’ una lettera diversa dalle altre di Paolo: come linguaggio! Qui è molto più accurato, ed è somigliante a una predica più che a una lettera. E’ stata scritta con la mentalità di Paolo, perché ci sono molti elementi teologici che sono tipici di Paolo, ma vergata forse da un suo discepolo, che poteva essere Sila. Non so se voi avete mai avuto occasione di leggere un testo di Paolo dove si dice: questa è la mia grafia, quindi l’ho scritto io. (2 Tess. 3, 17-18). Se la finale l’ha scritta lui vuol dire che il resto non lo aveva scritto lui, lo ha dettato. Ancora. Può darsi che sia stata scritta da un discepolo che conosceva bene il pensiero di Paolo e che magari gli aveva poi sottoposto il testo, per cui è diventata Lettera di Paolo. Così come anche dice la lettera di Pietro. Vi leggo una battuta! Dice: “vi ho scritto come io ritengo, brevemente, per mezzo di Silvano”.

Quindi è Pietro che parla, però lo scritto non è suo, è di Silvano. Pietro essendo un pescatore, essendo un ebreo, abituato a parlare l’ebraico e l’aramaico, mettersi a scrivere in greco… avrà saputo certo anche il greco… Quindi abbiamo una Lettera agli Ebrei, scritta in un bel greco, però con molte risonanze ebraiche e aramaiche; una lettera che conosce pienamente e perfettamente il culto; è tutta centrata sul sacerdozio perché parla di Cristo sacerdote. E’ molto verosimile che Paolo, che proveniva dal mondo ebraico, che era stato per tanto tempo a Gerusalemme, che era stato in contatto con la gente che viveva nel Tempio e quindi con gli Scribi, con i Farisei, con i Sacerdoti… è molto probabile che quella sia una sua teologia, un suo pensiero, scritto però, da un discepolo, che sapeva scrivere meglio di lui. Questa lettera – si dice - più che una lettera è un’omelia. E se fosse la predica che Paolo teneva per gli Ebrei? Dunque, dicevo che Paolo ha scritto 14 lettere compresa questa! Innanzitutto vorrei dire alcune cose sulla sua vita, in aggiunta a quanto detto nell’ultimo incontro, di Paolo. Oggi chi è andato a Messa si sarà accorto che si è letto proprio il fatto della sua conversione. Il Libro degli Atti ha collocato la conversione di Paolo subito dopo la morte di Stefano, perché era là, condivideva l’uccisione di Stefano, non solo: ma custodiva i vestiti dei lapidatori, verosimilmente non aveva ancora 25 anni, per questo custodiva i vestiti e non lanciava le pietre. Paolo è nato a Tarso (Turchia), da una famiglia ebraica. Dice lui stesso di essere ebreo, di una famiglia dove era in auge l’adesione ai farisei. I farisei erano un gruppo non da poco, strettamente osservante, fortemente osservante.

E’ nato intorno all’anno 9-10 della nostra era. Quando Gesù è morto (intorno all’anno 30) lui doveva avere circa 20 anni. Deve essere stato a Gerusalemme, già da giovane, alla scuola di Gamaliele. Le notizie biografiche sono nel Libro degli Atti e anche nelle sue Lettere. E’ stato appartenente al gruppo dei farisei, perciò strettamente osservante. Però discepolo di Gamaliele, uno dei dottori della legge più capace di utilizzare con equilibrio tutto quello che si trova nell’ambito della Sacra Scrittura. Andato a Gerusalemme giovane, forse ventenne, o più giovane, alla scuola di Gamaliele, era presso una sorella. Quando lui sarà in prigione e cercheranno di ucciderlo, il figlio della sorella, il nipote di Paolo, viene a sapere che hanno giurato di ucciderlo. Allora va dal procuratore romano a riferire il fatto. Così Paolo viene mandato a Cesarea. Quindi la sua famiglia era a Tarso ma altri famigliari erano a Gerusalemme. Sappiamo ancora dal Libro degli Atti degli Apostoli che è stato uno dei più furenti anticristiani perché anche quando è in cammino verso Damasco è per catturare i Cristiani e riportarli a Gerusalemme per una condanna.

Questo fatto ha posto non pochi interrogativi. Damasco non era un territorio palestinese. Ma siamo venuti scoprendo, un paio di secoli fa, che gli Ebrei a Damasco avevano una specie di cittadinanza autonoma. Quindi un ebreo poteva essere giudicato dalle autorità ebraiche e condannato.

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Ecco perché Saulo va con le lettere dei sommi sacerdoti a Damasco: per poter portare a Gerusalemme questi credenti in Cristo, che lui voleva sterminare! Sulla strada di Damasco avviene quell’incontro che è centrato su una parola sola: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti”. “Chi sei Signore”? “Sono il Gesù che tu perseguiti”. Questa è la chiave di lettura di tutta la teologia paolina. Lui perseguitava i Cristiani. Gesù gli dice: Io sono il Gesù che tu perseguiti. Tu perseguiti me. Se perseguiti me, io sono ancora vivo. E’ implicita in questa parola la Resurrezione di Gesù. C’è un rapporto strettissimo tra Gesù e i suoi discepoli, i credenti in lui; tantè che dice: Io sono il Gesù che tu perseguiti. Perseguitando i Cristiani perseguiti me. Perciò il rapporto tra Gesù e i suoi forma il “corpo mistico”. Questo evento accade, intorno al 37 della nostra era, quando Saulo aveva 27, 28 anni. Secondo le indicazioni della Lettera ai Galati e del Libro degli Atti, subito si mette a predicare la divinità di Gesù, lì a Damasco e nelle zone attorno a Damasco e poi dopo due o tre d’anni, sale a Gerusalemme, ove si incontra con gli Apostoli e con i credenti della Chiesa. Questi sono ancora dubbiosi nei suoi confronti, perché temevamo che fosse una strategia, la sua, per poter conoscere bene chi erano i Cristiani. Ma lui va nelle Sinagoghe, a Gerusalemme, a predicare che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio! E, naturalmente, con i suoi correligionari di prima si scatena una specie di grave scontro. Dopo di che i Cristiani gli dicono: sarà meglio che tu torni a Tarso. Difatti lo imbarcano e lo fanno ritornare a Tarso.

Sta a Tarso almeno 5 o 6 anni fin verso il 44-45. Intanto il Cristianesimo si è diffuso. E’ arrivato a toccare città molto importanti. Della Samaria, in Galilea… in Siria, ad Antiochia. Occorre precisare: Antiochia di Siria; perché non molto distante c’è Antiochia di Pisidia. Ad Antiochia di Siria dice il Libro degli Atti, i Cristiani sono stati chiamati Cristiani per la prima volta. E in questa comunità, un po’ particolare, dove ci sono non soltanto gli ebrei, ma anche i pagani, arriva Barnaba. Barnaba (come ho già accennato l’altra volta) va a cercare Saulo e lo porta ad Antiochia, dove Saulo con Barnaba diviene quel missionario che si presenterà negli anni immediatamente successivi. Difatti dal 45 al 49, Saulo, che ormai si fa chiamare Paolo, nome romano, con Barnaba fa il primo viaggio missionario. Il primo viaggio missionario è nelle zone, non tanto distanti da Antiochia: Cipro, e Turchia meridionale. E lì avviene uno dei fatti che è rilevantissimo: lui e Barnaba, prima di tutto vanno nelle Sinagoghe e predicano agli Ebrei. Però gli Ebrei non accettano la predicazione di Gesù come Messia, come Figlio di Dio, e allora essi si rivolgono ai pagani. I pagani sono ben lieti di entrare a far parte della Chiesa. Il fatto pone un grosso problema: quando un pagano entra nella Chiesa deve passare attraverso l’ebraismo? deve prima farsi circoncidere? Paolo ha un atteggiamento deciso per dire no, mentre gli altri, quelli che provenivano dalla primitiva Chiesa di Gerusalemme dicono sì!

Terminato il primo viaggio missionario a Antiochia si dibatte l’argomento e per poter risolvere il problema si tiene il Concilio di Gerusalemme (anno 49-50). Ove dopo tanto dibattito, si delineano due posizioni quella di Pietro che si allinea con Paolo e quella di Giacomo che sostiene essere opportuno che vengano almeno dettate alcune osservanze nella legge Mosaica, senza però la necessità della circoncisione. Le osservanze: di astenersi dalle carni degli animali soffocati, astenersi dalle quelle sacrificate agli idoli, astenersi dall’impudicizia. (Atti 15) Sono le note che vengono sancite da una lettera del Concilio di Gerusalemme! (Atti 15). Dall’impudicizia: viene subito accettata da tutti! Astenersi dagli animali soffocati, perchè essi hanno il sangue dentro e il sangue non può essere nè bevuto nè mangiato, perché radice della vita e la vita appartiene a Dio. Le carni sacrificate agli idoli, perché quando avveniva un sacrificio agli idoli c’era poi un pasto sacro,

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che era una specie di servizio idolatrico. Non solo. Le carni sacrificate agli idoli venivano anche vendute, poste sul mercato, perché si riteneva che avessero una particolare forza ed efficacia. 2° viaggio – L’apostolo ritorna nelle terre del 1° viaggio. Non solo, ma il 2° viaggio missionario rappresenta lo sbocco europeo dell’evangelizzazione. Difatti mentre Paolo sta predicando nell’Anatolia ha una visione: un macedone gli dice: passa da noi. Allora Paolo va in Macedonia: a Filippi, (c’è una Lettera ai Filippesi), a Tessalonica: (2 Lettere di S. Paolo sono inviate ai Tessalonicesi), poi a Atene dove sperimenta all’Areopago una sconfitta. Infatti quando lì fa un minimo accenno alla Resurrezione di Gesù, lo deridono (Atti 17). Prosegue per Corinto ove forma una grande Comunità. Sarà la prima grande comunità europea, una comunità molto vivace, una comunità che gli darà anche dei problemi, e problemi non da poco. Quando è stato a Corinto? Il Libro degli Atti ci parla del processo che Paolo ha subito davanti a Gallione, procuratore romano, che è stato a Corinto dal 51 al 53 (secondo i documenti romani). Quindi Paolo è stato a Corinto in questi anni. Allora si deve concludere che dopo il Concilio di Gerusalemme, avviene la evangelizzazione dell’Europa… Paolo ritorna a salutare la Chiesa di Gerusalemme, poi torna ad Antiochia. Da dove partirà per il 3° viaggio missionario. Nel 3° viaggio missionario (del quale siamo poco informati), Paolo si ferma soprattutto a Efeso, tre anni 55-58. Efeso (Turchia) è una città importante collegata ad altre città. Questo è il tempo della fondazione delle comunità di Efeso, di Colossi, di Laodicea. (Lettera agli Efesini). Poi Paolo va a Roma. Come e quando sia arrivato a Roma non sappiamo. Qualcuno dice che è arrivato verso il 58-59 prima di esservi mandato come prigioniero. Quindi la Lettera ai Romani, che sembra scritta quando era a Efeso, rappresenterebbe una specie di premessa al suo arrivo a Roma.

