Patemi e ricordi di un venditore agli esordi

5
Patemi e ricordi di un venditore agli esordi Toni Brunello www.studiocentroveneto.com [email protected] Una mattina del luglio ’66, una mattina di naja tra gli alpini di Aosta, ero di controllo con un tenente molto tosto… Mi misi a parlargli delle tecniche di controllo dei venditori che avevo appreso nel Master CUOA, finito poco prima della chiamata. Fui stupito dell’estremo interesse che suscitò in lui. Vergine com'ero di esperienze concrete, quel picco di interesse da lui espresso sul tema "vendite" mi segnò, così come mi segnò un nuovo concetto che appresi al Cuoa: avere un obiettivo. Anche per questo, appena finita la naja, accolsi con entusiasmo la proposta di vendere spazi pubblicitari per una rivista sportiva di sci appena nata, cui avevo mandato, poco prima di essere congedato, un articolo sulla mia esperienza alle Universiadi (dove ero arrivato ultimo). Vergine com'ero di esperienze concrete, quel picco di interesse da lui espresso sul tema "vendite" mi segnò, e un po' mi marca ancora. Anche per questo, appena finita la naja, accolsi con entusiasmo la proposta di vendere spazi pubblicitari per una rivista sportiva di sci appena nata, cui avevo mandato, poco prima di essere congedato, un articolo sulla mia esperienza alle Universiadi (dove ero arrivato ultimo). Ad intervistare, a Recoaro, il grande campione del passato e alpinista Gino Soldà, divenuto produttore di scioline con una piccola impresa familiare, andai con un amico, Beppe, dalla battuta sempre pronta, puntando a fare allo storico alpinista un'intervista, ma anche a vendergli pubblicità. L'incontro con lui fu una cosa memorabile: ne ricordo ancora benissimo i dettagli. Ma ancor più mi rimase impresso il pugno nello stomaco che con il mio amico ricevemmo, quando ci recammo alla "fabbrica": l'abitazione di Soldà, dove ci accolse la moglie. "Signora, siamo di Nevesport, una nuova rivista di sci a tiratura nazionale - dicemmo, ancora sulla porta di casa - se fate pubblicità sulla rivista ora, sareste i primi e i soli produttori di sciolina presenti!". "Grazie, qua vendiamo tramite alcuni amici di mio marito" - ci rispose, senza neanche farci fare un passo oltre la soglia, aggiungendo un cortese ma fermo "Arrivederci". Chiusa quella porta, io pensai: "Va beh, adesso dobbiamo trovarne un altro". Ma il mio amico Beppe - divenuto poi brillantissimo direttore commerciale di una grossa azienda di caratura internazionale - mi gelò: "Come venditori, facciamo schifo! Non è così che si fa! Bisognerebbe aver avuto in mano una banconota da 10.000 lire e ancor prima di salutare, quando la signora apriva la porta, mettergliele in mano dicendole: - Signora, queste sono le prime 10.000 lire che Lei guadagna collaborando con noi! - ". Fui quasi scioccato. E mi dissi: fin lì, a quel livello di sfrontatezza, non sarò mai capace di arrivare. Ma d'ora in poi, solo botte di fantasia e originalità di dialogo e di proposte. Voglio imparare a vendere in modo aggiornato. Cominciai a scorrere i giornali e trovai un titolo allettante: Corso di vendita al Centro Produttività della Camera di Commercio. Ecco il mio pane! Invece, era caviale! Due giorni costavano 37.500 lire, quando il mio ultimo stipendio mensile da sottotenente alpino, di cui andavo fiero, era di 110.000

description

di Toni Brunello

Transcript of Patemi e ricordi di un venditore agli esordi

Page 1: Patemi e ricordi di un venditore agli esordi

Patemi e ricordi di un venditore agli esordi Toni Brunello www.studiocentroveneto.com [email protected]

Una mattina del luglio ’66, una mattina di naja tra gli alpini di Aosta, ero di controllo con un tenente molto tosto… Mi misi a parlargli delle tecniche di controllo dei venditori che avevo appreso nel Master CUOA, finito poco prima della chiamata. Fui stupito dell’estremo interesse che suscitò in lui. Vergine com'ero di esperienze concrete, quel picco di interesse da lui espresso sul tema "vendite" mi segnò, così come mi segnò un nuovo concetto che appresi al Cuoa: avere un obiettivo. Anche per questo, appena finita la naja, accolsi con entusiasmo la proposta di vendere spazi pubblicitari per una rivista sportiva di sci appena nata, cui avevo mandato, poco prima di essere congedato, un articolo sulla mia esperienza alle Universiadi (dove ero arrivato ultimo). Vergine com'ero di esperienze concrete, quel picco di interesse da lui espresso sul tema "vendite" mi segnò, e un po' mi marca ancora. Anche per questo, appena finita la naja, accolsi con entusiasmo la proposta di vendere spazi pubblicitari per una rivista sportiva di sci appena nata, cui avevo mandato, poco prima di essere congedato, un articolo sulla mia esperienza alle Universiadi (dove ero arrivato ultimo). Ad intervistare, a Recoaro, il grande campione del passato e alpinista Gino Soldà, divenuto produttore di scioline con una piccola impresa familiare, andai con un amico, Beppe, dalla battuta sempre pronta, puntando a fare allo storico alpinista un'intervista, ma anche a vendergli pubblicità. L'incontro con lui fu una cosa memorabile: ne ricordo ancora benissimo i dettagli. Ma ancor più mi rimase impresso il pugno nello stomaco che con il mio amico ricevemmo, quando ci recammo alla "fabbrica": l'abitazione di Soldà, dove ci accolse la moglie. "Signora, siamo di Nevesport, una nuova rivista di sci a tiratura nazionale - dicemmo, ancora sulla porta di casa - se fate pubblicità sulla rivista ora, sareste i primi e i soli produttori di sciolina presenti!". "Grazie, qua vendiamo tramite alcuni amici di mio marito" - ci rispose, senza neanche farci fare un passo oltre la soglia, aggiungendo un cortese ma fermo "Arrivederci". Chiusa quella porta, io pensai: "Va beh, adesso dobbiamo trovarne un altro". Ma il mio amico Beppe - divenuto poi brillantissimo direttore commerciale di una grossa azienda di caratura internazionale - mi gelò: "Come venditori, facciamo schifo! Non è così che si fa! Bisognerebbe aver avuto in mano una banconota da 10.000 lire e ancor prima di salutare, quando la signora apriva la porta, mettergliele in mano dicendole: - Signora, queste sono le prime 10.000 lire che Lei guadagna collaborando con noi! - ". Fui quasi scioccato. E mi dissi: fin lì, a quel livello di sfrontatezza, non sarò mai capace di arrivare. Ma d'ora in poi, solo botte di fantasia e originalità di dialogo e di proposte. Voglio imparare a vendere in modo aggiornato. Cominciai a scorrere i giornali e trovai un titolo allettante: Corso di vendita al Centro Produttività della Camera di Commercio. Ecco il mio pane! Invece, era caviale! Due giorni costavano 37.500 lire, quando il mio ultimo stipendio mensile da sottotenente alpino, di cui andavo fiero, era di 110.000

