Per tutti i bambini… Grazie a coloro che si occuperanno ... · Nosiglia nell'omelia per la Messa...

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1 Grazie a tutti coloro che da sempre scrivono e collaborano a Ueicap Grazie coloro che hanno deciso di prendersi a cuore una rubrica Grazie a coloro che si occuperanno del sito www.ueicap.it Grazie a tutti i lettori Buona lettura e Buon 2011 da Ueicap Per tutti i bambini… divertitevi a colorare le copertine di Ueicap!!!!

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Grazie a tutti coloro che da sempre scrivono e collaborano a Ueicap

Grazie coloro che hanno deciso di prendersi a cuore una rubrica

Grazie a coloro che si occuperanno del sito www.ueicap.it

Grazie a tutti i lettori

Buona lettura e Buon 2011 da Ueicap

Per tutti i bambini…

divertitevi a colorare

le copertine di

Ueicap!!!!

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PREPARAZIONE AL NATALE per gli ADOLESCENTI In Preparazione al Natale noi adolescenti dell’oratorio abbiamo deciso di andare, durante le ore di catechismo, del

lunedì sera, alle rispettive chiese di Cremella e Oriano. In entrambi gli incontri ci siamo trovati prima in oratorio per organizzare le varie macchine che ci avrebbero accompagnato alle chiese. Più precisamente come primo luogo di riunione e di preparazione al Natale abbiamo deciso la cripta della chiesa di Cremella. Arrivati con al luogo di incontro, abbiamo seguito i catechisti nel sotterraneo della chiesa e ci siamo seduti sulle panche, riempiendo metà cripta. I catechisti hanno distribuito i foglietti preparati appositamente per questo momento di riflessione. Dopo la lettura dei testi, chi voleva, durante un momento di silenzio, poteva leggere ad alta voce una frase che lo aveva colpito particolarmente. Poi ci sono stati consegnati dei foglietti bianchi sui quali dovevamo scrivere un pensiero sul vero Natale, un qualcosa che ci aiuti a renderlo bello, un nostro desiderio personale. Davanti all’altare della cripta c’era un piccolo cesto dove ciascuno doveva porre il proprio foglietto, ovviamente dopo averlo compilato e firmato. Dopo un breve momento di riflessione e di canto, uno alla volta siamo andati a prendere un foglietto dal cesto e abbiamo letto ad alta voce ciò che c’era scritto. Ciascuno poi avrebbe tenuto quello pescato e letto, e inoltre avrebbe dovuto mettere in pratica ciò che vi era scritto, per rendere più bello questo Natale. Il biglietto che io ho scelto è questo :

“ Il mondo che non accetta Dio,

cessa di essere ospitale nei confronti dell’uomo”

Aiutaci Signore in questo periodo di Avvento ad essere più vicini al prossimo, a coloro che soffrono e il mondo finge di non vedere, perché con il nostro comportamento possiamo dimostrare che Tu Signore vieni anche per loro

La settimana successiva ci siamo recati per il secondo incontro alla chiesa di Oriano, e di fronte all’altare, abbiamo letto

un secondo foglietto preparato e nello stesso modo del primo incontro, Sempre uno alla volta, abbiamo letto ad alta voce una frase che ci aveva colpito di ciò che avevamo appena letto. I catechisti hanno preparato in un cesto delle immaginette con disegnato Gesù Bambino che ci avrebbe aiutati a capire perché festeggiamo il Natale, a riscoprire la vera gioia e il vero significato di questo avvenimento. Con questa immaginetta ci hanno anche augurato di trascorrere un felice Natale con le nostre famiglie.

Io penso che siano serviti molto questi due incontri per capire il motivo del “festeggiare il Natale”, molte persone lo fanno perché ormai è diventata un’ abitudine fare festa durante il periodo natalizio, ma queste persone non capiscono che il 25 dicembre di ogni anno vi è una novità. “La novità è Cristo, il Figlio di Dio che nasce per noi”, ha annunciato mons. Cesare Nosiglia nell'omelia per la Messa della notte di Natale celebrata nella cattedrale di Torino. “Ma per accorgersene e per sentire che Lui sta bussando alla porta di casa, occorre non essere distratti, disattenti e preoccupati di altre cose, magari importanti, ma di contorno rispetto a Colui che viene, a Colui che bussa”. A tutti il nostro Gesù chiede, con tanta pazienza, di svegliarci finalmente dal sonno, dal brutto letargo in cui l'umanità in massa è caduta. Non ci chiede cose impossibili, ci invita soltanto ad essere noi stessi in pienezza e quindi a conoscere, ad amare, a vivere la Verità. Non deludiamolo e saremo sempre nella gioia. Daniele

RITO DI Vestizione DEI NUOVI CHIERICHETTI Quest'anno a catechismo ci hanno proposto di diventare chierichetti ed io ho deciso di

prendermi questo impegno. All'inizio ero un po' preoccupato perché pensavo fosse un

compito molto difficile, ma poi durante il corso con Dado e Andrea ho capito che

sarebbe stata una nuova esperienza in compagnia di altri ragazzi più grandi da cui

potevo imparare molto.

Domenica 19 dicembre, dopo l'omelia, Alberto ed io siamo stati chiamati e ci

siamo presentati davanti all'altare, dove ci hanno vestito con le vesti liturgiche. Ci

siamo inginocchiati e dopo siamo saliti

sull'altare.

Davanti a tutta quella gente mi

sentivo felice, non riuscivo a mantenere il

viso serio e continuavo a sorridere. Mi

sentivo orgoglioso di entrare a far parte

dei Chierichetti. Finita la S. Messa, dopo aver tolto le

vesti e festeggiato, abbiamo fatto le foto di gruppo.

