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Per un pugno di dollari Titoli di testa Titolo originale Per un pugno di dollari Paese di produzione Italia , Spagna , Ger mania Ovest Anno 1964 Durata 100 min Colore Colore Audio sonoro Rapporto 2,35:1 Genere western Regia Sergio Leone Soggetto Sergio Leone (ispirato dalla pellicola La sfida del samurai di Akira Kurosawa ) Sceneggiatura Sergio Leone, Duccio Tessari , Fernando Di Leo Produttore Arrigo Colombo , Giorgio Papi Produttore esecutivo Franco Palaggi Casa di produzione Jolly Film (Roma ), Ocean Film

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Per un pugno di dollari

Titoli di testa

Titolo originale Per un pugno didollari

Paese diproduzione

Italia, Spagna, Germania Ovest

Anno 1964

Durata 100 min

Colore Colore

Audio sonoro

Rapporto 2,35:1

Genere western

Regia Sergio Leone

Soggetto Sergio Leone(ispirato dallapellicola La sfidadel samurai diAkira Kurosawa)

Sceneggiatura SergioLeone, DuccioTessari, FernandoDi Leo

Produttore ArrigoColombo, GiorgioPapi

Produttoreesecutivo

Franco Palaggi

Casa diproduzione

Jolly Film (Roma),Ocean Film

(Madrid),Constantin FilmProduktion GmbH(Monaco diBaviera)

Distribuzione(Italia)

Unidis

Fotografia MassimoDallamano, Federico G. Larraya

Montaggio RobertoCinquini, AlfonsoSantacana

Effetti speciali Giovanni Corridori

Musiche Ennio Morricone

Scenografia CarloSimi, SigfridoBurmann

Costumi Carlo Simi

Trucco Rino Carboni,Dolores Clavel(truccatrice)

Interpreti e personaggi

Clint Eastwood: Joe

Gian Maria Volonté: RamónRojo

Marianne Koch: Marisol

Antonio Prieto: don Benito Rojo

Wolfgang Lukschy: John Baxter

Sergio Graziani: Rubio

«Quando un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, quello con lapistola è un uomo morto. »

(Ramón Rojo, rivolto a Joe)

Per un pugno di dollari è un film del 1964, il primo della cosiddetta trilogiadel dollaro (insieme a Per qualche dollaro in più, 1965, e Il buono, il brutto, ilcattivo, 1966), diretta da Sergio Leone e interpretata da Clint Eastwood.

Caposaldo del genere spaghetti western, viene erroneamente considerato ilprimo film del genere: in Europa, prima del 1964, erano usciti diversi western,senza però riscontrare lo stesso successo; Per un pugno di dollari, d'altrocanto, reinventò il genere, ormai in declino, ridefinendo gliarchetipi del western. Il film è il remake di La sfida delsamurai (Yojimbo) di Akira Kurosawa.

Poiché era il primo film di questo genere a essere mostrato negli Stati Uniti,molti membri della troupe e del cast assunsero nomi americani: Sergio Leoneusò il nome Bob Robertson (in memoria di suo padre Vincenzo, noto con ilnome d'arte di Roberto Roberti), Ennio Morricone firmò la colonna sonora conlo pseudonimo Dan Savio (ma in alcuni titoli è rinominato Leo Nichols),mentre Gian Maria Volonté appare con il nome John Wells.

La colonna sonora, che ebbe un grande successo anche sul mercatodiscografico, è celebre per il brano fischiato, eseguito dal maestro

Alessandro Alessandroni.

Trama

Nuovo Messico. Un pistolero solitario, Joe, arriva a San Miguel, una cittadinaal confine tra gli Stati Uniti e il Messico, e decide di alloggiare alla locanda delpaese, dove diventa amico del proprietario, Silvanito. Lì viene a sapere dellalotta tra le due famiglie dominanti della città: i fratelli Rojo – Don Benito (ilfratello maggiore, capo della famiglia), Esteban (elemento poco brillante,anello debole dei tre) e Ramón (spietato assassino e rapinatore, abilissimonell'uso del fucile) – e la famiglia di John Baxter, sceriffo della città.

I Rojo sono commercianti di alcol mentre i Baxter vendono armi: le forze delledue famiglie si equivalgono.

Joe decide di vendersi, apparentemente per un pugno di dollari, a entrambe,facendo una sorta di doppio gioco. Allo stesso tempo riesce a far scontrare lefamiglie più volte tra loro. Salva anche la prigioniera di Ramón, Marisol,permettendole di riunirsi ai suoi cari e di lasciare quindi San Miguel con ilmarito Josè e il figlioletto Jesús, e dando loro gran parte dei soldi ricavati coni servizi svolti per le due famiglie.

Catturato dai Rojo, Joe viene torturato e tenuto prigioniero. Riesce conastuzia a sfuggire ai suoi carcerieri e, con l'aiuto del falegname-becchino Piripero, si nasconde in un rifugio sicuro per curarsi dalle terribiliferite subite. I Rojo, credendo che Joe abbia trovato asilo presso i Baxter,incendiano il quartier generale della famiglia nemica uccidendo tutti, compresilo sceriffo, la moglie e il figlio.

Una volta ripresosi dalle ferite subite, Joe ritorna in città per lo scontro finalecontro Ramón e i suoi. Il suo arrivo, inaspettato, è annunciato dallo scoppio diun candelotto di dinamite, che riempie di fumo la via principale di San Miguel;quando il fumo si dirada Ramón e quattro dei suoi uomini vedono la figura diJoe stagliarsi in lontananza. Joe e Ramón sono faccia a faccia. InizialmenteRamón spara tutto il caricatore del suo Winchester verso Joe che si avvicina,sempre mirando al cuore, come Joe gli ripete mentre continua ad avvicinarsi,rialzandosi incredibilmente dopo che ogni colpo sembra averlo ucciso. Infine,arrivato a tiro di pistola, Joe si rialza ancora e il Winchester scatta a vuotoavendo finito le munizioni. Questi allarga il poncho e mostra la pesante lastrametallica che portava all'altezza del cuore e su cui vi erano i sette segni deicolpi di fucile. Infatti, conoscendone la mania di colpire col fucile l'avversariosempre al cuore, Joe lo aveva affrontato indossando, come giubbottoantiproiettile, una lastra d'acciaio. Dopo un attimo di silenzio gli uomini diRamón cercano di estrarre le pistole, ma Joe uccide i quattro uomini e favolare il fucile di Ramón, utilizzando il sesto colpo per tagliare la corda a cuiera stato appeso Silvanito per cercare di fargli dire dove fosse Joe. A questopunto, uccisi i componenti dell'intera banda, il protagonista affronta a visoaperto Ramón.Joe ripete la frase detta da Ramón tempo prima, "Quando un uomo con lapistola incontra un uomo col fucile, quello con la pistola è un uomo morto": idue uomini hanno le proprie armi ai loro piedi e in mano una sola cartucciaper caricare l'arma e quindi sparare; tagliente la successiva frase di Joe:"vediamo se è vero".

Joe, grazie a uno stratagemma, uccide Ramón e riporta quindi la giustizia aSan Miguel. Poi lascia il paese prima che arrivino le forze governative.

Progetto

Nel 1963 Sergio Leone stava lavorando su un trattamento dal titolo “Le aquiledi Roma”, ennesimo film del filone peplum per il quale il regista non avevaancora trovato un produttore; Leone lo definiva come «I magnificisette ambientato nell'antica Roma». Benché egli sapesse che la popolaritàdel genere fosse ormai in calo, basti pensare che nel triennio che vadal 1960 al 1963 in America furono prodotti un numero ridottissimo di filmwestern, preferì non lanciarsi in un progetto nuovo, dal costo molto alto. CarlaLeone disse infatti: «Dovevamo fare molta attenzione coi soldi, perché

vivevamo ancora di ciò che avevamo guadagnato con Sodoma e Gomorra econ qualche altro lavoro, e avevamo una figlia da mantenere».