Al termine del terzo viaggio missionario si reca di nuovo a Gerusalemme (intorno all’anno 60). C’è il tentativo di linciaggio da parte dei Giudei. La truppa romana lo salva perché si dichiara “cittadino romano”. Lo imprigionano, lì avviene il fatto a cui accennavo prima, che il suo nipote fa sapere al procuratore che gli Ebrei vogliono ucciderlo. Questi lo manda a Cesarea dove il procuratore, in quel tempo era Felice, lo trattiene perché deve essere giudicato a Roma. Lo trattiene 2 anni. Quando arriva il procuratore Festo lo invia a Roma, ove è arrivato prigioniero non prima dell’anno 60, perché Festo è giunto a Cesarea, in Palestina intorno all’anno 60. A Roma, sappiamo dal Libro degli Atti degli Apostoli, che aveva notevole libertà, di predicare. Il processo si concluse con l’assoluzione.

Secondo la tradizione dopo la liberazione Paolo va in Spagna, e anche nell’Illiria e nella Dalmazia. Sarebbe stato ripreso prigioniero successivamente e portato al martirio a Roma intorno al 67.

Questa grossomodo, la biografia di Paolo. Sinteticamente: intorno all’anno 8-10 la sua nascita; intorno al 67 la morte e all’età di 57-58 anni. Le tappe fondamentali: il suo scatenarsi come persecutore dopo il compimento dei 25 anni; la conversione intorno all’anno 37-38 a 26-28 anni; portato ad Antiochia di Siria da Barnaba, (verso l’anno 45, a 33-35 anni) diventa quel grande missionario che tutti noi conosciamo e quel grande teologo che ci viene presentato soprattutto dalle sue lettere. In poco più di vent’anni Paolo percorse il mondo, per portare Cristo. Noi per conoscere bene Paolo dovremmo evidentemente tentare di leggere le sue lettere.

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------------------- 000 ----------------- E ora una indicazione del tempo in cui le lettere sono state scritte. Prima scrittura, che apre il Nuovo Testamento, è la sua Lettera ai Tessalonicesi intorno all’anno 48, prima del Concilio di Gerusalemme. La 2° ai Tessalonicesi è – a quanto pare - immediatamente successiva. Poi le altre lettere: 1° e 2° ai Corinti intorno al 57 mentre era a Efeso, in prigione. Perché è stato imprigionato? Non sappiamo. Verosimilmente per invidia dei suoi ex correligionari a cui lui fa cenno.

Intorno all’anno 58, secondo l’opinione più comune, sono scritte la Lettera ai Romani e la Lettera ai Galati, (qualcuno le fa datare abbastanza presto, intorno al 53). La Lettera ai Galati è una lettera estremamente interessante, perché nella la prima parte Paolo fa l’autobiografia. Se confrontiamo Atti con Galati ci rendiamo conto che sono in accordo, salvo piccoli particolari.

Poi ci sono le Lettere ai Filippesi, agli Efesini e ai Colossesi. La Lettera ai Filippesi è difficilmente databile dovrebbe essere intorno al 56-57 mentre era a Efeso, in prigione. Così sono discutibili le date delle Lettere agli Efesini e ai Colossesi. Anche queste sono state scritte mentre Paolo era in prigione; forse in prigione a Roma; quindi intorno agli anni 61-62. Sono lettere di grande importanza anche dal punto di vista teologico. Rappresentano la maturità del pensiero Paolino. Non che le altre lettere non siano importanti, non siano di un grande pensatore… Qui Paolo dimostra di possedere una altezza e profondità grandissime di pensiero della rivelazione cristiana. Poi la 1° a Timoteo forse intorno al 65 e così anche la Lettera a Tito. La 2° a Timoteo è la lettera testamento. Difatti lui stesso dice di essere ormai vicino, alla fine “sta per sciogliere le vele”.

La Lettera agli Ebrei non possiamo datarla. Se appartiene al corpo Paolino è prima del 67. Questo grossomodo i tratti biografici del grande, grandissimo apostolo. Invito voi a leggere, attentamente, le lettere anche perché donano un nutrimento non da poco dal punto di vista spirituale, e una particolare conoscenza di Gesù. Si vede quest’uomo, furente persecutore, diventare un missionario, un evangelizzatore, un amante di Cristo Signore, che veramente sorprende. E poi un uomo dotato di una intelligenza straordinaria, di una elevata forza mistica. (2 Cor. 12). -------------- 0000 -------------- Itinerario di lettura Da dove iniziare, per una lettura attenta e proficua delle letture? Ecco un suggerimento, cominciare con la: - Lettera ai Filippesi (molto amichevole e non difficile); - prima e seconda lettera ai Corinzi; far seguire la - Lettera ai Galati con la lettera ai Romani; poi le - Lettere agli Efesini e ai Colossesi; e - Le lettere pastorali: prima a Timoteo, lettera a Tito, seconda lettera a Timoteo. - Lettura a se stante: lettera agli Ebrei, ma con nella mente gli insegnamenti degli altri scritti

paolini. Ora vorrei leggere qualcosa con voi. Mi limito alla Lettera a Filemone. Un biglietto. E’ la più breve delle lettere che Paolo ha scritto! Filemone era un credente di Colossi, appartenente alla Chiesa dei Colossesi. Nei saluti della lettera ai Colossesi si parla di Onesimo. Filemone doveva essere un uomo facoltoso che aveva degli schiavi. Onesimo era appunto il suo schiavo, e Onesimo un bel momento scappa dal suo padrone. E quando uno schiavo fuggito veniva ripreso, veniva

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ammazzato, oppure gli si stampava un sigillo a fuoco, sulla fronte. Una tortura terribile. Onesimo scappato dal suo padrone va da Paolo, che era stato a Colossi. Quindi lo conosceva, sapeva che era a Roma prigioniero. Infatti nella Lettera a Filemone, ci sono elementi che lasciavano intravedere questa prigionia. L’apostolo lo evangelizza e lo battezza e quindi diventa un cristiano. E poi. Potrebbe tenerlo con se per servirsi di lui: avere un servitore poteva essere una cosa interessante, ma non lo tiene, lo rimanda dal suo padrone, a Filemone, e lo rimanda con questo biglietto, che secondo tutti gli autori è veramente una dei capolavori di Paolo. E’, ripeto, un biglietto e quindi molto breve. Credo che valga la pena leggerlo. Così ci rendiamo conto di come Paolo scrive, del perché ha scritto, della sua teologia. Ci rendiamo conto anche di come lui tratta i problemi civili, quello della schiavitù. A quel tempo buona parte della gente viveva in schiavitù, anche fra i cristiani. Lo schema della lettera a Filemone L’indirizzo cui segue il ringraziamento a Dio Tutto il testo contiene la domanda a Filemone di un favore per Onesimo I saluti, come sempre, concludono lo scritto. Il testo è ricco, molto intenso emotivamente, al punto che dice Onesimo “il suo cuore”… Il saluto: è una realtà comune nelle lettere Paoline, come nelle lettere degli altri Apostoli. Il saluto all’inizio c’è sempre, e a seconda delle lettere ha una sua caratteristica, una sua tensione, una sua emozione. “Paolo prigioniero di Cristo”, lì a Roma, “e il fratello Timoteo” presente anche lui, “al nostro caro collaboratore Filemone”, che doveva essere stato un collaboratore della Chiesa di Colossi, “alla sorella Appia”, forse sorella di Filemone e poi “ad Archippo, nostro compagno d’armi”, nel senso della predicazione, “e alla comunità che si radura nella casa”. I cristiani non avevano templi, e allora si radunavano nelle case, nella casa di Filemone: “grazie a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo”. “Rendo grazie a Dio, ricordandomi di te nelle mie preghiere”, (è una cosa che diciamo anche noi), “perché sento parlare della tua carità per gli altri”.

Quindi Filemone doveva essere uno che esercitava la carità e molto verosimilmente Onesimo era potuto fuggire perché non aveva un controllo assiduo quotidiano. “E della fede che hai nel Signore Gesù”: La carità e la fede sono i pilastri della vita cristiana. Quando si dice fede nel Signore Gesù si intende affidamento, fiducia, abbandono nelle mani del Signore Gesù. La carità è motivo di grande gioia e consolazione, poiché il cuore dei credenti è confortato, quando si fa la carità: è confortato a volte in modo molto visibile, a volte meno visibile, ma la carità è sempre un grande conforto. Poi la lettera arriva al punto che interessa: “per questo pur avendo in Cristo piena libertà di comandarti ciò che devi fare, preferisco pregarti in nome della carità, così io Paolo, vecchio”. Qualcuno ha pensato che questo biglietto sia stato scritto negli ultimi momenti della sua prigionia, nel 63 quando, aveva 53-55 anni. Vecchio! Non dimentichiamo che a quel tempo la vita poteva giungere a 70 anni. “La somma dei nostri anni è 70 - dice il salmo - 80 per i più robusti”. “E ora anche prigioniero per Cristo, ti prego per il mio figlio che ho generato in catene”. Aveva battezzato Onesimo mentre era prigioniero, lì, a Roma; però con quella libertà di cui ci dice il Libro degli Atti degli Apostoli. Una libertà non da poco. “Quello che un giorno fu inutile”: per dire che è stato servo, schiavo, senza darti quel bene che adesso invece ti può dare, essendo anche lui battezzato! Tra i battezzati infatti c’è comunione, che diviene efficace comunicazione di bene agli altri battezzati, e non solo ai battezzati.

La realtà del “corpo mistico” è un’idea fondamentale in Paolo anche se non la esprime sempre. “Quello che un giorno ti fu inutile, ma ora è utile a te”. Dicevamo che questo è un biglietto ha intensa umanità. Paolo ha grande fiducia in Filemone. Non solo. E’ riuscito a convincere Onesimo, a ritornare, perché c’è stata una comunicazione non da

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poco. Addirittura Paolo lo chiama “il mio cuore”. “Avrei voluto trattenerlo presso di me, poiché mi servisse in vece tua nelle catene che porto per il Vangelo”. Essendo prigioniero aveva bisogno di qualcuno che gli desse quello che era necessario, perché molto spesso i prigionieri avevano una vita di stenti, non potendo lavorare. Chi li sosteneva? Non era come da noi, adesso, che c’è una gavetta… magari non abbondante, magari non soddisfacente. Chi è stato in carcere, sa che non si sta proprio male come allora. Io ricordo… Quando ero giovane sacerdote, a Pesaro, e a volte andavo ad aiutare il Cappellano delle carceri, per i giovani. Mi ricorderò sempre un giovane che aveva 27 anni e che diceva: sono preoccupato, l’anno venturo esco, come vivrò?...