Ero talmente felice che avrei ripetuto cento volte questa

giornata. Emanuele Pirovano

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IL RITIRO

Domenica 5 Dicembre

Oggi è un giorno molto speciale per noi ragazzi di prima media. Stamani abbiamo fatto il ... RITIRO!!!! Tutto è iniziato quando siamo andati alla Messa Solenne di Cassago dove ci hanno chiamati per nome, quando ci chiamavano dovevamo alzarci e dire: <<Eccomi>>. Dopodichè, siamo andati all'oratorio, a piedi, e lì ci siamo riuniti nel salone per mangiare; prima però, abbiamo parlato con Don Adriano su: cos'era per noi lo Spirito Santo. Siamo arrivati alla conclusione che Spirito è soffio, alito e Santo di Dio. Quando finimmo, la pasta era ormai cotta da un pezzo... mangiammo quindi i panini. Dopo i maschi andarono fuori a giocare a calcio e a palle di neve, mentre noi ragazze giocammo a calcio balilla. Alle 14:30 siamo saliti nelle aule per esaminare insieme alle nostre catechiste il Magnificat che vuol dire gloria. Intanto nell'aula grande i genitori tenevano una riunione insieme al Don. Alla fine del tempo a nostra disposizione, siamo andati insieme ai genitori e tutti assieme abbiamo recitato un'Ave Maria. Dopo, come dei Barbari (Burgundi, Longobardi, Ostrogoti e Unni), ci siamo avventati sul rinfreso composto da: torte, bibite, focacce e pizzette. Dopo esserci rimpinzati a dovere abbiamo poi giocato a calcio ballila insieme ai maschi. Metà del brusio era composto dalle mamme che chiaccheravano... Alla fine della giornata siamo tornati a casa, è stato un ritiro molto significativo per noi, perchè ci ha aiutato a capire molte cose di cui non capivamano il signifacato.

Eleonora Colombo

Testimonianza di un genitore…

La scorsa domenica ha avuto luogo presso l’Oratorio di Cassago la giornata di ritiro dedicata ai ragazzi

futuri cresimandi e ai loro genitori.

L’iniziativa ha avuto successo e molte sono state le adesioni.

A noi genitori in particolare è stato dedicato un incontro con Don Adriano, che ha voluto richiamare la

nostra attenzione al momento cruciale del rito del sacramento della Confermazione a cui saranno chiamati

il prossimo 30 aprile i nostri figli.

È questo un passaggio fondamentale nella vita e crescita spirituale dei nostri ragazzi, così come lo è

stato per noi. Essi si stanno affacciando su un’età critica e delicata: l’adolescenza non a caso è l’età di

passaggio dalla fanciullezza all’età adulta.

Il Sacramento della Confermazione che essi riceveranno dovrebbe aiutarli a renderli più

consapevoli rispetto alla loro scelta di essere cristiani e dunque quei ripetuti CREDO, che essi più volte

saranno chiamati a testimoniare, rappresentano i loro “SI’ a CRISTO”.

Si tratta in totale libertà, di scegliere e quindi anche essere responsabili, cioè capaci e consapevoli

di dare delle risposte.

Don Adriano ci ha coinvolti in una interessante riflessione rispetto alle domande e ai dubbi che proprio i

nostri figli hanno sollevato, perché ora essi, hanno la maturità per iniziare a riflettere sui dogmi che la nostra

fede di pone. E’ autentica una Fede pensata cioè che si pone delle domande che invita a riflettere. Anche

l’Omelia della S.Messa delle 10.30 dedicata proprio ai nostri figli, era incentrata sul sacrificio di Cristo che si è

fatto carne, umile e povero figlio di persone “insignificanti” in uno sperduto villaggio della Palestina e che

ha scelto di entrare “trionfatore” per il suo popolo, su un asinello, sconvolgendo tutti gli stereotipi di allora,

ma anche quelli di oggi scegliendo modalità che noi uomini moderni definiremmo “sotto tono”! Ecco forse

è questo il messaggio più grande, che continua dopo 2.000 anni ad affascinarci: stupire nella sua

sconvolgente quotidianità. Essere capace di manifestare la sua grandiosità attraverso le nostre debolezze.

“Osserva uomo che cosa è diventato per te il tuo Dio”

S. Agostino

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Assisi 2010 Sulle orme della carità

Tutto nasce a metà di ottobre di quest’anno, quando il gruppo di catechismo di seconda superiore concorda di analizzare insieme la sbalorditiva esperienza di San Francesco, abbracciando l’invito del nostro Cardinale per il cammino di quest’anno che ci sprona a guardare da vicino le molte strade che portano alla santità plasmata a modello di Cristo. E durante il cammino delle nostre serate di catechismo è emersa sempre con maggior forza la voglia di toccare con mano la vita e i luoghi di colui che aveva fatto da protagonista per molti dei nostri lunedì.

Così lunedì 27,ancora in pieno clima Natalizio, siamo partiti per Assisi alla ricerca di molte risposte ma anche di un po’di divertimento,che solo la condivisione e lo stare insieme si riesce a sprigionare. Tre macchine, il pulmino, 20 ragazzi, 3 animatori, 1 sacerdote…. tante aspettative e tante domande da rivolgere a Francesco,che riuscì a camminare davvero vicino alle orme del Signore. Appena giunti in questa perla di arte medioevale posta al centro dell’Umbria, ci siamo recati a San Damiano, luogo della scintilla che cambia il cuore di Francesco, dove un giovane frate, rigorosamente scalzo, nonostante il freddo pungente, ha ripercorso insieme a noi le vicende e i passi della vicenda del protagonista del luogo.

La prima notte trascorsa al Cenacolo Francescano di Santa Maria degli Angeli, è stata preceduta da una serata itinerante per le vie del paese, che a visto la genesi di quel clima di gruppo tipico dei nostri tanti campeggi, che confeziona sempre momenti indimenticabili per noi ragazzi. Il martedì iniziato con una suggestiva Messa celebrata da Don Adriano nella cripta del Pianto, appena dietro la Porziuncola di Santa Maria degli Angeli, ha rinvigorito la nostra sete di risposte, saziata dalla visita della basilica di San Francesco e delle cento viuzze di Assisi, dove ogni volta che si passa avviene un miracolo, sicuramente adiuvato dalle stupende pitture di Giotto e Cimabue, e dall’armonia delle forme di quel centro unico, esso consiste nel sentirsi leggeri in pace con se stessi,insomma un pò cambiati. Questo si è visto subito anche dalla prodigiosa attenzione con cui i ragazzi hanno ascoltato una dinamica lezione di storia dell’arte legata alla basilica, regalataci da fra Luciano,e poi il giorno dopo nel coinvolgimento d i tutti nel clima sospeso dell’Eremo delle Carceri luogo della penitenza di Francesco, dove un altro “fraticello” ha suggellato un po’ il discorso iniziato due giorni prima,o forse anche due mesi prima. Infine visita alla rocca di Assisi, dove ci siam sentiti un po’ tutti sentinelle in vedetta, o dame di corte, in un ambiente che più medioevale non si può.