Alla fine del 1963 Enzo Barboni, direttore della fotografia, andò a vedereinsieme a Stelvio Massi il film di Akira Kurosawa La sfida del samurai,appena uscito nelle sale. In un piccolo villaggio del Giappone feudale, unsamurai senza nome e senza passato si trova coinvolto in una lottasanguinosa tra famiglie per il controllo della comunità. La spadadell'insuperabile Sanjuro non farà sconti riportando la pace nel villaggio.Memorabile lo scontro finale contro il guerriero armato di pistola. Barbonirimase piacevolmente colpito dal film, e quando uscì dal cinema Arlecchino diRoma, incontrò Sergio Leone al bar Canova di Piazza del Popolo, e subito gliconsigliò la visione del film, in quanto secondo lui «conteneva unamescolanza di avventura, ritualità, ironia, che Leone avrebbe potutoapprezzare». Questa versione dei fatti è avvalorata inoltre dallatestimonianza di Tonino Valerii. Sergio Corbucci afferma invece di esserestato il primo a consigliare il film a Leone.

Secondo Mimmo Palmara, amico di Leone e suo collaboratore nei film Gliultimi giorni di Pompei e Il colosso di Rodi, Barboni parlò a Leone del filmdurante una cena, consigliandogli la visione.

Sergio Leone andò dunque il giorno dopo al cinema con la moglie Carla. Lareazione del regista fu di assoluta esaltazione. La mattina dopochiamò Duccio Tessari, Sergio Corbucci, Sergio Donati e Tonino Delli Colli,dicendo loro di andare immediatamente a vedere il film. I Gli altri si fidaronodi Leone e andarono a vedere il film, Sergio Donati decise di non partecipareal progetto. Molto tempo dopo, disse: «Non mi fidai del suo giudizio su questacosa e non ci andai. Col senno di poi, ho diversi rimpianti sulla miadecisione.»

Terminata la sceneggiatura nei primi mesi del 1964, Leone iniziò a cercare unproduttore per il film. Il cognato del regista, Tonino Delli Colli, consigliò dirivolgersi alla Jolly Film di Papi e Colombo, che aveva fatto fortuna condiversi film negli anni cinquanta e aveva già prodotto un western italo-spagnolo, Duello nel Texas (1963) Sergio Leone dunque si rivolse a FrancoPalaggi, il produttore esecutivo, proponendogli di finanziare il nuovo westerndal titolo Il magnifico straniero: il regista seguitò a raccontare all'amico tutta lastoria, mimandogli le scene principali. Palaggi fu convinto del potenziale insitonel film, e decise di produrlo, purché si trovasse un co-produttore straniero eche non si superasse il basso budget di 120 milioni di lire. Leone pensò chenon dovesse essere particolarmente difficile trovare un "partner" straniero:"Avevo avuto ottimi rapporti con tedeschi e spagnoli ai tempi del peplum, eingenuamente speravo che tutti i contributi sarebbero arrivati senza particolariproblemi.

Il regista si incontrò con Papi e Colombo all'Hotel Excelsior di via Veneto aRoma, e questi ultimi invitarono Leone alla proiezione del western da loroprodotto, Duello nel Texas. Tra gli altri nomi, la colonna sonora del film eracurata da un certo Dan Savio, pseudonimo di Ennio Morricone. Leone, a fineproiezione rimase di stucco: "Era quel tipo di film in cui un attore cadeva aterra prima che il calcio della pistola gli avesse effettivamente toccato la testa.Era anche quel tipo di film in cui il protagonista, vestito di pelle scamosciata echiamato "Gringo", arrivava al galoppo in città per avvertire le autorità chequalcuno aveva appena sparato a suo padre, entrava tranquillamente dalbarbiere, si faceva lavare, pettinare e sbarbare, e infine annunciava: "Oradevo trovare lo sceriffo. Qualcuno ha appena ucciso mio padre."

La Jolly Film decise dunque di produrre Il magnifico straniero come film di"riserva", in quanto nello stesso periodo entrò in produzione Le pistole nondiscutono di Mario Caiano, che veniva considerato di sicuro successo. Il filmdi Leone divenne un facile modo per poter riutilizzare la troupe del film"principale", il quale era dotato di un budget decisamente superiore, e di attoridi alto livello. Leone dovette in tal modo utilizzare le stesse location, gli stessicostumi, gran parte della troupe e gran parte degli attori del film di Caiano.Oltre a ciò, Papi e Colombo non erano convinti di Sergio Leone come regista,in quanto lo ritenevano non adatto al film; Tonino Valerii, a questo proposito,disse: "I produttori non volevano che fosse Leone a dirigere il film, perchénon credevano molto alle sue capacità né lo stimavano in modo particolare.Aveva la fama di essere un maniaco sul set, non sicuro di sé e pieno di ideecostose. Ma fu Palaggi a convincerli che Leone doveva essere il regista."

Leone, nel 1979, ricordò il suo rapporto con i produttori del film:

«Da parte dei produttori c'era la ferma sicurezza che sarebbe stato un disastroeconomico, però con un guadagno in partenza, perché io per farlo dovettiandare a trovare un coproduttore tedesco (la Constantin Film), uncoproduttore spagnolo (la Ocean Film), e naturalmente un partecipanteitaliano. Il preventivo era di 80 milioni circa. Così andai da Constantinin Germania, dove facevano tutta la serie dei Winnetou, d'avventura di KarlMay. Con Constantin ci fu subito l'accordo concreto di una cifra, e poitrovammo il coproduttore spagnolo. Io decisi di prendere la metà del miocachet e di avere però la partecipazione. Dato che loro credevano che di utilinon ce ne sarebbero stati, furono ben felici di darmi questa possibilità. Il filmveniva girato gratis in partenza.»

Sceneggiatura

Sergio Leone sognava da tutta la vita di girare un film western ed eracompletamente assorbito dal progetto:

«Quando cominciai il mio primo western dovetti trovare in me stesso una

ragione psicologica, perché non avevo mai vissuto in quel tipo di ambiente. Eun pensiero mi venne spontaneo: era come se fossi il burattinaio dei pupisiciliani; i loro spettacoli erano leggendari ma anche storici. Tuttavia l'abilitàdel burattinaio consisteva in una cosa: dare a ciascun personaggio unaconnotazione ulteriore relativa al paese specifico che i "pupi" stavanovisitando. Come cineasta il mio compito era quello di creare una favola peradulti, una fiaba per ragazzi cresciuti; e il mio rapporto col cinema era quellodi un burattinaio con i suoi burattini.»

Per iniziare a lavorare alla sceneggiatura, il regista si procuròuna traduzione del copione di Yojimbo dal giapponese all'italiano, benché nonvolesse seguire pedissequamente lo svolgimento del film: "Mi feci fare unatraduzione del copione solo per essere sicuro di non ripeterne nemmeno unaparola. Tutto ciò che volli mantenere fu la struttura di base del filmdi Kurosawa. Concepii l'intero trattamento in cinque giorni con Duccio Tessari.Il titolo provvisorio era Il magnifico straniero. Tessari non capiva bene cosastavo facendo. Fece girare per Roma la voce che ero diventato un po' strano.Poi scrissi l'adattamento, da solo, in una quindicina di giorni. Seduto nel mioappartamento a Roma."

D'altro canto, Sergio Corbucci affermò che Leone copiò in moviola per filo eper segno il film di Kurosawa, cambiando soltanto l'ambientazione e i dialoghi

Secondo Fernando Di Leo, Leone chiamò anche lui oltre che Tessari, perscrivere il primo trattamento: "Non so chi disse a Leone — o meglio come sisparse la voce — che Yojimbo aveva stilemi western, sicché quando Sergioci convocò, Tessari e me, si pensò a come fare la trasposizione. Tessari eraper dare una robusta vena d'ironia alla storia, io per differenziarci, Leone eradecisamente per il plagio: staccarsi di quel tanto che la diversità del generecomportava. Più io che Duccio lavorai in "direzione plagio" e Sergio ebbe ilcopione che voleva. Va detto che l'originalità di Leone fu nel modo di "girare",della storia s'era proprio invaghito.

Oltre a Fernando Di Leo e Duccio Tessari, anche Adriano Bolzoni afferma diaver collaborato alla stesura della sceneggiatura con Sergio Leone.