Page 2: Patemi e ricordi di un venditore agli esordi

lire. Via sbarrata. Andai allora in un paio di librerie, e comprai tutto quello che trovai sulle vendite. Non solo: incontrando un amico rappresentante, gli chiesi consiglio, e ne ricevetti la raccomandazione di un testo classico. Quel bottino lo ricordo benissimo ancora: Frank Bettger, "Il venditore meraviglioso", quello consigliato, che bevvi in un baleno; Alfred Tack: "Mille modi per aumentare le vendite"; Heinz Goldmann: "L'arte di vendere"; e un altro paio ancora. Non era così tanto però il tempo per leggere. Così leggevo il mattino presto, ancor prima di alzarmi, in bagno, e la sera prima di andare a dormire, e inoltre in vari scampoli di momenti liberi. Ricordo che leggevo mentre facevo assistenza in ospedale ad un parente infortunato, o in altri presunti tempi morti, che così prendevano vita. Quello che appresi dai libri era una base strutturale: Bettger scriveva: prendetevi tutto il tempo necessario per organizzarvi prima. Poi andate via fluidi dai diversi clienti. Organizzai un archivio alfabetico dei potenziali clienti a schede a mano, a colori, secondo le zone e le dimensioni. Mi focalizzai su alcuni strumentini chiave: la parola vincente per il venditore? "Sì, ma..." stava per vincere ad un concorso; ma fu battuta da "Perchè...?" con o senza apostrofo, magica parolina per tener acceso il dialogo. Mi annoiò a morte un lunghissimo capitolo sulla manutenzione dell'auto, salvo capirne più tardi la grande importanza più e più volte, quando mi trovai in panne sui tornanti del Veneto o del Trentino. Ma soprattutto mi furono utili due aspetti. a. sapere da prima che da inesperto mi sarebbero sudate le mani prima di entrare da un cliente, per l'emozione. Dovevo cercar di asciugarmele prima! E avere un abito - ricordo un modello executive della Sanremo - che mi facesse sentire più sicuro. b. sapere e saper identificare mentre le vivevo le varie fasi dell'approccio: un saluto non standard, suscitare la curiosità, via via tramite domande arrivare a cogliere l'interesse, poi lasciar lì la cosa, come un dono sul tavolo, che uno si può prendere. Per arrivare a questo stadio serviva sempre quella famosa botta di fantasia, come chiedere a un produttore di seggiovie se nei suoi impianti avrebbe fatto i pilastri e la fune portante, ma non i seggiolini, equivalenti alla pubblicità per accogliere i singoli, rispetto al limitarsi al solo prodotto/servizio da proporre e mettere in vendita. Gli interlocutori venivano attratti e colpiti da questi esempi fuori standard, e lo dicevano anche espressamente. Fantasia, allora, come bandiera frizzante da mettere su una bella base di organizzazione dei potenziali clienti, delle visite, del materiale di supporto. Dalla Pubblispazio imparai poi il fondamentale tocco in più, quello di mandare due righe dopo la visita, ringraziando e ricordando l'offerta. In qualche caso mi spinsi a mandare una lettera a mano personalizzata, che tanto più veniva fluida quanto più giorno per giorno "andavo in palla" divenendo più sciolto. Fu allora che imparai ad apprezzare sul campo il famoso detto:"Vendere è come farsi la barba: se non lo fai ogni giorno ... diventi un barbone!".

Page 3: Patemi e ricordi di un venditore agli esordi

Le regolette: 1. Base strutturale: prendetevi tutto il tempo necessario per organizzarvi prima. Poi andate via fluidi dai diversi clienti (Frank Bettger). 2. Una botta di fantasia: sorprendere il cliente con un'immagine originale, che si attagli al meglio alla sua situazione. Demostene era maestro nelle metafore, e quando predicava, lo seguivano e come!

Page 4: Patemi e ricordi di un venditore agli esordi

Comprereste, vero, un'auto usata da quest'uomo, no?

Page 5: Patemi e ricordi di un venditore agli esordi

Disegni di Toni Vedù