Dicevamo 20 ragazzi, che si son divertiti non poco,durante i due viaggi un po’ avventurosi, durante le due serate a zonzo in una gelida Assisi intiepidita dal nostro chiasso, scoprendo quanto sono buone le ostie sconsacrate di cui han rischiato di far indigestione, ridendo a dismisura animati dalla simpatia unica di Cortex e dai mille neologismi di Mosta, mangiando un paninazzo voncissimo all’una di notte in un chioschetto di periferia…ma sono certo che oltre a ridere e a non dormire hanno trovato le risposte che cercavano…..perchè il prodigio di Francesco ha investito principalmente loro….

3 educatori…che si sono divertiti un sacco tra i mille racconti esilaranti dei fanciulli, rianimati dalla loro voglia di fare…..ma anche stupiti dalla loro attenzione nei momenti che contavano,appagati dalla loro collaborazione nel rispettare gli orari e nel riuscire a fare tutto quello che si era programmato,e ancora una volta più convinti che coloro i quali sostengono che in tutti gli adolescenti di oggi si son persi tanti valori si sbagliano di grosso……

1 sacerdote: Don Adriano che ci ha fatto tanta compagnia,a giocato,riso e scherzato con i ragazzi, entrando i sintonia con l’intero gruppo, ha organizzato tutto molto bene, facendoci vivere a fondo ambienti molto suggestivi trovando in ognuno di essi la possibilità di ascoltare testimonianze di coloro che vivono quei luoghi…..ed è riuscito ad accompagnarci in maniera molto efficace sul sentiero di fede che volevamo percorrere……:

8,5 voto complessivo di un’avventura organizzata un po’ all’ultimo momento,ma che già ha lasciato il segno……. Lorenzo

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Accadde a Gennaio…

in quel di CASSAGO Chiara

26 Gennaio 1814 Prima benedizione dell'Oratorio S.Salvatore 12 Gennaio 1913 Inaugurazione delle 5 nuove campane di Cassago

Rotterdam accoglie Taizè

“Ce ne andiamo ce ne andiamo ce ne andiamo a

Rotterdam, Rotterdaaaaam!!!!”. Il coro (quasi da stadio) era

pronto già da tempo, da quando abbiamo saputo che il 33°

incontro europeo organizzato per i giovani dalla comunità di

Taizè (Francia) si sarebbe svolto nella seconda città d’Olanda.

Come tradizione, anche quest’anno una rappresentanza di

cassaghesi (dispiace il fatto che eravamo solo in 3,

accompagnati da amici provenienti da altri paesi) ha

partecipato al “Pellegrinaggio di fiducia sulla Terra”. Mi risulta

davvero difficile spiegare e far capire al meglio questa

magnifica esperienza, ogni anno sempre nuova e allo stesso

tempo ormai familiare: per me Taizè infatti rappresenta

un’atmosfera, un modo di pregare, un incontro con altri giovani e con il Signore. Proverò però a raccontare qualcosa, e

spero di farvi cogliere almeno qualche aspetto dell’avventura che abbiamo vissuto.

Sicuramente non si tratta di una vacanza rilassante: solo il viaggio, con le 12 ore passate in pullman, basta per

far sì che una volta arrivati a Rotterdam nella mattinata del 28 dicembre fossimo più stanchi di quando eravamo

partiti. Ma la giornata era appena iniziata: ci aspettava ancora lo smistamento nelle parrocchie di accoglienza e, una

volta giunti ad esse (dovendosi già orientare tra cartine e metropolitane fino al giorno prima sconosciute), una nuova

attesa per scoprire quale sarebbe stato il nostro alloggio. Grazie alla generosità dei cittadini di Rotterdam e dintorni,

tuttavia, gran parte dei giovani è stata ospitata dalle famiglie che si sono impegnate ad offrirci un luogo dove dormire

e si sono comportate con grande ospitalità: un aspetto importante dell’esperienza di Taizè è anche quello del contatto

personale che si viene a creare con chi ci ospita. E’ infatti incredibile fermarsi a bere un tè, parlare e fare il cenone del

31 dicembre con qualcuno che fino a pochi giorni prima non si conosceva minimamente e che ha abitudini diverse

dalle tue. Ma a Rotterdam abbiamo soprattutto vissuto nella città: ogni giorno, infatti ci recavamo ad “Ahoy” (la fiera

della città) dove si radunavano i circa 30.000 giovani che hanno partecipato al pellegrinaggio di fiducia per i “famosi

pasti” (sbobba!!!) e per le preghiere della giornata. Il momento della preghiera è davvero emozionante: pare

incredibile, nel momento di silenzio, stare in mezzo a migliaia di giovani (fate conto che solo metà dei ragazzi

riempiva un intero palazzetto dello sport…) che, come te, hanno una speranza nel futuro con il Signore. Anche Frére

Alois, il priore della comunità di Taizè, ci ha aiutato a riflettere con le sue meditazioni incentrate sulle parole gioia,

compassione e perdono.

Non sono mancati nemmeno i momenti di comunitari, come durante il tradizionale Meeting degli italiani

(qualche chitarra è bastata per farci cantare a squarciagola) o la festa dei popoli dopo la mezzanotte di Capodanno

vissuta nelle parrocchie dove eravamo ospitati. A questo proposito, l’esperienza di quest’anno si è distinta per il fatto

che la città di Rotterdam, come del resto tutta l’Olanda, vede la presenza di molte confessioni cristiane oltre ai

cattolici, e mi riferisco soprattutto ai protestanti. Visto il carattere ecumenico della comunità di Taizè, tuttavia,

nessuno ha esitato ad ospitare i giovani provenienti da tutta Europa e a molti, come me, è capitato di arrivare in una

chiesa protestante (nel mio caso, facente parte dell’ Esercito della Salvezza, una confessione protestante presente in

tutto il mondo e molto impegnata in iniziative umanitarie).

Ciò è stato un valore aggiunto ad un’esperienza

già di per sé ricca, che permette di conoscere,

anche se in piccola parte, una città diversa (non

è mancata infatti la componente “turistica”),

una cultura diverse e nello stesso tempo

incontrare giovani provenienti da Paesi

diversi per vivere insieme una grande

esperienza, che consiglio davvero a tutti i

giovani, anche dal punto di vista

spirituale. L’appuntamento è per l’anno

prossimo, con l’incontro Europeo che si

terrà a Berlino!!!!

Dado

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Perle… La pace può essere Un soffio di brezza sul viso, quale mano legger di Dio, che vezzeggia e perdona.

O.C.