Il regista, più tardi, spiegò l'importanza dell'effetto sorpresa nel film: "Avevoimparato a mettermi nei panni dello spettatore più esigente. Quando vado alcinema, spesso mi sento frustrato perché sono in grado di indovinareesattamente cosa succederà dieci minuti dopo. Così, quando lavoro aun soggetto, cerco sempre l'elemento della sorpresa. Lavoro duro per tenerdesta la curiosità della gente... Alla prima visione, la gente subiscel'aggressione delle immagini. Gli piace quello che vede, senzanecessariamente capire tutto. E la semplice abbondanza diimmagini barocche privilegia la sorpresa sulla comprensione. Alla secondavisione colgono in modo più completo il discorso che sta sotto le immagini.Cercai dunque una "rottura" storica con le convenzioni del genere. Prima di

me era addirittura impensabile fare un western senza donne. Non potevimostrare la violenza perché l'eroe doveva essere una persona positiva. Nonsi pensava nemmeno, allora, di giocare con un certo realismo: i personaggiprincipali dovevano essere vestiti come dei figurini! Ma io introdussi un eroenegativo, sporco, che aveva l'aspetto di un essere umano e che eracompletamente a suo agio nella violenza che lo circondava.

Leone, dunque, terminò il suo "adattamento" nel gennaio del 1964.

Cast

Protagonisti

I produttori del film Papi e Colombo cercarono inizialmente di convincereSergio Leone a scritturare Richard Harrison come protagonista del film, inquanto egli aveva già recitato in produzioni come Il gladiatoreinvincibile (1962) e Perseo l'invincibile(1963) Leone però disse: “Harrisoncostava solo 20.000 dollari, ma non mi piaceva lo stesso”. D'altra parte, ilsogno del regista era quello di ingaggiare Henry Fonda, ritenuto molto adattoper la parte. Leone dunque mandò una copia della sceneggiatura negli StatiUniti direttamente al manager dell'attore. Quest'ultimo, però, non feceneanche vedere il copione a Fonda, e mandò un telegramma a Leonedicendo che: “Una cosa del genere non l'avrebbe mai fatta.”]

Il regista tuttavia non la prese male, e cercò di ingaggiare uno tra due giovaniattori, James Coburn e Charles Bronson, che aveva molto apprezzato nelfilm I magnifici sette. Coburn accettò la parte ma chiese 25.000 dollari dicompenso, troppo alto per il budget di cui disponeva la produzione. Bronsoninvece non riteneva il copione all'altezza, e infatti molto tempo dopo affermò:"Semplicemente pensai che fosse uno dei peggiori copioni che avessi maivisto. Quello che non capii fu che la sceneggiatura non faceva la minimadifferenza. Era il modo in cui Leone l'avrebbe diretta che avrebbe fatto ladifferenza.

Sergio Donati inoltre ricorda che Leone prese in considerazione anche CliffRobertson, ma dovette desistere poiché sarebbe costato come tutto il film.Trovare un attore adatto alla parte del futuro Uomo senza nome fu dunque ilprincipale problema di Leone dopo che ebbe completato la sceneggiatura.

Quando ancora non era stato scelto nessun attore, Claudia Sartori,dipendente dell'agenzia William Morris di Roma, contattò la Jolly Filmaffermando che aveva ricevuto una copia di una puntata della serietv Rawhide, nella quale recitava "un attore giovane e allampanato, chepoteva forse interessare Leone.

Benché riluttante, Leone diede il suo assenso per ingaggiare il giovane ClintEastwood, il quale avrebbe ricevuto come compenso 15.000 dollari, unprezzo decisamente inferiore rispetto agli altri attori, e che i produttori erano

disposti a spendere. In una intervista a Cristopher Frayling del 1982, Leonedisse:

«Ciò che più di ogni altra cosa mi affascinò di Clint, era il modo in cuiappariva e la sua indole. Nell'episodio Incident of the Black Sheep Clint nonparlava molto… ma io notai il modo pigro e rilassato con cui arrivava e,senza sforzo, rubava a Eric Fleming tutte le scene. Quello che traspariva cosìchiaramente era la sua pigrizia. Quando lavoravamo insieme lui era come unserpente che passava tutto il tempo a schiacciare pisolini venti metri più in là,avvolto nelle sue spire, addormentato nel retro della macchina. Poi sisrotolava, si stirava, si allungava… L'essenza del contrasto che lui era ingrado di creare nasceva dalla somma di questo elemento con l'esplosione e lavelocità dei colpi di pistola. Così ci costruimmo sopra tutto il suopersonaggio, via via che si andava avanti, anche dal punto di vista fisico,facendogli crescere la barba e mettendogli in bocca il cigarillo che in realtànon fumava mai. Quando gli fu offerto il secondo film, Per qualche dollaroin più, mi disse:” Leggerò il copione, verrò a fare il film, ma per favore tiimploro solo una cosa: non mi rimettere in bocca quel sigaro!” E io glirisposi:” Clint, non possiamo tagliare fuori il sigaro. È il protagonista!”»

La Jolly Film dunque inviò una copia della sceneggiatura al giovane ClintEastwood. L'attore rimase subito colpito dal linguaggio, un inglese tradottodecisamente male; nonostante ciò, Eastwood rimase colpito dallo script edecise di informarsi sul regista, Sergio Leone.

L'attore, spinto anche dalla moglie, accettò la proposta avanzata dalla JollyFilm, e dunque partì per Roma. Leone, sulle prime ancora diffidente, non sipresentò all' aereoporto e mandò Mario Caiano al suo posto, il quale dovettescusarsi dicendo che il regista non era in ottima salute. Più tardi, comunque,avvenne l'incontro tra i due, che molti anni dopo rivelarono di essere statidecisamente intimiditi l'uno dall'altro.

Riguardo al “look” adottato per il personaggio, che verrà mantenuto per tuttala trilogia del dollaro, vi sono pareri discordanti. Leone infatti afferma chefurono sue le idee a realizzare il personaggio: “Gli diedi un poncho peringrossarlo. E un cappello. Nessun problema. Presi una di quelle foto inbianco e nero che mi fornì Claudia Sartori e aggiunsi a penna una barba, unsigaro toscano e un poncho.”

Eastwood, d'altro canto, afferma che gran parte delle idee furono sue: “Andaiin un magazzino di costumi sul Santa Monica Boulevard, e mi limitai adacquistare il costume e portarlo là. Era molto difficile, perché in un film haisempre due o tre cappelli dello stesso tipo, due o tre giacche uguali, nel casosi perda un accessorio del costume, o se qualcosa si bagna e tu ti devibagnare. Ma per questo film avevo solo uno di tutto: un cappello, una specie

di abito di montone, un poncho, e diverse paia di calzoni perché eranosemplicemente jeans tipo Frisco. Se avessi perso qualcosa a metà film sareistato veramente nei guai.

Gian Maria Volonté (Ramón Rojo) secondo Mimmo Palmara, amicointimo di Leone, il personaggio di Ramón era stato ideato da lui stessoinsieme al regista, e in origine era scritto per lui. Successivamente Palmara fucontattato per recitare nel film di Mario Caiano Le pistole non discutono,dunque l'attore doveva decidere in quale dei due film recitare: essendo quellodi Caiano più importante, decise di abbandonare il lungometraggio di Leone.

Mimmo Palmara era dunque la prima scelta di Leone per interpretare Ramón,benché l'attore Giorgio Ardisson affermi di avere ricevuto la prima propostaper la parte, versione dei fatti peraltro confermata dalla moglie del regista,Carla Leone.

Sergio Leone aveva precedentemente apprezzato Gian Maria Volonté per lasua interpretazione a fianco di Nino Manfredi nel film A cavallo della tigre, edecise dunque di scritturarlo per il film. L'attore accettò la parte, ottenendocome compenso 2 milioni di lire, una cifra decisamente più bassa rispettoa Clint Eastwood.

Essendo principalmente un attore teatrale, Volonté trovò non poche difficoltàa interpretare il cinico Ramón: "Ebbi delle difficoltà iniziali, e Leone mi disse diesercitarmi ad aggrottare la fronte. Alla fine, entrai così nella parte, checostrinsi Clint Eastwood a spararmi altre tre pallottole prima di cadere a terra.Mi sentivo troppo cattivo per morire!" affermò alla stampa.

Secondo quanto affermò Leone successivamente, Volonté risentiva troppodella sua preparazione drammatica, dedicandosi a un pubblico teatrale piùche al cinema: "È un tipo istrionico, teatralizza tutto... Per il primo western,questo difetto mi si rivelò utile. Dava la giusta enfasi al personaggio: a unragazzino viziato."