“Non ho voluto decidere a tua insaputa, affinché la tua opera buona non sia imposta, ma spontanea”. Anche questo aspetto è interessante! Come cristiani – si dice - siamo comandati, abbiamo dei comandamenti. Però si deve capire che i comandamenti soprattutto quelli che vengono da Gesù Cristo, non sono costrizioni, sono proposte. (Facciamo una parentesi: oggi si dice che la Chiesa vuole vincolare i politici a votare contro i DICO. La Chiesa non vuole vincolare, vuole suggerire, vuole proporre. Può dire soltanto guarda la tua coscienza, guarda quello che fai!)

Qui Paolo vuol far capire a Filemone che il bene da fare non deve sapere di costrizione, ma di spontaneità. “Forse per questo è stato separato da te per un momento, perché tu lo riavessi per sempre, non più però come schiavo, ma come fratello carissimo”. Dunque lo potrai avere per sempre e “non più però come schiavo, ma molto di più che schiavo, come un fratello carissimo in primo luogo a me, ma quanto più a te, sia come uomo, che come fratello nel Signore”. Queste affermazioni sono il centro del discorso: Paolo lo ha rimandato. Dal punto di vista civile Onesimo è ancora uno schiavo, ma il suo rapporto con Filemone, essendo stato battezzato, è cambiato. Non doveva essere più considerato uno schiavo, doveva essere considerato un fratello.

Paolo non chiede, dunque, l’abolizione socio-civile della schiavitù: sarebbe stato impensabile in quel momento, dato che dal punto di vista numerico i Cristiani non contavano molto. Però Paolo introduce un principio essenziale: attraverso il battesimo si diventa fratelli, anche sotto il profilo umano perché, c’è una pari dignità fra le persone. Pertanto la religione cristiana porterà di fatto all’abolizione della schiavitù. Di fatto! Anche se non civilmente. Di fatto, nel rapporto tra Cristiani, non c’è più schiavo-padrone, ma c’è un rapporto fratello-fratello.

E’ un aspetto di grandissimo rilievo e da sottolineare: “se dunque tu Filemone mi consideri come amico, accoglilo come me stesso”. Frase di intensità umana grandissima: “e se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto”. Può darsi che Onesimo abbia rubacchiato qualche cosa, perché per scappare doveva aver preso il necessario e doveva essere debitore di qualcosa. “Lo scrivo di mio pugno, io, Paolo: pagherò io stesso. Si fratello”.

Dunque un biglietto, ma di grandissimo valore, la lettera da Paolo a Filemone. Contiene la sua teologia, la sua umanità, la sua capacità relazionale… e principi di portata indistruttibile.

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XIII° SERATA

Apocrifi e Apocalisse

I libri apocrifi.

Fra i tanti apocrifi, specialmente quelli che chiamiamo frammenti, c’è anche il Vangelo di Giuda, di cui si parla in questi giorni.

Noi abbiamo una situazione tutta particolare, specialmente in Italia, e anche in Spagna; molto meno in Francia, quasi niente in Germania e in Inghilterra; in queste ultime nazioni le vicende religiose non fanno odiens. Da noi, in Italia, c’è ancora una religiosità popolare abbastanza diffusa. A differenza, ripeto, della Germania e dell’Inghilterra, noi con la Spagna, con il Portogallo, con la Grecia, abbiamo questa realtà e allora le notizie che interessano i vangeli apocrifi attirano l’attenzione. Domandiamoci: - Quando sono stati scritti questi apocrifi? - Quale era la loro autorevolezza? - Perché i vangeli che noi oggi leggiamo i vangeli “canonici” hanno autorevolezza? Quando sono stati scritti i vangeli apocrifi? Soprattutto nei secoli 3° e 4°, nel 200 e nel 300, D.C. Quindi dopo 200 anni dalla morte di Gesù. L’impero romano sta declinando e la religiosità ufficiale dà spazio ad ogni espressione religiosa. I Vangeli canonici, che noi leggiamo hanno: - Una datazione abbastanza precisa e vicina ai primi momenti della predicazione, della vita e morte di Gesù. Si è trovato a Qumran, un frammento di un manoscritto, che al più tardi è stato vergato intorno al 50-55. Questo frammento riporta un piccolo brano del Vangelo di Marco. Il Vangelo di Luca è stato scritto più tardi. Luca stesso lo dice nella sua introduzione al Cap. 3° del suo Vangelo, quando incomincia col dire: Era l’anno XV del Regno di Tiberio Cesare. Luca da indicazioni cronologiche piuttosto precise. Non solo. Proprio all’inizio dice che molti hanno posto mano a scrivere, e lui a sua volta ha fatto ricerche accurate. Quindi c’era stato uno scrivere abbondante e molto vicino ai tempi, di Gesù. Luca ha scritto intorno agli anni 70, circa 40 anni dopo la morte di Gesù. Il Vangelo di Marco è stato scritto certamente prima. Marco è il primo degli evangelisti; è scritto attorno agli anni 55-60. Abbiamo poi il Vangelo di Giovanni che è stato scritto più tardi: verso la fine del primo secolo. E’ una meditazione… Matteo invece è una rivisitazione di tutta la vita di Gesù con gli occhi di un ebreo. Scrive per gli ebrei che si sono convertiti al cristianesimo. Gesù è un ebreo, la Madonna è un’ebrea, S. Pietro è un ebreo, S. Paolo è un ebreo. Il Cristianesimo viene dall’ebraismo, non possiamo negarlo. Anzi, dobbiamo affermarlo con decisione, anche se l’ebraismo ufficiale soprattutto quello della setta dei Farisei (perché si erano convertiti al Cristianesimo anche quelli della setta dei Farisei), l’ebraismo ufficiale, dopo una certa tolleranza scatena una persecuzione non da poco. Perché credo ai vangeli, che interesse ho, cosa ne guadagno? Io credo ai vangeli per questo semplicissimo motivo: sono scritti da autori che sono vissuti con Gesù e hanno pagato con la vita la loro testimonianza a Lui! La prima generazione cristiana ha conquistato il mondo. Paolo lo

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dice con chiarezza. Ma lo dice specialmente Luca, nel Libro degli Atti degli Apostoli, ove fa vedere la storia dei primi cristiani, fino a quando Paolo arriva a Roma e a Roma può fare l’evangelizzazione.

La prima Comunità Cristiana ha conquistato il mondo, non con la spada, anzi essendo continuamente martirizzata. Che interesse aveva Pietro a farsi uccidere, se Gesù Cristo non fosse risorto? E così anche gli altri apostoli, e anche Paolo. Lui aveva una presenza e una rilevanza nell’ambito dell’ebraismo, delle più riconosciute, tantè che ottiene dal sommo sacerdote i titoli per recarsi a Damasco e condurre prigionieri a Gerusalemme quelli che si erano convertiti al cristianesimo, per far fare loro la fine che aveva fatto fare a Stefano. Il protagonista delle persecuzioni, proprio lui, si converte al cristianesimo e poi paga con la vita. Lui diventa il missionario più attivo e più duramente provato. Che interesse aveva? Ecco la ragione, del credere al cristianesimo, del credere al vangelo, del credere a coloro i quali ci hanno testimoniato Gesù, e Gesù risorto! Sono testimoni che hanno dato la vita . Ed è un gran numero di membri della Chiesa primitiva. Chi ha “riconosciuto” i Vangeli?, perché i vangeli apocrifi non sono stati “riconosciuti”? (Quando si dice vangeli apocrifi non si intende vangeli “falsi”; vangeli apocrifi significa che non sono stati riconosciuti dalla Chiesa, cioè dalle Comunità Cristiane dei primi tempi). Le Comunità Cristiane dei primi tempi hanno riconosciuto 4 Vangeli. E noi riconosciamo questi 4 Vangeli come ispirati, come “canonici”. Quegli altri non sono canonici, non li consideriamo ispirati, perché le qualificate prime Comunità Cristiane essendo state fondate dagli Apostoli conoscevano bene la tradizione cristiana, la predicazione apostolica, che ha fatto i Vangeli.

Queste sono riflessioni che, ripeto, tendono a dare una base razionale, al credere; poi c’è la fede; la fede non è in contrasto con la ragione; la fede si serve della ragione; la fede però va oltre, perché se si legge il Vangelo, a cuore aperto, si sente veramente che è una parola singolare, una parola straordinaria. Invito sempre a leggere il Vangelo, a leggere la Sacra Scrittura: perché essa è la Parola di Dio, non è della Chiesa, è Parola di Dio! Essa è un tesoro sopra tutti i tesori. E vorrei gridarlo a tutti: se Cristo non fosse risorto e se non avessimo dinnanzi a noi la prospettiva della vita eterna, cosa saremmo? Dei pugni di polvere! Combatto, lotto e cerco di essere onesto, cerco di fare giustizia, per che cosa se non ho davanti la vita eterna? Mangiamo e beviamo, cerchiamo di fare soldi più che possiamo... Io penso grande, da questo punto di vista, il Vangelo, e la Chiesa che lo porta. Se non ci fosse stata la Chiesa non avremmo avuto il Vangelo. Se non ci fosse stata la Chiesa non avremmo avuto i quattro Vangeli, e forse non avremmo nulla del Cristianesimo.

La Chiesa, ha portato a noi, anche gli scritti apocrifi. E moltissimi altri testi degli antichi autori classici… però distinguendo nettamente tra gli uni e gli altri. I Vangeli canonici sono stati letti sempre nei secoli, durante la liturgia perché parola di Dio, via alla salvezza. Gli altri scritti sono stati solamente considerati oggetto di studio e memoria storica, interessanti, ma non necessari per la salvezza eterna. APOCALISSE Apocalisse significa “rivelazione”. La parola apocalisse dal greco “apocalipto” significa appunto togliere il velo: rivelazione. Però, di solito, quando nel discorso comune diciamo “apocalisse”, intendiamo la fine del mondo, un disastro, i flagelli maggiori. Il Libro dell’Apocalisse ha, al proprio interno, queste realtà, dobbiamo però rimarcare che la parola “apocalisse” significa rivelazione, è rivelazione del significato e della portata degli eventi anche egativi della storia. L’insieme dell’Apocalisse: è il libro della speranza; perché in mezzo a tutte le traversie, a tutti i disastri che possiamo immaginare, quelli naturali e quelli non naturali, esso dice che il bene vince

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il male, il bene è ben più forte del male. Ecco dunque la titolazione migliore di questo libro: il libro della speranza.