Ormai è diventata una bella tradizione lo spettacolo dell’Epifania rappresentato in oratorio da alcuni ragazzi delle elementari e medie. Circa 30 ragazzi si sono impegnati con entusiasmo con recitazione, canti e balletti innanzitutto per prepararsi meglio alla festa del Natale ed aiutare tutti noi a capire meglio il vero significato di questa festa. Lo spettacolo di svolge in cielo dove un gruppo di angeli insieme alle loro maestre di coro, sapendo finalmente della nascita del Messia, decidono di preparare al meglio questo fantastico ed atteso avvenimento. E’ così che chiamano in causa Terra, Deserto , Campo di grano e Cielo i quali pensano di donare al piccolo bambino una grotta, una culla, una stella luminosa per accoglierlo degnamente. Anche il mondo animale vuole contribuire e vengono scelti l’asino ed il bue che con la loro umiltà e calore potranno riscaldare il bambinello. La cosa più importante da donare a Gesù è però l’amore di una mamma e di un papà e per questo vengono scelti Maria e Giuseppe. Non potranno mancare quindi i Re Magi, i sapienti ed i pastori che vanno ad adorare il bambino. E noi? Cosa portiamo in dono a Gesù che nasce?

I ragazzi dello spettacolo oltre a quelli presenti nel salone dell’oratorio sono quindi stati invitati a scrivere su un biglietto il proprio dono per Gesù che è stato poi posto sull’albero accanto alla grotta. Un grazie di cuore a tutti i ragazzi ed ai genitori che hanno contribuito alla realizzazione dello spettacolo; ancora una volta una dimostrazione che con buona volontà, semplicità, fantasia ed un piccolo impegno è possibile fare belle esperienze in oratorio, rinnovare amicizie e farne di nuove. A questo punto l’appuntamento va all’anno prossimo ricordando che chiunque è il benvenuto!!! Una mamma Come tutti gli anni abbiamo preparato una recita per festeggiare Gesù. Abbiamo preparato: canti, balli, costumi, scenografia… durante questo percorso ci siamo divertiti molto aiutandoci a vicenda e collaborando per riuscire ad ottenere il meglio. Speriamo che l’anno prossimo si ripeterà questa esperienza. Prendiamo l’occasione per ringraziare tutte le persone che ci hanno aiutato per la riuscita di questo spettacolo

Laura, Alessia, Debora, Silvia

LA RESPONSABILITA’ DELLA PACE

“[…]La pace è il risultato di un processo di purificazione e elevazione culturale, morale e spirituale di ogni persona e popolo, nel quale la dignità umana è pienamente rispettata. Invito tutti coloro che desiderano farsi operatori di pace, e soprattutto i giovani, a mettersi in ascolto della propria voce interiore, per trovare in Dio il riferimento stabile per la conquista di un’autentica libertà, la forza inesauribile per orientare il mondo con uno spirito nuovo, capace di non ripetere gli errori del passato. Come insegna il Servo di Dio Paolo VI, alla cui saggezza e lungimiranza si deve l’istituzione della Giornata Mondiale della Pace: “Occorre innanzi tutto dare alla Pace altre armi, che non quelle destinate ad uccidere e a sterminare l’umanità. Occorrono soprattutto armi morali, che danno forza e prestigio al diritto internazionale; quelle, per prime, dell’osservanza dei patti.”

La libertà religiosa è un’autentica arma della pace, con una missione storica e profetica. Essa infatti valorizza e mette a frutto le più profonde qualità e potenzialità della persona umana, capaci di cambiare e di rendere migliore il mondo. Essa consente di nutrire la speranza verso un futuro di giustizia e di pace, anche dinanzi alle gravi ingiustizie e alle miserie materiale e morali. […]”

Dal messaggio di Papa Benedetto XVI per la 44esima Giornata Mondiale della Pace – 1 gennaio 2011

L’appello è rivolto in particolare ai giovani,

a noi il compito di essere operatori di pace nella nostra vita…

Sentiamoci questa responsabilità di rendere il mondo migliore ogni giorno con i nostri piccoli e

grandi gesti.

BUON 2011 e buon cammino a tutti voi!

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«Non pensate che il Signore smetta di volervi bene» “O Signore, non sono solo!” «Non pensate che il Signore smetta di volervi bene» è parte del Messaggio che

il nostro Arcivescovo Tettamanzi ha rivolto ai malati in occasione di questo S.Natale e

ho voluto aggiungere nel titolo anche “O Signore, non sono solo”. E’ una frase della

preghiera che gli adolescenti e giovani hanno recitato durante l’ormai consueta visita

natalizia agli anziani e agli ammalati del nostro paese. Come ogni anno, divisi a

gruppetti i ragazzi vengono accolti di casa in casa la Vigilia di Natale, per una breve

visita durante la quale si recita una preghiera tutti insieme e si consegna un pensierino

che i ragazzi hanno preparato per loro.

Non sapete quanto i ragazzi ci tengano a venire a farvi visita: le vostre parole di

ringraziamento, le vostre storie, le vostre raccomandazioni come se foste i nostri nonni, i

vostri gesti di affetto, le vostre lacrime e le vostre esperienze sono per tutti noi un

momento di arricchimento, un momento per riflettere su quanto la vita giorno dopo

giorno ci dona e che purtroppo superficialmente non riusciamo ad apprezzare perché

scontate.

Il vero Grazie quindi va a voi per averci aperto le porte delle vostre case, del vostro

cuore e delle vostre realtà quotidiane, a volte purtroppo di sofferenza.

Alcuni di voi ci hanno confidato che leggono Ueicap, speriamo che queste

poche pagine possano essere per voi una compagnia gradita.cri

Una mano tesa verso l’altro… Volontari per passione!!!

Abbiamo pensato di inserire in Ueicap una sezione per aspiranti volontari, che presenta alcune realtà associative di

volontariato presenti a Cassago o sul nostro territorio.

BiblioHospitalis: la biblioteca dell'ospitalità

L’Associazione è sorta nel Marzo del 2005 presso l’azienda ospedaliera di Lecco, a seguito di esigenze di lettura espresse

spontaneamente da persone ricoverate. Nata con l’intento di mettere a disposizione dei Pazienti e dei loro Familiari o Accompagnatori libri di svariati generi letterari e di favorire, attraverso la lettura, momenti di evasione e

distrazione durante i tempi di attesa vissuti in ospedale, al fine di diminuire il disagio emotivo che sempre si accompagna al ricovero ospedaliero. Molti sono i pazienti che già conoscono questo servizio sin dal loro ricovero perché

informati da conoscenti o perché, a loro malgrado, rientrano e magari riprendono un libro interrotto alla dimissione da precedente ricovero.