In una intervista con David Grieco, per l'Unità, Volonté raccontò comespiegava agli amici la situazione:

«Sto facendo un filmetto in fretta e furia per pagare i debiti del Vicario (pièceteatrale da lui prodotta e interpretata finita sul lastrico); figuratevi che è unwestern italiano, e si intitola Per un pugno di dollari. Lo faccio veramente perun pugno di dollari, ma certo non può nuocere alla mia carriera. Mi hannoconciato come un matto, sono irriconoscibile, e nei titoli di testa avrò persinouno pseudonimo americano, John Wells. Insomma, non corro alcun rischio.Chi volete che vada a vederlo?»

L'attore, comunque, mantenne un buon ricordo della sua esperienza acontatto con Leone; nel 1979 ricordò così la sua esperienza western: "Misono divertito molto. Sergio Leone, nel suo genere, è uno che le cose le sa

fare bene. È una persona simpatica, durante la lavorazione aveva una suavoglia di giocare, una sua dimensione del gioco molto interessante."

Altri personaggi Marianne Cock (Marisol): Unico ruolo femminile di unacerta importanza in tutto il film, benché abbia un ruolo relativamentemarginale nella visione globale della pellicola. Marianne Koch faceva partedel cast messo a disposizione dalla Costantin Film: all'epoca era moltopopolare in Germania, tanto da meritarsi il secondo posto nei titoli di testa delfilm.

Wolfgang Lukschy (John Baxter, lo sceriffo): Maritodi Consuelo Baxter e rappresentante più carismaticodella famiglia Baxter, John era anche lo sceriffo delpaese, grado che gli permetteva una certa libertàd'azione nei suoi traffici. Wolfgang Lukschy era moltoconosciuto in Germania per essere il doppiatore diJohn Wayne e Gary Cooper nei filmwestern statunitensi. Oltre al doppiatore, però,Lukschy aveva anche partecipato in piccoleproduzioni western locali.

Sieghardt Rupp (Esteban Rojo): Esteban Rojo, unodei tre fratelli che contrabbandano alcol al di là dellafrontiera. Mentre suo fratello Miguel Benito è la testadel gruppo, e Ramón il tuttofare, Esteban è il braccio:poco considerato dai fratelli proprio per la suaimpulsività e poca riflessività, cerca di riscattarsi pergran parte del film, finendo ucciso da Silvanito, dopoil duello finale, mentre - nascosto dietro alla persianadi una finestra - tenta di uccidere Joe. AncheSieghardt Rupp faceva parte del cast messo adisposizione dalla Constantin, e aveva all'attivopiccole partecipazioni in film tedeschi, pur essendorelativamente popolare in patria.

Antonio Prieto (Don Miguel Benito Rojo): MiguelBenito Rojo, capostipite della famiglia, ha un ruoloimportante nella lotta tra le due famiglie. Lui stessoinfatti assolda Joe, lo straniero, per lavorare con loro;quando però arriva Ramón, cambia i piani e decidedi assecondare il volere del fratello. Anche lui finiràucciso nel duello finale. Antonio Prieto, all'epocapopolarissimo in patria, avendo affiancato allacarriera cinematografica quella di cantante, era unodegli attori di punta presentati dalla Ocean Film.

Quello di Miguel Benito Rojo, comunque, è il suoruolo più ricordato.

José Calvo (Silvanito): Dopo il ruolo di ClintEastwood e di Gian Maria Volonté, quello di JoséCalvo è sicuramente il più importante dell'intero film.Vera e propria guida dello Straniero, Silvanito non hapaura di farsi nemici ospitando Joe nella sualocanda. Dopo averlo assecondato in tutti i suoipiani, viene scoperto dai Rojo e torturato: proprio persalvarlo Joe ritorna in paese e decide di affrontare aduello l'intera famiglia. José Calvo era moltopopolare per la sua partecipazione in diversi film-commedia dell'epoca, oltre che a diversi western abasso costo.

Margarita Lozano (Consuelo Baxter): Moglie di JohnBaxter, Consuelo è una donna dal fortetemperamento e con una solida tempra morale, chenon esita a dimostrare gestendo gli affari dellafamiglia. Anche lei, come l'intera famiglia, vieneuccisa durante l'incendio dell'abitazione. Primowestern per Margarita Lozano, solita a recitare incommedie e in film per la televisione.Successivamente, ebbe un buon successo anche inItalia.

Mario Brega (Chico): Uomo fidato di Ramón Rojo,Chico è interpretato dal caratteristico Mario Brega,qui in uno dei suoi primi ruoli nei film western. Brega,in una intervista, affermò che Leone l'avesse sceltoperché "avevo la faccia da buono. Facevo il cattivoma avevo la faccia da buono". Bregasuccessivamente divenne parte integrante di tutte leproduzioni di Leone, finché non si dedicò allecommedie con Carlo Verdone.

Joseph Egger (Piripero): Anziano falegname-becchino del villaggio: insieme all'oste Silvanito èl'unico che continua a lavorare in paese, dedicandosiesclusivamente alla fabbricazione di bare per gliinnumerevoli morti. Assiste più volte soddisfatto aiduelli di Joe e lo aiuta a scappare dal paese,informandolo poi della cattura di Silvanito. Nella

scena finale del film lo si vede intento a prendere lemisure di Ramón e dei suoi uomini uccisi perprepararne le bare.

Regia

Ottenuta la co-produzione spagnola e tedesca, Sergio Leone e FrancoPalaggi si recarono agli studi Elios di Roma per iniziare le riprese degliinterni. Tonino Delli Colli presentò dunque il film al direttore degli studi AlvaroMancori, che ricorda così l'incontro: "Arrivò agli studi Tonino Delli Colli, che midisse: "Alva', c'è questo copione che è molto buono." Però né Sergio néFranco Palaggi avevano i soldi. Io stavo facendo dei film con Papi e Colombodella Jolly Film e fui io a portare a loro il film. Non potevo metterceli io perchéavevo speso tutto nella costruzione del villaggio alla Elios. Mi costò unmiliardo allora."

Oltre agli interni, venne girata in questi studi anche la scena della grotta, nellaquale Clint Eastwood si prepara al duello finale con Ramon, come ricordaSergio D'Offizi, operatore di macchina del film: "Sarà stato febbraio - marzodel '64. Abbiamo girato la scena della grotta, quando Clint Eastwood, ferito, siallena con la pistola. Poi la scena nella stanza dell'albergo. Due o tre giorni.Per risparmiare non mi hanno portato in Spagna. Me lo ricordo come un filmpovero. Clint Eastwood era uno sconosciuto."

Per quanto riguarda le scenografie, Papi e Colombo avevano consigliato aLeone di lavorare con Alberto Boccianti, già scenografo del film di MarioCaiano in produzione; alla fine, però, il regista scelse un giovane Carlo Simi.Tonino Valerii spiegò così il motivo di questa scelta: "Un giorno passò negliuffici della Jolly l'architetto Carlo Simi, che stava ristrutturando l'appartamentodel produttore Colombo. Vide un disegno della scenografia sul tavolo diLeone e ironizzò: E questo sarebbe un interno messicano?. Senza neancherispondere, Simi prese una matita e schizzò un interno con un grande soffittosorretto da enormi travi di legno e robuste capriate. Leone rimase di stucco elo fece subito assumere al posto di Boccianti. Simi avrebbe fattole scenografie di tutti i suoi film."

Lo stesso Carlo Simi, in una intervista a Cristopher Frayling, ammise cheall'epoca conosceva già l'architettura del selvaggio West.

Anche a detta dello stesso Leone, il contributo di Simi fu molto importante;difatti le sue scenografie erano innovative per il genere e abbondavano indettagli, caratteristica che il regista amava molto. Tonino Delli Colli, sottolineòinoltre l'importanza del direttore della fotografia Massimo Dallamano: "Fu lui ilprimo a capire che il nuovo formato panoramico Techniscope — il "2P" oformato a due perforazioni — rendeva necessario un nuovo tipo di primopiano, una sorta di primissimo piano, per non perdere i dettagli più piccoli del

viso... Un altro collaboratore fondamentale fu Franco Giraldi, sottovalutatoregista di seconda unità."