Esso inizia così: rivelazione di Gesu Cristo, che Dio diede per rendere noto ai suoi servi le cose che devono accadere. “Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia”. “Giovanni alle 7 Chiese che sono in Asia: grazie a voi e pace da colui che era, che è e che viene”. Quindi l’autore è Giovanni.

Leggo adesso al versetto 9 del 1° Cap.: “Io Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione nel regno e nella costanza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos, a causa della Parola di Dio e della testimonianza di Gesù”. L’autore del Libro dell’Apocalisse è Giovanni, e la tradizione fa sapere che questo Giovanni è l’apostolo, l’autore del Vangelo. Quando si legge l’Apocalisse, in Chiesa, sentiamo: dal Libro dell’Apocalisse di S. Giovanni apostolo. Questa la tradizione che ha radici molto lontane.

La data di composizione del libro. Nel versetto appena letto c’è una indicazione preziosa: “Io Giovanni vostro fratello e vostro compagno mi trovavo nell’isola chiamata Patos a causa della testimonianza resa a Gesù. Quindi lui è prigioniero a Patos, un’isola non molto lontana dalla Turchia, è lì come prigioniero, perché è tempo di persecuzione. E quale può essere questo tempo?; le due persecuzioni del tempo in cui l’Apocalisse può essere stata scritta, cioè nel 1° secolo, sono, o quella di Nerone o quella di Domiziano. Sono le due persecuzioni che hanno avuto ampia risonanza in tutto l’Impero romano. Perciò se siamo ai tempi di Nerone l’Apocalisse è stata scritta negli anni 60; se siamo ai tempi di Domiziano l’Apocalisse è stata scritta negli anni 90. Un oratore antico, Papia di Gerapoli, verso il 110 D.C. parla dell’Apocalisse. Perciò deve essere stata scritta, al più tardi, intorno agli anni 90. Il genere letterario apocalittico è uno dei generi letterari più difficili. Usa moltissime immagini, moltissimi simboli non più attuali nella nostra lingua, non sono più familiari. A quel tempo, questo genere letterario era molto in voga. Lo era anche prima, specialmente nei tempi difficili. Lo dice, per esempio il Libro di Daniele dell’Antico Testamento. Questo libro, soprattutto nella 2° parte, ha notevoli spazi apocalittici. Scritto 150/180 anni prima di Cristo.

Il genere letterario apocalittico ha un valore, da scoprire, perché fa riferimento anche ai fatti. Però cerca nei fatti la valenza e il valore che possono avere davanti a Dio e nell’insieme della storia. Per esempio. Quando si parla di Roma il titolo è: la grande prostituta, che sta sui 7 colli, la Babilonia nuova. Babilonia 500 anni prima di Cristo aveva deportato il Popolo di Dio. Roma sta perseguitando il popolo di Dio e quindi può essere paragonata a Babilonia. E nell’Apocalisse c’è una profezia; esso ci dice che la “prostituta cadrà”; che la nuova Babilonia cadrà! E tutti piangeranno, specialmente quelli che hanno vissuto delle sue ricchezze. Roma, avendo perseguitato i cristiani, non può che finire come Babilonia, che era stata distrutta. Ecco perché dico che è il Libro della Speranza: nei momenti di maggiore difficoltà, di maggiore persecuzione, di maggiore insicurezza, con questo libro possiamo vivere, con una visione fondata sulla certezza della vittoria del bene: la grande prostituta cadrà, come è caduta Babilonia.

Ed ora porgiamo il commento di alcune pagine dell’Apocalisse. Solo pochissime battute. Le prime si riferiscono alla prima visione del Libro. Si trova nel Cap. 1° versetto 10, e seguito. “Rapito in estasi nel giorno del Signore, udii dietro a me una voce possente, come di una tromba, che diceva: “Ciò che vedrai scrivilo in un libro e invialo alle sette chiese: a Efeso, a Smirne, a

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Pergamo, a Tiatira, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea”. Mi voltai per vedere chi fosse quello che mi parlava. Voltandomi, vidi sette candelabri d’oro e in mezzo ad essi uno simile a figlio di uomo. Indossava una tunica lunga ed era cinto all’altezza del petto con una fascia dorata. I capelli della sua testa erano bianchi, simili a una lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma ardente. I suoi piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, quando è stato purificato nel crogiolo. La sua voce era come lo scroscio di acque abbondanti. Nella sua mano destra teneva sette stelle, mentre dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio. Il suo aspetto uguagliava il fulgore del sole in pieno meriggio”.

E’ ovvio che si vuole trasmettere un messaggio, attraverso le visioni, e con i simboli. Giovanni ha avuto delle visioni, e poi le traduce con questi simboli che sono tipici del genere letterario apocalittico.

L’elemento dominante del testo è la realtà celeste, di Gesù Cristo, figlio dell’uomo. I candelabri d’oro stanno a indicare l’aspetto liturgico, ed anche gli abiti. Nel cielo la liturgia è perenne ma è legata a quella terrestre, del giorno del Signore: la cui voce ha forza incontenibile, come lo scroscio di acque abbondanti, il cui splendore è meraviglioso. “Quello che vedi scrivilo e mandalo alle sette chiese”. La scrittura è missione divina, superiore al fulgore del sole in pieno meriggio. La spada a doppio taglio che esce dalla bocca del personaggio, oggetto della visione, indica chiaramente l’efficacia della sua PAROLA, del VANGELO. Le sette stelle che tiene nella mano destra dicono il suo potere totale. Sette è il numero della completezza. Le stelle sono nel cielo e guardano sulla terra: quindi Lui è il signore del cielo e della terra. Gesù è uomo, figlio dell’uomo, Gesù e Dio. Giovanni si sente incaricato di mandare ciò che ha visto alle sette chiese, come gli apostoli hanno mandato alla Chiesa il messaggio che avevano avuto da Gesù Cristo e ciò che avevano visto di Lui.

I Cap. 2° e 3° contengono le Lettere che Giovanni scrive alle sette chiese. Queste lettere verosimilmente appartenevano ad una composizione, precedente. Infatti non hanno lo stesso timbro apocalittico come tutto il resto del racconto. Non sono di difficile comprensione. Sono di facile lettura, che ciascuno può fare. Il Cap. 4° - La visione di Dio sul trono. Il Cap. 5° - La visione dell’Agnello che sta in mezzo al trono.

Il significato è estremamente interessante. La visione di Dio sul trono per dirci che tutta la realtà, tutte le vicende umane, quello che interessa la Chiesa è sotto lo sguardo di Dio: è lui che governa, è lui che conduce gli avvenimenti, a noi non sembra, non percepiamo, ma è così in realtà!

Il Cap. 5° - L’Agnello che è in mezzo al trono di Dio. Giovanni vede, piange, perché nella mano destra di Dio, che è seduto sul trono, c’è un libro a forma di rotolo, scritto dentro e fuori. Nessuno può aprirlo perché ha sette sigilli. Ma l’Agnello, che arriva, prende il libro e lo apre: scioglie i sigilli e lo legge. Vuoi comprendere la storia, specialmente quella che sembra incomprensibile?

Quando avvengono certe tragedie, ci domandiamo subito: ma perché? dove è il Signore? Vuoi comprendere la storia, vuoi entrare nei suoi misteri? Questi misteri con le loro vicende, specialmente quelle sanguinose e tristi, possono essere spiegate soltanto se tu guardi all’Agnello. Ciò che lui ha detto, quello che lui ha fatto, quello che lui ha sofferto e la sua vittoria, ne danno il

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senso e la spiegazione. Infatti quando l’Agnello apre i sigilli vengono avanti cavalcature strane che sembrano produrre tragedie non da poco. Ma il testo, con il Cap. 7, apre alla visione di coloro che sono stati “segnati” con il sigillo del Dio vivente. E questi sono 144.000, e appartengono alle 12 tribù dei figli di Israele! E poi appare la schiera sterminata degli eletti.- “Dopo ciò apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua; tutti stavano ritti davanti al trono e davanti all’Agnello; indossavano vesti bianche e avevano palme nelle loro mani”.

Ecco allora: nei grandi momenti di difficoltà, di tragedia, di guerra, di sconvolgimento, è necessario pensare che coloro che sono segnati con il sigillo di Dio e dell’Agnello, che appartengono a Gesù Cristo, sono vittoriosi con le palme nelle mani, e sono già presso Dio. al punto che hanno anche loro le vesti candide come il Cristo e vivono della sua eternità e perciò hanno ottenuto, nonostante tutto, la grande vittoria.

Questi i primi 7 Capitoli dell’Apocalisse, con limitatissimi cenni… E c’è nel libro dell’Apocalisse un capitolo che la Chiesa legge nelle celebrazioni liturgiche della Madonna Santissima. E’ il Cap. 12, intitolato di solito; “visione della donna e il drago”. Non ci è possibile un commento esteso: esprimiamo anche qui solo alcuni concetti.

Ecco i primi versetti: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo: era incinta e gridava in preda alle doglie e al travaglio del parto”. “E un altro segno apparve nel cielo; ecco un grosso dragone, rosso, con sette teste e dieci corna. Sulle teste vi erano sette diademi; la sua coda si trascinava dietro la terza parte degli astri del cielo e li precipitava sulla terra. Il dragone si pose di fronte alla donna che era sul punto di partorire, per divorare il bimbo non appena fosse nato. Essa quindi diede alla luce un figlio, un maschio, quello che era destinato a governare tutte le nazioni con verga di ferro. Subito fu rapito il figlio di lei verso Dio, verso il trono di lui; mentre la donna riparò nel deserto, dove ha un luogo preparato da Dio per esservi nutrita per lo spazio di milleduecentosessanta giorni” (12, 1-6). La donna. Da questi versetti e dall’insieme del libro emerge l’importanza del riferimento. La “donna” è la Vergine Maria che viene spesso raffigurata splendente con la corona di 12 stelle sul capo con la luna sotto i piedi, che schiaccia la testa al serpente (altro riferimento biblico richiamato in questo capitolo al v. 9). La donna è anche la Chiesa: qui si dice che è incinta e grida per le doglie e il travaglio del parto: generare i cristiani fedeli non è senza sofferenza, specialmente in un tempo ostile e carico di persecuzioni.

La Madonna è colei che partorisce il figlio maschio destinato a governare tutte le nazioni, che viene subito rapito verso Dio e verso il suo trono.