Operativamente sono impegnati in questo servizio circa 35 volontari che alternandosi in turni settimanali passano direttamente nelle Degenze con un carrello porta-libri dove il paziente volendo può consultare, guardare, scegliere personalmente un libro quasi come in libreria o in biblioteca. Ma il tutto non finisce qui: con l’obiettivo di far

sentire il più possibile la persona nella “quotidianità” il Volontario passa camera per camera invitando i pazienti le cui condizioni fisiche lo permettono ad ottimizzare il periodo di ospedalizzazione con un invito a leggere un libro, facendolo interessare ed incuriosire, stimolandolo a riscoprire la lettura nei suoi aspetti più personali, intrattenendolo

sul tema della lettura ed illustrando libri, Autori, generi letterari, scambiando insieme opinioni di esperienze precedenti. Oltre al giro col carrello porta-libri alcuni dei Volontari offrono momenti di lettura al singolo affinché anche una situazione di particolare disagio non impedisca di godere della piacevole compagnia di un libro.

“Donare del tempo agli altri, in questo caso degenti, è importante! Ancora di più rendersi disponibili semplicemente con un sorriso e condividendo la passione per la lettura allieta il periodo di ricovero in

ospedale del paziente che, seppur per un breve momento, sembra dimenticarsi dove si trova.” Una

volontaria. Per chi ha la passione della lettura e ha del tempo libero o solamente è curioso di maggiori informazioni può contattare la

Sig.ra Vittoria Castagna, tel. 0341 489587 e-mail [email protected] Stefania F.

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Notizie dal mondo… LA NOTTE INFINITA DI HAITI

Vale

Dopo il sisma di una anno fa, risulta lentissima e caotica la ricostruzione ad Haiti alla quale si unisce anche la nuova emergenza colera. Quei 35 secondi del 12 gennaio 2010, oltre ad uccidere circa 250mila haitiani e ferirne 400mila, hanno danneggiato 285mila edifici nella capitale Port-au-Prince e dintorni. Questo disastro ha creato il popolo dei terremotati stimato in 1,3 milioni di persone e degli sfollati verso la provincia, ulteriori 5-600mila persone.

Gli alloggi temporanei sono di fatto baracche di compensato e teloni. Nei campi profughi (1342 censiti) le condizioni di vita sono pessime: una latrina per 145 persone della quali solo il 25% riceve almeno 5 litri di acqua al giorno. In molti campi non sussistono le condizioni sanitarie ed igieniche minime.

Subito dopo il sisma la solidarietà mondiale verso le vittime è stata straordinaria ma anche la solidarietà inter-haitiana è stata fondamentale, marcata da generosità, condivisione, sacrifici personali ed entusiasmo. Si è parlato poco della straordinaria capacità di auto organizzazione dei quartieri di Port-au-Prince che, nella fraternità e senza violenza, sono stati capaci di riorganizzarsi rapidamente per proteggere la vita in questo contesto eccezionale di distruzione.

L’intervento umanitario è stato rapido ma non senza problemi e gravi errori. Immediatamente dopo un disastro, naturale o di origine umana, c’è una fase di emergenza, nella quale occorre salvare vite umane. Oltre alla gestione dei primi giorni successivi al sisma, si tratta anche di portare aiuto alimentare, acqua, installare i campi. Poi c’è la seconda fase, quella della ricostruzione, non solo degli edifici, ma del tessuto sociale e di quello produttivo. Ad oggi, non è stato messo in programma nessun intervento di tipo strutturale per lo sviluppo agricolo o industriale ed il rilancio dell’economia. Nel frattempo, le Ong (organizzazioni non governative) hanno dovuto anche affrontare l’emergenza colera. Medici senza frontiere ha definito insufficiente la risposta data a questa ulteriore piaga. Molte congregazioni religiose e missionarie stanno attivamente partecipando al sostegno della popolazione anche se purtroppo si pensa che questa situazione durerà ancora a lungo. Ma tra chi avrebbe potuto lasciare un Paese allo sbando, c’è anche chi ha scelto di rimanere: una piccola minoranza di studenti, intellettuali e medici crede ancora in Haiti e vuole contribuire alla sua ricostruzione. tratto da “Popoli”

Con i Santi nel Presepe

Abbiamo vissuto tutti quanti assieme (bambini, ragazzi e adulti) la Novena di Natale, che ci ha proposto un presepe

speciale. Perché speciale? Speciale perché erano speciali i personaggi di questo presepe: i Santi. I Santi, loro sì che

sanno amare, ascoltare e ascoltano la voce di chi nel presepe un po’ assomiglia a loro e ce l’hanno comunicato

giorno dopo giorno. San Carlo pastore, Santa Lucia la stella, Sant’Angese l’agnello, Santa Gianna Beretta Molla la

Madonna, San Luca il bue, San Fracesco l’asinello, San Filippo Neri l’angelo, San Giovanni Bosco Giuseppe, Santa

Teresa di Liseaux Gesù Bambino. Tutti loro ci hanno comunicato alcuni segreti del Natale: ogni segreto porta con se

un impegno.

Un impegno l’avevamo preso anche prima della Novena: ‘ricordarci di chi ha meno di noi’ portare alla Novena

alimenti di prima necessità per il banco alimentare della caritas. Questa raccolta ha dao i suoi frutti: 20 kg di pasta,

13 kg di riso, 65 scatolame vario, etc…

Sicuramente tutto ciò che ci hanno insegnato i Santi e l’impegno preso precedentemente ci ha fatto riflettere e ci ha

fatto apprezzare una festa che si capisce solo col cuore.

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“Oratorio, sport, educazione”

Dalle indicazioni dei nostri vescovi per il prossimo decennio 2011/2020, la Chiesa tutta sarà dedicata al COMPITO URGENTE DELL’EDUCAZIONE. Anche se in ritardo, vogliamo ricordare l’incontro tenutosi in oratorio dal titolo “Oratorio, sport, educazione” da Don Alessio Alberini, segretario della commissione sportiva della nostra diocesi.

Don Albertini diceva il desiderio del nostro Cardinale Tettamanzi di far convergere lo sport nella pastorale giovanile nei 1000 e più oratori della diocesi. Si deve essere competenti in termini educativi – avere attenzione all’educare. Anche nel mondo sportivo, SI PUO’ E SI DEVE EDUCARE.