Durante un sopralluogo a Madrid, Leone incontrò il giovane attore estuntman Benito Stefanelli, il quale lavorò successivamente con il regista intutti i suoi film western. L'attore ricordò così l'incontro: "Avevo già fatto duewestern comici in un villaggio ricostruito a Cinecittà... Sergio era moltointeressato, perché anche lui si stava preparando per un western, con Papi eColombo, e voleva sapere dove avevamo preso le pistole e i costumi. Miraccontò la trama e ogni tanto io gli buttavo lì qualche suggerimento. Alla finedella chiacchierata mi chiese di collaborare a dirigere le scene d'azione. Glirisposi che avrebbe dovuto rivolgersi alla persona con cui aveva fatto Ilcolosso di Rodi. Leone insistette e alla fine cominciammo il film, che furealizzato al volo."

Dopo aver girato gli interni a Roma, la troupe si trasferì alla fine dell'aprile del1964 in un paesino vicino Colmenar Viejo, distante 35 km nord da Madrid,per dare inizio alle riprese vere e proprie del film. Leone era entusiasta dellalocation scelta per le riprese: "Aveva già l'aria abbandonata di una cittàfantasma, il che era proprio l'effetto che volevo. Mi toccò convincere iproprietari spagnoli a non rimetterla a posto."[

Per quanto riguarda la residenza dei Baxter, questa fu costruitaappositamente per il film: Leone era davvero orgoglioso di ciò che lui e CarloSimi erano riusciti a realizzare; secondo il regista "avevaun'aria barocca perfetta per la grande casa dei ricchi e potenti Baxter." Per laresidenza dei Rojo, invece, fu utilizzata la "Casa de Campo" di Madrid, unvecchio museo comprendente diverse case e spiazzi aperti, che, secondoquanto successivamente affermò Carlo Simi, era stata scelta da ArrigoColombo per risparmiare i soldi sulle costruzioni.

All'inizio delle riprese, però, vi furono dei problemi con i costumi disponibili, inquanto questi erano inadatti all'ambientazione del film. "Quando arrivammolaggiù", ricorderà Eastwood, "ci toccò cambiare tutto il guardaroba, perchéavevano cappelli alla Davy Crockett e ogni sorta di cose che non avevanoalcun senso in un'ambientazione messicana." Leone però dissente da questaricostruzione, affermando che lui stesso avesse "ammassato un notevolearchivio di fotografie e documenti dell'epoca sull'aspetto e l'atmosfera dellafrontiera americana." Il regista, raccontava: "Cominciai a lavorare nel cinemadurante il neorealismo. Amo l'autenticità quando è filtrata attraversol'immaginazione, il mito, il mistero e la poesia. Ma è essenziale che, allabase, tutti i dettagli sembrino giusti. Mai inventati. Penso cheuna favola possa catturare l'immaginazione solo quando la storia è unafavola ma l'ambientazione è estremamente realistica. La fusione di realtà efantasia ci porta in una dimensione diversa: di mito, di leggenda."

Clint Eastwood, d'altro canto, affermò successivamente che Leone nonsapeva nulla del vecchio West, e che molte delle innovazioni si sianoverificate proprio per l'ignoranza del regista circa le norme vigentia Hollywood. Leone, difatti, non conosceva affatto le regole previstedal Codice Hays, secondo il quale quando avveniva uno sparo, l'arma e ilpersonaggio ucciso non potevano trovarsi nello stesso fotogramma: "Dovevigirare la scena separatamente, e poi far vedere la persona che cadeva. Siera sempre pensato che fosse un po' stupido, ma in televisione facevamosempre in quel modo... Sergio non ne sapeva niente, e quindi metteva tuttoinsieme... Si vede la pallottola che parte, si vede la pistola che fa fuoco, sivede il tizio che cade, e non era mai stato così prima."

Un altro elemento innovativo della regia di Sergio Leone è il frequente uso diprimi piani, dettaglio che divenne il marchio di fabbrica del regista, e per ilquale divenne famoso in tutto il mondo. Secondo Leone, gli occhi "rivelavanotutto quello che c'è da sapere sul personaggio: coraggio, paura,incertezza, morte, eccetera.” Eastwood rifletteva: "Leone credeva, comeFellini, e come molti registi italiani, che la faccia significasse tutto. In molticasi è meglio avere una gran bella faccia piuttosto che un gran bravo attore."

Eastwood ricorda con amarezza un aneddoto sulle riprese del film, riguardoalla scena del pestaggio dei Rojo:

«Passai tutta la mattinata a strascicare i piedi nella polvere aspettando che ilregista e la troupe la smettessero di discutere. Parlavano solo in spagnolo e initaliano e io non capivo una parola, ma potevo capire che c'era una violentadiscussione su qualcosa. Speravo che si mettessero d'accordo prima dibruciare l'intera mattinata senza fare nemmeno un'inquadratura. Alla fine,Sergio mi chiamò. "Okay, Clint, puoi cominciare a truccarti", disse tramitel'interprete. Che diamine, decisi. Discutevano sempre... La scena richiedevaun sacco di trucco perché la mia faccia doveva essere gravemente gonfia dopoche ero stato pestato da un'intera banda. Uscii fuori, avevo caldo e stavoscomodissimo, e mi avviai verso il set. Ero letteralmente l'uomo più solo ditutta la Spagna. Il set era deserto. Niente produttore, niente regista, nientetroupe. C'erano solo i grandi riflettori ad arco, in piedi lì come avvoltoispagnoli. A quanto pare la troupe non veniva pagata da due settimane... Conun occhio sigillato dal trucco, e tutta quell'altra robaccia sul viso, decisi chene avevo avuto abbastanza... Gli dissi che mi trovavano all'aeroporto. Perfortuna Sergio mi acchiappò prima che lasciassi l'albergo. Chiese scusa epromise che non sarebbe accaduto di nuovo. Dopo l'incidente le coseandarono un po' meglio.»

L'attore ha raccontato un altro aneddoto riguardante Sergio Leone: "Nelgirare la mia entrata a San Miguel, Sergio decise che gli sarebbe piaciutofarmi passare vicino a un albero solitario nel deserto, dal quale penzolasseuna corda con un cappio. Il problema era che in quella zona del deserto nonc'erano alberi. Leone andò a cercare dunque un albero adatto e alla fine lotrovò. L'albero però era piantato nel cortile di un contadino, di un privato. Ilgiorno seguente Leone andò con un camion dal contadino. Arrivò là, bussò edisse: "Siamo dell'autostrada. Questo albero è molto pericoloso, rischia dicadere e qualcuno può farsi male. Te lo portiamo via noi". Questo vecchio sene stette lì fuori e prima che potesse capire che cosa stesse succedendo cisono questi italiani che gli segano l'albero."

Circa a metà riprese, il budget iniziava a scarseggiare, in quanto isovvenzionamenti del co-produttore spagnolo non arrivavano. ToninoValerii racconta così la situazione: "La percentuale di Leone — il 30 per centodel film — era legata alla partecipazione del co-produttore straniero cheaveva promesso di mettere sul piatto trenta milioni. Ben poco, in effetti. Edopo la prima settimana non pagò più niente. Così un giorno Leone arrivòsulla location, a Colmenar, e si erano portati via tutte le porte e le finestre.Una strada western senza porte e finestre! Voleva dire che non si potevagirare. Così chiamarono Papi e Colombo e, in un periodo in cui era proibitoesportare valuta dall'Italia, il piccolo Arrigo Colombo partì per Madrid contrenta milioni di lire nella valigetta — in contanti — a rischio di farsi arrestarealla dogana. Per fortuna, nessuno cercò di fermarlo. Per via di questoincidente Colombo insistette per rilevare la quota del coproduttore spagnolo,e con essa la maggior parte della percentuale di Leone."

Colonna sonora

.

Terminato il montaggio del film, Sergio Leone era intenzionato ad affidaread Angelo Francesco Lavagnino la colonna sonora del film, in quanto i dueavevano già collaborato insieme nei precedenti film del regista romano. Papie Colombo, tuttavia, consigliarono a Leone di mettersi in contatto con ilcompositore romano Ennio Morricone, che aveva già musicato Duello nelTexas per la Jolly Film. Benché molto restio, Leone decise di incontrareMorricone e di proporgli la visione del film. Il regista, dunque, si recò a casadel compositore, scoprendo che era stato suo compagno di scuola alleelementari. Notandone la buona fede, Leone decise di concedergliun'occasione e affidargli la colonna sonora del film.