La donna è la chiesa, è l’umanità, che ripara nel deserto, nel rifugio preparato da Dio, per mille-duecentosessanta giorni: cioè per tre anni e mezzo: la metà di sette anni (che è il tempo del compimento) quindi per un tempo limitato, e sempre sotto il governo di Dio.

Il drago rosso, enorme: è il segno del male, di satana, del diavolo (v. 9). Ha sette teste: per ricordare i molteplici aspetti e le varie terribili forme del male; dieci corna: ha grande potere; sette diademi sulle teste: il potere dei regnanti; trascina un terzo delle stelle del cielo: il potere non è solo terrestre, il suo obiettivo principale però è la terra, la Chiesa, l’umanità; un terzo delle stelle: è dunque molto limitato il suo potere nel cielo. E nei confronti della donna non può prevalere perché Dio le ha preparato un rifugio: però fa guerra alla sua discendenza.

Si intuisce subito la grande teologia contenuta in questa pagina: c’è una lotta radicale tra il bene e il male in questo mondo: sotto lo sguardo di Dio. La Madonna ha vinto ed è vincente, la Chiesa è

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ancora perseguitata, e l’umanità vive il tempo del combattimento: ma il potere grande di satana non è dominativo: Dio ha preparato un rifugio e nutre i suoi, coloro che aderiscono a Gesù Cristo Signore (v. 16-18). E’ lo sguardo positivo, carico di speranza che riempie tutto il libro dell’Apocalisse, che illumina i cristiani, sempre!

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XIII° SERATA

Apocrifi e Apocalisse

I libri apocrifi.

Fra i tanti apocrifi, specialmente quelli che chiamiamo frammenti, c’è anche il Vangelo di Giuda, di cui si parla in questi giorni.

Noi abbiamo una situazione tutta particolare, specialmente in Italia, e anche in Spagna; molto meno in Francia, quasi niente in Germania e in Inghilterra; in queste ultime nazioni le vicende religiose non fanno odiens. Da noi, in Italia, c’è ancora una religiosità popolare abbastanza diffusa. A differenza, ripeto, della Germania e dell’Inghilterra, noi con la Spagna, con il Portogallo, con la Grecia, abbiamo questa realtà e allora le notizie che interessano i vangeli apocrifi attirano l’attenzione. Domandiamoci: - Quando sono stati scritti questi apocrifi? - Quale era la loro autorevolezza? - Perché i vangeli che noi oggi leggiamo i vangeli “canonici” hanno autorevolezza? Quando sono stati scritti i vangeli apocrifi? Soprattutto nei secoli 3° e 4°, nel 200 e nel 300, D.C. Quindi dopo 200 anni dalla morte di Gesù. L’impero romano sta declinando e la religiosità ufficiale dà spazio ad ogni espressione religiosa. I Vangeli canonici, che noi leggiamo hanno: - Una datazione abbastanza precisa e vicina ai primi momenti della predicazione, della vita e morte di Gesù. Si è trovato a Qumran, un frammento di un manoscritto, che al più tardi è stato vergato intorno al 50-55. Questo frammento riporta un piccolo brano del Vangelo di Marco. Il Vangelo di Luca è stato scritto più tardi. Luca stesso lo dice nella sua introduzione al Cap. 3° del suo Vangelo, quando incomincia col dire: Era l’anno XV del Regno di Tiberio Cesare. Luca da indicazioni cronologiche piuttosto precise. Non solo. Proprio all’inizio dice che molti hanno posto mano a scrivere, e lui a sua volta ha fatto ricerche accurate. Quindi c’era stato uno scrivere abbondante e molto vicino ai tempi, di Gesù. Luca ha scritto intorno agli anni 70, circa 40 anni dopo la morte di Gesù. Il Vangelo di Marco è stato scritto certamente prima. Marco è il primo degli evangelisti; è scritto attorno agli anni 55-60. Abbiamo poi il Vangelo di Giovanni che è stato scritto più tardi: verso la fine del primo secolo. E’ una meditazione… Matteo invece è una rivisitazione di tutta la vita di Gesù con gli occhi di un ebreo. Scrive per gli ebrei che si sono convertiti al cristianesimo. Gesù è un ebreo, la Madonna è un’ebrea, S. Pietro è un ebreo, S. Paolo è un ebreo. Il Cristianesimo viene dall’ebraismo, non possiamo negarlo. Anzi, dobbiamo affermarlo con decisione, anche se l’ebraismo ufficiale soprattutto quello della setta dei Farisei (perché si erano convertiti al Cristianesimo anche quelli della setta dei Farisei), l’ebraismo ufficiale, dopo una certa tolleranza scatena una persecuzione non da poco. Perché credo ai vangeli, che interesse ho, cosa ne guadagno? Io credo ai vangeli per questo semplicissimo motivo: sono scritti da autori che sono vissuti con Gesù e hanno pagato con la vita la loro testimonianza a Lui! La prima generazione cristiana ha conquistato il mondo. Paolo lo dice con chiarezza. Ma lo dice specialmente Luca, nel Libro degli Atti degli Apostoli, ove fa

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vedere la storia dei primi cristiani, fino a quando Paolo arriva a Roma e a Roma può fare l’evangelizzazione.

La prima Comunità Cristiana ha conquistato il mondo, non con la spada, anzi essendo continuamente martirizzata. Che interesse aveva Pietro a farsi uccidere, se Gesù Cristo non fosse risorto? E così anche gli altri apostoli, e anche Paolo. Lui aveva una presenza e una rilevanza nell’ambito dell’ebraismo, delle più riconosciute, tantè che ottiene dal sommo sacerdote i titoli per recarsi a Damasco e condurre prigionieri a Gerusalemme quelli che si erano convertiti al cristianesimo, per far fare loro la fine che aveva fatto fare a Stefano. Il protagonista delle persecuzioni, proprio lui, si converte al cristianesimo e poi paga con la vita. Lui diventa il missionario più attivo e più duramente provato. Che interesse aveva? Ecco la ragione, del credere al cristianesimo, del credere al vangelo, del credere a coloro i quali ci hanno testimoniato Gesù, e Gesù risorto! Sono testimoni che hanno dato la vita . Ed è un gran numero di membri della Chiesa primitiva. Chi ha “riconosciuto” i Vangeli?, perché i vangeli apocrifi non sono stati “riconosciuti”? (Quando si dice vangeli apocrifi non si intende vangeli “falsi”; vangeli apocrifi significa che non sono stati riconosciuti dalla Chiesa, cioè dalle Comunità Cristiane dei primi tempi). Le Comunità Cristiane dei primi tempi hanno riconosciuto 4 Vangeli. E noi riconosciamo questi 4 Vangeli come ispirati, come “canonici”. Quegli altri non sono canonici, non li consideriamo ispirati, perché le qualificate prime Comunità Cristiane essendo state fondate dagli Apostoli conoscevano bene la tradizione cristiana, la predicazione apostolica, che ha fatto i Vangeli.

Queste sono riflessioni che, ripeto, tendono a dare una base razionale, al credere; poi c’è la fede; la fede non è in contrasto con la ragione; la fede si serve della ragione; la fede però va oltre, perché se si legge il Vangelo, a cuore aperto, si sente veramente che è una parola singolare, una parola straordinaria. Invito sempre a leggere il Vangelo, a leggere la Sacra Scrittura: perché essa è la Parola di Dio, non è della Chiesa, è Parola di Dio! Essa è un tesoro sopra tutti i tesori. E vorrei gridarlo a tutti: se Cristo non fosse risorto e se non avessimo dinnanzi a noi la prospettiva della vita eterna, cosa saremmo? Dei pugni di polvere! Combatto, lotto e cerco di essere onesto, cerco di fare giustizia, per che cosa se non ho davanti la vita eterna? Mangiamo e beviamo, cerchiamo di fare soldi più che possiamo... Io penso grande, da questo punto di vista, il Vangelo, e la Chiesa che lo porta. Se non ci fosse stata la Chiesa non avremmo avuto il Vangelo. Se non ci fosse stata la Chiesa non avremmo avuto i quattro Vangeli, e forse non avremmo nulla del Cristianesimo.

La Chiesa, ha portato a noi, anche gli scritti apocrifi. E moltissimi altri testi degli antichi autori classici… però distinguendo nettamente tra gli uni e gli altri. I Vangeli canonici sono stati letti sempre nei secoli, durante la liturgia perché parola di Dio, via alla salvezza. Gli altri scritti sono stati solamente considerati oggetto di studio e memoria storica, interessanti, ma non necessari per la salvezza eterna. APOCALISSE Apocalisse significa “rivelazione”. La parola apocalisse dal greco “apocalipto” significa appunto togliere il velo: rivelazione. Però, di solito, quando nel discorso comune diciamo “apocalisse”, intendiamo la fine del mondo, un disastro, i flagelli maggiori. Il Libro dell’Apocalisse ha, al proprio interno, queste realtà, dobbiamo però rimarcare che la parola “apocalisse” significa rivelazione, è rivelazione del significato e della portata degli eventi anche egativi della storia. L’insieme dell’Apocalisse: è il libro della speranza; perché in mezzo a tutte le traversie, a tutti i disastri che possiamo immaginare, quelli naturali e quelli non naturali, esso dice che il bene vince

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il male, il bene è ben più forte del male. Ecco dunque la titolazione migliore di questo libro: il libro della speranza.

Esso inizia così: rivelazione di Gesu Cristo, che Dio diede per rendere noto ai suoi servi le cose che devono accadere. “Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia”. “Giovanni alle 7 Chiese che sono in Asia: grazie a voi e pace da colui che era, che è e che viene”. Quindi l’autore è Giovanni.

Leggo adesso al versetto 9 del 1° Cap.: “Io Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione nel regno e nella costanza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos, a causa della Parola di Dio e della testimonianza di Gesù”. L’autore del Libro dell’Apocalisse è Giovanni, e la tradizione fa sapere che questo Giovanni è l’apostolo, l’autore del Vangelo. Quando si legge l’Apocalisse, in Chiesa, sentiamo: dal Libro dell’Apocalisse di S. Giovanni apostolo. Questa la tradizione che ha radici molto lontane.