E’ importante che i vari responsabili, allenatori, accompagnatori ecc., siano consapevoli di questa loro responsabilità. Essi si devono chiedere:

- Per chi e perché lo facciamo? - I principi fondamentali li conosciamo? - Siamo d’accordo?

Educare è ACCOMPAGNARE un ragazzo, ma poi la vita la deve affrontare lui. Lo sport può aiutare a maturare ad affrontare le difficoltà della vita e anche nell’ambito affettivo, perché ogni ragazzo è importante e vuole essere accettato per quello che è.

Gli OBIETTIVI si raggiungono solo con la fatica e l’impegno. (L’importante è vincere, ma non a tutti i costi. Il non agonismo non fa parte dello sport).

Un pallone per essere idoneo per le partite nazionali e mondiali, deve avere 7 caratteristiche; ne servono 8 per vivere bene lo sport.

1) DIVERTIRSI - anche negli allenamenti un ragazzo deve divertirsi. 2) NON MOLLARE MAI – mettercela tutta, imparare la conquista su se stesso. 3) TUTTI PER UNO – convergenza sugli obiettivi, ognuno deve dare quello che deve. 4) RISPETTARE LE REGOLE 5) STRINGERSI LA MANO – rispettare l’avversario, senza non ti saresti divertito, anzi ringraziarlo per la presenza. 6) ASCOLTA IL TUO CORPO – impara a conoscere i tuoi limiti. 7) FAI LA DIFFERENZA – non fanno tutti così. 8) FAI FELICE GLI ALTRI – in quaresima 2011 tutte le società sportive aiuteranno a sostenere un campo sportivo

in Africa. Non si può essere felici da soli.

Vivere così lo sport sarebbe un vero divertimento.

Carla e Piera

AGGIORNAMENTI CALCI

Bentornati all’appuntamento con il calcio delle squadre dell’oratorio di Cassago !!! A causa della pausa invernale i campionati di tutte le categorie sono ancora fermi; per questo mi limiterò a fare un resoconto delle posizioni che le nostre squadre occupano nelle rispettive classifiche.

Ecco i risultati delle ultime partite disputate:

PULCINI MISTI A 6: Sono 8^ con 5 punti.

ESORDIENTI A 11 99 Sono 12^ con 3 punti.

GIOVANISSIMI A 11 97/98 Sono 4^ con 21 punti.

ALLIEVI A 11 94/95 Sono 6^ con 18 punti.

JUNIORES 90/91/92/93 Sono 9^ con 16 punti.

Al prossimo aggiornamento sperando che le nostre squadre vincano ma soprattutto che i giocatori si divertano durante le partite !!!!!!! Ivan

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Il fascino del presepe di Benvenuto Perego

Da poco è finita la santa Messa solenne del giorno di Natale, tutti si affrettano all’uscita della chiesa ma una corrente di

ammirazione e simpatia cattura la mia attenzione: un giovanissimo ragazzino si è avvicinato al presepe insieme ai suoi genitori. È lì

incantato, muto, ma è con lo sguardo che esterna un linguaggio silenzioso ma intenso più di mille parole. Provo per quel bambino

un fascino tutto speciale allorché rivolto al papà e alla mamma inizia a fare osservazioni e domande che inducono anche me alla

riflessione e al sorriso.

Il piccolo ometto è affascinato dalla scena della natività e pare filmi, registri meticolosamente ogni singolo aspetto di quanto

rappresentato su quelle tavole di legno. Sorrido quando esclama: “che bello Gesù Bambino! Pare nato in un prato. Ma papà, come

è povero qui, non ha neppure la stalla: è lì nel prato!”.

Parole limpide, al di là di ogni ragionamento, senza pregiudizi. Il bambino è così affascinato da aggiungere: “papà, è nato come un

fiore…, senza paura del freddo… però – prosegue, quasi come se desse un ordine – papà, dì a quelli che hanno fatto il presepe di

fargli almeno una capanna, a casa il nostro presepe ce l’ha!”.

Per un attimo socchiudo gli occhi e il ricordo mi porta ai Natali dei primi anni del dopoguerra. Avevo l’età di questo ragazzino.

Rivivo la suggestione di quel Natale. C’era miseria, sì, ma tanta era la gioia dell’ospitalità e il gusto dell’incontro, del ritrovarsi,

dell’accettare e condividere la vita con tutti gli imprevisti quotidiani..

Non c’era nulla ma quel santo giorno aveva la ricchezza e la bellezza naturale del fiore e anche per noi poveri quel Bambino

“sceso dalle stelle, al freddo e al gelo “ portava un dono, per quanto fosse un semplice mandarino con due noci… benedette. Mi

soffermo, affascinato dal fulgore del ricordo, a ricomporre quei frammenti di memorie: in fondo è, era e sarà sempre lo stesso

Natale!

Si cantava spesso a quei tempi, e la vigilia la si trascorreva davanti a un presepe fatto di statuine di mollica di pane, ben modellata

da qualcuno anche con la polpa dei fagioli lessi. Questi poveri personaggi erano al centro della credenza, come piccole reliquie

non colorate ma “ vive”, oltre che specchio della nostra dignitosa povertà e di quell’ingegnosa fantasia che emerge anche, o

soprattutto, nella miseria. A fianco del presepe c’erano le foto dei cari defunti, racchiuse in cornici semplici ma luccicant i come

ostensori. Era la mamma ad accendere il cero, che si poneva sulla finestra, dopodiché si pregava leggendo la Scrittura. Solo al

termine delle preghiere si giocava a strascia camisa o alla pepatencia, e i più grandicelli a ruba mazzetto o a briscola. Quando

c’eravamo tutti si giocava a tombola aspettando la mezzanotte santa. Non si beveva e neppure mangiava, prima di quell’ora: il

fiasco di “nustranel” era nella credenza e la trippa stava sul fuoco sin dopo la mezzanotte.

Il momento più bello però era quando la nonna, che si chiamava Bambina e che in quella sera diventava la nonna di tutti, dopo

aver inforcato gli spessi occhiali leggeva con fede e convinzione la lettura di Natale; si riponevano allora i giochi e i lavoretti. Dopo

la lettura si riprendeva a raccontare l’un l’altro ciò che avevamo dentro perché c’era tra noi una voglia di confidenza, di chiedere o

dare consigli, ed era una forma di trasmissione degli insegnamenti attinti dall’esperienza, utili per meglio affrontare quella

quotidianità dura eppure ricca, non solo di tempo ma anche di fede e di speranza che vivevamo in una povertà dignitosa con

mitezza, bontà e arguzia. Ingredienti per almeno sognare un domani un po’ diverso.