Le sequenze che secondo il regista necessitavano di un grande supporto daparte della musica erano quella dello scambio degli ostaggi e il confrontofinale: "Il Sud del Texas, è un luogo appassionato e caldissimo. Là c'è unmiscuglio di Messico e America. Questo dà ai loro riti funebri e allaloro religione un tono e un'atmosfera particolari. Proprio quello di cui avevo

bisogno per la mia danza della morte. Per il mio primo western chiesi unacolonna sonora simile al deguello che Tiomkin aveva usato in Un dollarod'onore e La battaglia di Alamo. È un antico canto funebre messicano."

Ennio Morricone, però, si rifiutò categoricamente di utilizzare il pezzocomposto dal compositore russo per una questione di professionalità: "Mitoccò dire a Sergio: "Guarda, se vuoi mettere nel film quel lamento, io nonvoglio averci niente a che fare". Allora lui mi disse: "Okay, tu componi lamusica ma fallo in modo che una parte della partitura suoni come il deguello".Anche questa soluzione non la vedevo di buon occhio, così presi un miovecchio tema, una ninna nanna che avevo scritto per un amico, per unaversione teatrale di tre drammi di mare di Eugene O'Neill. La ninna nanna eracantata da una delle Peter Sister... Attenzione, il tema era certamente moltolontano dal lamento. Ciò che ve lo faceva somigliare era l'esecuzione, conuna tromba suonata un po' alla zingara, con tutti i melismas — le evoluzioniintorno a singole note della melodia — che sono caratteristiche di quello stile.Ma il tema stesso non era — ripeto, non era — la stessa idea tematica deldeguello".

Nonostante le iniziali titubanze, la collaborazione tra Leone e Morriconedivenne ben presto proficua: i due si trovarono subito d'accordo su qualitematiche e su quale effetto doveva avere la musica sul film. A parere delregista, trovandosi il film in stato già avanzato di lavorazione, la colonnasonora risultava difficile da integrare perfettamente. L'ideale sarebbe stato,dunque, iniziare a lavorare alla musica contemporaneamente alla scritturadella sceneggiatura, per avere una maggiore influenza sulla caratterizzazionedelle scene e dei personaggi. Proprio riguardo ai personaggi, Morriconericorda di aver lavorato molto, sottolineando l'aspetto ironico di certipersonaggi, e utilizzando strumenti insoliti come il marranzano.

Terminata la composizione delle musiche relative alle scene principali delfilm, Leone pretendeva però un altro pezzo musicale che accompagnasse ilfilm; Morricone, dunque, gli propose un suo vecchio tema musicale: "Sergiosentì un arrangiamento che avevo fatto uno o due anni prima per unbrano folk americano, un arrangiamento per il quale avevo deliberatamentemesso da parte alcune delle mie idee musicali. Le idee, o gli strati, a cuiavevo rinunciato per quell'arrangiamento consistevano nel permettere allagente di sentire da sola, al di là del tema musicale, la nostalgia di unpersonaggio, Mister X, per la città... Così, come se i suoni di una città fosserouditi da molto lontano, potevo usare quei lontani suoni cittadini... Sergioascoltò tutto questo, gli piacque molto e lo volle come arrangiamento di unodei miei temi".

Il pezzo in questione è Pastures of Plenty, di Woody Guthrie, compostanel 1941 e successivamente arrangiata da Morricone nel 1962 con l'aggiuntadi una linea vocale. Leone voleva quell'esatto arrangiamento, con sopra una

melodia. La linea vocale doveva essere pertanto eliminata. Al primo ascoltodel pezzo, il regista rimase affascinato: "Ne fui completamente affascinato.Così dissi: "Hai fatto il film. Vattene in spiaggia. Il tuo lavoro è finito.È questo che voglio. Ora devi solo procurarti qualcuno che sappia fischiare".

Morricone dunque contattò il maestro Alessandro Alessandroni, celebre per ilsuo lavoro in qualità di direttore corale. Ma oltre che per il suo coro e per lasua abilità nel suonare la chitarra, Alessandroni era conosciuto per la suacapacità di fischiare in modo sopraffino, tanto da rendere il "fischio", unostrumento vero e proprio. Alessandroni, in una intervista a ChristopherFrayling, ricordò alcuni avvenimenti riguardanti il film: "Nessuno alla Rcacredeva in quel film, quindi non volevano spendere soldi per la colonnasonora. E quando vedemmo alcune delle sequenze su cui Morricone dovevamettere la musica ci mettemmo a ridere perché c'erano così tanti morti, unsacco di morti sparpagliati dappertutto... Sergio veniva spesso, sedeva incabina e a volte scherzava con me. Era un tipo molto grosso. "Allora, oggidevi fischiare meglio che puoi, capito?".

Il brano principale, Per un pugno di dollari, è caratterizzato da un celebreassolo di tromba, suonata dal pugliese Michele Lacerenza; venne pubblicatoanche su 45 giri dalla RCA Italiana (numero di catalogo: PM 3285), e fu unodei dischi più venduti dell'anno.

Sul retro venne inserita Titoli, il brano musicale con cui inizia il film,caratterizzato dal fischio di Alessandro Alessandroni, che gli varrà appunto ilsoprannome di fischio, coniato per lui da Federico Fellini; lo stesso tema è poiripetuto con l'arghilofono dal maestro Italo Cammarota. Pino Rucher varicordato per essere stato il primo ad utilizzare la chitarra elettrica nei westerndi produzione italiana, secondo la felice intuizione del maestro Morricone,suonando da solista.

Il resto della colonna sonora non venne pubblicato sino al 1966 (numero dicatalogo: PML 10414); nel corso degli anni vi sono state alcune riedizioniche, in certi casi, hanno cambiato la scaletta, a volte aggiungendo brani nonpresenti nel primo disco, e con leggere differenze nella durata delle tracce.

Anche le copertine sono cambiate nel corso del tempo: in quella originale èraffigurato Clint Eastwood a cavallo, con a sinistra un albero spoglio con unaforca.

Una curiosità è legata a Franco De Gemini che, oltre a suonare come diconsueto l'armonica a bocca, percuote anche un'incudine, sulla quale ilmaestro Morricone gli aveva chiesto di battere il tempo con un martello.

Nonostante il successo internazionale della colonna sonora, che è associataall'intero genere western, Morricone non la apprezza particolarmente;secondo il compositore, infatti, Per un pugno di dollari è il peggior film diLeone e la peggior colonna sonora che abbia mai fatto.

TRACCE

Versione del 1964 (pubblicata nel 1966 dalla RCA Italiana)

1. Titoli - 2:55

2. Per un pugno di dollari - 1:48

3. Quasi morto - 1:41

4. L'inseguimento - 2:23

5. La reazione - 2:34

6. Square Dance - 1:34

7. Senza pietà - 2:07

8. Per un pugno di dollari (suite) - 13:38

9. Titoli - 2:54

10. Per un pugno di dollari - 3:00

11. Pastures of Plenty - 2:35

12. Per un pugno di dollari (finale) - 0:59

Versione del 2006 (pubblicata dalla GDM Music di Gianni Dell'Orso

1. Titoli - 2:58

2. Quasi morto - 1:40

3. Musica sospesa - 1:02

4. Square Dance - 1:36

5. Ramón - 1:05

6. Consuelo Baxter - 1:18

7. Doppi giochi - 1:41

8. Per un pugno di dollari - 1:26

9. Scambio di prigionieri - 0:55

10. Cavalcata - 3:29

11. L'inseguimento - 2:25

12. Tortura - 9:31

13. Alla ricerca dell'evaso - 1:22

14. Senza pietà - 2:08

15. La reazione - 1:41

16. Per un pugno di dollari (2) - 1:26

17. Per un pugno di dollari (finale) - 1:26

Tutte le musiche sono composte da Ennio Morricone; la canzone Pastures ofPlenty è di Woody Guthrie.

1.