La data di composizione del libro. Nel versetto appena letto c’è una indicazione preziosa: “Io Giovanni vostro fratello e vostro compagno mi trovavo nell’isola chiamata Patos a causa della testimonianza resa a Gesù. Quindi lui è prigioniero a Patos, un’isola non molto lontana dalla Turchia, è lì come prigioniero, perché è tempo di persecuzione. E quale può essere questo tempo?; le due persecuzioni del tempo in cui l’Apocalisse può essere stata scritta, cioè nel 1° secolo, sono, o quella di Nerone o quella di Domiziano. Sono le due persecuzioni che hanno avuto ampia risonanza in tutto l’Impero romano. Perciò se siamo ai tempi di Nerone l’Apocalisse è stata scritta negli anni 60; se siamo ai tempi di Domiziano l’Apocalisse è stata scritta negli anni 90. Un oratore antico, Papia di Gerapoli, verso il 110 D.C. parla dell’Apocalisse. Perciò deve essere stata scritta, al più tardi, intorno agli anni 90. Il genere letterario apocalittico è uno dei generi letterari più difficili. Usa moltissime immagini, moltissimi simboli non più attuali nella nostra lingua, non sono più familiari. A quel tempo, questo genere letterario era molto in voga. Lo era anche prima, specialmente nei tempi difficili. Lo dice, per esempio il Libro di Daniele dell’Antico Testamento. Questo libro, soprattutto nella 2° parte, ha notevoli spazi apocalittici. Scritto 150/180 anni prima di Cristo.

Il genere letterario apocalittico ha un valore, da scoprire, perché fa riferimento anche ai fatti. Però cerca nei fatti la valenza e il valore che possono avere davanti a Dio e nell’insieme della storia. Per esempio. Quando si parla di Roma il titolo è: la grande prostituta, che sta sui 7 colli, la Babilonia nuova. Babilonia 500 anni prima di Cristo aveva deportato il Popolo di Dio. Roma sta perseguitando il popolo di Dio e quindi può essere paragonata a Babilonia. E nell’Apocalisse c’è una profezia; esso ci dice che la “prostituta cadrà”; che la nuova Babilonia cadrà! E tutti piangeranno, specialmente quelli che hanno vissuto delle sue ricchezze. Roma, avendo perseguitato i cristiani, non può che finire come Babilonia, che era stata distrutta. Ecco perché dico che è il Libro della Speranza: nei momenti di maggiore difficoltà, di maggiore persecuzione, di maggiore insicurezza, con questo libro possiamo vivere, con una visione fondata sulla certezza della vittoria del bene: la grande prostituta cadrà, come è caduta Babilonia.

Ed ora porgiamo il commento di alcune pagine dell’Apocalisse. Solo pochissime battute. Le prime si riferiscono alla prima visione del Libro. Si trova nel Cap. 1° versetto 10, e seguito. “Rapito in estasi nel giorno del Signore, udii dietro a me una voce possente, come di una tromba, che diceva: “Ciò che vedrai scrivilo in un libro e invialo alle sette chiese: a Efeso, a Smirne, a

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Pergamo, a Tiatira, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea”. Mi voltai per vedere chi fosse quello che mi parlava. Voltandomi, vidi sette candelabri d’oro e in mezzo ad essi uno simile a figlio di uomo. Indossava una tunica lunga ed era cinto all’altezza del petto con una fascia dorata. I capelli della sua testa erano bianchi, simili a una lana candida come neve. I suoi occhi erano come fiamma ardente. I suoi piedi avevano l’aspetto del bronzo splendente, quando è stato purificato nel crogiolo. La sua voce era come lo scroscio di acque abbondanti. Nella sua mano destra teneva sette stelle, mentre dalla bocca usciva una spada affilata, a doppio taglio. Il suo aspetto uguagliava il fulgore del sole in pieno meriggio”.

E’ ovvio che si vuole trasmettere un messaggio, attraverso le visioni, e con i simboli. Giovanni ha avuto delle visioni, e poi le traduce con questi simboli che sono tipici del genere letterario apocalittico.

L’elemento dominante del testo è la realtà celeste, di Gesù Cristo, figlio dell’uomo. I candelabri d’oro stanno a indicare l’aspetto liturgico, ed anche gli abiti. Nel cielo la liturgia è perenne ma è legata a quella terrestre, del giorno del Signore: la cui voce ha forza incontenibile, come lo scroscio di acque abbondanti, il cui splendore è meraviglioso. “Quello che vedi scrivilo e mandalo alle sette chiese”. La scrittura è missione divina, superiore al fulgore del sole in pieno meriggio. La spada a doppio taglio che esce dalla bocca del personaggio, oggetto della visione, indica chiaramente l’efficacia della sua PAROLA, del VANGELO. Le sette stelle che tiene nella mano destra dicono il suo potere totale. Sette è il numero della completezza. Le stelle sono nel cielo e guardano sulla terra: quindi Lui è il signore del cielo e della terra. Gesù è uomo, figlio dell’uomo, Gesù e Dio. Giovanni si sente incaricato di mandare ciò che ha visto alle sette chiese, come gli apostoli hanno mandato alla Chiesa il messaggio che avevano avuto da Gesù Cristo e ciò che avevano visto di Lui.

I Cap. 2° e 3° contengono le Lettere che Giovanni scrive alle sette chiese. Queste lettere verosimilmente appartenevano ad una composizione, precedente. Infatti non hanno lo stesso timbro apocalittico come tutto il resto del racconto. Non sono di difficile comprensione. Sono di facile lettura, che ciascuno può fare. Il Cap. 4° - La visione di Dio sul trono. Il Cap. 5° - La visione dell’Agnello che sta in mezzo al trono.

Il significato è estremamente interessante. La visione di Dio sul trono per dirci che tutta la realtà, tutte le vicende umane, quello che interessa la Chiesa è sotto lo sguardo di Dio: è lui che governa, è lui che conduce gli avvenimenti, a noi non sembra, non percepiamo, ma è così in realtà!

Il Cap. 5° - L’Agnello che è in mezzo al trono di Dio. Giovanni vede, piange, perché nella mano destra di Dio, che è seduto sul trono, c’è un libro a forma di rotolo, scritto dentro e fuori. Nessuno può aprirlo perché ha sette sigilli. Ma l’Agnello, che arriva, prende il libro e lo apre: scioglie i sigilli e lo legge. Vuoi comprendere la storia, specialmente quella che sembra incomprensibile?

Quando avvengono certe tragedie, ci domandiamo subito: ma perché? dove è il Signore? Vuoi comprendere la storia, vuoi entrare nei suoi misteri? Questi misteri con le loro vicende, specialmente quelle sanguinose e tristi, possono essere spiegate soltanto se tu guardi all’Agnello. Ciò che lui ha detto, quello che lui ha fatto, quello che lui ha sofferto e la sua vittoria, ne danno il

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senso e la spiegazione. Infatti quando l’Agnello apre i sigilli vengono avanti cavalcature strane che sembrano produrre tragedie non da poco. Ma il testo, con il Cap. 7, apre alla visione di coloro che sono stati “segnati” con il sigillo del Dio vivente. E questi sono 144.000, e appartengono alle 12 tribù dei figli di Israele! E poi appare la schiera sterminata degli eletti.- “Dopo ciò apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua; tutti stavano ritti davanti al trono e davanti all’Agnello; indossavano vesti bianche e avevano palme nelle loro mani”.

Ecco allora: nei grandi momenti di difficoltà, di tragedia, di guerra, di sconvolgimento, è necessario pensare che coloro che sono segnati con il sigillo di Dio e dell’Agnello, che appartengono a Gesù Cristo, sono vittoriosi con le palme nelle mani, e sono già presso Dio. al punto che hanno anche loro le vesti candide come il Cristo e vivono della sua eternità e perciò hanno ottenuto, nonostante tutto, la grande vittoria.

Questi i primi 7 Capitoli dell’Apocalisse, con limitatissimi cenni… E c’è nel libro dell’Apocalisse un capitolo che la Chiesa legge nelle celebrazioni liturgiche della Madonna Santissima. E’ il Cap. 12, intitolato di solito; “visione della donna e il drago”. Non ci è possibile un commento esteso: esprimiamo anche qui solo alcuni concetti.

Ecco i primi versetti: “Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e una corona di dodici stelle sul suo capo: era incinta e gridava in preda alle doglie e al travaglio del parto”. “E un altro segno apparve nel cielo; ecco un grosso dragone, rosso, con sette teste e dieci corna. Sulle teste vi erano sette diademi; la sua coda si trascinava dietro la terza parte degli astri del cielo e li precipitava sulla terra. Il dragone si pose di fronte alla donna che era sul punto di partorire, per divorare il bimbo non appena fosse nato. Essa quindi diede alla luce un figlio, un maschio, quello che era destinato a governare tutte le nazioni con verga di ferro. Subito fu rapito il figlio di lei verso Dio, verso il trono di lui; mentre la donna riparò nel deserto, dove ha un luogo preparato da Dio per esservi nutrita per lo spazio di milleduecentosessanta giorni” (12, 1-6). La donna. Da questi versetti e dall’insieme del libro emerge l’importanza del riferimento. La “donna” è la Vergine Maria che viene spesso raffigurata splendente con la corona di 12 stelle sul capo con la luna sotto i piedi, che schiaccia la testa al serpente (altro riferimento biblico richiamato in questo capitolo al v. 9). La donna è anche la Chiesa: qui si dice che è incinta e grida per le doglie e il travaglio del parto: generare i cristiani fedeli non è senza sofferenza, specialmente in un tempo ostile e carico di persecuzioni.

La Madonna è colei che partorisce il figlio maschio destinato a governare tutte le nazioni, che viene subito rapito verso Dio e verso il suo trono.

La donna è la chiesa, è l’umanità, che ripara nel deserto, nel rifugio preparato da Dio, per mille-duecentosessanta giorni: cioè per tre anni e mezzo: la metà di sette anni (che è il tempo del compimento) quindi per un tempo limitato, e sempre sotto il governo di Dio.

Il drago rosso, enorme: è il segno del male, di satana, del diavolo (v. 9). Ha sette teste: per ricordare i molteplici aspetti e le varie terribili forme del male; dieci corna: ha grande potere; sette diademi sulle teste: il potere dei regnanti; trascina un terzo delle stelle del cielo: il potere non è solo terrestre, il suo obiettivo principale però è la terra, la Chiesa, l’umanità; un terzo delle stelle: è dunque molto limitato il suo potere nel cielo. E nei confronti della donna non può prevalere perché Dio le ha preparato un rifugio: però fa guerra alla sua discendenza.

Si intuisce subito la grande teologia contenuta in questa pagina: c’è una lotta radicale tra il bene e il male in questo mondo: sotto lo sguardo di Dio. La Madonna ha vinto ed è vincente, la Chiesa è

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ancora perseguitata, e l’umanità vive il tempo del combattimento: ma il potere grande di satana non è dominativo: Dio ha preparato un rifugio e nutre i suoi, coloro che aderiscono a Gesù Cristo Signore (v. 16-18). E’ lo sguardo positivo, carico di speranza che riempie tutto il libro dell’Apocalisse, che illumina i cristiani, sempre!