Nel silenzio si portava la lucerna sulla credenza di fianco al presepe, mentre il più piccolo dei bambini toglieva il batuffolo di

bambagia che copriva Gesù neonato.

Non era una recita ma un racconto in preghiera diretto all’orecchio del cuore, il racconto di un “fatto accaduto, una presenza che mi

riguarda, mi ama e invade la mia vita, una certezza e non un sentimento”. Allora potevamo vivere la vigilia come duemila anni fa:

“veniva nel mondo la Luce vera nella certezza che a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio… germoglia

per Davide un germoglio di giustizia, egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra… la vita e la felicità sono ancora possibili

dopo l’amarezza e l’oscurità… gioisci, è sorto il giorno luminoso della redenzione… è nato quel Signore che ci ha fatto, e in Lui noi

siamo”.

Dopo la preghiera di Natale, ecco che umile e ardente arrivava l’immancabile requiem per i cari defunti, poi, con una carezza ai

bambini, si recitava l’Angelo Custode ricordandogli le “sollecitazioni” per le richieste più particolari, e si alzava un poco il tono della

voce dicendo ”che ti fui affidato dalla pietà Celeste”. Era un modo per ricordare all’angelo i suoi… doveri?

Lo scoppiettare del fuoco, e le faville che il ceppo lanciava dal camino, attiravano l’attenzione e l’allegria dei bimbi oltre che un po’

di preoccupazione nei grandi, ma tutti cantavamo in coro il Venite Adoremus. L’unione delle voci permetteva a tutti di offrire sguardi

affettuosi, che riscaldavano e dilatavano i sentimenti: alla mezzanotte il nonno – che per tutta la sera teneva viva quella fiamma

che dal camino riscaldava anche i cuori con un ceppo che doveva durare per tutte le feste sino all’Epifania – metteva sulle spalle il

tabarro, in testa l’immancabile cappello un po’ sgualcito ma pieno di fascino, e col mezzo toscano sempre fra le labbra e due

grosse pezze sugli zoccoloni per non bagnare i piedi nella neve, usciva a prendere l’acqua al pozzo; era l’acqua del Bambinn.

Tutti ne bevevamo mentre si cantava ancora Tu scendi dalle stelle…” Si gioiva come quando si miete o si riceve la paga”; una gioia

serena, forse esagerata in gusto e quantità, ma che si viveva, si respirava e si nutriva del Natale.

Qualcuno accendeva il falò nei campi per rischiarare e scaldare la notte del Bambinn; renderla ancora più festosa con il bagliore

delle fiamme che si alzavano sprigionando cascate di scintille scoppiettanti che, se un po’ preoccupavano per la possibilità di

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incendi, dall’altra rallegravano chi vi stava vicino. I camini accesi delle case fumavano continuamente, segno di vita, luce e tepore,

che lasciava nell’aria il profumo del legno mentre il fumo narrava l’intimità del focolare. Era ancora una volta il nonno ad attizzare il

fuoco non appena la cenere cominciava a coprire le braci, e puntualmente la nonna arrivava con lo scaldino in cui mettere tizzoni

ardenti con cui riscaldarsi i piedi e le mani. Il nonno allora con tenacia da artista toglieva il grigiore della cenere e copriva la brace

impedendo l’affievolirsi della fiamma, così il crepitio riprendeva nel continuo mutare aggressivo dei colori del fuoco.

Prima di coricarsi mio nonno, il Boso della Ca’, avvicinava per bene i resti rossi delle braci, le copriva con la cenere quasi

carezzandola, come se stesse rimboccando le coperte a quel fuoco amico, ben sapendo che l’indomani, all’aurora, avrebbe

riscoperto e riattizzato una nuova fiamma che riscaldasse nella dura realtà del nuovo giorno che iniziava. Altri, soprattutto le donne,

si premuravano di prendere e conservare il primo uovo nel pollaio perché ritenuto “benedetto”

Noi bambini appoggiavamo la testa sulle ginocchia delle mamma, respiravamo contenti il profumo della stoffa, sentivamo ancora

quel calore del ventre materno, e nessuno riusciva a dormire. Era allora che gli adulti raccontavano le storie più belle,

indimenticabili, che a loro volta avevano sentito e che poi anche noi avremmo raccontato, mentre i genitori davano ai loro figli, oltre

che il vero amore, il regalo del Bambinn. Che gioia quei frutti: ai più grandicelli, che non al dono del Bambinn non credevano forse

più, andava una mela che lustravano per bene sulla manica di lana della maglia per rendere la buccia lucida e rossa. Qualcuno la

nascondeva gelosamente per poi donarla alla “sua” ragazzina come segno di affetto e… oltre. Nessuno la addentava: era come un

cimelio, un dono del cielo da condividere l’indomani dove, per un giorno, c’era un po’ più di cibo e per taluni c’era il cappone

lessato così che anche lo stomaco potesse festeggiare… così insieme alla poesia di quell’astro del ciel, sole che vince, e di quel

pargol divin… almeno a Natale “oltre ai bei sentiment gheva quaicoss de mett dent in del stumicc” e con tonalità allegra si

terminava in gioiosa armonia cantando il Gloria in excelsis Deo… “completament cuntent d’anima, de corp e de sentiment”.

Ma ecco che il suono delle campane a festa e il profumo dell’incenso mi riportano alla realtà del Natale del Signore di questo anno

2010, che sembra lontano secoli da quelli che ho rivisto nella mia mente. Il bimbo che ha fatto da catalizzatore ai miei pensieri è già

uscito di chiesa, allora vado per un devoto saluto all’altare, dove la candela spenta esala ancora un fil di fumo. Lancio un ultimo

sguardo al presepe, moderno e luminoso, e ripenso con gratitudine a quando in passato lo facevano – più tradizionale ma

altrettanto bello – il Michee del Gambajom insieme al Lüisin Sacrista, a loro volta pieni di devozione e voglia di fare. Allora esco

anch’io dalla chiesa ma non dal ricordo. Un odore di vin brulè mi cattura. Ne prendo un sorso e mi ristoro nel freddo mattino.