Musicisti

Michele Lacerenza: tromba

Franco De Gemini: armonica a bocca

Pino Rucher: chitarra solista

Alessandro Alessandroni: fischio, chitarra

Felice Clemente: flauto

Pierino Munari: batteria, percussioni

Italo Cammarota: arghilofono

I Cantori Moderni di Alessandroni: cori

Promozione

«This short cigar belongs to a man with no name.This long gun belongs to a man with no name. Thisponcho belongs to a man with no name. He's goingto trigger a whole new style in adventure»[41]

«Questo piccolo sigaro appartiene ad un uomosenza nome. Questa grande pistola appartiene adun uomo senza nome. Questo poncho appartienead un uomo senza nome. Sta per dare vita ad unnuovo genere di avventura»;

«In his own way he is perhaps, the most dangerousman who ever lived!»

«A suo modo... probabilmente... è l'uomo piùpericoloso che sia mai vissuto!»;

«"A Fistful of Dollars" is the first motion picture of itskind. It won't be the last!»

«"Per un pugno di dollari" è il primo film del suogenere. E non sarà l'ultimo!».

Distribuzione

Data di uscita

Il film fu proiettato in pubblico per la prima volta il 12settembre 1964 a Firenze. L'uscita nelle sale statunitensi venne posticipata inseguito al processo intentato dalla Toho Film verso la Jolly; benché ilprocesso fosse terminato con un accordo tra le parti, le direttive per ladistribuzione in territorio estero del film non erano ancora state chiarite.Quando però subentrò la United Artists i tempi si accorciarono e il film vennedistribuito oltre oceano.

Di seguito sono riportate le date di distribuzione del film.

Italia: Per un pugno di dollari, 12 settembre 1964

Germania Ovest: Für eine Handvoll Dollar, 5marzo 1965

Spagna: Por un puñado de dólares, 27settembre 1965

Giappone: Koya no yojimbo, 25 dicembre 1965

Francia: Pour une poignée de dollars, 16marzo 1966

Svezia: För en handfull dollar, 14 luglio 1966

U.S.A.: A Fistful of Dollars, 18 gennaio 1967

Regno Unito: Fistful of Dollars/For a Fistfull ofDollars, 11 giugno 1967

Finlandia: Kourallinen dollareita, 19 gennaio 1968

Hong Kong: non disponibile, 4 settembre 1969

Edizioni home video

Nel 2002 la Cine Video Corporation (CVC) ha pubblicato il DVD di Per unpugno di dollari senza eseguire il restauro della pellicola, utilizzando ilvecchio master del quale avevano già usufruito varie emittenti televisive. Ilfilm ha comunque subito una rimasterizzazione sia del comparto audio sia delcomparto video. Il video si presenta comunque di buona qualità, escludendoalcuni cali di qualità nelle scene particolarmente scure. Il video è inoltreriproposto nel formato anamorfico 2,35:1. Per quanto riguarda il compartoaudio, è implementato lo standard di nuova concezione Dolby Digital 5.1,oltre che il vecchio Dolby Digital Mono. Il DVD non ha la traccia per l'audioin lingua inglese, e non presenta i sottotitoli. La sezione extra include dellecuriosità sul film, uno speciale su Sergio Leone che ripercorre le tappesalienti della sua vita, e alcuni spezzoni di una conferenza stampa tenutada Clint Eastwood.

La Ripley's Home Video ha pubblicato il 20 dicembre 2005 ] una nuovaversione in DVD di Per un pugno di dollari, utilizzando il master francese delfilm, di qualità superiore a quello utilizzato per la versione della CVC. Ilcomparto video, dunque, si presenta di ottima qualità, mentre l'audio includeunicamente la traccia Dolby Digital Mono. Tuttavia, in questa versione DVDdel film è presente l'audio in lingua inglese, con i sottotitoli correlati. Perquanto riguarda la sezione extra del film, essa include il trailercinematografico italiano e statunitense del film; inoltre, è possibilevisualizzare i titoli di testa originali del film, con gli pseudonimi utilizzatiall'epoca. In aggiunta a ciò, è presente una lunga intervista a ToninoValerii che ripercorre tutta la genesi del film, fornendo inoltre curiosità ealcune informazioni inedite.

Riguardo alla confezione, allegato alla consueta amaray è presente unariproduzione della brouchure originale utilizzata nelle sale cinematografiched'epoca negli anni settanta.

Questione legale

A circa tre quarti della lavorazione del film, direttamente dalla Jolly Film arrivòla direttiva che chiunque fosse impegnato sul set dovesse «astenersi in ogni

circostanza dal menzionare la parola "yojimbo"». Difatti, i diritti per il film nonerano ancora stati pagati: Eastwood, comunque, ricorda che dalla Jolly Filmassicurarono che si trattava di una mera questione burocratica che si sarebbesistemata in breve tempo. Così però non fu, difatti il film venne distribuitonelle sale cinematografiche di tutta Italia senza che i produttori avesseropagato i rispettivi della Toho Film. Sergio Leone sosteneva che Papi eColombo fossero troppo taccagni per pagare i diecimila dollari di compenso,mentre alcuni sostenevano che lo stesso Leone non avesse avvertito la Jollydell'onere da pagare. Altri ancora, invece, sostenevano che la Jolly avessecontattato la Toho, senza però ricevere alcuna risposta. Fulvio Morsella,d'altro canto, pensa che la Jolly volesse incastrare Leone: "Fu fregato daisuoi produttori... fece vedere loro La sfida del samurai e disse: "Se riuscite aottenere i diritti per un remake, io farò il film". Beh, loro gli dissero cheavevano preso i diritti, ma in realtà non era vero. E lui andò avanti e fece Perun pugno di dollari. E partì una causa con Kurosawa, che aveva ragione."

Dopo la distribuzione del film, Sergio Leone ricevette una lettera direttamenteda Akira Kurosawa, nella quale il regista giapponese rivendicava i diritti delfilm.

Iniziata la causa con la Toho Film, gli avvocati della Jolly ritennero che lamiglior difesa fosse l'attacco, e dunque improntarono una controffensiva.Tonino Valerii fu incaricato quindi di cercare un'opera anteriore a Yojimbo,dalla quale si potesse sostenere che Kurosawa avesse copiato. Valerii, quasiper caso, propose l'opera di Carlo Goldoni Arlecchino servitore di duepadroni, che presentava, secondo lui, diverse analogie con il film diKurosawa. Valerii, riguardo a ciò, disse: "Gli avvocati consigliarono disostenere che l'eroe doppiogiochista era ispirato a un personaggio di qualcheopera letteraria occidentale e che quindi eventualmente il plagiario eraKurosawa. Io fui incaricato di trovare quest'opera. Mi capitò sotto gli occhil'annuncio di una rappresentazione di Arlecchino servitore di due padroni diCarlo Goldoni. Telefonai a Gastaldi, fortunato proprietario del DizionarioBompiani delle opere e dei personaggi, e gli chiesi di leggermi la trama. Lostesso pomeriggio portai l'idea a Papi, con una punta di vergogna perl'irriverenza dell'accostamento. Fu riferita agli avvocati che ne furonoentusiasti. Ebbi trecentomila lire in premio. Fu così che Goldoni divennel'ispiratore del western all'italiana.

La controffensiva modificò leggermente la questione legale, che divenne orapiù incline a un patteggiamento. Kurosawa e Kikushima, autori di Yojimbo,furono ricompensati mediante i diritti di distribuzione del film in Giappone,a Taiwan, in Corea del Sud e con il 15% degli incassi di tutto il mondo. Leonerimase molto contrariato, poiché mai pensava che la questione sarebbe finitain tribunale: "Kurosawa aveva tutte le ragioni per fare ciò che ha fatto. È unuomo d'affari e ha fatto più soldi con questa operazione che con tutti i suoifilm messi insieme. Lo ammiro molto come regista."

Accoglienza

Appena terminata la post produzione, il film venne presentato all'annualefestival del cinema di Sorrento. Tutti i distributori presenti erano pocointeressati alla proiezione, in quanto il genere western era ormai consideratoin declino e pertanto nessuno aveva intenzione di comprarlo. Dopo la primaproiezione, il proprietario di una catena di cinema toscani rimasepiacevolmente colpito dal film, e fece i complimenti al regista "BobRobertson": "Il suo film mi è piaciuto molto. Un sacco di cose nuove. Bravo"."Quindi lo prende?" chiese Leone. "No. Non potrà mai avere successo perchénon ci sono donne". Leone era però convinto che il ruolo femminile fossepoco adatto ad un western: "Anche nei migliori western, la donna èimposta sull'azione, come una stella, e in genere è destinata a essere "avuta"dal protagonista maschile. Ma non esiste come una donna. Se la tagli via dalfilm, in una versione che va avanti nella tua testa, il film migliora di molto. Neldeserto, il problema essenziale era sopravvivere. Le donne erano un ostacoloalla sopravvivenza!".