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XIV° SERATA XIV° SERATA XIV° SERATA XIV° SERATA

Ultimo incontro Ho pensato questa sera di dire una parola su questo libro: Joseph Ratzinger – GESU’ DI NAZARET- e poi dire una parola sulla Madonna. Siamo nel mese di maggio, ieri era la festa dell’Ausiliatrice, sulla Madonna abbiamo parlato poco, ho pensato di parlare della Madonna.

Subito con “Gesù di Nazaret” e mi è parso opportuno portare la pagina che ho visto ieri sul Corriere., Ecco il titolo della pagina! “Interpretazioni: ieri a Parigi l’arcivescovo emerito di Milano ha offerto una sua analisi del libro del Papa”. “Ammiro Gesù di Ratzinger, ma non è l’unico”. “Martini: una lettura alla luce di fede e ragione, che si oppone al metodo storico critico”. Naturalmente di fronte a questi titoli mi sento provocato, perché tutte le volte che il Corriere fa parlare Martini, nei titoli non è pienamente rispondente ai contenuti. Ho letto, ho sottolineato. E dopo aver letto e sottolineato, ho scoperto che è una traduzione dal francese, di Daniela Maggioni.

Questo è quanto il Card. Martini ha detto a Parigi, all’Unesco, in un incontro promosso dalla Conferenza Episcopale Francese. Spesso si afferma che la Conferenza Episcopale Francese è sulle barricate, contro il Papa. Martini non ha detto quello che si dice nei titoli. Leggo soltanto alcune battute finali. “A mio avviso il libro è bellissimo, si legge con una certa facilità e ci fa capire meglio Gesù figlio di Dio e al tempo stesso la grande fede dell’autore. Ma esso non si limita al solo dato intellettuale, ci indica la via dell’amore di Dio e del prossimo, come quando spiega la parabola del Buon Samaritano. Pensavo anch’io, verso la fine della mia vita di scrivere un libro su Gesù come conclusione dei lavori che ho svolto sui testi del Nuovo Testamento. E ora mi sembra che quest’opera di Joseph Ratzinger corrisponda ai miei desideri e alle mie attese. E sono molto contento che lo abbia scritto. Auguro a molti la gioia che ho provato io nel leggerlo”.

Questo dice Martini: e anche tante altre cose. E ancora: “qui il Papa scrive non come esegeta, ma come teologo” perché difatti il Papa si è sempre detto non esegeta, ma teologo. E il libro, il Papa lo scrive non come il Papa, ma come uno che studia. Difatti nella premessa, molto chiaramente, il Papa dice: “questo libro non è in alcun modo un atto magistrale, ma è unicamente espressione della mia ricerca personale del volto del Signore, perciò ognuno è libero di contraddirmi”. Più chiaro di così si muore… E nella premessa, detta ancora: “il cammino interiore verso questo libro è stato lungo. Ho potuto cominciare a lavorare durante le vacanze estive del 2003, e nell’agosto del 2004. Ho poi dato forma definitiva ai Cap. dall’1 al 4. Dopo la mia elezione alla sede apostolica di Roma ho usato tutti i miei momenti liberi per portare avanti il libro. Poiché non so quanto tempo e quanta forza mi saranno ancora concessi mi sono ora deciso a pubblicare, come prima parte del libro, i primi 10 capitoli: che vanno dal Battesimo al Giordano fino alla Confessione di Pietro e alla Trasfigurazione. Con la seconda parte spero di poter offrire anche il Capitolo sui racconti dell’Infanzia”. Infatti in Papa non parla qui dei racconti dell’Infanzia. E il motivo per cui non ne parla è perché sono racconti molto complessi. Sembrano i racconti più immediati, più facili che noi leggiamo nel tempo natalizio nella liturgia. In realtà sono i capitoli più impegnativi.

La preoccupazione che emerge immediatamente in questo libro è il Gesù reale.

Il metodo: negli anni 30 Karl Adam uno dei grandi studiosi tedeschi e Romano Guardini, un altro grande maestro, hanno scritto dei libri su Gesù che erano evidentemente una proposta proveniente

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dal Vangelo, essenzialmente data dall’adesione di fede. Anni 50 verso la fine, anni 60, anni 70, anni 80: non è ancora finito questo tempo, tempo del cosi detto “metodo storico critico”.

Il metodo storico critico ha avuto diverse voci e molte di esse hanno affermato che col Vangelo non possiamo ricostruire la figura del Gesù sotto il profilo storico. Dai Vangeli ci viene dato il Gesù della fede dei primi tempi cristiani. Abbiamo i racconti che vengono fatti dalla Chiesa dei primi tempi dopo che la Chiesa si era organizzata si era data una specie di insieme liturgico. Dunque il Vangelo è una specie di racconto liturgico. Il Papa in proposito cosa dice? Si domanda: il Gesù dei Vangeli è un Gesù irreale? Credo che sia veramente questo il punto cruciale. E mi sembra sia opportuno che lo abbia messo a fuoco. Il Papa dice così: il metodo storico critico resta indispensabile, a partire dalla struttura della fede cristiana. Dobbiamo tuttavia aggiungere 2 considerazioni: 1° - il metodo storico critico è una delle dimensioni dell’esegesi, ma non esaurisce il compito dell’interpretazione, 2° - è importante che venga riconosciuto il limite dello stesso metodo storico critico. E qual è il limite? Ecco: quando analizza un fatto non gli è consentito di interpretarlo di ipotizzare l’insieme dell’ambiente dove avviene, soprattutto quello della fede e della religiosità. Facciamo un esempio, il fatto delle tentazioni di Gesù. Se leggiamo il Vangelo di Marco le narra con una sinteticità che sorprende. Dopo il Battesimo, subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e vi rimase 40 giorni tentato da satana; stava solo con le fiere, ma gli angeli lo servivano. Proviamo a fare un’analisi storico-critica: Gesù è andato nel deserto per 40 giorni. Ma nel deserto a fare cosa? Dal punto di vista storico critico cosa possiamo raccontare? Chi ha detto che Gesù è stato tentato nel deserto? deve averlo detto lui, e quindi viene a noi da chi? Da quale ambiente? Dalla Chiesa che rivive, ripensa la storia di Gesù. Storicamente abbiamo davanti il fatto. L’ambiente religioso lo interpreta. E’ stato nel deserto tentato da satana. Anche noi siamo tentati come Gesù… Successivamente gli altri 2 evangelisti: Matteo e Luca presentano anche le 3 tentazioni.

1° tentazione – Satana propone: “Di che queste pietre diventino pane”. Risposta di Gesù: “non di solo pane vive l’uomo”. Questa risposta evidentemente è l’essenza di un modo nuovo di interpretare la vita. Quando alla moltiplicazione dei pani, narrata dall’evangelista Giovanni, Gesù presenta il significato e la portata del miracolo, dice: “voi non mi cercate perché avete visto il segno, ma perché vi siete saziati”; subito aggiunge: “cercate il pane che non perisce, quello che dà la vita”. Quindi non di solo pane vive l’uomo. C’è un altro pane, c’è il pane spirituale, che è Lui Gesù. Queste interpretazioni sono date da Gesù stesso, nella sua predicazione, in tutti i discorsi che ha fatto.

E il metodo storico critico cosa può dire? Può dire soltanto che la primitiva Chiesa cristiana ha messo davanti a noi 3 tentazioni e quella sul pane ha alle spalle una teologia, la teologia che l’essere umano non ha bisogno soltanto di pane materiale, ha bisogno di altro pane. Tutto questo si dice seguendo il cosiddetto metodo teologico interpretativo e non è minimamente in contrasto con il metodo storico critico. Il Papa dice che la sua è una ricerca del volto di Cristo. Non tanto se era bello, se era brutto, ma la portata di questo personaggio.

Qualcosa di analogo dicasi dell’altra tentazione, quella del pinnacolo del Tempio: dice Satana: buttati giù. Risposta di Gesù: “non tenterai il Signore Dio tuo”. Tu ti butti giù e la gente ti vede arrivare dall’alto, ti acclama subito come Messia! E’ chiaro anche qui che si tratta di un tipo di Messianismo. Il primo, quello della tentazione del pane, è un Messianismo facile che soddisfa le esigenze materiali delle persone. Quest’altro è il Messianismo applaudito, popolare, della popolarità più diffusa. Gesù invece si rifiuta. Il suo essere Messia non sarà mai di questo tipo,

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tantè che quando fa i miracoli non vuole che si sappia. Spesso dice di non raccontarli: specialmente nel Vangelo di Marco c’è un ritornello ripetuto da Gesù di non dire niente a nessuno del prodigio avvenuto. E’ chiaro: Gesù vuole un Messianismo non popolaresco come indicava la tentazione.

Alla fin fine, la terza tentazione: “se tu mi adori, io ti do tutti i regni del mondo”. E Gesù, naturalmente: “vattene satana”. E’ chiaro dunque che le tentazioni hanno una dimensione storica e la critica può ricostruirle a sua volta, ma l’interpretazione delle tentazioni è data essenzialmente dall’insieme della vita di Gesù, e dall’interpretazione data da Gesù stesso, dalla sua predicazione, ma anche dalle riflessioni fatte dai cristiani, dagli evangelisti, dalla chiesa dei primi tempi. Ma non c’è contrasto tra il fatto, e l’interpretazione del fatto, il suo valore teologico. E leggiamo ora il racconto del paralitico, quello che viene posto giù dal tetto. C’era tanta gente e quando Gesù se lo vede davanti cosa dice?... “Sono rimessi i tuoi peccati”. I Farisei, che erano lì, dissero: “Costui bestemmia, solo Dio può rimettere i peccati. “Perché sappiate che il Figlio dell’Uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, alzati, disse al paralitico, prendi il tuo lettuccio e va a casa tua”. Il fatto è questo. Il perché del fatto. Lo suggerisce Gesù stesso: “perché sappiate che il figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati, alzati prendi il tuo lettuccio e va a casa tua”. Ripeto: il fatto è già interpretato. Ma c’è un’altra interpretazione. Se prendiamo il Vangelo di Matteo, ci dice che la gente è strabiliata di fronte a questo fatto. Anche il Vangelo di Marco, dice la stessa cosa. E così il Vangelo di Luca. Ma Matteo aggiunge una più ampia interpretazione, che non c’è in Marco nè in Luca: per Matteo la gente è meravigliata perché Dio ha dato un tale potere agli uomini. La primitiva Chiesa cristiana non poteva non ricordare le parole di Gesù nel giorno di Pasqua: “a chi rimetterete i peccati saranno rimessi a chi non li rimetterete resteranno non rimessi”. (Gio 20,23). Il potere di rimettere i peccati? Matteo ricorda quell’episodio raccontato da tutti e 3 i sinottici praticamente nella stessa maniera, e tutti rammentano la folla strabiliata. Lui lo interpreta a suo modo perché molto verosimilmente nella Chiesa dove scrive il suo Vangelo c’era una prassi penitenziale importante. Presso gli ebrei la remissione dei peccati era di grande rilievo e avevano una festa speciale, la festa di Yon-kipur, della espiazione per la remissione dei peccati. Così Matteo ha questa attenzione particolare al fatto e alle parole che Gesù ha detto. Chiaramente questa interpretazione non è in contrasto con tutto l’insieme, anzi è una ulteriore esplicitazione del fatto e della sua portata! Similmente il Papa in questo libro, partendo dal metodo storico, cerca di indicare i fatti, poi passa alla interpretazione che viene fornita dai Vangeli e alle interpretazioni di carattere teologico che vengono dalla Chiesa dei primi tempi e quelle raggiunte con il progresso nei secoli. Di fatti la Chiesa leggendo nei secoli i Vangeli e leggendoli nelle celebrazioni liturgiche e quindi nella loro formazione (perché i Vangeli sono stati essenzialmente formazioni liturgiche) li ha conosciuti nela più profonda dimensione.