Le campane si sciolgono in un libero suono e, come me, si insinuano fra le tante case addossate nella via, alcune antiche, altre

appena ristrutturate, qualcuna ampliata per le esigenze di un’accresciuta famiglia. Costruzioni divise dalle piccole vie a volte ripide

o un po’ sconnesse, ma sempre così strette da permettere il solo passaggio del carretto. Abitazioni affacciate su cortili piccoli o

grandi, acciottolati in pietra di fiume, loggiati originali o ristrutturati che tradiscono ancora il loro antico uso da capaci fienili mentre le

capienti stalle, un tempo così vive e calde, per la maggior parte sono divenute freddi garage.

Da un arco in granito che immette in uno dei tanti cortili esce un bimbo con la pelle scura. E’ assieme a suo padre. Mi saluta con

gioia tanto con la parola quanto con il ripetuto gesto della mano. Bambini di oggi non così diversi, se non in apparenza, da quelli di

ieri. Cammino verso casa attraversando in un gioco di luci, ma soprattutto di ombre, scorci curiosi, prospettive e squarci che

variano col variare della luce, che mi pare di scoprire ogni volta e che mi affascina e conquista sempre.

Pare inizi a scendere qualche fiocco di neve. Già nei giorni scorsi a più riprese la neve ha imbiancato anche il nostro paese. La

stessa neve che oggi come allora i bambini attendono mentre gli adulti sono combattuti tra lo spettacolo del cadere dei fiocchi e le

difficoltà del muoversi per recarsi al lavoro, o al pensiero del faticoso lavoro di pala che li attenderà.

Anche in quei tempi lontani che ancora mi pare di avere davanti agli occhi nevicava, e forse anche più di oggigiorno. Ne cadeva in

abbondanza ma la cosa non dispiaceva più di tanto perché “sotto la neve cresce il pane!”, dicevano i vecchi. Per la strada passava

“ul Campee” per la pulizia della neve: seppure con addosso un tabarro fradicio, invano lo si invitava a riscaldarsi e asciugarsi

perché era tanto il lavoro che doveva svolgere. Passava più volte col suo Pino, il bel cavallo che trainava le assi a vu della “calada”

per spazzare la neve. Era un lavoro quasi inutile dato l’alto spessore che tutto imbiancava rendendo il paesaggio maestoso.

Soprattutto noi ragazzi assaporavamo gioiosi quel tacito silenzio per poi frantumarlo con le nostre grida gioiose nel tirarci palle di

neve farinosa.

Ma ancora il battito del campanile mi risveglia dal ricordo: è’ tardi. Passa una signora imbacuccata, con passo deciso. Ha in mano

un panettone, mi saluta, e il risponderle mi riporta definitivamente al presente spegnendo quel dono di memoria in cui mi cullo.

Ricambio con gioia il suo augurio di buon Natale da estendere alla famiglia.

Mi volto, e di nuovo vedo il bimbo dalla pelle scura: non distoglie lo sguardo da me e continua a muovere la mano nel cenno di

saluto. Poi col papà sale su un’auto. Sono cassaghesi? Sono forestieri? Mentre me lo domando il bimbo, tirando la manica del

babbo, mi grida: “Buon Natale signore”, e all’augurio si associa anche il papà con un sorriso in cui il bel bianco dei denti risalta sulla

pelle scura. Anche l’adulto in tono festoso mi urla: “auguri, buono Natale! Noi siamo di altra religione, veniamo da lontano, ma

Natale è buono per tutti!”.

Sorrido, contraccambio, e mi dico che forse chiedersi se siamo cassaghesi o no è una domanda che alla lunga diventa senza

senso. Perché è vero: Natale era, Natale è, e Natale sempre sarà un giorno BUONO per tutti.

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Passo dopo Passo:

Conosci San Carlo Episodio 1: La Nascita

18 ottobre 1538. Nella rocca di Arona c’è grande fermento. Tutti i

servi e le dame sono in subbuglio e sembrano dirigersi come in una

veloce processione su per lo scalone di pietra, fino al piano nobile. Là

sopra, dentro una di quelle stanze, dalle cui finestre si può vedere l’estendersi del lago Verbano dalle

Alpi fino al fiume Ticino, sta accadendo qualcosa di veramente importante. Il conte Gilberto, attende

con impazienza passeggiando nervosamente fuori dalla porta. Intanto nella stanza, la sua sposa,

Margherita sta per dare alla luce il secondo figlio. “È un maschio”, sentenzia la levatrice uscendo dalla

porta. Subito c’è grande gioia in tutto il palazzo per la nascita del secondogenito di casa Borromeo.

Nel giro di pochi istanti la notizia si diffonde, e anche le campane del borgo iniziano a suonare a festa.

“Si chiamerà Carlo, Carlo Borromeo” annuncia il padre Gilberto con tono di esultanza, andando incontro

a Margherita che tiene stretto a sé il neonato avvolto in fasce. Gilberto è l’ultimo discendente di una

tra le più importanti famiglie del territorio milanese, da tempo impegnato a mantenere la pace e

l’equilibrio tra l’imperatore Carlo V, e il re di Francia Francesco I, ambedue interessati ad

impossessarsi degli avamposti su Milano. Inoltre è capace di farsi amare dai suoi sudditi,

amministrando con saggezza e utilizzando parte delle sue ricchezze per le opere di beneficenza.

Margherita, invece è una donna di fede e di saldi principi cristiani, anch’essa discendente di una nobile

famiglia Milanese. La nascita di Carlo viene accolta così da tutta la famiglia e dai sudditi del conte

come una grande benedizione, e da diversi giorni di festa.

Andrea ha ventotto anni, una famiglia ricca alle spalle, un difficile legame con la

madre e conduce una vita insignificante insieme alla compagna Livia. Il giorno del suo compleanno gli arriva una lettera: il padre, sparito in Kenya vent'anni prima, è in punto

di morte e gli chiede di raggiungerlo per l'ultimo saluto. Mosso più da rancore che da

pietà filiale Andrea vince le proprie resistenze e parte per Nairobi dove scopre di avere un fratellastro di otto anni di nome Charlie e che per legge ne diventa il suo tutore

legale.

Un film delicato da non perdersi per scoprire una storia sentimentalmente inaspettata capace di indicarci dove è il confine dei ricordi e dei rancori per riuscire a

superarli fino ad imparare che si può essere travolti da un intero, nuovo, mondo.

Buona visione!! Fabiola

Per voi…