Nonostante le iniziali vicissitudini, il film venne proiettato a Firenze.Sull'evento, e su come abbia potuto divenire così famoso, vi sono pareridiscordanti. Sergio Leone per anni ha raccontato la sua versione della storia,ormai divenuta leggenda. Secondo il regista il film uscì nelle sale il 27 agosto,durante un'estate soffocante, in un vecchio cinema in pieno centro di Firenze.Durante il weekend il film fece registrare incassi sotto la media, in linea contutte le altre piccole produzioni del periodo. Il lunedì successivo, però, gliincassi erano il doppio di quelli della domenica. Di lì in poi, il film ebbe unsuccesso strepitoso, senza precedenti. Secondo Leone questo inaspettatosuccesso era da attribuirsi al famoso "passaparola" tra le persone.

Dopo circa due settimane, trainato dal successo toscano, il film venneproiettato per la prima a Roma – al famoso Supercinema. Passati sei mesi, ilfilm era ancora proiettato nei cinema di Firenze. Leone, a questo proposito,affermava che il direttore del cinema si era rifiutato di restituire la copia delfilm. Per tutto l'anno successivo, fino all'uscita di Per qualche dollaro in più, ilfilm fece registrare incassi senza eguali nella storia del cinema italiano.

Tonino Valerii ricorda la storia in modo diverso rispetto a Leone, benché ledue versioni dei fatti collimino: anche Valerii, difatti, attribuisce il successo delfilm al "passaparola" dei commessi viaggiatori che andavano a vedere il filmper trascorrere le ore in attesa del treno.

Sergio Donati ha una versione dell'evento diversa: "Per un pugno di dollari fuun successo dovuto alla cocciutaggine di Sergio. Fu fatto uscire fra altriwestern di serie B e, come quelli, sarebbe rimasto su solo per due o tre giornie poi via – salvo che al proprietario del cinema a Firenze il film piaceva e cosìlo tenne su per due settimane. E così Sergio andò a Firenze e lo convinse a

tenerlo per un mese. Poi andò a Roma e disse: "A Firenze è un grandesuccesso".

Il 16 dicembre 1964 il film aveva già superato i 430 milioni di lire di incassi,contro i 280 milioni totali incassati da I magnifici sette di John Sturges, uscitoqualche anno prima. Alla fine del 1971 il film arriva alla cifra record di 3miliardi e 182 milioni di lire, testimonianza di un successo senzaprecedenti; nello stesso periodo, negli Stati Uniti d'America il film avevapercepito 3 milioni e 500 000 dollari di incassi, fino a raggiungere gli 11milioni totali Anche in Spagna e in Germania il film si affermò per gli incassimolto alti.

Da allora, benché eguagliato in popolarità e incassi dai suoi successori, il filmè rimasto molto famoso ed è uno dei simboli dell'intero genere spaghettiwestern. Il pubblico lo sostiene nei vari sondaggi pubblicati costantementedalle riviste cinematografiche, viene qualificato del grado B dagli utenti di BoxOffice Mojo; inoltre, ottiene il 94% sul sito Rotten Tomatoes. Infine, sulpopolare sito IMDb ha una media voti di 8,0.

Critica

Trainato dallo straordinario successo di pubblico, il film venne recensito dallepiù popolari riviste e dalle firme più affermate del panorama giornalisticoitaliano. I pareri furono molto contrastanti, poiché, come ricordòsuccessivamente Leone stesso, gran parte dei critici tendevano aparagonare Per un pugno di dollari con i western statunitensi di John Ford.D'altro canto, molti capirono che il film era solo il capostipite di un genere chein pochi anni avrebbe avuto un successo senza pari nel cinema italiano;diversi esperti, dunque, elogiarono il lavoro compiuto da Leone. Molti critici,inoltre, non erano a conoscenza che sotto il nome esterofilo Bob Robertson sicelava il romano Sergio Leone.

Tullio Kezich, per il Corriere della Sera, elogiò il film, criticando però allostesso tempo l'eccessiva violenza:

«Niente da dire: il film è realizzato con competenza, il paesaggio spagnolonon è diverso da quello del New Mexico, gli effetti non hanno nulla dainvidiare a quelli degli specialisti hollywoodiani. C'è tuttavia nel filmqualcosa di eccessivo, che denuncia la mancata appartenenza al filoneoriginario. Abbiamo visto western violenti di marca americana, ma in Per unpugno di dollari si esagera: stragi salgariane, torture sadiche, sangue cheimbratta tutto il film. E nessun legame, ormai, con i miti della giustizia, dellafantasia e della libertà »

(Tullio Kezich)

Leandro Castellani, nella rivista Cineforum del gennaio 1965, recensì il filmcriticando il cast e altre caratteristiche del film ma riconoscendo la buonariuscita finale:

«Può essere considerato il film che segna il passaggio fra i primi zoppicantitentativi e un'imitazione più matura e accorta dei temi che hanno fatto lafortuna del western: l'aria sorniona del protagonista, la violenza dei pistoleros,l'ingenua ma dignitosa interpretazione degli attori, l'andatura epica delcommento musicale compongono una sorta d'involontaria parodia d'analoghifilm americani. La compattezza della vicenda crea una macchina che funzionamagnificamente »

(Leandro Castellani)

La rivista Segnalazioni cinematografiche fece i complimenti al film e al registaper la riuscita della pellicola:

«Ispirandosi al noto film giapponese, "La sfida del Samurai", l'autore ha datovita ad un western d'azione, costellato di situazioni tese, cariche di suspense,emozionanti e drammatiche, ricco di colpi di scena, di svolte impreviste, dispunti originali e interessanti. Il film, sostenuto da un ritmo serrato si avvaledi un'ottima interpretazione e di un efficace fotografia a colori.»

(Segnalazioni cinematografiche, vol. 57, 1965)

Dario Argento, all'epoca giovane critico cinematografico di Paese Sera,ricordò molto bene la reazione dei critici dell'epoca:

«La mia reazione al primo film di Sergio Leone fu entusiastica, ma gli altricritici italiani dissero perlopiù che era un film orrendo. Troppo crudo in tutti isensi... Io andai a vederlo al Super cinema di Roma con tre giovani amici.Rimanemmo sorpresi. Sorpresi perché era un western che avevamo sognato divedere - il western storico non era così inventivo, così pazzo, così stilizzato,così violento.»

(Dario Argento)

Il 18 novembre 1964, l'addetto alla sezione Cinema dellarivista Variety recensì il film tessendone le lodi:

«

Western di prima classe girato in Italia e Spagna da un gruppo di italiani e uncast internazionale con vigore alla James Bonde un atteggiamento abbastanzaironico da catturare gli spettatori medi ma anche quelli più sofisticati. I primidati italiani lo indicano come un candidato autorevole a essere la sorpresadell'anno. Ed è il passaparola, più che la forza del cast o la campagnapubblicitaria, il vero punto forte. Come tale dovrebbe funzionare ancheall'estero... È un film forte, con una regia capace e una splendida fotografia,recitato in modo impeccabile, e che soddisfa, anzi sorpassa, i desideri degliappassionati d'azione.»

La critica cinematografica americana, però, criticò aspramente il film; AndrewSarris, per The Village Voice, scrisse: "Il dialogo sembra scritto prendendo ilcocktail a Via Veneto". Il film d'altra parte ha un grande successo anchenegli Stati Uniti e difatti Sergio Leone ottiene la copertina delsettimanale Life grazie a una sua foto nella quale la sua barba è fatta aspaghetti.

Martin Scorsese elogiò apertamente Leone apprezzando la sua innovazionein ambito cinematografico:

«Leone creò nuove maschere per il western, e costruì nuovi archetipi per ungenere che aveva bisogno di influenze fresche... era come la revisione di ungenere in qualche modo - o un'evoluzione del genere, perché il generewestern stava diventando vecchio in quel tempo.»

(Martin Scorsese)