Dopo queste poche battute dobbiamo concludere con l’invito a leggere i Vangeli con molta attenzione. Cerchiamo di cogliere prima di tutto i fatti narrati e, successivamente, le interpretazioni che essi ci forniscono. Anche le lettere apostoliche sono da scoprire perché esse ci porgono le interpretazioni in essere nelle Chiese dei primi tempi. Complessivamente credo si possa dire che Gesù, dal punto di vista storico-critico, è una figura, una persona ben delineata e avvincente. Anche gli altri aspetti dottrinali e i fatti straordinari sono, documentati. Lui ha superato le aspettative e le speranze dell’epoca.

Molti non credenti dicono che è stato un “rivoluzionario”. E’ così! Basti pensare alla sua dottrina e al suo fare sul perdono; sull’amore; sulla purità legale… ma la grande rivoluzione è di carattere antropologico: l’essere umano figlio di Dio, suo erede, destinato alla beatitudine e all’amore eterno.

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La crocefissione ha dato un volto luminoso e un grande valore alla sofferenza… altrimenti solo ripugnante. E Lui era consapevole del suo dire da rivoluzionario dell’Ant. Test. Poi aggiungeva: “Ma io vi dico”… Un altro titolo che tutti gli studiosi gli attribuiscono: è un “moralista”. La sua morale infatti appare insuperabile…

E quanti altri titoli: l’uomo del coraggio, l’uomo dei poveri e dei piccoli, l’uomo che ha dato riscatto e attenzioni preferenziali alle donne, suscitando meraviglie persino tra i discepoli (episodio della samaritana, della peccatrice, da Marta a Maria, della Maddalena…). L’aspetto che supera tutti gli altri si riferisce al suo dichiararsi Dio come il padre: “Chi vede me vede il padre” (Gio 14,9). E l’episodio-fatto più alto è la sua resurrezione. Fatto che ha dato origine a quel “moto reale”, controllabile che ha costruito la Chiesa, le ha dato un impulso fortissimo e l’ha resa capace di conquistate, senza alcuna violenza anzi tra persecuzioni e martirio, tutto il mondo allora conosciuto. E’ la sua risurrezione che illumina, illumina tutto, da senso a tutto.

Adesso vorrei dire 4 parole, brevi, sulla Madonna, santa, dal momento che siamo nel mese di Maggio, e ieri era la Festa dell’Ausiliatrice, e quest’oggi è il giorno 25 e al 25 di ogni mese c’è il messaggio della Madonna a Medugorje. Oggi è anche il giorno della nascita di Padre Pio, che era un grande devoto della Madonna.

Conoscete le narrazioni dei Vangeli dell’Infanzia di Gesù. Luca è quello che racconta di più della Madonna narrando l’Infanzia di Gesù, c’è anche Matteo che racconta. Matteo scrive l’Infanzia di Gesù con gli occhi di Giuseppe, mentre Luca scrive con gli occhi della Madonna. Tralasciamo i commenti ai Vangeli dell’Infanzia e facciamo solo quattro altri riferimenti.

1 – Vangelo di Giovanni: le Nozze di Cana. Le Nozze di Cana sono proprio all’inizio della vita pubblica di Gesù. Hanno un significato straordinario perché Gesù appare come lo sposo! Nell’Antico Testamento l’idea dell’alleanza sponsale, tra Dio e l’umanità, tra Dio e il suo popolo. E’ un’idea molto diffusa, l’alleanza sponsale! Israele viene spesso qualificata come una prostituta, una sposa infedele, mentre Dio è lo sposo fedele. A Cana Gesù si presenta come “lo sposo” che compie il miracolo: il miracolo della trasformazione dell’acqua in vino. E la trasformazione dell’acqua, che serve solo per la purificazione, in vino, che indica la gioia messianica. Il vino è infatti il segno della gioia messianica. Questa trasformazione è tanto abbondante perché 2 o 3 barili in quelle 6 giare portano a circa 500 litri di vino, che abbondanza!. La Madonna. E’ lei che interviene e Gesù le dice: “che ho da fare con te o donna”. Eva! La Madonna è la nuova Eva. Eva fu la madre di tutti i viventi, come dice la Genesi, quindi la Madonna è la nuova Eva, della nuova creazione, inaugurata lì a Cana. E quello è anche il momento in cui i discepoli credono in Cristo: “i suoi discepoli cedettero in Lui”.

E’ la Madonna che interviene nel dinamismo del decisivo miracolo. Lei dice ai servi: “fate quello che vi dirà”.

Gesù dice: donna che devo fare con te, non è ancora giunta la mia ora. Per tutta risposta Lei ….: fate quello che vi dirà. C’è tutta una teologia, una spiritualità.

La Madonna afferma che si deve fare quello che dice Gesù. Lei a Cana compare come il motore primo di una nuova era che è l’era messianica. E lei che si accorge che non hanno più vino. Questo è il 1° riferimento che dovremmo raccontare e raccontarlo con forza quando viene letto nella liturgia.

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Dovremmo dar fondo a questo discorso. 2 - Tanto più se si tiene presente che lo stesso Giovanni dopo aver detto questo alle Nozze di Cana, sotto la croce colloca la Madonna Santa accanto a Gesù. E riporta le ultime parole che dice: “donna ecco tuo figlio”. Ancora la chiama donna. Attenzione bene: dice prima: donna ecco tuo figlio e poi dice al discepolo: ecco tua madre. Quello che là a Cana sembrava intravedersi qui diventa verità manifesta, del tutto esplicita. La donna c’è, la nuova Eva è lei, la madre dei viventi è lei, quindi tu che sei figlio ricordati che questa è tua madre. “E il discepolo la presa nella sua casa”, nella sua vita. Ecco il Vangelo di Giovanni sembra una grande inclusione tra questi due momenti, Cana e la croce.

3 – Nel Libro degli Atti degli Apostoli, Cap. 1°, c’è un altro momento che è di notevolissima importanza. Si dice, dopo il racconto dell’Ascensione: “Allora ritornarono a Gerusalemme dal Monte detto degli Ulivi che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un giorno di sabato. Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C’erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo zelota, Giuda di Giacomo”. “Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria la madre di Gesù”. Sembra quasi che la Madonna sia il raccoglitore, della prima comunità cristiana insieme ai discepoli. Se è così, tutto quello che l’evangelo di Giovanni dice dei discepoli, si dovrebbe dire anche di Maria che è la discepola nel senso migliore del termine, perché lei: è quella che dice “eccomi, sono la serva del Signore”. 4 - A me piace tanto e adesso dico qualche battuta, del Vangelo di Giovanni, del discorso dell’addio, il discorso dell’Ultima Cena. Per esempio: “In verità, in verità vi dico chi crede in me compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi”. Non è vero che la Madonna in certe apparizioni ha compiuto cose grandi?. A Fatima più di 50 mila persone hanno visto il miracolo, il miracolo del sole. Allora, qualunque cosa chiederete nel mio nome lo farò perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Non per niente una delle cose più interessanti di Medugorje è questa: che la Madonna spessissimo dice di pregare nel nome di Gesù. E noi se preghiamo nel nome di Gesù abbiamo certamente degli aiuti non da poco.

Subito dopo Gesù dice: “non vi lascerò orfani, perché ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più, voi invece mi vedrete perché io vivo e voi vivrete”. Questo si dice dei discepoli. E della Madonna? E ancora: “se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui”. Voi pensate che Gesù non sia stato presso sua madre? E quando si dice: “se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi chiedete quello che volete e vi sarà dato, questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Io sono convinto che quando leggiamo queste parole, dette di noi, di noi come venivano dette ai discepoli nell’Ultima Cena, se guardiamo la Madonna non possiamo non sentirla e non vederla piena di luce, piena di gioia, piena di grazia. E quando diciamo: “Ave Maria piena di grazia, il Signore è con te”, sono poche battute, ma sufficienti per intuire la grandezza, la dolcezza, la gioiosa presenza della Madonna, nella nostra vita.

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Pensavo che la Bibbia fosse un insieme di libri come dice la parola stessa, ma un po’ riservata agli addetti di teologia per la complessità dei temi e dei contenuti non sempre facilmente decifrabili. Questa esperienza di un viaggio tra le pagine della parola di Dio, ho capito che è necessario, certamente con l’aiuto di un esperto navigatore, imparare a seguire la rotta del pensiero che ispira tutto il racconto biblico. Allora le letture acquistano un significato diverso, dai brani e dai libri letti così come sono, senza porli nel contesto che li ha ispirati. E soprattutto se si tiene conto del nuovo testamento che ne è la prospettiva finale, allora la rotta del pensiero si delinea interessante e chiara, certamente ci sono due elementi indispensabili, la disponibilità a ricercare con fede la verità e confrontarsi con il senso della propria esistenza. Per capire la Bibbia è come uscire in mare, se non si traccia una rotta precisa si resta in balia delle onde, ecco perché prima ancora di cercare, bisogna saper navigare. Ho camminato e navigato alla ricerca di risposte… ho trovato un Dio che ascolta e risponde.. ma ho scoperto soprattutto che, sono io che devo ascoltare… la sua parola è il vero senso della vita… la Bibbia, il Vangelo di Cristo sono l’unica risposta ai perché… il silenzo di Dio è la mia incapacità ad ascoltare la sua parola… Questo cammino fatto in modo semplice con animo disponibile, mi ha chiarito molte cose, è forse la presunzione e la poca fede è il vero impedimento che spesso porta al nulla…… riprendiamo il cammino… nella Chiesa di Cristo.

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